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UMBRO n° 1 anno XXI – Marzo 2013 – Periodico dell’Ordine degli Ingegneri di Perugia – Spedizione in abb. post. 70% – L. 662/96 – D.C.I./Umbria In caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Perugia per la restituzione al mittente, previo pagamento resi. Contiene I.P. L’INGEGNERE 84 EDIZIONE SPECIALE

L INGEGNERE · ALESSI. DAL RILIE-VO ARCHITETTONI - CO ALLE GEOMETRIE ... Elisa Canonichesi, Francesco Castellani, Giulia Cellini, Laura Cesaroni, Lucia Cornelli, Alessandra Curina,

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UMBRO

n° 1 anno XXI – Marzo 2013 – Periodico dell’Ordine degli Ingegneri di Perugia – Spedizione in abb. post. 70% – L. 662/96 – D.C.I./UmbriaIn caso di mancato recapito inviare al C.P.O. di Perugia per la restituzione al mittente, previo pagamento resi. Contiene I.P.

L’INGEGNERE

84

EDIZIONE SPECIALE

12 GALEAZZO ALESSI (PERUGIA, 1512-1572)

di Gianluca Spoletini.Vicepresidente dell’Ordine degli Inge-gneri della Provincia di Perugia.

13 LE OPERE UMBRE DI GALEAZZO ALESSI. DAL RILIE-VO ARCHITETTONI-CO ALLE GEOMETRIE COMPOSITIVE

di Luca Martini.Dottore di Ricerca in Ingegneria Civile, curriculum in Rilievo dell’Architettura.

22 INVENZIONE E NORMA: I DISEGNI DI GALEAZ-ZO ALESSI “VIRTUOSO E MOLTO ECCELLENTE ARCHITETTO”

di Aurora Scotti.Professore di Storia dell’Architettura nel Politecnico di Milano.

L’INGEGNERE UMBROPERIODICO DELL’ORDINE DEGLI

INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI PERUGIARegistrazione del Tribunale di Perugia

n° 31 del 29/9/1991

n°1 - anno XXI – Marzo 2013

Editore:Ordine degli Ingegneridella Provincia di Perugia.Direzione e Redazione:Via Campo di Marte, 906124 Perugiatelefono +39 075 500 12 00fax +39 075 500 17 07posta elettronica:[email protected]

Direttore Responsabile:Giovanni Paparelli.Redattore Capo:

Alessio Lutazi.Segretario di redazione:

Alessandro Piobbico.

In Redazione: Livia Arcioni, Fe-derica Castori, Raffaele Cericola, Giulia De Leo, Giuliano Mariani.

Collaboratori:Francesco Asdrubali, Michele Ca-stellani, Guido De Angelis, Lamber-to Fornari, Antonello Giovannelli, Giovanni Paparelli, Massimo Pera, Alessandro Rocconi, Gianluca Spoletini.

Hanno collaborato inoltrea questo numero:Paolo Anderlini, Roberto Baliani, Paolo Belardi, Gianni Bidini, Luca Martini, Giorgio Mencaroni, Francesco Scoppola, Aurora Scotti.

Grafica e impaginazione: Paolo Moretti.Web: http://www.paolomoretti.netE-mail: [email protected]

Stampa:Litograf s.r.l.Z.I. Ponte Rio – Todi (PG).

Pubblicità:Sifa s.r.l.Via Pievaiola, 4506128 Perugiatel. e fax +39 075 505 10 28.

Questo numero è stato stampato in 6.000 copie.

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Testi, foto e disegni inviati non saranno restituiti.

5 IL CENTRO SERVIZI CAMERALI “GALEAZZO ALESSI”

di Giorgio Mencaroni.Presidente della Camera di Commercio di Perugia.

6 GALEAZZO ALESSI INNOVATORE

di Francesco Scoppola.Direttore Regionale per i Beni Cultura-li e Paesaggistici dell’Umbria.

8 GALEAZZO ALESSI: UNA FIGURA POLIEDRICA

di Gianni Bidini.Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia.

9 GALEAZZO ALESSI LIBERO PROFESSIONISTA

di Roberto Baliani.Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Perugia.

10 CINQUECENTO ANNI DALLA NASCITA DI GALEAZZO ALESSI

di Paolo Anderlini.Presidente della Fondazione Ordine Ingegneri Perugia.

11 SUI “DISEGNI REGOLATORI” DI GALEAZZO ALESSI

di Paolo Belardi.Professore di Rilievo dell’Architettura nell’Università degli Studi di Perugia.

In copertina: Ex chiesa di Santa Maria del Popolo, attualmente Centro Servizi Camerali

“Galeazzo Alessi”, Perugia, 1547, rilievo architettonico, ragioni geometriche del

prospetto su via Mazzini”. Elaborazione grafica di Paolo Moretti.

GALEAZZO ALESSI E L’UMBRIAdal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive.In questo numero della rivista “L’ingegnere umbro” sono pubblicati gli atti della lezione magistrale Invenzione e norma: i disegni di Galeazzo Alessi “virtuoso e molto eccellente architetto” tenuta dalla professoressa Aurora Scotti del Politecnico di Milano il 5 ottobre 2012 presso il Centro Servizi Camerali “Galeazzo Alessi” a Perugia in occasione dell’iniziativa GALEAZZO ALESSI E L’UMBRIA. dal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive (esposizione di elaborazioni grafiche, infografiche e multimediali concernenti il rilievo architettonico delle opere umbre di Galeazzo Alessi, Perugia, Centro Servizi Camerali “Galeazzo Alessi”, 4-9 ottobre 2012) promossa dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Perugia, dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia, dalla Fondazione Ordine Ingegneri Perugia, e con il patrocinio della Camera di Commercio di Perugia, nell’ambito degli eventi coordinati dal Comitato umbro per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Galeazzo Alessi.

G aleazzo Alessi rappresenta un caso emblematico nella storia dell’architettura italiana. La sua figura, infatti, risulta citata in tutti i testi che trattano tale ambito disciplinare nella seconda metà del XVI secolo ed è stata oggetto, negli anni, di approfondite ricerche dedicate. Ma al contempo le questioni insolute sono tante quante quelle che appaiono

definitivamente risolte. Ragione per cui Alessi continua a essere allo stesso tempo genovese e milanese, romano e europeo, colto e licenzioso, rigoroso e sovversivo, classico e manierista… La campagna di ricerca sulle opere umbre di Galeazzo Alessi, intrapresa fin dagli anni Ottanta dall’equipe dell’allora Istituto di Disegno Architettura Urbanistica dell’Università degli Studi di Perugia coordinata dalla professoressa Adriana Soletti, e attualmente proseguita dall’equipe della Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia coordinata dal professor Paolo Belardi, porta a compimento il lavoro avviato da Gaspare de Fiore, indagando la figura dell’architetto perugino attraverso la disciplina del rilievo, eleggendone a chiavi interpretative proprio l’ambiguità e l’istinto da “colto bricoleur”. Il grimaldello che dischiude questa prospettiva è il disegno d’architettura, che permette di accostare le opere umbre di Alessi e di tentarne un confronto e un’interpretazione non dettata da categorie rigide. In occasione delle iniziative coordinate nel 2012 dal Comitato umbro per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Galeazzo Alessi questa esposizione si propone pertanto di proseguire tale percorso di ricerca, nell’ottica di mettere per la prima volta a disposizione della comunità scientifica un corpus sistematico di elaborati grafici esito di una campagna di rilievo architettonico volta a lumeggiare la produzione umbra dell’ingegnere-architetto Galeazzo Alessi.

Presidente del Comitato umbro per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Galeazzo AlessiFrancesco Scoppola

PromotoriOrdine degli Ingegneri della Provincia di PerugiaDipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di PerugiaFondazione Ordine Ingegneri Perugiacon il patrocinio dellaCamera di Commercio di Perugia

Comitato promotoreRoberto Baliani Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di PerugiaGianni Bidini Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di PerugiaAnnibale Luigi Materazzi Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e AmbientalePaolo Anderlini Presidente della Fondazione Ordine Ingegneri Perugia

Responsabile scientificoPaolo Belardi

Comitato organizzatoreLuca Martini, Gianluca Spoletini

Gruppo di lavoroPaolo Belardi, Luca Martini, Giacomo Pagnotta

Progetto espositivo e immagine graficaLuca Martini

I rilievi architettonici delle architetture umbre di Galeazzo Alessi sono stati eseguiti nell’ambito del corso di dottorato in “Ingegneria Civile” (XXIV ciclo), attivato nell’anno accademico 2008-09 nell’Università degli Studi di Perugia (coordinatore: professor Claudio Tamagnini, tutor: professor Paolo Belardi; dottorandi: Marco Armeni, Luca Martini), del corso di “Rilievo dell’architettura” del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Ingegneria Edile-Architettura attivato nell’anno accademico 2008-09 nell’Università degli Studi di Perugia (docente: professor Paolo Belardi; coordinatori: ingegner Simone Bori, ingegner Valeria Menchetelli; tutor: ingegner Marco Armeni, ingegner Luca Martini, ingegner Francesca Rogari, ingegner Cecilia Scaletti, architetto Francesca Seghini; studenti: Antonio Abbozzo, Davide Baliani, Roberto Barone, Caterina Bidolli, Giacomo Boncio, Eraldo Brandimarte, Cristina Brunelli, Maria Chiara Burchini, Roberto Calzuola, Elisa Canonichesi, Francesco Castellani, Giulia Cellini, Laura Cesaroni, Lucia Cornelli, Alessandra Curina, Lorenzo De Matteis, Eleonora Dottorini, Fabio Ercoli, Valentina Fantini, Andrea Fiorucci, Andrea Gragnani, Matteo Lanfaloni, Lorenzo Mancini, Carlotta R. Marchione, Giacomo Mari, Daniele Mariani, Cecilia Mariottini, Maura Martorelli, Nicholas Mencarelli, Elisa Morelli, Michele Giuseppe Onali, Fausto Pascoletti, Erica Pellegrini, Marco Pettinari, Rodolfo Ricci, Vanessa Romagna, Simone Rossetti, Sara Sambuco, Cecilia Sgrazzutti, Stefano Stefanoni, Claudia Tondini, Luigia Trincia, Marco Veneziani, Marika Volpi, Yijie Wu), del modulo di “Rilievo dell’architettura” del master di secondo livello “Miglioramento sismico, restauro e consolidamento del costruito storico e monumentale” attivato nell’anno accademico 2009-10 nella Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia (docente: professor Paolo Belardi; tutor: ingegner Luca Martini; architetto Marco Palazzeschi; studenti: ingegner Simone Balzanetti, ingegner Rudolf Baum, ingegner Quirino Crosta, architetto Irma Ines De Arrascaeta, architetto Donatella Di Gregorio, architetto Alessandra Ebner, architetto Guglielmo Marco Favacchio, ingegner Chiara Gramaccioni, ingegner Marilena Liris, architetto Francesca Menestò, ingegner Giacomo Menichelli, ingegner Gabriele Monacelli, architetto Sergio Nevi, ingegner Antonia Onorato, architetto Fabio Pasquarè, ingegner Michele Pelliccia), della tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile Rilievo architettonico dell’ex chiesa di Sant’Angelo della Pace di Galeazzo Alessi a Perugia, discussa nell’anno accademico 2005-06 nell’Università degli Studi di Perugia (relatore: professor Paolo Belardi; laureando: Massimo Tomassini), della tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile Rilievo architettonico della chiesa di Santa Maria del Popolo di Galeazzo Alessi a Perugia, discussa nell’anno accademico 2005-06 nell’Università degli Studi di Perugia (relatore: professor Paolo Belardi; laureando: Francesco Rossi), della tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile Rilievo architettonico del Chiostro delle Stelle di Galeazzo Alessi nel monastero di San Pietro a Perugia, discussa nell’anno accademico 2009-10 nell’Università degli Studi di Perugia (relatore: professor Paolo Belardi; laureando: Cinzia Sabini), del progetto di ricerca Rilievo digitale del giardino del castello di Pieve del Vescovo, eseguito nel 2006 dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia (responsabile scientifico: professor Paolo Belardi; operatori: ingegner Simone Bori, ingegner Valeria Menchetelli) in collaborazione con la Relevo srl di Perugia (ingegner Carlo Romano, geometra Daniele Giusti, geometra Riccardo Panichi) e del progetto di ricerca Camminare nella storia. Valorizzazione dell’acropoli di Perugia attraverso un sistema di spazi e collegamenti pedonali innovativi, eseguito nel 2009 dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia (responsabile scientifico: professor Paolo Belardi; coordinatore: professor Fabio Bianconi; operatori: ingegner Marco Armeni, ingegner Simone Bori, ingegner Luca Martini, ingegner Cecilia Scaletti).

