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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O V ita 43 n. Anno 111 DOMENICA 30 NOVEMBRE 2008 1 Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/21293 Fax 0573/25149 sito internet: www.settimanalelavita.it e_mail: [email protected] Abb. annuo 40 (Sostenitore 60) c/c p.n. 11044518 Pistoia La CONTIENE I.P. 43 n tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chie- sa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più questi sogni. A settantacinque anni mi sono deciso a pregare per la Chiesa”. L’ultimo libro del card. Martini, con queste parole, tiene col fiato sospeso. Anche lui abbandona il campo, dopo aver tenute deste per tanto tempo le speranze di coloro che, con lui e tanti altri, non si rassegnano allo status quo e chiedono invece una completa realizzazione del concilio e l’adempimento del motto programmatico che ci arriva da molto lontano e che si è stampato indelebilmente nella memoria dei tanti che vissero nella commozione e nel pianto l’evento più grande del secolo scorso? Se cadono i cedri del Libano, se i sogni svaniscono nel nulla… Grazie a Dio non è così. Nonostante tutto, il nuovo libro dell’ex Arcivescovo di Milano è una implicita ma chiara smentita dell’intenzione programmatica da lui stesso enunciata. Martini sogna ancora e con la sua parola riesce ancora a galva- nizzare le attenzioni dei veri amanti della Chiesa, in particolare dei giovani a cui la pubblicazione è esplicitamente diretta. Pagine scritte col cuore, con calore e sem- plicità, parole strappate da una vita tutta donata a Dio, a Gesù, alla Chiesa. Una confidenza, un dialogo, una confessione di carattere agostiniano, come si trattasse di un vero e proprio testamento. Il testamento del testimone, del profeta, della guida spirituale di tanti cristiani e anche di tanti sinceri ricercatori, che hanno riconosciuto in lui il maestro e l’in- terprete migliore in un periodo particolarmente scosso da tensioni, delusioni, paure, fallimenti. Colpisce ancora in lui la capacità di ascoltare, di trovare parole adatte per tutti, di capire le situazioni più difficili e dare ancora un messaggio di speranza. Nessuno per lui è perduto, perché Dio non abbandona i suoi figli. Le sorprendenti pa- role che presentano in termini di amore e di misericordia gli ultimi avvenimenti della vita e della storia lo accomuna degnamente a uno dei più grandi teologi del nostro tempo, Von Balthasar, colui che ha concluso la sua vicenda terrena trasmettendo con tutta la sua forza la convinzione che è possibile sperare per tutti. Il passaggio dalla teologia e dalla pastorale della paura a quelle della misericordia e del perdono, una delle vette dell’attuale comprensione della Chiesa, deve ricordare anche lui fra i suoi protagonisti. Un posto assicurato nella storia di oggi e in quella di domani. La giovinezza non è, almeno del tutto, un dato anagrafico, è una permanente qualità dello spirito. Si può, si deve, sperare in una Chiesa sempre giovane. Giovane della giovinezza del Vangelo che non invecchia mai, giovane della giovinezza dello Spirito che la rinnova e la restaura in permanenza, giovane perché ancora capace di appellarsi ai giovani che tengono stretto nelle loro mani il futuro. Certo, niente è da darsi per scontato. Se nessuno può essere considerato semplice oggetto della pastorale, questo men che mai può avvenire per i giovani. Essi sono per natura soggetti attivi in linea col passo dei tempi, sensibili più di tutti ai piccoli e ai grandi cambiamenti della storia. “Essi sono Chiesa, a prescindere dal fatto che non concordino con il nostro pensiero e le nostre idee o con i precetti ecclesiastici. Questo dialogo alla pari, e non da superiore a inferiore o viceversa, garantisce dinamismo alla Chiesa”. Una conclusione molto facile a enunciarsi, molto meno a realizzarsi. Che significa questo per i nostri riti, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti, i nostri comportamenti? L’incontro con i giovani è capace di rimettere in questione tante cose magari date per pacifiche e scontate, perché, per arrivare a loro, ciò che è supera- to va messo in disparte, ciò che è fuori posto va ricollocato, ciò che ancora germina dev’essere accuratamente assecondato, perfino ciò che è nuovo dev’essere rinnovato. Forse la Chiesa non ha mai scommesso seriamente sui giovani. Come sarebbe bello che in questo tempo di stanchezza e di calo di entusiasmo la voce del vescovo profeta fosse ascoltata da chi di dovere, il che vuol dire da tutti. Chiesa, mantieni sempre intatta la tua giovinezza. Martini suggerisce anche la via maestra per un vero rinnovamento della Chiesa: il ritorno alla Bibbia, la sua lettura, il suo studio, la sua meditazione. Chi conosce anche solo mediatamente il cardinale conosce anche la sua competenza teologica, il suo amore per il libro sacro, la sua capacità di rendere attuali e fresche anche le pagine più antiche e apparentemente meno significative del testo. Il suo rimane l’in- segnamento di un grande maestro. Sono molti i motivi che ci richiamano oggi a una più grande attenzione alla Parola di Dio. C’è stato un autorevole e suggestivo richiamo di Benedetto XVI nel suo viaggio in Francia, è stato celebrato solo da pochi giorni un Sinodo dei Vescovi esclusivamente dedicato a questo argomento e, in più, l’anno paolino in corso rimane una continuata occasione per avvicinare il pensiero del primo grande sistematiz- zatore del messaggio evangelico. Martini rimane per tutti, anche sulla base del suo ultimo libro, il più simpatico degli esortatori e dei suggeritori. Richiami che non possono rimanere inascoltati. E’ alla luce di questa eterna Parola che la Chiesa può trovare (o ritrovare) il ritmo dei suoi giorni migliori, il suo coraggio, il suo entusiasmo, la sua giovinezza, la sua audacia. “Per una Chiesa audace”, è l’ultimo richiamo capace di rompere la monotonia e lo squallore dei nostri giorni. Intanto noi continuiamo a sperare. Giordano Frosini “U “Sognavo una Chiesa giovane...” 2 Preghiera per l’attuale situazione finanziaria “S ignore, viviamo in giorni turbolenti, in giro per il mondo i prezzi salgono, i debiti aumentano, le banche crollano, i posti di lavoro svaniscono, e sentiamo minacciata la nostra fragile sicurezza. Dio di misericordia, vienici incontro nelle nostre paure e ascolta le nostre preghiere, sii una torre di forza tra le sabbie mobili e una luce nell’oscurità, aiutaci a ricevere i doni della tua pace e orienta il nostro cuore dove si trovano le vere gioie. In Gesù Cristo nostro Signore”. Con queste parole la chiesa anglicana invita alla preghiera nel nostro tempo. Con formule simili, per molti secoli, i fedeli supplicavano di essere liberati dalla peste, dalla fame e dalla guerra. La cronaca dei nostri giorni avvicina la crisi della finanza globale a quegli archetipi antichi. Da Gerusalemme l’ultimo invito del cardinal Martini Una Chiesa audace e giovane è stato il suo monito e, nonostante tutto, essa rimane ancora il sogno dell’ex arcivescovo di Milano e di tutti coloro che hanno nel cuore il coraggio e la speranza A PAGINA 2

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G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O

V ita 43n.

Anno 111

DOMENICA30 NOVEMBRE 2008

€ 1

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma, 2, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/21293 Fax 0573/25149sito internet: www.settimanalelavita.ite_mail: [email protected]. annuo € 40(Sostenitore € 60)c/c p.n. 11044518 Pistoia

LaCONTIENE I.P.

43n tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chie-sa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più questi sogni. A settantacinque anni mi sono deciso a pregare per la Chiesa”. L’ultimo libro del card. Martini, con queste parole, tiene col fiato sospeso. Anche lui abbandona il campo, dopo aver tenute deste per tanto tempo le speranze di coloro che, con lui e tanti altri, non si

rassegnano allo status quo e chiedono invece una completa realizzazione del concilio e l’adempimento del motto programmatico che ci arriva da molto lontano e che si è stampato indelebilmente nella memoria dei tanti che vissero nella commozione e nel pianto l’evento più grande del secolo scorso? Se cadono i cedri del Libano, se i sogni svaniscono nel nulla…

Grazie a Dio non è così. Nonostante tutto, il nuovo libro dell’ex Arcivescovo di Milano è una implicita ma chiara smentita dell’intenzione programmatica da lui stesso enunciata. Martini sogna ancora e con la sua parola riesce ancora a galva-nizzare le attenzioni dei veri amanti della Chiesa, in particolare dei giovani a cui la pubblicazione è esplicitamente diretta. Pagine scritte col cuore, con calore e sem-plicità, parole strappate da una vita tutta donata a Dio, a Gesù, alla Chiesa. Una confidenza, un dialogo, una confessione di carattere agostiniano, come si trattasse di un vero e proprio testamento.

Il testamento del testimone, del profeta, della guida spirituale di tanti cristiani e anche di tanti sinceri ricercatori, che hanno riconosciuto in lui il maestro e l’in-terprete migliore in un periodo particolarmente scosso da tensioni, delusioni, paure, fallimenti. Colpisce ancora in lui la capacità di ascoltare, di trovare parole adatte per tutti, di capire le situazioni più difficili e dare ancora un messaggio di speranza. Nessuno per lui è perduto, perché Dio non abbandona i suoi figli. Le sorprendenti pa-role che presentano in termini di amore e di misericordia gli ultimi avvenimenti della vita e della storia lo accomuna degnamente a uno dei più grandi teologi del nostro tempo, Von Balthasar, colui che ha concluso la sua vicenda terrena trasmettendo con tutta la sua forza la convinzione che è possibile sperare per tutti. Il passaggio dalla teologia e dalla pastorale della paura a quelle della misericordia e del perdono, una delle vette dell’attuale comprensione della Chiesa, deve ricordare anche lui fra i suoi protagonisti. Un posto assicurato nella storia di oggi e in quella di domani.

La giovinezza non è, almeno del tutto, un dato anagrafico, è una permanente qualità dello spirito. Si può, si deve, sperare in una Chiesa sempre giovane. Giovane della giovinezza del Vangelo che non invecchia mai, giovane della giovinezza dello Spirito che la rinnova e la restaura in permanenza, giovane perché ancora capace di appellarsi ai giovani che tengono stretto nelle loro mani il futuro.

Certo, niente è da darsi per scontato. Se nessuno può essere considerato semplice oggetto della pastorale, questo men che mai può avvenire per i giovani. Essi sono per natura soggetti attivi in linea col passo dei tempi, sensibili più di tutti ai piccoli e ai grandi cambiamenti della storia. “Essi sono Chiesa, a prescindere dal fatto che non concordino con il nostro pensiero e le nostre idee o con i precetti ecclesiastici. Questo dialogo alla pari, e non da superiore a inferiore o viceversa, garantisce dinamismo alla Chiesa”. Una conclusione molto facile a enunciarsi, molto meno a realizzarsi. Che significa questo per i nostri riti, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti, i nostri comportamenti? L’incontro con i giovani è capace di rimettere in questione tante cose magari date per pacifiche e scontate, perché, per arrivare a loro, ciò che è supera-to va messo in disparte, ciò che è fuori posto va ricollocato, ciò che ancora germina dev’essere accuratamente assecondato, perfino ciò che è nuovo dev’essere rinnovato. Forse la Chiesa non ha mai scommesso seriamente sui giovani. Come sarebbe bello che in questo tempo di stanchezza e di calo di entusiasmo la voce del vescovo profeta fosse ascoltata da chi di dovere, il che vuol dire da tutti. Chiesa, mantieni sempre intatta la tua giovinezza.

Martini suggerisce anche la via maestra per un vero rinnovamento della Chiesa: il ritorno alla Bibbia, la sua lettura, il suo studio, la sua meditazione. Chi conosce anche solo mediatamente il cardinale conosce anche la sua competenza teologica, il suo amore per il libro sacro, la sua capacità di rendere attuali e fresche anche le pagine più antiche e apparentemente meno significative del testo. Il suo rimane l’in-segnamento di un grande maestro.

Sono molti i motivi che ci richiamano oggi a una più grande attenzione alla Parola di Dio. C’è stato un autorevole e suggestivo richiamo di Benedetto XVI nel suo viaggio in Francia, è stato celebrato solo da pochi giorni un Sinodo dei Vescovi esclusivamente dedicato a questo argomento e, in più, l’anno paolino in corso rimane una continuata occasione per avvicinare il pensiero del primo grande sistematiz-zatore del messaggio evangelico. Martini rimane per tutti, anche sulla base del suo ultimo libro, il più simpatico degli esortatori e dei suggeritori. Richiami che non possono rimanere inascoltati.

E’ alla luce di questa eterna Parola che la Chiesa può trovare (o ritrovare) il ritmo dei suoi giorni migliori, il suo coraggio, il suo entusiasmo, la sua giovinezza, la sua audacia. “Per una Chiesa audace”, è l’ultimo richiamo capace di rompere la monotonia e lo squallore dei nostri giorni. Intanto noi continuiamo a sperare.

Giordano Frosini

“U“Sognavo una Chiesa giovane...”

2Preghiera per l’attuale situazione

finanziaria“S ignore, viviamo in giorni turbolenti, in giro per il mondo

i prezzi salgono, i debiti aumentano, le banche crollano, i posti di lavoro svaniscono, e sentiamo minacciata la nostra fragile

sicurezza. Dio di misericordia, vienici incontro nelle nostre pauree ascolta le nostre preghiere, sii una torre di forza tra le sabbie

mobili e una luce nell’oscurità, aiutaci a ricevere i doni della tua pace e orienta il nostro cuore dove si trovano le vere gioie.

In Gesù Cristo nostro Signore”.

Con queste parole la chiesa anglicana invita alla preghieranel nostro tempo. Con formule simili, per molti secoli,

i fedeli supplicavano di essere liberati dalla peste, dalla famee dalla guerra. La cronaca dei nostri giorni avvicina la crisi

della finanza globale a quegli archetipi antichi.

Da Gerusalemmel’ultimo invito

del cardinal MartiniUna Chiesa audace e giovane è stato

il suo monito e, nonostante tutto, essa rimane ancora il sogno

dell’ex arcivescovo di Milanoe di tutti coloro che hanno nel cuore

il coraggio e la speranzaA PAGINA 2

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2 n. 43 30 novembre 2008LaVitain primo piano

UN DONO DEL PIÙ AMATO DEI CARDINALI

Le confessioni del cardinal Martini

“UNA FEDE INCROLLABILE

IN DIO”Perché crede in Dio? E come lo

sente?I miei genitori mi hanno donato

la fede in Dio, mia madre mi ha in-segnato a pregare. A scuola per me sono stati importanti gli amici, mi hanno rafforzato nella fede. L’Italia, la mia patria, fa parte dell’Europa cristiana: basta aprire gli occhi per vedervi molte testimonianze della fede. Essendo gesuita, gli esercizi spirituali di sant’Ignazio mi hanno reso interiormente forte nel rappor-to con Dio. Giovanni, il discepolo prediletto, è il mio accompagnatore nell’amicizia con Gesù. Nella mia vita molti compiti, anche le diffi -coltà, mi hanno mostrato che posso avere fi ducia. La guerra, il terrori-smo, le paure personali: quante vol-te sono stato salvato! Ho incontrato molte brave persone. La vita mi ha dimostrato che Dio è buono e pre-para la strada per ciascuno di noi.

È sempre stato mio dovere parlare della fede ed è stato il mi-glior modo per imparare. Spesso è suffi ciente sapere ascoltare bene. Nella diocesi di Milano i giovani mi hanno molto aiutato a cercare ri-sposte a nuove domande. Si impara a credere soprattutto avvicinando altre persone alla fede.

Sentire Dio è la cosa più sempli-ce e al tempo stesso la più impor-tante della vita. Posso sentirlo nella natura, nelle stelle, nell’amore, nella musica e nella letteratura, nella parola della Bibbia e in molti altri modi ancora. È un’arte dell’atten-zione che occorre apprendere come l’arte di amare o di essere capaci nel lavoro.

Vi sono anche momenti in cui se la prende con Dio?

Le mie diffi coltà non hanno riguardato la sfera del quotidiano, quanto piuttosto un grande interro-gativo: non riuscivo a capire perché Dio lascia soffrire suo Figlio sulla croce. Perfi no da vescovo, a volte,

non riuscivo ad alzare lo sguardo verso il crocifi sso perché questa domanda mi tormentava. Me la prendevo con Dio.

La morte continua a esistere, tut-ti gli esseri umani devono morire. Perché Dio lo vuole? Con la morte di suo Figlio avrebbe potuto rispar-miare la morte agli altri uomini.

Soltanto in seguito un concetto teologico mi è stato di aiuto nel mio travaglio: senza la morte non sarem-mo in grado di dedicarci completa-mente a Dio. Terremmo aperte delle uscite di sicurezza, non sarebbe vera dedizione. Nella morte, invece, siamo costretti a riporre la nostra speranza in Dio e a credere in lui. Nella morte spero di riuscire a dire questo sì a Dio.

Un teologo e vescovo non ha forse anche i problemi che pesano sulla sua fede?

I pesi sono paure, carenza di fi ducia in Dio. Quando mi ha af-fi dato un compito e ho pensato di non essere all’altezza, per esempio diventare vescovo o professore in una grande università, parlare con i terroristi, tenere unita la Chiesa eu-ropea o rispondere a domande del papa, in questi casi, a dire il vero, a volte mi è mancato il coraggio. An-che i confl itti hanno talvolta creato diffi coltà; non me la sono presa con Dio, ma gli ho chiesto: sono in gra-do di farlo? Perché devo farlo? Sono io quello giusto?

Mi sono sentito amareggiato soprattutto nel vivere separazioni e addii, quando alcune persone mi hanno lasciato o quando io ho dovuto lasciarle. O quando mi sono sentito impotente. A volte Dio as-segna compiti importanti, ti affi da molte persone e tu hai poche possi-bilità di trovare una soluzione. Tutto ciò lascia delle ferite. Ho interrogato Dio come fanno anche i Salmi: per-ché deve essere così? Poi mi è stato concesso di sentire ancora che dal

dubbio nasce qualcosa di nuovo e di più profondo. In un primo momen-to, quando quel qualcosa di nuovo non era ancora visibile, è stato dif-fi cile. Naturalmente occorre molta fi ducia in Dio ma spesso si parte proprio da dubbi, da domande.

Non ho avuto molti motivi per prendermela con Dio, perché per tutta la vita mi ha guidato e anche viziato. Mi ha dato un bel cammi-no e ha messo al mio fi anco molte persone, che mi hanno istruito e sostenuto e hanno avuto bisogno di me. Così mi sono sentito sempre più amato e accettato da Dio.

“SPERO

NELLA SALVEZZA

DI TUTTI”Alla fi ne Dio conduce a sé tutti

coloro che lo desiderano ardente-mente?

Io nutro la speranza che presto o tardi tutti siano redenti. Sono un grande ottimista. Ammetto che in molti casi non riesco a comprendere. Vi sono anche fasi della mia vita in cui non ho sentito di essere redento. Però, la mia speranza che Dio ci accolga tutti, che sia misericordioso, è diventata sempre più forte. D’altra parte, è naturale, non riesco a imma-ginare come Hitler o un assassino che ha abusato di bambini possano essere vicini a Dio. Mi riesce più facile pensare che gente simile venga semplicemente annientata. E il modo di pensare tipico di questo mondo. Ma forse, nell’altro mondo, Dio ha anche nuove possibilità. È una questione che deve restare aper-ta. Soltanto Dio conosce la risposta.

Nell’immagine del purgatorio, persone di questo genere sono sottoposte, per usare un’espres-sione moderna, a una terapia che consenta loro di aprirsi e accettare l’amore di Dio. Il fatto che qualcuno che si è tanto allontanato da Dio e che, dal nostro punto di vista, è di

bito dopo. Ed è indubbio che nel primo periodo di apertura alcuni valori sono stati buttati a mare. La Chiesa si è dunque indebolita. Altre energie si sono disperse nelle controversie postconciliari. Eppure quegli accaniti dibattiti erano ne-cessari. Ricordo teologi controversi come Karl Rahner, Pierre Teilhard de Chardin, Henri de Lubac e altri più giovani. Essi contribuirono a impostare il concilio sotto il profi lo teologico e in seguito lo trasposero nei loro libri e lo esposero dalle loro cattedre. Dovettero confrontarsi con chi nutriva timori e voleva salvare qualcosa della teologia neoscola-stica. Posso ben comprendere le loro preoccupazioni se solo penso a quanti in questo periodo hanno ab-bandonato il sacerdozio, a come la Chiesa sia frequentata da un nume-ro sempre minore di fedeli e a come nella società e anche nella Chiesa sia emersa una sconsiderata libertà. È comprensibile che soprattutto i vescovi e gli insegnanti conservatori vogliano limitare le manifestazioni di disgregazione e siano tentati di tornare ai bei vecchi tempi.

