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1 1 Lapproccio orientato allazione nellinsegnamento delle lingue Spunti e riflessioni per una didattica attiva Difusiòn Casa delle lingue, Barcellona, 2016

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L’approccio orientato all’azione nell’insegnamento delle lingue

Spunti e riflessioni per una didattica attiva

Difusiòn Casa delle lingue, Barcellona, 2016

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Carmela Tarantino

AGIRE PARLANDO

Metodi, abilità e contenuti per una grammatica del saper fare

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Premessa

Nella didattica della lingua italiana la scelta del metodo è cruciale. Il successo formativo

dipende non solo dalla motivazione intrinseca di ciascun discente ma dalla prassi attraverso cui è

veicolato il contenuto grammaticale. In altre parole, l‟apprendimento efficace corre su un binario a

doppia corsia. Nella didattica della lingua siamo passati gradualmente dalla grammatica

tradizionale1 di stampo tassonomico (che offriva sicuramente molti vantaggi in termini di gestione

„economica‟della didattica) a quella motivazionale che trova nella dimensione pragmatica la sua

specifica vocazione2. Ma oggi anche questo modello va integrato, facendosi sempre più forte l‟idea

che la competenza grammaticale si concretizza nella capacità - intrinseca in ciascun parlante- di

porsi di fronte al mondo e di provare a decodificarne gli aspetti, peraltro numerosi. Sembra chiaro

che la didattica mirata all‟azione si muova lungo traiettorie interconnesse: i metodi, le abilità e i

contenuti. Non possiamo pensare di formare discenti consapevoli dell‟uso della lingua se non

abbiamo ben chiaro in mente che cosa sia prioritario sapere. Il metodo è certamente basilare.

perché ci permette la buona riuscita della prassi didattica, ma veicolare contenuti adeguati è

altrettanto importante. A questo punto viene da chiedersi che cosa sia necessario trasmettere, cioè

quali conoscenze proporre a garanzia del successo didattico. Metodo, abilità e conoscenze

procedono in modo parallelo.Vediamo, quindi qual è l‟approccio metodologico più favorevole e

quali i contenuti irrinunciabili.

1.1. Il metodo e le abilità

La riflessione sulla lingua italiana si snoda intorno ad ambiti cruciali che chiamiamo

„abilità‟. Le Nuove Indicazioni nazionali per il curricolo3 del 2012 (d‟ora in avanti Ind. 2012),

puntano l‟attenzione su quattro di esse: parlato, ascolto, scrittura e lettura. Dinamicamente

interconnesse, le quattro abilità coesistono all‟interno della lingua e di questa trasmettono forme

d‟uso e significati. Nella didattica, tuttavia, si continua a relegare l‟abilità del parlato a un ruolo

ancillare. Si ritiene che i momenti dell‟oralità siano da confinare a pratiche sporadiche, perché

motivo di distrazione. Ma il primo strumento della comunicazione è l‟oralità e il parlato è il

1 Con il termine „Grammatica tradizionale’, ci riferiamo agli studi sulla natura del linguaggio dei secoli XVII e XVIII,

eredi del pensiero dei filosofi e grammatici antichi. 2 La bibliografia sulla pragmalinguistica è molto vasta. Ricordiamo J.L. Austin, Performativo-constativo, in M. Sbisà

(a cura), Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, Milano, 1978; G. Berruto, Sociolinguistica

dell’italiano contemporaneo, La Nuova Italia scientifica, Firenze; AA Sobrero, Introduzione all’italiano

contemporaneo. La variazione e gli usi, Laterza, Roma-Bari 1995; Bazzanella C., Linguistica e pragmatica del

linguaggio, Laterza Roma-Bari 2005. 3 Il testo è pubblicato sul sito del Miur:http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot 7734_12. La

numerazione delle pagine corrisponde, in tutto il vol., alla versione in PDF di questo documento.