GALEAZZO ALESSI E L’UMBRIADAL RILIEVO DELLE OPERE ALLA RICERCA DELLE GEOMETRIE COMPOSITIVE

Con il patrocinio della

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IL CENTRO SERVIZI CAMERALI “GALEAZZO ALESSI”

Giorgio Mencaroni.

Presidente della Camera di Commercio

di Perugia.

L e iniziative del Comitato umbro per le celebrazioni dei 500 anni dalla nascita del maestro perugino Galeazzo Alessi si sono poste l’apprezzabile obiettivo di approfondire la conoscenza della sua attività nella nostra regione, che fu caratterizzata da forza innovativa

e coraggio intellettuale. All’epoca l’impianto del tessuto urbano medievale della città di Perugia era caratterizzato da una fitta rete di vie, vicoli e rimbocchi, di cui via Danzetta rappresenta uno degli esempi rimasti; all’interno di questo reticolo, si ergeva l’antica Chiesa di Santa Maria del Mercato, che il 10 gennaio 1547 venne demolita insieme ad altri fabbricati minori per recuperare lo spazio necessario a realizzare una nuova ampia strada, di chiara impronta rinascimentale, tra il corso principale e la piazza del Sopramuro, cui venne dato il nome di via Nuova, l’attuale via Mazzini. Alla sua realizzazione lavorò Galeazzo Alessi, cui venne affidato anche il progetto per realizzare una nuova chiesa che andasse a recuperare quella appena abbattuta: nacque così, pur nella ristrettezza degli spazi a disposizione, questo splendido esempio di architettura rinascimentale, cui si volle dare il nome di Santa Maria del Popolo: essa svolse una funzione sacra sino al 1828 quando fu trasformata in Ospedale dalla Compagnia della Misericordia e del Buon Consiglio; nel 1866 venne acquistata dal Comune per essere adibita a Borsa Mercantile. Nel 1913 subentrò la Camera di Commercio che, prima in affitto e poi come proprietaria, la trasformò in Borsa Merci e infine, dopo un attento restauro conservativo, ultimato nel 2008, nell’attuale Centro Servizi Camerali “Galeazzo Alessi”.

Il nostro impegno è stato rivolto a far sì che questa antica struttura, pur mantenendo la sua forte identità storica, vedesse attualizzata la sua destinazione. Pertanto ci siamo posti l’obiettivo primario di esaltarne le originarie membrature architettoniche, adeguatamente recuperate nel loro straordinario valore espressivo. Ciò ha comportato la piena valorizzazione del prospetto prospiciente via Mazzini e dell’aula della ex chiesa con il particolare potenziamento della delicata architettura del portico attraverso l’inserimento di pochi, emblematici elementi in grado di testimoniarne la sua nuova funzione ed il suo essere anche espressione del tempo in cui viviamo, oltre che luogo significativo per la città. Con il recupero del Centro Servizi “Galeazzo Alessi” abbiamo inteso compiere un’azione importante al servizio della collettività, andando ad onorare quella che è la nostra missione di istituzione al servizio degli interessi generali delle imprese e del territorio.

Oggi il Centro Servizi funge da luogo di rappresentanza, incontri e dibattito, dove idealmente ospitare e accogliere uno scambio di idee non fine a se stesso, ma espressione di una nuova progettualità, capace di misurarsi con i dilemmi della nostra società e aperta al nuovo. Oggi come cinquecento anni fa, laddove l’Alessi seppe proporre nuove soluzioni e moduli architettonici che rappresentavano innovazioni significative per il suo tempo, esprimendo nella sua opera l’inquietudine della crisi politica e sociale del sedicesimo secolo. Il “Galeazzo Alessi” si propone quindi come un luogo capace di esaltare il passato senza rinunciare a quanto di meglio ha prodotto il nostro tempo, ad iniziare dalla rivoluzione informatica fino a testimoniare le eccellenze rappresentate dalle nostre aziende, dai prodotti e dagli uomini e donne che fanno impresa. Su questa centralità del sistema imprenditoriale e sul ruolo che al suo sostegno è chiamata a svolgere la Camera di Commercio, poggia la nuova destinazione del Centro Servizi. Una “casa” messa a disposizione dell’intera comunità, per ragionare insieme sull’economia e lo sviluppo, sui dati più espressivi del nuovo millennio e sul futuro da consegnare alle nuove generazioni. Sistemazione urbanistica

di via Nuova, Perugia, 1547, rilievo

architettonico, prospetto.

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Q uando Galeazzo Alessi progetta Santa Maria degli Angeli ai piedi di Assisi, attorno alla Porziuncola, compiendo così il suo itinerario, partecipa in modo determinante alla consacrazione finale dell’invenzione di una nuova tipologia di tempio, che vede la

chiesa come un frattale non solo nella forma, che si accresce per addizioni omologhe, ma anche concettualmente, perché racchiude al suo interno un tempio precedente, che in questo caso precede il secondo di circa mille anni. Oltre un secolo è trascorso poi, dal progetto della gigantesca teca, alla conclusione del grande cantiere assisiate. Qualcosa di simile era successo forse per la prima volta oltre duemila anni prima con il basamento in poro bianco del tempio di Atena distrutto nel 480 a.C., racchiuso nel podio del Partenone, ma quella era una soluzione di conservazione tombale, di inumazione della precedente architettura. Pur nell’indubbia originalità della composizione dell’Alessi per Assisi parrebbe dunque non potersi parlare di novità assoluta e tuttavia il termine di invenzione è proprio. Invenzione però, da invenio, in senso etimologico di trovamento. Difatti per un verso preesisteva ai piedi di Assisi il querceto diviso in particelle distinte in ordine alla proprietà del terreno (il “cerreto di Porziuncle” come era detto attorno all’anno mille), con – in una di esse – il piccolo edificio benedettino ceduto a Francesco per un cesto di pesci del Chiascio l’anno e da lui restaurato, quindi consegnato alle clarisse, dove infine, quarantaquattrenne era morto. Ma anche altrove vi erano situazioni paragonabili e non di sole preesistenze, ma di veri e propri palinsesti, conglobati in più fasi di accrescimento. Tra le principali una – la prima in ordine di tempo – consiste nel cantiere di costruzione del nuovo grande tempio quattrocentesco attorno all’ultima collocazione (la quarta) della santa casa di Loreto. Segue la costruzione della nuova basilica di San Pietro, con la situazione precaria di compresenza tra i due fabbricati: la vecchia basilica costantiniana in fase di demolizione e il nuovo grande tempio in fase di costruzione. Tutta la vita dell’Alessi è compresa tra l’inizio del cantiere della massima fabbrica romana e i preparativi dei lavori per voltare l’immensa cupola. Ma vi erano, prima ancora, per chi aveva fatto il pellegrinaggio in terra Santa ed era tornato, altri esempi, a partire dalla cappella con la testa del Battista entro la grande moschea di Damasco.

Sarebbe però riduttivo pensare di dover misurare la carica innovativa, l’originalità dell’Alessi solo attraverso la sua capacità di recepire preesistenze e modelli in quello che è forse il più maestoso, certo il più riassuntivo, conclusivo dei suoi componimenti. Ma non necessariamente e sotto ogni profilo il più complesso. Per un verso si farebbe torto alla sua urbanistica, nel riconoscere ai soli fabbricati e non anche agli spazi scoperti il ruolo e la qualità di architettura. Per altro verso si farebbe torto alla trattatistica e all’estetica, dunque alla sua scienza, nel trascurarne gli stili. Dando per assodato che il primo dei due ambiti, quello del disegno urbano, da Genova a Milano, sino al centro di Perugia e alla vicina villa di Fulvio della Corgna, possa essere oggi facilmente riconosciuto, anche quando si trova in forma incompiuta o successivamente manipolata, resta da sottolineare l’originalità dell’Alessi nel secondo campo, quello prettamente stilistico. Qual è dunque lo stile nel quale si esprime di preferenza l’Alessi, quale la sua grammatica, la sua sintassi, i suoi lemmi, il suo linguaggio? Quale la sua impronta, la sua cifra riconoscibile, il suo logo, la sua firma? Una qualche risposta a questi generici interrogativi o ad altri simili sarà qui ovviamente abbozzata in forma schematica e solo suggestiva di ulteriori approfondimenti da farsi. Si può iniziare dalla descrizione dello stile, o meglio degli stili compresenti nella produzione alessiana. Si tratta certo di stile composito, nel senso che vi figurano diversi stilemi, ma non nel senso del quarto stile a sé stante distinto dai tre più noti (dorico ionico e corinzio) generalmente indicato proprio con questo nome. Se lo stile composito dei manuali di architettura deriva infatti dall’ibridazione tra lo ionico e il corinzio, il composito dell’Alessi è invece piuttosto un incrocio tra il dorico e il tuscanico o rustico. Dunque si tratta di tutt’altro genere di composito, di una diversa ibridazione di stili. Ma non ci si può fermare qui, neppure a voler semplicemente accennare anche solo ai temi da affrontare e risolvere. Infatti ai tre stili, già divenuti quattro con il composito canonico, quello gentile, e poi cinque con il composito inusitato, severo, introdotto dall’Alessi, occorre aggiungerne almeno un altro, il sesto, che in qualche modo si può riconoscere più spesso di quanto si creda, per meglio comprendere e definire lo stile alessiano. Si tratta del meno noto stile attico, o atticurgo. Che si distingue anche, ma non solo, per la presenza del pilastro e della lesena, in una parola per la colonna quadrata e non tonda. Stile semplice ed essenziale. Lineare, robusto e puro. Molto se ne potrebbe e dovrebbe dire, ma basti rimandare alla trattatistica, che non lo ignora del tutto. Sin qui pare di cogliere tra le opere dell’Alessi soprattutto semplicità e robustezza.

