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LA POESIA È DI CASA Festa della poesia nelle Case della Cultura

L A P O E SI AÈ D C - comune.roma.it

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LA POESIA È DI CASA

Festa della poesia nelle Case della Cultura

La poesia è di casa Festa della poesia nelle Case della Cultura

Sala Santa Rita Casa della Memoria e della Storia

Casa dei Teatri

Progetto e catalogo a cura di Stefania Fabri e Maddalena FallucchiPromosso e organizzato da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione, Dipartimento Cultura –

V U.O. Servizio Programmazione e Gestione Spazi Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura.

Illustrazioni di Costanza Maria Mongini

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ROMA CAPITALESindaco

Gianni Alemanno

Assessore alle Politiche Culturali

e della Comunicazione

Umberto Croppi

DIPARTIMENTO CULTURA

Direttore

Alessandro Voglino

Dirigente V U.O.

Lucia Roncaccia

Coordinamento organizzativo

Servizio programmazione e

gestione Spazi Culturali

Stefania Fabri responsabileRachele Del Pozzo settore amministrativoFlavia Ricci settore tecnicoEnrico MastrangeliEmilio Saletta

Coordinamento comunicazione

Ufficio Comunicazione,

Relazioni Esterne e Siti Web

Maria Carla Mancinelli responsabileElisabetta BitonteFrancesca GiannuzziUgo Riccarelli

Hanno collaborato Costanza Maria Mongini e Emiliano Rabuiti per Zètema Progetto Cultura

Progetto grafico e impaginazione

Dario LucariniEmail: [email protected]/fax. 06 87131795

Il ricordo di Maddalena Fallucchi, regista e drammaturga italiana da poco scomparsa, alla quale la scena romana resteràper sempre debitrice, segna il catalogo di questo importante evento “La poesia è di casa”, che a mio parere rappresentaun progetto di genere molto ben concepito. La sua struttura e la sua formula, del resto, hanno permesso alla poesia ditrovare albergo in tre luoghi-simbolo della cultura a Roma. Il fatto che i versi dei più noti autori siano stati declamati nellaSala Santa Rita, nella Casa della Memoria e della Storia e nella Casa dei Teatri ha infatti suggellato un legame a oggi in-solito tra la poesia, la storia e le arti. Ciò ha infatti rappresentato una novità forte rispetto alla pregressa tendenza aconfinare la poesia entro gli spazi dei festival, quasi fosse diventata un genere di nicchia, al massimo godibile da critici especialisti. Non è mai stato così, ovviamente, e il recente successo mondiale del film Bright Star di Jane Campion ne è statol’assoluta conferma, laddove al centro dell’opera non è tanto la biografia di John Keats quanto il vivere (e il morire) poeti-camente. A Roma, tra l’altro, egli morì e fu seppellito, e il suo nome rimase “scritto sull’acqua”. Luogo di somma ispirazione ro-mantica, la nostra città ha saputo assorbire la vena creativa di poeti e letterati che vi trovarono rifugio. Ma non basta: è aRoma che le arti ritrovano tra loro quell’indispensabile empatia che le rende, ciascuna, parte di un’opera complessa, diun’opera il cui linguaggio è comunque un’eco della poesia. E così il teatro, il cinema, la musica leggera, l’impegno civile,tutti vengono declinati attraverso il linguaggio poetico. È una sorta di miracolo che, a Roma, è “di casa” e che questa ras-segna ha saputo mostrare con grande sapienza.

Umberto Croppi, Assessore alle Politiche Culturali

e della Comunicazione

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Omaggio a Maddalena Fallucchi

Ho conosciuto Maddalena Fallucchi al liceo, lei aveva circa quindici anni e io di più. E quell'incontro fra adolescenti èavvenuto curiosamente proprio grazie agli interessi che sarebbero poi diventati il lavoro e la passione di Maddalenanegli anni a seguire, il teatro e dunque necessariamente la letteratura.

A quell'età ci si incontra all'ora di ricreazione davanti a un tramezzino o per un passaggio in scooter. Invece no. Qualcunofra gli amici della scuola aveva deciso di organizzare un reading di poesie e poi, con una certa ambizione, di scrivere unapièce teatrale e rappresentarla prima della fine dell'anno scolastico. Le letture allora, fatte di nascosto, non quelle ufficialidei corsi, erano quelle degli eroi Beat: Kerouac, Ferlinghetti, Ginsberg. E anche i testi scritti da noi ragazzi avevano quelsapore lì.

Quando il giovane “regista” della rappresentazione e organizzatore delle letture di poesia si mise in giro per fare il casting,spuntò questa ragazza meravigliosa. Maddalena era bella, colta e intelligente, dotata di un humor che attirava tutti e tuttirespingeva. Nei giochi degli adolescenti di allora, ci si faceva scambi di battute veloci e feroci. Era una sorta di rap dell'epocafra veloci e precoci e lei batteva tutti. In più aveva un orecchio che le permetteva di riprodurre in modo buffo ma non cari-caturale voci e dialetti con rapidità. L'effetto era di grande umorismo.

Maddalena poi parlava già perfettamente il francese e l'inglese, lingue che noi invece cominciavamo appena a studiare.Non ricordo neppure il titolo di quel lavoro teatrale, ma mi ha permesso di avviare una amicizia che solo la malattia ha in-

terrotto o forse trasformato.Perchè sono partito così da lontano? Quello che mi preme dire è che Maddalena era già Maddalena Fallucchi a 15 anni

e che gli studi, il lavoro, e l'esperienza sono andati a infondere energia e carburante lì dove c'era già tanto talento.

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di Emanuele Bevilacqua

I passi successivi sono rintracciabili in un percorso noto, gli studi universitari con la laurea in letteratura americana, la passioneper il teatro che la porta a frequentare il corso di organizzazione teatrale tenuto da Fulvio Fo.

Terminato il percorso formativo comincia l’impegno nel teatro. E’ aiuto regista di Lavia, di Sbragia, di Scaparro. Poi è alPiccolo Teatro di Milano dove lavora, sempre come aiuto regista, con Giorgio Strehler.

A Milano resterà tre anni prima di tornare a Roma e fondare con Fulvio Fo Il carro dell’orsa, la cooperativa teatrale con laquale realizzerà tanti spettacoli straordinari.

Anche in questo periodo di crescita e di maturità Maddalena non rinuncia alla sua personalità e al suo humor, vederla du-rante le prove con gli attori era fantastico. Sapeva come condurli con garbo e usava lo stesso rap del liceo per tenerli abada quando qualcuno faceva i capricci, non trovava il tono giusto o la posizione giusta in palcoscenico.

Maddalena Fallucchi ha amato presentare al pubblico italiano lavori nuovi o pochissimo rappresentati. Partiva dunquespesso da testi inediti, che traduceva lei stessa. Era questo il modo che preferiva per avvicinarsi a un autore e conoscerlonei dettagli e nelle sfumature. Lo ha fatto dall'inizio, a partire da Il ballo dei ladri (Les Bal des Voleurs del 1938) di Anouilh,tradotto dal francese, il suo debutto alla regia nel 1986, e lo ha ripetuto tante volte, nei trenta e più spettacoli diretti nelcorso della sua carriera.

Anche quando si è trovata davanti a testi già tradotti in italiano, mi viene in mente Svolta pericolosa, testo scritto nel 1932dal drammaturgo inglese John Boynton Priestley, rappresentato in Italia una sola volta nel 1950, lei volle ripartire dall'originaleper adattarlo al linguaggio più fresco che desiderava utilizzare.

Maddalena Fallucchi ha sempre lavorato così, con competenza ed entusiasmo, fino alla sua ultima impresa avviata nel2007 e onorata fino a quando ha potuto, la cura e l'ideazione dei laboratori del teatro di Tor Bella Monaca, a Roma, cer-tamente un progetto pilota a livello nazionale del «Teatro nelle periferie».

Mi è capitato in alcune occasioni di lavorare insieme a lei. Mi ha aiutato a tradurre testi inediti dei poeti e scrittori Beat inoccasione dell'uscita di miei libri per Theoria e Einaudi.

Nel periodo della mia direzione al Palazzo delle Esposizioni le chiesi di condurre, insieme a Luciano Lucignani, un laboratoriodi teatro. Lo fecero entrambi con grande capacità e leggerezza.

Nel 2008 abbiamo curato insieme una rassegna di letture nelle biblioteche romane in occasione della visita di Lawrence

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Ferlinghetti in Italia. Quel tipo di attività che richiede organizzazione e sensibilità artistica e difficile da fare dividendone la re-sponsabilità con altri. Spesso è fonte di stress e di incomprensioni. Con Maddalena è stato puro divertimento. Tutto riuscivafacilmente.

Maddalena Fallucchi non stava mai ferma e ha sempre trovato il modo di affiancare al suo lavoro teatrale altre attivitàcome la radio nazionale dove ha curato numerose trasmissioni sul teatro o gli interventi ad appuntamenti culturali selezionatie dunque mai banali. Amava partecipare gli appuntamenti annuali organizzati dall'University of Boulder le Conference onWorld Affairs. E' stata ospite fissa per anni. A Boulder sono previsti interventi brevi e grande capacità di commentare poi “abraccio” le tesi degli altri, sugli argomenti più vari. Si entusiasmava a giocare questo gioco con gli altri conferenzieri. Forse ri-trovava quel clima da rap del liceo dove era fortissima.

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Introduzionedi Stefania Fabri

Da gennaio a marzo 2010 alla Casa dei Teatri, alla Sala Santa Rita e alla Casa della Memoria e della Storia si èsvolto il progetto “La poesia è di Casa”, curato da me e Maddalena Fallucchi, dedicato al mondo della poesia. Il 19novembre 2009 si era svolto precedentemente alla Sala Santa Rita con successo un primo incontro dal titolo Assaggi

poetici quale anticipazione di tutti i generi che sono stati trattati da gennaio 2010 in poi, comprensivo anche di un commossoomaggio alla poetessa Alda Merini. Come sempre nelle migliori opportunità si è svolto all’insegna di una stretta collaborazionetra gli uffici del Dipartimento, Spazi Culturali e Comunicazione, e Zètema Progetto Cultura con lo straordinario apporto diMaddalena Fallucchi che ha splendidamente utilizzato competenza, garbo e intelligenza nel curare la scelta dei testi e laregia delle letture e persino, nel caso dei poeti afroamericani, anche nel tradurre testi ancora inediti in Italia.

Obiettivo del progetto è stato quello di delineare un percorso all’interno del vastissimo “universo poesia”, combinando i“luoghi” – la Casa dei Teatri (LA POESIA VA IN SCENA), la Sala Santa Rita (VISIONI) e la Casa della Memoria e della Storia(POESIA CIVILE) – a tre itinerari poetici legati alle specifiche vocazioni culturali di ciascuna “Casa”.

L’iniziativa si è connotata da subito come una festa vivace capace di proporre la poesia a vari livelli, attraverso l’interpre-tazione dei testi da parte di attori e attrici di forte personalità. Un viaggio tra poesia civile, romantica, libretti d’opera, versidi paesi lontani e culture diverse, beat generation e altro. Non solo, ogni “Casa” ha ospitato anche le perfomance dei nuoviautori attraverso delle “autopresentazioni” in cui la passione per la poesia si è scoperta tutt’altro che sopita.

Alla lettura delle poesie, poi, sono state abbinate musica dal vivo e ascolto di brani registrati per donare un contesto spe-

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cifico e suggestivo alle atmosfere nelle quali ogni componimento, dal Libretto d’opera alla canzone d’autore, dalla poesiadi impegno civile a quella romantica, si sviluppa legandosi alla storia, all’arte e allo spettacolo riferendosi anche ai contenutidello spazio che ha ospitato gli incontri. La Festa della Poesia nelle Case è stata di 4 giorni in ogni “Casa” e ha dimostratodi poter diventare il punto d’incontro per gli appassionati di poesia della Capitale, laboratorio di idee, fucina di nuovi talentied eventuale riferimento culturale per i prossimi anni. Anche grazie a questa iniziativa, dunque, le “Case” si sono caratterizzateancora una volta come luoghi di dinamismo culturale, in grado di offrire opportunità di approfondimento, di riflessione, maanche momenti di incontro, di convivialità, di nuova cittadinanza. L’affluenza del pubblico al ciclo è stata significativa e quindiun dato importante, poiché segnala l’interesse verso iniziative culturali, capaci di dare un ambiente gradevole e “sapiente”alla voglia di vivere emozioni estetiche condividendole con quelli che hanno la medesima sensibilità.

In sostanza, “La poesia è di Casa” si è rivelata un apprezzato appuntamento di ritrovo intellettuale e di approfondimento,capace di trasmettere forti emozioni, di far rivivere poesie e testimonianze spesso dimenticate, di far conoscere e divulgaretesti poco noti o addirittura non ancora tradotti in lingua italiana. Naturalmente, il programma è stato accuratamente sele-zionato tra moltissimi testi e poesie ed è stato scelto e modulato in base alle caratteristiche di ogni “Casa”.

Così, per la Sala Santa Rita, dove spesso a livello espositivo si affronta il legame tra correnti artistiche e letteratura, si èdeciso di evocare sotto il segno del titolo VISIONI due filoni decisamente agli antipodi ma in qualche modo coincidenti: dauna parte il filone romantico dell’Ottocento il cui immaginario pieno di suggestioni è ancora potente per il pubblico contem-poraneo, molto più incline al sentimento di quanto si possa immaginare, e dall’altro quello visionario moderno della canzoned’autore (testi di Tenco, De André, Fossati e altri), che rappresenta in Italia una vera scuola di scrittura.

Per Casa della Memoria e della Storia si è presentata la POESIA CIVILE. La funzione sociale della poesia è una funzionenaturale, connessa proprio con il suo essere nella storia. Tuttavia vi sono momenti e autori che hanno sottolineato l’importanzadi una poesia che dovesse guardare di più ai problemi della società, alle vicende della storia. Per questo si è pensato di ri-proporre due autori di “culto” e nello stesso tempo proporre un’attenzione alla creatività contemporanea, nonché di dareuno sguardo alla poesia spagnola per la sua passionalità e anche a quella afro-americana, che intende raccontare le storiedel popolo nero in modo da riflettere una cultura autentica – non solo la sofferenza ma anche l’amore per la musica, il saperridere nelle avversità, il linguaggio innovativo.

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Per la Casa dei Teatri, invece, il cui titolo è stato LA POESIA VA IN SCENA, il contenuto è stato, naturalmente, più legato aldivenire spettacolo: si è cominciato con la poesia medio-orientale le cui suggestioni provengono anche da un immaginarioantico e sofisticato, per proseguire con il Libretto d’opera dove la parola riacquista sostanza non sopravanzata dalla musica,per finire con la poesia della beat generation dove ritmo e parola sono strettamente collegati.

In ogni spazio si è svolto anche un incontro con i GIOVANI autori di poesia, molto emozionante e carico di significati. I dueautori di volta in volta associati alla Casa sono stati perfettamente in linea con le suggestioni evocate dal titolo del ciclo diciascuno spazio, da Marco Gatto e Franca Mancinelli per la Sala Santa Rita, a Evelina De Signoribus e Davide Nota per laCasa della Memoria, ad Alice Clarini e Paolo Ruffini per la Casa dei Teatri. Ogni giovane poeta è stato presentato da uncritico con la collaborazione di Marco Filoni e quindi hanno partecipato: Manuel Cohen, Francesco Mangone, Maria GraziaCalandrone, Gianluca Pulsoni, Monica Maggi e Domenico Donatone.

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Visioni

Sala Santa Rita

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La poesia romantica

In questa nostra selezione abbiamo voluto inserire sia i poeti romantici per eccellenza come Blake, Wordsworth, Coleridge,Byron, Shelley, Keats, classificati come i “sei grandi” della poesia romantica, sia un gruppo di donne scrittrici dell’epoca vit-toriana: le sorelle Brontë, Mary Shelley, Elizabeth Browning, rappresentanti di un’epoca dominata non solo dal sentimento

ma anche dalla capacità visionaria. I poeti romantici furono attivamente impegnati in una ricerca espressiva che giunse allacreazione di un nuovo tipo di poesia in cui centrale fu l’intuizione poetica ritenuta superiore alla ragione, il tutto associato auno stile di vita in sintonia con la natura. Wordsworth stesso nella prefazione alle Ballate Liriche (scritte insieme a Coleridgenel 1798), considerata vero e proprio manifesto del romanticismo poetico, definisce buona poesia “lo spontaneo debordaredi sentimenti potenti”.

Tuttavia ebbe modo di chiarire che un poema di valore avrebbe dovuto essere composto da qualcuno “posseduto dauna qualche più che usuale sensibilità organica”, in grado di produrre un pensiero profondo e a lungo meditato. Il tema do-minante della poesia romantica è allora il saper filtrare l’emozione naturale attraverso la mente umana per creare arte, conla consapevolezza della dualità creata dal pensiero unito alla sensibilità accentuata, vale a dire quella che individuiamocome “visione”. Le sorelle Brontë che amavano la lettura di Byron, Coleridge e Wordsworth, pur se ripiegate in se stesse,immerse nell’atmosfera cupa e selvaggia di un paesaggio gelido, tormentato dal vento del Nord, utilizzarono la loro sensibilitàesasperata esaltandola in versi cupi e tormentati che, ancora oggi, possono commuovere chi li legge.

Tigre! Tigre! Divampante fulgore

Nelle foreste della notte,

Quale fu l’immortale mano o l’occhio

Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

La Tigre di William Blake

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La “canzone d’autore” italiana

Da Salvatore Di Giacomo a Luigi Tenco a Tricarico, la canzone italiana riesce a cogliere sempre i paradigmi lirici dellavita di tutti i giorni, lasciandosi semplicemente “usare”: una scena intimista, un flusso di coscienza, un’invettiva, un gridod’amore, la canzone risponde al bisogno di oltrepassare barriere e perdersi in paesaggi altri, dove sia possibile volare.

Qualche volta, accade anche che il testo riesca a giocare su significati più o meno impliciti. S’avvia cioè verso un definitivoapprodo alla poesia. In questi casi la partitura musicale che abitualmente serve da amplificatore, sembra quasi sottrarsi allaparola, che invece ci appare vivere di vita propria in tutta la sua allusività. Come la poesia, allora, la canzone d’autoremostra una tessitura di fatto parallela, stracolma di suoni e levigature armoniche (o disarmoniche), partiture che nulla sottrag-gono alla ricerca del linguaggio scritto tout court, anzi in taluni casi ne esaltano la suggestione evocativa. L’apparente livellopopolare della canzone rende il testo più assimilabile e divulgativo, anche quando nella sperimentazione la cifra stilisticadell’autore delle parole è vigorosa, come nel caso di Pasquale Panella oppure di Fabrizio De Andrè e persino di FrancescoGuccini. Sono solo canzonette? Se pensiamo a La guerra di Piero o a La donna cannone o ancora a La costruzione di unamore ci riesce difficile non cogliere quelle sfumature e quel ritmo che sono propri della poesia. Gli autori proposti rappre-sentano un arco di scelte possibili, uno squarcio generazionale che tangenzialmente tocca l’intimo, l’esistenziale e l’impegno,il grottesco e il disincanto, il racconto e la favola, descrivendo così diverse generazioni in movimento.

…E soprattutto chi

e perché mi ha messo al mondo

dove vivo la mia morte

con un anticipo tremendo?

Come potrò dire a mia madre che ho paura?

Da Il cantico dei drogati. Fabrizio de Andrè

La poesia civile

Casa della Memoria e della Storia

Su Bertolt Brecht e Franco Fortinidi Massimo Rendina

Questo di oggi è il quarto appuntamento che il Dipartimento Cultura del Comune di Roma dedica alla poesia, all’uni-verso poetico: i primi tre si sono svolti nella Sala Santa Rita. Questo, cui ne seguiranno altri tre nella Casa della Me-moria e della Storia, è dedicato alla poesia a contenuto sociale, messaggio all’uomo perché si riconosca nel suo

ruolo comunitario, poesia dell’impegno civile, aiuto al vivere solidale nell’itinerario comune cui dare senso e fine. Pertanto invito attuale e pressante nel momento in cui la società e l’uomo stesso sembrano smarriti, scomparse le ideologie

con i miti palingenetici, fallite le esperienze egualitarie, resi sempre più difficili i punti di riferimento sociale.In questo quarto appuntamento l’incontro è con Bertolt Brecht, nato ad Augusta nel 1898, e con Franco Fortini, nato a Fi-

renze nel 1917. Un accostamento non casuale, essendo stato Fortini il traduttore di Brecht. Due personalità molto diverse maaccomunate dalla stessa passione civica e dall’arte, convinte che la poesia possa agire nell’animo umano, rivolta a penetrarenella cultura marxista senza peraltro cedere al settarismo militante, volendo soprattutto trarne le istanze morali. La poesia infunzione riflessiva della condizione umana, intransigente nel rilevarne le contraddizioni, magistero tradotto in parole in cui as-sumono vero significato responsabilità e giustizia, recuperandone con passione il valore semantico, facendone giudizio

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Le foreste crescono ancora.

I campi sono fertili ancora.

Le città ci sono ancora.

Gli uomini respirano ancora.

Da L’imbianchino parla

di grandi tempi a venire,

Bertolt Brecht.

ispirato dalla necessità socratica dell’autoriconoscimento, della rivelazione coscienziale, del sé nel farsi noi. Ma anche stori-cizzazione della libertà oppressa dalla ferocia nazista cui Brecht contrappone lo scherno poetico, svelando nel nazismo lamostruosità grottesca, cerimoniale anche nell’orrore della fabbrica di morte. E Fortini impegnato nell’affermazione della libertàconiugata con la giustizia sociale, e la solidarietà del vivere. Un invito, qui, a considerare la poesia come procedimento te-stimoniale che avanza con gli eventi sin dai primordi dell’umanità, constatando oggi più che mai il rapporto tra arte poeticae denuncia della condizione umana e lo svelamento delle sue aspirazioni. Bertolt Brecht dunque, drammaturgo, registateatrale, autore di saggi letterari e racconti, ricordato e ammirato come poeta che fa dell’arte messaggio. Esempio davverosingolare della rivolta morale che percorse la Germania alla nascita e all’affermarsi del nazismo. All’opposizione dei tedeschial nazismo non abbiamo forse dedicato, come Casa della Memoria e della Storia, sufficiente attenzione e quasi ignorataè anche l’appartenenza alla resistenza di disertori. Quasi inesistenti sono le informazioni sulla brigata partigiana, il Frei Deut-chland Batallion, interamente formata da tedeschi, operante nella zona di Bolzano e in Carinzia. Poco spazio nella memoriastorica occupa Rudolf Jacobs, alto ufficiale della marina germanica che l’8 settembre 1943 rese inutilizzabili i pezzi dell’ar-tiglieria costiera sul litorale di La Spezia, unitosi con qualcuno dei suoi alla brigata Garibaldi Muccini e che morì il 13 no-vembre 1944 assaltando la caserma della milizia fascista a Sarzana.

Bertolt Brecht aveva cominciato a scrivere poesie a 15 anni e continuò per tutta la vita a farlo, usando il richiamo poeticoanche nelle produzioni cabarettistiche, improntandolo di uno stile particolare che colpirà altri autori e musicisti, toccando ivertici della suggestione con le composizioni strumentali di Kurt Weill. Una lunga peregrinazione la sua, ventiduenne da Augustaa Monaco e poi a Berlino dove collabora con Bronnen. È a Berlino che si avvicina ai comunisti, senza però iscriversi al partito.L‘Opera da tre soldi gli dà la notorietà a 31 anni. I nazisti iniziano la loro ascesa al potere accompagnando la propagandanazionalista con azioni violente. Quando il 27 febbraio 1933 incendiano il Reichstag, accusando gli oppositori, inizia la dittaturadi Hitler. Ogni forma di libertà viene soppressa. La polizia irrompe nel teatro dove Brecht rappresenta Linea di condotta e in-terrompono la rappresentazione. Cercano l’autore. Brecht è ricoverato in ospedale e di là fugge con la moglie e il figlio undi-cenne. Raggiunge Praga. Di là raggiunge la Svezia. Trascorso un breve periodo, si trasferisce in Finlandia e poi negli Stati Uniti.La sua produzione letteraria, teatrale e poetica è ricchissima, multiforme nell’invenzione e originale nella forma. La sua produzioneteatrale assume un carattere epico popolare. Le poesie di Brecht hanno carattere di manifesto: si oppongono al credo religioso

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ultraterreno in nome dell’esistenza immanente, tragica, laddove nell’opera teatrale Galileo assume il ruolo simbolico della per-secuzione religiosa tetragona a fronte della verità scientifica che restituisce tutta la dignità alla persona umana vessata dal-l’arbitrio settario di un potere ottuso, dovuto ad una presunta investitura divina. L’abbandono degli Stati Uniti di Brecht nel 1947per ritornare a Berlino è dovuto all’anticomunismo che impronta il mondo intellettuale americano. Brecht si impegnerà sino allamorte – per tumore nel 1956 – nella produzione teatrale nella Berlino Est, nel Berliner Ensemble. La poesia resta per lui una ne-cessità spirituale e insieme un dovere di richiamare l’uomo ad esserlo sino in fondo, creatura privilegiata insostituibile.

Franco Fortini si chiamava in realtà Franco Lattes, figlio dell’avvocato Dino Lattes, di origine ebraica, e di Emma Fortini delGiglio, il cui cognome assunse come pseudonimo sin da giovanissimo. Con l’avvento del fascismo, e ancor prima con leviolenze squadristiche, inizia un periodo difficile per la famiglia Lattes. Dino, antimonarchico e libertario per fede politica maz-ziniana, vive in condizioni precarie. Costringe i suoi a continue peregrinazioni in appartamenti in affitto. Quando Franco ha 7anni, nel 1925, la notte tra il 2 e il 3 ottobre i fascisti compiono un’azione sanguinosa nei pressi del mercato San Lorenzo(descritta da Vasco Pratolini nel romanzo Cronache di poveri amanti). Uccidono il socio dell’ufficio legale di Lattes, l’avvocatoConsole, e la moglie. Dino Lattes si allontana da Firenze per sottrarsi agli squadristi. Un episodio che Franco Fortini non riusciràmai a dimenticare anche una volta raggiunta l’università. Parteciperà alle manifestazioni degli studenti inquadrati nei GUF(Gruppi Universitari Fascisti) e prende parte più volte ai Littoriali della Cultura, come altre figure storiche dell’antifascismo comeIngrao, Alicata, Moro o Taviani. Ai Littoriali di Palermo conosce Antonello Trombadori (che comanderà i GAP a Roma nellaResistenza), Alberto Graziani e Bruno Zevi e si avvicina all’ideologia marxista e ai comunisti. Una propensione accentuata nel1939 dalla sua espulsione dal GUF a seguito delle leggi razziali. Ciò non gli impedisce di ottenere l’insegnamento nel 1940,quale supplente in un liceo tecnico di Civitanova Marche. È chiamato sotto le armi nel 1941, a guerra iniziata, a Civita Ca-stellana come soldato semplice dove conoscerà Pietro Ingrao.

