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luglio-dicembre

Jam Session 3

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Jam Session 3

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  • luglio-dicembre

  • Sommario

    3

    di Giorgio Fabbri

    10

    La scrittura di Duke Ellington per la sezione di sassofoni

    di Michele Corcella

    26

    Uso della metafora in musica di Arrigo Cappelletti

    29

    -------

    ---- Impaginazione grafica: Gabriele H. Marcelli

    ---- http://www.sidma.it

    Contatti:[email protected]

    ________________

    In attesa di autorizzazione del Tribunale di Prato.

    N.II, 3, luglio-dicembre 2005

    Didattica

    Riflessioni

    Autori

    Analisi

    Musica jazz e musica rinascimentale: avanguardie di un nuovo curricolo musicale?

    JamSessionSemestrale di pedagogia e

    didattica afroamericana.

    Direttore responsabile:Vincenzo Caporaletti

    Direttore:Enrico Malucelli

  • 3 Jam Session 3

    DIDATTICA

    MUSICA JAZZ E MUSICA RINASCIMENTALE:AVANGUARDIE DI UN NUOVO CURRICOLO MUSICALE?di Giorgio Fabbri

    Premessa

    Anche il Conservatorio G. Frescobaldi di Ferrara, come altri Conservatori

    italiani, ha recentemente avviato un corso triennale sperimentale per il

    conseguimento del Diploma Accademico di I Livello in Musica Jazz, un titolo

    equiparato alla Laurea universitaria di I Livello. Le iscrizioni sono state numerose,

    a conferma dellinteresse che il jazz e le musiche affini suscitano nei giovani. Per

    ragioni del tutto casuali, accanto al jazz, il Frescobaldi ha attivato anche corsi di

    musica rinascimentale, con particolare riferimento al repertorio strumentale,

    frequentati da numerosi iscritti di tutte le et e le provenienze. In alcune giornate le

    due attivit convivono e il conservatorio tutto un pullulare di sonorit e

    strumenti musicali fino ad ora inauditi, nel pieno senso del termine. Le

    bombarde e i cornetti, le dulciane e le viole da gamba rinascimentali risuonano

    insieme con le chitarre e i bassi elettrici, i sax e le percussioni latino-americane; le

    pavane e le gagliarde del cinquecento ferrarese con gli standard e le songs di

    provenienza afroamericana.

    Galassie lontane tra loro anni luce? Camere stagne non comunicanti? In realt

    non cos. Il musicista jazz e il musicista rinascimentale, forse senza saperlo,

    hanno moltissimi aspetti in comune.

  • Jam Session 3 4

    Una domanda

    Partendo da una breve analisi delle affinit tra jazz e Rinascimento, vorrei

    proporre al lettore uno stimolante interrogativo: possibile progettare un nuovo

    curricolo di studi musicali, tenendo conto degli aspetti che caratterizzano la musica

    jazz e la figura del jazzista (e anche di quello rinascimentale)? A questo scopo sar

    interessante il confronto con le considerazioni contenute nel documento dal titolo

    Venti considerazioni per la costruzione di un curricolo musicale, curato da Carlo

    Delfrati, una delle figure pi illuminate nellambito della didattica musicale italiana.

    Sono materiali provenienti dalla Commissione sul Riordino dei Cicli istituita nel

    2001, nel quale sar possibile notare come gli aspetti che Delfrati giudica rilevanti e

    indispensabili siano tutti presenti nella musica jazz (e anche in quella

    rinascimentale).

    Musica rinascimentale e musica jazz: sorprendenti affinit

    Mai pi soli

    La pratica del far musica insieme alla base di ambedue i linguaggi, quello

    jazzistico e quello rinascimentale. In ambedue i mondi la figura del musicista solista

    praticamente sconosciuta. Anche quando, nel jazz, il gruppo costruito per

    accompagnare una grande star, sempre presente, come inderogabile necessit,

    lesigenza che il solista dialoghi, interagisca, si relazioni attivamente con i musicisti

    che lo affiancano. E interessante notare come anche Delfrati consideri quella

    collettiva come una delle attivit pi tipiche e significative della disciplina

    musicale. Il far musica insieme esige una serie di condotte: saper conservare la

    propria autonomia e contemporaneamente sapersi coordinare con gli altri,

    equilibrando la propria sonorit con quella degli altri, saper ascoltare il risultato

    dellinsieme, saper rispettare le consegne stabilite, saper assumere ruoli diversi.

    Tutte esperienze, nella loro sostanza uditiva, specifiche e non surrogabili. Un

    curricolo musicale rinnovato dovrebbe pertanto dare ampio spazio alla musica

    dinsieme: se oggi questa disciplina spesso trascurata perch, a causa

  • 5 Jam Session 3

    dellimpossibilit avuta per un secolo intero da parte dei Conservatori italiani di

    rinnovare i curricula musicali, si continua ad operare nel campo della formazione

    musicale come se si vivesse nellOttocento, quando la figura musicale di

    riferimento era il grande solista, il virtuoso dello strumento. A dire il vero, si

    segnalano alcune inversioni di tendenza, come ad esempio la Scuola di Musica di

    Fiesole, la quale dedica un numero molto pi alto di ore alla musica di insieme,

    rispetto allattivit solistica, ottenendo risultati di eccellenza attraverso una via

    diametralmente opposta rispetto a quella seguita dai Conservatori. Gli accordi di

    collaborazione che il Conservatorio di Ferrara ha stretto con Fiesole vanno anche

    nella direzione di ripensare il curricolo musicale impostandolo sulla priorit

    assegnata alla musica dinsieme.

