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Universit` a degli Studi della Calabria Facolt`a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Magistrale Inclusione all’ordine dominante della Z 0 nel Monte Carlo DISENT Prof. Alessandro Papa Relatori: Prof. Enrico Tassi Candidato: Gaetana Anamiati Anno Accademico 2011/2012 Arcavacata di Rende, Cosenza

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Indice Introduzione 1 1 Interazioni fondamentali e sviluppo della QCD 3 1.1 Il modello dei quark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Universita degli Studi della Calabria

Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea in Fisica

Tesi di Laurea Magistrale

Inclusione all’ordine dominante della Z0

nel Monte Carlo DISENT

Prof. Alessandro PapaRelatori:

Prof. Enrico Tassi

Candidato: Gaetana Anamiati

Anno Accademico 2011/2012Arcavacata di Rende, Cosenza

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Alla sua ambizione che e anche la mia,alla sua serieta che e anche la mia,

alla sua caparbieta che e anche la mia.A papa una volta ancora...

A papa sempre.

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Indice

Introduzione 1

1 Interazioni fondamentali e sviluppo della QCD 3

1.1 Il modello dei quark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2 Il modello partonico dei quark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1.3 QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Diffusione profondamente anelastica 15

2.1 DIS al livello partonico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2.2 DIS all’ordine dominante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.3 Fattorizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2.4 DIS all’ordine sottodominante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

2.5 L’evoluzione delle funzioni di densita partonica . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

3 Produzione di 1 jet in DIS 34

3.1 Calcolo delle ampiezze di transizione includendo il solo scambio fotonico . . . 35

3.2 Meccanismo di cancellazione delle divergenze infrarosse . . . . . . . . . . . . 45

3.3 Calcolo delle ampiezze di transizione includendo il bosone Z0 . . . . . . . . . 50

4 Il Monte Carlo DISENT 61

i

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4.1 Generazione dello spazio delle fasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

4.2 Sistema di riferimento di Breit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.3 Subroutine DISENT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65

4.4 Subroutine user . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

4.5 Generazione degli stati con due e tre partoni e i relativi elementi di matrice . 68

4.6 Inclusione della Z0 nel programma DISENT . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

4.7 Risultati numerici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

Conclusioni 76

Bibliografia 77

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Introduzione

Lo studio degli urti tra leptoni e nucleoni ad alta energia, il Deep Inelastic Scattering, ha

consentito di scoprire che le particelle sensibili alle interazioni forti, gli adroni, hanno una

sottostruttura costituita da quark e gluoni. La teoria delle interazioni forti che e nata da

queste scoperte, la Cromodinamica Quantistica (QCD)[1], e oggi uno degli ingredienti del

Modello Standard delle interazioni fondamentali. L’esigenza di accedere sperimentalmente

alla struttura del protone con sempre maggiore risoluzione ha condotto alla costruzione di

HERA, un anello di collisioni elettrone-protone ad Amburgo. L’avvio del collider HERA nel

1992 con un’energia del centro di massa√s ∼ 300 GeV (27.5 GeV per positroni e 820 GeV

per il protone) segno l’inizio di una nuova era di esperimenti [2] che esploravano la diffusione

profondamente anelastica. Com’e noto, la sezione d’urto del DIS dipende dalle funzioni di

struttura del protone in cui sono presenti le funzioni di distribuzione partoniche che danno la

probabilita di trovare un partone nel protone, con frazione del suo momento (x) e risoluzione

data dal quadrimpulso del bosone scambiato (Q2).

Uno degli scopi principali di questi esperimenti e la misura della costante di accoppiamento

forte (αs) attraverso le misure di sezioni d’urto (la sezione d’urto dipende da αs) al variare

di Q2. La costante di accoppiamento forte e un parametro variabile con il quadrimpulso

trasferito nell’interazione e una previsione della QCD e che αs diminuisca al crescere di Q2,

sia cioe tanto piu piccola quanto minore e la distanza d’interazione.

1

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2

Il nostro lavoro e stato quello di studiare la diffusione leptone-nucleone profondamente anelas-

tica, all’ordine O(αs), considerando, oltre lo scambio del fotone, lo scambio del bosone Z0

al fine d’includere quest’ultimo contributo nel programma Monte Carlo DISENT, tra i piu

usati per l’analisi di dati di HERA. Questo programma, che nella presente versione contiene

solo lo scambio del fotone, permette di analizzare l’andamento della sezione d’urto al variare

del quadrimpulso del bosone scambiato. La tesi puo essere quindi suddivisa in due parti:

la prima parte, costituita dai capitoli 2 e 3, tratta da un punto di vista teorico il calcolo

della sezione d’urto inclusiva e di produzione di jet adronici fino al’ordine O(αs). Viene

in questa parte cosı illustrata l’insorgenza delle divergenze ultraviolette ed infrarosse ed i

metodi utilizzati per la loro cancellazione. Nella seconda parte (capitolo 4), viene descritto il

programma Monte Carlo DISENT e le modifiche apportate allo stesso, allo scopo d’includere

lo scambio del bosone Z0 e vengono presentati i risultati numerici ottenuti.

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Capitolo 1

Interazioni fondamentali e sviluppo

della QCD

La fisica delle particelle elementari e la ricerca dei costituenti fondamentali della materia e

la conoscenza delle loro interazioni.

Gia intorno al 400 a.C. il concetto di base era stato postulato dal filosofo Greco Democrito

secondo cui ogni cosa e costituita da entita indivisibili, cio che noi oggi chiamiamo atomi.

Con il progredire della scienza sono stati identificati diversi tipi d’interazioni, come la gravita

o le forze elettromagnetiche e sono state costruite delle teorie consistenti che hanno dato una

descrizione matematica di molti fenomeni, ma fu soltanto con la scoperta della radioattivita

che si realizzo che gli atomi non erano quantita fondamentali della materia, essi sono costituiti

infatti da un nucleo pesante intorno a cui orbitano gli elettroni. Studi piu approfonditi sul

nucleo atomico rivelarono che, oltre le ben note interazioni elettromagnetiche, erano presenti

nuove forze a corto range: una forza forte che tiene insieme i nucleoni e una forza debole che

media il decadimento radioattivo beta. La teoria di campo delle interazioni forti e conosciuta

col nome di Cromodinamica Quantistica ed appartiene a quella classe di teorie conosciute

come teorie di gauge. In una teoria di gauge i campi sono descritti da rappresentazioni di

un gruppo di simmetria e, l’interazione tra i campi, mediata dai bosoni di gauge, e indotta

3

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 4

dalla richiesta che la Lagrangiana sia invariante rispetto a trasformazioni locali arbitrarie

dei campi. Nel linguaggio delle teorie di gauge l’interazione elettrodebole e caratterizzata

dalla simmetria di gauge U(1) ⊗ SU(3). A questo punto, prese due particelle qualsiasi, ci

si potrebbe chiedere a che tipo d’interazioni potrebbero andare incontro; la risposta non e

immediata, poiche ci sono una serie di fattori da considerare, come il tipo di particelle e la

distanza a cui esse sono sottoposte. I campi fondamentali conosciuti oggi sono i leptoni e i

quark che sono entrambi fermioni di spin 12e i bosoni di gauge di spin 1 come il gluone (g),

il fotone (γ) e i bosoni W± e Z0 che mediano l’interazione forte, elettromagnetica e debole

rispettivamente. Quark liberi isolati non sono mai stati trovati sperimentalmente. Stati

legati di tre quark formano i cosı detti barioni, come il protone o il neutrone; combinazioni

di un quark e un antiquark formano i mesoni come il pione. Barioni e mesoni sono chiamati

adroni, particelle pesanti soggette a interazioni forti. Rispetto ai quark, i leptoni, come

l’elettrone e il suo neutrino, sono particelle piu leggere, esistono come campi liberi e non

sono soggetti a interazioni forti. I quark portano carica di colore, carica elettrica e isospin

debole e quindi si accoppiano ai gluoni, i fotoni e i bosoni W± e Z0. Tutti i leptoni portano

isospin debole e quindi sono soggetti alle interazioni deboli, ma solo i leptoni carichi hanno

carica elettrica e sono soggetti a interazioni elettromagnetiche. Nel contesto del Modello

Standard[3, 4, 5], tutte le particelle massive acquistano la loro massa dall’accoppiamento al

campo scalare Higgs. Infine, tutte le particelle si accoppiano al campo gravitone (G) di spin

2 che in una teoria quantistica della gravita e responsabile dell’interazione gravitazionale.

Ad ogni modo non esiste una teoria quantistica della gravita universalmente accettata.

La teoria su cui vogliamo concentrarci adesso e la QCD. Storicamente, e stato lungo il

percorso per arrivare, dalla realizzazione che l’energia che lega il nucleo atomico e dovuta a

una nuova interazione, alla formulazione della QCD, dato che i campi di base della teoria

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 5

non sono mai stati osservati come particelle libere. Schematicamente, la strada dalla fisica

nucleare alla QCD puo essere separata in tre fasi; la prima puo essere caratterizzata come

l’era della spettroscopia adronica che culmino con la formulazione del modello dei quark.

Dopodiche venne una serie di esperimenti sullo scattering profondamente anelastico che

hanno permesso di sviluppare il modello partonico dei quark e infine una serie di misure

provarono le interazioni tra i quark e permisero i primi test quantitativi sulla QCD.

1.1 Il modello dei quark

Quando si realizzo che l’energia che lega i nucleoni era dovuta a un nuovo tipo d’interazione

tra protone e neutrone, vennero effettuati degli esperimenti di scattering che mostrarono

non solo che l’interazione era forte e che agiva solo su distanze molto piccole, ma anche

una certa simmetria tra protoni e neutroni che furono incapsulati nel formalismo di isospin

introdotto da Heisenberg. Fu Yukawa che intuı che una forza a corto range poteva essere

plausibile assumendo che l’interazione fosse mediata da un bosone pesante, il pione che venne

poi scoperto nel 1940. Furono poi scoperte altre nuove particelle prodotte nelle interazioni

tra la materia nucleare; alcune di queste decadevano velocemente, altre avevano vita media

piu lunga. Poiche le prime erano collegate all’interazione forte, si suppose che le seconde

decadevano attraverso l’interazione debole. Lo strano comportamento di queste particelle

che venivano prodotte nell’interazione forte e poi decadevano debolmente, fu spiegato for-

malmente da Pais e Gell-Mann che introdussero un nuovo numero quantico, la stranezza che

e conservata nelle interazioni forti e puo essere violata dalla forza debole. Nel 1960 si era

gia arrivati a conoscere un gran numero di specie diverse di particelle elementari, furono

Gell-Mann e Ne’eman a classificarle in multipletti del gruppo di Lie unitario speciale SU(3),

usando l’isospin I e l’ipercarica Y = B + S, la somma del numero barionico e la stranezza,

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 6

come numeri quantici rilevanti. In accordo al gruppo SU(3), i quark1 dovevano portare cari-

ca elettrica ±13e ±2

3della carica dell’elettrone, cosa che non era mai stata osservata. Quindi,

la fisica delle particelle elementari ai tempi aveva iniziato a prendere piede sulla base di al-

cune particelle ipotetiche con nessuna evidenza sperimentale che potesse confermare la loro

esistenza. Le proprieta dei quark e delle loro antiparticelle, sono date nella tabella 1.1.

Quark Spin Parita ef I I3 S Bu 1/2 1 2/3 1/2 1/2 0 1/3d 1/2 1 −1/3 1/2 −1/2 0 1/3s 1/2 1 −1/3 0 0 −1 1/3u 1/2 −1 −2/3 1/2 −1/2 0 −1/3

d 1/2 −1 1/3 1/2 1/2 0 −1/3s 1/2 −1 1/3 0 0 1 −1/3

Tabella 1.1: Numeri quantici dei quark.

1.2 Il modello partonico dei quark

Con il passare del tempo la costruzione degli acceleratori divenne sempre piu sofisticata e a

mano a mano che la loro struttura migliorava, la risoluzione con cui la materia poteva essere

esplorata aumentava e fu possibile eseguire l’esperimento di Rutherford per un nucleone

piuttosto che per un atomo.

La cinematica dell’esperimento di scattering leptone-nucleone profondamente anelastico, e

mostrata nella figura 1.1. Ad alta energia, un elettrone con energia iniziale E e quadrimpulso

l, attraverso lo scambio di un fotone virtuale e scatterato lontano da un nucleone di massa M

e quadrimpulso p che e fermo nel sistema del laboratorio. L’angolo di scattering dell’elettrone

1Il primo a dare il nome a queste particelle fu Gell-Mann [6]

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 7

e θ. Lo stato finale e caratterizzato dal quadrimpulso l′ dell’elettrone diffuso e p′ del sistema

adronico con una massa invariante W .

�qp0 = �P

l l0

P prp1p2p3...pnfa(�; �F )Figura 1.1: DIS nel modello partonico.

Partendo da questo semplice diagramma, mostreremo che tipo di fenomenologia ci si

aspetta se il protone e uno stato legato di oggetti carichi puntiformi. Come primo passo

e conveniente introdurre due nuove quantita, l’energia trasferita ν dall’elettrone al sistema

adronico nel sistema di riposo dell’adrone

ν = E − E ′ =q · PMh

,

e il quadrato del quadrimomento trasferito, portato dal fotone virtuale

Q2 = −(l − l′)2.

Si trova:

Q2 = 2Mh(EMh −E ′)−M2h −W 2 = 2Mhν +M2

h −W 2 ≤ 2Mhν

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 8

dove l’ultima uguaglianza per l’ultimo termine e stata ottenuta nel caso limite M2h = W 2,

cioe nel caso dello scattering elastico. A questo punto possiamo introdurre la variabile di

Bjorken xB:

xB =Q2

2Mhν, 0 ≤ xB ≤ 1.

Per procedere, dobbiamo conoscere la sezione d’urto per lo scattering elastico di un elettrone

con un fermione di spin 12, massa Mh e carica ef . Si ottiene:

dQ2=

4πα2eme

2f

Q4

E ′

E

{

cos2θ

2+

Q2

2M2h

sin2 θ

2

}

.

Da questa, possiamo derivare la sezione d’urto doppiamente differenziale rispetto a Q2 e ν,

continuando con il caso dello scattering elastico:

d2σ

dQ2dν=

4πα2eme

2f

Q4

E ′

E

{

cos2θ

2+

Q2

2M2h

sin2 θ

2

}

δ

(

ν − Q2

2Mh

)

. (1.1)

Nel caso di particelle non puntiformi, introducendo le funzioni di struttura W1(Q2, ν) e

W2(Q2, ν), la sezione d’urto doppiamente differenziale puo essere scritta come:

d2σ

dQ2dν=

4πα2em

Q4

E ′

E

{

W2(Q2, ν) cos2

θ

2+ 2W1(Q

2, ν)Q2

2M2h

sin2 θ

2

}

δ

(

ν − Q2

2Mh

)

. (1.2)

Dall’ultima equazione, le funzioni di struttura per lo scattering elastico di particelle pun-

tiformi con carica ef sono:

W el1 (Q2, ν) = e2f

Q2

4M2h

δ

(

ν − Q2

2Mh

)

W el2 (Q2, ν) = e2fδ

(

ν − Q2

2Mh

)

. (1.3)

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 9

Molto piu interessante e il caso del modello partonico, dove le interazioni anelastiche elettrone-

nucleone vengono studiate in termini di processi di scattering elastici incoerenti tra l’elettrone

e i costituenti puntiformi di un nucleone. In altre parole stiamo dicendo che, una singola

interazione non accade con il nucleone intero, ma con uno dei suoi costituenti. Per descrivere

questa situazione si deve dividere il quadrimpulso del nucleone tra i suoi costituenti. Ogni

costituente i si porta dietro la frazione xi con una densita di probabilita fi(xi), le cosiddette

funzioni di densita partoniche (p.d.f.), che sta a indicare che la probabilita per xi di cadere

nel range infinitesimale [x, x+dx] e data da fi(x)dx. Detto cio, le funzioni di struttura W1 e

W2 possono essere calcolate come sovrapposizioni delle equazioni delle funzioni di struttura

elastiche (1.3) con pesi fi(x). Trattando i costituenti come oggetti puntiformi di massa Mi

data da Mi = xiMh e integrando le funzioni δ, otteniamo:

W1(Q2, ν) =

i

∫ 1

0

dxifi(xi)e2i

Q2

4x2iM

2h

δ

(

ν − Q2

2Mhxi

)

=∑

i

e2i fi(x)1

2Mh

W2(Q2, ν) =

i

∫ 1

0

dxifi(xi)e2i δ

(

ν − Q2

2Mhxi

)

=∑

i

e2i fi(xB)xB

ν. (1.4)

Ne segue che, nel modello partonico, la variabile xB puo essere identificata con la frazione

di quadrimpulso x portata dal partone.

