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Convegni Nomos 3-2017
ISSN 2279-7238
IL CONTRIBUTO DI VINCENZO GUELI ALLA COMMISSIONE
FORTI*
di Giulia Caravale*
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. L’attività della Commissione Forti. – 3. Il contributo di Vincenzo Gueli alla Commissione
Forti. 4. Il controllo di costituzionalità nei dibattiti della Commissione Forti. – 5. La Corte costituzionale nelle
riflessioni successive di Vincenzo Gueli.
1. Introduzione
incenzo Gueli viene preso in considerazione in occasione del convegno che
esamina il contributo della Sapienza al processo costituente italiano per la sua
partecipazione alla Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello
Stato.
Gueli si era laureato in giurisprudenza nell’università di Roma nel 1935 e nel 1938 a Pisa
in scienze politiche. Nell’ottobre 1937 aveva iniziato la carriera accademica con la nomina
ad assistente incaricato presso l’istituto di diritto pubblico e legislazione sociale della
facoltà di scienze politiche della Sapienza. Nel 1940 aveva conseguito la libera docenza in
istituzioni di diritto pubblico e fino al 1950 - anno in cui vinse il concorso a cattedra e
andò ad insegnare diritto costituzionale prima a Messina e dal 1953 a Catania - aveva
ricoperto diversi incarichi presso le facoltà di scienze politiche e di giurisprudenza di
Roma1. Il 1° giugno 1948 era divenuto funzionario della Camera dei Deputati.
* Contributo pubblicato previa accettazione del Comitato scientifico del Convegno. Relazione presentata al Convegno I ‘Costituenti’ de ‘La Sapienza’, svoltosi il giorno 30 novembre 2017, presso il Rettorato – Aula degli Organi Collegiali, Università La Sapienza di Roma. * Professore associato di diritto costituzionale italiano e comparato – “Sapienza” Università di Roma 1 In particolare dal 1° marzo 1940 al 31 agosto 1940 e dal 1° novembre 1944 al 31 ottobre 1950 ricoprì presso la facoltà di scienze politiche di Roma gli incarichi di: Dottrina dello Stato: settembre-ottobre 1944, aprile-ottobre 1945 e a.a. 1945-46; Diritto del Lavoro e legislazione sociale: a.a. 1944-45, 1945-46; Diritto costituzionale italiano e comparato: a.a. 1946-47, 1947-48; Istituzioni di diritto pubblico: a.a. 1948-49, 1949-50). Presso la facoltà di giurisprudenza, invece, Diritto costituzionale italiano e comparato: 1° marzo-31 agosto 1940; Diritto costituzionale per corsi semestrali per reduci a.a. 1945-46, 1946-47,
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Fin dai primi anni la sua ricerca si era orientata prevalentemente verso alcuni dei
principali temi della teoria dello Stato: la sovranità, lo Stato, la rappresentanza,
l’ordinamento giuridico, la dottrina generale dello Stato, il regime politico, le
trasformazioni costituzionali italiane dalla caduta del fascismo alla nuova Costituzione2.
La Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato di cui Vincenzo
Gueli entrò a far parte è – come noto - una delle commissioni di studio incaricate dal
Ministro per la Costituente Pietro Nenni di “predisporre gli elementi per lo studio della
nuova Costituzione che dovrà determinare l’aspetto politico dello Stato e le linee direttive
della sua azione economica e sociale” e si colloca dunque tra le principali iniziative con
cui ebbe inizio il processo costituente in Italia3. In questo processo venivano coinvolti
accanto ai politici, tecnici e giuristi incaricati di fornire le loro competenze al mondo
politico per la nuova organizzazione dello Stato. Giuristi che non soltanto appartenevano
alla vecchia generazione, in diverso modo coinvolta nel periodo fascista, ma che, meno
legati al periodo politico precedente, si andavano affermando in quegli anni come convinti
portatori dei principi di libertà e di democrazia4.
1947-48. Dal maggio 1944 all’ottobre 1950 fu assistente volontario alla cattedra di Diritto costituzionale della facoltà di Giurisprudenza. Prestò servizio militare come allievo ufficiale di commissariato nella Scuola specialisti aeronautica di Orvieto dal marzo 1940. Nel 1942 aveva partecipato ad un concorso a cattedra, senza superarlo ma risultando maturo. 2 Nel 1939 Vincenzo Gueli aveva pubblicato la voce Sovranità sul Nuovo Digesto Italiano proponendosi di individuare una via
intermedia tra la teoria istituzionalista e la concezione positivista. Nello stesso anno aveva dato alle stampe la monografia Il
diritto singolare e il sistema giuridico, nella quale aveva sostenuto l’importanza di individuare principi generali dell’ordinamento.