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primo luogo in cui le trasformazioni della lingua si manifestano4. Nell'attuale repertorio

linguistico italiano coesistono diverse varietà di lingua5 palesi soprattutto nel parlato. Ma,

stranamente, in qualunque manuale scolastico di grammatica l‟abilità trattata con minori

indicazioni didattiche è proprio l‟oralità. Il parlato spontaneo è l‟espressione della lingua così come

fluisce nella mente e, partire da esso, ascoltare come i nostri studenti parlano, quale lessico usano,

quali costrutti morfo-sintattici utilizzano, ben dispone ad approccio azionale e, perché no,

divertente, alla lingua6. Il confine tra parlato e scritto è davvero labile

7.

1.2 Una grammatica per agire

Fino a un trentennio fa parlando di lingua, si usava la parola „grammatica‟; oggi le Ind. 2012

preferiscono parlare di „riflessione linguistica‟8. E‟ ormai condivisa la tesi che per conoscere la

lingua e per usarla in modo efficace è necessario riflettere su di essa. Un approccio glottodidattico

innovativo, che fa del metodo euristico il proprio fulcro, permette di convertire le regole in

patrimonio consapevole dell‟alunno, utile a trasformare la lingua in un fenomeno „sperimentale‟.

Un esempio può chiarire meglio l‟idea: trattando l‟argomento delle desinenze verbali, anziché

proporre separatamente lo studio delle tre coniugazioni, sarebbe più proficuo presentare nello

stesso momento la riflessione sulle desinenze delle tre coniugazioni, facendo emergere la

4Riflettere sui cambiamenti della lingua è il primo passo per comprenderne l‟uso. La lingua è viva e i cambiamenti sono

insiti nella sua natura. Un manuale che guida a un'esplorazione consapevole del repertorio di scelte che il sistema

mette a disposizione del parlante.è Prandi M., De Santis C. Le regole e le scelte, Manuale di linguistica e di

grammatica italiana, UTET Universitaria, Torino, 2011. Se osserviamo il linguaggio giovanile scopriamo che l'oralità

ha un ruolo davvero forte e guadagna ogni giorno nuovi spazi rispetto alla scrittura. Questo accade certamente per

l‟influenza dei media ma anche per il moltiplicarsi delle occasioni di socializzazione che si realizzano attraverso la

parola parlata. Accade anche perché nella comunicazione telematica e multimodale prevalgono stili cognitivi diversi da

quelli tipici della scrittura; l'organizzazione stilistica, grammaticale, discorsiva del parlato oggi tende non solo ad

affermarsi, ma ad estendere il suo dominio sino a rimodellare l'organizzazione stilistica e grammaticale dello scritto. 5All‟italiano standard si affiancano le varietà dell‟italiano legate alle variabili diamesiche, diafasiche, diatopiche e

diastratiche. Nelle Ind. ‘12 si fa chiaro riferimento alla „variabilità della lingua nel tempo e nello spazio geografico,

sociale e comunicativo‟ (Traguardi Obiettivi di apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria,

pag. 43). Sulla varietà linguistica la bibliografia è notevole. Si vedano tra tutti G. Berruto, (1993), Le varietà del

repertorio, in Introduzione all’italiano contemporaneo, a cura di A.A. Sobrero, Roma - Bari, Laterza, 2 voll., vol. 2°

(La variazione e gli usi), pp. 3-36; I. Tempesta, Varietà della lingua e rete sociale, Franco Angeli editore, 2010; 5Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o

metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/personale. Le competenze sono

descritte in termini di responsabilità e autonomia‟. Documento tecnico, in regolamento dell’obbligo. D.M. 139,2007. 6I. Tempesta, F. De Renzo, Il parlato a scuola. Indicazioni per il primo ciclo di istruzione, Aracne, Roma,2014.

7 Per diamesia intendiamo la variazione relativa ai fenomeni linguistici connessi con la selezione di un determinato

mezzo di comunicazione (scritto, parlato, telefonico, radiofonico ecc.) (Mioni 1983 ). 8L‟espressione „riflessione linguistica‟ viene introdotta dai Programmi scolastici ministeriali per la scuola media del

1979. Si contrappone al termine „grammatica‟ usato per tantissimi anni e fa leva sull‟aspetto metacognitivo della lingua.