Arriviamo all’8 settembre 1943, all’armistizio e all’aggressione della Wermacht cui Fortini tenta di opporsi senza riuscire adorganizzare i soldati senza ordini, sbandati. Si nasconde per sfuggire alla cattura, viene informato che suo padre è stato im-prigionato come ebreo pericoloso. Riesce a raggiungere la Svizzera mettendosi al sicuro, esaurita la prima fase della suaesperienza partigiana in Val d’Ossola. È in Svizzera che Franco Fortini matura intellettualmente, venuto anche a contatto conreligiosi della Comunità Valdese. Nel 1944, quando la guerra partigiana acquista un ruolo fondamentale nella Guerra di Li-

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berazione, raggiunge nuovamente l’Ossola per partecipare all’avventura della repubblica ossolana, occupandosi della pro-paganda e dell’ufficio stampa. Nel frattempo, il suo lavoro teatrale Il soldato rappresentato a Zurigo ottiene un vivo successo.Rioccupata la Val d’Ossola dai nazifascisti, Fortini ripara nuovamente in Svizzera.

Tornato in Italia dopo la Liberazione, nel maggio 1945 collabora con «L’Avanti» e con «Milano Sera». Diventa amico diBonfantini e Vittorio Gatto, con i quali lavora al periodico «Il Politecnico». Scrive componimenti poetici, pubblicati nel 1946e accolti favorevolmente dalla critica. Nel 1947 avviene l’incontro con Adriano Olivetti che lo assume nell’azienda di Ivreae lo invita a collaborare al movimento Comunità e al periodico che lo qualifica. È con l’adesione a Comunità che Fortini sidistacca dai comunisti. È il 1956 e i fatti d’Ungheria sono un evento ideologico traumatico. Una poesia, I Folli, lo rivela: «Ilramo secco bruciò in un attimo / ma il ramo verde non vuol morire / dunque era vera la verità / soldato russo ragazzo ungheresenon v’ammazzate e dentro di me / da quel giorno ho saputo chi siete / e il nemico chi è».

La produzione di Fortini – articoli di giornale, prose, saggi – è molto vasta così come la sua opera poetica. Attraverso LauraBetti, che porta al successo il suo Quella cosa in Lombardia conosce Pasolini. In quel periodo dirige anche la collana PiccolaBiblioteca Einaudi. Nel 1963 Fortini insegna in un liceo di Monza e collabora ai periodici di movimenti di sinistra come «Qua-derni Piacentini» e «Giovane Critica». Nel 1968, Fortini è in prima fila nelle proteste studentesche e operaie, partecipandoanche ai funerali di Pinelli. Ritiene finita l’amicizia con Pasolini. La sua opera letteraria è sempre più conosciuta e premiata. Nel1976 inizia la collaborazione al «Corriere della Sera», presto interrotta con il cambio di direzione, e successivamente collaboracon «Il Manifesto». Compie molti viaggi all’estero, anche in Israele dove vive la figlia adottiva Livia. Muore di un tumore allostomaco nel 1994 a Milano.

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Sulla poesia civile spagnola di Laura Baldi

Gli anni che precedono la guerra civile spagnola rappresentano una sorta di rinascimento culturale in una società attra-versata da grandi cambiamenti. L’esperienza poetica si presenta vasta per il numero dei protagonisti e rappresenta unmutamento culturale che apre la poesia spagnola alla cultura europea. L’esilio o la morte dei suoi rappresentanti sarà

un invito per una poesia di impegno civile capace di denunciare orrori e violenze nella difesa delle libertà e della democrazia. La poesia di Federico Garcia Lorca è caratterizzata da un senso del tragico e del dolore espressione di una sofferenza

universale, che rifugge forme di autobiografismo. «Sono sempre dalla parte di coloro che non hanno niente», afferma Lorca.La sua è un’esperienza che, se da una parte lo porta al recupero della cultura andalusa, dei temi ancestrali legati alla suaterra, di quel mondo da dove ha inizio il suo viaggio poetico, dall’altra gli svela ogni sorta di discriminazione: è la scopertadi un mondo tragicamente lacerato, popolato dagli esclusi e dai diversi. Il suo impegno civile parte proprio da questi ultimi.C’è in Lorca un atteggiamento quasi profetico nel presagire inconsapevole la sua morte, cui sembra andare incontro, cherappresenta una visione storica, un’anticipazione della tragedia in cui di lì a poco il mondo esploderà.

Diversa è l’esperienza poetica di Rafael Alberti, il cui impegno civile e politico sarà sempre manifesto in tutti i momenti delsuo percorso di vita. Diversa è anche la sua consapevolezza del ruolo della poesia, che è quello di testimoniare. «Si scriveper qualcosa», dice Alberti: «La poesia deve sempre riflettere il dramma dell’uomo ed essere legata alla vita del mondo. Perquesto il poeta deve cercare la chiarezza espositiva, perché solo così può rivolgersi anche alle masse e agli esclusi. L’uomo

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Oggi le tue onde trascinano

con torbidi pensieri

la cenere sonora

e il dolore del passato.

Gli echi dei gridi

che svanirono per sempre.

Il tuono remoto

del mare, mummificato.”

Da Elegia del silenzio di F. G. Lorca

deve essere la centralità del discorso poetico perché “L’uomo è tutto e tutto è dentro all’uomo”». A. Machado rappresental’antecedente poetico di Lorca e Alberti. Appartiene alla Generazione del ’22: la sua poesia nasce alla luce di una visioneintimistica, pervasa da profonda malinconia e nostalgia, dove la natura assume un significato di esperienza totalizzante. L’evo-luzione sociale e politica della Spagna lo portano sempre più a versi che diventano denuncia sociale, invito a scegliere ea impegnarsi, nella certezza che solo questo possa dare un senso al vivere. Il ruolo della poesia diventa quindi dichiaratamentedi impegno, sotteso sempre da una fiducia nell’uomo e dal convincimento che un’umanità diversa sia possibile.

Con J.A. Goytisolo siamo in un’esperienza storica diversa, quella della generazione degli anni Cinquanta che non ha vissutodirettamente l’esperienza tragica della guerra civile, ma subisce le conseguenze della sconfitta repubblicana. La sua poesiasi lega sempre a temi di attualità e la sua vocazione civile si esplicita nella denuncia del malessere di un paese sopraffattoda una dittatura, che non è riuscita a migliorarne le condizioni di vita, a sconfiggere la miseria, nonostante si sia posta comeobiettivo la sua modernizzazione economica. Tutta la sua poesia è percorsa da un forte senso dell’ironia e da una capacitàdi giocare con la parola e con il linguaggio anche quando indaga l’animo umano travagliato dalla sofferenza dell’Io.

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Sulla poesia civile afroamericana

di Annalucia Accardo

Vorrei aprire questa presentazione con le parole di Audre Lorde, una delle maggiori poetesse afroamericane che halavorato molto sulla parola come forma di resistenza. «La poesia non è un lusso, per le donne la poesia non è un lusso.È una necessità vitale della nostra esistenza […]. La poesia è un mezzo con cui aiutiamo a dare un nome a ciò che è

senza nome perché possa essere pensato […]. Possiamo imparare a rispettare le nostre sensazioni e a trasporle in linguaggio,cosicché possano essere condivise. E dove quel linguaggio ancora non esiste, è la nostra poesia che aiuta a crearlo. Lapoesia non è solo sogno e visione; è la struttura di base delle nostre vite. Pone le fondamenta per un futuro di cambiamento,è un ponte sopra le nostre paure di ciò che non è mai esistito prima».

La poesia civile afroamericana è un universo vivace, eterogeneo, complesso e contraddittorio, che propone tematicheche spaziano dalle invettive aperte alla ricerca di un’identità. Il linguaggio che usa è legato alla tradizione afroamericana,ma non disdegna di utilizzare anche la tradizione occidentale.

È espressione di una molteplicità di scrittori e scrittrici, con posizioni culturali e politiche differenti, che si evolvono nel tempoe che partecipano in modo trasversale a più movimenti.

Parlare di poesia civile afroamericana significherebbe dunque parlare di più di 250 anni di storia, di una serie di nodi pro-blematici, rapporti con la tradizione, con l’Africa, con il potere, con le classi operaie ecc. Ho pensato quindi di concentrarequesta breve introduzione su tre momenti di maggiore fioritura artistica: il Rinascimento di Harlem intorno agli anni Venti, la

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Ho conosciuto fiumi:

fiumi antichi come il mondo e più vecchi dello scorrere

del sangue nelle vene umane.

L’anima mia è cresciuta profonda come i fiumi.

Da Il negro parla di Fiumi di Langston Hughes

nuova estetica nera intorno agli anni Sessanta e il rinascimento delle donne nere intorno agli anni Settanta. Prima peròcercherò di individuare alcuni elementi della cultura afroamericana, come la conquista dell’identità attraverso svariate formedi resistenza, il confronto con la cultura dominante, al fine di catturare i significati più profondi e apprezzare la ricchezza e lesfumature dei discorsi delle poesie che leggeremo. Per fare questo utilizzerò l’autobiografia di Frederick Douglass, la più im-portante tra le autobiografie scritte da ex schiavi prima della guerra civile, siamo nel 1845.

Nel raccontare la storia della sua vita, Douglass individua un paio di momenti cruciali, grazie ai quali conquistò la libertàattraverso la fuga. Uno di questi consiste nella ribellione. Dopo mesi di maltrattamenti, Douglass decide di resistere al padroneche avrebbe voluto frustarlo e scrive: «Questo scontro segnò la svolta decisiva nella mia carriera di schiavo, perché […] mirestituì il senso della mia umanità». L’altro momento cruciale è legato all’uso di forme di resistenza oblique. Douglass capiscel’importanza dell’istruzione in una lezione involontaria che riceve dal padrone. Il padrone spiega alla moglie che insegnare auno schiavo a leggere è, oltre che illecito, anche pericoloso, perché non è possibile tenere sotto controllo uno schiavo istruito;e mentre il padrone parla, Douglass è là presente, che assiste alla scena. Da quel momento Douglass capisce che l’istruzioneè “la strada” verso la libertà, un’istruzione che dovrà conquistare di nascosto mettendo in atto numerosi stratagemmi e sotterfugi.

Gli schiavi, infatti, pur non ribellandosi tutti i giorni, reagivano sempre, adottando di volta in volta tecniche di resistenza di-versificate, come sostiene George Rawick, uno dei più grandi storici della schiavitù, basandosi sui racconti orali degli ex schiavi,nel libro, Lo schiavo americano dal tramonto all’alba (1972, Feltrinelli).

Considerare il potenziale di ribellione degli schiavi soltanto esaminando le rivolte aperte, che pure ci furono, sarebberiduttivo. La forma fondamentale di ribellione fu dunque la dissimulazione e l’inganno, perché preservava gli schiavi da punizioniimmediate, in quanto impediva ai padroni di conoscere i loro pensieri, i loro progetti, e dava loro tempo e modo di organizzarsiin forme di resistenza più articolate come la fuga e la rivolta aperta.

E ancora George Rawick dimostra che sempre nel tempo “dal tramonto all’alba” gli schiavi segretamente ricostruivano lapropria comunità, attraverso riti religiosi e magici, il canto, la danza, la predicazione e la preghiera. Come osserva AlessandroPortelli, infatti, la grande tradizione orale dello spiritual, del sermone, della fiaba – e più tardi del blues, del gospel, del rap –è lo strumento essenziale di sopravvivenza culturale nella piantagione come nel ghetto, e costituisce la fondazione della tra-dizione poetica scritta, la cui cifra è, ancora una volta, la dissimulazione, l’ironia, il doppio significato, il doppio codice.

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Ed è per questo che, per lungo tempo, gli spiritual sono stati fraintesi come espressioni della gioia di vivere degli schiavi, in-vece che essere riconosciuti nella loro vera essenza, come strumenti di resistenza e di elaborazione culturale di un popolo.Gli spiritual mettono in atto una sovversione interna dei linguaggi e, attraverso un tessuto metaforico di figure religiose, parlanodella loro vita. Per esempio, la celebrazione della lotta di Mosè e degli ebrei, ridotti in schiavitù, contro gli egiziani, è un’implicitacondanna della condizione di schiavi, e l’aspirazione a un aldilà segnala spesso una determinazione più concreta a fuggireverso la libertà. Partendo da queste premesse allora possiamo capire meglio la poesia di Paul Lawrence Dunbar (1895)«Portiamo la maschera che ghigna e mente […] sorridiamo col cuore straziato e sanguinante». In questa poesia, in inglesestandard, Dunbar mette in guardia i lettori e critici bianchi dal credere che tutta la realtà sia nella superficie che i neri lascianointravedere.

Dunque i doppi sensi e la comunicazione in codice, oltre alla rivolta aperta, caratterizzano la cultura, la musica e il folkloreafroamericano e rimangono a tutt’oggi una delle soluzioni formali tipiche della loro produzione culturale sia orale, sia scritta.

Passando ora al Rinascimento di Harlem degli anni Venti, dobbiamo ricordare che alla fine della Guerra civile (1865), cheportò all’abolizione della schiavitù, nel Sud si andò progressivamente instaurando un regime di segregazione razziale, rinforzatoda violenze e linciaggi, perpetrati dal Klu Klux Klan, un gruppo terroristico di matrice razzista, nato nel 1866. Ciò diede impulsoa una migrazione di massa degli afroamericani verso le città del Nord, che industrializzazione e Prima Guerra mondiale con-tribuirono a incrementare. Ma la segregazione e le violenze ben presto dilagarono anche nelle città del Nord, tanto che neiprimi trent’anni del Novecento si contano oltre mille linciaggi.

A queste tendenze si contrapposero attivamente le associazioni politiche e culturali afroamericane, che promuovevanoconsapevolezza e orgoglio razziale. In questo contesto, dopo la famosa estate rossa del 1919, in cui scoppiarono violentiscontri razziali e rivolte popolari in molte città degli Stati Uniti, si assiste a una fioritura di creatività artistica afroamericana che,anche se non limitata alla sola New York, ebbe per centro culturale Harlem, il quartiere nero di New York.

Harlem venne così definita “la capitale nera del mondo” o “la Mecca nera”, e si presentava come un centro particolarmentevivace di creatività e sperimentazione in tutte le arti: dalla musica allo spettacolo, dalle arti figurative alla letteratura. Con lamigrazione era arrivata al Nord anche la musica afroamericana, il blues, il jazz.

E la musica attirava folle di avventori bianchi nei locali dei quartieri neri, come Harlem. Paradossalmente agli afroamericani

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era però precluso l’ingresso ad alcuni locali di moda dei loro quartieri, se non in veste di artisti o di inservienti, come peresempio il celebre Cotton Club, dove suonava Duke Ellington. C’erano alcune eccezioni, come il Savoy e l’Apollo Theater,gestito da afroamericani e con una clientela interrazziale. Il Rinascimento di Harlem è caratterizzato dalla diversità delle sueforme di espressione. Nessuno stile letterario o artistico, né ideologia politica, lo possono definire. Esistevano tematiche comuni,come l’interesse per le radici africane, un rinnovato senso di identità, un forte orgoglio di razza, una maggiore consapevolezza.Quello che univa gli scrittori del movimento era la sensazione di partecipare a uno sforzo comune, il loro impegno nel tentaredi dare un’espressione artistica all’esperienza di essere afroamericani e l’aspirazione all’integrazione sociale e politica, terrenofertile su cui si costruiranno le lotte per i diritti civili degli anni successivi.

Per segnare l’inizio del Rinascimento di Harlem, molti studiosi hanno scelto come data convenzionale l’anno dell’estate rossadelle rivolte razziali, e cioè il 1919, che è anche l’anno della pubblicazione della poesia Se dobbiamo morire, di ClaudeMcKay, scrittore di origine giamaicana. Se dobbiamo morire è un classico della tradizione di protesta, «se dobbiamo morireche non sia come maiali rinchiusi in un angolo ignominioso, mentre attorno a noi i cani arrabbiati e famelici irridono la nostramaledetta sorte. Se dobbiamo morire moriamo nobilmente, che il nostro sangue prezioso non sia versato invano». Questocomponimento è espressione di autodeterminazione che caratterizza il “nuovo nero”, deciso a rifiutare una cittadinanza diseconda classe e ad affermare i propri diritti contro l’oppressione razziale che regnava nella nazione intera. La particolaritàdella poesia di McKay, che invita alla resistenza e alla rivolta, è l’uso della forma del sonetto, con un rigoroso rispetto delleregole e dei procedimenti retorici della tradizione occidentale, un’altra forma di ironia: la dignità degli oppressi si dimostrasia nella volontà di morire lottando, sia nella capacità di utilizzare le forme artistiche della tradizione occidentale, di cui sisentono pienamente cittadini.

Ma la fioritura di poesia civile di questo periodo non si limita a questo. Langston Hughes, il più versatile e sperimentale tra ipoeti che occupano un posto di rilievo nel Rinascimento di Harlem, rielabora a livello poetico la tradizione orale afroamericana,consapevole della sua ricchezza espressiva. Langston Hughes, che rimarrà prolifico a lungo, influenzando anche la generazionesuccessiva, ripropone e incorpora nelle sue poesie la ricchezza del ritmo e del suono, il gusto per l’improvvisazione linguistica,l’antifonalità serrata del dialogo, l’uso martellante dell’anafora e dell’allitterazione, l’ironia e le immagini, della musica come delfolklore, dei sermoni come dei racconti, che non costituiscono i tratti distintivi soltanto della sua poesia ma di tutta la letteratura

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afroamericana. Un esempio per tutti è il suo indimenticabile Blues di stanchezza (1925) che leggeremo nel corso della serata.La condizione particolare del poeta afroamericano nella società americana non è dunque una limitazione, ma è anche

una risorsa. Sempre Langston Hughes, nel saggio L’artista nero e la montagna razziale (1926), considerato il manifesto del Ri-nascimento di Harlem, rivendica l’autonomia individuale dell’artista; l’arte nera è dunque fatta per esprimersi liberamente, senzacurarsi di cosa pensi il pubblico, senza adeguarsi alle richieste né del pubblico bianco, né delle elite nere: «Noi giovani artistineri che creiamo oggi intendiamo esprimere il nostro io individuale dalla pelle scura, senza paura o vergogna. Se ai bianchipiace, ne siamo contenti. Se no, non fa niente. Sappiamo che siamo belli. E anche brutti. Il tam tam piange e il tam tam ride.Se alla gente di colore piace, siamo contenti. Se no, anche la loro disapprovazione non fa niente. Noi costruiamo i nostritempli per domani, con tutta la forza che conosciamo, e ci ergiamo sulla cima della montagna, liberi dentro di noi». Ed esorta«Che il fragore delle orchestre jazz nere e la voce possente del blues di Bessie Smith penetrino le orecchie chiuse dei semi-intellettuali di colore affinché ascoltino e forse capiscano».

La cultura afroamericana, il blues, il jazz, il sermone, il dialetto, in questo modo, non rappresentano un limite, ma piuttosto unarisorsa da cui partire per rivendicare la piena umanità degli afroamericani.

Passiamo ora alla nuova estetica nera.A partire dagli anni Cinquanta, ma ancor di più negli anni Sessanta, esplode la rivolta nera: dal movimento per i diritti civili

che pratica la lotta non violenta per l’integrazione, al Nazionalismo nero, al partito delle Pantere Nere che invece teorizzalo scontro violento; ogni movimento con i suoi leader: Martin Luther King, Malcolm X, Stokely Carmichael.

Nel 1954 una storica sentenza della Corte Suprema rende illegale la segregazione razziale nelle scuole e mina la legalitàdell’intero sistema della segregazione, le cui violenze e ingiustizie venivano denunciate e combattute dal movimento dei diritticivili. La lotta per i diritti civili fu lunga, contrastata e variegata, un esempio per tutti, il famoso boicottaggio degli autobus aMontgomery, in Alabama, 1955, che coinvolse il 90 % della popolazione afroamericana e durò 381 giorni quando la CorteSuprema sancì che non era più legale la segregazione negli autobus.

Questo periodo di grande fermento rivoluzionario culminò in un’ondata di rivolte razziali in seguito all’assassinio di MartinLuther King Jr. nell’aprile del 1968, un’ondata che percorse l’intero paese e si protrasse per più di una settimana. Esattamenteuna settimana dopo l’assassinio di King la Camera approvò il Civil Rights Bill con cui si metteva ufficialmente fine alla discrimi-

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nazione razziale sul mercato immobiliare. Il mutato atteggiamento della minoranza nera, che si organizza politicamente, la ra-dicalizzazione della protesta contro la segregazione razziale, gettò le basi per un processo di ridefinizione dell’identità afroa-mericana ed ebbe anche un forte impatto culturale.

A livello accademico, suscitò riflessioni su come secoli di discriminazione avessero portato a un disinteresse per la storia ela cultura afroamericana. Nelle università vennero fondati dipartimenti di studi afroamericani, che stimolarono una revisionedel canone letterario americano nel suo complesso. Il potere nero ebbe anche un corrispettivo artistico: la cosiddetta ”nuovaestetica nera”. La funzione sociale e militante dell’arte è al centro di questo movimento che rivaluta le origini africane dellacultura nera degli Stati Uniti e punta a una nuova comprensione e orgoglio culturale, cambiando radicalmente il modo dipensare i rapporti tra letteratura della maggioranza e delle minoranze.

Questa stagione, contrariamente a quella del Rinascimento di Harlem, fin dall’inizio presenta una caratteristica di politiciz-zazione, estranea alla prima, e porta all’esclusione del pubblico bianco, determinante per il successo degli scrittori del Rina-scimento di Harlem.

LeRoi Jones, che in seguito all’avvicinamento alla religione islamica (1967) cambia nome in Amiri Baraka, è considerato ilpadre della “nuova estetica nera”. È autore di influenti saggi critici nei quali propone una figura di artista afroamericano. Unartista che sempre più apertamente si trasforma in militante rivoluzionario, che fa della scrittura esplicito strumento di sovversione:la mente che presiede al processo di rinascita culturale della nazione nera, ancora una volta attraverso il recupero deglielementi portanti la tradizione orale afroamericana. “La nuova estetica nera”, privilegia perciò il contatto con il pubblico, inreading di poesie, vere e proprie performance. Sono questi momenti di crescita collettiva, in cui artista e pubblico si arricchi-scono reciprocamente, il cui fine primario è la maturazione politico culturale del pubblico.

Arte Nera (1969), di LeRoi Jones/Amiri Baraka, è considerato una sorta di manifesto poetico perché esprime lo spirito militantee trasgressivo di quegli anni: «Vogliamo “poesie che uccidono”. Poesie assassine, poesie che sparano colpi di pistola». Nonsiamo semplicemente di fronte a un discorso metaforico. Il clima politico del momento, nelle sue frange più avanzate, comenel partito delle pantere nere, proponeva un confronto diretto con le strutture del potere, organizzando apparati di autodifesadella comunità nera. Anche Nikki Giovanni teorizza in versi la necessità del ricorso alla violenza: «Volevo scrivere una poesiacon le rime ma la rivoluzione non si presta […] così ci ho ripensato e mi è venuto in mente che forse non dovrei scrivere affatto

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ma oliare il fucile […] forse questi non sono affatto tempi poetici» (For Saundra, 1968). E in La vera importanza di questo dia-logo, sempre di Nikki Giovanni, il verbo uccidere è ripetuto ossessivamente 26 volte in una poesia di 51 versi, e nei versi in cuinon compare, è sostituito da avvelenare, sparare, morire, ecc. Questo filone di poesie si inserisce ancora una volta nella tra-dizione di resistenza e di lotta che risale ai tempi della schiavitù, la resistenza e la lotta come passaggio necessario per il ri-conoscimento della propria umanità e la ricostruzione della coscienza e dell’identità: per usare le parole di Malcolm X, «conogni mezzo necessario». Il limite a volte sarà un didatticismo ossessivo, un’immaginazione soffocata dall’aggressività teorica.

Il Rinascimento delle donne nere

Questa brevissima presentazione non può terminare senza prima aver accennato alla specificità dell’esperienza delledonne afroamericane e al loro fondamentale apporto alla cultura e alla poesia.

La poetessa Margaret Walker, nella premessa al suo romanzo Jubelee (1966), un romanzo storico sull’Ottocento, raccontache nella sua ricerca storica aveva trovato tre versioni della storia della schiavitù: quella bianca del Sud che vedeva nellaschiavitù un’istituzione benevola e necessaria, quella bianca del Nord che ne sottolineava gli orrori senza interessarsi allavita degli schiavi e quella nera che si concentrava sulla vita di schiavi straordinari, quasi sempre uomini, rappresentando ledonne nel ruolo di vittime passive.

Sin dalla schiavitù, dunque, l’identità delle afroamericane ha implicato un processo di differenziazione e di identificazionecon l’altro. In quanto donne, le afroamericane condividono la posizione subalterna delle bianche, ma al margine perchésono nere, in quanto nere condividono la posizione subalterna dei neri, ma al margine in quanto donne. Sono dunque peri-feriche per entrambe i gruppi, al margine del margine. Dopo la loro fondamentale partecipazione al movimento abolizionista,un primo momento di visibilità, è riscontrabile tra il 1890 e il 1910 tanto che questi decenni vengono definiti “L’era della donnanera”. Negli anni Quaranta, la cultura afroamericana ottiene legittimazione e riconoscimento ufficiale proprio grazie allepoesie di Margaret Walker e Gwendolyn Brooks. Gwendolyn Brooks è la prima persona di origine afroamericana a vincere unpremio prestigioso come il Pulitzer, nel 1949, con la sua seconda raccolta di poesie, Annie Allen.

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Ma è a partire dagli anni Settanta che l’inarrestabile presa di parola da parte delle artiste afroamericane, in parte facilitatadall’affermazione a livello internazionale del movimento femminista, dà vita a quello che è stato definito “il Rinascimento delledonne nere”, un fenomeno più ampio che in passato e reso più duraturo dalla presenza nelle università di docenti che hannodato e continuano a dare rilevanza accademica alla produzione letteraria delle afroamericane. Sono autrici di una criticaserrata nei confronti del razzismo all’interno del movimento femminista bianco.

Sono però critiche anche nei confronti di organizzazioni di protesta, quali il movimento per i diritti civili e il Partito dellePantere Nere, che avevano riservato alle donne un ruolo secondario e di supporto.

Parte integrante del Rinascimento delle nere è dunque l’attività della critica femminista afroamericana dedicata alla rico-struzione di una tradizione letteraria delle nere marginalizzate anche all’interno della tradizione critica afroamericana storica-mente dominata da uomini.

Con Alla ricerca dei giardini delle nostre madri (1983), Alice Walker presenta una riflessione poetica sulla genealogia dellacreatività artistica femminile nera a partire dalla prima poetessa afroamericana, Phillis Wheatley, che già nel Settecento otte-neva fama internazionale con il suo volume di poesie.

In questa tradizione si inserisce Sono una donna nera (1970) di Mari Evans, una poesia che rappresenta una figura di donnaconsapevole del proprio ruolo all’interno della comunità, il cui cammino è segnato dalla sofferenza, dai tempi della rivoltadegli schiavi alla seconda guerra mondiale, dalla guerra in Vietnam agli scontri con la polizia, in cui i neri hanno continuato amorire; in mezzo a queste tragedie Mari Evans rappresenta la donna afroamericana come una donna salda, piena di coraggio,punto di riferimento, «alta come un cipresso […] solida oltre ogni definizione, resisto, aggredita impervia indistruttibile Guardamie rinnovati». Ma solidità e forza sono espresse con delicatezza attraverso un linguaggio musicale, il suo canto è «un arpeggiodolce di lacrime […] che si può udire canticchiare la notte».