    Improvviso dunque s(u)ono

    Il jazzista, si sa, soprattutto esperto nellarte dellimprovvisazione, la quale

    tuttavia unarte che non si improvvisa. Oltre alla padronanza tecnica del proprio

    strumento, richiede approfondite conoscenze dellarmonia, delle diverse scale, delle

    stilistiche dei vari periodi storici che hanno caratterizzato la storia del jazz. Include

    molte competenze trasversali. Anche per il collega del rinascimento sono

    fondamentali conoscenze armoniche, contrappuntistiche, stilistiche, in quanto

    larte della diminuzione, una forma di manipolazione creativa del suono che ha

    molte affinit con limprovvisazione vera e propria. Linterprete del rinascimento

    ha davanti a s semplici tracce musicali, che sar compito suo arricchire, variare,

    modificare nel corso dellesecuzione, interagendo con gli altri esecutori. La

    sequenza degli accordi del siglato jazzistico, trova un preciso equivalente nella

    successione delle impalcature armoniche rinascimentali, specie nella musica

    strumentale: ambedue tracce allusive, contenitori da riempire, binari da cui non si

    pu uscire, ma che consentono lofferta di panorami sonori ogni volta

    sorprendentemente nuovi e diversi. Ecco quindi un secondo elemento

    fondamentale nel curricolo musicale, evidenziato anche da Delfrati: lattivit di

  • Jam Session 3 6

    manipolazione creativa del suono, nella costruzione di eventi sonori, con la voce,

    gli strumenti, i mezzi sonori disponibili: variazioni di materiali sonori dati,

    creazione di eventi nuovi, improvvisazioni vocali e strumentali e cos via; ma anche

    decisioni personali sulle scelte riguardanti lesecuzione del repertorio, dinamiche,

    agogiche, timbriche.

    Ben udire per ben suonare

    Suonare insieme richiede lo sviluppo della capacit di ascoltare. Chi non sa

    ascoltare non pu pensare di inserirsi proficuamente nella meravigliosa spirale della

    comunicazione spontanea che caratterizza il jazz. Per questo cos importante

    educare lorecchio, e il corso di Ear training nel triennio jazz, riveste un ruolo

    fondamentale. In particolare lo sviluppo dellorecchio armonico, che nei corsi di

    Conservatorio non praticato, invece competenza basilare per il jazzista, in

    quanto senza la capacit di discriminare le armonie scelte dalla sezione ritmica, con

    tutte le infinite variabili e sostituzioni, del tutto pregiudicata la possibilit di

    costruire improvvisazioni coerenti ed efficaci.

    Analoghe competenze sono richieste al musicista rinascimentale, dal momento

    che la sua azione esecutiva connessa a quella del musicista che gli sta accanto, e

    che una corretta interrelazione non sar pertanto possibile in assenza di un

    orecchio sviluppato e di una disponibilit costante allascolto reciproco.

    Ascoltare e ascoltare bene sono capacit indispensabili anche per Delfrati, il

    quale ribadisce che leducazione della percezione uditiva il fondamento su cui si

    costruisce ogni esperienza musicale, sia di tipo operativo sia di tipo cognitivo. La

    capacit di ascoltare gli eventi sonori e musicali si traduce tout court in capacit di

    ascoltare se stessi, come presa di coscienza delle proprie modalit di sentire, e

    capacit di ascoltare gli altri, come partecipazione empatica, "consonante" con il

    loro mondo interiore.

  • 7 Jam Session 3

    Identit emotive

    La possibilit di intervenire personalmente nei processi esecutivi, di dire la

    propria, di far emergere il proprio pensiero musicale tratto distintivo del jazzista.

    Diversamente dallinterprete, il cui compito precipuo far emergere al meglio il

    pensiero e le intenzioni del compositore che ha scritto il brano, per il jazzista la

    componente di intervento personale costituisce elemento di necessit. Analoghi

    spazi di intervento sono richiesti al musicista rinascimentale. E Delfrati ribadisce

    che anche nel curricolo di educazione musicale sono necessarie scelte che

    rispettino e valorizzino lidentit musicale del singolo allievo. La musica fa leva

    sulla dimensione affettiva: veicolando stati e percorsi emozionali specifici, il far

    musica, con la voce, con gli strumenti, con i mezzi a disposizione, permette, allo

    studente di musica, di esplorare, nellemotivit della musica, la propria emotivit.

    Finalmente un curricolo musicale dove alla tecnica strumentale si affianca

    linteresse per leducazione emotiva dello studente!

    Non c musica senza storia

    Non esisterebbe il jazz senza la storia della civilt afro-americana, il passaggio

    dallo schiavismo allemancipazione razziale, che ha visto laffermarsi di una cultura

    che ha trovato nella musica lespressione pi profonda. Interessante ancora una

    volta notare le osservazioni di Delfrati: La musica non nasce come un gioco di

    dadi. Ogni composizione musicale, ogni performance musicale, nascono come

    voce dellintero mondo simbolico degli individui che li creano e della loro societ

    di appartenenza. Per questa ragione la comprensione dellevento musicale, inserita

    nella pi ampia lettura multidisciplinare della realt, apre il giovane allintero

    ambito di cultura e civilt da cui levento scaturito, storico, sociale, antropologico,

    religioso e via continuando, cos come avviene con le manifestazioni che hanno

    preso corpo negli altri linguaggi: a condizione che gli siano fornite griglie

    interpretative sempre pi ricche e criteri per un ascolto analitico sempre meglio

    articolato.

  • Jam Session 3 8

    Gli ingredienti del curricolo

    Far musica insieme, sviluppare le capacit di ascolto, lavorare alla manipolazione

    creativa del suono, sviluppare lidentit cognitiva ed emotiva del musicista,

    collocare la propria esperienza musicale in un contesto storico e sociale: ecco

    elementi indispensabili, presenti nel jazz come nella musica del rinascimento, che

    dovrebbero essere parte integrante di un rinnovato curricolo musicale di studi.