Un grande contributo alla nuova idea di riflessione linguistica è stato dato dalle Dieci Tesi per l’educazione linguistica

democratica, approvata dal Giscel nel 1975. Il documento è scaricabile dal sito internet www.giscel.it

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particolarità di ciascuna nell‟analisi parallela delle voci verbali. Se poniamo all‟attenzione

dell‟alunno voci verbali come giocavamo,correrete, capivo e gli chiediamo di riflettere sulla

desinenza, il discente empiricamente capirà che la desinenza serve davvero a qualcosa, serve, per

esempio, a definire il tempo e la persona. Se poi, accertata questa competenza, proponiamo in un

secondo step altre voci verbali quali giocassimo, correrebbero, capissi, e chiediamo di riflettere

ancora sulle desinenze, all‟alunno apparirà chiaro che la desinenza fornisce anche informazioni

riguardanti il modo. Utilizzando questo procedimento, l‟argomento „desinenza‟ non è più uno dei

tanti che si deve affrontare senza capirne l‟utilità; al contrario si entra nella consapevolezza che lo

studio della desinenza è una parte della morfologia, fondamentale per ben capire, e ben agire in

lingua italiana. L‟alunno si rende soggetto attivo e mentre riflette sulla lingua coglie una serie di

fenomeni che un approccio esclusivamente tassonomico farebbe perdere. Nella pratica didattica

quotidiana si mettono istintivamente in pratica questi processi, ma un‟ attività pianificata e associata

all‟azione consapevole sarebbe davvero stimolante. La lingua, in particolare quella parlata, si

produce in un contesto, inteso di solito come situazione agìta9. La dimensione sociolinguistica

fornisce informazioni indispensabili per comprendere i meccanismi della lingua all‟interno dell‟atto

comunicativo reale. Oggi si parla di „italiano medio‟10

una varietà che ha portato al progressivo

rafforzamento di un „italiano dell‟uso medio‟, dai tratti semplificati rispetto allo standard e sempre

più vicino all‟oralità. Attraverso un‟ attenta analisi di tali variabili, si possono enucleare

fenomeni linguistici interessanti diffusi nella lingua d‟uso e funzionali all‟azione linguistica. E ci si

accorge, ad esempio, che molte delle forme che si utilizzano, non sono „linguisticamente

sbagliate‟ ma fanno parte di una lingua che sta cambiando. Riuscire a cogliere questo è un bel

progresso verso la riflessione linguistica e il raggiungimento della competenza linguistica11

. Gli

alunni non sono solo intenditori della regola ma sanno riflettere sulla regola; addirittura sanno

formulare regole, in virtù di quella grammatica implicita di cui tutti i parlanti sono portatori in

quanto innata e interna12

. Nelle Ind.12 si fa chiaro riferimento alla grammatica posseduta dal

bambino13

, fin dalla nascita, una grammatica cioè „implicita‟ ma poi trascurata nel corso degli

9 Wittgenstein sostenne che il contesto è indispensabile per capire il significato di una parola e che il significato di

una parola o di un concetto dipende dal suo contesto.

12 In tutte le tradizioni linguistiche, accanto alla norma linguistica riconosciuta dalla tradizione, tende a crearsi un uso

più elastico, proprio dei registri informali del parlato, che esprime le esigenze comunicative di una fascia media di

parlanti e che tende ad accogliere una serie di tratti e di innovazioni un tempo stigmatizzati. In ambito italiano a questa

varietà Francesco Sabatini (1985) ha assegnato il nome di „italiano dell'uso medio‟, 11

Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o

metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/personale. Le competenze sono

descritte in termini di responsabilità e autonomia‟. Documento tecnico, in regolamento dell’obbligo. D.M. 139,2007. 12

Interessanti studi di neuroscienze hanno aperto orizzonti nuovissimi sul funzionamento del cervello come „costruttore‟

di sintassi. Si è giunti alla conclusione che i meccanismi della sintassi sono comuni a tutti i parlanti poiché comuni a

tutte le lingue naturali. Si veda A. Moro, I confini di Babele, Il Mulino, Bologna, 2015.

