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ITINERARI SOCIALI

ITINERARI SOCIALI 9 - Aracne editrice · vo di qualificarne costantemente il profilo lavorativo. Mai ... no elementi nodali di un approccio che guardi non ... fair trade groups

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Direttore

Giuseppe AUniversità degli Studi di Salerno

Comitato scientifico

Ornella D RUniversità degli Studi di Salerno

Donato VUniversità degli Studi di Salerno

ITINERARI SOCIALI

La collana “Itinerari sociali” raccoglie studi dedicati in manieraprevalente agli operatori dei servizi sociali e si prefigge l’obietti-vo di qualificarne costantemente il profilo lavorativo. Mai comenella realtà attuale, infatti, dette figure professionali esercitanoil proprio ruolo incidendo significativamente sui nodi di tenutadi reticoli sociali sempre più complessi e costantemente espo-sti a criticità che mettono a dura prova equilibri di personee istituzioni. La complessità del lavoro degli operatori socialiesige costante aggiornamento teorico e pratico, cui gli studi diquesta collana tentano di dare una risposta. Nuove esigenze enuove richieste che provengono da contesti sociali articolati edifficoltosi richiedono più solide competenze, corroborate daconoscenze aggiornate e capaci di segnare il passo con una real-tà in costante e repentino mutamento. Su questo fondamento ilcomitato scientifico della collana si propone di selezionare pro-poste editoriali (di natura manualistica o monografica) capacidi coniugare solide elaborazioni teoriche a sperimentazioni dibuone prassi, “esportabili” nei differenti contesti sociali in cuigli operatori sono chiamati a svolgere il loro compito.

Valerio Contini

Cronaca di una tribù(e di quattro suoi clan)

Concezioni della sostenibilità e orientamenti temporaliin contesti educativi informali.

L’esperienza dei Gruppi di Acquisto Solidale

con un saggio introduttivo diMario Salomone

Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: novembre

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INDICE Relazioni sociali e relazioni educative: la costruzione dal basso di società “verdi” di Mario Salomone …………...................................................... 1. La funzione dei GAS per la sostenibilità ……………... 2. Una palestra di democrazia …………………………… 3. Gli assi relazionali …………………………………..... 4. Educazione degli adulti e cambiamento sociale ……… 5. Riferimenti bibliografici ………………………………

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Premessa …………………………………………………….. 29

Parte prima

Motivazione e contestualizzazione della ricerca

Capitolo 1. Lo stato della questione ……………………………………….. 1.1. Sostenibilità e educazione ………………………….. 1.2. L’orientamento temporale ………………………...... 1.3. Educazione permanente, pedagogia sociale e nuovo

ruolo strategico dell’educazione informale …...……. Capitolo 2. Il potenziale educativo gasista e la funzione dei GAS per la costruzione di comunità capaci di futuro ……………………

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Capitolo 3. La ricerca come pratica euristica e dispositivo di formazione Capitolo 4. Perché una ricerca sui Gruppi di Acquisto Solidale ………… 4.1. Le ragioni della scelta dei quattro GAS coinvolti nella ricerca ………………………………………….

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Parte seconda

La struttura della ricerca e i metodi applicati

Capitolo 1. Struttura, obiettivi, modalità di realizzazione ……………… Capitolo 2. Il processo, gli strumenti, i criteri ………………………......... 2.1. Il processo …………………………………………... 2.2. I criteri …………………………………………….... 2.3. Gli strumenti ………………………………………... 2.3.1. L’Inventario della Prospettiva Temporale di Zimbardo e Boyd (ZTPI) …………………….. 2.3.2. Il questionario aperto sulle concezioni della sostenibilità …………………………………... Capitolo 3. L’osservazione delle attività dei GAS e l’analisi dei docu-menti: criteri, modalità, strumenti …………………………… 3.1. L’osservazione delle attività dei GAS ……………....

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3.1.1. Che cosa abbiamo osservato …………………. 3.1.2. La registrazione dell’osservazione …………... 3.1.3. L’analisi del materiale empirico raccolto ……. 3.2. La raccolta e l’analisi dei documenti prodotti dai GAS Capitolo 4. Le interviste individuali semistrutturate: criteri, modalità, strumenti …………………………………… 4.1. La realizzazione …………………………………….. 4.2. Il setting .……………………………………………. 4.3. La conduzione ……………………………………..... 4.4. L’analisi ……………………………………………..