Sembra dunque contraddittorio e bizzarro notare, in tanta essenzialità, un particolare: quello del frequente rovesciamento della rastrematura. Non si tratta però del gusto di stupire, di sorprendere, ma di virtù, sapienza e conoscenza. L’Alessi, specie a Perugia, pare porsi efficacemente il problema di ricercare una architettura per quanto possibile antisismica. Se questa ipotesi è fondata, si spiega

GALEAZZO ALESSI INNOVATORE

Francesco Scoppola.

Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria.

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benissimo il rovesciamento al quale si è fatto cenno. Spostare gli incastri tra i diversi elementi in alto e trasformare gli appoggi a terra quasi in cerniere è infatti una soluzione coerente con quell’assunto. Può in questo senso paragonarsi l’architettura tradizionale, con le colonne che si sfinano in alto, ad una tavola disposta su cavalletti (che sono appunto più larghi alla base) mentre l’innovazione alessiana può richiamare alla mente le zampe di un tavolo incastrate in alto, al piano di appoggio. E’ evidente ed intuitivo come, a fronte di sollecitazioni imprevedibili per intensità e direzione, sia molto più solido e durevole il secondo modello rispetto al primo, che risulta molto più labile. Una ricerca di resistenza antisismica pare potersi poi cogliere anche nella ridondanza degli elementi e delle strutture portanti, esuberanza certamente intesa come ricerca di maggiore robustezza: perfino la sovrammissione di arco e architrave, che si traduce sia nel motivo della loggia sia in quello della serliana, può essere intesa e interpretata in questa logica. Pare confermarlo anche la profondità della composizione: ad esempio proprio nel caso di Santa Maria del Popolo a Perugia.

Si possono dunque concludere questi brevissimi cenni con una constatazione circa la possibilità di riconoscere un ordine che prima di ogni riferimento greco o latino, classico, di maniera o protobarocco, può dirsi soprattutto tuscanico, etrusco.

Basilica di Santa Maria degli Angeli, Assisi, 1568, rilievo

architettonico, sezione longitudinale.

Loggiato anteriore del Palazzo dei Priori,

Perugia, 1545-1547, rilievo architettonico,

prospetto su corso Vannucci.

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GALEAZZO ALESSI:UNA FIGURA POLIEDRICA

Gianni Bidini.

Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Universi-tà degli Studi di Perugia.

A nalogamente a tutti i grandi architetti italiani del Cinquecento, Galeazzo Alessi è una figura poliedrica, perché al contempo architetto, ingegnere e urbanista. Non a caso disegna chiese e palazzi, redige perizie geotecniche e dispensa pareri statici, introduce nuove

logge e apre nuove vie. Ma Alessi è anche un professionista itinerante (che opera a lungo anche a Genova e Milano) oltre che un uomo di cultura, che comunica per lettera con i propri assistenti e che lascia in eredità un trattato sulle fortificazioni ai propri discepoli. Il tutto senza soluzione di continuità ovvero con una duttilità professionale che, in qualche modo, mette in crisi le certezze più consolidate della contemporaneità sulla necessità della specializzazione e rivendica l’importanza di una preparazione a tutto tondo, al contempo tecnica e umanistica. Il che riguarda direttamente la formazione dei nostri giovani

Questo aspetto rende Alessi di profonda attualità in un momento in cui troppe volte si tende a contrapporre il sapere tecnico scientifico e quello umanistico, perdendo così quella che è una peculiarità e una specificità della nostra storia culturale, che ha visto arte e tecnica poesia e scienza esatta andare di pari passo.

È proprio in questa ricerca di una formazione a tutto tondo che, presso la Facoltà di Ingegneria di Perugia, è stato istituito il corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura, grazie al contributo dei colleghi del Dipartimento di ingegneria Civile e Ambientale, proprio come tentativo di sintesi fra la figura dell’architetto e quella dell’ingegnere di cui Alessi è stato un grande esempio.

Abbazia dei Sette Frati, Pietrafitta, 1560-1570, rilievo architettonico, ragioni geometriche del prospetto del portale.

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G aleazzo Alessi è uno dei primi liberi professionisti nella storia dell’architettura e dell’ingegneria, con tutta la ricchezza di sfaccettature che oggi viene attribuita a tale ruolo. Tale affermazione non può stupire se si tiene conto che, come riportato nell’allestimento espositivo dell’iniziativa

Galeazzo Alessi e l’Umbria. Dal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive, lui stesso definisce nel proemio del Libro dei Misteri il suo bagaglio culturale “questa mia scienza”. Ciò denota la piena consapevolezza dell’acquisizione di uno status di progettista con conoscenze specifiche ben definite, che viene acquisito attraverso lo studio dei maestri, consolidato attraverso la pratica del cantiere e arricchito attraverso l’aggiornamento continuo. Peraltro Alessi è conosciuto come progettista architettonico, ma allo stesso tempo fornisce consulenze strutturali (ad esempio sulla volta del palazzo della Loggia di Brescia, chiamato a dare la sua opinione insieme a Palladio e a Giovanni Antonio Rusconi), fino a giungere all’ideazione del piano urbanistico per il ridisegno del Sacro Monte di Varallo, definendo una figura professionale a tutto tondo quanto mai attuale. In quest’ottica la concezione che egli ha del proprio ruolo è già nettamente definita e in tal senso vanno anche i precisi riferimenti circa la funzione sociale che gli spetta (dalle sue decisioni dipendono il proprio onore, ma anche quello del committente e della città), la precisa definizione di quelle che sono le competenze proprie del progettista (che includono anche l’organizzazione del cantiere e la direzione dei lavori), fino ad arrivare a tenere conto di ambiti che stupiscono per la contemporaneità dei temi trattati, come la tutela delle maestranze ottenuta prestando attenzione alla sicurezza dei luoghi di lavoro e alla garanzia della paga giornaliera.

Ma ancora di più stupisce la disinvoltura con cui l’Alessi coordina a distanza i lavori nelle opere da lui ideate, persino in quelle di maggiore complessità costruttiva, attraverso missive di testi e disegni redatte appositamente in una sorta di posta elettronica ante litteram, secondo una vera e propria strategia di remote control che con lui arriva a livelli di complessità elevatissimi, disvelati per la prima volta anni fa dal professore, amico e collega ingegnere Paolo Belardi, che ringrazio insieme al collega Paolo Anderlini e al professor Gianni Bidini, Preside della Facoltà di Ingegneria dell’ateneo perugino, per essere tra gli ideatori delle giornate di studio che sono culminate nella prestigiosa lezione magistrale della professoressa Aurora Scotti del Politecnico di Milano.

Il Consiglio dell’Ordine, che mi onoro di presiedere, ha promosso con particolare convinzione, anche attraverso la Fondazione Ordine Ingegneri Perugia che è sua diretta emanazione e insieme al Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Perugia, detta iniziativa culturale, che trova in queste pagine della nostra rivista la sua naturale estensione, essenzialmente con due finalità. In prima istanza celebrare degnamente, nell’ambito delle iniziative coordinate dal Comitato umbro per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Galeazzo Alessi, la figura del nostro celebre collega. In secondo luogo ribadire il ruolo insostituibile dell’ingegnere nella società contemporanea attraverso l’esempio di un progettista lontano cronologicamente, ma estremamente vicino eticamente e culturalmente. Ciò appare di fondamentale importanza in modo particolare in un momento di sfide decisive come quello attuale.

GALEAZZO ALESSILIBERO PROFESSIONISTA

Roberto Baliani.

Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Perugia.

Ex loggiato, poi chiesa di Sant’Angelo della Pace,

attualmente sala “Walter Binni” della Biblioteca

Comunale Augusta, Perugia, 1545-1548,

rilievo architettonico, ragioni geometriche del

prospetto su via delle Prome.

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CINQUECENTO ANNI DALLA NASCITA DI GALEAZZO ALESSI

Paolo Anderlini.

Presidente della Fonda-zione Ordine Ingegneri Perugia.

L a Fondazione Ordine Ingegneri Perugia, che mi onoro di presiedere, è stata tra i promotori dell’iniziativa Galeazzo Alessi e l’Umbria. Dal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive, insieme all’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Perugia, al Dipartimento

di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia e alla Camera di Commercio di Perugia, proprio sul finire dell’anno che è stato occasione per riaprire la memoria su un illustre concittadino, Galeazzo Alessi, di cui ricade il quinto centenario dalla nascita e di cui questa Città talvolta si è dimenticata. L’occasione in realtà è duplice, non solo per rinnovellare su un maestro di cui tutti dovremmo essere orgogliosi, ma anche per affrontare con visione più ampia uno studio del suo prezioso insegnamento nell’ambito delle iniziative coordinate dal Comitato presieduto dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Umbria architetto Francesco Scoppola.

Un primo spunto che suscita l’esposizione delle tavole – esito dell’attività di ricerca della Sezione Interdisciplinare di Disegno e Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’ateneo perugino coordinata dall’amico professor Paolo Belardi – è senz’altro quello della costante adozione da parte dell’Alessi, sulla scorta dei maestri che l’hanno preceduto, di rapporti proporzionali ben determinati, al fine di garantire la “simmetria” delle proprie opere. Infatti mentre la proporzione dà il rapporto di grandezza di una parte con l’altra, la simmetria è data dal rapporto tra tutte le parti e una di esse, scelta come un’unità fondamentale. L’utilizzo di questi canoni, ereditati dall’Alessi dai suoi predecessori del pieno e maturo Rinascimento, viene individuato, nella ricerca presentata, attraverso il riconoscimento dell’impiego di rapporti modulari quali nucleo originario della composizione architettonica. Del resto, una rimanenza semantica della parola si ha ancora oggi, a cinque secoli di distanza, nel termine “proporzionare” una struttura, nel senso cioè di riuscire a determinare il corretto rapporto tra le parti che la compongono ed il tutto: dallo spessore dei muri di fabbrica, alla altezza dei solai, fino alle dimensioni delle aperture.

