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Italian Workbook

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A workbook explaining the project methodology and what took place in Italian.

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Anno di pubblicazione: 2014

Autori – I partner del progetto TranSpace: Fundación INTRAS (Spagna)Christliches Jugenddorfwerk Deutschlands e.V - CJD BBW Frechen (Germania)Pro Mente Oberosterreich (Austria)Borgorete Società Cooperativa Sociale (Italia)Università di Maribor (Slovenia)The MRS Consultancy Limited (GB)Il Centro di salute Mentale “Prof. N. Shipkovenski” Ltd (Bulgaria)

Coordinamento: Fundación INTRAS (Spagna)Redazione e impaginazione: The MRS Consultancy Limited (GB)

Questo manuale è stato scritto in inglese

Traduzione da inglese a spagnolo: Marcos Astorga Traduzione da inglese a tedesco: : Josef Stupp Traduzione da inglese a italiano: F.J.O’Brien Traduzione da inglese a sloveno: Ajda Šoštarič s.p Traduzione da inglese a bulgaro: Tatyana Markova Gutoranova

© TranSpace Project Partners

La riproduzione del materiale contenuto in questa pubblicazione è autorizzato unicamente per scopi non commerciali e facendo chiaramente riferimento a questa fonte.

Per ulteriori informazioni sul progetto, vi invitiamo a visitare il sito web: http://www.TranSpaceproject.euQuesto progetto è stato finanziato con il supporto del Programma Daphne dell’Unione Europea. I contenuti di questa pubblicazione non riflettono l’opinione ufficiale della Commissione Europea. La responsabilità per le informazioni e le opinioni espresse nella pubblicazione è unicamente degli autori e la Commissione non può ritenersi responsabile per alcun uso che venga fatto delle informazioni contenute.

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INDICEDI CHE COSA TRATTA QUESTO Page 02 MANUALE E COME UTILIZZARLO

INTRODUZIONE AL PROGETTO Page 03 TRANSPACE Un progetto di risoluzione non violenta dei conflitti basato sullo psicodramma

VITTIME E VIOLENZA Page 06Uno studio su aggressione e vittimizzazione tra bambini e giovani con bisogni speciali

BACKGROUND TEORICO Page 12 Concetti di base su Psicodramma, Teoria del Ruolo, Sociometria, Sociodramma e Teatro Playback Psicodramma Page 14 Le tre tecniche di base Page 14 dello psicodramma

I cinque elementi di base Page 17 dello psicodramma

Le tre fasi principali Page 17 dello psicodramma

Teoria del Ruolo Page 18

Sociometria Page 20

Sociodramma Page 20

Teatro Playback Page 21

PROCESSI DI GRUPPO E Page 22 DINAMICHE DI GRUPPO

PSICODRAMMA CON BAMBINI Page 23 /GIOVANI VITTIME DI AGGRESSIONE

IL PROGRAMMA DI FORMAZIONE Page 27 DI TRANSPACE incontro per incontro

APPLICARE TRANSPACE Page 49 A LIVELLO LOCALE Ha funzionato? In Spagna Page 49 In Germania Page 51 In Austria Page 53 In Italia Page 55 In Bulgaria Page 57 Lavori creativi Page 58

RIFLESSIONI SU UN VIAGGIO Page 61 DI APPRENDIMENTO Storie individuali che danno ispirazione Martína Page 61 Dennis Page 62 Rona Page 62 Fabio Page 64 Tom Page 65

CHE COSA DICONO I PARTECIPANTI Page 66 DI TRANSPACE? TranSpace ha funzionato per voi?

VALUTAZIONE DELLA Page 69 SPERIMENTAZIONE DELLA METODOLOGIA

CONCLUSIONI Page 71 Alcuni spunti su cui riflettere

CONTATTI Page 74 Se avete domande…

BIBLIOGRAFIA Page 75 Per approfondire i temi trattati

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Il seguente documento è un manuale creato dai partner del progetto TranSpace, e si basa sulle

esperienze dei partecipanti al progetto e dei loro formatori, che hanno lavorato in vari paesi europei (Austria, Bulgaria, Germania, Italia, GB e Spagna) con giovani svantaggiati. L’iniziativa TranSpace, finanziata dal Programma Daphne III della Commissione Europea, ha l’obiettivo di integrare il concetto di “Oggetto Transizionale” con l’uso dello spazio nello Psicodramma e creare così una nuova metodologia. Il progetto è nato come risposta ad una crescente preoccupazione sull’estensione e la varietà delle tipologie di violenza di cui fanno esperienza bambini e giovani che vivono con problemi di salute mentale. I capitoli che seguono sono dedicati alla teoria, ai laboratori e ai risultati che abbiamo ottenuto utilizzando questa nuova metodologia.

Capitolo 1: Offre un contesto per il progetto TranSpace e per l’importanza di rafforzare i giovani con problemi di salute mentale nel combattere la violenza e la discriminazione.

Capitolo 2: Un riassunto della ricerca condotta dall’Università di Maribor che descrive i risultati dell’analisi condotta sui bisogni dei gruppi target.

Capitolo 3: Le radici teoriche del concetto “spazio personale”. In questo capitolo, troverete un’introduzione alla teoria dello spazio personale e in che modo esso ha un impatto sull’abilità dell’individuo di costruire relazioni.

Capitolo 4: Le attività svolte in ogni laboratorio sono descritte in modo dettagliato.

Capitolo 5: I risultati del progetto TranSpace in ogni comunità e paese.

Capitolo 6: Le esperienze di apprendimento dei partecipanti presentate come casi studio.

Capitolo 7: Questo capitolo contiene commenti personali dei partecipanti riguardo alle loro esperienze di laboratorio e le attività svolte.

Capitolo 8: Ogni paese partner scrive una conclusione sul proprio coinvolgimento nel progetto TranSpace.

Speriamo che leggere questo manuale vi interesserà. Non dimenticate di visitare il sito: http://www.transpaceproject.eu/ Facebook: https://www.facebook.com/Transpaceproject; e Twitter: https://twitter.com/transpace2013 del progetto TranSpace.

Questo manuale è stato disegnato per aiutare il lettore a scegliere i capitoli e gli argomenti con i quali più si identifica. Alternativamente, può essere letto dall’inizio alla fine come qualsiasi libro. Con questa premessa, abbiamo cercato di semplificarne l’impostazione, affinché il lettore possa trovare con facilità le parti di suo interesse - siano esse le teorie, i laboratori o i commenti e le esperienze personali dei partecipanti.

DI CHE COSA TRATTA QUESTO MANUALE E COME UTILIZZARLO

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INTRODUZIONE AL PROGETTO TRANSPACE Un progetto di risoluzione non violenta dei conflitti basata sullo Psicodramma

TranSpace è un partenariato europeo finanziato attraverso il Programma Daphne III della

Comunità Europea – Direttorato Generale (DG) Giustizia. È nato come risposta a una crescente preoccupazione sull’estensione e la varietà delle tipologie di violenza di cui fanno esperienza bambini e giovani che vivono con problemi di salute mentale. L’obiettivo al cuore del progetto TranSpace è quello di offrire ai giovani degli strumenti per combattere efficacemente la violenza perpetrata contro di loro nella vita quotidiana.

Il programma si concentra sull’uso dello spazio come concetto fluido e positivo che permette ai giovani di sviluppare uno spazio intermedio tra la loro realtà interna e il mondo esterno. Essi possono poi usare questo spazio per risolvere i conflitti in modo non violento; per il

pensiero divergente; per l’interazione sociale; per la riflessione su se stessi; e per la crescita personale. Il programma è stato sviluppato ascoltando quello che alcuni giovani vittime di questa violenza hanno voluto condividere sulle loro esperienze e paure. Il programma utilizza anche vari strumenti inter-disciplinari e metodologie che sono disponibili, su richiesta, da ognuno dei partner europei del progetto.

Alla conclusione di TranSpace, i giovani partecipanti sono stati in grado di comprendere e provare, dentro di sé, l’orgoglio di saper gestire delle difficoltà che altri

giovani della loro età non devono necessariamente affrontare. Essi hanno la consapevolezza che

chiedere e ricevere sostegno richiede forza di carattere. Sono consapevoli del loro comportamento e di come dovrebbero comportarsi ed hanno degli strumenti per rispondere positivamente a comportamenti aggressivi e bullismo e superarli con un senso di assertività e maggiore forza.

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Ricerche scientifiche dimostrano che la violenza che coinvolge bambini e giovani disabili è dolorosamente presente. La realtà quotidiana è che bambini e giovani con disabilità intellettuali o problemi di salute mentale sono ancora esposti al bullismo, prese in giro, violenza fisica e psicologica. Infatti, la malattia mentale rimane uno stigma sociale così profondo che l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) e l’Associazione Psichiatrica Mondiale (World Psychiatric Association - WPA) hanno identificato questo problema come una questione prioritaria, che deve essere affrontata. Spesso non compresi, abusati verbalmente, vittime di bullismo, derisi e stigmatizzati, i giovani del nostro target group sono costantemente costretti a negoziare la loro differenza dall’ambiente, cercando disperatamente di trovare un loro posto, spazio e identità.

Il progetto si è articolato attraverso tre azioni principali:

Ricerca: sulla violenza locale, usando strumenti quantitativi e qualitativi per comprendere le problematiche e le esperienze dei giovani che sono stati sottoposti a violenza. Queste analisi dei bisogni sono state raccolte, riassunte e utilizzate per guidare lo sviluppo e l’applicazione della metodologia del progetto.

Sviluppo della Metodologia: un approccio multi-disciplinare per costruire una tecnica di auto-protezione completamente innovativa e altamente trasferibile. È stata disegnata in particolare per questi gruppi target (che, secondo la ricerca, sono i gruppi più vulnerabili). La nuova metodologia è stata sviluppata con la guida della ricerca e utilizzando al meglio l’esperienza e la competenza dei partner.

Applicazione della Metodologia: il cuore del progetto, il suo “tessuto vitale”. Il progetto ha lavorato con più di 200 giovani. Questa fase non ha soltanto visto i paradigmi diventare realtà attraverso le attività laboratoriali, ma anche attraverso attività che hanno utilizzato la metodologia di lotta alla violenza basata sui risultati della ricerca.

Il progetto è durato da gennaio 2012 a dicembre 2014 e ha visto la collaborazione di sei partner di vari paesi europei:l Fundación INTRAS, Spagna (Coordinatore del progetto)l Università di Maribor, Dipartimento di Psicologia, Slovenial ProMente Upper Austria, Austrial Christliches Jugenddorfwerk Deutschlands e.v, Germanial Mental Health Center (Centro di Salute Mentale) “Prof. Nikola Shipkovenski”, Bulgarial BorgoRete Società Cooperativa Sociale, Italia.l The MRS Consultancy, Gran Bretagna

La visione del progetto TranSpace è stata quella di dare a bambini e giovani che hanno disturbi intellettuali o di salute mentale la comprensione e gli strumenti necessari per combattere la violenza psicologica nella loro quotidianità. Il progetto ha fatto questo attraverso un utilizzo innovativo di competenze e metodologie mutuate da varie discipline, ma focalizzate sull’uso dello spazio come strumento per facilitare e rafforzare le loro interazioni sociali. Il ruolo dello “Spazio” come concetto manipolativo è stato introdotto in due diverse pratiche di lavoro e contesti:

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Lo Psicodramma unito alla Tecnica Teatrale è servito come strumento pratico per sviluppare una metodologia adeguata di difesa dalla violenza.

Lo ‘Spazio Transizionale’ (introdotto dallo psicologo D.W Winnicott, 1971 con con l’espressione originale di “Oggetto Transizionale”) ha fornito la definizione teorica di spazio verso la quale si orienta questa metodologia.

Lo “Spazio” come concetto manipolativo e fluido è una cornice d’azione pratica, utilizzata per aumentare la comprensione riflessiva e sviluppare la possibilità di un’azione protettiva non conflittuale. Questo promuove un cambiamento personale e sociale attraverso un meccanismo di difesa positivo, che può continuare ad essere utilizzato dai giovani sia in situazioni che inducono alla violenza psicologica, sia nella vita in generale.

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Perché (Razionale)La violenza nel sistema educativo scolastico e nell’ambiente domestico tra bambini e adolescenti è un fenomeno esteso in Europa, come negli Stati Uniti. I risultati di un’inchiesta nazionale negli Stati Uniti hanno rivelato che approssimativamente il 30% della popolazione di età scolastica ha esperienza di bullismo, come soggetto aggressore o vittima, o ha esperienza di bullismo istigato. (Nansel et al., 2001). Un grande studio transnazionale su quaranta paesi, ad esempio, stima la prevalenza del coinvolgimento in episodi di bullismo tra adolescenti a circa il 26% (Craig et al., 2009). Il bullismo può assumere forme diverse (es. nomignoli, calci, ignorare l’altro…) e può coinvolgere l’intero spettro dei ruoli, a partire dall’essere vittima fino ad essere perpetratori di bullismo. Si è dimostrato che entrambe le cose sono associate a molti fattori diversi, come: il genere; l’età; la famiglia; il quartiere di residenza; o lo status socio-economico (e.g., Jansen et al., 2012). Poiché il coinvolgimento in episodi di bullismo è legato a sviluppi futuri negativi, in termini di salute fisica e di problemi psichiatrici come ansia e depressione (Jansen et al., 2012), una valutazione costante dei tassi di prevalenza e individuazione dei gruppi considerati a rischio è cruciale.Precedenti studi e ricerche hanno indicato che alcuni bisogni speciali, come i disordini psicologici, possono essere legati a un rischio più alto di divenire vittime di bullismo (Cluvera, Bowesc, & Gardnera, 2010). La maggior parte degli studi sulla vittimizzazione degli studenti con bisogni speciali documenta livelli

incrementati di abuso verbale, esclusione sociale e aggressione fisica quando paragonati ai pari (Little, 2002; Marini, Fairbairn, & Zuber, 2001; Norwich & Kelly, 2004).Seguendo la definizione dell’Ufficio di Sanità Materna e Infantile degli USA (US Maternal and Child Health Bureau) (McPherson et al., 1998), i bambini e gli adolescenti con bisogni speciali “hanno o sono a rischio maggiorato di sviluppare condizioni fisiche, comportamentali, dello sviluppo sfavorevoli dal punto di vista dello sviluppo fisico, emotivo, cognitivo. E richiedono altresì servizi sanitari e di accompagnamento di una tipologia e di un costo maggiori di quelli richiesti dai bambini in generale” (p. 138). Esistono numerosi studi che si occupano della prevalenza della violenza contro persone con bisogni speciali. Monchy, Pijl and Zanberg (2004) hanno studiato a fondo l’inclusione sociale e il bullismo in un gruppo di studenti con problemi comportamentali e disordini dello sviluppo pervasivi: Disordine da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), Sindrome di Tourette, Sindrome di Asperger, disordine di attaccamento reattivo e altri. Whitney, Smith and Thompson (1994) hanno incluso studenti con disturbi di apprendimento e disabilità fisiche, come anche ipovedenti e giovani con disabilità uditive. Secondo Whitney e colleghi (1994), il semplice fatto di essere diversa in modo visibile mette la persona a rischio di vittimizzazione. Possiamo affermare che, nel contesto del comportamento aggressivo, “essere visibilmente diversi” è un fattore più importante rispetto al tipo di disabilità.

VITTIME E VIOLENZA Uno studio su aggressione e vittimizzazione tra bambini e giovani con bisogni speciali

Esperienze di aggressione tra giovani con bisogni speciali: perché, come e buone pratiche (come rilevate dallo Studio sulla Violenza Locale di TranSpace)

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Come (Procedura)Gli atti di violenza o il bullismo nel contesto scolastico costituiscono un fenomeno in cui una persona è “esposta ripetutamente e lungo un periodo di tempo ad azioni negative da parte di una o più persone” e “quando una persona intenzionalmente infligge ferite o malessere ad un’altra persona, attraverso contatto fisico, attraverso l’uso di parole o in altri modi” (Olweus, 1993). Di conseguenza, per poter parlare di atti di bullismo si considera l’esposizione prolungata, e non un singolo evento. Lo strumento di aggressione e vittimizzazione (The Aggression Victimisation Instrument - AVI), utilizzato all’inizio del progetto, è stato disegnato per valutare la prevalenza di atti di aggressione o di bullismo contro bambini e giovani adulti con bisogni speciali. Lo strumento si basa su una definizione ampia di aggressione, che comprende atti di aggressione

fisica (es. spinte, calci), aggressione verbale (es. insulti, urla), aggressione relazionale (es. isolamento sociale, atti manipolativi) e il ciber-bullismo (aggressione tramite computer personali o telefoni cellulari).Lo strumento si compone di due parti. La prima parte è un questionario, somministrabile a tutti i bambini e a giovani adulti (con un focus su bambini e giovani adulti con bisogni speciali) di età compresa tra 11 e 25 anni. Comprende 21 affermazioni che trattano

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la prevalenza di atti di aggressione diversi visti dalla prospettiva della vittima e 21 affermazioni visti dalla prospettiva dell’aggressore, oltre a 13 affermazioni sulla violenza in ambito familiare. Nella fase di sviluppo dello strumento, sono state analizzate una serie di misure molto affermate riguardo all’aggressione e vittimizzazione (ISPCAN Child Abuse Screening Tool – Children’s Version (ICAST-CH); Zolotor et al., 2009; Olweus Bullying Questionnaire; Olweus, 1996). Alcune domande sono state adattate dal questionario “Olweus Bullying Questionnaire” e due sotto-scale di valutazione di atti aggressivi in ambito familiare sono state mutuate da ICAST-CH. Tuttavia, è stato applicato alla nostra versione un format di risposta diverso (una scala Likert su 5 punti), con una banda che va da “mai” a “ogni giorno”. Abbiamo altresì aggiunto l’opzione di risposta “non pertinente”, nel caso che il bambino o il giovane adulto avesse problemi a capire la domanda o non si identificasse per nulla con il contenuto della domanda stessa. Un riferimento temporale di sei mesi precedenti è stato incluso nel format di risposta, affinché riflettesse la nostra definizione di atti di violenza/bullismo.La Parte due dello strumento è un’intervista, focalizzata su bambini che hanno già identificato se stessi come vittime di atti di aggressione. Comprende 13 domande principali aperte, con un focus su: situazioni nelle quali si verificano gli atti di aggressione (ambito scolastico e familiare); la percezione della situazione da parte della vittima; l’autostima della vittima e il suo benessere generale. Di conseguenza, l’intervista, con le sue domande aperte, cerca di ottenere una comprensione più profonda della violenza precedentemente emersa dal questionario, esplorando non soltanto le ragioni

che fanno esplodere la violenza ma anche le risposte soggettive e le reazioni emotive alla violenza da parte di bambini e giovani adulti. L’intervista è stata somministrata soltanto a bambini e giovani adulti che nelle domande precedenti avevano risposto di essere stati vittime di violenza, inflitta loro in ambito scolastico o nel contesto familiare.Buone pratiche (Studio Locale sulla Violenza di TranSpace) Nel progetto TranSpace lo Studio ha cercato di rispondere a queste sfide. E’ stato utilizzato in sei paesi europei, all’interno del consorzio dei partner del progetto TranSpace, con un focus sull’empowerment di bambini e adolescenti con bisogni speciali, affinché possano proteggere se stessi dalla violenza quotidiana. L’obiettivo principale dello Studio, considerando gli aspetti quantitativi e qualitativi, era quello di valutare la percentuale di atti di aggressione tra bambini e adolescenti con bisogni speciali in diversi contesti, paragonarne la prevalenza nei diversi paesi partecipanti e ottenere una comprensione maggiore delle dinamiche tra atti di aggressione e risposte delle vittime, conducendo interviste strutturate. Queste analisi sono state necessarie per poter pianificare gli interventi futuri all’interno degli obiettivi del progetto TranSpace.Allo Studio hanno partecipato 204 bambini e adolescenti con indicazione di qualche forma di bisogno speciale; essi provenivano dai sei paesi partecipanti (Austria, Bulgaria, Ungheria, Germania, Italia e Spagna). L’età dei partecipanti era compresa tra 11 e 21 anni (M=15.69; SD=2.67); i quattro bisogni speciali più prevalenti tra i partecipanti erano i seguenti: disordine di deficit di attenzione e iperattività (ADHD; 24.7%), disturbi dell’umore, problemi emotivi (es., depressione; 16.5%),