Nel 1942 aveva pubblicato sia il lavoro Il concetto giuridico della rappresentanza politica e la “rappresentatività” degli organi di governo in
Rivista italiana per le scienze giuridiche nel quale aveva studiato l'evoluzione di tale concetto dallo Stato liberale a quello fascista,
sia la monografia Il diritto singolare e il sistema giuridico, nella quale, riprendendo un tema trattato sia nella tesi di laurea in
giurisprudenza, sia in un’edizione provvisoria del 1939 dal titolo Il diritto singolare e l’applicazione analogica della legge, aveva
proposto un criterio diverso da quello usato dalla dottrina prevalente per individuare l'esistenza di un diritto singolare, un
diritto, cioè, riconosciuto in via esclusiva a soggetti o a categorie e, quindi, non estensibile per via analogica a tutti gli altri
soggetti. Nel 1944, poi, pubblicò le sue lezioni romane (Dottrina generale dello Stato, Roma, 1944), e nel 1949 un lavoro su Il
regime politico nel quale rielaborò la sua tesi di laurea in Scienze Politiche, (già apparsa, in edizione provvisoria, nel 1939)
affrontando il tema della coesistenza della pluralità delle organizzazioni sociali con la sovranità dello Stato, tema che sarà al
centro dell’indagine del lavoro Pluralità degli ordinamenti e condizioni della loro coesistenza, pubblicato nel 1949 a Milano. A questi
scritti si aggiungono numerosi saggi, pubblicati sempre in quegli anni, e che furono raccolti, grazie alla collaborazione di
Leopoldo Elia, che con lui si era laureato, nel volume Diritto costituzionale provvisorio e transitorio, pubblicato nel 1950.
M. Galizia, Scienza giuridica e diritto costituzionale, Milano 1954, 106, 123, 125; M. Galizia, Profili storico-comparativi della scienza del
diritto costituzionale in Archivio giuridico Filippo Serafini, 1963; F. Lanchester, Momenti e figure nel diritto costituzionale in Italia e in
Germania, Milano 1994, 399; F. Lanchester, La dottrina costituzionalistica italiana tra il 1948 e il 1954, in Quaderni Fiorentini, 28 1999,
757 s., 767 ss., 781; M. Fioravanti, La scienza del diritto pubblico. Dottrina dello Stato e della Costituzione tra otto e novecento, Firenze
2001, 712; F. Lanchester, I costituzionalisti italiani tra Stato nazionale e Unione europea, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2001,
1099; P. Ridola, Gli studi di diritto costituzionale, ibid., pp. 1267. Per la biografia di Vincenzo Gueli sia consentito il rinvio a G.
Caravale, Gueli, Vincenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, 60, 2003, 570 ss. 3 Con il decreto luogotenenziale 31 luglio 1945, n. 435, il Governo Parri aveva istituito il Ministero per la Costituente al fine di procedere alla convocazione dell'Assemblea costituente. 4 I precedenti storici della Costituzione. Studi e lavori preparatori, Milano Giuffrè, 1958, 32; G. D’Alessio (a cura di), Alle origini della Costituzione italiana, Il Mulino, Bologna, 1979, 27; L. Paladin, Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, Il Mulino, Bologna, 2004, 19 ss.; P. Caretti, Forme di governo e diritti di libertà nel periodo costituzionale provvisorio, in E. Cheli (a cura di), La fondazione della Repubblica. Dalla Costituzione provvisoria alla Assemblea costituente, Il Mulino, Bologna, 1979, 31.
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2. L’attività della Commissione Forti
La Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato venne presieduta
dal prof. Ugo Forti che insegnava a Napoli e che già aveva presieduto la Commissione per
la riforma dell’amministrazione istituita dal governo Bonomi nell'ottobre 1944, di cui
aveva ereditato, ampliandole, sia le competenze sia alcuni componenti. In realtà il
Ministero avrebbe voluto assegnare direttamente alla prima Commissione Forti il compio
di studiare la riorganizzazione dello Stato, ma tale progetto venne contrastato da coloro
che giudicavano la Commissione troppo tecnica5. Pertanto si era deciso di nominarne una
nuova che fosse formata da coloro che erano membri della prima e che non erano
impegnati in altri incarichi, a cui vennero aggiunti nuovi componenti nominati dai partiti
e giuristi indipendenti nominati dal Ministero, per un totale di 90 membri6. Vincenzo Gueli
ne entrò a far parte come rappresentante del partito liberale insieme a Guido Astuti,
Giambattista Rizzo, Carlo Sequi, Giovanni Cassandro, Emilio Storoni e Tullio Mulas.
La Commissione fu istituita il 21 novembre 1945 e concluse le sue attività il 30 giugno
1946. Essa presentò all’Assemblea costituente una relazione complessiva, raccolta in 3
volumi, contenente tutte le relazioni che erano state predisposte dalle sue 5
Sottocommissioni (le prime due di studio sui problemi costituzionali e sull’organizzazione
dello Stato; le altre sulle autonomie locali, gli enti pubblici non territoriali e
l’organizzazione sanitaria), a cui non fu aggiunta una relazione di sintesi, sia per la
ristrettezza dei tempi di lavoro sia anche per la mancanza di una effettiva capacità di
coordinamento e scambio di informazioni7.
