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Accademia Editoriale
Ipponatte e PetronioAuthor(s): Jaume PòrtulasSource: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 20, No. 2 (1985), pp. 121-139Published by: Fabrizio Serra editoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20538877 .
Accessed: 27/06/2014 16:28
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Ipponatte e Petronio
Jaume P?rtulas
? un fatto oggettivo che certi passi del Satyricon di Petronio sono stati
di grande aiuto ai filologi che si dedicano alla ricostruzione di almeno due
dei frammenti papiracei di Ipponatte: il 78 W. (= 78 Degani) ed il 92 W.
(=95 Degani). In ambedue i casi artes magicae tractantur, per riprendere l'e
spressione adoperata daS?Antbologia Lyrica Graeca riguardante il secondo di
loro : si tratta di un insieme di operazioni di natura m?gica tendenti a restitui
r? al paziente la virilit? provvisoriamente perduta per una qualsiasi ragione. Con Miralles ho avanzato altrove
l l'ipotesi che:
It is not impossible to draw up an outline taking those parallels (tra Ipponatte e Pe
tronio) as a
starting point; there is a main character who suffers temporary fits of
impotency owing to his having accomplished sexual intercourse in ways that should
be considered h?t?roclite; and this impotency is the penalty inflicted upon him by a
god or goddess who is the only one who can cure the victim and in the end usually does so, but not before the chastised character tries remedies which are of a magic nature and both revolting and comical (...) It is
quite evident that the basic diagram
that forms the background of some (we do not know how many) poems by Archi
lochus and Hipponax only acquires its true meaning when it is connected with the
sphere of a female fertility deity (if we may use rather vague words), and with that
of Hermes, the phallic god who played an important role in this kind of world.
E finivo facendo notare che:
It is even less accidental that in the last link of this chain or, in other words, in the
most recent version of the ancient tale that we are striving
to reconstruct, Petronius'
female devourer of men, before whom Encolpius so deplorably faints (see Satyr.
127fr), is called Circe. We should not see in this detail a mere play of literary allu
sion but an element that concerns the deep meaning of the whole story. Nor it is tri
1 Cfr. C. Miralles-J. P?rtulas, Archilochus and the Iambic Poetry, Roma 1983.
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vial that Encolpius' cure is attributed precisely to Mercury (chapter 140, 12), who se syncretism with Priapus is fairly evident all through these chapters.
II proposito del presente articolo ? quello di approfondire il parallels smo fra Ipponatte e Petronio, senza pero rinchiudersi negli aspetti stretta
mente filologia. Quest'intento ci pone di fronte ad alcune esigenze. Bisogne r? prima reinserire nel loro contesto possibile, ricorrendo qualche volta a dei
fragili indizi, tutta una serie di frammenti ipponattei; nello stesso tempo si
dovranno ricostruire in modo ipotetico talune sequenze narrative del giam
bografo di Efeso. Bench? il contenuto dei frammenti rimanga spesso irr?cu
p?rable, possiamo almeno tentare una lettura articolata intorno alle ricorren
ze di determinati motivi : a) funzione di alcune parodie omeriche (soprattutto dell' Odissea); b) senso e portata di una serie di trasgressioni sessuali, riferite
in modo sp?ciale alla sodom?a ed all'incesto 2
; c) tema del cattivo m?sico che
accompagna il supplizio del cpap[xax?c e che pu? diventare, se la sua forza
apotropaica non viene convenientemente esercitata, una minaccia contro il
rinnovamento e la fecondit?.
Infine, per precisare il senso dell'operazione cult?rale e letteraria attua
ta da Petronio, bisogner? non dimenticare che l'antica eredit?, prima di arri
vare nelle sue mani, aveva gi? subito una trasformazione dr?stica. Infatti, il
materiale cui Petronio attinge non ? costituito dalle vecchie composizioni
giambiche, tali e quali quelle che costituivano le performances d'Ipponatte. Come fa notare C. Miralies 3, nell'edizione alessandrina dei giambi d'Ippo natte questi costituirono sequenze narrative concatenate, bench? divise in
poemi. Ci? significa che il corpus dei giambi d'Ipponatte genero sequenze narrative b?sate su personaggi ricorrenti. Per quanto riguarda Petronio, il ro
manziere gioca con il nuovo aspetto assunto dalle vecchie performances dopo che i filologi alessandrini avevano loro conferito una continuit? narrativa esterna che i testi originali indubbiamente non possedevano, ancorati come erano alie occasioni concrete della loro prima esecuzione.
Un acuto critico di Petronio 4
ha suggerito la possibilit? di leggere il
Satyricon come una collera di Priapo paragonabile, sotto angoli diversi, alia
collera di Achille oppure a quella di Posidone che costituiscono rispettiva mente il punto di partenza dcWlliade e d?l?Odissea. Infatti, una parte impor
2 Questargomento, cosi come il rapporto tra incesto e
cpocpfxocxo?, sar? precisato in un
ulteriore articolo. 3
Cfr. Carles Miralles, 'II fr. 78 W. di Ipponatte', Quad. Urb. n.s. 14 (43), 1983, pp. 7-16.
4 Cfr. J.P. Sullivan, II Satyricon di Petronio. Uno studio letterario, trad. it. Firenze
l971
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tante della narrazione petroniana (non ? possibile determ?name la portata ri
spetto all'insieme, ma comprendeva sicuramente l'episodio di Circe e anche
probabilmente quello di Quartilla) si articolava intorno all'incapacit? di En
colpio di ottenere una soddisfazione sessuale completa durante tutto il perio do in cui la divinit? gli era ostile. Nell'opera di Petronio, dunque, un perso
naggio umano assolve la parte che nel vecchio giambografo veniva probabil mente fissata dal rituale e da un sistema di rappresentazioni religiose. La
persona loquens di Ipponatte sembra essere vittima di periodici attacchi d'im
potenza; e, come Encolpio, cerca di guarirli adoperando farmaci di natura
m?gica e tramite l'invocazione di divinit? a carattere fallico. Questa situazio
ne ? correlata con alcuni tratti che ci fanno sospettare che Encolpio ha, alme
no in parte, una funzione di sostituto dello stesso Priapo. Possiamo addurre
in proposito Appendix Petron. IV (= Sidonio Apollinar. 23, 155 sgg.):
Et te Massiliensium per hortos
sacri stipitis Arbiter colonum
Hellespontiaco pariter Priapo.
L'edizione di D?az y D?az 5 commenta cosi questi versi:
Este fragmento parece identificar a Encolpio con Priapo y situar bien una parte de la obra petroniana bien a su
personaje principal en Marsella o con relaci?n a Mar
sella.
A Marsiglia, infatti, avvenivano cerimonie di purificazione per mezzo
di un cpocpjxocx?c; ne ? testimone proprio Petronio. Su questo problema ? par ticularmente significativo il passo di Satyricon 107,15 dove Lica si rivolge
aspramente ad Encolpio: Pharmalre, responde. Forse non ? illogico congettu rare che la parola va presa in senso letterale (cfr. R.B. Harlow, Tharmace:
Petronius 107, 15', Hermes 102, 1974, p. 377), cio? che Encolpio aveva
adempiuto a questa funzione e che in un modo o in un altro se l'era svignata. Tuttavia ci si potrebbe comunque rimproverare di cadere nella discussione di
part? del Satyricon non pervenuteci, sui rapporti fra Encolpio e Lica, fra Gi
tone e Trifena prima delT episodio della nave, e infine sulla possibilit? del
l'ambientazione a Marsiglia di qualcuna fra le varie avventure (problema che
ha suscitato una bibliograf?a fin troppo vasta). Proprio per questo risulta pi? utile, stando alla nostra ipotesi, confrontare l'identif?cazione parziale fra En
colpio e Priapo con il processo secondo il quale la funzione del cpap[xax?c;
5 Petronio Arbitro, Satiricon I-II, texto revisado y traducido por M.C. D?az y D?az,
Barcelona 1968.
