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Sebastiano De Pilla Matricola: 3110054 Università degli studi di Genova Facoltà di Architettura Corso di Laboratorio di Progettazione V A.A 2012-2013 Prof. Arch. Marco Casamonti Arch. Mattia Cadenazzi_ Arch. Carlotta Costantino_ Arch. Federica Poggio Simone DiMaria Matricola: 3161632 Elisa Dodero Matricola: 3136344 Francesca Durante Matricola: 3110900 Agnese Guerri Matricola: 3224025 Silvia Neri Matricola: 3277496 Francesca Pietrelli Matricola: 3268256 Sara Traverso Matricola: 3021822 GRUPPO N° 1 ITINERARI DI ARCHITETTURA FIRENZE 1912\2012

Itinerari di architettura_Firenze

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Itinerari di architettura_Firenze

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Page 1: Itinerari di architettura_Firenze

Sebastiano De PillaMatricola: 3110054

Università degli studi di Genova Facoltà di ArchitetturaCorso di Laboratorio di Progettazione V A.A 2012-2013

Prof. Arch. Marco Casamonti

Arch. Mattia Cadenazzi_ Arch. Carlotta Costantino_ Arch. Federica Poggio

Simone DiMariaMatricola: 3161632

Elisa DoderoMatricola: 3136344

Francesca DuranteMatricola: 3110900

Agnese GuerriMatricola: 3224025

Silvia NeriMatricola: 3277496

Francesca PietrelliMatricola: 3268256

Sara TraversoMatricola: 3021822

GRUPPO N° 1

ITINERARI DI ARCHITETTURA

FIRENZE1912\2012

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FIRENZE

01_Cinema Odeon

02_Studio “A. Franchi”

03_Fabbricato viaggiatori

04_Centrale termica

05_palazzina Reale

06_Ponte S. Niccolò

07_casa-studio Ricci

08_casa-studio Savioli

09_Cassa di Risparmio

10_Galleria degli Uffizi

11_ponte Vespucci

12_ponte alle Grazie

13_chiesa S. Giovanni B.

14_sede della Nazione

15_case popolari Sorgane

16_sede della RAI

17_casa per appartamenti

18_villa Bayon

19_ponte da Verrazzano

20_Poste centrali

21_ponte all’Indiano

22_Archivio di Stato

23_Palazzo degli Affari

24_Limonaia villa Strozzi

25_condominio S.Jacopino

26_padiglione Spadolini

27_teatro della Compagnia

28_FS Firenze Statuto

29_terminal autobus

30_Le Torri

31_ingresso stazione SMN

32_museo dell’opificio

33_ingresso Careggi

34_Palazzo di Giustizia

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project: Cinema Odeontypology: Sala cinemaarchitect: Marcello Piacentinirealization: 1920-1922address: Piazza Strozzi

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project: Stadio “Artemio Franchi”typology: Stadio comunale architect: Pierluigi Nervi realization: 1930-1932address: V.le Paoli/V.le Maratona

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project: Fabbricato viaggiatoritypology: Stazione ferroviariaarchitect: Gruppo Toscanorealization: 1932-1934address: Piazza Stazione

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project: Palazzina Reale SMNtypology: Padiglione per sovraniarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1934-1935address: Via Valfonda

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project: Ponte S. Niccolòtypology: Ponte ad arcoarchitect: Riccardo Morandirealization: 1948-1949address: lungarno del Tempio

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project: Casa-Studio Riccitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Riccirealization: 1950-1964address: Via Monterinaldi

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project: Casa-Studio Saviolitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1950-52; 1968-70address: Via delle Romite

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project: Cassa di Risparmiotypology: Edifici per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1953-1957address: Via Bufalini

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project: Centrale termicatypology: Edificio industrialearchitect: Angiolo Mazzonirealization: 1932-1934address: Via delle Ghiacciaie

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project: Restauro Galleria Uffizitypology: Spazio espositivoarchitect: I. Gardella, C. Scarparealization: 1953-1955address: Piazzale degli Uffizi

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project: Ponte Vespuccitypology: Ponte a tre campatearchitect: Morandi-Gori-Nelli-Gorirealization: 1954-1956address: Lungarno Vespucci

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project: Ponte alle Grazietypology: Ponte a cinque arcatearchitect: Michelucci-Detti-Santirealization: 1955-1957address: Lungarno delle Grazie

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project: Chiesa di S. Giovanni B. typology: Edificio di cultoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1960-1964address: A1 uscita Firenze Nord

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project: Case popolari Sorganetypology: Edilizia popolarearchitect: L. Savioli - L. Riccirealization: 1962-1980address: V.le B. Croce-Via Isonzo

17

project: Casa per appartamentitypology: Edilizia popolarearchitect: L. Savioli - D. Santirealization: 1964-1967address: Via Piagentina

18

project: Villa Bayon typology: Residenza unifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1966-1967address: Via Ippolito Galantini

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project: Ponte da Verrazzanotypology: Ponte a campata unicaarchitect: Damerini-Savioli realization: 1965 address: Quartiere di Gavinana

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project: Direzione centrale Postetypology: Edificio per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1967address: Via Pietrapiana

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project: Sede della Nazionetypology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1961-1966address: Viale Giovine Italia

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project: Sede Regionale della RAItypology: Edificio pubblicoarchitec: Italo Gamberinirealization: 1965-1968address: Lungarno Colombo

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project: Ponte all’indianotypology: Ponte strallatoarchitect: Montemagni - Sicarealization: 1972-1978address: Cascine

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project: Limonaia Villa Strozzitypology: Spazio espositivoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1973-1988address: Via Pisana

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project: Condominio S.Jacopinotypology: Edificio residenzialearchitect: Marco Dezzi Bardeschirealization: 1974-1976address: P.zza San Jacopino

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project: Teatro della Compagniatypology: Teatro e sala cinema architect: A. Natalini - F. Natalinirealization: 1987address: Via Cavour, 50r

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project: Le Torritypology: Centro commercialearchitect: Mario Bottarealization: 1988-1992address: Via A. Canova

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project: Palazzo degli affari typology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1972-1974address: Piazza Adua

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project: Padiglione Spadolinitypology: Spazio espositivoarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1974-1976address: Fortezza da Basso

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project: Archivio di Stato Firenzetypology: Edificio per ufficiarchitec: Italo Gamberinirealization: 1972-1988address: Viale Duca degli Abruzzi

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project: Terminal autobus SMNtypology: Pensilina dei Busarchitect: C. Toraldo Di Franciarealization: 1986-1990address: Piazza della Stazione

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project: Stazione Firenze Statutotypology: Stazione ferroviariaarchitect: C. Toraldo Di Franciarealization: 1985-1988address: Piazzale L. A. Muratori

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project: Ingresso stazione SMNtypology: Rampa di accessoarchitect: Gae Aulentirealization: 1990address: Viale Strozzi

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project: Museo delle pietre duretypology: Spazio espositivoarchitect: A. Natalini - F. Natalinirealization: 1992-1995address: Via degli Alfani

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project: Palazzo di Giustiziatypology: Edificio per ufficiarchitect: Leonardo Riccirealization: 2000-2012address: Viale Guidoni

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project: Ingresso di Careggitypology: Edificio ospedalieroarchitect: CSPE - Ipostudio - ...realization: 1999-2010address: Viale Morgagni

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la popolazione cresce di cinquantamila unità. Dal 1905 al 1913 si costruiscono 36.652 vani; circa 2000 sono le abitazioni popolari realizzate: i cosiddetti ‘trenini’ (edifici residenziali borghesi a due piani a schiera) i quali sono una versione abbastanza provinciale di tipologie con-temporanee europee, che tuttavia appare oggi non priva di qualità d’ordine e di dignità rispetto all’attuale anarchia edilizia. Nel primo quindicennio del secolo si manifesta-no diverse iniziative nel campo dell’edilizia “popolare” dove è chiara l’intenzione di utilizzare le aree ai margini della città murata. infatti gli interventi sono concentrati in tre zone: fuori la porta S. Frediano, fuori la porta S. Nic-colò e intorno a S. Jacopino. Le zone delle Cure e di San Gervasio, dove contemporaneamente si sviluppa l’edifi-cazione, sono riservate alle classi medie e agiate. Nel primo Novecento opera a Firenze l’architetto Giovanni Michelazzi. Nei villini da lui costruiti per le famiglie della borghesia fiorentina con il quale introduce il linguaggio modernista nel tessuto urbano antico, Michelazzi lascia a Firenze opere di non secondaria importanza nel pa-norama dell’architettura di gusto Liberty in Italia. La cul-tura fiorentina del Novecento offre contributi importanti in campo letterario, trovando uno strumento ideale nelle riviste, le quali assumono grande rilievo nella storia del-la letteratura italiana moderna, anche nel contesto della cultura internazionale. Fin dagli inizi del ‘900 la piana fio-rentina si dimostra la direzione preferenziale per l’espan-sione, favorita dalle condizioni altimetriche, la presenza della ferrovia e la conseguente localizzazione delle prime aree industriali. Negli studi urbanistici di inizio secolo, la città è un’entità conclusa a livello concettuale, poiché le periferie assumono sempre il carattere di aggiunte che gravitano funzionalmente e strutturalmente sul nucleo storico, non è un caso che venga fatta una distinzione tra piani regolatori “interni” e quelli “esterni”, a testimoniare la netta percezione tra un dentro e un fuori della città.

FIRENZE 1912 _ 2012

Firenze è universalmente riconosciuta come città dell’Arte, con un inestimabile patrimonio di architetture, dipinti, sculture, memorie storiche e scientifiche, che for-mano il tessuto cittadino. Per tutto il secolo scorso, fino ad oggi, la storia di Firenze è segnata da un proces-so di disintegrazione in cui la struttura antica è ormai insufficiente a risolvere tutte le esigenze della vita ur-bana moderna e si pone come ‘problema’ di una real-tà complessa. Il suo significato deve essere recuperato in un nuovo contesto che non riesce mai a trovare un organico equilibrio e quindi a realizzarsi in una nuova forma urbana. Con il progetto di Giuseppe Poggi per Firenze capitale d’Italia (1864-1870) - che provocò la demolizione delle Mura della città per la costruzione dei Viali di circonvallazione, la creazione del Viale dei Colli e Piazzale Michelangelo e lo sviluppo iniziale di nuovi quartieri residenziali sia all’interno dei Viali (il distretto della Mattonaia intorno a Piazza Indipendenza, il distret-to di Maglio intorno a Piazza d’Azeglio) che all’esterno (Savonarola, San Jacopino, Piagentina) - e con la de-molizione del centro urbano intorno al vecchio mercato (1885-1889) per la creazione della grande Piazza Vitto-rio Emanuele II (ora Piazza della Repubblica) e le co-struzioni di edifici adibiti pricipalmente ad uso ufficio, cominciò la terziarizzazione del centro urbano, nei primi decenni del ventesimo secolo. In conformità con lo sche-ma urbano di pianificazione di Poggi, la città si espanse velocemente fino ai colli vicini - via Vittorio Emanuele II all’ovest, Viale Volta all’est e Oltrarno lungo via Pisana oltre il Pignone, dove la fonderia ha rappresentato il pri-mo nucleo industriale insieme agli alloggi degli operai. Fino alla prima guerra mondiale i problemi della città sembrano accumularsi senza tangibili interventi dell’am-ministrazione pubblica. Sul piano sociale si rileva lo sviluppo del movimento operaio in difesa di una clas-se che vive in condizioni durissime. Dal 1890 al 1915

1_Pianta di Firenze e dei suoi contorni al 1857-18612_Il Piano Poggi (1865), di Firenze3_Il Piano Regolatore del 1915/24

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Comunale (ing. P.L. Nervi, 1932), la Stazione Ferroviaria di Santa Maria Novella (arch.i G. Michelucci, N. Baroni, P. Berardi, I. Gamberini, B. Guarnieri, L. Lusanna, 1934-35), la Scuola di Guerra Aerea alle Cascine (arch. R. Fa-gnoni, 1937), la Casa del Balilla in piazza Beccaria (ing. F. De Reggi, arch. A. Cetica, 1936-37), la sede della Mo-stra-Mercato dell’Artigianato in piazza Cavour (arch.i S. Pastorini, M. Pellegrini, 1939). Nel corso del Novecento le attività direzionali continuano a concentrarsi nel cen-tro. L’intervento più pesante è il nuovo complesso della Biblioteca Nazionale (1911-35), che investe parte delle strutture conventuali di Santa Croce e si affaccia sull’Ar-no. Nel 1931 Firenze viene definita stazione turistica in-ternazionale; nel 1933 è sede dell’incontro tra Mussolini e Hitler, per il quale vengono allestite spettacolari sce-nografie urbane; nel 1935 viene inaugurata l’autostra-da Firenze-mare e nel 1936 la linea ferroviaria elettrifi-cata Firenze-Bologna, detta “Direttissima”. Nel 1951 la città provvedette a darsi un piano regolatore generale. Pur attentamente studiato, esso non potè impedire il pro-cesso di saturazione delle aree edificate oltre i viali di cir-convallazione, la tendenza a un’espansione a macchia d’olio, la carenza di attrezzature, di servizi e di aree verdi. Vengono costruiti tre nuovi ponti sull’Arno: il “Vespucci”, in calcestruzzo armato precompresso; quello all’Indiano; quello “Giovanni Da Verrazzano”. Con il doguerra una profonda riflessione pone la residenza come parte della moderna vita civile, coproduttrice dell’identità di quartie-re, passando con esperienze anche di una certa valenza utopistica / ideologica e successivamente incentrati sulla paziente ricerca della qualità degli standar residenziali. Emergono infine le qualità progettuali dei maestri, che dal liberty sino alle ville degli anni ‘60 e ‘70, hanno linguisti-camente caratterizzato le opere come valore specifico dl paesaggio urbano. L’architettura sacra, culminante con l’episodio straordinario della chiesa dell’autostrada, ha

A parte un tentativo di piano urbanistico nel 1907, che non ebbe seguito, il piano successivo a quello per Firenze ca-pitale fu compilato nel 1915 dall’ufficio strade del Comune, diretto dall’ingegnere Giovanni Bellincioni. Il piano entrò in vigore nel 1924, ben sessant’anni dopo il piano Poggi. Questo strumento urbanistico, fatto sostanzialmente di una ragnatela di maglie viarie che individuano isolati edi-ficabili invadendo a colmata le aree libere fino ai piedi delle colline, è rimasto in vigore fino al 1958. Fu attuato soltanto in parte, per alcuni settori della rete stradale, ma determinò di fatto i due settori più consistenti di espansio-ne residenziale - a nord, nella zona delle Cure, e a sud-est, a Ricorboli - mentre confermò il settore delle Cure. L’attività edilizia adottò largamente la tipologia del villino. Inoltre il piano determinò l’avvio del quartiere industriale di Rifredi (1918), che doveva poi ospitare i più grandi insediamenti produttivi, e la zona ospedaliera di Careggi (a partire dal 1934). Il periodo fra le due guerre è se-gnato dai riflessi locali della politica del regime fascista in materia di gestione e disegno delle città. Un vecchio progetto del conte Giulio Guicciardini e del professor Ugo Giusti, del 1921, per il ‘risanamento’ del quartiere popolare di Santa Croce, viene rielaborato e presentato al podestà dal Guicciardini e dall’architetto RaffaelloFagnoni, nel 1928. Nel 1936 si inizia la demolizione di alcuni isolati della zona. Si lavora secondo un progetto comunale che prevede alla fine dell’intervento nuovi iso-lati e strade più larghe, ma nessuno ha un’idea chiara di cosa possa e debba rappresentare il nuovo quartie-re, una volta realizzato, nel quadro generale della città. Dopo le demolizioni, i progetti di ricostruzione non furo-no attuati. Gli spazi vuoti furono ‘riempiti’ in tempi suc-cessivi nell’ultimo dopoguerra. Anche a Firenze, come nelle altre città italiane, il regime fascista mira a realiz-zare soprattutto opere monumentali e rappresentative: la casa del Fascio (arch. C. Burci, 1927-28); lo Stadio

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1_La casa del Fascio (arch. C. Burci, 1927-28)2_La stazione ferroviaria di Santa Maria Novella 1934-353_Stadio Comunale Artemio Franchi prima della ristrutturazione del 1990

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1_Chiesa di S.Giovanni Battista_particolare2_Chiesa di S.Giovanni Battista in uno schizzo di Michelucci3_Chiesa di S.Gioanni Battista4_Piano Regolatore di Bartoli, Pastorini e Sagrestani5_Il Palazzo Vecchio di Firenze durante l’alluvione6_Alluvione a Firenze7_Centro storico8_Centro storico

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.aboutflorence.com/firenze/Storia-di-Firenze.htmlhttp://archeologiamedievale.unisi.it/dottorato/sites/archeologiamedievale.unisi.it.dottorato/files/scampolihttp://www.fiorentininelmondo.it/storia/storia-di-firenze.htmlhttp://www.firenze-online.com/conoscere/storia-firenze.phphttp://it.wikipedia.org/wiki/Risanamento_di_Firenze

espresso alcune opere che articolano il momento religio-so con diverse confessioni anche nell’ambito della rea-lizzazione di complessi di servizio per la comunità. L’allu-vione dell’Arno del novembre 1966 devasta case, musei, biblioteche, monumenti causando danni irreparabili al patrimonio artistico e culturale di Firenze con la conse-guente perdita di diversi manoscritti o rare opere. Pur in assenza di un piano organico e di un efficace coordina-mento delle risorse e delle iniziative, la funzione di Firen-ze quale città degli studi e della ricerca scientifica si va progressivamente potenziando. Il centro storico di Firen-ze, viene riconosciuto nel 1982 dall’UNESCO Patrimo-nio dell’Umanità, è considerato racchiuso all’interno della concatenazione dei viali tracciati sulle vecchie mura me-dievali delle città di Firenze, raccogliendo i più importanti beni culturali artistici e pittorici del capoluogo toscano. Il novecento ha innovato la città in merito alle grandi at-trezzature urbane e per un uso civile collettivo nuovo, proprio di una realtà sociale che il nuovo secolo ha fat-to emergere e trasformato. Il tema dell’architettura per settori ha trovato fortissimo sviluppo e ha dato forma ad opere molto significative nella costruzione del volto mo-derno della città. ll secolo della modernità ha disegnato il carattere attraverso il disegno delle sue architetture, in ogni momento testimonianza di un contesto culturale e non solo architettonico in evoluzione.

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project: Cinema Odeontypology: Palazzo Cinema Teatroarchitect: Marcello Piacentini in collab. Ghino Venturirealization: 1920 - 1922address: Piazza Strozzi Firenze

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1_L’edicola del cinema odeon2_Palazzo dello Strozzino3_Cinema Odeon4_La cupola5_Cinema Odeon vista esterna6_Cinema Odeon vista esterna7_Cinema Odeon vista laterale dell’interno8_Cinema Odeon vista dall’alto

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.correrenelverde.it/architettura/personaggi/piacentini.htmhttp://www.zam.it/biografia_Marcello_Piacentinihttp://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_Piacentinihttp://www.treccani.it/enciclopedia/tag/marcello-piacentini/http://wikimapia.org/16983143/it/Palazzo-dello-Strozzino-Cinema-Odeonhttp://web.rete.toscana.it/cultura/architettura?command=showDetta-glio&codice=100028&provincia=Firenze

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Nato a Roma nel 1881, figlio di un architetto Marcello Piacentini studiò nell’Istituto di Belle Arti, conseguendo il diploma di professore di disegno architettonico, e più tardi quello di architetto civile nella Scuola di Applica-zione degli Ingegneri. Nel 1907 vinse il concorso per la sistemazione del centro di Bergamo. Nel 1910 realizzò il padiglione italiano all’Esposizione Mondiale di Bruxelles. Tra il 1915 e il 1917 il Cinema Corso di Roma rivelò il suo interesse per il modernismo europeo, che fino al 1920, emerse anche in vari altri progetti.Un primo esempio lo si trovava nella villetta Rusconi, realizzata da Piacentini nel 1913. Nel Palazzo della Banca d’Italia in Piazza del Parlamento (1914), Piacentini riprese poi, alcuni moti-vi la cui impronta si legava a Gianlorenzo Bernini. Dal 1920 in poi, le opere di Piacentini si possono distinguere in due gruppi: quelle di edifici pubblici e monumentali e quelle più modeste, case e villette per abitazione privata, simbolo del doppio ruolo che doveva assumere l’archi-tetto. Nel periodo fascista Piacentini si fece portavoce di una “via nazionale all’ architettura” tentando una me-diazione con gli esponenti della corrente razionalistica pur mantenendo in quasi tutte le sue realizzazioni un ca-rattere eclettico. Numerosissimi i progetti e gli interven-ti urbanistici, tra i quali il Palazzo di Giustizia di Milano (1933) e il Palazzo del Rettorato dell’Università di Roma (1936). Prima della guerra Piacentini compì molti viaggi all’estero ; dai quali egli tornò trasformato, e con in men-te un progetto artistico imponente, ispirato alla maesto-sità tedesca che trova riscontro in altre diverse opere: la sistemazione dell’E42 (1938-1942) la demolizione della “spina dei Borghi” per l’apertura di Via della Conciliazio-ne (1941). Molto importante il rapporto di collaborazio-ne che Piacentini ebbe con altri importanti artisti, come quella con Ferruccio Terrazzi per la realizzazione del Mausoleo Ottolenghi ad Acqui.Marcello Piacentini morì nel 1960.

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piazza Strozzi si accede invece al corridoio colonnato coperto con volte a vela, che costituisce il settore origi-nale del palazzo dello Strozzino. Da via degli Anselmi si accede infine all’atrio rettangolare ornato da due fontane e con al centro il bancone della biglietteria con corona-mento in legno intagliato da Umberto Bartoli, originale dell’epoca. Alle due testate sono collocati i banconi per il bar e si dipartono le due scalinate di collegamento con la galleria superiore. Il grande vano per lo spettacolo, con platea a forma rettangolare e galleria a ferro di ca-vallo con palchetti laterali al secondo ordine, tenta una mediazione fra gli antichi organismi teatrali e i moderni luoghi di spettacolo cinematografico. Coperto da una grande cupola circolare di vetri colorati, in origine apri-bile tramite un congegno elettrico, la sala presenta un ricchissimo apparato decorativo, che riunisce gli stucchi bianchi e dorati delle colonne istoriate con placchette decorative, le tre Muse in legno dorato a coronamento del boccascena, i putti i festoni di palmette e le formelle centrali delle balaustre dei palchi, i due arazzi appesi sotto gli arconi laterali e la grande decorazione a stucco dorato sulla parete di fondo della galleria superiore, il prezioso telone in seta rosso cocciniglia e rosoni in lami-na d’oro, dando vita ad un insieme prezioso e raffinato di ispirazione déco. L’arredo originale della sala, in vel-luto rosso, è stato rinnovato nel 1987 ed è attualmente in velluto giallo oro; sono ancora in loco le poltroncine in legno originali delle due gallerie del secondo ordine.Il foyer del primo piano presenta una copertura a lacuna-ri ornati di stucchi con segni zodiacali e si articola in uno spazio centrale più ampio ornato da una fontana, mentre un’alta zoccolatura in marmo venato decora le pareti.I piani superiori, destinati ad uffici, si articolano in-torno al grande invaso della sala cinematografi-ca la cui cupola è protetta da un lucernario in vetro.

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project: Cinema Odeontypology: Palazzo Cinema Teatroarchitect: Marcello Piacentini in collab. Ghino Venturirealization: 1920 - 1922address: Piazza Strozzi Firenze

Il cinema-teatro venne realizzato all’interno dell’antico palazzo detto “dello Strozzino” per conto del Sindacato Immobiliare Toscano. Il palazzo, ormai privo dei muri pe-rimetrali su più lati era in attesa di una sistemazione de-corosa. Tra il 1914 e il 1915 si demolì un’altra parte del complesso, compreso il bel cortile quattrocentesco, per costruire tra il 1920 e il 1922 (passata la prima guerra mondiale) il Cinema Teatro Savoia, poi Odeon, su pro-getto di Marcello Piacentini in collaborazione con Ghino Venturi. Il progetto, che oltre al cinema-teatro e al locale da ballo, prevedeva due piani di appartamenti per uffici ed usufruiva dei muri perimetrali del palazzo, ripristinati e impaginati in stile neorinascimentale. Nell’occasione vennero ridisegnate due facciate e su un spigolo ven-ne posto la lanterna a forma di tempietto circolare con nudi efebici in bronzo, opera dello scultore Marescalchi. L’interno del cinematografo, che occupa il piano terreno, il mezzanino e parte del primo piano si caratterizza per una fitta ornamentazione alla quale lavorarono lo scul-tore Giovanni Gronchi per i lacunari e le placchette in stucco, lo scultore Antonio Maraini per le tre Muse in le-gno dorato e policromo sul boccascena ed altri artiste e ditte specializzate per il complesso decorativo. Celebra-to negli articoli dell’epoca come un modello di mirabile armonia tra struttura architettonica generale e funzione, e celebre per la modernità e gli accorgimenti tecnici, oggi il cinema-teatro è considerato l’unico esempio nel panorama artistico cittadino degli anni Venti, “capace di attirare, riassumere ed esaurire in sé le sparute e più autentiche potenzialità dèco degli operatori fiorentini”. Pochi furono gli elementi antichi riutilizzati (alcune volte, peducci e colonne) nell’ingresso e nel foyer. All’interno, un atrio-corridoio perimetrale filtra l’accesso alla sala da spettacolo. L’ingresso al cinema avviene da via degli An-selmi, mentre il portone centrale su via dei Sassetti im-mette nello scalone per la discesa nel sottosuolo. Dalla

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1_Vista frontale dell’interno2_Particolari3_Particolare ingresso

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project: Stadio “Artemio Franchi”typology: Stadio comunale architect: Pierluigi Nervi realization: 1930-1932address: V.le Paoli/V.le Maratona

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1_Torre di Maratona (prosp. fronte sud-est)2_Scala elicoidale (prosp. fronte sud)3_Ingresso (prosp. fronte nord-ovest)4_Vista del campo del 1960 (prosp. fronte sud-ovest) 5_Pensilina (prosp. fronte ovest)6_Torre di maratona (vista dalle gradinate della tribuna laterale)7_Vista dello stadio (prosp. fronte sud-ovest)8_Vista dello stadio (prosp. fronte sud)

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Carlo Cresti-Storia dell’architettura moderna-1964-Laterza

Giovanni Michelucci- Lo stadio “Giovanni Berta” in Firenze dell’ingegnere Pier Luigi Nervi in “Architettura”-1932

M. Piccardi, M. Settimelli-Lo Stadio di Firenze| Storia di ieri e di oggi-1990-Arnaud

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(Sondrio, 21 giugno 1891 – Roma, 9 gennaio 1979)

Si dedicò particolarmente allo studio delle strutture me-talliche e in cemento sia nel campo strettamente tecnico sia nel campo figurativo. Laureato in ingegneria civile a Bologna (1913), ha svolto l’attività professionale con studio in Roma (dal 1923, Nervi e Nebbiosi; dal 1932, Nervi e Bartoli; dal 1955, Studio Nervi, con i figli Antonio, Mario e Vittorio); ha insegnato Tecnica delle costruzioni e Tecnologia dei materiali (1945-62, Roma, facoltà di ar-chitettura). Si è dedicato particolarmente allo studio del cemento armato, realizzando nuovi procedimenti costrut-tivi , specie nel campo della prefabbricazione strutturale, che hanno ampliato notevolmente gli orizzonti dell’archi-tettura. La sua architettura, che si distingue anche per arditissime realizzazioni tecniche, si basa sul presuppo-sto che non vi sia alcun contrasto tra la risoluzione «sta-tico-costruttiva» di un problema architettonico e il suo risultato estetico. La prima delle sue opere importanti si presenta come esempio di una nuova architettura. Con le due aviorimesse a strutture geodetiche di Orvieto e le sei a elementi prefabbricati di Orvieto, Torre del Lago e Orbetello, tutte distrutte durante la guerra, studiò ulte-riormente il problema dell’alleggerimento delle strutture. Compì anche studi sull’utilizzo del ferro-cemento nelle costruzioni navali. Il Palazzo delle esposizioni di Torino è tra le sue opere più riuscite insieme al Palazzetto e al Palazzo dello sport a Roma, alla sala delle conferenze del palazzo dell’UNESCO a Parigi, alla cartiera Burgo a Mantova. Oltre alla progettazione strutturale del gratta-cielo Pirelli a Milano tra le altre opere si ricordano: Stadio Flaminio; Palazzo del lavoro per l’Esposizione interna-zionale di Torino; ponte del Risorgimento a Verona; sta-zione per autolinee al ponte G. Washington di New York; aula delle udienze in Vaticano; Bureau international du travail a Ginevra.