Infine, possiamo scrivere in modo piu compatto le funzioni di struttura facendole dipendere

soltanto dalla ripartizione del quadrimpulso del nucleone tra i suoi costituenti:

F1(x) ≡ MhW1 =1

2

i

e2i fi(x)

F2(x) ≡ νW2 =∑

i

e2ixfi(x). (1.5)

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 10

La funzione di struttura F1 misura la densita partonica come funzione di x, mentre F2 de-

scrive la densita del momento.

Per concludere questa sezione facciamo una breve discussione sulle violazioni di scala.

L’uso di una scala nella diffusione profondamente anelastico deriva dall’assunzione che al-

l’interno del nucleone ci sono centri di scattering puntiformi non interagenti. Sebbene questo

quadro abbia, fenomenologicamente, gran successo, e ovvio che esso puo essere valido soltanto

approssimativamente. Dato che i partoni sono particelle cariche, devono essere prese in con-

siderazione le interazioni elettromagnetiche tra i costituenti del nucleone. Con l’aumentare

del Q2, la risoluzione spaziale e temporale aumentera anche e sara in grado di determinare

le fluttuazioni del vuoto. Cio significa che un quark a basso Q2, viene visto come una par-

ticella puntiforme, ad alto momento trasferito invece, sara risolto in piu partoni. Come

conseguenza, il quadri-momento totale del nucleone viene distribuito su tutti i costituenti

e cio implica uno smussamento della funzione di struttura. Con l’aumentare del momento

trasferito, il valore medio della frazione di momento 〈x〉 per partone diminuira. La variazione

nelle funzioni di struttura sara proporzionale alla forza α dell’interazione tra i partoni, cioe,

potremmo aspettarci un comportamento qualitativo della forma

dF

F∼ α

dQ2

Q2. (1.6)

Dovute alle interazioni elettromagnetiche, noi cosı ci aspettiamo le violazioni di scala

dlnF

dlnQ2∼ αem ∼ 1

137. (1.7)

Le violazioni di scala sono state trovate sperimentalmente. Prendendo per esempio misure

di F2 dalla diffusione anelastica elettrone-nucleone, si trova F2(x = 0.5, Q2 = 10GeV 2) ∼ 0.1

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 11

e F2(x = 0.5, Q2 = 100GeV 2) ∼ 0.07, che da

dlnF

dlnQ2

∼ 0.16.

Apparentemente, c’e una forza forte che agisce tra i quark, molto piu forte delle interazioni

elettromagnetiche, che dev’essere spiegata teoreticamente.

1.3 QCD

Nel 1970 alcune osservazioni sperimentali hanno mostrato una chiara evidenza della sotto-

struttura partonica del nucleone dando supporto al concetto dei quark e hanno determinato

alcune loro proprieta:

• gli adroni sono costituiti da quark carichi;

• i quark sono fermioni di spin 12;

• esistono tre tipi di colori per i quark;

• il colore esibisce una simmetria SU(3);

• i quark sono soggetti a un’interazione forte.

La simmetria SU(3) del colore e diversa e non dev’essere confusa con quella del sapore; si

potrebbe definire in modo molto elegante che il colore e un numero quantico di tipo carica,

concettualmente simile alla carica elettrica o all’isospin debole. Esso viene visto come la

sorgente di un campo di colore che apparentemente tiene insieme i quark per formare gli

adroni osservati, motivando il nome gluoni per il quanto del campo di colore.

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 12

Ci sono buoni argomenti per pensare a una teoria di campo dell’interazione forte basata sulla

carica di colore dei quark. La richiesta che questa teoria fosse rinormalizzabile suggerı una

teoria di gauge di Yang-Mills[7]. Assumendo una rottura della simmetria di gauge, la forma

generale della Lagrangiana e:

LQCD =1

4F aµνF

aµν +∑

q

qi(iγµDµ −mq)ijqj. (1.8)

Il tensore di campo forte F aµν e la derivata covariante Dµ sono dati dalle seguenti espressioni:

F aµν = ∂µA

aν − ∂νA

aµ − gfabcAb

µAcν ,

(Dµ)ij = δij∂µ + igsTaijA

aµ,

(mq)ij = mqδij,

dove gli Aaµ sono i campi dei gluoni, gs gli accoppiamenti di gauge, fabc le costanti di struttura

e T aij i generatori del gruppo di Lie che definisce la simmetria di gauge. Notiamo che la massa

di un quark e indipendente dal suo colore. I parametri liberi della teoria sono i termini di

massa e la costante di accoppiamento gs. Per la teoria SU(3) ci sono 8 generatori T a = λa/2,

con λa matrici di Gell-Mann2. Le costanti di struttura del gruppo, fabc = fabc, definite at-

traverso le relazioni [T a, T b] = ifabcT c, sono totalmente antisimmetrici nei loro indici. La

parte gluonica derivata dal tensore di campo forte consiste di un termine di campo libero

e due termini d’interazioni dove i gluoni si accoppiano ai gluoni. Quest’accoppiamento tra

bosoni di gauge e caratteristico di una teoria di gauge basata su un gruppo non abeliano dove

i bosoni di gauge portano la carica dell’interazione, colore nel caso della QCD, e riescono ad

accoppiarsi direttamente con se stessi. La parte fermionica della Lagrangiana e una somma

su tutti i sapori dei quark, con un termine di campo libero e un termine per l’accoppiamento

quark-gluone. L’accoppiamento tra tre gluoni e quello tra gluone e quark, sono proporzion-

ali a gs, l’accoppiamento tra quattro gluoni e proporzionale a g2s . I colori dei quark sono

2per maggiori dettagli[8]

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 13

indicati da i, j = 1, 2, 3, i colori dei gluoni da a, b, c = 1, ..., 8. L’accoppiamento tra tre gluoni

di stati di colore a, b, c e proporzionale alla costante di struttura fabc e l’accoppiamento tra

due quark di colori i e j a un gluone di tipo a e proporzionale all’elemento di matrice T aij .

Inoltre, si puo dimostrare che la probabilita per l’emissione di un gluone e la stessa per tutti

i colori dei quark, che la probabilita che un gluone si dirami in una coppia di quark e la stessa

per tutti gli stati di gluone com’e la probabilita che un gluone si divida in altri due gluoni

secondari. Indicando le relative forze delle probabilita di splitting con CF , CA e TF per la

radiazione di un gluone da un quark, lo splitting di un gluone in altri due gluoni secondari e

lo splitting di un gluone in due quark, rispettivamente, la QCD prevede CF = 4/3, CA = 3

e TF = 1/2. Dato che questi numeri sono proporzionali alla normalizzazione dei generatori

del gruppo, solo i loro rapporti hanno un significato fisico: CA/CF = 9/4 e TF/CF = 3/8. Il

primo rapporto puo essere interpretato come il rapporto delle cariche di colore tra gluoni e

quark, cio significa che il gluone ha una carica di colore piu di due volte piu grande di quella

dei quark.

In generale, usare la QCD per descrivere una reazione, significa usare la QCD perturba-

tiva (pQCD). L’applicazione della teoria perturbativa si basa sul fatto che l’accoppiamento

forte e molto piccolo. Una proprieta molto importante della QCD e che la misura dell’ac-

coppiamento forte varia con la misura del momento caratteristico trasferito in un processo;

essi sono inversamente proporzionali. All’ordine dominante si trova

αs ≡ g2s(Q2)

4π=

1

β0ln(Q2/Λ2QCD

con β0 =11CA − 4TFnf

12π(1.9)

Qui ΛQCD e una scala di energia a cui gli effetti non perturbativi diventano importanti.

Concentrando la nostra attenzione sui processi ad alto momento trasferito, Q2 ≫ ΛQCD con

ΛQCD ∼ R−10 , implica, in virtu del principio d’indeterminazione, che noi vediamo la natura

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CAPITOLO 1. INTERAZIONI FONDAMENTALI E SVILUPPO DELLA QCD 14

su una piccola scala sub-nucleare. A questa scala gli adroni appaiono essere composti da

quark, anti-quark e gluoni che appaiono nella Lagrangiana della QCD. Cio permette agli

adroni di essere caratterizzati da funzioni di densita partonica (p.d.f.) che descrivono le

distribuzioni dei partoni come una funzione della frazione del momento dell’adrone genitore

che essi si portano dietro. Nel modello partonico, le sezioni d’urto per i processi duri sono

calcolate in termini dello scattering al livello ad albero o dell’annichilazione di quark e gluoni

convoluti con le appropriate p.d.f., che sono indipendenti dal processo duro. L’approccio che

noi useremo e la teoria perturbativa ad ordine fissato.

Per descrivere un determinato tipo di evento usando la teoria perturbativa ad ordine fissato,

vengono identificate le sue caratteristiche dominanti, tipicamente gli spray di adroni noti

con il nome di jet, e questi vengono associati ai partoni primari ben separati. In questo

modo l’evento e paragonato all’ampiezza di scattering che contiene i partoni primari come

stati esterni. Quest’ampiezza e descritta da una sequenza di diagrammi di Feynman che

possono essere raggruppati in insiemi secondo alla potenza degli accoppiamenti di gauge

gs =√4παs. Il piu semplice insieme di diagrammi (ad albero) contribuisce alla sezione

d’urto, che e proporzionale all’ampiezza al quadrato, all’ordine O(αns ) dove la potenza n

e caratteristica del processo; questa e l’approssimazione all’ordine dominante. Il successivo

insieme di diagrammi (a un loop) contribuisce all’ordine O(αn+1s ); questa e l’approssimazione

all’ordine sottodominante.

Tramite quest’approccio nasce una complicazione perche i diagrammi divergono ogni volta

che i partoni esterni diventano soffici o collineari, o quando si considerano correzioni virtuali.

In seguito discuteremo i modi di trattare le divergenze ultraviolette e quelle infrarosse.

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Capitolo 2

Diffusione profondamente anelastica

Il modello partonico ingenuo e indipendente dalla QCD, esso infatti e stato inventato prima

che la QCD venisse formulata[9, 10] e all’inizio ha preso piede come un modello quasi-

classico per spiegare lo scattering profondamente anelastico (DIS); tale modello era basato

sull’idea che un adrone puo essere descritto da un insieme di partoni indipendenti, con

momento trasverso piccolo, da cui un leptone puo essere diffuso attraverso lo scambio di un

bosone. Il modello dei quark costituenti fornisce numeri quantici a questi partoni e suggerisce

relazioni tra le varie funzioni di struttura[11]. Il modello partonico prende vita quando

aggiungiamo le correzioni pQCD[12]. Un’essenziale caratteristica del modello partonico e

la separazione di una sezione d’urto in funzioni che descrivono gli scattering partonici e

le p.d.f., indipendenti dal tipo di scattering, che caratterizzano gli adroni. Per mantenere

questa separazione, in presenza delle correzioni dovute alla QCD, siamo obbligati a trattare

le p.d.f. come dipendenti dalla scala, ovvero, funzioni di x e Q2. Cio introduce l’idea che un

partone possa generare partoni figli e che questi vengono rivelati quando il Q2 del bosone

vettore viene aumentato. Questa dipendenza dalla scala e governata dalle famose equazioni

DGLAP[13, 14, 15].

Quello che faremo adesso e trattare lo scattering profondamente anelastico al livello ad

15

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 16

albero e dare lo sviluppo delle correzioni pQCD all’ordine sottodominante in DIS e della

fattorizzazione. Dopodiche presteremo attenzione all’evoluzione delle equazioni DGLAP.

2.1 DIS al livello partonico

La descrizione formale dello scattering leptone-partone segue da quella dovuta allo scatter-

ing leptone-adrone, dato che gli adroni vengono pensati come composti da particelle con

costituenti partonici, quark, anti-quark e gluone. Consideriamo la diffusione leptone-adrone

del tipo lh → l′X , dove h rappresenta un adrone qualsiasi; la sezione d’urto inclusiva per

questo processo, ha una struttura della forma:

dσlh =1

4l · p(glV ghV )

2

(Q2V +M2

V )2LµνH

µν(4π)d3l′

2El′(2π)3, (2.1)

dove Lµν eHµν sono rispettivamente il tensore leptonico e il tensore adronico (non ci interessa

dare una forma esplicita a questi due tensori, ci interessa vedere in generale qual e la struttura

della sezione d’urto adronica per poter comprendere meglio lo scattering leptone-partone) e,

inoltre, usiamo la notazione qµV per indicare il momento di un qualsiasi bosone scambiato.

La sezione d’urto partonica che indichiamo con dσlf , e data da quella scritta sopra con una

particolare modifica: il momento dell’adrone pµ e sostituito dal momento del partone ypµ.

Allora, la sezione d’urto partonica non e altro che la sezione d’urto adronica pesata dalle

p.d.f. degli adroni:

dσ(lh) =∑

f=q,q,g

∫ 1

0

dyfh(y)dσ(lf)

(

x

y

)

, (2.2)

e in particolare il tensore adronico prende la forma:

H(V h)µν (p, qV ) =

f=q,q,g

∫ 1

0

dy

yfh(y)H

(V f)µν (yp, qV ). (2.3)

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 17

Lavorare con il tensore adronico e utile per far risaltare due combinazioni delle funzioni di

struttura1,

H(V h)Σ ≡ −ηµνH(V h)

µν

= (D − 2)F2

2x

(

1 +(2xMh)

2

Q2

)

− (D − 1)

[

F2

2x

(

1 +(2xMh)

2

Q2

)

− F1

]

, (2.4)

H(V h)L ≡ pµpνH(V h)

µν

=Q2

(2x)2

[

F2

2x

(

1 +(2xMh)

2

Q2

)

− F1

](

1 +(2xMh)

2

Q2

)

. (2.5)

Esse semplificheranno le espressioni con cui andremo a lavorare. Qui, abbiamo scelto di

lavorare in D = 4 − 2ǫ dimensioni. Allo stesso modo, queste due proiezioni possono essere

definite a livello partonico, otteniamo:

H(V h)Σ =

f=q,q,g

∫ 1

0

dy

yfh(y)H

(V f)Σ (yp, qV ) =

q,q,g

∫ 1

x

dz

zfh

(x

z

)

H(V f)Σ (z) (2.6)

H(V h)L =

f=q,q,g

∫ 1

0

dy

y3fh(y)H

(V f)L (yp, qV ) =

q,q,g

1

x2

∫ 1

x

dz

zfh

(x

z

)

H(V f)L (z). (2.7)

Ricordiamo che l’uso di uno scala implica che le H(V f)i sono funzioni di Q2/(y2p · qV ) = x/y.

Il vantaggio della funzione di struttura totale, H(V f)Σ , e che essa e essenzialmente l’elemento

di matrice al quadrato per il sotto-processo bosone-partone. La funzione di struttura -

longitudinale, H(V f)L , e particolarmente utile in quanto molti diagrammi danno contributi

nulli e quelli che non scompaiono a O(αs), sono liberi da singolarita infrarosse. Una volta

calcolate HΣ e HL, possiamo invertire le equazioni (2.4) e (2.5) per ottenere le funzioni di

struttura F2 e F1,

F2(x)

x=

1

(1− ǫ)H

(V h)Σ +

(3− 2ǫ)

(1− ǫ)

4x2

Q2H

(V h)L

=∑

f=q,q,g

∫ 1

x

dz

zf

(

dz

z

)[

1

(1− ǫ)H

(V f)Σ (z) +

(3− 2ǫ)

(1− ǫ)

4z2

Q2H

(V f)L

]

(2.8)

1Queste funzioni di struttura sono funzioni di ypµ e qµV che, grazie alla scala di Bjorken[16] si presentanonella combinazione −q2V /(y2p · qV )

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 18

F1 −F2(x)

2x= −4x2

Q2H

(V h)L

= −∑

f=q,q,g

∫ 1

x

dz

zf(x

z

) 4z2

Q2H

(V f)L (z). (2.9)

Qui, per semplificare, abbiamo assunto che i termini 2xMh/Q siano trascurabili e nella

discussione seguente trascureremo tutte le masse dei quark.

2.2 DIS all’ordine dominante

Calcoliamo i contributi all’ordine dominante in DIS nel modello partonico; al momento ci

concentreremo solo sullo scambio elettromagnetico in cui un fotone si accoppia elettricamente

ai partoni carichi: quark e anti-quark. La simmetria della coniugazione di carica della QED

e della QCD ci assicura che quark e anti-quark danno lo stesso contributo; cosı abbiamo

bisogno di considerare soltanto il sotto-processo ad albero γq → q′. Per calcolare H(γq)Σ ,

consideriamo prima l’elemento di matrice al quadrato che viene facilmente valutato in D

dimensioni,

|M (γq → q′)|2 = e2e2qNc(1− ǫ)Tr{1}Q2. (2.10)

Qui Q2 = −(q′− q)2 = 2q · q′ > 0, e e la carica dell’elettrone, eq e la carica del quark in unita

della carica dell’elettrone. Successivamente, facciamo la media sulle polarizzazioni di spin e

colore del quark entrante, 2Nc, e includiamo l’integrale sullo spazio delle fasi a un corpo[8]

per ottenere

dΦ∑

|M (γq → q′)|2 = 2e2e2q(1− ǫ)Q2 × 2πδ(q′2), (2.11)

dove abbiamo usato Tr{1} = 4.