Personaggio di spicco è Gwendolyn Brooks, che esordisce a Chicago negli anni Quaranta e che, come molte altre scrittricinere, attraversa i vari movimenti e, pur nel periodo di maggior impegno civile e politico, non rinnega mai il suo sguardo di donna;infatti, sin dall’inizio nelle sue poesie rappresenta personaggi femminili che si propongono con la loro determinazione di uscirefuori da un anonimato cui storicamente erano state relegate.

Centrale in questo contesto è la riscoperta dei linguaggi della maternità: cosa significa essere afroamericana, donna e

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madre? Le loro poesie, come Per Tupac Amaru Shakur di Sonia Sanchez, o Litania per la sopravvivenza (1978) di Audre Lorde,o Poesia in memoria di Alan Schindler, 22 anni di età (1997) di June Jordan, cantano di donne, che come madri, trasmettononel latte la resistenza ai figli; di donne, che come madri lottano affinché i sogni dei figli non riflettano la fine dei loro sogni; didonne, che come madri sono costrette a seppellire i loro figli, ma questa volta «la terra non accetterà distinzioni».

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La poesia va in scena

Casa dei Teatri

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Poesia mediorientale

Ipoeti moderni del Medioriente asiatico provengono da luoghi perseguitati da un tormentato contesto politico e sociale,che dal 1948 in poi, con gli squilibri conseguenti alla crisi post-coloniale, ha dato il via a una consistente emigrazione versol’Europa.Ugualmente si può dire per i poeti classici vissuti anch’essi tra l’avvicendarsi di dominazioni, guerre, spostamenti di popoli mi-

granti. Il succedersi di diverse religioni ha probabilmente originato la necessità di una forte e intima ricerca spirituale. Un filo comune dunque attraversa le tematiche affrontate nella produzione narrativa e poetica di questi scrittori di diverse

epoche. Una delle tematiche più frequenti nella scrittura è riferibile quindi al dissesto socio-politico dei paesi d’origine. Un’altradelle tematiche fondamentali, legata alle diverse forme di esilio nelle varie epoche, e dunque anche a un connaturato no-madismo interiore, è quella del viaggio, con la ghurbah conseguente, il doloroso straniamento di chi è lontano fisicamente emetaforicamente dalla propria terra. Ed è viva tutta la sfera dei sentimenti, in particolare l’amore della tradizione classica ri-visitato in chiave moderna, calato nella realtà estranea in cui si è intrapresa una lunga e dolorosa integrazione.

Così i brani scelti per la poesia mediorientale ci hanno accompagnato attraverso il misticismo di Rumi e Gibran, la profondaspiritualità cristiana del Cantico dei cantici, la religiosità di Hafez, i canti rituali della Boqala e di Omar Khayyam, la poesiaimpegnata e al tempo stesso struggente di Hikmet fino ad arrivare ai giorni più vicini a noi e alla storia dei nostri tempi conHaidar Mahmud e Ronny Someck.

La mia donna è venuta con me fino a Brest

è scesa dal treno è rimasta sul marciapiede

si è fatta più piccola più piccola più piccola

un seme di grano nell’azzurro infinito…

La mia donna è venuta di Nazim Hikmet

Il Libretto d’operaNota introduttiva di Maddalena Fallucchi

Vogliamo partire dall’ascolto dell’Euridice di Iacopo Peri, Libretto di Ottavio Rinuccini, perché è considerata la prima“opera” in senso compiuto della storia dell’opera. Siamo nel Seicento, e i letterati fiorentini si dilettavano a discuteredella tragedia greca; si chiedevano in particolare, se i cori fossero cantati o meno. Poiché non esisteva nessuna testi-

monianza, i letterati dei Cenacoli elaboravano teorie: è nata prima la parola, o il canto? E i cori erano più cantati o recitati?Si arrivò così a teorizzare che la parola aveva in un certo senso un’importanza superiore a quella della musica (e dunque

il valore del contenuto poetico “Libretto” era assai importante), e si chiamò questo genere di rappresentazione “recitar can-tando”. L’Euridice venne composta per celebrare le nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia. È importante capireche tutte le opere scritte e rappresentate nel Seicento nascevano in ambienti di corte, erano scritte per celebrare eventi esempre rappresentate all’interno della corte. Il contenuto spesso era a “doppio senso”, sotto le spoglie di divinità eranosempre rappresentati i sovrani, e i finali si accordavano alla necessità di celebrare il potere. Questo anche a Roma, dove laChiesa stessa commissionò varie opere (si ricorda ad esempio il Sant’Alessio) per celebrare i propri fasti, specialmente daparte dei Barberini.

Noi in questo excursus sui libretti dell’opera facciamo un salto di circa 100 anni e arriviamo direttamente al Settecento. Per-ché? Perché nel Settecento, per la prima volta, a Venezia, si verifica qualcosa di inusuale, che poteva però avvenire solo qui,nella città del commercio, dove l’aristocrazia non era autocelebrativa come nelle altre città italiane. L’opera passa da feno-

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Star trompette, star tampurri,star chitarre e ciufoletti,star strumenti in quantitàracazzine craziosineper ballare, vubsassà.

Se nemiche star lontantrinche vain, paesan.Se nemiche star vicin,zitte zitte nasconder.Je andate, tu restate,

e tu panze conservateper ballare, per trincar.

Aria di Tagliaferro Atto IILa Cecchina Libretto diCarlo Goldoni

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meno puramente elitario, a fenomeno “popolare”: nasce l’impresariato, si deve pagare un biglietto per assistere alle rappre-sentazioni. Cambiano totalmente le trame, e cambia la lingua, adatta a un pubblico più ampio. A Napoli invece, quasi con-temporaneamente, i napoletani non si smentiscono e nasce l’Opera Buffa, con inserti linguistici spesso dialettali (La Molinara,Lo Frate ‘nnammurato, Le Zite ‘ngalera), piccoli capolavori ancora oggi godibilissimi. Noi abbiamo deciso di fermarci qui edi non addentrarci in quello che viene comunemente chiamato “melodramma”. Ci sarebbe voluta una settimana di incontri…

Beat Generation

Quando negli anni Cinquanta Fernanda Pivano va per la prima volta negli Stati Uniti è una giovane studiosa. Graziea Cesare Pavese e a Elio Vittorini si innamorerà caparbiamente di un tessuto culturale che vorrà cogliere a fondo:l’America degli anni post e pre-bellici, un viaggio che intraprenderà desiderosa di incontrare sul campo i maestri di

un fare arte con la parola che in Italia avevamo appena cominciato a conoscere. Immediatamente scopre un mondo disogni, ideali, valori e scelte di vita che non si stancherà mai di celebrare. Dal pacifismo di Norman Mailer, maestro riconosciutodella narrativa americana, amato e contemporaneamente odiato dalla beat generation degli anni Sessanta, ma che a luie al suo anti-imperialismo si rifece, ai guru Ginsberg, Kerouac, Corso e Ferlinghetti, uomini che in nome di un’idea di ritorno al-l’essenzialità dell’Uomo, ai principi della libertà di espressione di tutte le forme e in contrasto con i pregiudizi del consumismocapitalistico, hanno vissuto e scritto la propria esperienza esistenziale senza distinguere fra arte e vita. Il denominatore comuneche potrebbe contenere queste esperienze di vita e i linguaggi di una generazione di artisti a tutto tondo, sia per la sceltaindividuale che creativa, di fatto condivisa anche dal pubblico e da altre figure impegnate negli stessi anni a rielaborarenuove forme d’arte (musicisti, artisti visivi e performer) e in uno stile decisamente maudit, questo denominatore comune lo si ri-scontra in un uguale afflato nello stare al mondo con quella stessa indisciplinata ritualità bohémien dei Baudelaire, deiRimbaud o, in quegli anni, dei Doors. La cultura beat si ricollega a un certo maledettismo francese e inglese, al romanticismodecadente, al comunitarismo che diverrà hippie e avrà in Patty Smith l’ancella testimone di un decennio musicalmente rivolu-

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Sulla Vetta della Famepiccoli ramiTentano di crescere

Jack Kerouac

zionario. Performance, letture pubbliche (uno degli apici sarà raggiunto col festival internazionale della poesia di Castelpor-ziano, nell’estate della fine anni Settanta), recital e consumo di allucinogeni, be-bop e misticismo della carne, particolaricostumi sessuali, alcol e fughe in solitaria esclusione dal mondo, viaggi in Oriente, impegno politico e antimilitarista. Il beat,oltre che rappresentare una generazione, ha rappresentato una cultura, in contrapposizione nell’idea della rivoluzione, antitesie tesi di una nuova visione del mondo non più circoscritto all’emisfero occidentale.

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Nuovi poeti

Franca MancinelliNota di Manuel Cohen

Nata a Fano nel 1981, Franca Mancinelli, tra le più significative proposte della nuova generazione poetica, con al-l’attivo buone apparizioni su riviste e antologie, ultima, in ordine di tempo, Il miele del silenzio, curata da GiancarloPontiggia (Interlinea, Novara 2009). Mentre è del 2007 il suo esordio in volume con la raccolta Mala Kruna (Manni,

San Cesario di Lecce). Insita nella parola di Mancinelli è la percezione del procedere in un viaggio, come recita un suoverso, «prenoto e annuncio ancora il mio partire», variamente declinato: sia esso una dimessa “gita”, o la percorrenza di unatratta feriale e abitudinaria su di un treno interregionale, sia pure una passeggiata al mare, o la ricognizione millimetrica diuna stanza abitata, anche da presenze-ombre “emotive” inquietanti.

Fisico e affettivo, analogico e memoriale, esistenziale e ontologico, di disvelamento o di esperienza di sé e del mondo, diun sé nel mondo. Il percorso indicato da Mala Kruna, locuzione udita pronunziare dall’autrice nel corso di un viaggio inCroazia – con un che di sibillino, di oracolare quasi, a stigmatizzare un episodio che assume una valenza emblematica e as-surge a configurazione di un destino – alla lettera, “piccola corona di spine”, muove da un io lirico riflettente su di sé, o allacui presenza rinvia per rispecchiamento l’acqua del mare, come in un andirivieni di maree, o lo specchio di un vetro.

Ma è da subito evidente che Mala Kruna, suddiviso in quattro sezioni, come tappe perimetrali di un percorso di certificazioneo disvelamento, è, come i versi pubblicati negli anni successivi su riviste e quaderni collettivi (Nodo sottile 5, Le Lettere, Firenze2008), una ricognizione sulla sfera dei rapporti tout court. Dove l’esperienza dell’amore di coppia, ma anche allargata ai le-

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gami famigliari e all’amicizia, si fa sonar di una condizione di diffusa difficoltà, e radar che ne capti segnali di superamento.Nei lavori più recenti, l’accensione analogica - che è uno dei tratti distintivi dell’autrice assieme al riferimento a un mondoferiale variamente descritto nei suoi dati di quotidianità domestica: «Se oggi avessimo la febbre insieme / staremmo comedue cucchiai riposti / asciutti nel cassetto, / c’inventeremmo i piedi / avanti e indietro come stracci / per le carezze ai pavimenti,/ o resteremmo nudi come chiodi / dimenticati in mezzo alla parete»; «tra qualche ora torna / la geometria rituale / dei piattiche precedono i bicchieri / con le forchette accanto» – e con un uso parsimonioso e strategico di metafore e similitudini at-tinenti a un mondo di natura, viene confermata anche dalla osservazione della realtà creaturale e animale, che variabilmenteriallude, specifica e riverbera su stati d’animo e condizioni condivise con l’uomo. Ecco allora la suggestiva immagine delletartarughe fuoriuscite da uova schiuse, nella loro prima corsa verso il mare, o il passero chiuso in casa che tentando un’uscitabatte contro le tende e «oltre il vetro che divide / l’ossigeno dal cuore».

O i molti paragoni con cimici, formiche e cani. Tutto un mondo animale in cui si inscenano comportamenti umani. Strumentidi questo viaggio di Franca Mancinelli sono le parole che seguono l’esperienza dell’osservazione ricognitiva (vedo, guardo,leggo sono più che verbi ricorrenti, vere parole chiave), la sua indagine sul corpo (umano, e testuale) e sulla dimora (caseabitate e stanze della poesia). Parole raccolte intorno ad alcuni motivi ricorrenti e a elementi di raffinata figuralità semantica,in versi brevi di partiture strofiche rastremate, legate da concatenazioni di suoni, allitterazioni, in cui si muove l’elemento pro-sodico ritmico testuale. Alle parole della poesia, Franca Mancinelli affida ogni fiducia, nella laica inquietudine del percepirel’esistenza: «Qualcosa in noi respira / soltanto nel trasloco». Una parola che riveli o disveli: «Vorrei con le parole aprirti /questa vita come una mano / che sul tavolo capovolta / aspetta d’essere riempita / stretta alla tua». Una scrittura molto av-vertita, anche in certi testi brevissimi, molto confinanti con clausole aforismatiche, di buona efficacia o sintesi: «Se le parolenon vanno in un verso / non sono in nessun luogo».

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da una sponda all’altra del fiumedando un fianco ora l’altro alla lotta le lenzuola erano garzema non potevano bendarmi gli occhinon sfioravano la fronte per quanto tirassi non coprivano non custodivano il volto e non potevo morire, aspettavo tremando che crescesse la marea fino a qui, che un orlo azzurro s’allungasse a toccare l’orizzonte, la punta dell’ultima montagna.

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Inedito di Franca Mancinelli

Marco GattoNota di Francesco S. Mangone

C’è, nella poesia di Marco Gatto, nella scelta delle parole che fanno il suo verso, una sostanzialità che è della materiaterrestre. Perché mentre si tirano linee, a stabilire un “recinto” (ciò che chiamiamo poesia), si mostra un senso “altro”,sempre un fuori-luogo da riprendere, e da ri-fare. Prendendo a prestito un’immagine da Franco Fortini, diciamo meglio

che i suoi versi (questi ultimi di Istantanee dal paese d’Occidente) prima che lirici sono enunciati: tagli obliqui d’uno sguardoquotidiano che intravede l’altro-a-venire, così che da essere intesi nel loro significato prosastico, dunque, forte. Che si rivol-gono innanzitutto al pensiero mentre si fa, alla capacità di aprire istanze per la mente, mentre indicano procedure. Insomma,un qualcosa di degno che non si sente più da qualche tempo. La sua poesia non procede per abbagli, lampi di verità,semmai per un lento e sicuro processo di sedimentazione del senso dovuto al calibrato confronto nel sintagma tra le parole.La sua è poesia in cammino dove la prassi autoriflessiva serve innanzitutto a liberare il soggetto da una condizione parzialee alienata.

È, in altri termini, un posizionarsi materialistico sul bordo della fine della postmodernità, un procedere per processi di eman-cipazione. E, da questo essere dentro e fuori la faglia temporale, intravedere e rileggere il passato e il presente per un futuroimmediato. Improrogabile, sembra essere, a sentire i sempre meno isolati “catastrofisti” inascoltati.

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Tutto e per sempre ci è dato, mi dicimischiando il vero con il falso, il certocon l’audace passo della ragione.Lo dici – ed è atroce nel sentirlo –mentre i fumi ti assalgono i capellie un profilo di curve incontra, mutarima, l’ombra incerta del tuo volto:ti assale, non sei più tu, sei l’altrodel tuo contorno.

Questa non è una confessione,un rancore sprovvisto di carattere.Semmai un cratere, un buco lavico la cui luce funesta ti abbaglia il visostanco – dalla finestra le sirene del traffico cittadino affoganoil silenzio – e si spegne nel niente

del suo vagito: l’illusoria spinadel dire agli uomini quel che siamo. Siamo l’Occidente, lo vedi nei volti dello schermo:adolescenti a Rosarno, a sera,quando noi lenti accostiamo al telefonoi pensieri, sprangano a terra un uomoafricano. Chiede aiuto e non lo sentiamo.

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Inedito di Marco Gattoda Istantanee dal paese d’Occidente

Evelina De SignoribusNota di Maria Grazia Calandrone

Il libro di Evelina De Signoribus comincia con la parola desolazione. Eppure no, Pronuncia d’inverno è un volume chiaro,casomai di disagio terrestre, questo sì, ma di una trasparenza consapevole e affermata da un apparente stile colloquiale,ma in effetti lavorato con una lingua estremamente avvertita.Ci muoviamo da subito in un corale di creature che manifestano gesti e pensieri ma non hanno quasi corpo, sono trasuma-

nate e assunte in una luce allegorica, in una mischia vivissima di visibili e invisibili dove non distinguo più i vivi dai morti, egual-mente vociferanti.

Chi è Elsa, chi è Anna, chi è la signora di fronte, alla quale è dedicata la sezione dal titolo bellissimo, appunto, L’altaredella signora di fronte? Chi sono questi portatori di destino un po’ miseri che si attraversano perché sono spalancati comepiccole soglie su gesti all’apparenza quotidiani, ma segnati da una inconsistenza, da una sottilissima inquietudine e fragilità?Troviamo, in questa giovane poetessa, la maturità di un sentimento già a posteriori, a volte quasi postumo: chi scrive guardaalle cose senza nessun altro intervento che non sia un’accoglienza precocemente materna, anche nei confronti degli avi,quando il mondo al condizionale, il binario parallelo alla vita evidente si manifesta attraverso il loro odore domestico. L’atti-tudine usa dei propri sensi e non è passiva e la poesia non è medianica, bensì contiene spostamenti ed è fatta da oggetti.La perizia sta tutta nel lasciare spiragli, negli interstizi di luce, negli spazi in sospeso tra le cose. Torna alla mente una delle più

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belle poesie di Per un secondo o un secolo di Cucchi: «Attorno i vicini storpi che annusano, / sul portone il camion rosso deipompieri / e le tue povere urla sulle scale, / mentre ti portano via seduta, / piccolo corpo dal viso stravolto, depresso, / cheogni tanto riesce a abbassarsi dolce / per dirmi: “Mi ricordo di lui, / così maschio e gentile, / mi ricordo di te, che volavi al la-ghetto / e alzavi le braccia, uccellino felice di vivere. / Io ti chiedo perdono, ma è andata così”».

La stessa fine meridiana, la stessa malinconia del “a cose fatte”, le somme tirate dopo, nella vecchiezza che non chiede piùnulla ma assume il suo proprio destino senza quasi più peso. Ma, mentre in Cucchi i fatti sono i fatti, in De Signoribus si avverteuno slittamento millimetrico. Gli oggetti sono sempre lievemente altro da sé: spunti, porticine o portali, cunicoli, deviazioni dellosguardo e, dietro lo sguardo, un cuore semplice. Siamo in un mondo all’improvviso pronto a diventare un altro mondo, amostrare la sua crepa, il sorriso del vivo che non è un sorriso, ma il margine di accesso a una pregressa incolumità, perché diquesto si tratta: Evelina De Signoribus ha nel cuore un mondo ancora intatto e sono in lei continui i gesti di compassione ter-restre, venuti da un mondo prima del disincanto.

Altra protagonista non secondaria di questo giovane inverno è la casa, dalla soffitta alla cantina: il corpo vivo della casaesplorato nelle tubature grevi, nei suoi contenitori abbandonati, nei cavi conduttori, nei segreti allacciamenti, nel mobilio ma-nifesto, nei cartoni, lacerti, nei dettagli dell’uso e del disuso, fin negli sgabuzzini.

Casa rifugio dal freddo esteriore e però casa che resiste alla nostra completa ispezione, casa inquieta ma senza dolore,una casa organica ma inerte, nella cantina della quale la specie umana si consegna alla polvere.

Rimane chiuso fuori il brusìo insidioso del prato.Cosa stiamo denunciando dal principio infatti se non una separazione, una grave perdita di compassione e di sensitività?

Cos’è tutto questo libro se non una dichiarazione di Resistenza? Di veglia, per meglio dire ancora: per questo non dormo piùe vi vengo a svegliare. Sono tempi, ci dice Evelina De Signoribus, nei quali bisogna tenere alta la guardia come sentinellenotturne, ci sono interni strapieni che bisogna setacciare con la cura che si deve alle cose comuni, voci domestiche dellequali sarebbe vivificante rintracciare gli echi.

Di sacro ci sono le mura, forti e consolidate, una sorta di perimetro di sicurezza fuori e dentro il quale tutto pullula e ci abituaal mestiere di vegliare, ci risolve a far entrare il caos di fuori e, se si riesce a infilarsi in un passaggio sconosciuto della giornatae ci si pone in una posizione propizia a un avvento, si cerca di pregare, poiché non si desidera nient’altro.

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Nella sospensione del desiderio, dunque, in un canale del giorno, si rinviene questo bisbiglio quasi casuale, si aspetta chequalcosa avvenga – o ritorni. Non si può trascurare questo passaggio, né i due bellissimi versi poco distante: «Tu sei dovesiedi come una bellezza scandita / in una crisi terrena. E io ti farei da scudo / forzando questo chiodo di tensione». Si sentela forza di queste parole, il sacrificio fiero della persona che è dietro le parole. E la paura che le fa scorrere il sangue.

La scrivente si offre quale risarcimento, assume aspetti da ultimo titano / pirata e sirena del suo vanto. Il corpo del poeta èun oggetto sensitivo inscritto (e forse scritto) in un mondo insensibile, un luogo di percezione, come dice bene Enrico Capo-daglio nella sua bella introduzione: è diventata impresa da mistici abitare poeticamente la terra. C’è infatti quasi una santitàin questo corpo mite che si espone ad assumere il mondo assumendo una forma materna e omnicomprensiva. C’è una strana,una quieta, una serenissima perfezione. Dunque Evelina De Signoribus fa poesia “civile” nel senso più nobile, custodendo isimboli e la segnaletica della memoria.

Inoltre Pronuncia d’inverno è anche un libro di ascendenza poetica “matrilineare”, in quanto poggia le persone in alcuniambienti aneddiani: l’inverno stesso, la enumerazione degli oggetti, la tregua, il vivere occidentale. C’è la stessa malinconiaserena e lo stesso offrirsi come parabola: parabola come antenna ricevente e parabola come racconto evangelico. “Io” miuso per ricevere il mondo e restituisco in forma allegorica il tracciato di senso che ho ricevuto. Ma soprattutto parlo di cosevere. Parlo del richiamare quei gesti sbagliati e trasformarli / renderli amore: questo è il desiderio, l’alchimia che si cerca – madove? Dapprima spinti nell’abbraccio umano, che ci restituisca il corpo o almeno l’impressione di identificarsi in un corpo chepare quasi morto per mancanza di nutrimento amoroso. Ma subito cerco di ripartire dai nomi delle cose certe. Ecco dove sitrova la Casa.

Se ci vogliamo addentrare in un disvelamento arbitrario, diremmo quasi che la persona abbia edificato sacre mura, unapelle traslucida di parole e dentro porti un caos governabile – e dall’esterno alla semplicità del cuore lasci spiragliare ilmistero serpeggiante, pullulante e struggente della natura. Quando è sopportabile.

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Sminuita fino a diventare quasi invisibileuna figurina con il fazzoletto in testa o tra le maniche più non sente né caldo né freddo.

Rimpiccioliti anche gli occhi che guardanoappassiti dentro una fessurache dà su un paese di nebbia.

Abbandonata la condizione civilenon è più né donna né altroe questo forse è l’unico bene.

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Inedito di Evelina De Signoribus

L’unico bene

Davide NotaUn bestemmiatore di verità Nota di Gianluca Pulsoni

Il poeta è un bestemmiatore di verità che racconta e si fa raccontare dai versi che ne attraversano il “corpo” lirico. DavideNota, autore di due libri di poesia, Battesimo (LietoColle, 2005) e Il non potere (Zona, 2007) e di tanti altri interventi informa di poesia – su tutti, quelli della rivista on-line «La Gru» (http://www.lagru.org) e la splendida silloge presente nel numero

V della rivista «Chorus», una costellazione diretta da Federico Nicolao (http://www.chorusday.com) – non fa eccezione aquesto scandalo di dire ed esser detti, nello stesso tempo, dalla propria opera: come se ne fosse prigioniero.

Questa condizione, in realtà, è una condizione propria della coscienza di ogni scrittore degno d’esser considerato tale,lo sappiamo bene e non scopriamo nulla di nuovo ma, in fondo – quel che almeno qui ci piacerebbe sostenere – è che tale“situazione” diventa più acuta nei casi in cui si è di fronte a un’opera specificatamente “lirica”, che racconta e si raccontaattraverso l’azione del verso piuttosto che le forme del senso.

Si tratterebbe perciò di parlare di una “coscienza poetica”: né più né meno di questo. Ora, la coscienza poetica di DavideNota è tutta tesa, almeno nell’arco descritto dalle sue prime due opere e dal resto della sua produzione, verso un incontro dia-lettico molto serrato e duro con la Storia, su più livelli. Cerchiamo di focalizzarne i principali, per lasciare ai lettori tutto il resto.

In Battesimo c’è per esempio l’insistenza su un’idea di apertura dell’io verso il mondo, reso visibile e possibile oggetto diesperienza grazie a una curiosità dello sguardo che cerca di conservare, nonostante tutto, una purezza e una giovinezza

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delle cose; in Il non potere invece, tale dialettica è rovesciata, provocando non un’apertura ma una chiusura dell’io nei con-fronti del mondo, che viene reso/rigettato dal corpo poetico come “negativo”, scoria, malessere.

A un secondo livello di lettura, questo rapporto io/mondo che appartiene alla sfera dei sensi ci pare possa avere comecorrispondenza ideale il dialogo tra biografia e Storia, cioè tra costruzione o, se si vuole, distruzione di un’identità poetica euna continua tentazione di alterità che, pagina dopo pagina, prende forme e accenti diversi. Entrambi i libri, infatti, sono libri“biografici”, ma tale idea di biografia risulta avere spesso un rapporto problematico con ciò che tecnicamente va a formareogni identità, ovvero l’esperienza. Nel primo libro, il “consumo” di esperienza è il desiderio a cui tende il battesimo del poeta,qualcosa che si vuole, costi quel che costi; nel secondo, questo consumo si fa letteralmente impossibile e l’io si trova a viverel’altro aspetto del proprio battesimo, quello infernale d’essere nel mondo. In tutto questo, c’è di mezzo, c’è nel mezzo, la Storia– come dimensione verticale a cui tendere e forse annullarsi – che qui viene tradotta come mancanza di Storia, quindi comemancanza di continuità e dialogo tra individui, mancanza di prospettiva esistenziale, mancanza di coordinate sociali.

Ad un terzo livello di lettura, possiamo dire che questi due modelli, io/mondo e biografia/Storia, convergono verso la ripe-tizione del loro statuto dialettico che in questo caso, però, sta tutto interno a un solo elemento, ovvero la visione che loscrittore ha dell’idea di rappresentazione, resa in modo quanto mai preciso nella composizione omonima tratta dalla suasilloge Viola.

In questo caso – ed è il caso più alto, dove l’espressione raggiunge una forza paradossale – tutto qui viene narrato e si fanarrare, nei contenuti ma anche attraverso una torsione della forma tali da provocare una metamorfosi costante delle funzioniche dovrebbe avere ogni rappresentazione, giungendo alla fine a un effetto paradossale e allucinatorio di una visione cheallude con mistero a qualcos’altro, in cui ogni scena pare de-quadrata, gli accordi tra le immagini sincopati, i particolari in-gigantiti, il ritmo sospeso, la coscienza vigile e la fine – deo gratia – ignota.

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Partiamo,come un livello di separazione da infrangere.