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alte cancellate, non più utilizzate come accessi. Le ali sono scandite da nove finestre ciascuna, separate da paraste lisce impostate al di sopra di una zoccolatura in pietra forte, che le raccorda con i pilastri dell’ingresso d’onore. L’uso di strutture a vista, inoltre, sottolineava quale fosse l’idea di arte di Nervi, “non solo estetica” ma anche “funzionalità e staticità”, e la sua fiducia nel-le “magnifiche qualità plastiche del cemento armato”.Il fabbricato, il cui stile segue l’architettura razionalista dell’epoca, è stato collegato, negli anni 2000, tramite passaggi aerei metallici a sezione circolare, a due nuo-vi fabbricati laterali a struttura prefabbricata, destinati a servizi vari e a spogliatoi; le sole interruzioni all’uni-forme scheletro della costruzione, a eccezione dell’in-gresso principale, sono le scale elicoidali. Le tre scale elicoidali esterne, che permettono tuttora l’accesso del pubblico, si trovano alle estremità del rettifilo delle gra-dinate scoperte. La loro rampa sporge come una men-sola da una trave avvolta a spirale, che si incrocia in mezzeria con una trave simmetrica; questa soluzione, oltre a rendere bilanciata l’opera, riduce l’azione torcen-te che la rampa genera sulla trave elicoidale. All’inter-no, lo stadio presenta una planimetria asimmetrica, a forma di “D”, con le estremità del settore della tribuna coperta che formano un angolo retto con le curve, per una precisa esigenza del bando di gara, un rettilineo di 220 metri per l’atletica leggera di fronte alla tribuna coperta. La torre di Maratona si sviluppa secondo la proiezione telescopica di semplici linee architettoniche che compongono una costruzione a tre piani, la cui ver-ticalità si doveva contrapporre all’orizzontalità volume-trica della tribuna. La porzione anteriore della struttura è pausata da alcuni livelli che racchiudono finestroni in vetro bianco che si sviluppano per tutta l’altezza del-la torre, illuminando lo stadio nelle partite in notturna.

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project: Stadio “Artemio Franchi”typology: Stadio comunale architect: Pierluigi Nervi realization: 1930-1932address: V.le Paoli/V.le Maratona

Descrizione dell’ opera

Esteso su un’area di circa 50.000 m² compresa tra via-le Manfredo Fanti, viale Pasquale Paoli e viale Mara-tona, lo stadio comunale “Artemio Franchi” si trova nel quartiere 2 di Firenze, detto “Campo di Marte”. L’impian-to rappresenta la principale struttura di una serie di at-trezzature sportive a servizio del quartiere e della città, come il Nelson Mandela Forum, la piscina comunale Paolo Costoli e lo stadio di atletica leggera Luigi Ridolfi, strutture che costituiscono il polo sportivo fiorentino. Il quartiere si propone come un grande spazio aperto e verde, all’interno della ordinata maglia delle costruzioni residenziali realizzate negli anni tra le due guerre. In oc-casione dei Mondiali di Calcio del 1990, accanto agli in-terventi di riordinamento estetico-funzionale dello stadio, grande attenzione è stata rivolta alla sistemazione delle zone limitrofe per quanto riguarda l’arredo, la viabilità e i giardini pubblici, costruendo inoltre nuovi parcheggi. Lo stadio “Artemio Franchi” fu il felice risultato di un appal-to-concorso indetto dal Comune di Firenze. La struttura, situata nel quartiere di Campo di Marte e costruita tra il 1930 e il 1932 è ricca di elementi innovativi e avveniri-stici per l’epoca, come la pensilina priva di sostegni in-termedi, le scale elicoidali e la torre di Maratona. A cau-sa delle difficoltà nell’ottenenimento dei finanziamenti richiesti, lo stadio fu realizzato in due fasi distinte tra il 1930 e il 1932, facendo in modo di avere un impianto funzionale il prima possibile qualora non fossero ancora state completate tutte le strutture. L’ingresso principale, progettato dall’architetto comunale Alessandro Giuntoli, è costituito da un corpo di fabbrica allungato e svilup-pato per l’intera lunghezza della tribuna coperta rivol-ta all’interno. Il settore centrale della facciata, sopra il quale svetta il nome dell’impianto, è ripartito da sei setti murari in cinque settori, all’interno dei quali si aprono le

1_Planimetria2_Sezione pensilina3_Sezione gradinata

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project: Fabbricato viaggiatoritypology: Stazione ferroviariaarchitect: Gruppo Toscanorealization: 1932-1934address: Piazza Stazione

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1_galleria di testa2_biglietteria3_vista aerea del fabbricato viaggiatori4_piazzale esterno e fronte principale5_particolare degli arredi_panchina e poggia bagagli6_particolare degli arredi_orologio di Nello Baroni sul fronte principale7_pensiline lungo i binari8_arrivo dei veicoli e particolare dei lucernari

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

www.cultura.toscana.ithttp://opac.comune.firenze.it/easyweb/dis/campi.htmlhttp://www.palazzospinelli.org/architetture

- P. Berti, V. Savi-La Nuova stazione di Firenze, Struttura e Architettura-Fi-renze-EDIFIR- Klaus Koening-Architettura in Toscana 1931-1968-Torino-ERI

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Il Gruppo Toscano è il gruppo di architetti che firmò il progetto e la realizzazione della stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Era composto da Giovanni Micheluc-ci, Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri e Leonardo Lusanna. Il Gruppo cooperò quindi dal 1931 al 1934, per poi sciogliersi, salvo restare un collegamento informale tra gli architetti, che si con-sultarono reciprocamente in opere successive, come la palazzina Reale di Santa Maria Novella, firmata dal solo Michelucci. La storia della stazione di Firenze comincia con il mal-contento fiorentino per il progetto dell’architetto Mazzoni che le Ferrovie dello Stato avrebbero voluto “regalare” a Firenze. Ricevuto l’incarico agli inizi del 1930, il Mazzoni aveva presentato il grande plastico in gesso nel Maggio del 1931. La critica ha completamente “bocciato” il pro-getto e il 25 agosto 1932, su tutti i quotidiani, appare il bando di concorso per la nuova stazione di Firenze in scadenza il 30 novembre. Il 26 novembre del 1932 Italo Gamberini discuteva la sua tesi di laurea in architettura sulla Stazione di Santa Maria Novella. Poco tempo prima della laurea di Gamberini, Michelucci riunì attorno a sè il suo assistente Berardi ed i laureandi Baroni, Gamberini, Guarnieri e Lusanna, per realizza-re un progetto per la Triennale. All’ultimo momento però mancarono i fondi e il gruppo appena formatosi decise di partecipare al concorso della stazione, portando avanti il lavoro già svolto da Gamberini, dal momento che la scadenza era stata proprogata di un mese. La commissione giudicatrice del concorso si riunì il 17 e 18 febbraio 1933. Già il giorno successivo cominciarono a trapelare le prime notizie della affermazione del Grup-po Toscano.

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project: Fabbricato viaggiatoritypology: Stazione ferroviariaarchitect: Gruppo Toscanorealization: 1932-1934address: Piazza Stazione

Se l’orizzontalità della composizione volumetrica fu vo-luta per evitare il conflitto con il verticalismo dell’abside di S. Maria Novella, la scelta della pietra tradizionale fio-rentina per il rivestimento serviva ad integrare l’edificio al tessuto circostante e, caratterizzandolo come una “pa-rete”, informarlo “a quello spirito di chiara, calma, netta staticità tutto proprio dell’architettura fiorentina”. La com-pattezza materica del fronte sulla piazza è interrotta dal-la grande vetrata bordata in ferro, divenuta simbolo della stazione stessa, che come una caduta d’acqua scende lungo il fronte e prosegue sulla galleria dei veicoli.Alla essenzialità del trattamento degli esterni si oppone la ricchezza dei materiali utilizzati all’interno, dove la po-licromia dei marmi, vetri e metalli tocca anche le parti più strettamente ‘funzionali’. La ricchezza dei materiali si affianca alla raffinatezza del design degli arredi - purtroppo quasi del tutto scomparsi - e dei particolari funzionali: le panchine e i portapac-chi in bronzo ancorati ai pilastri centrali delle pensiline, fasciati nella parte inferiore da salvaurti di bronzo; gli orologi elettrici, tra cui quello esterno a pianta triango-lare, disegnati da Nello Baroni; la grafica delle scritte in bronzo sulla parete di testa, la sequenza continua dei pannelli fotografici d’epoca - attualmente non più in loco - con le vedute delle città d’Italia; gli sportelli in cristallo e bronzo delle biglietterie ecc.L’estrema cura del dettaglio, insieme al perfetto impian-to distributivo, garantiscono alla stazione la “resistenza” non solo “all’invecchiamento funzionale” ma soprattutto “all’invecchiamento estetico” facendone una espressio-ne artistica “raggiunta e stabile”.

Al di là delle etichette stilistiche che all’opera sono state date - lo stesso Michelucci ha dichiarato che la stazione non è un’opera dell’architettura razionale, ma naque “in massima libertà, da tendenze diverse, con vari contri-buti che non rispecchiano un unico stile” (“La Nazione, 2 aprile 1983) - e al di là del “filologismo attributivo” e delle citazioni formali che vi si potrebbero riconoscere è importante sottolineare il significato dell’edificio nel panorama specificatamente cittadino, era “quello di una straordinaria fioritura che il deserto architettonico fioren-tino non sembrava lasciar sperare”. L’edificio della stazione si confronta in primo luogo con l’illustre architettura del fronte posteriore di S. Maria No-vella. La ravvicinata presenza del monumento fu uno dei principali motivi di polemica all’epoca della costruzione, ritenendo le critiche impossibile un dialogo tra la nuova architettura “razionalista” e le antiche forme gotiche. La accentuata orizzontalità fa sì che il Fabbricato Viag-giatori non rivaleggi con il monumento, ma si ponga con funzione e aspetto di termine, di limite, per lasciare pre-valere incontrastato nella sua espressione monumenta-le l’abside della chiesa. La stazione di Firenze si configura infatti come un lungo blocco compatto caratterizzato da una accentuata oriz-zontalità. Tale caratteristica è esaltata dai ricorsi legger-mente sporgenti del rivestimento in pietra forte, coronato dalla cornice modanata, e dalla lastra bidimensionale della pensilina che, a protezione del marciapiede di fac-ciata, si prolunga dall’avancorpo della galleria degli arrivi fino alla metà del fonte laterale, dissimulando con la sua larga linea d’ombra le alte finestrature del salone risto-rante al pian terreno sul fronte sulla piazza e aumentan-do su Via Valfonda il suo aggetto per divenire il grande portico del traffico dei passeggeri in partenza, sostenuto da pilastroni rivestiti in travertino e illuminato da ampi lucernari.

1_planimetria del fabbricato viaggiatori2_prospetto su via Alemanni (da Archivio Storico del Comune di Firenze)3_prospetto su via Valfonda (da Archivio Storico del Comune di Firenze)4_particolare del fronte principale

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project: Centrale termicatypology: Edificio industrialearchitect: Angiolo Mazzonirealization: 1932-1934address: Via delle Ghiacciaie

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1_vista dal piano del ferro del fronte su via delle Ghiacciaie2_vista del sistema di camini con scala (foto del 1934)3_vista dai binari della cabina apparati 4_vista dai binari della centrale termica5_vista dell’esterno su via delle Ghiacciaie (foto del 1984)6_interno della sala cadaie (foto del 2012)7_interno della sala caldaie (foto del 1935)8_foto dell’esterno su via delle Ghiacciaie

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

www.arvha.orghttp://opac.comune.firenze.it/easyweb/dis/campi.html

Quaderni di Architettura-Angiolo Mazzoni: Architetto Ingegnere del Mini-stero delle Comunicazioni-Milano-Skira-pp.125-133

Klaus Koening-Architettura in Toscana 1931-1968-Torino-ERI

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Angiolo Mazzoni (Bologna 1894 - Roma, 1979)Estremamente eclettico nell’espressione progettuale, Mazzoni operò durante buona parte della sua attività professionale come ingegnere capo per le Ferrovie del-lo Stato, realizzando significativi interventi in tale ambito nelle maggiori città italiane: Firenze, Messina, Milano, Roma nonché numerosi edifici pubblici, tra i quali spic-cano gli edifici postali di Grosseto, Sabaudia, Latina, Ostia, Palermo e Trento.Durante la sua formazione romana risentì dell’insegna-mento di Vincenzo Fasolo e di Gustavo Giovannoni, che ne indirizzò sin dagli anni giovanili l’attenzione verso le architetture di Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich. Il notevole grado di sperimentazione che caratterizza l’o-pera complessiva di Mazzoni rende difficile ridurre ad un unico comune denominatore il suo linguaggio. Lo testimonia la varietà stilistica cui sono improntate alcu-ne delle sue opera più significative, come la Colonia di Calambrone presso Pisa, futurista, l’edificio postale di Pola, razionalista, o la Centrale termica della Stazione ferroviaria di Firenze, costruttivista.L’ostinata, pubblica adesione al fascismo da parte di Mazzoni (non rinnegata neanche dopo la seconda guer-ra mondiale, a costo di esiliarsi volontariamente in Co-lombia dal dopoguerra sino al 1963) è costata gravi sa-crifici all’architetto ed ha reso problematico per lunghi decenni, nell’ambito della critica architettonica italiana, il pieno riconoscimento tvvecnico ed artistico dovuto ad un autore di primissima importanza non solo per l’eccezio-nale abbondanza della sua produzione, ma anche per la sua straordinaria qualità, testimoniata ad abundantiam dall’efficienza con la quale numerosi edifici pubblici rea-lizzati da Angiolo Mazzoni restano ancor oggi in funzio-ne soddisfacendo gran parte delle esigenze per le quali erano stati originariamente concepiti.

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Il progetto originale dell’edificio della Centrale Termica viene integrato ed in parte variato quando le Ferrovie dello Stato decidono di realizzare accanto alla Centrale Termica l’edificio della Cabina Apparati imponendo tra l’altro un delicato problema di raccordo fra i due corpi di fabbrica che si attestavano su due diversi fili stradali. Il raccordo è realizzato dalla cerniera del corpo cilindrico che segnala e ricompone tale scarto direzionale. In real-tà tale elemento cerniera, non era previsto nell’originario progetto e fu deciso dallo stesso Mazzoni per nascon-dere una struttura a pilastri risultata necessaria in corso d’opera.Su via delle Ghiacciaie, su cui si apre l’ingresso rialzato di sei gradini, l’edificio della Cabina Apparati presenta una alta fascia basamentale (fino alla quota dei binari), realizzata in mattoni e travertino oltre la quale si disten-de la muratura intonacata, ritmata da una serie di quattro finestre di forma e in numero differente su ciascuno dei quattro livelli.La testata semicircolare è dotata di quattro ampie fine-strature sui due livelli inferiori e della grande vetrata in aggetto all’ultimo livello che, in coerenza con le funzioni della sala manovre, comprende l’intera parete. Il forte sbalzo della copertura, che inizia già dalla testata se-micircolare e prosegue per tutto il fronte sul lato binari, conclude la costruzione e ne determina una ulteriore, potente caratterizzazione.L’edificio della centrale Termica, che è stato definito un gigantesco pezzo di “industrial design, ha l’immagine di una macchina colossale che corrisponde precisamente a quella che era la sua funzione: bruciare carbone per fornire il vapore necessario a riscaldare i locali della sta-zione e i vagoni viaggiatori in attesa, perché, fino all’av-vento degli elettrotreni, la temperatura dei convogli era affidata ai cosidetti “carri riscaldatori” che, posti dietro il locomotore, entravano in funzione solo alla partenza.

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project: Centrale termica e Cabina apparatitypology: Edificio industrialearchitect: Angiolo Mazzonirealization: 1932-1934address: Via delle Ghiacciaie

L’immagine architettonica della centrale termica e la sua modernità sono in buona parte legate agli svettan-ti e aerei elementi in ferro, di per sè essenza di quegli attributi macchinistici e tecnologici nei quali risiede uno dei temi fondanti dell’estetica futurista. Mazzoni è ben consapevole dell’importanza di tali elementi all’interno del progetto e della necessità di gestire con attenzione il passaggio dall’idea alla realizzazione: tale attenzione è testimoniata dalle numerose avvertenze contenute nella corrispondenza intercorsa tra il Ministero delle Comuni-cazioni e la Sezione speciale lavori delle ferrovie, dove costantemente si ricorda il “grande valore architettonico” del sistema camini-passerella-scala. L’idea dei camini metallici è presente sin dalle fasi ger-minali del progetto; l’immagine complessiva dei camini collegati da una passerella e da una scala a chiocciola è invece sucessiva. Quanto alla novità di tali temi e della loro composizione, se da una parte è senz’altro valido il rimando alle avanguardie russe e tedesche proposto da Forti e Godoli, così come quello alla predilezione fu-turista per la bellezza delle macchine, dei metalli e delle “tensistrutture”, dall’altra è evidente l’attenzione di Maz-zoni sia a quanto sino ad allora realizzato in campo fer-roviario e navale sia alla manualistica di settore.Il corpo principale della Centrale termica è caratterizza-to, su via delle Ghiacciaie, da un parallelepipedo solca-to, sul fronte strada, da finestrature a nastro, al quale si ammorsano sulla destra la muratura di protezione dello scarico del carbone e la “L” del ponte che costituisce la spina dorsale di questo nucleo. Su tutto svettano le sca-le a chiocciola ed i quatto camini raccordati in sommità dalla passerella. Su via Cittadella due volumi di uguale altezza si distinguono per lo scarto dal fronte stradale ed il trattamento della muratura: interamente vetrata quella del vano scala, scandita da finestre rettangolari e da un balcone all’ultimo livello quella del corpo uffici.

1_schema dei percorsi della cabina apparati2_sezione trasversale 3_sezioni longitudinali della centrale termica

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project: Palazzina Reale Stazione SMNtypology: padiglione per i Sovrani architect: Giovanni Micheluccirealization: 1934-1935address: via Valfonda

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1_entrata su via Valfonda2_particolare dell’entrata da via Valfonda3_vista prospettica da via Valfonda4_pianta piano terra5_particolare scale interne6_Giovanni Michelucci7_particolare della facciata su via Valfonda8_disegno facciata su via Valfonda

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

PACINI, R., 1936, La stazione di Firenze S. Maria Novella, “Architettura”, aprile

CERASI, M., 1968, Michelucci

PAGANI, C., 1984, La stazione di S. Maria Novella, in Tre architetture degli anni trenta a Firenze, Catalogo della mostra

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Considerato tra i maggiori esponenti del razionalismo italiano, aderì al movimento con notevole libertà espres-siva e con un vivo senso dei valori storici e costruttivi tra-dizionali. Realizzò la sua prima opera sotto le armi: una cappella costruita nel 1916 sul fronte, a Caporetto. La stazione di S.M.N a Firenze (1933-36, in collaborazione) ebbero grande risonanza nel chiuso ambiente dell’ar-chitettura italiana dell’epoca. La chiesa di S. Giovanni Battista sull’Autostrada del Sole presso Firenze (1963-64), segna un vertice nel discorso architettonico di Mi-chelucci, volto con quest’opera a realizzare una più in-tensa espressività attraverso l’uso del cemento armato. In seguito ha approfondito sempre più i valori espressivi del segno progettuale e dei materiali; si ricordano la re-alizzazione del palazzo delle Poste e Telegrafi a Firenze (1969-75), la sistemazione intorno alla sede della ban-ca del Monte dei Paschi a Colle Val d’Elsa (Siena), una delle costruzioni più memorabili, progettata dal 1973 al 1978. Michelucci realizzò, inoltre, la ristrutturazione del quartiere di S. Croce a Firenze (1969), le straordinarie invenzioni per un Memoriale michelangiolesco sulle Alpi Apuane (1974), l’ospedale di S. Bartolomeo a Sarzana (La Spezia), nonché il progetto per il complesso teatrale di Olbia (che gli era stato affidato nel 1989).

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Pesco carnico su cui risaltano le cornici in massello di marmo bianco di Carrara delle finestrature, della vetrata di accesso alla saletta interna e del davanzale modanato delle aperture del primo piano.Il vestibolo d’onore, aperto sul lato dei binari con tre grandi vetrate con infissi di legno, presenta pavimenti in marmo rosso di Levanto, pareti in stucco romano e rivestimenti in noce ed è arricchito da due bassorilievi in stucco con un episodio dell’assedio di Firenze, opera di Mario Moschi, e un momento della costruzione della cupola brunelleschiana, di Giannetto Mannucci.Le vetrate di comunicazione con i due vestiboli sono in-corniciate in marmo bianco apuano.Dal vestibolo d’uscita, che presenta finiture identiche a quello d’onore, si diparte la scala di comunicazione con il piano superiore, con gradini in marmo statuario e marmo pavonazzo d’Arni per il rivestimento e il corrimano.La stessa cura si riscontra nel trattamento delle salette riservate, di cui quella già dei ministri attualmente adibita ad uffici FF.SS.

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project:Palazzina Reale Stazione SMNtypology: padiglione per i Sovrani architect: Giovanni Micheluccirealization: 1934-1935address: via Valfonda, Firenze

Prevista nel progetto di concorso del 1932 per il Fab-bricato Viaggiatori della Stazione di Firenze redatto dal “Gruppo Toscano”, la Palazzina venne radicalmente ri-progettata nelle forme attuali nel 1934. Destinata alla sosta e alla residenza temporanea del Re e della corte, l’edificio, la cui architettura “in stile” appare “lontana dal fluido razionalismo del Fabbricato Viaggiatori”, si carat-terizza per la preziosità dei materiali di rivestimento, la ricercatezza dei particolari e delle finiture.La palazzina Reale è dovuta interamente al disegno di Michelucci. Si sviluppa su una pianta quadrata, organiz-zata all’interno attorno al salone reale, racchiuso tra due vestiboli sui lati lunghi e circondato sui lati opposti dalla saletta particolare del re e dalla saletta dei ministri, con i relativi servizi.L’acceso alla Palazzina è consentito sia direttamente dal marciapiede dei binari tramite un cortile pilastrato, a sua volta collegato ortogonalmente con i binari tramite una galleria di passaggio illuminata da due file di ampie fi-nestrature.Su lato verso via Valfonda la Palazzina è preceduta da una esedra destinata originariamente alle manovre degli automezzi davanti al portico d’ingresso, circoscritta da un muro ritmato da paraste. In questo spazio si dise-gna una lunga vasca, nella quale si rispecchia il gruppo statuario dell’Arno e la sua valle, opera di Italo Griselli, addossato al settore ‘pieno’ del portico d’onore.Le pavimentazioni della galleria di passaggio e del por-tico d’onore sono in serpentino verde delle Alpi, mentre le pareti ripetono il totale rivestimento in marmo Fior di

1_pianta piano terra2_dettaglio prospetto fronte 3_disegno facciata su via Valfonda

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project: Ponte S. Niccolòtypology: Ponte ad arcoarchitect: Riccardo Morandirealization: 1948-1949address: lungarno del Tempio/lungarno Ferrucci

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1_vista del ponte lato ovest2_vista del ponte in ferro costruito dagli americani3_vista del ponte lato est4_fase del disarmo della centina5_vista semi arco lato ovest6_vista semiarco lato ovest7_vista del ponte lato est8_vista del ponte lato ovest dalla torre

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Giuseppe Imbesi, Maurizio Morandi, Francesco Moschini-Riccardo Mo-randi_Innovazione tecnologia progetto- edizione del 1995-Roma-Gangemi Editore

www.uniroma2.it/didattica/AT22/deposito/5a_riccardomorandi.pdfhttp://archivistorici.comune.fi.ithttp://www.comune.fi.it/archivio storico

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Riccardo Morandi, nasce a Roma nel 1902 e vi muore nel 1989, è stato uno dei più grandi ingegneri italiani che ha lasciato moltissime testimonianze della sua attività. Ha iniziato la sua attività in Calabria, negli anni venti, con la progettazione di strutture in cemento armato per le lo-calità allora terremotate. Tornò poi a Roma continuando lo studio dei problemi tecnici connessi a questo tipo di struttura ricca di promesse e di avvenire. Legato al fiorente filone del “Razionalismo costruttivo” aperto dall’ingegneria ottocentesca, la sua figura di pro-gettista rappresenta una concreta esemplificazione me-todologica di quella ricerca di integrazione tra funzione, costruzione e immagine che rappresenta, da sempre, l’obiettivo ideale di ogni architettura. La grande occasione di Morandi venne a guerra con-clusa con la ricostruzione nazionale che lo vide tra i più propositivi realizzatori, specialmente nel tema del ponte, su cui aveva continuato a lavorare, e che egli sviluppò gradualmente in forme nuove e personali e che contribuì non poco a conquistargli un indiscusso riconoscimento internazionale. Fra il 1930 e il 1950 si può collocare il periodo di formazione della personalità progettuale di Morandi, passando progressivamente da edifici civili e industriali alle grandi strutture e ai ponti.Morandi era consapevole di operare non solo nel campo dell’ingegneria ma anche nell’ambito dell’architettura, egli stesso afferma in un conferenza tenuta nel 1975”Il principale scopo della mia ricerca è sempre stato il raggiungimento dei migliori risultati sia dal punto di vista stilistico che da quello tecnico , sempre applicando i più moderni procedimenti dell’arte del costruire , alla quale io credo di aver contribuito con qualche idea originale.”

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Il grande arco, è stato realizzato in cemeto armato a tipo cellulare. La sua linea non ingombra con pesanti pile l’alveo del fiume, consentendone una completa visuale.

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project: Ponte S. Niccolòtypology: Ponte ad arcoarchitect: Riccardo Morandirealization: 1948-1949address: lungarno del Tempio/lungarno Ferrucci

Fu costruito tra il 1836 e il 1837 dalla ditta francese Séguin, esperta nella costruzione di ponti metallici, tra-volto dall’alluvione del 1844, venne ricostruito nel 1853 e ancora modificato nel 1890, fu poi chiuso al traffico pesante nel 1935 in considerazione delle sue precarie condizioni di stabilità, venne poi minato e distrutto dalle truppe tedesche in ritirata la notte del 3 agosto 1944. L’Amministrazione Militare Alleata provvide a realizzare un Baley Bridge, a struttura metallica portante provvi-soria, che funzionò fino al 1948, quando il Ministero dei Lavori Pubblici bandì un pubblico concorso per la costru-zione di un ponte in muratura. Il concorso fu vinto dalla Società S.P.E.R. di Roma con un progetto dell’ingegnere Riccardo Morandi, che prevedeva un’unica campata di circa 90 metri di luce per una lunghezza totale di 132 m, con una carreggiata di 16 metri affiancata da due mar-ciapiedi di 2 metri e cinquanta. Il grande arco, di cemen-to armato a tipo cellulare, ha lo spessore in chiave di m 1,32 e, all’imposto, di m. 3,50.Il parapetto, formato da tanti finissimi pilastrini, venne subito chiamato dai fiorentini “chiusura lampo”. Morandi tenta di fondare storicamente il proprio proget-to : il ponte San Niccolò, in sostituzione dell’opera ori-ginaria distrutta dai bombardamenti e provvisoriamente sostituita da un ponte in ferro costruito dagli americani, ripropone la soluzione a lui cara del ponte ad arco ribas-sato di Hennebique, realizzando tuttavia l’arco a timpani irrigidenti per ragioni di economia. L’immagine si vuole essenziale, quasi solamente un segno che non intende introdurre nuovi valori formali in un contesto già forte-mente caratterizzato. La nuova opera doveva essere di-segnata con il più serio impegno di inserire tra le grandi opere del passato una dignitosa opera moderna.

1_planimetria2_sezione longitudinale 3_pianta/prospetto/sezione da monte verso valle

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project: Casa-Studio Riccitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Riccirealization: 1950-1964address: Via Monterinaldi

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1_Interno studio2_Prospetto3_Prospetto Nord4_Vista generale5_Vista generale6_Interno studio pittura7_Facciata8_Interno studio

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.edueda.net

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Leonardo Ricci nasce nel 1918 a Roma, secondo di quattro figli dell’ingegner Raniero Ricci e Giuditta De Giorgi. Fin da piccolo dimostra una vocazione per la pit-tura e per la scenografia teatrale. L’ adolescenza è se-gnata da trasferimenti in varie città tra cui Roma, Torino, Venezia e Firenze dove il padre è chiamato per motivi di lavoro. Termina gli studi classici presso il Liceo Mi-chelangelo di Firenze nel 1936, e nello stesso anno si iscrive alla Facoltà di Architettura dove, sotto la guida di Michelucci che lo seguirà fino alla laurea nel 1942. Si distingue come uno degli allievi più dotati del maestro che lo avvia alla professione come assistente nel proprio studio dove lavora fino al 1946. Negli anni ’50 si dedica alla stesura di Anonymus(20° Century),sorta di testimo-nianza che avrà una notevole risonanza, specialmente negli Stati Uniti. Nell’ immediato dopoguerra esordisce nella professione insieme a Giorgio Gori e Leonardo Sa-violi, conosciuti durante gli studi universitari. Nel 1948, a soli trent’anni, Ricci vince, con altri tra cui Leonardo Savioli (1917-81), il concorso per il Mercato dei fiori di Pescia (1948-51), che gli vale una meritata fama inter-nazionale. Comincia a progettare nel 1962 il piano del villaggio “Monte degli Ulivi” a Riesi, Caltanisetta. Si dedi-ca in seguito all’ideazione di megastrutture, un percorso di sperimentazione inteso complessivamente come un “work in progress” che si concretizzerà definitivamente nel quartiere di Sorgane a Firenze, in collaborazione con altri architetti tra cui Canali, Milanese, Cencetti e altri, esperienza che si concluderà soltanto nel 1982. Dopo aver dato le dimissioni dall’Università di Firenze ha un periodo di stasi che però si interrompe con la costru-zione del Palazzo di Giustizia di Savona nella seconda metà degli anni Ottanta. Muore a Venezia il 29 settembre 1994.