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Parte terza

I risultati della ricerca sul campo. Concezioni della sostenibilità,

futures envisioning e dinamiche educative nei Gruppi di Acquisto Solidale

Capitolo 1 In viaggio verso i territori tribali gasisti. L’Inventario della Prospettiva Temporale di Zimbardo e Boyd (ZTPI) ……………………………………... 1.1. Caratteristiche del campione e modalità di applicazione dello strumento ………………………. 1.2. Procedimento per l’elaborazione dei dati …………... 1.3. Presentazione dei risultati ………………………… 1.3.1. Passato negativo – Passato positivo ………….. 1.3.2. Futuro ………………………………………… 1.3.3. Presente edonistico ……………………………

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1.3.4. Presente fatalistico …………………………… 166 Capitolo 2 In viaggio verso i territori tribali gasisti. Il questionario sulle concezioni della sostenibilità …………... 2.1. Caratteristiche dello strumento, struttura del campione e modalità di applicazione ……………….. 2.2. Procedimento per l’elaborazione dei dati e presentazione riassuntiva dei risultati ……………….

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178 Capitolo 3 Immergersi nei territori tribali gasisti: leggere osservare, intervistare. Concezioni della sostenibilità, orientamento al futuro e dinamiche educative nei Gruppi di Acquisto Solidale ……..... 3.1. I quattro clan e i loro modelli di organizzazione sociale ………………………………………………. 3.1.1. I quattro GAS coinvolti nella ricerca: storia, identità, struttura, forme organizzative ………. 3.1.1.1. Il GASPavia ………………………… 3.1.1.2. I GAStronauti ……………………….. 3.1.1.3. Il GASTortona ……………………… 3.1.1.4. Il GASVoghera ……………………... 3.1.2. Il contesto fisico ……………………………... 3.1.3. Le interazioni sociali ………………………… 3.2. Le dinamiche educative nei GAS ………………… 3.2.1. L’azione educativa del GAS in quanto gruppo sui gasisti ……………………………………. 3.2.2. La relazione educativa tra gasisti e produttori 3.2.2.1. L’azione educativa dei gasisti verso i produttori ………………………….. 3.2.2.2. L’azione educativa dei produttori verso i gasisti ………………………... 3.2.3. L’azione educativa rivolta al territorio ………. 3.2.3.1. Il modello di GASTortona …………

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3.2.3.2. Il modello di GASPavia …………….. 3.2.4. La formazione dei nuovi gasisti ……………... 3.3. I GAS e le concezioni della sostenibilità …………… 3.3.1. La nozione di sostenibilità di GASVoghera ... 3.3.2. La nozione di sostenibilità di GASPavia …… 3.3.3. La nozione di sostenibilità di GASTortona … 3.3.4. La nozione di sostenibilità dei GAStronauti ... 3.4. I GAS e l’orientamento al futuro …………………… 3.5. I GAS: uno spazio per l’educazione alla sostenibilità delle relazioni umane ………………………………... 3.6. I GAS come palestre di educazione alla cittadinanza democratica attiva …………………………………...

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Capitolo 4 Buoni propositi per il futuro. Favorire il buon uso delle parole, fare rete, governare dolcemente l’azione educativa informale …………………….. 4.1. Il rischio della sostenibilità come semplice collante retorico-discorsivo ………………………………….. 4.2. Cura per il futuro e primato della contingenza. Una coesistenza possibile? …………………………. 4.3. Potenzialità e limiti del nuovo vicinato elettivo gasista ………………………………………………. 4.4. La cittadinanza sostenibile gasista come semplice pratica quotidiana …………………………………… 4.5. Buoni propositi per il futuro: tre possibili piste per proseguire la ricerca …………………………….. 4.5.1. Fare il punto sullo stato della ricerca ………… 4.5.2. Favorire il buon uso delle parole e lo sviluppo di competenze metacognitive ………………... 4.5.3. Governare l’azione educativa informale dei GAS ……………………………………… 4.6. Epilogo ………………………....................................

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Appendici Appendice 1 Nota metodologica ………………………... 1. Metodo quantitativo e metodo qualitativo …………………… 1.1. Il metodo quantitativo …………... 1.2. Il metodo qualitativo ……………. 1.3. Metodo quantitativo e qualitativo possono coesistere? …. 2. Il metodo adottato in questa ricerca ……………………………….. 2.1. Il metodo etnografico …………... Appendice 2 Caratteristiche del campione e sue articolazioni interne (singoli GAS e suddivisioni per genere, età, livello di istruzione e professione) ……………….. Appendice 3 Il questionario ZTPI (Zimbardo Time Paradox Inventory) …………...................... Appendice 4 Elaborazione grafica delle medie calcolate per le cinque prospettive temporali dello ZTPI ……………………………………… Appendice 5 Il questionario aperto sulle concezioni della sostenibilità ………………………….