13

Ind.12, I discorsi e le parole, pag. 26

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anni della scuola quando la pratica didattica, nel tentativo di esplicitare i meccanismi della lingua,

incasella le possibilità di osservazione spontanea in spazi chiusi e circoscritti. Ed è in questo

momento che vengono assolutizzati concetti che non trovano poi riscontro negli studi linguistici più

innovativi14

. La lingua è comunicazione e si comunica condividendo codici, spazi e tempi, oltre che

emozioni. Nella pratica didattica, pertanto, si dovrebbe cominciare ad evitare di assolutizzare i

fenomeni, Partendo dalle ipotesi di uso, anche in ambito linguistico è possibile formulare ipotesi,

verificarle, fissare delle regole e riutilizzarle. L‟osservazione del fenomeno linguistico si presta a

valutazioni affini alle scienze sperimentali. Riflettere sulla lingua rende consapevoli15

ma non solo

del proprio parlato: un approccio ragionato alla lingua favorisce anche lo scritto. La competenza di

scrittura è un „prodotto finale‟ della competenza linguistica. Scrivere testi che rispondano ai criteri

di coerenza, coesione e leggibilità, richiede certo la capacità di riflettere sull‟aspetto tassonomico

della lingua ma esige anche riflessione sui dati e non memorizzazione di dati. La padronanza

linguistica nasce dall‟approccio consapevole; i nostri alunni diventano competenti solo se

scorgono una spinta motivazionale all‟orizzonte. Perché uno studente dovrebbe studiare la

grammatica volentieri? Non lo farà mai se gli si propone una grammatica prescrittiva o normativa,

che segna di rosso e di blu l‟errore senza provare a descrivere il funzionamento e l‟azione della

lingua. In altre parole all‟alunno non interessa sapere che „ si dice così’ ma, costruendo ipotesi in

modo sperimentale, attraverso l‟osservazione del fenomeno linguistico, scopre „perché si dice

così’. Dalla proposta viva della lingua deriva l‟interesse verso qualcosa di dinamico e la lingua è in

movimento16

. Ogni parlante finisce per costruirsi una propria grammatica basata sulla enunciazione

libera di ipotesi e sulla formulazione di regole sul funzionamento della lingua17

. Attraverso

iniziative di ipergeneralizzazione ciascuno di noi tenta di fornire una spiegazione ai vari

fenomeni, applicando ipotesi non sempre corrette ma pur sempre sorrette da una logica interna18

.

Quante volte nelle nostre classi i ragazzi tentano di inventare parole o costruzioni sintattiche? Lo

14

Si pensi alla discussione in atto intorno alla „frase minima‟.

15

Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave

per l‟apprendimento permanente: un atteggiamento positivo nei confronti della comunicazione nella madrelingua

comporta la disponibilità a un dialogo critico e costruttivo, la consapevolezza delle qualità estetiche e la volontà di

perseguirle nonché un interesse a interagire con gli altri. Ciò comporta la consapevolezza dell‟impatto della lingua sugli

altri e la necessità di capire e usare la lingua in modo positivo e socialmente responsabile. 16

Renzi L. Come cambia la lingua, L’italiano in movimento, Il Mulino, 2012

17 Chomsky ha proposto una distinzione oppositiva tra la Competence ossia l‟insieme delle conoscenze implicite e

inconsce delle regole che organizzano la lingua e la performance riferita alla capacità d‟uso con cui il sistema

linguistico è usato nella comunicazione. La bibliografia è immensa; tra tutti, in edizione italiana, segnaliamo

Chomsky, Il linguaggio e la mente, Bollate Boringhieri, Torino, 2010. Sempre attuale è in F. de Saussure, Corso di

linguistica generale, a cura di T. De Mauro, Laterza, Bari, la distinzione tra la langue intesa come sistema della

lingua e parole, ossia la possibilità dell‟individuo di realizzare attraverso la facoltà del linguaggio le potenzialità della

langue.

18 Un bambino che spontaneamente conia il diminutivo della parola „cane‟ dicendo „cagnino‟ non ha sbagliato dal

punto di vista logico. Lo fa perché applica il criterio della iperregolarizzazione che è un criterio linguisticamente valido.