*In ogni cavo la sostanza mancantein forma di lacrima chiamare.Questo sembiante accarezzare.Chiedo asilo? Decoro?Poeta, cosa voglio ignoro.Il quadro degli orizzonti è pieno.L’ambiente ridicolo. Il possibile designatovuoto. Ho sognato una casa che non c’era e una sorella nell’origine. Ma pure tu baciarevuoi nel modo in cui morirenon sia più l’arido male. Ma l’altro non esiste.

E per sognare servono i soldi.

*Ho imparato l’allegria dei sampietrini bagnati, la via di casa quando piove e tardi la ragazza pallida che ti offre la mano.“Spariranno?”. Non so, tutto è svanito,e assieme al tutto anch’io che cerco ristoro in una canzonetta sbandata.Vorrei in fiamme vederele vetrine dei call center,le agenzie interinali,e con pietà francescana aggiungereal fuoco nuovo fuoco.Ma tutto quanto ricadrà su noiche sete avremmo avutodi sole e di fontana.

*

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Inedito di Davide Nota

Rappresentazione

E San Lorenzo apparenella sua scomposizione di sabbia bagnata.Avremmo detto: certo, avanziamo,così come per fare un movimento qualsiasi.La rappresentazione è salvaguardata.Io voglio il meglio. Se fuoco non arde. E fontanaricorda. Verde. Blu.Volevo il meglioda questa generazione sballatadi pasticche e psicofarmaci.

Così certo, potremmo facilmente bruciareil vecchio mondo rappresentato,ma un enorme deserto illuminato a nuovonon era certo il fine di questa guerriglia!(La schermata del cielogelidamente oggettivo).

*

E quella notte apparvero infuocate croci.Un cimitero di bottiglie incomprensibile ai più.Paesaggio verde e nero di infrarossi e fanale.In fila pisciavamo contro il mare.“Starò con i miei amicifino alla fine del mondo”.

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Le magie di AliceNota di Monica Maggi

Ho conosciuto Alice solo attraverso le sue parole, e sono bastate a riempirmi memoria e cuore di qualcuno che, ammetto,non ho ancora incontrato. Ancora adesso che scrivo non so che faccia abbia Alice, né di che colore siano i suoiocchi o come risuona la sua voce. Non me ne voglia: non importa.

Io l’ho conosciuta solo e soltanto leggendo il ritmico andare a capo dei suoi versi, ed è stata fulminazione. Le ho detto«non demordere, prova, e riesci».

Da sempre sono innamorata delle parole, ma solo di quelle ben usate, calate e inserite nel posto giusto del mondo. Dellealtre ho un rifiuto. Pentola, ad esempio, può essere il vocabolo più attraente del cosmo se incastrato e dipinto con i giusticolori. Ed esattamente il contrario.

Ecco, Alice sa fare queste magie. Sa infilare le parole come perle di collana nel filo di nylon giusto, dritto, lucido e resistente.Sa fare gioielli primitivi ed esoterici di vocaboli che, diversamente e in altro luogo, non saprebbero di nulla. Alice sa dire coseche, messe insieme ad altre cose, toccano il cuore della gente in modo permanente.

Questo è accaduto a me.Mi ha spedito un file che ho iniziato a leggere velocemente. Ma poi il mio ritmo si è rallentato. Ogni parola andava dopo

l’altra e insieme componevano musiche di scenari dove io vedevo Alice, la sentivo respirare, e camminare, e toccare e fuggireandare e tornare. Mi sembrava di essere spettatrice privilegiata di un film per amanti voyeur girato solo per me, ero ipnotizzata

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e rapita da questa magia inaspettata. Il ritmo della parole. La loro scansione, la sovversione della rima che non ci sta, loschermirsi completamente subito dopo aver compiuto il miracolo. Alice è questo, è una meraviglia di parole che si muovonovive e vere dopo che lei, madre e padrona, le spalma sul foglio o le carica come orsettini a molla. Se dovessi proprio trovarepoeta che le somigli, mi viene in mente la russa Anna Achmatova: «Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato, il riflessodel vostro volto, vani palpiti di vane ali... fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi…. Come vuole l’ombra staccarsi dal corpo,come vuole la carne separarsi dall’anima, così io adesso voglio essere scordata». Un motivo c’è. Nello sconfinamento nell’or-dinarietà straordinaria della nostra esistenza, Alice sa mettere fiori e tocchi di colore che fanno impazzire la mente. La rove-sciano, la sovvertono, e anche un prevedibile pianto o una scolorita solitudine diventano magie di macchie indelebili. E allorafacciamo un gioco. Una poesia di Alice, quella che preferisco in assoluto, accanto ai versi della russa. Anna Achmatova: «Alcollo un filo di esili grani, celo le mani nel largo manicotto, gli occhi guardano distratti e non piangeranno mai più. Sembra ilvolto più pallido per la seta che tende al lilla, arriva quasi alle sopracciglia la mia frangetta non ondulata. E non somiglia adun volo questa lenta andatura, quasi avessi sotto i piedi una zattera e non i quadretti del parquet. La bocca bianca è soc-chiusa, ineguale il respiro affannato, e sul mio petto tremano i fiori dell’incontro che non c’è stato». Alice: «Il mio merito cominciadove finisco io/è sull’ala trasparente che mi prolunga all’infinito / è inchiodato in un punto oltre lo specchio / Il mio meritofinisce dove cominci tu / muore nei gesti che indossi per me/si riflette appena sopra la tua borsetta di plastica / e in un guizzoprepotente si porta via i colori». Eccolo, lo stordimento creato dalla giostra vorticosa delle parole, usate per colpire conforza e sovvertire il grigio di un dolore, rendendolo vero vivo e brillante, che poi così diventa violento e pulsa come il cuore.

Non è una meravigliosa magia?

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Inedito di Alice Clarini

Oltre la carta e l’inchiostroOltre la penna e le paroleOltre la bella copertina con sopra il tuo disegnoC’è quest’altra me a vegliare Sulla portadella nostra bella casa diroccata.Ogni tanto si affaccia sul vialetto sterratoE guarda oltre e oltre ancoraCose che non sono cosePensieri fuggiaschi sballottati fuori a casoE lo stregatto che svanisce nel suo sorriso pianoforte.

Senza titolo

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Paolo RuffiniNota di Domenico Donatone

L’opera poetica di Paolo Ruffini, che vede all’attivo, per ora, un’unica raccolta dal titolo Lémma. Spargimento di cenere(Editrice Zona, 2009), ha la peculiarità di essere moderna e classica al contempo: moderna, per lo slancio che lasua versificazione assume sulla pagina, delineando una metrica di sintesi tra gli apparati verbali, aggettivali, deittici

e retorici (come l’uso dell’anacoluto) che danno spazio a una procedura stilistica in cui si compie il sintagma-verso; e clas-sica per la sua capacità di cogliere il richiamo dei secoli passati (Catullo, Virgilio, Orazio, Petrarca, Dante, Donne, Marvell,Foscolo, Ungaretti, Montale e, forse, anche l’ultimo Raboni) per inserirsi in un tema che appartiene da sempre al versantedegli universali, ovvero il tema della morte. Un tema che scaturisce da una profonda riflessione, privata quanto pubblica,di natura anzitutto antropologica per capire qual è il destino dell’uomo. Destino dell’uomo è morire, e la misura della vitaè la morte.

In quest’opera Ruffini riflette a voce alta sulla scomparsa prematura del fratello, la cui diagnosi vuole essere “muor giovanecolui che al cielo è caro”. Così disse Menandro, così ribadisce Ruffini. Ma questo non è sufficiente per approdare a quellacondizione che, con un termine poco felice, è detta di apocatastasi: cioè di ritorno all’ordine, all’equilibrio. Tant’è che permane,fino a sconfinare nel dolore più cieco, la sofferenza. Lo spargimento di cenere non cessa e ciò che scompare torna a viveree ciò che vive torna a morire: «Scrivo sulla tua tomba il mio nome».

Sarebbe un lusso ipocrita pensare a questa raccolta poetica come a una storiella comune, perché quello che sovverte

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l’ordine dei fattori è, per il poeta, continuare a crescere dentro questa corrente di “presenza/assenza” degli affetti, dellecose. Dal suo lavoro inedito emerge il senso della remissione, dura, escatologica ed ebraico-cristiana, che s’inquadra nellafissità del tempo: «e allora ammutolisco / perché non ho più niente / ormai più niente con me / se non questo tuo amore / cheingigantisce il ventre | e spariglia preghiere».

e allora ammutoliscodi giorno quasi fossiun recluso nel ventodelle parole sparsea semina lasciateper un raccolto estivo

e allora ammutoliscoperché forse convienelasciarmi sopraffareda tutto questo orroreche lambisce la fedecongedando le idee

e allora ammutoliscocome ossi rinsecchitimi lascio levigaree sento ticchettare

gli striduli rumoridella mia consunzionee allora ammutoliscoaspettando quel contoche pagherò domaniprima che si lasceràdeporre la ragioneoffrendosi a buon prezzoe allora ammutoliscoperché non ho più nienteormai più niente con mese non questo tuo amoreche ingigantisce il ventree spariglia preghieree allora ammutoliscomio giovane amoreché le ha stesse frasi

uguali ritornelli

ma altre parole dette

d’altre parole sparse

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Inedito di Paolo RuffiniAltre parole sparse poemetto felice(primo movimento)

Programmi di sala

SALA SANTA RITA – VISIONI

19 novembre 2009

ASSAGGI DI POESIA

Omaggio a Alda Merini

È più Facile / La Carne degli Angeli

LA CANZONE D’AUTORE

Herbert Pagani. L’Albergo a ore

Luigi Tenco. Ah, l’Amore!

IL LIBRETTO D’OPERA

Ottavio Rinuccini. Primo Coro dell’Euridice

BRECHT/FORTINI

Bertolt Brecht. L’Opera da tre soldi

Franco Fortini. Canto / Foglio di via

LA POESIA DELLA BEAT GENERATION

Norman Mailer. L’economia dell’Amore

Diane Di Prima. Cento Larve / Canzone

alle 24

Lawrence Ferlinghetti. Quadri di un mondo

andato

IL ROMANTICISMO

Charlotte Brontë. Vegliando il Desiderio

William Wordsworth. La mietitrice solitaria

LA POESIA AFROAMERICANA

Amiri Baraka (LeRoi Jones). I detti di Mantan

Moreland

Langston Hughes. Io Pure

LA POESIA DEL MEDIO ORIENTE

Anonimo. Il Cantico dei Cantici

Rumi. Da “poesie mistiche”- La conoscenza

LA POESIA DI IMPEGNO CIVILE

Federico Garcia Lorca

I GIOVANI AUTORI

Alice Chiarini. Madre

14 gennaio 2010

La poesia romantica

Letture di: Nunzia Greco e Massimiliano Mecca

Intermezzi musicali: Pierluigi Pietroniro (violino)

William Blake. Il Giardino dell’Amore / La Tigre

Elizabeth Barrett Browning. In quanti modi ti amo

William Wordsworth. Versi scritti allo sbocciare della

Primavera / Versi scritti nei pressi di Richmond

Percy Bysshe Shelley. Serenata indiana / I pellegrini

del cielo / Versi scritti nel golfo di

Lerici

Mary Shelley. Oh Vieni da me

George Gordon Byron. Ti vidi piangere / È l’ora

John Keats. Voglio una coppa piena fino all’orlo/

Che mi ami tu lo dici / Al sonno/ Ode a un’urna

greca

Anne Brontë. Vento del Nord

Charlotte Brontë. Vita / La rosa

Emily Brontë. Stanza n°6 / Stanza n°26 / Stanza n°38

Samuel Taylor Coleridge. La ballata del vecchio

marinaio (parte prima )

21 gennaio 2010

La “canzone d’autore” italiana

Letture con ascolto degli stessi brani musicali di

Valeria Ciangottini e Fabio Pappacena

Lucio Battisti. Emozioni

Gino Paoli. Senza fine

Francesco Guccini. Le osterie di fuori porta

Fabrizio De André. La canzone di Marinella

Luigi Tenco. Mi sono innamorato di te

Enzo Iannacci. Sfiorisci bel fiore

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Luciano Ligabue. Niente paura

Luigi Tenco. Non sono io

Angelo Branduardi. Il dito e la luna

Giorgio Gaber. Far finta di essere sani

Pasquale Panella. Tu non ti pungi più

Francesco De Gregori. Viva l’Italia

Fabrizio De André. II cantico dei drogati

Ivano Fossati. La costruzione di un amore

Luciano Ligabue. Le donne lo sanno

28 gennaio 2010

Autopresentazioni di giovani autori

Manuel Cohen presenta Franca Mancinelli

da Mala kruna

INEDITI:

I (sonno)

II (lavoro)

III (scrittura)

IV (amore)

V (ritratti)

ULTIME

Francesco S. Mangone presenta Marco Gatto

Ora nemmeno più i treni mi parlano…

da Misura del tempo legge Francesco S. Mangone

Tutto sempre ci è dato… (da Istantanee dal paese

d’Occidente, inedita) legge Marco Gatto

Lo strappo esistenziale, troppo rapido…

da Misura del tempo legge Francesco S. Mangone

Al mattino… (da Misura del tempo)

legge Marco Gatto

La rabbia della retorica... (da Istantanee…)

legge Francesco S. Mangone

Memoria del giorno futuro (da Istantanee…)

legge Marco Gatto

L’angoscia dei minuti che si contano

(da Misura del tempo) legge Francesco S. Mangone

Se le guardo, mie strade… (da Istantanee)

legge Francesco S. Mangone

Souvenir di Cambridge (da Misura del tempo)

legge Francesco S. Mangone

Oltre il dolore… (da Misura del tempo)

legge Marco Gatto

CASA DELLA MEMORIA

E DELLA STORIA – pOESIA CIvILE

4 febbraio 2010

Il binomio poetico dell’impegno: Bertolt Brecht e

Franco Fortini

Serata presentata da Massimo Rendina dell’Anpi

(Associazione Nazionale Partigiani d’Italia)

Leggono: Magda Mercatali e Carlo Cartier

Intermezzi musicali: Federico Di Maio (percussioni)

Franco Fortini. Domenica dopo la Guerra

Bertolt Brecht. Canzoncina

Franco Fortini. Gli scomparsi

Bertolt Brecht. Quando ti portavo / Canto di

un’amata / L’Imbianchino / Sul muro / La guerra che

verrà / L’amore per il Führer

Franco Fortini. Tanto sudore umano /

Stanotte

Bertolt Brecht. Il Führer vi dirà / L’attrice in

esilio

Franco Fortini. Lontano lontano

Bertolt Brecht. Leggere il giornale

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Franco Fortini. Il susino / Il mattino e la sera / La notte

oppresse

Bertolt Brecht. La Canzone del no e del si / Se la

tazza / La Canzone della Brezza

11 febbraio 2010

POESIA SPAGNOLA D’IMPEGNO CIVILE

Serata presentata da Laura Baldi per la Fiap

(Federazione Italiana Associazioni Partigiane)

Leggono: Cinzia Villari e Lorenzo Profita

Intermezzi musicali: Augusto Creni (chitarra)

Rafael Alberti. Anniversario

J.A.Goytisolo. Sono così

F.G. Lorca. Romanza della Guerra Civile /Ballata triste

A. Machado. A Granada fu il crimine

A. Goytisolo. Trittico del Soldatino / Uomo per bene

F.G. Lorca. Ci sono anime

R. Alberti. Vorrei cantare

F.G. Lorca. Morì all’alba / Canzone d’autunno

J.A. Goytisolo. Sui grandi uomini / Le ragioni autenti-

che del caso

F.G. Lorca. Elegia del silenzio

18 febbraio 2010

POESIA AFROAMERICANA:

Serata presentata da Anna Lucia Accardo per il

circolo Gianni Bosio

Leggono: Cinzia Villari e Massimiliano Mecca

Intermezzi musicali: Michele Villari (sax e clarino)

Langston Hughes. Blues di stanchezza

Carolyn Rodgers. Non sulla poesia

Sam Cornish. Non ci siamo mai amati

Langston Hughes. Il negro parla di fiumi

Mari Evans. Sono una donna nera

Langston Hughes. Io pure

Paul Lawrence Dunbar. Invito all’amore

Langston Hughes. Sono un nero

Claude Mc Kay. Linciaggio

Maya Angelou. Toccata da un angelo

Etheridge Knight. Mentre te ne vai

Langston Hughes. Frammento afroamericano

Bob Kaufman. Sono africano

June Jordan. Poesia in memoria di Alan Schindler, 22

anni di età

Frederik Douglass. Stai diventando grigio

Sterling Plump. Poesia per i cantanti di blues

Maya Angelou. Poema inaugurale

Margaret Walker Alexander. Siamo stati

credenti

Amiri Baraka. La morte della ragione

Sonya Sanchez. Questa non è una voce esile

Bob Kaufman. Benedizione

Amiri Baraka. I detti di Martin Moreland

Audre Lord. Litania per la sopravvivenza

Countee Cullen. Per un poeta / Sonya Sanchez /

Per Tupac Amaru Shakur

Nikki Giovanni. Scelte

Gwendolyn Brooks. La pazza

Harriette Mullen. Blah Blah

25 febbraio 2010

Autopresentazione dei giovani

Evelina de Signoribus presentata da Maria Grazia

Calandrone

senza titolo: da L’altare della signora di fronte

da Ingrandimenti: Non trovando il modo di evitare il

dolore

da Uscire:

Mi chiedo se sono ancora io

scendi lentamente dal letto

Davide Nota presentato da Gianluca Pulsoni

Da Battesimo: Battesimo /

Paesaggio

Da Il non potere: L’estasi / La condanna / Lampi

Da Viola: Gli orfani / Rappresentazione

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CASA DEI TEATRI

LA pOESIA vA IN SCENA

6 marzo 2010

LA POESIA MEDIORIENTALE

Leggono: Francesca Benedetti e Gianni Garko

Intermezzi musicali: Pierluigi Pietroniro (violino)

Anonimo. La Boqala

Anonimo. Cantico dei Cantici

Omar Khayyam. Quartine

Nazim Hikmet. La mia donna è venuta / Può darsi /

C’è un albero dentro di me

Kahlil Gibran. Da Il Profeta: Il dolore / La

bellezza / La morte

Erez Biton. Alkeskàs Ulferàn

Ronny Someck. Poesia patriottica / Gelsomino / Poe-

sia su carta vetrata

Rumi. L’uomo di Dio / L’Amore

Yasin Taha Afez. Amore

Haidar Mahmud. Il Fiume dei Profeti

Hafez. Ottanta canzoni

Anonimo. Il Cantico dei Cantici

13 marzo 2010

IL LIBRETTO D’OPERA

Leggono: Elisabetta Carta e Alessandro Quarta

Euridice, Musica di Iacopo Peri, Libretto di Ottavio

Rinuccini

Lettura Coro Euridice (al canto al ballo)

Ascolto coro al canto al ballo

La serva padrona, Musica di Giovan Battista

Pergolesi, Libretto di Gennaro Antonio Federico

lettura duetto Serpina/Uberto (lo conosco a

quegli occhietti)

lettura aria Serpina (stizzoso mio stizzoso)

Ascolto aria stizzoso mio stizzoso

Cecchina, ovvero la Buona Figliola, Musica di

Niccolò Piccinni, Libretto di Carlo Goldoni

Lettura aria di Tagliafarro (star trompette star tampurri)

Ascolto aria star trompette star tampurri

Lettura aria Cecchina (che piacer che bel diletto)

Ascolto aria che piacer che bel diletto

lettura duetto Marchese Tagliaferro (adesso l’ho

mandata a chiamare)

Lettura aria Cecchina (almen fra queste piante)

Ascolto aria almen fra queste piante

Barbiere di Siviglia, Musica di Giovanni Paisiello,

di Giuseppe Petrosellini

Lettura aria Basilio – la calunnia

Lettura aria Rosina già riede primavera

Ascolto aria calunnia

La Molinara, Musica di Giovanni Paisiello, di Giu-

seppe Palomba

lettura duetto Rachelina Notaro (per marito a ussignoria)

lettura aria Rachelina, or gli voglio imbrogliar la fantasia

Ascolto aria Ascoltate, vi dirò

lettura aria notaro, piano un po’

Ascolto aria piano un po’

Cecchina, ovvero la Buona Figliola, Musica di

Niccolò Piccinni, di Carlo Goldoni

Lettura aria Cecchina, Una povera ragazza

Lettura duetto cecchina/Marchese Ilvalor Militare

Ascolto aria La Baronessa amabile idolo mio sei tu

Il Maestro di Musica, Musica di Giovan Battista

Pergolesi, di Antonio Palomba

lettura aria lauretta son timida

lettura Colagianni Sono Cesare…..

Ascolto ARIA vo’ dirti basso basso

Le donne vendicate, Musica di Niccolò Piccinni,

di Carlo Goldoni

Lettura aria aurelia Un guerriero Giovinetto

Lettura cavatina conte sono bello, io già lo so

Ascolto cavatina sono bello

Lettura recitativo conte Il Malan che vi colga

Ascolto aria conte Cara quest’occhi miei

Il Matrimonio Segreto, Musica di Domenico Cima-

rosa, di Giovanni Bertati

Lettura Cara Non dubitar

Ascolto Cara non dubitar

20 marzo 2010

LA POESIA DELLA BEAT GENERATION

Leggono: Massimiliano Mecca e Cinzia Villari

Intermezzi musicali: Paolo Bernardi (pianoforte),

Francesco De Palma (contrabbasso), Michele

Villari (sassofono, clarinetto)

Jack Kerouac

Lawrence Ferlinghetti

Carl Solomon

John Wieners

Gregory Corso

Bob Kaufman

Diane Di Prima

LeRoi Jones (Amiri Baraka)

Norman Mailer

Allen Ginsberg

Fernanda Pivano

27 marzo 2010

Autopresentazioni di giovani autori

Alice Clarini presentata da Monica Maggi

Il mio merito

Come terra sotto vento

Il mio corpo è un motel

Io sono l’onda

L’illusione

Quattro mura

Tra calcinacci e libri

Verso l’uscita

Madre

Grigio

Domenico Donatore presenta Paolo Ruffini

Letture da Lèmma: che rappresentazione

sottraggo e mi sottraggo

eppure mi confondo

stamattina ho tentato

sorte ingrata averti

se pagasse sfiorire

ecco una qualche parte una certezza

dove quel pavimento luminoso

ti mostro col dito

Letture da Altre parole sparse (inedito poemetto in

costruzione): e allora ammutolisco…

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Biografie

POESIA ROMANTICA

George Gordon Byron

Sesto barone di Byron, nasce a Londra il 22 gennaio1788. Dopo il grand tour d’obbligo per l'aristocraziabritannica, si mette in luce per il suo discorso politicocontro la repressione del luddismo, contemporaneo al-l'uscita dei primi due canti del Pellegrinaggio del cava-

liere Aroldo, per la quale arriva inaspettato il successo.Nei due anni seguenti pubblica: The Giaour, The Bride

of Abydos, The Corsair, Lara, improntate al genere delmelodramma romantico. Nel 1815 sposa Anna IsabellaMilbanke, la quale lo lascia l'anno seguente. In seguitoallo scandalo per le voci di relazioni incestuose edomosessuali va in esilio nel 1816 e lascia per semprel'Inghilterra per l’Italia, dove inizia a scrivere il “Don Juan”e allaccia un rapporto stretto con la diciottenne TeresaGamba in Guiccioli. Entra nella carboneria attraverso icontatti del fratello di Teresa e in seguito al fallimentodelle agitazioni si rifugia a Pisa, dopo aver pubblicatoCain. Convinta Teresa a tornare a Ravenna, si imbarcacon il conte Gamba per Cefalonia, dove si andava for-mando una compagine inglese a sostegno della guer-ra d'indipendenza greca contro l'Impero ottomano.Sbarca quindi a Patrasso nel gennaio del 1824, dovevive gli ultimi mesi della sua vita, tra gli aspri contrasti deiribelli. In seguito a una febbre reumatica tramutatasi inmeningite, George Byron muore a Missolungi (Grecia) il19 aprile 1824.

Elizabeth Barrett Browing

Nasce a Coxhoe Hall (Durham, Gran Bretagna) nel1806. Di salute malferma, visse per anni nel castello pa-

terno dedicandosi allo studio dei classici e alla com-posizione poetica. Nel 1844, l’uscita dei Poems larende una delle più popolari scrittrici del momento. Lalettura della sua raccolta di poesie spinse il poeta Ro-bert Browning a scriverle per dirle che le aveva apprez-zate molto. Nel 1845 si incontrano e poco dopo,essendo il padre di Elizabeth fieramente contrario alleloro nozze, si sposano di nascosto e fuggono insiemea Firenze dove nasce il loro figlio, Pen. Elizabeth pub-blica in seguito Sonnets from Portuguese (1850), Casa

Guidi Windows (1851), Aurora Leigh (1856) e Poems

before Congress (raccolta dei suoi poemi, 1860). Tra-scorrono insieme 15 anni, scrivendo entrambi, lei pren-dendo molto a cuore la causa indipendentista italianae componendo diverse poesie sul tema, con il propo-sito di far conoscere anche nella sua terra d’origine lasituazione italiana. Muore a Firenze nel 1861 e vieneseppellita con tutti gli onori nel cimitero degli inglesi,dove ancora riposa.

William Blake

Poeta, pittore, artista incisore di grandissimo talento,nasce il 28 novembre 1757 a Londra dal benestanteJames Blake, commerciante di maglieria. È la madre Ca-therine a occuparsi della sua educazione. Nel 1780 unsuo acquarello viene esposto al pubblico nelle saledella Royal Academy; sempre in quell'anno inizia a rice-vere le prime commissioni come incisore. Nel 1783 Blakepubblica il suo primo libro illustrato Schizzi poetici.L’obiettivo di Blake era quello di combinare testi poeticie illustrazioni sulla medesima lastra, elaborando unnuovo metodo di stampa che rendesse possibile l'ope-razione. Blake battezza questa tecnica “stampa mi-

niata” e il primo esempio è costituito dalla raccoltapoetica Canti dell'innocenza terminata nel 1789. Nel1794 pubblica i Canti dell'esperienza. Il più importantefra i lavori in prosa è Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno,pubblicato nel 1793 come libro miniato. Subisce unprocesso nel 1804 per una lite con un soldato. Vienesostenuto nel tempo nel suo lavoro tra arte e letteraturada due mecenati. A partire dal 1821 inizia a lavorarealle tavole per Il libro di Giobbe e per la Divina Com-media. Quest'ultimo lavoro comprende alcuni dei piùgrandi capolavori di William Blake, purtroppo la mortegli impedirà di portare a termine l'opera. La morte so-praggiunge il 12 agosto 1827, all'età di sessantanoveanni.