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viene assegnata a un individuo. Sappiamo bene che una delle caratteristiche
del 9<xp[xax?c ? quella di incarnare la sterilit? che ? necessario espellere affin
ch? le forze della terra riacquistino potenza e vigoria 6. La sua deformit? fisi
ca e morale, la sua mostruosit?, materializza la perdita di vigore, l'esaurimen
to, lo stroncamento della fecondit?, l'impotenza; ma nello stesso tempo pu? anche servir?, inversamente, alia capacita di risorgere tramite l'eliminazione
fisica della mostruosit?. Tanto il cpocp|xocx?c quanto il devoto di Priapo (che ?, in ultima analisi, Y alter ego dello stesso dio) incarnano alio stesso tempo le
forze di morte e di sterilit? e quelle di fecondit? e di rinnovamento che agi scono sia nel seno della comunit? che della natura.
Questi tratti convergono nella rispettiva sessualit?, ora esasperata ora
rilassata, secondo le fasi parossistiche e fiacche della loro passione. Per quan to riguarda Priapo, si dimentica spesso che ? alio stesso tempo il signore del
pene eretto e del pene flaccido: la sua sovranit? acquista un aspetto mal?fico
quando la fertilit? viene mortalmente stroncata da lui ?lui che ? anche capa ce di restituirla e di reintegrarla, sia all'individuo che alla comunit?.
Pi? notevole ancora ? il fatto che lo stesso Priapo rischi di rimanere
esausto, corne si pu? dedurre dalla chiara descrizione di Priapea 26:
... aut rumpar, nec habebitis Priapum.
Ipsi cernitis ecfututus ut sim
confectusque macerque pallidusque. Defecit latus et periculosam cum tussi miser expuo salivam.
L'inesauribile voracit? sessuale delle donne del quartiere l'ha ridotto a
questa condizione miserevole: proprio lui che ? invocato ogni qualvolta si
desidera possedere un ?ervo di ferro ! Sfinito, il padre di ogni fecondit? non ne pu? pi?: su questo piano si riawicina al ?ap[Jiaxo? che libera la comunit?
proprio perch? lui ? un ?cyo?, perch? tutte le impurit? gli si accumulano ad dosso.
Orbene, la situazione d'impotenza e la sua terminologia non hanno una
dimensione propriamente realistica ma neppure una di tipo morale o psicol?
gico, Mettere l'accento su questo punto ? molto importante per valutare in
modo adeguato sia la poesia di Ipponatte che la narrazione petroniana. Quando questa tem?tica diventa oggetto di trattamento letterario (e non in
tendo assolutamente minimizzare la distanza immensa che va dal giambo i?
nico alia satura di Petronio), la parte del protagonista ?
tralasciando la sua
6 Cfr. V. Gebhard, Die Pharmakoi in Ionien und die Sybakchoi in Athen, M?nchen
1926; idem, s.v. 'Thargelia'
R.E. XIX (1934) coll. 1287-1304.
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Ipponatte e Petronio 125
verisimiglianza psicol?gica ? si articola intorno a un ruolo modellato da
una lunga tradizione ehe, in ultima analisi, poggia su una matrice rituale per
cepita con pi? o meno chiarezza.
II carattere parziale e ambivalente di questo gioco di identificazioni tra
spare sia nel caso di Ipponatte, sia in quello di Petronio. Probabilmente il
giambografo di Efeso ha coniato materiale autobiogr?fico ricorrendo a una
matrice pararituale ? fatto che ha fuorviato per molti anni la critica, scon
f?tta d'altronde dalla precariet? dei frammenti tramandati. Ma, almeno, pos siamo intuir? che, se da una parte Ipponatte desidera che i suoi rivali (reali
oppure fittizi) si vedano sottomessi all'adempimento del ruolo tradizionale
del ?ap[j.axo?, esiste anche la possibilit? ?
per qualcuno ?
di desiderare
che lo stesso Ipponatte sia costretto a rappresentare quella medesima parte. Infatti, il fr. 37 W. (=46 Degani), sfortunatamente citato solo a proposito di una questione di prosodia, allude a qualcuno che ex?Xsoe^?XXeiv xat
Xe?eiv 'Itztz?volx.tol. La nostra fonte spiega Xs?siv nel senso di XtO'o?oXeiv
(lapidare), una delle sorti possibili del cpap[xax?c. Questo gioco d'inversioni
caratteristico di simili istituzioni non ? senza importanza qualora si tratti di
stabilire una comparazione fra i ruoli del devoto di Priapo (personificazione
parziale del dio stesso) e il ?ap[xocxo?. Le due componenti tematiche meno difficili da recuperare pariendo dai
miseri frammenti ipponattei superstiti, sono, da una parte, lo scenario rituale
dell'esecuzione del <pocp|Jiax?<;, e, dall'altra, le reliquie del naufragio di una
vasta Odissea par?dica. Infatti, le contaminazioni che spesso crediamo di sco
prire attraverso la poesia di Ipponatte fra livello mitico e livello reale fanno
venire il capogiro 7. La possibilit? che Ipponatte, nominato dalle stesse fonti
antiche come il creatore del genere par?dico, abbia presentato una versione
buffa delle awenture di Ulisse ? mettendole a confronto, probabilmente, con qualche vicenda ridicola accaduta a Bupalo
? ? stata presa in conside
razione dall'epoca di Lobel in poi 8. Prendendo spunto da ]uc(>ou del fr. 77 W. (=77 Degani), 1, il Lobel, con ins?lita audacia, rimanda al fr. 129 W.
7 Del resto, non potevamo attenderci altra cosa da reliquie papiracee la cui stessa
frammentariet? contribuisce all'awicinamento (di senso indeterminabile) fra figure mitiche e
personaggi appartenenti al vivere quotidiano del poeta. Qui non ? il luogo per discutere se
questa vita quotidiana va capita
come reale oppure come finta. 8 Dal punto di vista filol?gico, purtroppo, gli indizi sono scarsi; si riducono al fr. "74
W. (= 74 Degani), dove si ? creduto di poter leggere il titolo 'OAY[E?E; al fr. 7 5 W. (= 75 Degani) che parla di cpux?a, alghe,
e di qualche persona interrogata sulla sua stirpe
(Hpe?ot ttPjv yev?j[v, v.
5) mentre mangia (?ml x?v <|>co[Aq[v,
v. 4). Questo ha fatto pensare
a Ulisse tra i Feaci; nello stesso senso bisogna ricordare anche la menzione, che sembra in
dubbia, OlaCrjxac, all'inizio del fr. 77. Un altro indizio di minore importanza ? costituito
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(=127 Degani) tcco? Ttapa Kuc^o?v ^Xd'e, tramandato da un grammatico an?nimo che raccoglie la forma i?nica popolare
? addirittura plebea ? del
nome di Calipso, antica dea mediterr?nea, forse trasfigurata in equivoca sire
na di un porto affollato da marinai. Basta l'integrazione del Diehl al fr. 77,
4 ?oamp BovtrcaXo? per farci intravedere l'avvincente possibilit? di un tra
vestimento mitologizzante di una qualsiasi vicenda svoltasi in un ?mbito s?r
dido: una delle pi? antiche versioni di sfruttamento della leggenda eroica
con intenzione burlesca. In fondo, perch? ho? Se pensiamo, ancora una vol
ta, al Satyricon, non c'? dubbio che tutto questo si addice bene a una tradizio
ne levantina, di marinai che esagerano in maniera smodata le loro avventure
secondo i canoni del pi? prestigioso folklore. Ed inoltre, le parodie omeriche
d'Ipponatte non si limitano ai passi citati. Fare il catalogo degli echi verbali
omerici, deformati dal giambografo di Efeso, ? un lavoro utile, anche se de
l?idente : giacch? dato il carattere miseramente mutilo di questi frammenti, ci
mancano dei pezzi per superare lo stadio della semplice constatazione filol?