    Essi corrispondono a quelli che possono essere definiti i bisogni prevalenti nei

    percorsi formativi: il bisogno di conoscere, di capire, di interpretare, i quali

    dovranno trovare perfetta corrispondenza nel bisogno di esprimersi, comunicare,

    riprodurre. Diviene perci indispensabile che, come dice ancora Delfrati, un

    insegnamento sia messo in relazione con tutti gli altri; che ci sia cio integrazione/

    circolarit tra le diverse forme dellesperienza musicale, in modo tale per cui nel

    corso degli studi [in particolare in quelli di base, n.d.r.] tutto possa avvenire,

    cantare, suonare, inventare, ascoltare, scrivere.

    In conclusione

    Per pensare ad un rinnovamento degli studi musicali, dobbiamo forse tornare al

    passato. Tornare al 700, quando il teorico Martin Heinrich Fuhrmann

    raccomandava nel suo Musikalischer-Trichter che ogni musicista venisse istruito nelle

    tre branche fondamentali della competenza musicale, la musica teoretica, la musica

    pratica, cantare e suonare; e la musica poetica, la composizione.

    Oppure rifarci al grande pedagogo Jean-Jacques Rousseau, il quale prevedeva

    che il giovane avviato alla professione musicale dovesse essere in grado di cavarsela

    un po in tutti i rami dellesperienza musicale: imparava a cantare, prima di tutto; a

    suonare, con e senza il sussidio della notazione; a comporre, a improvvisare,

    confermando una pratica in uso da secoli proprio nelle scuole di musica.

    Questa figura di musicista non poi cos lontana da noi. Il jazzista eccellente

    possiede tutte queste qualit, cos come il virtuoso del rinascimento: ambedue

    potrebbero pertanto essere assunti come modello, per giungere a identificare un

  • 9 Jam Session 3

    nuovo curricolo di studi musicali, che porti a formare una figura di musicista che

    meglio corrisponda alle esigenze del mondo nel quale viviamo, che consenta di

    compenetrare le esigenze di formazione professionale e di educazione alla musica,

    dando finalmente efficacia ad unazione didattica che nei Conservatori ancora

    fondata su programmi stesi ai primi anni del Novecento.

    Un curricolo, per dirla ancora con Delfrati, che consenta allo studente di

    sviluppare al meglio le proprie potenzialit, portandolo a padroneggiare i mezzi

    per orientarsi nel mondo, per agirvi positivamente, per compiervi le proprie scelte,

    per conoscere e rendere operative le proprie vocazioni.

    Giorgio Fabbri

    Direttore del Conservatorio G. Frescobaldi Ferrara

    Il documento completo delle Venti considerazioni per la costruzione di un curricolo

    musicale di Carlo Delfrati sul sito http://www.siem-online.it/docu/muscrif/

    delfra2.htm

  • Jam Session 3 10

    ANALISILA SCRITTURA DI DUKE ELLINGTON PER LA SEZIONE DI SASSOFONIdi Michele Corcella

    Nessuno pi di Duke Ellington merita

    lappellativo di compositore di musica

    jazz. In un settore musicale dominato da

    grandi solisti e improvvisatori la sua

    figura appare unica e probabilmente

    irripetibile. Tutti i compositori e

    arrangiatori che sono apparsi alla ribalta

    nel corso degli anni hanno sempre

    dichiarato pi o meno apertamente linfluenza del Duca. Tuttavia la musica di

    Ellington ancora avvolta da un certo mistero, in maniera analoga alla sua vita

    privata, nonostante gli innumerevoli studi finalizzati a svelare la vera personalit

    delluomo e della sua arte.

    Due motivi rendono arduo il lavoro del musicologo o del compositore che vuole

    studiare la sua musica. Il primo riguarda la sua formazione da autodidatta.

    Ellington non appartiene a nessuna scuola e sebbene sia stato pi volte etichettato,

    al pari di altri importanti bandleader, come esponente della Swing Era, evidente

    come la sua orchestra abbia un sound personalissimo e differente. Ellington non ha

    mai studiato seriamente armonia e composizione ma il suo stile stato forgiato

    dalla pratica sul campo, per prove ed errori. Chi si avvicina allo studio della sua

    opera deve essere consapevole che, se analizzata secondo le norme dei vari manuali

    di armonia e arrangiamento, si trover davanti ad una scrittura che sar spesso

    piena di errori. Ribaltando la prospettiva, e aggiungendo un tono polemico, si

    pu concludere che chi studia arrangiamento e composizione jazz non ha gli

    Duke Ellington e Ben Webster

  • 11 Jam Session 3

    strumenti per capire le tecniche e la poetica delluomo che pi di ogni altro ha

    contribuito ad elevare queste discipline, fino ad essere sdoganate anche da alcuni

    esponenti della musica colta europea. Studiando i vari trattati di arrangiamento jazz

    si potranno acquisire le tecniche per padroneggiare una scrittura di tipo

    tradizionale (la scuola che va da Benny Carter a Thad Jones, tanto per fare dei

    nomi), ma si continuer a guardare lopera di Ellington (e aggiungiamo di

    Strayhorn) come qualcosa di misterioso e irraggiungibile.

    Il secondo punto riguarda leffetto timbrico: Ellington scriveva non per

    strumenti astratti ma per i singoli musicisti che aveva a disposizione, ciascuno con

    le proprie inimitabili caratteristiche. Di conseguenza alcune di queste scelte

    sgrammaticate trovano una loro logica proprio nel personale suono dei musicisti

    che le eseguono. Ellington quindi conosceva perfettamente gli elementi distintivi

    degli uomini che aveva a disposizione: il suo strumento era lintera orchestra e

    spesso ha dovuto faticare per tenerla sempre in piedi e per evitare di perdere i

    musicisti di spicco, specie nei periodi di maggiore crisi per le big band.