Percy Bysshe Shelley

Nasce a Field Place il 4 agosto 1792 e muore a Via-reggio l’8 luglio 1822, è stato uno dei più grandi poetiromantici. È forse più famoso per aver scritto opere daantologia quali Ozymandias, l’Ode al vento di ponente(Ode to the West Wind), A un’allodola (To a Skylark), eLa maschera dell’anarchia (The Masque of Anarchy);ma quelli che vengono considerati i suoi capolavorisono i poemi narrativi visionari come il Prometeo liberato(Prometheus Unbound) e l’Adonais (Adonais). La vitaanticonformista e l'idealismo assoluto di Shelley nehanno fatto una figura discussa e oggetto di denigra-zione per tutta la sua vita, un’esistenza complessa cheperò ha contribuito a farne l'idolo delle due-tre gene-razioni successive di poeti (inclusi i grandi vittoriani, Ro-bert Browning, Alfred Tennyson, Dante Gabriel Rossetti,Algernon Swinburne e William Butler Yeats). Divenne inol-tre famoso per la sua amicizia con i contemporanei John

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Keats e Lord Byron e, come loro, per la sua morte pre-matura, avvenuta in giovane età. Era il marito di MaryWollstonecraft Shelley, autrice del romanzo Frankenstein.

Anne Brontë

Nasce nel villaggio di Thornton, nello Yorkshire, il 17gennaio 1820. Come le sue due sorelle Emily e Char-lotte, è autrice di novelle di contenuto romantico del-l’era vittoriana: insieme costituivano il trio delle sorelleBrontë, piuttosto singolare. Assieme a loro Anne pubbli-cherà le sue poesie nel 1845, sotto lo pseudonimo di“Acton Bell”. Le principali novelle di Anne Brontë sonoAgnes Grey, pubblicata nel 1847, e The Tenant of Wil-

dfell Hall, pubblicata nel 1848. Agnes Grey raccontadi una governante che affronta diverse sfortune senzaperò perdere i suoi principi morali e mostra al contempole difficoltà incontrate dalle donne della classe mediache intraprendono l’unica professione che gli doni ri-spettabilità: il libro viene totalmente offuscato dal ca-polavoro Cime tempestose della sorella Emily, uscitonello stesso anno. Il secondo romanzo di Anne Brontë,The Tenant Of Wildfell Hall (in italiano Il segreto della

signora in nero) è molto più intenso. Anne Brontë muoreil 28 maggio 1849 in un ricovero sulla costa di Scar-borough (Inghilterra) - località in cui aveva ambientatole sue novelle - appena pochi giorni dopo esservigiunta. Lì avrebbe dovuto curare la forma di tubercolosiche l’affliggeva, stessa malattia di cui soffrirono anchele sorelle.

Charlotte Brontë

Nasce il 21 aprile 1816 a Thornton nello Yorkshire. Apochi anni dalla nascita, la famiglia si trasferisce a Ha-

worth, un remoto villaggio nella stessa contea. L'abita-zione si trovava presso la canonica della chiesa doveil padre prestava servizio. Nel tempo iniziano una seriedi problemi legati alla instabilità economica. Charlottedecide così di lavorare presso varie famiglie in qualitàdi governante e istitutrice. Insieme a Emily frequenta unascuola di perfezionamento a Bruxelles, per migliorare leproprie conoscenze e il livello delle lingue. Nel 1844Charlotte è costretta a tornare a Haworth. Tra il 1846e il 1853 scrive e pubblica i suoi romanzi più famosi trai quali spicca Jane Eyre e alcune poesie. Negli stessianni muoiono in poco tempo il fratello maggiore, Emilye Anne per la tisi. Ormai autrice famosa, la sua vita cam-bia, ma comunque Charlotte preferì sempre la sua soli-taria dimora, considerata un rifugio. Usò unopseudonimo maschile, Currer Bell. Il Reverendo Arthur BellNicholl, con il quale intrattiene in seguito una fitta corri-spondenza riesce finalmente a conquistare il suo affettoe la sua stima. Dopo aver nascosto la loro relazione,nel 1854 si sposano. La scrittrice muore però l'anno suc-cessivo, il 31 marzo 1855, a seguito di un'affezione pol-monare dopo essere stata costretta a letto per disturbilegati alla gravidanza.

Emily Brontë

Nasce il 30 luglio 1818 a Thornton, nello Yorkshire (In-ghilterra) dal reverendo Brontë e Maria Branwell. Nel1835 Charlotte ed Emily entrano nella scuola di RoeHead. Dopo tre mesi Emily torna a casa fisicamente di-strutta e il suo posto a Roe Head viene preso dalla so-rella minore Anne. Il 12 luglio 1836 Emily scrive la suaprima poesia mentre nel ‘38 entra come insegnantenella scuola di Law Hill, ma abbandona dopo sei mesi.

L'anno successivo Emily e Charlotte partono per Bruxel-les dove frequentano il Pensionato Heger. Alla mortedella zia Elizabeth tornano a casa e ognuna di loroeredita 350 sterline. Emily torna da sola a Bruxelles nel1844 e comincia a trascrivere le sue poesie in due qua-derni, uno senza titolo, l'altro intitolato Gondal Poems.Charlotte trova questo quaderno nel 1845 e prendeforma in lei la decisione di pubblicare un volume deiloro versi. Emily acconsente purché il libro esca con unopseudonimo. Nel 1846 esce quindi Poems di Currer(Charlotte), Ellis (Emily) e Acton (Anne) Bell (Brontë). Nel1847 viene pubblicato Cime tempestose che sollevaun gran clamore. È un romanzo ricco di significati simbo-lici, dove domina una sensazione di tensione e ansiamista ad attesa e curiosità per la rivelazione finale. Il 28settembre 1848 Emily si ammala durante il funerale delfratello e muore anche lei di tisi il 19 dicembre dellostesso anno.

Samuel Taylor Coleridge

Samuel Taylor Coleridge, una delle figure più importantidel movimento romantico, nasce in Inghilterra a OtterySaint Mary (Devon) il 21 ottobre 1772. Ultimo di diecifigli, dopo la morte del padre viene mandato a Londra.Diventa un appassionato lettore e un ottimo studente.Nel 1791 si sposta a Cambridge e dopo un periododi servizio militare incontra qui il poeta Robert Southey(1774-1843), che lo influenzerà in modo particolare.Coleridge diventa un fervente repubblicano. I due ten-tano di creare una comunità utopica (la “Pantisocracy”,da realizzare in Pennsylvania), basata su principi egua-litari e socialisti; il fine è il raggiungimento della pacesociale e di uno sviluppo economico equo per tutti. Il

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progetto viene tuttavia abbandonato. Dalla loro ami-cizia nascerà comunque l'opera drammatica in versi, Thefall of Robespierre (1794). Nel 1796 pubblica variepoesie. Poco tempo prima Coleridge aveva conosciutoil poeta William Wordsworth, con il quale nasce un'ami-cizia che durerà tutta la vita. Insieme, i due scrittori pub-blicano un libro di poesie intitolato Ballate liriche

(1798), tra cui la famosa Ballata del vecchio marinaio

(The Rime of the Ancient Mariner). Samuel Taylor Cole-ridge muore ad Highgate il 25 luglio 1834.

John Keats

Nato a Londra il 31 ottobre 1795, John Keats è consi-derato una figura di primo piano del movimento roman-tico, grazie soprattutto alla forza della sua poesia,stilisticamente perfetta e dal grande potere evocativo.I suoi testi, con la potenza della loro sensualità riesconoa dare valore trascendente alla bellezza terrena. Keatssembra avviato alla carriera medica, ma è proprio nelperiodo degli studi al Guy’s Hospital che comincia ascrivere i suoi primi versi. Il 3 Marzo 1817 esce la primaraccolta poetica di Keats, Poems. È ormai definitivo:Keats si dedicherà interamente alla poesia. Alla fine dimarzo si trasferisce con i fratelli a Hampstead, dovel'anno seguente conosce Fanny Brawne, l’amore dellasua vita, mentre in aprile parte per una visita all'Isola diWight, dove inizia a stendere l’Endimione, altro suo ca-polavoro. Nel febbraio 1820 si manifesta il primo serioattacco del male che, ventiseienne, l'avrebbe portatoalla morte: la tubercolosi. La più valida produzione poe-tica di Keats si situa tra la primavera e l'estate del 1818ed include Ode to Psyche, Ode on a Grecian Urn eOde to a Nightingale. Muore il 23 febbraio 1821 a

Roma e viene sepolto nel Cimitero protestante di Roma.La sua ultima richiesta viene rispettata ed è così chesulla sua lapide si legge solo il poetco epitaffio, com-missionato dai suoi amici Joseph Severn e Charles Brown.

Mary Shelley

Nasce nel 1797, figlia del filosofo William Godwin, unodegli esponenti più importanti del razionalismo anar-chico, e di Mary Wollstonecraft, donna forte e determi-nata fra i primi personaggi della sua epoca apromuovere i diritti della donna. Durante un soggiornoin Scozia, incontra il giovane e geniale poeta ribellePercy Bysshe Shelley, che sposa nel 1816. Nel 1822,dopo essersi trasferiti a La Spezia, Percy Shelley e unamico partono alla volta di Genova: i due non torne-ranno più; il corpo del poeta viene rinvenuto tra i flutti il15 luglio. Tornata a Londra dopo la morte del marito,Mary vive in Inghilterra con i proventi del proprio lavorodi scrittrice professionista. Autrice di vari romanzi, diverràfamosa soprattutto per Frankenstein o il Prometeo mo-

derno, il suo primo libro scritto quasi per gioco. Graziea recenti studi è stato possibile arrivare ad una più pro-fonda conoscenza della produzione di Mary Shelley;in particolare questi si sono concentrati su opere menoconosciute dell'autrice, che includono romanzi storicicome Valperga (1823) e Perkin Warbeck (1830), ro-manzi apocalittici come L’ultimo uomo (1826), e i suoiultimi due romanzi, Lodore (1835) e Falkner (1837). Tra-scorre l’ultima decade della sua vita nella malattia, pro-babilmente causata da un tumore al cervello, che laucciderà all'età di 53 anni, nel 1851.

William Wordsworth

Nasce a Cockermouth, il 7 aprile 1770. Insieme a Co-leridge è ritenuto il fondatore del Romanticismo e so-prattutto del naturalismo inglese, grazie allapubblicazione, nel 1798 delle Lyrical Ballads (Ballate

liriche). Benché il suo The Prelude (Preludio) goda diuna notevole fama, sono in realtà le Ballate a influen-zare in modo determinante il paesaggio letterario ot-tocentesco. Il carattere fortemente innovativo della suapoesia, ambientata nella cornice suggestiva del LakeDistrict, nel nord del Cumberland, sta nella scelta deiprotagonisti, personaggi di umile estrazione tratti dallavita di tutti i giorni, e di un linguaggio semplice e imme-diato che ricalca da vicino la loro parlata. Da consi-derare di eguale (se non maggiore) importanza per laletteratura romantica inglese è la prefazione alla rac-colta aggiunta all'edizione del 1802, di fatto un veroe proprio saggio critico in cui sono esposte le idee-cardine della poetica romantica. Per Wordsworth, Co-leridge e Southey, che si ispirarono alla medesimacornice paesaggistica dei Laghi, si può anche parlaredi Lake Poets, poeti lacustri; iniziatori di quello che èpassato alla storia come romanticismo etico (1798 –1832) essi ne costituirono la prima generazione, mentrenella seconda si possono annoverare George GordonByron (1788 – 1824), Percy Bysshe Shelley (1792–1822) e John Keats (1795–1821).

LA CANZONE D’AUTORE

Fabrizio De André

Nasce il 18 febbraio 1940 a Genova (Pegli). Studiada ragazzo il violino e la chitarra. Nel ’56, scopre la

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canzone francese e quella trobadorica medievale. Ilsuo primo disco è del ’58 (il singolo Nuvole barocche)seguito da altri episodi a 45 giri, ma la svolta artisticamatura diversi anni dopo, quando Mina incide con suc-cesso La Canzone di Marinella. Da allora De Andréprodurrà brani diventati storici come La Guerra di Piero,Bocca di Rosa, Via del Campo. Seguono altri album,accolti con entusiasmo da un pugno di cultori ma pas-sati sotto silenzio dalla critica: La buona novella (del1970, una rilettura dei vangeli apocrifi) e Non al de-

naro né all'amore né al cielo, l’adattamento dell’Anto-

logia di Spoon River, firmato insieme con FernandaPivano, senza dimenticare Storia di un impiegato pro-fondo lavoro di marca pacifista. La consacrazione in-ternazionale arriva con Creuza de ma, nel 1984 doveil dialetto ligure e l’atmosfera sonora mediterranea rac-contano odori, personaggi e storie di porto. Il discosegna una pietra miliare per l'allora nascente worldmusic italiana ed è premiato dalla critica come miglioralbum dell'anno e del decennio. Nel 1989 intraprendeuna collaborazione con Ivano Fossati e nel ‘90 pub-blica Le nuvole, grande successo di vendite e di critica,che è accompagnato da un tour trionfale. Muore nel’99 stroncato da un male incurabile.

Francesco De Gregori

Nasce a Roma il 4 aprile 1951. Diciottenne, esordisceal noto Folkstudio e a 21 anni realizza con AntonelloVenditti Theorius Campus. Nel ’73 esce Alice non lo sae nel ‘74 Francesco De Gregori mentre nel ’75 il grandesuccesso Rimmel, al quale segue nel ‘76 Bufalo Bill (de-finito da De Gregori il suo disco più bello). Nel ‘78,dopo due anni di assenza, in seguito alla crisi per le

contestazioni nei concerti, il rientro sulle scene, in un’at-tività che segna una lunga lista di lavori, di splendidecanzoni composte e interpretate da altri artisti, colla-borazioni con Dalla, Fossati, Ron, Fiorella Mannoia, PinoDaniele, Franco Battiato, Giovanna Marini, Zucchero.Nel 2006 pubblica un’antologia con i suoi brani piùrappresentativi dell’attività di un artista dallo stile origi-nale, da molti imitato, ispirato all’amore per autori comeDe Andrè, Dylan e Leonard Cohen. Nelle sue canzonitroviamo sonorità rock e vicine alla musica popolareoltre a un ampio uso lirico della sinestesia e della me-tafora, spesso di non immediata interpretazione, conuna cifra intimista, letterario-poetica ed etico-politicain cui trovano spazio riferimenti all'attualità e alla storia,che lo hanno reso uno dei cantautori più importanti del-l'attuale scena musicale italiana. È considerato da moltisia un cantautore sia un poeta, malgrado egli non amidefinirsi né l'uno né l'altro, ma solo "artista".

Giorgio Faletti

Nato ad Asti il 25 novembre 1950, Giorgio Faletti si èlaureato in Giurisprudenza ma l’idea di chiudersi in unostudio legale non gli piaceva affatto. Forte del suo ca-risma istrionico, ci prova con lo spettacolo e dopo unbreve approccio col mondo della pubblicità si dedicaal cabaret, approdando quasi immediatamente al lo-cale di culto per eccellenza, il Derby di Milano. Nello stesso periodo sul palco del locale circola tuttala crème della comicità degli anni a venire: Diego Aba-tantuono, Teo Teocoli, Massimo Boldi, Paolo Rossi eFrancesco Salvi (poi anche collega nel mitico Drive in).Un’importante occasione si presenta quando ha mododi partecipare alla fortunata commedia La tappezzeria

di Enzo Jannacci. Il debutto televisivo arriva nel 1982con la trasmissione Pronto Raffaella, per poi continuaresu Antenna 3 Lombardia con Il guazzabuglio al fiancodi Teo Teocoli per la regia di Beppe Recchia. Nellostesso tempo porta avanti una carriera d’autore, colla-borando ai testi di altri comici fra cui Gigi Sabani ed En-rico Beruschi. Partecipa inoltre a Fantastico ’90 al fiancodi Pippo Baudo, Marisa Laurito e Jovanotti e, successi-vamente, a Stasera mi butto... e tre! con Toto Cutugno. In quel periodo, a causa di un’operazione al ginocchioche lo costringe all’immobilità per circa due mesi, si av-vicina casualmente al mondo della musica. Cominciaun’attività di cantautore che sfocia nel primo album Di-

sperato ma non serio dal cui brano di punta Ulula vienetratto un fortunato videoclip pluripremiato a Rimini Ci-nema, Umbria Fiction e al Festival di Cinema di Montreal.

Ivano Fossati

Nasce il 21 settembre 1951 a Genova, città dove con-tinua a vivere fino ai primi anni ’80 quando decide ditrasferirsi, dopo molto viaggiare fra Europa e Stati Uniti,in un piccolo paese dell’entroterra ligure. La sua pas-sione per la musica si manifesta da bambino: a otto anniinizia lo studio del pianoforte, ma si cimenta anche conaltri strumenti essendo un vero polistrumentista, così daessere uno dei musicisti più completi e “colti” della scenaitaliana. Il suo percorso artistico è molto complesso earticolato e rappresenta esemplarmente una sintesi delmagma stilistico che potenzialmente si trova di fronte ilmusicista contemporaneo, il quale vede aprirsi davantia sé numerose strade ed è costretto a scegliere qualevia percorrere oppure tentare di fonderle fra di loro. Fos-sati prima dei suoi approdi a capitoli più sofisticati e

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meditati, ha cominciato suonando in alcuni gruppi dirock progressive. Il momento aureo di questa sua fasecoincide con l'incisione nel 1971 del primo album,Dolce acqua, alla guida dei Delirium. L’album contieneil suo primo grande successo, il brano Jesahel, esplosonel 1972. Un capitolo importante dell'evoluzione di Fos-sati è anche rappresentato dalla collaborazione conaltri cantautori di livello, fra cui è impossibile non nomi-nare la sublimi canzoni firmate con Fabrizio De André o,in seconda battuta, con Francesco De Gregori.

Giorgio Gaber

Nasce a Milano il 25 gennaio 1939. Frequenta Eco-nomia e Commercio alla Bocconi pagandosi gli studicon serate in cui suona al Santa Tecla, famoso localemilanese. Conoscerà qui Adriano Celentano, Enzo Jan-nacci e Mogol; quest'ultimo lo invita alla Ricordi perun'audizione: è lo stesso Ricordi a proporgli di incidereun disco. Comincia una brillante carriera con Ciao, ti

dirò, scritta con Luigi Tenco. Sono degli anni successivile indimenticabili Non arrossire, Le nostre serate, Le

strade di notte, Il Riccardo, Trani a gogò, La ballata

del Cerruti, Torpedo blu, Barbera e champagne. Nellostesso periodo, il Piccolo Teatro di Milano gli offre lapossibilità di allestire un recital, Il signor G, il primo di unalunga serie di spettacoli musicali portati in teatro chealternando canzoni a monologhi trasportano lo spet-tatore in una atmosfera che sa di sociale, politica,amore, sofferenza e speranza, il tutto condito con un'iro-nia tutta particolare, che smuove risate ma anche la co-scienza. «Credo che il pubblico mi riconosca una certaonestà intellettuale. Non sono né un filosofo né un po-litico, ma una persona che si sforza di restituire, sotto

forma di spettacolo, le percezioni, gli umori, i segnali cheavverte nell'aria.». Scompare il primo gennaio del 2003,all'età di 63 anni, stroncato da una lunga malattia nellasua villa di Montemagno a Versilia.

Francesco Guccini

Nasce il 14 giugno 1940 a Modena, dove torna neldopoguerra dopo aver trascorso i primi anni di vitasull’Appennino pistoiese. Nel 1961 scrive la sua primacanzone (L’antisociale) e durante gli anni Sessanta si faconoscere soprattutto come autore (Auschwitz perl’Equipe 84 e Dio è morto per i Nomadi, di AugustoDaolio) ed è vittima di una censura all’italiana: Dio è

morto, canzone di profonda spiritualità - trasmessa per-sino da Radio Vaticana - viene censurata dalla RAI,perchè considerata blasfema. Nel 1967 il suo primodisco, Folk Beat n. 1, con brani oggi considerati grandiclassici come Noi non ci saremo, Statale 17 e In morte

di S.F. (Canzone per un’amica). Tappe fondamentalidella sua musica possono essere considerati Radici del1972 (con quello che è un po’ il suo inno: La locomo-

tiva, ballata anarchica ispirata a una storia vera del1893). Guccini ama considerarsi un cantastorie daiquali ha ereditato una tecnica raffinata nella costru-zione dei versi. Politico è il suo modo di raccontare lecose e di poetare, legato ad una forma dubitativaespressa attraverso l’ironia, che è una delle sue carat-teristiche più interessanti. Non è un caso che Guccinivenga studiato nelle scuole come esempio di "poeta"contemporaneo e che gli sia stato conferito nel 1992il Premio Librex-Guggenheim Eugenio Montale per la se-zione "Versi in Musica".

Enzo Jannacci

Nasce a Milano il 3 Giugno 1935. A dispetto della suaimmagine stravagante, Jannacci è un uomo di granderigore e sensibilità. Esercita infatti la professione di chi-rurgo, anche quando, baciato dal successo, avrebbepotuto lasciare tutto. Ha frequentato il Conservatorio,diplomandosi in pianoforte, in armonia, composizione edirezione d’orchestra. Tra le sue prime esperienze cisono quelle al Santa Tecla, il tempio del rock’n’roll mila-nese dove suona insieme a Tony Dallara, Adriano Ce-lentano e il suo grande amico Giorgio Gaber. La suanatura artistica lo porta a esplorare un mondo che èriuscito a tratteggiare con ironia e vena poetica ine-guagliate: quello dei diseredati o della vecchia Milano,il mondo dello spirito di solidarietà tipico del Nord edelle vecchie osterie abitate da personaggi sanguignie veraci. È nel celeberrimo Derby di Milano, che per laprima volta mette in evidenza le sue doti di intrattenitore.Se ne accorge anche Dario Fo, che porta il giovaneJannacci in teatro, un’esperienza che influenzerà unacaratterizzazione “teatrale” anche delle sue canzoni.Jannacci ha una vasta produzione discografica di circaventi album, una miriade di 45 giri (primo disco L'om-

brello di mio fratello, 1959), un’attività che attesta quan-titativamente, oltre che qualitativamente la suasignificativa presenza nel panorama della canzoned'autore italiana.

Luciano Ligabue

Nasce a Correggio il 13 marzo 1960, cittadella emi-liana nella quale inizia una lunga gavetta con gli Ora-zero. Nel 1987 Pierangelo Bertoli decide di pubblicarenel suo album la sua Sogni di rock and roll. Dopo al-

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terne fortune, nel 1989 Ligabue, separatosi dagli Ora-zero, si unisce con i ClanDestino e con questi entra perla prima volta in uno studio di registrazione per realiz-zare l’album Ligabue, con il pezzo forte Balliamo sul

mondo che vince il premio più importante della sua finqui breve carriera, il Festivalbar Giovani. Dopo questaesperienza, parte con una serie di oltre 250 concerti intutta Italia. Durante questo periodo compone le can-zoni per i due album successivi: Lambrusco, coltelli, rose

& popcorn e Sopravvissuti e sopravviventi. I due dischiconsentono al cantante di mettere in luce le sue qualitàa 360 gradi, anche se pubblico e critica ancora fati-cano a riconoscerlo come un rocker di primo piano delpanorama musicale. Abbandona i ClanDestino e cam-bia la formazione della band. Prepara dunque l’albumBuon compleanno, Elvis, che segna il suo definitivo suc-cesso. Il lavoro di Ligabue non è solo quello del can-tautore. La vena del rocker c'è da sempre e i grandi,continui e frequenti concerti lo dimostrano. Dopo il dop-pio live Su e giù da un palco, i grandi concerti diven-tano enormi. Gli stadi più grossi del paese lo attendono.

Pasquale Panella

Volteggia nella scrittura come le sue parole scivolanotra un settenario e un verso sciolto e un paradosso ba-rocco, Panella (1950) è il paroliere più “corteggiato”della scena musicale italiana. Esordisce con gli pseu-donimi di Duchessa, poi Vanera e Vanda Di Paolo, malascia tutti incantati e attoniti quando appare sullascena col proprio nome e cognome come alter ego diLucio Battisti in quel cantiere letterario-filosofico che èstato la stagione della cosiddetta “pentalogia dei di-schi bianchi”, che vanno da Don Giovanni a Hegel.

Sperimentare il senso contraddicendo i significati, eccoun modo per amplificare i segreti della parola, un per-corso che porta a deviare il genio della canzone popverso una traiettoria sperimentale e elettronica co-struendo gioielli come L’apparenza, Le cose che pen-

sano e Estetica. Oltre a scrivere e interpretaremonologhi come performer in recital, ha pubblicato informa di romanzo, ma anche di racconti e di poesie. Hascritto per Anna Oxa, Zucchero Fornaciari, Gianni Mo-randi, Mina, Amedeo Minghi, Sergio Cammariere, NickyNicolai, Premiata Forneria Marconi e molti altri. È autoredella versione italiana dell’opera musicale Notre Dame

de Paris e autore del copione, del Libretto e dei testidell’opera musicale Giulietta e Romeo entrambi per lafirma compositiva di Riccardo Cocciante.

Gino Paoli

Nasce il 23 settembre 1934 a Monfalcone, ma è a Ge-nova, dove si è trasferito da bambino, che Gino Paoli -dopo aver fatto diversi mestieri - debutta come can-tante da balera, per poi formare una band musicalecon gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Nel 1960 rea-lizza La gatta, un pezzo rigorosamente autobiograficoche inaspettatamente diventa un successo incredibile.Paoli assieme a suoi “quattro amici” dà vita, a Genova,alla canzone d’autore, forma di espressione musicale ri-voluzionaria che mira a esprimere sentimenti e fatti divita reale con un linguaggio non convenzionale; la can-zone, insomma, cessa di essere puro intrattenimento eabbandona l'oleografia per diventare forma d'arte atutti gli effetti. Ormai lo squattrinato pittore è un cantantericco e celebre. E tuttavia un pomeriggio d’estate il can-tautore si spara al cuore. «Volevo vedere cosa suc-

cede», spiegherà poi. Il proiettile è tuttora nel suo petto,come un souvenir. Con il crescere della popolarità su-bentrerà nell’uomo Paoli una crisi che lo porterà fuoridalla scena musicale per alcuni anni di riflessione. Il suogran ritorno avviene con I semafori rossi non sono Dio,realizzato su musiche del catalano Jean Manoel Serrat,e Il mio mestiere. Entrambi parlano di libertà, democra-zia, emarginazione, diversità.

Luigi Tenco

Nasce il 21 marzo 1938 in provincia di Alessandria. Ilsuo esordio discografico avviene nel 1959 con lapubblicazione di due singoli, Mai e Mi chiedi solo

amore. Cresciuto artisticamente a Genova, da pro-fondo appassionato di jazz partecipa a differentiesperienze musicali in gruppi che ebbero, tra le fila,anche Bruno Lauzi, Gino Paoli e Fabrizio De André e,col gruppo dei Cavalieri, con Jannacci al pianoforte,Gianfranco Reverberi al vibrafono, Paolo Tomelleri alclarino e Nando De Luca alla batteria. Dal 1959 al1963 incide per il gruppo Ricordi un album e una ven-tina di singoli, tra i quali Mi sono innamorato di te e Iosì. Dal 1964 al 1965 il cantante alterna le canzonid'amore (Ho capito che ti amo, Ah .. l’amore, l’amore)con ballate di carattere sociale (Vita sociale, Hobby,Giornali femminili e altre ancora), che verranno pubbli-cati però solo dopo la sua morte. Nel 1967 partecipaallo sfortunato Festival di Sanremo che acuirà una giàprofonda crisi interiore che il sensibile cantante covavada tempo. La motivazione ufficiale del decesso è in unbiglietto trovato nella sua stanza, un’accusa di incom-prensione della giuria, che bocciava la sua Ciao

amore, ciao (nell ’occasione cantata in coppia con

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Dalida) per promuovere canzoni di basso livello comeIo, tu e le rose e La rivoluzione.