gica e costruire un tentativo d'interpretazione. Nondimeno, tralasciando il
famoso fr. 128 W. (= 126 Degani) Mooo? [xoi E?pufxe?ovxtaSeco xr?v
Tiovio^apu?Stv, xtX., dal quale Ateneo derivava tutta la tradizione della
poesia par?dica in esametri, bisogna rilevare il fr. 72 W. (=72 Degani)
?T^?pfxaTGJV xe xa? Ope?xicov rccoXcov Xeuxcov toeiou? xaxeyy??t TXt'ou TCopycov
?rorivapCaO?) Tfjao?, A?v?co 7i?X[xuc,
appartenente, con ogni probabilit?, a una Dolonia buffa, e il 39 W. (=48
Degani) xaxo?at 8a)oco xr?v 7i:oX?otovov tyx>yy\v, xtX., che schernisce la t?
pica virt? odissiaca della sofferenza fino a ridurla al ridicolo pi?
sconvolgente 9. Dunque non ci siamo mossi dalla sfera di Ulisse. Orbene,
l'atteggiamento par?dico nei confronti dc??Odissea ? perspicuo anche nel
Satyricon: in effetti, costituisce un motivo ricorrente, uno dei fili pi? appari scenti nel ricco canovaccio letterario intessuto da Petronio. Nel gioco di que sto sistema di riferimenti la palma ? riportata senza alcun dubbio dal notissi
mo episodio dell'antro del Ciclope. Ad un certo punto, Gitone cerca di scap
pare, ricorrendo alia stessa astuzia di Ulisse: Non est moratus Giton imperum,
dalla parola xopatTOtiov del fr. 77,7 (si ? rintracciata in Esichio l'informazione che la
parte commestibile del loto aveva questo nome). 9 Bisogna anche fare riferimento al fr. 47 W. (=51 Degani) Tcap'c?) o? Xeux?7re7tXov
r)[iipr)v (xetva? / rcp?? [x?v xuvrjaet? x?v ?PXurjatcov 'Epfxfjv. I filologi che qui hanno credu to di scoprire connotazioni equivoche diff?cilmente potranno essere accusati di malizia gra tuita.
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Ipponatte e Petronio 127
momentoque temporis inseruit uinculo manus et Ulixem astu similimo uicit (Satyr.
97, 5). Una volta scoperta la furberia, ritorna il riferimento aUKOdissea:
remota etiam culata, uidit Ulixem cui uel esuriens Cyclops potuisse parcere (Satyr.
98,5). E lo scherzo a proposito del passo odissiaco viene ripreso anche in al
tre sedi; ad esempio quando i fuggiaschi si accorgono di essere caduti in boc
ea al lupo, dopo essersi imbarcati nella nave di Lica. Allora Encolpio ammo
nisce i suoi compagni: Fingite nos antrum Cyclopis intrasse... (Satyr. 101, 10).
Comunque, l'esempio pi? splendido di questo gioco, squisitamente letterario, di ripresa beffarda di un originale prestigioso, lo troviamo nella scena in cui
Lica riconosce Encolpio: lo scherzo sugli anagnorismot eroici consiste nel fat
to che Lica si rivolge direttamente a quella parte del corpo che gli ? pi? fami
li?re : Miretur nunc aliquis Ulixes nutricem post uicessimum annum cicatricem
inuenisse originis indicem, cum homo prudentissimus, confusis omnibus corporis li
neamentis, ad unicum fugitiui argumentum tam docte peruenerit. Bisogna anche non tralasciare l'indizio offerto dal nome di Circe, la terribile divoratrice di
uomini, davanti alia quale Encolpio rimane cosi inerme come sarebbe rima
sto Ulisse davanti alia maga dello stesso nome, se Ermete non si fosse affret
tato ad offrirgli la sua protezione 10. E avvertiamo che in tutto l'episodio
Encolpio si serve del soprannome di Polieno, che ci fa ricordare l'Ulisse
omerico: Petronio stesso non manca di fare discreta allusione a questo
particolare 11. Dopo tanti secoli, la presenza di temi di parodia omerica nel
l'opera di Petronio ? qualcosa che va al di l? del suo gusto per la deforma
zione sat?rica dell'epica contempor?nea pi? manierista ? non costituisce sol
tanto una semplice traduzione delle preoecupazioni letterarie di un circolo
cortigiano di esteti (bench? questa componente del problema non sia assolu
tamente da escludere). I motivi odissiaci nel Satyricon presuppongono una
versione attualizzata di quanto e'era nel background del poeta giambico ? il
che non ? cosi diverso (sebbene la connessione possa apparire a prima vista
forzata) da certi tratti dello stesso Ulisse omerico: la funzione di un canto
par?dico che deforma la parola ufficiale, parola del "ma?tre de v?rit?". In un
lavoro precedente 12 insieme con Miralies ho tentato di individuare alcuni
tratti che awicinano il trickster e la mitolog?a del lupo, e che possono anche
servir? per chiarire taluni aspetti della persona del poeta giambico. Adesso
forse si dovrebbe aggiungere che, fra le manifestazioni diverse del trickster,
10 Per una brillante analisi delT episodio omerico, cfr. E. Pellizer, Favole d'identit?, fa
vole di paura, Roma 1982, pp. 82-101. 11
Cfr. Satyr. 127,7: Nec sine causa Polyaenon Circe amat: semper inter haec nomina ma
gna fax surgit. 12
Cfr. op. cit. nella n. 1.
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una delle pi? vistose ? quella del poeta bugiardo, il quale talvolta (per esem
pio; in una mitolog?a come quella dei witchita) assume la figura del "coyote" o lupo delle pian?re. La sua funzione ? quella di raccontare storie che non so no altro che una catena di menzogne, e la sua capacita di invenzione di storie false ci lascia stupiti. Orbene, non ? il ruolo di falso rapsodo, infaticabile or
ditore di &7C<xt?cov [x?frcov it xXomcov, ot... tcsS?&iv cpt'Xoi e?a?v, come di ce Atena stessa (Od. 13, 294-295), una delle componenti fondamentali della
personalit? mitica di Ulisse? Questo ru?lo non ? troppo diverso da quello che nella trama del Satyricon corrisponde a quello di Encolpio, e soprattutto
(ma di ci? parleremo oltre) a quello di Eumolpo: artefici di astuzie e falsit?,
sempre pronti a trarsi d'impaccio con l'aiuto di una storia.
La domanda da porsi ? se si pu? confrontare, anche se da lontano, la
parodia omerica nell'epoca d'Ipponatte e in quella di Petronio, o se ci trovia
mo di fronte a una semplice coincidenza parziale limitata all'impiego di alcu
ni moduli compositivi, dopo tanti secoli. Per dare una risposta alia domanda
il primo passo dovrebbe essere l'approfondimento della dimensione e del si
gnificato delle parodie ipponattee 13.