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Riferimenti bibliografici ………………………………….. 429

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Introduzione

Relazioni sociali e relazioni educative: la costruzione dal basso di società “verdi”

di Mario Salomone

1. La funzione dei GAS per la sostenibilità

La ricerca di Valerio Contini apporta un contributo fondamentale alla conoscenza, ancora troppo limitata, del fenomeno dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e in particolare ne illumina l’aspetto finora meno indagato: quello delle potenzialità educative dei gruppi gasisti.

Questa potenzialità, che come si vedrà è ancora in larga parte ine-spressa, si manifesta lungo i due assi relazionali dei GAS:

• la relazione “orizzontale” intra-GAS e • quella “verticale” della filiera fornitori-gruppi di acquisto e

GAS-territorio all’interno del quale un GAS nasce e opera, in una dimensione logicamente e forzatamente contraddistinta dal-la prossimità.

Il secondo tema di grande importanza messo in luce dalla ricerca di Contini è il contributo che esperienze “dal basso” come quelle dei GAS possono dare alla sostenibilità socio-ambientale.

Per fare ciò, l’autore osserva, partecipa, intervista, somministra questionari, analizza documenti, si avvale, insomma, di un ampio arco di strumenti di indagine sociologica ed etnografica, utilizzando ad e-sempio quale chiave di lettura l’orientamento temporale, cioè interro-

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gandosi sul rapporto tra le realtà gasiste e quella capacità tutta umana di percepire il tempo.

La dimensione temporale diventa fondamentale nelle questioni at-tinenti il nostro futuro e la sua sostenibilità: la visione di lungo perio-do, l’uso di scenari non per predizioni catastrofiste ma per cambiare strada finché si è in tempo e per prevenire i possibili danni del nostro modello di produzione e consumo, l’attenzione (che ha anche una for-te valenza etica) per quanto potrà accadere alle generazioni future so-no elementi nodali di un approccio che guardi non ad interessi imme-diati o di pochi, ma al bene comune dell’umanità e del pianeta.

Questa visione di lungo periodo, per una serie di ragioni su cui qui non ci soffermeremo, non è prevalente né nelle scelte dei decisori po-litici ed economici, né nelle preoccupazioni quotidiane della maggior parte delle persone, ma è presente nella ricerca della comunità scienti-fica internazionale impegnata a sviluppare una “scienza della sosteni-bilità” ed è un tema ineludibile dell’agenda internazionale, almeno dal rapporto di un gruppo di giovani ricercatori del Massachusetts Institu-te of Technology presentato nel 1972 al Club di Roma (Meadows et al.) e negli scritti del fondatore dell’innovatore think tank, Aurelio Peccei (es. 1974, 1981, 1984).

Di qui l’interesse di Contini per la prospettiva temporale (Zimbar-do e Boyd 1999, 2009) e la ragione principale dell’utilizzo dello ZTPI (Zimbardo Time Perspective Inventory) quale strumento di ricerca. Lo ZTPI è utilizzato da alcuni psicologi per delineare la personalità dell’individuo (pessimista o ottimista, riflessiva, ansiosa o impulsiva) in base all’atteggiamento verso il tempo (volendo, si può anche testare online la propria prospettiva temporale – Zimbardo e Boyd s.d.). In-crociata con l’insieme dei dati reperibili sull’esperienza GAS, l’analisi della prospettiva può aiutare a comprendere meglio il grado di consa-pevolezza delle esperienze di acquisto collettivo e la rappresentazione da parte dei gasisti delle interconnessioni tra esperienza gasista e le sfide socio-ambientali del mondo contemporaneo.

Dal quadro complessivo dei fenomeni assimilabili ai GAS emerge una realtà diffusa in molti paesi, che incrocia i percorsi del commercio “equo” e dell’acquisto collettivo: Groupes d’achats solidaires, Grou-pes d’achats solidaires de l’agricolture paysanne, o di “alimentation”, “commun”, “collectif”, “communautaire” nei paesi francofoni, ethical

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purchasing groups, buy local, consumer groups o cooperative, local e fair trade groups nel mondo anglosassone, che spesso si impegnano per una agricoltura community-supported o community-shared). In Ita-lia, dove l’esperienza nasce nel 1994, nel 2012 risultavano aderenti al-la rete nazionale 889 gruppi e 14 reti locali (Rete nazionale G.A.S. 2012), con un forte incremento rispetto a precedenti rilevazioni (es. Carlini 2011).

Anche se il cibo è un fattore centrale per la sostenibilità e un ecce-zionale fattore di aggregazione sociale e di riconnessione tra gli abi-tanti delle città e la base fisica della vita nelle campagne (Salomone 2010a), ed è quindi comprensibilmente la componente principale dell’attività “commerciale” e relazionale dei GAS, la gamma di beni e anche di servizi che entrano nel circuito dei GAS diventa sempre più ampia.