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Nel 1952 la casa era già ultimata[1] ma ben presto Ric-ci, volendo acquisire nuovi ambienti, decise di introdurre modifiche e ampliamenti che comportarono il supera-mento dell’irriducibile dualismo linguistico della prima versione. Le componenti organiche del nucleo origina-rio, conformi al genius loci (i muri in pietra, le asimmetrie, l’integrazione architettura-natura) vennero privilegiate e sviluppate. A stimolare questa decisiva svolta sul piano del linguaggio contribuirono senz’altro - nei termini già precisati- le suggestioni dell’opera di Wright (Koenig, 1959, 1968 e altre fonti) ampiamente pubblicizzata nel 1951 dalla celebre mostra fiorentina a Palazzo Strozzi (in occasione della quale Ricci conobbe personalmente il maestro americano[2]) e favorita anche dall’opportu-nità per l’architetto di una verifica diretta durante il pri-mo viaggio del 1952 negli Stati Uniti. Di lì a poco, nel 1955, Ricci introdusse nella sua casa-studio sostanziali modifiche: la facciata del soggiorno dei ragazzi diventa asimmetrica eliminando un balconcino e chiudendo par-te della vetrata con un muro in pietra; la fronte principale viene smantellata e radicalmente trasformata in conco-mitanza con la realizzazione del nuovo studio duplex, di architettura e pittura (poi solo di architettura), distanziato dalla parete di roccia della cava retrostante per ricavare uno “studio-soggiorno all’aperto”, particolarmente adatto nella stagione estiva (Baglione, 1999)

Ubicata sulla parte alta della collina in prossimità del-le due cave da cui venne estratta la pietra per muri e lastrici, la casa-studio del pittore-architetto presenta un impianto molto articolato e dinamico che dipende in pri-ma istanza dall’integrazione organica dell’architettura al sito, tenendo conto delle irregolarità, dei dislivelli, delle vedute panoramiche, di modo che i vari corpi di fabbrica che la compongono sono disposti su terrazzamenti, frui-bili come una sorta di giardini pensili ma sistemati molto semplicemente (zone prative, alberi di varie specie, area della piscina).La particolare morfologia di questo episodio è anche l’e-sito di ampliamenti e modifiche che la casa-studio ha subito nel tempo. Gli elaborati grafici documentano tre fasi progettuali, la prima delle quali si distingue per l’arti-colazione rigorosamente simmetrica di due fronti: il pro-spetto vetrato dell’ala nord-occidentale (corrispondente all’appartamento degli ospiti a pianterreno e al soggior-no dei ragazzi al primo piano) e quello principale della zona giorno, che coniuga il classicismo dell’impianto con il razionalismo delle ampie vetrate e dei quattro pilastri. Nella seconda versione, elaborata nel 1949, a cui l’ar-chitetto fa riferimento per la realizzazione del nucleo originario, l’impostazione del progetto non cambiò so-stanzialmente: le modifiche si concentrarono nella fronte dell’ala nord-occidentale che, pur mantenendosi simme-trica, ora ospitava due balconcini gemelli. Gli equilibri, le pacate armonie di queste soluzioni, riconducibili alla lezione di Michelucci (Baglione, 1999), contrastano de-cisamente con il brutalismo dei muri in pietra che qua-lificano il corpo turriforme del vano scala principale e il muro a feritoie, dalla composizione astratta - memore del linguaggio di Mondrian - che scherma il disimpegno tra la cucina-office, scavata nella roccia e priva di aper-ture all’esterno, il soggiorno-pranzo e la scala principale (Vasic Vatovec, 2000).

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1_Vista dalla collina 2_Dettaglio piscina3_Facciata

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project: Casa-Studio Riccitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Riccirealization: 1950-1964address: Via Monterinaldi

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project: Casa-studio Saviolitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1952-1970address: via delle Romite, Galluzzo

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1_casa2_casa, ingresso3_casa, prospetto sud4_studio, interno5_studio6_studio7_dettaglio copertura8_studio, giardino

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Pier Carlo Santini - Ottagono - CO.P.IN.A. - 41/1976 - p.36/43

www.wikipedia.com

www.flickr.com

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Bibliografia

Nasce a Firenze il 30 marzo 1917 e muore a Firenze l’11 maggio 1982.Superato l’esame di maturità classica, si iscrive alla fa-coltà di Architettura di Firenze e si laurea, nel febbraio 1941, discutendo con Giovanni Michelucci. Dopo la guerra visita Parigi insieme a Leonardo Ricci e, tornato a Firenze, inizia la professione lavorando con lo stesso Ricci e Giuseppe Gori fino al 1949. Da quest’an-no in poi lavorerà, quasi sempre, in collaborazione con Danilo Santi.Nell’ambito dell’Istituto di Urbanistica lavora come assi-stente dei direttori che si succedono in oltre un decennio.Negli anni della Ricostruzione progetta ponti e piani re-golatori, fra i quali il P.R.G. di Firenze (1949-1951).“Savioli è un architetto introverso [...], capace di passare una settimana intera per disegnare il dettaglio al vero di una cerniera”. (”Architettura in Toscana dal 1931 al 1968”, G.K. Koening).Differenzia attraverso le forme una ristretta varietà di spazi. Gli appartamenti di Savioli non si differenziano molto dai normali schemi adottati dall’INA-casa ma tra-spare una grande cura volta ad ottenere una composi-zione in cui gli elementi verticali siano rigorosamente contrappuntati a quelli orizzontali.Nel tardo Savioli si ritrova una frammentazione dei volu-mi spinta all’estremo che egli concepisce con un metodo “costruttivista”.

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Elemento dominante del nuovo intervento a è l’uso in-condizionato del cemento.L’edificio suscitò un’immediata attenzione da parte della critica, sia per quanto concerne il nucleo dell’abitazione, frutto dell’esperienza del Movimento Moderno, che quel-lo dello studio.

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project: Casa-studio Saviolitypology: Casa unifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1952-1970address: via delle Romite, Galluzzo

Descrizione dell’opera

La casa presenta una pianta rettangolare e una volume-tria compatta, su due livelli ed a doppio volume, caratte-rizzata in facciata da una partitura intonacata e rigoro-samente simmetrica e animata dal disassamento delle aperture.Per quanto concerne l’interno, questo è dominato dal-lo spazio centrale del soggiorno-studio, intorno al quale si distribuiscono la piccola cucina e gli angoli, separati semplicemente da mobili, del soggiorno, del salotto e dello studio di pittura: per quest’ultimo è stato creato un collegamento visivo e funzionale con il livello del doppio volume, concepito verso il soggiorno come un passaggio ligneo per l’esposizione e la visione da basso dei quadri. Una semplice scala in legno senza corrimano (addossa-ta alla parete lapidea) conduce al piano superiore dove sono situati il bagno e la camera, ambedue con ampie finestre sulla Certosa.Lo studio, anch’esso a pianta rettangolare e a volumetria compatta, si articola su di un unico livello e è qualificato all’interno dal fluire ininterrotto degli ambienti. Il fronte a valle è caratterizzato da una cortina in cemento faccia vista dalla quale emergono i plastici riquadri della panca basamentale, della porta, delle finestre e dei gocciolatoi e i tagli delle aperture e delle feritoie rettangolari.Particolarmente riuscito il soffitto in cemento, segnato dai serrati ricorsi delle casseforme, e la soluzione dei due pilastri la cui testa col solaio è caratterizzata da una cerniera metallica tinteggiata in rosso. Il grande vano dello studio è organizzato longitudinalmente, grazie a dislivelli, su due diverse quote e è scandito ritmicamente dall presenza dei pilastri e del blocco dei servizi, reso come uno stereometrica cortina di cemento.

1_pianta piano terra2_pianta piano primo3_sezione

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project: Sede centrale della Cassa di Risparmiotypology: edificio per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1953-1957address: via Bufalini

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1_sala espositiva2_interno della sala per il pubblico3_facciata del palazzo4_pianta piano terra5_scale interne6_Giovanni Michelucci7_salone per il pubblico della Sede centrale della Cassa di risparmio 8_prospetto facciata su via Bufalini

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Isotta E., Sulla Cassa di Risparmio di Michelucci, in “L’Architettura Crona-che e Storia”, n. 31, 1958

Lugli L., La Cassa di Risparmio di Firenze, in “L’architettura Cronache e Storia”, n. 31, 1958

Koenig G. K., Architettura in Toscana 1931-1968, Torino, Eri, 1968

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Considerato tra i maggiori esponenti del razionalismo italiano, aderì al movimento con notevole libertà espres-siva e con un vivo senso dei valori storici e costruttivi tra-dizionali. Realizzò la sua prima opera sotto le armi: una cappella costruita nel 1916 sul fronte, a Caporetto. La stazione di S.M.N a Firenze (1933-36, in collaborazione) ebbero grande risonanza nel chiuso ambiente dell’ar-chitettura italiana dell’epoca. La chiesa di S. Giovanni Battista sull’Autostrada del Sole presso Firenze (1963-64), segna un vertice nel discorso architettonico di Mi-chelucci, volto con quest’opera a realizzare una più in-tensa espressività attraverso l’uso del cemento armato. In seguito ha approfondito sempre più i valori espressivi del segno progettuale e dei materiali; si ricordano la re-alizzazione del palazzo delle Poste e Telegrafi a Firenze (1969-75), la sistemazione intorno alla sede della ban-ca del Monte dei Paschi a Colle Val d’Elsa (Siena), una delle costruzioni più memorabili, progettata dal 1973 al 1978. Michelucci realizzò, inoltre, la ristrutturazione del quartiere di S. Croce a Firenze (1969), le straordinarie invenzioni per un Memoriale michelangiolesco sulle Alpi Apuane (1974), l’ospedale di S. Bartolomeo a Sarzana (La Spezia), nonché il progetto per il complesso teatrale di Olbia (che gli era stato affidato nel 1989).

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nale nel quale si individuano tre parti principali: un primo settore fronteggiante la via Bufalini, con l’atrio d’ingresso al pian terreno, lo scantinato e quattro piani superiori per gli uffici e il centralino telefonico; il grande corpo rettan-golare che comprende, oltre l’autorimessa ed il caveau al piano interrato, il grande salone per il pubblico di m. 42,08x16,40 a sviluppato a doppia altezza, e un’ala di uffici con affaccio sul giardino interno, elevata su quattro piani fuori terra. La sala è contenuta da due imponenti telai longitudinali sui quali poggia la struttura portante di copertura, costituita da travi a V in lamiera d’acciaio, preferite, per rapidità di costruzione, a quelle in cemento armato precompresso originariamente previste da Mi-chelucci. Va notata la varietà materica degli elementi interni: il le-gno noce chiaro degli infissi interni e delle ringhiere dei ballatoi, il ferro delle ringhiere delle scale, il cemento a vista, l’intonaco bianco dei tamponamenti, i marmo delle pavimentazioni e delle scale e la grande cura dei parti-colari nella realizzazione di uno spazio estremamente vivo e dinamico.

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project: Sede centrale della Cassa di Risparmiotypology: edificio per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1953-1957address: via Bufalini

A seguito del trasferimento della capitale a Firenze, la Cassa di Risparmio dovette abbandonare i locali al pian terreno del Palazzo Medici Riccardi e acquistò come nuova sede un palazzo nobiliare in via De’ Cresci, oggi via Bufalini, primo nucleo del complesso immobiliare di proprietà della Banca. La rapida crescita della Cassa rese necessaria una prima ristrutturazione del palazzo (1886 dall’architetto Pasquale Faldi) il quale trasformò radicalmente gli interni mantenendo integro soltanto il prospetto su via Bufalini.La forte crescita della Cassa rese nel frattempo indi-spensabile la costruzione di una nuova sede, per la qua-le nel 1953 l’arch. Michelucci venne incaricato di studia-re il progetto di massima.Durante l’elaborazione del progetto, la facciata su via Bufalini costituì l’oggetto di un contenzioso con la locale Soprintendenza, che si oppose alla proposta avanzata da Michelucci di abbattimento e di sostituzione con un nuovo fronte fino ad imporre il mantenimento della corti-na muraria esistente.L’edificio doveva comprendere un grande salone per il pubblico, la cassa cambiali, gli uffici, l’autorimessa e il caveau.La costruzione fu inaugurata il 29 settembre 1957.L’opera di Michelucci concretizzava un nuovo concetto di “banca”, non più chiusa e diffidente verso la città ma la continua comunicazione degli spazi interni ed esterni e degli interni fra loro.Assecondando l’andamento del lotto, l’edificio è costitui-to da un corpo rettangolare sviluppato in senso longitudi-

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1_pianta piano terra2_dettaglio porta d’ingresso3_prospetto facciata su via Bufalini

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project: Nuovo allestimento galleria degli Uffizitypology: Attrezzature museali e per esposizioniarchitect: I.Gardella, G.Michelucci, C.Scarparealization: 1953-1955address: Piazzale degli Uffizi

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1_sala 2, vista del telaio in ferro a supporto del crocifisso del Cimabue2_vista sala 7, sala del primo Rinascimento3_vista sala 2, sala del Duecento e di Giotto4_sala 2, vista del telaio in ferro riadattato a supporto della Maestà5_vista sala 2, sala del Duecento e di Giotto6_sala 5-6, vista del lucernaio7_vista sala 5-6 del Gotico Internazionale8_vista sala 5-6 del Gotico Internazionale

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A.Belluzzi, C.Conforti, Giovanni Michelucci: catalogo delle opere, Milano, Electa 1986

http://web.rete.toscana.it/cultura/architettura?command=showDetta-glio&codice=200040&provincia=Firenzehttp://www.comune.fi.it/archivio storico

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Ignazio Gardella nato a Milano nel 1905, professore del-la facoltà di architettura di Venezia dal 1949. Laureatosi presso la facoltà di ingegneria del politecnico di Milano, iniziò a lavorare nell’ambito del gruppo che faceva capo alla rivista Casabella costruzioni, diretta da G. Pagano, portavoce delle istanze rinnovatrici promosse da una mi-noranza di giovani architetti impegnati. Le opere di quel periodo denunciano il tentativo di superare, mediante una qualificazione formale, il rigore programmatico delle enunciazioni polemiche del razionalismo italiano di quel tempo. Nel dopoguerra approfondisce i motivi della sua tematica in opere come la casa condominiale in Milano e la casa ad Alessandria per gli impiegati Borsalino, la Galleria d’arte moderna a Milano e, più recentemente, l’Ospedaletto pediatrico di Alessandria e la casa alle Zat-tere in Venezia oltre a molti arredamenti e sistemazioni museografiche.

Carlo Scarpa nasce nel 1906 a Venezia, si forma presso l’Accademia di belle arti di Venezia, dove nel 1926 ottie-ne l’abilitazione in Disegno architettonico. Nello stesso anno inizia l’attività di insegnamento presso l’Istituto uni-versitario di architettura di Venezia, di cui sarà direttore dal 1972. Notevoli e numerosi i suoi interventi architet-tonici; per i suoi interventi museografici ottiene il premio Olivetti (1956), il premio IN/ARCH (1962) e la medaglia d’oro per la cultura e l’arte del Ministero per la pubblica istruzione (1962). La sua opera è presentata in Italia e all’estero in importanti mostre personali. Muore in Giap-pone nel 1978.

Giovanni Michelucci, grande protagonista della storia e del dibattito dell’architettura italiana del secolo scorso partecipa con grande passione ai temi fondamentali del dibattito sulla città con posizioni anticonformiste e sem-pre innovatrici.

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uno verso la sala del Gotico e uno verso quella del Lippi, a ideale collegamento storico tra gotico e rinascimento. La disposizione delle opere, sebbene variata, attesta la volontà di rarefazione e sospensione dei progettisti; il centrale crocifisso, posizionato su una base in pietra se-rena e ancorato a un telaio in ferro, strutture poi riadat-tate alla Maestà, è messo in relazione con le altre opere di Duccio e Giotto, semplicemente appese alla parete su mensole in ferro. A terra, il contatto tra muratura e pavi-mento in cotto è segnato da uno zoccolino distanziatore costituito da un profilato in ferro, che ricorre in tutte le 7 sale. In alto, un nastro vetrato segna il fronte sulla galle-ria, creando un’asola orizzontale di luce in corrisponden-za dell’imposta della capriate lignee. Le tre porte presenti nella sala sono caratterizzate dal-la presenza nello spessore dell’imbotte di una lastra di pietra serena, posta a protezione della muratura dal frequente passaggio; tale soluzione è riproposta anche nelle altre sale. Per quanto concerne l’illuminazione na-turale, se le sale 2 e 8 sono caratterizzate dal taglio oriz-zontale in corrispondenza delle capriate, la 4 e la 5/6 sono caratterizzate da semplici lucernari centrali a 2 fal-de, mentre le sale 7 e 9 sono illuminate tramite ampie finestre caratterizzate da infissi metallici. Riguardo l’e-sposizione delle opere, le sale successive al salone del‘200, alternano mensole in pietra serena, dal semplice profilo lineare o mistilineo, e supporti in ferro; particolarmente interessante la soluzione dei polittici, dove un pannello color neutro illustra al visitatore la composizione dell’insieme, dando atto dei pezzi man-canti e l’uso del fondale di diverso colore per la sala 5/6 studiato per mettere in risalto geometrie e colori delle opere; molto interessante anche la soluzione della sala del Pollaiolo, dove le singole tavole erano incernieriate su baionette metalliche così da poterle sfogliare e “leg-gere” sia fronte che retro.

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project: Nuovo allestimento galleria degli Uffizitypology: Attrezzature museali e per esposizioniarchitect: I.Gardella, G.Michelucci, C.Scarparealization: 1953-1955address: Piazzale degli Uffizi

L’intervento di nuovo allestimento di Gardella, Scarpa e Detti si colloca all’interno del più vasto rinnovamento della galleria degli Uffizi, avviato a partire dal 1946. Nel 1953, viene decisa la sistemazione delle prime 7 sale della galleria, dette dei Primitivi. I lavori, vedono l’assidua partecipazione dei tre al can-tiere, non senza contrasti, dato il pressochè antitetico modus operandi di Scarpa e Michelucci, e un definirsi progressivo del progetto in corso d’opera: tale iter è testi-moniato anche dalla quasi totale mancanza di elaborati grafici. Terminate alla fine del 1955, sono ufficialmente inaugurate 1956. Il criterio allestitivo è quello di creare un itinerario dinamico che annulli la percezione statica e assiale dell’impianto dell’800. Tale dinamizzazione è conseguita, oltre che con lo spostamento delle apertu-re di passaggio ai lati delle sale, tramite la creazione di suggestivi tagli verticali nella murature che permet-tono sia scorci sulla galleria e sulle sale contigue, sia inconsueti tagli sulle singole opere. Per quanto concer-ne l’ostensione delle opere, il criterio adottato è quello di operare per contrasti, utilizzando la scatola muraria come un supporto bidimensionale e astratto, laddove la superficie bianca diviene schermo ideale per mettere in risalto composizione e cromatismo delle opere. A tale astrazione corrisponde l’attento studio dell’illuminazione naturale, studiata in ogni sala in modo diverso, per otte-nere sempre un soddisfacente effetto di luce diffusa che uniformi lo spazio evitando effetti di taglio; tale risultato è conseguito tramite la ridefinizione dei lucernari e delle luci, ritagliati nella copertura o in corrispondenza dell’im-posta delle capriate. Procedendo secondo l’itinerario di visita, la galleria finestrata immette direttamente nel salone del ‘200: un vasto spazio a pianta rettangolare, caratterizzato dalla copertura a capriate lignee e assito a doghe di legno. Nella compatta scatola muraria, tre ca-librati tagli verticali a tutta altezza; uno verso la galleria,

1_planimetria2_pianta secondo piano 3_pianta secondo piano con evidenziato il numero delle sale

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project: Ponte Vespuccitypology: Ponte a tre campatearchitects: G.Gori, E.Gori, E.Nelli, R.Morandi realization: 1955-1957address: lungarno Vespucci/lungarno Soderini

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1_Incisione in memoria di Amerigo Vespucci2_vista sede carrabile direzione Via di Melegnano3_targa ponte Amerigo Vespucci4_vista ponte lato est dal lungarno Soderini5_vista sede carrabile con spartitraffico6_pila centrale rivestita in pietra forte7_vista ponte lato ovest dal lungarno Vespucci8_vista ponte lato est dal lungarno Soderini

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Giuseppe Imbesi, Maurizio Morandi, Francesco Moschini-Riccardo Mo-randi_Innovazione tecnologia progetto-edizione del 1995-Roma-Gangemi Editore pag 145-149

http://web.rete-toscana.it/cultura/architetturahttp://www.comune.fi.it/archivio storicohttp://www2.ordineingegneri.fi.it/documenti/notiziario/ProgGenApr10.pdf

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Gori Giuseppe Giorgio: nato a Parigi nel 1906, si stabilì a Firenze nel 1924 dove morì nel 1969, frequentò l’I-stituto Superiore di Architettura, laureandosi nel 1934. Fu assistente di Giovanni Michelucci dal 1934 al 1943. Dal 1944 al 1953 insegnò alla facoltà di Architettura e dal 1966 ne fu preside succedendo al prof. Raffaello Fagnoni. Gori si impegnò tenacemente per il rinnova-mento della facoltà di Architettura, presentando negli anni 1964-1966 un progetto di riforma del piano di studi, che fosse più attento al rapporto tra formazione culturale dell’architetto ed esercizio della professione, ricercando contatti concreti con la realtà esterna. Riccardo Morandi, nasce a Roma nel 1902 e vi muore nel 1989, è stato uno dei più grandi ingegneri italiani che ha lasciato moltissime testimonianze della sua attività. Ha iniziato la sua attività in Calabria,negli anni venti, con la progettazione di strutture in cemento armato per le lo-calità allora terremotate. Tornò poi a Roma continuando lo studio dei problemi tecnici connessi a questo tipo di struttura ricca di promesse e di avvenire. Legato al fio-rente filone del“Razionalismo costruttivo” aperto dall’in-gegneria ottocentesca, la sua figura di progettista rap-presenta una concreta esemplificazione metodologica di quella ricerca di integrazione tra funzione, costruzione e immagine che rappresenta, da sempre, l’obiettivo idea-le di ogni architettura. La grande occasione di Morandi venne a guerra conclusa con la ricostruzione nazionale che lo vide tra i più propositivi realizzatori, specialmente nel tema del ponte, su cui aveva continuato a lavorare, che egli sviluppò gradualmente in forme nuove e perso-nali e che contribuì non poco a conquistargli un indiscus-so riconoscimento internazionale.Fra il 1930 e il 1950 si può collocare il periodo di formazione della personalità progettuale di Morandi, passando progressivamente da edifici civili e industriali alle grandi strutture e ai ponti.

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La sua spazialità non si rifà all’arco, che già si pone come elemento significante altro rispetto ai due lem-bi urbani da collegare, ma alla strada. Lungo 166m e largo 22,50 m, si articola in tre campate, ciascuna con luce di 54,3 metri, appoggiate su due pile centrali in-termedie. La struttura, realizzata in cemento armato precompresso, si distingue tra le proposte, anche le più innovative del periodo, per la geniale soluzione co-stituita dall’accostamento dei telai, sfalsati sulle pile. I telai vengono incastrati sulle pile come pettini, scari-cando perciò i carichi lungo una sola direttrice centrale e non su un doppio asse, come accade nella versione tra-dizionale con i telai attestati l’uno all’altro. Ciò consente di mantenere anche i sostegni nelle dimensioni contenu-te che si addicono a uno spessore dell’impalcato note-volmente ridotto, ottenuto grazie all’impiego del cemento armato precompresso. Un ulteriore accorgimento raffor-za l’immagine del nastro: la curvatura sghemba che si infila sotto l’impalcato in corrispondenza della chiave dell’arco, alleggerisce il segno, facendogli assumere l’an-damento di una linea filante, che non intende introdurre nuovi valori formali in un contesto così caratterizzato. La scelta dei materiali , cemento martellina-to per le travi, rivestimento in pietra forte per le pile e bronzo per la balaustra , conferma il rigo-re del linguaggio complessivo che connota l’opera.Alla scala del dettaglio architettonico sono riservate le maggiori concessioni decorative, come lo spartitraffi-co, pensato come elemento costruito di verde e luce. Possiamo dire che il nuovo ponte si rivelò assoluta-mente innovativo per la linea, per le soluzioni struttura-li, per le tecniche costruttive e per l’organizzazione del cantiere.

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project: Ponte Vespuccitypology: Ponti a tre campatearchitects: G.Gori, E.Gori, E.Nelli, R.Morandi realization: 1955-1957address: lungarno Vespucci/lungarno Soderini

1_Planimetria generale 2_Prospetto/Pianta dell’impalcato e alla quota della sede carrabile3_Dettaglio di una pila-Prospetto, sezione, piantaProspetto

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Uno dei ponti più moderni di Firenze unisce il Lungar-no Amerigo Vespucci al Lungarno Sederini. Tra il 1952 e il 1954 si svolse un concorso per la costruzione del nuovo ponte, poi realizzato tra il 1955-1957 sul proget-to vincente “Precompresso 4” degli architetti Giuseppe Giorgio Gori, Enzo Gori, Ernesto Nelli e ing. Riccardo MorandiIl ponte Vespucci viene generalmente considerato dal-la critica come il felice esito di un concorso che pone-va il difficile problema dell’invenzione di un’opera dalla marcata valenza tecnico-funzionale da localizzare, però, all’interno del centro storico fiorentino; il nuovo attraver-samento è collocato, infatti, tra il ponte alla Carraia e il ponte alla Vittoria, in stretta prossimità dello storico pon-te a S. Trinita. La difficile operazione deve la sua riusci-ta alla feconda confluenza di qualificati apporti culturali e professionali: se ai tre architetti del gruppo, fiorentini, deve riconoscersi la spiccata capacità di interpretazione del carattere urbano in senso non nostalgico, non si può trascurare la presenza dell’ing. Riccardo Morandi, figu-ra che assumerà un alto rilievo nell’ingegneria italiana proprio per la sua vocazione alla sintesi tra intelligenza tecnico-costruttiva e coerenza stilistico-formale. Il nuovo trattamento formale del ponte conferisce alla struttura una sua fisionomia indipendente che promuove una taci-ta convivenza tra vecchio e nuovo restando come esem-plare, unanime punto di riferimento per tutte le successi-ve esperienze di inserimento di un’architettura moderna nel tessuto storicoIl nuovo e particolare trattamento formale dell’opera consente un inserimento ottimale in un contesto già for-temente caratterizzato. L’equilibrio visivo esistente non viene infatti turbato da quello che appare come un na-stro teso da una riva all’altra.

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project: Ponte alle Grazietypology: Ponte a cinque arcatearchitects: G.Michelucci, E.Detti, R.Gizdulich, D.Santirealization: 1957address: lungarno delle grazie/lungarno Serristori

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1_fase di cantiere2_fase di cantiere3_vista del ponte lato est dal lungarno Serristori4_vista del ponte lato est dal lungarno delle Grazie5_immagine storica delle cappelle sul ponte6_vista di una pila 7_vista di ponte alle Grazie con sullo sfondo Ponte Vecchio8_vista del ponte lato est dal lungarno delle Grazie

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Pietro Salvini- Itormentati ponti di Firenze- Estratto da ”La Graticola” Anno III N 4-5 Aprile-Maggio 1975- Tipografia Giuntina- Pag 12

http://www.comune.fi.it/archivio storicohttp: // web.rete.toscana.it/cultura/architettura

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Riccardo Gizdulich (Firenze,1908 - 1983) è stato un ar-chitetto, militare e partigiano italiano, di origini fiumane, che lavorò come funzionario presso la Soprintendenza ai monumenti.

Edoardo Detti (Firenze, 1913 -1984). Si laurea nel 1940 alla facoltà di Architettura con Michelucci, col quale con-divide le sue prime esperienze di insegnamento e di progettista. Membro del Comitato toscano di liberazione nazionale, partecipa prima alla guerra di liberazione nel 1943 e poi alla ricostruzione di Firenze, prendendo par-te alla Commissione artistica per Firenze distrutta, alla Commissione urbanistica del comune di Firenze e alla Commissione del provveditorato alle opere pubbliche della Toscana.Nel 1946-1947 partecipa con Michelucci al concorso per il Ponte S. Niccolò.La sua partecipazio-ne alla rinascita della città, che trascende l’aspetto pro-gettuale per assumere i connotati dell’impegno sociale e politico, si esprime attraverso gli scritti sulle riviste «Città Nuova» e «La Nazione del popolo».

Giovanni Michelucci (Pistoia, 1891 -Firenze, 1990). Nel-la sua vita attraversa, con un operare sempre teso all’a-pertura di nuovi linguaggi e proposte, la complessità di eventi, trasformazioni, idee che animano il ‘900. Le sue innovazioni nel linguaggio dell’architettura sono sempre avvenute in un dialogo profondo con la storia, con la sto-ria della città antica, medioevale, rinascimentale, e con i nuovi bisogni dei cittadini. Le sue architetture hanno al centro le persone ed il loro vivere piuttosto che la ricer-ca della forma e l’ambizione formale del capolavoro. La città variabile, la città tenda, la città del dialogo sono tra pagine più belle del pensiero di Michelucci attento al di-sagio urbano, al ripensamento delle istituzioni totali, alla “non città”, al tessuto degradato e a quello marginale, ai confini della città.

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Originariamente queste salivano ad agganciare salda-mente la soletta orizzontale superando sensibilmente i parapetti, con un effetto di prepotente uscita dall’ac-qua, sottolineato dalla rastremazione verso l’alto. Il successivo ridimensionamento dell’altezza riporta invece completamente l’immagine dell’oggetto nel-la tradizionale sintassi pila/sostegno - soletta/trave eliminando ogni suggestione strutturale e simbolica.Il progetto prevede inoltre un ampio uso del calcestruz-zo, con paramento esterno in bozze di pietraforte, per le quattro pile di sostegno, e intonacato a cemento per l’im-palcato orizzontale. La struttura è costituita da una trave Gherber in cemento armato a cinque luci di lunghezza variabile e una larghezza che va dai 9 metri delle cam-pate centrali ai 14 delle carreggiate di imbocco. Le 6 ner-vature a profilo inferiore sagomato curvo sono collegate inferiormente da una controsoletta continua a spessore variabile, e superiormente dall’impalcato della carreggia-ta viaria e dai traversi, che portano a sbalzo ampi mar-ciapiedi, larghi m 2,60 per ciascun lato. Tra le due solette alloggiano gli impianti a rete, acquedotto, gas, energia elettrica, collocati in un vano ispezionabile sottostante i marciapiedi.