Il dossier mitico di Ulisse presenta una serie di tratti che lo mettono in
rapporto con i misteri di Samotracia. Cosi, gli Scholia ad Apoll. Rh. 1,917
riportano che xai 'O?uaa?a ?? ?aai (X?[xuT)[x?vov ?v Eafxodp?xir) -/pr\ aaafrat x?> xpY)??(xvo> ?vxt xatvta?. Ilept y?p xr?v xotXCav 01 [X?[xur][x?voi xaivta? cforcooat 7iop<pup??. A partir? dal xpr?8e[Jivov fornitogli da Ino Leu
cotea per salvarlo dal mare in tempesta, fino alle rappresentazioni che ce lo
mostrano ornato del pileus aguzzo t?pico di Efesto, Ermete e i Cabiri, i miti
connessi con il Cabirion di Samotracia presentano una serie di agganci sor
prendenti con Ulisse H. Dardano, il mitico fondatore di Troia, arriva dall'i
sola di Samotracia, errando sulle acque, al tempo del grande diluvio, navi
gandb con una aytbloL (Lycophr. 74,80, Schol. 73; Schol. Plat. Tim. 22a): il fondatore e il predatore mitici di Troia esibiscono tratti confrontabili. Di
fatti, Ulisse arriva all'isola di Calipso, l'isola Ogygia (un nome che risiiltava
inspiegabile dal punto di vista mitico nel contesto dci?Odissea, un nome con
siderate enigm?tico dagli stessi esegeti omerici); l'episodio, come si ? fatto
notare prima, veniva menzionato nel fr. 129 W. (=127 Degani) di Ipponat
13 Cfr. sull'argomento E. Degani, 'Ipponatte par?dico', Mus. Crit. 8/9, 1973-74,
pp. 141-167. 14
Immagino che anche la presenza di Eracle in qualche misero frammento ipponatteo
(cfr. fr. *io2 W. ? 105 Degani; forse anche "103 W. = 106 Degani) andrebbe messa in
rapporto con un Eracle cabido, iniziato nei misteri di Samotracia e identificabile con uno dei
Mey?Xoi 0eot.
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Ipponatte e Petronio 129
te: 7K?? Ttocp? Kuc|;o?v rjXd'e. D'altra parte, Ogygos ? anche il nome di un
antico re di Beozia che ? legato con la pi? antica versione greca della leggen da del diluvio, il diluvio "ogygio" n, e in Beozia c'era un santuario molto
importante dei Cabiri, da cui gli archeologi hanno recuperato un tipo carat
teristico di cer?mica, dove i motivi odissiaci sono spesso trattati in modo
burlesco. Bisogna soltanto aggiungere cjie i Cabiri o il loro santuario vengo
no citati da Ipponatte nel contesto, sfortunatamente mutilo, del fr. 78 W.
(= 78 Degani), 11 ?jO'epivriv e?? Ka?eipl, dove, veros?milmente, si descrive
tutta una serie di pratiche magiche conducenti al recupero della virilit? per duta dal protagonista. Conviene perci? richiamare l'attenzione a proposito di quegli elementi, che crediamo di avere rintracciato, che servono a mettere
in rapporto l'?mbito rituale dell'esecuzione del cpocpfjiax?c con YOdissea
par?dica. Da una parte abbiamo Arete, e non c'? alcun bisogno di sottolinea
re i suoi legami con YOdissea. Per quanto riguarda il suo rapporto con la sfera
del cpocp[xax?c, si ha a che fare con la problem?tica dell'incesto e con Bupalo
[X7)Tpoxo?T?i?. L'Ar?te omerica ? sposata con suo zio; una certa confusione
nel racconto (che sembra fino a un certo punto contraddittorio e che dunque ? caduto, inevitabilmente, sotto il sospetto d'interpolazione) e anche un'allu
sione in Schol. Od. 7,54, che ci riporta una opinione di "Esiodo" 16, suggeri scono una versione della storia in cui Arete e Alcinoo erano fratelli. La que stione del l?game di Arete con l'incestuoso Bupalo (se l'epiteto [X?iTpoxoLT?]? va inteso in senso letterale, come pare) ? stata molto discussa; preferisco tra
lasciare al momento l'argomento. Diciamo soltanto che un'attivit? sessuale
quale l'incesto, compiuta da un personaggio che si assume un ruolo ritual
mente determinato, deve per forza far supporre non soltanto per lui, nella
sfera individ?ale, un rischio d'impotenza, ma soprattutto una minaccia per Tintera collettivit? : minaccia che consisterebbe nella sterilit? e in una lunga serie di malanni per la stessa vita della natura. Va notata in pi? una notizia
particolarmente preziosa per noi a proposito del santuario tebano dei Cabiri:
i rapporti del terzo cabirio con la Grande Madre erano tenuti segreti per i
non iniziati, eccetto l'informazione che egli era "il suo prediletto, degno di
adorazione" (cf. Hippol. Ref. 5,9,7 sg. e Hesych.; anche Schol. Apoll. Rh.
1, 916). Sembra dunque che il l?game fra la Grande Madre e il suo figlio minore avesse una duplice natura: egli era simult?neamente figlio e
amante 17.
15 Cfr. W. Burkert, Homo necans.
Antropolog?a del sacrificio cruento nella Grecia antica, trad. it. Torino 1981, p. 247 n. 251.
16 Cf. Esiodo fr. 122 M.-W.
17 Dopo tutto questo, ci troviamo di fronte alla questione (per
ora senza risposta) di
9
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I 30 J. P?rtulas
Uno dei motivi pi? fecondi per la mediazione fra Priapo e il cpapjxaxo? ? costituito indubbiamente dall'albero del fico. Va ricordato che le immagini falliche di Priapo, che custodiscono gli orti chiusi, si facevano di legno, so
prattutto di fico ; a questi falli faceva riferimento il poema di Sidone Apolli nare, nel parlare del sacri stipitis. Con questi rami di fico era flagellato ritual
mente il ?ap[xaxo?. Nel contempo, il flauto eseguiva la melod?a del fico, il
vo[xo? xpa?trj? (cfr. Hesych. s.v.: v?fxov xtv? ?7iauXo?ai xot? ?xtzz\itzo
[x?vot? ?apjxaxot?, xpaSat? xat Optot? e7upa?otCo[jivot<;). ? possibile che
la spoglia fosse bruciata sopra pezzi di legno dell'albero sinistro; ci? ? alme
no quanto sembra dedursi da Tzetzes Chii. 5,736 sg. inx&xi? xe pa7ttaav
x?? ?xetvov et? x? Tc?o?/ axtXXat? auxat? ?yptat? xs xat aXXot? xa>v
?yptcov,/x?Xo(; m>pt xax?xatoy ?v cjuXot? xot? ?yptot?... In un simile conte
sto acquista una portata ins?lita ? bench? abbastanza enigm?tica ? il fr.
41 W. (= 50 Degani)-di Ipponatte: xat v?v ?pet? auxtv?v [xe Ttotfjaat.
Personalmente, mi era sempre sembrato che la minaccia aveva il senso di ren
dere impotente la vittima (il legno di fico sarebbe di cattiva qualit?, fragile,
poco adatto al lavoro), o ? alternativamente ? di oltraggiarlo come
cpapjxax?c (minaccia che si pu? rintracciare anche in altri contesti ipponat
tei). Di recente O. Vox, in un pregevole articolo 18, ha avanzato la proposta che la parola o?xtvov abbia lo stesso significato del latino ficosus: ossia, con
l'ano ulcerato corne risultato di frequenti pratiche di sodom?a. Pens? che fino
a un certo punto le due interpretazioni sono compatibili: la flagellazione ri
tuale diventa, da un certo punto di vista, l'?quivalente di una sodomizzazio
ne. E dawero significativo il fatto che queste due forme di attivit? si ritrovi
no insieme in alcuni episodi che, secondo me, Petronio ha preso in prestito dal modello ipponatteo. Cfr. Satyr. 132, 2-5, dove Encolpio ? prima flagel lato dalle schiave di Circe come punizione per il suo fiasco amoroso ; pi? tar
ai (1 38, 1-3) gli s'introduce nell'ano un fallo di cuoio unto di pepe e ortiche,
durante i tentativi di restituirgli la perduta virilit?. Nel frammento ipponat teo 78 W. (=78 Degani) e specialmente nel 92 W. (=95 Degani), ritro
viamo scene del genere, se dobbiamo fidarci delle ipotesi dei ricostruttori.