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fanno perché desiderano interagire attivamente con la lingua. La motivazione è dunque la forza

propulsiva che porta all‟apprendimento duraturo a garanzia del longlife learning. Lo studio della

grammatica può anche diventare divertente se l‟alunno viene motivato, se l‟approccio euristico

viene stimolato e sollecitato. Un esercizio di grammatica altro non è che un problema che non parla

di numeri ma di costruzioni, funzioni e di significati della lingua. E come un qualsiasi problema

richiede la capacità argomentare19

. E‟ un quesito, che deve essere costruito e proposto secondo

criteri diversi da quelli a cui siamo abituati. Esercizi ripetitivi non stimolano il ragionamento,

mettono in atto automatismi ma non indirizzano alla competenza. Per questo molti studenti

rendono bene quando svolgono gli esercizi (ripetitivi!) ma la performance cala di fronte alle

prove di problem solving20

. Nella didattica della grammatica italiana occorre proporre modelli

innovativi e stimolanti. Sarebbe opportuno prevedere esercizi orientati allo sviluppo delle

competenze, prove articolate in più step, per favorire la riflessione autonoma degli alunni. Si

possono prevedere ad esempio giochi che mirino alla scoperta di oggetti misteriosi attraverso

l‟individuazione di indizi, o ancora attività sul riconoscimento e la discriminazione dei suoni delle

fricative[f] e [v], spesso problematiche o attività finalizzate alla individuazione dei coesivi21

.

L‟intento è di stimolare l‟interesse e la motivazione allo studio della grammatica. Uno studente

motivato è uno studente che prova piacere nell‟apprendere. Non dimentichiamo che le classi oggi

ospitano sempre più alunni con bisogni educativi speciali e tra questi gli alunni stranieri, per i

quali occorre prevedere percorsi innanzitutto di alfabetizzazione e poi di didattica mirata al

raggiungimento delle competenze. E la competenza linguistica passa anche attraversola

consapevolezza della varietà della lingua22

.

2 I contenuti

19

Tra gli elementi di debolezza nelle competenze dei ragazzi che emergono dal Rapporto sulle Rilevazioni

nazionali degli apprendimenti 2014-2015(INVALSI), si riscontra quello della “argomentazione”: gli allievi mostrano

difficoltà ad affrontare testi espositivi , argomentativi e discontinui , quelli cioè meno praticati nella quotidianità

dell'attività scolastica‟ . 20

Le indagini internazionali P.I.S.A, che vengono proposte ogni tre anni a scuole-campione dei paesi dell‟OCSE,

utilizzano quesiti strutturati secondo il problem solving. Analizzano competenze di matematica, scienze e

comprensione del testo.Le ultime rilevazioni in Italia registrano bassa performance nella comprensione del testo. 21

Le attività orientate all‟azione sono infinite: l‟interazione telefonica in una comunicazione di base: rispondere al

telefono, passare o non passare una telefonata, chiedere di richiamare più tardi;esercitare gli studenti 22

In A. Sobrero. Introduzione all’italiano contemporaneo. La variazione e gli usi", Laterza. Bari, 2006 è possibile

trovare un interessante approfondimento sulla varietà della lingua (diafasiche, diamesiche, diastratiche, diatopiche,

settoriali, gergali). Vi si analizzano i temi salienti del nostro repertorio linguistico, là dove avvengono rapide e

profonde modificazioni e dove si affermano usi particolari della nostra lingua: l'italiano degli immigrati stranieri e

l'italiano fuori d'Italia. Si veda anche M. C. Peccianti, Grammatica italiana per stranieri, Giunti Demetra, Firenze.2013.

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9

Si è detto che riflettere sulla lingua rende consapevoli23

. Un approccio ragionato alla

grammatica favorisce lo studio della lingua anche nella variante diamesica. Insegnare la lingua

italiana oggi significa soprattutto riflettere su quei fenomeni, certamente derivanti dal parlato, che

hanno nel tempo ottenuto un riconoscimento anche nello scritto24

. Occorre vagliare quei fenomeni

linguistici definiti ancora oggi „innovativi‟ e poco considerati dalle grammatiche normative, che

hanno via via acquisito un ruolo determinante nel dibattito accademico-scientifico. Si tratta di

fenomeni che si auspica trovino più ampio spazio anche sul versante dell‟italiano come L2/LS,

non solo nella riflessione teorica della glottodidattica, ma in particolare nei manuali e nella didattica

vera e propria. Ci riferiamo ai fenomeni sintattici marcati quali le frasi scisse e, in particolare, il

fenomeno della dislocazione25

. La dislocazione a destra (DD) si ha quando l'elemento posto in

evidenza è collocato dalla parte opposta della frase, cioè a destra, in modo da costruire una

sequenza rema > tema diversa dall‟ordine non marcato tema > rema. Il tratto caratterizzante della

costruzione è “la doppia presenza dello stesso costituente” una prima volta segnalato sotto forma

pronominale (anticipazione cataforica ) e poi ribadito da un gruppo nominale pieno isolato a destra