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project: Ponte alle Grazie typology: Ponte a cinque arcatearchitects: G.Michelucci, E.Detti, R.Gizdulich, D.Santirealization: 1957address: lungarno delle grazie/lungarno Serristori

Nel 1957 fu inaugurato il nuovo Ponte alle Grazie, il quarto dei ponti della città ricostruito dopo le di-struzioni avvenute con la seconda guerra mondiale. Il progetto, realizzato dalla ditta Pontello sotto la dire-zione del Genio civile, viene prescelto quale vincitore di un “Concorso fra artisti e tecnici per la ricostruzio-ne in muratura del Ponte alle Grazie” indetto nell’ago-sto del 1945, ma successivamente completato e reso esecutivo dall’Ufficio tecnico comunale, nella perso-na dell’ing. Casimiro Pagano. Tra i ventiquattro lavo-ri pervenuti, la commissione assegna il primo premio, consistente nella somma di lire 250.000, al progetto contrassegnato dal motto “L’incontro” e firmato dagli architetti Giovanni Michelucci, Edoardo Detti, Riccar-do Gizdulich, Danilo Santi e dall’ing. Piero Melucci. Non solo il ponte da progettare deve sorgere nel cen-tro della città, a diretto confronto con il ponte Vec-chio e con le architetture circostanti, ma deve inol-tre inglobare alcune pile superstiti consolidate.La scelta del materiale e delle forme costruttive rappre-senta perciò un chiaro orientamento di principio che ri-flette una precisa posizione culturale: l’acceso dibattito di questi anni non riguarda solo le scelte formali della ri-costruzione ma il problema più generale dell’ ”ambienta-mento” dell’architettura moderna nei contesti storici. La linea vincente in questo caso fu quella moderatamente moderna che comportò l’uso del cemento armato seppu-re col trattamento esterno in pietraforte, materiale ritenu-to, evidentemente, più “presentabile” del calcestruzzo. La struttura viene realizzata apportando notevo-li variazioni rispetto al progetto vincitore, la più so-stanziale delle quali riguarda l’altezza delle pile.

1_planimetria2_pianta 3_sezione particolare costruttivo

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13project: Chiesa di San Giovanni Battista (Chiesa dell’Au-tostrada del Sole)typology: edificio per il cultoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1960-1964address: Campi Bisenzio, A1 uscita Firenze Nord

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1_galleria delle città d’Italia2_particolare dell’interno3_prospetto est4_pianta piano terra e primo piano5_particolare prospetto nord6_Giovanni Michelucci7_prospetto sud8_prospetto est e nord, sezioni

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

La chiesa dell’autostrada del Sole S.G.Battista a Campi Bisenzio, Firenze, Michelucci G., 1964

Storia dell’architettura moderna, Zevi B., 1975

CERASI, M., 1968, Michelucci

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Considerato tra i maggiori esponenti del razionalismo italiano, aderì al movimento con notevole libertà espres-siva e con un vivo senso dei valori storici e costruttivi tra-dizionali. Realizzò la sua prima opera sotto le armi: una cappella costruita nel 1916 sul fronte, a Caporetto. La stazione di S.M.N a Firenze (1933-36, in collaborazione) ebbero grande risonanza nel chiuso ambiente dell’ar-chitettura italiana dell’epoca. La chiesa di S. Giovanni Battista sull’Autostrada del Sole presso Firenze (1963-64), segna un vertice nel discorso architettonico di Mi-chelucci, volto con quest’opera a realizzare una più in-tensa espressività attraverso l’uso del cemento armato. In seguito ha approfondito sempre più i valori espressivi del segno progettuale e dei materiali; si ricordano la re-alizzazione del palazzo delle Poste e Telegrafi a Firenze (1969-75), la sistemazione intorno alla sede della ban-ca del Monte dei Paschi a Colle Val d’Elsa (Siena), una delle costruzioni più memorabili, progettata dal 1973 al 1978. Michelucci realizzò, inoltre, la ristrutturazione del quartiere di S. Croce a Firenze (1969), le straordinarie invenzioni per un Memoriale michelangiolesco sulle Alpi Apuane (1974), l’ospedale di S. Bartolomeo a Sarzana (La Spezia), nonché il progetto per il complesso teatrale di Olbia (che gli era stato affidato nel 1989).

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nizzate carovane. Il complesso è inserito in un lotto verde, costellato da ulivi, caratterizzato da una pendenza variabile, elemento questo sfruttato dallo stesso progettista per realizzare un percorso esterno atto a conoscere e scoprire l’artico-lazione volumetrica della chiesa ed i suoi episodi plastici e scultorei. L’aula ha una pianta a croce latina qualifi-cata, sui lati est e nord, da un deambulatorio fungente da galleria della via crucis, il quale si inserisce, in corri-spondenza del presbiterio, nell’altare maggiore e nella sagrestia, rialzata rispetto alla quota del pavimento: la disposizione dell’altare maggiore secondo l’asse nord-sud, così come quella dell’ingresso lievemente disassa-to rispetto all’altare, è il risultato del consapevole ribalta-mento operato dall’architetto rispetto ai tradizionali spazi liturgici a sviluppo longitudinale, volendo con ciò ribadire la centralità dell’elemento generatore dello spazio come del culto, sottolineata dal disegno coclide del pavimen-to: agli estremi dell’asse longitudinale sono collocati altri due altari, sorta di cappelle su cui la luce cade con note-vole compostezza.

13project:Chiesa di San Giovanni Battista (Chiesa dell’Au-tostrada del Sole)typology: edificio per il cultoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1960-1964address: Campi Bisenzio, A1 uscita Firenze Nord

L’incarico per la realizzazione della chiesa di San Gio-vanni Battista viene affidato a Michelucci nel settem-bre del 1960, dopo che era completamente decaduto il precedente progetto dell’ingegnere Lamberto Stoppa. Del primitivo progetto, Michelucci eredita l’impianto - a pianta longitudinale con battistero distaccato - e parte delle fondazioni, all’epoca già realizzate nonchè il ricco corredo iconografico definito dall’Istituto di arte liturgica ed in buona parte già commissionato agli artisti. A tal fine Michelucci ipotizza la creazione di un ampio narte-ce, avente la funzione di galleria atta ad ospitare i grandi bassorilievi raffiguranti tutte le città italiane collegate dal-la nuova autostrada.Difficile risulta la scelta del materiale e delle tecniche costruttive: in un primo momento l’architetto ipotizza, in collaborazione con l’ingegnere Giacomo Spotti, una copertura con struttura in ferro, presto abbandonata a vantaggio del cemento armato.E’ soltanto con l’affidamento del calcolo delle strutture in alzato all’architetto Enzo Vannucci (gennaio 1962) che l’edificio trova finalmente il suo volto definitivo: le mura-ture di pietrame divengono portanti, alla stessa stregua dei pilastri che si ingrossano notevolmente sino ad as-sumere le fattezze di alberi, mentre la copertura in con-glomerato precompresso assume l’aspetto di una vela adagiata sulle strutture portanti. La chiesa si eleva in adiacenza del nastro dell’autostra-da del Sole, fatto questo che accresce nel viaggiatore l’impressione che la chiesa si connoti come una tenda in prossimità di una sorta di pista per ininterrotte e mecca-

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1_pianta piano terra2_dettaglio interno3_sezioni

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1_Dettaglio scale interne2_Dettaglio scale interne 23_4_ Vista prospettica esterna5_Dettaglio facciata6_Pierluigi Spadolini7_Prospetto8_Prospetto est

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Pierluigi Spadolini è nato a Firenze il 5 aprile del 1922.Ha iniziato la sua attività progettuale nel 1952 e da allora ha realizzato numerosissime opere in italia e all’estero.In particolare la sua ricerca progettuale e teorica si è indirizzata verso lo studio di tutte le componenti del processo edilizio e verso la sperimentazione di nuove metodologie del fare architettura.Tra le sue opere : la Sede storica del Monte dei Paschi di Siena , il Centro congressi a Firenze , l’edificio per le mostre della Fortezza da Basso a Firenze , la S.M.A. a Firenze , la Chiesa di Tor Bella Monaca a Roma, il Nuo-vo Centro Direzionale di Napoli e la Chiesa del Centro Direzionale , la nuova sede della Bayer a Milano, l’edi-ficio per le Assicurazioni Generali a Mogliano Veneto , il Palazzo Italia all’Esposizione di Siviglia , il Progetto Direttore per il Sistema Direzionale Orientale di Roma.Numerose anche le sue pubblicazioni , tra le quali si ricorda : Design e Società , Componibilità come compo-sizione , Progetto e processo edilizio.

Nel 1969 ha istituito la Cattedra di Progettazione Artisti-ca per l’Industria presso la Facoltà di Architettura di Fi-renze e, nella stessa sede, ha concluso nel 1992 la sua attività accademica come docente presso la Cattedra di Progettazione Integrale.Spadolini fu anche un importante designer sulla scena internazionale, soprattutto nel campo delle costruzioni navali (yacht).

Muore a firenze nel 2000

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project: Sede della Nazionetypology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1961-1966address: Viale Giovine Italia

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

G. K. Koenig, Architettura in Toscana 1931-1968, Torino 1961

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impaginati struttività.Ma fra questa strada , che nascon-de l’interno le vere strutture portanti , o quella opposta che esibisce brutalmente le strutture portandole all’e-sterno. la terza via di Spadolini, recuperando la parete tradizionale con un attento e paziente studio che la rin-novella sue essenza statica e costruttiva, rappresenta un’apertura verso fecondi sviluppi, e forse ancora più delle altre in schiave con la tecnologia della produzione industriale.Se la parte dell’edificio de “La Nazione” destinato ad ospitare gli uffici redazionali , e quello delle linotypes e delle macchina , sono stati concepiti con la tecnica co-struttiva che abbiamo descritto, la parte di rappresen-tanza è stata invece disegnata da Spadolini con il senso ancora artigianale dell’oggetto prezioso e preciso.Le sue doti di raffinato designer hanno avuto modo di mostrarsi meglio che altrove, in un calibrato gioco dello spazio , avvolto dalla scala-ballatoio che gli gira attorno, con un senso di centripeto dello spazio che prelude all’e-rigendo grande salone dei Congressi.

La Sede de “La Nazione”, quotidiano fiorentino, si trova sul viale Giovine Italia, uno dei viali di circonvallazione che cingono il centro storico di Firenze.Realizzata tra il 1961 e il 1966 su progetto dell’architetto Pier Luigi Spadolini è uno dei più significativi esempi di architettura contemporanea della città.Il complesso dell’edificio, di dimensioni piuttosto gran-di, è disarticolato in una serie di volumi, corrispondenti ciascuno a una funzione diversa, che spaziano dal viale Giovine Italia a largo Annigoni, l’ampia piazza posta da-vanti al mercato di Sant’Ambrogio.Spadolini, maestro dell’architettura prefabbricata e della costruzione con pannelli, compose la facciata dell’edifi-cio posto sul viale con moduli standard, che creano un ritmo serrato di finestre rettangolari, simili a feritoie, che vennero probabilmente citate poi, sebbene trasformate in sviluppo orizzontale, nell’antistante archivio di Stato di Firenze di Italo Gamberini, opera del 1972-1988. L’uso della pietraforte in facciata si riallaccia alla più radicata tradizione fiorentina. L’edificio di viale Giovine Italia sca-valca sulla sinistra l’imbocco di via Paolieri, breve strada che immette nel parcheggio sotterraneo di Sant’Ambro-gio costeggiando il secondo fabbricato del complesso; in questo, oltre agli uffici, ha sede un auditorium. Dell’edifi-cio che si affaccia su piazza Annigoni si segnala invece la copertura, che richiama, per forme e colore, lo stile del tetto dell’antistante mercato.Attualmente il complesso ospita, oltre alla sede del quo-tidiano fiorentino, gli uffici della SPE Società Pubblcità Editoriale s.p.a. (con accesso da via Paolieri) e la sede principale del gruppo DADA (con accesso da piazza An-nigoni).Il risultato ha sconcertato , a prima vista , perché il ritmo così massiccio e serrato dei prospetti poteva es-sere scambiato per un monumento oggi caduto in disu-so, abituati come siamo a vedere edifici pubblici coperti dal vel di cipolla del curtain-wall , graficamente

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1_Vista dalla collina 2_Dettaglio piscina3_Facciata

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project: Sede della Nazionetypology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1961-1966address: Viale Giovine Italia

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project: Complesso di case popolari a Sorganetypology: Edilizia economica e popolarearchitect: Leonardo Savioli e Leonardo Riccirealization: 1962-1980address: via B. Croce, via Isonzo, via Tagliamento

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1_Edificio E2_Edificio G3_Edificio A4_Edificio B6_La Torre7_Edificio C28_Edificio D

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Edilizia Popolare-256/1998-p. 4/21

Giovanni Klaus Koening-Architettura in Toscana 1931/1968-Torino-E-RI-p.153/155

www.wikipedia.it

Leonardo Savioli

Nasce a Firenze il 30 marzo 1917 e muore a Firenze l’11 maggio 1982.Superato l’esame di maturità classica, si iscrive alla fa-coltà di Architettura di Firenze e si laurea, nel febbraio 1941, discutendo con Giovanni Michelucci. Dopo la guerra visita Parigi insieme a Leonardo Ricci e, tornato a Firenze, inizia la professione lavorando con lo stesso Ricci e Giuseppe Gori fino al 1949. Nell’ambito dell’Istituto di Urbanistica lavora come assi-stente dei direttori che si succedono in oltre un decennio.Negli anni della Ricostruzione progetta ponti e piani re-golatori, fra i quali il P.R.G. di Firenze (1949-1951).Differenzia attraverso le forme una ristretta varietà di spazi. Gli appartamenti di Savioli non si differenziano molto dai normali schemi adottati dall’INA-casa ma tra-spare una grande cura volta ad ottenere una composi-zione in cui gli elementi verticali siano rigorosamente contrappuntati a quelli orizzontali.Nel tardo Savioli si ritrova una frammentazione dei volu-mi spinta all’estremo che egli concepisce con un metodo “costruttivista”.

Leonardo Ricci

Consegue la maturità classica nel 1936, presso il Liceo Michelangelo di Firenze, e quindi si iscrive alla facoltà di Architettura della stessa città, dove si laurea nel 1941. Dopo averlo avuto come allievo, Giovanni Michelucci, lo assume come proprio assistente. Rimane nello Studio Michelucci fino al 1946.Oltre che esercitare la professione di architetto diviene anche docente di composizione architettonica insegnan-do anche negli Stati Uniti. Viene premiato con la Meda-glia d’oro alla Triennale di Milano del 1957.

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Il piano urbanistico di Sorgane è stato elaborato nel 1957 da 37 progettisti (architetti e ingegneri, compresi Leonardo Savioli e Leonardo Ricci), divisi in otto gruppi, coordinati da Giovanni Michelucci.Principio informatore del piano era quello di creare un sistema urbano fortemente articolato e unitario, alterna-tivo alle periferie e ai quartieri tradizionali. Esso preve-deva una struttura articolata in due parti: l’insediamento in pianura e quello in collina, la “città bassa” e la “città alta” (destinata alle strutture di servizio), impostate se-condo direttrici ortogonali, separate da una zona verde di rispetto ma collegate tra di loro. Il progetto provocò un’accesa querelle, su due motivi essenziali: l’ubicazio-ne del quartiere a est della città, opposta alla direttrice di sviluppo fissata dal piano regolatore del 1951, e il timore che l’intervento potesse compromettere l’integrità pae-saggistica del sito collinare, in cui sarebbe sorto il nuovo quartiere.Il piano fu drasticamente ridimensionato in fase di ap-provazione definitiva (1962), con l’esclusione di qualsi-asi tipo di intervento sulla collina. Dall’iniziale previsione di 12.000 abitanti, si passò a 4.500 e degli otto gruppi ne restarono solo tre, capeggiati da Savioli, Ricci e Poggi.Tutti i complessi progettati da Savioli (edifici A, B, C, D, E, F, G) sono caratterizzati dall’uso della tipologia a bal-latoio o in linea e dalla disposizione nel lotto di pertinen-za, sempre ortogonale alla maglia stradale.I volumi sono compatti e particolare rilievo è dato all’ar-ticolazione degli elementi plastici, tutti appartenenti al medesimo lessico (balconi aggettanti su travi ricalate, tetti terrazza in cemento armato dalle forti sporgenze con profilo mistilineo, gocciolatoi emergenti e finestre riquadrate da cornici in cemento, con o senza davanza-le e tettoia aggettanti) unificato dall’uso espressivo del cemento faccia vista e degli elementi prefabbricati (9 componenti elementari), dalla cui combinazione risulta

la varietà e molteplicità delle soluzioni conseguite.Gli edifici progettati da Ricci presentano un trattamento dei volumi estremamente omogeneo e compatto, tutto giocato sull’articolazione delle componenti verticali (cor-pi torre dei vani scale) ed orizzontali (fasce dei balconi), con un’evidente predilezione al trattamento della cortina muraria come elemento dominante e continuo.Il progetto della macrostruttura a ballatoio “La Nave” , nacque anche dal confronto con l’Unité d’habitation di Le Corbusier, che Ricci vagliò criticamente proponendo una soluzione diversa: “[L’Unité] è una cosa che ho vi-sto, che ho studiato, nelle sue qualità e nei suoi errori. Ma al fondo c’è lo sbaglio di disintegrare una parte del tessuto sociale, di separarlo dal resto del contesto. Chi abita l’Unité sta come in un ghetto”.Ricci non volle dotare l’organismo di servizi comuni, in-serì nella macrostruttura un sistema molto articolato di percorsi, verticali e orizzontali, atti a favorire gli incontri, gli scambi tra gli abitanti. L’interesse di questa propo-sta sta nella sintesi tra valenze architettoniche e urba-nistiche, nel fatto che la macrostruttura intende proporsi come fulcro propulsivo di dinamiche comportamentali aperte e integrate, in grado di irradiarsi all’esterno, di re-lazionarsi al quartiere, o quanto meno di innescare un processo di questo tipo.Ambedue adottano la soluzione della copertura piana e praticabile, da intendersi come spazio destinato alle fun-zioni collettive.Molte delle soluzioni adottate dai progettisti risultano oggi di difficile lettura in quanto sono venuti a manca-re sia quegli spazi di aggregazione sociale previsti nel piano del quartiere, sia quelle premesse che avevano indotto i due architetti fiorentini a privilegiare lo spazio per attrezzature collettive.

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project: Complesso di case popolari a Sorganetypology: Edilizia economica e popolarearchitect: Leonardo Savioli e Leonardo Riccirealization: 1962-1980address: via B. Croce, via Isonzo, via Tagliamento

1_Ubicazione del quartiere nella città di Firenze2_Planimetria

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project: Sede Regionale della RAItypology: Edificio pubblicoarchitec: Italo Gamberinirealization: 1965-1968address: Via Arelina, Lungarno Colombo

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1-2_Sede Regionale RAI3-4-7-8_Sede Regionale RAI sul Lungarno Colombo5_Vista della torre6_Italo Gamberini

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.treccani.it/enciclopedia/italo-gamberinihttp://it.wikipedia.org/wiki/Italo_Gamberini

Rosamaria Martellacci-Italo Gamberini Architetto (1907-1990)-Firenze-E-difirItalo Gamberini-L’Architettura dal Razionalismo all’Internazionalismo-E-difir

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(Firenze, 1907 - Firenze, 1990)Con la sua tesi di laurea concepì la base del progetto del nuovo Fabbricato Viaggiatori della Stazione di Firenze Santa Maria Novella, realizzato tra il 1932 e il 1935 dal Gruppo Toscano, formato da Nello Baroni, Pier Niccolò Berardi, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna, Giovanni Michelucci. In linea con le tendenze più all’avanguardia della sua città continuò a lavorare con i suoi colleghi, soprattutto partecipando agli altri importanti concorsi nazionali ban-diti in quegli anni, come quelli per la stazione di S. Lucia a Venezia (1935) con Baroni, Berardi e Lusanna, e per alcuni edifici dell’EUR a Roma. Fu nel dopoguerra, però, che Gamberini diede inizio a quella intensa e seria atti-vità professionale, svolta per larga parte in Toscana e in particolare a Firenze, che ne ha fatto uno dei maggio-ri protagonisti dell’architettura toscana del Novecento. Partecipò al concorso per il nuovo ponte della Vittoria e al concorso per la ricostruzione delle zone distrutte dal-la guerra intorno a ponte Vecchio. Ottenne il primo pre-mio ex aequo con un interessante progetto che, seppur non realizzato, anticipa alcuni dei temi della ricerca che Gamberini avrà modo di sviluppare successivamente, nonostante l’isolamento in cui l’ambiente fiorentino ven-ne a trovarsi rispetto al dibattito a livello nazionale.Fu sempre attento agli aspetti tecnici del progetto e all’u-so dei materiali, sia tradizionali, sia nuovi e sperimentali. Iniziò anche a lavorare sul tema della facciata facendo emergere, con evidenza, la scansione in tracciati regola-ri disegnata ora dalla tessitura strutturale, che acquista valore compositivo, ora dalle sporgenze delle finestre. Studiò soluzioni sempre originali e di alta qualità realiz-zate attraverso elementi e componenti industriali.Italo Gamberini muore a Firenze il 14 novembre 1990.

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project: Sede Regionale della RAItypology: Edificio pubblicoarchitec: Italo Gamberinirealization: 1965-1968address: Via Aretina, Lungarno Colombo

La sede regionale della RAI di Firenze si trova all’innesto tra il lungarno Colombo e il largo De Gasperi nella zona di Varlungo.Forte segnale tecnologico ed imponente presenza volu-metrica ai confini orientali della città, l’enorme complesso occupa un’area di circa 18000 m² tra la via Aretina e il lungarno, in riva al fiume e in vista dei colli, in prossimità dello snodo autostradale di Firenze Sud. Del terreno disponibile è coperta solo la nona parte, es-sendo il rimanente sistemato a giardino e a parcheggio.Il complesso si articola in quattro nuclei con funzioni dif-ferenti: gli uffici, gli studi, il telecinema e la centrale elet-trica, per un volume complessivo di circa 80.000 m3 di cui 38.000 interrati. La composizione appare serrata e plasticamente modellata, con forti variazioni di altezze e di volumi e un intenso gioco di chiaroscuri. Il corpo prin-cipale è costituito dal blocco nord-sud, destinato ad uffici,a cui è incernierato, tramite un nucleo a pianta quadrata maggiormente elevato in altezza, un secondo corpo di fabbrica disposto in direzione est-ovest ortogonalmen-te al primo. Nella parte centrale sono contenuti i volumi tecnici, il vano scala centrale e il traliccio metallico del-la torre-antenna. Le differenti funzioni sono denunciate all’esterno dal diverso trattamento dei volumi: tagliato da finestre a nastro quello degli uffici, chiuso e compat-to il corpo di fabbrica destinato alle produzioni. Accanto al corpo-cerniera centrale si apre l’ingresso, segnalato da una lunga pensilina con struttura metallica e sovra-stato dal cavo degli atri di piano, la cui progressione è conclusa dal volume in sporgenza dell’aula della mensa, totalmente vetrata e collegata alla terrazza sottostante da una scala metallica elicoidale. La struttura dell’edificio è interamente in cemento armato, salvo che nella zona dell’atrio principale e degli atri di piano, dove la struttura metallica ha permesso luci più ampie; metallica è anche la maglia ortogonale della struttura a vista del corpo di

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1-2_vista dell’esterno3_sede regionale della RAI

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fabbrica degli studi che per ragioni di insonorizzazione presenta il particolare accorgimento tecnico di una in-tercapedine tra le strutture portanti e le murature degli studi e quelle dell’involucro esterno, che appare comple-tamente chiuso.La parete est dell’edificio degli studi si riflette nella vasca ad essa prospiciente, pavimentata a mosaico, verso la quale digradano i volumi delle fioriere accostate alla ve-trata d’ingresso, mentre la parete ovest è modellata da-gli aggetti dei volumi destinati al transito del personale. Il camminamento al livello più basso prosegue per colle-garsi all’edificio della centrale termica, interamente rive-stito in acciaio porcellanato blu-grigio indaco. Il settore degli uffici è percorso per tutta la lunghezza dei fronti dalle fasce orizzontali dei parapetti e delle finestre a nastro, con infissi in alluminio anodizzato e frangisole ad elementi mobili; il fronte Sud presenta al piano rialza-to una lunga passerella pedonale coperta da una pen-silina. Alle testate dei corpi di fabbrica si elevano i corpi scala accessori, connotati dalla successione verticale delle strette aperture d’angolo. Le pareti esterne sono rivestite in silipol di colore aranciato, colore che vuole essere sintesi del tradizionale cromatismo fiorentino del cotto e della pietraforte, ottenuto dopo più di 30 campio-nature. Da questo fondo cromatico omogeneo si stac-cano il blu-grigio-indaco dell’acciaio porcellanato di rive-stimento delle torri degli ascensori e il rame rigato dei pesanti coronamenti, i “cappelli” di miesiana memoria. Nell’atrio principale domina la struttura metallica della scala principale, il cui pilone di sostegno si eleva da una base parallelepipeda di marmo bianco apuano, compo-nendo insieme al rivestimento parietale in lastre di pietra serena e alla vetrata in cristallo opera di Guido Polloni, un gioco cromatico di grande raffinatezza

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project: Casa da appartamenti in via Piagentinatypology: Edificio residenzialearchitect: Leonardo Savioli, Danilo Santirealization: 1964-1969address: via Piagentina

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1_fronte interno2_dettaglio prospetto nord3_attacco a terra lato nord4_copertura vista da nord5_dettaglio facciata6_dettaglio balconi7_prospetto sud est8_dettaglio copertura da sud

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

L.Savioli/D.Santi-Orientamenti moderni nell’edilizia-5VII

Giovanni Klaus Koening-Architettura in Toscana 1931/1968-Torino-E-RI-p.153/155

http://ita.archinform.netwww.flickr.com

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Nasce a Firenze il 30 marzo 1917 e muore a Firenze l’11 maggio 1982.Superato l’esame di maturità classica, si iscrive alla fa-coltà di Architettura di Firenze e si laurea, nel febbraio 1941, discutendo con Giovanni Michelucci. Dopo la guerra visita Parigi insieme a Leonardo Ricci e, tornato a Firenze, inizia la professione lavorando con lo stesso Ricci e Giuseppe Gori fino al 1949. Nell’ambito dell’Istituto di Urbanistica lavora come assi-stente dei direttori che si succedono in oltre un decennio.Negli anni della Ricostruzione progetta ponti e piani re-golatori, fra i quali il P.R.G. di Firenze (1949-1951).Differenzia attraverso le forme una ristretta varietà di spazi. Gli appartamenti di Savioli non si differenziano molto dai normali schemi adottati dall’INA-casa ma tra-spare una grande cura volta ad ottenere una composi-zione in cui gli elementi verticali siano rigorosamente contrappuntati a quelli orizzontali.Nel tardo Savioli si ritrova una frammentazione dei volu-mi spinta all’estremo che egli concepisce con un metodo “costruttivista”.La cura dei dettagli è dovuta principalmente al col-laboratore di Savioli, Danilo Santi, già collaboratore di Michelucci che ha saputo arricchire i dettagli della propria ventennale esperienza artigiana di arredatore e designer.7

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Allo stesso tempo il desiderio di ricondurre il tutto ad un unico organismo spaziale è evidenziato dalle soluzioni d’angolo, tutte curvilinee, che inevitabilmente suggeri-scono l’andamento continuo delle superfici.All’articolazione dei volumi corrisponde un’estrema va-rietà nelle aperture e nel rapporto pieno-vuoto, resa pos-sibile dall’utilizzo di nove moduli in cemento assemblati secondo molteplici possibilità combinatorie: i balconi e i bow window, addensati sull’angolo sud-est attorno al pi-lastro che corre per tutta l’altezza, sono ciascuno diver-so nel disegno, così come le finestre (ora luci, ora porte finestre, ora finestre, ora superfici vetrate, talvolta dotate di cornice aggettante, talvolta riquadrate) si distribuisco-no in facciata attorno ad un asse verticale o liberamente, sempre comunque in corrispondenza con le esigenze di vita degli spazi interni. Da sottolineare che, alla continu-ità della cortina muraria, fa da contrappunto il trattamen-to degli elementi plastici delle finestre, in prevalenza ad angolo retto.Relativamente agli interni, l’edificio è caratterizzato da due appartamenti ai piani terra, primo e secondo, da uno agli altri: tutti sono caratterizzati da una zona soggiorno aperta, che funge da spazio di distribuzione. Il vano in-terrato è invece adibito a garage e magazzino. Il materiale impiegato è il calcestruzzo, in parte prefab-bricato mantenendo però presenti alcuni scopi: “evitare la prefabbricazione seriale e ripetitiva del cemento; re-alizzare mediante detti elementi una composizione irri-petibile con elementi ripetibili; usare la prefabbricazione in modo tale da consentire libertà, fantasia e quindi am-bientazione”. (Tratto dalla relazione di progetto redatta da Savioli e Santi)

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project: Casa da appartamenti in via Piagentinatypology: Edificio residenzialearchitect: Leonardo Savioli, Danilo Santirealization: 1964-1969address: via Piagentina

La casa è situata in un lotto d’angolo delimitato ad est da via Piagentina ed a nord da via don Bosco, all’inter-sezione di due assi ortogonali, quello longitudinale che dal fiume Arno va sino alle colline di Fiesole e quello tra-sversale, più asse di collegamento ideale che non visivo, che traguarda Santa Maria del Fiore. La scelta operata da Savioli di enfatizzare la dimensione verticale dei volu-mi trova dunque le sue radici da una parte nella volontà di affermare l’edificio come punto di riferimento spazia-le avente una sua strategica collocazione nel tessuto urbano, e dall’altro nel riferimento alla continuità con la tipologia fiorentina della casa-torre. Tale rapporto di emergenza sul circostante, nel quale l’edificio si propone come polo generatore di un tessuto senza soluzione di continuità con quello entro le mura, è oggi scarsamente leggibile a seguito della successiva saturazione dell’iso-lato con edifici di notevole altezza.L’articolazione dei volumi ruota attorno all’elemento ge-neratore, nonché asse verticale della composizione, del corpo scale e del vano ascensore, superficie piena e compatta interrotta sui due fronti soltanto da piccole luci feritoie e dalla porta di accesso ed agganciata al volume prospiciente la via Don Bosco da una sorta di ballato-io su spalti, anch’esso compatto e privo di aperture, nel quale è situata la scala di accesso al tetto praticabile. Tali volumi, riconducibili a quattro con quello della tor-re del vano scale, sono individuabili sia per il diverso trattamento plastico delle facciate, sia perché l’architetto ne sottolinea l’articolazione tramite l’arretramento o la rotazione delle superfici, l’inserimento di profondi tagli verticali in facciata (si veda il nastro finestrato che isola il corpo ascensore sul fronte est e quello che segnala l’in-clinazione del fronte nord), la diversa altezza e le diverse soluzioni di copertura.