Il secondo spunto che la ricorrenza offre alla riflessione è quello della maniera di controllare il progetto. In tal senso ci sono giunti molti disegni che testimoniano in che modo l’ingegnere-architetto perugino sovraintenda a distanza sull’operato della manodopera impegnata nella costruzione delle sue opere: egli rappresenta, al pari di altri suoi contemporanei, l’anticipazione del progettista contemporaneo.

Molti giovani colleghi sono intervenuti all’esposizione allestita negli ambienti alessiani in via Mazzini a Perugia: a loro possa risultare di grande indirizzo l’analisi del lavoro di ricerca esposto. In particolare, la necessità di applicare anche a progetti di apparente semplicità un rigore dimensionale che trovi riscontro nella corretta rappresentazione grafica. A ciò si aggiunga l’importanza del rilievo del costruito, soprattutto nella situazione attuale per la quale verosimilmente si tenderà sempre di più a privilegiare la riqualificazione dell’esistente rispetto alla nuova edificazione.

In modo particolare intendo ringraziare caldamente la professoressa Aurora Scotti del Politecnico di Milano per aver accettato l’invito a tenere la lezione magistrale Invenzione e norma. I disegni di Galeazzo Alessi “virtuoso e molto eccellente architetto”, in cui ha manifestato la sua profonda conoscenza alessiana dovuta allo studio costante di questa figura, testimoniato dai numerosi contributi che ha redatto negli anni su questo tema. In tal senso penso sia un’occasione preziosa poter conservare memoria di tutti gli interventi della giornata e dei pannelli esposti in questo numero monografico della rivista pubblicata dall’Ordine degli Ingegneri.

Non posso concludere senza ringraziare la Camera di Commercio di Perugia, per la preziosa ospitalità concessa, e tutte le istituzioni che hanno consentito di dar corpo a questa iniziativa.Abbazia dei Sette Frati,

Pietrafitta, 1560-1570, rilievo architettonico, sezione longitudinale.

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N onostante l’organizzazione planimetrica “a forma di mano” decantata da Leon Battista Alberti, Perugia non presenta un disegno urbano predominante. Almeno nell’accezione classica del termine. Tanto che la sua acropoli ha introiettato lo schema ippodameo

ereditato dal nucleo etrusco-romano e ha rigettato a tal punto la rocca pontificia trapiantata da Paolo III nel cuore della città medievale da seppellirla sotto un’algida piazza postunitaria. Eppure l’area centrale compresa tra colle Landone e colle del Sole costituisce ancora oggi un campionario morfologico d’eccezione, proprio perché invera un processo costitutivo atipico, che supera sia l’astrattezza del piano-programma sia la concretezza dell’edificio-oggetto. Il che non è un caso fortuito, ma, così come tendono a dimostrare i rilievi architettonici eseguiti negli ultimi anni dai miei studenti e dalla mia équipe di ricerca, è ragionevolmente riferibile al disegno intelligente sotteso alla rivoluzione urbanistica perpetrata durante il pontificato di Paolo III (1534-1549), nel cui ambito la rocca, pur incarnando un intervento tanto innovativo dal punto di vista tipologico (in quanto contamina funzioni militari e civili) quanto sconvolgente dal punto di vista ambientale (in quanto ingloba un intero quartiere), rappresenta “solo” il suggello spettacolare di un progetto politico di ben più ampia portata, volto a soppiantare l’austerità organica dell’acropoli bagliona con la fastosità razionale di una cittadella farnesiana. Nell’intento manifesto di emendare la comunità ribelle con un marchio fisico imperituro. D’altra parte è evidente che la regolarità della trama cartesiana conseguita con la geometrizzazione planoaltimetrica della rete viaria, la sistematicità della gerarchizzazione visiva stabilita con la disseminazione capillare di fondali scenografici e di logge panoramiche nonché la strategicità dell’uniformazione figurativa perseguita con la realizzazione d’imponenti facciate in laterizio contrappuntate da minuti ornamenti in travertino tradiscono di per sé la necessità di un piano urbanistico a monte. Peraltro di chiara matrice paolina, in quanto fondato sulle stesse tecniche ricompositive già collaudate dal pontefice farnese nella trasfigurazione classicista della Roma medievale, quando si afferma il principio che una nuova via può essere aperta anche mediante pesanti distruzioni, in aree dove non si intende promuovere alcuna edificazione, o che sono comunque inadatte, per diversi motivi, ad altra funzione che non sia quella di collegare, fisicamente e otticamente, due poli. Principio che, a ben guardare, interessa tutta l’acropoli: dalla via Riaria (oggi via Baglioni) alla via Nuova (oggi via Mazzini) fino alla piazza Grande (oggi corso Vannucci), dove peraltro le operazioni di ampliamento e di rettifica appaiono ancor più pronunciate proprio perché interessano uno spazio già dilatato in origine: così come attestato dai casi specifici del palazzo Baldeschi, del palazzo Graziani e dell’ampliamento del palazzo dei Priori. E, in tal senso, non è certo sorprendente che, per concretizzare un piano tanto irriguardoso dal punto di vista ambientale, Paolo III sia stato costretto a sollevare dall’incarico un progettista inguaribilmente antiquario come Antonio da Sangallo il Giovane e abbia avocato a sé il ruolo di “angelo sterminatore”, demandando la traduzione esecutiva (e, ancor prima, la gestione normativa) a un ingegnere-architetto come Galeazzo Alessi che compendiava tutte le prerogative all’uopo necessarie: nato a Perugia da una famiglia altolocata, formato a Roma nelle botteghe artistiche più qualificate, apprezzato dalle cariche più autorevoli del governo pontificio. E, forse, è proprio per questo imperdonabile “peccato originale” che Perugia non ha mai voluto dedicare la dovuta importanza a uno dei suoi figli più illustri, relegandolo in un vero e proprio limbo conoscitivo. A dir poco anacronistico nell’era del marketing urbano.

SUI “DISEGNI REGOLATORI” DI GALEAZZO ALESSI

Paolo Belardi.

Professore di Rilievo dell’Architettura

nell’Università degli Studi di Perugia.

Giardino del castello di Pieve del Vescovo,

Corciano, 1569-1572, rilievo architettonico,

prospetto.

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GALEAZZO ALESSI (PERUGIA, 1512-1572)

Gianluca Spoletini.

Vicepresidente dell’Ordi-ne degli Ingegneri della Provincia di Perugia.

G aleazzo Alessi nasce a Perugia nel 15121. Sono suoi maestri Giulio Danti e Giovanni Battista

Caporali. Nel 1536 si trasferisce a Roma dove verosimilmente frequenta la bottega dei Sangallo. Nel 1542 torna a Perugia al seguito del cardinale legato Ascanio Parisani e collabora con Antonio da Sangallo il Giovane nella direzione dei lavori della rocca paolina quale “architettore sopra la Fortezza di Perugia”. In particolare gli viene attribuita la sistemazione degli appartamenti del cappellano coronati da una loggia, che però vengono distrutti al pari dell’intero intervento paolino a seguito dei moti insurrezionali che portano all’annessione dell’Umbria al Regno d’Italia.

Durante la legazione successiva del cardinale Tiberio Crispo Alessi è molto attivo e progetta il ponte sul Chiascio detto della Bastiola nei pressi di Bastia Umbra (1546), l’apertura dell’attuale via Mazzini con la chiesa di Santa Maria del Popolo a Perugia (1547) e il portico (1548), trasformato poi in oratorio di Sant’Angelo della Pace sempre a Perugia: opere eseguite tutte sotto il pontificato di Paolo III. Nel 1548 eseguì anche il modello in legno per il monastero di Santa Caterina nel capoluogo umbro.

Sempre nel 1548 l’Alessi si trasferisce a Genova, a seguito dell’incarico da parte di Bartolomeo Sauli di realizzare la basilica di Santa Maria in Carignano nel 1552. A Genova acquisisce una notevole notorietà: gli viene attribuita l’ideazione della Strada Nuova (1550) e progetta la porta del Molo (1553). In particolare realizza una serie di ville che costituiscono una nuova tipologia di residenza cittadina, tra cui la Giustiniani poi Cambiaso del 1548, la Grimaldi poi Sauli del 1552-1554 e la Pallavicini detta delle Peschiere del 1555 circa.

Tra il 1560 e il 1569 Alessi si trasferisce di nuovo, questa volta a Milano per seguire il cantiere di palazzo Marino, che gli viene commissionato dal ricco commerciante Tommaso Marino. Nel capoluogo lombardo progetta anche la chiesa di San Barnaba (1561) e la facciata della chiesa di Santa Maria presso San Celso (1565). Allo stesso tempo è impegnato nel ridisegno del Sacro Monte di

Varallo (1565-1569), di cui rimangono tutta una serie di elaborati grafici a china nei quali è dettagliata la disposizione delle cappelle dei “misterij” della vita di Cristo. Di fatto questo periodo della vita di Alessi è caratterizzato da frequenti spostamenti causati dai numerosi impegni di lavoro, principalmente tra Perugia, Genova e Milano. In questo senso egli adotta una strategia consolidata al fine seguire più cantieri contemporaneamente, costituita dalla redazione di missive di testi e disegni indirizzate ai capomastri locali di sua fiducia. In particolare in Umbria gli sono attribuiti il palazzo della Corgna a Città della Pieve (1551-1555), il chiostro della casa in via Cartolari a Perugia (1556), il portale del Leone a Perugia (1567), la basilica di Santa Maria degli Angeli (1568) ad Assisi e il portale del lato meridionale del duomo di San Lorenzo a Perugia (1568).

Nel 1569 torna definitivamente nel capoluogo umbro e, ormai celebrato come progettista affermato, detiene una serie di prestigiose cariche pubbliche all’interno dell’amministrazione cittadina, che culminano nella elezione a Priore per porta San Pietro nel 1572. A questo ultimo periodo appartengono il giardino del castello di Pieve del Vescovo nei pressi di Corciano (1569-1572) e il chiostro delle Stelle (1571) dell’abbazia di San Pietro a Perugia. Sempre nel 1570 viene remunerato per l’ampliamento del duecentesco palazzo comunale di Spello. Muore a Perugia il 30 dicembre 1572.

(1) Cfr. Regesto, in Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento, Sagep Editrice, Genova 1975, pp. 691-698 (Atti del convegno internazionale di studi, Genova 16-20 aprile 1974) e M. Labò, Galeazzo Alessi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1960, II (Albicante-Ammannati), pp. 238-242.

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G aleazzo Alessi nel proemio del Libro dei Misteri definisce “questa mia scienza”1 il bagaglio culturale che

caratterizza la sua professione di ingegnere-architetto. Infatti egli conosce bene i canoni compositivi classici, per cui progetta “con proportioni et misure, […] con tutto l’ordine, e’ decoro d’architettura che si conviene”2, ma allo stesso tempo dichiara di voler “fare secondo […] le cose nove3”, rivelando un’attitudine pienamente manierista verso la ricerca disinvolta di forme espressive originali nell’ambito di criteri compositivi consolidati. In tal senso gli elaborati grafici esposti in occasione dell’iniziativa Galeazzo Alessi e l’Umbria. Dal rilievo delle opere alla ricerca delle geometrie compositive intendono mettere in luce le ragioni geometriche sottese alla fase ideativa delle opere alessiane, nell’ottica di rendere disponibile per la prima volta alla comunità scientifica un corpus sistematico di elaborati grafici uniformi dal punto di vista grafico e della scala di dettaglio, esito di una campagna di rilievo architettonico volta a lumeggiare la produzione umbra del progettista perugino4.