    Sia pure la critica tenda a considerare il periodo che va dal 1939 al 1942 come il

    periodo di maggiore splendore del Duca, grazie anche alla breve presenza in

    orchestra di due giganti quali Jimmy Blanton e Ben Webster, negli anni Cinquanta e

    Sessanta Ellington ha scritto alcune delle pagine pi belle della sua carriera. Uno

    dei motivi di questa prolungata fase creativa la stabile presenza nella sezione delle

    ance di cinque grandissimi musicisti: Johnny Hodges al primo sax contralto, Russell

    Procope al secondo sax contralto e al clarinetto, Jimmy Hamilton al primo sax

    tenore e al clarinetto, Paul Gonsalves al secondo sax tenore e Harry Carney al sax

    baritono, al clarinetto basso e occasionalmente al clarinetto. Proprio in virt di

    questa stabilit, in questi anni Ellington ha avuto una certa tendenza a privilegiare

    la sezione dei sassofoni sugli ottoni, come indicato da Richard Domek (1999).

    Lapertura al pubblico degli archivi contenenti innumerevoli manoscritti di

    Ellington, oltre alle parti staccate per i singoli musicisti redatte prevalentemente dal

    copista di fiducia Tom Whaley, sta rendendo possibile uno studio approfondito e

  • Jam Session 3 12

    dettagliato sulla scrittura del compositore. Walter van de Leur, nel suo lavoro su

    Billy Strayhorn (2002) ha sottolineato lenorme difficolt di giungere a risultati

    corretti trascrivendo la musica ellingtoniana direttamente dai dischi, anche in virt

    delle condotte poco ortodosse del compositore. Paragonando i risultati delle

    trascrizioni con i manoscritti ci si rende conto della quasi impossibilit di svolgere

    unanalisi corretta senza attingere direttamente alla fonte primaria.

    In questo lavoro cercheremo di trovare alcune delle chiavi per capire le tecniche

    di scrittura di Ellington per la sezione dei sassofoni. Per svolgere questo compito

    utilizzeremo come fonte alcuni dei manoscritti relativi alle colonne sonore del film

    Paris Blues e Anatomy of a Murder (Anatomia di un omicidio). Ai fini analitici

    utilizzeremo esclusivamente manoscritti di Ellington tralasciando le parti staccate,

    dal momento che in questo caso non tutte sono di mano di Whaley, lunico con

    Billy Strayhorn a conoscere i segreti delle partiture del Maestro. Secondariamente,

    per maggior rigore analitico utilizzeremo le partiture relative ai cosiddetti sax soli

    o comunque sezioni in cui i sassofoni armonizzati hanno la parte principale, con

    un preferenza per gli esempi comprendenti le sigle degli accordi per il bassista.

    Prima di esaminare le partiture elenchiamo brevemente le principali

    caratteristiche di scrittura che verificheremo nel corso dellanalisi:

    1) uso quasi esclusivo delle posizioni chiuse (block chords) e raro utilizzo delle

    posizioni aperte.

    2) Incroci delle parti (voice crossing), principalmente tra Carney e Gonsalves.

    3) Utilizzo delle blue note a livello armonico e non solo melodico (blue note

    voicings)

    4) Ribaltamento del rapporto tonica-dominate o pi in generale accordo

    siglato-dominante secondaria.

    5) Personalissimo uso degli accordi di passaggio.

    6) Uso idiosincratico della tecnica di armonizzazione delle note di passaggio

    (comunemente detta chromatic approach).

  • 13 Jam Session 3

    7) Alternanza della scrittura a blocchi accordali con armonie generate dal

    movimento melodico delle singole voci (linear approach).

    8) Utilizzo dellarmonia in funzione timbrica.

    Ciascuna di queste tecniche verr approfondita nel momento in cui verr

    evidenziata dallanalisi stessa. Fanno eccezione i primi due punti, che bene

    chiarire prima di avvicinarsi allo studio della singolare scrittura per la sezione dei

    sax.

    Ellington utilizza quasi esclusivamente armonie a quattro parti con la quinta

    voce che raddoppia la melodia allottava inferiore. Questa una delle tecniche pi

    comuni di scrittura per sassofoni ed contemplata in tutti i manuali di

    arrangiamento jazz. Tuttavia Ellington compie due importanti variazioni. La prima,

    fondamentale, il ribaltamento tra quarta e quinta voce: quasi sempre il sax

    tenore di Gonsalves a doppiare la melodia allottava inferiore mentre il baritono di

    Carney suona la voce immediatamente superiore. Questa la disposizione pi

    utilizzata nella scrittura dei sax soli ma, come vedremo, non esclusiva. Da buon

    autodidatta Ellington, cos come non era interessato a seguire le rigide regole

    dellarmonia, analogamente non era interessato a seguire le regole stabilite da se

    stesso.

    La seconda peculiarit rispetto alla manualistica riguarda lutilizzo dei block chords

    anche quando la lead line, di regola suonata da Hodges, va molto in alto. Una

    scrittura corretta prevede lutilizzo di posizioni aperte quando la top voice acuta,

    per evitare che il sax baritono esca dal registro in cui ha un suono pi robusto.

    Ellington invece sfrutta magistralmente il registro acuto di Carney: ne consegue il

    ricorso rarissimo alla posizione drop 2; la posizione drop 2 e 4 non mai utilizzata

    nei sax soli ma sfruttata nei background dei sassofoni.