Ciò nonostante dobbiamo guar-dare avanti. Anche se ogni muta-mento radicale richiede sacrifi ci ed è inevitabile che vi siano esagera-zioni, credo nella prospettiva lungi-mirante e nell’effi cacia del concilio. Esso ha affrontato con coraggio i problemi del suo tempo. Invece di ritrarsi con timore, ha avviato un dialogo con il mondo moderno così com’è. Il concilio ha innanzitutto individuato le molte buone ener-gie che nel mondo perseguono lo stesso scopo della nostra Chiesa, cioè quello di aiutare gli uomini e di cercare e venerare l’unico Dio. Le grandi religioni (e ovviamente le diverse confessioni cristiane) offrono un orientamento a chi ne è in cerca, curano i feriti, si battono per la giustizia e per quelle condi-zioni che diano a tutti i bambini e a tutti i giovani la possibilità di una buona formazione e di un futuro dignitoso. Esse vogliono predicare la fede nell’unico Dio per rendere ogni singola persona forte e sicura nella consapevolezza di essere creata, chiamata e guidata da Dio. Quest’unico grande interesse per gli esseri umani è comune a molte sorelle e fratelli nel mondo, fra i cre-denti come fra i non credenti.

una malvagità assoluta possa ancora essere salvato dalla bontà e dalla misericordia di Dio supera la nostra immaginazione.

Ma esiste anche l’immagine del giudice castigatore, della giustizia di Dio.

Gesù si è battuto in nome di Dio perché viviamo secondo giustizia. Questo non signifi ca soltanto essere giusti l’uno verso l’altro, bensì venir-si incontro a vicenda e proteggere e aiutare i deboli. È questo che Gesù vuole ottenere con le immagini del tribunale e della giustizia. La questione è: sono un ottimista o un pessimista? Una volta sprecate tutte le nostre possibilità in questa vita, Dio può ancora escogitare qualco-sa? Certo, esiste l’inferno, solo che nessuno sa se vi si trovi qualcuno. Eppure dobbiamo tenerne conto. L’inferno esiste, ed è già sulla Terra. Sono situazioni così disperate da essere giunte a un punto morto: l’in-ferno si contraddistingue per l’ine-luttabilità, la mancanza di una via di uscita, il senso di «eterno» abban-dono. Quando penso ai tossicomani, ai malati irrecuperabili e al male che le persone si infl iggono a vicenda, penso sempre che l’inferno sia que-sto. Anche Stalingrado o l’Olocausto sono autentici inferni.

Nella predicazione di Gesù l’in-ferno è un monito a vivere in modo da non generare mai questo inferno e non precipitarvi mai. Il messaggio fondamentale è che Gesù vuole pre-servarcene e liberarcene. Dobbiamo stare attenti a non fi nirvi. E dobbia-mo contribuire a impedire che altri vi fi niscano. L’inferno è un monito, una minaccia, una realtà. Tuttavia, continuo a essere convinto che alla fi ne l’amore di Dio sia più forte.

E cosa signifi ca l’immagine del purgatorio?

Il purgatorio è una delle rap-presentazioni umane che mostra come sia possibile essere preservati dall’inferno. La Chiesa ha sviluppa-to l’immagine del purgatorio, che signifi ca: anche se sei una persona che ha causato tanta infelicità, che ha prodotto tanto inferno, forse dopo la morte esiste ancora un luogo in cui puoi essere guarito. Dove puoi tornare indietro e avere un’altra occasione. Si tratta dell’estensione di un’opportunità e, in questo senso, è un pensiero ottimistico.

“IL CONCILIO

HA LA FORZA DELLO

SPIRITO SANTO”Il Concilio Vaticano II ha pro-

clamato l’apertura della Chiesa al mondo. Oggi le porte sembrano chiudersi di nuovo. La maggioran-za di coloro che sono rimasti e di coloro che dirigono la Chiesa punta più su una ristrutturazione che non su un’apertura verso l’esterno.

Vi è un’indubbia tendenza a prendere le distanze dal concilio. Il coraggio e le forze non sono più grandi come a quell’epoca e su-

I l libro intervista del cardi-nal Martini “Conversazioni notturne a Gerusalemme – Sul rischio della fede”, celermente tradotto in italiano da Mondadori, ha suscitato ovunque interesse, approvazioni e rifl essioni. La stampa ha naturalmente messo in rilievo alcune affermazioni riguardanti problemi contingenti della chiesa come l’ordinazione di uomini sposati, la piena valorizzazione delle donne, il tema della sessualità, il dialogo ecumenico. Tutti temi di grande importanza nella vita attuale della chiesa. Ma il libro nel suo complesso offre una visione assai più profonda della relazione dell’uomo con Dio. Nelle pagine scritte il cardinale mostra la sua grande e semplice fede in Dio e in Gesù Cristo. Un Dio a cui egli ha affi dato tutta la sua vita e vuole riservare agli ultimi suoi sentimenti. Ne riproduciamo tre passi.

bito dopo. Ed è indubbio che nel

a cura di Giordano Frosini

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330 novembre 2008 n. 43LaVita

Poeti ContemporaneiCON MARIA, PRESSO LA GROTTA

Della gente il fl uire alla grottafu devoto stupore.

Dietro la folla proseguii il camminola pietra con la mano accarezzando fi nché ti vidi bianca tenerezzache mi aspettavi piccola nell’ombra le mani giunte tese a una preghiera .A fermare la veste una cinturache un chiarore di cielo evocava.

Alla grotta il silenzio era voce. Muto il fi ume scorreva passando ed il soffi o del vento rispondeva sommesso ad un’Ave.

A noidel tuo Figlioscrivevi messaggi nel cuore.

Loriana Capecchi

I o credo che non ci sia un critico letterario che abbia scandagliato l’animo e le opere di scrit-tori italiani e stranieri come Ferdinando Castelli; l’animo nella sua tensione verso l’infi nito e l’Asso-luto e le opere nella loro elaborazione stilistica e strutturale. Oltre a molti articoli su Civiltà Cattoli-ca, Castelli ha pubblicato volumi di carattere lette-rario-religioso: i tre Volu-mi di Volti di Gesù nella letteratura moderna, i due Volumi Nel grembo del-l’Ignoto e ultimamente, in questi giorni, Se ci fosse un Dio (Ancora, 2008).

Il titolo è preso in pre-stito (saggiamente scelto) dal grande poeta francese Paul Valery, il quale in un suo “Quaderno” scrive tra l’altro: “Solo. Sempre più solo. Tutte le cose mi circondano, ma non mi toccano affatto… Se ci fosse un Dio, visiterebbe, credo, la mia solitudine, mi parlerebbe familiar-mente nel mezzo della notte”. Da tale conside-razione, che nasconde un anelito, un’inquietudine, una voglia di ricerca, o una a-teologia per dirla

culturaFerdinando Castelli

Se ci fosse un Dio

con Caproni, Ferdinando Castelli ricostruisce la narrativa di alcuni grandi scrittori italiani e stranieri nella loro “ricerca del senso della vita”. Alcuni sono molto noti al grande pubblico perché ormai fat-to parte della cultura del-l’uomo medio, altri sono meno noti, ma non per questo meno importanti letterariamente: Henri-ch Von Kleist, Christian Andersen, Nikolaj Gogol, Charles Baudelaire, Anton Cechov, Sigrid Undset, Katherine Mansfi eld, Cor-rado Alvaro, Luigi San-tucci, Clive Lewis, Evelyn Arthur Waugh. Lo schema del Volume è quello usato per gli altri, antologico: una lunga analisi dello opere dello scrittore, in modo particolare di quelle che elaborano problemati-

che religiose o dichiarata-mente cristiane, in questa ricerca dell’Assoluto e della vita. “Nelle pagine del volume, scrive Ca-stelli nella Introduzione, incontreremo undici noti scrittori e domanderemo loro che cosa pensano della vita, dunque che risposta danno alle do-mande radicali. Non tut-ti ci offriranno risposte convincenti, ma tutti ci diranno che forzare le por-te del mistero per essere illuminati sul senso della vita non è opera da folli ma da pellegrini saggi e coraggiosi”.

Le pagine di Castelli sono quindi come una sorta di Viaggio lettera-rio religioso servendosi delle stesse opere degli scrittori, delle stesse loro parole, degli stessi loro

romanzi o poemi proprio come una ricerca attenta e sensibile.

Forse ad alcuni sem-brerà un “Discorso ozio-so” quello proposto da P. Castelli o da altri critici letterari cattolici, come lontano dai diretti e ur-genti bisogni della gente, ma se crediamo (come crediamo) che la Fede è desiderio, ricerca, tensio-ne vero l’Assoluto, allora veramente tali opere ci possono aiutare molto e possono stimolarci nella meditazione, nella rifl es-sione; specialmente le opere di scrittori che in prima persona hanno vis-suto la Fede, hanno fatto il nostro stesso cammino spirituale. Penso, in que-sto caso del volume di P. Castelli, a Luigi Santucci, alla sua vita cristiana e alle sue opere (di grande valore) di problematica cristiana che dovrebbero andare tra le mani di chi vorrebbe maggiormente rifl ettere.

N iente da fare (e La donna con il cane) di Pierre Drieu La Rochelle (Parigi, 3 gennaio 1893 – 15 marzo 1945).

Questo il titolo del vo-lumetto numero 51 (pagg. 36, euro 4), della collana quadrimestrale “iquader-nidiviadelvento”, curata da Fabrizio Zollo, dato alle stampe per conto del-le Edizioni Via del Vento, piccola ma prestigiosa casa editrice pistoiese che da alcuni anni propone, agli appassionati biblio-fi li, testi inediti e rari del Novecento.

Ancora attenzione, dunque, per lo scrittore francese nato alla fine dell’Ottocento, dopo che le stesse Edizioni avevano pubblicato, nella collana “Ocra gialla”, altre due prose inedite in Italia sotto il titolo di Vietato uscire.

A pagina 2 una foto di Pierre, opera di Lip-nitzki-Viollet, mentre in copertina è riprodotta Signora con ventaglio, una xilografi a del 1903 di Wassily Kandinsky.

Duemila gli esemplari numerati, impressi su car-ta vergatina avorio, per i tipi della Stamperia Elle Emme di Pieve a Nievole (Pistoia), che presentano

due prose, anch’esse mai apparse in Italia prima d’ora, tradotte da Valen-tino Durante e Séverine Fluckiger, con postfazione di Massimo Del Pizzo.

Aveva ventiquattro anni quando La Rochel-le, nel 1917, fece il suo esordio letterario con In-terrogation, una raccolta di testi poetici pubblicata da Gallimard, che curerà negli anni quasi tutta la sua produzione letteraria, composta di saggi, poe-sie, racconti e romanzi,

iquadernidiviadelvento

Niente da fare e La donna con il cane

con Caproni, Ferdinando che religiose o dichiarata-

Un viaggio letterario nella culturadel nostro tempodi Vincenzo Arnone

di gelosie e menzogne, immaginate o reali, che tessono una rete invisi-bile che li intrappola e confonde”. Mentre per La donna con il cane, ancora Del Pizzo sottolinea come “l’enigmatica Madame Rosay, nel tentativo di surrogare le assenze della propria vita, costruisce una irritante intimità col proprio cagnolino, di-ventando, agli occhi del narratore, una doublure, cioè fi gura doppia, simu-lacro della vera vita che, nell’esperienza dei per-sonaggi, sembra restare sempre in attesa, se non proprio in agguato, inarri-vabile, imprendibile.

Quello che, nello stes-so racconto, Drieu chiama <muro dell’io>, rende prigionieri dell’esistere e le controfigure allora diventano necessarie, ma ossessionanti”.

La collana quadri-mestrale di prosa “iqua-dernidiviadelvento” è in distribuzione presso le migliori librerie e si può ricevere anche in abbo-namento annuale mentre, per maggiori informazio-ni e curiosità sulla casa editrice pistoiese, è attivo il sito internet all’indiriz-zo www.viadelvento.it.

Franco Benesperi

fi no all’ultimo testo, Les chiens de paille, pubblica-to nel 1944. Sono postumi, invece, scritti vari come Sur les écrivains del 1964, il romanzo incompiuto Mémoires de Dirk Raspe del 1966, Journal 1939-1945 e Textes retrouvés del 1992.

Massimo Del Pizzo, analizzando i due raccon-ti, nella nota al testo, evi-denzia che “i protagonisti di Niente da fare, Gille, Rosita e Antonio sono reciprocamente vittime Poeti Contemporanei

Un libro di Vincenzo Gazzoli

Il silenziodella neve

U n rac-conto della me-moria, dal titolo Il Silenzio della neve e scritto da Vincen-zo Gazzoli. Dedi-cata a Tatine e Yo Yo, l’opera raffi-gura in copertina (creata da Miche-langelo Merisi), il Caravaggio con il dipinto La morte della Vergine (cu-stodita presso il Museo del Louvre a Parigi. L’autore, originario di Tira-no (Sondrio), si trasferisce nella Confederazione elvetica dove conclude gli studi liceali e si appassiona di storia e letteratura francofona. Maestro di sci ed antiquario, rea-lizza articoli di costume e gestisce una rubrica d’antiqua-riato su settimanali. Da autodidatta negli ultimi tempi ha effettuato studi sulla storia e sulle leggende della presenza grigionese nei baliaggi di Valtellina e Valchiavenna. Il volume è stato presentato presso la libreria “Edison” di Pistoia (via degli Orafi ), l’iniziativa ha avuto il contributo determinante dell’instancabile organizzatore pistoiese Tiziano Spampani.

I capitoli iniziali dispongono di due voci narranti: un personaggio della storia, Angela, ed una giornalista che invece svanisce verso la metà del racconto. L’occhio che vede narra la memoria della donna, ma si defi la dopo la prima parte, lasciando il posto ad una narrazione a focalizzazione zero fino alla fine. L’andamento lirico dell’opera è segnalato dal ritmo della sintassi e dal lin-guaggio modulato su toni differenti. Un romanzo tragico ed allo stesso tempo lirico, intervallato da piccole poesie. Si tratta anche di un romanzo d’amore passionale, spinta della vita e che attraversa tutti gli eventi. Un lavoro intriso di passione, ha poco di letterario in quanto il bisogno di narrare supera in alcuni passaggi i vincoli di certe regole. I tempi narrativi un po’ caotici riscontrati all’inizio del libro sono indice della caoticità della memoria e del disordine presente nell’interiorità delle emozioni. Paesaggi come affreschi dell’anima descritti nei dettagli o trasfi gurati dagli occhi di chi guarda, quando la parola veicola racconti di stati d’animo. L’urgenza della narrazione, il desiderio di lasciare una traccia visibile del proprio modo di vedere e sentire la vita. Il punto di forza dell’opera sta proprio qui, nell’ispirazione. Leonardo Soldati

Pierre Drieu La Rochelle

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4 n. 43 30 novembre 2008LaVitaattualità ecclesiale

I n una stagione che sovrabbonda, non solo mediaticamente, di parole gridate la scelta del silenzio potrebbe ap-parire sterile e inoppor-tuna: diffi cile da compie-re, ancor più diffi cile da comprendere.

Il silenzio è, tuttavia, una risposta di dignità che ogni persona può of-frire quando nella comu-nicazione prevalgono la mediocrità e l’ideologia.

È un procedere con-trocorrente, un rifi u-tare quella cultura del consumo e del calcolo che sottrae sempre più signifi cato alla fatica e alla gioia dello scoprirsi viandanti non smarriti

IL SILENZIO

Un maestro severo ed esigente

I

In una stagione di parole gridatedi Paolo Bustaffa

nella complessità.Il silenzio diventa re-

sistenza alla prepotenza del nulla.

Non una resa e nep-pure una estraneità.

Con queste premes-se c’è chi, nel torrente mediatico, avverte l’esi-genza di u\na sosta per ascoltare se stesso dopo aver ascoltato altri.

Una pausa non per ta-gliare il fi lo di un ragio-namento ma per ripren-derlo con motivazioni e contenuti più consistenti.

Non una rinuncia timorosa ad attraversare le diffi coltà ma la volontà di decifrare i messaggi che parole e immagini portano alla mente e al cuore a grande velocità.

La cronaca quasi im-pone un esercizio intel-lettuale tanto più effi cace e fecondo quanto più avviene in una coscienza che si tiene allenata nel distinguere il bene dal

male, il vero dal falso, la realtà dall’apparenza.

Una coscienza che cerca, incontra e condi-vide la verità é il luogo dove hanno origine pen-sieri forti e si sostanziano parole e impegni grandi.

La stessa questione educativa trova nel si-lenzio un maestro, dav-vero unico, che suscita domande, indica sentieri di ricerca, dice le ragioni della speranza che va ol-tre il tempo e lo spazio.

Un maestro severo ed esigente che non concede fughe dalla responsabili-tà e chiede di andare ol-tre i confi ni dell’opinione più diffusa per mettersi in ascolto del Pensiero che si è fatto Parola, Per-sona.

È un maestro severo ed esigente nell’allenare all’arte della pazienza che è arte dei forti e non dei deboli, che è perseve-ranza rispettosa e corag-

giosa nel proporre sen-tieri che, intrecciandosi con quelli che partono dalla ragione, conducono a mete imprevedibili e sorprendenti.

Ed ancora è un mae-stro la cui voce supera le altre contro ogni ingiusti-zia, ogni offesa alla vita, ogni menzogna.

“Io faccio del mio si-lenzio monastico - scrive Thomas Merton, di cui tra pochi giorni ricorre il 40° anniversario della morte - una protesta con-tro le bugie dei politici, dei propagandisti e degli agitatori...”.

L’elenco del negativo va oltre. Il silenzio ne tie-ne conto ma, nello stesso tempo, chiede di non trascurare l’elenco del positivo: uomini e donne ogni giorno sanno gioire e stupirsi guardando al dono della vita, immen-so anche se non ha più parole.

T re giorni per confrontarsi e parlare sul valore della messa domenicale. È quanto propone il laboratorio “Giovani e cultura: l’Eucaristia domenicale” organizzato dal Servi-zio nazionale Cei per la pastorale giovanile (Snpg) nell’ambito del terzo anno dell’Agorà dei giovani italiani e in collaborazione con l’Uf-fi cio liturgico nazionale. Il laboratorio si svolgerà a Roma, dal 21 al 23 no-vembre, e vedrà insieme a momenti di dibattito e di scambio di esperien-ze, gli interventi di don Nicolò Anselmi, respon-sabile del Snpg, padre Eugenio Costa, dell’Uf-fi cio liturgico, di mons. Lorenzo Loppa, vescovo di Anagni-Alatri. I gio-vani concluderanno i lavori partecipando alla recita dell’Angelus in piazza San Pietro con Benedetto XVI. A questo laboratorio ne segui-ranno altri tre incentrati sulla vita interiore (9-11 gennaio 2009), sul lavoro (13-15 febbraio 2009) e sull’immigrazione (17-19 aprile 2009). Al termi-ne di ogni evento sarà stilata una raccolta di proposte che verrà inol-trata a ogni diocesi così

GIOVANI

Nel luogo privilegiatonatura, richiede la pre-senza e la partecipazio-ne del fedele ma anche un senso di appartenen-za ecclesiale, cosa que-sta che, spesso si sente dire, manca nei giovani. È proprio così?

“La messa domeni-cale è l’inizio e la fi ne di ogni cosa. Tuttavia, dove questa esperienza risulta essere poco signifi cativa o coinvolgente, poco preparata, diventa un problema. In molti gio-vani c’è il desiderio di partecipare ad una mes-sa domenicale che parli alla loro vita ma dove non la trovano...”.

Vanno altrove, in altre chiese o luoghi di culto, allontanandosi dalla Chiesa locale?

“La comunità ec-clesiale deve tornare ad essere signifi cativa per i suoi giovani in termine di presenza, di accoglienza, di coerenza. Non si tratta di capire di chi è la colpa di questo allontanamento, se del parroco o dei giovani, ma di ricostruire, dove manca, un senso di ap-partenenza ecclesiale”.

C’è anche chi parte-cipa ma non prende la comunione, avendo dif-fi coltà nell’accostarsi al

da stimolare ulteriori rifl essioni e suggerimenti per il lavoro nella Chiesa locale. Abbiamo intervi-stato don Anselmi.

Quali obiettivi si propongono questi la-boratori? Sono forse il tentativo di dare concre-tezza a tutta quella serie di grandi eventi, come Loreto nel 2007, o la Gmg di luglio, che altri-menti rischierebbero di perdere valore esaurita la fase emotiva che na-

turalmente evocano?“Più che dare concre-

tezza direi meglio dare continuità a tutti quei momenti che non sono solo i grandi eventi ma anche pellegrinaggi, campi estivi o attività di vario genere che devono trovare ordinarietà nella messa domenicale e nella presenza in parrocchia”.

Perché un laboratorio sulla messa domenicale?

“Il Papa parlando del primato di Dio nella vita

del credente e del fatto che la fede cristiana è l’incontro con una Perso-na, descrive l’Eucaristia come luogo privilegiato dove avviene questo in-contro. La speranza che abbiamo è che questi la-boratori che stiamo orga-nizzando siano poi ripro-posti in tutte le diocesi poiché tutti gli argomenti che stiamo affrontando riguardano la quotidiani-tà di ogni Chiesa locale”.