Prima di iniziare i suoi lavori la Commissione dovette definire l’ambito della propria
attività, le proprie competenze e i propri obiettivi: si trattava di una questione essenziale
perché l’attività della Commissione non poteva e non doveva sovrapporsi a quella
5 I precedenti storici …, cit., 39. È stato osservato che la Commissione per la riforma dell’amministrazione “rappresenta il primo nucleo di studiosi, politici, magistrati, tecnici che iniziarono allora a preparare studi, a svolgere argomentazioni e a dibatter tesi su questioni molto importanti circa la struttura del nuovo stato avviando un dibattito che, può dirsi, proseguirà ininterrotto fin dentro l’Assemblea costituente orientando, i numerosi punti le scelte che in quella sede vennero compiute”. In proposito E. Balboni, Le riforme della pubblica amministrazione nel periodo costituente e nella prima legislatura, in U. De Siervo (a cura di), Scelte della costituente e cultura giuridica. II. Protagonisti e momenti del dibattito costituzionale, Il Mulino, Bologna, 1980, 225-312 (244). 6 G. Zagrebelsky, La Commissione Forti e i suoi giuristi, in Il Parlamento italiano 1861-1988, XIII, 1943-1945. Dalla resistenza alla democrazia. Da Badoglio a De Gasperi, Nuova Cei, 1989, 159; U. Allegretti, L’amministrazione dall’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Giuffrè, Milano, 2009, 19 ss. 7 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente, Volume I. Problemi costituzionali. Organizzazione dello Stato, Roma, Failli, 1946, viii.
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dell’Assemblea costituente. Nenni chiarì fin da subito che non rientrava nei poteri della
Commissione la predisposizione di uno schema di Costituzione, dato che la natura della
Commissione Forti era meramente tecnica e non politica e il fine era la “raccolta e lo studio
degli elementi attinenti al riassetto dello Stato”, senza intervenire in scelte di natura politica
relative alla predisposizione di uno schema costituzionale, scelte che erano riservate in via
esclusiva all’Assemblea costituente.
L’impostazione data alla Commissione dal Ministero della Costituente fu condivisa in
pieno da Vincenzo Gueli il quale affermò, fin dalla prima riunione, che la Commissione
non avrebbe dovuto formulare proposte concrete, ma si sarebbe dovuta limitare ad
identificare i problemi, fornirne le possibili soluzioni, anche sulla base delle esperienze
degli altri Stati, senza indicare la scelta per non intaccare le competenze dell’Assemblea
costituente8. Ciò nonostante, come ricordato da Cheli, “pur con questa limitazione, la
commissione Forti ebbe modo di affrontare la maggior parte degli snodi cruciali che la
nascita di una nuova costituzione veniva a porre alla classe politica: dalla definizione dei
diritti fondamentali alla forma di governo; dall’organizzazione amministrativa alla
posizione del potere giudiziario; dalle garanzie costituzionali ai rapporti internazionali”9. Il
confronto tra i tecnici nell’ambito della Commissione Forti ebbe poi anche il merito di
concorrere a creare un clima di collaborazione tra i giuristi ben diverso dal “clima di
divisione, estraneità, diffidenza” 10 presente, invece, tra le forze politiche.
Vincenzo Gueli fu coinvolto anche in un’altra iniziativa del Ministero per la Costituente
quella di diffondere la conoscenza dei temi e dei problemi dell’organizzazione democratica
dello Stato attraverso il confronto con le Costituzioni degli altri Paesi11. Un compito che
si espresse, tra l’altro, nella raccolta di studi relativi ai testi e ai documenti costituzionali e
che condusse alla pubblicazione, sotto la guida di G. Perticone, dei volumi sulle
Costituzioni, le leggi costituzionali e le leggi elettorali dei principali Paesi, accompagnate
da brevi studi e commenti. In tale ambito Vincenzo Gueli pubblicò due lavori sulla
Costituzione elvetica e sulla legge elettorale elvetica12.
L’importanza di tale opera divulgativa delle realtà istituzionali e costituzionali straniere
si può cogliere appieno se si considera che, all’epoca i giuristi erano poco avvezzi allo
studio dei sistemi stranieri, la cui conoscenza era limitata ad alcune circoscritte esperienze,
anche per la mancanza di diffusione e circolazione delle opere dottrinali. Deve quindi
essere apprezzato in modo particolare lo sforzo di utilizzare il metodo comparato e di
8 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 45.