    Come detto, nellutilizzare la scrittura a parti strette Ellington preferisce disporre

    Carney e Gonsalves a distanza di semitono, con il tenore sotto il baritono. E

    questo uno degli elementi che rende cos unico il sound dei sassofoni ellingtoniani,

    evidente soprattutto quando la sezione si spinge verso il registro acuto. In

  • Jam Session 3 14

    particolare sugli accordi di dominante Ellington utilizza spesso armonie costruite

    sulla scala ottofonica (semitono-tono), sfruttandone le simmetrie e il caratteristico

    intervallo di semitono tra tenore e baritono. Chiameremo questi accordi Ellington

    Voicings 1, 2 e 3 (da qui E.V): essi hanno tutti la stessa struttura intervallare ma

    partono rispettivamente dalla fondamentale, dalla tredicesima e dalla nona

    eccedente. Nellesempio seguente sono trasportati Do.

    Es. 1 Ellington Voicings sulla scala ottofonica.

    Per rispettare le simmetrie di terza minore, caratteristiche della scala semitono-

    tono, Ellington dovrebbe utilizzare la stessa disposizione accordale anche partendo

    dalla quarta aumentata (Fa# nellesempio in Do). In realt questo accordo, che

    comunque chiameremo E.V. 4, rarissimo nella scrittura per sassofoni,

    probabilmente per la compresenza nelle due voci pi gravi della quarta eccedente e

    della quinta giusta.

    In aggiunta a queste armonie Ellington ricorre a un paio di variazioni delle

    prime due disposizioni: come si vede nelles. 2, lintervallo di semitono tra

    Gonsalves e Carney rimane costante, ma in certi casi sostituisce la quinta giusta

    con la quinta eccedente (E.V. 1b), in altri la nona minore con la nona maggiore

    (E.V. 2b). Qui il compositore utilizza strutture simili ma costruite sulla scala

    alterata (nel primo esempio) e sul modo misolidio (nel secondo).

  • 15 Jam Session 3

    Es. 2. Ellington Voicings, varianti.

    Si tenga presente che il derivare le armonie dalle rispettive scale una procedura

    esclusivamente analitica, dal momento che nulla fa supporre una logica di questo

    tipo nel pensiero compositivo di Ellington. Analogamente fondamentale

    precisare che queste armonie non sono una caratteristica esclusiva di Ellington, e

    sono infatti contemplate nei vari metodi di arrangiamento. Egli ne fa per un tratto

    distintivo utilizzandole in tutte le sezioni di sax soli, e le personalizza per mezzo

    dello scambio delle parti tra Carney e Gonsalves e posizionandole nel registro

    acuto, sempre e rigorosamente a parti strette.

    Dopo queste importanti premesse, passiamo ad analizzare i singoli esempi

    musicali. Il primo (Es. 3) tratto dalla composizione Nite, dalla colonna sonora di

    Paris Blues (1961), e precisamente la parte di sax soli dalla misura 83 alla misura

    93. Per prima cosa opportuno osservare la disposizione della parte delle ance in

    un tipico manoscritto ellingtoniano. I sassofoni sono disposti su tre righi: il primo

    in chiave di violino per i sax contralti, il secondo in chiave di basso per i due tenori

    e il terzo in chiave di violino per il sax baritono, scritto un ottava sopra i suoni

    reali. Posizionare il baritono su un rigo separato dal resto della sezione gi

    sufficiente ad evidenziare limportanza del ruolo di Harry Carney nella poetica di

    Ellington. Tuttavia nella presente trascrizione distribuiamo gli strumenti secondo la

    disposizione convenzionale. Addentriamoci allinterno del manoscritto e

    osserviamo quanti tocchi ellingtoniani possano essere contenuti in sole undici

    misure.

  • Jam Session 3 16

    Es. 3. Nite, batt. 83-93.

  • 17 Jam Session 3

    Nella prima misura troviamo la strategia del ribaltamento del rapporto accordo

    siglato-dominante secondaria. I manuali di arrangiamento prevedono la possibilit

    di armonizzare le note di passaggio con la dominante della sigla corrente. In

    questo caso larmonia Lab maggiore, per cui la sua dominante Mib7. Questa

    tecnica comunque consentita solo sulle note di passaggio, di breve durata,

    quindi ottavi o al massimo quarti. Ellington ribalta questa regola. Il secondo

    accordo un Mib7, come previsto, ma la nota al canto un mib, quinta di Lab, e

    quindi non una nota di passaggio. Soprattutto non una nota di passaggio perch

    si trova in battere per la durata di ben due quarti, su unarmonia che ne dura

    quattro. Nella parte di contrabbasso Ellington indica di rimanere su Lab maggiore

    proprio per ottenere degli urti armonici, aumentati anche dalla disposizione con

    E.V.1, col semitono che vibra tra Carney e Gonsalves, che suonano rispettivamente

    come nona minore e fondamentale di Mib7.

  • Jam Session 3 18

    Osserviamo le sigle che il copista estrarr poi per il contrabbasso. Spiccano per

    semplicit, nonostante il linguaggio armonico di Ellington sia estremamente

    avanzato. La mia ipotesi che il compositore abbia un pensiero a livelli, pi

    vicino ad una tradizione africana che europea, per cui ci che avviene a livello

    superiore non necessariamente deve essere attinente a ci che avviene a livello

    inferiore. Secondariamente la semplificazione delle sigle consente un utilizzo

    timbrico e non funzionale dellarmonia. Ad esempio nella prima misura su una

    sigla di Lab maggiore, abbiamo sia un Lab6 (primo accordo) sia un Lab7 (terzo

    accordo) che in questo caso non ha funzione di dominante di Reb, ma

    semplicemente un colore, un timbro. Questo evidente osservando il manoscritto.