L’Eucaristia, per sua

Un laboratorio sulla messa domenicale

di Daniele Rocchi

sacramento della ricon-ciliazione, un problema per molti giovani, a quanto pare...

“Una delle cose che mi sta maggiormente colpendo in questi anni dell’Agorà è che i giova-ni desiderano accostarsi a questo sacramento. Certo questa voglia deve anche trovare una mag-giore disponibilità da parte dei sacerdoti e una preparazione attenta. Ricordo la lunga notte di Loreto, del settembre 2007, con le Fontane di luce nella piana di Mon-torso, ma anche Sydney e tanti altri momenti: quando si propone in modo vero e attento que-sto sacramento, i giovani si avvicinano. A confes-sarsi, più o meno rego-larmente, sono in molti di più di quello che si tende a credere”.

Se la messa dome-nicale segna il punto di approdo e di ripartenza della vita di fede allora come vivere il resto del-la settimana?

“La settimana deve essere segnata da una vita di preghiera costan-te ma al tempo stesso semplice e condita da gesti di solidarietà e di servizio, in famiglia, nel proprio lavoro, a scuola, tra i poveri, nelle asso-ciazioni. L’amore per Dio e per il prossimo sono le due dimensioni sulle quali deve poggiare la vita di un giovane.

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530 novembre 2008 n. 43LaVita attualità ecclesiale

I domenica di Avvento anno B

Is 63,16b-17.19b;64,2-7; Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37

La Paro la e le paro le

“Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù tua eredità. ... Signore, tu sei no-stro padre, noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”

Il tempo di avvento si apre con un’invocazione: ‘Ritorna’: è questo il grido al centro della prima lettura. E’ una delle più intense suppliche del Primo testamento collocata al cuore dello scritto di un profeta che scrive in un tempo successivo all’esilio pur richiamandosi al grande Isaia. Il quadro di fondo è di devastazione e il popolo è allo sbando - una situazione assimilabile più al tempo dell’esilio che al ritorno - “perché ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, perché non ti si tema? Ritorna per amore dei tuoi servi... se tu squarciassi i cieli e scendessi”. ‘Ritorna’: è un grido pieno di attesa, che sgorga dalla realistica presa d’atto di una situazione di chi si avverte disperso senza esser capace di individuare una direzione: avvizziti come foglie d’autunno, staccate dai rami degli alberi da un’improvvisa folata di vento, panni sudici che non possono servire a nulla, ma devono essere lavati. La preghiera inizia con uno sguardo che ritorna alla vicenda dell’esodo, al ricordo di ‘colui che ha tratto fuori il suo popolo’ (Is 63,7-14) e si apre poi ad un’invocazione a Dio indicato con il nome di Padre per tre volte in pochi versetti: “Tu Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore”. Se c’è una profonda percezione dell’essere dispersi e in una condizione di peccato c’è peraltro l’espressione di un desiderio profondo di incontro con Dio. L’invocazione a Dio come ‘padre’ è da collegarsi all’idea di famiglia propria del mondo ebraico, una concezione di-remmo oggi ‘paternalistica’, in cui la centralità della fi gura paterna è indiscussa, e concepita con la funzione di cura in rapporto ad una realtà comunitaria (i fi gli nel loro essere numerosi e diversi): il padre è colui che educa i fi gli ed essi stanno nella sue mani, come argilla nella mani del vasaio: “Tu Signore sei nostro padre e noi siamo argilla, tu sei colui che ci plasma, noi siamo opera delle tue mani”. Sta qui una parola di speranza in un tempo di disincanto e di delusione profonda. E’ evocato il gesto della creazione, non come gesto di un inizio lontano ma evento che si ripete nella vita e nella storia. La speranza di un incontro nuovo, di un perdono che solo può venire da colui che ci ha creati (Mal 2,10) diviene così orizzonte dell’attesa. ‘Ritorna’: l’avvento ci richiama a non smarrire il senso dell’attesa... è un tempo per lasciare spazio al desiderio di un incontro che rifà di nuovo, che plasma un mondo nuovo. Di fronte alle delusioni della storia personale e collettiva questa pagina accompagna ad invocare e ricordare la mano creatrice di Dio che fa nuove tutte le cose. Ed anche Dio attende: la sua è attesa di chi vede e visita. Così la preghiera del salmo invoca lo sguardo di un Dio che vede la sua vigna: “Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato... facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome”

“Degno di fede è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro”

La seconda lettura è tratta dalla prima lettera di Paolo alla comunità di Corinto. La frase che chiude il saluto iniziale presenta due termini chiave: Dio, il Padre, è fedele (‘pistos’) e chiama alla comunione (koi-nonia). Il termine greco che Paolo usa ‘pistos’ ha la medesima radice del termine ‘fede’ (pistis). La vita della fede, l’affi damento a Dio in un incontro personale che trasforma l’esistenza - e qui Paolo non può non aver presente la sua esperienza personale - è fondato sulla fedeltà di colui che non viene meno alla sua promessa. Paolo quindi ricorda l’orizzonte di fondo a cui questa fedeltà rinvia, la comunione con il Figlio suo Gesù Cristo. Fedeltà del Padre e comunione con Cristo - una comunione che coinvolge coloro che accolgono la grazia data - sono i punti cardine della esistenza cristiana. La fedeltà del Padre rende possibile ed apre una storia di comunione. L’esistenza della comunità è trova il suo luogo in una condizione nuova, è vivere il tempo percependolo come ‘penultimo’, tempo in cui vivere ‘come se non...’ (cfr. 1Cor 7). Paolo loda i corinzi, una comunità in cui peraltro non mancavano profondi problemi e situazioni di crisi e di divisione, ed evidenzia un carattere essenziale della vita credente: “La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.” L’esistenza dei corinzi è delineata come esperienza di coloro ‘che aspettano’: un’esistenza nell’attesa. Tutte le espressioni della vita ed il presente acquistano uno spessore nuovo. E’ un’attesa che non distoglie dal presente ma lo rende tempo di un incontro, tempo del farsi di una comunione.

“Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento...Vegliate dunque, voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà”

Nel vangelo di Marco il capitolo 13 è un corpo a se stante, che inizia con una parola di Gesù sulla distruzione del tempio e con la domanda dei tre Pietro Giacomo Giovanni e Andrea: “Di’ a noi quando sarà questo, e quale sarà il segno quando tutto questo starà per compiersi”. Da qui inizia un discorso di Gesù sulla fi ne, e sulla venuta del Figlio dell’uomo. La parabola dei servi vigilanti conclude questo discorso con l’invito ‘Vegliate’. Vegliare implica un aspetto di resistenza nella prova e di lotta al male che si esprime nella capacità di attenzione: vegliare è declinazione del senso dell’attendere. E’ innanzitutto attenzione per non lasciarsi irretire da chi chiede di farsi seguire con annunci apparentemente religiosi ma in cui è dimenticato il vangelo: sono i falsi profeti (Mc 13,22). Vegliare ha al suo cuore una disponibilità a fare silenzio, ad esser protesi in una cura che implica disponibilità a lasciare spazio all’altro, che sta arrivando o che è presente e va incontrato. Sta qui il fare propria la via di Gesù: rimaner saldi nell’atteggiamento del servire, che attraversa il tempo nelle diverse fasi della vita e vincere il sonno delle chiusure impaurite, del ripiegamento senza amore. Alessandro Cortesi op

Quando il titolo di re era in-teso in senso politico, come capo delle nazioni, Gesù Cristo lo rifi u-tò. Il suo regno non era, non è di questo mondo. La sua è una sin-golare regalità e lui la rivendica durante la passione; la rivendica davanti a Pilato. Nella domenica che conclude l’anno liturgico – e già si guarda alla prima di Avven-to – Papa Benedetto si sofferma a rifl ettere sulla solennità di Cristo re dell’universo e sulla parabola del giudizio universale. Una rega-lità, quella di Cristo, che è “rivela-zione e attuazione di quella di Dio Padre, il quale governa tutte le cose con amore e giustizia”, dice Benedetto XVI. Un re, Cristo, che ha una missione: dare agli uomini la vita eterna amandoli fi no al su-premo sacrifi cio. Ma che ha anche avuto dal Padre il potere di giudi-care gli esseri umani.

Dio è al tempo stesso pastore buono e misericordioso e giudice giusto. Così il volto di Cristo, re dell’universo, è quello del giudi-ce. Ma c’è un punto critico, una zona dove il suo regno è a rischio: il cuore dell’uomo. Lo ricordava il Papa solo sabato scorso: gli uomi-ni e le donne hanno la facoltà di scegliere con chi allearsi: “Se con Cristo e con i suoi angeli, oppure con il diavolo e con i suoi adepti”. Sta all’uomo decidere, ricorda an-cora Benedetto XVI, “se praticare la giustizia o l’iniquità, se abbrac-ciare l’amore e il perdono, o la vendetta e l’odio omicida”.

Amore, giustizia, perdono. Linee guida anche in vista di quel giudizio che alla fi ne dei tempi dividerà coloro che si salveran-no da quanti saranno chiamati a scontare le proprie colpe. Perché solo l’uomo, nella sua libertà, può accettare la regalità di Dio o negarla.

Così all’Angelus Benedetto XVI rifl ette sul racconto del giu-dizio universale fatto nel Vangelo di Matteo: “Le immagini sono semplici, il linguaggio è popo-lare – afferma – ma il messaggio è estremamente importante: è la verità sul nostro destino ultimo e sul criterio con cui saremo valuta-ti. Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto e così via. Chi non conosce questa pagina?”. Pa-role che hanno segnato “la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefi che e sociali”. Se mettiamo in pratica l’amore per il nostro prossimo, afferma il Papa, allora “il regno di Dio si realizza in mezzo a noi. Se invece ciascuno pensa solo ai pro-pri interessi, il mondo non può che andare in rovina”.

Parole che ci riportano al tema

centrale dell’Angelus, e cioè che il regno di Dio “non è una questione di onori e di apparenze” ma, come scrive san Paolo, è “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo”. Nel suo regno eterno, ricorda ancora il Papa, il Signore “non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice Signore, Signore, e poi trascura i suoi comandamenti”. Dio accoglie “quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua parola”. Parole che, nello stesso tempo, si aprono ad una prospettiva più grande e che possono essere coniugate, ad esempio, con le scelte che il mondo ricco è chiamato a fare e che trove-ranno una concretizzazione nella Conferenza internazionale di Doha sul fi nanziamento allo sviluppo. È come se il Papa dicesse ai leader delle nazioni, ai grandi del mondo: dalla crisi, soprattutto dalla crisi fi nanziaria, non si esce pensando ognuno a se stesso. La strada da percorrere è quella che vede insie-me nord e sud, che chiama l’eco-nomia a ritrovare un senso etico nelle scelte fi nanziarie, e la politica a ritrovare la volontà di perseguire il bene comune e non l’interesse di pochi.

È in questa chiave che si pos-sono leggere anche le parole che pronuncia in lingua ucraina e che fanno memoria dei 75 anni della grande carestia – l’Holodomor – che negli anni 1932-1933 ha cau-sato milioni di morti in Ucraina e in altre regioni dell’allora Unione Sovietica, durante il regime comu-nista. Il quarto sabato di novembre

a Kiev, Leopoli e in tutta la nazione si ricorda ciò che per alcuni storici è il genocidio ucraino, la più grave catastrofe che si sia abbattuta sulla nazione nel corso della storia mo-derna. Causata intenzionalmente dalla politica di Stalin, con leggi e iniziative intraprese contro i con-tadini e l’agricoltura che avevano come obiettivo di distruggere la nazione ucraina intesa come enti-tà politica e sociale. Dice il Papa: “Nessun ordinamento politico possa più, in nome di una ideolo-gia, negare i diritti della persona umana e la sua libertà e dignità”.

Immane tragedia la chiama. Prega, Benedetto XVI, per le vit-time innocenti e invoca la madre di Dio “perché aiuti le Nazioni a procedere sulle vie della riconci-liazione e costruire il presente e il futuro nel rispetto reciproco e nella ricerca sincera della pace”.

Le scelte di Stalin, allora, af-famarono un popolo, causarono vittime e deportazioni. Le scelte, oggi, dell’Occidente possono sal-vare migliaia di persone, costruire un mondo più giusto e solidale, favorire lo sviluppo di popoli e na-zioni, oppure condannare nazioni, uomini e donne al sottosviluppo.

Cosa ci dice il Papa in questo Angelus domenicale? Saremo giu-dicati alla fi ne dei giorni dalle scel-te che abbiamo fatto, da quel saper coniugare insieme amore, giustizia e perdono. Che, per chi è chiamato alla responsabilità politica, signi-fi ca coniugare insieme sviluppo, solidarietà, ed equa distribuzione delle risorse.

BENEDETTO XVI

Né onori né apparenze

Q

Dio rifi uta le ipocrisiedi Fabio Zavattaro

Particolare del “Giudizio Universale” di Michelangelo

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6 n. 43 30 novembre 2008LaVitaspazio aperto

OmelieS aper comunica-

re con sintesi ed efficacia è dono di pochi.

Uno che ci riesce benissimo è il nostro ve-scovo al quale ho sentito dire: “occorre un buon inizio, incisivo. Una buona conclusione. E, tra inizio e fine pochissimo tempo”. E il vescovo Mansueto Bianchi sa farlo benissimo.

Per le messe festive mi piace talvolta fre-quentare altre chiese e così posso ascoltare vari sacerdoti e confrontare la rispondenza delle diverse comunità.

Qualche volta l’inizio è buono, attira l’atten-zione. Poi ci si perde in discorsi contorti, ripeti-zioni, ridondanze. È vera-mente difficile.

Io penso che chi non ha il dono della sintesi potrebbe scriversi il testo, limarlo ben bene per evi-tare giri di parole e ripe-tizioni, evitando anche le espressioni troppo enfa-tiche. Non farsi prendere dalla voglia di dialogare con i fedeli durante la spiegazione della parola.

Un dialogo prepara-torio, sì, potrebbe essere occasione di incontro con gruppi di fedeli in giorni precedenti la domenica. Alcuni parroci lo fanno. Certo ci vuole disponibi-lità di tempo. Gli anziani non escono volentieri dopo cena e i giovani lavorano… difficile conci-liare le varie esigenze!

E per rendere più ric-che e partecipate le cele-brazioni liturgiche serve il canto (“chi canta prega due volte” S. Agostino),

di Umberto Folena

T occa a noi. Innan-zitutto a noi. Tocca a noi fedeli laici sostenere economicamen-te i nostri pastori, cominciando dalla comunità nella quale facciamo esperienza concreta di Chiesa, partecipando ogni domenica all’eucaristia. Per arrivare a tutte le comuni-tà, grandi e piccole, vicine e lontane, ricche e povere. Tutte comunque “nostre”. Questo ci ricorda la Giornata nazionale di sensibilizzazione del 23 novembre. E questo ci ricorda – tra tante altre cose – la Lettera dei vescovi Soste-nere la Chiesa per servire tutti, dello scorso 6 ottobre. È stata scritta per ricordare i vent’anni del documento Sovvenire alle necessità della Chiesa e rilanciar-ne i valori, ecclesiali e civili, sui quali si fonda il nuovo

Il cuore grande di chi sostiene i sacerdotiloro. Tocca a noi. Ad esempio con le offerte per il clero. Per tutto il clero: i preti che fanno servizio pastorale in Italia, ma tutti, anche se provenienti da un Paese straniero. E i nostri preti fidei donum, che per alcuni anni si mettono al servizio di comunità di Paesi lontani, in missione.

Le offerte, bisogna am-metterlo, tendiamo a metterle in secondo piano. Sbagliando. Eppure, dici “sostegno econo-mico alla Chiesa” e pensi su-bito all’otto per mille. Soltanto all’otto per mille. In realtà le forme introdotte dall’Accordo di revisione del Concordato del 1984 sono due. Ci sono anche le offerte deducibili per il clero. L’otto per mille è sicu-ramente più noto. Ma è anche più “facile”: non costa nulla alle nostre tasche. Invece l’of-ferta comporta un sacrificio,

piccolo o grande. Soprattutto è il segno tangibile di un più profondo senso di apparte-nenza ecclesiale. Di una fede matura. L’offerta è infatti per tutto, assolutamente tutto il clero. Per il nostro parroco, che a fine mese riceve un’integra-zione dall’Istituto centrale per il clero, senza mai un ritardo o un disguido; per tutti i preti italiani “in cura d’anime”, che si trovino alle prese con una grande parrocchia metropoli-tana o con cinque o sei minu-scole parrocchie sull’Appenni-no più remoto, su un’isola, in una periferia degradata. Chi fa un’offerta dimostra di avere un cuore tanto grande da riuscire a pensare a tutti. L’offerta per il clero, tutto il clero, in un certo senso misura il “tasso di appartenenza ecclesiale”, la n ostra reale generosità, il nostro vero altruismo.

Riceviamo e Pubblichiamoma anche per il canto an-drebbe aperto un nuovo capitolo. Le nenie sospi-rose copiate da alcuni gruppi vanno bene all’in-terno degli stessi. Chitarre e tamburelli sono adatte alle messe dei giovani. Educare i fedeli a cantare in sintonia è importante quanto migliorare le ome-lie. Questo il mio modesto contributo.

Rossana Nerozzi

Il silenzio dei cattoliciin politica

D esidero esse-re subito molto franco: ritengo fondamentale ri-chiamare l’attenzione su un aspetto quantomeno inquietante della politica odierna; la netta tenden-za a nascondersi dei cat-tolici. Noto con grande preoccupazione che, sia a destra che a sinistra, si tende a passare un unico messaggio: portate il vo-stro voto ma state zitti.

Da destra infatti, appoggiando le impro-babili teorie sociali filo razziste (penso al nord con il voto leghista e quanto ha pesato il voto cattolico e quanto di con-seguenza ha spinto alla vera vittoria del centro destra nel nostro paese). Ritengo queste inam-missibili e inconcilianti con la nostra fede che senza dubbio non è solo contemplativa. Qualsiasi

politica che tenda verso la discriminazione calpe-stando il concetto di fra-tellanza, non può essere condivisa da un cattolico vero, non nascondiamo-ci. Inutile che mi soffermi sulla evidente critica nei riguardi delle linee mio-pi del governo in campo sociale. A sinistra le cose non vanno certamente meglio: si accoglie l’elet-torato cattolico per la visione della politica so-ciale (non sempre tutta), ma gli si chiede di non esprimersi totalmente per non offendere troppo i laicisti (un po’ modaio-li); penso al caso Binetti dove per onor del vero l’onorevole si riferiva ad un improbabile ingresso in seminario a chi ha ra-dicate tendenze omoses-suali, escludendoli, solo in questo caso (ma ci sa-rebbero molti altri esem-pi, il rispetto della vita per esempio). Credo che si faccia della confusione: l’impegno del cattolico nella politica non può essere e non deve essere “limitato” o a “porzio-ni”; penso ai grandi del pensiero cattolico, quali La Pira, Moro, Bachelet, citandone solo alcuni. Ri-tengo quindi necessaria una spinta forte da parte di noi cattolici a ripensa-re serenamente il nostro modo partecipativo nelle forme politiche e soprat-tutto a non nasconderci, che significa caricarsi la responsabilità, cer-tamente non facile, di esprimere le nostre idee. Credo che questa cosa

debba partire anche da Pistoia dove senz’altro si avvertono le stesse pro-blematiche.