9 E. Cheli, I giuristi alla Costituente. - Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Diritto, Treccani, 2012. 10 G. Zagrebelsky, La Commissione Forti …, cit., 11 I precedenti storici …, cit., 39; P. Pombeni, La Costituente. Un problema storico politico, Il Mulino, Bologna, 1995, 79. 12 G. Zagrebelsky, La Commissione Forti …, cit.,158.
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confrontarsi con la dottrina straniera che emerge nella maggior parte delle relazioni
preparate dalla Commissione Forti13.
3.Il contributo di Vincenzo Gueli alla Commissione Forti
Vincenzo Gueli fece parte della seconda Sottocommissione relativa all’organizzazione
dello Stato. Tutte le Sottocommissioni seguivano un metodo di lavoro analogo: ad ogni
tema era dedicata una relazione di apertura che era preparata da uno o più commissari e
che spesso conteneva cenni di diritto comparato, seguiva poi la discussione e la stesura di
una relazione conclusiva di sintesi che riassumeva le diverse posizioni emerse durante il
dibattito14. A Vincenzo Gueli venne affidata la redazione di alcune relazioni introduttive e
conclusive di sintesi.
In particolare nella relazione sugli Aspetti costituzionalistici della responsabilità per gli atti dei
pubblici funzionari15 egli esaminò uno tra gli aspetti più controversi della materia del pubblico
impiego, soprattutto a ragione dello spazio che esso avrebbe dovuto avere nell’ambito
della Costituzione. Nell’ordinamento italiano la legge 2248, 20 marzo 1865, aveva già
definito una prima disciplina legislativa dell’illecito dei soggetti pubblici. Non era prevista
la responsabilità personale del funzionario, anche se la amministrazione poteva rivalersi
contro il proprio dipendente che avesse compiuto un illecito.
La relazione di Gueli prendeva le mosse dalla distinzione tra la Costituzione sociale
“ossia quella parte della sfera costituzionale dell’ordinamento giuridico che disciplina in
linea di principio i rapporti tra gli uomini, considerati nella loro semplice qualità di
individui associati, di membri di una societas considerata, per astrazione, come se fosse sine
imperio” 16, e la Costituzione politica comprendente “le norme che disciplinano in linea di
principio i rapporti di supremazia tra i soggetti che esercitano appunto l’imperium e i
singoli”17. I rapporti tra pubblici funzionari e privati rientravano tra i principi della
Costituzione sociale, ma – a suo parere - dovevano trovare espressione all’interno della
Costituzione politica. Al fine di individuare quali fossero gli aspetti della materia da
introdurre all’interno del testo costiuzionale, la relazione di Gueli passava in rassegna le
13 G. Giorgini, Potere Costituente, cultura giuridica e modelli costituzionali stranieri, in G. Giorgini, L. Mezzetti, A. Scavone (a cura di), La Costituzione vivente nel cinquantesimo anniversario della sua formazione, Franco Angeli, Milano, 1991, 91; S. Volterra, La Costituzione italiana e i modelli anglosassoni con particolare riguardo agli Stati Uniti, in U. De Siervo (a cura di), Scelte della costituente e cultura giuridica …, cit., 117; S. Basile, La cultura politico-istituzionale e le esperienze “tedesche”, in U. De Siervo (a cura di), Scelte della costituente e cultura giuridica …, cit., 96 ss.; L. Paladin, Per una storia costituzionale …, cit., 48, ricorda come i giuristi non fossero abituati agli studi di diritto comparato. 14 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 45. 15 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 770 ss. 16 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 771. 17 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 771.
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principali Costituzioni straniere, “cercando di intravedere i criteri che hanno guidato quei
Costituenti nell’assumere ad oggetto della loro normazione la responsabilità dei pubblici
funzionari”18. Un lavoro di ricostruzione che spinse Gueli ad esprimersi a favore
dell’opportunità di inserire all’interno della Costituzione le “dichiarazioni di principio in
materia di responsabilità dello Stato e dei suoi funzionari”19.
Nel corso del dibattito seguito alla presentazione della relazione Gueli lo stesso
presidente della Sottocommissione Emanuele Piga invitò a circoscrivere il tema per evitare
di “porre in essere una Costituzione eccessivamente ricca e vasta, come quella di
Weimar”20. Una impostazione condivisa anche da Ugo Forti, secondo il quale lo studio
“sistematico e completo” compiuto da Gueli era “eccedente i più modesti fini che
l’indagine si deve proporre” dato che aveva affrontato il complesso concetto di
responsabilità in tutte le sue accezioni (politica, penale, civile, disciplinare), andando oltre
i compiti di indagine assegnati alla seconda Sottocommissione. A parere di Piga e di Forti
solo alcuni aspetti limitati della responsabilità dei funzionari pubblici dovevano trovare
una disciplina costituzionale, la quale in particolare si doveva limitare alla responsabilità
civile verso i terzi. Nonostante le obiezioni di Gueli, il quale sostenne che il tema della
responsabilità politica dei Ministri, oggetto di esame della prima Sottocommissione,
dovesse essere quantomeno coordinato con il tema della responsabilità civile della
pubblica amministrazione e che la responsabilità discipinare poteva trovare spazio nel
testo costituzionale, la Sottocommissione, dopo ampio dibattito, pervenne - alla unanimità
- alla decisione di proporre l’inserimento in Costituzione del principio della responsabilità
della pubblica amministrazione per i danni arrecati ai cittadini, senza prevedere la
responsabilità diretta del funzionario.