    Tutte le voci in questa prima misura sono diatoniche alla tonalit e alla sigla, con

    un eccezione: il baritono di Carney. Ecco spiegato uno dei motivi del

    posizionamento della sua parte su un pentagramma separato: spetta a Carney

    suonare il mi naturale, nona minore di Mib7 nel secondo accordo, e il solb, settima

    minore di Lab che, come abbiamo detto, non risolve. Quindi una prima ipotesi

    sulle possibili motivazioni dello scambio delle parti tra baritono e tenore la

    necessit di affidare a Carney e al suo personalissimo sound le note caratteristiche

    degli accordi, pi in senso timbrico che funzionale, liberandolo dal compito di

    doppiare la melodia allottava inferiore.

    Ricordiamoci che Ellington non rispettava neppure le sue stesse regole, come

    dimostra lultimo accordo della terza misura. Si tratta di un accordo di Mibm6,

    nonostante in partitura la sigla sia di Mib maggiore. Si tratta di un blue note voicing, in

    quanto il solb non altro che una blue note utilizzata in chiave armonica e non solo

    melodica: essa affidata non a Carney, bens al primo tenore di Jimmy Hamilton.

    Nella misura successiva Ellington varia nuovamente una delle sue stesse tecniche:

    cos come nella prima battuta avevamo un lungo accordo di Mib7, dominante

    dellaccordo siglato Lab, ora sullaccordo siglato di Do7 sovrapposta la sua

    sottodominante, Fa7, con la disposizione E.V. 2.

  • 19 Jam Session 3

    Lultimo accordo della sesta battuta un Sib7 con disposizione E.V.2. E'

    preceduto da un armonia di Si6 che costituisce unaltra frequente tecnica che

    abbiamo definito variazione del chromatic approach. Ellington utilizza armonie che

    distano di semitono, evitando per il parallelismo cromatico delle voci, a favore di

    ampi salti. Mentre i manuali di arrangiamento stabiliscono lutilizzo del chromatic

    approach quando la melodia sale o scende di semitono, in questo caso la lead line di

    Hodges salta di una quinta eccedente.

    Particolare attenzione merita la battuta 8 che sintetizza diverse tecniche

    ellingtoniane di scrittura. Il primo accordo chiaramente Fam7, il terzo accordo

    Sib7 con disposizione E.V. 2, mentre il secondo accordo alquanto singolare.

    Osserviamo che la melodia eseguita allottava da Hodges e Gonsalves compie il

    salto di terza minore discendente sib-sol. Le voci rimanenti eseguono uno

    scivolamento cromatico verso laccordo di Sib7. Di conseguenza il sib

    armonizzata con Si7 di cui costituisce la settima maggiore ovvero - secondo una

    scrittura accademica - la nota da evitare, qui per di pi suonata da ben due

    strumenti. In secondo luogo notiamo che Gonsalves doppia la melodia e quindi

    esegue un salto di terza minore, mentre Carney compie uno scivolamento

    cromatico: si trova cos ad essere la voce pi bassa dellaccordo di Si7. Possiamo

    concludere quindi che un altro dei motivi per cui Ellington pone il baritono sopra

    al tenore per seguire il movimento ad ottave parallele delle voci di Hodges e

    Gonsalves. Se il suo intento fosse stato solo di avere il tenore sotto il baritono

    anche in questo caso avrebbe comunque affidato al tenore la nota pi bassa.

    Concludiamo lanalisi di questo primo esempio osservando lultima misura, dove

    Ellington compie unaltra trasgressione delle regole: sullaccordo di Sib7 egli

    inserisce contemporaneamente la terza maggiore e la quarta giusta: un errore,

    secondo le regole dellarmonia tradizionale. Inoltre notiamo come la prassi di

    porre Carney e Gonsalves a distanza di semitono sia estesa anche ad accordi

    diversi da quelli che abbiamo definito Ellington Voicings.

  • Jam Session 3 20

    Il secondo esempio che analizziamo un passaggio per sassofoni tratto da

    Autumnal Suite, sempre da Paris Blues, in particolare le battute dalla 34 alla 42 del

    manoscritto (Es. 4). Questa sezione dimostra come luso delle sonorit ottenute

    dalla scala semitono-tono con lintervallo di semitono tra Gonsalves e Carney sia

    uno dei tratti distintivi del sound di Ellington in questo periodo, dal momento che

    interamente costruito sugli Ellington Voicings, ad eccezione della prima misura che

    comunque costituisce un lancio.

    Es. 4. Autumnal Suite, batt. 34-42.

  • 21 Jam Session 3

    Nella seconda battuta laccordo di Do7 in disposizione E.V.1. E importante

    sottolineare che questa posizione priva della settima minore, quindi secondo le

    regole un accordo incompleto. Ellington, come detto, interessato pi agli

    aspetti timbrici che funzionali dellarmonia, per cui pur di avere lintervallo di

    semitono tra Carney e Gonsalves disposto a rinunciare ad una delle note guida,

    ossia la settima minore nellaccordo di settima di dominante.

    Nella terza battuta inizia una sequenza cromatica di accordi tra Do7 e Fa7, tutti

    in posizione E.V.2. Stessa cosa avviene nelle misure seguenti da Fa7 a Sib7 e da

    Sib7 a Mib7. Nella penultima misura abbiamo proprio una esemplificazione di

    quanto detto, in quanto abbiamo laccordo di Mib7 in posizione E.V.3, E.V.1, e

    E.V.2. con tutte le voci che scendono simmetricamente di terza minore.

  • Jam Session 3 22

    Il terzo ed ultimo esempio costituito dallintroduzione e dalle prime due

    misure del tema di Almost Cried, tratto dalla colonna sonora di Anatomy of a Murder.

    Es. 5. Almost Cried.