Una delle figure pi? significative fra quelle ricorrenti nei frammenti di
Ipponatte ? Cicone. A proposito della funzione (sacerdotale, secondo ogni
che tipo di Odissea par?dica sia quella con cui si collegano
i vasi dove sono rappresentate scene di phlyakes. Ulisse s'imbatte ivi in una Arete che lo accoglie fin troppo ca?damente.
Quali potevano essere i legami fra questa distorsione della saga e il giambografo di Efeso? 18
Cfr. Onofrio Vox, 'Ipponatte fr. 41 West: una parodia oscena', Quad. Urb. 26,
1977, pp. 87-89.
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Ipponatte e Petronio lil
verosimiglianza) da lui compiuta e del suo status (personaggio reale vittima
della collera del poeta, o figura di repertorio) si ? molto discusso. I due passi
pi? important! dove lo si menziona sono il fr. 4 W. (= 3 Degani), citato da
Tzetzes, Exeg. in II. A 14 p. 76, 6-13 Hermann r\v S?cpvrjv ot tepet? too
r?X(ou, r]Tot [xavxet? xai [x?yoi... axe?avoufievot ?7iopsuovTO* xafrco?
?r|Xot xai 'Itzkc?vo?Z ?v t?> xax? Boura&Xou ?a[x?or
Ktxcov ? 7iav5(xXr)To? ?fjifxopo? xaurj? txoi?vSe ti 5acpvrj? xax?x^vt
dal quale sembra dedursi che Cicone ricopriva una qualche funzione sacerdo
tale; e il fr. 118 W. (= 129 Degani), 12, in cui il poeta porta al punto massimo una feroce invettiva contro un certo Sanno minacciandolo con la
frase: a?Xrjaet ?? aoi Ktxcov -r? Kco?cxXou [x?Xo?, frase che ? stata invocata
a conforto dell'ipotesi che Cicone fosse un cattivo poeta. Infatti Ateneo 14, 626 b cita Cicone, Babys
e Codalo corne pessimi flautisti; e l'espressione x?xiov r] Ba?oc auXe? era diventata proverbiale. Corne personaggio mitol?
gico, Babys pare essere stato fratello di Marsia 19; un Babys altrimenti sco
nosciuto ? menzionato a proposito del Cabirion di Tebe 20. Per quanto ri
guarda Cicone corne figura m?tica, si tratta di un figlio di Apollo e Rodope,
eponimo di una tribu di Tracia ? i Ciconi21. Lo scherno di personaggi qua li sacerdoti cupidi e vigliacchi e poetastri abominevoli sembra adeguarsi be
nissimo aile caratteristiche di certi generi di poesia con cui si puo f?cilmente
collegare Ipponatte; alla radice delle allusioni ipponattee, della presenza di
personaggi con nomi prowisti di un background mitol?gico, probabilmente esistono delle storie tradizionali. Ipponatte ne riprendeva i motivi oppure li
presupponeva : abbiamo allora il diritto d'immaginare che queste figure gio cassero nella sua poesia un ruolo di repertorio. Lo stesso passo di Tzetzes
(Exeg. in II. A 14 76, 8 Hermann) ci conferma che il verso corrotto a propo sito del 8<xcpv7)? xXa?ov si trovava ?v t?> xax? Bou7i?Xou ia[x?co; gi? il
Romagnoli22 aveva pensato che Cicone partecipava all'esecuzione rituale
del ?ap[i.axo? ; ma la sua ipotesi che egli adempiva la funzione del flagellato
19 Cfr. Zenob. Paroem. Gr. IV 81.
20 I.G. VII 3615, citato da O. Masson, Les fragments du po?te Hipponax, Paris 1962, p. 176 n. 1.
21 Questi sono, nci?Iliade, alleati minori di Priamo; nc\? Odissea sono protagonisti di
un episodio celebre: il saccheggio della loro citt? ad opera di Ulisse. Dopo aver risparmiato Maron, il sacerdote, Ulisse otti?ne da lui il vino con cui pi? tardi ubriacher? il Ciclope. Fra i
Ciconi visse Orfeo e da loro fu iniziato ai misteri di Apollo; le loro donne alla fine lo sbra narono.
22 E. Romagnoli, I poeti lirici, Bologna 19 503.
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132 J. P?rtulas
re (il ramo di alloro sarebbe nella realt? un ramo di fico) mi sembra fuor
viante. Immagino piuttosto Cicone inserito in una processione simile a quella
dell'etpeatojvr), che faceva parte delle cerimonie delle Thargelie, come pure il
supplizio del ?apfxaxo?. Propongo dunque che "il giambo contro Bupalo" menzionato da Tzetzes s'innestasse sul canovaccio di una parodia delle Thar
gelie. Infatti, gli scoli ad Aristofane, Equ. 729 ci informano che nuavscjnoi? xai 0apyr)Xtoi? 'HXt'co xai e'Qpat? ?opxa?ouaiv 'AO^vatoi: e il ?acpvrj? xXa?ov ? attribuito da Tzetzes agli tepetc; to? rjXtou. I rapporti fra Cicone e
una festa corne le Thargelie risultano confermati dal ramo di alloro e dalla
mutua connessione con Helios. Cicone, l'indovino o???v a?atov
Tcpo&earct?cov (secondo Esichio s.v. Kt'xcov), ha qualcosa in comune con l'ar
cinemico di Ipponatte: anche lui partecipa, in una misura o nell'altra, alla
processione che bandisce il cpap[xaxo?; non ? azzardato supporre che il v. 11
sg. del frammento epodico 118 W. (= 129 e Degani) a?Xrjasi 8? aot
Kt'xcov t? Kco?aXou [Ji?Xo? faccia allusione alla sinistra melod?a con cui si di
ce che un poeta come Mimnermo accompagnava l'esecuzione rituale 23. Inol
tre gli scoli a Licofrone 425 cercano di spiegare la difficile parola xaur]? in
questi termini: xaorj? ?? ? Xapo? xaTa Aivi?va?, gj? cprjai xai fl7i;7t<I)va!;; e
sembra che gli Eniani non si trattenevano in ?poca mitica dal lapidare il loro
re come capro espiatorio 24. Plutarco spiega che Oinoklos era il re degli Eniani e avrebbe condotto il suo pop?lo a Cirra, dove sarebbe stato lapidato secondo un responso dell'oracolo di Apollo per far cessare la fame che mi
nacciava tutto il paese. Pi? tardi gli Eniani abitarono sulle rive dell'Inaco o a
Delfo. In epoca storica essi si radunavano a Delfo in occasione delle feste del
Septerion deifico 2\ quando veniva celebrata una processione del tutto simile
a quella delle Thargelie, e offrivano un'ecatombe proprio sulla tomba di
Neoptolemo-Pirro. La morte di questo, se certi studiosi contemporanei han
no ragione, si pu? paragonare con quella dello scapegoat26. AuXrjaet ?? aoi
Kixcov t? Kco?aXou [x?Xo? : non mi sembra opportuno pensare, come Mas
23 Ps. Plut. De mus. 8 p. 1134a
= Mimnermo, Test. 5 Gent.-Pr. 24 A proposito degli Eniani, L.R. Farnell, Cults of the Greek States IV, Oxford 1906,
p. 2 7 2 ricorda che "had at one time been commanded by the Delphic oracle to stone their
king". Cfr. Ref. 77 = Plut. Quaest. gr. 293 f.