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disturbi dell’apprendimento (12.9%) e disordini comportamentali (es., comportamento violento e antisociale, 11.8%). I dati sono stati raccolti utilizzando lo strumento AVI, che ha valutato gli atti di aggressione nel contesto scolastico e familiare. Ulteriori informazioni su temi emergenti sono stati ottenuti utilizzando le domande aperte e conducendo delle analisi qualitative. Nella parte quantitativa dello studio, i giovani hanno evidenziato un’incidenza relativamente bassa di atti di aggressione; dalla prospettiva della vittima, la prevalenza è più alta in contesto scolastico. In generale, sono più frequenti forme più ovvie e dirette di comportamento aggressivo (aggressione verbale e parzialmente relazionale nel contesto scolastico,

e vittimizzazione psicologica nel contesto familiare). Una comprensione dettagliata di specifici atti di aggressione si può ottenere analizzando le risposte alle domande specifiche. Atti di aggressione specificamente pertinenti all’aggressione relazionale e verbale sono stati più frequenti. La figura 1 mostra ulteriormente questi risultati. Fare commenti negativi dietro le spalle o urlare a qualcuno sono riportati come gli atti aggressivi più frequenti di cui le vittime hanno avuto esperienza. In contrasto, l’aggressione fisica non è stata riportata come particolarmente prevalente. Bambini e giovani hanno riportato soltanto episodi in cui altri hanno nascosto dei loro oggetti o li hanno danneggiati.

hanno parlato male di te alle tue spalle?

Hanno gridato contro di te?

Hanno detto bugie su di te in modo che tu non piacessi agli altri?

Hanno usato dei nomignoli?

Ti hanno nascosto, rubato o danneggiato delle cose?

Ti hanno preso in giro per la tua nazionalità, religione o aspetto

fisico?

Quante volte negli ultimi 6 mesi i compagni di scuola o altri bambini/ giovani...

0% 20% 40% 60% 80% 100%

5 - Tutti i giorni

4 - Poche volte in una settimana

3 - Poche volte in

un mese

2 - Alcune volte negli ultimi 6

mesi

1 - Mai

10

12.1 7 14 21 45.9

9.4 7.5 9.4 20.8 52.8

6.9 6.9 9.4 27 49.7

8.3 7 5.7 23.6 55.4

6.4 5.1 6.4 29.3 52.9

7.5 2.5 6.9 22 61

Figura 1. Le domande prevalenti sull’aggressione in contesto dalla prospettiva delle vittime.

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Le femmine sembrano essere vittime di aggressione relazionale leggermente più dei maschi; i maschi sono più frequentemente “bulli” rispetto alle femmine. Per i giovani adolescenti, la prevalenza di atti aggressivi è più alta nella categoria aggressione fisica e verbale nel contesto scolastico, ma più bassa nel contesto familiare. Considerando i diversi gruppi di bisogni speciali, la prevalenza più bassa di atti aggressivi è nel gruppo di intervistati con disturbi dell’apprendimento, ma un’attenzione particolare si deve porre al gruppo di giovani con disturbi dell’umore. Per una descrizione dettagliata dei risultati, consultare Musil, Tement, Bakracevic Vukman & Sostaric (2014). Questi risultati sono congruenti con i risultati di studi precedenti nel contesto di bullismo e vittimizzazione. (es., Crick & Grotpeter, 1995; Espelage, Low, & De La Rue, 2012; Monks, Smith, & Swettenham, 2005; Monks et al., 2009; Smith et al., 1999; Wang, Iannotti, & Nansel, 2009). Dalla parte qualitativa dello studio emergono nove cornici tematiche, con l’emergenza della bassa autostima come la problematica più importante, legata al contesto sociale e alle strategie per affrontarla. Le cornici tematiche emerse dalle interviste sono congruenti con studi precedenti. In un’analisi qualitativa di bambini olandesi dislessici e le loro reazioni al bullismo scolastico, Singer (2005) enfatizza la bassa autostima, principalmente accompagnata da problemi nelle relazioni con i pari e sentimento di essere diversi. Adolescenti con Disturbo di Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) vittimizzati hanno riportato livelli di supporto sociale più bassi (Timmermanis & Weiner, 2014), ed esclusione sociale (Shea & Weiner, 2003).

Da un punto di vista pratico, lo studio presentato offre spunti validi per sviluppare programmi di prevenzione e intervento su bullismo/aggressione. Sulla base dei nostri risultati, i programmi di prevenzione e intervento dovrebbero tenere conto delle specificità di ogni paese e focalizzarsi sugli aspetti di bullismo e aggressione che risultano più salienti in ciascun paese. In secondo luogo, il fattore “genere” sembra essere una variabile fondamentale da considerare, in particolare nel lavoro con i perpetratori di bullismo.In terzo luogo, un gruppo importante per una strategia d’intervento è quello dei giovani pre-adolescenti. Sulla base dei risultati emersi dalla parte qualitativa dello studio, programmi d’intervento come, ad esempio, una formazione sull’acquisizione di competenze sociali e interpersonali, si dovrebbero focalizzare sull’autostima delle vittime. In particolare, per incrementare i livelli di autostima (o, in altre parole, per assicurare che il soggetto acquisisca la disposizione mentale di un agente attivo) ogni intervento si dovrebbe focalizzare sul miglioramento delle relazioni sociali dell’individuo e, al contempo, aiutarlo a sviluppare una strategia di coping. Sulla stessa linea, parlare di episodi violenti del passato (strumento AVI) è un mezzo sottile (proiettivo) di influenzare la realtà soggettiva (psicologica) dell’individuo.

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Gioco e Realtà” è l’ultimo libro scritto da D.W Winnicott (F.Robert Rodman MD, 2005). Egli

mette in contrapposizione la percezione creativa, che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta, con la compiacenza, per il cui il mondo e i suoi dettagli vengono visti solamente come qualcosa a cui adattarsi. La compiacenza porta con sé un senso di futilità per l’individuo che si associa all’idea che niente sia importante e che la vita non valga la pena di essere vissuta. Vivere creativamente è una situazione di salute, mentre la compiacenza è riconosciuta come malattia in termini psichiatrici.

D.W. Winnicot ha postulato l’esistenza di uno spazio potenziale tra la madre e il neonato, tra l’individuo e la società, e la sua importanza nel costruire fiducia. Si pensa che la vita creativa abbia origine in questo spazio, che lo rende sacro per l’individuo. Questo è l’unico spazio nel quale il gioco può cominciare

e in cui si creano fenomeni transizionali. Da qui il riconoscimento che questo spazio è vitale per lo sviluppo dell’individuo.

La caratteristica essenziale nel concetto di oggetti e fenomeni transizionali (come lo spazio transizionale) è il paradosso e l’accettazione del paradosso: il neonato crea l’oggetto, ma l’oggetto era già presente e attendeva di essere creato. Lo spazio potenziale si manifesta soltanto in presenza di sentimenti di fiducia. La capacità di formare immagini e di usare queste immagini in modo costruttivo attraverso la loro ricombinazione in forme nuove è dipendente dall’abilità dell’individuo di fidarsi.

Le relazioni cominciano a formarsi quando gli spazi transizionali di due individui che giocano insieme si sovrappongono.

Il nostro approccio è quello di accettare un paradosso e rimanere tolleranti e rispettosi.

BACKGROUND TEORICO Concetti di base su Psicodramma, Teoria del Ruolo, Sociometria, Sociodramma e Teatro Playback

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“E’ possibile risolvere il paradosso, ma il prezzo di questo è una perdita di valore del paradosso stesso.“ (D.W Winnicott, 1971)

D.W. Winnicott ci offre una nuova consapevolezza dei fattori personali nella creazione della realtà. Egli si focalizza su relazioni che divengono “di uso”.

Gli individui che hanno importanza sopravvivono alla costante presenza di fantasie distruttive inconsce. “L’altra persona, sopravvivendo all’odio che emerge come risposta al suo “essere altro” ottiene uno status speciale e diviene qualcuno che contribuisce alla vita, che nutre con qualcosa di autenticamente nuovo.” (F. Robert Rodman MD, 2005).

DEFINIZIONE DI SPAZIO TRANSIZIONALE. OGGETTO TRANSIZIONALE E FENOMENI TRANSIZIONALI.

D.W Winnicott descrive lo spazio transizionale come uno spazio tra lo spazio privato (lo spazio psichico interno) e lo spazio pubblico, che è chiaramente al di fuori di noi. Questo è lo spazio tra la realtà e la fantasia, lo spazio del gioco e della creatività – dove la nostra cultura viene creata, dove può nascere l’amore, dove possono esserci insegnamento e apprendimento, dove si crea arte, dove si può fare terapia.

Nel rispecchiare e abbracciare il bambino, la madre gli dà la sensazione che è al sicuro, che ha il potere di creare qualcosa (di buono o piacevole). Questa illusione narcisistica di onnipotenza è essenziale allo sviluppo del neonato, perché corrisponde alla sua capacità percepita di creare. Se i sentimenti iniziali di onnipotenza del bambino sono supportati, lui si sente sufficientemente al sicuro da voler sperimentare.

Nello stadio iniziale, se il bambino si sente al sicuro,

egli sperimenta la realtà attraverso un processo di prova ed errore.

La madre deve introdurre frustrazione, gradualmente togliendo l’illusione al neonato, affinché egli possa iniziare a comprendere e affrontare la realtà. Per poter gestire la paura e l’ansia di separazione, il bambino crea degli oggetti transizionali, come un giocattolo o una coperta, che gli permettono di orientarsi verso la realtà esterna creando un ponte tra il proprio mondo interiore del sé e della fantasia e il mondo esteriore di persone e oggetti, mantenendo una comprensione che l’oggetto fa anche parte del mondo abitato da altre persone. (Elliott, 2002).

Nello spazio in cui ci sentiamo al sicuro, la creatività, il potenziale e la capacità di agire aumentano. Se il neonato è rispecchiato dalla madre, prova un senso del sé autentico, ottiene accettazione e impara a navigare i suoi potenti bisogni e le sue emozioni. Questo bambino è capace di sviluppare un ego identitario forte e la necessaria fiducia nel mondo e nelle persone. Può sviluppare e mantenere un senso del sé stabile, è capace di vivere in modo creativo, di esprimere spontaneamente i suoi bisogni e sentimenti e creare connessioni autentiche che portano a relazioni interpersonali valide.

Una persona si sente accolta e pronta a connettersi quando lo spazio transizionale è aperto per lei. E sente tristezza quando quello spazio scompare. L’interesse di un neonato verso oggetti transizionali diviene gradualmente obsoleto nel tempo: il bambino perde interesse nell’oggetto e gradualmente lo dimentica, mentre aumentano il suo sviluppo culturale e l’interesse per la cultura (D.W Winnicott, 1971).

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La psicoterapia è un modo attraverso il quale la nostra cultura contemporanea cerca di collegare la discrepanza tra interiore ed esteriore, di creare quello spazio transizionale di cui ogni individuo ha bisogno per sentirsi sicuro e giocare. Così, in senso clinico, noi proviamo almeno a ricreare questo regno transizionale di cui un bambino ha così profondamente bisogno per uno sviluppo adeguato del proprio ego (Elliott, 2002).

PSICODRAMMA Lo Psicodramma è stato fondato da Jacob Levy Moreno, M.D., nel 1921. Il metodo si basa sulla forza vitale della spontaneità e della creatività. Moreno si è focalizzato sulla psicoterapia non soltanto in termini del “sé”, ma anche del sé in relazione con gli altri. Lo psicodramma offre ai partecipanti un ambiente sicuro e di sostegno, dove possono analizzare e praticare dei ruoli e dei comportamenti nuovi ed efficaci. L’uso di metodi sperimentali come la sociometria, la teoria del ruolo, le dinamiche di gruppo e lo psicodramma facilita la comprensione, la crescita personale e l’integrazione su livelli cognitivi, affettivi e comportamentali. Rende le problematiche chiare, aumenta il benessere fisico ed emotivo, migliora l’apprendimento e lo sviluppo di nuove competenze.

LE TRE TECNICHE DI BASE DELLO PSICODRAMMA J. L. Moreno ha creato tre tecniche di base dello psicodramma in corrispondenza degli stadi di sviluppo del ruolo nella prima infanzia.

1. Duplicazione l Dopo la nascita, il neonato percepisce la

madre non come “tu”, ma come un’estensione di se stesso, che serve a soddisfare i suoi bisogni.

l La madre, da parte sua, ignora i propri bisognie sentimenti personali ed empatizza con il suo bambino per sentire i suoi bisogni e soddisfarli.

l La conseguenza è che il neonato prova un sentimento di onnipotenza. l Nel “doppio”, l’Ego Ausiliario (Auxiliary Ego -

AE) agisce come doppio, come una madre, ignora i propri bisogni, pensieri e sentimenti e fa del suo meglio per entrare nel ruolo

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Dipinto di Ciro Palumbo (olio su tela).

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del protagonista (Pr), nella sua situazione, sentimenti, pensieri ed esperienze.

l L’AE si siede, resta in piedi e si muove come il Pr, parla e si guarda intorno come lui.l L’AE diventa capace di verbalizzare

i sentimenti del Pr, che il Pr non può o non ha il coraggio di esprimere.

l Il Pr accetta il doppio corretto, come senon fosse da “te”, senza alcuna resistenza.

l Il doppio non corretto è estraneo al Pr ed egli lo rifiuta.l Se nell’infanzia c’è stata una separazione

tra i mondi di realtà e di fantasia del bambino, o se l’adulto ha soppresso sentimenti e desideri, il processo del doppio ricostruisce l’integrità del primo universo del Pr, che si chiama il livello dell’essere emotivo puro.

2. Specchiol Questa tecnica corrisponde allo stadio dello

sviluppo infantile in cui il bambino scopre

e impara a conoscere il “tu” – il bambino comincia a separarsi dagli altri e a sviluppare un’immagine di se stesso.

l Cresce e realizza che questa è la suaimmagine in uno specchio. All’inizio l’accetta come se fosse un altro bambino e in seguito, gradualmente, riconosce se stesso allo specchio.

l In questa tecnica l’AE riflette come uno specchio, con il Pr sul palcoscenico.l Il Pr osserva se stesso e le proprie esperienze dal di fuori di se stesso, presentate dall’AE, come in uno specchio. l A seguito del confronto del Pr con la propria immagine allo specchio, diviene per lui possibile ottenere una comprensione dei risultati del suo comportamento e sviluppare un’idea di come cambiarli. l Il protagonista guarda l’AE replicare il ruolo che lui stesso ha recitato. Questo è un playback in video “dal vivo”.

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3. Ribaltamento di ruolol Questa tecnica corrisponde alla fase

successiva dello sviluppo del bambino, quando gradualmente diventa capace di entrare nel ruolo di qualcun altro e guardare se stesso dall’esterno.

l Attraverso il ribaltamento di ruolo con lamadre, il bambino impara a parlare la lingua della madre. L’imitazione è la prima forma di ribaltamento di ruolo.

l I bambini fanno pratica di ruoli diversi nei giochi attraverso il ribaltamento di ruolo (madre, padre, dottore, insegnante, autista ecc), facendo “le prove” per la vita reale, allargando il repertorio del ruolo del bambino e permettendogli di scoprire il mondo.

l ll Pr assume il ruolo di un’altra persona significativa, il cosiddetto Antagonista (Ag), e l’AE viene messo nel ruolo del Pr.

l Le persone più importanti della scena sono presentate dal Pr attraverso il ribaltamento di ruolo. Questo è importante per dimostrare come deve essere recitato il ruolo all’ego ausiliario.

l E’ anche utilizzato per aiutare il protagonistaad empatizzare con il punto di vista dell’altra persona.

l Questa tecnica unisce: n Il doppiare” l’altro – entrare nel ruolo di Agn Osservare il proprio “sé” come attraverso uno specchio n Con questa tecnica il Pr non soltanto

oggettifica se stesso come nella tecnica

dello specchio, ma reagisce verso “se stesso” nel modo in cui crede che reagirebbero le persone che sta interpretando.

n Con questa tecnica il Pr estende il suo repertorio di ruoli e aumenta la sua plasticità di ruolo.

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Qualche altra tecnica

Scultura: Il protagonista sposta i membri del gruppo in una rappresentazione fisica di un aspetto della sua vita.

Role Play: Lo scopo del role play è generalmente quello di elaborare strategie alternative e più efficaci alla risoluzione di un problema generale; è spesso usato nel mondo degli affari, della medicina e dell’educazione.

I CINQUE ELEMENTI DI BASE DELLO PSICODRAMMA1. Regista/Direttore (Dir) - Lo psico-drammatista guida i partecipanti attraverso ogni fase dell’incontro e ha la responsabilità di:

n Creare una sicurezza sufficiente per il protagonista e il gruppo;

n Assicurare la riservatezza e la sicurezza fisica all’interno del gruppo;

n Dirigere gli incontri di psicodramma basandosi sulla teoria dello psicodramma;

n Seguire le dinamiche di gruppo e lavorare su di esse se necessario.

2. Gruppo/Spettatori (Gr) - Il numero medio di partecipanti ad un gruppo di psicodramma va da 8 a 12 persone. Essi si incontrano in un dato orario e luogo per lavorare insieme sui compiti contrattuali.