  • 23 Jam Session 3

  • Jam Session 3 24

    Come nel caso del precedente Nite, anche in questo esempio evidente come in

    poche misure possano essere contenuti cos tante tecniche di scrittura anti-

    convenzionali. Per prima cosa questo passaggio ricco di Ellington Voicings, ad

    evidenziare ancora una volta come questa disposizione sia alla base della scrittura

    di Ellington per sassofoni.

    Nelle battute 2 e 6 troviamo la tecnica del ribaltamento tra laccordo siglato e la

    sua dominante secondaria. In entrambi i casi la dominante sul tempo forte delle

    rispettive battute e in entrambi i casi vale un quarto puntato. Anche questa una

    importante caratteristica ellingtoniana: essa tiene conto del fatto che lascoltatore

    non potr percepire larmonia dissonante come armonia di passaggio proprio per

    la sua durata e per gli urti che produce in relazione al basso, il quale invece segue le

    sigle indicate con un semplice walking. In entrambi i casi abbiamo degli intervalli di

    settima maggiore su armonie di settime di dominate: la nota si, terza maggiore di

    Sol7, viene sovrapposta allarmonia di Do7, cos come al nota la, terza di Fa7,

    viene suonata sullarmonia di Sib7. E il compositore a chi potr mai affidare queste

    note cos caratteristiche se non al sax baritono del fedelissimo Harry Carney?

    Ancora una volta evidente come nella musica di Ellington la disposizione delle

    voci non mai dettata semplicemente dai registri degli strumenti ma qualcosa che

    va oltre, e abbraccia anche la sfera umana e non solo musicale dei suoi sidemen.

    Le ultime due battute dellesempio, che costituiscono le prime due del tema vero

    e proprio, esemplificano le tecniche 6 e 7 del nostro elenco, che non abbiamo

    ancora esplicitato. Proviamo ad attribuire un nome a ciascun accordo di questo

    passaggio. Inevitabilmente ci troveremo di fronte ad accordi di difficile siglatura e

    che difficilmente possiamo interpretare come accordi di passaggio. Al contrario se

    invece suoniamo le singole voci di questo passaggio evidente come tutte abbiano

    una loro logicit. In questo caso il pensiero di Ellington non di tipo verticale, a

    blocchi, ma di tipo orizzontale, secondo quello che Bill Dobbins (1995) chiama

    linear approach. Nella prefazione del suo atipico manuale di arrangiamento, Dobbins

    spiega come sia giunto a questo metodo di scrittura proprio attraverso lo studio

  • 25 Jam Session 3

    della musica di Ellington. In questo caso, quindi, sono gli accordi ad essere generati

    dalle singole voci e non il contrario.

    Attraverso lutilizzo di diverse tecniche di scrittura, la musica di Ellington

    mantiene la sua peculiare riconoscibilit. Se poi cinque grandissimi musicisti, come

    i solisti della sezione sax degli anni Cinquanta e Sessanta, si mettono per anni al

    servizio di un autentico maestro della composizione e dellarrangiamento, i risultati

    non possono che essere straordinari.

    Attraverso gli studi analitici la tecnica di Ellington diventer forse meno

    misteriosa ma la sua musica diventer ancora pi affascinante, perch sar possibile

    comprendere pienamente la grandezza di vero genio della musica.

    Michele Corcella

    BIBLIOGRAFIA

    DOBBINS 1995: Bill Dobbins, Jazz Arranging and Composing: a Linear Approach, Advance Music, Rottemburg, 1995.

    DOMEK 1997: Richard Domek, Dukes development as a background artist, Jazz Research Proceedings Yearbook, 1997

    DOMEK 1999: Richard Domek, Compositional characteristics of later Ellington works, Jazz Research Proceedings Yearbook, 1999.

    DOMEK 2001: Richard Domek, Formula tuttis and sectional writing in later Ellington works, Jazz Research Proceedings Yearbook, 2001.

    HASSE 1993: John Edward Hasse, Beyond Category. The Life and Genius of Duke Ellington, Simon and Schuster, New York, 1993.

    STURM 1995: Fred Sturm, Changes over Time: The Evolution of Jazz Writing, Advance Music, Rottenburg N. 1995

    TUCKER 1993: Mark Tucker, The Duke Ellington Reader, Oxford University Press, New York 1993.

    VAN DE LEUR 2002: Walter van de Leur, Something to live for. The music of Billy Strayhorn, Oxford University Press, New York 2002.

    DISCOGRAFIA

    Duke Ellington, Anatomy of a Murder (Sony Music WK 75015)Duke Ellington, Paris Blues (Ryko RCD 10713)

  • Jam Session 3 26

    RIFLESSIONI

    USO DELLA METAFORA IN MUSICAdi Arrigo Cappelletti

    Io invece sostengo che la cura fondamentale per lemozione disturbata il recupero dellimmaginazione..... James Hillman

    Im a jazzman because I have a poor memory. Cos diceva Gil Evans a chi gli

    domandava lorigine della sua passione per il jazz. E se limprovvisazione musicale,

    nel jazz come altrove, fosse semplicemente un suonare a memoria?

    Cos , o cos appare, a volte. Ricombinazione fluida ( quando va bene) e in

    tempo reale di pattern melodici, ritmici, armonici, mandati a memoria.

    Chi sostiene questo non coglie per lintima natura dellimprovvisazione, che

    un andare oltre il gi detto, il gi fatto. Non suo trascendimento in vista di un

    possibile non ancora comparso allorizzonte, progetto grandioso ma inutile come

    gi spiegato da Heidegger nelle pagine memorabili sullimpossibilit per luomo di

    trascendere la propria finitezza. A differenza di una impossibile progettualit

    sembra invece di scoprire qui un movimento a ritroso , lo scardinamento e la

    destrutturazione dei risultati gi raggiunti alla ricerca di una loro possibile

    rifondazione. Movimento infinito, destinato a non concludersi mai, ma con un

    obiettivo finale importantissimo anche se non consapevole: quello di portarci alle

    radici di una cultura e di una psiche finalmente liberate.