Tra gli altri edifici Alessi progetta la chiesa di Santa Maria del Popolo (1547)5 a Perugia. L’ingresso a serliana è di scuola sangallesca ed è costituito da un pronao a un fornice stretto tra due corpi di fabbrica. L’ordine utilizzato è un ibrido tra dorico e tuscanico. Del dorico ha capitello e base, mentre il fusto è liscio e il fregio è privo di metope e triglifi come nel tuscanico. Il fusto è decisamente slanciato (dai disegni di rilievo si ricava il valore di sette diametri). In relazione all’aula è evidente l’apporto di Antonio da Sangallo il Giovane, specie se si confronta con la cappella Paolina del 1537. Peraltro tra gli studiosi è molto dibattuta l’attribuzione alessiana di palazzo della Corgna a Città della Pieve (1551-1555)6. Quest’ultimo, che segue uno schema a “U” intorno a una corte, appare oggi come un “grande rustico incompleto” tanto nell’ala a ovest, che chiude parzialmente il cortile, quanto nel lato a nord, dove una quinta solo abbozzata allude forse alla volontà di realizzare un loggiato. In tale ambito appaiono evidenti

caratteri manieristi quali l’inganno visivo, l’ambiguità tra immagine esterna monumentale e spazio interno articolato, l’enfasi nel rapporto con il paesaggio e l’articolazione dinamica degli ambienti. Con maggiore certezza è invece attribuito ad Alessi il chiostro della casa al numero civico 17 di via Cartolari a Perugia (1556)7, laddove, in un insieme nel complesso misurato, un elemento dissonante che emerge dagli elaborati sintesi dell’attività di rilievo è dato dalla mancanza del fusto e della base di una colonna al di sotto del capitello nei pressi dell’imbocco della scala a piano terra. Inoltre è generalmente condivisa l’attribuzione del portale del Leone a Perugia (1567)8. Anche in questo frangente Alessi elabora un partito tradizionale rendendolo complesso. Le parti canoniche che compongono il portale sono infatti scalate, deformate e ricomposte secondo una configurazione assolutamente originale. Del tutto certa risulta ugualmente la paternità della basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi (1568)9, dove la cupola (vera e propria insegna della Porziuncola) si configura come una sorta di “grattacielo voltato di pietra”, in cui si ravvisano i segni di una ricerca che anticipa la verticalità barocca. Anche in questo caso Alessi sceglie di inserire un elemento decisamente spregiudicato in una partitura classica e, allo stesso modo, è possibile interpretare il portale del lato meridionale del duomo di San Lorenzo a Perugia (1568)10.

LE OPERE UMBRE DI GALEAZZO ALESSI. DAL RILIEVO ARCHITETTONICO ALLE GEOMETRIE COMPOSITIVE

Luca Martini.

Dottore di Ricerca in Ingegneria Civile,

curriculum in Rilievo dell’Architettura.

Portale del Leone (1567) e portale di

villa Faina ai Murelli (XVI secolo), Perugia, rilievo architettonico,

ragioni geometriche dei prospetti.

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Laddove un ordine d’invenzione soggiace a una rigorosa partitura metrico-proporzionale. Peraltro i pareri degli storici sono concordi nell’attribuire all’architetto perugino il restauro del castello di Pieve del Vescovo nei pressi di Corciano (1569-1572)11. Appare certamente di Alessi il giardino pensile, di cui stupisce l’ambiguità dello spazio, allo stesso tempo interno in abbandono ed esterno non finito, dove convivono i temi della “facciata-maschera” e del “giardino-recinto”, in una vera e propria “poetica dell’interrotto […] che non restituisce certezze, ma lascia interrogativi sospesi”. Prove documentarie legano infine l’architetto perugino alla realizzazione del chiostro delle Stelle (1571) dell’abbazia di San Pietro a Perugia12, il cui spazio, pressoché quadrato, è ritmato da volte a crociera e da colonne doriche prive di scanalature, in una composizione che appare quattrocentesca per l’utilizzo dell’arcata e la misura rigorosa. Se non fosse che il ritmo serrato delle colonne, la loro esilità rispetto ai rapporti canonici dell’ordine utilizzato e l’arco rialzato conferiscono all’insieme una straordinaria verticalità e un dinamismo decisamente “di maniera” messi in luce dai prospetti di rilevo.

I n q u e s t o s e n s o g l i s c h e m i d i proporzionamento permettono di verificare alcune ipotesi ancora discusse dagli studiosi, quale, ad esempio, il ruolo ordinatore del percorso che va dall’ingresso al cortile di palazzo della Corgna a Città della Pieve, che risulta dimensionato attraverso un modulo di circa 7 palmi romani. In quest’ottica si riscontra come tutta una serie di elementi che rappresentano il modulo base per la composizione delle rispettive membrature abbiano dimensioni esprimibili attraverso numeri interi, o loro frazioni decimali, se date in palmi romani. È ragionevole pertanto ipotizzare che Alessi abbia adottato tale unità di misura nella progettazione dei suoi interventi, e ciò risulta ancora più plausibile se si tiene conto della dominazione papale sull’Umbria e se si considera che anche Antonio da Sangallo il Giovane ha utilizzato i palmi per il progetto della rocca paolina13. In tale ambito appare evidente come gli elaborati esposti costituiscano un supporto ideale volto a disvelare gli aspetti enigmatici che le opere di Galeazzo Alessi continuano a celare. E in questo senso l’insieme sistematico dei grafici, esito della campagna di rilievo intrapresa, è allo stesso tempo un obiettivo raggiunto e un punto di partenza nell’attività di ricerca sulla figura del polisemico progettista umbro.

(1) Galeazzo Alessi, Libro dei Misteri, 1565-1569, c. 3 (Manoscritto conservato presso la Biblioteca Civica “Farinone Centa” di Varallo, Sala delle Edizioni Rare e di Pregio).

(2) Ibidem.

(3) Cfr. H. Burns, Le idee di Galeazzo Alessi sull’architettura e sugli ordini, in Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento, Sagep Editrice, Genova 1975, p. 166 (Atti del convegno internazionale di studi,

Genova 16-20 aprile 1974).

(4) “Palladio e i suoi contemporanei [...] credevano che, applicando ai rapporti spaziali architettonici gli equivalenti numerici dei termini delle armonie musicali si sarebbero ottenute armonie visive e che tutto ciò rivelasse l’esistenza di un disegno universale, convalidando la loro filosofia e la loro insistenza sulla matematica come disciplina fondamentale”. Cfr. J. Ackerman, Ricordi della Nona Triennale, De Divina Proportione, in A.C. Cimoli, F. Irace (a cura di), La divina proporzione. Triennale 1951, Electa, Milano 2007, p. 26.

(5) Poi Borsa Merci, attualmente Centro Servizi Camerali “Galeazzo Alessi”. Cfr. A. Bonci, M. Filippucci, V. Menchetelli, S. Merli, Piazza del Sopramuro, oggi piazza Matteotti. Trasformazione architettonica e urbanistica, in P. Belardi (a cura di), Camminare nella storia. Nuovi spazi pedonali per la Perugia del terzo millennio, EFFE Fabrizio Fabbri Editore, Perugia 2009, p. 27.

(6) Cfr. C. Bozzoni, G. Carbonara, Saggi di lettura di opere alessiane in Umbria: le costruzioni per i Della Corgna, in Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento…, cit., p. 218.

(7) Cfr. G. Algeri, Alessi in Umbria, in Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento…, cit., p. 197.

(8) Cfr. ivi, pp.197-198.

(9) Cfr. V. Gusella, P. Belardi, F. Bianconi, M. Armeni, N. Cavalagli, L. Martini, The domed skyscraper of Galeazzo Alessi. The geometric and structural ambiguities of dome of the Saint Mary of the Angels Basilica, in G. Tampone, R. Corazzi, E. Mandelli (a cura di), Domes in the World. Cultural Identity and Symbolism. Geometric and Formal Genesis. Construction, Identification, Conservation (Atti del convegno internazionale di studi. Firenze, 19-23 marzo 2012), Nardini Editore, Firenze 2012, sub 1.2.022_RRS_Gusella-Belardi-Bianconi-Armeni-Cavalagli-Martini_The domed skyscraper.pdf.

(10) Cfr. P. Belardi, F. Bianconi, M. Armeni, V. Menchetelli, S. Merli, B. Sperandio, “La porta più magnifica che guarda il corso”. Il portale meridionale della cattedrale di Perugia, in “Bollettino per i beni culturali dell’Umbria”, 5, 2012, pp. 183-194.

(11) Cfr. P. Belardi, Alessi Bernini Borromini… cit., pp. 23-35.

(12) Cfr. P. Belardi, L’ambiguità come maniera. Architetture perugine di Galeazzo Alessi, in Il rilievo insolito. Irrilevabile, irrilevante, irrilevato, Quattroemme, Perugia 2001, p. 172.

(13) Cfr. P. Camerieri, F. Palombaro, La Rocca Paolina: dal “palazzo” alla “cittadella”. Dal Sangallo a un “modo architettonico” comune, in AA. VV., La Rocca Paolina di Perugia. Studi e ricerche, Electa Editori Umbri Associati, Perugia 1992, p. 10 (fig. 1).

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R ipensare l’architettura di Galeazzo Alessi significa riconsiderare le tre aree fondamentali della sua attività:

l’Umbria, la repubblica aristocratica di Genova e la Milano preborromaica, spesso considerate separatamente ma che devono invece essere ripensate globalmente, nelle loro ricche con-catenazioni. Un’attività connotata secondo le fonti da una eccellente formazione in patria, in contiguità col colto Giovanni Battista Caporali, e continuata a Roma in una esperienza a tutto campo nell’architettura, dall’apprendistato con Antonio da Sangallo, al perfezionamento teorico nell’ambito dell’Accademia di Claudio Tolomei, fino alla pratica in fabbriche papali che gli diede una dimestichezza con nobili e cardinali implica-ti a vario titolo nella amministrazione pontificia. In questo quadro maturarono il ritorno in patria e il successivo trasferimento a Genova, segnato da un’intensa attività per i Sauli, i Giustiniani, i Grimaldi, e poi il trasferimento a Milano chia-mato da un committente ricco e vicino al potere, Tommaso Marino, estesosi ad altri committenti genovesi e lombardi, come Giacomo d’Adda, ed infine il ritorno in Umbria1.