Spettatori: I componenti del gruppo che sono testimoni della rappresentazione e rappresentano il mondo nel suo insieme.

3. Protagonista (Pr) - La persona o le persone selezionate per “presentare il tema attuale” del gruppo sulla scena, la cosiddetta “rappresentazione”.

È questo l’eroe principale, la persona che recita il ruolo principale nello spettacolo, che lavora su un suo tema personale in questo laboratorio pratico, con l’aiuto del Dir, dell’AE e del gruppo.

4. Ego Ausiliario (AE) - un componente del gruppo o un professionista che assume il ruolo di “altro significativo” nella rappresentazione e si muove, parla e reagisce come lui. Assume il ruolo e agisce come gli viene mostrato dal Pr. Questi ruoli possono rappresentare scene reali, o rappresentare una parte del mondo interiore del Pr. Il Pr sceglie l’AE e gli dice quale ruolo recitare. L’ego ausiliario solitamente recita la parte di qualcuno nella vita del protagonista, la parte di una figura fantasticata, un oggetto inanimato, un concetto astratto o uno stereotipo collettivo. Oppure può avere il compito di agire come DOPPIO.

5. Palcoscenico - Lo spazio fisico nel quale la rappresentazione viene condotta, l’area nella quale avviene la recitazione. La parte della stanza di lavoro nella quale il protagonista mostra il suo problema. Con l’aiuto del regista, il Pr “costruisce” la scena nella quale si svolge l’azione. Quest’ultima è la cosiddetta realtà “surplus”, dove il Pr esternalizza la sua esperienza psichica. Può anche agire come uno spazio organizzato in un modo speciale per il gioco di gruppo.

LE TRE FASI PRINCIPALI DELL PSICODRAMMA Ogni incontro di Psicodramma ha tre fasi principali:

1. Riscaldamento/Warm-up (W-up) - Tecniche ed esercizi usati per sviluppare coesione di gruppo, preparare il gruppo per lavorare sui compiti che verranno assegnati, o creare un’atmosfera particolare per far focalizzare i partecipanti su un tema di gruppo. Al termine del riscaldamento, viene

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identificato il tema di gruppo e selezionato un Pr.

2. Azione / Rappresentazione: il problema viene rappresentato e il protagonista esplora nuovi metodi di risoluzione. Situazioni di vita vengono presentate e rappresentate sulla scena, la rappresentazione fisica consiste in incontri con le memorie o le fantasie del Pr, di conseguenza gli eventi ricostruiti appartengono al passato, al presente o al futuro, o possono essere tratti da sogni o fantasie.

3. Condivisione: I componenti del gruppo sono invitati ad esprimere la loro connessione con il lavoro del Pr.

In questa fase, il gruppo siede nuovamente in cerchio e i componenti del gruppo e l’AE danno un feedback e condividono i loro sentimenti con il Pr. Gli argomenti possono comprendere:

l La loro esperienza nel role play; l Identificazione con uno qualsiasi dei ruoli; l e/o con se stessi.

La condivisione offre ai partecipanti (Pr, AE e altri componenti del gruppo) l’opportunità di uscire dal ruolo (“de-role”) attraverso la condivisione delle esperienze e distanziandosi dal ruolo.

La condivisione è intesa soltanto per esprimere sentimenti, non per commenti, critiche, domande o opinioni. Essa aiuta anche il Pr a sentirsi compreso e integrato all’interno del gruppo, dopo aver presentato aspetti molto personali e talvolta difficili della sua vita.

TEORIA DEL RUOLO

La Teoria del ruolo è stata sviluppata negli anni 1920 da JL Moreno. Si concentra sull’incontro autentico e il concetto del mutuo flusso emotivo tra due individui.

Il Ruolo è l’espressione manifesta dell’Ego nell’incontro con un’altra persona, il contro-ruolo. Ogni ruolo ha aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali. Moreno ha fatto una distinzione tra tre tipologie di ruolo:

1. Ruoli psicosomatici sono espressione di funzioni corporee, molte delle quali sono ereditate geneticamente e dunque presenti dalla nascita. Ad esempio, i ruoli di dormiente, mangiante, respirante, amante. Essi dominano l’interazione nei primi anni di vita. I ruoli psicosomatici giocano un ruolo importante nella sofferenza psicologica come disturbi

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dell’appetito, del sonno, della sessualità, nel dolore e, ovviamente, nelle malattie psicosomatiche. In mancanza di un’adeguata consapevolezza del proprio corpo, i ruoli psicosomatici sono separati dalla personalità e visti come sintomi strani, minacciosi e dolorosi.

2. I ruoli psicodrammatici si sviluppano acominciare dalla nascita, attraverso l’interazione tra il neonato e le persone che lo circondano e se ne occupano. Un bambino sano è geneticamente fornito di ruoli, capace di creare un attaccamento con chi lo cura - generalmente la madre. I ruoli psicodrammatici di base vengono stabiliti in forma principalmente implicita dalla prima infanzia, come elementi del processo di attaccamento. Nuovi ruoli emergono costantemente durante la crescita e lo sviluppo, per rispondere alle richieste della vita, in particolare nei momenti di crisi e conflitto. Gli adulti possono essere descritti sulla base del loro repertorio di ruoli disponibili.

a. Una ricchezza di ruoli dovrebbe essere un segnale di salute e di capacità di sopravvivenza.

b. Un repertorio scarso (o atrofia di ruolo) indica una capacità insufficiente di gestire nuove situazioni.

3. I ruoli sociali riflettono i valori della società legati alla cultura, alla famiglia, alle professioni e alle posizioni sociali e politiche.

Ruoli mal funzionanti si possono descrivere come sotto-sviluppati o sovra-sviluppati.

l Difficoltà nel dare o ricevere amore e affettoo nell’essere adeguatamente assertivi sono un riflesso di ruoli sotto-sviluppati.

l I ruoli sovra-sviluppati sono come un “cancro psicologico”. Dipendenze, sintomi ossessivi, ipocondria sono esempi di ruoli estremamente sovra-sviluppati.

Dalmiro Bustos descrive tre gruppi-base di ruoli che esistono in relazione tra di loro:

l Il gruppo “madre” con un’enfasi sull’amore e la dipendenza;

l Il gruppo “padre” con un’enfasi sull’assertività e l’autonomia;

l Il gruppo “fratello” con un’enfasi sulla condivisione, il gioco, la competizione e la rivalità.

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SOCIOMETRIA

Moreno ha indagato la struttura di gruppi e società e sviluppato il concetto di Sociometria (SM). Questo metodo esplora e capisce i ruoli che gli individui scelgono di recitare durante la loro vita. Egli definisce la Sociometria come “una ricerca nell’evoluzione e organizzazione dei gruppi e la posizione degli individui al loro interno”. La misurazione scientifica delle attrazioni e repulsioni dell’interazione sociale. L’esplorazione sociometrica misura, osserva ed interviene nei naturali processi di attrazione/rigetto e compie una valutazione delle reti di relazioni preferite esistenti. Nello specifico, la sociometria è lo studio delle scelte inter-personali che riguardano i criteri di interesse per chi compie l’indagine all’interno di un dato gruppo. Queste esplorazioni possono essere orientate all’azione ed includere atomi sociali, diagrammi di ruolo, relazioni inter-personali,

sociogrammi e reti sociali.

Degli esercizi sociometrici possono essere usati come metodo di misurazione delle relazioni inter-personali, utilizzandoli in un gruppo come “riscaldamento” per interazioni di gruppo.

Scopi della Sociometria: l Facilitare un cambiamento costruttivo in individui e gruppi;l Aumentare la consapevolezza, l’empatia, la reciprocità e le interazioni sociali;l Esplorare le costanti delle scelte sociali e ridurre i conflitti;l Chiarire i ruoli, le relazioni interpersonali e i valori;l Rivelare dinamiche di gruppo palesi e segrete;l Aumentare la coesione di gruppo e la produttività; l Connettere le persone con opinioni o posizioni simili.

Spettrogramma: un metodo della sociometria d’azione. I componenti del gruppo mostrano come si sentono in relazione ad una problematica nel gruppo, o rispetto ad un’affermazione, un’opinione, una posizione o situazione controversa, posizionandosi sopra una linea invisibile di misurazione nella stanza. Questo aiuta ad oggettificare e chiarire le posizioni individuali riguardo a problemi concreti e facilita lo scambio all’interno del gruppo.

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SOCIODRAMMAUna forma di rappresentazione psicodrammatica che ha lo scopo di chiarire le tematiche del gruppo piuttosto che focalizzarsi sulle problematiche di un individuo. Il Sociodramma (SDr) ha come focus i ruoli sociali ed è iI metodo di scelta nel lavoro su problemi sociali come conflitti di gruppo, pregiudizi razziali ecc. SDr è un metodo d’azione nel quale gli individui re-interpretano spontaneamente una situazione sociale che hanno concordato.

l Definire un problema che i componenti del gruppo vorrebbero risolvere; l Trovare una situazione della quale vorrebbero avere una comprensione maggiore.

I partecipanti volontariamente scelgono un ruolo, oppure questo viene loro assegnato dal regista del SDr. Ogni ricostruzione è seguita da una discussione di gruppo, in cui i partecipanti possono condividere

le loro soluzioni o idee e a volte generare materiali nuovi per chiarimenti psicodrammatici futuri. La discussione permette ai partecipanti di avere del tempo per elaborare e integrare gli eventi della rappresentazione. SDr, con le sue componenti di azione/riflessione è un metodo educativo cinestesico, emotivo e cognitivo.

TEATRO PLAYBACK

Il Teatro Playback (PbT) è stato fondato nel 1975 nella Mid-Hudson Valley a New York da Jonathan Fox e la Compagnia originale di Teatro (Playback Theatre Company), con Jo Salas e Judy Swallow.

Questa è una forma di teatro dell’improvvisazione nella quale gli spettatori condividono i loro sentimenti ed esperienze, raccontano storie vere della loro vita e le guardano poi interpretate sul palcoscenico da attori, musicisti e da un conduttore appositamente

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formato. Quando una storia o un evento del passato viene riportato in vita e ricreato sul palcoscenico da un cast di attori attraverso varie metafore, mimi, movimenti, parole o suoni e accompagnato da musica, esso ha il potenziale di dare a chi guarda un punto di vista nuovo sulla storia o sull’evento. Questo può aiutarli a formare un approccio nuovo alla condivisione e anche a ricostruire il presente. La re-interpretazione simbolica o realistica della storia, ascoltata dalla voce di attori e dai musicisti e poi ricostruita in “play back” al narratore in un’atmosfera di apertura e benevolenza non ha un fine terapeutico nel senso stretto del termine, ma certamente contiene elementi di effetti terapeutici più tangibili di quelli del teatro tradizionale. L’esperienza della performance, anche se non raggiunge alcun cambiamento terapeutico, può fungere da elemento motivante per tale cambiamento.Lo scopo è di costruire una comunità attraverso le storie condivise.

PROCESSI DI GRUPPO E DINAMICHE DI GRUPPODinamiche di gruppo si riferisce ad un sistema di comportamenti e processi psicologici che avvengono all’interno di un gruppo. Dinamiche di inter-gruppo sono i processi che sottostanno alle dinamiche e producono una serie di norme, ruoli, relazioni e obiettivi comuni che caratterizzano un particolare gruppo. Tra i componenti del gruppo c’è uno stato di inter-dipendenza, le dinamiche di gruppo influenzano il comportamento individuale.

La formazione del gruppo comincia con la creazione di un legame psicologico tra gli individui. La coesione di gruppo si riferisce ai processi che mantengono connessi i componenti di un gruppo sociale.Ci sono 5 stadi nello sviluppo del gruppo:

1. Forming (formare) – al principio della fase di formazione c’è una certa confusione e incertezza. I componenti si conoscono e condividono le loro aspettative. L’inizio dello sviluppo dell’apertura e della fiducia.

2. Storming (creare tempesta) – alti livelli di disaccordo, critica e conflitto, lotta per il potere e la posizione di leader.

3. Norming (creare norme) – I componenti cominciano a riconoscere e rispettare le differenze individuali, iniziano a sviluppare sentimenti di identità di gruppo e di armonia. Si stabiliscono i ruoli e le relazioni.

4. Performing (funzionare) – maturità e armonianelle relazioni, mutua accettazione, processi decisionali razionali. Il lavoro di gruppo è costruttivo e produttivo.

5. Adjourning (fare un bilancio e salutarsi) – tristezza dovuta alla separazione.

Fattori o elementi del processo di gruppo:l Ruoli;l Relazioni;l Schemi di dominazione e sottomissione;l Caratteristiche di comunicazione e cooperazione; l Gestione del conflitto e risoluzione del conflitto; l Livello di efficacia di gruppo;l Team building (costruzione della squadra) e sinergia.

Alcuni ruoli nel gruppo:l Leader di attività (task leader);l Leader emotivo; l Leader della resistenza; l Pecora nera.

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PSICODRAMMA CON BAMBINI/GIOVANI VITTIME DI AGGRESSIONE

Il metodo classico dello Psicodramma non si può applicare automaticamente ai bambini, a causa di fattori riguardanti lo sviluppo neurologico, ed è particolarmente inadatto a bambini con problemi di salute mentale.

E’ possibile usare sia lo Psicodramma sia le tecniche teatrali in maniera giocosa. Parte integrante delle attività proposte darà ai bambini l’opportunità di sperimentare comportamenti nuovi e diversi.

Le funzioni psicologiche e relazionali attivate dalle tecniche psicodrammatiche sono altresì terapeutiche, perché i bambini fanno esperienza di

un’ampia gamma di metodi d’interazione emotivi e comportamentali.

Il regista ha una funzione di specchio e di doppio per i bambini; può recitare vari ruoli (forte, fragile, infantile, animale, cattivo ecc) ma rimane in ogni caso sempre un adulto, con l’abilità di assumere ruoli adulti (contenimento, creare norme, sicurezza, autorità).

I bambini fanno esperimenti con il sentire di essere piccoli e grandi, fragili e forti. Attraverso l’imitazione e la prova, essi imparano come uscire da ruoli rigidi e ad esplorare nuove possibilità. Il contesto teatrale permette di dare dignità al protagonista e alla sua storia.

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Attraverso il rituale che alterna il ruolo di osservatore e quello di attore, il bambino impara ad accettare il rischio di essere un protagonista; e osservare e dare valore ad altri protagonisti, assumendo un ruolo di supporto. Le dinamiche onnipotenza / impotenza vengono sperimentate ed integrate nel corso dell’azione attraverso i ruoli di attore e osservatore.

Il bambino ha l’opportunità della sperimentazione attiva di un’ampia gamma di ruoli e contro-ruoli.

Un Contro ruolo è un prodotto della realtà che è indipendente e non modificabile sulla base dei desideri. Questo ruolo è recitato in uno spazio sicuro, il bambino è messo nella condizione di escogitare una risposta nuova o un ruolo nuovo come risposta ad una situazione che non può essere evitata con facilità attraverso vecchie strategie comportamentali.

Il bambino attiva la sua spontaneità più facilmente dell’adulto perché ha una gamma ristretta di ruoli interni cristallizzati (conserve culturali).

“Un adulto che gioca con un bambino diventa come un oggetto transizionale mobile, che connette il bambino all’adulto e avvicina il bambino al ruolo dello stesso adulto temuto e alle altre figure adulte interne”.1

Informazioni importanti per condurre laboratori di psicodramma con gruppi di bambini:

1. Il regista e l’Ego Ausiliario professionista sonoresponsabili per le istruzioni e per l’intero gruppo quando si trova nello spazio (fisico e contestuale) della realtà; essi possono recitare ruoli specifici durante le attività che si svolgono nello spazio di semi-realtà.

2. Il regista sottolinea chiaramente il passaggioda momenti di realtà (quello che è qui e ora

nel gruppo) e momenti di realtà/semi-realtà “surplus” (gioco simbolico, drammatizzazione, “come se”). Egli deve enfatizzare e ritualizzare l’alternarsi di attività nella semi-realtà e nella realtà del gruppo. In questo modo i bambini imparano ad alternare azione e riflessione, ego attore ed ego osservatore.

Il contratto operativo con i bambini consiste in alcune regole di base esposte in modo aperto fin dall’inizio delle attività di gruppo:

l Ognuno ha il diritto di essere se stesso e di esprimersi senza essere giudicato. l Non sarà tollerato alcun abuso verbale o fisico.l Non dire cose cattive sugli altri al di fuori del gruppo.l Tutti hanno il diritto di dire “Basta”.l La stanza deve essere pulita e lasciata in ordine alla fine della giornata.

Lavorando con gruppi di bambini, si utilizza la sociometria (SM) per:

l Stabilire connessioni tra i membri;l Creare coesione di gruppo;l Aiutare i bambini a superare la timidezza;l Scopi diagnostici;l Effetti terapeutici.

La SM può essere usata come sociogramma d’azione. Il regista fa delle domande e usa delle linee o spazi diversi sul pavimento per mostrare le possibili risposte. I partecipanti sono invitati a posizionarsi accanto alla loro risposta. Le domande potrebbero essere:

l Su una scala da 0 a 10:

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1 Luigi Dotti, PsyD. - Italy - CHILDREN GROUPS - PARENTS GROUPS:Psychodramatic Method in Children Psychotherapy (presented at IAGP International Conference in Jerusalem - august 2000)

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n Quanto ti senti bene tra i tuoi compagni di scuola?l Domande con due possibili risposte, ad esempio Sì o No– “ricevi aiuto a casa nel fare i compiti?”l Domande con molte risposte possibili– “Con quante persone vivi a casa?”

Il regista crea le domande sulla base di: l Quello che vuole sapere;l Quello che desidera che i bambini vedano con chiarezza; l Quello che i bambini vogliono sapere gli uni dagli altri.

Lavorando con i bambini, il regista deve essere consapevole dei bisogni dei bambini e delle loro vulnerabilità.

l Quando si sta svolgendo la prima attività diSM, si deve conoscere non soltanto lo step 1, ma anche il 2 e il 3 del programma. Il formatore deve essere preparato per qualsiasi eventualità e le soluzioni che vengono create usando i concetti SM (vergogna, esclusione, isolamento, vittimizzazione per un bambino).

l Ai bambini non piace esprimere latinegativi, perché non vogliono alienare se stessi ulteriormente dai loro amici.

l Ai bambini piace esprimere se stessi, i propri hobby, passatempi, cibi preferiti, giochi ecc.l I bambini hanno bassa tolleranza verso le frustrazioni.l I bambini hanno dei tempi di concentrazione e attenzione brevi.

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l È molto importante che, se nel gruppo c’è uncomponente isolato che non viene coinvolto in alcuna attività, il regista ne sia consapevole per poter affrontare la questione.

l Dare sempre istruzioni molto chiare su ognicompito che deve essere svolto, esprimendo e mostrando chiaramente le diverse posizioni e il loro significato, senza alcun giudizio.

l Terminare sempre la SM con qualcosa dipositivo, una conclusione positiva della giornata, che sia essa una canzone o una danza – questo lascerà nei bambini una sensazione di felicità e positività.