Cordiali salutiMassimo Alby

Aiuti alle famiglie

T utti i gover-ni che si alternano alla guida del paese, sia di centro sinistra che di cen-tro destra, promettono iniziative significative socio-economiche per la famiglia, per poi disat-tendere sistematicamente dette promesse. Vedia-mo allora quali sono i provvedimenti prioritari per i nuclei familiari: part-time d’ingresso per i giovani per 24 mesi come formazione lavoro, così come per le donne sposate o meno (facolta-tivo); congedi parentali sia per il padre o per la madre in modo alternato per l’accudimento della prole fino a tre anni, o per l’assistenza ai genitori an-ziani e malati (anche con opportuni fondi per non autosufficienti a livello regionale); ammortizzato-ri sociali per i disoccupati ordinari e di lunga dura-ta, e a chi cerca il lavoro perduto: da un minimo di 500 euro ad un mas-simo di 800 euro se capi famiglia, con l’obbligo di riqualificazione profes-sionale e reinserimento guidato nel mondo del la-voro (modello contee in-

glesi); detassazione “spo-liting” modello tedesco, o spitling (alla francese), per la divisione del red-dito familiare per i com-ponenti a carico: figli, moglie soprattutto per le famiglie monoreddito, secondo fasce di reddito da stabilire; detassazione canone d’affitto almeno al 30% per gli inquilini, come avviene per gli af-fitti per giovani studenti universitari (19%) e le deduzioni fiscali totali per le badanti e relativo piano casa di edilizia po-polare; deduzioni fiscali sulle tariffe per le bollette gas, acqua, gasolio per la casa, sempre per famiglie monoreddito, per anziani soli, malati, e famiglie numerose con redditi non sufficienti rispetto al costo della vita; aumento fondo integrazione dei comuni per anziani soli non autosufficienti per reddito e salute, famiglie monoreddito a basso red-dito, con relativo fondo regionale; per abbattere oneri canone d’affitto e povertà diffusa; calcolare la contingenza non al 7% del tasso inflattivo vedi rapporto attuale dell’1,7% effettivo ri-spetto al tasso del costo della vita oggi al 4,2% ma almeno allo 0% sullo spread fra i due tassi, e calcolarlo ogni 6 mesi in due trance soprattutto sulle pensioni medio bas-se; fare la classifica sugli aumenti speculativi dei prodotti energetici e ali-mentari e tariffe pubbli-che; proporre ed eseguire un fondo di garanzia per

gli affitti per rimediare alla solvibilità o morosità degli inquilini, estrapo-landola dagli anticipi d’affitto con assicurazio-ni o fideiussioni bancarie e assicurative. Per coprire queste necessità sono da recepire risorse economi-che da: attuazione della robin tax con l’aumento fiscale sui capital-gain con un aumento di punto percentuale sugli scaglio-ni di reddito con esclu-sione del tetto di 150.000 di titoli posseduti, men-tre sulle plusvalenze azionarie e le liquidazio-ni di fine rapporto ai ma-nager pubblici e privati passare dalle aliquote attuali del 12,50% al 19-20%; aumenti fiscali sulle compravendite di immo-bili e terreni edificabili anche di pochi punti e maggiori sui contratti di compravendita sugli atleti, politici, manager di vario genere e sui loro stipendi miliardari, auto e gioielli super lusso. Tut-te queste risorse e introiti fiscali dovrebbero anda-re a Regioni e Comuni anche per indennizzare dell’abolizione dell’Ici per i possessori di prima casa, che ha diminuito le entrate a loro destinate per 3 miliardi di euro. Tutto questo coniugando equità e solidarietà per arrivare a un minimo di eguaglianza sociale. L’economia è stagnante perché il mercato interno con il potere d’acquisto dell’euro è diminuito del 40%; perciò o viene riatti-vata la domanda interna (consumi) o altrimenti si vive nel vuoto della recessione e povertà da sottosviluppo.

Mauro Manetti

sistema di sostegno economi-co. Dopo secoli si ritorna alle

origini affermando: innanzi-tutto tocca ai fedeli sostenere i

propri pastori. Lo Stato li può agevolare, ma non sostituirsi a

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PistoiaSetteN. 43 30 NOVEMBRE 2008

Andrea Masullo, di Greenaccord, a Pistoia lunedì 1 dicembre

La terra è casa tua

In Cattedrale

Vespro d’organo con Konishi e Barzagli

K umiko Konishi (organo Tronci, 1793) e Bernardo Barzagli (violino), sono gli interpreti del Vespro d’organo in programma domenica 7 dicembre (ore 17) in Cattedrale. L’iniziativa rientra nel nutrito programma dei Vespri d’organo promosso dall’Accademia «Gherardeschi», in collaborazione con il Capitolo della Cattedrale e di alcune parrocchie cittadine. Konishi si è avvicinata alla musica italiana nei corsi di Shirakawa (docenti Yuko Hayashi e Umberto Pineschi). È organista titolare della chiesa di S. Filippo e secondo assistente organista della basilica Cattedrale di Pistoia. Barzagli ha iniziato gli studi con Carlo Chiarappa e si è diplomato al conservatorio di Firenze con Paolo Crispo. Ha iniziato lo studio del violino barocco e del repertorio antico con Enrico Gatti. Attualmente svolge attività concertistica e di registrazione discografi ca in Italia e all’estero, suonando anche alcuni strumenti medioevali.

A ndrea Masullo, ingegnere e ambientalista che molti a Pistoia ri-cordano ancora per le sue lezioni alla Settimana Teologica 2007 dedicata alle frontiere dell’ambiente, torna a Pistoia lunedì 1 dicembre. E vi torna come autore di un piccolo volume (“La Ter-ra è casa tua”) tanto semplice quanto prezioso per fornire “consigli pratici” in modo da intraprendere la strada di un altro vivere: quello “sostenibile”.

Invitato dalla diocesi di Pistoia, Masullo racconterà come e perché ha voluto tradurre la sua esperienza di scienziato e docente universitario nello stendere questo manuale (12 euro per 122 pagine, edito da “Ancora Libri” con prefazione di mons. Paolo Tarchi direttore dell’Uffi cio nazionale Cei per i Problemi Sociali e il Lavoro).

L’appuntamento è per le ore 21 di lunedì 1 dicembre 2009 nell’aula ma-gna del Seminario di Pistoia. Introdot-

Ore 21 nell’aula magna del Seminariodi via Puccini

di Mauro Banchini

to dal capo servizio della cronaca pi-stoiese de “La Nazione”, Piero Cecca-telli, il relatore farà entrare nei piccoli segreti – possibili a chiunque abbia un minimo di buona volontà – per abitare la propria vita in modo sostenibile. Alla serata interviene mons. Mansue-to Bianchi, vescovo di Pistoia, che con il Programma Pastorale 2008-2010 ha chiesto all’intera diocesi di camminare anche sulla strada di una “relazione diversa” con il mondo che ci circonda, compresi anche gli aspetti ecologici. Consulente scientifi co di Greenaccord (l’associazione che anche il prossimo

anno terrà a Pistoia il forum nazionale dei giornalisti cattolici sulla salva-guardia del Creato), Masullo racconta come si può risparmiare, e vivere comunque felici senza diventare servi del consumismo, in diversi settori: energia, acqua, cibo, rifi uti, abitazioni, spesa quotidiana, trasporti, vacanze. La serata è a ingresso libero.

Pastorale Giovanile

Nuova edizionede “Il Pensatoio”

E’ pronta la nuova edizione de “Il Pensatoio”, raccolta di pro-getti educativi offerti ai giovani dalle realtà associative della no-stra diocesi.

Dal 2006 questa iniziativa è cresciuta e si è consolidata, ha superato positivamente la fase di sperimentazione, ha ricevuto apprezzamento e consenso da parte di tanti operatori pastorali ed insegnanti, ha avuto ricono-scimenti a livello regionale

e nazionale.Vengono consegnati ai ragazzi

e alle ragazze della nostra diocesi numerose e signifi cative oppor-tunità di incontro e di confronto, occasioni per rifl ettere e per im-pegnarsi, per leggere la propria vita alla luce del messaggio cristiano. Vogliamo così pro-vare ad essere per loro buoni compagni di viaggio. I giovani sono la passione della Chiesa, che continua a guardare a loro “con occhi di sconfi nata

simpatia” (Paolo VI)Da quest’anno il pensatoio amplia l’offerta formativa e si ar-

ricchisce di proposte concrete “per fare insieme”, itinerari, labo-ratori, per costruire qualcosa in prima persona: è quello che noi confi denzialmente chiamiamo Il Pensatoio “arancione” che integra e completa quello “verde” già sperimentato in questi anni. Siamo molto fi duciosi e ci impegneremo con tutte le forze perché questa ulteriore proposta faccia moltiplicare i risultati fi n qui raggiunti.

Esprimiamo il ringraziamento più sentito a tutti coloro che hanno dato con generosità, coraggio, competenza il loro contributo per la realizzazione e il successo di questa iniziativa.

L’equipe per il Pensatoio è formata da: Padre Alessandro Pretini, Massimo Guerrieri, Graziana Malesci, Silvia Fiacconi, Beatrice Iaco-pini, Alessandro Bonacchi, Margherita Magni, Giovanna Guerrieri, Mariella Ciottoli, Alessio Landini, Francesco Salvadori.

nuova edizione de “Il Pensatoio”, raccolta di pro-getti educativi offerti ai giovani

associative della no-

è consolidata, ha

superato positivamente la fase

e nazionale

L’ appuntamento è per dome-nica 25 gennaio 2009 nella chiesa di San Paolo a Pistoia. Alle ore 18 si ritroveran-no, con il vescovo, tutti gli animatori dei gruppi di ascolto che, nel frattempo, saranno stati individuati da tutte le parrocchie della diocesi: e per loro, per questa nuova fi gura di operatori pa-storali, inizierà un cammino formativo che, con un incontro al mese, consentirà nel successivo ottobre l’avvio di una esperienza centrale nel Programma Pastorale Diocesano lanciato da mons. Mansueto Bianchi.

A spiegare il signifi cato di questo percorso formativo è, dopo le ultime assemblee dei presbiteri, il direttore dell’Uffi cio catechistico della diocesi. Don Cristiano D’Angelo ha infatti inviato una lettera a parroci e diaconi con il calendario degli incontri succes-sivi al primo (due a febbraio, lunedì 9 e lunedì 23, e uno – sempre di lunedì - per ciascuno dei mesi successivi fi no a giugno: 16 marzo, 20 aprile, 11 maggio, 8 giugno).

Ma l’obiettivo della lettera è soprat-tutto ricordare l’importanza assegnata a un aspetto così centrale per l’attuazione del Programma Pastorale in diocesi. Il lancio concreto dei gruppi di ascolto è stato infatti rinviato all’anno pastorale 2009-2010 stabilendo però di utilizzare i prossimi mesi per una vera e propria “campagna formativa”.

Si tratta dunque di individuare sia le famiglie che in ciascuna parrocchia siano disponibili per accogliere i gruppi di ascolto sia gli animatori dei gruppi stessi. Alle famiglie – scrive don Cristia-no – “è chiesto il compito dell’ospitalità e, per quanto possibile, la promozione e diffusione dell’iniziativa presso le persone del paese o del quartiere”. Gli animatori sono, invece, le persone che concretamente dovranno guidare gli incontri. Si tratta dunque di individuare non certo “docenti di teologia o esperti di esegesi scientifi ca di un brano biblico né gli animatori devono fare omelie o esortazioni morali”.

Sono necessarie “persone sagge, di fede autentica, capaci di cordialità e misericordia, con senso missionario, con appartenenza e sensibilità ecclesiale sincere, in grado di guidare l’ascolto e lo scambio all’interno del gruppo, riconducendo sempre la discussione alla Parola di Dio”.

In queste settimane i sacerdoti sono dunque chiamati a scegliere gli anima-tori sapendo bene – come sottolinea don Cristiano – che “non esistono animatori perfetti ma esistono persone sincere che cercano di vivere la propria fede in spirito di servizio”.

Ogni parroco è quindi chiamato, entro gennaio, non solo a comunicare i dati degli animatori scelti ma anche a individuare le famiglie per l’accoglien-

za. Le parrocchie dove già esistono animatori possono utilizzare un primo sussidio (“Paolo testimone del Signore Risorto”) che contiene dieci schede su altrettanti brani di San Paolo. “Una tra-versata veloce ma signifi cativa – scrive il vescovo Bianchi – in quel grande mare che è il pensiero e l’esperienza di fede dell’Apostolo. Un primo sostegno per la fatica e l’amore di quei piccoli gruppi di laici che, riunendosi tra le mura domestiche, cercheranno di intrecciare la Parola e la vita di ogni giorno”. Con l’Avvento 2009 sarà usato il Vangelo di Marco e verranno prodotti specifi ci sussidi formativi.

Gruppi di ascolto della Parola di Dio

Parte il camminodi formazione

promosso dall’Accademia «Gherardeschi», in collaborazione con il Capitolo della

italiana nei corsi di Shirakawa (docenti Yuko Hayashi e Umberto Pineschi). È

I parroci chiamati a scegliere animatori e

famigliedi Mauro Banchini

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8 n. 43 30 novembre 2008LaVitachiesa pistoiese

Monastero delle Benedettine

Alcuni appuntamentiDomenica 30 novembre, I Domenica d’Avvento, alle 19, Santa Messa per la comunità Italo-argentina in Toscana. Canti e testi della Liturgia Argentina. Celebra il Rettore della Chiesa Nazionale Argentina a Roma. Dopo la Messa, cena argentina nel parlatorio di via Verdi 23, canti del folklore argentino e “villancicos”. Alla chitarra Maria Martha Cuneo, suora redentorista argentina. Ogni pomeriggio d’Avvento, in via Verdi 23, mostra di parati delle quattro settimane. Orario 15-17.

Convento San Domenico

Verso Natale Mercoledì 3 dicembre ore 21.10: Incontro di presentazione del vangelo di Marco - anno Bogni giovedì di avvento: 4 dicembre; 11 dicembre; 18 dicembre ore 18.30 in Capitolo: S. Messa con omelia di fr. Alessandro Cortesi in preparazione al NataleMercoledì 17 dicembre: ore 19: Serata di convento; ore 21: incontro con Sandro Rotili monaco di Camaldoli “Il Natale: un evento che ci destabilizza”Domenica 21 dicembre - Incontro di Koinoniaore 9.30: S. Messa; ore 11 e 15.30: Incontro con suor Cristina Carac-ciolo; ore 19: S. Messa a san Domenico con la partecipazione del coro Agesci - Pistoia

L a giornata nazionale delle migrazioni che avrà per tema “San Paolo migrante, Apo-stolo delle genti” sarà celebrata domenica 18 gennaio 2009 ed è stata preparata dalla Fondazione Migrantes della conferenza epi-scopale toscana, presieduta da sua ecc.za monsignor Rodolfo Cetoloni, vescovo di Montepul-ciano, Chiusi Pienza. Le diocesi della regione Toscana sono chia-mate ad incontrarsi con i diret-tori della fondazione Migrantes

Fondazione Migrantes Caritas e Missioni

Incontro con la chiesa di Pistoianazionale per approfondire le tematiche da essa conosciute e affrontate con competenza e spirito cristiano: l’incontro per la diocesi di Pistoia si è svolto il 25 novembre. Questi i compo-nenti la Fondazione Migrantes nazionale della chiesa italiana. Monsignor Piergiorgio Saviola, direttore generale; don Michele Morando, direttore per la pasto-rale degli emigrati italiani; padre Gianromano Gnesotto, direttore per gli immigrati esteri in Italia;

don Federico Schiavon, diret-tore per la pastorale dei Rom e dei Sinti; don Luciano Cantini direttore per la pastorale dei fi eranti e circensi; don Giacomo Martino direttore della pastorale dei marittimi e aeroportuali; don Angelo Chiasserini, direttore Migrantes Toscana. Il tema è di grande attualità perché riguarda la civile convivenza tra perso-ne di diverse nazionalità ed è stimolante per la nostra Chiesa dove secondo le parole di San

Paolo tutti siamo non stranieri , ma concittadini dei santi e fami-liari di Dio. La carità di Cristo ci spinge,come cristiani, alla solida-rietà e alla ricerca di attuazione del suo Vangelo nelle nostre comunità parrocchiali. Cristo si è fatto servo dell’umanità per abbattere ogni muro di separa-zione annunciando il Vangelo della carità ed ha voluto che la sua Chiesa fosse il segno visibile di questa stupenda unità.

don Paolo Palazzi

8 DICEMBRE IN CATTEDRALE

Diaconato per Ciprian e fratel Alessio MariaLunedì 8 dicembre in Cattedrale, saran-no ordinati diaconi don Ciprian Farcas e fratel Alessio Maria Tavanti che ci hanno

raccontato il loro percorsoa cura di Daniela Raspollini

L’ 8 dicembre alle 17,30 in Cattedrale ven-gono ordinati diaconi, per l’imposizione delle mani da monsignor Mansueto Bianchi, i seminaristi Ci-prian Farcas e fratel Ales-sio Maria Tavanti, di cui pubblichiamo di seguito le testimonianze.

LA TESTIMONIANZADI CIPRIAN

Sono Ciprian Farcas e sono nato 26 anni fa; sono originario della Romania e precisamente della diocesi di Iasi dove, fi no al 2004, ho vissuto la mia vo-cazione iniziata nel seminario minore per poi passare a quello maggiore. Quella che sto per dirvi è la storia comune di un comune giovane che non ha niente di diverso dagli altri, se non per un particolare: sto per diventare diacono. Lo so, per qualcuno la mia scelta è un po’ strana, per altri è meravigliosa; una scelta diversa rispetto a quella di tanti miei coetanei. Sono in Italia da quattro anni e ho studiato alla facoltà teologica dell’Italia centrale di Firenze; a giugno ho fi nito gli studi teologi-ci terminando il percorso dei cin-que anni, e riceverò il diaconato nella solennità dell’Immacolata Concezione, e poi il presbiterato. Sarò sacerdote a una distanza di 2000 km. dai miei familiari, dai miei amici.

Il cammino verso il presbi-terato l’ho cominciato undici anni fa. Tutto è nato da un appello: “Vieni e seguimi!”, è lo stesso appello che il Signore Gesù rivolge ai suoi discepoli per mostrare loro la bellezza dello stare con lui. Un appel-lo che, seppure non del tutto chiaro fin dall’inizio, tuttavia diventa “martellante” di giorno in giorno: “Vieni e seguimi”! Ma dove Signore? Cosa vuoi da me? E poi... proprio da me? E la risposta: “Vieni e seguimi”! Così è cominciata la mia “av-ventura” entrando in seminario minore e poi passando a quello maggiore.

Dopo undici anni di for-mazione di base nel seminario

minore e maggiore, anni in cui ne ho passate di tutti i colori; anni di grazia, di purificazione, di chiarifi cazione delle mie motiva-zioni e dei miei ideali, posso dire con certezza, e con gioia che Dio mi ha accompagnato sempre. Questi undici anni di cammino sono stati per me, un tempo di formazione umana, spirituale, un tempo di discernimento, il tempo dell’accorgersi dello sguardo d’amore che Gesù ha fi ssato su di me. In questo tempo di preparazione al sacerdozio ho imparato ad avere a cuore ogni singolo aspetto della pastorale, dalla famiglia, ai giovani, agli anziani, ai malati.

Dopo una lunga strada, ec-comi alle porte della mia ordina-zione diaconale. Essere diacono significa per me lasciare tanti idoli e mettermi il grembiule come Gesù. Servire signifi ca per me darmi il tempo per rimanere con i più bisognosi. Il mio sogno è vivere con loro, per camminare spalla a spalla nel vero senso della parola.

Anche se sono sicuro di

banalizzare la bellezza del mio cammino in una descrizione sommaria e generica, tuttavia, sento il bisogno di affermare con convinzione di aver rice-vuto sempre una premurosa misericordia da parte di un Dio Padre, anzi... di un Dio papà! Quanto sostegno, quanta pre-senza, quanta pazienza verso di me! Un Dio buono, dunque, che ha creduto in me, che crede in me, nonostante le mie infedeltà e le mie incoerenze. Egli crede in me!

Ringrazio Dio per il dono della vita e della mia vocazione. Un grazie di cuore a monsignor Mansueto Bianchi, ai miei for-matori don Cesare Tognelli e don Stefano Manetti che hanno sapu-to essere padre, fratello, amico, in questi anni di formazione. Ringrazio tutti i seminaristi della nostra diocesi (Maurizio, Marius, Alessio e Alessandro) e i seminaristi di Firenze, Volterra, San Miniato, che mi sono stati compagni di “viaggio”: abbiamo vissuto insieme l’esperienza della sequela del Signore come

fratelli.Altissimo e Buon Signore,

tu mi chiami ora a credere in Te con più forza e consapevolezza. Mi vuoi tuo sacerdote per sem-pre. L’8 dicembre, pertanto, mi farai dono un ministero che mi supera... ma tu.... credi in me. Ti ringrazio e ti benedico fi n d’ora, ti lodo e ti invoco, o Altissimo. Ogni mia parola, ogni mio gesto, ogni mio pensiero sia rivolto a te, perché questa avventura che undici anni fa ebbe il suo inizio possa proseguire nella gioia e nella fede sempre più matura ed io possa continuare ad affermare “Tu sei con me Signore; il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza! Donami, allora, la capacità di una vita ministeriale santa, al servizio tuo e del tuo Regno, ora e per sempre! Dirò Si, per sempre, perché tu mi vuoi tale, o Signore: sacerdote per sempre! Un sacerdote con la ferma con-sapevolezza che “l’avventura di un sogno è divenuta realtà ed una realtà da vivere”.

LA TESTIMONIANZADI FRATELALESSIO MARIA

F ratel Alessio Maria, qual è stato il tuo percorso di formazione?

Il mio percorso di forma-zione alla Vita Consacrata e sacerdotale è iniziato nel 2001 nella Fraternità Apostolica di Gerusalemme. Scoprire la bel-lezza della vita spirituale, della vita fraterna della preghiera e della teologia, è stato per me un avventura in un mondo nuovo, quello dell’incontro quotidiano con il Cristo nella Chiesa. Come tutte le fraternità religiose, ho fatto un anno di postulato e due di noviziato emettendo poi i voti temporanei nella città del Sacro Cuore a Paray le monial. Dopo i voti ho iniziato gli studi di teologia alla facoltà teologica dell’Italia centrale a Firenze, dove ancora oggi frequento l’ultimo anno del quinquennio teologico. Durante gli studi, poi, la mia comunità prevede dei servizi pastorali in prepara-

zione al ministero ordinato. Mi sono occupato della pastorale giovanile; è ormai tre anni che “lavoro” in questo settore, e solo da pochi mesi, ho incominciato a occuparmi di un gruppo di adulti con il quale faccio la lectio divina. Ho emesso da poco i voti perpetui, il 6 di settembre, nelle mani del priore generale e alla presenza del vescovo di Pistoia promettendo obbe-dienza a lui per quanto ri-guarda il servizio pastorale. Adesso, mi sto preparando a ricevere l’8 Dicembre il primo grado dell’ordine, il Diaconato, in attesa dell’ordinazione pre-sbiteriale.