I molti cantieri e le varie opere di Alessi, spesso poste in contrapposizione fra loro, sono accomunate da uno spiccato interesse per la chiarezza di impostazione planimetrica e per un controllo assoluto della qualità del dettaglio, delle proporzioni e dei rapporti armonici, una qualità già evidenziata fin dal 1873 nell’elogio di Adamo Rossi quando scriveva di edifici che presentavano “quella ancor più autorevole maniera di comporre, di distribuire, e di ornare nella quale Galeazzo non fu né imitatore, né imi-tato”2. L’esemplarità, la comodità e la chiarezza distributiva degli edifici alessiani divennero i capisaldi di una vera e propria rivoluzione abi-tativa che fu resa paradigmatica fin dal 1622 da Pietro Paolo Rubens nel volume sugli edifici di Genova edito ad Anversa, che illustra in pianta e alzato ville e palazzi.

Di contro all’esemplarità delle opere colpisce la scarsità di disegni rimasti soprattutto per gli anni perugini e genovesi, nonostante la versa-tilità documentata dell’architetto. Per la chiesa di Santa Maria di Carignano, ad esempio, uno dei capisaldi della sua opera, e per cui Alessi si valse di capi mastri di qualità come Bernardino Cantone, Angelo Doggio e Bernardo Spazio, non è rimasto nessun corpus organizzato di disegni, anche se, secondo la testimonianza del 1877 di Santo Varni, che aveva scandagliato l’archivio Sauli, l’architetto, oltre a corredare con schizzi dimostrativi le istruzioni contenute nelle sue lettere, aveva anche preparato più grandi disegni conservati su tela “a somiglianza di quanto si fa per le carte murali”3. Degli schizzi ci rimangono alcuni fogli pubblicati da Andrea Ghia4 che, con una chiarezza didascalica ma non banale affidata a disegni in proiezione ortogonale, precisano le soluzioni necessarie all’avanzamento del can-tiere, spiegando i punti critici della costruzione: nel 1560 lo schizzo delle capriate lignee per la costruzione delle volte appoggiate alla sporgente cornice della trabeazione, con soluzioni non immemori del cantiere romano di San Pietro; nel 1561 la sezione di una navata della chiesa con preventivo per la costruzione delle deco-razioni della volta; infine, nel 1567, i disegni esemplari nella loro essenzialità relativi alla pianta e alla sezione del tamburo della cupola, in rigorosissima proiezione ortogonale. Erano tutti schizzi utili per precisare meglio quanto

prefigurato in due modelli, uno di dimensioni ridotte e probabilmente in creta, ed uno grande e in legno, entrambi perduti.

Quanto ai disegni di più grandi dimensioni citati dal Varni (conosciamo un solo disegno “alessiano” di medie dimensioni, 500 per 359 millimetri, conservato a Berlino)5, si può ri-cordare che anche per un successivo cantiere milanese come quello di Santa Maria presso San Celso le fonti parlano in data 3 aprile 1563 di un pagamento a “messar Cesaro agente del signor Galeazo perosino” della congrua somma di 6 ducati d’oro per sua mercede del “dipinger il disegno della facciata de la giesia”6, che non trova riscontro in quanto oggi conservato negli archivi milanesi. Il pagamento peraltro risulta importante, poiché può ricollegarsi ad un altro assai anteriore documento edito da Adamo Rossi7 in cui si diceva: “pagarete a cesaro [che il Rossi ritiene il figlio del pittore perugino “Domenico Alfani”] depentore et intagliatore baiocchi cinquanta per aver servito meser Ga-leazo alegi in componere el modello de sancta juliana nova da farsi a Santa Chiara”, dando una traccia per incominciare a comprendere l’orga-nizzazione di bottega del nostro architetto, su cui la bibliografia è quasi assente. Fra gli schizzi allegati alle istruzioni per la chiesa genovese nel 1562 troviamo anche uno schizzo della pianta della chiesa8 in cui Alessi distingueva la parte già fabbricata da quella ancora da costruire: le caratteristiche grafiche sono basate su tratti dal ductus irregolare fra contorni dal tracciato anch’esso libero pur entro una chiarezza assoluta dell’impianto. Questo denota le proprie radici ro-mane e l’interesse per un nitore geometrico degli spazi ed una proporzionalità che affondano le radici negli studi vitruviani iniziati col Caporali a Perugia e perfezionati a Roma nelle fabbriche allora in costruzione sotto la guida di Antonio da Sangallo, Michelangelo o Peruzzi ma anche nell’ambiente culturale dell’Accademia del Tolomei da cui transitarono altri importanti architetti cinquecenteschi. Una proporzionalità che è stata ben individuata da Christoph Thoenes fin dagli atti del convegno del 1974, ma che era stata subito colta nel Cinquecento da architetti di fine secolo come Lorenzo Binago che rimeditò il modello di Carignano per il suo Sant’Ales-sandro milanese agli inizi del Seicento. Chiari rapporti armonici e proporzionali spiccano nella sequenza di bracci voltati a botte e delle quattro cupole minori che fiancheggiano l’alta cupola centrale con un’assolutezza che fu ben colta da Martin Pierre Gauthier nella sua ottocentesca illustrazione degli edifici di Genova e che fu fondamentale per il rilancio di questo tipo di edificio nella Genova ottocentesca.

INVENZIONE E NORMA: I DISEGNI DI GALEAZZO ALESSI “VIRTUOSO E

MOLTO ECCELLENTE ARCHITETTO”

Aurora Scotti.

Professore di Storia dell’Architettura nel Politecnico di Milano.

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Fra le opere genovesi dei primi anni Cinquanta troviamo anche un’opera di architettura milita-re, la porta Siberia che completa verso mare le fortificazioni di terra iniziate da Giovanni Maria Olgiati; nella porta, oltre alla soluzione del pro-blema funzionale, non possiamo esimerci dal rimarcare l’eccellenza del progetto architettoni-co esaltato in un prospetto con pilastri e paraste fasciati alla rustica su una straordinaria cortina concava fra due bastioni ravvicinati, soluzione che reinventa il tema della tenaglia, ben svilup-pato nella pratica e nella trattatistica, con riferi-mento ancora una volta ad esempi sangalleschi. Anche per quest’opera non ci sono giunti disegni autografi ed anche i collegamenti con il codice di architettura militare conservato alla Raccolta Campori di Modena e di recente riferito a Ga-leazzo Alessi sono labili9. Nessuno dei modelli in esso presenti ha la pregnanza e la forza del modello genovese, pur nella espressività e nella eleganza di alcune delle soluzioni difensive. Il codice è certo di data posteriore alla porta del

Molo, essendo innegabilmente collocabile nei tardi anni Sessanta, sulla base delle citazioni, presenti nel testo, riferibili a trattati usciti nel settimo decennio del XVI secolo, primo fra tutti il trattato del Castriotto del 156410, in un quadro che va da Dürer a Lanteri e che comprende anche le esperienze di condottieri come Gabrio Serbel-loni. I fogli del trattato presentano similitudini nella grafia delle scritte con i caratteri di Alessi e la tecnica ha qualche analogia con altri gruppi di disegni riferiti all’architetto come quelli, su cui torneremo a breve, di Varallo e di Santa Maria presso San Celso. Si tratta, infatti, di figure ben distribuite sui fogli, sia per la presenza in diversi casi di un asse centrale che diventa elemento ordinatore dell’immagine, sia per il tracciato di una linea orizzontale che diventa la base su cui si articola la struttura fortificata, accanto a un’accurata grafia e cura di impaginato presente anche nelle intestazioni e nelle descrizioni. I titoli sono in lettere capitali nella maggior parte dei fogli, mentre le descrizioni sono in lettere

Galeazzo Alessi, Libro dei Misteri, 1565-1569 (Varallo, Biblioteca Civica “Farinone Centa”, Sala delle Edizioni Rare e di Pregio), cc. 221, 34, 118, 33.

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minuscole; la loro collocazione viene ben cali-brata segnando o con uno stilo a punta metallica o con sottilissimi tratti a matita le righe su cui allinearle; la costruzione geometrica rigorosa e simmetrica si accompagna a particolari natura-listici (alberi, arbusti, sterrati) atti a rendere più pittorica la scena.

Colpisce però l’assenza di qualsiasi riferi-mento ad esperienze operative dirette, mentre gli accenni a situazioni milanesi non risultano aggiornate agli anni di soggiorno di Alessi: si veda ad esempio (foglio 61 recto) il riferimento a una particolare soluzione adottata a Milano quando era stata assediata da Massimiliano d’Aburgo, mentre non c’è menzione delle nuove fortificazioni di Ferrante Gonzaga o dell’avvio della trasformazione del castello in cittadella, un’operazione nella quale a metà degli anni Ses-santa era intervenuto anche Gabrio Serbelloni, pur citato nel manoscritto. Inoltre nel riferimento alle unità di misura in uso (foglio 61 verso) si fa riferimento al palmo antico, al piede urbinate, al braccio toscano, alla canna romana, ma per la Lombardia si fa riferimento solo alla pertica, peraltro con una citazione tratta dal Tartaglia. Formato e impianto dell’opera sembrano, più che riferirsi ai trattati di Maggi e Castriotto, di Lanteri, di Alghisi citati nel testo, prefigurare i trattati pratici di fine Cinquecento e inizio Sei-cento, come quelli di Gabriele Busca o di Pietro Antonio Barca.

Se vogliamo accettare un riferimento ad Ales-si, dobbiamo pensare ad un’opera compendiaria tarda fatta eseguire al ritorno a Perugia, forse destinata alla formazione di giovani architetti, riprendendo l’ipotesi di una “bottega” o di uno “studio” in cui i collaboratori erano istruiti dall’architetto in tutti gli ambiti dell’architettura.

A Milano il committente primario di Alessi fu Tommaso Marino, colui che probabilmente agevolò anche l’introduzione dell’architetto presso una committenza lombarda fortemente impegnata nel rinnovamento della città. Alessi ribadisce il legame col committente nella corri-spondenza con le famiglie genovesi che ne solle-citavano una presenza anche nei propri cantieri. Non sappiamo dove abitasse l’Alessi nel suo soggiorno milanese, forse in un primo tempo presso il Marino stesso o altri operatori genovesi presenti in forze sulla piazza milanese, o forse presso la famiglia D’Adda visto che Giacomo d’Adda fu uno dei suoi maggiori committenti, con una familiarità che si ritrova anche per altri artisti genovesi “in trasferta a Milano” come fu per Ottavio Semino che abitò nella casa milanese di Ercole d’Adda dove morì nel 160411.