25 Cfr. Heliod. Aith. II 34 -III 6; III 10. Su questa solennit? penteterica, vedasi
J.-P. Gu?pin, The Tragic Paradox, Amsterdam 1968 e F.R. Adrados, Fiesta, Comedia y
Tragedia, Barcelona 1972. Arrivati a questo punto non pu? stupirci il fatto che uno dei mo
menti di questa cerimonia fosse costituito dall'imitazione di un assalto notturno contro una
capanna che veniva designato con il nome di Dolonia.
26 Cfr. G. Nagy, The Best of Achaeans. Concepts of the Hero in Archaic Greek Poetry, Baltimore-London 1979 ("The Death of Pyrrhos", pp. 118-141).
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Ipponatte e Petronio *33
son e la grande maggioranza degli interpreti21, che questo verso si riferisca a
una guarigione (o forse a una promessa sarcastica di guarigione) da una ma
lattia ? la yaaxptr) del v. 9 ? attraverso la m?sica; sviluppando una bril
lante intuizione di C. Miralies 28, il quale confronta questo verso con l'e
spressione all? stesso tempo burlesca e minacciosa di Satyr. 129,7 ad tubici
nes mittas, credo piuttosto che Cicone ha una parte nello scenario delT esecu
zione rituale del ?apfxaxo? e che la melod?a di C?dalo non ? una qualsiasi m?sica cacof?nica ma una forma indiretta di riferirsi al v?[xoc xpa?trj?.
Ad ogni modo, pare evidente che il tema del cattivo poeta non era
marg?nale n? in Ipponatte n? in tutta la tradizione coliambica. Abbiamo gi? accennato alia notizia di Ateneo secondo la quale Ipponatte ? il caposcuola della poesia par?dica. Orbene, in un genere come, per esempio, la commedia
attica, la parodia non ? un elemento casuale n? aneddotico, ma essenziale. Si
? fatto spesso notare come lo sviluppo della commedia seguisse le orme della
tragedia e corne la struttura della prima consistesse nelfessere in qualche mi
sura lo specchio deformante della seconda 29. Non abbiamo nessuna ragione
per supporre che il pubblico greco avesse una passione smisurata per la
"critica letteraria"; ma va ricordato che la parodia, la sowersione implacabi le del linguaggio po?tico (nel caso della commedia, di quello tr?gico specifi
camente) ha una funzione che bisogna qualificare decisamente corne ritualisti
ca e che si lega con la natura stessa del genere giambico 30: cosa facile da ca
pire in quanto la dimensione inizialmente ritualistica del linguaggio po?tico non ? mai sparita dalla coscienza collettiva. Questa dimensione della parodia ha goduto di una continuit? eccezionale; e ritengo che il ru?lo di Eumolpo nel Satyricon non ? alieno da questa tradizione, tralasciando al momento le
ragioni occasionali, come per esempio il desiderio di Petronio di mettere in
ridicolo certe correnti della letteratura del suo tempo (specialmente Lucano) o il fatto che il topos del cattivo poeta costituisce uno dei motivi pi? conven
zionali e triti della s?tira. I critici hanno spesso rilevato la flagrante mancan
za di unit? nella figura delT Eumolpo petroniano, e l'hanno attribuita alla dif
ficolt? di accordare un motivo tradizionale di s?tira (il cattivo poeta) con la
27 Cfr. O. Masson, 'Sur un papyrus contenant des fragments d'Hipponax', Rev. et gr.
62, 1949, p. 304; W. De Sousa Medeiros, Hip?nax de ?feso, Coimbra 1961, p. 172. 28
Cfr. art. cit. p. 11 n. 13. 29
Cfr. A. Brelich, *
Aristofane: Commedia e Religione', Acta Class. Univ. Scient.
Debrecen. 5, 1969, pp. 21-30. 30
Le linee di collegamento fra giambo e commedia attica sono state opportunamente
rievocate in un articolo recente di M.G. Bonanno, 'Nomi e soprannomi archilochei', Mus.
Helv. 37, 1980, pp. 65-88.
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*34 J. P?rtulas
decisione di veicolare opinioni dello stesso Petronio sulle polemiche letterarie
del suo tempo. Ciononostante, credo che, per fare giustizia della complessit? di registri che si articolano intorno a Eumolpo, pu? essere utile confrontare
le osservazioni precedenti sul Cicone di Ipponatte con la figura ambivalente
del poeta come si ricava da una serie di componimenti dei Carmina priapea. E evidente il contrasto fra la poesia ideosa e quella erudita ? il riferimento a
una fonte d'ispirazione che deriva, per cosi dire, dalla semplice vicinanza al
luogo dove si trova il fallo eretto (cfr. Carm. Priap. 41):
Quisqu?s uenerit hic poeta fiat et uersus mihi dedicet iocosos.
Qui non fecerit, inter eruditos
ficosissimus ambulet poetas.
Abbiamo gi? indicato come l'espressione tvpicai ficosus appartiene sia al
la sfera del ?ap[xaxo?, sia a quella della divinit? priapea e delle pratiche
sodomitiche. Non ? ora il caso di ricordare la salacit? di Eumolpo, il suo ca
rattere libidinoso: questo tipo di poeta ?, per adoperare una met?fora traspa rente, sarcinosior, generosamente dotato di attributi (cfr. Carm. Priap. 79):
Priape, quod sis fascino grauis tent?
quod exprobauit hic tibi suo uerso
poeta noster, erubescere hoc noli:
non est poeta sarcinosior nostro.
II poeta ha sottolineato con grande enfasi la salacit? del dio, e non cer
to per biasimarla. Su questo piano c'? un totale accordo fra dio e poeta. In ogni caso, di tutti i Priapea il pi? istruttivo ai fini del nostro discorso
? il 61 :
Non sturnus mihi graculusve raptor aut cornix anus aut aquosus anser
aut corvis nocuit siticulosus
sed quod carmina pessimi poetae ramis sustineo laboriosis.
Ritroviamo qui Tantico rapporto fra la garrulit? degli uccelli e un certo
tipo di parola particolarmente vile, sconcia e pregiudizievole, capace anche
di stroncare la fertilit? di un albero fruttifero. Quest'immagine, cosi caratteri
stica dei Priapea, della fredda poesia di un pessimo cantore appesa a un albe
ro, ci ricorda ehe, da Ipponatte a Petronio, un genere particolare di poesia
implica il ridicolo, la sowersione implacabile della parola rispettabile e uffi
ciale. La parodia feroce dei racconti epici, quale la si ritrova nci?Odissea buf
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Ipponatte e Petronio x35
fa di Ipponatte o negli sketches sarcastici del Satyricon si addice a questa fun
zione; n? bisogna attribuire una dimensione diversa alla riduzione beffarda
degli stessi poemi omerici nei Priapea, dr?sticamente ristretti a sordidi affari
di cunnus e di m?ntula (cf. Priap. 68).
Comunque, da un punto di vista rigorosamente filol?gico, ci? che ha
agevolato il primo awicinamento fra Ipponatte ed il Satyricon ? la ricorrenza
di parecchi episodi che sembrano racchiudere una complessa combinazione di
oltraggi corporali, operazioni magiche e atti di natura sessuale. I frr. 78 W.