I GAS sono un fenomeno che rinnova in forma originale le coope-rative di consumo che accompagnano gli sviluppi del movimento ope-raio, dal quel 23 ottobre 1844 in cui nacque, in Inghilterra, la Rochda-le Society of Equitable Pioneers (i “Probi Pionieri di Rochdale”), con la missione di difendere il valore reale del salario e migliorare le con-dizioni familiari e sociali dei soci (Fairbairn s.d.), e che in Italia vide nel 1853 l’apertura a Torino di uno spaccio alimentare per la vendita dei generi di prima necessità (l’antenato della COOP) da parte dell’Associazione generale degli operai.

A differenza delle cooperative di consumo che hanno come scopo la difesa del potere d’acquisto dei salariati, il movimento dei gruppi di acquisto, così come i gruppi citati presenti in altri paesi occidentali, si caratterizza notoriamente per l’impegno volontario e per il coniugare la ricerca di un risparmio con quella della qualità e con il rapporto di-retto con i produttori. La motivazione economica è sostenuta da un’intenzione sociale e ambientale: acquistare prodotti di cui si cono-sce la filiera (tracciabilità), di migliore qualità (ad esempio biologici), riconoscendo ai produttori un provento più equo (di qui il “solidale”).

Gli acquisti collettivi e diretti raggiungono un risultato sia ecologi-co sia politico: da un lato diminuire i chilometri percorsi dalle merci, quindi inquinando meno e beneficiando allo stesso tempo di una mi-gliore qualità, e, dall’altro, sostenere piccoli e medi produttori in un mercato sempre più globalizzato e controllato da poche grandi società

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(i GAS di norma non hanno rapporti con i grandi produttori di beni standardizzati). Si tratta, insomma, di una forma di consumo critico, attento agli impatti sociali e ambientali dei modelli di produzione e consumo e in alcuni casi addirittura un modo di lottare contro le mafie (Carlini, 2011; Forno 2011).

Tra l’altro, è interessante notare come la spinta del consumo critico stia ormai contagiando la grande distribuzione organizzata (GDO), tanto profit quanto cooperativa, che apre i suoi scaffali e i suoi punti vendita a forme di consumo “responsabile” e sostenibile (promozione di prodotti sfusi, locali, biologici, del commercio equo-solidale; ridu-zione degli imballaggi; disincentivazione dell’acqua in bottiglia; at-tenzione ai consumi energetici, etc.), e stia sollecitando associazioni di consumatori, organizzazioni sindacali, gruppi di aziende a lanciare i-niziative di acquisto collettivo.

L’esperienza (battezzata “Social Club”) di un gruppo di cooperati-ve sociali e associazioni torinesi, di costituzione di uno strumento co-mune per promuovere socialità e difendere il potere d’acquisto dei propri soci e quadri, comprende ad esempio anche un gruppo di acqui-sto che unisce la motivazione economica con quella socio-ambientale (filiera corta, stagionalità, ricerca di qualità, facilitazione nell’accesso a prodotti biologici), oltre a servizi come il microcredito, il cohousing, le convenzioni per godere di prestazioni sanitarie particolari o di con-sulenze varie, gli eventi sportivi, etc. (Salomone 2010b).

Attorno a queste esperienze di consumo, cresce tutta una costella-zione di fenomeni basati sulla cooperazione e sulla condivisione (sha-ring), che sono oggi uno dei modi più innovativi e interessanti in cui può emergere gradualmente la possibilità di giungere a un modello di produzione e consumo e a stili di vita socialmente e ambientalmente sostenibili. È, come è stata definita, una “economia del noi” (Carlini 2011).

Il concetto di “sharing”, infatti, comprende numerose possibilità di acquisto e uso condiviso di beni e servizi: oggetti o cibo, come si è vi-sto, ma anche car sharing, bike sharing, car pooling, cura di persone, babysitting, ecc.

Le varie forme di sharing consentono di risparmiare denaro ma so-prattutto sono alla base di una vita più semplice e sobria, consentono di economizzare risorse rinnovabili e non rinnovabili e quindi contri-

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buiscono alla riduzione delle emissioni di carbonio e dell’impronta ecologica, sviluppano sense of place, comunità, capitale sociale. 2. Una palestra di democrazia

Questi elementi, che non è difficile riconoscere nell’esperienza ga-sista, si caricano di ulteriori valenze alla luce di quanto emerge dalla ricerca di Contini. Ciò che conta nell’esperienza gasista, osserva l’autore, non è tanto il livello di elaborazione teorica, quanto l’intensità delle relazioni che la partecipazione a un GAS mette in ope-ra.