Tuttavia anche per palazzo Marino costante-mente seguito dall’Alessi, abbiamo una quasi assoluta assenza di disegni, e nulla è rimasto del modello o dei modelli eseguiti per l’edificio. I pochi fogli della Raccolta Bianconi (con due piante e un alzato del palazzo nella facciata rivol-ta a San Fedele) non sembrano essere autografi, mentre maggiore attenzione richiede un disegno con uno schizzo quotato in palmi che presenta dettagli del portale nella facciata verso San Fe-dele, un dettaglio dell’ultimo ordine e un intero asse della facciata coi suoi tre ordini sia pure di altezza un po’ inferiore a quella poi realizzata e quindi interpretato da Beltrami (che aveva ritro-vato il disegno non sappiamo in quale archivio) come una prima idea poi ricalibrata nel corso dell’esecuzione. E’ certamente uno schizzo che prefigura le parti essenziali della costruzione compreso un dettaglio della porta interna del

salone della fase iniziale della progettazione. Il palazzo con i suoi tre ordini esterni, con un primo piano che si confrontava con il progetto periniano per il palazzo di Andrea Doria, mostra un aggiornamento sull’architettura romana di metà Cinquecento ma ripropone nel cortile un riferimento ai temi decorativi della maniera, con articolate tabelle, erme e incorniciature vegetali, esemplificate nelle tarde imprese periniane di Castel Sant’Angelo e del Vaticano. Il palazzo presenta anche un impianto innovativo nella scena milanese nel suo blocco in pietra con la sequenza cortile-salone-giardino, ma con una biassialità spiccata che segnava una inno-vazione anche rispetto ai modelli genovesi12. L’integrazione di Alessi nella scena milanese è assoluta e si esplica anche in una specie di partnership con le maestranze attive a Milano a partire da quelle impegnate nella Veneranda Fabbrica del Duomo. L’architetto di maggior spicco, dopo la morte di Cristoforo Lombardo nel 1556 e l’allontanamento da Milano di Do-menico Giunti, era Vincenzo Seregni, perito nel disegno, ottimo scultore a cui si dovevano scelte non di retroguardia nelle proprie architetture: dai primi anni Sessanta troviamo progetti di Alessi intersecantisi coi cantieri di Seregni e, se non è chiarissimo il rapporto intercorrente fra loro, questo sembra documentare l’avvio di una efficace collaborazione. Alessi interviene con un progetto per lo scurolo del Duomo, quando Seregni era l’architetto della Fabbrica; Alessi progetta una porta per l’Ufficio di Provvisio-ne nel Palazzo dei Giureconsulti, un cantiere affidato da Pio IV Medici a Vincenzo Seregni; anche per il proprio palazzo in via Brera il papa si era rivolto a Seregni, ma ancora una volta i documenti riferiscono di un intervento alessiano, testimoniando quindi un rapporto non conflittua-le13. Seregni è pagato anche sul cantiere di Santa Maria presso San Celso, quando Alessi viene incaricato di progettare la facciata e per la quale redige un corpus di disegni in buona parte ancor oggi conservati alla Biblioteca Ambrosiana.

In questo caso i documenti sottolineano che Alessi non era stipendiato regolarmente e non era il soprastante della fabbrica, ma ebbe rilevanti pagamenti specifici: oltre al già citato pagamento del 3 aprile 1563, nel 1565 ebbe un pagamento di 295 lire e nel 1568 ricevette tra maggio e giugno 590 lire, una somma molto alta14. Per la facciata Alessi diede il disegno globale del fronte e poi di tutti i dettagli, livello per livello, con tutte le singole partiture, con una ricca soluzione a tabelle con fianchi deco-rati da mascheroni, incorniciature arricchite da festoni o da membrature convesse e destinate ad accogliere statue o gruppi scolpiti (in cui era presente il ricordo dei modelli di Perin del Vaga per la cappella Massimi)15, i disegni per i modani in scala uno a uno, un disegno per la controfacciata, con successive varianti per accogliere anche un organo, e infine il disegno del coro e successivamente del tabernacolo. I disegni presentano un ductus a linee parallele e intrecciate, che si va alleggerendo con parti puntiate e di grande eleganza, sottolineata anche dalla perfezione dell’impaginato (in cui compare anche una linea di simmetria) e delle scritte. Elemento fondamentale della facciata è la presenza di cariatidi femminili sia nel prospetto esterno ma soprattutto nel prospetto interno: cariatidi che, se rimandano ai motivi della maniera pittorica, non possono non richiamare anche quelle che decoravano l’attico dei portici

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foglio raffigura una sola immagine disegnata in inchiostro seppia, con individuazione di luci ed ombre ottenute con un tratteggio raffinato a tratti paralleli ma anche incrociati e con un’accentua-zione del chiaroscuro ottenuta intensificando punti e lineette nel tratteggio. I disegni recano scarse tracce di preparazione a stilo, ma in diver-si casi, presentano più o meno evidenti le linee a grafite utili per la costruzione delle immagini, secondo un uso che andava facendosi strada proprio nel corso del secondo Cinquecento; pressoché tutti i fogli hanno un asse di simme-tria centrale definito con una linea a inchiostro rosso, che in genere coincide anche con l’asse di simmetria del progetto, incrociandosi con un analogo asse orizzontale che definisce la parte inferiore dell’edificio presentato, ed a volte si intreccia con la scala metrica. Questo tracciato precede la realizzazione del disegno a inchiostro seppia (è possibile verificarlo guardando i dise-gni stessi soprattutto nei casi in cui le immagini delle scene comprese nelle cappelle sono state aggiunte dopo la costruzione architettonica), il disegnatore ha utilizzato sicuramente una squa-dra ed un compasso di cui restano i fori delle punte per il tracciamento delle parti circolari, sia nel caso della costruzione della pianta comples-siva della cappella che nel caso del tracciamento degli elementi dell’ordine architettonico.

Il corpus è omogeneo, con fogli di carta bianca di spessore medio tutti con l’unica filigrana del sole raggiante, una filigrana che compare anche su alcuni disegni dell’ultimo ordine di Santa Maria presso San Celso e che dovrebbe risalire ai tardi anni Sessanta. Alessi si giovò di certo di un collaboratore (potrebbe ancora trattarsi del perugino Cesare Alfani). Le cappelle sono occu-pate da gruppi di sculture a cui si accompagnano pareti dipinte, ma spesso il gruppo è contenuto in una teca che si costruisce come tempietto entro la cappella, tempietto che impone comunque non una partecipazione alla scena narrata (com’era nel primitivo Sacro Monte) ma che obbliga ad una visione statica e ad una partecipazione non diretta ma più intellettualistica al fatto sacro, il tutto organizzato con grande rigore compositivo nel raccordo proporzionale e nella corrispon-denza delle parti.

Il volume, che doveva essere in possesso del D’Adda entro il 1572 quando viene citato in un suo testamento17, si pone come una rassegna di cappelle e di modelli di piante centrali, con più soluzioni per quasi ognuna delle singole cappel-le, commisurate più che a esigenze espressive alle possibilità finanziarie. Particolare cura è dedicata all’ambientazione delle cappelle, mai raffigurate su sfondo neutro ma sempre inserite in paesaggi generici o stilizzati e a volte conno-tate da edifici in rovina allusivi all’antico. Molto raffinate sono le rappresentazioni interne delle parti dipinte o scolpite con le scene della vita di Cristo, che presuppongono la presenza, credo, di più d’un collaboratore. Grande cura è dedicata al disegno dei modani, in scala uno a uno, per tutte le membrature di basi, cornici e in qualche caso di capitelli; le tracce a grafite prefigurano le curvature e poi costruiscono geometricamente il loro articolarsi in scozie, listelli, tori e gole con giuste proporzioni dimensionali. L’ordine privilegiato è l’ordine dorico, studiato in mol-teplici fogli nelle relative modanature e per ogni cappella si propongono soluzioni a diversa scala gerarchica con o senza colonne, con elementi architettonici a bozze di bugnato vero o finto; le piante centrali in cui si articolano le cappelle

del foro di Augusto riprese da disegnatori del primo Cinquecento, da fra’ Giocondo a Peruzzi. Il progetto della facciata di Santa Maria presso San Celso che si definisce come un caposaldo della “maniera” si presenta in realtà come una solida intelaiatura architettonica, arricchita da elementi decorativi che non scalfiscono la perfezione della definizione delle membrature, progettate in tutti i dettagli quasi a costituire uno specifico abaco di motivi e modelli che, non a caso, avranno una certa rilevanza negli anni di fine Cinquecento.

Il corpus di Santa Maria presso San Celso impegna Alessi nel corso degli anni Sessanta com’è confermato anche dalle filigrane diverse (inizialmente con la mano con fiore in diverse misure e più tardi col sole raggiante).

Contestualmente si erano aperti per l’archi-tetto anche altri fronti di cui il più impegnativo fu l’incarico per Giacomo d’Adda per la rimo-dellazione del Sacro Monte di Varallo e questo è uno specchio della capacità inventiva e al contempo del valore della norma nella proget-tazione dell’architetto perugino.

Il D’Adda era sposato a Francesca Scarognini, erede di una famiglia di spicco nella comunità di Varallo a cui competeva la gestione del Sacro Monte, iniziato a fine Quattrocento dal padre francescano Bernardino Caimi come restitu-zione mimetica sul monte dei luoghi santi di Palestina, nei nuclei di Betlemme, Nazaret e di Gerusalemme col percorso della passione di Cri-sto. L’impianto, che si era andato dilatando nel primo Cinquecento perdendo il rigore origina-rio, imponeva una revisione e un ripensamento complessivo.

Alessi visitò con cura il monte di Varallo che rilevò in un attento disegno topografico su cui iniziò, lavorando da Milano, una riconsiderazio-ne del percorso, che si esplicitò nella proposta di una sequenza storico-temporale, basata su una serie di cappelle in grado di raffigurare la storia dell’umanità, partendo dal peccato originale e passando alla redenzione attraverso le storie della vita e della passione di Cristo con morte, sepoltura e resurrezione, continuando con la morte e l’assunzione al cielo della Vergine per arrivare al destino finale col premio o castigo eterno. Tutto avveniva con un preciso itinerario entro la topografia del monte16. Alessi mandò i primi disegni esecutivi e quotati a Varallo, partendo dal disegno a grande scala di una nuova porta d’ingresso al Sacro Monte e dallo schizzo della prima cappella, quella di Adamo ed Eva, progetti posti subito in esecuzione e a cui seguirono altri disegni esecutivi fatti con tratteggi paralleli in maniera sommaria o molto libera, con scritte e scale esplicative, accompa-gnate da modani per le membrature dell’ordine (ora conservati all’Archivio di Stato di Varallo). Ma, contemporaneamente, Alessi cominciò a preparare anche un libro di disegni, compren-dente anche la porta d’ingresso e la già eseguita cappella di Adamo ed Eva: con assoluto rigore in 319 fogli illustrò il suo progetto con tutti gli edifici sia quelli da farsi ex novo sia quelli che rielaboravano, rifunzionalizzandoli, i nuclei esistenti, seguendo il criterio di un’organica sequenza di pianta, alzato, sezione e dettagli, prospettando a volte più soluzioni con diverse qualità di ornato, e dedicando particolare cura ai dettagli degli ordini, alle incorniciature di porte, finestre e alle varie modanature. Caratteristica di questo complesso di disegni è la grande eleganza non solo di tratto ma anche di impaginato: ogni

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sono pensate con o senza corpi sporgenti con o senza pronai, in una varietà potenzialmente illimitata di soluzioni tenuta insieme da un rigore compositivo assoluto che giunge a formulare una specie di abaco di forme e di membrature architettoniche, un libro di modelli. Questo risulta particolarmente esplicito dal modello ligneo del progetto di Alessi eseguito nell’am-bito di un Laboratorio didattico della Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, coordinato da Isabella Balestreri e Maurizio Meriggi, del Dipartimento di Progettazione dell’Architettura, e illustrato in una specifica pubblicazione18. La trasposizione in un grande modello in scala ha messo in evidenza la qualità del progetto alessiano, facendone emergere il classico equilibrio e l’armonia formale della sequenza di forme geometricamente perfette, esempio delle possibili variazioni di alcuni schemi di base. La ricostruzione del monte e dei percorsi rende ragione degli snodi compositivi, delle possibilità d’illuminazione dei nuovi sacel-li e dei loro rapporti proporzionali. Il Libro dei Misteri è il progetto di architettura consegnato da Alessi al suo committente; sottolineando la piena condivisione della teoria albertiana del disegno come base essenziale dell’attività dell’architetto: il progetto per Varallo si concentrava nelle tavo-le, non prevedeva una sua presenza in cantiere, affidato a diversi capimastri e responsabili.