Nella scuola ci sono ruoli molto chiari e rigidi. Al loro interno esistono sottogruppi, ad esempio Aggressori o Vittime. Con l’MS potremmo spostarli in sottogruppi sulla base delle diverse identificazioni.

Dopo avere raccolto le risposte, il regista può invitare i due sottogruppi o due partecipanti da ciascun gruppo a cominciare un dibattito sulla base delle loro risposte. Ad esempio, tra i due sottogruppi – “Chi ama la TV?”, “Chi odia la TV?”. È utile avere più incontri e dialoghi tra i componenti del gruppo (il focus deve essere sul dialogo tra i componenti, piuttosto che tra il regista e i componenti del gruppo) per dare ai bambini la possibilità di provare il maggior numero possibile di ruoli.

Se ci sono bambini con qualche tipo di deficit ci sono due possibilità:

l Coinvolgerli e vedere se i bambini vogliono parlare di questo argomento; l Se non vogliono essere coinvolti, focalizzarsi su altro. Non devono essere messi sotto pressione per parlare.

Parlare di problematiche personali/che riguardano la vita a casa può essere una questione molto delicata. Il leader del gruppo deve riuscire a far sì che i bambini si aprano, ma in un modo che non li identifichi come “diversi”. Un esempio di questo potrebbe essere - invece di chiedere: “Chi è stato punito a casa per i brutti voti a scuola?”, si potrebbe chiedere “Chi crede che i genitori hanno il diritto di punire i loro figli per i brutti voti a scuola?” - Questo modo di porre la domanda protegge il bambino dalla vergogna di fronte agli altri. E in questo modo, il bambino impara che non è accettabile che i genitori possano punirli se ricevono dei brutti voti. La reazione immediata del bambino è di tirarsi indietro come un fiore, e ritirarsi nel proprio mondo bloccando tutto il resto.

Il ruolo del leader è di aiutare il bambino ad integrare i propri ruoli forti e deboli e divenire più spontaneo. Questo può essere fatto nel corso di attività di role play. Il regista può prendere e recitare il ruolo debole, verbalizzando i suoi sentimenti e insieme possono cercare una soluzione.

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INTRODUZIONE

La bassa autostima sembra essere il problema maggiormente prevalente e quello più complesso

riportato dagli intervistati, sia in modo aperto sia in modo latente. Può essere considerato come punto nevralgico nello sviluppo della metodologia, perché si trova silenziosamente al cuore della maggior parte delle ragioni e delle conseguenze della violenza. La natura latente della bassa autostima in relazione alla violenza è molto legata al fatto che essa comprende un paesaggio cognitivo ed emotivo molto complesso di rappresentazioni e realtà e delle loro percezioni.

Alcuni di questi bambini hanno avuto esperienze domestiche precedenti di aggressione/abuso, che non hanno mai imparato ad affrontare e, di conseguenza, vedono ancora ripetersi questi episodi tra le altre realtà. Di conseguenza, ogni nuovo atto di violenza riconferma per loro la “normalità” di questi episodi e dei ruoli recitati. Il problema di mantenere il controllo in situazioni aggressive e mantenere i nervi saldi nel momento di interazione intensa è un aspetto al quale andrebbe prestata molta attenzione, in particolare per elaborare un meccanismo per la creazione di uno spazio

IL PROGRAMMA DI FORMAZIONE DI TRANSPACE Incontro per incontro

LABORATORIO 1: CREARE UN LUOGO SICURO

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mentale tranquillo, uno spazio che non permetta all’aggressione di entrare e/o uscire, trasformandosi in azione. Questo tipo di spazio permetterebbe al soggetto di riflettere su una situazione intensa come se avvenisse “al di fuori” e permettergli quindi di agire in maniera controllata.

Ogni bambino ha bisogno di:n Luogo sicuro = sicurezza, calore, cibo, ammirazione.n Esplorazione = andare all’esterno ed esplorare il mondo, avere contatti con gli altri, muoversi liberamente.

Il bambino deve imparare: n A mantenere i propri confine e rispettare i confini degli altri.n A riconoscere quando e quanto aprire i propri confini. n Ad entrare in contatto reale con un altro bambino – contatto non vincolante.n Che la frustrazione fa parte della vita. n Che possiamo avere opinioni diverse, ma mantenere un’amicizia.

La competenza sociale consiste in: n Aperturan Empatian Assertività n Risoluzione dei conflittin Iniziativa

ATTIVITÀ PROPOSTE1. Esercizi per imparare a conoscere i nomi; 2. Regole di lavoro e contratto di gruppo; 3. Sociogrammi d’azione;4. “Castello Magico”;5. Circolo di riflessione;6. Rituale per “arrivederci”.

Obiettivi: Far parlare i bambini di questioni in un ambiente sicuro e di fiducia.

La fiducia è un fattore chiave nel lavorare sulle emozioni dei bambini. Essi devono sentire di trovarsi in un ambiente nel quale sono accettati di loro pari. Attività di gioco e attività “rompi-ghiaccio” saranno svolte, in particolare nel caso in cui alcuni bambini non si conoscano.

Attività 1. Esercizi per imparare a conoscere i nomi

Descrizione dell’attività:

I bambini e 2 direttori (leader) si siedono su delle sedie disposte a cerchio. C’è una sedia vuota lasciata accanto ad uno dei leader.

All’inizio ognuno si presenta. Il leader dice “vorrei che……(nome di uno dei membri del gruppo) venisse a sedersi alla mia sinistra camminando come ……….(un tipo di animale, una persona o un altro oggetto mobile). Il bambino nominato si siede sulla sedia vuota, lasciando libera un’altra sedia. Il bambino seduto alla destra della sedia vuota dice “vorrei che……(nome di uno dei membri del gruppo) venisse a sedersi alla mia sinistra camminando come

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……… Il gioco non finisce prima che tutti i bambini abbiano cambiato posto.

I bambini imparano i nomi, l’atmosfera nel gruppo diventa di gioco e i bambini hanno l’opportunità di divertirsi in uno spazio dove non esiste il giudizio.

Materiali occorrenti: nessuno

Tempo richiesto: 10 min.

Attività 2. Regole di lavoro e contratto di gruppo

Il leader spiega al gruppo le regole di lavoro: l Tutti hanno il diritto di essere quello che sono e di esprimersi senza essere giudicati;l Non farsi male – fisicamente o verbalmente;l Non parlare male degli altri ad di fuori del gruppo; l Tutti hanno il diritto di dire “Basta”;l Pulire e ordinare la stanza alla fine del gioco.

Materiali occorrenti: nessuno

Tempo richiesto: 10 min.

Attività 3. Sociogrammi d’azione

Il leader svolge alcuni SM L’obiettivo principale del sociogramma è di far conoscere tra di loro i bambini attraverso attività di gruppo. Da queste attività il regista può raccogliere ulteriori informazioni e ottenere un’impressione generale delle problematiche che hanno. Il leader pone una serie di domande e i bambini si posizionano accanto a ciascuna delle diverse risposte. Alcuni esempi:

n A chi piace andare a scuola e a chi non piace? n Chi ha fratelli/sorelle e chi non ne ha? Quanti? n Con quante persone abitate in casa?n A chi piace guardare la TV e a chi non piace?n A chi piace giocare all’aperto con i bambini/

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camminare con gli amici e chi preferisce stare a casa? n Chi ha animali domestici e chi non ne ha?n Quali sono i vostri cibi preferiti, attività, programmi TV?

Materiali occorrenti: nessuno

Tempo richiesto: 20 min.

Attività 4. “Castello Magico”

Obiettivi: Aiutare ciascun membro del gruppo a creare il proprio Castello Magico – per trovare strumenti interni di forza, amore e sostegno – un luogo in cui possa fuggire, riposare e ricreare la propria forza. Materiali occorrenti: Corde – di 4-5 metri, una per ogni partecipante. Requisito – pezzi di stoffa grandi – colori diversi, cappelli ecc. Descrizione dell’attività:I partecipanti sono invitati a pensare ad un luogo sicuro in cui sono stati o vorrebbero trovarsi, nel quale si sentirebbero sicuri, protetti, amati e apprezzati. Le istruzioni sono: “immagina che questo luogo sia il tuo castello, visualizzalo, sentilo, toccalo, e pensa a qualcuno (nella vita reale o nell’immaginazione) che verrà a vivere con te nel castello:

l “Chi ti potrebbe proteggere / difendere (il tuo esercito?)”l “A chi piaceresti e chi ti potrebbe ammirare?” l “Chi ti amerebbe e chi risponderebbe ai tuoi bisogni?”

Dopo questa premessa, i partecipanti sono invitati ad organizzare parte della stanza per trasformarla nel proprio castello e utilizzare le corde per stabilirne i confini.

Il direttore visita i castelli uno ad uno, recitando la parte del giornalista che fa delle domande per aiutare i partecipanti a presentarsi ed aumentare le proprie fantasie ed immagini interiori. Chiede loro come si sentono ora, con questa protezione, ammirazione e cura. In seguito, il leader invita ciascun partecipante a stabilire una comunicazione con gli altri, sulla base della nuova esperienza di forza e di auto-stima.

L’ultima istruzione data è quella di trasportare dentro di sé questo luogo sicuro e tornare alla realtà con questa immagine di se stessi nel “Castello Magico”.

Attività 5. Circolo di riflessione

Ogni giorno, al termine delle attività, tutti i bambini sono invitati a partecipare ad un Circolo della riflessione. Questo è uno spazio aperto in cui ognuno è invitato a condividere le proprie sensazioni durante i diversi giochi, dire che cosa gli è piaciuto e che cosa invece non gli è piaciuto, e quello che vorrebbe fare diversamente nell’incontro successivo.

Attività 6. Rituale del “buon giorno”

Rituale dell’arrivederci –

I partecipanti, insieme ai formatori, formano un cerchio e si tengono per mano. Il formatore dice: “Arrivederci, i miei migliori auguri, ci vediamo il .... (data) alle ........ (orario).” Poi, tutti i membri ripetono la stessa frase e concludono l’incontro.

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INTRODUZIONE

Gli intervistati hanno affermato in modo costante che un aumento dell’autostima e il sentirsi più

a proprio agio con se stessi li aiuterebbe a sentirsi più forti. Probabilmente essi hanno ragione nel fare questa ipotesi, e questa è la ragione per la quale il Comitato per la Metodologia deve costantemente affrontare questa problematica ampia e complessa nei modi più diversi. La bassa autostima sembra essere in molti casi la cornice di fondo dietro l’inabilità di costruire un meccanismo di difesa adeguato contro la violenza. Le vittime di aggressioni violente tendono a rispondere a queste aggressioni con il silenzio, abbassando la testa e con la fuga mentre, in alcuni casi, l’ansia indotta dalla violenza è così forte da evocare comportamenti auto-lesionisti.La sfida maggiore nell’affrontare i problemi di bassa autostima e il conseguente comportamento delle vittime è quella di far emergere uno strumento per permettere a questi giovani di pensare da soli, articolare da soli, riflettere su se stessi e asserire se stessi. ATTIVITÀ PROPOSTE

1. Alcune attività di sociometria;2. Role play di situazioni comuni di bullismo;3. Circolo di riflessione.

Obiettivo: Aiutare i giovani a realizzare la dinamica della relazione tra la vittima e l’aggressore.

Materiali occorrenti: nessuno

Attività 1: Alcune attività di sociometria

l “Nella tua opinione, in che misura la bassa autostima rappresenta un ostacolo per qualcuno che cerca di proteggersi dall’aggressione?” (da 1 a 10) “Perché?” (dialogo tra i partecipanti).

l “Nella tua opinione, quanto dovrebbe essere assertivo qualcuno che deve difendersi da un aggressore?” (da 1 a 10) “Perché?” (dialogo tra i partecipanti).

LABORATORIO 2: Riflessione sulla relazione con l’aggressore. Perché non sono capace di reagire in modo adeguato?

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l “Nella tua opinione, in che misura la debolezza fisica può essere vista come la ragione per la quale qualcuno diventa vittima di aggressione?” (da 1 a 10) “Perché?” (dialogo tra i partecipanti).

l “Nella tua opinione, quanta forza interiore si deve avere per fermare un’aggressione?” (da 1 a 10) “Perché?” (dialogo tra i partecipanti).

Attività 2. Role play di una situazione tipica di bullismo

Il gruppo descrive una situazione e stabilisce i ruoli di ciascuno. I giovani recitano quello che succede. Poi il partecipante che ha il ruolo della “vittima” cerca di cambiare il proprio comportamento. Cerca di chiedere aiuto e parla apertamente della situazione. Chiede agli altri di alzare la voce e recitare scenari diversi. I partecipanti che hanno gli altri ruoli osservano il cambiamento nella nuova situazione. I partecipanti fanno a turno, scambiandosi i ruoli e facendo quindi l’esperienza di come ci si sente nei diversi ruoli.

Attività 3. Circolo di riflessione

Circolo per condividere e riflettere sugli eventi della giornata: tutti sono invitati a condividere le proprie sensazioni durante i diversi giochi, dire che cosa gli è piaciuto e che cosa invece non gli è piaciuto, e quello che vorrebbe fare diversamente nell’incontro successivo.

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INTRODUZIONE

Fuggire, chiudersi al mondo esterno o pigiare il bottone mentale “spento” emergono spesso nei

giovani come reazioni alla violenza. Le tendenze alla fuga si estendono molto al di là di una situazione violenta e penetrano nella vita funzionale quotidiana di una vittima (ad esempio manifestandosi con il non andare a scuola, ecc). La fuga deve quindi essere considerata molto più seriamente del semplice chiudersi di fronte ad una situazione violenta: è una modalità d’essere e, come tale, agisce come una difesa paralizzante contro la realtà, contro la vita che accade, contro il sentir scorrere la vita e contro il costruire qualcosa di significativo, al fine di non sentirsi sopraffatti dagli alti e bassi della vita. La fuga è una tematica importante da trattare nella metodologia e la sua importanza deriva dal non interpretarla come un meccanismo di coping funzionale in situazioni di violenza, bensì come una stampella che impedisce di vivere una vita piena al fine di tentare di evitare il confronto ad ogni costo.La sfida nell’affrontare la fuga è nel trovare uno strumento per I giovani che permetta loro di non ritirarsi quando la vita diventa difficile. La vita è un magnifico dono e viverla pienamente nel presente è molto meglio che tirarsi indietro mentalmente, emotivamente e fisicamente. Per questa ragione, si devono sviluppare delle strategie per affrontare le situazioni che possano offrire un meccanismo potente di partecipazione alla vita.

ATTIVITÀ PROPOSTE1. Giochi di riscaldamento per affrontare lo scontro – 20 min.2. Dibattito in piccoli gruppi (25 min.) e role play – (25 min.)3. Condivisione e circolo di auto-riflessione - 20 min.

Obiettivi: l Esplorare la propria forza interiore – la propria voce della ragione, le debolezze ed imparare come canalizzare questa energia in qualcosa di positivo, non negativo.l Imparare che non ci sono soltanto persone forti e persone deboli, che ognuno ha entrambi questi lati. l Riconoscere la propria forza reale, e non vergognarsi quando si fa esperienza di un’emozione “debole”. Materiali occorrenti: nessuno

LABORATORIO 3: Imparare come affrontare la situazione. Imparare come evitare l’autolesionismo e i comportamenti di fuga.

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Attività 1. Riscaldamento con giochi per “affrontare”

L’incontro comincia con degli esercizi fisici – giochi per “affrontare”:

I giovani lavorano in coppia.

I due partecipanti in coppia stanno in piedi guardandosi e i palmi delle loro mani si toccano. Devono assumere una posizione stabile sul pavimento. Quando il leader dà il segnale, tutti cominciano a spingere contro il palmo dell’altro.

Nessuno può muovere le gambe. Il gioco consiste nel far muovere le gambe del compagno. Non possono spingere il partner sul pavimento o deliberatamente farlo cadere a terra.

Se possibile, è una buona idea scambiare le coppie, tra compagni di altezza e peso simili. I due compagni stanno in piedi e le loro schiene si toccano. Quando il leader dà il segnale, tutti cercano di far avanzare il proprio partner, senza usare le mani, soltanto facendogli fare dei passi.

I partecipanti cambiano partner; non serve essere

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fisicamente simili. Si decide chiamando “numero 1”, “numero 2” ecc. Numero “1” deve fare un gesto con le mani, come se volesse colpire numero “2”. Numero “2” deve dire / urlare “Basta”. Devono rifarlo più volte; fino a quando “2” riesce ad articolare un “Basta” abbastanza forte. Devono poi scambiarsi di ruolo e ripetere lo stesso esercizio. Se c’è bisogno, i formatori possono dare una dimostrazione di come si svolge l’esercizio. I partecipanti cambiano ancora partner. Decidono chi sarà il numero “1” e chi il numero “2”. Il numero “1” chiede al numero “2” di dargli tutti i suoi soldi. “2” dice “No, non lo farò!” Dopo alcune ripetizioni, si scambiano di ruolo.

Attività 2. Dibattito di gruppo

Una volta completato l’esercizio, il gruppo si ritrova insieme in cerchio e tutti sono invitati a condividere l’esperienza del role-play. Tutti hanno l’opportunità di dire quello che hanno scoperto o imparato dall’incontro.

Il gruppo si divide in due sotto-gruppi:

1. Il primo gruppo assume il ruolo dei bambini fisicamenti debole – sono le “vittime”;

2. Il secondo gruppo assume il ruolo dei bambini forti e “aggressivi” – sono gli “aggressori”.

Nei loro sotto-gruppi devono pensare a:

1. – “Qual è la loro forza non fisica?” “Come potrebbero usarla?”

2. – “Qual è la loro debolezza non fisica?” “Che cosa li fa sentire spaventati?”

I due leader possono entrare nei sotto-gruppi per aiutare e stimolare la discussione, ad esempio, dicendo: “Io sono fisicamente debole, ma sono abbastanza forte da non rubare una cosa che non è mia, anche se mi piacerebbe tantissimo averla”. “Io sono forte abbastanza da chiedere aiuto quando da solo non ce la faccio, anche se questo non è bello per me”.

Questo genere di “doppio” può anche essere usato nel sotto-gruppo degli aggressori “Ho paura che qualcuno possa dire al direttore / a mio padre quello che faccio e che lui mi uccida”.

Dopo la discussione, i due sotto-gruppi si mettono uno di fronte all’altro e si confrontano (verbalmente) usando quello che hanno appena imparato.

I due sotto-gruppi si scambiano i ruoli e ripetono l’esercizio.