Dal punto di vista della prospettiva temporale, ad esempio, emerge un’attenzione molto centrata sul presente piuttosto che sul futuro. I ri-ferimenti al futuro sono poco significativi, così come le concettualiz-zazioni della sostenibilità: prevedibilmente i gasisti propendono per una sostenibilità forte piuttosto che una debole (Costanza e Daly 1992; Neumayer 2003), ma, osserva Contini, l’arco dei loro riferimenti teo-rici è ampio, eterogeneo e incerto; se un difetto deve trovare, perlome-no nelle realtà oggetto della sua indagine, lo trova in una ricorrente i-pertrofia del fare.

L’ipertrofia del fare è avvertita dagli stessi gasisti, ma non è da essi percepita come un limite: la concretezza, sommata a un’azione su pic-cola scala, è un antidoto all’ideologizzazione e i gasisti si dimostrano cittadini attivi, responsabili, collaborativi, ad alto tasso di sensibilità etica, ma scevri da fondamentalismi. Cittadini di un mondo in cui ca-piamo di essere «tutti uguali ma differenti» (Touraine 2012:65), i ga-sisti sono la cartina di tornasole dei processi democratici e delle loro possibili contraddizioni. Da un lato, ad esempio, le differenze convi-vono “laicamente” nei GAS, dall’altro la preoccupazione di evitare che qualcuno possa prevalere sugli altri grazie al possesso di compe-tenze “alte” rischia di provocare un eccesso di “orizzontalità” che pri-va i GAS di quell’apporto che tali competenze potrebbero dare, se ben sfruttate. Alla cultura tecnico-scientifica, in genere preponderante in altri contesti, di norma non viene riconosciuto nessun privilegio, an-che se il nodo del rapporto tra sapere “esperto” e sapere empirico ed esperienziale non è certo rimosso o sottovalutato. Ciò che rende i gasi-

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sti dei cittadini critici ed eco-responsabili, comunque, è soprattutto il loro essere radicati nei luoghi dell’esistenza: l’impegno in un GAS si-gnifica empowerment e emplacement.

Ciò che per un verso può apparire un limite, insomma, fa la forza dei GAS in questo frangente storico: le relazioni, la fiducia reciproca, lo spirito di cooperazione e il senso di solidarietà che contraddistin-guono i gruppi gasisti altro non sono che un recupero di capitale so-ciale. Si crea nei GAS, osserva Contini, una sorta di vicinato elettivo, termine che può essere sinonimo di forme reali di vicinato (il cohou-sing) o, in senso più lato, come nel nostro caso, può indicare le reti lo-cali di persone che si danno un reciproco aiuto nella soluzione di qual-che specifico problema e/o che si confrontano e interagiscono su temi di comune interesse (Manzini e Jégou 2003).

È appunto nella fitta trama di relazioni “orizzontali” (nei GAS e tra GAS) e “verticali” e “di filiera” (tra gruppi di acquisto e mondo dei produttori, tra GAS e territorio) che si delinea una possibile ripresa di socialità. L’indebolimento della forma partito, la perdita di importanza dei sindacati, la personalizzazione, spettacolarizzazione, mediatizza-zione e leaderizzazione della politica (Cavalli 1992) rendono partico-larmente preziosa ogni esperienza possibile di democratizzazione dei processi e delle organizzazioni. La partecipazione ai GAS “abilita”, infatti, alla partecipazione e alla vita democratica. Il lungo elenco di competenze coltivate e praticate dai gasisti elaborato da Contini ha ampie corrispondenze con quelle relative alla cittadinanza democrati-ca, così come con quelle che caratterizzano un’educazione “sostenibi-le” (concetto – proposto da Sterling, 2006 – che riassume i vari aspetti di contenuto, di metodo e di governance dell’educazione all’ambiente e alla sostenibilità) e ricordano anche la “capacitazione” del Capabil-ties approach di Amartya Sen (1985). 3. Gli assi relazionali

Le relazioni dei gasisti possono essere distinte nei seguenti tipi: 1. Relazioni interne, tra gasisti già membri e con i nuovi adepti.

La prima relazione vede un’azione educativa “sotto traccia” (giacché la missione centrale è e resta l’acquisto critico), ma

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con grandi potenzialità, la seconda vede un’azione verso i nuovi gasisti giudicata da Valerio Contini molto deludente.