Al riguardo non si può fare a meno di rilevare che le difficoltà emerse nella
Commissione Forti nell’individuare una soddisfacente disciplina della responsabilità della
publica amministrazione non furono risolte nemmeno dall’Assemblea costituente, la cui
formulazione dell’articolo 28 è stata oggetto di critica da parte della dottrina e della
giurisprudenza21.
18 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 774. 19 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.. 759. 20 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.. 760. 21 R. Alessi, La responsabilità del pubblico funzionario e la responsabilità dello Stato in base all’art. 28 della Costituzione, in Rivista trimestrale
di diritto pubblico, 1951, 884 ss.; M. Benvenuti, Commento all’art. 28 Cost., in R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti (a cura di),
Commentario alla Costituzione, I, Torino, Utet, 2006, 580 ss.; M. Clarich, La responsabilità civile della pubblica amministrazione nel diritto
italiano, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1989, 1085 ss.; G. Colzi, La responsabilità dei funzionari pubblici, in Commentario
sistematico alla Costituzione italiana diretto da Pietro Calamandrei e Alessandro Levi, Barbera editore, Firenze, 1950, I, 247 ss.; V.
Crisafulli, L. Paladin, S. Bartole, R. Bin, Commentario breve alla Costituzione, Cedam, Padova, 2008, 290 ss.; C. Esposito, La
responsabilità dei funzionari e dei dipendenti pubblici secondo la Costituzione, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1951, 324 ss.; F. Garri,
Responsabilità amministrativa, in Enciclopedia giuridica, XXVI, Roma, 1991; F. Merusi, M. Clarich, Commento all’art. 28 Cost., in
Commentario della Costituzione. Rapporti civili, Roma-Bologna, Zanichelli, Societa Editrice del Foro italiano, 1991, 356; A.Travi,
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Deve essere poi ricordato che Vincenzo Gueli fu incaricato, insieme con Jaccarino, di
predisporre la relazione finale relativa alla Partecipazione diretta del cittadino alle funzioni
amministrative22. L’obiettivo era quello di sollecitare il coinvolgimento dei cittadini nella vita
pubblica allo scopo di realizzare uno stato democratico e parlamentare23. Gli istituti presi
in esame nella relazione per favorire la partecipazione diretta alle funzioni amministrative
furono “l’elettorato, il referendum, l’azione popolare, la petizione, l’opposizione,
l’esercizio privato di pubblica funzione, l’assunzione volontaria e obbligatoria di pubblica
funzione”24. La relazione, al di la del momento elettorale, aupicava in modo particolare un
incremento della funzione onoraria, sia in campo giudiziario (conciliatore) che in quello
amministrativo. Tale auspicio tuttavia non si tradusse - come è stato sottolineato da
Balboni25 – in alcun progetto operativo, nonostante le proposte concrete che erano state
avanzate in sede di dibattito da parte ad esempio di Massimo Severo Giannini, che aveva
suggerito l’elezione dei provveditori agli studi, o di Meuccio Ruini il quale aveva proposto
di integrare i consigli di amministrazione dei ministeri con personale esterno
all’amministrazione.
Balboni attribuisce a Gueli, e non a Jaccarino, in particolare la paternità della proposta
di introdurre in Costituzione gli strumenti del referendum e dell’azione popolare. Il primo
avrebbe consentito la partecipazione attiva dei cittadini nella vita amministrativa del Paese
e la possibilità di svolgere una funzione di organo di controllo, consultivo o deliberante,
sugli enti pubblici, in particolare locali; il secondo avrebbe consentito “la partecipazione
diretta del cittadino alla funzione deliberante amministrativa di tutelare in via
giurisdizionale una pretesa dell’ente”26.
Il tema in questione fu l’ultimo trattato dalla Sottocommissione prima della scadenza
dei lavori e non fu oggetto di un dibattito particolarmente acceso: alcuni commissari
avevano, infatti, espresso non poche perplessità sulla rilevanza costituzionale degli
argomenti trattati e mostrato un generale disinteresse per la materia. Lo stesso presidente
Piga, inizialmente convinto della necessità di una disciplina costituzionale della
partecipazione diretta dei cittadini alle funzioni amministrative, cambiò idea, tanto che
dalla Commissione Forti pervenne un timido invito all’Assemblea Costituente di
esaminare la questione27.