1_planimetria2_prospetto nord - prospetto sud-ovest3_pianta piano tipo

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project: villa Bayontypology: casa bifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1966-1967address: via Beato Ippolito Galantini

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1_vista 2_prospetto3_prospetto4_dettaglio della copertura

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Casa a due appartamenti in San Gaggio-Ottagono-31/1973-p.98/99

http://ita.archinform.net

Nasce a Firenze il 30 marzo 1917 e muore a Firenze l’11 maggio 1982.Superato l’esame di maturità classica, si iscrive alla fa-coltà di Architettura di Firenze e si laurea, nel febbraio 1941, discutendo con Giovanni Michelucci. Dopo la guerra visita Parigi insieme a Leonardo Ricci e, tornato a Firenze, inizia la professione lavorando con lo stesso Ricci e Giuseppe Gori fino al 1949. Da quest’an-no in poi lavorerà, quasi sempre, in collaborazione con Danilo Santi.Nell’ambito dell’Istituto di Urbanistica lavora come assi-stente dei direttori che si succedono in oltre un decennio.Negli anni della Ricostruzione progetta ponti e piani re-golatori, fra i quali il P.R.G. di Firenze (1949-1951).“Savioli è un architetto introverso [...], capace di passare una settimana intera per disegnare il dettaglio al vero di una cerniera”. (”Architettura in Toscana dal 1931 al 1968”, G.K. Koening).Differenzia attraverso le forme una ristretta varietà di spazi. Gli appartamenti di Savioli non si differenziano molto dai normali schemi adottati dall’INA-casa ma tra-spare una grande cura volta ad ottenere una composi-zione in cui gli elementi verticali siano rigorosamente contrappuntati a quelli orizzontali.Nel tardo Savioli si ritrova una frammentazione dei volu-mi spinta all’estremo che egli concepisce con un metodo “costruttivista”.

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Relativamente alla dis po si zione dei vani al piano terra, ca rat te riz zato da una su per fi cie molto più ampia del sov-ras tante, la zona giorno (sog giorno, sala, sa lone) si con-fi gura come un unico spa zio aperto e fles si bile, ar ti co lato da un at tento stu dio di dis li velli, mentre le ca mere si con-no tano, se condo una lo gica già spe ri men tata nella villa Taddei a Fiesole, come spazi in cui le par eti as su mono il ruolo de ter mi nante di setti di chi usura e d’isolamento. Nel piano su pe riore, nel quale i vani si ri du cono a 3, per-mane la dif fe ren zia zione del trat ta mento spa ziale tra la zona giorno e la zona notte e le su per fici dei bal coni as-su mono una grande ri le vanza.

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project: villa Bayontypology: casa bifamiliarearchitect: Leonardo Saviolirealization: 1966-1967address: via Beato Ippolito Galantini

La casa pre senta una pi a nta ed una vo lu me tria forte-mente ar ti co late, si svi luppa su due piani – cias cuno con au to noma unità abita tiva – ed è ca rat te riz zata dal trat-ta mento di cias cuno degli am bi enti in ma niera del tutto au to noma.L’impianto plani metrico ri sulta dalla com bi na zione di n a-mica di ma trici geo metri che (qua drate, rettan go lari e cir-co lari) or ga niz zate se condo assi or to go nali e dia go nali, alle quali cor rispon dono in alzato cel lule au to nome in cui le su per fici mu ra rie ri sul tano dalla com bi na zione di piani ret ti linei e cur vilinei.Nell’insieme questa ar chi tet tura è ca rat te riz zata da un sis tema prin ci pale, il grande tetto-terrazza in cemento ar mato a fac cia vista con ce pito come strut tura au to noma pog gi ante su pilastri, e dalle unità spa ziali sot to stanti, com bi nate tra sé in un di n a mico gioco di spor genze e ri en tranze, pieni e vuoti, zone di luce e zone d’ombra.Tale sot to sis tema è a sua volta im postato sull’elemento ge ne ra tore del vo lume emer gente del corpo cilind rico delle scale, a cui con duce un per corso pe do nale ruo tato di 45° ris petto al fronte, ed è con no tato da al cune pre-senze plas ti che di forte ri ch iamo, quali il vo lume cilind-rico e cu po lato del ca mino e la grande ter razza cir co lare ad esso ad dos sata.L’articolazione spa ziale è inoltre ar ric chita dal ca li brato gioco dei bal coni, ca rat te riz zati dalla com bi na zione di piani in cemento ed ele menti in alluminio, e delle cor nici di porte e fi ne stre, ar ti co late cias cuna in ma niera au to-noma me di ante la dif fe ren zia zione delle di men sioni, la spor genza della cornice-tettoia o del davanzale, il di se-gno degli in fissi in legno. Tutte le aper ture si in se ris cono in tale con testo rispon dendo al me de simo gioco di di n a-mismo spa ziale, sempre tut ta via nel ris petto dello spa zio in terno da il lu mi nare e dell’atmosfera che in ogni am bi-ente si vuole creare.

1_pianta2_schizzo3_prospetto

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project: Ponte Giovanni da Verrazzanotypology: Ponte a campata unicaarchitect: L.Savioli, C.Damerini, V.Scalesserealization: 1967-1971address: lungarno C.Colombo/lungarno F.Ferrucci

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1_targa ponte 2_vista del ponte dal letto del fiume3_vista del ponte lato est 4_vista del ponte lato ovest5_vista carreggiate6_vista terrazze lato ovest7_vista percorso pedonale lato ovest dal lungarno Colombo 8_vista percorso pedonale lato ovest dal lungarno Colombo

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Bruno Zevi-L’Architettura, cronaca e storie- Etas Kompass-Anno XVII- n° 8- Pag 497-507

Pietro Salvini- Itormentati ponti di Firenze- Estratto da ”La Graticola” Anno III N 4-5 Aprile-Maggio 1975- Tipografia Giuntina- Pag 21

http://www.artearti.net/magazine/articolo/gli_anni_sessanta_nuovi_pon-ti_e_nuove_idee_costruttive

Carlo Damerini è nato a Roma nel 1921 e risiede a Fi-renze dal 1931. È stato Ufficiale di Marina in servizio per-manente effettivo. Si è laureato in ingegneria civile dei trasporti nel 1949. Ha iniziato la professione nello studio dell’architetto Giovanni Michelucci. Ha proseguito l’atti-vità come libero professionista con particolare indirizzo alla progettazione di ponti, viadotti e strutture industriali.È stato direttore dell’ufficio tecnico di alcune importanti imprese. Ha ricoperto incarichi ufficiali all’Ordine profes-sionale, al Collegio ingegneri e al Consiglio di ammini-strazione dell’ANAS.

Leonardo Savioli nasce a Firenze il 30 marzo 1917. Su-perato l’esame di maturità classica, si iscrive alla facoltà di Architettura di Firenze e si laurea, nel febbraio 1941, con Giovanni Michelucci. Negli anni drammatici della Seconda guerra mondiale produce i disegni e le rifles-sioni de La Città ideale, nei quali prendono forma le idee che Savioli va elaborando su una città disegnata e de-scritta con toni altamente poetici, secondo un’idea pro-gettuale che vede l’uomo protagonista e spettatore dello spazio in cui vive. Nell’ambito dell’Istituto di Urbanistica lavora come assistente dei direttori che si succedono in oltre un decennio,Petrucci, Michelucci, Degl’Innocenti, fin quando non gli viene conferito l’incarico per l’insegna-mento dell’Arte dei giardini dal 1964 al 1966. Negli anni successivi assume altri incarichi, fra i quali la direzione dell’Istituto di Architettura degli interni e di Arredamento col relativo corso e i corsi di Disegno e Rilievo. Da tempo aveva già intrapreso l’attività professionale. Infatti, dopo la guerra, visita Parigi insieme a Leonardo Ricci e, torna-to a Firenze, inizia la professione lavorando con lo stes-so Ricci e Giuseppe Gori fino al 1949. Da quest’anno in poi lavorerà, quasi sempre, in collaborazione con Dani-lo Santi. Negli anni della Ricostruzione progetta ponti e piani regolatori, fra i quali il P.R.G. di Firenze.

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Il Ponte Giovanni Da Verrazzano fu realizzato nel quar-tiere di Gavinana dopo la catastrofica alluvione del 1966, dall’architetto Leonardo Savioli e dagli ingegneri Carlo Damerini e Vittorio Scalesse. Dato che le due rive dei lungarni Cristoforo Colombo e Francesco Ferrucci sono zone verdi adibite a giardini pubblici, il nuovo ponte avrebbe dovuto essere altret-tanto indicato per l’attraversamento pedonale, pertanto non è stato progettato solo come un collegamento fra due rive, ma crea percorsi pedonali e stradali a diversi livelli con una architettura di forte carattere espressivo. L’idea dell’ architetto Savioli era quella di rispettare una naturale progressione dei ponti fiorentini così come si erano succeduti nella storia; Savioli aveva infatti notato che discorrendo dal centrale Ponte Vecchio, un ponte che è quasi una via cittadina, con edifici, tetti e mura, sia verso valle che verso monte i ponti sull’ Arno tendevano sempre più a snellirsi e ad acquisire una certa legge-rezza. Così è infatti se osserviamo dal Ponte Vecchio verso valle il S. Trinita, il Ponte alla Carraia, il Vespucci, il Ponte alla Vittoria e verso monte il Ponte alle Grazie e il S. Niccolò. Inoltre Savioli intendeva rispettare quella tra-dizionale sobrietà, linearità ed essenzialità tipiche dell’ arte architettonica fiorentina. Realizzato ad una sola luce con la struttura in cemento armato e la travatura centrale in acciaio, alleggerisce notevolmente il traffico alla zona di levante della città. Già da tempo infatti la parte più a sud della città necessitava di un valido punto di attraversamento sull’ Arno in modo da evitare un ec-cessivo concentramento di autovetture nei dintorni del ponte più vicino, il S. Niccolò. Il ponte che presenta una linearità tesa, sottile, continua ed unitaria è stato tutta-via concepito in due parti distinte: alle spalle, due grandi mensole in cemento radicate alle rive; al centro un’unica trave in ferro.

La differenza di materiale, oltre che denunciare chiara-mente la struttura, propone anche un tipo di opera adatta ad un ambiente prevalentemente naturale; un ambiente cioè che alle spalle mette in evidenza, come scaturite da esse, le parti in cemento, e nel centro mette in luce la parte metallica sospesa sull’acqua. Le quattro parti laterali con le relative piazzette, percorsi ed affacciamenti, oltre che contribuire a rendere il ponte più vivo, “abitato”, per così dire, dai pedoni, accentua-no l’articolazione plastica e tendono a dare un maggiore slancio dalle spalle verso il centro. Il ponte è lungo 141 m, largo 26,80 m e ha un’altezza massima di 12 m.La struttura, mista in acciaio e calcestruzzo, concentra in un’unica soluzione i seguenti vantaggi: estrema leg-gerezza strutturale, massimo strutturamento di due tipi di materiale; possibilità di contrasto tra i due materiali, differenti per natura, colore e luminosità.L’impiano planimetrico è di per sè eloquente: le due cop-pie di terrazze che tripartiscono l’impronta dell’impalcato del ponte, sembrano stare quasi a recuperare la memo-ria delle pigne intermedie di un ponte a tre arcate; men-tre lo stesso nastro d’impalcato si dilata e si plasticizza nel superamento della sola sede veicolare, suggerendo e proponendo nastri pedonali, e scale, e saldature con la scarpata verde dell’alveo dell’armo.Ed è proprio forse da quell’alveo, dal basso cioè, che sotto il ponte si può avere una delle immagini più sugge-stive e più convincenti di questa opera di Savioli.

1_planimetria2_pianta ponte3_sezione trasversale mensola in precompresso

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project: Ponte Giovanni da Verrazzanotypology: Ponte a campata unicaarchitect: L.Savioli, C.Damerini, V.Scalesserealization: 1967-1971address: lungarno C.Colombo/lungarno F.Ferrucci

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project: Direzione centrale Postetypology: edificio per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1967address: via Pietrapiana

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1_facciata da via Giuseppe Verdi2_facciata da via dell’Ulivo3_facciata da via Pietrapiana4_pianta piano terra5_vista da via dell’Ulivo6_Giovanni Michelucci7_vista da via Pietrapiana 8_vista interna delle poste

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

FIESOLE 1976, La città di Michelucci, cat. della mostra a cura di E.Godoli, Basilica di S. Alessandro, 30.4. - 30.5.1976, Fiesole

CERASI, M., 1968, Michelucci, Roma

AA. VV., 1992, Firenze. Guida di architettura, Torino

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Considerato tra i maggiori esponenti del razionalismo italiano, aderì al movimento con notevole libertà espres-siva e con un vivo senso dei valori storici e costruttivi tra-dizionali. Realizzò la sua prima opera sotto le armi: una cappella costruita nel 1916 sul fronte, a Caporetto. La stazione di S.M.N a Firenze (1933-36, in collaborazione) ebbero grande risonanza nel chiuso ambiente dell’ar-chitettura italiana dell’epoca. La chiesa di S. Giovanni Battista sull’Autostrada del Sole presso Firenze (1963-64), segna un vertice nel discorso architettonico di Mi-chelucci, volto con quest’opera a realizzare una più in-tensa espressività attraverso l’uso del cemento armato. In seguito ha approfondito sempre più i valori espressivi del segno progettuale e dei materiali; si ricordano la re-alizzazione del palazzo delle Poste e Telegrafi a Firenze (1969-75), la sistemazione intorno alla sede della ban-ca del Monte dei Paschi a Colle Val d’Elsa (Siena), una delle costruzioni più memorabili, progettata dal 1973 al 1978. Michelucci realizzò, inoltre, la ristrutturazione del quartiere di S. Croce a Firenze (1969), le straordinarie invenzioni per un Memoriale michelangiolesco sulle Alpi Apuane (1974), l’ospedale di S. Bartolomeo a Sarzana (La Spezia), nonché il progetto per il complesso teatrale di Olbia (che gli era stato affidato nel 1989).

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duplex, quella sul lato affacciato su via Verdi, e agli uffici superiori, quella sul lato su via Pietrapiana.I piani superiori seguono una medesima organizzazione planimetrica, con un percorso centrale che distribuisce gli ambienti di lavoro. La dimensione modulare della cellula viene accorpata in diverse soluzioni che creano situazioni spaziali differenziate, per il lavoro singolo o d’equipe.I materiali utilizzati sono il rivestimento in calcare di S.Giuliano per il basamento, il cemento armato a faccia vista per i piani superiori, mentre gli infissi sono in allu-minio anodizzato bronzo. All’interno, figurano il cotto per i pavimenti del salone del pubblico, il legno per i corri-mano e i piani d’appoggio, sia dei tavoli che del banco, il cemento armato a faccia vista per i paraboloidi che coprono il salone, i telai d’appoggio e le scale, il rivesti-mento in pietra per le pareti e i pilastri.

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project: Direzione centrale Postetypology: edificio per ufficiarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1967address: via Pietrapiana

L’incarico della progettazione della nuova sede compar-timentale delle Poste viene conferito all’architetto Gio-vanni Michelucci che tra 1959 e il 1964 elabora diverse versioni del progetto dell’edificio, ultimato nei primi mesi del 1967.L’intento di inserire il progetto nel più vasto programma di riqualificazione del quartiere orienta le scelte proget-tuali dell’involucro in senso urbano. L’edificio ospita al piano terreno un ufficio postale per il pubblico ed ai piani superiori la sede centrale del Compartimento di Firenze.Uno zoccolo che contiene il doppio volume del salone da spicco a una fascia, corrispondente al primo dei piani in cui si trovano gli uffici, che scatta all’esterno rispetto al filo di facciata, creando un forte aggetto sull’angolo tra le due strade principali, dove è situato uno degli ingressi. Sopra a questo, gli altri tre piani riprendono l’andamento del piano basamentale.All’interno, la continuità degli spazi e dei percorsi con-ferisce la consueta caratterizzazione delle architetture michelucciane di vivacità e scambio sociale.Il piano terreno è occupato dalla galleria - vera e pro-pria strada interna, parallela alla via Pietrapiana, scan-dita dai grossi pilastri verticali - che costeggia e immette nel salone del pubblico. L’ambiente principale, di forma rettangolare, riceve una forte suggestione spaziale dalla copertura, formata da una sequenza di paraboloidi in ce-mento armato intonacato, e dalla articolazione a doppio volume.Alle due estremità della strada interna, due scale - en-trambe a due rampe e a vista - conducono agli alloggi

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1_pianta piano terra2_particolare scala in marmio3_particolare facciata

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project: Ponte all’Indianotypology: Ponte strallatoarchitect: A.Montemagni, P.Sica, F.De Mirandarealization: 1972-1978address: quartiere Perentola/quartiere Isolotto

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1_vista del ponte lato est2_vista del ponte lato ovest3_vista del ponte4_vista del ponte da sotto5_vista del ponte dal parco delle Cascine6_dettaglio della struttura metallica7_dettaglio del pilone con i tiranti8_percorso pedonale

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Laura Andreini-Rassegna di architettura e urbanistica- Edizioni Kappa-Volume anno XXXIX- n°117- Pag 127-134

http: // web.rete.toscana.it/cultura/architetturahttp://www.artearti.net/magazine/articolo/gli_anni_sessanta_nuovi_pon-ti_e_nuove_idee_costruttivehttp://www.paolosica.it/BIOGRAFIA.htm

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Paolo Sica nasce a Livorno il 30 aprile 1935. A Firenze, eccetto una breve parentesi romana durante il periodo bellico, trascorre gli anni della fanciullezza; frequenta il Liceo Michelangelo e, in seguito, la Facoltà di Architet-tura dove si laurea nel 1960 con Ludovico Quaroni. La sua formazione continua a Londra dove lavora presso il London County Council e negli Stati Uniti, dove nel 1962 consegue un Master Degree presso l’University of Illinois, Urbana. Tornato a Firenze diviene assistente di Edoardo Detti, partecipa a concorsi di architettura e ur-banistica, collabora alla stesura del Piano Intercomunale del comprensorio fiorentino (1965), pubblica un saggio dal titolo Traffico e forma urbana in cui si delineano le basi di quello che sarà uno degli interessi del suo ope-rare. Del 1968 il progetto per il ponte viadotto presso le Cascine all’Indiano, oggetto di un concorso appalto vinto in collaborazione con Adriano Montemagni. Docente di Disegno del Territorio, di Urbanistica e di Progettazione Urbanistica nella Facoltà di Architettura di Firenze, dove è professore ordinario dal 1981, la sua attività spazia dalla teoria alla storia, alla pratica, attraverso la parte-cipazione a numerosi concorsi.Muore a Parigi il 27 set-tembre 1988.

Fabrizio de Miranda nato a Napoli nel 1926 è un inge-gnere italiano, progettista di ponti e strutture e professo-re universitario. Ha contribuito, come studioso e come progettista, allo sviluppo della costruzione metallica in Italia in particolare nell’ambito dei ponti in acciaio e dei ponti strallati. Su suoi progetti sono state realizzate in Italia e nel mondo alcune grandi opere con caratte-ristiche innovative come i Viadotti Coretta e Macinaie dell’Autostrada del Sole, la Strada sopraelevata di Ge-nova, i Ponti Zarate Brazo Largo in Argentina, il Ponte all’Indiano a Firenze, il Viadotto San Lorenzo a Roma e il Ponte di Rande in Spagna.

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ambientale: il belvedere dell’Indiano proietta la sua vista lungo la Valle dell’Arno. Esigenze ambientali e funzio-nali convergono in una proposta progettuale che si pone in rapporto alle altre attrezzature dell’area come oggetto autonomo “altro” e “diverso” la cui qualificazione formale è affidata al carattere architettonico di nodo e fulcro vi-suale del paesaggio.E’ il primo ponte strallato di grande luce ancorato a terra realizzato nel mondo, ed è uno tra i più grandi ponti di questo tipo in Italia del XX secolo. L’impalcato è retto da una serie di cavi, detti appunto stralli, che vengono ancorati a piloni di sostegno. Ha una campata principale sorretta da cavi di acciaio ad alta resistenza, con una luce di 206 metri, ed è impalcato in lamiera di acciaio irrigidita composta da 2 travi a cassone trapezio colle-gate da traversoni e controventi orizzontali. Per man-tenere inalterata la percezione dello spazio prospettico dell’alveo del fiume e per non invadere la sede fluviale con elementi che avrebbero modificato il deflusso delle acque, è stato scelto di articolare il ponte con un’uni-ca luce, evitando l’uso di sostegni intermedi. La scelta dell’acciaio come materiale prevalente si collega a moti-vi tecnologici e a scelte di natura linguistica, contrappo-nendosi intenzionalmente al valore naturale del vicino parco delle Cascine. Nella progettazione del ponte, oltre agli aspetti strutturali, particolare attenzione è stata po-sta anche all’illuminazione; lo studio illuminotecnico ha cercato di mettere in risalto i punti nodali della struttura attraverso la luce, è stata prevista l’illuminazione dei ti-ranti di sostegno della travata principale attraverso gli stessi proiettori, localizzati in testa ai piloni, che servo-no il piano carrabile. I rapporti di integrazione funzionale con l’intorno immediato si esplicano in sistemi interrelati di percorrenza e servizio, quali aree di parcheggio, pas-serelle, rotatorie e rampe di collegamento alla viabilità locale esistente.

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project: Ponte all’Indianotypology: Ponte strallatoarchitect: A.Montemagni, P.Sica, F.De Mirandarealization: 1972-1978address: quartiere Perentola/quartiere Isolotto

Atto ad unire i quartieri di Peretola e dell’Isolotto, si tratta di un ponte realizzato fra il 1972 e il 1978. Nel 1967 venne bandito un concorso vinto dal gruppo formato dagli architetti Adriano Montemagni e Paolo Sica e dall’ingegnere Fabrizio De Miranda. L’ingegne-re De Miranda riceverà nel 1978 ad Helsinki il premio europeo della Convenzione Europea della Costruzione Metallica proprio per questa costruzione. La storia del ponte all’indiano, così come la storia di tutti gli attraversamenti dell’Arno, è strettamente connessa con quella delle cruciali trasformazioni urbane che la cit-tà ha subito nel corso dei secoli. La realizzazione del viadotto deve essere letta come l’e-pilogo di una strategia di trasformazione urbana posta in essere attraverso l’attività di pianificazione guidata da Edoardo Detti nel 1962. Alla base delle problematiche evidenziate nell’alaborazione del nuovo PRG emerge, come per molte città italiane, il complicarsi del traffico, della circolazione, della sosta e parcheggio delle auto-mobili divenute nuove prorompenti protagoniste della scena urbana. ll progetto viene notato perché i progettisti disegnano non solo un ponte carrabile ma anche pedonabile, pur se non richiesto nel bando.Il ponte viadotto oltre a rispondere alla funzione di com-pletare la nuova grande struttura viaria intercomunale prevista nel PRG del 1962, doveva garantire, nelle in-tenzioni dei progettisti, continuità tra le due aree verdi contrapposte, ovvero il parco delle cascine e il parco di Mantignano.Il progetto si propone quindi, già in partenza, obiettivi che superano la semplice funzionalità di infrastruttura di viabilità per investire e coordinare ambiti e sistemi diver-si, configurandosi come un vero e proprio asse di scam-bio. La collocazione dello scavalcamento alla confluenza dei due fiumi presenta inoltre una situazione di interesse

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1_planimetria con il sistema di attrezzature e funzioni legate al ponte2_pianta e prospetto3_sezione della travata

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project: Archivio di Stato di Firenzetypology: Archivioarchitec: Italo Gamberinirealization: 1972-1988address: Viale Duca degli Abruzzi

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1_Archivio di Stato2-5_Archivio di Stato3-4-7-8_Prospetto principale6_Italo Gaberini

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.treccani.it/enciclopedia/italo-gamberinihttp://it.wikipedia.org/wiki/Italo_Gamberini

Rosamaria Martellacci-Italo Gamberini Architetto (1907-1990)-Firenze-E-difirItalo Gamberini-L’Architettura dal Razionalismo all’Internazionalismo-E-difir

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(Firenze, 1907 - Firenze, 1990)Con la sua tesi di laurea concepì la base del progetto del nuovo Fabbricato Viaggiatori della Stazione di Firenze Santa Maria Novella, realizzato tra il 1932 e il 1935 dal Gruppo Toscano, formato da Nello Baroni, Pier Niccolò Berardi, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna, Giovanni Michelucci. In linea con le tendenze più all’avanguardia della sua città continuò a lavorare con i suoi colleghi, soprattutto partecipando agli altri importanti concorsi nazionali ban-diti in quegli anni, come quelli per la stazione di S. Lucia a Venezia (1935) con Baroni, Berardi e Lusanna, e per alcuni edifici dell’EUR a Roma. Fu nel dopoguerra, però, che Gamberini diede inizio a quella intensa e seria atti-vità professionale, svolta per larga parte in Toscana e in particolare a Firenze, che ne ha fatto uno dei maggio-ri protagonisti dell’architettura toscana del Novecento. Partecipò al concorso per il nuovo ponte della Vittoria e al concorso per la ricostruzione delle zone distrutte dal-la guerra intorno a ponte Vecchio. Ottenne il primo pre-mio ex aequo con un interessante progetto che, seppur non realizzato, anticipa alcuni dei temi della ricerca che Gamberini avrà modo di sviluppare successivamente, nonostante l’isolamento in cui l’ambiente fiorentino ven-ne a trovarsi rispetto al dibattito a livello nazionale.Fu sempre attento agli aspetti tecnici del progetto e all’u-so dei materiali, sia tradizionali, sia nuovi e sperimentali. Iniziò anche a lavorare sul tema della facciata facendo emergere, con evidenza, la scansione in tracciati regola-ri disegnata ora dalla tessitura strutturale, che acquista valore compositivo, ora dalle sporgenze delle finestre. Studiò soluzioni sempre originali e di alta qualità realiz-zate attraverso elementi e componenti industriali.Italo Gamberini muore a Firenze il 14 novembre 1990.

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project: Archivio di Stato di Firenzetypology: Archivioarchitec: Italo Gamberinirealization: 1972-1988address: Viale Duca degli Abruzzi

L’Archivio di Stato di Firenze è il repositorio delle carte e degli archivi documentali di proprietà pubblica nella città di Firenze. L’archivio è una miniera inesauribile di documenti di ogni epoca, a partire dalle carte dell’Abbazia di Passignano (risalenti all’VIII secolo), di importanza fondamentale per gli studi storici, storico-artistici, linguistici, paleografici e diplomatici. Le carte conservate nella sede centrale in Piazza Becca-ria e nel deposito di Sesto Fiorentino, divise in circa 600 fondi, richiedono scaffalature per una lunghezza di oltre 75 chilometri.La nuova sede fu progettata dagli architetti Italo Gam-berini, Loris Macci, Rino Vernuccio e Franco Bonaiuti. L’edificio è collocato lungo i viali di Circonvallazione in un’area che l’architetto Giuseppe Poggi nel suo progetto per i Viali aveva progettato di lasciare vuota per aprire la visuale da piazza Beccaria e dal viale Gramsci verso la collina di San Miniato al Monte.Questa area era però stata già occupata in epoca fasci-sta per la costruzione nel 1938, della Casa della Gio-ventù italiana del Littorio, un interessante edificio dell’ar-chitetto Aurelio Cetica, demolito per far posto all’attuale, piuttosto discusso, tanto da essere stato definito “triste costruzione” da Antonio Paolucci. L’edificio si pone come un elemento urbano qualificante, premessa per la rico-struzione della vasta area del quartiere Santa Croce e anticipazione del suo recupero socio-culturale. L’ambien-tamento nei confronti del contesto architettonico passa in modo programmatico attraverso scelte plano-volumetri-che, coloristiche e materiche, che confermano sia una operatività basata sul metodo che l’attenzione per la città di Firenze in tutte le sue manifestazioni di vita, siano esse sociali che storiche. All’interno i movimenti che interes-sano il pubblico, i visitatori occasionali delle mostre, gli studiosi o i partecipanti ai convegni periodici, sono stati

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1_Foto dell’epoca della costruzione2-3_Archivio di Stato

realizzati in modo da creare un rapporto continuo fra il fruitore e gli aspetti di vita più importanti dell’organismo.Le strade-gallerie interne, attrezzate con esposizione di materiale, come se fosse un percorso-museo, permet-tono affacciamenti sugli ambienti-mostra, sugli archivi e sui grandi laboratori di restauro. Nel nodo di congiunzione, rappresentato dalla piazza coperta, si constretizza lo scambio tra movimenti oriz-zontali e verticali, tra interno ed esterno.Il recupero del rapporto fra utenza e prodotto architet-tonico, tra vita interna ed esterna e l’attenzione per il contesto, funxionale e fisico con le premesse per l’in-serimento nella città, oltre all’utilizzo di materiali tipici di Firenze, come la pietra forte, utilizzata per il rivestimento e per le pavimentazioni interne ed esterne, ed i suoi co-lori tipici.