Cosa signifi ca Voti perpe-tui? Cosa vuol dire appartenere ad una Fraternità Apostolica di Gerusalemme?

Fare Voto significa pro-mettere, perpetuo in modo definitivo. Quindi fare i voti perpetui signifi ca consegnarsi a Dio per sempre, promettendo d’impegnarsi a vivere come è vissuto suo Figlio, nella povertà, castità, obbedienza. Come dice Giovanni Paolo II nella esorta-zione apostolica Vita Consacrata: “ i voti (o consigli evangelici) sono dunque prima di tutto un dono della Santissima Trinità”. Con timore e tremore, per usare il linguaggio paolino, riconosco che è stato Dio nel suo immenso amore a farmi dono di poterli promettere per sempre, di voler vivere i consigli evangelici. Appartenere ad una Fraternità Apostolica di Gerusalemme significa per me, avere una regola di vita comunitaria, che mi permette di vivere radical-mente il Vangelo, e allo stesso tempo appartenere alla diocesi,

lavorare per la “ mia” Chiesa, quella che mi ha dato la vita, Pistoia.

Stai per diventare diacono, cosa vuol dire per te?

Rispondo prendendo le parole con le quali mi sono presentato al vescovo come candidato al ministero diacona-le: per servire meglio la chiesa di Pistoia, domando a lei, di poter accedere per l’imposizione delle sue mani al sacramento per esercitare meglio la carità, quello del diaconato.

In verità, ho scelto di vivere da religioso proprio per il senso di carità che nelle case religiose si vive o meglio si dovrebbe vivere, però per il servizio pa-storale è opportuno accedere all’ordine, per annunciare la Parola, spiegarla, servirla nei malati. Oggi, che si avvicina il giorno dell’ordinazione mi ren-do conto quanto grande sarà la responsabilità, ma dall’altra mi consolo leggendo le parole che il vescovo pronuncia al momento dell’ordinazione: quello che Dio ha iniziato in te, lo porti a compimento. Confido nella vostra preghiera.

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930 novembre 2008 n. 43LaVita chiesa pistoieseLe Piastre

Una comunitàlegata alle tradizioniUna presenza attiva dei catechisti al servi-

zio della chiesa. Ne parliamo con laresponsabile dei catechisti, Luciana Ferrari

L a parrocchia delle Piastre si trova nel vicariato del Reno montagna; conta 400 abitanti, ha un ministro straordinario dell’eu-carestia.

Luciana Ferrari, catechista impegnata nel coordinare le attività in parrocchia, afferma: “Era da cinque anni che il paese stava vivendo un periodo difficile senza la presenza continua di un pastore. Il gruppo parrocchiale si è stretto alla parrocchia consolidando quegli incontri dedicati ai ragazzi del dopo cresima; è una piccola comunità atipica che si riempie d’estate, e d’inverno si torna alla quiete; è una piccola zona. I bambini che si preparano alla cresima sono 4, e 5 per la comunione, pertanto abbiamo pensato di concentrare nel giorno della domenica la partecipazione al catechismo coinvolgendo i geni-tori alla partecipazione all’eucarestia. “In questo periodo di avvento questa piccola chiesa si sta preparando al Natale:”E’ un evento che coinvolge tutta la comunità: vi è la preparazione dei presepi che vengono collocati lungo le vie del paese, all’ interno delle case, nelle borgate, a ricordare simbolicamente che Gesù lo si può trovare ad ogni angolo della nostra vita, nel povero, nella casalinga, nel vecchio, nel malato, nell’ultimo”.

La preparazione al Natale consiste anche nell’impegnare i ragazzi e sensibilizzarli all’amore per il prossimo, con la raccolta di materiali per la Caritas e la consegna di alimenti alle famiglie in difficoltà.

“Ci auguriamo -conclude Luciana- che la testimonianza dei gio-vani possa essere messaggio di speranza per tutte le persone deluse e scoraggiate, vorremmo testimoniare la gioia di avere il Signore tra noi che ci esorta a non scoraggiarsi e ad essere testimoni di luce”.

Infine Luciana vuole ribadire l’importanza del ruolo del catechi-sta nella chiesa per creare nuove strategie, occasioni per mantenere viva la presenza dei giovani: “nella nostra chiesa si è pensato di creare un luogo nella sala della canonica coinvolgendo la domenica i ragazzi del dopocresima affinché rimanessero legati alla parrocchia. E’ un’arma da sfruttare”, perché i ragazzi vivono un momento di condivisione”.

Daniela Raspollini

G iovedì 23 ottobre alle 18 sono uscita di casa con una borsa da viaggio contenente il necessario per stare fuori tre giorni. Contrariamente a quello che faccio di solito, avevo messo nella borsa lo stretto necessario, l’essenziale per dormire fuori tre notti. Avevo lasciato la mia “fe-dele” agenda piena di impegni e numeri di telefono sul mio cas-settone, sicura che mi avrebbe atteso con trepidante nostalgia. Dopo aver salutato, con un po’ di dispiacere, marito e figlia, ho imboccato a piedi la strada che mi portava al pullman dove mi attendevano i miei compagni di viaggio.

Sono salita su quel pullman, ho staccato la spina con il resto del mondo, ed ho trascorso i tre giorni più intensi della mia esi-stenza (almeno fino ad oggi).

Ma procediamo per gradi. Dopo circa 40 minuti siamo arrivati a destinazione: un luogo tranquillo, sereno, che da subito infondeva sicurezza, era la Casa delle Suore “Elena Guerra” a Pescia. Che cosa mi aspettavo? Cosa stavo cercando? Perché avevo deciso spontaneamente di affrontare questa esperien-za? La verità è che non avevo aspettative, né troppe curiosità su cosa avrei trovato, ma solo una grande voglia di “ascoltar-mi”, di “guardarmi dentro”, di confrontarmi con me stesso e con gli altri. Devo ammettere che avevo anche voglia di pregare o di imparare a farlo, forse in quei tre giorni ne avrei avuto il tempo. Così ha avuto inizio il mio “piccolo corso”.

Dal primo momento ho sentito che qualcuno mi stava energicamente prendendo per mano per guidarmi in questo “viaggio” affascinante.

Una signora (che in seguito

L a FISM provinciale di Pistoia ha predisposto, per il corrente anno scolastico, un piano di aggiornamento e formazione in servizio per le insegnanti delle scuole del-l’infanzia paritarie, partendo dall’analisi dei bisogni segnalati dalle insegnanti stesse, con la ferma convinzione che la prin-cipale risorsa per la scuola è costituita dalla professionalità delle insegnanti: dal loro modo di relazionare con i bambini e con le loro famiglie, dalle idee e dagli stimoli che sanno suscitare nel loro rapporto educativo.

Il piano di aggiornamento è iniziato con il convegno re-gionale del 25 ottobre scorso, attuato con la collaborazione dell’Agenzia di Formazione - La Scuola -, a cui hanno parte-cipato, oltre alle insegnanti delle

si è presentata come la rettrice del corso), con fare molto deciso e autorevole, ci ha gentilmente fornito le prime informazioni per lo svolgimento di quei tre giorni. Durante la cena abbiamo fatto conoscenza con le altre partecipanti: tutte donne di età e provenienza diversa, con le quali dopo poche ore, siamo riuscite a stringere una forte complicità. Il clima era sereno e allegro. I due sacerdoti che presenziavano (don Mauro Gatti e don Gio-vanni da Prato) erano cordiali e molto disponibili. Dopo la preghiera della sera ci è stato chiesto di osservare il silenzio fino al giorno successivo, per “vedere” dentro di noi il film della nostra vita: dall’infanzia all’adolescenza, dalla gioventù all’età più matura, fino al mo-mento presente.

Il primo giorno di vero lavo-ro inizia il mattino successivo, al suono di una buffa campana, suonata con molta decisone, da un’affabile signora che mi ricordava la mia maestra delle scuole elementari. La preghiera del mattino, la colazione, e il lavoro di gruppo sono momenti molto intensi, soprattutto per i vari argomenti trattati.

La lettura della Parola, unita alla meditazione e all’osserva-zione di fatti della nostra vita

quotidiana, si stava rivelando una fonte piena di energia che mi procurava una grande voglia di “saperne di più”, di comprende-re e di conoscere.

Mi stavano facendo scoprire piano piano l’essenza di questo mio viaggio: il desiderio di una vita migliore. Dopo il primo giorno ero sicura che nei giorni successivi avrei scoperto come raggiungere l’obiettivo.

Man mano che le ore pas-savano capivo che tutto ciò che viene fatto in questo “piccolo corso” è appositamente studiato, organizzato e messo in pratica con grande competenza, intui-to, intelligenza e impegno, ma soprattutto con tanto amore da coloro che avevano già ricevuto questo grande dono; e se il dono è condiviso raggiunge il suo vero scopo. Eravamo tutti nella stessa “barca”, alla ricerca di un mare calmo, illuminato dalla rassicu-rante luce del sole.

Così, attraverso le parole dei sacerdoti, ho scoperto e sen-tito il significato di parole come: Spirito Santo, Cristo, Gesù, Signore, Dio, Amore.... Quante volte avevo sentito il mio sacer-dote don Mauro pronunciare quelle belle parole, quelle stesse frasi (ho sempre pensato che fosse un grande parroco-poeta e predicatore, con buone capa-

Movimento dei Cursillos di cristianità

Un piccolo corso che ti cambia la vita

Anno scolastico 2008-2009

Aggiornamento e formazione in servizioper le insegnanti delle scuole materne paritarie

scuole della provincia di Pistoia, anche numerose insegnanti delle province della Toscana. Il tema è stato “Dipingere la gioia ed i colori dei sentimenti e delle emozioni”. Ne è stato relatore il dott. Gianni Franceschini, esperto attore di opere teatrali per bambini, ragazzi e giovani. Il relatore ha articolato il lavoro sia attraverso una relazione fronta-le-stimolo in cui ha evidenziato la correlazione tra narrazione ed immagini e fra narrazione ed icona rappresentativa ed ha messo in luce il ruolo dell’in-tonazione della voce e della ge-stualità, l’importanza di lasciare spazi liberi all’immaginazione dei bambini. Successivamente il lavoro è proseguito con la for-mazione di gruppi di insegnanti che hanno prodotto un elaborato narrativo-teatrale condiviso

per poi socializzarlo a vicenda. L’aggiornamento proseguirà con l’incontro del 21 febbraio 2009, sempre in collaborazione con l’Agenzia di Formazione - La Scuola -, in cui l’attore Oreste Castagna tratterà il tema “Raccontare storie ai bambini tra carta, parole e fantasia” per esprimere il passaggio, con sa-piente abilità, dalla narrazione orale all’animazione di una fiaba classica o di una storia elaborata insieme. Gli obiettivi saranno quelli di poter scoprire ed ela-borare tecniche di narrazione; approfondire le competenze comunicative; migliorare la capacità di creare una relazione empatica coi bambini; acquisire competenze per la pianificazio-ne della narrazione. Nel mese di Marzo 2009, rispettivamente il 7 ed il 28 ed il 18 aprile, la

dottoressa Luciana Ventriglia, insegnante pedagogista clinico, svilupperà dei percorsi di edu-cazione linguistica attraverso lezioni teoriche e suggerimenti operativi. Gli obiettivi saranno quelli di: individuare e verifi-care gli aspetti dello sviluppo linguistico nei bambini in fascia di età 3-6 anni, anche in pro-spettiva di continuità fra gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia e quelli della scuola primaria; conoscere le diverse fasi evolutive del processo di concettualizzazione della lingua scritta, attraverso riferimenti teorici e didattici; attivare per-corsi didattici per favorire lo sviluppo di abilità metafonolo-giche e facilitare l’acquisizione delle abilità iniziali di lettura e scrittura.

Giuliana Orlandini

cità di interpretazione). Avevo ascoltato e ammirato il suono di quelle parole, ma senza capirne la sostanza. Questo è per me uno dei miracoli di questo “piccolo corso”. Mi sono accorta che fino ad oggi avevo ascoltato e letto il Vangelo, trascinato dall’abitudi-ne, come una “bella Storia che insegna a comportarci bene”. Probabilmente questi tre giorni mi hanno aperto il cuore ren-dendolo docile e disponibile a collaborare con il mio cervello.

Così ho capito che le parole del Vangelo sono un messaggio vero e vivo, senza il quale la nostra esistenza risulta vuota e priva di senso. La condivisione, la pazienza, il senso dell’ordine, l’importanza del saper ascoltare, il valore dell’essenziale, il corag-gio di cambiare sono stati per me, in quei tre giorni, importanti e nuovi spunti di riflessione, gra-zie ai quali ho capito l’ideale da raggiungere per vivere una vita migliore. La più grande rivela-zione è stata quando ho sentito che l’ansia, lo stress, le fatiche, i dubbi, la rabbia, i dispiaceri, possono essere sostituiti dalla gioia, dalla speranza, dalla fiducia, dalla tolleranza… basta affidarli e affidarsi al Signore, con semplicità e naturalezza.

Adesso posso concedermi il lusso di sentirmi più leggera e di affrontare la vita con più entusiasmo e con un pizzico di incoscienza. Tanto ci pensa Lui! Mi auguro di portare i frutti di questa esperienza ai miei cari, agli amici, alle persone che cono-sco e che non conosco e che que-sto sia solo l’inizio di un nuovo cammino. Ma soprattutto spero che questa mia testimonianza sia utile a chi non ha trovato ancora il coraggio di cambiare. Provare per credere.

Patrizia Barghini

Pastorale familiare di Pistoia e Pescia

Stile di vita della famiglia cristianaD omenica 30 novembre, presso il seminario vescovile di Pistoia si terrà una giornata di incontro. Questo il programma: ore 9,30: ac-coglienza; ore 10: preghiera e meditazione; ore 12,30: pranzo al sacco; ore 15: laboratori di riflessione e condivisione; ore 16,30: Messa. Guida l’incontro monsignor Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia.Per il servizio di animazione dei bambini contattare: Piero e Paola cell. 333.3611458; Alessandro e Maria cell. 328.3856064.

Moica

“Piccoli grandi saperi della vita quotidiana”V enerdì 28 novembre alle 16, presso la sala sinodale del Palazzo dei Vescovi, piazza Duomo, termina il corso di formazione “Piccoli grandi saperi della vita quotidiana” condotto dal Movimento Ital-iano Casalinghe con il contributo del Cesvot. Il corso, iniziato il 21 maggio, ha avuto poche ma importanti lezioni teoriche, guidate da bravi esperti, e molte lezioni pratiche condotte dalle stesse associate Moica. L’invito, rivolto a tutti, è quello di partecipare alla presentazi-one degli splendidi lavori effettuati dalle corsiste (ventagli ricamati, lavori in patchwork, fiori ed addobbi in carta, in stoffa, con bacche e fiori freschi per decorare la casa in occasione delle festività. È un modo, pensiamo elegante, per rendere visibile quel lavoro, fatto di cura e amore, per la casa e la famiglia, con riscoperta di tante “astuzie” quotidiane per vivere meglio e per rispamiare. Durante la serata Gianna Fedi, Matteo Palchetti e Cristina Tuci leggeranno alcune testimonianze scelte, con la collaborazione della giornalista Lucia Agati de “La Nazione”, fra le tante che stanno arrivando, per la pubblicazione, di un libro bianco sulle azioni preziose, troppo spesso invisibili, del lavoro casalingo. Seguirà buffet.

Annamaria Michelon Palchetti

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10 n. 43 30 novembre 2008LaVitacomunità e territorio

E se è vero che esistono cittadini non troppo esemplari, che abbandonano i propri rifi uti in aree non consentite, va detto che c’è anche chi lancia proposte concrete per riconvertire le aree degradate urbane - compresi gli ex insediamenti industriali dismessi, ma anche i piccoli territori marginali delle città, che vengono frequentemente utiliz-zati come discariche abusive - in veri e propri giardini, o più pre-cisamente in tasselli di un parco metropolitano, formato da tante cellule, che insieme possono costituire un polmone verde per aree vaste e molto antropizzate.È la fi losofi a dei «giardini-mosai-co», di cui si è parlato nel corso

di un recente forum, organizzato nell’ambito del Meeting 2008 sul florovivaismo in Europa, dall’Associazione produttori del verde «Moreno Vannucci», che si è svolto a Palazzo Balì, sede del Consiglio Provinciale pistoiese e al quale ha partecipato anche il presidente della Provincia di Pistoia, Gianfranco Venturi.Tra i relatori, Litta Medri, presi-dente dell’associazione fi orenti-na «Per Boboli», che per 25 anni è stata direttrice del giardino più famoso di Firenze, Boboli

appunto, che ha fortemente caldeggiato l’iniziativa, dato che uno suoi dei punti di forza è la possibilità di realizzazione per gradi, senza bisogno di eccessivi fi nanziamenti, ma con risultati di tutto rispetto sotto il profi lo della riqualificazione ambientale.Positivo anche il commento del direttore provinciale di Confagricoltura, Genunzio Giannoni, che ne ha sottoli-neato la valenza, in quanto è uno dei metodi più naturali per abbattere il cosiddetto effetto

Q uarrata, Agliana e Lar-ciano potrebbero entrare nella compagine azionaria di Farcom, la società che gestisce le farmacie comunali ed opera quasi intera-mente per conto del comune di Pistoia, che ne possiede quasi tutto il pacchetto azionario. Il via libera del consiglio comunale pistoiese è arrivato nella seduta del 18 novembre. Attualmente Farcom conduce sette farmacie,

Farcom

Via libera all’allargamentodella compagine azionaria

quattro a Pistoia e le altre tre nei comuni di Quarrata, Agliana e Larciano. L’affidamento delle farmacie fuori comune capo-luogo è in convenzione e, come ha spiegato l’assessore Barbara Lucchesi, illustrando la proposta in Consiglio comunale, non è in linea con le più aggiornate norme sulla conduzione dei ser-vizi pubblici, che prevedono o la gara o la possibilità di esercitare

il cosiddetto controllo analogo, ossia un controllo simile a quel-lo che un comune esercita sui servizi che amministra in prima persona. “Abbiamo di fronte - ha spiegato Lucchesi - due scenari, due opzioni: recedere dalle convenzioni in atto con le tre amministrazioni, con una conseguente perdita di utili, o rafforzare e consolidare la so-cietà accogliendo i tre comuni

Un patto eticoper lo sport

L o sport come mezzo per crescere, capire se stessi e gli altri; rispetto per l’avversario e fair play, no al doping, si alla gioia della pratica sportiva.

Con questo slogan il Comune di Pistoia si rende protagonista di un’importante iniziativa che impegni tutti i soggetti (come le associazioni sportive, società e semplici cittadini) a promuovere e diffondere lo sport come valore educativo e come veicolo di crescita sia personale che collettiva.

Il patto fi ssa dieci punti come obiettivo da perseguire nella pratica sportiva sul territorio comunale e cioè garantire ai bam-bini, maschi e femmine, la possibilità di praticare lo sport prima di tutto come diritto al gioco; far si che lo sport sia un momento di gioia, divertimento ed incontro, occasione per conoscere gli altri e dare il meglio di se stessi; lo sport deve essere inteso anche come un’opportunità per cercare la vittoria con il massi-mo dell’impegno, rispettando gli avversari e nel rispetto delle regole alla base di ogni disciplina; l’attività sportiva deve inoltre far crescere se stessi, lavorare in gruppo, evidenziare i propri limiti far in modo che ci sia un confronto con gli atri. I ragazzi devono anche aver diritto a scegliere la pratica sportiva secondo i propri ritmi e le proprie abitudini senza condizionamenti da parte del mercato e degli interessi economici che girano intorno; ognuno deve aver diritto di partecipare attivamente alle attività sportive, senza alcuna discriminazione e ogni atleta deve poter contare sulla guida e sugli insegnamenti di persone qualifi cate e esperte non soltanto dal punto di vista dell’insegnamento delle tecniche specifi che di ogni singola disciplina ma anche dal punto di vista pedagogico e psicologico; occorre infi ne assicurare ad ogni atleta la possibilità di sottoporsi ad allenamenti adatti al proprio sviluppo psicofi sico senza potersi far condizionare da scorciatoie ( come l’assunzione di sostanze) che mirano ad alterare la prestazione oltre a garantire un adeguato riposo tra una prestazione e l’altra. “Lo scopo di questo patto – ha detto il sindaco Renzo Berti – è quello di andare nella direzione di valorizzare la pratica sportiva a tutti i livelli come mezzo di promozione dei valori umani, evidenziando il tema del rispetto delle regole che sono alla base di ogni disciplina sportiva e che devono sempre ispirare chi gareggia e chi ci è di fronte non è un nemico ma solo un avversario.”