Attività 3. Circolo di riflessione

Circolo per condividere le riflessioni dell’incontro: ognuno è invitato a condividere le proprie sensazioni durante i diversi giochi, dire che cosa gli è piaciuto e che cosa invece non gli è piaciuto, e quello che vorrebbe fare diversamente nell’incontro successivo.

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INTRODUZIONE

Quando i giovani hanno imparato a pensare nel loro spazio da una distanza mentale; quando

hanno imparato come comprendere il loro spazio in relazione allo spazio altrui; quando hanno imparato a formare delle barriere tra lo spazio che è “me” e quello che è “non me”, essi possono anche cominciare ad accogliere il loro spazio, abitarlo e, infine, difenderlo. Un aumento reale dell’autostima e una diminuzione nel comportamento da “vittima” possono non verificarsi spontaneamente in questi giovani, ma possono avvenire come risultato dell’acquisizione graduale di una disposizione mentale di “agente attivo”, che spinge verso una comprensione profonda di se stessi e degli altri.

ATTIVITÀ PROPOSTE- L’eroe preferito

Materiali occorrenti: corde di 4-5 metri, una per ciascun membro del gruppo –pezzi di stoffa grandi – colori diversi, cappelli diversi ecc .

Tempo richiesto: 60 min.

Obiettivo: creare barriere intorno al proprio spazio interno sicuro e imparare quando aprirlo, per chi e quanto.

Attività 1. “L’eroe preferito”

I partecipanti sono invitati a pensare al loro eroe preferito – da favole, libri o film. Devono poi immaginare di essere l’eroe e organizzare il proprio spazio come se lo fossero (casa, foresta, barca…).

Usano le corde per marcare sul pavimento i confini e decidere se c’è una porta o meno, chi può entrare e come. Possono utilizzare tutti i materiali e la loro immaginazione e recitare la parte del loro eroe preferito.Il leader chiarisce che ognuno nel suo spazio ha potere assoluto e che può decidere tutto sul proprio spazio e sul proprio eroe, anche se non dovesse essere esattamente come quello della storia originale. Tutti sono invitati ad essere creativi e spensierati quanto vogliono.Quando tutti i partecipanti hanno creato lo spazio del loro “eroe preferito”, il leader chiede se può visitare lo spazio, e loro descrivono le regole e i requisiti delle loro case. Al termine del role-play, i partecipanti condividono le loro esperienze di gioco e parlano di ciò che hanno imparato. L’auto-riflessione si concentra sugli elementi che hanno dato loro la sensazione di essere abbastanza al sicuro da uscire fuori dallo spazio o da invitare qualcuno vicino al loro spazio.

LABORATORIO 4: Formare barriere tra il mio spazio e lo spazio degli altri.

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INTRODUZIONE

Un altro aspetto della violenza che sembra emergere costantemente e ripetutamente in

molte interviste è quello dell’esclusione sociale intenzionale, attiva e dura: molti giovani riportano di essere completamente esclusi dai gruppi sociali. Gli altri passano loro accanto come se fossero dei fantasmi. Quando le vittime provano ad avvicinarsi ai loro gruppi di pari e ad entrare nei gruppi di pari, vengono spinti via intenzionalmente e con determinazione militante dai membri del gruppo. Normalmente, l’essere ignorati si accompagna ad altre forme di violenza, generalmente più pesanti. L’esclusione sociale, quindi, si manifesta generalmente come meccanismo aggiuntivo di ostracismo che accompagna altri atti di violenza e riconferma lo status della vittima come soggetto isolato e indifeso. Non essere inclusi in gruppi di pari e non essere ascoltati quando si cerca di parlare significa risiedere in uno spazio invisibile, che non permette suoni o immagini, nonostante il desiderio che si possa avere di produrne. Rompere l’invisibilità, rendere l’invisibile e il silenzioso visibili e riempirli di suoni: è questa la vera sfida. Anche questa cornice tematica va considerata in relazione all’autostima, come motore della partecipazione sociale assertiva.

ATTIVITÀ PROPOSTE

1. Riscaldamento con sociogrammi d’azione – 30 min2. Role play – 40 min3. Condivisione e circolo di riflessione – 20 min

Materiali occorrenti: nessuno Obiettivi:

n Insegnare ai giovani che non c’è ragione per tenere segreta la violenza perché non ne hanno colpa; n Far comprendere che mantenere il segreto dà potere agli aggressori; n Insegnare ai giovani che hanno il diritto di chiedere e ricevere supporto, e non devono vergognarsi di mostrarsi deboli.

(Qui dobbiamo rimanere nello spazio del pensiero, non chiedere ai giovani di condividere esperienze personali di aggressione, perché si potrebbero aprire argomenti dolorosi e negli incontri non c’è né il tempo né sempre la presenza di professionisti competenti a fare psicoterapia.)

Attività 1. Riscaldamento con sociogrammi d’azione

Il direttore conduce vari SM: 1. “Chi pensa che il bambino ha il diritto di

dire ai suoi genitori se qualcuno è aggressivo nei suoi confronti e chi pensa che non abbia questo diritto?” Dopo avere formato due gruppi con opinioni opposte: “Perché?” – Ogni partecipante spiega la sua motivazione. Gli altri hanno il diritto di cambiare posto se, ascoltando la motivazione, cambiano idea.

2. “Chi pensa che i genitori devono proteggere il bambino se è vittima di aggressione, e chi pensa di no?”, “Perché?”

LABORATORIO 5: Rompere l’invisibilità, rendere il silenzio e l’invisibilità visibili e riempirli di suono: empowerment.

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3. Come il numero 1. ma sugli insegnanti

4. Come il numero 2. ma sugli insegnanti

5. “Chi pensa che i genitori hanno il diritto di punire il bambino per qualsiasi motivo e chi pensa di no?”, “Perché?”

6. Come il numero 5. ma sugli insegnanti

7. Come il numero 5. ma sugli altri bambini

8. “Chi pensa che la vittima ha colpa e chi pensa di no?” “Perché?”

9. “Chi pensa che la vittima deve tenere segreta l’aggressione e chi pensa che deve invece trovare qualcuno per parlare di quello che gli succede?” “Perché?”

10. “Chi crede che la debolezza sia motivo di vergogna e chi pensa di no” “Perché?”

Durante il dialogo tra i due gruppi, i leader si posizionano in un posto o in un altro con affermazioni

diverse per fungere da modello e per stimolare i partecipanti a seguirli. Alla fine del dialogo per ciascuna domanda, essi supportano e dichiarano chiaramente qual è la risposta migliore.

Attività 2. Role play – Chiedere aiuto

Il gruppo sceglie una situazione nella quale il giovane deve chiedere aiuto (all’insegnante, ad un poliziotto, ai genitori). Descrivono i ruoli e per ogni ruolo ci sono due partecipanti. Si scambiano di ruolo e parlano di questa esperienza e del risultato ottenuto quando è stato loro chiesto aiuto.

Attività 3. Condivisione e circolo di riflessione

Circolo per condividere le riflessioni dell’incontro: ognuno è invitato a condividere le proprie sensazioni durante i diversi giochi, dire che cosa gli è piaciuto e che cosa invece non gli è piaciuto, e quello che vorrebbe fare diversamente nell’incontro successivo.

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INTRODUZIONE

L’alterità è qualcosa di strettamente legato a problemi di salute mentale o difficoltà di

apprendimento e dovrebbe essere affrontato come tema nella metodologia. Chi non si adatta all’immagine delle rappresentazioni dominanti diventa l’”Altro”, in particolare le persone con problemi di salute mentale e difficoltà di apprendimento. Per questo motivo, è importante riflettere e articolare l’alterità, non solo per trovare e far valere un posto per se stessi come “Altro”, ma anche per riconoscere che essere diversi dalle strutture di identità dominanti merita un posto a sé stante come un elemento di arricchimento. In generale, i giovani coinvolti in questo progetto sono tutti in potenziale pericolo di emarginazione a causa delle loro difficoltà ed è quindi fondamentale che essi imparino a vivere l’Alterità in qualsiasi forma, al fine di imparare come integrarla nella propria realtà cognitiva ed emotiva e diventare così capaci di dare voce all’alterità da una posizione di soggetto che legittimamente merita il suo spazio.

ATTIVITÀ PROPOSTE 1. Sociogramma d’azione – 30 min2. Il fiore come risorsa – 30 min3. Condivisione e circolo di riflessione - 20 min

Materiali occorrenti: carta e penne

Obiettivo: Permettere ai giovani di cominciare ad accettare la propria “alterità” / “differenza” come elementi della propria vita, e non qualcosa con cui sentirsi a disagio.

Attività 1. Sociogramma d’azione

Il leader conduce il SM con delle domande: n “Conosci qualche bambino che è “diverso” dagli altri?” (“Sì” – “No”)n “Che cosa li rende diversi? (formare sottogruppi di risposte)n “Vi sono simpatici?” (“Sì” – “No”) “Perché?”n “C’è qualcuno che vi fa sentire diversi?”n “Conoscete persone che pensano che i bambini “diversi” hanno meno diritti?”n “Sapete che i bambini “diversi” a volte superano più difficoltà per raggiungere gli stessi risultati degli altri?”n “Pensate che meritino più rispetto per il fatto che si trovano a lottare con difficoltà maggiori?”

Durante la discussione tra i due gruppi, i leader si posizionano su entrambi i lati con affermazioni diverse per fungere da modello e per stimolare i partecipanti a seguirli. Alla fine del dialogo per ciascuna domanda, essi supportano chiaramente la risposta migliore.

A

LABORATORIO 6: Articolare l’alterità: Ognuno merita un posto in tutti i gruppi sociali e ha dei diritti. La differenza (dall’identità dominante) come elemento di arricchimento.

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Attività 2. Il “fiore come risorsa” – 4 foglie

1. Con quali persone mi sento bene? 2. Dove mi sento bene? 3. Quali tipi di attività mi fanno stare bene? 4. Quali pensieri / frasi mi fanno stare bene?

Rispondere in gruppo a queste domande e scriverle su un foglio di carta grande.

Attività 3. Condivisione e circolo di riflessione

Circolo per condividere le riflessioni dell’incontro: ognuno è invitato a condividere le proprie sensazioni durante i diversi giochi, dire che cosa gli è piaciuto e che cosa invece non gli è piaciuto, e quello che vorrebbe fare diversamente nell’incontro successivo.

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Page 43: Italian Workbook

INTRODUZIONE

Questi laboratori sono stati organizzati per riflettere sulle dinamiche di gruppo e creare una

storia basandosi su di esse.

LABORATORIO CREATIVO 1

ATTIVITÀ PROPOSTE1. Collage individuale - 60 min.2. Scultura collettiva – 30 min.

Materiali occorrenti: Tutti i materiali necessari per fare un collage.

Obiettivo: Auto-riflessione e integrazione della nuova esperienza.

Attività 1. Collage individuale – “Le mie capacità e i miei hobby!”

Quando i collage sono pronti, vengono messi in mostra e ciascun partecipante spiega il proprio lavoro.

Attività 2. Scultura collettiva – “Come mi ha aiutato questo gruppo?”

Dopo una breve discussione, i partecipanti creano una scultura con i corpi, per esprimere i propri sentimenti sull’appartenenza a questo gruppo.

Uno dopo l’altro, ogni bambino viene sostituito da uno dei formatori a guardare la scultura e se stessi da di fuori. Ognuno scatta una “foto interna di questa scultura”.

LABORATORIO 7: Laboratori creativi

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LABORATORIO CREATIVO 2

ATTIVITÀ PROPOSTE1. Costruire amicizie – 45 min2. “Doni” - 45 min

Materiali occorrenti: Fogli di carta grandi e penne colorate.

Attività 1. “Creare amicizie”

Obiettivo: Aiutare i giovani ad imparare come creare amicizie.

Descrizione dell’attività: Discussione sulle abilità necessarie per fare amicizia, scriverle su un foglio di carta grande.

I partecipanti ricevono istruzioni come: “Cammina come …. Persona aperta” (una per una, elencare tutte le abilità). Ciascun partecipante farà un passo avanti e riceverà l’applauso del resto del gruppo.

Attività 2. “Doni”

Obiettivo: Dare e ricevere feedback positivo per prepararsi alla separazione. Descrizione dell’attività: Un foglio di carta grande viene fissato sulla schiena di ciascun partecipante. Tutti devono camminare intorno alla stanza e scrivere un feedback e un augurio sulla schiena di tutti gli altri. I partecipanti possono portare a casa questo foglio come un dono da parte del gruppo.

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Page 45: Italian Workbook

LABORATORIO 8: Giorni nello spazioINTRODUZIONE

Visto che il progetto TranSpace è basato sullo spazio e i suoi attributi, un’attività aggiuntiva è

stata organizzata per i gruppi. Essa applica e sviluppa la metodologia usando una serie di attività all’aria aperta, consentendo la libertà della concezione dello spazio e l’immersione in una dimensione completamente nuova.

Sono state organizzate quattro giornate nella natura, con 10 partecipanti provenienti da tutto il gruppo. Le attività si sono basate anche sul finire la formazione in un modo divertente e gioioso.

ATTIVITÀ PROPOSTE 1. Benvenuti e presentazioni2. Fare un fuoco come i nostri antenati3. Preparazione per fare il fuoco4. Tecniche di accensione (Fuoco-trapano / scintille) 5. L’uso del fuoco: creare una ciotola per mangiare e / o bere 6. Pranzo e tempo libero 7. Tecniche di caccia 8. Gioco sul prato: Kubb 9. “Scoprire alla cieca”10. Capanna di sopravvivenza11. Feedback e termine

Attività 1. Benvenuti e presentazioni

Obiettivo Per conoscersi l’un l’altro, il leader (L) presenta se stesso e risponde alle domande degli studenti (P) su interessi, esperienze personali, idee e desideri e le aspettative per quanto riguarda questa giornata, i temi, una panoramica del programma.

Procedura P e L sono seduti in cerchio, un “Bastoncino Parlante” viene passato e tutti si esprimono quando tengono il bastoncino in mano.

Materiali Bastoncino Parlante (bastone di legno decorato).

Durata 15´

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Attività 2. Fare un fuoco come i nostri antenati

Obiettivo Per chiarire il significato del fuoco per noi e per lo sviluppo dell’umanità.

Procedura P e L parlano dell’importanza cruciale del fuoco per le persone (il riscaldamento, la cottura per una facile digestione del cibo, la luce, la sicurezza dagli animali selvatici, punto d’incontro sociale...) e di come le persone hanno imparato a controllare il fuoco.

Materiali Nessuno.

Durata 15´

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Attività 3. Preparazione del fuoco

Obiettivo Per riconoscere la costruzione adeguata di un “caminetto”.

Procedura P raccoglie sterpaglie nella foresta di abete rosso vicina, L costruisce un caminetto a forma di piramide con l’aiuto di P: prima sottobosco, poi i pezzi più grandi (il fuoco all’inizio ha bisogno di molto carburante, ad esempio, la corteccia degli alberi).

Materiali Sottobosco, sterpaglie.

Durata 15´

Attività 4. Tecniche per accendere il fuoco (Fuoco-trapano / scintille)

Obiettivo Per conoscere le tecniche e capire le funzioni dei diversi materiali utilizzati.

Procedura L spiega e dimostra entrambe le tecniche (una nel dettaglio, una più brevemente).

Materiali Fuoco-trapano e fuso di legno, selce e pirite / acciaio, esca polipore, canna, mazza, cotone ecc.

Durata 15´

Attività 5. Uso del fuoco: la costruzione di una ciotola per mangiare e / o bere

Obiettivo Per padroneggiare il compito di costruire una ciotola con l’aiuto del fuoco / luce ed acquisire la conoscenza dello stile di vita dei nostri antenati (per guadagnare rispetto e ridurre i pregiudizi nei confronti di altre culture), per lo sviluppo di tatto e pazienza.

Procedura P prende un pezzo di legno per dimostrare come creare una ciotola. Successivamente, il gruppo creerà delle ciotole utilizzando un bastone nella parte concava e soffiandoci dentro per rendere più profonda l’apertura del contenitore. La cenere e la sabbia possono essere rimossi dalla ciotola con la carta vetrata, P potranno portare a casa la ciotola per terminare il lavoro con olio da cucina e rendere la ciotola pronta all’uso.

Materiali Pezzo di legno (ca. 8x12x8 cm).

Durata 75´

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Attività 6. Pranzo e tempo libero

Il pranzo al sacco può essere consumato nel rifugio della foresta se le condizioni atmosferiche sono buone.

Attività 7. Tecniche di caccia

Obiettivo Per aiutarsi nella caccia, i nostri antenati hanno sviluppato sofisticate apparecchiature; lance, archi e frecce, che hanno notevolmente migliorato l’efficienza della caccia. La gestione di questi strumenti è emozionante e avventurosa e sviluppa il rispetto per le culture antiche e straniere.

Procedura Tecniche di caccia saranno insegnate e praticate in un ambiente controllato con un semplice bastone, lancia, arco e freccia. Saranno applicate tutte le necessarie norme di sicurezza (responsabilità verso se stessi e gli altri!).

Materiali Bastoni, lancia, arco e freccia, target diversi.

Durata 75´

Attività 8. Gioco sul prato: Kubb

Obiettivo Imparare come lanciare con la pratica e il gioco (anche questo è collegato alle tecniche di caccia); coloro che hanno difficoltà nei compiti di tipo più intellettuali possono ricevere riconoscimento e conferme attraverso questa attività.

Procedura Due squadre si sfidano: l’obiettivo è quello di battere sopra i blocchi di legno contrapposti (Kubbs); il re si trova al centro e bussa sugli oggetti sopra di lui lanciando bastoni di legno contro di loro. Sono necessarie una buona dose di fortuna e abilità - dopo la vendetta!

Materiali Tre set di Kubb.

Durata 30´

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Attività 9. “Scoprire alla cieca”

Obiettivo Per affinare i sensi e la percezione. Per addestrare l’udito, il tatto (toccare gli alberi, i rami e il suolo della foresta). Per concentrarsi e adattarsi alle nuove condizioni.

Procedura P indossa una benda sugli occhi e cammina lentamente lungo una corda tesa nella foresta. Dovrebbe iniziare a rendersi conto di quante cose diverse riesce ancora a percepire in questo “mondo sconosciuto”, e forse cominciare ad agire con più coraggio. L’attività dovrebbe continuare per uno o più turni, ed dovrebbe svolgersi in silenzio.

Materiali Corda di 40 m, bende per gli occhi.

Durata 25´

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Attività 10. Capanna di sopravvivenza

Obiettivo Per perdere la paura della foresta, anche se ci si perde e non si trova la via del ritorno al rifugio. Per imparare a costruire una capanna di sopravvivenza con rami e senza attrezzi. Per rafforzare la capacità di lavoro di squadra.