“al di fuori del nucleo frasale” (si cita da Berruto 2012a [1986], p 233) (Es. L’ accompagno io, la

nonna a casa; L'ho comprato, il libro; Non lo voglio, il gelato; Lo vuole, un caffè?).

Si ha invece la dislocazione a sinistra quando un elemento frasale, diverso dal soggetto, va

ad insediarsi nella posizione iniziale in modo da acquisire un particolare rilievo. Ad essere

tematizzato o topicalizzato è spesso l'oggetto diretto. (Es. Le promesse, occorre mantenerle;

Queste vacanze, le ricorderò per sempre; Questo cd non lo avevo mai ascoltato; Il caffè, lo

pago io). Divulgare i fenomeni di dislocazione è un modo per avvicinare anche gli studenti

stranieri alla ricca varietà del repertorio linguistico italiano, sottolineando l‟uso dei costrutti marcati

spesso assenti nelle loro interlingue anche ai livelli più avanzati. L‟introduzione di questo tipico

tratto dell‟italiano neo-standard26

consente di far riflettere sulla costruzione del messaggio

23

Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per

l‟apprendimento permanente: un atteggiamento positivo nei confronti della comunicazione nella madrelingua

comporta la disponibilità a un dialogo critico e costruttivo, la consapevolezza delle qualità estetiche e la volontà di

perseguirle nonché un interesse a interagire con gli altri. Ciò comporta l‟idea della lingua come azione e la

consapevolezza dell‟impatto della lingua sugli altr, nonché la necessità di capire e usare la lingua in modo positivo e

socialmente responsabile. 24

Su scritto e parlato si veda M.A.K. Halliday, Lingua parlata e lingua scritta, La nuova Italia, Firenze, 1992

25 La dislocazione è un fenomeno molto presente soprattutto nell'italiano parlato, in registri linguistici diastraticamente

connotati. Consiste nello staccare il complemento iniziale dal resto della frase mediante una pausa, resa generalmente

nello scritto con una virgola e a riprenderlo mediante un pronome clitico con funzione anaforica utile per mettere in

evidenza una parte dell'enunciato che costituisce “il centro di interesse comunicativo della frase”. (

Gaetano Berruto,

Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo, Roma, La Nuova Italia scientifica, 1987, pag. 65).

26 Il neo-standard "è diffuso nelle classi medio-alte e nella parte più acculturata della popolazione, ed è realizzato nel

parlato più che nello scritto. L'etichetta di neo-standard si riferisce al fatto che su questo livello troviamo un gran

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valorizando le diverse possibilità combinatorie della lingua a seconda della situazione

comunicativa. In questo modo si avranno discenti più consapevoli dell‟ esistenza di diversi modelli

linguistici: la varietà standard per l‟uso scritto e parlato in contesti formali e la varietà neo-standard

per il parlato. Nella didattica dell‟italiano è opportuno diffondere queste costruzioni

morfosintattiche se l‟obiettivo è realizzare l‟idea di una lingua agìta, idonea alla comunicazione

efficace. La riflessione sull‟ordine marcato della frase è un dato interessante non solo dal punto di

vista sintattico. Come si evince dagli esempi, nella dislocazione un elemento della frase viene

spostato dalla sua collocazione convenzionale ed emarginato all‟esterno della frase. In molti casi la

punteggiatura sintattica acquista un ruolo nuovo: quello semantico27

. La sfida innovativa della

didattica della grammatica consiste proprio nell‟intendere i fatti morfo-sintattici non svincolati da

quelli semantici perché il fine ultimo di ogni frase resta quello della sua decodifica e utilizzo in

ambito comunicativo. Anche il verbo avverte questa stessa necessità. Memorizzare coniugazioni