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project: Palazzo degli affari typology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1972-1974address: Piazza Adua

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1_prospetto est2_prospetto nord3_4_ vista prospettica 5_prospetto dettaglio6_Pierluigi Spadolini7_facciata8_prospetto sud

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

PierLuigi Spadolini , Architettura e civiltà industriale ,scritti e interventi 1986-1992 , L.F.F 1992

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Pierluigi Spadolini è nato a Firenze il 5 aprile del 1922.Ha iniziato la sua attività progettuale nel 1952 e da allora ha realizzato numerosissime opere in italia e all’estero.In particolare la sua ricerca progettuale e teorica si è indirizzata verso lo studio di tutte le componenti del processo edilizio e verso la sperimentazione di nuove metodologie del fare architettura.Tra le sue opere : la Sede storica del Monte dei Paschi di Siena , il Centro congressi a Firenze , l’edificio per le mostre della Fortezza da Basso a Firenze , la S.M.A. a Firenze , la Chiesa di Tor Bella Monaca a Roma, il Nuo-vo Centro Direzionale di Napoli e la Chiesa del Centro Direzionale , la nuova sede della Bayer a Milano, l’edi-ficio per le Assicurazioni Generali a Mogliano Veneto , il Palazzo Italia all’Esposizione di Siviglia , il Progetto Direttore per il Sistema Direzionale Orientale di Roma.Numerose anche le sue pubblicazioni , tra le quali si ricorda : Design e Società , Componibilità come compo-sizione , Progetto e processo edilizio.

Nel 1969 ha istituito la Cattedra di Progettazione Artisti-ca per l’Industria presso la Facoltà di Architettura di Fi-renze e, nella stessa sede, ha concluso nel 1992 la sua attività accademica come docente presso la Cattedra di Progettazione Integrale.Spadolini fu anche un importante designer sulla scena internazionale, soprattutto nel campo delle costruzioni navali (yacht).

Muore a firenze nel 2000

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Il fronte concavo verso il giardino, è equilibrato sulla presenza delle due ali aggettanti che si innestano sulla parete di fondo interamente vetrata e queste maggiori aperture verso l’interno , prospettanti il lato sistemato a verde , testimoniano la volontà di relazionare l’architettu-ra , alla presenza dell’elemento naturale.La disposizione dei pannelli sulla facciata conferisce una sorta di leggerezza che pare rarefarsi salendo gra-dualmente verso l’alto,alludendo e interpretando il tema murario delle facciate di molti palazzi rinascimentali, nei quali le diverse intensità del bugnato conferiscono un’e-vidente gerarchia alle diverse parti .Ma in questa dimensione sintattico-grammaticale ,poco importa se l’attacco a terra è completamente vetratato e ribalta così quei valori simbolici di radicamento al suolo che normalmente ci si aspetta dall’elemento basamen-tale ,così come si registra la totale mancanza d’eviden-ti temi di scansione d’angolo ,se si accettua il raffinato raddoppio del pannello prefabbricato;quello che conta , è la supremazia del dettaglio , la profonda attenzione ad una tecnologia mai esibita e la rigorosa costruzione de-gli impaginati frontali, ottenuti sull’elaborazione di pochi elementi basilari.La fressibilità e la scomponibilità che investe tutta questa esperienza realizzativa , è riflessa anche nella sistemazione degli spazi interni, divisi è vero , in rigida funzionalizzazione a seconda dei diversi livelli, ma comunque interamente riorganizzabili tramite spe-ciali pannellature in legno

Progettato dall’Architetto Pierluigi Spadolini, il moderno Palazzo degli Affari con la sua struttura polivalente e flessibile, è dislocato su 5 piani ed ha un capacità com-plessiva di 1800 persone.

Adiacente al Palazzo dei Congressi, circondato da un grande parco secolare, a due passi dalla stazione ferro-viaria ed a 5 minuti a piedi da Piazza del Duomo.

Punto di forza di questa struttura è la sua grande versa-tilità, ogni spazio è infatti modulabile e si adatta ad ogni tipo di esigenza.Inaugurato nel 1974, è una moderna struttura di 4.000 m2, ha una capacità complessiva di 1.800 persone ed accoglie convegni e manifestazioni espositive, poster session, sale stampa, defilé di alta moda oltre a colazio-ni di lavoro e gala dinner.Dall’attico del Palazzo si può ammirare il panorama di Firenze e dell’ampio parco secolare, che collega la strut-tura del Palazzo dei Congressi.Spadolini elabora una parete , che per cromatismo cerca un rapporto con l’intorno, costituendosi infatti in cemento bianco e inerti di pietra e marmo, ma è un rapporto che subito viene spezzato e allontanato , “giocando” con gli sfalsamenti dei vari livelli.I pannelli , anche in questo caso rigorosamente compo-nibili , sono concepiti in modo da fa vibrare la pelle dell’e-dificio , che manda di un fronte principale e nel quale tutti i lati sono ottenuti con lo stesso disegno e con le stesse gerarchie ,tradizionalmente ripartite, in una chiara e rico-noscibile impostazione sintattica.Anzi ,se mai una differenziazione la si può trovare , que-sta la si registra nel diverso dosaggio del vetro nella composizione dei volumi.

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1_Vista dalla collina 2_Dettaglio piscina3_Facciata

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project: Palazzo degli affari typology: Edificio per ufficiarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1972-1974address: Piazza Adua

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project: Limonaia Villa Strozzitypology: spazio espositivoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1973-1998address: via Pisane

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1_vista dal boschetto della Limonaia2_particolare facciata3_facciata principale4_vista interna5_particolare scalinata teatro6_Giovanni Michelucci7_vista prospettica 8_scalinata teatro

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Sistemazione della limonaia di Villa Strozzi, Naldi F., in La città di Miche-lucci, Firenze, 1976, pp.175-180

CERASI, M., 1968, Michelucci, Roma

Storia dell’architettura moderna, Zevi B., 1975

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Considerato tra i maggiori esponenti del razionalismo italiano, aderì al movimento con notevole libertà espres-siva e con un vivo senso dei valori storici e costruttivi tradizionali. Realizzò la sua prima opera sotto le armi: una cappella costruita nel 1916 sul fronte, a Caporetto. La stazione di S.M.N a Firenze (1933-36, in collabora-zione) ebbero grande risonanza nel chiuso ambiente dell’architettura italiana dell’epoca. La chiesa di S. Gio-vanni Battista sull’Autostrada del Sole presso Firenze (1963-64), segna un vertice nel discorso architettonico di Michelucci, volto con quest’opera a realizzare una più intensa espressività attraverso l’uso del cemento armato. In seguito ha approfondito sempre più i valori espressivi del segno progettuale e dei materiali; si ricor-dano la realizzazione del palazzo delle Poste e Telegrafi a Firenze (1969-75), la sistemazione intorno alla sede della banca del Monte dei Paschi a Colle Val d’Elsa (Sie-na), una delle costruzioni più memorabili, progettata dal 1973 al 1978. Michelucci realizzò, inoltre, la ristruttura-zione del quartiere di S. Croce a Firenze (1969), le stra-ordinarie invenzioni per un Memoriale michelangiolesco sulle Alpi Apuane (1974), l’ospedale di S. Bartolomeo a Sarzana (La Spezia), nonché il progetto per il comples-so teatrale di Olbia (che gli era stato affidato nel 1989).

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Il progetto di ridefinizione ideato da Michelucci consiste in una riduzione della precedente architettura ottocente-sca a semplice involucro murario, all’interno del quale si sviluppano una nuova architettura e una nuova struttura, completamente e volutamente indipendenti dal conte-nitore come esplicitamente denota la candida struttura metallica della copertura.

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project: Limonaia Villa Strozzitypology: spazio espositivoarchitect: Giovanni Micheluccirealization: 1973-1998address: via Pisane

Nel 1973 il comune di Firenze decise di trasformare il complesso di villa Strozzi (la villa, le scuderie e la li-monaia restaurate nella seconda metà dell’Ottocento da Giuseppe Poggi) in uno spazio polivalente per l’arte contemporanea. Per conferire all’intervento un carattere internazionale, vennero interpellati sette architetti diversi per esperienza e cultura: gli italiani Giovanni Michelucci, Ignazio Gardella e Carlo Scarpa, il finlandese Alvar Aal-to, l’austriaco Hans Hollein, l’americano Richard Meier e l’inglese Alan Irvine. Tutti i progettisti si confrontano con il tema della ristrutturazione non conservativa dell’archi-tettura, palese espressione della volontà della commit-tenza di conservare l’involucro degli edifici, riconfiguran-doli completamente all’interno.Michelucci cominciò a lavorare al progetto nell’aprile del 1973. Prese corpo progressivamente l’idea di uno spa-zio attraversato da percorsi aerei nel quale la copertura diveniva spazio per lo spettacolo e la sistemazione in-terna si poneva in decisa autonomia rispetto al guscio ottocentesco (debitamente restaurato e consolidato). Le difficoltà economiche e il succedersi di diverse ammini-strazioni determinarono un arresto dell’iter e indussero la committenza e il progettista (Bruno Sacchi) a rivedere in parte il progetto, eliminando il sistema delle passerelle interne e in qualche modo semplificando l’idea micheluc-ciana. Il progetto esecutivo viene approvato il 26 marzo 1987 e i lavori avviati poco dopo: il 16 gennaio 1998 ven-ne approvato il progetto delle opere di completamento e di arredo. La Limonaia fu conclusa nell’estate del 1998 e ufficialmente inaugurata il 6 luglio.

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1_modellino Limonaia2_dettaglio interno3_struttura del palco

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project: Condominio P.zza San Jacopinotypology: Residenzialearchitect: Dezzi Bardeschirealization: 1973-1976address: P.zza San Jacopino

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1_ prospetto fronte nord2_balconi (prosp. fronte nord)3_balconi prospetto est4_ingresso appartamenti 5_vista prospetto generale6_7_8_lucernai

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://nonsolosanjacopino.blogspot.it

http://www.comune.fi.it/home.htm

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Nato a Firenze (1934), Ingegnere Edile con Giovanni Mi-chelucci, tesi di progetto: una scuola materna a Sorgane (Bologna, 1957), Architetto con Piero Sanpaolesi, tesi in restauro: il complesso di San Pancrazio a Firenze e l’opera dell’Alberti (Firenze, 1962). Ha alle spalle un’e-sperienza più che quarantennale nel settore della con-servazione e dell’intervento di recupero del patrimonio costruito, maturata, prima, presso l’Istituto di Restauro dei Monumenti di Firenze, fin dalla sua fondazione, e poi, dal ‘76 presso la Facoltà di Architettura di Milano come ordinario di Restauro Architettonico.Dall’anno 2000 è stato chiamato ad insegnare anche all’Università di Architettura di Parma come docente del Laboratorio di Restauro per la laurea specialistica in Architettura. Dal 2005 fa parte del Colleggio docente del Dottorato in Tecnologie e Management dei Beni Culturali di Lucca. Al Politecnico di Milano ha fondato il Dipartimento per la Conservazione delle Risorse architettoniche e ambien-tali (che ha diretto dal 1980 al 1985) e il Dottorato di Ri-cerca in Conservazione dei Beni Architettonici con sede presso il Politecnico di Milano (sedi consorziate Genova, Cagliari e Reggio Calabria) di cui è stato coordinatore (1983-1985). Dal 1998 al 2002 ha fatto parte del Senato del Politecnico di Milano a rappresentarvi le aree disci-plinari della Progettazione architettonica e della Conser-vazione. Accademico delle Arti e del Disegno a Firenze, e dal 2003-2007 Presidente della sezione Italiana dell’I-COMOS) per il quale, tra l’altro, ha promosso e organiz-zato la Terza Mostra Internazionale del Restauro Monu-mentale; poi al Salone del Restauro a Ferrara (22-25 marzo 2007); al Palazzo Ducale di Gubbio. Attualmente aperta al San Michele, sede del Ministero e dei Beni del-le Attività culturali, a Roma (18 giugno-26 luglio 2008). Vicepresidente del Comitato del MBC per lo studio e la ricerca dei giardini storici.

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lepipedi ed il cilindro dei corpi degli appartamenti, ritmati orizzontalmente da tagli ed aggetti, ed i cilindri dei corpi scale secondari. Tale matrice geometrica ricorre anche nella pianta, tutta giocata ai vari livelli dalla sovrappo-sizione di moduli quadrati ruotati di 45 rispetto a quelli sottostanti, così da costituire una naturale alternanza tra il pieno della muratura ed il vuoto dei balconi, ai quali si giustappongono le tracce curvilinee dei balconi ed i mo-duli circolari delle coperture.Mentre il piano terra presenta un basamento vetrato, il resto dell’edificio è caratterizzato dalla compattezza del-la cortina muraria: questa è fortemente connotata dal cromatismo dell’intonaco, di un colore rosso-marrone scuro, sul quale contrasta il verde pisello degli infissi: in tale articolazione si differenziano la prua della testa dell’edificio, con tagli poligonali sullo spigolo, e le due torri dei vani scale, caratterizzate, come il piano terra ed a differenze delle altre aperture, da infissi di colore bianco. La pianta dell’edificio risulta dalla giustapposi-zione di tre nuclei di appartamenti, polarizzati attorno ai rispettivi vani scale: ciascuno degli appartamenti propo-ne, con alcune varianti, la tradizionale distribuzione dei vani, con la suddivisione tra la zona notte e la zona gior-no; al piano terra invece il corpo di testa è caratterizzato da un unico grande spazio scandito da pilastri circolari, mentre il resto dell’edificio presenta negozi al piano terra ed uffici al mezzanino.I pavimenti sono in ceramica, ad eccezione che nei vani scala e nei negozi al piano terra, in marmo a disegni geometrici.

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project: Condominio P.zza San Jacopinotypology: Residenzialearchitect: Marco Dezzi Bardeschi realization: 1973-1974address: Piazza San Jacopino

Per riuscire ad apprezzare l’edificio che identifica Piazza San Jacopino e capire che cosa ha influenzato Marco Dezzi Bardeschi nello scegliere questo bizzarro color marrone, basta volgere lo sguardo dal centro della piaz-za di San Jacopino,verso via Cassia, e in fondo scorge-remo la centrale Termica di Angiolo Mazzoni in via delle Ghiacciaie con le sue imponenti e nere canne fumarie. La particolarità dell’edificio di San Jacopino è nelle sue forme irregolari, ottenute dalla sovrapposizione di cilin-dri, prismi ed elementi vetrati sporgenti. La pianta dell’edificio che gioca su più livelli è frutto della sovrapposizione di moduli quadrati ruotati di 45° rispetto a quelli sottostanti. Il risultato è una naturale alternanza tra il pieno della muratura e il vuoto dei balconi, ai quali si affiancano le tracce curvilinee e i moduli circolari delle coperture.Paradossalmente le critiche sopite in questi anni per l’e-dificio del Mazzoni, si levarono per questo palazzo quan-do nel 1976 alla sua inaugurazione i fiorentini gridarono allo scandalo, ritenendo inconcepibile una simile rottura architettonica con lo tradizione fiorentina. In epoca più recente i giudizi formulati per questo particolare palazzo marrone sono in generale più positivi, anche perchè tanti non ci fanno più nemmeno caso.l complesso è caratterizzato da una planimetria e vo-lumetria articolate e si sviluppa in un nucleo adibito a residenza ed uffici, su 5 e 6 piani fuori terra più mezzani-no e seminterrato, con fronte principale sulla piazza San Jacopino ed impianto al “L”, ed in un corpo ad un solo piano adibito ad attività commerciale ed uffici, perpendi-colare all’asse stradale di via Ponte all’Asse.L’impianto volumetrico è qualificato dall’intersecarsi, con ampi tagli di cesura, di matrici spaziali dalla pura geome-tria: il prisma triangolare del corpo scale principale, fun-gente da sprone di penetrazione nel vuoto della piazza nonché da motivo dinamizzante e catalizzante, i paralle-

1_dettaglio dei balconi2_prospetto su piazza San Jacopino3_Balconi visti dal vano scala

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1_Dettaglio Facciata2_Copertura3_Giardino 4_ Giardino 5_Entrata padiglione6_Pierluigi Spadolini7_Interni8_Dettaglio scala

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

PierLuigi spadolini , Architettura e civiltà industriale ,scritti e interventi 1986-1992 , L.F.F 1992

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Pierluigi Spadolini è nato a Firenze il 5 aprile del 1922.Ha iniziato la sua attività progettuale nel 1952 e da allora ha realizzato numerosissime opere in italia e all’estero.In particolare la sua ricerca progettuale e teorica si è indirizzata verso lo studio di tutte le componenti del processo edilizio e verso la sperimentazione di nuove metodologie del fare architettura.Tra le sue opere : la Sede storica del Monte dei Paschi di Siena , il Centro congressi a Firenze , l’edificio per le mostre della Fortezza da Basso a Firenze , la S.M.A. a Firenze , la Chiesa di Tor Bella Monaca a Roma, il Nuo-vo Centro Direzionale di Napoli e la Chiesa del Centro Direzionale , la nuova sede della Bayer a Milano, l’edi-ficio per le Assicurazioni Generali a Mogliano Veneto , il Palazzo Italia all’Esposizione di Siviglia , il Progetto Direttore per il Sistema Direzionale Orientale di Roma.Numerose anche le sue pubblicazioni , tra le quali si ricorda : Design e Società , Componibilità come compo-sizione , Progetto e processo edilizio.

Nel 1969 ha istituito la Cattedra di Progettazione Artisti-ca per l’Industria presso la Facoltà di Architettura di Fi-renze e, nella stessa sede, ha concluso nel 1992 la sua attività accademica come docente presso la Cattedra di Progettazione Integrale.Spadolini fu anche un importante designer sulla scena internazionale, soprattutto nel campo delle costruzioni navali (yacht).

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project: Padiglione Spadolinitypology: Spazio espositivoarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1974-1976address: Fortezza da Basso

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La stereometria semplice e modulare si risolve in un vo-lume elementare la cui caratterizzazione architettonica è affidata alla ricerca condotta sui materiali delle superfici verticali e orizzontali e sul design dei componenti, stu-diati in modo da risultare in un numero limitatissimo di tipi.Le superfici verticali sono interamente rivestite in allu-minio anodizzato bruno, modellato a profonde doghe orizzontali la cui altezza deriva dalla misura dello sca-lino. Il rivestimento, assai inconsueto per un ambiente storico, avvolge tutto il perimetro esterno dell’edificio e la scala centrale accentuando l’orizzontalità del volume e mascherando con il forte chiaroscuro delle doghe il carattere di provvisorietà della costruzione.Le superfici orizzontali esterne sono invece risolte con elementi prefabbricati in cemento con ciottoli affogati di colore bianco e verde, ancorati alle strutture portanti del fabbricato per mezzo di bulloni.Tre sono quindi i grandi temi architettonici, quanto mai attuali, affrontati e risolti in questa realizzazione: il rap-porto culturale con le preesistenze storiche, l’impiego della tecnologia più avanzata nell’architettura contempo-ranea e quello del rapporto tra architettura permanente ed effimera nella tematica progettuale di oggi.

Il padiglione espositivo “Spadolini”, copre circa 13.000 m². degli oltre nove ettari racchiusi dall’antica struttura militare medicea.La volumetria elementare del fabbricato non si pone pro-priamente con discrezione nei confronti dell’intero con-testo monumentale della Fortezza da Basso, affrontan-do in modo assai problematico il tema del rapporto con l’ambiente storico. L’intervento altera l’originario equili-brio dell’insieme, la cui architettura risulta sopraffatta di fronte alla presenza del nuovo edificio, a cui va tuttavia il merito di aver contribuito a dare forte animazione ad uno dei complessi architettonici più importanti di Firenze.Esternamente i tre piani presentano accessi completa-mente indipendenti in modo da poter essere utilizzati contemporaneamente per manifestazioni diverse. Due rampe simmetriche, innestate sui lati lunghi, collega-no il piazzale alla copertura a terrazza che perimetra il volume prismatico vetrato dell’ultimo piano. Al centro dell’edificio è sistemata una scala su pianta quadrata che mette in comunicazione diretta le piastre continue dei piani, delimitando un’ampia corte interna. A questa si aggiungono una serie di scale laterali, normali e mobili, che nel complesso garantiscono una circolazione fluida.Tutta la costruzione risponde ai criteri della produzione industriale ed è realizzata con struttura in acciaio costi-tuita da un tipo di pilastri e due diversi tipi di travi con campate di metri 10 x 10.I pilastri tubolari quadri di cm 28 di lato sono collegati attraverso bulloni a una struttura orizzontale in profilati d’acciaio a doppio T. I solai sono in elementi prefabbrica-ti in cemento armato precompresso appoggiati sulle travi secondarie della struttura in acciaio; al di sopra sono po-sati strati di materiale polietilenico di sigillatura.Gli elementi sono fissati tra loro attraverso sistemi di montaggio reversibili che ne permettono il recupero qua-si totale.

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1_Planimetria piano interrato2_Piano terra3_Piano primo

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project: Padiglione Spadolinitypology: Spazio espositivoarchitect: Pierluigi Spadolinirealization: 1974-1976address: Fortezza da Basso

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project: Teatro della Compagniatypology: Teatro e sala cinema architect: A. Natalini - F. Natalinirealization: 1987address: Via Cavour, 50rrchitect: Adolfo Natalini

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1_Ingresso secondario Teatro2_Ingresso sala teatro3_Vista generale teatro4_Platea5_Atrio6_Assonometria generale7_Assonometria 8_Ingresso da via Cavour

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.nataliniarchitetti.com/

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Adolfo Natalini è nato a Pistoia nel 1941. Dopo un’espe-rienza pittorica, che si rifletterà nel suo costante uso del disegno, si laurea in architettura a Firenze nel 1966 e fonda il Superstudio (con Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris, con Alessandro Poli tra il 1970 e il 1972) iniziatore della cosiddetta “architettura radicale”, una delle avanguardie più significative degli anni ‘60 e ‘70.

Dal 1979 Adolfo Natalini ha iniziato una sua attività au-tonoma e si è concentrato sul progetto per i centri storici in Italia e in Europa, ricercando le tracce che il tempo lascia sugli oggetti e sui luoghi e proponendo una ricon-ciliazione tra memoria collettiva e memoria privata.

Tre le sue opere: i progetti per il Römerberg a Franco-forte e per il Muro del Pianto a Gerusalemme, la banca di Alzate Brianza, il Centro Elettrocontabile di Zola Pre-dosa, la casa in Saalgasse a Francoforte, il Teatro della Compagnia a Firenze.Nel 1991 inizia l’attività dei Natalini Architetti (studio di architettura al Salviatino, Firenze) con Fabrizio Natalini (omonimo ma non parente).Tra le loro opere: la ricostruzione della Waagstraat a Groningen, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, la Dorotheenhof sulla Manetstrasse a Lipsia, la Muzenplein a l’Aja, il Centro Commerciale di Campi Bisenzio, il Polo Universitario a Novoli, Firenze, Bosco-tondo a Helmond, il Polo Universitario a Porta Tufi a Sie-na, Het Eiland a Zwolle, Haverlej a Den Bosch, il Museo dell’Opera del Duomo e il progetto per i Nuovo Uffizi a Firenze.

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Le pareti interne della sala sono rivestite in lastre di pie-tra rosata e concluse da una trabeazione con cornice dentellata: quelle dei lati principali risultano quadripartite tramite paraste e sono scandite al piano terra da portici architravati ed al piano superiore da logge con arco a sesto ribassato (due per ogni intercolumnio). La tessi-tura muraria è, all’interno di tali moduli, caratterizzata dall’emergere ritmico di blocchi lapidei aventi la funzione di animare la superficie sotto la luce e di risolvere proble-mi acustici. Relativamente ai rivestimenti interni, tutti gli spazi principali - atrio, foyer e disimpegni - presentano il tema conduttore delle pareti rivestite in pietra rosata a cui fanno da contrappunto sul pavimento il gioco riflet-tente dei marmi e sul soffitto la lucentezza di volte e solai intonacati ad encausto. Particolarmente raffinati il banco della biglietteria, in lastre di marmo rosso, e quello del bar, in cui l’emiciclo in pietra racchiude al centro il fusto di una preesistente colonna ionica in pietra serena.Relativamente ai rivestimenti esterni, anch’essi in pietra rosata, di estrema raffinatezza l’inserimento dei caratteri in oro sulla cornice del basamento, che sul fronte deno-tano il nome dell’edificio teatrale e sul retro l’ingresso al palcoscenico e quello per gli artisti.

L’esiguo fronte principale è inserito tra le facciate dei pa-lazzi Bastogi, già Capponi, e Panciatichi mentre la sala occupa il sito di quello che in origine fu il giardino Ba-stogi.Il fronte secondario, che si configura in realtà come prin-cipale, è allineato al filo stradale tramite la cortina del muro di recinzione dell’ex giardino Bastogi, dalla quale emerge, lievemente arretrato, il volume cieco della torre scenica.L’edificio presenta uno sviluppo planimetrico estrema-mente articolato, determinato dalla necessità di riutiliz-zare le strutture del preesistente cinema, e connotato dall’articolarsi degli spazi attorno ad un asse longitudi-nale, elemento di penetrazione e di distribuzione al con-tempo.Dal fronte principale, nel quale solo il basamento in pietra e la tettoia in vetro denotano la presenza della sala teatrale, si accede ad un profondo corridoio voltato a botte ai cui lati si dispongono, quasi “scavati” nella mas-sa muraria, l’ottagono della biglietteria e l’esedra del bar, nonché un primo corpo di servizi, ed al termine del quale il foyer - anch’esso voltato a botte, a pianta rettangolare e disposto trasversalmente - funge da introibo alla pla-tea, divenendo allo stesso tempo elemento di ricucitura tra i due assi longitudinali del vestibolo e della sala, lie-vemente sfalsati. Dopo un ulteriore spazio di sosta e di filtro un angusto “romitorio” centrale, memoria tangibile dei teatri e anfiteatri romani, immette nella platea e due scale laterali conducono ai palchi. La sala, a pianta ret-tangolare, si configura come una sintesi, riveduta e rein-terpretata, tra i modelli dei teatri rinascimentali e le corti dei palazzi privati: quest’ultima connotazione di spazio interno - esterno è conseguita tramite il contrasto tra la massa compatta delle pareti lapidee e l’aerea superficie del soffitto a sezione mistilinea, dalla quale emergono, evidente reminiscenza delle macchine teatrali medievali, i corpi metallici del ponte tecnico e delle capriate.

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1_Planimetria generale2_Vista prospettica3_Dettaglio

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project: Teatro della Compagniatypology: Museoarchitect: Adolfo Natalinirealization: 1987address: Via Cavour 50 rosso

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project: Stazione di Firenze Statutotypology: Stazione ferroviariaarchitect: Cristiano Toraldo Di Franciarealization: 1985-1988address: Piazzale Ludovico Antonio Muratori

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1-2-5_Pensilina della Stazione di Firenze Statuto3_Particolare Pensilina4_Particolare della finestra6_Cristiano Toraldo Di Francia7_Passaggio sopaelevato8_Particolare del passaggio vetrato

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.cristianotoraldodifrancia.it/index.htmhttp://it.wikipedia.org/wiki/Cristiano_Toraldo_di_Francia

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(Firenze, 18 settembre 1941)Dopo essersi laureato in architettura, fondò, nel 1966, il “Superstudio” assieme a Adolfo Natalini, dove il linguag-gio architettonico e il design vennero rielaborati sulla base di metodi di rottura fortemente ironici. Dopo questa esperienza, nel 1980 continuò la carriera professionale in proprio, ispirandosi soprattutto al linguaggio dell’archi-tettura toscana del Cinquecento. Toraldo di Francia si è sempre occupato di diversi settori della progettazione, dal disegno industriale all’architet-tura. Ha ideato allestimenti di interni e spazi espositivi tra cui la Mostra “I Maestri della Carrozzeria Italiana” al Centre Pompidou a Parigi nel 2000. Ha progettato uffici e interni commerciali per importan-ti aziende italiane, tra le quali citiamo Anonima Castelli, Enrico Coveri, Gherardini e per istituti di credito come la Banca Toscana e altri fino alla recente Sede della Banca di Credito Cooperativo del Chianti Fiorentino. Del 1998 è il progetto del Piano Regolatore della città di Tropea. Ha progettato opere pubbliche per i comuni di Roma, Firenze, Ancona, e altri. Per il settore dei trasporti pubblici urbani ha progettato il sistema di pensiline di attesa per gli autobus Ataf e le fermate della nuova tramvia nella città di Firenze. Per le FS ha realizzato la Stazione ferroviaria Statuto a Firenze e la sistemazione della stazione di Rignano con la relativa Piazza del Comune. Ha inoltre progettato la Stazione di Peretola per la nuova linea veloce Firen-ze-Pisa, ed il sistema di fermate non presidiate lungo la stessa linea. Nel 1992 è stato invitato a prendere parte alla fondazio-ne della prima Facoltà di Architettura delle Marche per l’Università di Camerino, nella sede di Ascoli Piceno, per la quale è attualmente Professore associato di Progetta-zione Architettonica.