2. Relazioni con i fornitori. Qui troviamo una vasta gamma di relazioni tra GAS e produttori: incontri, visite in azienda, pre-disposizione di schede tecniche, momenti conviviali sono i modi in cui i gasisti incontrano i loro fornitori. Il flusso di in-formazioni, richieste, trasferimento di saperi può andare dai gasisti verso i produttori o viceversa.

Nel primo caso, la ricerca conferma una scarsa consapevolezza da parte dei GAS della loro grande valenza educativa, mentre l’obiettivo di qualità e di convenienza economica e il progressivo allargamento delle attività dei gruppi di acquisto solidale richiederebbero un raffor-zamento dell’azione “educativa” verso i produttori.

L’azione educativa dei produttori nei confronti dei gasisti appare invece più cosciente e meglio organizzata e produce un ritorno per i produttori: anche grazie a questo aspetto i contatti si fanno più fre-quenti, più intensi e più significativi. Sono proprio i piccoli e medi produttori, osserva Contini, a esprimere con coerenza una serie di va-lori articolati in tre dimensioni (ambientale, etico-sociale e economi-co-sociale), così come molte capacità transitano dai fornitori ai mem-bri dei GAS. Ciò potrebbe apparire ovvio: vi è un comprensibile inte-resse dei produttori a consolidare le relazioni con i loro sbocchi diretti sul mercato utilizzando il loro capitale immateriale di saperi per un’azione di fidelizzazione che la grande distribuzione organizzata af-fida invece a raccolte punti e promozioni. I gasisti maturano la co-scienza di un bisogno, ma sono i produttori a possedere le tecniche e i saperi che consentono di soddisfarli.

Il fenomeno, però, ci sembra anche indice di alcune interessanti ca-ratteristiche della green economy: le piccole e medie aziende (specie in campo agroalimentare) diventano multifunzionali per sopravvivere in un sistema globale che le penalizza e per rispondere a una domanda complessa da parte di consumatori critici. La sfida di competere con la grande impresa e la grande distribuzione organizzata in una società a sua volta sempre più complessa ridisegna quindi le professionalità de-gli operatori economici piccoli e medi, costretti a essere allo stesso tempo produttori competenti e innovativi nel proprio settore, nonché

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comunicatori, educatori, costruttori o facilitatori di reti, animatori so-ciali, attori partecipi della comunità locale e molto altro ancora.

3. Relazioni con il territorio. Le situazioni osservate nel corso della ricerca di Contini mostrano la presenza di progetti educa-tivi verso il territorio sotto forma di animazione, momenti con-viviali o ludici, corsi di formazione, conferenze, dibattiti. Il lo-ro grado di strutturazione varia secondo le diverse caratteristi-che dei GAS. Vi sono, infatti, dei GAS che seguono un model-lo organizzativo di tipo più “spontaneo” e GAS costituiti anche come associazione di promozione sociale. L’azione educativa verso il territorio diventa in questi casi meno episodica e più ispirata a un’esplicita progettualità. Molto interessante, ad e-sempio, è l’esperienza del GAS Pavia: uno spazio pubblico è utilizzato, oltre che per le distribuzioni settimanali, per confe-renze-degustazione, spettacoli, concerti, cene. Inoltre, il GAS ha partecipato a un bando della Fondazione Cariplo, ottenendo un finanziamento per un progetto di “Scuole sostenibili”. En-trambi i modi, però, rivelano alcuni limiti: da un lato la ten-denza a quella “ipertrofia del fare” già notata dall’autore, dall’altro il rischio di cadere in progetti “chiavi in mano” (co-me nel caso del progetto rivolto alle scuole, offerto agli istituti scolastici senza attivare processi di co-progettazione).

4. Educazione degli adulti e cambiamento sociale

Di là dei limiti rilevati nel corso della ricerca, l’interesse di questa indagine sui GAS di una provincia italiana come contesto educativo informale assume una valenza più generale. Per quanto implicita, la relazione interpersonale del gasista è indubbiamente una relazione e-ducativa: i GAS sono uno spazio educativo in quanto spazio sociale e relazionale.

Ora, i processi educativi informali diventano sempre più importanti a fronte di una crisi di progetto educativo dei sistemi formali e all’esigenza di potenziamento della capacità di cittadinanza di fronte alla crisi delle forme di rappresentanza politica e di partecipazione.

Potremmo quindi ricavarne due considerazioni conclusive.

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In primo luogo, la crisi del progetto educativo deriva, prima che dalle ristrettezze di bilancio, dalla perdita di sovranità degli Stati: sen-za sovranità gli Stati nazionali non possono che applicare alle agenzie educative formali le stesse ricette imposte in ogni settore dalle leggi, apparentemente oggettive (secondo il dogma neoliberista), del merca-to. Non per nulla, ci sembra di notare una certa vivacità e per così dire una certa passione per le sorti dell’educazione più a livello di ammini-strazioni locali, che pur stremate dai tagli alla finanza pubblica man-tengono una certa capacità di pensare al futuro dei propri territori.