verbali in tutte le possibili flessioni resta un fatto inefficace e per certi versi frustrante. Accostarsi

allo studio del verbo e considerarlo solo dal punto di vista morfo-sintattico non è sufficiente perché

questa lettura si rivela parziale. Importante è associare la dimensione semantica, fondamentale se

vediamo nella lingua il margine dell‟ azione. Se consideriamo il verbo „andare‟ ad esempio, non

ci basta conoscerne il modello flessivo. Molto più utile alla comunic-azione è conoscerne le

possibili costruzioni, ciascuna con rimandi semantici diversi. Nel caso specifico il verbo „andare‟

può assumere diversi significati a seconda della valenza che gli si riconosce nella costruzione28

. Si

osservino alcuni esempi nelle frasi presenti nella tabella 1.

numero di forme che via via "risalgono" dai livelli inferiori (sub-standard): prima relegate nell'area delle forme

"colloquiali" (o, come dicevano i vocabolari, "triviali"), ora si diffondono e sono accettate nella lingua nazionale.

(Sobrero 1992, p. 5). 27

Sulla punteggiatura un classico resta B.Mortara Garavelli, Storia della punteggiatura in Europa, Bari-Roma, Laterza,

2008. Per un‟analisi dettagliata dei vari costrutti morfo-sintattici presenti nella lingua italiana, si veda C. Andorno, La

grammatica italiana, Bruno Mondadori, 2003, Milano 28

Il concetto di „valenza‟ è stato introdotto dal linguista francese L. Tesnière e divulgato in Italia da F. Sabatini.

Secondo tale modello il verbo si comporta come un atomo che ha bisogno di elementi per saturarsi. In base alle

valenze, i verbi si classificano in zerovalenti, monovalenti, bivalenti, trivalenti e tetravalenti. Per approfondimenti si

veda F. Sabatini, C. Camodeca, C. De Santis, Sistema e testo, Dalla grammatica valenziale all’esperienza dei testi,

Loescher, 2011. Interessante è anche l‟individuazione delle cosiddette „collocazioni ristrette‟“, cioè‟ una combinazione

di parole soggetta a una restrizione lessicale, per cui la scelta di una specifica parola (il collocato) per esprimere un

determinato significato, `e condizionata da una seconda parola (la base) alla quale questo significato `e riferito” (Jezek,

p. 178; la nozione di restrizione “lessicale” implica che ci sia un elemento di arbitrarietà/convenzionalità nella scelta del

collocato tra alternative altrettanto o – sulla base di frequenza o semantica – addirittura più plausibili)

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Tab.1

Frase Accezione semantica del

verbo andare

Questo bus va da piazza

Roma a Piazza Venezia’

collegare

Sono certa che questo tuo

modo di fare non va

funzionare

Mi preparo e vado a scuola dirigersi

Questo maglioncino non mi

va più

entrare, stare addosso

Queste monete non vanno più valere

Il discorso si arricchisce di riflessioni se aggiungiamo le costruzioni in cui il verbo

„andare‟rientra in locuzioni figurate come in „L’abito ti va a pennello’, La storia va a gonfie vele’,

Questo articolo sportivo va a ruba. Si potrebbe continuare con tutte le forme in cui il verbo funge

da supporto in varie espressioni e questo spiegherebbe vari valori semantici delle parole che

trovano spiegazione nell‟uso traslato della lingua. Il linguaggio figurato è una necessità

comunicativa. Proprio quando le parole orientano all‟azione il ricorso alle diverse figure retoriche

ci permette di parlare di interi ambiti della vita quotidiana per i quali non ci sono termini letterali.

Quando si ha la necessità di parlare del tempo cronologico, ad esempio, lo consideriamo come se

fosse un oggetto che si muove: diciamo che passa, vola, scorre, fluisce, fugge. In questo caso non

potremmo avere nemmeno l‟idea del tempo se non facessimo ricorso ad un verbo metaforico per

esprimerlo. Il linguaggio figurato fornisce sfumature importanti alla lingua e, mancando la

decodifica semantica delle parole e delle strutture testuali, fallisce l‟obiettivo fondamentale della

lingua e cioè la comunic-azione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

C. Andorno, La grammatica italiana, Bruno Mondadori, 2003, Milano

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