Dato che il quark porta una frazione y del momento dell’adrone genitore, qµ = ypµ, la

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 19

funzione δ puo essere riscritta come

q′2 = (yp+ qγ)2 = y2p · qγ −Q2 = 2p · qγ(y − x)1

⇒ δ(q′2) =1

2p · qγδ(y − x). (2.12)

Qui x e la solita variabile di Bjorken. A questo punto, osserviamo che l’origine di questo

fattore δ(y− x) e puramente cinematico e percio possiamo anticipare che tutte le correzioni

a un loop, al vertice γq → q′, saranno proporzionali a δ(y − x). Infine, dividendo per un

fattore 4πe2, otteniamo

H(γq)Σ ≡ 1

4πe2

dΦ∑

|M (γq → q′)|2 = e2q(1− ǫ)Q2

2p · qγ δ(y − x)

= e2q(1− ǫ)xδ(y − x). (2.13)

L’effetto della funzione δ, e quello di selezionare solo i quark con frazione di momento x. Il

calcolo di H(γqL e piu semplice, in quanto esso scompare a causa del fatto che, considerando

quark senza massa, q/u(q) = 0, il che implica

qµMµ(γq → q′) ∝ u(q′)q/u(q) = 0. (2.14)

Possiamo adesso ottenere le funzioni di struttura elettromagnetiche, all’ordine piu basso

2xF(γh)1 (x) = F

(γh)2 (x) = x

f=q,q

e2ffh(x). (2.15)

Questo conferma la relazione di Callan-Gross tra F1 e F2.

2.3 Fattorizzazione

Un numero di processi contribuiscono alle funzioni di struttura all’ordine O(αs); se il partone

e un quark, abbiamo lo scattering al livello ad albero γq → q′g, il cosiddetto processo

Compton in QCD. A questo dev’essere aggiunto il contributo dovuto all’interferenza tra

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 20

il livello ad albero e la correzione a un loop per lo scattering di base γq → q′. Questi

contributi comportano delle divergenze infrarosse quando i gluoni reali vengono emessi o con

energia molto bassa o collinearmente alla particella emittente[17]. A queste si aggiungono le

divergenze ultraviolette che hanno origine nei diagrammi a un loop.

Concentriamoci sul processo ad albero, all’ordine O(αs), γq → q′g e in particolare sulla

funzione di struttura H(γq)Σ , dato che contiene esempi di tutte le singolarita che dovremmo

andare a trattare. Come abbiamo visto, H(γq)σ e proporzionale all’elemento di matrice al

quadrato per il sotto-processo duro. Tale elemento di matrice al quadrato, e dato da

|M (γq → q′g)|2 = 8e2e2qg2sTr{T aT a}

[

g · q′g · q +

g · qg · q′ +

Q2(q · q′)(g · q)(g · q′)

]

. (2.16)

I tre termini corrispondono all’emissione del gluone da parte del quark uscente, da parte

del quark entrante e l’interferenza tra i due contributi rispettivamente. per ottenere H(γq)Σ ,

abbiamo bisogno di mediare sugli spin e i colori, 2Nc, dei quark entranti, dividere per il

fattore convenzionale 4πe2 e integrare sullo spazio delle fasi delle particelle nello stato finale,

H(γq)Σ =

1

4πe2

dΦ2

|M (γq → q′g)|2

= 4e2qαsCF

dΦ2

[

g · q′g · q +

g · qg · q′ +

Q2(q · q′)(g · q)(g · q′)

]

. (2.17)

Abbiamo usato Tr{T aT a} = CFNc. Soffermiamoci sui propagatori che sono proporzianali a

[Eg(1 − cos θ)]−1, vediamo che quest’espressione ha un certo numero di regioni singolari; ci

sono singolarita collineari quando il gluone viene emesso parallelo al quark entrante, g ·q → 0,

o al quark uscente g · q′ → 0. C’e anche una singolarita soffice quando l’energia del gluone

si annulla. Le singolarita collineari sono associate alla scomparsa dei propagatori relativi

ai quark appena prima o subito dopo l’interazione col fotone, possiamo quindi anticipare

che la singolarita collineare nello stato iniziale puo essere naturalmente associata all’adrone

entrante e puo essere assorbita all’interno di esso. Le singolarita, collineare e soffice, del

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 21

gluone nello stato finale, implicano entrambe una particella senza massa nello stato finale,

s = (g + q′)2 = 2g · q′

= (q + qγ)2 = y2p · qγ −Q2 = Q2

(y

x− 1)

= Q2 (1− z)

z. (2.18)

Nella seconda linea, abbiamo considerato che il quark entrante porta una frazione di momento

y, cioe, qµ = ypµ e abbiamo introdotto z = x/y. Cosı, s = 2g · q′ → 0 e equivalente a

Q2(y/x− 1) → 0 cosicche queste sngolarita coinvolgono la cinematica dello scattering duro

all’ordine piu basso a cui esse devono essere conseguentemente associate. Esse costruiscono

anche lo spettro delle sezioni d’urto singolari infrarosse.

Per valutare g · q e q · q′, e conveniente lavorare nel sistema del centro di massa. Qui, i

momenti delle particelle senza massa, q, q′, g, possono essere scritti come

qµ = pin(1, 0, 0, 1) con pin =(s+Q2)

2√s

q′µ = pout(1,− sin θ, 0,− cos θ)

gµ = pout(1, sin θ, 0, cos θ) con pout =

√s

2. (2.19)

Esse ci permettono di dedurre che

2g · q = 2

√s

2

(s+Q2)

2√s

(1− cos θ)

=Q2

2z(1− cos θ), (2.20)

2g · q′ = 2(s+Q2)

2√s

√s

2(1 + cos θ)

=Q2

2z(1 + cos θ). (2.21)

In termini di queste variabili nel centro di massa, l’equazione (2.17) diventa

H(γq)Σ = 4e2qαsCF

1

pout√s

∫ 1

−1

d cos θ

×[

2(1− z)

(1− cos θ)+

(1− cos θ)

2(1− z)+

2z(1 + cos θ)

(1− z)(1 − cos θ)

]

. (2.22)

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 22

Vediamo che la singolarita cos θ → 1 nell’equazione (2.22) nasce quando la direzione del

gluone si avvicina a quella del quark entrante. Il gluone soffice e le singolarita nello stato

finale si manifestano come la singolarita z → 1, vedere l’equazione (2.18). Ora, piuttosto che

lavorare con il cos θ, scegliamo di usare il momento trasverso del gluone misurato rispetto

alla direzione del quark entrante,

k2T = pout sin

2 θ

=Q4

4

(1− z)

z(1− cos θ) ⇒ dk2

T

k2T

= − 2 cos θ

(1 + cos θ)

d cos θ

(1− cos θ). (2.23)

Il limite cos θ → 1, ora diventa k2T → 0. Facendo questo cambio di variabili nell’equazione

(2.22) otteniamo

H(γq)Σ = e2q

αs

2πCF

∫ Q2 (1−z)4z

k′2

dk2T

k2T

2 cos θ

(1 + cos θ)

[

(1− z)2 + (1 + cos θ)z

(1− z)+

1− cos θ

4(1− z)

]

,(2.24)

dove cos θ e ora implicitamente dato in termini di kT . Notiamo che abbiamo introdotto un

cut-off, k′2, sul momento trasverso per regolare la singolarita collineare. A piccoli angoli,

cos θ → 1, la virtualita del quark intermedio, 2g · q nell’equazione (2.20), e il momento

trasverso del gluone, equazione (2.23), sono collegati da 2(g · q) = k2T/(1− z). Cosı, k′2 rapp-

resenta anche un limite piu basso sulla virtualita minima del quark intermedio, equivalente a

un limite piu alto sulla distanza in cui esso viaggia. Questa descrizione viene sostituita dalla

regolarizzazione dimensionale (vedere il paragrafo successivo). Concentrandoci sulla regione

collineare (cos θ → 1) otteniamo

H(γq)Σ = e2q

αs

2πCF

{

∫ Q2 1−zz

k′2

dk2T

k2T

(

1 + z2

1− z

)

+R′′(z) +O(k′2

Q2)

}

. (2.25)

Lo stato finale, presenta ancora la singolarita z → 1 in questo risultato. Invocando la

correzione al vertice γq → q′ che e proporzionale a δ(1−z), questa singolarita viene rimossa.

Una trattazione piu appropriata dovrebbe dimostrarci che il coefficiente e in realta una

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 23

distribuzione,

H(γq)Σ = e2q

αs

2πCF

{

∫ Q2 1−zz

k′2

dk2T

k2T

[

1 + z2

(1− z)++ Cqqδ(1− z)

]

+R′(z)

}

≡ e2qαs

{

P (0)qq (z)ln

(

Q2

k′2

)

+R(z)

}

,

dove P (0)qq = CF

1 + z2

(1− z)+(2.26)

Qui abbiamo introdotto 1/(1− z)+, dove questa prescrizione viene definita da

F (z)+ = F (z)− δ(1− z)

∫ 1

0

dyF (y). (2.27)

Detto questo, il calcolo completo dell’equazione ci avrebbe dato la forma specifica di Cqq e

tramite questo avremmo trovato la forma regolarizzata, all’ordine piu basso, della funzione

di splitting di Altarelli-Parisi P(0)qq (z). Infine, una volta trovato un simile risultato per H

(γq)L ,

che e non-singolare, possiamo usare le equazioni (2.8) e (2.9) per derivare F2 e F1. Includendo

i contributi all’ordine piu basso, e, per semplicita, omettendo la somma su tutti i sapori dei

quark, l’equazione (2.15) da

F2(x,Q2, k′)

xe2q=

∫ 1

x

dz

zq(x

z

)

{

δ(1− z) +αs

[

P (0)qq (z)ln

(

Q2

k′2

)

+Rqq(z)

]}

= q(x) +

∫ 1

x

dz

zq(x

z

) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

Q2

k′2

)

+Rqq(z)

]

. (2.28)

In quest’espressione, non mostriamo esplicitamente alcuna dipendenza dalla scala di rinor-

malizzazione µR che non compare all’ordine O(αs). Ora, avendo identificato e isolato la

singolarita dello stato iniziale in F2, dobbiamo decidere come trattarla.

Nell’equazione (2.28) troviamo un logaritmo che viene fuori dalla singolarita collineare che

noi abbiamo identificato con la fisica a grandi distanze. Quello che ci piacerebbe fare e

fattorizzare l’equazione (2.28) in modo tale che la fisica a grandi distanze sia tutta contenu-

ta dentro la p.d.f. specifica dell’adrone e la fisica a piccole distanze, dentro una funzione

specifica del sotto-processo duro. Per facilitare la separazione di questi due contributi, in-

troduciamo una nuova scala di fattorizzazione µF all’interno dell’equazione (2.28). Il nostro

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 24

scopo e quello di spostare la singolarita logaritmica in q(x), ma siamo anche liberi di spostare

una parte o tutto il termine finito Rqq in q(x), di conseguenza introduciamo un’arbitraria

funzione finita RFq (z) nell’equazione (2.28). L’introduzione di µF e di RF

q , costituisce uno

schema di fattorizzazione; otteniamo

F2(x,Q2; k′)

xe2q= q(x) +

∫ 1

x

dz

zq(x

z

) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

µ2F

k′2

)

+RFq (z)

]

+ q(x) +

∫ 1

x

dz

zq(x

z

) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

µ2F

k′2

)

+Rqq(z)−RFq (z)

]

(2.29)

Questa forma suggerisce la definizione di una scala di fattorizzazione e uno schema dipendente

dalla p.d.f. che assorbe l’intera singolarita collineare

qF (x, µF , RFq ; k

′) = q(x) +

∫ 1

x

dz

zq(x

z

) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

µ2F

k′2

)

+RFq (z)

]

. (2.30)

Il secondo termine sulla destra dell’equazione (2.30) e logaritmicamente divergente con k′2 →

0, ma ci aspettiamo che la p.d.f. sulla sinistra, sia finita. Allora, richiediamo che la p.d.f.

nuda q(x), contenga una divergenza logaritmica in k′2 che compensa quella che compare nel

secondo termine sulla destra, in modo tale che la loro somma sia finita e indipendente da k′2

nel limite in cui k′2 → 0,

qF (x, µF , RFq ; k

′) = q(x; k′) +

∫ 1

x

dz

zq(x

z; k′) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

µ2F

k′2

)

+RFq (z)

]

.(2.31)

Questa p.d.f. adesso e finita e tramite essa, possiamo riscrivere la (2.28) come

F2(x,Q2)

xe2q= qF (x, µ2

F , RFq )

+

∫ 1

x

dz

zqF(x

z, µF , R

Fq

) αs

[

P (0)qq (z)ln

(

Q2

µ2F

)

+Rqq(z)− RFq (z)

]

=

∫ 1

x

dz

zqF(x

z, µF , R

Fq

)

×{

δ(1− z) +αs

[

P (0)qq (z)ln

(

Q2

µ2F

)

+Rqq(z)−RFq (z)

]}

. (2.32)

Il significato di µF e che esso delimita il confine tra piccole Q > µF e grandi Q < µF distanze

fisiche. Nell’equazione (2.32), la scelta di µF e di RFq e arbitraria. Per la scala, la scelta di

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 25

µF = Q e chiaramente vantaggioso:

F2(x,Q2)

xe2q=

∫ 1

x

dz

zqF(x

z,Q2, RF

q

){

δ(1− z) +αs

2π[Rqq(z)−RF

q (z)]}

. (2.33)

La scelta dei termini finiti Rqq nell’equazione (2.28) per assorbire RFq , definisce lo schema di

fattorizzazione. Ci sono vari tipi di schemi che vengono usati, il piu popolare e lo schema di

sottrazione minimale; in esso, soltanto il termine singolare viene assorbito nella funzione di

distribuzione partonica, ovvero, RMSq = 0.

2.4 DIS all’ordine sottodominante

Nella sezione precedente, abbiamo discusso sulla fattorizzazione evitando dettagli tecnici.

Adesso, utilizzeremo quanto detto per il caso del DIS e utilizzeremo il metodo di regolariz-

zazione dimensionale[18] per trattare tutte le singolarita; tale metodo consiste nel sostituire

l’integrale in 4 dimensioni, con un integrale in D dimensioni:

1. l’indice spazio-temporale µ andra da 0 a D − 1, cosicche:;

• pµ ≡ (p0, p1, p2, ...., pD−1);

• gµµ ≡ gµνgµν = D;

2. in 4 dimensioni {γµ, γν} = 2gµν; questa viene soddisfatta anche in D dimensioni:;

• γµγµ = D;

• γµγνγµ = (2−D)γν;

3. l’integrale di misura ha la forma:

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 26

•∫

dDp2(2π)D

;

si trovano inoltre i seguenti risultati:

dDp2(p22 + s)n

= iπD2Γ(n− 1

2D)

Γ(n)

1

sn−D2

(2.34)

dDp2pµ2

(p22 + s)n= 0 (2.35)

dDp2pµ2p

ν2

(p22 + s)n= iπ

D2Γ(n− 1

2D − 1)

2Γ(n)

gµν

sn−D2−1

. (2.36)

Tornando al nostro processo di diffusione, ci sono due contributi al processo γq → q′ che

devono essere considerati all’ordine O(αs). Lo scattering reale al livello ad albero γq → q′g e

la correzione virtuale a un loop al processo γq → q′. L’ampiezza d-dimensionale al quadrato

per lo scattering reale, e data da

|M (γq → q′g)|2 = e2e2q(gsµǫ)2CFNc2Tr{1}(1− ǫ)

×{

(1− ǫ)

[

g · qg · q′ +

g · q′g · q

]

+Q2(q · q′)

(g · q)(g · q′) + 2ǫ

}

, (2.37)

dove Tr{T aT a} = CFNc. Come prima, scegliamo di usare le variabili nel centro di massa:

2g · q′ = Q2

z(1− z), 2g · q = Q2

zν e 2q · q′ = Q2

z(1− ν), (2.38)

dove, abbiamo sostituito il cos θ con ν = (1 + cos θ)/2. In termini di queste variabili,

otteniamo

|M (γq → q′g)|2 = e2e2q(gsµǫ)2CFNc2Tr{1}(1− ǫ)

×{

(1− ǫ)

[

ν

(1− z)+

(1− z)

ν

]

+2z

(1− z)

(1− ν)

ν+ 2ǫ

}

.(2.39)

A quest’espressione, dovremmo aggiungere una media sugli spin e il colore del quark entrante,

2Nc, dividendo per il fattore convenzionale 4πe2 e includendo l’integrale sullo spazio delle

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 27

fasi a due corpi[8]. Abbiamo

H(γq)Σ,R =

1

4πe2

|M (γq → gq′)|2

= e2qαsCF41

pout√s

(

πµ2

p2out

)ǫ(1− ǫ)

Γ(1− ǫ)

×∫ 1

0

dνν−ǫ(1− ν)−ǫ

{

(1− ǫ)

[

ν

(1− z)+

(1− z)

ν

]

+2z

(1− z)