Con questo patto l’amministrazione si impegna a dare ricono-scimenti ed incentivi a chi promuove i valori positivi dello sport organizzando in futuro incontri con gli studenti per rifl ettere sulla necessità della tutela della salute nello sport; altro impegno è quello della valorizzazione di “Gioco sport” che tende una mano a favore della pratica sportiva nelle scuole elementari.

Dal canto loro le società sportive si impegnano ad aiutare i giovani e a conoscere meglio se stessi e le proprie potenzialità mentre i genitori dovranno stimolare i fi gli alla pratica sportiva, ma anche all’impegno nella scuola, nella società e nella vita, in modo da non far mancare loro soddisfazioni personali non neces-sariamente legate a successi sportivi. Infi ne i medici sportivi do-vranno essere garanti della salute fi sica ai ragazzi impegnandosi a frenare ogni tentativo di assunzione di sostanze dopanti.

Edoardo Baroncelli

PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633

- [email protected] - [email protected] PISTOIA

Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI

CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]

PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

Giardini-mosaico

Il verde contro il degrado urbano

RIFIUTI ABBANDONATI

«Maggiore attenzioneal decoro urbano»

S ul territorio di Pistoia si registra un massiccio e co-stante fenomeno di abbandono di rifi uti ingombranti, come si può vedere dalla foto, che ritrae alcuni ragazzi di una scolaresca pistoiese impegnati nella rac-colta di ingombranti, nel corso di una delle ultime edizioni di “Puliamo il mondo”, l’iniziativa indetta a livello nazionale da Legambiente. In particolare, si rileva la presenza di alcune aree critiche (postazioni, aree a verde, aree pubbliche meno visibili, zone industriali) che risultano oggetto di continui abbandoni provenienti sia da utenze dome-stiche che non domestiche.

L’amministrazione comuna-le stigmatizza il comportamento di chi fa un uso improprio dei contenitori stradali della raccolta differenziata e di chi danneggia il decoro urbano, abbandonando ogni sorta di materiale noncurante del fatto che, oltre ad arrecare un grave danno al territorio e ai suoi concittadini, commette, nel caso di abbandono abusivo su suolo

L’amministrazione comunale pistoiese richiama i cittadini al senso civico.

Sono 2473 gli abbandoni fuori cassonettorilevati dall’inizio dell’anno.

La Polizia Municipaleintensifi ca i controlli

il numero totale dei ritiri di ingombranti abbandonati abu-sivamente fuori dai cassonetti è stato di 3.118 a fronte di 7.325 ritiri di materiale ingombran-te avvenuto gratuitamente a domicilio tramite richiesta al numero verde.

Nel 2008, tale tendenza vie-ne riconfermata. Gli abbandoni fuori cassonetto nel periodo gennaio-novembre 2008 sono stati 2.473, contro le 6.881 preno-tazioni per il ritiro a domicilio.

L’amministrazione comu-nale dunque fa ancora una volta appello al buon senso e alla sensibilità di tutti, perché è soltanto la collaborazione fattiva tra gli attori sociali coinvolti che permette di raggiungere risultati soddisfacenti in termini ambientali. Il Comune ricorda che per fi ssare appuntamenti a domicilio per il ritiro gratuito di rifi uti ingombranti Publiam-biente mette a disposizione il numero verde 800980800, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 ed il sabato dalle ore 9 alle 13.

pubblico, un’infrazione sanzio-nabile ai sensi di legge. In questo ambito sono stati intensificati anche i controlli della Polizia Municipale, volti a far emergere questo malcostume.

“A fronte di comportamenti scorretti messi in atto da parte di alcuni cittadini – afferma l’asses-

sore all’ambiente Mario Tuci – mi preme comunque sottolineare che i dati in nostro possesso indi-cano che la maggior parte degli abitanti di Pistoia si contraddi-stingue per un forte senso civico e di responsabilità nei confronti del proprio territorio.”

Ecco alcuni dati. Nel 2007

titolari delle tre farmacie”. La quota che rimarrebbe al comune di Pistoia è dell’82,83 %, mentre andrebbe a Quarrata il 7,5 %, il 3,8 % ad Agliana, e il 4,4 % a Lar-ciano. I dipendenti della società continuerebbero a detenere l’1,3 % delle azioni.

di un recente forum, organizzato appunto, che ha fortemente

È la proposta lanciata dall’associazione «Moreno Vannucci» nel corso di un forum

che si è svolto a Palazzo Balì

serra, conseguenza di un eccesso di emissioni in atmosfera di anidride carbonica, una parte della quale potrebbe essere abbattuta proprio grazie ad una più capillare presenza di spazi a verde nei centri urbani. Con-cetto ribadito anche da Renzo Benesperi, segretario generale dell’Associazione produttori del verde Moreno Vannucci, che ha moderato il dibattito, al quale ha partecipato, tra gli altri, anche la dottoressa Anna Porcinai, esper-ta di giardini e fi glia di uno dei più grandi paesaggisti italiani, Pietro Porcinai, che fu uno dei primi a proporre la realizzazione di un arboreto a Pistoia.

Patrizio Ceccarelli

Lo ha stabilito il Consiglio

comunale pistoiese. Pronti a fare il loro ingresso i comuni

di Quarrata,Agliana e Larciano

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1130 novembre 2008 n. 43LaVita

T orna anche per il 2008/2009 «Piccolo Sipario – a teatro con la famiglia», appuntamen-to ormai consolidato e particolarmente seguito, promosso dall’Associa-zione Teatrale Pistoiese in collaborazione con l’Assessorato all’Educa-zione e alla Formazione del Comune di Pistoia. Un cartellone molto ar-ticolato, messo a punto dal direttore artistico Sa-verio Barsanti, che pro-porrà, da qui ad aprile, 6 appuntamenti di spettacolo, per un totale di 15 recite, 9 in orario scolastico per scuole del-l’infanzia ed elementari e 6 destinate al pubblico delle famiglie program-mate alla domenica po-meriggio. Da segnalare che in questa stagione sarà la splendida cornice della sala storica del Tea-tro Manzoni ad ospitare, per le particolari caratte-ristiche, ben 3 degli spet-tacoli in programmazio-ne che offriranno l’occa-sione per avvicinare il pubblico dei più giovani anche al linguaggio del teatro lirico e del teatro-danza. A meritare lo spa-zio del maggiore teatro cittadino (l’anno passato

SPETTACOLO

Al via Piccolo sipario

G razie alle due nuove aule, potrà ospitare fino a 40 bambini l’asilo nido “Il Gatto parlante”, ubicato a San Michele accanto al circolo Arci Scintilla.

L’inaugurazione dei nuovi locali si è svolta recentemente con la presenza di molte autorità del territorio, come il sindaco di Agliana, Paolo Magnanensi, il maresciallo Antonio Cataldo, gli assessori Eleanna Ciampolini e Aldo Tonioni e il parroco di San Michele, don Rodolfo Vettori.

Il coordinatore de “Il Gatto parlante”, Fabrizio Magazzini, ha sottolineato che “questa inaugurazione è davvero la

San Michele Agliana

“Il gatto parlante”realizzazione di un sogno grazie al quale un centro giuoco si è trasformato in un vero asilo nido. Va ricordata l’importante collaborazione con la cooperati-va Alice di Prato, con il Comune di Agliana e naturalmente con il circolo Scintilla che ha messo a disposizione i locali. Sarà attiva-to anche un servizio pomeridia-no per i bambini del primo ciclo delle scuole elementari”.

“Tutti gli scolari potranno usufruire delle sei nuove posta-

zioni computer – ha concluso Magazzini – che il circolo sfrut-terà probabilmente per allestire dei corsi serali”. La realizzazione dei nuovi locali è stata possibile anche grazie al rilevante contri-buto della fondazione Caripit che, con Giuseppe Alibrandi, ha evidenziato l’importanza di raggiungere obiettivi molto utili e signifi cativi per la comunità locale. Grande soddisfazione dal circolo Scintilla di San Michele Agliana, in particolare dal coor-

A teatro con la famiglia.Sei appuntamenti, per un totale

di 15 recite da qui ad aprile

ratorionove, Buon anno del topo, ideazione di Simona Arrighi e Sandra Garuglieri: attraverso il diario di un bambino cinese ora in Italia, lo spettacolo dà vita ad un affresco dove i racconti sulla Cina si mescolano con le rifl essioni legate all’incontro con una real-tà nuova, in una sorta di viaggio-esperienza di chi si dispone all’incontro e all’imprevisto. (Piccolo Teatro Mauro Bologni-ni, 30 Novembre e 1 e 2 Dicembre; fascia d’età indicata 6-10 anni).

Patrizio Ceccarelli

I n un loro comunicato redatto e diffuso congiuntamen-te, i primi cittadini dei Comuni di Abetone, Cutigliano, Marlia-na, Pescia, Piteglio, Sambuca e San Marcello evidenziano con soddisfazione l’accoglimen-to, da parte della Regione,, delle richieste che, inoltrate appunto dagli Enti Locali dei nostro Appennino, erano volte a mantenere le specifi cità del territorio montano, attraverso un percorso istituzionale che, di concerto con la limitrofa Emilia Romagna, si traduca nella costituzione di un Ambito interregionale, peraltro già spe-rimentato negli ultimi anni con risultati importanti per quanto

Montagna

Smaltimento rifi uti

concerne contenimento dei costi e razionalizzazione del servi-zio sul territorio. “La Regione ha pertanto provveduto come concordato –scrivono congiun-tamente i sette sindaci- a inserire nella relativa proposta di legge 287, che verrà approvata in una delle prossime sedute dell’assise toscana, le necessarie modifi che

alla recente legislazione, che non prevedeva il mantenimento di tali specifi cità territoriali rispet-to ai tre ‘macroambiti’ istituiti in Toscana”. I primi cittadini redattori della nota proseguono sottolineando l’importanza di quanto essi hanno ottenuto, vale a dire il riconoscimento delle esigenze di un territorio che co-

stituisca un sistema autonomo ed autosuffi ciente il quale, senza infl uire nella programmazione gestionale dei rifiuti dei Co-muni toscani dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) concerterà un’adeguata programmazione con i Comuni emiliani limitro-fi , presso i quali già vengono smaltiti i rifuti montani negli impianti del Cosea, i quali ap-partengono agli stessi Comuni. “Il provvedimento intervenuto –concludono i sette sindaci- costituisce la base legislativa per raggiungere l’obiettivo comune di tutelare territorio e cittadini sul fronte di gestione e contenimento dei prezzi per lo smaltimento dei rifi uti”.

concerne contenimento dei costi alla recente legislazione, che non

L’amministrazione toscana ha accoltola richiesta dei sindaci

di Alessandro Tonarelli

TERRAZZA SULLA CITTÀ

Il disegno di BacF abio Bacci, decano degli illustratori umoristici

e satirici pistoiesi, classe 1924, ha esposto una selezione di proprie opere presso la saletta espositiva della Circoscrizione n. 2 del Comune di Pistoia (al presidio di via Capitini 7-For-naci): si è trattato di un saggio di una produzione sterminata e capillare. Lo hanno premiato in vari paesi del mondo: Olanda, Israele, Turchia, Corea. Anche in realtà più vicine a noi ha ottenuto riconoscimenti: nella rassegna di “Lucca Co-mics” più volte, da parte della Fondazione Collodi che gli ha commissionato delle illustrazioni per una serie di gadget su Pinocchio, oppure le 4 annate di pali realizzati per la Giostra dell’Orso, nelle edizioni dal ’75 al ’78, su commissione del Comune di Pistoia.

Qualche volta Bacci si è cimentato nella strip breve, sep-pur restando tendenzialmente autosuffi ciente nel perimetro della vignetta. Afferma l’artista: «Parlo poco -taglia corto- meglio senza parole. Dico solo che mi ispira la vita di tutti i giorni». Come gli amici dell’Angolo, il centro di ritrovo e socializzazione alle Fornaci che Fabio frequenta, dei quali sono state esposte alcune caricature.

Osservatore del quotidiano e dei tic della vita del rione, ha pubblicato vignette su testate satiriche storiche quali “Il Bertoldo”, “Il Travaso”, la “Tribuna illustrata”, il “Corriere dei Piccoli”. Sottolinea al riguardo Bacci: «Ora è rimasto soltanto “Il Vernacoliere”: la gente piange, non ha più voglia di ridere…». Fabio ha iniziato a disegnare da ragazzo, sui muri usando il carbone, seguendo la verve del padre Oriente, falegname, intagliatore e pittore: «Io stesso sono partito con la pittura: andavo in motorino a Sant’Alessio e dipingevo al-l’aperto». Bacci in arte Bac, o così chiamato anche dagli amici, è un sammarchino doc. «Quand’ero ragazzo –ricorda- in San Marco c’erano cinque osterie. Tutte le sere uno spettacolo: gli uomini tornavano a casa, prendevano la pentola con i fagioli e andavano all’osteria. Un’altra era in via Filippo Pacini: bastava mettersi lì e arrivava l’ispirazione. Adesso invece il quartiere di Porta San Marco è molto cambiato».

Leonardo Soldati

Ricordo di don SiroD opo il successo avuto presso la Casa dell’Anziano di Pi-

stoia, Domenica 7 Dicembre Giorgio Ducceschi ripresenta a Prunetta il suo ultimo libro, “Don Siro Pezzoli, 60 anni a Prunetta”, presso il circolo della Pro Loco alle ore 15:30. Sarà presente l’assessore alla Cultura del Comune di Piteglio, Anselmo Abbassi. Il volume è promosso dall’Istituto storico provinciale della Resistenza e della Società contemporanea.

L.S.

Società di storia patria

Incontri e dibattitiL a Società pistoiese di storia patria, con la collabora-

zione della Provincia, del Comune capoluogo e della Fonda-zione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, organizza il ciclo di “Incontri e dibattiti” per la presentazione di alcuni volumi sulla storia e cultura locali. Il ciclo segue criteri cronologici e inizia dalla Pistoia d’età comunale. La prima serata è venerdì 28 novembre alle 17,30 nel saloncino del palazzo de’ Rossi; saranno presentati due volumi che la Società ha pubblicato in coedizione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia: Districtus civitatis Pistorii. Strutture e trasformazioni del potere in un contado toscano (secoli XI-XIV), di Giampao-lo Francesconi, e La Pistoia comunale nel contesto toscano ed europeo (secoli XIII-XIV), Atti del convegno del maggio 2006 a cura di Piero Gualtieri. Sono tematiche, come si vede dai titoli, che si legano le une alle altre e nell’insieme compongono un originale affresco della città-stato di Pistoia nel periodo comunale. Si passa dalla faticosa conquista dell’autogoverno, quando il libero Comune si fece spazio fra i due poteri sacrali dell’Impero e del Papato, alle precoci magistrature civiche, al potere comunale consolidato esteso ad un territorio extraur-bano sempre più grande, alla formazione del ceto “borghese” dei mercanti e degli artigiani, al rapporto fra città e campagna con la formazione di diversi comunelli rurali, al tramonto defi nitivo sotto il potere fi orentino.

Da rilevare che in particolare il secondo volume allarga la visione ad un contesto più ampio di quello locale: sono esaminati i rapporti, quasi sempre confl ittuali, con i comuni contermini, ma anche con Bologna e l’Italia del nord e con lo spazio euromediterraneo.

Giuliano Pinto

dinatore Virgilio Dominici che ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla realizza-zione dei nuovi locali. Chiusura con il sindaco Magnanensi che ha ricordato “come sia fonda-mentale l’organizzazione di associazioni di volontariato con molte persone che si impegna-no con grande abnegazione. È davvero importante la sinergia tra Amministrazione comunale, strutture pubbliche e private”.

A seguire i nuovi locali sono state benedetti solennemente dal parroco di San Michele, don Rodolfo Vettori.

Marco Benesperi

gli spettacoli si svolsero tutti al Bolognini) sono Il racconto del Flauto Magico, sulle musiche intramontabili di Wolf-gang Amadeus Mozart (Opifi cio d’Arte Sceni-ca/Fondazione Pergolesi Spontini Jesi), Romanzo d’Infanzia, pluripremiato spettacolo della Compa-gnia Abbondanza-Ber-toni. Infi ne la rutilante e fantasmagorica rilettura

della favola di Pinocchio fi rmata dal regista Orlan-do Forioso che si avvarrà delle scene coloratissime di Jacovitti e della musi-che di Edoardo Bennato. Invariato anche per que-sta stagione il prezzo del biglietto; sarà possibile sottoscrivere anche l’ab-bonamento a tutti e 6 gli spettacoli.

Ad aprire il cartellone uno spettacolo del Labo-

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12 n. 43 30 novembre 2008LaVita

MOTORI

Nuovo weekendcon l’enduro

U n altro fi ne settimana all’insegna dei motori. Si terrà infatti sabato e domenica la seconda parte del IV Corso di Enduro 2008, organizzato dal Moto Club Pistoia. Dopo il successo delle precedenti edizioni e il positivo riscontro ottenuto dal Corso Dual Sport, tenuto lo scorso aprile, il corso di enduro di quest’anno ha mantenuto sostanzialmente le caratteristiche che tanto l’hanno fatto apprezzare nelle tre passate edizioni. I partecipanti saranno introdotti alla disciplina dell’enduro mediante lezioni teoriche, pratiche su fettucciato e mulattiera, proiezione e discussione dei video realizzati durante le lezioni. Il tutto arricchito dall’intervallo gastronomico del pranzo fi nale, esteso anche a familiari e simpatizzanti, durante il quale saranno estratti a sorte premi offerti dai sostenitori del Moto Club Pistoia e consegnati l’attestato di partecipazione e la t-shirt dedicata all’iniziativa. Particolare rilievo, come sempre, sarà riservato al decalogo comportamentale, indispensabile al responsabile esercizio della pratica sia a livello sportivo che amatoriale, funzionale alla propria sicurezza e al massimo rispetto della natura. Le lezioni saranno tenute dal responsabile per la disciplina enduro del Moto Club Pistoia Mario Giuntini, in collaborazione con il coordinatore di settore Massimo Giorgetti e i consiglieri del team Sergio Gargini e Marco Vannucci. Il corso è adatto sia a chi desidera muovere i primi passi nella specialità sia a chi ha già qualche esperienza e intende perfezionare la propria guida, quindi anche ai giovanissimi e al “gentil sesso”. Per chi voles-

se saperne di più su questa spettacolare e affascinante disciplina motoristica, è possibile recarsi presso la sede del Moto Club Pistoia, posta all’interno del Circo-lo Arci di Pontenuovo, il mercoledi alle ore 21.30, o nei punti vendita di Pistoia LP Moto, Velmotor Pistoia, Cose di Moto, Motor Ser-vice Ravagli, Neroni e Tor-rigiani.

Gianluca Barni

di Enzo Cabella

contropiede

M ai vista una CARMATIC così brutta, così incapace di creare un’azione organizzata, una fi nalizza-zione veloce e precisa, così priva di carattere, grinta, orgoglio. Credo che, contro la Reyer Venezia, sia stata la più brutta prestazione della squadra pistoiese targata Lasi. Increduli i di-rigenti, stupefatto il coach, sconcertati i tifosi: tutti si sono sentiti traditi da una squadra che appena tre settimane prima aveva giocato una splendida par-tita contro Brindisi. Che cosa mai può essere successo, anzi che cosa sta succe-dendo, dal momento che la Carmatic è incappata nella terza sconfi tta consecu-tiva? Gli addetti ai lavori cercheranno di trovare le cause, almeno si spera. E’ il momento di non perdere la calma, di fare quadrato, di unire le forze per usci-re dalla crisi. E dire che contro la Reyer Venezia era stato recuperato il play Darby, anche se a mezzo servizio, e la stessa formazione veneziana era appar-sa in giornata tutt’altro felice. Qualcuno ha detto che le due squadre facevano a gara per non vincere, bloccate dal non gioco e da chissà mai quali condiziona-menti (atletici? tattici? psicologici?). Il risultato della gara (56-53 per i veneti) è da categoria dilettanti e rispecchia quanto le squadre hanno combinato: gioco zero, una serie infi nita di errori (e di orrori), un’astinenza di canestri durata un’eternità (ben sette minuti !). Uno spettacolo indecoroso, fi schi fi nali più che meritati. Coach Lasi e Guido

Rosselli (l’unico giocatore che si è sal-vato dalla disfatta) hanno chiesto scusa ai tifosi: anche questo atteggiamento indica la statura del tecnico e dell’ala. Per fortuna non c’è stata contestazione; i tifosi non hanno dimenticato tutto ciò che di buono (ed è stato tanto) la squadra guidata da Lasi ha fatto negli ultimi tre anni. Se qualcuno dovesse mettere in discussione il tecnico, allora si profi lerebbe un futuro molto incerto per tutto l’ambiente.