Procedura Dopo una dimostrazione, i P costruiranno una capanna di sopravvivenza in piccoli gruppi. Useranno rami caduti, bastoni, foglie e tutto ciò che possono trovare sul suolo della foresta. Dopo il completamento, i P guarderanno le diverse capanne costruite e parleranno delle strategie e delle difficoltà incontrate. Ogni gruppo riceve un applauso per la capanna costruita. Verrà scattata una foto dei P con ogni rifugio e poi appesa in aula come ricordo della giornata.

Materiali Rami, bastoni, foglie ecc raccolti dai P.

Durata 45´

Attività 11. Feedback e termine

Obiettivo Per condividere con il gruppo i sentimenti e le esperienze di questa giornata.

Procedura P e L sono seduti all’interno del cerchio, tutti condividono quello che è stato importante per loro e che cosa gli è piaciuto di più.

Materiali Bastoncino parlante.

Durata 15´

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In Spagna - Fundación INTRAS

APPLICARE TRANSPACE A LIVELLO LOCALE Ha funzionato?

I giovani partecipanti al progetto TranSpace sono studenti del Programma di Qualifica Professionale Iniziale (PCPI) che viene gestito dalla Fondazione INTRAS nelle sue sedi a Valladolid e Zamora. I partecipanti hanno un’età compresa tra i 16 e i 21 anni e non hanno ancora ottenuto il diploma scolastico. Questi ragazzi hanno uno spettro di problemi di salute mentale di varia natura, tra cui ritardi mentali e problemi psicologici. Molti di loro vengono al PCPI perché trovano difficile imparare e interagire con gli studenti nelle scuole statali convenzionali. Molti dei nostri partecipanti hanno riportato un drop-out scolastico precoce a causa di esperienze di bullismo

negli anni del percorso scolastico. I nostri laboratori si sono svolti con quattro gruppi diversi: due PCPI di Valladolid e due di PCPI Zamora. Abbiamo deciso di lavorare con gruppi piccoli (10 persone per gruppo) per migliorare le dinamiche di gruppo ed assicurare che i bisogni personali di ciascun partecipante fossero considerati. I gruppi sono stati formati dagli insegnanti e successivamente rivisti da psicologi sulla base del feedback ricevuto dopo il primo incontro. Gli incontri hanno avuto una durata di 1 ora fino a 1 ora e 30 minuti, alcuni incontri si sono svolti nel pomeriggio per facilitare i partecipanti maschi che sembravano avere difficoltà di concentrazione e partecipazione di mattina.

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Visto che ogni gruppo era costituito da partecipanti con bisogni diversi, i materiali e gli esercizi forniti per ciascun incontro sono stati adattati per rispondere alle loro esigenze specifiche. Ad esempio, un gruppo era formato da ragazzi con ritardo mentale e in quel caso il formatore ha assunto un ruolo attivo, ponendo domande e offrendo esempi di scenari diversi per stimolare il gruppo. Al contrario, i partecipanti di un altro gruppo erano più coinvolti ed hanno avuto bisogno di meno assistenza da parte del formatore, di conseguenza hanno principalmente ricevuto una guida durante i momenti di riflessione. La riflessione ha avuto un ruolo chiave nel programma: dopo ogni esercizio i partecipanti hanno avuto del tempo per riflettere sulle loro esperienze. Questo ha loro permesso di esplorare i propri sentimenti, identificare quello che secondo loro era andato meglio in ciascun esercizio e suggerire delle aree di miglioramento. Il passo e la difficoltà del materiale originale sviluppato dal progetto è stato modificato dagli psicologi per venire incontro alle esigenze dei partecipanti. Gli incontri sono state suddivisi in tre fasi: la fase iniziale è stata basata su giochi per migliorare l’interazione all’interno dei gruppi. Il lavoro di squadra e la cooperazione per superare il bullismo sono stati i temi centrali nelle attività. Dopo ogni attività, i partecipanti hanno avuto il tempo per riflettere e condividere i loro pensieri con il gruppo, sono stati incoraggiati a discutere di ciò che gli era piaciuto di più e di meno delle attività svolte, esprimere le proprie emozioni e condividere i propri ricordi. Gli incontri si sono conclusi con una valutazione della giornata e la preparazione di materiali per l’articolo. In generale, le informazioni fornite dai coordinatori dei progetti era adatto e appropriato per il nostro

target. In alcuni casi abbiamo dovuto fare piccole modifiche al programma per renderlo più adatto all’età dei i nostri partecipanti, perché alcune attività erano un po’ infantili per il nostro gruppo di età. Il bullismo è un argomento molto profondo con cui i nostri partecipanti possono identificarsi fortemente a causa delle loro esperienze attuali o passate. Per questo motivo abbiamo trovato difficoltà a coprire il bullismo in sei soli incontri.In generale, abbiamo visto alcuni risultati molto positivi dopo ogni incontro. Inizialmente i partecipanti si sentivano a disagio e avevano poca fiducia, ma con ogni incontro sono diventati sempre più sicuri, si sono conosciuti tra di loro, e questo ha permesso loro di provare un senso di sicurezza all’interno del gruppo e di esprimere profonde emozioni ed esperienze passate. Alcuni partecipanti sono stati in grado di realizzare cambiamenti significativi in un breve periodo di tempo, mentre altri hanno fatto piccoli passi per lavorare sul superamento delle loro difficoltà nel costruire relazioni con gli estranei. I cambiamenti positivi registrati in ogni partecipante, sia grandi che piccoli, indicano il successo di questi incontri, sia a livello personale che di gruppo. Ai nostri partecipanti sono piaciute tutte le attività svolte negli incontri, soprattutto sul tema del bullismo e sulla reciproca conoscenza. Anche se i partecipanti provenivano dalla stessa scuola o anche dalla stessa classe, non erano a conoscenza di ogni hobby o interesse degli altri. L’entusiasmo che hanno dimostrato durante l’interazione con gli altri dimostra l’importanza della comunicazione e del lavorare insieme per risolvere i problemi che li riguardano direttamente. Nel complesso, abbiamo ricevuto un feedback molto positivo e assistito a risultati sorprendenti in un breve periodo di tempo.

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In Germania - CJD FrechenI nostri studenti hanno partecipato a diversi workshop durante il loro anno di orientamento professionale nella scuola professionale Christophorusschule a Frechen. L’anno di orientamento professionale si rivolge a studenti che hanno completato 10 anni di scuola, ma non sono ancora pronti per iniziare un apprendistato a causa di difficoltà di apprendimento e / o problemi comportamentali. Gli studenti che scelgono di intraprendere una carriera nell’artigianato, che hanno un rendimento scolastico e competenze sociali possono essere ammessi a CJD, a condizione che le loro aspirazioni di carriera siano ragionevoli e realistiche.I gruppi partecipanti facevano parte del primo anno di orientamento professionale organizzato dal programma Daphne. La metà degli studenti proviene da famiglie internazionali. Molti dei nostri studenti hanno avuto difficoltà accademiche e di conseguenza hanno un’autostima molto bassa. Per compensare i loro sentimenti di disagio, spesso diventano aggressivi e deprecatori verso gli altri, atteggiamenti che in genere acquisiscono per emulazione all’interno della famiglia d’origine.Abbiamo avuto risultati abbastanza buoni con questa metodologia.

Al termine del corso, i partecipanti inizieranno un apprendistato o un altro corso di preparazione professionale.Durante tutto il nostro progetto abbiamo svolto molte attività per agevolare e raggiungere i nostri obiettivi finali. In classe abbiamo utilizzato vari giochi, che hanno permesso ai partecipanti di conoscersi l’un l’altro e di migliorare le dinamiche di gruppo.Una delle tecniche che abbiamo utilizzato è stato il role-play, che ha permesso ai nostri studenti di mettersi nella posizione di qualcun altro. È stato molto positivo per iniziare a riconoscere le competenze dei nostri partecipanti. Abbiamo cercato di aiutare i nostri studenti a iniziare a vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri e a riflettere sulle loro esperienze. A poco a poco sono riusciti a capire l’importanza della nostra comunità e che è relativamente facile risolvere

i problemi quando si fa parte di un gruppo di persone. Le attività che abbiamo condotto sono state fondamentali per la costruzione di un alto grado di fiducia all’interno del gruppo. Le nostre attività sono diverse e si sono concentrate non solo sul lavoro di squadra, ma anche sulla costruzione di autostima. Giochi che mettono alla prova i nostri sensi, la voce e la memoria sono generalmente utili per

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rafforzare il carattere.Il punto critico è quello di trasformare le idee del progetto, gli obiettivi e le attività di apprendimento in situazioni di “vita reale”. Nelle nostre discussioni di gruppo abbiamo chiesto ai nostri partecipanti se avevano imparato qualcosa di nuovo e il modo in cui potremmo usare questa conoscenza di fronte ai problemi nella realtà. Ogni partecipante è stato in grado di imparare qualcosa dal progetto. Secondo i partecipanti, TranSpace li ha aiutati a diventare delle persone più forti che sono in grado di dire “NO”, che intervengono se qualcuno è in difficoltà e che conoscono le basi per porre fine al bullismo a scuola o al lavoro. Tutti gli incontri di formazione sono stati organizzati in modo impeccabile. Tuttavia, abbiamo sperimentato due problemi che possono forse essere modificati in futuro.In alcune sessioni del “Laboratorio sul bullismo” ci siamo trovati a corto di tempo. Di tanto in tanto abbiamo dovuto terminare discussioni interessanti e non c’era sempre abbastanza tempo per tutti gli esercizi sociali preparati, in particolare durante il laboratorio di “Rap contro il bullismo”. Abbiamo avuto la sensazione che il tempo di preparazione prima di cantare avrebbe potuto essere maggiore, per aiutare gli studenti a sentirsi più rilassati prima della loro esibizione.In secondo luogo, abbiamo riscontrato che una classe normale non è l’ambiente giusto per gli esercizi sociali. Una stanza piacevole con uno spazio ampio e un’atmosfera invitante è l’ideale per l’apprendimento, ma a causa delle capacità limitate della nostra scuola non siamo riusciti a organizzare un’altra stanza per il “Laboratorio sul bullismo”. Tuttavia, siamo stati in grado di trovare un luogo

adatto per il “Laboratorio di Rap” in un altro edificio. I laboratori sul bullismo hanno avuto grande successo in quanto hanno fornito ai partecipanti forme del tutto nuove di apprendimento, che non sono carta e penna. Le loro menti sono state interamente impegnate nelle attività e sono stati in grado di mostrare la loro personalità e condividere le loro esperienze. Il loro ambiente di vita e i loro sentimenti sono stati affrontati e illustrati. Il tema del bullismo, sia in forma classica o come bullismo informatico, svolge un ruolo importante nella vita quotidiana della maggior parte dei nostri studenti sia come dolorosa esperienza personale o indirettamente, attraverso l’ascolto dell’esperienza degli altri. Gli studenti hanno partecipato a questi esercizi con grande gioia e motivazione a causa del loro forte legame con l’argomento. Gli studenti erano pronti ad affrontare sfide completamente nuove, per combattere le loro paure e debolezze in un ambiente di apprendimento protetto.Gli incontri di formazione hanno insegnato agli studenti le ragioni e le motivazioni che stanno dietro il bullismo. Hanno imparato come ci si sente ad essere un estraneo, affinato le loro capacità di empatia e imparato le strategie di intervento in casi di bullismo. Inoltre, i partecipanti hanno testimoniato come i conflitti possano essere risolti in modo creativo e che situazioni in cui tutti “vincono” sono possibili. Complessivamente, i laboratori hanno contribuito a unire gli studenti, riducendo così le possibilità di bullismo che si verificano all’interno del gruppo. Gli incontri di formazione sono stati efficaci nella prevenzione del bullismo e molto piacevoli per i formatori e per i partecipanti, e tutti hanno la sensazione che il tempo sia volato.

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In Austria - ProMente Gli adolescenti austriaci avevano tutti un’età compresa tra i 15 e 23 anni. In generale, ogni gruppo ha avuto 10 partecipanti, ma a causa di ferie, malattia o altri disturbi e condizioni particolari, i nostri numeri hanno subito variazioni nel corso del progetto. I partecipanti che frequentano i laboratori soffrono di problemi di salute mentale. I laboratori sono stati svolti nel nord dell’Austria e gli adolescenti hanno anche partecipato ad un programma di formazione professionale gestito dall’istituzione Pro Mente.

Durante regolari interviste e ricerche, i partecipanti erano stati informati del fatto che sarebbe stato

organizzato per loro un laboratorio basato sui risultati dello studio iniziale ed erano stati tutti invitati a parteciparvi. La logica è stata quella di aumentare l’autostima dei partecipanti, e di mettere in pratica i risultati dello studio. I laboratori sono stati condotti in quattro centri professionali diversi situati nel nord dell’Austria.

L’obiettivo principale del nostro laboratorio è stato quello di lavorare con un “focus sulla soluzione”. Per svolgere questo compito in modo efficace, abbiamo avuto bisogno di creare un calendario diverso per soddisfare i giovani, avendo preso in considerazione

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la loro età e la nostra conoscenza del loro lavoro riflessivo e personale. Il calendario è stato modificato da 9 incontri di 90 minuti a 2 di 270 minuti. Abbiamo organizzato due incontri in totale, ciascuno dei quali della durata totale di 270 minuti. Abbiamo anche adattato alcuni degli esercizi per venire incontro alle esigenze del nostro gruppo target specifico. Le modifiche che sono state fatte sono state esaminate da un assistente sociale professionista che ha grande esperienza di lavoro con i giovani in un contesto di gruppo.

“Focus sulla soluzione” significa lavorare con i giovani, adattandosi ai loro bisogni e alle loro esigenze specifiche. Abbiamo, di conseguenza, rispettato i loro desideri, in particolare riguardo al tema del bullismo, e abbiamo discusso di molti argomenti, seguendo i bisogni e le idee emerse nel gruppo.

Nei laboratori creativi, ogni gruppo ha avuto l’opportunità di scegliere tra lavoro artistico, teatro, video (registrare un breve video professionale) e danza. I partecipanti hanno scelto il tipo di lavoro creativo che preferivano.

Durante lo svolgimento degli esercizi, abbiamo notato un cambiamento nel comportamento dei giovani. Sono diventati più giocosi e più aperti. I membri più timidi del gruppo hanno avuto idee tipiche del “focus sulla soluzione” e gli altri membri del gruppo ascoltavano i loro suggerimenti. A turno, decidevano di risolvere gli esercizi in un modo particolare. Questo ha dato ai membri più timidi un senso di soddisfazione e sicurezza che era chiaramente visibile sui loro volti. Hanno imparato

ad esprimersi, e questo ha dato loro una sensazione di felicità.

Durante il corso della giornata, il gruppo è diventato più forte ed ha mostrato un buon senso di lavoro di squadra; questo è stato particolarmente visibile quando hanno svolto il “Giorno nello spazio” e dovevano trovare la strada nella foresta. Prima di svolgere l’attività, hanno tutti dovuto fare degli esercizi di riscaldamento per costruire le dinamiche di gruppo. Questo è stato un ottimo rompi-ghiaccio per il gruppo e un modo divertente per iniziare l’esercizio, perdere le inibizioni e divertirsi.

Dal punto di vista dello spazio e dei confini, il gruppo si è reso conto di quanto ciascun individuo sia veramente diverso dagli altri e di come rispettare lo spazio di ciascuno e distinguere quando qualcuno è irrispettoso.

Il gruppo voleva costruire delle sfide, per capire che cosa si prova a spingere i propri confini personali. Ad esempio, i più timidi e tranquilli dei giovani hanno avuto l’opportunità di comportarsi in modo diverso, di parlare ad alta voce e di uscire dalla loro zona di confort. Tutte le attività sono state svolte in un ambiente sicuro sotto la supervisione di un operatore sociale.

Vale la pena parlare del feedback del gruppo riguardo al tema del bullismo. La maggior parte dei giovani avevano avuto esperienza diretta di situazioni di bullismo nella vita e la loro raccomandazione è stata quella di cominciare a fare delle campagne anti-bullismo rivolte ad un’età molto precoce, ad esempio partendo dalla scuola materna o elementare.

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In Italia - Borgorete In totale 38 bambini hanno partecipato ai nostri laboratori in Italia. Abbiamo sperimentato la metodologia di TranSpace con tre gruppi diversi.

Il primo gruppo consisteva in 16 bambini (6 maschi e 12 femmine) di età da 11 a 12 anni; il secondo gruppo consisteva in 10 bambini (8 maschi e 2 femmine) di età compresa tra i 10 e i 14 anni e il terzo gruppo consisteva in 12 bambini (5 maschi e 7 femmine) tra i 10 e i 12 anni d’età.

Tutti i bambini dei gruppi hanno disturbi dell’apprendimento, comportamentali o emotivi.

La maggior parte dei partecipanti trovano molto difficile costruire relazioni con i coetanei, di conseguenza sono esclusi e isolati dai loro coetanei e non sanno come relazionarsi con gli altri in modo positivo. Questo è uno dei motivi per cui la loro autostima è molto bassa. Come risultato di queste difficoltà, alcuni mostrano un comportamento aggressivo e distruttivo, mentre altri sembrano diventare progressivamente sempre più isolati, al punto da escludersi da situazioni sociali.

L’obiettivo principale di apprendimento che abbiamo stabilito per lavorare con questi gruppi è stato quello di migliorare le loro abilità sociali, come l’empatia, l’assertività, la collaborazione, il problem-solving sociale e di promuovere la loro autostima, con l’obiettivo di prevenire

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dinamiche sociali disfunzionali, come il bullismo e prevaricazione. La nostra azione principale è stata quella di promuovere un comportamento assertivo, come ad esempio la capacità di dire “no”, o “basta” per i bambini eccessivamente chiusi o passivi, e promuovere l’empatia come capacità di sentire per gli altri e porre rimedio ad azioni aggressive in modo creativo per i bambini con comportamenti distruttivi.

Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo utilizzato vari “giochi” basati su tecniche di psicodramma, sociometria, esercizi di teatro e arti espressive. I temi dei laboratori, le tecniche specifiche utilizzate e i “giochi” sono stati adattati di volta in volta sulla base del feedback ricevuto dai partecipanti. I materiali forniti nel manuale e nella formazione sulla prevenzione hanno dato un grande contributo al nostro lavoro. Abbiamo modificato alcuni dei “giochi” per adattarli alle esigenze e alle dinamiche di ogni gruppo. Abbiamo anche aggiunto l’uso di tecniche espressive, come il disegno e il collage come strumenti di comunicazione.