Responsabilità del pubblico dipendente e ordinamento del pubblico impiego nel dibattito alla Costituente, in U. De Siervo (a cura di), Scelte del
Costituente …, cit., II, 330 ss. 22 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 393. 23 E. Balboni, Le riforme…, cit., 290. 24 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 393. 25 E. Balboni, Le riforme…, cit., 26 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 397. 27 E. Balboni, Le riforme…, cit., 294 ss..
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4. Il controllo di costituzionalità nei dibattiti della Commissione Forti
Merita, poi, un esame più approfondito la relazione preliminare che Vincenzo Gueli
preparò per la seconda Sottocommissione in materia di garanzie costituzionali ed in
particolare sul controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi.
Si deve in proposito innanzi tutto ricordare che fu proprio in questa occasione che
venne affrontata, per la prima volta, in modo approfondito in Italia il tema della giustizia
costituzionale, un tema che all’indomani dell’esperienza fascista era riconosciuto come
fondamentale per la tutela e la stabilità dell’ordinamento democratico28. Appare possibile
dire che la dottrina italiana, ancora fortemente influenzata dall’idea della sovranità della
legge di tradizione francese e del ruolo meramente dichiarativo dei giudici, non aveva
un’ampia conoscenza delle pur rare esperienze di giustizia costituzionale vissute da altri
Paesi. Poco approfondita risulta la disciplina della costituzione austriaca del 1920
promossa da Kelsen29. Più conosciuta risulta, invece, l’esperienza degli Stati Uniti
d’America anche se attraverso la mediazione, come è stato sottolineato30, del volume del
comparatista francese Eduard Lambert, che metteva in guardia contro il governo dei
giudici, e di quello di Maurice Hauriou.
Proprio il modello americano ispirò Gueli nella relazione preliminare sulla giustizia
costituzionale redatta d’accordo con Gaetano Azzariti e Giovanni Selvaggi. Augusto
Barbera in occasione del Convegno sugli anni giovanili di Leopoldo Elia ci ha ricordato
quanto Gueli subisse il “fascino del pensiero giuridico nordamericano”31, sottolineando
come in questo fosse stato un precursore e come tale interesse lo avrebbe spinto a studiare
nelle università statunitensi. Anche Antonio La Pergola, che con Gueli si era laureato,
affermò, nella presentazione agli scritti di Gueli, che egli era “studioso ammirato”
dell’ordinamento statunitense, evidenziando come l’influenza del modello nord americano
– di lunga tradizione democratica - avesse rappresentato il filo conduttore di diversi suoi
scritti sia giovanili sia più maturi32.
Dunque nella relazione preliminare sulla giustizia costituzionale preparata per la
Commissione Forti Gueli sostenne la tesi di introdurre un sindacato di costituzionalità
diffuso, pur se con alcune differenze rispetto al modello statunitense. In particolare la
28 Gueli pubblicò nella Rivista Civiltà liberale nel marzo 1946 lo scritto Una garanzia illusoria: la Corte costituzionale. 29 Sulla diffusione dell’opera di Kelsen in Italia V. Frosini, Kelsen e il pensiero giuridico italiano, in Il Veltro 1977, 761 ss.; M.G. Losano, M. Marchetti, R. Orsini, D. SOria, La fortuna di Hans Kelsen in Italia, in Quaderni fiorentini 1979, 465 ss.; C. Margiotta Broglio, La Corte costituzionale italiana e il modello kelseniano, in Quaderni costituzionali 2000, 333 ss. 30 E. Lamarque, Corte costituzionale e giudici nell’Italia repubblicana, Laterza, Bari, 2012, 15. 31 A. Barbera, Vincenzo Zangara e Vincenzo Gueli, in F. Lanchester, La “Sapienza” del giovano Leopoldo Elia. Atti convegno, Roma 27 marzo 2014, Giuffrè, Milano, 2014, 136. 32 A. La Pergola, Presentazione a Vincenzo Gueli, Scritti vari, Milano, 1976, I, pp. IX-XV (XIII)
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proposta di Gueli - difesa da argomenti che secondo la Lamarque appaiono “molto solidi
e di straordinaria modernità”33 - prendeva le mosse dall’individuazione della natura
giuridica del sindacato di costituzionalità, del suo contenuto essenziale, al fine di valutare
se dovesse essere considerata attività giurisdizionale o politica. Egli quindi affrontava la
questione della legittimità di un intervento del potere giurisdizionale sull’attività del potere
legislativo, il quale era investito dalla Costituzione della facoltà discrezionale di operare
scelte politiche. In proposito Gueli affermava che “il carattere «politico» dei rapporti
costituzionali (se così vuole esprimersi l’ampia sfera di discrezionalità che vi predomina)
non autorizza affatto ad escludere la possibilità di una garanzia di natura giurisdizionale
delle norme che quei rapporti disciplinano”34.