PISTOIESE. Mister Polverino, esor-diente in campo professionistico, sta smentendo tutti coloro (ed erano tanti) che avevano salutato il suo arrivo sulla panchina della squadra arancione con molto scetticismo. Polverino ha ricom-pattato lo spogliatoio, ha ridato fi ducia ad un gruppo che l’aveva smarrita, ha rivalutato giocatori che erano stati messi da parte dal suo predecessore Miggiano, ha portato novità tecniche e tattiche che si sono rivelate profi cue, ha cambiato la mentalità. Un lavoro svolto con convinzione, coraggio e pro-fessionalità. E’ vero che la squadra ha fatto solo quattro pareggi, ma non ha mai perso. Il cammino è senza dubbio lungo e faticoso, la svolta potrebbe solo darla una vittoria, ad esempio contro la Ternana. L’impresa non è facile, ben sapendo le carenze strutturali che ha la squadra, specialmente in attacco, ma Polverino e i suoi ci provano. Con tutta la forza e la voglia di aprire nuovi scenari all’orizzonte della squadra.

economia e lavoro

s p o r t p i s t o i e s e

“Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”

Lettera aperta della segretaria CislI l 25 novembre ricor-

re la 9a “Giornata internazio-nale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, indetta dall’Onu per sensibi-lizzare l’opinione pubblica su un fenomeno allarmante e in costante crescita. Nel nostro Paese in oltre 6 milioni denun-ciano di aver subito soprusi fi sici o sessuali e - ricordano i dati Istat - la violenza è la pri-ma causa di morte o invalidità permanente per le persone di sesso femminile fra i 14 e i 50 anni.

Attraverso il suo “coordi-namento donne”, la Cisl con-tribuisce anche quest’anno a sostenere la campagna di sen-sibilizzazione su un problema divenuto ovunque di consi-stente attualità e disumana crudeltà. Sempre più spesso, leggiamo anche sulle cronache locali di tremendi episodi di violenza. Purtroppo la nostra provincia non fa eccezione: basti pensare alla recente vi-cenda dell’uomo di Olmi che ha gettato dell’olio bollente in faccia alla moglie deturpando-la per sempre, o ai tanti altri,

a Firenze, che vede imputati diversi giovani della provincia pistoiese.

Sulla base di questo dico che anche qui, sul nostro territorio, dobbiamo portare avanti un profondo e serio lavoro culturale e politico. Per farlo, è necessario partire dalla scuola, in modo da insegnare ai ragazzi la cultura del ri-spetto e della considerazione delle bambine e delle ragazze. Ancora a livello territoriale, sarebbe auspicabile che gli enti locali che ne sono già dotati, potenziassero i centri d’ascolto e anti-violenza e che ne creas-sero di nuovi nelle zone che ne sono tuttora sprovviste. Per sporgere denuncia contro atti di brutalità da parte di uomini, spesso le donne sono difatti costrette a insopportabili cal-vari, e il sostegno psicologico di centri specializzati si rivela indispensabile per sostenere legittime richieste di giustizia e superare in seguito il trauma psicologico dei maltrattamenti subiti.

L’avvio di una soluzione ad una delle peggiori piaghe del

nostro tempo, non può tutta-via prescindere da un’azione a livello nazionale. Per questo, ritengo fondamentale agire su alcuni ambiti concreti d’azio-ne. Considero anzitutto neces-saria una disciplina penale più rigorosa nel campo dei reati sessuali e ad altro livello, riten-go che politiche del lavoro mi-rate potrebbero essere in grado di attenuare molti dei canali coercitivi che talvolta s’instau-rano fra ‘l’uomo capofamiglia’ e le donne che vivono sotto il suo stesso tetto. Tutto ciò non può infi ne naturalmente prescindere da un rifi uto cul-turale dei messaggi mediatici che rappresentano la donna come una sorta d’oggetto, non degna di rispetto e dignità umana.

Insomma, dobbiamo rea-gire ad ogni ingiustizia ricor-dando, con Oriana Fallaci, che “essere donna è affascinante, è un’avventura che richiede coraggio, è un’avventura che non fi nisce mai”.

Patrizia Pellegatti, segretario provinciale Cisl

Pistoia

meno conosciuti ma altrettanto gravi, atti di intimidazione da parte di mariti o fi danzati che con il ricorso alla violenza cer-cano di impedire la fi ne di una storia sentimentale o familiare.

Stiamo assistendo alla recru-descenza di un fenomeno che arriva perfi no a sfociare nella violenza di gruppo. Penso al famigerato ‘stupro della For-tezza’ avvenuto quest’estate

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1330 novembre 2008 n. 43LaVita dall’ItaliaIN MARGINE AL G20

ll’inizio del recente Si-nodo dei vescovi, Be-nedetto XVI ha fatto un cenno alle attuali vicissitudini bancarie, richiamando tutti a qualche pagina del Vangelo, soprattutto

quelle che ci ricordano l’as-soluto di Dio e la vanità del resto, denaro compreso.

Un tema caro alla cultura cristiana di ogni tempo, che ha sollevato discussioni e in-terpretazioni molto diverse, in base anche ai periodi in cui quei testi evangelici veni-vano letti.

In anni recenti si era par-lato molto, almeno in certi ambienti e con scarso succes-so, di sviluppo sostenibile. Si diceva che bisognava tornare a qualche forma di sobrietà, che non bisognava troppo costruire sulla sabbia (per esempio, speculazioni in bor-

A Quanto valgono i soldi?di Maurilio Guasco

sa), ma sulla roccia, che per un credente è prima di tutto la Parola di Dio.

I commenti a quelle paro-le del papa sono stati i più di-versi: entusiasti o ironici, cri-tici o discretamente positivi. L’ex-ministro Ferrero, stando a qualche giornale, ha fatto commenti alquanto ironici, dando però l’impressione di schierarsi, metodo che non gli è abituale, fra quanti pri-ma leggono la fi rma di chi ha scritto o detto certe cose, poi commentano in base appunto al nome, e non ai contenuti dell’intervento. Se non fosse così, si sarebbe accorto che si trattava soprattutto di cita-zioni dal Vangelo. Ma forse aveva in mente le teorie di

Max Weber, autore che tutti citano quando si parla di questi argomenti.

Il vero problema è che su questi temi siamo tutti molto sensibili. Se volete animare la discussione nel corso di un’assemblea di preti, intro-ducete il discorso della rifor-ma dei punti, cioè del sistema in base al quale si determina lo stipendio dei preti stessi.

Se volete studiare l’orga-nigramma della Cei, iniziate dall’uffi cio che si occupa del-la distribuzione dei proventi dell’8 per mille. Se volete individuare alcuni momen-ti forti dei Sinodi valdesi, andate a leggere i verbali di quando i valdesi dovevano decidere se accedere a loro

volta ai benefi ci dell’8 per mille, prima tanto discussi e poi accettati.

O qualche tempo dopo, quando tornò la discussione sull’eventualità di partecipa-re alla divisione del denaro di chi non aveva fi rmato sul modulo delle tasse: parteci-pazione prima considerata priva di dignità, poi pure richiesta.

È la conferma di quanto dicevo: su questi temi siamo tutti molto sensibili, e quindi anche la citazione di qualche frase del Vangelo, scambiata

G rande era l’attesa per gli esiti della riunione del G-20 a Washington dello scorso fi ne settimana. I capi di Stato e di Governo dei principali Paesi sviluppati, insieme con quelli delle gran-di potenze emergenti, erano chiamati ad un consulto sulle prospettive del grande malato degli ultimi tempi, l’economia mondiale, infettata dal virus della crisi fi nanziaria. Ovvia-mente il gran consulto non ha prodotto molto altro che una dichiarazione di intenti, in cui si ribadisce il desiderio di lavorare fi anco a fi anco, per il coordinamento nell’uso delle leve di politica economica dei singoli Stati. Quanto meno è sempre più evidente che i Go-verni hanno appreso bene la lezione del 1929: la mancanza di coordinamento rischierebbe di far sprofondare il mondo nel baratro dell’arretramento economico, con spaventose conseguenze sociali non solo nei Paesi più poveri ma anche in quelli più ricchi.

Tuttavia qualche nube an-cora si addensa su questo idil-liaco quadretto di concordia planetaria intorno alle cause e soprattutto intorno ai rimedi per la grave crisi in atto. Il più grande è proprio legato alla situazione politica degli Stati Uniti. Che cosa vuole fare davvero Obama? Che strategie ha in mente per uscire dalla crisi? Le prime avvisaglie su-scitano un po’ di allarme e c’è chi al vertice di Washington lo ha detto a chiare lettere. Tra questi, il premier britannico Gordon Brown ha ammonito gli USa sugli effetti devastanti che il salvataggio pubblico dell’industria automobilistica americana avrebbe sul resto del mondo. Se la maggioranza democratica del Congresso e lo stesso Obama spingeranno

La lezionedel 1929

in questa direzione, c’è il serio rischio che si apra una guerra commerciale ad ampia scala che potrebbe davvero portarci al disastro.

Il motivo è presto detto. Il salvataggio pubblico del-l’industria automobilistica americana spingerebbe quella europea a chiedere lo stesso. Se i Governi non avranno soldi a suffi cienza, la tentazione di usare le politiche commerciali per proteggere le industrie nazionali sarà fortissima, pro-babilmente perché l’opinione pubblica spingerà pesante-mente in questa direzione: ma

ciò si tradurrebbe proprio in una riduzione del commercio mondiale e così il 1929, scac-ciato dalla porta, rientrerebbe dalla fi nestra. C’è da augurarsi che Obama riesca a resistere alle pressioni del suo partito, in nome di quella leadership globale che il mondo gli rico-nosce.

D’altronde l’industria automobilistica americana è davvero ineffi ciente: non è stata capace di ristrutturarsi seriamente nei tempi delle vacche grasse, ma anzi ha con-tinuato a produrre auto ad alto impatto ambientale, che oggi

nessuno vuole più. Se queste esperienze industriali ormai passate non vengono lasciate morire, quelle nuove, che po-trebbero davvero rivoluziona-re il nostro futuro, anche in ter-mini di risparmio energetico, dove potrebbero nascere? Solo in America - e forse in Europa - oggi c’è il know-how per rivo-luzioni tecnologiche di questa portata. E solo queste innova-zioni possono davvero tirare fuori l’economia mondiale dalle secche. Tutto ciò peraltro avverrebbe probabilmente senza grandi costi in termini di occupazione: la forza lavoro

Senza coordinamento internazione la crisi

non si risolveràdi Nico Curci

per opinione personale del papa o di qualche altro per-sonaggio importante, ci met-te subito in guardia.

Lo so bene che i discorsi sul distacco dal danaro li fanno quasi sempre i ricchi, i quali giustamente pensano che solo chi possiede molto denaro può esercitare l’arte del distacco: troppo facile, pensano i ricchi, per i poveri essere distaccati da ciò che non hanno.

Qui non si tratta di dire ai ricchi la cosa più ovvia: condividete con i poveri le ricchezze, e anche questi po-tranno praticare la virtù del distacco.

Qui si tratta di prendere atto che vi sono pagine del Vangelo che sono scolpite nella roccia: ogni tanto le di-mentichiamo, ma o prima o poi qualcuno le ritrova e ce le ricorda.

delle grandi industrie automo-bilistiche americane potrebbe essere facilmente assorbita dalle nuove attività impren-ditoriali, mentre sarebbe il management, responsabile dei disastri attuali, che ne paghe-rebbe le conseguenze.

Nell’attesa di vedere come evolve questa decisiva partita nell’ambito delle relazioni internazionali, nel nostro orticello italiano iniziano a delinearsi le prime misure che il Governo intende varare per far fronte alla crisi economica. Il ministro Tremonti parla in questi giorni di 80 miliardi di euro da spendere. Per lo più si tratta di risorse già dispo-nibili che il Governo vorrebbe utilizzare per rilanciare gli in-vestimenti infrastrutturali, per sostenere la spesa in ricerca e innovazione delle imprese e per rilanciare i consumi delle famiglie. I dettagli li vedremo entro fi ne mese. È importante però ricordare, oggi più che mai, che la grande sfi da ita-liana dei prossimi due anni sarà la gestione del debito pubblico: se in questo momen-to di grande nervosismo dei mercati il Governo mostrasse segni di debolezza sul fron-te del controllo del defi cit, e quindi del debito, il rischio di un fallimento della Repub-blica italiana diventerebbe molto concreto. A quel punto, una grande fetta di risparmio italiano ed europeo andrebbe in fumo. E con esso anche de-cenni di progresso economico. Uno scenario catastrofi co che bisogna sempre considerare come possibile, almeno fi no a quando non saremo capaci di abbattere quella cifra di oltre 100 punti percentuali di debito sul Pil che mina il futuro del-l’Italia. Quando questo Paese diventerà davvero cosciente del pericolo che corre?

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14 n. 43 30 novembre 2008LaVitadall’Italia

Un faticoso equilibrio

I pertecnologici, alla ri-cerca dello sballo, ma anche con la paura di essere rapiti o violentati: sono i “tecnoager”, ovvero “i gio-vani alla ricerca di un equilibrio tra nuove possibilità e la rumorosa solitudine della rete”. A dipingere così le nuove generazioni è il 9° Rapporto nazionale sulla condi-zione dell’infanzia e dell’adole-scenza realizzato dall’Eurispes e da Telefono Azzurro, presentato il 18 novembre a Roma, e che nasce da due indagini svolte in 41 scuole e che hanno interessato circa 6.000 bambini e ragazzi di età compresa tra i 7 e gli 11 e dai 12 ai 19 anni.

SEMPRE CONNESSITv, telefonino, consolle, lettore

mp3 e Internet fanno parte della dotazione “hi tech” di base delle nuove generazioni. Quanti non possiedono un cellulare rappre-sentano una sparuta minoranza e 3 ragazzi su 10 lo usano per più di 4 ore al giorno. Parte consistente della giornata viene poi dedicata a navigare: nel 26,5% dei casi fi no ad 1 ora al giorno, nel 22,5% da 1 a 2 ore, nel 16,5% da 2 a 4 ore e nel 12,9% per più di 4 ore al giorno. L’utilizzo più diffuso di Internet fra gli adolescenti riguarda la ricerca di informazioni (90,5%) e

Un faticoso equilibrioNUOVE GENERAZIONI

di materiale per lo studio (80%). Sono molto diffusi il download di musica, fi lm, giochi o video (72,5%) e la fruizione di fi lmati su Youtube (69%). Il Rapporto rileva anche che un bambino su 10 possiede il cellulare prima dei sei anni di età. La maggior parte (34,9%) lo ha tra gli 8 e i 9 anni. Complessivamente il 57,5% dei bambini possiede un cellulare, (il 36,6% non lo ha ancora) che viene usato per chiamare i geni-tori (73,7%), per scattare fotografi e (61,3%), chiamare gli amici ed invia-re sms (58,6%), giocare (56%), per girare fi lmati (49,5%). Tra i bambini risultano particolarmente diffusi i videogiochi: il 47,6% ha confessato di averne usato di inadatti. Il 38,5% è, tuttavia, consapevole che i video-giochi violenti non sono adatti per loro mentre il 22,4% li considera divertenti. L’8,5% dei più piccoli ha riferito che i videogiochi violenti aiutano a scaricare la rabbia mentre il 4,8% ha affermato che fanno pro-vare un senso di forza e potenza.

ALLA RICERCADELLO SBALLO

Il divertimento dei giovani, secondo il Rapporto, passa, in par-ticolare, attraverso il consumo di alcol: si comincia a bere già a 11 anni ma lo sballo comincia intorno ai 16 anni. Secondo il Rapporto, che cita dati dell’Istituto superiore di sanità, sono 770.000 i giovani sotto i 16 anni che consumano alcol. Il 75% beve il sabato sera: il 35,7% da 1 a 2 bicchie-

nosciuti, il 16,2% di essere coinvolto in attentati terroristici, il 13,9% di perdersi, il 13,5% di assistere a scene violente, il 12,6% di rimanere solo in casa e di essere picchiato da coetanei. Per il 42% dei piccoli i genitori rimangono i principali punti di riferimento nelle situazioni di emergenza e solo una minoranza (3,2%) ha chiamato un numero di emergenza. Il 17% degli adolescenti ha paura di subire violenze ses-suali, seguita dal timore di essere importunati da sconosciuti (11%) e di essere rapiti (9,7%). Ma il 51,6% ha riferito di vivere tranquillo. Sul versante del bullismo, tema preso in esame dall’Eurispes, il 27,8% dei bambini ha detto di essere stato vittima di brutti scherzi (27,8%), il 26,6% di aver subito provocazioni e prese in giro. Il 17,6% è stato invece escluso ed isolato dal gruppo. Se i bambini sono quelli che subiscono maggiormente minacce, furti e per-cosse, le bambine invece lamentano esclusione e isolamento dal gruppo (20,2%). Tra gli adolescenti, il 36,9% ha rivelato di aver assistito ad episodi di bullismo nella propria scuola.

IL FUTURO E L’AMICIZIANonostante i problemi e le

paure, il 56,7% dei giovani nutre abbastanza (43,6%) o molta (13,1%) speranza di trovare un lavoro si-curo; il 42,2% ha poche o nessuna speranza. Un aspetto positivo è dato dall’amicizia tra alunni ita-liani e stranieri. La maggioranza ha dichiarato di aver instaurato un rapporto di amicizia (54,8%) e di provare simpatia (12,6%) o interesse (2,5%).

ltre cento studiosi chiamati a riflet-tere sulla Costitu-zione italiana e sul contesto europeo. Così si è sviluppa-to, tra la Pontifi cia Università Late-

ranense e l’Università di Roma Tre, il convegno “La Costituzione repub-blicana. Fondamenti, principi e valori, tra at-tualità e prospettive”, che si è tenuto a Roma dal 13 al 15 novembre scorsi, voluto dall’Uffi cio per la pastorale universitaria del Vicariato di Roma in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e sotto l’alto patro-nato della Presidenza del-la Repubblica italiana.

UNA COMUNEAPPARTENENZA

Il legame tra l’Italia e il resto dell’Europa risiede in una “comune appar-tenenza a un tessuto di valori umani che sono cresciuti progressiva-mente grazie all’apporto del cristianesimo”, ha affermato il card. Attilio Nicora, presidente del-l’Amministrazione del

OCostituzione

La sfi da dei valoriL’Unione europea tra criticità

e passi avantidi Francesco Rossi

patrimonio della Sede apostolica (Apsa). Riguar-do al contributo dell’Ita-lia nella costruzione di un’identità europea, il porporato ha ricordato come la storia politico istituzionale abbia visto “il nostro Paese, negli anni Quaranta, concorrere alla prima fase dello sviluppo della comunità europea”; oggi, ha aggiunto, tale contributo non si può arrestare, ma dev’essere innovato “nelle sue moti-vazioni e nel suo slancio”. Il cardinale ha dunque invitato a contrastare quel calo di tensione verso le dinamiche comunitarie che sembra percepirsi nel Paese, sottolineando “l’apporto singolare” che l’Italia è ancora oggi chia-mata a dare, grazie alla sua storia e a quel “com-plesso di valori umani” molto radicato e che nasce proprio dal cristianesimo, qui presente come “Chie-sa di popolo”.

LE RADICIDELL’EUROPA

Sui valori si è sofferma-to anche Herbert Scham-beck, presidente emerito del Senato federale della Repubblica austriaca, per il quale “dopo il comu-nismo e la fine delle di-visioni l’Unione europea non può essere soltanto unità economica e mone-taria”. L’esponente poli-tico austriaco ha dunque ribadito la necessità di “basarsi su dei valori”, lamentando tuttavia come nell’evoluzione costituzio-nale dell’Europa sia assen-te l’”invocatio Dei”. Nel Trattato di Lisbona, nello specifi co, “non c’è un rife-rimento alle radici cristiane che hanno fatto l’Europa”, ha sottolineato, ricordando come esse abbiano animato l’impegno dei padri fonda-tori, da Alcide De Gasperi a Jean Monnet, Robert Schuman e Konrad Ade-nauer. “In questo contesto - ha precisato - dobbiamo essere particolarmente gra-

ri, il 27,8% da 3 a 5 bicchieri, il 19% dai 6 bicchieri in su. Il sabato beve l’83% dei ragazzi dai 16 ai 18 anni, il 67% di quelli dai 13 ai 15, il 66,7% di quelli dai 19 ai 24. Il 20% si ubriaca durante il fi ne settimana. Un dato più generale parla di un 51,5% che ha dichiarato di bere alcolici qual-che volta, mentre il fronte di quelli che non hanno mai bevuto si attesta al 38,8%. Tra le ragazze si fa largo il consumo occasionale di alcol: il 55% ha affermato di farlo qualche volta. L’uso di bevande alcoliche avviene per il 49,6% dei casi in feste e ricorrenze e per il 27,9% quando si è in compagnia. La stragrande maggioranza dei ragazzi (83,1%) non ha mai guidato una moto o

un’auto dopo aver bevuto alcolici. La percentuale sale all’88,3% per le ragazze, più prudenti. Non manca la cocaina: rispetto al 2007, sono aumentati i consumatori di oppiacei (+40%) e di cannabinoidi (+21%). I ragazzi dai 14 ai 15 anni consumano nel 77% dei casi cannabinoidi, nel 9% cocaina, nell’8% oppiacei. Simile la situazione dei minori di 16-17 anni: l’81% consuma cannabinoidi, l’8% cocaina, l’8% oppiacei.