Ci è sembrato importante includere un momento “speciale” all’inizio e alla fine delle sessioni in ogni laboratorio. Il rituale di partenza è stato chiamato “la danza della pioggia”, ed è stato strutturato come un momento iniziale di silenzio e assenza di movimento, seguito da una serie di movimenti con l’uso ritmico della voce, per concludersi con un grido collettivo finale per segnare l’inizio del laboratorio. La “danza della pioggia” è stato un esercizio utile

psicologicamente per dare l’avvio all’incontro, così come per riscaldare il corpo e la voce. Il rituale di chiusura è stato un momento di silenzio e assenza di movimento, terminato con un “grido di saluto” collettivo. Del tempo è stato dedicato alla riflessione sul “gioco” stesso e dopo ogni esercizio i partecipanti hanno anche discusso le dinamiche di gruppo durante questo momento. In questa fase il ruolo del mediatore, svolto dai formatori, è della massima importanza. Il formatore aveva il compito di aiutare i bambini parlare di ciò che era accaduto, creare un ambiente rispettoso in cui ognuno ha un turno per parlare, e gestire qualsiasi potenziale conflitto.

Il feedback ricevuto dai partecipanti riguardo alle attività svolte è stato complessivamente molto positivo. Le attività si sono dimostrate adeguate, appropriate ed apprezzate da quasi tutti coloro che sono stati coinvolti. Non c’è stato drop-out.

I nostri gruppi target comprendevano alcuni bambini con “comportamenti internalizzati” (ritiro sociale, timidezza estrema, isolamento) ed altri con “comportamenti esternalizzati” (aggressività). Sulla base della nostra esperienza, crediamo che queste differenze, se ben bilanciate, hanno il potenziale di essere una grande risorsa per i laboratori. Alla fine dei laboratori, i partecipanti hanno mostrato di aver appreso modalità relazionali nuove e più funzionali e mostrato un parziale progresso dal ruolo di “vittima” o di “aggressore” che erano le loro caratteristiche.

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In Bulgaria - MHC Abbiamo selezionato i bambini e i ragazzi che sono stati assistiti dal reparto pediatrico del Centro di Salute Mentale. I bambini che sono stati scelti mostravano sintomi di comportamento aggressivo o erano stati vittime di aggressione a scuola. Avevano diversi tipi di bisogni speciali, tra cui: disturbi dell’apprendimento, ADHD, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta, disturbi dell’adattamento. Alcuni erano bambini adottati.Non abbiamo incluso i bambini con ritardo mentale QI <65, con Spettro da Disordine Autistico e psicosi. Abbiamo deciso di formare quattro gruppi con 10 bambini in ogni gruppo. Il primo gruppo (BG 1) era costituito da 10 bambini di età compresa tra 8-11 anni, 8 maschi e 2 femmine. Il secondo gruppo (BG 2) composto da 9 bambini di età compresa tra 13-

17, 7 maschi e 2 femmine. Il terzo gruppo (BG 3) composto da 7 bambini di età compresa tra 12- 15, 4 maschi e 3 femmine.Normalmente, i nostri incontri sono iniziati con il gruppo seduto in cerchio e la condivisione delle esperienze, in cui tutti dovevano parlare dei loro problemi a scuola o a casa durante la settimana. Abbiamo cercato di attenerci ai giochi del manuale, ma abbiamo passato molto tempo a parlare dei casi di aggressione e delle difficoltà nella vita di tutti i giorni.Tutti i bambini si sono divertiti nei giochi “Castello Magico” e “Il mio eroe preferito”. Nel secondo e terzo gruppo abbiamo svolto un gioco di ruolo con situazioni reali di aggressione prese dalle loro

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esperienze personali. Si sono scambiati di ruolo e hanno poi discusso di come si erano sentiti nei diversi ruoli. Abbiamo organizzato alcuni giochi aggiuntivi nella fase di riscaldamento: battere le mani contemporaneamente, esprimere stati d’animo camminando e muovendosi in un certo modo, camminare intorno a una sedia, e un gioco chiamato “sopravvissuti nell’oceano”. Inoltre abbiamo fatto un gioco chiamato “Dire basta!” per delineare il proprio spazio personale - i bambini, lavorando in coppie, si posizionano sui lati opposti della stanza. Uno dei due cammina verso l’altro bambino, che deve dire “basta” quando si sente a disagio. Al termine si scambiano di ruolo. Lo scopo di questo gioco è quello di delineare il proprio spazio personale.Una delle difficoltà che abbiamo sperimentato è che alcuni bambini erano iperattivi e non riuscivano a stare fermi. Era quasi impossibile concentrare la loro attenzione sul gioco di gruppo. È stato molto difficile lavorare con 10 bambini con bisogni speciali di età compresa tra 8-11 anni, tutti in un unico gruppo. Abbiamo deciso di fare una gara tra i bambini per motivarli a seguire le regole e ad essere più concentrati. Abbiamo usato una scheda con i punti rossi e neri rispettivamente per chi seguiva e chi non seguiva le regole. Questo si è rivelato essere uno strumento efficace. Alcuni dei bambini in realtà hanno cercato di stare fermi e non fare rumore durante gli incontri. Questo gioco è durato per due incontri.I bambini del primo gruppo hanno avuto alcune situazioni di conflitto tra di loro. Questo ci ha dato la possibilità di discutere il tema dell’aggressione in una situazione di vita reale. Questo è sembrato motivarli a partecipare attivamente e ad essere coinvolti nella tematica. Hanno condiviso valori comuni contro

l’aggressione. Negli incontri successivi abbiamo osservato un cambiamento nei comportamenti di alcuni, che sono diventati più tolleranti di altri bambini del gruppo. Sembravano capire che a volte anche le altre persone possono sperimentare difficoltà e problemi.Alcuni bambini, specialmente quelli nel primo gruppo, da 8 a 11 anni di età, hanno avuto difficoltà a comprendere il significato simbolico dei giochi e non sono riusciti a rispondere ad alcune delle domande aperte, che avrebbero richiesto un più alto livello di maturità, capacità di linguaggio, attenzione, concentrazione, capacità di seguire le istruzioni, e un maggiore sviluppo del pensiero astratto.

Lavori creativi Ci sono molti modi per esprimere la propria realtà e per riflettere sulla violenza tra pari. I nostri partecipanti hanno deciso che il modo migliore per descrivere la loro esperienza era attraverso il gioco, come la musica rap e la realizzazione di uno spettacolo teatrale sull’impatto del bullismo. Essi sperano che, così facendo, riusciranno a dare fiducia ad altre vittime e prevenire così che situazioni di bullismo accadano a qualcun altro.

Un altro gruppo ha espresso le proprie emozioni attraverso la pittura, mentre altri hanno partecipato ad una rappresentazione teatrale sulla risoluzione dei conflitti.

Qui di seguito sono riportati alcuni esempi del lavoro svolto, che si possono trovare nel sito del progetto TranSpace: http://www.TranSpaceproject.eu.

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Spagna

Germania

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Italia

Austria

Bulgaria

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Martina - Una giovane isolata che cerca di tenere il passo con il ritmo frenetico della vita.

RIFLESSIONI SU UN VIAGGIO DI APPRENDIMENTO Storie individuali che danno ispirazione

I nomi sono stati cambiati per proteggere la privacy delle persone coinvolte.

Martina è una ragazza di 21 anni all’apparenza molto timida. Il test ha rivelato una capacità intellettuale più bassa della norma, un disturbo da deficit di attenzione e iperattività, un deficit ossessivo e paranoico. Anche se Martina è molto gentile, ha un livello molto basso di autostima e fatica a relazionarsi con gli altri; questo è evidenziato dalla sua incapacità di mantenere gli appuntamenti con gli altri, nonostante il suo desiderio di interagire con i suoi coetanei. I disturbi ossessivi e paranoici di Martina hanno un ruolo negativo importante nella sua vita e contribuiscono al suo costante stato di depressione. La sua famiglia le è molto di sostegno, in particolare sua sorella che ha un buon rapporto con lei e qualche volta esce per fare sport con lei. Tuttavia, i genitori di Martina e la sorella sono le uniche persone con cui lei trascorre il suo tempo libero.Martina fatica ad interagire nel suo gruppo di pari a causa delle sue difficoltà di costruzione di rapporti e di conseguenza viene spesso esclusa dal gruppo. Fin dall’inizio delle sessioni, Martina ha ammesso di sentire di appartenere solo in parte al gruppo di pari, aggiungendo che questo è dovuto ai suoi problemi personali, piuttosto che alla mancanza di accettazione da parte dei suoi coetanei.Fin dal primo incontro, uno dei nostri obiettivi è stato quello di includere Martina nelle attività, incoraggiandola a partecipare attivamente al lavoro di gruppo. Abbiamo iniziato presentandola ai suoi compagni e coinvolgendola in discussioni di gruppo, facendole delle domande dirette o invitandola a

esprimere le sue opinioni durante i momenti di riflessione. Martina ha particolarmente beneficiato di attività e giochi in cui poteva parlare i suoi hobby, perché questo le permetteva di relazionarsi e connettersi con i suoi coetanei. Il gruppo ha risposto in modo molto positivo verso Martina, cercando di aiutarla e coinvolgerla il più possibile.Poiché i problemi sociali di Martina sono legati a questioni più grandi e che i laboratori sono stati progettati per lavorare con i gruppi piuttosto che puntare sui singoli individui, non c’è stato un drastico cambiamento nel suo comportamento. Nonostante

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Le inibizioni Dennis a parlare e la sua pronuncia poco chiara, che molte persone hanno difficoltà a capire, fanno di lui un facile bersaglio per il bullismo da parte dei suoi compagni di classe e di persone anche al di fuori della scuola. La sua pronuncia poco comprensibile rende difficile per lui la comunicazione con gli altri e di conseguenza Dennis ha pochissimi contatti sociali solidi. Quando Dennis si trova in un gruppo di persone familiari, si sente sicuro e a suo agio ed ha il coraggio di parlare.

All’inizio del progetto TranSpace, Dennis era molto cauto e timido tra i suoi nuovi compagni ed evitava di guardarli negli occhi. Tuttavia, Dennis ha partecipato a tutti i laboratori, al “Giorno nello spazio” e ai laboratori creativi e le attività gli sono piaciute.

Dennis è stato uno dei tre partecipanti che sono stati scelti per partecipare allo scambio internazionale

in Spagna. All’inizio dello scambio internazionale, Dennis tendeva a rimanere con i suoi coetanei tedeschi che però non conosceva, perché provenivano da altri gruppi del progetto. Durante lo scambio internazionale, gli esercizi sono stati così coinvolgenti, incoraggianti e motivanti che Dennis ha presto smesso di essere timido e ha iniziato ad entrare in contatto con gli altri partecipanti provenienti da Austria e Spagna. Nel suo gruppo, Dennis ha creato rapidamente un contatto con i partecipanti austriaci. A causa delle barriere linguistiche, Dennis è rimasto cauto con i partecipanti spagnoli, tuttavia, è stato in grado di mantenere il contatto visivo ed è stato contento di essere un membro di questa comunità. Durante la partecipazione allo scambio internazionale, Dennis si è dimostrato molto aperto e disponibile verso gli altri.

questo, Martina è stata in grado di contribuire al gruppo, condividendo le sue opinioni e in tal modo catturando l’attenzione sia dei suoi compagni sia dei formatori. Nelle prime sedute, Martina è rimasta in silenzio, isolata e poco incline ad esprimere le sue opinioni, partecipando solo per il minimo indispensabile. Negli incontri successivi, Martina ha cominciato ad aprirsi, parlare più liberamente e, infine, a condividere le sue opinioni e interagire con i suoi coetanei. Ad ogni incontro, Martina si sentiva più accettata e positiva verso i suoi compagni di classe, la sua esperienza del primo incontro rispetto all’ultimo è stata completamente diversa. Nella valutazione finale dell’ultima sessione, Martina ha commentato che si sentiva accettata. Lei stessa ha notato questo cambiamento e si è impegnata a partecipare maggiormente all’interno del gruppo; la dimensione

più piccola del gruppo di lavoro ha contribuito a facilitare questo cambiamento. Anche gli insegnanti hanno segnalato un cambiamento positivo in Martina.Le attività in ciascun incontro sono state di beneficio per Martina e contribuito affinché iniziasse a condividere esperienze con i suoi compagni e a riconoscere che le persone devono affrontare molti problemi comuni. Questo l’ha aiutata ad affrontare il blocco mentale che contribuisce alla sua paura, alla solitudine e alla depressione. Gli insegnanti hanno monitorato il suo progresso e l’hanno incoraggiata a partecipare alle attività con i suoi compagni durante le lezioni e anche nel tempo libero. I cambiamenti sono lenti per Martina a causa del suo disturbo ossessivo che svolge un ruolo importante nei suoi rapporti sociali. In generale, il fatto che Martina ora veda se stessa in modo diverso e in una luce più positiva è un grande progresso.

Dennis - ha trovato il coraggio per parlare a voce alta

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La ragione per la quale Rona ha cominciato una formazione professionale è la sua timidezza. Lei evita il contatto visivo con gli altri e, inoltre, tende ad evitare di usare la parola “no”, per non rendersi antipatica ai suoi compagni. Il focus principale nel lavorare con questa ragazza è quello di assicurare che il suo comportamento venga monitorato all’interno dell’ambiente della Scuola Professionale e di offrirle degli strumenti e delle competenze per prepararla ad affrontare il mondo. Una delle nostre maggiori preoccupazioni era che potesse non essere pronta per le interazioni di gruppo e i diversi role-play. Rona ha superato le nostre aspettative e si è coinvolta completamente nelle attività a cui ha partecipato. Abbiamo presto capito che le attività di gioco la aiutavano a trovare maggiore sicurezza di sé e, infatti, è diventata più aperta e coinvolta. È anche diventata più creativa e allegra durante i laboratori, addirittura iniziando un’attività che le era venuta in mente e spiegando

soluzioni e idee su questa attività. In generale, abbiamo notato che incoraggiarla quando faceva qualcosa di positivo è stato positivo per la sua sicurezza e autostima. La ragazza è più inserita di prima, si esprime con maggiore chiarezza e se non desidera partecipare ad un’attività, usa la parola “NO” e non si sente per questo in colpa. Si sente rispettata dai membri del gruppo, perché ascoltano le sue idee ed è visibile che ha una maggiore forza interiore e che è cambiata da ragazza introversa a persona più allegra e matura. È passata dall’essere una persona passiva ad una persona attiva. È anche interessante notare che questa ragazza ha trovato una sua voce interiore: all’inizio dei laboratori aveva un tono molto basso ed era silenziosa e chiusa. Durante il corso dei laboratori, rideva invece molto, aiutava gli altri ed ha anche proposto lei stessa un’attività.

Rona - con un supporto e una guida, ha trovato la forza di dire “No”

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Fabio è un ragazzo italiano, ha 11 anni e ha un disturbo dell’apprendimento. È un bambino molto timido, che preferisce sussurrare invece che parlare ad alta voce. Il risultato è che gli altri bambini si prendono gioco di lui e in seguito lo isolano. A scuola non ha buoni risultati perché trova difficile la comprensione dei testi scritti. Fabio fa finta che tutto vada bene sorridendo molto, ma è chiaro e molto visibile che è scontento della la sua situazione attuale.La nostra speranza era che attraverso la formazione di TranSpace Fabio potesse acquistare più sicurezza e forza per affrontare i suoi problemi in modo efficace e riuscire a fare nuove amicizie. Inizialmente Fabio era timido e chiuso in se stesso e non voleva partecipare a nessuna delle attività. Ad un certo punto ha anche detto che voleva andare a casa, perché non stava interagendo con gli altri membri del gruppo e sembrava smarrito. Uno dei formatori del gruppo ha suggerito di fare un gioco diverso, che si chiama “Come dire basta”. Gradualmente, abbiamo cominciato a notare un cambiamento in Fabio. Si è abituato all’ambiente e si è coinvolto nell’attività. Il tono della sua voce è cambiato e ha cominciato a parlare con un bambino della stessa età. La sua sicurezza ha cominciato ad aumentare gradualmente. Durante il momento di riflessione, il formatore ha chiesto a Fabio di esprimere le sue sensazioni, facendogli una serie di domande: “Come ti sei sentito oggi?” “Che cosa ti è piaciuto?” “Che cosa non ti è piaciuto?”. Questo genere di domande hanno incoraggiato Fabio a parlare ad alta voce davanti ai membri del gruppo. Alcune delle attività usate nel laboratorio sono state particolarmente utili, ad esempio “Come dire basta”,

“Il cieco e il muto”, “Lo scultore e l’argilla”. I formatori hanno valutato i progressi di Fabio durante tutti i laboratori attraverso l’osservazione diretta. Essi credono fermamente che tutte le attività svolte abbiano incoraggiato Fabio a parlare ad alta voce, ad esprimere i suoi sentimenti e bisogni, rafforzando il suo senso di sicurezza in sé. Durante un’attività, Fabio ha detto a un altro bambino: “devi trattarmi con rispetto, stiamo lavorando insieme!”.

Fabio - Un aiuto non è mai troppo lontano!

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Tom è un ragazzo con difficoltà di apprendimento e disturbo di deficit di attenzione. Tom viene da un buon background familiare e nella nostra conversazione preliminare ha raccontato di aver avuto comportamenti a scuola che hanno creato problemi, a causa del suo hobby particolare – fare collezione di emblemi di automobili, che prende, staccandoli, dalle auto in sosta. Questa è un’attività che condivide con due suoi amici. Quando abbiamo iniziato il lavoro di gruppo ci ha raccontato il suo “hobby” di staccare gli emblemi dalle automobili. Diceva di trovare che questa attività fosse “divertente” e che aveva la sensazione di non star facendo niente di male. Abbiamo cercato di organizzare un gruppo di discussione su questo tema, e abbiamo chiesto ai bambini qual era il loro parere sulla questione, senza giudicare Tom. Abbiamo cercato di far capire che questo comportamento è in realtà un atto di aggressione nei confronti della proprietà di qualcun altro. Le nostre aspettative erano che egli avrebbe capito la gravità delle sue azioni e quanto questo comportamento è sbagliato. Ci ha raccontato di una situazione in cui lui e i suoi amici sono stati visti staccare l’emblema di una macchina dal proprietario della vettura, che si è messo a correre dietro di loro urlando. Sono riusciti a fuggire. Abbiamo recitato questa situazione nel gruppo con la metodologia dello psicodramma con inversione di ruolo. Quando Tom ha recitato la parte del proprietario della vettura, ha dichiarato che anche lui sarebbe stato molto arrabbiato e infastidito se alcuni bambini avessero deciso di prendere una cosa dalla sua auto che è sua, e non appartiene a loro. Altri bambini hanno recitato ruoli diversi nella recita e ci hanno detto come si sono sentiti durante la recita. Dopo aver ascoltato il loro feedback, Tom ha detto che forse non è veramente una cosa così “divertente”. Dopo un paio di incontri, ci ha detto che

aveva smesso di rubare gli emblemi delle auto. Tom ci ha anche parlato di una situazione che stava vivendo a scuola. C’è un ragazzo della sua classe che è “diverso” dagli altri. Gli amici di Tom prendono in giro il ragazzo e lo chiamano con brutti nomignoli; non volendo deludere i suoi amici, Tom si unisce a loro e usa gli stessi nomignoli. Egli afferma che gli dispiace comportarsi così con questo ragazzo, ma che ha paura di perdere i suoi amici se facesse qualcosa per aiutarlo. Abbiamo organizzato una discussione su questo argomento, e ogni partecipante ha avuto la possibilità di contribuire con le proprie opinioni e condividere le proprie esperienze su questo argomento.Tom ci ha raccontato, inoltre, di un ragazzo della sua classe che è stato vittima di un’aggressione. Ha detto che il ragazzo è “diverso” e, probabilmente, ha avuto alcuni problemi mentali. I suoi amici lo chiamano con nomignoli cattivi.