(1− ν)

ν+ 2ǫ

}

.(2.40)

L’integrale su ν e l’usuale funzione di Eulero ed e valutato per dare

∫ 1

0

dνν−ǫ(1− ν)−ǫ{...}

= (1− ǫ)

[

1

(1− z)

Γ(2− ǫ)Γ(1− ǫ)

Γ(3− 2ǫ)+ (1− z)

Γ(−ǫ)Γ(1 − ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

]

+2z

(1− z)

Γ(−ǫ)Γ(2− ǫ)

Γ(2− 2ǫ)+ 2ǫ

Γ2(1− ǫ)

Γ(2− 2ǫ)

=Γ2(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

{

−(1− ǫ)

ǫ

[

(1− z) +1

(1− 2ǫ)

2z

(1− z)

]

+1

2(1− z)

(1− ǫ)

(1− 2ǫ)+

(1− 2ǫ)

}

=Γ2(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

{

−1

ǫ

1 + z2

(1− z)− 3

2

1

(1− z)+ 3− z +

(

6− 7

2(1− z)

)

ǫ+O(ǫ2)

}

. (2.41)

Sostituendo quest’espressione nella (2.40), otteniamo

H(γq)Σ,R = e2q

αs

2πCF

(

4πµ2

Q2

z

(1− z)

(1− ǫ)Γ(1− ǫ)

Γ(1 − 2ǫ)

×{

−1

ǫ

1 + z2

(1− z)− 3

2

1

(1− z)+ 3− z +

(

6− 7

2(1− z)

)

ǫ+O(ǫ2)

}

. (2.42)

Prendere il limite ǫ → 0, e un po complicato, ma usando l’identita

(1− z)1+ǫ= −1

ǫδ(1− z) +

1

(1− z)+− ǫ

(

ln(1− z)

1− z

)

+

+ ǫlnz

1− z, (2.43)

otteniamo

H(γq)Σ,R = e2q

αs

2πCF

(

4πµ2

Q2

(1− ǫ)Γ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

× {(

2

ǫ2+

3

2ǫ+

7

2

)

δ(1− z)− 1

ǫ

1 + z2

(1− z)++ (1 + z2)

(

ln(1− z)

1− z

)

+

− 1 + z2

(1− z)lnz − 3

2

1

(1− z)++ 3− z +O(ǫ)}. (2.44)

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 28

Il doppio polo, 1/ǫ2 e dovuto alla singolarita soffice del gluone. Un secondo contributo alla

funzione di struttura totale all’ordine O(αs), viene dall’interferenza tra il processo γq → 0

con correzione a un loop e il livello ad albero. Le strutture del vertice a un loop e del

diagramma ad albero sono le stesse, cosicche possiamo combinarle in un vertice effettivo

iΓµ = −ieeqγµ

[

1− αs

4πCF

(

4πµ2

Q2

)ǫγ(1 + ǫ)Γ2(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

(

2

ǫ2+

3

ǫ+ 8

)]

= −ieeqγµ

[

1− αs

4πCF

(

4πµ2

Q2

)ǫΓ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

(

2

ǫ2+

3

ǫ+ 8 +

π2

3+ O(ǫ)

)]

. (2.45)

Nella seconda linea, abbiamo usato Γ(1 + ǫ)Γ(1 − ǫ) = 1 + (π2/6)ǫ2 + O(ǫ4). L’equazione

(2.45) possiede singolarita infrarosse ma non ultraviolette. Il calcolo di questo contributo

addizionale a H(γq)Σ e immediato e ci da

H(γq)Σ,V = e2q(1− ǫ)δ(1− z)

×{

1− 2αs

2πCF

(

4πµ2

Q2

)ǫΓ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

(

2

ǫ2+

3

ǫ+ 8 +

π2

3+ O(ǫ)

)}

. (2.46)

Sommando membro a membro l’equazione (2.44) e l’equazione (2.45) vediamo che i termini

1/ǫ2 si cancellano:

H(γq)Σ = e2q

αs

2πCF (1− ǫ)

{

−[

1 + z2

(1− z)++

3

2δ(1− z)

]

1

ǫ

Γ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

(

4πµ2

Q2

+ (1 + z2)

(

ln(1− z)

1− z

)

+

− 1 + z2

1− zlnz − 3

2

1

(1− z)++ 3− z −

(

9

2+

π2

3

)

δ(1− z)}

.

(2.47)

Il polo rimanente 1/ǫ e associato alla singolarita collineare per l’emissione del gluone da

parte del quark entrante, il suo coefficiente e la funzioni di splitting di Altarelli-Parisi a un

loop regolarizzata

P (0)qq = CF

[

1 + z2

(1− z)++

3

2δ(1− z)

]

= CF

(

1 + z2

1− z

)

+

. (2.48)

Abbiamo anche bisogno di calcolare la parte longitudinale del tensore adronico; cio e parti-

colarmente facile all’ordine O(αs) dato che molti contributi scompaiono nel limite di quark

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 29

senza massa. Abbiamo visto tramite l’equazione (2.14) che il diagramma ad albero e quello

dovuto alla correzione virtuale non danno contributo, cio implica che la funzione di struttura

longitudinale, FL ∝ HL, e dell’ordine O(αs). Considerando il contributo al livello ad albero

all’ordine O(αs) e di nuovo assumendo quark senza massa, in modo che q/u(q) = 0, abbiamo

qµM (γq → q′g) ∝ u(q′)

[

γσ(q′/+ g/)

(q′ + g)2q/+ q/

(q/− g/)

(q − g)2γσ

]

u(q)ǫσ(g)∗

∝ u(q′)q/g/

2q · gγσu(q)ǫσ(g)∗. (2.49)

Cosı, il diagramma che descrive la radiazione del gluone da parte del quark diffuso non da

contributo, lasciando solo il diagramma che descrive la radiazione del gluone da parte del

quark entrante. Quadrando questo diagramma e sommando sugli spin, dove noi possiamo

usare −gσσ′

per il tensore di polarizzazione del gluone, otteniamo

|M (γq → q′g)|2 = −e2e2q(gsµǫ)2CFNc

1

(2q · g)Tr[q′/q/g/γσq/γ

σg/q/]

= e2e2q(gsµǫ)CFNc

1

(2q · g)22(1− ǫ)Tr[q′/q/g/q/g/q/]

= e2e2q(gsµǫ)CFNc

1

(2q · g)22(1− ǫ)Tr[q′/q/g/q/]

= e2e2q(gsµǫ)CFNc

1

(2q · g)22(1− ǫ)Tr[q′/q/]

= e2e2q(gsµǫ)CFNc

1

(2q · g)22(1− ǫ)Tr(1). (2.50)

Il calcolo esplicito di tracce di questo tipo e le varie proprieta utilizzate verranno spiegate

piu avanti in dettaglio.

Il risultato e diverso da zero ed e libero da singolarita, per cui non abbiamo bisogno di usare

un regolatore. Successivamente, mediamo sulle polarizzazioni di spin e colore del quark

entrante, 2Nc, usiamo Tr{1} = 4, scegliamo le variabili delle equazioni (2.20) e (2.21) e

includiamo l’integrale dello spazio delle fasi a due corpi, per ottenere

H(γq)L =

1

4πe2

dΦ∑

|qµM (γq → q′g)|2

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 30

=1

2πe2q(gsµ

ǫ)2CF

Q2

z(1− ǫ)

1

pout√s

(

π

pout

)ǫ1

Γ(1− ǫ)

∫ 1

0

dνν−ǫ(1− ν)−ǫ

=1

2πe2q(gsµ

ǫ)2CF

Q2

z

(

4πµ2

Q2

z

1− z

)ǫΓ(2− ǫ)

Γ(2− 2ǫ)

=1

2πe2q(gsµ

ǫ)2CF

Q2

z+O(ǫ). (2.51)

Date le equazioni (2.47) e (2.51) possiamo ottenere

F γq2 (x)

xe2q=

αs

∫ 1

x

dz

zq(x

z

)

× {−P (0)qq (z)

1

ǫ

Γ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)

(

4πµ2

Q2

+ CF [(1 + z2)

(

ln(1− z)

1− z

)

+

− 1 + z2

(1− z)lnz − 3

2

1

(1− z)++ 3 + 2z −

(

9

2+

π2

2

)

δ(1− z)]}

=αs

∫ 1

x

dz

zq(x

z

)

×{

− P (0)qq (z)

[

1

ǫ− γE + ln(4π)− ln

(

Q2

µ2

)]

+ CF

[

1 + z2

1− z

(

ln

(

1− z

z

)

− 3

4

)

+5z + 9

4

]

+

}

F γq1 (x) =

F γq2 (x)

2x− e2q

αs

∫ 1

x

dz

zq(x

z

)

CF z. (2.52)

Nell’espressione di F2, abbiamo espanso il coefficiente della funzione di splitting e introdotto

una forma piu compatta per il termine rimanente.

Ci manca adesso da analizzare il processo γg → qq. Il calcolo dei termini −gµνHµν e gµgνH

µν

per questo processo segue la stessa linea di quello per il processo γq → q′g, ma e un po piu

semplice grazie alla mancanza delle singolarita soffici. Si ottiene

H(γg)Σ ≡ −gµνH

µν = 2e2qαs

2πTF [z

2 + (1− z)2]

×{

−1

ǫ

(

4πµ2

Q2

)

Γ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)+ ln

(

1− z

z

)

+O(ǫ)

}

H(γg)L × gµgνH

µν = 2e2qαs

2πTFQ

2 (1− z)

z+O(ǫ) (2.53)

Abbiamo tutto cio che ci serve per ottenere F2 e F1:

F γg2

x=

αs

2πTF

q

e2q

∫ 1

x

dz

zg(x

z

)

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 31

×{

[z2 + (1− z)2]

(1− ǫ)

[

−1

ǫ

(

4πµ2

Q2

)ǫΓ(1− ǫ)

Γ(1− 2ǫ)+ ln

(

(1− z)

z

)]

+ 6z(1 − z)

}

=αs

2πTF

q

e2q

∫ 1

x

dz

zg(x

z

)

{−P (0)qg (z)

[

δǫ − ln

(

Q2

µ2

)]

+ TF

[

[z2 + (1− z)2]ln

(

1− z

z

)

− 1 + 8z(1− z)

]

}

F γg1 =

F γg2

2x− αs

2πTF

q

e2q

∫ 1

x

dz

zg(x

z

)

4z(1 − z). (2.54)

I risultati appena trovati possono essere combinati per dare la formula all’ordine sottodom-

inante di F(γh)1 e F

(γh)2 . Nello schema di sottrazione minimale, MS, abbiamo

F(V h)1,212, x

(x,Q2) =

∫ 1

x

dz

z

f=q,q

g2V f

× {fMS(x

z, µF

)

[

δ(1− z) +αs

(

P (0)qq (z)ln

Q2

µ2F

+ C(V q)1,2 (z)

)]

+ gMS(x

z, µ2

F

) αs

(

P (0)qg (z)ln

Q2

µ2F

+ C(V g)1,2 (z)

)

}

F(V h)3 (x,Q2) =

∫ 1

x

x

z

f=q,q

g2V f

{

fMS(x

z, µ2

F

)

[

δ(1− z) +αs

(

P (0)qq (z)ln

Q2

µ2F

+ C(V q)3 (z)

)]}

dove abbiamo anche incluso l’espressione MS per F(V h)3 . Nell’ultima equazione, gV f da

l’accoppiamento normalizzato del bosone di gauge scambiato al quark, per esempio gγq = eq,

mentre le funzioni coefficienti, sono date da

C(V q)1 =

1

2C

(V q)2 − CF z

C(V q)2 = CF

1

2

[

1 + z2

1− z

(

ln

(

1− z

z

)

− 3

4

)

+9 + 5z

4

]

+

C(V q)3 = C

(V q)2 − CF (1 + z)

C(V g)1 =

1

2C

(V g)2 − TF4z(1− z)

C(V q)2 = TF z

[

[z2 + (1− z)2]ln1− z

z− 1 + 8z(1− z)

]

C(V g)3 = 0. (2.55)

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 32

L’invarianza per coniugazione di carica implica C(V q)i (z) = C

(V q)i (z). Possiamo anche scrivere

la forma delle p.d.f. del quark e del gluone nello schema MS all’ordine sottodominante:

qMS(x, µ2F ) =

f=q,g

∫ 1

x

dz

zf(x

z, ǫ)

[

δ(1− z)δqf −αs

2πP

(0)qf (z)

1

ǫ

(

4πµ2

µ2Fe

γE

)ǫ]

gMS(x, µ2F ) =

f=q,g

∫ 1

x

dz

zf(x

z, ǫ)

[

δ(1− z)δgf −αs

2πP

(0)gf (z)

1

ǫ

(

4πµ2

µ2Fe

γE

)ǫ]

. (2.56)

2.5 L’evoluzione delle funzioni di densita partonica

La p.d.f. che appare nella (2.32) non e una quantita calcolabile perturbativamente, ma

dev’essere estratta da dati sperimentali in un particolare schema di fattorizzazione. Notiamo

anche che la parte sinistra dell’equazione (2.32) e indipendente dalla scala di fattorizzazione

arbitraria, µF . Infatti, qF (x, µ2

F ) era stata costruita per assicurare l’indipendenza dalla scala

µF della parte destra dell’equazione. Se differenziamo l’equazione (2.32), o la (2.30), rispetto

a µF , otteniamo un’equazione per la dipendenza dalla scala, ponendo µ = µF , della p.d.f,

µ2∂q(x, µ2)

∂µ2=

∫ 1

x

dz

z

αs

2πPqq(z)q

(x

z, µ2)

. (2.57)

Questa e la forma di base dell’equazione DGLAP. I calcoli della sezione precedente, mostrano

che l’evoluzione della p.d.f. del quark include le funzioni di splitting relative ai processi

q → q(g) e g → q(q). Allo stesso modo, per un anti-quark, dovremmo includere le funzioni di

splitting relative ai processi q → q(g) e g → q(q). All’ordine O(αs) la p.d.f. del gluone evolve

secondo un’equazione simile con i contributi delle funzioni di splitting relative ai processi

g → g(g), q → g(q) e q → g(q); quindi, in un modo piu generale, dobbiamo considerare

a → b(cd) e i vertici di ordine piu alto. Cio ci porta alle equazioni di evoluzione

µ2 ∂qi∂µ2

(x, µ2) =

∫ 1

x

qdz

z

αs

×[

Pqiqj(z, αs)qj

(x

z, µ2)

+ Pqiqj(z, αs)qj

(x

z, µ2)

+ Pqig(z, αs)g(x

z, µ2)]

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CAPITOLO 2. DIFFUSIONE PROFONDAMENTE ANELASTICA 33

µ2 ∂qi∂µ2

(x, µ2) =

∫ 1

x

qdz

z

αs

×[

Pqiqj(z, αs)qj

(x

z, µ2)

+ Pqiqj(z, αs)qj

(x

z, µ2)

+ Pqig(z, αs)g

(x

z, µ2)]

µ2 ∂g

∂µ2(x, µ2) =

∫ 1

x

qdz

z

αs

×[

Pgg(z, αs)qj

(x

z, µ2)

+∑

f=q,q

Pgf(z, αs)f(x

z, µ2)

]

. (2.58)

Le funzioni Pab(z, αs(µ2)) sono associate alle ramificazioni b → a(X) e possono essere

calcolate come serie di potenze in αs,

Pab(z, αs) = P(0)ab (z) +

αs

2πP

(1)ab (z) + ... (2.59)

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Capitolo 3

Produzione di 1 jet in DIS

Lo scattering profondamente anelastico leptone-protone con un certo numero di partoni nello

stato finale si ottiene attraverso lo scambio di un bosone intermedio γ, Z0. Ricordiamo che

indichiamo con q il momento del bosone scambiato, il suo valore assoluto con Q2, l’energia

del centro di massa con√s, il quadrato della massa adronica finale con W 2 e usiamo le

variabili di scala x e y:

q = l − l′

Q2 ≡ −q2 = xys > 0

s = (P + l)2

W 2 ≡ P 2f = (P + q)2 (3.1)

x =Q2

2Pq(0 < x ≤ 1)

y =Pq

P l(0 < y ≤ 1)

I seguenti sottoprocessi, contribuiscono alla produzione di 1-jet (indichiamo con LO l’ordine

34

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 35

dominante e con NLO l’ordine sottodominante):

1-jet: LO Ø(α0s) : e+ q → e+ q

1-jet: NLO Ø(αs) : e+ q → e+ q correzione a un loop+ contributi irrisolti dagli Ø(αs) stati finali a 2 partoni

2-jet: LO Ø(αs) : e+ q → e+ q + ge+ g → e+ q + q

(3.2)

e i corrispondenti sottoprocessi relativi all’antiquark q ↔ q. Abbiamo gia visto che, la sezione

d’urto a 1 jet riceve contributi dalle correzioni a un loop degli stati finali con 1 partone e dagli

stati finali con 2 partoni al livello ad albero. Entrambi questi contributi sono divergenti.