(=78 Degani) e 92 W. (=95 Degani) e, nella loro scia, i passi petroniani di Quartilla e di Circe sembrano riportarci al tema della flagellazione in una
stanza: abbinano la violenza e le pratiche sodomitiche. In qualche occasione
privilegiata il parallelismo fra il testo greco e quello latino si pu? rintracciare
anche nei dettagli. Cosi, per esempio, l'espressione di Satyr. 20,4 duas insti
tas ancilla protulit de sinu alteraque pedes nostros alligavit, altera manus proba bilmente ? da avvicinare a Ipponatte 92 W. (=95 Degani), j].TOt? ?to?tot atv ?[X7is?[, ma il carattere cosi frammentario del testo ipponatteo fa si che
questo raffronto possa risultare azzardato; e non tutte le ipotesi del Latte 31 e
del West32 risultano sempre accettabili nella stessa misura. Ad ogni modo, la presenza del cynaedus nelT episodio di Quartilla, con tutti gli echi ?
ippo nattei, priapici
? che il passo suscita, pare offrire dei chiarimenti sullo svi
luppo successivo dei frr. 78 e 92 pi? idonei di quelli forniti d?fallus di cuo
io cui si rifanno Latte e West, confrontando il fr. 92 W. (= 95 Degani) e la
scena di Enotea. Petronio gioca con il termine greco traslitterato emhasicoetas
31 Cfr. K. Latte, 'Hipponacteum', Hermes 64, 1929, pp. 385-388 e anche B. Lava
gnini, 'Sul nuovo frammento dei giambi di Ipponatte', Annali Univ. Toscane 12, 1929,
pp. 3-15 (= Da Mimnermo a Callimaco, Torino 1950, pp. 56-66). Latte ha indubbiamente
ragione quando afferma: "711)710x1 (v. 2) idem ualet ac Ttoct?epaaTixcb?, procul dubio e lin
gua pedicatorum propria desumptum". Ma ? pi? azzardato il punto di vista su cui poggia il
tentativo di ricostruzione 7ttrfiOT? t?v rcuyecava Ttapfrtdrfco ??aov nel senso che "fascinum
siue aliud eiusdem formae instrumentum ano inseritur. Scilicet per iocum ita denotatum, du
rum rigidumque tamquam clauum". L'integrazione si basa su due glosse di Esichio:
Ttap?wtOYoc* [xocv?ocXo? d'?pOL? e noLpn?yo? ? ocvco ttj? frupa? [xocv?aXo?. 32 M.L. West, Studies in Greek Elegy and Iambus, Berlin-New York 1974, pp.
142-145. West suggerisce che, dei ?uotaiv ?v rc?voiaiv (v. 6), l'uno ? la flagellazione e l'al
tro l'incontinenza escrementizia della vittima, provocata dall'introduzione di un oggetto
estraneo nel deretano: "the stimulation produces coarser results than intended". Ma la sodo
mizzazione poggia soltanto sul parallelo gen?rico con il passo di Petronio. Se ci mettiamo a
fare delle supposizioni, mi pare che 7i:apa^i5?Ccov (v. 9) sia da riferire piuttosto
a un goccio
lamento che a una violenta esplosione. Sarebbe dunque possibile che la vittima sia sporcata,
spruzzata di ?oX?tTa) mentre riceve delle fr?state : una sorta di parodia di aspersione lustra
le.
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136 J. Portillas
con il doppio senso di giara o omosessuale. Quando Encolpio si lamenta del
le inopportune attenzioni di un cynaedus e ricorda a Quartilla la promessa di
offrirgli una giara di vino, lei risponde con sarcasmo : Tu non intellixeras ci
naedum emhasicoetam vocari2. (Satyr. 24,3). Crediamo che questo doppio sen
so di giara e omosessuale si ritrovi anche nella parola x?vfrapoc che appare sia nel fr. 78 W. (= 78 Degani), 12 xaMfrapo! (supplemento abbastanza
verisimile), sia nel fr. 92 W. (=95 Degani), 10 di Ipponatte: x?vfrapot 8?
pot??ovxe?. La nostra ipotesi ? questa: in scene come quelle che tentiamo di
sistemare nei loro tratti salienti, appariva come figura di repertorio un inver
tito, oggetto di ribrezzo per il protagonista, il quale ? a volte potente, a volte
destinatario delle provocazioni delT altro. Un'eco pi? o meno deformata di
un simile individuo sopra wive in Carmina Priapea 64:
Quidam mollior anseris medulla
furatum uenit hue amore poenae.
Furetur licet usque: non uidebo.
In verit? non sono considerazioni di tipo etico, n? l'inversione sessuale, n? la sodomia, e nemmeno l'impotenza, le ragioni che fanno diventare questo individuo ? come il cynaedus di Petronio ?
oggetto di odio e di irrisione :
neppure h persona loquens ? priva anche solo di una di queste macchie. Volen
terosi pederasti, ancorch? procurino di fare il loro meglio con le donne, dedi
ti alla sodomia, attivi e passivi di volta in volta : tutti questi tratti che caratte
rizzano la figura del protagonista si integrano nelle corrispondenti controfi
gure corne oggetto di esecrazione. E non c'? dubbio che l'inversione dei ruoli
? una delle chiavi del sistema che ci sforziamo di definir?. Se non sbaglio, an
che di questo fatto i Carmina Priapea ci offrono la testimonianza meno di
storta, pi? cruda. Infatti, in Carm. Priap. 70 Priapo richiede protezione ne
dum me colitis meumque numen/custodes habeatis inrumatos. Inrumare ? proprio la funzione caratterizzante di Priapo, che si trova in questo momento davanti
alla minaccia di diventare oggetto passivo della stessa operazione.
Una volta stabilito questo parallelismo in termini ? ci pare ?
ragio nevoli, possiamo addurre a confronto passi simili pi? minuziosi che dipendo no dal lavoro filol?gico inteso nel suo senso convenzionale e ehe poggiano sulle somiglianze delle parole, sui paralleli nell'espressione e nella situazione:
paralleli che, bench? non abbiano una grande forza di riprova se isolati, fini
scono con l'imporsi per la loro stessa quantit?. Un esempio concreto di quanto stiamo dicendo si pu? trovare nel tema
della ghiottoneria dappertutto presente nella Cena Trimalcionis, e che ? anche
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Ipponatte e Petronio *37
bene attestato in Ipponatte (cfr. i frr. 26 e 26a W. = 36 e 37 Degani), con
l'enumerazione ricercata di elaborate pietanze ; e la situazione andava molto
al di l? della somiglianza gen?rica. Tanto in Ipponatte quanto in Petronio
troviamo allusione al costume di cenare due volte, scaricando il ventre nel
frattempo: vedi Satyr. 47, 2-6 e Ipponatte 114c W. (=171 Degani) dove
appare la splendida espressione [xeaarpfuSopTCOx?axTi?, spiegata da Svetonio
de blaspb. 243 p. 62 Taillardat: ? [xeaoovxo? xo? Se?TCvoo rcoXXaxi? ?rco
7iax?>v, ?tcco? rc?Xtv ?[i7U7rXr]xai ? a?xo?.
Proprio questo fr. 26 W. (=36 Degani) che ci fornisce l'enumerazio
ne dei bocconi costituisce, nello stesso tempo, una versione owia del motivo
della cattiva gestione di una grossa eredit?, dilapidata nei piaceri corporali
(cfr. v. 5 : xax??aye ?rj x?v xXfjpov) -? tema che si ritrova parecchie volte
in Petronio, specie nella Cena (cfr. Satyr. 43, 4-6). Abbiamo dunque il diritto
di pensare che nell'opera del .romanziere latino un tratto di realismo contem
por?neo si articola armoniosamente con un topos del genere giambico, assolu
tamente consolidato come tale. Osservazioni simili possono farsi a proposito di sordide scene di zuffe, botte e liti piene di confusione. I passi leggibili di
Ipponatte 73 W. (= 73 Degani):
?j[xei?e ?'atfxa xai x?^lv ?xiXrjaev o? ?? [xeo ?Sovxe?
?v xat? YvaQ?nai rcavxec (?x}x?xiv?axat,
cosi come probabilmente l'inizio del fr. 79 W. (=79 Degani), dove lo stato
mutilo del papiro non consente di farsi un'idea chiara sullo sviluppo della
scena, trovano la loro contropartita nello straordinari? episodio di Satyr. 9 5
sgg., in una locanda, con la rissa fra Eumolpo e il personale del locandiere 33.