BINOMIO DELL’IMPEGNO

Bertolt Brecht

Bertolt Brecht nasce il 10 febbraio 1898 ad Augusta,in Germania, da una famiglia benestante. Durante laprima guerra mondiale cominciò a scrivere occupan-dosi suprattutto di teatro. Nel 1920 si trasferì a Monacoe nel 1924 andò a Berlino, dove cominciò a lavorareper il teatro. Scrive critiche teatrali per il giornale socia-lista Ausburger Volkswille e nello stesso anno si avvicinaal movimento spartachista. La sua prima commedia disuccesso è Trommeln in der Nacht (Tamburi nella notte),scritta nel 1920 e rappresentata a Monaco nel 1922;nel 1927 esce la prima raccolta di poesie, Hauspostille

(Libro di devozioni domestiche) e Brecht matura la con-versione al marxismo. Nel periodo 1929-32 scrive varidrammi didattici, in cui si propone di diffondere il mate-rialismo dialettico, di contribuire a rovesciare il regime, di"trasformare" anziché di interpretare la realtà. Si lega alpartito comunista nonostante non sia iscritto. Dopo l'in-cendio del Reichstag (27 febbraio 1933), lascia la Ger-mania nazista con la famiglia; in maggio i suoi librivengono bruciati. Dal 1933 al 1947 risiede in esilio inDanimarca, Svezia, Finlandia, Unione Sovietica e StatiUniti. Del 1935 è Furcht und Elend des dritten Reichs (Ter-

rore e miseria del Terzo Reich), nel 1939 scrive Mutter

Courage und ihre Kinder (Madre Courage e i suoi figli)e compone la raccolta delle sue maggiori liriche, Sven-

dborger Gedichte (Poesie di Svendborg). Nel 1940 ini-zia la stesura di Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui

(La resistibile ascesa di Arturo Ui) e nel 1947 viene rap-presentata senza successo la seconda versione diLeben des Galilei (Vita di Galileo). Il 30 ottobre 1947compare davanti al Comitato per le attività antiameri-cane; ottenuto il visto lascia gli Stati Uniti e si stabiliscein Svizzera, poi nel 1948 giunge a Berlino Est attraversola Cecoslovacchia (gli è rifiutato il passaggio attraversola Germania Federale). Nel 1949 fonda il Berliner En-semble, che diverrà una delle più importanti compagnieteatrali, e fino alla morte si dedica soprattutto all’attivitàdi regista. Da tempo malato, muore il 14 agosto 1956.

Franco Fortini

Franco Lattes è nato a Firenze nel 1917 da padreebreo e madre cattolica (Fortini è il cognome dellamadre da lui adottato nel 1940). Ha vissuto a Firenzegli anni giovanili, si è laureato in Giurisprudenza ed inLettere, entrando in contatto sia con i protagonisti dellastagione dell’Ermetismo, sia con gli intellettuali che primadella guerra hanno fatto la storia della cultura italiana,da Montale a Noventa e Vittorini.Richiamato alle armi nel 1941, dopo l'armistizio dell'8settembre 1943 fugge in Svizzera dove si unisce ai par-tigiani della Valdossola. Finita la guerra si stabilisce aMilano, e unisce all'insegnamento un'intensa attività dicollaborazione a riviste politiche e culturali. Dal 1948al 1953 ha lavorato alla Olivetti; successivamente èstato collaboratore delle riviste «Comunità», «Officina»,«Ragionamenti», «Il menabò», «Quaderni rossi», «Qua-derni piacentini»; tra i quotidiani, prima dell’«Avanti!», poidel «Manifesto», del «Corriere della sera» del «Messag-gero», «II sole - 24 ore».Dal 1971 al 1989 è stato titolare della cattedra di Sto-

ria della critica letteraria della Facoltà di Lettere diSiena, dove ha svolto l'intera carriera accademica.Nel 1985 gli è stato conferito il Premio Montale - Gug-genheim per la poesia. È morto a Milano nel novembre1994.

Massimo Rendina

Nato a Mestre nel 1920, frequentò la facoltà di giuri-sprudenza dell’università di Bologna. Prestò servizio mi-litare in fanteria nei guastatori con il grado disottotenente e partecipò alla campagna in URSS, primadi essere congedato nell'autunno 1942.Dopo l’8 settembre si trasferì in Piemonte, dove preseparte alla lotta di liberazione. Militò prima nella 19a bri-gata Giambone Garibaldi con funzione di capo di SMe successivamente nella 103a brigata Nannetti della1a div. Garibaldi, della quale fu prima comandante epoi capo di SM. Resta ferito e diventa invalido diguerra. Lo zio Roberto Rendina fu ucciso alle Fosse Ar-deatine a Roma. Riconosciuto partigiano dall’1/11/’43al 7/5/’45. Attualmente è presidente dell’Anpi di Roma,giornalista Rai, docente universitario di Scienze dellacomunicazione, membro del comitato scientifico dell’isti-tuto Luigi Sturzo. Ha pubblicato: Italia 1943-45. Guerra

civile o Resistenza?, e Dizionario della Resistenza ita-

liana.

POESIA CIVILE SPAGNOLA

Rafael Alberti

Nasce a El Puerto de Santa María, Cadice, da una fa-miglia italiana. Dopo una tranquilla infanzia trascorsa aMadrid, comincia a interessarsi alla pittura ed entra in

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contatto con gli artisti e gli scrittori nella Residencia deEstudiantes, i futuri protagonisti della Generazione del’27. Nel 1924 pubblica la raccolta di poesie Marinero

en tierra che vince il Premio nacional de Literatura e nel1927 Cal y Canto al quale seguono Sobre los ánge-

les, Sermones y moradas e El hombre deshabitado. Unanuova fase inizia con l’avvento della Repubblica. Nel1931 entra nel Partido Comunista de España (PCE), epartecipa alla lotta contro il fascismo. Nel 1939, dopola sconfitta repubblicana, si rifugerà in Francia, poi in Ar-gentina, quindi in Italia a Roma dove, con la sua com-pagna Maria Teresa, frequenta i circoli intellettualiprogressisti, che lo accolgono anche per la sua qualitàdi democratico in esilio da un regime dittatoriale. Ha unlungo sodalizio culturale con la poetessa italiana, ispa-nista, Elena Clementelli, e si lega a un gruppo di criticiletterari romani, tra cui Walter Mauro e Luigi Silori, colla-borando anche con il gruppo musicale cileno Inti Illi-mani, anch’esso composto da esiliati. Solo dopo lamorte di Francisco Franco rientrerà in Spagna nel 1977e otterrà il Premio Cervantes.

Federico García Lorca

Nasce vicino a Granada il 5 giugno 1898 dove studialegge e si laurea nel 1923. Profondamente legato allaterra andalusa, dipinge, scrive poesie, si occupa di tea-tro e musica. Nel 1928 fonda e dirige «El Gallo», rivistaletteraria di Granada di cui uscirono, nonostante un di-screto successo, solo due numeri. Nel 1929-30 fu a NewYork come studente della Columbia Univesity, poi aCuba. Nel 1932 il ministero della pubblica istruzionedella Repubblica (proclamata l’anno precedente) dàa Lorca e allo scrittore E. Ugarte l’incarico di organiz-

zare un gruppo teatrale universitario, La Barraca che,portando i classici nei piccoli centri, doveva contribuirea rinnovare la cultura del Paese. Nel 1936 contribuiscecon Alberti e Bergamín a fondare l'Associazione degliintellettuali antifascisti: redige e firma, assieme ad altri300 intellettuali spagnoli, un manifesto d’appoggio alFrente Popular, che appare sul giornale comunista«Mundo Obrero» il 15 febbraio, un giorno prima delleelezioni che la sinistra vince di poco. Il 17 luglio 1936scoppia l'insurrezione militare contro il governo della Re-pubblica: inizia la guerra civile spagnola. Il 19 agostoFederico García Lorca, che si era nascosto a Granadapresso alcuni amici, viene trovato, rapito e portato aViznar, dove, a pochi passi da una fontana conosciutacome la Fontana delle Lacrime, viene assassinato.

Juan Goytisolo

Nato a Barcellona, il 6 gennaio 1931, ha pubblicatoil primo libro a 25 anni, a Parigi, dove ha risieduto perlunghi anni. Espatriato durante il regime franchista, ap-profondisce il tema dell'immigrazione. Attualmente risiedetra Parigi e Marrakech. Considerato un profondo cono-scitore della cultura mussulmana, è stato anche corri-spondente di guerra per «El Pais» in Cecenia e Bosnia.Il suo interesse per la varietà delle culture, alimentatoanche dalla sua esperienza di scrittore itinerante, lo haportato a sostenere la prospettiva di un'unità di valoritra le civiltà in conflitto. Le sue opere, centrate spessosul tema dell'infanzia e dell'adolescenza, sono un duroatto di accusa al regime di Francisco Franco e allaclasse dirigente spagnola.Tra queste ricordiamo Juegos

de manos, racconto della ribellione di un gruppo digiovani borghesi al conformismo della società moderna;

Duelo en Paraìso, che descrive la guerra civile. Tra i suoititoli tradotti in italiano: Oltre il sipario (L’ancora del me-diterraneo, 2004), Karl Marx Show (Cargo, 2005), unadenuncia, in chiave ironica, degli orrori televisivi e unapresa d’atto del fallimento del marxismo; La Spagna e

gli spagnoli (Mesogea, 2005), graffiante e lucidissimosaggio che attacca le fondamenta su cui è stato co-struito il mito di una nazione granitica lontana dai suoiideali di diversità e convivenza pacifica.

Antonio Machado

Nato a Siviglia nel 1875 e morto a Collioure, Francia,nel 1939, è tra i massimi poeti di lingua spagnola d'ognitempo. Le tappe fondamentali della sua produzionesono le raccolte poetiche Soledades (1903), Campos

de Castilla (1912), Nuevas canciones (1924) e la IIIedizione delle Poesías completas (1933), contenenteil Cancionero apócrifo. Dopo gli studi a Madrid, Machado visse a Soria, Baezae Segovia come insegnante di francese. Durante laguerra civile spagnola, rimase instancabilmente e atti-vamente fedele al legittimo governo repubblicano, mo-rendo in esilio, pochi chilometri dopo la frontierafrancese e pochi giorni dopo averla oltrepassata.

POESIA AFROAMERICANA

Annalucia Accardo

È professore associato di Lingue e Letterature anglo-americane presso il Dipartimento di Lingue, Letteraturee Culture moderne dell’Università degli studi di Roma LaSapienza. Il suo studio, Il racconto della schiavitù negli

Stati Uniti d’America (1996), si occupa dell’intreccio tra

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rappresentazione della schiavitù e le sue modalità inquanto fatto storico, con un’attenzione particolare almodo in cui i ruoli di gender influiscono sulle forme dellarappresentazione stessa, segnando così una tappa im-portante nei suoi due principali campi di ricerca: quellodella scrittura delle donne e quello della cultura afroa-mericana. Altri settori di ricerca, sui quali ha pubblicato,sono: le forme letterarie dell'autobiografia, l'intertestualitàtra tradizione letteraria egemonica e quella delle mino-ranze e tra forme letterarie più tradizionali, come quelletipiche della letteratura degli Appalachi, e forme dellascrittura postmoderna. Sta completando una monogra-fia su Grace Paley, figura di spicco nel panorama con-temporaneo degli Stati Uniti, che presenta una genialecapacità di intrecciare innovazione letteraria, differentiforme artistiche e complessità tematica. Fa parte del cir-colo Gianni Bosio e della redazione di «Àcoma, RivistaInternazionale di studi Nord Americani».

Maya Angelou

Ritenuta una figura chiave del Movimento Americanoper i Diritti Civili, Maya Angelou, il cui vero nome è Mar-gherite Johnson (1928), è diventata famosa come scrit-trice con il romanzo autobiografico I Know Why The

Caged Bird Sings del 1969 e a seguire per il successodi All God’s Children Need Travelling Shoes del 1986.Inoltre, grazie alla raccolta di versi Just Give Me a Cool

Drink of Water 'Fore I Die del 1971 ha ricevuto una no-mination per il prestigioso premio Pulitzer. Da questa rac-colta la Angelou ha recitato On The Pulse of Morning

in occasione della cerimonia di insediamento del pre-sidente americano Bill Clinton. È stata insignita nel corsodegli anni di numerosi riconoscimenti accademici e dot-

torati, dalle università Yale, a quella del Kansas, delGhana e dalla Rockfeller Foundation in Italia, pur nonavendo mai ricevuto una educazione universitaria. Il suoamore per la musica e il teatro l’ha portata a ricevereun Tony Awards e un Grammy nel 1993 per il MigliorAlbum Parlato per On the Pulse of Morning.

Amiri Baraka

«Se Elvis era il Re, chi è James Brown, Dio?». È questaun’affermazione di Amiri Baraka che bene riassume ilpensiero di uno dei più prolifici autori neri d’America.Amiri Baraka, all'anagrafe Everett LeRoi Jones (1934), èpoeta, scrittore, saggista, drammaturgo, musicista e cri-tico musicale. Ha studiato alla Rutgers University, allaColumbia e alla Howard University senza mai laurearsi.Nel 1967, tuttavia, divenne lecturer nella San FranciscoState University e nel 1984 ebbe un incarico di profes-sore cattedratico nella Rutgers University. Ha fonda-to nel 1964 la Black Arts Repertory Theatre/School(BART/S). In seguito alla morte di Malcolm X, avvenutanel 1965, si è convertito all'Islam, cambiando nome. Èstato leader dell'organizzazione musulmana Kawaidafino alla sua “conversione” al marxismo, avvenuta neglianni Sessanta. Respinge l’accusa che i suoi poemi sianoanti-semiti e ricorda che le sue accuse sono invece ri-volte allo Stato d’Israele e non agli ebrei. La Anti-Defa-mation League è stata tra quanti lo hanno criticato,denunciando i suoi poemi come anti-semiti, sebbeneBaraka e i suoi difensori definiscano le sue pozioni “anti-sioniste”. Il suo primo volume di poesie Preface to a

Twenty-Volume Suicide Note è stato pubblicato nel1961. Insieme alla poetessa Amina Baraka, nel frattempodivenuta sua moglie, ha pubblicato nel 2003 The Es-

sence of Reparations, una raccolta di saggi sugli impor-tanti temi del colonialismo, dell'oppressione nazionale edel razzismo. In Italia è uscito un suo importante manualemusicale dal titolo Il popolo del blues. Sociologia degli

afroamericani attraverso il jazz (Shake, 2003).

Gwendolyn Brooks

Gwendolyn Brooks (1917 - 2000) si avvicinò alla lette-ratura e alla scrittura grazie alla lungimiranza dei suoigenitori, i quali le fecero conoscere i poeti LangstonHughes e James Weldon Johnson, dell’Harlem Renais-sance. Pubblicò la prima poesia in una rivista per bam-bini a tredici anni, mentre a sedici anni ne aveva giàscritte circa settantacinque. A diciassette anni iniziò aspedire i suoi lavori a Lights and Shadows, una rubricadi poesia della rivista afroamericana «Chicago Defen-der». Lo stile andava dalle tradizionali ballate e sonettiall'utilizzo dei ritmi del blues in versi liberi, e i suoi perso-naggi erano spesso ispirati dalla povertà del centrodella città. Nello stesso periodo frequentò il Wilson Ju-nior College, dove si laureò nel 1936. La prima raccoltadi poesie, A Street in Bronzeville, venne pubblicata nel1945 dalla casa editrice Harper and Row e ricevetteun immediato consenso dalla critica. Quell'anno levenne consegnata la prima Guggenheim Fellowship efu una delle “Due giovani donne dell’anno” nel maga-zine «Madmoiselle». Nel 1950 pubblicò la secondaraccolta, Annie Allen, con la quale vinse il Eunice TietjensPrize dalla rivista «Poetry» e il Premio Pulitzer per la poe-sia, il primo vinto da un'afroamericana. Nel 1962 John F.Kennedy la invitò a leggere le sue opere nel festival dipoesia della Biblioteca del Congresso, e successiva-mente iniziò a lavorare come insegnante di scrittura

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creativa in diversi istituti. Nel 1967 partecipò a una con-ferenza di scrittori alla Fisk University dove disse di averriscoperto la sua negritudine. Questa riscoperta è ri-flessa nel libro In The Mecca, un lungo poema su unamadre alla ricerca del proprio figlio perduto in un quar-tiere popolare di Chicago. Il libro venne nominato peril National Book Award per la poesia. Ha dichiarato cheper creare “grandezza” non bisogna creare un poemaepico. La grandezza, spiega la Brooks, «puoi trovarlain un piccolo haiku, cinque sillabe, sette sillabe». Unesempio di questa filosofia è il poema We Real Cool.Nel 2002 venne inserita nel 100 Greatest African Ame-ricans, dizionario biografico che raccoglie le importantipersonalità afroamericane della storia.

Samuel Cornish

Cornish è nato nel Sussex County, Delaware (1795 -1858), da genitori liberi. Nel 1815 si trasferisce a Phila-delphia e successivamente a New York nel 1821. Si avvicina alla vita spirituale tanto che a New York orga-nizza una congregazione di presbiteriani neri. Nel 1822fu ordinato sacerdote e la sua parrocchia fu ufficial-mente riconosciuta come la Prima Chiesa Presbiteriananera della città. Ricoprirà successivamente posizioni diresponsabilità all'interno della American Bible Society edell’American Missionary Society. Cornish è stato uno dei membri fondatori della AmericanAnti-Slavery Society. Nel 1840, lascia l’American Anti-Slavery Society in polemica con William Lloyd Garrisonin merito al ruolo della religione all’interno del movimentoabolizionista. Si adoperò come giornalista e redattoreper informare il pubblico sui temi dell’abolizionismo. ConJohn Russwurm fonda il primo giornale nero nel 1827, il

«Freedom’s Journal», testata dichiaratamente di sinistra.Nel 1829, dopo una flessione nelle vendite causatadalla direzione editoriale di Russwurm, cambia il nomedella giornale in «Rights off All». Successivamente saràredattore dal 1837 al 1839 per il «Colored American».Sposò Jane Livingston nel 1824 a New York, città nellaquale Samuel Cornish visse la maggior parte della suavita.

Countee Cullen

Countee Cullen (1903 –1946) è uno dei maggiori au-tori afroamericani. Adottato dal reverendo FrederickAshbury Cullen, da cui ha ereditato il cognome, crebbenel quartiere Harlem della Grande Mela ed ebbeun’educazione cristiana metodista. Nel 1923 si laureòpresso l’Università di New York e le sue riflessioni e poe-sie furono pubblicate sui giornali «The Crisis» e «Oppor-tunity». Fu poi accettato come studente pressol’Università di Harvard, nel 1926 decise di visitare l’Eu-ropa e in particolare la Francia. Tornato negli USA nel1928, conobbe Yolanda Du Bois, la figlia di William Ed-ward Burghardt Du Bois. Morì per un'infezione ai reni.

Paul Laurence Dunbar

Nato nel 1872, il poeta raggiunse fama nazionale gra-zie al poema Lyrics of a Lowly Life del 1896. Nacque aDayton da genitori fuggiti dalla schiavitù, suo padre eraun veterano della guerra civile. Unico studente di colorea frequentare la Dayton Central High School, dellaquale era sia l’editore del giornale scolastico, sia il ca-poclasse, sia il presidente della società letteraria dellascuola. Ha anche fondato il primo bollettino afroameri-cano della città. Il suo primo lavoro venne pubblicato

in un giornale dai suoi amici, i fratelli Wright. I quali inve-stirono poi nel «Dayton Tattler», un giornale indirizzatoalla comunità nera, edito e pubblicato da Dunbar. Lasua prima raccolta di poesie, Oak and Ivy, venne pub-blicata nel 1892. Scrisse di poesia, racconti, romanzi eun testo teatrale. Compose inoltre le parole per In Da-

homey, il primo musical scritto ed interpretato intera-mente da afroamericani ad apparire a Broadway, nel1903; il musical venne poi rappresentato in tournée inInghilterra e America per più di quattro anni, risultandouna delle produzioni teatrali più fortunate dell’epoca.Durante la sua vita, venne enfatizzato molto il fatto cheDunbar fosse di pura discendenza nera, senza neppureun antenato bianco. Le opere di Dunbar sono cono-sciute per il suo linguaggio, per l’uso del dialetto afroa-mericano e per il tono colloquiale, con una brillantestruttura retorica. Gran parte dei suoi lavori sono in in-glese standard, anche se alcuni sono stati scritti nel dia-letto parlato dagli afroamericani. Nel 1897 Dunbar sirecò in Inghilterra per eseguire letture dei suoi lavori nelcircuito letterario di Londra. Incontrò il brillante e pro-mettente Samuel Coleridge-Taylor che musicò alcunedelle sue poesie e che venne spinto dall'influenza diDunbar a usare le melodie delle canzoni africane eafroamericane nelle sue composizioni successive. Nel1975 fu emesso un francobollo commemorativo degliStati Uniti con l'effigie di Paul Dunbar.

Mari Evans

Nata nel 1929, è autrice di poesie, racconti brevi, sce-neggiature e libri per bambini. Membro del Black ArtsMovement. Nel 1970 scriveva «Sono una donna nera[…] alta come un forte cipresso […], indistruttibile ed

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ermetica» (I am a Black Woman). Nel biennio del1969/1970 ha lavorato come scrittrice residentepresso l’Indiana University-Purdue, dove ha insegnatocorsi di letteratura afroamericana. Dal 1968 al 1973 laEvans ha prodotto, scritto e diretto il programma televi-sivo chiamato The Black Experience per la WTTV di In-dianapolis. Successivamente, nel 1975, ha ricevuto unalaurea ad honorem dal Marion College. Ha continuatola sua carriera di insegnante presso la Indiana Univer-siy-Purdue (dal 1978 al 1980), alla Washington Univer-sity di Saint Louis (1980), presso la Cornell University (dal1981 al 1985) e alla State-University di New York - Al-bany (nel biennio 1985/1986). Altri titoli sono il libro dipoesie Night Star 1973-1978 (1981), il racconto perbambini Jim Flying High (1979) e le sceneggiature comeRiver of My Song (1977) e Portrait of a Man (1979). Nel2002 è stata nominata per un Grammy Award grazie altesto The Long Road Black to Freedom, scritto perun’antologia di Black Music.

Langston Hughes

Suo bisnonno, Charles Henry Langston, era il fratello diJohn Mercer Langston, il primo afroamericano a essereeletto a una carica pubblica nel 1855. Il giovane Lan-ston cominciò a scrivere poesie all'età di tredici anni. Eproprio i primi anni di vita rappresentarono per lui unserbatoio di esperienze, avendo vissuto in molti posti.Diplomato nel 1919, passò un anno in Messico con ilpadre, situazione che lo rese profondamente infelicetanto che, colpito da depressione, meditò il suicidio.Nel 1923 a bordo di una nave da carico viaggiò finoin Senegal, Nigeria, Camerun, Congo Belga, Angola,Guinea e, di seguito, in Italia e Francia, Russia e Spagna.

A Parigi, come altre menti creative dell’epoca (ErnestHemingway e Gertrude Stein tra gli altri) abitò a Mon-tparnasse, culla del movimento culturale e artistico dellacapitale francese. Ritornò ad Harlem nel 1924, duranteil periodo conosciuto come l'Harlem Renaissance (il Ri-nascimento di Harlem). Nel 1926 lavorò al «Journal ofNegro Life and History». Nel 1930 il suo primo romanzoNot Without Laughter gli valse la medaglia d’oro Har-mon per la letteratura. Autore di romanzi, racconti brevie lavori teatrali, ritratti penetranti e vivaci della vita deineri in America tra gli anni Venti e gli anni Sessanta, oltrea una poesia che omaggia il lirismo di Walt Whitman,nel 1961 fu invitato a far parte del National Institute ofArts and Letters. Come molti artisti neri dell'epoca, si sentìattratto dalle promesse del socialismo come alternativaa una America segregata. Ma nonostante fosse vicinoad alcune organizzazioni come i John Reed Clubs e laLega per la lotta per i Diritti dei Neri, fu più un simpatiz-zante che un partecipante attivo. Studiosi e biograficoncordano sul fatto che Hughes fosse omosessuale eche molte delle sue poesie contengano allusioni ri-guardo al suo orientamento sessuale; lui affrontò il temain modo più esplicito nel racconto Blessed Assurance.Morì per le complicazioni di un tumore nel 1967.

Nikki Giovanni

Nata nel 1934, è cresciuta a Lincoln Heights, periferiadi Cincinnati e nel 1960 ha iniziato gli studi alla Fisk Uni-versity di Nashville, dove si è laureata con lode in Storia.Nel 1969 ha iniziato a insegnare al Livingston Collegedella Rutgers University. La Giovanni ha dato alla luce ilsuo unico figlio, Thomas Watson Giovanni, il 31 agosto1969 mentre era in visita a Cincinnati per il Labor Day

Weekend. Più tardi ha affermato che ha avuto un figliofuori dal matrimonio perché nella sua convinzione il ma-trimonio era solamente un’istituzione e non avrebbe maiavuto un ruolo importante nella sua vita. Dopo la na-scita del figlio, Nikki Giovanni cambiò le sue priorità,concentrandosi esclusivamente sul bambino. Ha affer-mato infatti: «Non riesco ad immaginare di vivere senzadi lui. Ma posso vivere senza la rivoluzione, senza il so-cialismo nel mondo... ho un bambino. Le mie responsa-bilità sono cambiate». Dopo l’esperienza della malattia,che l’ha vista vittima di un cancro al polmone, ha di-chiarato che questa parentesi nella sua vita non l’hafatta diventare una persona migliore: «se hai bisognodi un’esperienza vicina alla morte per apprezzare lavita, allora stai perdendo tempo». Nel 2005 ha scrittol’introduzione al libro Breaking the Silence: Inspirational

Stories of Black Cancer Survivors. Nel 2007 Nikki Gio-vanni parla ai partecipanti del corteo dopo il massacrodel Virginia Tech di Blacksburg, istituto dove dal 1987ha insegnato scrittura e letteratura. È stata anche pro-fessoressa di poesia del pluriomicida sudcoreanoSeung-Hui Cho, uno dei responsabili della terribilestrage, secondo episodio per gravità in fatto di mas-sacri scolastici nella storia degli USA, dopo il disastrodella Bath School, e che è costato la vita a trentaduepersone.

June Millicent Jordan

Poetessa caraibica (1936 - 2002), ha attraversato lascrittura come romanziera, giornalista, drammaturga einsegnante, tre decenni da autrice impegnata che l’hanno resa una delle voci più appassionate e com-passionevoli del suo tempo occupandosi di razzismo,

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identità di genere, sessualità, politica, guerra, violenzae diritti umani, la Jordan ha svolto un ruolo fondamentalenel raccontare i movimenti Black artistici, sociali e politicidel ventesimo secolo. Descrisse la complessità della suainfanzia in Who Look at Me (1969) e nella autobiografiaSoldier: A Poet’s Childhood (2000). Nel saggio For My

American Family (1986) esplora i conflitti del sentirsi nerama al contempo «completamente immersi in un universobianco», collabora con il musicista John Adams e il pro-duttore Peter Sellers per la stesura di un Libretto d’operacontemporanea, diventa editorialista per il «The Progres-sive». Come insegnante inizia nel 1967 presso il City Col-lege di New York. Successivamente dal 1968 al 1978insegna alla Yale University, al Sarah Lawrence Collegee al Connecticut College. Dal 1989 al 2002 è profes-sore ordinario nei dipartimenti di inglese, studi delledonne e studi afroamericani alla University of CaliforniaBerkeley. Qui fonda nel 1991 la Poetry for the People,un programma didattico di scrittura che consente aglistudenti di usare la poesia come mezzo di espressioneartistica. I punti cardine di questo lavoro saranno poipubblicati nel 1995 dai suoi studenti col titolo June Jor-

dan’s Poetry for the People: A Revolutionary Blueprint. Haricevuto numerosi riconoscimenti e premi, tra i quali unasovvenzione Rockefeller nel biennio 1969/1970 per lascrittura creativa, una borsa di studi dal National Endow-ment for the Arts nel 1982 e un premio dall’AssociazioneNazionale dei Giornalisti Neri nel 1984.