Tratteremo la discussione seguente in termini di elementi di matrice, considerando dapprima

il solo scambio fotonico, dopodiche includeremo lo scambio della Z0.

3.1 Calcolo delle ampiezze di transizione includendo il

solo scambio fotonico

Si vuole studiare il processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1):

Figura 3.1: Diagramma di Feynman relativo al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1).

Attraverso le regole di Feynman, e facile ottenere l’elemento di matrice Mγ :

Mγ = u(l′)ieγµu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)(−ieef )γνu(p0),

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 36

Dobbiamo adesso valutare l’elemento di matrice al quadrato, sommando su tutti gli stati

finali e, poiche spesso le particelle entranti non sono polarizzate, e necessario effettuare la

media su tutti gli spin delle particelle entranti:

|Mγ |2

=1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spin

|Mγ|2

|Mγ |2

=e4e2f4q4

spin

[u(l′)γµu(l)u(l)γνu(l′)][u(p1)γµu(p0)u(p0)γνu(p1)].

Indicando gli indici spinoriali con (i, j, k, l, ) = 1, ..., 4, gli spinori possono essere eliminati

tramite la seguente relazione: u(p)iu(p)j ≃ 12[(p +m)]ij . Concentrandosi adesso sulla parte

leptonica e volendo fare la somma sugli spin, si ottiene:

spin

u(l′)iγµiju(l)ju(l)kγ

νklu(l

′)l =

(

spindil′

u(l′)lu(l′)i

)

γµij

(

spindil

u(l)ju(l)k

)

γνkl =

= (l′ +m)li · γµij · (l +m)jk · γν

kl =

= Tr{(l/+m)γµ(l/′ +m)γν}.

Prendendo atto di questo, si ottiene:

|Mγ|2=

e4e2f4q4

Tr[l/′γµl/γν ]Tr[p1/γµp0/γν],

dove sono state trascurate le masse.

Per trattare le tracce[19], usiamo il seguente algoritmo basato sull’algebra di Clifford, γµγν =

2gµν − γνγµ, per permutare la prima matrice γ con tutte le altre. In particolare illustriamo

cosa succede nel caso di quattro matrici γ, dove bisogna iterare tre volte :

Tr{γµγνγσγτ} = Tr{(2gµν − γνγµ)γσγτ}

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 37

= 2gµνTr{γσγτ} − Tr{γνγµγσγτ}

= 2gµνTr{γσγτ} − 2gµσTr{γνγτ}+ 2gµτTr{γνγσ} − Tr{γνγσγτγµ}

= gµνTr{γσγτ} − gµσTr{γνγτ}+ gµτTr{γνγσ}.

L’ultima linea segue dal fatto che la traccia finale e uguale a quella iniziale, a causa della

ciclicita delle tracce. L’algoritmo riduce di due fattori il numero delle matrici γ all’interno di

una traccia, ogni volta che esso viene applicato. Cio vale ogni volta che ci troviamo di fronte

a una traccia con un numero pari di matrici γ, nel caso di un numero dispari, la traccia

risulta nulla.

Nel caso di due matrici γ invece, Tr{γµγν} = gµνTr{1} = 4gµν , per cui il risultato finale

diventa:

Tr{γµγνγσγτ} = 4[gµνgστ − gµσgντ + gµτgνσ].

Altre proprieta sulle matrici γ possono esserci utili:

...γµa/a/γν ... = +a2 × ...γµγν ...

...γµa/b/γµ... = 4a · b× ...1...

...γµa/γµ... = −2 × ...a/...

...γµa/b/c/γµ... = −2 × ...c/b/a/...

Tenendo conto di tutto questo siamo in grado di calcolare le nostre tracce:

Tr[l/′γµl/γν ] = 4(l′µlν − l′ · lgµν + l′ν lµ) ≡ Lµν

Tr[p1/γµp0/γν ] = 4(p1µp0ν − p1 · p0gµν + p0µp1ν) ≡ Hµν ,

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 38

Dove definiamo Lµν come tensore leptonico e Hµν come tensore adronico. Mettendo insieme

questi risultati e contraendo i due tensori, abbiamo:

|Mγ|2 ≡ |M (pc)

q→q|2

=8e4e2fq4

[(l′ · p0)2 + (l · p0)2]. (3.3)

Pima di terminare la nostra discussione su questa parte di ampiezza, e importante sotto-

lineare una proprieta dei nostri tensori, adronico e leptonico. Supponiamo di introdurre un

vettore di polarizzazione per il fotone scambiato e prendiamo ǫ(q)µ ∝ qµ; e facile verificare

che:

qµLµν = qµHµν = 0, (3.4)

cio e dovuto all’invarianza di gauge elettromagnetica.

Adesso consideriamo la correzione reale QCD al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1), in cui un

gluone e emesso dal quark, e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1)g(p2):

Figura 3.2: Diagrammi di Feynman relativi al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1)g(p2).

Mγ = u(l′)ieγµu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)[(−ieef )γν i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2igsγ

σǫ∗(p2)tai j

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 39

+ igstai j

i(p1/+ p2/)

(p1 + p2)2(−ieef )γ

ν ]u(p0)

Ancora una volta:

|Mγ |2

= −1

4CFg

2se

4e2f1

q41

4(p1 · p2)2Tr[l/′γµl/γν]

× { 1

4(p1 · p2)2Tr[p1/γ

σ(p1/+ p2/)γµp0/γν(p1/+ p2/)γσ]

+1

4(p0 · p2)2Tr[p1/γν(p0/− p2/)γσp0/γ

σ(p0/− p2/)γµ]

+1

4(p0 · p2)(p1 · p2)Tr[p1/γ

σ(p1/+ p2/)γνp0/γσ(p0/− p2/)γµ]},

dove e stata usata la seguente relazione per il tensore di polarizzazione del gluone:

pol

ǫ∗(g)σǫ(g)τ = −gστ .

Consideriamo le tracce adroniche che compaiono nella nostra ampiezza; per le proprieta delle

tracce che abbiamo gia elencato e tenendo conto che p20 = 0 e p22 = 0:

Tr[p1/γσ(p1 + p2)γµp0/γν(p1 + p2)γσ] = −16(p1 · p2)(p0µp2ν − p0 · p2gµν + p0νp2µ)

Tr[p1/γν(p0 − p2)γσp0/γσ(p0 − p2)γµ] = −16(p0 · p2)(p2µp1ν − p1 · p2gµν + p2νp1µ)

Tr[p1/γσ(p1 + p2)γνp0/γσ(p0 − p2)γµ] = −16(p0 · p1)(p1p0gµν − p1νp0µ) + 16(p0 · p1)p0νp1µ

+ 16(p0 · p1)(p1µp2ν − (p1 · p2)gµν)

− 16(p2 · p0)(p1 · p0gµν − p1νp0µ)

+ 16p0ν(p1 · p0p2µ − p1 · p2p0µ)

= 16(p0 · p1)(−q2

2gµν − p1µqν − p1µp0ν + p0νqµ)

− 16(p1 · q)p0µp0ν + 16(p0 · q)p1µp1ν + 16p1νp0µq2

2,

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 40

dove l’ultima uguaglianza nell’ultima traccia e stata ottenuta considerando il principio di

conservazione del quadrimpulso: l+p0 = q = l′+p1+p2 e p2 e stato sostituito p2 = q+p0−p1.

Poiche il tensore leptonico lo conosciamo gia, possiamo procedere direttamente con il calcolo

di |Mγ|2:

|Mγ|2

=CFg

2se

4e2f(p1 · p2)(p0 · p2)

1

q44(l′µlν − l′ · lgµν + l′νlµ)

× {[−(p0 · q)2 − (p1 · q)2]gµν +q2

2(p0νp1µ + p0µp1ν)

+ (p0 · q)(p0νqµ + p0µqν) + (p1 · q)(p1µqν + p1νqµ)

+ (p0 · p1)(−p0νp1µ − p1νp0µ)},

dove il tensore adronico e stato ottenuto in questa forma eseguendo dei semplici passaggi

algebrici.

Dovendo procedere con la contrazione tra il tensore leptonico e quello adronico e utile sotto-

lineare che soltanto i primi due termini del tensore adronico danno un contributo non nullo,

gli altri termini, o sono proporzionali a qµ e quindi scompaiono grazie all’invarianza di gauge,

oppure sono antisimmetrici sotto lo scambio µ ↔ ν. Si ottiene:

|Mγ |2 ≡ |M (pc)

q→qg|2

=4CFg

2se

4e2f(p1 · p2)(p0 · p2)

(−1)

q2

× [(l · p0)2 + (l′ · p0)2 + (l · p1)2 + (l′ · p1)2]. (3.5)

Il calcolo del processo e−(l)g(p0) → e−(l′)q(p1)q(p2) avviene quasi in automatico consideran-

do che |Mg→qq|2= − 1

2CF|Mq→qg|

2con lo scambio p0 ↔ −p2 e facendo un’analisi dei fattori

di colore; si ottiene:

|M (pc)g→qq|

2

= −1

2

4CAg2se

4e2f(p1 · p0)(p0 · p2)

(−1)

q2

× [(l · p2)2 + (l′ · p2)2 + (l · p1)2 + (l′ · p1)2]. (3.6)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 41

Arrivati a questo punto, si puo procedere con il calcolo delle correzioni virtuali; indichiamo

con M ′γ l’elemento di matrice dovuto alla correzione a 1-loop:

Figura 3.3: Diagrammi di Feynman relativi al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1) concorrezione a un-loop.

M = Mγ +M ′γ ,

Mγ = u(l′)ieγµu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)(−ieef )γνu(p0),

M ′γ = u(l′)ieu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)1

i(2π)4

d4p2(−ieef )igsγαtaij

i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2γν

· i(p1/− p2/)

(p1 − p2)2γβigs

(−igαβ)

p22u(p0).

Facendo la somma sugli spin:

|M |2 =1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spin

|M |2

=1

4[|Mγ |

2+MγM

′†γ +M †

γM ′γ + |M ′

γ |2].

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 42

All’ordine αs il termine |M ′γ |

2non da contributo. Consideriamo allora il termine misto:

MγM′†γ =

1

4

e4e2fg2sCF

q4

spin

u(l′)γµu(l)u(p1)γµu(p0)u(p0)

· 1

i(2π)4

d4p2γα(p1/− p2/)γν(p0/− p2/)γ

α

p22(p0 − p2)2(p1 − p2)2u(p1)u(l)γ

νu(l′)

=1

4

e2e2fg2sCF

q4

spin

u(l′)u(l′)γµu(l)u(l)γνu(p1)u(p1)γµu(p0)u(p0)Λν

=1

4

e2e2fg2sCF

q4Tr[l/′γµl/γν]Tr[p1/γµp0/Λν ], (3.7)

dove:

Λν =e2

(2π)4

d4p2γα(p1/− p2/)γν(p0/− p2/)γ

α

p22(p0 − p2)2(p1 − p2)2. (3.8)

Osservando le potenze in p2, quest’integrale diverge linearmente. Si tratta di una divergenza

ultravioletta, poiche viene fuori dalla regione di alto momento: |p2| → ∞. Sappiamo che

per ovviare a questo problema ci viene in aiuto il metodo di regolarizzazione dimensionale;

tornando quindi al nostro integrale, nel passaggio a D dimensioni, otteniamo:

Λν =e2µ4−D

(2π)D

dDp2γα(p1/− p2/)γν(p0/− p2/)γ

α

p22(p0 − p2)2(p1 − p2)2. (3.9)

Introduciamo la formula a tre parametri di Feynman:

1

abc= 2

∫ 1

0

dz1

∫ z1

0

dz21

[a + (b− a)z1 + (c− a)z2]3

= 2

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy1

[a+ (b− a)x+ (c− a)y]3

Scegliamo a = p22, b = (p0 − p2)2, c = (p1 − p2)

2 e poiche la regolarizzazione preserva

l’invarianza traslazionale, poniamo tµ = pµ2 − aµ ≡ pµ2 − (p1x+ p0y)µ:

Λν =2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDt

×{

γα(p1/− a/)γν(p0/− a/)γα − γα[t/γν(p/− a/) + (p1/− a/)γνt/]γα + γ

[t2 + p20x(1 − x) + p21y(1− y)− 2p0p1xy]3

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 43

Il secondo termine, cioe quello lineare in t, da un contributo nullo; ci soffermiamo quindi su

gli altri due termini, chiamiamo:

Λ(1)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDt

× γα(p1/− a/)γν(p0/− a/)γα

[t2 + p20x(1− x) + p21y(1− y)− 2p0p1xy]3, (3.10)

Λ(2)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDt

× γαt/γνt/γα

[t2 + p20x(1− x) + p21y(1− y)− 2p0p1xy]3. (3.11)

Vogliamo dimostrare che entrambi i termini possono essere scritti sottoforma di una costante

per γν, in tal caso, ci ritroveremo a calcolare la stessa traccia che compariva nel caso in cui

consideravamo solo il diagramma ad albero.

Iniziamo dall’integrale divergente. Ricordiamo che p20 = p21 = 0, perche nella nostra trat-

tazione stiamo trascurando le masse dei quark e chiamiamo s = p0p1xy; inoltre per la (2.8)

esso diviene:

Λ(2)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDtγαγλγνγργ

αtλtρ

[t2 + p20x(1− x) + p21y(1− y)− 2p0p1xy]3.

In 4 dimensioni si ha che γαγλγνγργα = 4γν , e facile dimostrare che in D dimensioni

γαγλγνγργα = (D − 2)2γν , otteniamo allora:

Λ(2)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDt(D − 2)2γν(t2 − s)3

=2e2µ4−D

(2π)Dπ

D2Γ(

2− D2

)

2Γ(3)(D − 2)2

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dyγν

(−s)2−D2

, (3.12)

ovvero, l’abbiamo scritto come una costante per γν . Analizziamo ora Λ(1)ν , tenendo conto del

fatto che γαγλγνγργα = 2γργνγλ −Dγλγνγρ:

Λ(1)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dDtγα(p0/− a/)γν(p1/− a/)−D(p1/− a/)γν(p0/− a/)

(t2 − s)3.

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 44

Analizziamo il primo termine del numeratore:

2(p0/− a/)γν(p1/− a/) = −2p1/xγνp1/+ 2p1/xγνp0/y + 2p1/xγνp1/x. (3.13)

Ricordando che tutto cio va messo all’interno della traccia Tr[p1/γµp0/Λν], l’unico termine che

da contributo non nullo e 2xyp1/γνp0/, ovvero una costante per γν .

Analizziamo il secondo termine del numeratore:

(p1/− a/)γν(p0/− a/) = D(p1/− p0/y − p1/x)γν(p0/− p0/y − p1/x). (3.14)

Mettendolo all’interno della traccia scritta sopra, i termini che mi danno contributo sono

Dp1/γνp0/−Dp1/γνp0/y−Dp1/xγνp0/+Dp1/xγνp0/y, che ancora una volta possiamo scrivere come

una costante per γν .

Il lavoro fatto fin’ora ci ha permesso di identificare i processi relativi alla diffusione anelastica

leptone-partone fino all’ordine αs; analizzando tali processi ci siamo accorti che emergono

due tipi di divergenza: la divergenza ultravioletta che viene rimossa dal metodo di rinormaliz-

zazione della costante di accoppiamento forte αs[20] e le divergenze infrarosse. In particolare,

soffermandoci su quest’ultime, abbiamo visto che esistono divergenze collineari nello stato

finale, divergenze soffici e divergenze collineari nello stato iniziale. Le divergenze collineari

nello stato finale e quelle soffici vengono rimosse nella somma tra contributi reali e virtu-

ali a livello di sezione d’urto; quelle collineari nello stato iniziale vengono invece riassorbite

nella definizione delle p.d.f. e il metodo di cancellazione usato, verra spiegato nel paragrafo

successivo.

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 45

3.2 Meccanismo di cancellazione delle divergenze in-

frarosse

Mentre le divergenze ultraviolette vengono rimosse attraverso il processo di rinormaliz-

zazione, per eliminare le divergenze infrarosse, useremo un nuovo algoritmo che e indipen-

dente dal tipo di processo che si va a considerare. Tale algoritmo e basato su due ingredienti

chiave: il metodo di sottrazione per cancellare le divergenze tra diversi contributi e i teoremi

sulla fattorizzazione di dipolo per il trattamento analitico (indipendente dal processo) dei

termini divergenti. Questi sono sufficienti per scrivere un generale programma Monte Carlo

in cui ogni quantita di jet puo essere calcolata semplicemente.