Una volta completata la discussione, Tom aveva cambiato la sua interpretazione delle sue azioni e degli effetti che hanno sulle persone.

Tom - Non rubare niente, solo il tempo

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CHE COSA DICONO I PARTECIPANTI DI TRANSPACE TranSpace ha funzionato per voi?

I partecipanti ai nostri laboratori sono stati intervistati per questo manuale e la parte che segue contiene alcune delle loro riflessioni sull’esperienza del progetto TranSpace.

Vi auguriamo buon divertimento nel leggere i loro commenti e speriamo che troverete delle similitudini tra i nostri partecipanti e i giovani con cui voi state lavorando!

FUNDACIÓN INTRAS - SPAGNA “Ho trovato questi incontri molto utili, ho imparato molto sui miei compagni, i loro hobby e le loro esperienze passate”.

“Peccato che è finito. Mi è piaciuto tanto il lavoro fatto sull’argomento del bullismo, mi ha aiutato a capire che cosa fare se dovesse succedere a me o ai miei amici. Ho anche avuto l’opportunità di conoscere meglio i miei compagni studenti”.

“Questi laboratori mi sono stati di grande aiuto. Sono stato vittima di bullismo in passato ed è stato difficile ma positivo condividere questa esperienza con i miei compagni e scoprire che anche loro si sono trovati in situazioni simili”.

“È stata una bellissima esperienza per me, le attività mi sono piaciute molto e mi sono divertito un sacco”.

“Grazie a questi laboratori ho potuto passare dei bei momenti con i miei compagni di classe, ho scoperto cose nuove su di loro e riflettuto sul bullismo, il fatto che si presenta in forme diverse: fisico, verbale, on-line…e che non bisogna avere paura di chiedere aiuto”.

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CHRISTLICHES JUGENDDORFWERK DEUTSCHLANDS E.V - GERMANIA Mike: “Mi piace parlare e incontrare nuove persone. Mi trovavo molto bene con i miei compagni prima di questi laboratori e continuiamo ad andare molto d’accordo tra di noi”.

Agostin: “Ho trovato i laboratori sul bullismo di grande aiuto. Ora sono in grado di aiutare qualcuno che ne è vittima o anche aiutare qualcuno che si comporta da aggressore per farlo smettere”.

Nadine: “È molto difficile lottare contro la pressione del gruppo”.

Jussuf: “È difficile descrivere esattamente cos’è il bullismo, ma ora lo conosco molto meglio”. Nadine: “Sono contenta di non essermi sentita un’estranea”.

Cengiz: “Ora so che cosa significa veramente il bullismo”.

Sibel: “Ora riesco a vedere le cose nel loro insieme”.

Yussuf: “Vedo soltanto quello che voglio vedere?”

Cem: “All’inizio avevo paura durante gli esercizi sulla fiducia, ma poi mi sono sentito sempre più forte”.

Aysa: “Non avevo mai sentito me stesso urlare così forte prima!”.

Dennis: “Wow, urlare è energia”.

Nadine: “Lavorare in squadra può essere difficile”.

Christian: “Abbiamo veramente dovuto pensare molto per trovare delle strategie”.

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PROMENTE UPPER AUSTRIA - AUSTRIA“Mr. Cool mi ha reso più forte” – ragazzo di 19 anni, dopo l’attività “Stay Cool”. “Ora conosco i miei limiti e so quanto posso spingere me stesso” (ragazzo, 17 anni). “E’ stato emozionante e una vera sfida trovare il punto target da soli” (ragazzo, 16 anni) durante lo svolgimento del “Giorno nello spazio” nella natura, quando dovevano orientarsi da soli nella foresta. “Ho imparato di più durante gli esercizi in cui ho dovuto attraversare i miei confini e spingermi al limite. E ‘stato impegnativo e positivo fare qualcosa che è una sfida, in questo modo siamo in grado di imparare di più” (ragazzo, 22 anni).“Il lavoro di squadra è importante, l’ho capito solo adesso perché ci siamo trovati benissimo come gruppo, lavorando insieme” (ragazza, 18 anni) durante il “Giorno nello spazio”, quando dovevano orientarsi e trovare il percorso per finire l’esercizio come squadra. “Ho imparato che devo essere più assertiva” (ragazza, 19 anni).“Le risorse disponibili mi hanno veramente aiutato e ora so di che cosa sono capace” (ragazza, 16 anni).

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CENTRO DE SALUD MENTAL “PROF. NIKOLA SHIPKOVENSKI” - BULGARIA“Il comportamento aggressivo è spesso un metodo di ricerca di attenzione causato dalla bassa autostima. Il bullismo aiuta le persone aggressive a sentirsi potenti e stare meglio con se stessi. Non vogliono apparire deboli davanti agli altri. Essi immagazzinano molta rabbia e cattiveria dentro di sé”.“Gli aggressori sono persone che hanno problemi in famiglia, o sono essi stessi vittime di aggressione, o i loro genitori non li seguono abbastanza”.

BORGORETE - ITALIA“Solo le persone buone possono entrare nel nostro castello, i cattivi devono stare fuori” (Sana, 11 anni).“Per essere in grado di poter aiutare gli altri, prima devi capirli” (Vittorio, 12 anni).“Non puoi comprare la fiducia, la devi guadagnare” (Albina, 14 anni.)

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TranSpace ha avuto lo scopo di fornire ai bambini che soffrono di disturbi di salute mentale e

difficoltà di apprendimento gli strumenti necessari, i meccanismi e le costellazioni mentali per essere in grado di proteggere se stessi mentalmente dai pari e dalla violenza domestica, e di essere in grado di comprendere il concetto di violenza come un fenomeno complesso sul quale deve essere fatta un’attenta riflessione in relazione a vari ambienti sociali. Per raggiungere questo scopo, il progetto ha messo a punto una nuova metodologia - basata sulla nozione fluida dello spazio e sul paradigma relazionale – da sperimentare durante il corso di sei laboratori in cinque paesi diversi. Dato che una persona esiste solo attraverso un rapporto sociale con l’altro, la metodologia, una volta attuata, ha cercato di offrire ai partecipanti del gruppo target la capacità mentale di trasformare il proprio spazio intimo e sociale in uno scudo di sicurezza e uno spazio di azione creativa di reciproco rispetto, dove gli individui possono coesistere in uno spazio di reciprocità e rispetto.Una preoccupazione fondamentale riguardo all’applicazione della metodologia è stata l’intensa prevalenza di bassa autostima nel gruppo target. Questo è apparso come il denominatore comune e il motore generale che non solo causa episodi di violenza, ma che rende anche impossibile per le vittime allontanare i colpevoli. Un’attenzione significativa è stata quindi posta sull’aumento del livello di autostima dei i giovani, non solo per riaffermare le loro posizioni mentali e confini personali nell’ambito dei rapporti sociali, ma anche per esplorare i vari ruoli e i cambiamenti tra ruoli sociali e mantenere così la capacità dei gruppi target

di abitare il proprio spazio indipendentemente dalle variazioni che avvengono in situazioni sociali reali.I partner che hanno sviluppato la metodologia hanno ritenuto che la questione dell’autostima, vista come categoria mentale derivante da un contesto sociale e che si sviluppa attraverso dinamiche relazionali, fosse qualcosa che doveva essere affrontato nel contesto delle relazioni sociali e delle interazioni. Questo è il motivo per cui il lavoro di gruppo e le sue dinamiche interne sono stati i punti focali dell’approccio metodologico generale.Quello che colpisce nel feedback ricevuto nei laboratori è stato un apprezzamento esplicito e comune da parte dei bambini, che hanno imparato a conoscere meglio i propri compagni di scuola in modo più profondo e sono stati in grado di:

l conoscere gli altri in modo più profondo e intimo;l capire quali sono i loro valori e le loro convinzioni; l realizzare quali sono le loro paure.

È sorprendente che la maggior parte dei gruppi abbia espresso di essere ora in grado di relazionarsi con i compagni su un nuovo livello, con un legame e una condivisione che non c’erano mai state. Inoltre, secondo il feedback ricevuto dai giovani dei gruppi target, si può affermare che metodologie di questo tipo – che aumentano le abilità sociali, la fiducia e le dinamiche di gruppo interpersonali - sono non solo utili, ma quasi necessarie per i giovani per collaborare alla creazione di un ambiente sociale piacevole con dinamiche personalizzate ed empatiche tra i membri.

VALUTAZIONE DELLA SPERIMENTAZIONE DELLA METODOLOGIA

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Questo risultato va oltre le metodologie di lotta contro la violenza; si tratta di un’affermazione generale sulla natura delle relazioni umane: più ci conosciamo e più cose impariamo sulle caratteristiche particolari dei singoli membri del gruppo, meno siamo capaci di vederli come oggetti da denigrare e più diventiamo invece capaci di vederli come esseri umani unici e interessanti. Questo spunto, preso dal feedback dei gruppi target, è un argomento a favore di metodologie che lavorano sulle competenze interpersonali e le dinamiche di gruppo, in quanto non solo preferibili ma necessarie affinché il gruppo possa funzionare a lungo termine senza dinamiche interne di divisione significativa tra “noi”e “gli altri”.È interessante notare che i ragazzi hanno dimostrato una naturale inclinazione ad avvicinare gli altri e a vedere chi sono “per davvero”; ed è questo interesse spontaneo che ha il potere di migliorare le dinamiche di gruppo e supportare lo sviluppo di empatia e cameratismo.In un certo senso, lo scopo di questo progetto non era tanto di inventare strategie di difesa per i soggetti vittime di violenza, quanto sviluppare una misura preventiva innovativa ed efficace per la violenza tra coetanei, misura nata dal gruppo stesso che impara a vedere gli altri come esseri umani unici, interessanti e meravigliosi. In breve, i membri del gruppo hanno capito che cosa è l’empatia e quali effetti miracolosi può avere. Ed è questo, in un certo senso, il modo in cui può aumentare l’autostima e in cui le persone si possono sentire protette - in un ambiente sociale caratterizzato da sostegno e comprensione.Un altro dato degno di nota è il progresso dei gruppi target e il fatto che il feedback dei partecipanti sia stato gradualmente sempre più positivo di laboratorio in laboratorio. C’è stato, nei rispettivi

gruppi, un aumento evidente della sensazione di sicurezza durante le attività, i partecipanti si sono sentiti liberi di essere se stessi durante i laboratori, accettati dagli altri, e più forti grazie al lavoro svolto nei laboratori, sentendosi rispettati dagli altri e anche divertendosi durante gli incontri. Si può affermare che durante gli incontri i membri dei gruppi target abbiano gradualmente acquistato maggiore sicurezza per poter essere se stessi e che si siano aperti ad un’esperienza inattesa.Il solo aspetto che ha ricevuto risposte contrastanti, anche se positive, riguarda il fatto che l’esperienza laboratoriale abbia o meno fatto sentire i giovani partecipanti più forti. Il feedback indica che i gruppi hanno sentito maggiormente l’impatto dei laboratori in termini di dinamiche interpersonali e di gruppo, e meno in termini di rafforzamento individuale, dal punto di vista di ciascun partecipante. In un certo senso, questo può essere letto come un risultato positivo: ci si può veramente sentire più forti se si ritiene che il proprio spazio personale all’interno di un gruppo sia sicuro. Il criterio principale con il quale si dovrebbe valutare la qualità e l’impatto di questi laboratori, pertanto, non è quello dei singoli all’interno del gruppo e della conquista di una loro maggiore forza personale. Il criterio si dovrebbe riferire a quanto questi stessi soggetti si sentano accettati e sicuri all’interno di uno spazio condiviso - ovvero un senso di sicurezza del proprio spazio e la sensazione di voler entrare in un gruppo attraverso una serie di interazioni reciproche. Ed essendo questo effettivamente il criterio che dobbiamo e vogliamo osservare nella valutazione dei laboratori, possiamo facilmente affermare che essi sono stati pienamente efficaci nel raggiungimento degli obiettivi prefissi.

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In conclusione, abbiamo rilevato che le sessioni di psicodramma che affrontano il tema del bullismo

sono adeguate ad affrontare un tema così delicato. Lo psicodramma è un metodo ideale per avvicinarsi ad un tema come il bullismo che colpisce tanti giovani, direttamente o indirettamente. Il feedback positivo riportato dai partecipanti indica che questi esercizi possono essere utilizzati per diversi gruppi target e possono dare risultati positivi in un breve periodo di tempo. Un gruppo relativamente piccolo di 10 persone consente di lavorare in gruppo e anche di dedicare del tempo ai singoli partecipanti. Gruppi piccoli forniscono infatti un ambiente sicuro a bambini che hanno difficoltà ad esprimere le loro opinioni per poter partecipare a discussioni di gruppo, dando a tutti la possibilità di esprimersi. Alternare giochi e teoria negli incontri ha permesso ai partecipanti di acquisire conoscenze sul bullismo e di affrontare i sentimenti di esclusione e di colpa. Lavorando insieme con i loro coetanei, nostri partecipanti sono stati aiutati a migliorare le dinamiche di gruppo e l’armonia all’interno del gruppo, permettendo lo scambio di esperienze e opinioni nei laboratori di TranSpace.Il progetto in sé è stato molto interattivo e stimolante. È stato molto interessante vedere lo sviluppo personale di ogni partecipante. Abbiamo dato un grande supporto ai partecipanti attraverso la creazione di un ambiente sicuro e attraverso il gioco. Uno dei giovani dei nostri gruppi, in

particolare, veniva da un’esperienza di bullismo importante ed era particolarmente timido e riluttante a partecipare. È stato molto gratificante osservare, durante lo svolgimento dei laboratori, la sua trasformazione in una persona che può far parte di un gruppo ed essere assertivo e capace di dire “NO”. I partecipanti hanno anche tratto grande beneficio da questa esperienza dal punto di vista della sicurezza nelle comunicazioni infragruppo e della condivisione dei propri pensieri. Nel complesso, i laboratori sono stati un grande successo. I partecipanti si sono divertiti ed hanno imparato ad esprimere i loro sentimenti e dire “NO” quando si sentono a disagio in qualsiasi situazione. Visto che ogni gruppo aveva esigenze molto diverse, i formatori hanno cercato di rispondere ai loro diversi bisogni, consentendo ai giovani di acquisire le competenze e le esperienze necessarie e aiutandoli costantemente a costruire fiducia in se stessi. Qualsiasi modifica apportata alla struttura dei gruppi di lavoro è stata approvata da un operatore sociale qualificato.Le visite di scambio sono state un’esperienza molto positiva - i ragazzi hanno avuto l’opportunità di conoscere culture diverse e conoscere nuove persone. Un ragazzo in particolare ha viaggiato per la prima volta in aereo e visitato un altro paese. Inoltre, tre giovani partecipanti che durante alcuni incontri avevano fatto da “insegnanti di danza” hanno avuto l’occasione svolgere i laboratori di

CONCLUSIONIAlcuni spunti su cui riflettere

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scambio con i formatori e di insegnare alle classi, un’esperienza che è stata un’enorme spinta per la costruzione del loro senso di sicurezza. Abbiamo trovato il quadro teorico e metodologico della formazione TranSpace molto efficace. Tutti gli aspetti della formazione: psicodramma, giochi di ruolo e teatro hanno dimostrato di essere molto efficaci e di avere un ottimo riscontro da parte di tutti i partecipanti e le persone coinvolte. Abbiamo inserito altre tecniche espressive come il disegno e collage nel nostro programma di formazione e abbiamo riscontrato che questi metodi sono molto efficaci. Li abbiamo trovati particolarmente utili quando i ragazzi erano timidi o troppo imbarazzati per esprimersi fisicamente o verbalmente.Per quanto riguarda il gruppo target, è importante mettere in evidenza che sarebbe vantaggioso includere non solo vittime di violenza e bambini con bisogni speciali, ma anche giovani che hanno problemi di comportamento aggressivo. Un’acquisizione stabile di abilità e competenze relazionali richiederebbe un tempo di intervento più lungo, e la partecipazione delle famiglie dei bambini. Riteniamo che potrebbe essere utile organizzare un incontro con i genitori dei bambini, in modo da ottenere una migliore comprensione da loro e ricevere un loro feedback. Il feedback che abbiamo ricevuto da parte dei genitori è che la metodologia utilizzata è stata efficace e che i loro figli sono più tranquilli a casa. Hanno capito che cos’è l’aggressione, la sanno verbalizzare e sono diventati più tolleranti rispetto alle difficoltà delle altre persone.

Abbiamo avuto alcuni problemi con giovani che hanno perso degli incontri e abbiamo avuto casi di drop-out nei gruppi. Abbiamo dovuto riscontrare che quando i laboratori non si svolgevano nei luoghi frequentati abitualmente dai giovani e, pertanto, essi dovevano essere accompagnati e ripresi da un genitore ad ogni incontro, o in alcuni casi dovevano assentarsi da scuola per partecipare, c’è stata una maggiore incidenza di incontri mancati. La nostra esperienza laboratoriale dimostra che i bambini dovrebbero essere valutati molto attentamente prima di essere ammessi nel gruppo e che si dovrebbero considerare dei parametri come la loro età e la natura e la gravità dei loro problemi per determinare la dimensione del gruppo e la durata degli incontri. Il nostro studio ha confermato la teoria che la metodologia è più adatta per partecipanti di età compresa tra gli 8 e i 12 anni d’età che lavorano in piccoli gruppi – con un rapporto massimo di quattro bambini per due formatori. Nel complesso, siamo molto felici di aver partecipato ad un programma professionale ed efficace nel raggiungimento dei risultati prefissi. Questa esperienza ci ha anche insegnato che è necessario un serio processo di supervisione per i formatori. Se dovessimo fare una raccomandazione, suggeriremmo di estendere la durata del programma, in particolare per i laboratori di bullismo.In conclusione, è stato un progetto eccellente e ci dispiace che sia finito.

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Per ulteriori dettagli sulle organizzazioni coinvolte in TranSpace, si prega di consultare il sito web di TranSpace: http://www.TranSpaceproject.eu

CONTATTISe avete domande…

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BIBLIOGRAFIAPer approfondire i temi trattati

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