In modo forse non cosi dissimile si possono stabilire parallelismi fruttuosi tra
la perquisizione di Ascilto e un banditore in cerca di Gitone (Satyr. 97-98) e
il misterioso racconto della fine del fr. 79 W. (=79 Degani), 17-20:
? ?'a?xtV ?Xfrcbv a?v xpto?ai [x?pxuaiv ?xou t?v 2p7uv ? axoxo? Xa7TT]X?tkl,
avOpoorcov eupe xrjv ox?yrjv ?cp?XXovxa ?
o? y?p rcapfjv ?cpeX[xa ?
TiuO'ix?vi axoi?fjc.
33 Bisogna fare allusione, in rapporto a situazioni di questo genere, alla scena ricorren
te del servo che cade per caso rovinando gli arredi domestici. Cfr. Satyr. 22,4 Cecidit etiam
mensa cum argento et ancillae super torum marcenti excussum forte altius poculum caput fregit, che
rievoca un episodio pittorcsco menzionato da Ipponatte fr. 13 W. (=21 Degani)
: o? yap
Tjv auxfj/ x?Xil-, ? ?tat? y?p ?uiteacov xaxrjpal-E.
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i}8 J. Portillas
Ad ogni modo, le tecniche di distrazione adoperate dal personaggio di
Ipponatte ci rammentano i tentativi di Encolpio e di Eumolpo di assumere
un atteggiamento indifferente e fare cosi svanire i sospetti che gravano su di
loro.
Per finir?, c'? una lunga lista di espressioni confrontabili che, nel loro
insieme, dimostrano che, nella costituzione del ricchissimo humus cult?rale di
Petronio, la componente presa in prestito dalTantico giambo non ? da trascu
rare. Come esempio faremo soltanto menzione di Satyr. 24,7, dove appare la
parola asellus nel senso di "membro enorme", il che ci fa venire in mente uno
dei pi? famosi frammenti di Archiloco (43 W. = 180 Tarditi): r\ ?? ot
a?frri/?jax'ovou nptrjv?co?, xxX.
L'ipotesi che abbiamo tentato di delineare nel corso di queste pagine ?,
quindi, che in una cultura letteraria cosi complessa e ricca come quella di Pe
tronio la tradizione giambica aveva un posto di prima importanza. Questo
fatto si pu? desumere soprattutto dal pattern dei periodici attacchi d'impo tenza e degli sforzi per recuperare la virilit? perduta; tuttavia perfino su que sto piano non potremmo negare (e neppure c'interessa farlo) che la base del
nostro discorso ? un'ipotesi di ricostruzione : in particolare, della ricostruzio
ne dei frr. 78 W. (= 78 Degani) e 92 W. (=95 Degani). E probabile che
la scelta di Petronio costituisse una scelta voluta e minoritaria, che suppone va una specie di alternativa alie correnti letterarie dominanti nella latinit? del
suo tempo e una partecipazione alio stile controculturale che qualche volta ?
stato rintracciato nei movimenti cinici 34; tutto questo ? da mettere in rap
porto, ovviamente, con i procedimenti di composizione del Satyricon. NelTo
pera di Petronio hanno un loro posto tutta una serie di elementi assolutamen
te estranei alia tradizione greca a cui siamo pi? avvezzi. Ma gi? i racconti ip
ponattei dovevano svilupparsi in narrazioni pi? o meno complesse contenenti
avventure notturne, storie di infedelt?, stregonerie, schiaffi, invocazioni a di
verse divinit? del pop?lo. Non sappiamo se l'allusione al sinistro rituale del
<pap[xax?c, all'alloro maledetto, costituisse qualcosa di pi? di un semplice
punto di riferimento per la maggior parte di queste avventure : un mezzo per rivestire le invettive di una violenza truculenta. C'erano anche delle divinit?
orientali, ellenizzate soltanto in parte, rituali magici intorno alla fecondit?
maschile nella sua dimensione pi? scomoda e rischiosa, quella delle periodi che difficolt? per arrivare all'erezione. Non sapremo mai, forse, in quali ter
mini precisi questo leitmotiv si articolasse con la scena del Xetfxcov dove una
figura sventurata veniva battuta sette volte in sede peccati.
34 Cfr. C. Miralies, 'Los c?nicos, una contracultura en el mundo antiguo', Est. C?as.
61, 1970, pp. 347-377 e J. Roca, 'Kynik?s Tropos. Cinismo y subversi?n literaria en la
Antig?edad', Bull. Inst. Est. H el. 8, 1974.
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Ipponatte e Petronio 139
Sarebbe opportuno chiudere queste osservazioni sottolineando ehe il
nostro proposito non era quello di fornire una chiave di lettura per il
Satyricon. Ogni volta che lo si rilegge o che si percorre la sua soffocante bi
bliograf?a, diventiamo pi? coscienti della sua portentosa complessit?, della
combinazione dei diversi elementi e dei livelli implicati. Molti sono gli episo di che presentano un'intenzione indubbiamente real?stica e satirica :
specchio deformante della realt? contempor?nea, non dalla prospettiva del biasimo
morale ma da quella di un senso esasperato ? che si potrebbe chiamare di
stile ? del ridicolo, della rozzezza, del cattivo gusto. Ma per un antico i
problemi d'inserimento, originalit? e dipendenza da una tradizione si pongo
no in termini irriducibili ai nostri. L'acuta capacita di osservazione ? una del
le virtu letterarie di Petronio che lo fanno vivo e affascinante ai nostri occhi
di lettori moderni: ma non si deve cercare qui il "senso" ultimo della sua
opera. Non c'? incompatibilit?, anzi il contrario, fra uno sguardo attento al
l'aspetto variopinto e contraddittorio di una grande citt? della Campania nel
I sec?lo d.C. ? con la sua complicata vita cittadina e i liberti opulenti e spa valdi ?, e la disposizione d'insieme del racconto secondo un pattern ritualistico ? un pattern che nella poesia coliambica avrebbe assunto una
trattazione letteraria, ma che si rifaceva a uno schema molto pi? antico. Oggi ci sembra chiaro che la funzione della impotenza e il d?go?t nella tem?tica ses
suale del Satyricon va capita come riflesso di una societ? sazia, che ha perduto il senso delle n?cessita di base e della convenienza di appagarle "in modo
naturale"; perci?, quando avanziamo l'ipotesi che la struttura narrativa di
un'ampia parte del Satyricon ? retta da un sistema di schemi che possiamo rintracciare parzialmente nella poesia giambica pi? antica, non cerchiamo
una chiave di lettura per Topera di Petronio. Ciononostante, il determinare
in modo pi? preciso il modello che contribuisce all'organizzazione del rac
conto (anche se questo risulta poi caricato di elementi di ogni tipo, molti di
questi forniti dall'osservazione diretta del mondo reale) costituisce un fatto
abbastanza importante da meritare lo sforzo, per quanto azzardato 35.
Universit? di Barcellona
35 Soltanto dopo la stesura definitiva di queste pagine ho preso conoscenza del bril
lante articolo di E. Degani, 'Ipponatte nel mondo latino', Riv. filol. class. 109, 1981,
pp. 38 5-406 (= Studi su Ipponatte, Bari 1984, pp. 57-70) che sf?ora di passaggio alcuni de
gli argomenti da me trattati ; ma non ho potuto tenerne conto. Il mio manoscritto ? stato let
to, come al s?lito, dal prof. C. Miralles, le cui osservazioni mi sono state di grandissima uti
lit?. Desidero anche ringraziare l'amico Jordi A. Binaghi, non soltanto per la generosit? con
cui ha collaborato con me nel mettere a punto la versione italiana del testo, ma soprattutto
per il suo incoraggiamento
e per i suoi validi consigli.
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