Spieghiamo adesso l’idea generale del metodo[21] che andremo a usare. Supponiamo di voler

calcolare la sezione d’urto σ di jet, cioe:

σ = σLO + σNLO. (3.15)

Qui, la sezione d’urto σLO si ottiene integrando la sezione d’urto esclusiva dσB in approssi-

mazione di Born sullo spazio delle fasi per la corrispondente quantita di jet. Supponiamo

anche che questo calcolo mi dia m partoni nello stato finale. Allora:

σLO =

m

dσB, (3.16)

dove, in generale, tutte le quantita sono valutate in D = 4− 2ǫ dimensioni. In ogni caso, a

quest’ordine, l’integrazione sullo spazio delle fasi e finita e l’intero calcolo puo essere portato

(analiticamente o numericamente) in quattro dimensioni. Andiamo all’ordine sottodomi-

nante; dobbiamo considerare la sezione d’urto esclusiva dσR con m + 1 partoni nello stato

finale e la correzione a un loop dσV al processo con m partoni nello stato finale:

σNLO =

dσNLO =

m+1

dσR +

m

dσV . (3.17)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 46

I due integrali sono separatamente divergenti se D = 4, sebbene la loro somma sia finita.

Percio, prima di effettuare un calcolo numerico, i due integrali devono essere regolarizzati.

Usando la regolarizzazione dimensionale, le divergenze si manifestano con poli doppi 1/ǫ2 e

poli singoli 1/ǫ. Supponendo di aver gia effettuato la procedura di rinormalizzazione in dσV

cosicche da rimuovere tutti i poli ultravioletti, l’idea generale del metodo di sottrazione per

scrivere un generico programma Monte Carlo, e quella di usare la seguente identita:

dσNLO =[

dσR − dσA]

+ dσA + dσV , (3.18)

dove dσA ha lo stesso comportamento singolare (in D dimensioni) di dσR e quindi agisce

come un controtermine locale per dσR. Introducendo l’integrazione sullo spazio delle fasi:

σNLO =

m+1

[

dσR − dσA]

+

m+1

dσA +

m

dσV , (3.19)

nel primo termine, si puo effettuare senza pericolo il limite ǫ → 0 sotto il segno d’integrale,

quindi questo termine puo essere integrato numericamente in quattro dimensioni. Tutte le

singolarita sono ora associate agli ultimi due termini. Se si e bravi a portare fuori analitica-

mente l’integrazione di dσA sul sottospazio dell’1-esimo partone che porta i poli ǫ, si possono

combinare i suoi poli, con quelli di dσV , cosı da cancellare tutte le divergenze mandando

ǫ → 0 e procedendo numericamente con l’integrazione rimanente sullo spazio delle fasi con

m partoni nello stato finale. Ne segue che la struttura finale del calcolo e:

σNLO =

m+1

[

(dσR)ǫ=0 − (dσA)ǫ=0

]

+

m

[

dσV +

1

dσA

]

ǫ=0

, (3.20)

e puo essere facilmente implementata in un programma Monte Carlo che genera eventi par-

tonici appropriatamente pesati con m+1 partoni nello stato finale ed eventi con m partoni.

Notiamo che, il primo termine e integrabile in quattro dimensioni per definizione. Il fatto

che tutte le divergenze si cancellino nel secondo termine, invece non e da generalizzare a

tutte le sezioni d’urto adroniche. La cancellazione delle divergenze e garantita solo dalle

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 47

osservabili adroniche che noi stiamo considerando, cioe le osservabili di jet. Queste quantita

devono essere definite (sperimentalmente o teoreticamente) in modo tale che il loro valore

attuale sia indipendente dal numero di adroni (partoni) soffici e collineari prodotti nello

stato finale. In particolare, questo valore deve essere lo stesso in una data configurazione a

m partoni e in tutte le configurazioni a m + 1 partoni che sono cinematicamente degeneri

con essa, cioe quelle ottenute dalla configurazione ad m partoni con l’aggiunta di un partone

soffice o rimpiazzando un partone con una coppia di partoni collineari che ne portano lo

stesso impulso totale. Questa proprieta, puo essere riaffermata in un modo piu formale. Se

la funzione F(n)j da il valore di una certa osservabile di jet in termini del momento degli n

partoni nello stato finale, dovremmo avere:

F(m+1)j → F

(m)j , (3.21)

in qualsiasi caso in cui le configurazioni a m+1 partoni e a m partoni sono cinematicamente

degeneri. La sezione d’urto al livello di Born puo essere scritta (simbolicamente) come una

funzione della funzione che definisce il jet F(m)j , nel modo seguente:

dσB = dΦ(m)|Mm|2F (m)j , (3.22)

dove dΦ(m) e Mm sono rispettivamente lo spazio delle fasi infinitesimo e l’elemento di matrice

che produce m partoni nello stato finale. L’espressione corrispondente per la sezione d’urto

reale dσR e:

dσR = dΦ(m+1)|Mm+1|2F (m+1)j . (3.23)

La struttura dell’equazione (3.23) e la fondamentale proprieta della (3.21) sono essenziali

per l’attuabilita della procedura di sottrazione appena descritta.

Il problema principale della procedura di sottrazione e quello di trovare la giusta forma di

dσA. Essa deve soddisfare le seguenti proprieta:

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 48

• per ogni processo dσA dev’essere ottenuta in un modo che e indipendente dalla parti-

colare osservabile di jet considerata;

• deve eguagliare esattamente il comportamento singolare di dσR in D dimensioni;

• la sua forma dev’essere particolarmente conveniente per le tecniche d’integrazione

Monte Carlo;

• dev’essere integrabile esattamente analiticamente in D dimensioni sui sottospazi del

singolo partone che porta divergenze soffici e colineari.

Ricordiamo che il nostro e un processo leptone-adrone; la presenza di un adrone nello stato

iniziale, portando un momento ben definito, rovina la cancellazione delle singolarita collineari

che nascono da un trattamento perturbativo. Tali singolarita possono essere fattorizzate e

riassorbite da funzioni di distribuzione non perturbative e universali, le densita partoniche

dell’adrone entrante. Iniziando dalle nostre conoscenze fisiche di come gli elementi di matrice

con m+1 partoni nello stato finale si comportano nei limiti soffici e collineari che producono

le divergenze, si puo dimostrare la formula di fattorizzazione, chiamata formula di dipolo[21],

che ci permette di scrivere:

dσA =∑

dipoli

dσB ⊗ (dVdipolo + dV ′dipolo). (3.24)

Qui dσB indica la sezione d’urto esclusiva al livello di Born, il simbolo ⊗ sta per le con-

voluzioni dello spazio delle fasi definito e le somme sugli indici di colore e di spin. I fattori di

dipolo dVdipolo (che eguagliano il comportamento singolare di dσR) sono invece universali cioe

completamente indipendenti dai dettagli del processo. In particolare, la dipendenza dalla

osservabile di jet e completamente inclusa nel fattore dσB. Ognuno dei termini di dipolo

corrisponde a una diversa configurazione cinematica degli m+1 partoni. Ogni configurazione

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 49

puo essere ottenuta da un effettivo processo a due step: dapprima viene prodotta la config-

urazione a m partoni e dopo uno di essi decade in due partoni. A ogni partone corrisponde

un fattore di dipolo, per questo dσA agisce come un controtermine locale di dσR. I termini

di dipolo dV ′ eguagliano le singolarita provenienti dalla regione collineare ai momenti dei

partoni entranti.

Avendo introdotto il contro-termine dσA, possiamo procedere alla sua integrazione; il risul-

tato finale della nostra procedura di sottrazione e data in termini della sezione d’urto

partonica all’ordine sottodominante dσNLO(p), dove la dipendenza dal momento p indica

simbolicamente la dipendenza dal momento dei partoni entranti:

σNLO(p) = σNLO{m+1}(p) + σNLO{m}(p) +

∫ 1

0

dxσNLO{m}(x; xp)

=

m+1

(

dσR(p))

ǫ=0−(

dipoli

dσB(p)⊗ (dVdipolo + dV ′dipolo)

)

ǫ=0

+

m

[dσV (p) + dσB(p)⊗ I]ǫ=0

+

∫ 1

0

dx

m

[dσB(xp)⊗ (P+K+H)(x)]ǫ=0. (3.25)

L’ultimo termine nasce dalla convoluzione della sezione d’urto di tipo Born dσB(xp) con

funzioni P, K, H dipendenti da x che sono simili al fattore I. Queste funzioni sono universali,

nel senso che sono indipendenti dai dettagli del processo di scattering e dall’osservabile di

jet: esse semplicemente dipendono dal numero di partoni entranti.

Le loro espressione sono rintracciabili nel rif.[21].

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 50

3.3 Calcolo delle ampiezze di transizione includendo il

bosone Z0

Fin’ora abbiamo descritto la diffusione profondamente anelastica all’ordine O(αs) tenendo

conto soltanto dello scambio fotonico, ci siamo soffermati sull’origine delle divergenze e il

metodo di cancellazione relativo e abbiamo calcolato le ampiezze di transizione dei processi

a cui eravamo interessati; in questa sezione mostreremo i calcoli sulle ampiezze di transizione

relative ai nostri processi, includendo lo scambio della Z0.

Si vuole studiare il processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1), includendo sia lo scambio del fotone,

sia lo scambio della Z0:

Figura 3.4: Diagrammi di Feynman relativi al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1), conl’inclusione della Z0.

M = Mγ +MZ0 .

Mγ = u(l′)ieγµu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)(−ieef )γνu(p0),

MZ0 = u(l′)

[ −ieve2 sin 2θW

γµ +ieae

2 sin 2θWγµγ5

]

u(l)

( −i

q2 −M2Z0

)(

gµν −qµqνM2

Z0

)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 51

× u(p1)

[ −ievf2 sin 2θW

γν +ieaf

2 sin 2θWγνγ5

]

u(p0),

dove il termine che dipende da (qµqν)/M2Z0 da un contributo nullo dovuto all’invarianza di

gauge.

Dobbiamo adesso valutare l’elemento di matrice al quadrato, sommando su tutti gli stati

finali ed effettuando la media su tutti gli spin delle particelle entranti:

|M |2 =1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spins

|M |2

=1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spins

[|Mγ |2 +MγM†Z0 +M †

γMZ0 + |MZ0|2]

≡ 1

4[|Mγ|

2+ 2MγM

†Z0 + |MZ0|2].

Procediamo effettuando i calcoli di tutti i termini che compongono la nostra ampiezza.

Poiche il contributo del solo scambio fotonico ci e gia noto, passiamo a1:

|MZ0|2

=e4

4(q2 −M2Z0)2

1

(sin2 2θW )2

×∑

spin

[u(l′)(veγµ − aeγ

µγ5)u(l)u(l)(veγν − aeγ

νγ5)u(l′)]

× [u(p1)(vfγµ − afγµγ5)u(p0)u(p0)(vfγν − afγνγ5)u(p1)],

con vf = tf − 4ef sin2 θW , af = 2tf , ve = −1 + 4 sin2 θW , ae = −1, dove tf indica la terza

componente dell’isospin debole del quark di tipo f (tu,c,t = 12, td,s,b = −1

2), θW e l’angolo

di Weinberg che e definito dal rapporto tra la massa del bosone debole carico e quella del

bosone debole neutro: cos θW = MW

MZ0. Facendo la somma sugli spin, come abbiamo visto nel

caso del fotone, otteniamo:

|MZ0|2 =e4

4q2(q2 −M2Z0)

1

(sin2 2θω)2Tr[l/′(veγ

µ − aeγµγ5)l/(veγ

ν − aeγνγ5)]

1Si noti che c’e un errore di segno nelle formule 68 e 69 di[22], in quanto tra il primo e il secondo termineal posto del segno + dovrebbe esserci un segno −

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 52

× Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)p0/(vfγν − afγνγ5)].

La trattazione delle tracce adesso cambia, perche entra in gioco la γ5, quindi prima di

procedere con il calcolo della nostra ampiezza dobbiamo vedere come possiamo maneggiare

queste tracce. A tale scopo:

Tr[γαγβγσγτγ5] = −4iǫαβστ ,

ǫαβλτ ǫαβδσ = −2(gλδgτσ − gλσgτδ).

Calcoliamoci adesso le tracce della nostra ampiezza:

Tr[l/′(veγµ − aeγ

µγ5)l/(veγν − aeγ

νγ5)] = (v2e + a2e)Tr[l/′γµl/γν]− 2aeveTr[l/

′γµl/γνγ5]

= 4(v2e + a2e)(l′µlν − l′lgµν + l′ν lµ)

− 2aeve(−4i)l′αlβǫαµβν

Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)p0/(vfγν − afγνγ5)] = (v2f + a2f )Tr[p1/γµp0/γν]− 2vfafTr[p1/γµp0/γνγ5]

= 4(v2f + a2f)(p1µp0ν − p1p0gµν + p1νp0µ)

− 2afvf(−4i)pσ1pτ0ǫσµτν .

Otteniamo quindi:

|MZ0|2 =e4

4(q2 −M2Z0)2

1

(sin2 2θW )2{16(v2e + a2e)(v

2f + a2f ) · [2(l · p0)2 + 2(l′ · p0)2]

− 64aeafvevf l′αlβp1σp0τ (−2)(δασδ

βτ − δατ δ

βσ )}

=e4

(q2 −M2Z0)2

8

(sin2 2θW )2{(v2e + a2e)(v

2f + a2f ) · [(l′ · p0)2 + (l · p0)2]

+ 4aeafvevf [(l · p0)2 − (l′ · p0)2]}. (3.26)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 53

Manca adesso da calcolare il termine d’interferenza:

MγM†Z0 =

e4ef4q2(q2 −M2

Z0)

1

(2 sin 2θW )2

spin

[u(l′)γµu(l)u(l)(−veγν + aeγ

νγ5)u(l′)]

× [u(p1)γµu(p0)u(p0)(vfγν − afγνγ5)u(p1)]

=e4ef

4q2(q2 −M2Z0)

1

(2 sin 2θW )2Tr[l/′γµl/(−veγ

ν + aeγνγ5)]

× Tr[p1/γµp0/(vfγν − afγνγ5)].

Notiamo che per le tracce non dobbiamo fare nessuna fatica, in quanto sono gia state

calcolate:

Tr[l/′γµl/(−veγν + aeγ

νγ5)] = −veTr[l/′γµl/γν] + aeTr[l/

′γµl/γνγ5]

Tr[p1/γµp0/(vfγν − afγνγ5)] = vfTr[p1/γµp0/γν]− afTr[p1/γµp0/γνγ5]

Di conseguenza:

MγM†Z0 =

8e4efq2(q2 −M2

Z0)

1

(2 sin 2θW )2

× {−vevf [(l · p0)2 + (l′ · p0)2]− aeaf [(l · p0)2 − (l′ · p0)2]}. (3.27)

Mettendo insieme i risultati di tutti i termini che compongono l’ampiezza totale, abbiamo:

|M |2 =8e4

q4{[e2f − 2efvevfχ+ (v2e + a2e)(v

2f + a2f)χ

2][(l · p0)2 + (l′ · p0)2]

+ [(−2efaeaf )χ+ 4aeafvevfχ2][(l · p0)2 − (l′ · p0)2].} (3.28)

Con q2 noi abbiamo indicato il quadrimpulso del bosone scambiato, e poiche q = l − l′ →

q2 = −2(l · l′) conviene introdurre la quantita positiva Q2. E utile inoltre definire i seguenti

fattori elettrodeboli, dipendenti da Q2, cosicche:

Q2 ≡ −q2,

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 54

Af (Q2) = e2f − 2efvevfχ+ (v2e + a2e)(v

2f + a2f)χ

2,

Bf (Q2) = −(2efaeafχ− 4veaevfafχ

2).

(3.29)

I termini che sono lineari in χ nascono dall’interferenza γ \ Z0, mentre quelli che sono

quadratici in χ sono dovuti al puro scambio della Z0. Qui χ(Q2) e il rapporto tra il propa-

gatore della Z0 e il propagatore del fotone per il fattore di accoppiamento forte (2 sin θW )−2:

χ(Q2) =1

(2 sin 2θW )2Q2

Q2 +M2Z0

. (3.30)

Per cui l’ampiezza all’ordine dominante del nostro processo puo essere scritta in modo piu

compatto nel modo seguente:

|M |2 =∑

i=q,q

Ai(Q2)fi(η)|M (pc)

q→q|2

+∑

i=q

Bi(Q2)∆fi(η)|M (pv)

q→q|2

, (3.31)

dove ∆fq(η) ≡ fq(η)− fq(η) e

|M (pc)q→q|

2

=8e4

Q4[(l · p0)2 + (l′ · p0)2]

|M (pv)q→q|

2

=8e4

Q4[(l · p0)2 − (l′ · p0)2];

con la notazione pc, indichiamo la parte di ampiezza parity conserving, con pv la parte parity

violating.

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 55

Di nuovo, consideriamo la correzione QCD al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1), in cui

un gluone e emesso dal quark, e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1)g(p2):

Figura 3.5: Diagrammi di Feynman relativi al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1)g(p2), conl’inclusione della Z0.