L’azione educativa dei GAS ci permette, insomma, di aprire il capi-tolo cruciale dell’educazione permanente, con tutta la complessità del-le sfide che ne derivano. I gasisti, come si è già sottolineato, scambia-no e potenziano tra loro, con i produttori e con il territorio conoscenze e competenze “di cittadinanza”, ma anche utili a sviluppare nuovi mo-delli di produzione e consumo. In attesa che tutto il sistema educativo diventi ecologico, costruiscono un corpus di conoscenze e di abilità importanti e in grado di incidere sul sistema sociale ed economico.

Sul ruolo dell’educazione concorda un recente rapporto dell’OECD (2011): la green economy permetterà di creare nuovi posti di lavoro, tra cui impieghi specializzati in attività innovative ecologiche emer-genti. Le politiche per il mercato del lavoro, osserva l’organizzazione dei paesi più industrializzati, dovrebbero però mirare a preservare l'occupazione nel suo complesso e non gli specifici posti di lavoro esi-stenti, assicurando che i lavoratori e le imprese siano in grado di ade-guarsi rapidamente ai cambiamenti introdotti dal processo di trasfor-mazione dell'economia in economia verde, nonché di cogliere nuove opportunità.

In generale, saranno necessarie nuove competenze e ciò richiederà politiche educative appropriate. Molte competenze esistenti continue-ranno a essere richieste, ma altre potrebbero non corrispondere più alle nuove esigenze o non esistere ancora. In particolare, rendere ecologica l’economia avrà un impatto sulle abilità: siamo appunto tutti chiamati a identificare i bisogni futuri e questa richiesta di abilità nuove o di-verse. Occorreranno, in ogni caso, programmi di educazione e forma-zione ecologica ben progettati (“green education”, la chiama l’OECD), capaci da un lato di accompagnare l’aumento dell’offerta di prodotti e servizi “green”, ma anche, dall’altro, di fare crescere la do-

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manda da parte dei cittadini. Tecnologia e comportamenti devono in-tegrarsi.

Lo sviluppo e il trasferimento di conoscenze e abilità, sia specifi-che, sia organizzative e relazionali, che avviene nel mondo GAS si i-scrive, insomma, in un processo più ampio di lento emergere di un nuovo paradigma basato sulla sostenibilità, cui l’educazione informa-le, l’educazione non formale e quella formale devono contribuire, cia-scuna per la sua parte.

Del resto, i GAS non possono fare da soli, né si può chiedere loro di avere risorse per progetti formativi intenzionali e sistematici. La difficoltà non solo dei GAS, ma anche di agenzie di educazione for-male come la scuola, a far diventare l’educazione all’ambiente e alla sostenibilità un patrimonio condiviso di pratiche e di saperi è più ge-nerale. Tanto a livello formale quanto a livello non formale e informa-le, chi opera in questo campo sconta il vuoto istituzionale e il dram-matico vuoto sociale in cui si muove.

Il carattere più potenziale che reale dell’azione educativa gasista dipende in particolare dalla mancanza di reti adeguate nel contesto ter-ritoriale in cui agiscono. Le relazioni tra università, scuola ed extra-scuola in materia di educazione ambientale e alla sostenibilità appaio-no essenzialmente spontanee e non organizzate (Bachiorri 2012); se ciò da un lato, potrebbe essere un segnale positivo dell'avvenuta atti-vazione di alcuni processi bottom up, allo stesso tempo, a tale assenza può essere imputabile la mancanza di una programmazione e di un a-gire condivisi e quindi, l'evidente pesante divario tra i singoli contesti.

In secondo luogo, l’azione educativa informale e in parte inconsa-pevole dei GAS alimenta quella green education che abbiamo visto essere necessaria ed è un aspetto di un circuito virtuoso di reciproco rafforzamento che si innesca quando i cittadini orientano l’offerta di beni e servizi attraverso una domanda selettiva e critica. L’impresa, a sua volta, da un lato sollecita i governanti ad adottare regole chiare e politiche coerenti e dall’altro amplifica l’evoluzione della domanda tramite gli strumenti del marketing “verde” e della pubblicità. Dal canto loro, le istituzioni, autonomamente e/o spinte dall’opinione pub-blica e dagli attori sociali, indirizzano l’attività economica con le leggi e i finanziamenti e favoriscono la crescita di coscienza e di competen-ze dei cittadini attraverso l’educazione e la sensibilizzazione.