Bob Kaufman

Nato a New Orleans (1925 - 1986) da madre neracattolica della Martinica e da padre ebreo ortodossotedesco, educazioni che molto influenzarono il bambino

Bob, non ultime le credenze voodoo della nonna ma-terna. All’età di tredici anni si imbarcò nella marina mer-cantile, navigando in giro per il mondo fino al 1940,quando approdato a New York per studiare letteraturaincontrò William S. Burroughs e Allen Ginsberg. Con lorosi trasferì a San Francisco, dove incontrarono GregoryCorso, Jack Kerouac e Lawrence Ferlinghetti, ovvero lascena Beat americana. Traendo ispirazione dal jazz diderivazione bebop, Kaufman cominciò a recitare le suecomposizioni spontanee nei bar, nei caffè e nelle strade,guadagnandosi il soprannome di “The Man OriginalBebop” (in Francia era conosciuto come il Rimbaudamericano). D’altronde, gran parte delle sue pubblica-zioni sono la trascrizione delle sue performance orali.Nel 1959, con Ginsberg, John Kelley e William Margolisfonda la rivista «Beatitude», dedita a lanciare giovanipoeti. Nonostante i successi delle sue letture pubbliche,la vita personale di Kaufman si consuma in difficoltà fi-nanziarie, dipendenza da stupefacenti e detenzione,attraversando lunghi periodi di ritiro e solitudine. Nel1978 scrive all’editore Raymond Foye «Voglio essereanonimo… La mia ambizione è quella di essere com-pletamente dimenticato». Tra le sue pubblicazioni si ri-cordano: Poems, 1956-1978 (1981); Watch My Tracks

(1971) e Golden Sardine (1966).

Etheridge Knight

Nato da una povera famiglia rurale nel 1931, a quat-tordici anni, dopo aver terminato il nono anno di scuola,decise di abbandonare gli studi. D’indole ribelle, tra-scorse la giovinezza facendo lavori umili abusando dianfetamine, marijuana ed eroina. Nel 1947, nel tenta-tivo di trovare uno scopo alla sua vita entrò nell'esercito.

Finita la sua vita militare Knight si stabilì a Indianapolisdove imparò l'arte del toasting (una primigenia formaletteraria del contemporaneo Rap musicale). Si dedicòa letture come l’autobiografia di Malcolm X e le poesiedi Langston Hughes. Divenne famoso con la sua operaprima, Poems from Prison, nel quale ricordava in versi isuoi otto anni di prigione scontati dopo un arresto perrapina nel 1960. Grazie all’aiuto dei poeti Amiri Baraka,Don Lee, Gwendolyn Brooks e Sonia Sanchez, Knightottenne la scarcerazione nel 1968. Ispirato da questeultime iniziò a scrivere le proprie esperienze, attingendosoprattutto al toasting e trasformandolo in poesia. Lepoesie che scrisse in questo periodo suscitarono l’inte-resse di Dudley Randall, editore e poeta, il quale pub-blicò la sua prima raccolta e salutò Knight come unodei maggiori poeti del New Black Aesthetic. Knight con-tinuò a scrivere per tutta la vita dopo la scarcerazione.Belly Song and Other Poems, pubblicato nel 1973,tratta i temi del razzismo e dell'amore. L'anno successivogli venne conferita una Guggenheim Fellowship. Knightcredeva che il poeta fosse un “ficcanaso” o un inter-mediario tra la poesia e il lettore. Elaborò questo con-cetto nel 1980 nel suo lavoro Born of a Woman.

Audre Lorde

Audre Lorde si definiva così: «Sono nera, lesbica, fem-minista, guerriera, poeta, madre». Nata nel 1934 nelquartiere di Harlem a New York, da genitori originari deiCaraibi, per mantenersi continuando a studiare ha fattol'infermiera, l'operaia, l'impiegata e la bibliotecaria. Hapoi insegnato all'Hunter College di New York, e succes-sivamente ha viaggiato in tutto il mondo per tenereconferenze e seminari. Ha pubblicato undici raccolte di

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poesie, tra cui The Black Unicorn (1978) e Our Dead

Behind Us (1986), e sei libri in prosa, dal romanzo Zami

(1982) ai saggi di Sister Outsider (1984). Con il con-vegno “I Am Your Sister: forging global connectionsacross differences” del 1990 arriva la consacrazioneinternazionale della sua figura di letterata e donna im-pegnata. Dopo una lunga lotta contro il cancro, testi-moniata nel bellissimo The Cancer Journals (1980), èmorta il 17 novembre 1992 a Sainte-Croix, nelle IsoleVergini, dove viveva da sette anni con la sua compa-gna Gloria Joseph.

Claude McKay

Claude McKay (1889 - 1948) è scrittore e poeta gia-maicano. Fece parte del movimento dell’Harlem Renais-sance e scrisse tre romanzi: Home to Harlem, best-sellerche vinse l’Harmon Gold Award for Literature, Banjo eBanana Bottom. Fu autore inoltre di una raccolta di rac-conti e di due libri autobiografici. Il suo libro di poesie,Harlem Shadows (1922) fu tra i primi libri pubblicati du-rante l’Harlem Renaissance, mentre la raccolta di poesiescelte, Selected Poems fu pubblicata postuma nel1953. Giovanissimo McKay attirò l’attenzione di WalterJekyll, che lo aiutò a pubblicare il suo primo libro di poe-sie, Songs of Jamaica nel 1912 in lingua Patois (un dia-letto che unisce lessico inglese con la costruzionegrammaticale africana). Ma è negli USA che McKay ri-mase scioccato dal radicato razzismo che vide a Char-leston, dove in molte strutture pubbliche si applicava ilprincipio della segregazione razziale. Mal sopportando«la vita semi-militare e robotizzata di quel posto»,McKay si iscrisse alla Kansas State University. Nonostantela sua carriera universitaria procedesse bene, nel 1914

McKay decise che non voleva diventare agronomo esi trasferì in Giappone dove sposò la fidanzatina di gio-ventù, Eulalie Lewars. Nel 1917 McKay vide due suepoesie pubblicate sulla rivista «Seven Arts» con lo pseu-donimo di Eli Edwards, mentre continuava a lavorarecome cameriere per le ferrovie. Nel 1919 conobbeCrystal e Max Eastman, fondatori ed editori di «The Li-berator» (dove McKay avrebbe lavorato come Co-Executive Editor fino al 1922). Fu qui che pubblicò unadelle sue poesie più famose, If We Must Die, durantel’“Estate Rossa del 1919”, un periodo di intensi scoppidi violenza razziale contro la gente di colore nelle so-cietà anglo-americane. Questo successo coincise colmomento in cui diventò uno scrittore professionista.McKay si unì a un movimento di attivisti radicali neri chenon erano soddisfatti né del nazionalismo nero di Mar-cus Garvey, né dell'organizzazione riformista della classemedia NAACP. Lo scopo del movimento era l'autode-terminazione delle persone di colore nel contesto diuna rivoluzione socialista, una organizzazione rivoluzio-naria semi-segreta, l'African Blood Brotherhood. A Lon-dra, dove si trasferì si avvicinò al socialismo e cominciòa leggere Marx, frequentando l’International SocialistClub. Nel 1920 iniziò una regolare collaborazione conil «Workers’ Dreadnought» e con la WFS, un gruppo co-munista attivo nell’East End di Londra. Divenne il primogiornalista di colore nel Regno Unito. Frequentò la Com-munist Unity Conference che in seguito fondò il PartitoComunista del Regno Unito. In quel periodo riuscì a faranche pubblicare alcune delle sue poesie nel «Cam-bridge Magazine», edito da C. K. Ogden. Nel 1922 vi-sitò la Russia sovietica e assistette al quarto Congressodell’Internazionale comunista a Mosca durante la quale

incontrò molti dirigenti bolscevichi come Trotsky, Bucharine Karl Radek. Nel 1928 McKay pubblicò il suo romanzopiù noto, Home to Harlem, che vinse l’Harmon GoldAward for Literature. Il romanzo, che ritrae la vita distrada di Harlem, avrebbe avuto un grande impattosugli intellettuali di colore dei Caraibi, dell’Africa occi-dentale ed europei. Rimasto deluso dal comunismo,McKay aderì agli insegnamenti sociali della Chiesa cat-tolica e si fece battezzare.

Carolyn Rodgers

Carolyn Rodgers, scrittrice e poetessa statunitense, natanel 1945 e recentemente scomparsa è stata una pro-tagonista del Black Arts Movement (Bam), impegnataper la crescita culturale della popolazione nera. Eretica,il suo femminismo e la sua opera poetica e letterarianon furono graditi alla leadership maschile delle orga-nizzazioni black. Le sue idee rivoluzionarie e radicalismantellavano la visione tradizionale della donna nellacomunità afroamericana. Con i suoi racconti e soprat-tutto con le sue poesie, la Rodgers ha dato voce allerivendicazioni delle donne ed è stata una protagonistadella lunga battaglia contro il razzismo e l’esclusionesociale. Ha scritto nove raccolte di liriche nelle quali hasvelato esperienze, sofferenze e aspirazioni delle ra-gazze nere d’America. Alla metà degli anni Sessanta,quando era una delle più importanti esponenti del Bam,fondò la casa editrice Third World Press insieme a HakiMadhubuti, con cui pubblicò due libri di versi, Paper

Soul e Songs of a Blackbird. Poco dopo fondò la suacasa editrice, l’Eden Press, con cui ha stampato i suc-cessivi libri. Al lavoro letterario ha affiancato innumerevoliworkshop, incidendo nella formazione di centinaia di

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giovani, ha insegnato al Columbia College (1968-1969), all’Università di Washington (1970), al MalcolmX Community College (1972), all’Albany State College(1972), all’Università dell’Indiana (1973). È stata ancheun critico letterario per il «Chicago Daily News» ed edi-torialista del «Milwaukee Courier».

Sonia Sanchez

Sonia Sanchez, all’anagrafe Wilsonia Benita Driver(1934), è autrice di oltre una dozzina di libri di poesie,di testi teatrali e di libri per bambini. Nel 1943 si è tra-sferita ad Harlem per vivere con il padre, la sorella e lamatrigna, che era la terza moglie del padre. Nel 1955ha ottenuto la laurea in scienze politiche all’Hunter Col-lege, dove aveva seguito anche alcuni corsi di scritturacreativa. In seguito, ha completato il percorso post-lau-rea alla New York University, dove aveva studiato poesiacon Louise Bogan. Nel 1972 è entrata a far parte dellaNation of Islam, lasciata dopo tre anni per la sua visionedei diritti delle donne in evidente contrasto con quelladell’organizzazione. Sanchez ha sposato il poeta Ethe-ridge Knight, dal quale ha poi divorziato. Ha insegnatoin otto università e ha tenuto lezioni in oltre 500 campusin tutti gli Stati Uniti, tra cui la Howard University. Ha inoltresostenuto l’introduzione di un corso di studi sulla comu-nità e sull'arte nera in California. Sonia Sanchez è statala prima a creare e tenere un corso universitario incen-trato sulle donne di colore e la loro letteratura negli StatiUniti. È stata la prima a ricoprire la carica di PresidentialFellow alla Temple University, dove ha iniziato a lavorarenel 1977. Ha mantenuto tale carica fino al 1999,quando si è ritirata. Ha tenuto letture pubbliche dellesue poesie in Africa, Cina, Australia, Europa, Nicaragua,

Canada, a Cuba e nei Caraibi. L’autrice fa anche partedi Plowshares, della Brandywine Peace Community. Sup-porta inoltre il National Black United Front. Era membrodel CORE (Congress for Racial Equality), dove ha incon-trato Malcolm X. Ha scritto molti testi teatrali e libri chetrattano la vita e le lotte dell’America Nera, tra i qualidue antologie di letteratura: We Be Word Sorcerers: 25

Stories by Black Americans e 360° of Blackness Coming

at You. È conosciuta inoltre per la sua innovativa fusionedi generi musicali, come il blues, con le forme poetichetradizionali quali gli haiku e i tanka.

Margaret Walker

Nata nel 1915, è poetessa e scrittrice afroamericana,figlia di un pastore metodista, nel 1935 consegue ilBachelor of Arts Degree presso la Northwestern Univer-sity e successivamente nel 1936 inizia a lavorare conla Write Project del Progress Works Administration. Nel1942 consegue il master in scrittura creativa presso laUniversity of Iowa diventando nel trentennio che va dal1949 al 1979 professore in letteratura presso la Jack-son State University. Fonda nel 1968 l’Institute for theStudy of History, Life and Culture of Black People (oggidenominato il Margaret Walker Alexander National Re-search Center). Tra le sue opere più famose si ricordaFor My People, vincitore nel 1942 del Yale Series ofYounger Poets Competition, e il romanzo Jubilee

(1966), crudo racconto della schiavitù nella biografiadi sua nonna. Pubblica nel 1973 October journey, vo-lume di poesia, al quale seguirà nel 1989 This is my

century: new and collected poems. Nel 1988 citerà ingiudizio l’autore Alex Haley, sostenendo che il suo ro-manzo Roots: The Saga of an American Family aveva

violato il diritto d’autore del suo Jubilee. Il caso è pas-sato in prescrizione.

POESIA MEDIORIENTALE

La Boqala

La Boqala è un rito di divinazione e di poesia. Le se-dute si tengono di notte, e vi sono ammesse solo ledonne. La padrona di casa porta un boccale (boqala)pieno d’acqua e ogni donna vi deposita un gioiello.La più anziana lo fa girare sette volte sopra un braciere,recitando formule d’incantesimo.Chiede a ciascuna donna di pensare a una personacara o una situazione che la preoccupa. Poi, recita unaBoqala, una poesia corta di quattro o cinque versi. Lapoesia può provenire dalla memoria secolare degli avi,oppure dall’improvvisazione del momento. Poi, le donnechiedono a una vergine di prendere a caso un gioiellodal boccale. La proprietaria del gioiello deve trovarenella poesia recitata quel che può essere illuminantedella sua vita e dei suoi amori, annunciarle partenze,gioie o dolori. E così via.Questa poesia anonima e orale è essenzialmente cit-tadina e femminile, e ha radici profonde nella storia delMediterraneo. Le donne algerine soffrono di una libertàlimitata e di un avvenire incerto: la Boqala permette lorodi evadere e nello stesso tempo di strappare il propriofuturo dalle mani degli uomini per affidarlo alla poesia.

Cantico dei Cantici

Attribuito al re Salomone, celebre per la sua saggezza,per i suoi canti e anche per i suoi amori, Il Cantico dei

Cantici fu composto non prima del IV secolo a.C., ed è

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uno degli ultimi testi raccolti nel canone della Bibbia.

Erez Biton

Nato in Algeria da famiglia di origine marocchina, nel1948 Biton emigra in Israele con la famiglia. È conside-rato uno dei primi leader della battaglia sociale degliebrei di origine orientale.

Kahlil Gibran

Nato in Libano nel 1883. Strutturato nella forma del ver-setto, Il Profeta racconta del rapporto tra l’uomo e lanatura, secondo la filosofia mistica e panteistica checaratterizza la filosofia dell’autore. Continuamente in bi-lico tra il sermone e l’epigramma, tra la parabola e l’afo-risma, la sua prosa poetica è ricca di allegorie visionarieche richiamano i Salmi e l’Apocalisse.

Hafez

Visse nel XIV° secolo nella città persiana di Shiraz. L’ap-pellativo di Hafe, con il quale divenne conosciuto, si-gnifica “colui che conosce a memoria il Corano”. Si dicein Iran che due libri non possano mancare in ogni casa:il suo Canzoniere e Il Corano. Dai suoi versi, che tuttisanno recitare a memoria, si ricavano addirittura vaticiniper predire il futuro. La sua opera poetica si componedi circa 500 canzoni.

Nazim Hikmet

Nato a Salonicco nel 1902, quando la Grecia era an-cora sotto il dominio turco. Nel 1921 fuggì dalla Turchiae andò in Russia, a Mosca, dove si inserì nel movimentoculturale rivoluzionario dell’URSS, rimanendo colpito eispirato dagli esperimenti letterari di Vladimir Mayakovsky

e Vsevolod Meyerhold. Tornato in patria, venne arre-stato più volte con l’accusa di propaganda comunista,e dal 1938 al 1950 rinchiuso nella prigione di Bursa. Fupoeta, playwright, romanziere e memorialista. La suapoesia è centrata sulla denuncia sociale, tanto da es-sere definito un “comunista romantico” e un “rivoluziona-rio romantico”.Le sue poesie sono state tradotte in oltre 50 lingue.Muore nel 1963.

Omar Khayyam

Non si conosce la data esatta della sua nascita, av-venuta verso la metà del secolo XI°, nella Persia Nord-Orientale. Considerato da alcuni un mistico, da altri undissacratore e ateo scettico, o ancora un filosofo cheesprime in versi l’ansia di conoscere il Vero.Khayyam si esprime attraverso le Quartine, un genereletterario che comporta immagini obbligate.

Haidar Mahmud

Haidar Mahmud è un poeta giordano contemporaneo,nato nella città di Haifa, conosciuto per le sue poesiedi carattere nazionalistico. Nelle sue poesie prevale lavitalità e l’autenticità dei sentimenti, e si avverte una vi-sione chiara e ottimista del poeta circa il futuro del po-polo arabo in generale e quello Giordano e Palestinesein modo particolare. Fra le sue opere ricordiamo le se-guenti raccolte poetiche: Scusa per un imprevisto guasto

tecnico, Dalle parole dell’ultimo testimone, Scorre questa

notte e L’Oleandro canta sul fiume.

Giala ad-Din Rumi

Nato nel 1207 in Persia, fondatore della confraternita

sufi dei “dervisci danzanti”, è considerato il massimopoeta mistico della letteratura persiana.

Ronny Someck

Nato a Bagdad, emigra con la famiglia in Israele nel1953. Due sue antologie poetiche sono state tradottein arabo. Gli sono stati assegnati diversi premi letterari,e recentemente il premio Hans Berghhuis alle serate in-ternazionali di poesia di Maastricht.

Yasìn Ţaha Hafež

Poeta iracheno nato nel 1936 nella città di Bagdad.Iniziò i suoi studi scolastici nella scuola Al-Fadl a Bag-dad, ma li completò nella città di Bâquba laureandosinel 1961 alla facoltà di pedagogia, con indirizzo lin-gue straniere. Lavorò come docente di lingua inglese,e fu segretario della redazione della rivista «At-taliâ al-adabeia» («L’avanguardia letteraria») e redattorecapo della rivista «Ath-thaqafa al-ajnabeia» («La cul-tura straniera»). Successivamente pubblicò una decinadi raccolte poetiche, fra cui citiamo: Il mostro e la me-

moria (1969), La torre (1977), Il canto (1978), Muoiono

i fiori (1986), Una notte di vetro (1987) e infine Le poe-

sie della bella signora (1988). Molti altri suoi scritti dipoesia e critica sono stati pubblicati da giornali e rivistein Iraq e nel resto del mondo arabo. Il poeta fa partedella generazione dei letterati appartenenti alla scuoladella poesia moderna, i suoi scritti hanno un contenutoricchissimo di vocaboli, di espressioni compatte e signi-ficative, e lo stile dominante nei suoi lavori è quello dellapoesia libera.

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LIBRETTO D’OPERA

Giovanni Bertati

Giovanni Bertati (Martellago, 1735 – Venezia, 1815) in-traprese gli studi ecclesiastici presso il seminario di Tre-viso, tuttavia successivamente riuscì a diventare libret-tista. Nel 1763 scrisse il suo primo Libretto, La morte di

Dimone, musicato dal compositore Antonio Tozzi. Nel1765 fu rappresentata a Vienna L’isola della fortuna,con Libretto di Bertati e musica di Luchesi. Dal 1770 la-vorò a Vienna più volte collaborando con BaldassarreGaluppi. Dall’imperatore Leopoldo II fu nominato PoetaCesareo dell’Opera Italiana a Vienna, succedendo aLorenzo Da Ponte. Rimase a Vienna fino al 1794, per-ché poi fu sostituito da Giovanni De Gamerra. Tornatoa Venezia diventò archivista presso l’Arsenale. Durantetutta la sua carriera di librettista si dedicò quasi esclu-sivamente alla scrittura di drammi giocosi prendendocome esempi il celebre Carlo Goldoni e Pietro Chiari,però senza mai arrivare alla fama di questi grandi libret-tisti. Di Giovanni Bertati sono conosciuti 70 libretti, quellopiù celebre fu Il matrimonio segreto musicato da Dome-nico Cimarosa (1792).

Gennaro Antonio Federico

(… – Napoli, 1744), avvocato di professione divenneperò attivo come librettista; fu autore di commedie inprosa e libretti per componimenti sacri, opere buffe eintermezzi. Durante la sua attività librettistica l'opera co-mica napoletana cominciò a utilizzare un linguaggiopiù italianizzato al posto del dialetto. Il suo testo piùpopolare è l’intermezzo La serva padrona (1733),messo in musica da Giovanni Battista Pergolesi. Riscosse

un certo successo anche l’opera buffa Amor vuol soffe-

renza, messa in musica da Leonardo Leo. Viene consi-derato uno dei massimi librettisti di scuola napoletanadella prima metà del Settecento.

Carlo Goldoni

Carlo Goldoni (Venezia 1707- Parigi 1793) lasciò lacarriera giuridica per il teatro, raggiungendo il primosuccesso nel 1734 con la tragedia Belisario. Feceparte come poeta drammatico della compagnia di Gi-rolamo Medebach di Venezia, rappresentando la suaprima commedia nel 1743, La donna di Garbo. Per lastessa compagnia e per il Teatro Sant’Angelo, Goldoniscrisse numerose commedie, attuando quella riforma stilistica esposta nel Teatro Comico del 1751, secondola quale l’autore si propose di restituire dignità letterariaal teatro, sostituendo all’improvvisazione buffonescadella commedia dell’arte uno studio dei caratteri friz-zante e gradevole. Nel 1762 si trasferì a Parigi a diri-gere la Commédie Italienne; divenne poi insegnante diitaliano per le figlie di Luigi XV. Morì quasi in miseria aParigi nel 1793. Scrisse oltre 150 lavori in italiano e indialetto veneziano. Famose le sue Mémoires, in francese,iniziate nel 1784 e pubblicate nel 1787. Come libretti-sta di opere comiche Goldoni si distinse per l’abilità concui adattò la sua capacità di scrittura alle esigenze mu-sicali che richiedevano una riduzione dei dialoghi. Tra isuoi libretti si ricordano due musicati da Galuppi L’arca-

dia in Brenta (1749), Il filosofo di campagna (1754),La Cecchina, la famosa trasposizione di un romanzoepistolare inglese Pamela, musicato da Niccolò Piccinni(1760) e poi Il mondo della luna, musicato da Haydin.

Giuseppe Palomba

Giuseppe Palomba (prima del 1765 – dopo il 1825),nipote del poeta e librettista Antonio Palomba, fu attivoa Napoli e scrisse oltre 300 libretti che furono messi inmusica dai maggiori operisti dell'epoca. Anche se la suavena poetica era di livello stilistico inferiore allo zio An-tonio, la sua attività comunque fu molto proficua. Nu-merosi sono i libretti da lui scritti tra i quali si ricordanole opere comiche musicate da Paisiello La Molinara piùnoto come L’amor contrastato (1788), da Rossini Lecantatrici villane (1798), da Cimarosa Le astuzie fem-

minili (1794).

Giuseppe Petrosellini

Giuseppe Petrosellini (Corneto, oggi Tarquinia, 29 no-vembre 1727 – Roma, ca. 1797) fu librettista al serviziodella corte pontificia, nonché membro dell'Accademiadell'Arcadia e di molte altre accademie. Egli preferivascrivere commedie cariche di travestimenti e macchi-nazioni, e per tali libretti si impegnarono i più noti com-positori d'opera della sua epoca e successivi, comeBaldassarre Galuppi, Giuseppe Nicolini, Niccolò Pic-cinni, Pasquale Anfossi, Domenico Cimarosa, GiovanniPaisiello, Antonio Salieri, Wolfgang Amadeus Mozart.Famoso il dramma giocoso Il Barbiere di Siviglia ovveroLa precauzione inutile, musicato nel 1782 da GiovanniPaisiello.

Ottavio Rinuccini

Ottavio Rinuccini (Firenze 1562 - 1621) fu il primo verolibrettista d’opera. Di famiglia aristocratica, frequentògiovanissimo la Camerata de' Bardi, il circolo di intellet-tuali, poeti e musicisti, nell'ambito del quale nasce il me-

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lodramma. È infatti di Ottavio Rinuccini il Libretto delprimo melodramma Euridice (1600) musicata da Peri eCaccini, che venne rappresentata a corte in occasionedi nozze. Sull'esempio di Gabriello Chiabrera e della li-rica francese (per qualche anno infatti fu in Francia, allacorte di Enrico IV), compose anche delle poesie, pub-blicate postume, nel 1622.

BEAT GENERATION

Gregory Corso

Esponente di spicco della sua generazione, GregoryCorso (1930 – 2001) rappresenta una delle anime piùindomite della stagione poetica di rivolta del secoloscorso. Si avvicinò giovanissimo alla cultura e alla lette-ratura nel periodo in cui entrava e usciva di continuo dalriformatorio. Disse di lui la scrittrice Fernanda Pivano: «In-solente al di là del sopportabile e strafottente nella piùassoluta imprevedibilità, qualunque cosa abbia detto oscritto ha sempre rivelato il dono di non dire mai unasciocchezza». Mentre Kerouac sottolineava: «Gregoryera un ragazzino duro dei quartieri bassi che crebbecome un angelo sui tetti e che cantava canzoni italiane,con la stessa dolcezza di Caruso e Sinatra». Incarceratonella prigione di Stato di Clinton come scassinatore nel1947, Gregory Corso iniziò a scrivere poesie. Rimesso inlibertà nel 1950, tornò a New York e qui incontrò AllenGinsberg in un bar nel Greenwich Village. Subito colpitodalle sue poesie, Ginsberg presentò Corso agli altri mem-bri della scena letteraria e lo aiutò a trovare un editore.Tra le sue raccolte ricordiamo Gasoline del 1958 e Ele-

giac Feelings American del 1970. Corso visse a lungo inEuropa, trascorrendo quasi un decennio a Parigi, in cui

risiedettero anche Ginsberg, Peter Orlovsky e William Bur-roughs. Tra gli anni Settanta e Ottanta fu spesso in Italia,soprattutto a Roma, tenendo letture, a volte con perfor-mance musicali. Le sue ceneri riposano a Roma nel Cimi-tero acattolico, vicino la tomba di Shelley, poeta al qualesi è spesso ispirato; nello stesso luogo, poco più distante,è sepolto anche John Keats, altro poeta particolarmenteapprezzato da lui.