CON TANTE PAUREIl Rapporto prende in esame

anche le paure di bambini e adole-scenti. Il 22,6% dei bambini è terro-rizzato dal rapimento, il 16,3% ha paura di essere avvicinato da sco-

nel non favorire questa o quella tra le varie posizioni etiche sussistenti nel corpo sociale”. Un obiettivo che però risulta “impossibile”. Si pensi alle leggi, laddove “un diritto meramente neutrale non esiste e non può esistere”. E anche un diritto che “rinuncia a regolare i fenomeni sociali fermandosi a disciplinare le procedure, nell’ingenua convinzione che in questo modo possa tenersi al di fuori delle varie opzioni etiche, non è neutrale, quindi non è laico”. Una sola, alla fine, la ricet-ta proposta dal docente: sostituire “la forza della ragione” alla “forza delle posizioni delle singole par-ti che si confrontano”.

UN PROCESSOIRREVERSIBILE

Altro punto critico è quello dell’integrazione tra i diversi Paesi dell’Unio-ne Europea. Un processo inarrestabile che procede “anche nei momenti di

crisi”, e non riguarda solo aspetti monetari ed econo-mici. Giuseppe Tesauro, giudice della Corte costi-tuzionale, ha ricordato come il diritto comunitario sia “la testimonianza più forte dell’irreversibilità del progetto di integra-zione”. Pertanto, rispetto all’Europa non si deve avere un atteggiamento distaccato, poiché oggi essa “è qualcosa di molto più vicino al cittadino di quel che non si pensi”. Al centro del sistema non vi sono, infatti, solo temati-che monetarie ed econo-miche, ma aspetti quali “la circolazione delle persone, i diritti fondamentali”. Tesauro ha invitato a ri-fl ettere sul fatto che “mai in passato abbiamo avuto un periodo di pace così lungo” tra i Paesi europei. Una considerazione che da sola basta per rilevare la validità di un progetto co-munitario che, nonostante ritardi e incertezze, “pro-cede inesorabilmente”.

I

Rapporto EurispesTelefono Azzurro:

intrepidi nel virtualee paurosi nel reale

di Daniele Rocchi

ti a Giovanni Paolo II e, ora, a Benedetto XVI, che hanno sottolineato questo elemento, dando vigore a un dibattito sulle radici cristiane dell’Europa”.

IL PROBLEMA DELLA LAICITÀ

Negare l’apporto della religione sembra essere un dato di laicità dell’Europa: in realtà, però, non è così. Anzi, “oggi il problema della laicità dello Stato, delle istituzioni pubbli-che, del diritto, sembra porsi nei confronti del plu-ralismo etico piuttosto che del pluralismo religioso”, ha affermato il rettore del-la Libera Università Maria Ss.ma Assunta (Lumsa), Giuseppe Dalla Torre. In campo biomedico, ad esempio, “si reclama una laicità dello Stato in mate-ria, senza preferenze per posizioni etiche di un tipo o di un altro”. “Dunque, la laicità non starebbe più nel non favorire questa o quella religione, ma

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1530 novembre 2008 n. 43LaVitaa giustizia sociale fatica a rimettersi in moto in Ango-la. Trent’anni di guerre civili e di invasioni stranie-re hanno infatti distrutto il Paese

che, dopo il cessate il fuoco fi rmato a Luanda nel 2002, ha avviato la fase della ricostruzione.

Con la pace, l’Angola è diventata un enorme cantiere. In pochi anni –ricordano gli analisti- i grattacieli sono cresciuti come funghi: per lo più si tratta di sedi delle compa-gnie petrolifere, di banche o di assicurazioni; gli immobiliaristi, incuranti dell’ambiente circostante, caratterizzato da strade fangose e circolazione caotica, costruiscono en-clavi totalmente slegate dal contesto urbano così che nella capitale, appena dietro il porto, vicino a un grande mercato popolare e al quartiere delle amba-sciate, una delle bidon-ville più misere del Paese continua a espandersi su una montagna di rifi uti.

Le diseguaglianze sono lampanti: tra re-gioni, tra zone urbane e rurali, tra costa e interno. Secondo l’Onu, sono tra le più vistose del mondo: il 68,2 per cento della po-polazione, che è pari a 15 milioni di abitanti, vive con meno di due dollari ad giorno; il 60 per cento della popolazione attiva è disoccupata o sottoc-cupata; il degrado delle condizioni sanitarie è reso evidente dalle frequenti epidemie di colera (più di settantamila casi nel 2006, con circa tremila morti).

Sempre secondo le Nazioni Unite, il Paese,

dall’estero

L FARMACO DELLA CRESCITA

Per quei fanciulli che, a causa di una anomalia ormonale (“grave defi cit primario di Igf-I”), non riescono poi -da adulti- a superare una statura di 140 cm. è ora disponibile anche in Italia (vendita ospedaliera) un medici-nale che contiene meca-sermina, capace di far guadagnare ai pazien-ti preziosi centimetri. Commercializzato solo negli Usa e distribuito da poco più di un anno in Gran Bretagna, Spa-gna, Germania e Fran-cia, il trattamento sarà vantaggioso in Italia per 175-320 pazienti. Resta importante che la presenza di gravi difetti legati all’ormone della crescita sia riconosciuta e affrontata per tempo.

ONU E RIFORMEEntro febbraio pros-

simo l’assemblea gene-rale dell’Onu inizierà i negoziati per la riforma del consiglio di sicurez-za delle Nazioni Unite; il documento, che indica le basi per le future con-sultazioni fra le capitali (ma che non contiene raccomandazioni parti-colari che invece verran-no decise dai governi dei vari paesi), individua taluni punti-chiave sui quali sarà concentrata la discussione, come questi: il diritto di veto, la dimensione del consi-glio di sicurezza. L’am-basciatore giapponese all’Onu, Yukio Takasu, ha defi nito la risoluzio-ne come “storica: verrà ricordata negli annali dell’Onu”.

DIFESA RUSSARaffreddati i rapporti

fra Russia e occidente dopo la crisi politica e militare che ha investito la Georgia in due sue regioni confi nanti con la Russia, il premier mosco-vita Vladimir Putin ha deciso, già a settembre, che le spese per la difesa verranno incrementate nel 2009 del 27%: 65 mi-liardi di euro “saranno stanziati per le necessità della difesa nazionale e per la sicurezza”, egli ha precisato. Si tratta di somma corrispondente all’incirca ad un quinto del bilancio complessivo del Pentagono Usa per il 2008, stimato in quasi 460 miliardi di dollari (senza contare gli stan-ziamenti per l’Iraq e per l’Afghanistan).

Dalmondo

Il Paese ha avviato un’ampia ricostruzione che però non riesce ancora a ridurre

il divario socialedi Angela Carusone

attraverso la costruzione di migliaia di chilometri di strade, di ferrovie, di ponti, di dighe, ospedali e scuole. Dalla fi ne della guerra, la parte di bilancio destinata al settore sociale è in forte aumento, e ha raggiunto lo scorso anno il 31 per cento, a scapito della quota destinata alla difesa, che comunque si è attestata al 18 per cento.

“Il gruppo che control-la il potere -afferma però lo scrittore e parlamenta-re dell’opposizione Joao Melo- tende a soddisfare in primo luogo gli inte-ressi delle classi abbienti, presta maggiore attenzio-ne alla privatizzazione di settori strategici che non alle questioni sociali o al recupero dei quartieri popolari. Eppure, in man-canza di politiche di rilan-cio del settore produttivo, soprattutto dell’agricol-tura e dell’industria ma-nifatturiera -spiega- il Paese è condannato a mantenere un tasso di disoccupazione molto ele-vato, e il “rifi uto unanime della guerra ha generato un percettibile sentimento di appartenenza, unendo la gente attorno all’idea di essere prima di tutto angolani”; l’affermazione della coscienza nazionale trarrà maggiore forza dall’eliminazione del-le ineguaglianze e delle asimmetrie regionali e locali.

Il lungo dopoguerradi speranza in Angola

che si colloca al 162° posto nell’indice per lo sviluppo umano, nel 2015 non avrà raggiunto neanche uno degli obiettivi mondiali di sviluppo come salute, educazione, riduzione della povertà, e via di-cendo.

Il petrolio rappresenta il 60 per cento del pro-dotto interno lordo, il 90 per cento delle en-trate che derivano dalle esportazioni e l’83% delle entrate statali. Con una produzione ormai vicina ai due milioni di barili al giorno, l’Angola ostenta i simboli della sua potenza: la ricchezza petrolifera e, dal 2004, i prestiti a tassi preferenziali concessi dal-la Cina (circa quattro mi-liardi e mezzo di dollari) hanno fatto uscire il Paese da una specie di letargo e il governo può vantare numerosi e costosi cantie-ri aperti ovunque.

L’ultima fase del con-flitto, d’altra parte, era stata devastante, provo-cando la distruzione del 60-70 per cento delle in-frastrutture, già danneg-giate dai bombardamenti dell’esercito sudafrica-no. Luanda, poi, ha visto convergere nella zona urbana le popolazioni delle campagne devastate dai combattimenti, e ora i due terzi dei suoi cinque milioni di abitanti vivono ammassati nelle periferie mal servite al punto che, per percorrere i chilometri

Nel mondo si registrano tante “guerre dimenticate”, combattute tra disperati alla ricerca del nulla. Ciò che in questi giorni si sta consuman-do nel Congo, ricca e preziosa regione africana, è proprio una brutta guerra, per lo più dimenticata, trascurata da quanti pensano che in Africa, tutto sommato, è normale ed abituale combattere per pro-blemi relativi alla supremazia etnica. In realtà nella velata indifferenza internazionale, si sta combattendo in Congo un confl itto pesante, che coinvol-ge numerose nazioni e migliaia di persone. L’espressione più usata per defi nire questo con-fl itto è “guerra panafricana”. In realtà qualcuno l’ha defi nita “seconda guerra mondiale africana” o “seconda guerra del Congo”, proprio perché nello scenario di questa guerra, sembrano riproporsi le mede-sime condizioni del confl itto esploso in Congo nel 1998: l’enorme ricchezza fornita dal

sottosuolo del territorio congo-lese e le mire espansionistiche del regime di Kigali che tende a ricreare uno stato prevalen-temente controllato e gestito dai rwuandesi. Così, mentre riesplode il confl itto razziale, che ha già causato in più di un decennio circa cinque milioni e mezzo di morti, le grandi multinazionali, che controllano e gestiscono i prodotti ricavati dalle miniere congolesi, ali-mentano tale confl itto, per ma-scherare l’ingordigia dei propri loschi affari. Infatti accanto alla estrazione dei diamanti e, di re-cente, alla sparizione di uno dei più grossi diamanti puri mai estratti, si affi anca addirittura il losco commercio derivato dall’estrazione dell’uranio, per convogliarlo presso le più moderne ed equipaggiate in-

dustrie occidentali, allo scopo di utilizzarlo per l’atomica. Così i militari delle nazioni afri-cane in confl itto (cioè: Congo, Angola, Zimbabwe, Ruanda, Burundi ed Uganda) hanno dato vita ad un vero e proprio scempio, che ha condotto tutti questi paesi ad “un’orrenda e sanguinosa rovina”, poiché tutte le attività costruttive per l’uomo, quali le manifatture, l’attività portuale, la libera circolazione degli autoveicoli, sono scomparse, per attestare la lavorazione esclusiva dei diamanti. Purtroppo il rica-vato di questo lavoro, non facile, rimane esiguo per i paesi produttori, in quanto le multinazionali possiedono legalmente le concessioni per appropriarsi di tali beni. Oggi il Congo vive una tragedia

umanitària, che si consolida nel silenzio e nell’indifferenza dei paesi occidentali. Più di un milione e mezzo di congolesi cerca di riparare ai confi ni del paese, ma i profughi vengono bloccati, così come interdetti rimangono gli aiuti umanitari. Pertanto, accerchiati ed in trappola, questi fuggiaschi risultano a rischio di soprav-vivenza, perché non possono usufruire né di cibo, né di acqua, né di medicinali. A ciò si aggiunge l’endemica povertà, che si sostanzia in forme di malnutrizione e di insorgenza delle malattie. È tempo che i paesi occidentali comprendano la gravità, per un’emergenza umanitaria annunciata, e che si organizzino, per portare aiuto in termini concreti alle popo-lazioni decimate. È necessario

che li separano dal centro città, i lavoratori delle periferie sono costretti a spendere fino a cinque dollari al giorno per il trasporto. Circa la metà della popolazione, tra cui quattro milioni e mezzo di profughi di guerra, non ha accesso ai servizi di base.

Quest’anno, secondo quanto riferito dal mini-stro delle Finanze Josè Pe-dro de Morais, il bilancio prevede circa otto miliardi di dollari per la ricostru-zione: perché, ha spiegato il governo, la normaliz-zazione della vita ammi-nistrativa e sociale passa

Notizie drammatiche arrivano dal Congo

da un lato inviare dei convogli, con tutto ciò che serve per affrontare un esodo ormai annunciato. Nel contempo bisogna promuovere una di-versa gestione delle ricchezze di questo paese, che conta un elevato numero di lavoratori, anche immigrati da altri paesi confi nanti e lontani.

La guerra del Congo deve servire a far risvegliare le coscienze individuali, troppo indifferenti e tese a risolvere le questioni economiche causate dall’attuale recessione.

Bisogna conoscere i pro-blemi ed optare per forme di concreto aiuto. C’è chi questo lavoro lo svolge da tempo, come le associazioni umani-tarie e caritatevoli, siano esse laiche che cattoliche. Vedere le cruente immagini provenienti dal Congo, non può far storce-re gli occhi di nessuno, poiché questa è un’amara realtà, e non una noiosa fi ction televisiva.

Patrizia Sessa Piliero

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na timida fi -gura di regista strampalato. Ben noto al grande pubblico inter-nazionale, Tim Burton è un au-tore diffi cilmente

etichettabile. Passionale, dark, visionario, attento alla cultura pop america-na dagli anni ’50 a oggi, un riferimento per chi crede ancora nella poesia del cinema. Proposte ori-ginali, irripetibili e stili-sticamente uniche, gene-rando mondi fantastici e personaggi dall’inedito spessore caratteriale. Burton recupera l’esteti-ca dell’eccesso e dei forti colori cromatici, cui cor-rispondono vicende tor-mentate ed eroi emargi-nati. Fiabe, arte, fumetti e una drammatica ironia di fondo trovano asilo nelle surreali inquadra-ture dei suoi fi lm. Nodo cruciale della sua opera è la comunicazione, la diffi coltà di costruire re-lazioni interpersonali e, di conseguenza, lo stra-

U

O ra che le gior-nate si sono fatte più cor-te e che il maltempo torna con maggiore frequenza, può capitare di dover passare la domenica po-meriggio in casa. Se si cercasse di allietare que-sto tempo guardando la televisione, non si trove-rebbe un’offerta a misura di famiglia. Il palinsesto pomeridiano domenica-le delle reti ammiraglie della Rai e di Mediaset è segnato da appuntamenti che si ripetono uguali ormai da anni, secondo il collaudato modello del “programma contenito-re”. Si chiama così quel genere di trasmissione che propone un menù al-l’insegna della mescolan-za di generi, offrendo allo spettatore di tutto un po’ per soddisfare diverse fasce di utenti e allargare la propria platea. Dalla musica al balletto, dall’in-formazione all’intervista, dai giochi ai quiz, dal caso umano alle parentesi sportive, gli argomenti si combinano sotto la sa-piente regia in studio del conduttore di turno, per trattenere il pubblico da-vanti al piccolo schermo.

“Domenica In” è l’antesignano più noto. RaiUno lo ripropone anche quest’anno per l’ennesima volta, suddi-viso in ben quattro parti: “Domenica In - L’Arena”,

“Domenica In…sieme”, “Domenica In - 100 e lode”, “Domenica In - 7 giorni”. Si alternano nel ruolo di padrone di casa Massimo Giletti, Lorena Bianchetti e l’intramonta-bile Pippo Baudo. Nelle loro mani, il programma sintetizza in un pome-riggio le molteplici facce dell’offerta televisiva di oggi, dipanandosi fra casi umani e personaggi eccezionali, discussioni da salotto e battibecchi da bar stadio, squarci sui temi di attualità e gossip mascherato da inchiesta di costume.

Per anni Canale 5 ha cercato di rintuzzare la concorrenza proponen-do “Buona Domenica”, partita sullo stesso mo-dello ma sviluppatasi poi differenziandosi per una tendenza più spiccata al varietà e un clima più scherzoso e ridanciano. Quest’anno, visto il brusco calo di ascolti registrato nelle ultime due edizioni, si è preferito lasciare spazio a trasmissioni di collaudato successo e ridurre lo spa-zio per il programma, ri-masto nelle mani di Paola Perego con il nuovo nome “Questa domeni-ca”. Si punta soprattutto

DENTRO LA TV

Fra chiacchiere e banalità

TERRAZZA SULLE STELLE

Le meraviglie di Tim Burton

niamento dell’individuo “diverso” rispetto alla collettività. Affrontato il passaggio nell’aldilà di Beetlejuice, evidenziata l’angoscia del notturno Batman, l’alterità di Ed-ward mani di forbice, l’in-consistenza della nostra civiltà di fronte all’inva-sione aliena di Mars At-tacks, arriva infi ne a Big Fish. Quest’ultimo, basa-to sul romanzo di Daniel Wallace, è un trionfo di immagini metafi siche o favolistiche: il lungome-traggio affronta il diva-rio generazionale tra pa-dre e fi glio, il contesto è sempre spettacolare e co-lorito. Un inguaribile so-gnatore d’altri tempi che si scontra con la raziona-

“Domenica In…sieme”,

La domenica in un grande calderoneHomo Videns

di Leonardo Soldati

di telespettatori.Si tratta di program-

mi che - soprattutto nel caso di “Domenica In” - si dichiarano rivolti alle famiglie, costruiti sul-l’ambizione di soddisfare gli interessi di grandi e piccini secondo i rispetti-vi gusti, ma che - in real-tà - fi niscono per essere soltanto un grande cal-derone in cui spettacolo e personaggi di varia estra-zione si mescolano alla rinfusa, come in un circo in cui ciascuno è libero di fare ciò che vuole. Se ne ricava la sensazione di uno spazio televisivo che si trascina stancamente fi no al telegiornale della sera, mettendo alla prova la resistenza dei telespet-tatori e dei conduttori stessi, con un esito che

lità del fi glio. Numerosi fl ashback introducono eventi fantastici e assur-di, dove il protagonista, un “Orlando innamora-to”, sfoggia le sue virtù di cavaliere affrontando mille peripezie.

Edward Bloom rein-venta il proprio passato allietando la famiglia con racconti incredibili. Creature soprannatu-rali, luoghi inesistenti e avventure tragicomiche sgorgano dall’immagina-zione del padre morente e urtano la vita del fi glio, desideroso di conoscere la verità. Fellini è uno dei cineasti preferiti da Bur-ton, ne omaggia l’illuso-ria e artifi ciale teatralità nelle scene circensi dai toni accesi e nella resa realistica di accadimenti fuori dal comune. Sug-gestive ed avvolgenti le

composizioni sonore di Danny Elfman, che rende più grottesche le inqua-drature grazie a melodie oscure ed aggraziate alternate a classici anni ’50 e ’70. Una collisione con il reale e lo sconfi na-mento della verità nella bugia divertita ad opera delle sbalorditive rilettu-re del vissuto di Bloom. Un contrasto segnato dai bruschi ritorni al quoti-diano con la malattia che incombe. Il rifi uto di ade-rire al raziocinio da parte del genitore in punto di morte è un messaggio di apertura verso ciò che non risponde a verità, ma che aiuta a vivere se-renamente. Lo spettatore di Big Fish, come il fi glio nel fi lm, è preso dal de-siderio di scoprire cosa si cela dietro la capacità mitopoetica di tanti affa-

bulatori. Forse spetta a noi

distinguere le storie dalle bugie o il coraggio dall’incoscienza, o forse si tratta di comprendere il margine che separa la patologia di un mito-mane dalla simpatia di

un sognatore. L’essenza rifl essiva di Tim Burton stimola più livelli di let-tura, riuscendo a parlare a diverse fasce di audien-ce, senza mirare ad uno specifi co target classifi ca-bile secondo una logica di mercato.

sulle interviste faccia a faccia della conduttrice che, come impone il col-laudato copione della tv strappalacrime, non esita ad affondare le domande nella sfera più personale dei suoi interlocutori pur di scaldare le emozioni del folto pubblico pre-sente tutto’intorno e dei telespettatori. Il nuovo formato della proposta di Mediaset ha annacquato la concorrenza diretta, ma rimane alta l’attenzio-ne verso le percentuali di ascolto e la soddisfazione con cui di volta in volta viene annunciato chi ha vinto il confronto totaliz-zando il maggior numero

spesso sfocia in una noia interminabile. Gli autori sembrano esserne consapevoli e cercano di solleticare l’attenzione del pubblico mettendo in palio soldi facili da conquistare attraverso quiz le cui domande sono

spesso da terza elemen-tare. C’è da sperare che le famiglie italiane abbiano di meglio da fare che pas-sare tutto il pomeriggio davanti a programmi come questi, costruiti sul chiacchiericcio e la bana-lità.