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La stazione di Firenze Statuto è una stazione ferroviaria sopraelevata che prende il nome dall’omonimo quartiere. L’incarico della redazione di un progetto per la sistema-zione dello scalo ferroviario di Firenze Statuto venne dato all’architetto Cristiano Toraldo di Francia nel 1985 nell’ambito di un programma di riorganizzazione gene-lale del nodo ferroviario fiorentino varato dalla II Unità Speciale delle Ferrovie dello Stato. Il sovrappasso su via dello Statuto, costituito da una coppia di ponti impostati su basamenti in finta pietra, doveva nei programmi esse-re trasformato in una piccola stazione di transito per treni regionali, a servizio soprattutto del complesso ospeda-liero di Careggi e del vicino polo espositivo della Fortez-za da Basso. Nel 1987 il progetto venne radicalmente modificato in seguito alla decisione da parte delle Ferro-vie di destinare Firenze Statuto, data la sua ottima collo-cazione nella struttura urbana e la possibilità del rapido collegamento con il vicino centro storico, a fermata per i treni superveloci della tratta Roma-Milano, convogli il cui assetto non consente l’entrata e l’uscita da stazioni di testa quale S. Maria Novella. La stazione venne attivata nel 1988 ed appare concepita come un’architettura-filtro tra la periferia e il nucleo storico cittadino. È un’architet-tura “in forma di facciata”, che riprende in chiave contem-poranea il linguaggio proprio dei manufatti ferroviari, so-vrapponendosi al rilevato esistente e risolvendo nel suo spazio interno il collegamento tra le due diverse quote del piano stradale e del piano del ferro. Si presenta com-plessivamente “come un loggiato aperto nei due sensi interno-esterno con alcune parti chiuse”, che esprime la duplice funzione di fondale scenografico come nuova porta cittadina e di punto “eccezionale” di osservazione della scena urbana. La lunghezza del fronte (circa 140 m) e la conseguente orizzontalità della composizione viene bilanciata dalla verticalità delle nove colonne giganti che serrano le due logge simmetriche ai lati della grande tra-

1_vista delle scalinate2_sezione della Stazione3_prospetto e pianta della Stazione

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project: Stazione di Firenze Statutotypology: Stazione ferroviariaarchitect: Cristiano Toraldo Di Franciarealization: 1985-1988address: Piazzale Ludovico Antonio Muratori

vatura centrale Vierendel, adottata a memoria dei ponti ferroviari tardo-ottocenteschi, che ingloba il ponte esi-stente su via dello Statuto anteponendosi ad esso. Chiu-sa da vetrate, la travatura Vierendel delimita lo spazio della ex-sala d’attesa posta al livello del piano del ferro, oggi utilizzata come spazio espositivo, che viene quindi a costituirsi come una veranda di osservazione sia verso la città che verso la collina a Nord. La travatura centrale e le due logge laterali sono riunificate nel disegno dalla copertura metallica costituita da una pensilina aggettan-te, che salda con un unico profilo orizzontale i diversi elementi del prospetto. La pensilina presenta in sezione una sagoma a doppio profilo arcuato convergente verso l’interno; il lato sporgente verso la piazza, dimensional-mente più ampio, è sostenuto da aste metalliche aperte a ventaglio, impostate su ritti verticali metallici a sezione decrescente verso l’alto e a loro volta ancorati alle sot-tostanti colonne in cemento armato rivestite in laterizio a vista. L’accesso al secondo binario avviene tramite un sottopasso di comunicazione posto all’interno del loggia-to di destra, dove continua la pavimentazione in porfido a piastrelle quadrate dell’ampio marciapiede antistante il corpo di fabbrica della stazione. Nello spazio interstiziale dei due portici, tra le colonne e il muro di contenimento, sono simmetricamente posizionate le scalinate rettilinee a doppia rampa, di collegamento tra la piazza e i binari.I blocchi scala sono caratterizzati dal rivestimento in pic-cole lastre di marmi colorati: il bianco di Carrara, il verde serpentino e il rosa di Verona (secondo un motivo utiliz-zato anche nel Terminal della stazione di S. Maria Novel-la), che spiccano sul grigio della pavimentazione in por-fido e sull’uniformità del rosso mattone delle murature.

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project: Terminal degli autobus di Santa Maria Novellatypology: Terminal autobusarchitect: Cristiano Toraldo Di Franciarealization: 1986-1990address: Piazza della Stazione

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1_Particolare apertura lato Piazza della Stazione2-5_Particolare del colonnato interno3_Prospetto lato Piazza della Stazione4_Cortile interno6_Cristiano Toraldo Di Francia7-8_Particolare del volume semicircolare

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.cristianotoraldodifrancia.it/index.htmhttp://it.wikipedia.org/wiki/Cristiano_Toraldo_di_Franci

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(Firenze, 18 settembre 1941)Dopo essersi laureato in architettura, fondò, nel 1966, il “Superstudio” assieme a Adolfo Natalini, dove il linguag-gio architettonico e il design vennero rielaborati sulla base di metodi di rottura fortemente ironici. Dopo questa esperienza, nel 1980 continuò la carriera professionale in proprio, ispirandosi soprattutto al linguaggio dell’archi-tettura toscana del Cinquecento. Toraldo di Francia si è sempre occupato di diversi settori della progettazione, dal disegno industriale all’architet-tura. Ha ideato allestimenti di interni e spazi espositivi tra cui la Mostra “I Maestri della Carrozzeria Italiana” al Centre Pompidou a Parigi nel 2000. Ha progettato uffici e interni commerciali per importan-ti aziende italiane, tra le quali citiamo Anonima Castelli, Enrico Coveri, Gherardini e per istituti di credito come la Banca Toscana e altri fino alla recente Sede della Banca di Credito Cooperativo del Chianti Fiorentino. Del 1998 è il progetto del Piano Regolatore della città di Tropea. Ha progettato opere pubbliche per i comuni di Roma, Firenze, Ancona, e altri. Per il settore dei trasporti pubblici urbani ha progettato il sistema di pensiline di attesa per gli autobus Ataf e le fermate della nuova tramvia nella città di Firenze. Per le FS ha realizzato la Stazione ferroviaria Statuto a Firenze e la sistemazione della stazione di Rignano con la relativa Piazza del Comune. Ha inoltre progettato la Stazione di Peretola per la nuova linea veloce Firen-ze-Pisa, ed il sistema di fermate non presidiate lungo la stessa linea. Nel 1992 è stato invitato a prendere parte alla fondazio-ne della prima Facoltà di Architettura delle Marche per l’Università di Camerino, nella sede di Ascoli Piceno, per la quale è attualmente Professore associato di Progetta-zione Architettonica.

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project: Terminal degli autobus di Santa Maria Novellatypology: Terminal autobusarchitect: Cristiano Toraldo Di Franciarealization: 1986-1990address: Piazza della Stazione

Voluta dall’Assessorato all’urbanistica del Comune di Fi-renze e progettata nel 1986 con la collaborazione di An-drea Noferi, la pensilina, posta come diaframma tra la via Valfonda e il “lato arrivi” del Fabbricato Viaggiatori della Stazione di Santa Maria Novella inglobando la fila di pini marittimi preesistente, venne realizzata nel 1990. L’ope-ra ha suscitato vivaci critiche e accese polemiche per la scelta del linguaggio architettonico, giudicato discordan-te rispetto alle illustri architetture - l’abside della basilica di Santa Maria Novella e la stazione stessa, entrambe nella calda tonalità della pietraforte - a cui si rapporta, per la scelta dei materiali e per la collocazione urbana, che “altera non poco, impedendone anche la visione “ (Cresti 1995, p. 375) lo spazio circostante la stazione stessa. Nel tempo, il degrado e la frequentazione della pensili-na da parte di senzatetto ha ulteriormente alimentato le critiche nei riguardi dell’opera, frequentemente oggetto di dibattito politico locale. Il 9 agosto 2010, il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha dato il via ai lavori di smantella-mento. Utilizzata come terminal per gli autobus urbani e per servizi commerciali e turistici, la pensilina era orga-nizzata in un doppio portico aperto parallelamente alle due direzioni della strada e della stazione, chiuso alle estremità da testate costituite da volumi semicircolari e da un corpo di fabbrica irregolare, rispettivamente de-stinati ad Ufficio Informazioni Turistiche e ad Uffici della società dei trasporti urbani ATAF.Dopo la chiusura dell’Ufficio informazioni, l’estremità orientale della pensilina subì un veloce degrado, che portò alla demolizione del corpo semicircolare nel 2005.La struttura dei porticati era metallica, con coperture re-ticolari rivestite in alluminio. Le colonne portanti erano rivestite in fasce di marmo verde di Prato e di bardiglio analogamente alle architetture di testa. Queste ultime erano a loro volta coperte da lucernari in ferro e vetro, nel caso dei corpi cilindrici, o dotate di co-

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1_prospetto lato Stazione2_prospetto scolo fontana3_schizzi e particolare della pensilina

pertura piana e coronate da un cornicione in marmo rosa di Verona.Dello stesso marmo erano le incorniciature degli oblò che si aprivano lungo le pareti esterne, lasciate in ce-mento armato faccia a vista per il resto del fronte su via Valfonda.Risultava uno spazio concepito come un piccolo agglo-merato urbano con una sorta di “piazzetta-corridoio” al suo interno, attrezzata per la circolazione pedonale ma anche per momenti di sosta e di riposo, come suggeri-vano le panche in marmo poste sulla parete posteriore del piccolo fabbricato centrale dell’ATAF, la fontana in bronzo sulla facciata verso l’interno dell’ufficio abbona-menti, l’arredo del corpo cilindrico che precedeva l’Uf-ficio Informazioni Turistiche e che racchiudeva il primo degli alberi della fila. La pavimentazione suggeriva i diversi percorsi e distin-gueva nello stesso tempo le funzioni degli spazi: le lastre di porfido pavimentavano le direttrici di attraversamento e lo spazio di attesa sotto i porticati, mentre cubetti di porfido a disegno concorrevano all’arredo e alla qualifi-cazione della “piazzetta-corridoio”. All’interno dei corpi di fabbrica la pavimentazione era in marmo, con disegno centrale poligonale in marmo rosso perimetrato da fasce di marmo verde scuro nei volumi cilindrici. All’esterno, la testata verso la palazzina Reale era carat-terizzata da un grande gocciolatoio in rame dal quale le acque di raccolta della copertura si riversavano in una vasca ottagonale in marmo verde.

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project: Centro Commerciale Le Torri a Cintoiatypology: Centro commercialearchitect: Mario Bottarealization: 1990-1992address: Via Antonio Canova, 164/168

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1_Entrata principale (prosp. fronte sud)2_Galleria commerciale3_Vista generale(prosp. fronte sud)4_Vista interna del supermercato con struttura metellica di copertura5_Facciata laterale (prosp. fronte est)6_Fontana esterna7_Galleria commerciale8_Facciata principale (prosp. fronte sud)

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Controspazio 4-1993-pp. 61-62

Bindi C., Torricelli Maria Chiara-Centro commerciale Le Torri a Cintoia, in “Costruire in Laterizio”-1996-pp.266-271

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(Nato il 1 aprile 1943 a Mendrisio, Ticino)

Dopo un periodo d’apprendistato presso lo studio degli architetti Carloni e Camenisch a Lugano, frequenta il li-ceo artistico di Milano e prosegue i suoi studi all’Istituto Universitario d’Architettura di Venezia, dove si laurea nel 1969. Durante il periodo trascorso a Venezia, ha occa-sione di incontrare e lavorare per Le Corbusier e Louis I. Kahn. La sua attività professionale inizia nel 1970 a Luga-no. Realizza le prime case unifamiliari nel Canton Ticino e successivamente numerosi progetti in tutto il mondo.Da sempre impegnato in un’intensa attività didattica, nel corso degli ultimi anni si è attivato come ideatore e fon-datore dell’ accademia di architettura di Mendrisio. Il suo lavoro è stato premiato con importanti riconoscimenti in-ternazionali tra i quali il Merit Award for Excellence in De-sign by the AIA per il museo d’arte moderna a San Fran-cisco, l’ IAA Annual Prix 2005, International Academy of Architecture di Sofia per la torre Kyobo a Seul e lo “European Union Prize for Cultural Heritage Europa No-stra” per la ristrutturazione del Teatro La Scala di Milano.Tra le sue realizzazioni vanno ricordate: il Teatro e la Casa per la Cultura a Chambéry; la Galleria d’arte Wa-tari-um a Tokio; la Mediateca a Villeurbanne; il SFMOMA museo d’arte moderna a San Francisco; la Cattedrale della Resurrezione a Evry; il Museo Jean Tinguely a Ba-silea; la Sinagoga Cymbalista e il Centro dell’Eredità a Tel Aviv; la Biblioteca municipale a Dortmund; il Centro Dürrenmatt a Neuchâtel; il MART museo d’arte moderna e contemporanea a Rovereto; la Torre Kyobo a Seoul; gli edifici amministrativi Tata CS a Nuova Delhi e Hydrabad; il museo Fondazione Bodmer a Cologny; il Centro pasto-rale Giovanni XXIII a Seriate e la Biblioteca a Bergamo; la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano, la chie-sa del Santo Volto a Torino e il Centro Wellness ad Arosa.

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Al centro, in contrapposizione alla tipologia strutturale degli spazi voltati laterali, l’edificio si apre in un volume a copertura metallica leggera. Gli elementi principali sono le travi a forma di “fuso” e le coppie di pilastri circolari. Il manto di copertura della struttura metallica è compo-sto da un pannello sandwich formato da due lamiere ad orditura contrapposta con interposti due strati di isola-mento; il lato interno all’edificio è in acciaio preverniciato mentre quello verso l’esterno è in rame. Come in altri progetti di Mario Botta, la struttura muraria in mattoni di laterizio faccia a vista non ha funzione portante, ri-sultando sorretta dalla retrostante struttura continua in cemento armato. Tuttavia essa non denuncia, negli in-nesti d’angolo, nelle architravature e nei coronamenti, il suo costituirsi come apparecchiatura di rivestimento. Il perimetro esterno dell’edificio è realizzato da una pa-rete doppia formata, all’interno, dalle pareti portanti in cemento armato e, all’esterno, da un paramento in mu-ratura faccia a vista con interposta una intercapedine vuota. Il parametro murario è realizzato con mattoni del tipo fatto a mano e murati con calce antiefflorescenze appositamente colorata in cantiere con una composizio-ne di ossidi rossi e gialli per poterne stemperare il colore grigio.

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project: Centro Commerciale Le Torri a Cintoiatypology: Centro commercialearchitect: Mario Bottarealization: 1990-1992address: Via Antonio Canova, 164/168

L’immagine dell’edificio è quella di un volume in muratura che si apre in serie ritmate di archi ed è spaccato al cen-tro da uno spazio caratterizzato dalla copertura leggera in metallo e dalla fenditura traslucida centrale. L’edificio del centro commerciale “Le Torri” a Cintoia occupa il lato ovest del lotto, ai piedi di alcuni blocchi residenziali; ad est, dove le preesistenze sono più minute, un ampio spazio a verde, le cui geometrie sono affidate alle pian-tumazioni e alla fontana circolare, si ricollega al corpo costruito tramite un largo camminamento pedonale, co-steggiato da una zona a prato con doppio filare di alberi ad alto fusto. Il percorso a terra è affiancato dalla pas-serella pedonale sopraelevata, alle due estremità della quale un corpo a esedra, in corripondenza dell’ingresso principale al centro commerciale, e un corpo cilindrico, segnale visivo dell’intero complesso, racchiudono le scale di salita. L’architettura dell’edificio è esternamen-te caratterizzata dalla muratura faccia a vista, ma que-sta non ne costituisce la struttura portante, anche se la composizione compatta dei volumi, le aperture ad arco e gli orizzontamenti voltati simulano un sistema strutturale coerente con i principi della tipologia muraria. Il sistema strutturale in elevazione è composto da setti laterali in cemento armato, pilastri intermedi, sempre in cemen-to armato, e coppie di pilastri metallici centrali succes-sivamente rivestiti in calcestruzzo. L’interno del centro commerciale, nei corpi laterali, presenta una struttura massiccia a grandi luci ritmate dalla copertura con volte a botte trasversali. Per non indebolire questo riferimento nella forma architettonica ad una struttura prevalente-mente compressa, dove le spinte degli orizzontamenti voltati vicendevolmente si neutralizzano nella sequenza stessa degli archi e delle volte, i controventamenti me-tallici sono nascosti fino al punto di rivestire i profilati IPE con finte travi rea lizzate in cartongesso.

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1_Planimetria generale2_Sezioni3_Archi pareti laterali

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project: Ingresso stazione Santa Maria Novellatypology: Rampa di accessoarchitect: Gae Aulenti e Bianca Ballestrerorealization: 1990address: Viale Strozzi

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1_accesso da viale Strozzi 2_vista interna del ponte3_rampa tra piazzale Montelungo e il sovrappasso di viale Strozzi 4_le torri e il ponte coperto visto da viale Strozzi5_vista interna del ponte coperto6_vista dei binari dal ponte7_vista delle torri dai binari8_vista da piazzale Montelungo

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://cinquantamila.corriere.it/

Andrea Aleardi, Corrado Marcetti-L’architettura in Toscana dal 1945 ad oggi-Firenze-Alinea

Maurizio Gentile, Paolo Berti-Santa Maria Novella 1990-Firenze-Alinari- pp. 97-120

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Bianca Ballestrero(Pisa, 1936)Gae Aulenti(Udine, 1927 – Milano, 2012)Gae Aulenti si forma come architetto nella Milano degli anni cinquanta, dove l’architettura italiana è impegnata in quella ricerca storico culturale di recupero dei valori architettonici del passato e dell’ambiente costruito esi-stente che confluirà nel movimento Neoliberty. La Aulenti fa parte di questo percorso, che si pone come reazione al razionalismo.Dal 1955 al 1965 fa parte della redazione di Casabel-la-Continuità sotto la direzione di Ernesto Nathan Ro-gers.Di se stessa usava dire di vedere la sua architettura in stretta relazione e in interconnessione con l’ambiente urbano esistente, che diviene quasi la sua forma gene-ratrice, cercando, con questo, di trasferire nel suo spazio architettonico la molteplicità e l’intensità degli elementi, che vanno a definire l’universo urbano. Dal 1974 al 1979 è membro del Comitato direttivo della rivista Lotus Inter-national.Tra il 1980 e il 1987 è impegnata sul Musée d’Orsay. La ristrutturazione le ha reso importanti riconoscimenti tra cui la Legion d’Onore. Ma ha suscitato anche furio-se polemiche tra gli addetti ai lavori. Con indiscutibile dinamismo, Gae Aulenti s’impadronì di fatto del lavoro, imprimendo il suo marchio su ogni dettaglio.Nel 1984 viene nominata corrispondente dell’Accademia Nazionale di San Luca a Roma, mentre dal 1995 al 1996 è presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2005 ha costituito la Gae Aulenti Architetti Associati.Muore il 1º novembre 2012 a Milano all’età di 84 anni. Prima della sua scomparsa, il 16 ottobre venne insignita del premio alla carriera consegnatole dalla Triennale.

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project: Ingresso stazione Santa Maria Novellatypology: Rampa di accessoarchitect: Gae Aulenti e Bianca Ballestrerorealization: 1990address: Viale Strozzi

L’accoglienza positiva e cordiale che, fin dal momento della sua inaugurazione, la città ha riservato al nuovo accessso alla stazione di Santa Maria Novella dall’area della Fortezza da Basso, è una dimostrazione che la rampa rappresenta la risposta, da tanto tempo attesa, ad un’esigenza di più agevole mobilità in un settore ur-bano nevralgico e fortemente congestionato. A pochi mesi dalla sua apertura è del resto già possi-bile constatare una crescente utilizzazione del nuovo accesso alla stazione. Non solo, ma di giorno in giorno, le modalità di utilizzazione della rampa ne evidenziano quella funzione di attraversamento urbano che il proget-to già prefigurava. Ci si serve cioè della rampa come di una comoda strada pedonale che, partendo da un’area di parcheggio strategica, consente di raggiungere rapi-damente la piazza della stazione e qui il centro storico. La sua genesi sta nell’ipotesi di un nuovo sistema-sta-zione costituito da Santa Maria Novella e da un suo polo satellite nell’area di Belfiore. L’interconnessione tra i due poli è prevista mediante la realizzazione sul piano dei binari e lungo il muro a retta del rilevato ferroviario sul lato verso la Fortezza, di un’a-sta pedonale dotata di marciapiedi mobili, a costruire un percorso attrezzato e coperto con nuovi punti di accesso e piccole aree di sosta. Il percorso, che prende l’avvio dal piazzale di parcheg-gio, sale per circa cento metri in rampa continua lungo il muro del rilevato ferroviario fino a raggiungere la quota della stazione. La lieve pendenza della rampa, assai in-feriore a quella prevista per l’abbattimento delle barriere architettoniche, ha consentito un percorso continuo sen-za introduzione di ripiani intermedi. Contenuto tra due muri paralleli, il percorso si caratteriz-za a livello architettonico attraverso una serie di dettagli: dal disegno delle pavimentazioni, che richiama gli anti-chi selciati laterizi delle città toscane, al gioco dei corri-

1_planivolumetrico dell’accesso alla stazione da piazzale Montelungo2_studi per l’interconnessione di Belfiore con Santa Maria Novella3_prospetto delle torri e del ponte coperto da viale Strozzi

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mani, al tema continuo delle luci puntiformi incassate nel parapetto interno.La rampa raggiunge il piano della stazione in corrispon-denza del sovrappasso di viale Strozzi, dando luogo alla formazione di un nuovo ponte pedonale: qui il percorso si dilata in un ampio spazio di sosta, coperto da un lucer-nario a falde inclinate. Ai lati, lo spazio è delimitato dalle alte torri laterizie che sorreggono la trave reticolare di sostegno del ponte. Il tema delle torri, per le quali è intuibile il riferimento formale alla Fortezza che domina lo scenario urbano cir-costante, resta anche in questa fase di realizzazione il segno architettonico utilizzato per caratterizzare nell’im-magine, complessivamente unitaria dell’intervento, gli episodi fondamentali del percorso. Una torre analoga segnala infatti l’avvio del camminamento alla base della rampa. A terra, i portali aperti delle torri, sovrastati da arcate metalliche a sesto ribassato, consentono la totale percorribilità del marciapiede che fiancheggia la rampa. Dal ponte, ancora incanalato tra muri di mattoni che lo separano dal fascio dei binari e dall’area occupata dagli edifici della dogana, il camminamento prosegue scoper-to verso la stazione alla quale va ad attestarsi alla con-clusione dell’ultimo marciapiede. L’immagine architettonica dell’intervento si definisce in rapporto con l’ambiente circostante. Mentre il muro in laterizio, l’inclinazione delle rampe, le torri, rimandano alla presenza della Fortezza, la connotazione ferroviaria del luogo viene ribadita da citazioni di elementi strutturali specifici ed in particolare le travate metalliche dei ponti.Se l’uso generalizzato del mattone a faccia vista è risul-tato una scelta quasi obbligata dalle preesistenze con le quali il nuovo intervento va a dialogare, è dalle modalità di impiego dello stesso materiale, dagli elementi strut-turali a quelli di finitura, che deriva al percorso la sua peculiaria fisionomia architettonica.

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project: Museo dell’Opificio delle pietre duretypology: Spazio espositivoarchitect: Adolfo Natalinirealization: 1992-1995address: Via degli Alfani

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1_Museo Opificio Pietre Dure2_scala interna al Museo3_sala superiore4_dettaglio scala5_sala principale vista dal piano primo6_sala principale vista dal piano terra7_galleria8_dettaglio balaustra

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.nataliniarchitetti.com/

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Adolfo Natalini è nato a Pistoia nel 1941. Dopo un’espe-rienza pittorica, che si rifletterà nel suo costante uso del disegno, si laurea in architettura a Firenze nel 1966 e fonda il Superstudio (con Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris, con Alessandro Poli tra il 1970 e il 1972) iniziatore della cosiddetta “architettura radicale”, una delle avanguardie più significative degli anni ‘60 e ‘70.

Dal 1979 Adolfo Natalini ha iniziato una sua attività au-tonoma e si è concentrato sul progetto per i centri storici in Italia e in Europa, ricercando le tracce che il tempo lascia sugli oggetti e sui luoghi e proponendo una ricon-ciliazione tra memoria collettiva e memoria privata.

Tre le sue opere: i progetti per il Römerberg a Franco-forte e per il Muro del Pianto a Gerusalemme, la banca di Alzate Brianza, il Centro Elettrocontabile di Zola Pre-dosa, la casa in Saalgasse a Francoforte, il Teatro della Compagnia a Firenze.Nel 1991 inizia l’attività dei Natalini Architetti (studio di architettura al Salviatino, Firenze) con Fabrizio Natalini (omonimo ma non parente).Tra le loro opere: la ricostruzione della Waagstraat a Groningen, il Museo dell’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, la Dorotheenhof sulla Manetstrasse a Lipsia, la Muzenplein a l’Aja, il Centro Commerciale di Campi Bisenzio, il Polo Universitario a Novoli, Firenze, Bosco-tondo a Helmond, il Polo Universitario a Porta Tufi a Sie-na, Het Eiland a Zwolle, Haverlej a Den Bosch, il Museo dell’Opera del Duomo e il progetto per i Nuovo Uffizi a Firenze.

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Al fondo della sala è situata, allineata con il filo esterno dei tre pilastri, la scala rettilinea che conduce al piano ballatoio: questa presenta il fianco connotato da un arco zoppo, al di sotto del quale si accede alle salette otto-centesche, e è caratterizzata dal medesimo rivestimento lapideo e disegno dei pilastri; in pietra serena sono an-che le pedate ed il corrimano (quest’ultimo con un dise-gno di memoria buontalentiana) mentre le alzate sono rivestite da lastre di pietre dure (rosse, gialle e verdi). Il salone e le salette laterali sono illuminate da una luce diffusa mentre tutte le vetrine sono illuminate all’interno tramite fibre ottiche.

Nell’aprile del 1989 l’architetto pistoiese cominciò il pro-getto e i lavori furono avviati nel 1991. Nell’estate del 1995 vennero conclusi e il museo fu ufficialmente inau-gurato il 1 luglio dello stesso anno.Poche le annotazioni critiche sul progetto; Vittorio Savi (1996) sottolinea il carattere di familiarità dell’interven-to, che si presenta come una casa dove una parete sia stata tolta per mostrare l’interno e dove le “stanze” sono costituite da grandi vetrine classiche in legno.Dal centrale portale in pietra serena si accede al vestibo-lo sul cui fondo è visibile il cortile interno utilizzato anche come mostra di pezzi lapidei: ai lati del vestibolo sono situati la portineria e la scala di accesso ai piani superiori e, verso il cortile, l’ingresso al museo e la biglietteria.L’intervento è consistito nella riprogettazione e nell’alle-stimento del grande salone, nella ristrutturazione delle attigue salette ottocentesche e nella creazione della bi-glietteria e dei servizi igienici del piano terra.Il salone presenta una pianta rettangolare e un doppio volume, conseguito tramite l’inserimento di tre massicci pilastri di ordine gigante (in cemento e rivestiti in pietra serena con ricorsi orizzontali) che vengono a definire quattro spazi a pianta quadrata: queste nicchie al piano terra affacciano sul corridoio finestrato, mentre al piano superiore scompaiono per lasciare il posto ad un unico vano scandito unicamente dal segno verticale dei pila-stri. Le vetrine (in legno di ciliegio e pero) sono ricavate alle pareti delle quattro nicchie (che ospitano i pezzi se-condo un allestimento tematico e cronologico) e sul lato finestrato, più basse.

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1_planimetria generale2_scala interna3_sala superiore

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project: Museo dell’Opificio delle pietre duretypology: Spazio espositivoarchitect: Adolfo Natalinirealization: 1992-1995address: Via degli Alfani

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project: Nuovo Ingresso di Careggitypology: Centro Direzionale Multinazionalearchitect: CSPE-Ipostudio Architetti-Elio Di Francorealization: 1999-2010address: Viale Morgagni

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1_Viste dell’ingresso2_Viste dell’ingresso3_Panoramica4_Esterni 5_Interni6_Esterno7_Panoramica8_Vista notturna

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://europaconcorsi.com/projects/146017-CENTRO-DIREZIONALE-MUL-TIZONALE

http://www.archilovers.com/p30629/Centro-Direzionale-Azienda-Ospeda-liera-Universitaria-di-Careggi_Firenze#info

http://www.cspe.net/web/progetti_scheda

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CSPEIl Centro Studi Progettazione Edilizia - CSPE - è uno studio professionale, fondato da Paolo Felli, Antonio An-dreucci e Romano Del Nord, nel 1975 a Firenze per lo sviluppo di ricerche, studi, progettazione e consulenze nel settore degli interventi della sanità e del sociale. Co-ordinatori alla progettazione: Antonio Andreucci, Paolo Felli, Romano Del Nord, Giulio Felli, Corrado Lupatelli, Massimo Moglia

IPOSTUDIOIpostudio architetti associati nasce nel 1983. Fiorenti-ni d’adozione, i membri del gruppo hanno compiuto gli studi presso la facoltà di architettura del capoluogo to-scano, completando la loro formazione nell’ambito dell’I-stituto di tecnologia dell’Università e, in particolare, svol-gendo ricerche presso la cattedra di Sperimentazione di Sistemi e Componenti e di Progettazione Integrale. Dalla metà degli anni Novanta il lavoro di Ipostudio può essere indicato come uno dei più significativi di una nuo-va generazione di architetti italiani. Addetti al progetto architettonico: Lucia Celle, Roberto Di Giulio, Carlo Ter-polilli, Elisabetta Zanasi Gabrielli.