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La forma e il peso specifico di questi flussi naturalmente possono variare nel tempo e nello spazio, in quanto dipendono dai diversi equi-libri culturali e politici, dalla natura degli attori e dalla forza raggiunta dall’innovazione nei diversi contesti.

Basterebbe comunque questa funzione svolta dai GAS e dalle loro relazioni con i produttori e con il territorio per farcene apprezzare la presenza. Soprattutto, forse, il movimento gasista, con la sua afferma-zione di un’idea di beni relazionali e i suoi elementi di economia non monetaria, è un tassello di un possibile processo di costruzione non solo di una green economy che nasce più dal basso che grazie all’impulso di una classe dirigente in crisi di idee, di prospettiva e di carica morale in tutto il mondo, ma anche di una società “green”. In questo, il fenomeno GAS non è isolato, ma si colloca e ha senso e rea-li potenzialità in un contesto più ampio fatto di reti territoriali (come i Distretti di economia solidale), di reti settoriali (come ad esempio il torinese Social Club, già citato e che ha ispirato un’analoga esperienza a Genova), di aziende (come ad esempio il movimento dell’Economia del bene comune – Felber 2012) e di altri mille fenomeni in corso, grandi e piccoli. «Di fronte alle inadeguatezze del modello di vita ipe-rindividualistico», cresce, osserva Mauro Magatti (2012:275) citando anche Luigino Bruni e Stefano Zamagni, il bisogno di beni ad alto contenuto relazionale, contestuale e cognitivo.

Può darsi che, come afferma Alain Touraine (2008, 2012), la socie-tà non esista più, certo, per parafrasare una celebre battuta, non si sen-te troppo bene. «Le collettività, le comunità, i gruppi che in qualche modo sono pezzi di classi sociali a vari livelli di formazione, sono pra-ticamente scomparsi» (Gallino 2012:203).

Pronunciata l’orazione funebre sulle grandi idee della modernità europea, non resta che puntare su un cosmopolitismo critico e sul glo-cale (Beck 2010). Per Magatti (2012) la speranza è in una nuova gene-razione e in un profondo rinnovamento culturale e istituzionale che ci faccia uscire dalla parabola del capitalismo tecno-nichilista, per Sen-net (2008, 2012) la via sono il sapere artigiano, la collaborazione dia-logica, la voglia di comunità: le capacità di collaborazione delle per-sone, dice Sennet ispirandosi anche a Amartya Sen e a Martha Nus-sbaum, «sono di gran lunga maggiori e più complesse di quanto la so-cietà non dia loro spazio di esprimere» (2012:41).

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Pur nella differenza di analisi e di proposte, ci sembra di poter in-dividuare un tema comune in questi esempi di studi recenti su una mondializzazione che rende la democrazia in stato comatoso e conse-gna tutto il potere alla finanza. Per Gallino (2012), si tratta del predo-minio di una classe globale che comprende i proprietari di grandi pa-trimoni, i top manager dell’industria e del sistema finanziario, i politi-ci di primo piano, i grandi proprietari terrieri, la proprietà immobilia-re, i “capitalisti per procura” che gestiscono i giganteschi fondi di in-vestimento (pp. 12-13). La lotta di classe “dopo la lotta di classe” oggi la fanno i vincitori contro la classe dei perdenti.

Per Alain Touraine, demolita la società capitalistica classica per opera dell’economia finanziaria, alla vecchia lotta di classe si sostitui-sce la contraddizione tra un’esigua minoranza di attori della finanza che mira solo alla massimizzazione del profitto e l’insieme della popo-lazione, in cui quindi possiamo trovare nuovi attori «che sono piutto-sto morali» che sociali (Touraine 2012:14) giacché fanno appello ai diritti umani e al rispetto delle persone.

La tensione etica e l’ispirazione “solidale” dei GAS (così come di molte altre esperienze che come si è visto segnalano l’emergere di nuovi valori e di nuove relazioni interpersonali) sembrano poter fare iscrivere i gasisti tra questi nuovi attori morali.

C’è quindi da sperare che la ricerca di Valerio Contini possa essere di aiuto sia ai GAS stessi per affrontare limiti e criticità, sia più in ge-nerale a chi osserva le trasformazioni in corso, cercando magari di aiu-tare a trovare una strada per uscire da quello che Aurelio Peccei chia-mava il “malpasso” dell’umanità (Salomone 2012). E che, come au-spicato dall’autore, possa affermarsi quel “governo gentile” delle loro esperienze educative informali, che abbiamo visto essere così preziose per la costruzione dal basso di una nuova “società verde”.

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