Diane Di Prima

Nasce a Brooklyn, New York, nel 1934. È di origine ita-liana, il nonno materno Domenico Malozzi fu un attivistaanarchico. Comincia a scrivere giovanissima, cono-scendo nel tempo figure come Ezra Pound e KennethPatchen. La sua prima raccolta poetica, This Kind of Bird

Flies Backwards, viene pubblicata nel 1958 dalla TotemPress di Hettie e LeRoi Jones. Nel 1962 conosce il mae-stro zen Suzuki Roshi, grazie al quale si avvicina al buddismo. Diane Di Prima pubblica The Floating Bear

con Amiri Baraka (LeRoi Jones) e insieme fondano il NewYork Poets Theatre. Ha fondato, inoltre, la Poets Press.Nel 1966 si trasferisce a Millbrook, entrando nella co-munità psichedelica di Timothy Leary. Nel 1969 pub-blica il racconto della sua esperienza beat in Memoirs

of a Beatnik. Nel 1970 si trasferisce in California, dovevive tuttora. Qui entra a far parte del movimento “Dig-gers” e studia il buddhismo, il sanscrito, lo gnosticismo el'alchimia. È in questo contesto culturale e spirituale cheesce il suo lavoro maggiore, il poema Loba, nel 1978.Dal 2000 insegna in un master di Poesia a Chicago.Nel 2009 è stata nominata poeta laureato di San Fran-cisco.

Lawrence Ferlinghetti

Nasce New York nel 1919. Suo padre morì prima dellasua nascita, poco dopo la madre impazzì e fu ricoveratain un ospedale pubblico, a questo punto il piccolo La-wrence finì in un orfanotrofio. Iscritto alla University of NorthCarolina diventa il direttore del giornale universitario.Dopo avere terminato gli studi decide di andare in Fran-cia, dove lavora al dottorato di laurea in poesia allaSorbona di Parigi. Successivamente torna a San Franci-sco dove insieme a Peter Martin inizia la pubblicazionedel magazine «City Lights». Dopo poco tempo i dueaprono la libreria The City Lights bookstore, che ancoraoggi si trova nel luogo originario. Ferlinghetti pubblica ilsuo primo libro di poesia Pictures from a Gone World nel1955 per la City Light, la casa editrice da lui fondata. Laseconda raccolta A Coney Island of the Mind esce nel1958 e diventa subito un successo, tanto che fino a oggiè riuscito a vendere oltre un milione di copie. Nella suaattività di editore è stato il primo a pubblicare la discussaopera di Allen Ginsberg Howl. Dopo la pubblicazionedi Howl, Ferlinghetti fu accusato di pubblicazione diopera oscena e indecente. Trasforma il suo capanno aBig Sur, piccolo e rustico ritrovo sulla costa californiana,in un luogo di ritrovo e di riflessione poetica/ambientali-stica, tanto che Kerouac vi ambienta il suo intimistico ro-manzo Big Sur. Una delle menti più “politiche” del beat,Ferlinghetti è tuttora impegnato nella battaglia pacifista.La poesia di Ferlinghetti è insieme popolare e colta, riccadi echi di impronta romantica wordsworthiana.

Allen Ginsberg

Nato nel New Jersey da famiglia ebraica (1926 –1997), crebbe influenzato da un padre poeta e pro-

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fessore di liceo e una madre affetta da una rara ma-lattia psicologica che non venne mai correttamentediagnosticata, fu membro attivo del Partito Comunista.Difatti, già da adolescente cominciò a scrivere lettereal «New York Times» su questioni politiche e i diritti deilavoratori. La biografia diventa uno snodo fondantedella sua poetica, come il primo lungo poema Kaddish

per Naomi Ginsberg (1894-1956), in cui fotografa epi-sodi della sua infanzia. Durante gli anni in cui era matri-cola alla Columbia, conobbe Lucien Carr, uncompagno di università che lo presentò a un certo nu-mero di scrittori beat, tra cui Jack Kerouac, William S. Bur-roughs e John Clellon Holmes. Ginsberg e Carrparlavano animatamente di una nuova visione (unafrase presa da Arthur Rimbaud), per la letteratura el'America. Carr fece conoscere Ginsberg a Neal Cas-sady, per il quale ebbe una lunga infatuazione. Kerouacdescrisse in seguito l'incontro tra Ginsberg e Cassadynel primo capitolo del suo romanzo del 1957 On the

Road. Nel 1948, in un appartamento a Harlem, Gin-sberg ebbe un’allucinazione uditiva durante la letturadi una poesia di William Blake (in seguito denominatala sua visione Blake). Ginsberg in un primo momento so-stenne di aver sentito la voce di Dio, ma poi interpretòla voce come quella di Blake stesso. Howl venne messaal bando per oscenità poco dopo la sua pubblica-zione, nel 1956, da parte della City Lights di San Fran-cisco. Nel 1957, Ginsberg sorprese il mondo letterarioabbandonando San Francisco; in seguito viaggiòmolto (Parigi, Londra, India…). Tra le sue opere ricor-diamo Hadda be Playin’ on a Jukebox, un poema cheruota attorno a eventi degli anni Sessanta e Settanta,Plutonian Ode, poema contro gli armamenti nucleari e

Empty mirror del 1961. Negli anni Settanta, contro l’im-perialismo americano, scrisse The fall of America e, dopoun deciso rifiuto nei confronti della società occidentale,convertitosi al buddismo, nel 1978 scrisse Mind breaths.

Jean-Louis Lebris de Kerouac

(noto come Jack Kerouac)

Jack Kerouac (1922 – 1969), nasce da una famiglia diemigranti canadesi di condizioni modeste e nel 1928inizia a frequentare la scuola parrocchiale di St. Louisde France, dove l’insegnamento è in lingua francese epermeato di religiosità cattolica. Nel 1940 si immatri-cola alla Columbia University grazie a una borsa di stu-dio ottenuta per meriti atletici, ma un infortunio allagamba lo esenta dagli allenamenti, avendo così lapossibilità di frequentare locali jazz, musei, cinema, teatri,e tutte le seduzioni di Times Square e di Harlem. Nel1944 incontrò Lucien Carr, che gli farà conoscere Wil-liam Burroughs e Allen Ginsberg, con i quali darà vita alnucleo originario della beat generation (termine da luistesso coniato nel 1947) che annovera le presenze diGregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Gary Snyder, Mi-chael McClure e Charles Olson. Una mattina Carr uc-cide un suo amante e Kerouac viene arrestato cometestimone. Il padre si rifiuta di pagare la cauzione e lafamiglia di Edith Parker si offre di coprire queste spese,a patto che Jack sposi la ragazza. Ma l’incontro più im-portante per la sua vita lo ebbe nel 1946, quando co-nobbe Neal Cassady, un giovane che aveva fattol'esperienza del riformatorio e aveva interessi letterari, ilquale divenne per Kerouac il simbolo della vera emar-ginazione e fonte di ispirazione letteraria. Deciso a rag-giungere il nuovo amico a Denver, Jack intraprende il

primo viaggio verso il Nord America, viaggio che costi-tuisce la prima parte di On the Road, scelta di vita (eletteraria) alla maniera degli hobo e manifesto dellaBeat generation, che sancisce il definitivo approdo aquella che chiamerà “prosa spontanea”. Esordiscecome scrittore con il romanzo The Town and the City,pubblicato nel 1950 e influenzato dallo stile dello scrit-tore americano Thomas Wolfe. Nonostante ciò, ebbeun immediato successo. Ritornato a New York in seguitoad un nuovo viaggio verso ovest, Jack conosce JoanHaverty, che sposerà nel 1950. Nascono così capola-vori poetici che testimoniano un percorso sostanzial-mente autobiografico da Big Sur (1962 ) a The Dharma

Buns (1958) a The Subterraneans (1953). «La mia operaforma un unico grosso libro come quella di Proust, sol-tanto che i miei ricordi sono scritti di volta in volta» (JackKerouac, 1962).

Norman Mailer

Mailer (1923 – 2007) nacque nel New Jersey, crebbea Brooklyn e studiò ad Harvard, laureandosi in ingegne-ria aeronautica, ma divorando i classici del realismoamericano. Nel 1943 partì per il fronte della secondaguerra mondiale, attento a trasformare ogni esperienzanel romanzo più sensazionale. Difatti ci riuscì, nel 1948,e The naked and the Dead lo rese famoso e ricco. In-tanto, come fondatore e cronista del giornale del Gre-enwich Village, iniziò la propria battaglia contro lasocietà americana totalitaria, repressa, repressiva e ne-vrotica. Così si fece portavoce della rivolta hippie, dicui creò a un tempo la filosofia e la mitologia in The

White Negro (1967). In quest'opera egli gettò le basidi un misticismo della carne, ispirato alla spontaneità,

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alla violenza, alla ricerca di sensazioni immediate chesarebbero proprie dei neri. La sua stessa vita si improntòa questo modello, e spesso diede esca a cronachescandalistiche: si rese famoso come bevitore di whiskye fumatore di marijuana, ma anche per aver accoltel-lato la moglie e per aver sfidato un campione di pugi-lato. Finì in carcere, ma ormai la sua fama lo precedeva.Nel 1964 con An America Dream, rileggendo Karl Marxattraverso il sessuologo Wilhelm Reich, ha fatto un qua-dro allucinante delle nevrosi del suo paese (la guerradel Vietnam sarebbe diventata una compensazione ditali nevrosi). Nel 1967 fu alla testa della marcia pacifistasul Pentagono, descritta poi in Armies of the Night (pre-mio Pulitzer e National Book Award nel 1969).

Carl Solomon

Scrittore e poeta americano (1928 – 1993) nasce inquel Bronx a New York che decisamente caratterizzeràla sua formazione. A undici anni perde il padre, eventoche influenzerà tutta la sua vita d’artista. Terminate lescuole si arruola nell’esercito americano, grazie al qualeviaggerà molto e riuscirà a entrare in contatto con i mo-vimenti dadaisti e surrealisti francesi. In particolare, a Pa-rigi, rimane colpito dall’opera di Antonin Artaud, dallasua necessità di riformulare l’espressività dell’attore, e dicui diventa per molti anni discepolo. Tornato a NewYork, conosce Allen Ginsberg all’ospedale psichiatrico,lì ricoverato in alternativa al carcere. Nasce un’amiciziache durerà fino alla morte e proprio grazie a Ginsberg,che ha dedicato a Solomon il suo poema Howl, la famadello scrittore del Bronx è cresciuta. Una delle operepiù conosciute di Solomon è Report from the Asylum: Af-

terhoughts of a Shock Patient, in cui racconta la sua

esperienza con la terapia dell’elettroshock. Due rac-colte di poesie in forma di prosa sono pubblicate dallaCity Lights Books di Ferlinghetti: Mishaps, Perhaps e More

Mishaps, Emergency Messages.

Fernanda Pivano

Saggista, traduttrice, scrittrice e giornalista, Fernanda Pi-vano (1917 – 2009) nasce a Genova ma la sua for-mazione avviene a Torino, dove si laurea in Lettere conuna tesi in letteratura americana. È subito una folgora-zione, la cultura nordamericana che riesce a tenere as-sieme fotografia, letteratura, pittura e cinema, è per leiun moto di spirito. La carriera letteraria inizia nel 1943,quando pubblica per Einaudi la sua prima traduzionedella Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters,sotto la guida del suo maestro Cesare Pavese. Nel1949 sposa l’architetto e designer Ettore Sottsass e sitrasferisce a Milano. Nel 1956 compie il primo viaggionegli Stati Uniti che sarà seguito da numerosi altri viaggianche in altri paesi. Dopo aver tradotto e studiato i la-vori dei maggiori classici nordamericani ha promosso lavalorizzazione in Italia degli scrittori della Beat genera-tion. In anni più recenti ha continuato a segnalare alpubblico e alla critica i giovani scrittori U.S.A. di talentoche si sarebbero presto imposti sulla scena letteraria in-ternazionale, da Don De Lillo ai minimalisti. Il suo infati-cabile impegno è stato ricambiato da vera amicizia daparte degli artisti e scrittori (non ultimo, il sodalizio conFabrizio De Andrè), riconoscendo in lei una qualità distudiosa assolutamente originale. È autrice di molte tra-duzioni, e altrettante curatele, antologie, raccolte disaggi e memorie, due romanzi e un numero impressio-nante di articoli, interviste e recensioni. Ha ricevuto mol-

tissimi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Saint Vin-cent per il giornalismo (1964), il Premio Monselice perla traduzione (1975), il Premio letterario Giovanni Comisso (1985), il Premio Estense (1998), il Grinzane Cavour (2003).

John Wieners

Originario di Milton, nel Massachusetts, Wieners (1934 –2002) ha lavorato come attore e direttore di scenaprima di giungere nel 1958 a San Francisco, dove par-tecipò attivamente alla San Francisco Poetry Renais-sance. È di quell’anno la pubblicazione di The Hotel

Wentley Poems a soli ventiquattro anni. Nel 1961 si tra-sferisce a New York per lavorare come assistente con-tabile alla Eighth Street Books, vivendo fino al 1963 conHerbert Huncke. Tornato a Boston nel 1963, s’impiegòcome editor per Jordan Marsh; è di quegli anni il se-condo libro Ace of Pentacles. Comincia a insegnaresotto la guida di Charles Olson fino all’uscita nel 1970del volume Nerves, una raccolta che “racconta” del suoattivismo nei comitati di azione politica e il movimento diliberazione gay. Nel 1975 esce Behind the State Capi-

tol or Cincinnati Pike, un’opera complessa che raccoglietesti di versi, intuizioni, riflessioni e prose brevi messi insiemecome in un montaggio cinematografico. Nel 1999, alGuggenheim Museum, Wieners legge per l’ultima volta inpubblico i suoi testi in una performance dedicata allapittura dell’artista italiano Francesco Clemente.

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NUOVI POETI

Alice Clarini

Alice Clarini nasce a Roma il 15 settembre del 1979.Fin da piccola il suo mondo è fatto di musica e parole.Il suo percorso artistico comincia nel 2000 con piccoleesibizioni live fino a portare alla realizzazione di undemo e di un progetto discografico. Il mondo della mu-sica però le richiede dei compromessi commerciali chenon è disposta ad accettare. Lasciatasi alle spalle ilsogno discografico continua a esprimersi privilegiandol’universo poetico a quello musicale. Dopo la laurea inPsicologia, decide di far conoscere i suoi componimenti.Nel 2007 partecipa alla seconda edizione del premioPensieri d’inchiostro indetto dalla Giulio Perrone Editoree arriva tra i tre finalisti. L’anno seguente lo vince e final-mente vede pubblicata la sua prima raccolta di poesie,Dischi Rotti. Oggi lavora come educatrice in una casafamiglia per disabili psichici e sta preparando la suaseconda raccolta.

Manuel Cohen

Nato nel 1967, ha trascorso la parte fondamentaledella sua esistenza a Urbino, attualmente si divide traRoma e Bruxelles. Cofondatore della rivista italo-svizzera«Profili letterari» (1991-96), redattore di «Pelagos» (dal 1991) della neo-dialettale «Il parlar franco» (dal2001), e di «Carte Urbinati» (rivista di critica letterariadell’Università di Urbino, 2009), dirige con Gualtiero DeSanti una collana di scritture neo-dialettali presso l’edi-tore Pazzini. Suoi versi ed interventi critici (saggi su Bal-dassari, Baldini, Fucci, Guerra, Bellezza, Bellucci, D’Elia,Neri, Piersanti, Volponi, Pasolini, Luzi, Buffoni, Serrao, Fran-

zin), appaiono in volumi miscellanei e su diverse riviste.È curatore dell’antologia poetica di Umberto Piersanti,Per tempi e luoghi (Il Battello ebbro, 1999) e degli scritticritici di Franco Loi, Baldini per me (in uscita per l’editorePazzini). Ha pubblicato la raccolta di versi Altrove, nel

folto (a cura di Dario Bellezza, Roma, 1990).

Maria Grazia Calandrone

Maria Grazia Calandrone (Milano, 1964 vive a Roma)ha pubblicato: Pietra di paragone (Tracce, 1998, edi-zione Premio Nuove Scrittrici 1997), La scimmia randa-

gia (Crocetti, 2003 – premio Pasolini Opera Prima efinalista Premio Dessì), Come per mezzo di una briglia

ardente (Atelier, 2005 – terna Premio Valeri) La mac-

china responsabile (Crocetti, 2007 – II Premio San Giu-liano e finalista Premio Luzi) e Sulla bocca di tutti

(Crocetti, in uscita nel marzo 2010); ha scritto recitativiper Sonia Bergamasco e frammenti poetici intorno allaGuerra Civile Spagnola per la compagnia internazio-nale Théatre en vol e per Radio 3 e ha collaboratocome autrice con il filosofo Massimo Adinolfi per il ca-nale culturale Sky RED TV; ha ideato e cura le introdu-zioni critiche di Cantiere Poesia, rubrica dedicata allascoperta di poeti nuovi o dimenticati, per il mensile in-ternazionale «Poesia»; sue sillogi compaiono in antolo-gie e riviste di numerosi paesi europei e delle dueAmeriche; dal 1993 viene invitata nei più rilevanti festivalnazionali e internazionali e dal 2008 porta in scena inItalia e in Europa con il compositore Stefano Savi Scar-poni il videoconcerto Senza bagaglio, finalista al RomaEuropa Festival.

Evelina De Signoribus

Nata nel 1978, si è laureata in Letteratura Italiana Con-temporanea a La Sapienza di Roma. Alcune sequenzepoetiche sono apparse su «Nuovi Argomenti» (n. 36,2006), «Il Caffè illustrato» (n. 34, 2007), «L’immagina-zione» (n. 233, 2007) e nell’antologia 12 Poetesse ita-

liane (Nuova Editrice Magenta, Varese 2007), Jardines

secretos Joven Poesía Italiana (trad. di Emilio Coco, SIALEdiciones, Madrid 2008). Nel 2008 ha pubblicato ilquaderno di racconti La capitale straniera (questipic-coli, Ascoli Piceno). La sua prima raccolta di poesie siintitola Pronuncia d’inverno (Canalini e Santoni, Ancona2009).

Domenico Donatone

È nato a Termoli (CB) nel 1980. Trasferitosi a Roma, nel2005 si laurea in Lettere alla Sapienza con una tesi suGiovanni Cerri (poeta dialettale molisano). Nello stessoperiodo inizia a collaborare con giornali e riviste, perlo più on-line, come «EuMagazine», «Eclipse-magazine»,ma soprattutto «Le reti di Dedalus» (rivista ufficiale delSindacato Nazionale Scrittori di Roma). Il suo campod’interesse come critico militante è la poesia. Ha pub-blicato, infatti, diverse recensioni-saggio su autori qualiGiose Rimanelli, Antonia Pozzi, Elena Saviano, MarcoPalladini, Michele De Luca, Marco Giovenale, e affron-tato l’opera di giovani poeti emergenti (tra cui Sara Da-vidivics, Anna Laura Longo, Paolo Ruffini, GabrieleIarusso). Sempre per «Le reti di Dedalus» ha pubblicatoun saggio sulla tradizione lirica italiana dal 1980 al2000; e un excursus sui maggiori poeti dialettali del Mo-lise. Da gennaio 2010 è giornalista pubblicista.

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Marco Gatto

Nato a Castrovillari, 1983, vive in Calabria. Laureato inlettere moderne preso l’Università della Calabria, svolgeun dottorato di ricerca in Estetica presso l’UniversitàRoma Tre. Si occupa di teoria letteraria di ambito mar-xista, con un’attenzione particolare rivolta alle espe-rienze di area angloamericana. Da questi studi è natoil volume Fredric Jameson. Neomarxismo, dialettica e teo-ria della letteratura, edito nel 2008 da Rubbettino. Ilsuo progetto di ricerca concerne lo studio e la valoriz-zazione del materialismo culturale e letterario (con par-ticolare riferimento a Edward W. Said, Franco Fortini,Raymond Williams e Terry Eagleton). È stato visiting scho-lar presso le università di Cambridge (2006) e StonyBrook a New York (2009). Nell’ambito della sua attivitàcritica, si occupa prevalentemente di poesia italianacontemporanea: ha scritto saggi e interventi di taglioteorico e critico (Fortini, Bre, Insana, Pasolini, Montale,Agostino) pubblicati su varie riviste, e in particolare sulsemestrale «Smerilliana», di cui è redattore. Come poetaha esordito nel 2006 con la silloge Misura del tempo,edita da Pellegrini con una prefazione di Renato Ni-sticò, dopo aver vinto nel 2004 il Premio del Presidenteal Concorso «Corciano». È presente in numerose anto-logie ed è fra i sette poeti italiani under trenta selezio-nati da «Nuovi Argomenti» (n. 41, 2008).

Francesco S. Mangone

Francesco S. Mangone è nato e abita a Trebisacce(sul golfo di Sibari) e ha insegnato nel Liceo Scientificodi questa cittadina di origine enotria. Ha pubblicatoraccolte di poesie, un saggio di critica letteraria, scrivedi arte contemporanea. Ha già pubblicato un primo ro-

manzo nel 2009, Schnellboot s-57 e sta per dare allestampe Jonion, un nuovo romanzo sul tema dello smalti-mento coatto di rifiuti sulle coste del Tirreno e dello Joniomediante navi a perdere.

Monica Maggi

Nata a Roma, dal 2002 insegna all’Università Roma Tre(Scienze Politiche) dove conduce un laboratorio digiornalismo e scrittura. Ha collaborato con «Il Messag-gero», «Vitality», «Happy Web», «Capital», «For MenMagazine». Ha lavorato con TeleMontecarlo in Gente

sull’orlo di una crisi di nervi, per Italia 1 nelle due edizionidi Cronache Marziane, con Stream per Sex Selen e vi-

deotape. Per Radio Capital ha scritto e condotto Ca-

pital Hot Line, striscia pomeridiana sull’eros. Al momentoha una rubrica di attualità su «Grazia», scrive per«Linus», per «Per Me», «Bella», «Di Tutto», «Geo»,«L’espresso». Ha curato l’antologia poetica di versi fem-minili Ti Bacio In Bocca (2004). Nel 2003 esce La Mia

Pelle è un Cifrario, poesie per la Lietocolle di Como(nove edizioni). Nel 2006 il libro è stato rappresentatodall’Accademia del Dubbio al Teatro dell’Orologio(Roma, 9-11 giugno) nel lavoro Soffiando via i capelli

dalle labbra, riscuotendo il tutto esaurito. Nel 2007esce Calco.

Franca Mancinelli

È nata a Fano nel 1981. Collabora come critica con«Poesia» e con altre riviste e periodici letterari. Ha pub-blicato un libro di poesie, Mala kruna (Manni, San Ce-sario di Lecce 2007; premio Antica Badia di SanSavino e, per l’opera prima, premio L’Aquila, GiuseppeGiusti). Un’ampia silloge, Nel treno del mio sangue, è

uscita su «Poesia» nel marzo 2006. È inclusa nell’anto-logia nodo sottile 4 (Crocetti, Milano 2004) e nodo

sottile 5 (Le lettere, Firenze 2008) entrambe a cura diVittorio Biagini e Andrea Sirotti, e in Il miele del silenzio.Antologia della giovane poesia italiana, a cura diGiancarlo Pontiggia (Interlinea, Novara 2009). Suoi testisono stati tradotti in spagnolo da Emilio Coco (in Jardi-nes secretos. Antologìa de la joven poesìa italiana, Sial,Madrid 2009).

Davide Nota

È nato a Cassano d’Adda (MI) nel 1981. Laureato inLettere Moderne con una tesi sulla “Nuova poesia ita-liana”, risiede dalla prima infanzia ad Ascoli Picenodove ha fondato con altri poeti marchigiani il portaledi poesia e realtà «La Gru». Suoi testi ed interventi sonostati pubblicati sulle principali riviste di letteratura e poe-sia contemporanea (tra le tante: «Atelier», «Nuovi Ar-gomenti», «Lo Specchio della Stampa», «Chorus», «Ut»etc.), oltre che su quotidiani, periodici e portali web (tracui «L’Unità», «MicroMega», «Carmilla», «La Voce dellevoci», «Nazione indiana», ecc). Ha pubblicato due libridi poesia: Battesimo (LietoColle, 2005), con introdu-zione di Gianni D’Elia, e Il non potere (Zona, 2007), conuna lettera prefatoria di Luigi-Alberto Sanchi. Ha curatoil libro Riscritti corsari di Gianni D’Elia (Effigie, 2009), laselezione di poesia civile Calpestare l’oblio (La Gru,2009) e ha collaborato alla realizzazione del libroomaggio al poeta romano Dario Bellezza L’arcano fa-scino dell’amore tradito (Perrone, 2006). Dal 2008abita a Roma dove si occupa di giornalismo culturalee politico.

Gianluca Pulsoni

Gianluca Pulsoni è nato a San Benedetto del Trontonel 1985. Laureato in scienze dei beni antropologiciall'Università di Perugia, è saggista e studioso di lette-ratura, filosofia ed arti. Redattore della rivista «La Gru»e membro del gruppo di lavoro del progetto editorialetysm (www.tysm.org), collabora a numerose riviste legateal cinema. Pratica da alcuni anni attività di insegna-mento di Storia del cinema presso il Liceo scientifico diAscoli Piceno.

Paolo Ruffini

Nato a Roma nel 1961, è operatore culturale, criticodi teatro e di danza. Ha scritto su diversi magazine equotidiani. Ha pubblicato i seguenti libri: Yasmeen God-

der (L’Epos, Palermo 2005), Resti di scena – materiali

oltre lo spettacolo (Edizioni Interculturali, Roma 2004)e, con Stefania Chinzari, Nuova scena italiana – il teatro

dell’ultima generazione (Castelvecchi, Roma 2000). Hainoltre curato i volumi: Ipercorpo – spaesamenti nella

creazione contemporanea (Editoria & Spettacolo,Roma 2005) e, con Olivier Bouin, Scritti sulla contem-

poraneità (Fandango, Roma 2006). Sempre per Edito-ria & Spettacolo dirige la collana Spaesamenti,monografie critiche su alcuni protagonisti della scenacontemporanea italiana. Altri interventi critici appaiononei libri dedicati al coreografo Virgilio Sieni (Anatomia

della fiaba, Ubulibri, Milano 2002), alla compagnia Kin-kaleri (La scena esausta, Ubulibri, Milano 2008) e alteatro del poeta Elio Pecora (L’avventura di restare,San Marco dei Giustiniani, 2009). Infine, un suo scritto èpresente nell’antologia critica Anatomia del corpo sce-

nico (Electa, Milano 2008). È stato condirettore artistico

del Santarcangelo – International festival of the Arts,nelle edizioni 2006 e 2007; nel 2008 e 2009 è statoassistente del direttore del Teatro di Roma e, attual-mente, è coordinatore del progetto internazionale diresidenze creative Focus dedicato alla giovane scenaeuropea. Ha pubblicato il libro di poesie Lèmma – spar-

gimento di cenere (Editrice Zona, Arezzo 2009).

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Finito di stampare nel novembre 2010

presso la Tipografia Mancini s.a.s.

Tivoli (Roma)