Elio Di FrancoResponsabile di progetto.

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ispirato alle gerarchie morfologiche e agli allineamen-ti prospettici che costituiscono la cifra distintiva della struttura urbana di Firenze. Il complesso, costituito da quattro volumi, accoglie gli Uffici amministrativi e sanitari dell’Azienda, l’Università, la hall d’ingresso e il parcheg-gio. La grande copertura sovrasta, in tutto o in parte, i diversi edifici rendendoli un solo organismo. Con l’alter-narsi delle grandi aperture vetrate che ne disegnano la superficie, garantisce la diffusione graduata della luce naturale. Trascende il proprio ruolo funzionale ponendo-si come una sorta di grande loggia a scala urbana, un “segnale” capace di rapportarsi e imporsi alle eteroge-nee volumetrie. Il baricentro dell’intero sistema è la gran-de hall d’ingresso a doppia altezza. La trasparenza delle superfici lascia intuire funzioni e contenuto dello spazio interno a chi si accosta ai servizi dell’Azienda Ospedalie-ra. Al livello superiore della hall è collocata la Direzione Generale, sanitaria e amministrativa, collegata con due passaggi aerei all’edificio degli uffici operativi dell’Azien-da e a quello dell’Università. Lungo l’asse longitudinale della piazza, uno specchio d’acqua arricchisce la piazza e lambisce le grandi aperture che portano la luce natura-le fino al livello inferiore: un patio parzialmente coperto, raggiungibile sia dall’interno della hall che dall’esterno, accoglie un’area pedonale, riservata ad attività commer-ciali come ristorante, bar, edicola, farmacia e un audito-rium da trecento posti. Le due piazze, superiore e infe-riore, coperte dalla grande loggia, si articolano come un vero e proprio “foro” urbano dove le aperture, le grandi vetrate, gli specchi d’acqua, le riflessioni e le alte co-lonne, scandiscono lo spazio in un gioco di rimandi tra interno ed esterno.

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project: Nuovo Ingresso di Careggitypology: Centro Direzionale Multinazionalearchitect: CSPE-Ipostudio Architetti-Elio Di Francorealization: 1999-2010address: Viale Morgagni

Il nuovo ingresso dell’Azienda Ospedaliero Universita-ria Careggi (NIC) si sviluppa su superficie totale di circa 24.000 mq e si articola in 4 edifici. Il nuovo Centro Dire-zionale assolve al ruolo di ‘interfaccia scenografica’ con la città e di ‘porta di accesso’ al polo ospedaliero, adot-tando logiche urbane e morfologiche che integrandosi concorrono a definire un organismo unico. Sullo sfondo di viale Morgagni, il Centro ospita funzioni direzionali e servizi per il cittadino, (strutture informative, universi-tarie e commerciali), per la prima volta centralizzate in unico sistema aperto ed accessibile alla città. Filtro fra ospedale e città, sottolinea il senso dell’accoglienza e dell’assistenza sempre più radicati, come caratteristiche distintive, nel modello sanitario toscano. Rappresenta il superamento dell’ospedale inteso come luogo chiuso, quasi ostile: il Nuovo Ingresso non è semplicemente una porta di accesso, è un luogo di passaggio, ma anche di incontro, un luogo rappresentativo della complessità della più grande azienda ospedaliero universitaria dell’I-talia centrale: una nuova “piazza”, una nuova loggia per Firenze. Una piazza coperta, nella grande tradizione urbana delle logge fiorentine. Simbolo di un ospedale che risorge su se stesso, sulla sua storia, nell’area dove da sempre Firenze e la Toscana hanno identificato uno dei luoghi più rappresentativi per la cura e la formazione universitaria, con la sede della facoltà di medicina e chi-rurgia dell’Università di Firenze. Il progetto architettoni-co ha modificato radicalmente l’aspetto urbano dell’area ospedaliera, trasformandola in un luogo emblematico della complessità della più grande Azienda Ospedaliero Universitaria dell’Italia centrale. Fra gli elementi simboli-ci, a testimonianza della volontà di cambiare il rapporto con la città, è l’abbattimento del vecchio muro di cinta che separava e chiudeva l’accesso all’area sanitaria dal mondo esterno. Il progetto è informato da una chiara volontà ordinatrice: un vero e proprio “pezzo di città”,

1_planimetria 2_veduta aerea3_esterni

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project: Palazzo di Giustiziatypology: Edificio per ufficiarchitect: Leonardo Riccirealization: 2000/2012address: Viale Guidoni

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1_particolare del lato sud2_vista da nord-est3_prospetto sud4_attacco a terra, lato sud5_prospetto est6_dettaglio copertura nord7_vista dall’alto del lato nord8_vista del lato nord

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Leonardo Ricci - Zodiac - 5 - 1991 - pp. 202/203 www.urbanfile.orgwww.transfinito.euwww.wikipedia.itwww.fabricaprogetti.it

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Leonardo Ricci nasce nel 1918 a Roma, secondo di quattro figli dell’ingegner Raniero Ricci e Giuditta De Giorgi. Fin da piccolo dimostra una vocazione per la pit-tura e per la scenografia teatrale. L’ adolescenza è se-gnata da trasferimenti in varie città tra cui Roma, Torino, Venezia e Firenze dove il padre è chiamato per motivi di lavoro. Termina gli studi classici presso il Liceo Mi-chelangelo di Firenze nel 1936, e nello stesso anno si iscrive alla Facoltà di Architettura dove, sotto la guida di Michelucci che lo seguirà fino alla laurea nel 1942. Si distingue come uno degli allievi più dotati del maestro che lo avvia alla professione come assistente nel proprio studio dove lavora fino al 1946. Negli anni ’50 si dedica alla stesura di Anonymus(20° Century),sorta di testimo-nianza che avrà una notevole risonanza, specialmente negli Stati Uniti. Nell’ immediato dopoguerra esordisce nella professione insieme a Giorgio Gori e Leonardo Sa-violi, conosciuti durante gli studi universitari. Nel 1948, a soli trent’anni, Ricci vince, con altri tra cui Leonardo Savioli (1917-81), il concorso per il Mercato dei fiori di Pescia (1948-51), che gli vale una meritata fama inter-nazionale. Comincia a progettare nel 1962 il piano del villaggio “Monte degli Ulivi” a Riesi, Caltanisetta. Si dedi-ca in seguito all’ideazione di megastrutture, un percorso di sperimentazione inteso complessivamente come un “work in progress” che si concretizzerà definitivamente nel quartiere di Sorgane a Firenze, in collaborazione con altri architetti tra cui Canali, Milanese, Cencetti e altri, esperienza che si concluderà soltanto nel 1982. Dopo aver dato le dimissioni dall’Università di Firenze ha un periodo di stasi che però si interrompe con la costru-zione del Palazzo di Giustizia di Savona nella seconda metà degli anni Ottanta. Muore a Venezia il 29 settembre 1994.

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Questa indicazione localizzativa serve a capire che l’as-se sud-est/nord-ovest costituisce il primo degli “assi di-rettori” della composizione architettonica, un simbolico (ma estremamente chiaro) tratto di collegamento tra la città storica ed il territorio di maggiore espansione ur-bana. Tale asse costituisce il riferimento principale per l’aggregazione di corpi di fabbrica differenti, ordinati in due serie parallele e disposti in modo tale da lasciare all’interno un vuoto di rilevanti dimensioni, una sorta di piazza urbana protetta e coperta, la “Basilica”.Il progettista definisce in planimetria i diversi edifici che compongono il complesso edilizio utilizzando differenti geometrie: la geometria basata sull’angolo retto, quella basata su direttrici inclinate rispetto all’asse SE-NO e orientate secondo angoli di differente valore, la geo-metria delle figure curve, archi di cerchio, ellissi. Le for-me planimetriche risultanti da tale impostazione geome-trica, sono quindi il quadrato, il rettangolo, il trapezio, il triangolo, il cerchio, l’ellisse, e tali forme risultano variamente relazionate, utilizzando procedimenti di ac-costamento, intersezione, parzializzazione.A questa complessa definizione della planimetria corri-sponde una altrettanto articolata e qualificata individua-zione delle sezioni tipiche, trasversali e longitudinali. I corpi edilizi a base rettangolare del fronte NE presenta-no una sezione verticale triangolare, esaltata dalla presenza di strutture lasciate a vista (dette “cavalletti”) e ripetute ritmicamente a passo costante sul fronte ester-no. I corpi triangolari presentano rastremazioni/svasatu-re, rispetto alla pianta tipica di piano, nelle zone basa-mentali e/o di copertura. I corpi a pianta ellittica, svuotati da corti interne la cui forma ripete, ma in modo eccentrico, la configurazione esterna dell’edificio, pre-sentano coperture variamente inclinate rispetto all’oriz-zontale.

Il progetto del nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze, na-sce dall’esigenza di riunificazione delle varie sedi degli uffici giudiziari sul territorio fiorentino. L’area ove è stato collocato è il risultato della riconversione di un sito indu-striale in disuso di proprietà della Fiat, con una estensio-ne di 32 ettari.Il palazzo, progettato negli anni settanta del XX seco-lo, in linea con l’architettura del periodo, ed iniziato a costruire nel 2000, nei progetti originari avrebbe dovuto essere totalmente funzionante nella primavera del 2006, nell’autunno del 2008, anche se gran parte delle struttu-re era stata completata, il cantiere era ancora aperto e il trasferimento degli uffici era in via di programmazione. Con l’inizio di gennaio 2012 il Nuovo Palagiustizia è di-venuto operativo.Si tratta di un colossale complesso realizzato nell’area ex-Fiat, destinato a riunire tutti gli uffici giudiziari spar-si nella città, liberando molti edifici del centro storico (ben nove sedi) che potranno avere altre destinazioni. Progettato dall’architetto Leonardo Ricci (nel frattempo scomparso), è lungo 240 metri e largo 146, con una torre di 72 metri, una delle più alte della città.Il Palazzo di Giustizia è costituito da un insieme di corpi edilizi di diversa forma e dimensione, aggregati lungo una direttrice prevalente orientata sud-est/nord-o-vest. L’orientamento SE corrisponde ad un asse visuale proiettato verso il centro storico della città di Firenze; l’orientamento NO traguarda, a distanza relativamente ravvicinata, l’aero-porto di Peretola e, più generalmente, la “piana” della conurbazione Sesto Fiorentino-Prato. A NE il profilo del monte Morello e dei monti della Calvana; a SO la pianura fino all’Arno e oltre questo, l’insediamento di Scandicci.

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1_planimetria2_sezione longitudinale3_sezione trasversale

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project: Palazzo di Giustiziatypology: Edificio per ufficiarchitect: Leonardo Riccirealization: 2000/2012address: Viale Guidoni

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Bologna, dove resta fino alla conclusione dell’attività di docente e dove trova un ambiente più favorevole allo sviluppo dei suoi temi.Lasciato l’insegnamento universitario si dedica a una rigorosa ricerca con cui prepara una sua nuova rivolu-zione nel linguaggio dell’architettura: la concezione del-lo spazio che dovunque percorribile, la città variabile, il rifiuto di formule e schemi tecnicistici o tecnocratici, un nuovo rapporto antico-moderno che si esprime anche nell’uso congiunto della pietra e del mattone con il ce-mento armato, l’acciaio e i nuovi materiali utilizzabili in architettura.Con la Chiesa dell’autostrada e con la Chiesa di Borgo Maggiore, nella Repubblica di S. Marino, Michelucci por-ta a compimento le premesse precedenti e realizza la sua rivoluzione progettuale, sulla base di una ricerca di unicità tra struttura e architettura, di sviluppo dello spa-zio come architettura di percorso.Nel 1982 Giovanni Michelucci costituisce con la Regione Toscana ed i comuni di Fiesole e Pistoia la “Fondazione Michelucci” di cui sarà Direttore sino alla sua scompar-sa Guido De Masi, amico e collaboratore dell’architetto. Da una precedente donazione di disegni al Comune di Pistoia nasce invece il “Centro di documentazione Gio-vanni Michelucci” di Pistoia.Entusiasta e infaticabile promotore di iniziative e attività culturali anche nei suoi ultimi anni, partecipa con grande passione ai temi fondamentali del dibattito sulla città con posizioni anticonformiste e sempre innovatrici.Il 31 dicembre 1990, due giorni prima del festeggiamen-to del suo centesimo compleanno, muore nella sua casa di Fiesole vicino ai suoi collaboratori più stretti.Lascia erede universale la Fondazione.

01_biografia

architect: GIOVANNI MICHELUCCI (Pistoia, 2 gennaio 1891 – Firenze, 31 dicembre 1990)

Michelucci proviene da una famiglia proprietaria di una qualificata officina per la lavorazione artigianale e arti-stica del ferro e gli anni della formazione giovanile sono immersi nel mondo artigiano; dopo il diploma all’Istitu-to Superiore di architettura dell’Accademia di Belle arti, Michelucci ottiene nel 1914 la licenza di professore di disegno architettonico. Insegnerà poi presso l’istituto su-periore di architettura di Firenze e sarà eletto Preside della Facoltà di Architettura nel 1944.Durante la grande guerra Michelucci realizza la sua pri-ma opera di architettura, una cappella sul fronte orien-tale a Casale Ladra, vicino a Caporetto. Dopo la guerra lascia le “Officine Michelucci”. All’ambiente artistico pi-stoiese, in cui svolge un ruolo importante di riferimento intellettuale, appartiene anche Eloisa Pacini, raffinata pittrice, che sposa nel 1928. Il trasferimento romano è vissuto come un’occasione straordinaria di studio della architettura della città sacra e di realizzazione di nuove esperienze di lavoro.La sua capacità di centrare il rapporto con le esigenze del contemporaneo emerge nel 1933 quando, coordina-tore del gruppo toscano composto da Baroni, Berardi, Gamberini, Guarnieri e Lusanna, vince il primo premio nel concorso per la Stazione di S. Maria Novella a Fi-renze con un’opera che conquista un riconosciuto va-lore internazionale non solo per le qualità funzionali ma anche per la qualità di inserimento nel contesto storico e urbano. Nel 1935 realizza, di fianco alla stazione, la Palazzina Reale in cui riafferma il valore dell’attenzio-ne alla storia dell’architettura ed il desiderio di sfuggire all’eccitazione retorica con cui il razionalismo pensava di rappresentare un’epoca.Nel dicembre ‘45-gennaio ‘46 crea la rivista “La Nuova Città”.Nel 1948 Michelucci lascia la Facoltà di Architettura di Firenze, e diviene docente alla facoltà di ingegneria di

1_Giovanni Michelucci2_rivista “La nuova città”3_chiesa sull’Autostrada4_elementi di città

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02_biografia

architect: ITALO GAMBERINI(Firenze 21 settembre 1907 - Firenze 14 novembre 1990)

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1_Italo Gamberini2_edificio ex-BICA3_centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci4_tesi di laurea sulla stazione di Firenze Santa Maria Novella

Con la sua tesi di laurea concepì la base del progetto del nuovo fabbricato viaggiatori della Stazione di Firenze Santa Maria Novella, realizzato tra il 1932 e il 1935 dal Gruppo Toscano, formato da Nello Baroni, Pier Niccolò Berardi, Sarre Guarnieri, Leonardo Lusanna, Giovanni Michelucci.In linea con le tendenze più all’avanguardia della sua cit-tà continuò a lavorare con i suoi colleghi, soprattutto par-tecipando agli altri importanti concorsi nazionali banditi in quegli anni, come quelli per la stazione di S. Lucia a Venezia (1935) con Baroni, Berardi e Lusanna, e per al-cuni edifici dell’EUR a Roma: per la piazza imperiale con Berardi e per i palazzi dell’Acqua e della Luce nel 1938, e, nel 1941, per il palazzo dell’Artigianato con Fagnoni.Ma fu nel dopoguerra che Gamberini diede inizio a quel-la intensa e seria attività professionale, svolta per larga parte in Toscana e in particolare a Firenze, che ne ha fat-to uno dei maggiori protagonisti dell’architettura toscana del Novecento. Partecipò al concorso per il nuovo ponte della Vittoria con Baroni, Bartoli, Focacci, Maggiora e al concorso per la ricostruzione delle zone distrutte dalla guerra intorno a ponte Vecchio.Ottenne il primo premio ex aequo con un interessante progetto che, seppur non realizzato, anticipa alcuni dei temi della ricerca che Gamberini avrà modo di svilup-pare successivamente, nonostante l’isolamento in cui l’ambiente fiorentino venne a trovarsi rispetto al dibattito a livello nazionale.Fu sempre attento agli aspetti tecnici del progetto e all’u-so dei materiali, sia tradizionali, come nell’abbinamento pietra-intonaco nell’edificio per appartamenti Ininimi (Fi-renze, 1946), o nuovi e sperimentali come nella chie-sa di S. Ranieri a Pisa (1960), in cui pareti interne ed esterne in pietra di Trani grezza e mensole in cemento a vista sostengono una copertura in ferro rivestita di legno.

Iniziò anche a lavorare sul tema della facciata facendo emergere, con evidenza, la scansione in tracciati regola-ri disegnata ora dalla tessitura strutturale, che acquista valore compositivo come nel nuovo padiglione della Mo-stra nazionale dell’artigianato a struttura metallica, ora dalle sporgenze delle finestre come nell’edificio per uffici e negozi per la Fondiaria (1962).Studiò soluzioni sempre originali e di alta qualità realiz-zate attraverso elementi e componenti industriali; em-blematici i mobili brise-soleil a grigliati di vetrocemento e i raffinati dettagli costruttivi disegnati per l’edificio per uffici, negozi e garage di via Nazionale a Firenze, primo edificio in Toscana in curtain-wall.

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Leonardo Savioli nasce a Firenze il 30 marzo 1917. Cresce in una casa del centro storico, stimolato fin da bambino alla creatività. Dopo essersi diplomato al liceo classico Dante, si iscrive alla Facoltà di Architettura di Firenze, laureandosi nel 1941. All’università stringe ami-cizia con Leonardo Ricci, futuro collega, e frequenta le lezioni di Giovanni Michelucci. Nel 1940 inizia ad inse-gnare e a svolgere attività di ricerca nel ruolo di assisten-te presso l’Istituto di Urbanistica. Fin dagli anni del liceo disegna e dipinge con grande passione, e continuerà poi a farlo per tutta la vita, parallelamente all’esercizio della professione di architetto. Tra il 1943 e il 1945, nel clima di fermento per la fine della guerra, elabora un ciclo di disegni detto “La città ideale”, in cui Firenze diventa una utopica città, ideale perché veramente “a misura d’uo-mo”, nella quale il fiume è l’asse intorno a cui si svilup-pano le attività e si aprono i luoghi di incontro e scambio. Finita la guerra, partecipa ai concorsi per la ricostruzione dei ponti di Firenze. Dal 1944 inizia a collaborare profes-sionalmente con Leonardo Ricci e Giuseppe Gori, insie-me ai quali progetta il mercato di Pescia, che riceve il primo premio della Biennale di San Paolo del Brasile, nel 1953. Dal 1948 collabora invece con Danilo Santi. Nel 1950 si sposa con Flora Wiechmann e progetta la loro casa davanti alla Certosa del Galluzzo, a Firenze. Tra il 1968 e il 1970 progetterà lo studio, accanto alla casa. Negli anni Sessanta progetta e realizza villa Sandroni; villa Taddei; l’edificio di via Piagentina a Firenze. Tra il 1962 e il 1971 si dedica alla progettazione e realizza-zione di vari allestimenti espositivi, fra cui quello per la mostra su Le Corbusier, e quello per la mostra “Firenze ai tempi di Dante”. Dal 1964 insegna “Architettura degli Interni e Arredamento”. Tra 1965 e 1970 progetta villa Bayon, il ponte da Verrazzano a Firenze e il cimitero di Montecatini. Si spegne a Firenze l’11 maggio del 1982.

03_biografia

architect: LEONARDO SAVIOLI(Firenze, 30 marzo 1917 – Firenze, 11 maggio 1982)

“E pour cause c’è da parlare di cultura artisticae non solo di cultura architettonica:perché Savioli, come pochi altri architetti,si formò e professò l’artisticità del linguaggioe del progetto, ancor prima dellaprofessionalità, che pur fu altissima”.(Francesco Guerrieri, in Leonardo Savioli: Il segnogeneratore di forma-spazio - Savioli, maestro emoltiplicatore di cultura, Firenze, Archivio di stato)

L’opera architettonica di Savioli ha la sua genesi da un’inquieta ricerca diagrammatica, da una costante sperimentazione grafica e pittorica: “macchie e grumi più compatti” concorrono ad un instancabile rinnova-mento formale.Il disegno, elemento unificante tra architettura, grafica e pittura, restituisce con chiarezza la complessa figuradell’Artista: la sua ricerca grafica è fondativa dell’opera architettonica, anche se letta per frammenti dentro iltessuto fiorentino.

“Savioli è un architetto introverso [...], capace di passare una settima-na intera per disegnare il dettaglio al vero di una cerniera”. (”Architettura in Toscana dal 1931 al 1968”, G.K. Koe-ning).

Differenzia attraverso le forme una ristretta varietà di spazi. Gli appartamenti di Savioli non si differenziano molto dai normali schemi adottati dall’INA-casa ma tra-spare una grande cura volta ad ottenere una composi-zione in cui gli elementi verticali siano rigorosamente contrappuntati a quelli orizzontali.

1_Leonardo Savioli2_pianta per l’allestimento della mostra “Firenze ai tempi di Dante“3_stralcio di tavola della Città Ideale4_mercato dei fiori di Pescia (1970-1981)

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torri.La collaborazione con il grande ingegnere romano Ric-cardo Morandi porta alla realizzazione della Chiesa di Santa Maria del Redentore.Pierluigi Spadolini rappresenta l’eredità del Gruppo To-scano, guidato da Giovanni Michelucci e composto da Pier Niccolò Berardi, Nello Baroni, Italo Gamberini, Sar-re Guarnieri e Leonardo Lusanna, che negli anni trenta realizzò il progetto della stazione ferroviaria di Firenze Santa Maria Novella. A Pierluigi Spadolini possiamo ag-giungere altri architetti che nelle scuole d’architettura italiane vengono poco spesso citati e che rappresenta-no una vera e propria stagione culturale a Firenze: Leo-nardo Ricci, Edoardo Detti, Raffaello Fagnoni, Giuseppe Giorgio Gori, Giovan Battista Bassi, Marco Dezzi Barde-schi, Giovanni Klaus Koenig, Massimo Carmassi.

04_biografia

architect: PIERLUIGI SPADOLINI(Firenze, 15 aprile 1922 – Firenze, 8 giugno 2000)

Pierluigi Spadolini fratello di Giovanni Spadolini, pre-sidente del Senato ha diretto l’Istituto di Progettazione per l’industria e di tecnologie speciali della Facoltà di Architettura di Firenze: è stato infatti uno dei primi archi-tetti italiani a introdurre la prefabbricazione nel progetto d’architettura, ad esempio nella gestione dell’emergen-za, realizzando il Sistema Abitativo di Pronto Intervento (SAPI), in vetroresina. L’uso della prefabbricazione é evidente nella facciata della Sede della Nazione (1961 – 1965), lo storico quotidiano fiorentino. Il ritmo della fac-ciata è scandito da pannelli in cui le finestre assomiglia-no a feritoie medievali.Nel 1973 è la volta del Palazzo degli Affari, sempre a Firenze. Anche qui la facciata è disegnata dagli elementi prefabbricati: il primo piano essendo destinato alle espo-sizioni presenta una maglia più fitta, i piani superiori es-sendo destinati ad uffici hanno le aperture più ampie.Interventi sull’esistente sono quelli per la Cassa di Ri-sparmio di Pisa e per il Monte dei Paschi di Siena.A Pisa l’architetto utilizza addirittura il legno nelle sue più grandi possibilità espressive, facendolo piegare col vapore. A Siena il lavoro è legato allo studio e al rispetto delle an-tiche volumetrie dei palazzi Salimbeni, Tantucci, Ranieri Salimbeni e Spannocchi. Come giusto che sia, i nuovi interventi avvengono senza alcuna mimetizzazione, ma sono denunciati. La parte più suggestiva e di grande qualità architettonica è data dalla torre del Castellare dei Salimbeni, che è diventato il punto di snodo di tutto il grande complesso del Monte dei Paschi.Ha partecipato alla realizzazione del Centro Direziona-le di Napoli, il cui masterplan generale è stato firmato dall’architetto Kenzo Tange. Suo è il progetto del piano pedonale e dell’arredo urbano dell’Asse Verde, una lun-ga strada larga 70 metri e lunga 800, priva del traffico automobilistico, che diviene il parco dell’intero Centro. Dall’Asse si accede alle piastre e successivamente alle

1_Pierluigi Spadolini2_Monte dei Paschi di Siena3_sede della Nazione4_Palazzo degli Affari

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05_biografia

architect: ADOLFO NATALINI(Pistoia, 1941)

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1_Adolfo Natalini2_ingresso sala Teatro della Compagnia3_vista generale Teatro della Compagnia4_dettaglio della scala del Museo dell’Opificio

Nel 1994 inizia la collaborazione con Architeetenbuto C.Schrauwen (Amsterdam).Corinne Schrauwen nata a Den Herlder nel 1964 , lau reata in architettura al T.U. Delft nel 1989 , ha lavorato con Natalini Architetti a Firenze dal 1992.Con lo studio di Amsterdam segue tutti i lavori olande-si dei Natalini Archietti.Tra le loro opere:la ricostruzio-ne della Waagstraat di Groningen , il Museo dell’Opifi-cio delle Pietre Dure a Firenze , la Forotheenhof sulla Manetstrasse a Lipsia , la Muzenplein a l’Aja, il Centro commerciale a Campi di Bisenzio , il Polo Universitario a Novoli,Firenze, Boscotondo a Helmond , il Polo Uni versitario di Porta Tufi a Siena , Het Eiland a Zwolle, Haverlej a Den Bosch , il Museo dell’Opera del Duomo e il progetto per i Nuovo Uffizi a Firenze.

Tra le pubblicazioni: “Appunti costruttivi – la palestra di Gorle” (Il Ferrone 1992), “Il Museo dell’Opificio a Firen-ze” (Sillabe 1995), V. Savi “ Natalini Architetti – Nuove architetture raccontate” (Electa 1996), “De Waagstraat” (Groningen 1996), “Temporanea Occupazione” (Alinea 2000), “Un edificio senese” (Gli Ori 2002), Adolfo “Na-talini Architettore” (Fondazione Ragghianti Lucca 2002), “Adolfo Natalini Disegni 1976-2001” (Federico Motta Editore 2002), “Adolfo Natalini Album Olandese” (AION edizioni 2003) “Natalini Architetti” (Costruire in Lateri-zio,97,2004), “Adolfo Natalini Quaderni Olandesi” (Aion Edizioni, 2005).

Adolfo Natalini è nato a Pistoia nel 1941. Dopo un’espe-rienza pittorica , che si rifletterà nel suo costante uso del disegno, si laurea in architettura a Firenze nel 1966 e fonda il Superstudio 8 con Cristiano Toraldo di Francia , Gian Piero Frassinelli , Roberto e Alessandro Magris e con Sandro Poli dal 1970 al 1972 ) iniziatore della co-siddetta “architettura radicale” , una delle avanguardie più significative degli anni ‘60 e ‘70 . I progetti del Su-perstudio sono apparsi in pubblicazioni e mostre in tutto il mondo e sue opere fanno ora parte delle collezioni di musei come il Museum of Modern Art New York , Istra-el Museum Jerusalem , Deutsches Architekturtmuseum Frankfurt am Main , Centre Pompidou Paris .Dal 1979 Natalini ha iniziato una attività autonoma e si è concentrato sul progetto per i centri storici in Italia e in Europa , ricercando le tracce che il tempo lascia sui oggetti e sui luoghi e proponendo una riconciliazione tra memoria collettiva e memoria privata.Trale sue opere : i progetti per il Romerberg a Francofor-te e per il Muro del Pianto a Gerusalemme, la banca di Alzate Brianza, il Centro Elettrocontabile di Zola Pedro-sa , la casa di Saalgasse a Francoforte , il Teatro della Compagnia di Firenze .Professore ordinario presso la facoltà di architettura di Firenze , membro onorario del BDA (Bund Deutscher Architekten) , dell’accademia delle Arti del Disegno di Firenze e dell’Accademia di San Luca.Nel 1991 inizia l’attività dei Natalini Architetti con Fabrizio Natalini al Sal-viatino.Frabrizio Natalini , nato a Firenze nel 1953 , laureato in architettura nel 1980 , ha lavorato col Superstudio dal 1971 e con Adolfo Natalini (omonimo ma non parente) dal 1980.