    Qui nasce limpressione di ritorno alle origini che limprovvisazione (non

    sempre) sa darci e, dal nostro punto di vista, che quello delle condizioni che

    rendono possibile un accesso allimprovvisazione correttamente intesa, lutilit del

    ricorso alla metafora. Una utilit che appare ovvia non appena si pensi che, per

  • 27 Jam Session 3

    accedere a quella dimensione che abbiamo definito come originaria , lunica via

    per un musicista dimenticare le regole che governano la sintassi musicale e fare

    appello al proprio vissuto, non importa se culturale o no, alla propria esperienza di

    tutti i giorni.

    La metafora visiva, cinestetica, olfattiva etc...., facendo appello al nostro vissuto

    percettivo e comportamentale e alla nostra

    esperienza culturale, ci permette di by-

    passare una serie di imposizioni che,

    rimanendo allinterno del solito codice,

    sembrerebbero irrinunciabili, rifondando il

    nostro linguaggio musicale a partire dalle sue

    basi.

    Prendiamo il ritmo, ad esempio. Una

    suddivisione metrica regolare sembra a molti

    jazzisti, finch ragionano da musicisti, il

    contenitore inevitabile delle loro

    improvvisazioni. Tutto cambia se pensiamo

    al ritmo con il quale camminiamo,

    respiriamo, facciamo lamore. La regolarit precedente appare una forzatura, un

    artificio. E infatti il free jazz ha cancellato la classica divisione in battute e spesso

    anche lidea di una pulsazione regolare, in direzione di una musica fondata su un

    ritmo naturale e interno, lontano da quello oggettivo e metronomico. Stesso

    discorso per la distribuzione degli accenti. Si dice spesso che nel jazz laccento

    cade sui tempi deboli, non sui tempi forti. In tal modo si semplificano un po

    troppo le cose. Dal be-bop in poi e forse anche prima molti jazzisti si sono

    preoccupati di distribuire gli accenti nel modo pi irregolare e asimmetrico

    possibile, inseguendo lirregolarit di eventi non riconducibili alla ciclicit, peraltro

    relativa, di alcuni processi naturali ( pensiamo a un cane che abbaia, al nostro

    respiro quando siamo agitati). Gli esempi presi dalla tecnica strumentale, che ha

  • Jam Session 3 28

    sempre ritagliato dal continuum delle posture e delle capacit espressive di bocca,

    mani, piedi etc.... un numero limitato di possibilit, sono poi infiniti. Il jazz, non

    sottoponendo la tecnica strumentale a regole rigide, attribuendo uno speciale

    valore aggiunto alla capacit di trovare, non importa come, una propria originale

    voce strumentale, ha reso il fare musica pi libero, fondandolo su un uso naturale

    e spontaneo del corpo e delle sue possibilit espressive. Anche qui la metafora (

    suonare pulito, suonare sporo, suonare incazzato, cattivo, suonare in punta

    di forchetta, suonare aperto, disteso, suonare liquido, fluido) svolge un ruolo

    fondamentale, nel senso di aiutare a liberare dalle regole del codice, sia tecnico sia

    espressivo, e non necessariamente per ribaltarle, pi spesso per ampliarle e

    approfondirle. Quando con i miei allievi ricorro alla metafora verbale ad esempio

    ( organizza il discorso in frasi, non dire tutto allinizio, usa i punti, le virgole,

    traccia una trama, usa frasi-commento, frasi-eco, frasi-risposta etc....) non

    intendo rivoluzionare il linguaggio musicale usato dai pi, solo aiutare a viverlo in

    modo pi naturale, pi semplice e meno artificioso, scoprendo le potenzialit

    nascoste in regole un po fredde e punitive.

    Con questo scopriamo un altro effetto delluso della metafora in musica. Non

    solo la metafora, mettendo a disposizione dei musicisti limmenso campo

    dellesperienza pre- ed extra-musicale, si rivela un potentissimo strumento di

    ricerca e di svelamento di possibilit tecniche ed espressive prima nascoste, con

    ovvi risvolti nel campo della didattica musicale. Mostrando una serie di immagini-

    guida, funge da stimolo e riferimento allimprovvisazione, evitandole di cadere

    nelle secche del tecnicismo e del manierismo o nella confusione e nel caos. E lo

    stesso processo di cui, in altro modo e altro contesto, parla James Hillman.

    Limmaginazione funge da stimolo e fornisce un modello che aiuta a vivere (e a

    suonare), nel momento stesso in cui d ordine e forma alle nostre emozioni.

    Arrigo Cappelletti

  • 29 Jam Session 3

    AUTORI

    Arrigo Cappelletti

    E uno dei pi originali pianisti della scena italiana. In trio esprime un jazz libero,

    intenso e raffinato, spesso intriso di elementi argentini o, pi di recente,

    portoghesi. Attualmente docente preso il Conservatorio di Venezia. Cappelletti

    anche saggista, autore tra laltro di una monografia su Paul Bley (LEpos).

    Michele Corcella

    Laureatoal DAMS di Bologna con una tesi sulle colonne sonore di Duke Ellington

    e diplomato al conservatorio G.B. Martini di Bologna in musica jazz e musica

    d'uso. Chitarrista, compositore e arrangiatore, si occupa dimusica jazz, brasiliana e

    africana. E' uno degli artisti della Scenario Music, etichetta con cui ha inciso vari

    album e compilation.

    Giorgio Fabbri

    Organista, compositore per il teatro e direttore dorchestra, stato direttore del

    Conservatorio di Adria. Attualmente direttore del Conservatorio di Ferrara.

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