La relazione di Gueli affrontava poi la questione della scelta dell’organo a cui attribuire
tale competenza e poneva come alternative un tribunale nuovo creato ad hoc oppure
l’ordinamento giudiziario vigente, discutendo in quest’ultimo caso se il compito dovesse
spettare a tutti i giudici ordinari oppure soltanto a quelli di grado più elevato o, infine, alle
sezioni riunite della Corte di Cassazione35. Mentre Giovanni Selvaggi propendeva per la
creazione di un nuovo organo e Gaetano Azzariti per l’attribuzione di tale competenza
alla sola Corte di Cassazione, Vincenzo Gueli privilegiava invece l’ipotesi di attribuire la
competenza all’ordinamento giudiziario nel suo complesso, ma– a differenza del modello
americano - solo a partire da un “certo grado in su”, in particolare ai “Tribunali, o almeno
Corti d’Appello, e giurisdizioni speciali di grado equiparato sotto quest’aspetto”.
L’esclusione degli organi “non sufficientemente idonei data la loro inferiore posizione
nell’ordine giurisdizionale” – affermava Gueli – avrebbe assicurato - “senza rinunciare ai
vantaggi della pluralità degli organi ammessi ad esercitare tale controllo – una certa
necessaria uniformità dell’indirizzo giurisprudenziale”36. Egli reputava “eccessiva” la
diffidenza mostrata in Francia nei confronti dei giudici37 e riteneva che l’esperienza
statunitense evidenziasse come il temuto “governo dei giudici” non fosse determinato
dall’attribuzione a questi della funzione di controllo di costituzionalità. L’attività
giurisdizionale in sé presupponeva un accertamento della reale Costituzione dello Stato da
parte del giudice38: affermava, infatti, che “l’interpretazione della legge non è mai attività
meramente logica” 39.
La relazione di Gueli fu oggetto di una ampia e approfondita discussione svoltasi per
ben 5 sedute della Sottocommissione, al termine della quale – come noto - la proposta
33 E. Lamarque, Corte costituzionale …, cit., 18. 34 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 151. 35 E. Lamarque, Corte costituzionale …, cit. 36 V. Gueli, Schema di una disciplina del controllo sulla costituzionalità delle leggi in Diritto costituzionale provvisorio e transitorio, Roma, 1950, 294. 37 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit..,155. 38 S. Volterra, La Costituzione italiana …, cit..,196. 39G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 157.
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venne respinta. Così la relazione definitiva presentata all’Assemblea costituente dalla
Commissione Forti, dopo aver dichiarato che nel panorama comparatistico il “modo, il
contenuto e gli effetti”40 del controllo variavano da Paese a Paese e che il modello “più
suggestivo” era quello degli Stati Uniti41, ricostruì con attenzione il dibattito, le riflessioni
e le divisioni emerse nella Sottocommissione sulle diverse proposte contenute nella
relazione Gueli. In particolare si soffermò sui temi degli “effetti del sindacato”, della scelta
e della composizione “dell’organo da investire della potestà di controllo, nonché circa la
legittimazione ad agire”42 e rilevò i timori espressi dai commissari di fronte all’evidenza
“della ineliminabile discrezionalità insita nell’attività del giudicare” 43. La Commissione
Forti, quindi, si espresse all’unanimità a favore dell’introduzione del controllo di
costituzionalità – strumento indispensabile in presenza di una Costituzione scritta –
mentre, a maggioranza, si dichiarò a favore della proposta di creare una Corte “dotata di
un prestigio anche politico adeguato alle sue altissime funzioni … composta da membri
eletti nel proprio seno dalla Corte di Cassazione e in proporzione gradualmente minore
dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei Conti, dalle facoltà giuridiche, nonché dagli ordini
degli avvocati”44 da adire attraverso un’azione popolare.
Anche se l’Assemblea costituente si discostò dalle proposte della Commissione Forti, il
dibattito svoltosi in tale sede di certo consentì alla Commissione dei 75 e all’Assemblea
costituente nel suo complesso di affrontare il tema del controllo di costituzionalità e
dell’introduzione della Corte trovando già risolte molte delle questioni preliminari e
soprattutto avendo chiara l’inopportunità di attribuire al giudice comune una valutazione
non limitata agli aspetti tecnico- giuridici, ma spesso a quelli politici45.