M = Mγ +MZ0 ,

Mγ = u(l′)ieγµu(l)

(−igµνq2

)

u(p1)[(−ieef )γν i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2igsγ

σǫ∗(p2)tai j

+ igstai j

i(p1/+ p2/)

(p1 + p2)2(−ieef )γ

ν ]u(p0)

MZ0 = u(l′)[−ieve

2 sin 2θWγµ +

ieae2 sin 2θW

γµγ5]u(l)(−igµν

q2 −M2Z0

)

× u(p1)[(−ievf

2 sin 2θWγν +

ieaf2 sin 2θW

γνγ5)i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2igsγ

σǫ∗(p2)tai j

+ igsγσǫ(p2)t

ai j

i(p1/+ p2/)

(p1 + p2)2(

−ievf2 sin 2θW

γν +ieaf

2 sin 2θWγνγ5)]u(p0)

Ancora una volta:

|M |2 =1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spin

|M |2

=1

(2s1 + 1)(2s2 + 1)

spin

[|M |2γ +MγM†Z0 +MγM

†Z0 + |MZ0|2].

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 56

Conosciamo gia il contributo dovuto al solo scambio fotonico, andiamo quindi a considerare

adesso il termine d’interferenza:

MγM†Z0 = u(l′)ieγµu(l)(

−igµνq2

)u(p1)[(−ieef )γν i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2igsγ

σǫ∗(p2)tai j

+ igstai j

i(p1/+ p2/)

(p1 + p2)2(−ieef )γ

ν ]u(p0) · {u(p0)[ievf

2 sin 2θWγµ − ieaf

2 sin 2θWγµγ5]

× [−i(p1/ + p2/)

(p1 + p2)2]t∗ai jγσǫ

σ(p2)(−i)gs + t∗ai jγσǫσ(p2)(−i)gs[

−i(p0/− p2/)

(p0 − p2)2]

× [ievf

2 sin 2θWγµ − ieaf

2 sin 2θWγµγ5]}u(p1)(

igµνq2 −M2

Z0

)

× u(l)[(ieve

2 sin 2θWγν − ieae

2 sin 2θWγνγ5)]u(l′).

Facendone la somma sugli spin otteniamo:

MγM†Z0 = −1

4

CFg2se

4ef(2 sin 2θW )2

1

q2(q2 −M2Z0)

Tr[l/′γµl/(−veγν + aeγ

νγ5)]

× { 1

4(p0 · p2)(p1 · p2)Tr[p1/γµ(p0/− p2/)γ

σp0/(vfγν − afγνγ5)(p1/+ p2/)γσ]

+1

4(p1 · p2)2Tr[p1/γ

σ(p1/+ p2/)γµp0/(vfγν − afγνγ5)(p1/+ p2/)γσ]

+1

4(p0 · p2)2Tr[p1/γµ(p0/− p2/)γ

σp0/γσ(p0/− p2/)(vfγν − afγνγ5)]

+1

4(p0 · p2)(p1 · p2)Tr[p1/γ

σ(p1/+ p2/)γµp0/γσ(p0/− p2/)(vfγν − afγνγ5)]}

La traccia leptonica la conosciamo gia, soffermiamoci quindi sulle tracce adroniche e in

particolare sui termini che dipendono dalla γ5 (degli altri termini conosciamo i risultati,

perche sono gia comparsi nei calcoli precedenti):

Tr[p1/γµ(p0/− p2/)γσp0/γνγ5(p1/+ p2/)γσ] = −2[(p0 · p1)(−4i)ǫµαβνp

α1p

β0 − 2(p1 · p2)(−4i)ǫµαβνp

α1 p

β0

+ 2p1µ(−4i)ǫαβγνpα2 p

β1p

γ0 + 2p0µ(−4i)ǫαβγνp

α2 p

β1p

γ0

− 2(p0 · p1)(−4i)ǫαµβνpα2p

β0 ]

Tr[p1/γσ(p1/− p2/)γµp0/γνγ5(p1/+ p2/)γσ] = 16i(p1 · p2)ǫαµβνpα2pβ0

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 57

Tr[p1/γµ(p0/− p2/)γσp0/γσ(p0/− p2/)γνγ5] = 16i(p0 · p2)ǫαµβνpα1pβ2

Tr[p1/γσ(p1/+ p2/)γµp0/γσ(p0/− p2/)γνγ5] = −2[(p0 · p1)(−4i)ǫαµβνp

α1p

β0 − 2(p0 · p1)(−4i)ǫµαβνp

α1 p

β2

+ 2p1µ(−4i)ǫαβγνpα0 p

β1p

γ2 + 2p0µ(−4i)ǫαβγνp

α1 p

β2p

γ0

− 2(p0 · p2)(−4i)ǫαµβνpα1p

β0 ].

Arrivati a questo punto e mettendo insieme i risultati, possiamo contrarre tutto il nostro

tensore adronico con il tensore leptonico, arrivando al seguente risultato:

MγM†Z0 =

4CFg2se

4ef(2 sin 2θW )2

1

q2(q2 −M2Z0)

1

(p0 · p2)(p1 · p2)

× {(−vevf)[(l · p0)2 + (l′ · p0)2 + (l · p1)2 + (l′ · p1)2]

+ (−aeaf )[(l · p0)2 − (l′ · p0)2 − (l · p1)2 + (l′ · p1)2]}. (3.32)

Per completare la nostra ampiezza ci manca il termine dovuto al solo scambio della Z0:

|MZ0|2 =1

4

e4g2sCF

(q2 −M2Z0)2

1

(sin2 2θW )2Tr[l/′(veγ

µ − aeγµγ5)l/(veγ

ν − aeγνγ5)]

× {Tr[p1/γσ(p1/+ p2/)(vfγµ − afγµγ5)p0/(vfγν − afγνγ5)(p1/+ p2/)γσ]

+ Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)(p0/− p2/)γσp0/γσ(p0/− p2/)(vfγν − afγνγ5)]

+ Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)(p0/− p2/)γσp0/(vfγν − afγνγ5)(p1/+ p2/)γσ]

+ Tr[p1/γσ(p1/+ p2/)(vfγµ − afγµγ5)p0/γσ(p0/− p2/)(vfγν − afγνγ5)]}.

Arrivati a questo punto ed effettuando banali passaggi algebrici, notiamo che tutte le trac-

ce sono state gia calcolate, in quanto gia comparse nei calcoli precedenti, di conseguenza

possiamo giungere facilmente al risultato finale:

|MZ0|2 =4e4g2sCF

(q2 −M2Z0)2

−q2

(sin2 2θW )21

(p0 · p2)(p1 · p2)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 58

× {(v2e + a2e)(v2f + a2f)[(l · p0)2 + (l′ · p0)2 + (l · p1)2 + (l′ · p1)2]

+ 4aeafvevf [(l · p0)2 − (l′ · p0)2 − (l · p1)2 + (l′ · p1)2]}. (3.33)

Tenendo conto delle equazioni (3.29), possiamo scrivere la nostra ampiezza in modo piu

compatto, come avevamo fatto all’ordine dominante:

|M |2 =∑

i=q,q

Ai(Q2)fi(η)|M (pc)

q→qg|2

+∑

i=q

Bi(Q2)∆fi(η)|M (pv)

q→qg|2

, (3.34)

dove ∆fq(η) ≡ fq(η)− fq(η) e:

|M (pc)q→qg|

2

=8e4g2sCF

Q2[(l · p0)2 + (l′ · p0)2 + (l · p1)2 + (l′ · p1)2]

|M (pv)q→qg|

2

=8e4g2sCF

Q2[(l · p0)2 − (l′ · p0)2 − (l · p1)2 + (l′ · p1)2].

Il calcolo del processo e−(l)g(p0) → e−(l′)q(p1)q(p2) avviene quasi in automatico consideran-

do che |Mpcg→qq|

2= − 1

2CF|M (pc)

q→qg|2

(come nel caso precedente dove il bosone scambiato era

solo il fotone) e lo stesso per la parte parity violating:

|M |2 =∑

i=q

Ai(Q2)fg(η)|M (pc)

g→qq|2

+∑

i=q

Bi(Q2)fg(η)|M (pv)

g→qq|2

. (3.35)

Passiamo al calcolo delle correzioni virtuali:

L’ampiezza relativa al solo scambio fotonico l’abbiamo gia calcolata; procediamo con

quella relativa al solo scambio della Z0 richiedendo che in D dimensioni {γ5, γµ} = 0:

MZ0M ′Z0 =

1

4

spin

u(l′)e(veγµ − aeγ

µγ5)u(l)1

q2 −MZ0

u(p1)e(vfγµ − afγµγ5)u(p0)u(p0)e2

(2π)4

×∫

d4p2γα(p1/− p2/)(vfγν − afγνγ5)(p0/− p2/)γ

α

p22(p0 − p2)2(p1 − p2)2u(p1)

g2sCF

q2 −M2Z0

u(l)(veγν − aeγ

νγ5)u(l′)

=1

4

spin

e2CFg2s

1

q2 −M2Z0

u(l′)u(l′)(veγµ − aeγ

µγ5)u(l)u(l)(veγν − aeγ

νγ5)u(p1)

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 59

Figura 3.6: Diagrammi di Feynman relativi al processo e−(l)q(p0) → e−(l′)q(p1) concorrezione a un loop, con l’inclusione della Z0.

× u(p1)(vfγµ − afγµγ5)u(p0)u(p0)Λ′ν

=1

4e2CFg

2s

1

q2 −M2Z0

Tr[l/′(veγµ − aeγ

µγ5)l/(veγν − aeγ

νγ5)]

× Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)p0/Λ′ν] (3.36)

dove Λ′ν e:

Λ′ν =

e2

(2π)4

d4p2γα(p1/− p2/)(vfγν − afγνγ5)(p0/− p2/)γ

α

p22(p0 − p2)2(p1 − p2)2. (3.37)

Attraverso la regolarizzazione dimensionale, questa diventa:

Λ′ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDt

× γα(p1/− a/)(vfγν − afγνγ5)(p0/− a/)γα + γαt/(vfγν − afγνγ5)t/γα

(t2 − s)3(3.38)

Scriviamo quest’espressione come la somma di due termini:

Λ′(1)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDtγα(p1/− a/)(vfγν − afγνγ5)(p0/− a/)γα

(t2 − s)3, (3.39)

Λ′(2)ν =

2e2µ4−D

(2π)D

∫ 1

0

dx

∫ 1−x

0

dy

dDtγαt/(vfγν − afγνγ5)t/γ

α

(t2 − s)3. (3.40)

Analizziamo entrambi i membri; procedendo come abbiamo fatto per il caso fotonico, il

numeratore del primo termine puo essere scritto come [2(p0/−a/)γν(p1/−a/)−D(p1/−a/)γν(p0/−

a/)](vf − afγ5), mentre il numeratore del secondo termine puo essere scritto come (D −

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CAPITOLO 3. PRODUZIONE DI 1 JET IN DIS 60

2)2(vfγν−afγνγ5), ovvero entrambi li abbiamo scritti come una costante per (vfγν−afγνγ5).

Considerando i due termini misti, i termini divergenti che incontriamo sono gli stessi che

abbiamo gia analizzato:

MγM′†Z0 =

1

4

e2efCF g2s

q2(q2 −M2Z0)

Tr[l/′γµl/(veγν + aeγνγ5)]Tr[p1/γµp0/Λ′ν], (3.41)

M ′γM

†Z0 =

1

4

2e2efCF g2s

q(q2 −M2Z0)

Tr[l/′(veγµ − aeγ

µγ5)l/γν]Tr[p1/(vfγµ − afγµγ5)p0/Λν]. (3.42)

Cio fa si che la struttura delle divergenze che emergono in presenza dello scambio della Z0 sia

la stessa del caso di scambio di solo fotone. Di conseguenza il meccanismo di cancellazione

descritto nella sezione precedente continua a valere. Ai fini pratici, cio significa che la

procedura di sottrazione di Catany-Seymour continua a valere in modo sostanzialmente

equivalente.

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Capitolo 4

Il Monte Carlo DISENT

Il Monte Carlo DISENT, scritto in linguaggio Fortran 77, e un programma che esegue il

calcolo di sezioni d’urto all’ordine sottodominante per la produzione di jet in DIS, imple-

mentando l’algoritmo di Catani-Seymour. La routine principale amministra la generazione

dei momenti partonici e richiama le routine che contengono gli elementi di matrice e la rou-

tine user che li analizza.

Nel main appaiono la variabile NEV che indica il numero di eventi, S che indica il valore al

quadrato dell’energia nel centro di massa (l’energia degli adroni e Eh = 820 GeV, quella per

gli elettroni e Ee = 27.4 GeV, nel sistema del laboratorio), NF che indica il numero dei sapori

escludendo la produzione dei quark top in quanto l’energia non e sufficiente a produrre una

coppia di quark tt. Vengono inoltre utilizzate la subroutine DEMOIN che definisce i bin per

l’istogramma relativo al tipo di sezione d’urto a cui si e interessati, la subroutine DEMOUT

che presenta i risultati finali delle sezioni d’urto calcolate con le relative deviazioni standard

e la subroutine DISENT che approfondiremo in seguito.

61

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 62

4.1 Generazione dello spazio delle fasi

Sebbene l’algoritmo di Catani-Seymour ci assicura che le sezioni d’urto siano finite, possono

sorgere ulteriori singolarita durante l’integrazione, tali singolarita vengono rimosse da fattori

Jacobiani. In DISENT cio viene fatto usando un particolare sistema a multi-canali. La

generazione dello spazio delle fasi avviene attraverso il modello noto come cascata partonica;

inizialmente viene generato un evento con due partoni e, usando questo come punto d’inizio

viene generato un evento con tre partoni usando la cinematica di dipolo che conserva x e

Q2 dell’evento con due partoni. Infine, un evento con quattro partoni viene generato allo

stesso modo usando due dei tre partoni scelti a random. Le diverse scelte di quale partone

emette e quale assorbe il rinculo corrispondono a diversi canali dell’integrazione a multi-

canali. In principio la convergenza puo essere ottenuta assegnando diversi pesi a diversi

canali. Esistono algoritmi che ottimizzano cio in modo automatico, ma in pratica si trova

che la convergenza e perfettamente soddisfatta semplicemente assegnando lo stesso peso a

tutti i canali. Le singolarita vengono rimosse assicurandoci che per ogni variabile x in cui

l’elemento di matrice e singolare come 1/x, x e generato secondo

dx

x(1− 1n)

(4.1)

dove n e un parametro regolabile, per esempio, per n = 2 vengono rimosse le singolarita

sotto radice. L’evento iniziale con due partoni viene scelto in accordo ai limiti su x, Q2 e y,

come definiti nella subroutine DEMCUT.

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 63

4.2 Sistema di riferimento di Breit

Il sistema di riferimento usato nel programma DISENT e il sistema di riferimento di Breit

nel quale, il bosone e l’adrone iniziale collidono frontalmente. Scegliendo d’identificare l’asse

di collisione con l’asse z, il momento trasferito q e:

q = (0, 0, 0,−2xE) con − q2 = Q2 = 4x2E2, (4.2)

mentre il momento adronico iniziale e:

P = E(1, 0, 0, 1) =Q2

2x(1, 0, 0, 1), (4.3)

dove x rappresenta la frazione di tri-impulso trasportato dal protone.

Qual e il vantaggio di lavorare in questo sistema di riferimento?

Ricordiamo che il tipo di processo che stiamo considerando puo essere schematizzato nel

modo seguente:

Figura 4.1: DIS

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 64

Supponiamo di analizzare il processo nel sistema del laboratorio:

Figura 4.2: Diffusione back to back.

La collisione tra l’elettrone e il protone avviene back to back, dopo l’urto l’elettrone viene

diffuso con un certo angolo θ e per la conservazione del quadrimpulso, necessariamente, il

partone verra diffuso con lo stesso angolo dell’elettrone. La direzione del partone diffuso e

di origine puramente cinematica.

Analizziamo lo stesso processo nel sistema di Breit. Consideriamo dapprima quello all’ordine

O(α0s): l’elettrone iniziale e quello diffuso giacciono sullo stesso piano, quindi l’impulso del

Figura 4.3: DIS all’ordine (α0s) nel sistema di Breit.

partone diffuso, in questo caso, andra a bilanciare quello del partone iniziale; questo significa

che la sua direzione dipende dal sottoprocesso duro fotone-partone dove entra in gioco la

QCD. Il processo ad albero pero, come notiamo dalla figura, non da nessun contributo. Se

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 65

consideriamo per esempio la correzione reale:

Figura 4.4: DIS nel sistema di Breit all’ordine (αs) nel sistema di Breit.

in questo caso, osserviamo la produzione di un jet.

4.3 Subroutine DISENT

La subroutine disent genera la configurazione partonica di ogni evento, ne calcola il contrib-

uto alla sezione d’urto e restituisce il risultato all’utente. Gli argomenti di tale subroutine

sono:

subroutine disent(NEV, S, NFL, USER, CUTS)

dove

• NEV (integer) e il numero di eventi da generare;

• S (double precision) e il quadrato dell’energia totale nel centro di massa;

• NFL (integer) e il numero di sapori;

• USER (external) e la subroutine utente;

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 66

• CUTS (external) e la subroutine ausiliaria demcut.