(1) Per una lettura complessiva del percorso ales-siano si rimanda ancora agli atti del convegno del 1974 curato da Corrado Maltese, Galeazzo Alessi e l’architettura del Cinquecento, Sagep Editrice, Genova 1975 (Atti del convegno internazionale di studi, Genova 16-20 aprile 1974).

(2) Adamo Rossi, Di Galeazzo Alessi architetto pe-rugino. Memorie attinte dai patrii scrittori ed archivi per Adamo Rossi, Tipo-Litografia G. Boncompagni E C., Perugia 1873, p. 10.

(3) S.Varni, Spigolature artistiche nell’Archivio della Basilica di Carignano, Tipografia del Regio Istituto Sordo-Muti, Genova 1877.

(4) A. W. Ghia, Il cantiere della Basilica di S. Maria di Carignano dal 1548 al 1602, in “Atti della Società Ligure di Storia Patria, n. s. XXXIX, fasc. I, 1999, pp. 264-399; ma anche A. W. Ghia, “Casa con villa delli signori Sauli”. Piante e disegni dell’Archivio Sauli: catalogo, in “Atti della Società Ligure di Sto-ria Patria”, n. s. XLIX, fasc. II, 2001, in particolare pp. 219-298.

(5) Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz, Kunsgtbibliothek Berlin mit Museum für Architktur, Modelbild, und Grafik Design, Architektenzeichnun-gen 1479-1979, Berlin 1979, p. 16 n. 9, con fig.

(6) N. Riegl, Santa Maria presso San Celso in Mailand, Der Kirchenbau und seine Innendekora-tion 1430-1563, Römische Studien der Biblioteca Hertziana band 14, Worms am Rhein 1998, p. 426.

(7) Adamo Rossi, Di Galeazzo… cit., 1873, p. 12.

(8) Pubblicato dal Varni senza spiegazioni detta-gliate, non consentiva di precisare il significato del disegno relativamente alla individuazione delle parti edificate della chiesa, cfr. A. Coppa, Un disegno ritrovato dell’Alessi per santa Maria di Carignano, in “Il disegno di architettura”, n. 13, 1996, pp. 65-67.

(9) A. Coppa, Galeazzo Alessi trattato di fortificazio-ne, in ”Quaderni del Dipartimento di Conservazione

e Storia dell’Architettura”, 15, 1999. In precedenza, G. Baldini, Un ignoto manoscritto d’architettura militare autografo di Galeazzo Alessi, in “Mittei-lungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, 25, 1981, 2, pp. 253-278.

(10) Il riferimento costante è al Castriotto anche se il trattato è firmato da Jacopo Fusti Castriotto e Girolamo Maggi, J. Fusti Castriotto e G. Maggi, Della fortificatione delle Città…, appresso Rutilio Borgominiero, Venezia 1564. Il manoscritto consta di 79 più 4 fogli di carta bianca che misurano 140 per 207 millimetri, scritte e disegni sono omogenei ed entrambi eseguiti con inchiostro seppia. Pochissimi hanno una filigrana (il che fa pensare appunto a fogli grandi ritagliati a strisce, legati in gruppi di sei di 140 per 414 millimetri ripiegati e cuciti al centro con filo di cotone, quasi un taccuino tascabile) con scala in uno scudo lobato con qualche analogia con due delle filigrane schedate da Briquet ai numeri 5930 e 5931 che hanno come date più recenti rispettivamente Lucca 1560 e Loreto 1564.

(11) A. Spiriti, Luca Cambiaso e la pittura milanese di pieno Cinquecento e di primo Seicento: problemi e ipotesi, in L. Magnani e G. Rossigni (a cura di), La maniera di Luca Cambiaso, confronti, spazio decorativo, tecniche, Sangiorgio, Genova 2008 (Atti del convegno di studi, Genova 29-30 giugno 2007), p. 178.

(12) Oltre ai saggi nel convegno del 1974 si rimanda alle mie schede su palazzo Marino nel catalogo della mostra Omaggio a Tiziano. Milano nell’età di Carlo V, Omaggio a Tiziano. La cultura artistica milanese nell’età di Carlo V, Electa, Milano 1977 (Catalogo della mostra, Milano 27 aprile-20 luglio 1977), e successivamente a N. A. Houghton Brown, The milanese Architecture of Galeazzo Alessi, Columbia University, University Microfilms International, Ann Arbor 1980,I, cap. 2 e pp. 244-252. Per la doppia assialità cfr. E. Robbiani, Un’opera milanese di Galeazzo Alessi: Palazzo Marino, in “Quaderni dell’Istituto di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti”, 2, 1969, pp. 151-180.

(13) Su Seregni si rimanda ai contributi di Francesco Repishti, F. Repishti, La residenza milanese di Pio IV. Il Palazzo Medici in Via Brera, in “Annali di architettura”, 12, 2000, pp. 75-90.

(14) Cfr. N. A. Houghton Brown, The milanese architecture… cit., I, pp. 454, 456; ma si rimanda anche a ivi, I, cap. IV e ivi, II, pp. 414-512.

(15) Cfr. E. Parma, Perin del Vaga. L’anello man-cante, Sagep, Genova 1997, pp. 179-182 (figg. 215-216).

(16) Per l’illustrazione del progetto di Alessi per il Sacro Monte si rimanda a G. Alessi, Libro dei Misteri. Progetto di pianificazione urbanistica, ar-chitettonica e figurativa del Sacro Monte di Varallo in Valsesia (1565 – 1569), edizione anastatica con prefazione di A. M. Brizio e commento critico di S. Stefani Perrone, Forni, Bologna 1974. Il Libro dei Misteri è conservato a Varallo Sesia presso la Biblioteca Civica “Farinone Centa”, mentre i disegni esecutivi e quello della grande porta sono conservati presso la sezione locale dell’Archivio di Stato.

(17) Cfr. P. Galloni, Sacro Monte di Varallo: origi-ne e svolgimento delle opere d’arte, Tipografia G. Zanfa, Varallo 1914, cap. II.

(18) I. Balestreri, M. Meriggi (a cura di), L’architet-tura del Sacro Monte. Storia e progetto, Libraccio Editore, Milano 2012, con bibliografia ivi citata fra cui si ricordano i fondamentali contributi portati alla storia del Sacro Monte da Guido Gentile, Pier Giorgio Longo ed Elena De Filippis.

LE OPERE UMBRE DI GALEAZZO ALESSI

1 loggia anteriore del palazzo dei Priori a Perugia (1545-1547; 43°6’39.73”N, 12°23’18.51”E)2 ex chiesa di Sant’Angelo della Pace a Perugia (1545-1548; 43°6’50.00”N, 12°23’25.91”E)3 ponte sul Chiascio a Bastia Umbra (1546-1577; 43°4’31.14”N, 12°32’57.56”E)4 sistemazione urbanistica di via Nuova a Perugia (1547; 43°6’39.01”N, 12°23’20.43”E)5 ex chiesa di Santa Maria del Popolo a Perugia (1547; 43°6’38.87”N, 12°23’19.93”E)6 monastero di Santa Caterina a Perugia (1548; 43°7’5.93”N, 12°23’12.27”E)7 palazzo della Corgna a Città della Pieve (1551-1555; 42°57’9.77”N, 12°0’14.07”E)8 fonte Marcella ad Assisi (1556; 43°4’19.53”N, 12°36’38.12”E)9 chiostro in via Cartolari a Perugia (1556; 43°6’42.79”N, 12°23’29.84”E)10 cappella del Santissimo Sacramento nel duomo di San Lorenzo a Perugia (1557; 43°6’45.47”N, 12°23’20.40”E)11 ex abbazia dei Sette Frati a Pietrafitta (1560-1570; 42°59’22.33”N, 12°12’16.84”E)12 palazzo della Corgna a Castiglion del Lago (1563-1571; 43°7’38.46”N, 12°3’14.07”E)13 chiesa collegiata di Santa Maria della Reggia a Umbertide (1565; 43°18’21.45”N, 12°19’43.10”E)14 palazzo Grande a Corciano (1565; 43°7’25.14”N, 12°17’0.19”E)15 portale del Leone a Perugia (1567; 43°6’41.32”N, 12°24’20.73”E)16 basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi (1568; 43°3’28.38”N, 12°34’48.20”E)17 portale del lato meridionale del duomo di San Lorenzo a Perugia (1568; 43°6’44.33”N, 12°23’20.45”E)18 giardino del castello di Pieve del Vescovo a Corciano (1569-1572; 43°8’33.14”N, 12°17’12.73”E)19 fonte Oliviera ad Assisi (1570; 43°4’20.27”N, 12°36’39.79”E)20 chiostro delle Stelle dell’abbazia di San Pietro a Perugia (1571; 43°6’6.29”N, 12°23’42.00”E)21 ridisegno degli interni del duomo di San Rufino ad Assisi (1571; 43°4’13.91”N; 12°37’3.36”E)22 villa del Colle del Cardinale a Corciano (1575; 43°10’44.70”N, 12°18’28.77”E)23 palazzo Ludovicus Golius a Perugia (XVI secolo; 43°6’47.31”N, 12°23’26.72”E)24 portale di villa Faina ai Murelli a Perugia (XVI secolo; 43°5’21.44”N, 12°23’54.31”E)25 campanile della chiesa di Santa Maria Nuova a Perugia (ante 1644; 43°6’49.38”N; 12°23’33.31”E)