Quanto avvenuto in occasione della discussione sulla Corte costituzionale appare
confermare le tesi di coloro che hanno voluto mettere in evidenza come la Commissione
Forti, pur svolgendo un lavoro meramente tecnico, nel rispetto delle indicazioni ricevute,
necessariamente dovette fare scelte “politiche”, prendendo posizioni su alcuni temi,
attraverso votazioni che aiutarono a far emergere le opinioni di maggioranza e a “fissare
punti fermi da cui partire”, punti fermi che – pur se inseriti in una gamma di diverse
opzioni possibili - “verranno a rappresentare il punto di partenza di molte scelte che, nella
fase successiva, la Costituente si troverà a dover affrontare”46. Del resto, come è stato
40 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 57. 41 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 52 s. 42 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 59. 43 E. Lamarque, Corte costituzionale …, cit. 44 Commissione per Studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, Relazione all’Assemblea Costituente…, cit., 64. 45 E. Lamarque, Corte costituzionale …, cit, 20. 46E. Cheli, I giuristi…, cit.; C. Margiotta Broglio, La Corte costituzionale …, cit.; P. Pombeni, La Costituente…, cit..; E.Balboni, E. Balboni, Le riforme…. Peraltro alcuni dei componenti della Commissione Forti entreranno anche nella Costituente. Zagrebelsky ricorda poi che anche i giuristi della Commissione Forti che non presero parte ai lavori dell’Assemblea costituente svolsero comunque “dall’esterno, un ruolo rilevante di discussione, elaborazione e critica dell’opera di edificazione del nuovo edificio costituzionale” (G. Zagrebelsky, La Commissione Forti …, cit., 158).
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osservato, erano gli stessi temi “che non consentivano di prescindere totalmente da
valutazioni di ordine politico o ideologico, pur se sostenute da solide argomentazioni
giuridiche”47.
5. La Corte costituzionale nelle riflessioni successive di Vincenzo Gueli
Il modello di giustizia costituzionale proposto da Vincenzo Gueli era ispirato ad una
visione generale e più ampia dell’ordinamento giuridico e del rapporto tra politica e diritto.
Si tratta di temi complessi che Gueli approfondì nel corso dei suoi studi segnati sia
dall’utilizzo del metodo comparatistico, sia dalla lettura antiformalista della Costituzione.
Ad esempio nel 1957, nel lavoro La Corte Costituzionale, pubblicato negli Scritti giuridici in
memoria di P. Calamandrei48, illustrando i problemi che avevano accompagnato la nascita
della Corte e le sue caratteristiche salienti, egli non mancò di mettere in luce le perplessità
che lo avevano spinto a criticarne l’istituzione. In questa occasione precisò che le norme
costituzionali dovevano essere interpretate alla luce della Costituzione in senso materiale
dato che “trovano nelle convinzioni fondamentali, in cui questa consiste, il limite della
loro vigenza. Vigono cioè fino al punto in cui corrispondono a questa effettiva realtà”49.
In questa occasione Gueli tronò a ribadire lo stretto collegamento tra il concetto di
Costituzione materiale ed il controllo di costituzionalità diffuso: “per stabilire il contenuto
delle norme costituzionali ... bisogna far riferimento necessariamente a quella «politica»,
che risiede nel complesso delle convinzioni fondamentali prevalenti in un dato popolo e
che formano la sua reale costituzione. Ma se questo è necessario è evidente che la funzione
del sindacato di costituzionalità non dovrebbe essere concentrata in un gruppo sparuto di
persone componenti un solo organo. Questo, infatti, per quanto costituito con cautela,
necessariamente assume una posizione di monopolio … e ... la giurisdizione costituzionale
diffusa è … certo più aderente alle esigenze che derivano dalla stessa realtà del diritto”50.
Gueli proseguiva affermando che se invece tutti i giudici fossero “chiamati a partecipare a
quest’opera di mantenimento dell’ordine costituzionale … e attraverso l’opera dei giudici,
tutti gli avvocati d’Italia ... si sarebbe veramente aperta la strada al reciproco, costante
influsso delle convinzioni politiche fondamentali del popolo, che ne formano la reale
costituzione, e dell’interpretazione giudiziaria della costituzione scritta. Si sarebbe cioè
47 G. D’Alessio (a cura di), Alle origini…, cit.., 18. 48 V. Gueli, La Corte Costituzionale, in Scritti giuridici in memoria di P. Calamandrei, III, Cedam Padova, 1957, pubblicato in V. Gueli, Scritti vari, Giuffrè, Milano, 1976. 49 V. Gueli, La Corte Costituzionale…, cit., 1030. 50 V. Gueli, La Corte Costituzionale…, cit., 1030.
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veramente assicurata la costante aderenza dell’interpretazione della costituzione scritta alla
costituzione reale”51.
Vincenzo Gueli quindi confermò la sua contrarietà al controllo accentrato della Corte
costituzionale e il suo favore al controllo diffuso. Una tesi che rimase isolata, ma che
certamente ha svolto un ruolo importante nella riflessione sulla giustizia costituzionale e
nel richiamare quest’ultima ad una costante fedeltà allo “spirito di una costituzione
democratica” 52.
51 V. Gueli, La Corte Costituzionale…, cit., 1030. 52 V. Gueli, La Corte Costituzionale…, cit., 1031.