Dopo aver dichiarato i parametri generali come il numero di colori, CA per il gluone e

CF per i quark, e le cariche dei quark EQ, vengono richiamate le subroutine che generano

le configurazioni partoniche (in particolare la subroutine GENTWO genera uno stato con

due partoni e la subroutine GENTHR genera uno stato a tre partoni), le subroutine che

valutano gli elementi di matrice e che quindi contribuiscono al calcolo delle sezioni d’urto (in

particolare MATTWO che valuta l’elemento di matrice ad albero per due partoni, VIRTWO

che valuta l’elemento di matrice con la correzione a un loop per due partoni e MATTHR che

valuta l’elemento di matrice ad albero con tre partoni) e la subroutine USER che restituisce

il risultato finale all’utente.

4.4 Subroutine user

La subroutine USER e quella che analizza gli eventi; essa viene richiamata ogni volta che

viene generato un tipo di evento e seleziona soltanto quegli eventi che soddisfano determi-

nate condizioni scelte dall’utente. Tali condizioni derivano dai criteri di selezione utilizzati

nell’analisi dei dati sperimentali.

Gli argomenti di questa subroutine sono:

subroutine user(N, NA, ITYPE, P, S, WEIGHT)

dove

• N (integer) e il numero di partoni;

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 67

• NA (integer) e l’ordine in αs;

• ITYPE (integer) e il tipo di contributo che stiamo analizzando;

• WEIGHT(I) (double precision) e il peso dell’evento associato al partone I-esimo;

• P (double precision) e il quadrimomento;

• S (double precision).

In particolare i diversi contributi si indicano nel modo seguente:

• ITYPE= 0 → livello ad albero;

• ITYPE= 1 → termine di sottrazione;

• ITYPE= 2 → contributo virtuale finito;

• ITYPE= 3 → contributo collineare finito.

Per quanto riguarda il peso WEIGHT(I), se I > 0 esso si riferisce a quark nello stato iniziale,

se I < 0 si riferisce ad antiquark, se I = 0 si riferisce al gluone; tale peso viene chiamato alla

fine di ogni evento. In particolare viene dichiarata la variabile A2PI il cui valore dipende

dall’ordine NA, ovvero A2PI=(

αs

)NAe viene effettuata la convoluzione tra il contributo

alla sezione d’urto partonica e la relativa p.d.f. calcolata mediante la chiamata dell’omonima

subroutine ausiliaria. Infine, ciascun contributo viene associato al bin al quale appartiene ed

e pronto per essere passato alla subroutine DEMOUT.

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 68

4.5 Generazione degli stati con due e tre partoni e i

relativi elementi di matrice

Al livello di Born, ordine O(α0s) il processo che viene considerato e

e−(l) + q(p0) → e−(l′) + q(p1)

e quello relativo all’antiquark attraverso lo scambio q ↔ q.

La generazione di uno stato con due partoni viene effettuata nella subroutine GENTWO che

tiene conto dei limiti cinematici imposti nella subroutine DEMCUT sulle variabili Q, x e y.

Vengono inoltre costruiti i momenti l′, l, p0, p1, e q e viene calcolato il peso

W =1

2s

dΦl′+1dQ2

Q2(4.4)

dove s = (l+ p0)2 ∼ 2l · p0 e il quadrato dell’energia del centro di massa e dΦl′+1 e lo spazio

delle fasi a due corpi (leptone uscente e un partone nello stato finale).

Considerando il solo scambio fotonico l’ampiezza di transizione, relativa a questo processo,

che e implementata e quella che abbiamo calcolato nel capitolo precedente (equazione (3.3)):

|M (pc)q→q|2 (4.5)

che viene calcolata nella subroutine DISENT attraverso la chiamata della subroutine MATTWO;

tale ampiezza viene poi moltiplicata per il peso e divisa per il numero di eventi, prima di

essere analizzata dalla subroutine USER.

All’ordine O(αs) la sezione d’urto riceve contributi dovuti ai processi reali con due partoni

nello stato finale e il contributo virtuale dovuto alla correzione a un loop nel processo con

un partone nello stato finale.

Consideriamo la correzione a un loop del processo con un partone nello stato finale, l’ampiez-

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 69

za di transizione allora viene corretta nel modo seguente

|M (pc)q→q|2 → |M (pc)

q→q +M(pc)q→q,1−loop|2 (4.6)

e vengono estratti i termini d’interferenza che sono appunto dell’ordine O(αs). Tali termini

vengono calcolati nella subroutine VIRTWO che richiama la subroutine MATTWO per il

calcolo dell’ampiezza del processo ad albero e fattorizza quest’ultima attraverso gli operatori

d’inserzione descritti nell’algoritmo di Catani-Seymour. Tale contributo viene poi moltipli-

cato per il peso, diviso per il numero di eventi e analizzato dalla subroutine USER.

La rimozione delle divergenze collineari nello stato iniziale attraverso la rinormalizzazione

delle p.d.f. genera un termine finito di cui dobbiamo tener conto, per questo la subroutine

DISENT chiama la subroutine COLTHR che genera un’emissione partonica collineare a par-

tire dalla configurazione con un partone nello stato finale. Il calcolo del termine collineare

viene effettuato dalla subroutine KPFUNS nella quale sono implementati gli operatori d’in-

serzione descritti nell’algoritmo di Catani-Seymour. Anche questo termine viene poi molti-

plicato per il peso, diviso per il numero di eventi e mandato alla subroutine USER.

Il contributo reale dovuto all’emissione di un gluone (tre partoni nello stato finale) viene

generato dalla subroutine GENTHR che assegna un valore casuale (compreso tra 0 e 2) alla

frazione di momento z del gluone rispetto al partone genitore e ne genera l’impulso p2. Infine

la subroutine SUBTHR calcola il fattore Jacobiano relativo al canale selezionato e inizializ-

za le configurazioni di sottrazione collineare che serviranno per eliminare le divergenze nel

contributo reale.

I processi che vanno considerati sono:

e−(l) + q(p0) → e−(l′) + q(p1) + g(p2),

e−(l) + g(p0) → e−(l′) + q(p1) + q(p2),

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 70

a cui si aggiungono i processi relativi all’antiquark attraverso lo scambio q ↔ q. Abbiamo

gia visto quali sono le ampiezze relative a questi processi nel capitolo precedente (equazioni

(3.5) e (3.6)):

|M (pc)q→qg|2 e |M (pc)

g→qq|2 (4.7)

e vengono calcolate nella subroutine MATHR.

4.6 Inclusione della Z0 nel programma DISENT

Per includere lo scambio del bosone Z0 nel programma DISENT sono state apportate delle

semplici modifiche.

Abbiamo inizializzato i parametri relativi all’interazione debole, come la massa della Z0, il

sin2 θW , TF, AE, VE, AF e VF.

Dopodiche abbiamo introdotto, nella subroutine MATTWO e MATTHR, i parametri:

Af (Q2) = e2f − 2efvevfχ + (v2e + a2e)(v

2f + a2f )χ

2,

Bf (Q2) = −(2efaeafχ− 4veaevfafχ

2).

χ(Q2) =1

(2 sin 2θW )2Q2

Q2 +M2Z0

. (4.8)

Infine, abbiamo modificato gli elementi di matrice nelle subroutine MATTWO e MATTHR.

Consideriamo la modifica nella subroutine MATTWO.

Avendo gia calcolato le ampiezze nel capitolo precedente, la modifica da effettuare e la

seguente

|M (pc)q→q|2 →

i=q,q

Ai(Q2)fi(η)|M (pc)

q→q|2

+∑

i=q

Bi(Q2)∆fi(η)|M (pv)

q→q|2

, (4.9)

dove ricordiamo che ∆fi(η) = fq − fq.

Per implementare questa modifica all’interno del programma abbiamo diviso il caso in cui

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 71

consideriamo il quark:

|M (pc)q→q|2 →

i=q,q

Ai(Q2)|M (pc)

q→q|2

+∑

i=q

Bi(Q2)|M (pv)

q→q|2

, (4.10)

dal caso in cui consideriamo l’antiquark:

|M (pc)q→q|2 →

i=q,q

Ai(Q2)|M (pc)

q→q|2

−∑

i=q

Bi(Q2)|M (pv)

q→q|2

. (4.11)

Consideriamo la modifica nella subroutine MATTHR. La sostituzione che abbiamo effettua-

to ha la stessa struttura di quella nel caso della subroutine MATTWO:

|M (pc)q→qg|2 →

i=q,q

Ai(Q2)fi(η)|M (pc)

q→qg|2

+∑

i=q

Bi(Q2)∆fi(η)|M (pv)

q→qg|2

, (4.12)

|M (pc)g→qq|2 →

i=q

Ai(Q2)fg(η)|M (pc)

g→qq|2

+∑

i=q

Bi(Q2)fg(η)|M (pv)

g→qq|2

. (4.13)

Per implementare tutto cio, per il processo e−(l′) + q(p0) → e−(l′) + q(p1) + g(p2) abbiamo

suddiviso il caso in cui consideriamo il quark e quello in cui consideriamo l’antiquark, esat-

tamente come avevamo fatto nella subroutine MATTWO. Per il processo e−(l′) + g(p0) →

q(p1)q(p2), la sostituzione fatta e semplicemente:

|M (pc)g→qq|2 →

i=q

Ai(Q2)|M (pc)

g→qq|2

+∑

i=q

Bi(Q2)|M (pv)

g→qq|2

. (4.14)

4.7 Risultati numerici

In questa sezione presentiamo i risultati numerici ottenuti per la misura della sezione d’urto

in funzione del Q2 e quella in funzione dell’energia trasversa EjetT con le relative incertezze e

i rispettivi grafici; abbiamo anche graficato il rapporto tra dσγ+Z0/dσγ.

Abbiamo utilizzato un numero di eventi pari a 20 milioni. Notiamo che l’incertezza e trascur-

abile in quanto e dell’ordine del qualche per mille.

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 72

10-5

10-4

10-3

10-2

10-1

1 γγ + Z

dσ/d

Q2 (

pb/G

eV2 )

Q2/GeV2

Rat

io

00.250.5

0.751

1.251.5

1.752

103

104

105

Figura 4.5: Sezione d’urto singolo differenziale in funzione di Q2.

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 73

Q2 bin dσ/dQ2(pb/GeV 2)125− 250 (8.172± 0.037) · 10−1

250− 500 (2.767± 0.011) · 10−1

500− 1000 (7.450± 0.025) · 10−2

1000− 2000 (1.670± 0.005) · 10−2

2000− 5000 (2.485± 0.007) · 10−3

5000− 100000 (1.800± 0.005) · 10−5

Tabella 4.1: Risultati numerici della sezione d’urto singolo differenziale in funzione del Q2,relativi al contributo γ.

Q2 bin dσ/dQ2(pb/GeV 2)125− 250 (8.188± 0.037) · 10−1

250− 500 (2.782± 0.011) · 10−1

500− 1000 (7.563± 0.026) · 10−2

1000− 2000 (1.745± 0.006) · 10−2

2000− 5000 (2.842± 0.008) · 10−3

5000− 100000 (2.656± 0.007) · 10−5

Tabella 4.2: Risultati numerici della sezione d’urto singolo differenziale in funzione del Q2,relativi al contributo γ + Z0.

Per quanto riguarda la sezione d’urto singolo differenziale in funzione del Q2, mostrata

in Fig. (4.5), il contributo della Z0 inizia a ad essere rilevante a mano a mano che il Q2

aumenta. In particolare si nota un sensibile aumento della sezione d’urto nell’ultimo bin in

Q2 dove la predizione che include l’effetto della Z0 e circa del 50% piu grande della predizione

che include il solo scambio di fotone.

EjetT bin dσ/dEjet

T (pb/GeV 2)8− 10 (4.625± 0.022) · 10110− 14 (2.089± 0.008) · 10−1

14− 18 (7.872± 0.033) · 10018− 25 (2.656± 0.010) · 10025− 35 (6.393± 0.023) · 10−1

35− 100 (2.931± 0.009) · 10−2

Tabella 4.3: Risultati numerici della sezione d’urto diffenziale in funzione dell’energiatrasversa del jet, relativi al contributo γ.

Per quel che riguarda la sezione d’urto singolo differenziale in funzione dell’energia

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 74

10-2

10-1

1

10

γ

γ + Z

dσ/d

ET

,jet

(pb

/GeV

)

ET,jet/GeV

Rat

io

0.50.60.70.80.9

11.11.21.31.41.5

9 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

Figura 4.6: Sezione d’urto singolo differenziale in funzione dell’energia trasversa del jet.

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CAPITOLO 4. IL MONTE CARLO DISENT 75

EjetT bin dσ/dEjet

T (pb/GeV 2)8− 10 (4.674± 0.022) · 10110− 14 (2.118± 0.008) · 10−1

14− 18 (8.029± 0.034) · 10018− 25 (2.732± 0.010) · 10025− 35 (6.682± 0.024) · 10−1

35− 100 (3.181± 0.010) · 10−2

Tabella 4.4: Risultati numerici della sezione d’urto diffenziale in funzione dell’energiatrasversa del jet, relativi al contributo γ + Z0.

trasversa del jet, mostrata in Fig. (4.6), osserviamo che anche in questo caso il contributo

della Z0 produce un aumento della sezione d’urto all’aumentare dell’energia trasversa.

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Conclusioni

Una descrizione teorica accurata delle sezioni d’urto per la produzione inclusiva di jet adroni-

ci, nelle interazioni elettrone-protone studiate nel collider HERA, e di estrema importanza

dal punto di vista fenomenologico. Queste osservabili, infatti sono state misurate sperimen-

talmente con estrema precisione e se confrontate con predizioni teoriche molto accurate con-

sentirebbero una precisa determinazione della costante di accoppiamento forte αs, parametro

fondamentale della QCD.

Il principale obiettivo del nostro lavoro di tesi e stato quello di includere, nel programma

Monte Carlo DISENT, il contributo del bosone Z0 nel calcolo della sezione d’urto di pro-

duzione di jet adronici. A questo scopo e stato necessario studiare preliminarmente il calcolo

della sezione d’urto fino all’ordine αs ponendo particolare attenzione alla struttura degli el-

ementi di matrice e implementando le modifiche necessarie per l’inclusione del contributo

della Z0. I risultati numerici ottenuti, presentati nell’ultimo capitolo della tesi, mostrano

come il contributo della Z0 sia particolarmente rilevante nella regione di alto Q2.

Questo lavoro rappresenta il primo passo verso la completa inclusione del contributo della

Z0 nel Monte Carlo DISENT, fino all’ordine α2s .

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Ringraziamenti

Un ringraziamento speciale va al Prof. Alessandro Papa e al Prof. Enrico Tassi per l’aiuto

concreto ed essenziale, l’appoggio e la disponibilita dimostratami. Il ringraziamento piu

caloroso va ai miei genitori e a Simone per avermi permesso materialmente di arrivare fin

qui, per aver sempre incoraggiato la mia ambizione e sostenuto la mia determinazione, per

aver ascoltato i miei dubbi e le mie paure e per aver gioito delle mie piccole vittorie, in

particolare a mamma per l’allegria e l’ottimismo che io non ho ma che lei mi sa dare, per la

fiducia in me stessa che io non ho ma che lei mi sa infondere. Un grazie a zia Antonella, per

tutto, il suo amore e la sua semplicita, le sue, troppo numerose, accondisciendenze e i suoi

rarissimi rimproveri. Un grazie ai miei nonni e un pensiero a te lassu che mi guardi da lontano.

Un grazie ai miei colleghi e amici che hanno condiviso con me questo periodo universitario:

Carla per tutti gli esami preparati insieme, per tutti i grandi discorsi esistenziali, per la sua

intelligenza sociale ed emotiva, per le risate e soprattutto i pianti, Adelmo per il suo aiuto

concreto a questo lavoro di tesi, per la sua bonta d’animo e la sua disponibilita e Valerio

per i suoi incoraggiamenti, la sua simpatia e le sue mega-cene sempre apprezzatissime! Un

grazie agli amici di una vita, a quelli che ci sono sempre e che ci sono sempre stati, a quelli

che se ne sono andati e a quelli che sono rimasti, a quelli vecchi e a quelli nuovi, grazie per i

momenti tristi e quelli felici: Domy, Pia, Marty, Marco, Armando, Aldo, Sanny, Marialaura,

Martina, Federica, Giovanna, Ambry. Un grazie alle mie fantastiche coinquiline e amiche:

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BIBLIOGRAFIA 80

Manu per i suoi pranzetti che tante volte mi hanno salvato dopo innumerevoli giorni di

fame; Valentina, il mio cuore, per tutti i pensieri che abbiamo sempre condiviso sul dolore

e la sofferenza, la solitudine e l’inutilita di tanti aspetti della vita ma soprattutto per i suoi

finti modi duri che nascondono la sua dolcezza; Teresa per la sua infinita saggezza e il suo

modo mai banale di vedere il mondo, per tutte le chiacchierate non frivole e soprattutto per

il suo cuore buono. E infine, un grazie sicuramente va a Genny, Fede, Oschy e tutti i miei

amici di Fagnano Castello per le serate passate insieme tra risate e vino e su cui e meglio

non soffermarsi troppo!