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OLIMPIADI DEI SAPERI POSITIVI 19/01/2021 La Campania felix nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio Nicoletta Rozza. Università degli Studi di Napoli Federico II. Dipartimento di Studi Umanistici.

La Campania felix e le attività agricole nella Naturalis

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OLIMPIADI DEI SAPERI POSITIVI

19/01/2021

La Campania felix nella Naturalis Historia di Plinio il

VecchioNicoletta Rozza. Università degli Studi di Napoli

Federico II. Dipartimento di Studi Umanistici.

Macrobio, Saturnalia III 19, 2-4• His praemissis malorum enumeranda sunt genera, quae

Cloatius in Ordinatorum Graecorum libro quarto ita diligenter enumerat: «Sunt autem genera malorum: Amerinum cotonium citreum coccymelum conditivumἐπιμηλὶς musteum Mattianum orbiculatum ogratianumpraecox pannuceum Punicum Persicum Quirianumprosivum rubrum Scaudianum silvestre struthiumScantianum tibur Verianum».

• Vides Persicum a Cloatio inter mala numeratum, quodnomen originis suae tenuit, licet iam dudum nostri soli germen sit. Quod autem ait idem Cloatius citreum, et ipsum Persicum malum est secundum Virgilium: «Felicismali quo non praestantius ullum et reliqua».

• Et ut nemo dubitet haec de citreo dixisse Virgilium, accipite quae Oppius in libro de silvestribus arboribusdicat: «Citrea item malus et Persica: altera generatur in Italia, et in Media altera». Et paulo post de citreo loquensait: «Est autem odoratissimum: ex quo interiectum vesti tineas necat. Fertur etiam venenis contrarium, quodtritum cum vino purgatione virium suarum bibentesservat. Generantur autem in Perside omni tempore mala citrea: alia enim praecarpuntur, alia interim maturescunt».

• Fatta questa premessa, restano da enumerare i vari generi di pomi, di cui Cloazio nel libro IV delle Trattatazioni ordinate di termini greci dà questo elenco accurato: «Questi sono i vari tipi di pomi: la mela di Ameria, la mela cotogna, il cedro, la susina, la mela da conservare, la nespola, la mela dolce, la mela di Mattio, la mela rotonda, la mela ograziana, la mela precoce, la mela grinzosa, il pomo cartaginese ovvero melagrana, il pomo persico ovvero pesca, la mela Quiriana, la mela prosiva, la mela rossa, la mela di Scaudio, la mela selvatica, la cotogna profumata, la mela di Scanzia, la mela bitorzoluta, il pomo Veriano».

• Come vedi, la «persica» o pesca è da Cloazio elencata tra i pomi, e il suo nome denuncia l’origine persiana, per quanto già da tempo germogli nei nostri terreni. Il tipo che il medesimo Cloazio chiama cedro, è pure esso un pomo di origine persiana, secondo Virgilio: «del pomo salutare a cui nessuno è superiore».

• E benché nessuno metta in dubbio che con queste parole Virgilio intendeva alludere al cedro, ecco quanto dice Oppio nel suo libro su Gli alberi dei boschi: «Parimenti il cedro e il pesco: l’uno cresce in Italia, l’altro in Media»; e poco oltre, parlando del cedro: «è molto profumato; per cui, messo tra la stoffa, uccide le tarme. È ritenuto anche un antidoto contro i veleni: mescolato con il vino salva chi lo beve per il suo effetto purgativo. In Persia i cedri nascono in ogni stagione: mentre una parte viene raccolta, l’altra sta maturando.

Virgilio, Georgiche II 126-135

Media fert tristes sucos tardumque saporem

felicis mali, quo non praesentius ullum,

pocula siquando saevae infecere novercae,

miscueruntque herbas et non innoxia verba,

auxilium venit, ac membris agit atra venena.

Ipsa ingens arbos faciemque simillima lauro;

et, si non alium late iactaret odorem,

laurus erat; folia haud ullis labentia ventis;

flos ad prima tenax; animas et olentia Medi

ora fovent illo et senibus medicantur anhelis.

La Media produce i succhi aciduli e il sapore persistente del cedro, frutto così efficace da soccorrerti scacciando dal corpo il veleno micidiale, se una matrigna senza cuore ti infetta le bevande mescolando erbe e formule magiche. L’albero è gigantesco, molto simile all’alloro, che, se non emanasse da lontano un profumo diverso, lo diresti tale; le sue foglie non cadono a vento che sia e il fiore resiste ogni oltre limite: i Medi lo usarono contro l’alito cattivo e per curare gli affanni dei vecchi.

Cedro del Libano

Plinio il Vecchio

• Naturalis Historia XII 7, 14-16

Peregrinae et cerasi Persicaeque et omnes quarumGraeca nomina aut aliena, sed quae ex iis incolarumnumero esse coepere, dicentur inter frugiferas. In praesentia externas persequemur a salutari maximeorsi. Malus Assyria, quam alii Medicam vocant, venenis medetur. Folium eius est unedonisintercurrentibus spinis. Pomum ipsum alias non manditur, odore praecellit foliorum quoque, qui transit in vestes una conditus arcetque animaliumnoxia. Arbor ipsa omnibus horis pomifera est, aliiscadentibus, aliis maturescentibus, aliis vero subnascentibus. Temptavere gentes transferre ad sese propter remedii praestantiam fictilibus in vasis, dato per cavernas radicibus spiramento, qualiteromnia transitura longius seri aptissime transferriquememinisse conveniet, ut semel quaeque dicantur. Sednisi apud Medos et in Perside nasci noluit. Haec est cuius grana Parthorum proceres incoquere diximusesculentis commendandi halitus gratia. Nec alia arborlaudatur in Medis.

Provengono da altre terre anche i ciliegi, i peschi e tutti quegli alberi che hanno nomi greci o esotici: ma quelli che ormai si annoverano tra gli autoctoni saranno trattati nel libro degli alberi da frutta. Adesso passeremo in rassegna gli alberi esotici iniziando dal più benefico. Il melo d’Assiria, detto altrimenti il melo di Media, ha l’effetto di antidoto contro i veleni. Le sue foglie sono quelle del corbezzolo e ad esse si interpongono delle spine. Il suo frutto non si mangia, ma questa specie si distingue anche per l’odore delle foglie: se si ripongono insieme ai vestiti, l’odore si trasmette a questi e li preserva dai danni degli insetti. L’albero da parte sua produce frutti in tutte le stagioni: quando alcune cadono, ve ne sono altre in via di maturazione e altre ancora che cominciano a formarsi. Alcuni popoli tentarono di trapiantarlo nel proprio territorio per le sue proprietà medicinali, trasportandolo in vasi di terracotta nei quali avevano praticato dei fori per far respirare le radici (un procedimento, questo, che sarà opportuno ricordare – ne parlo ora una volta per tutte – quale il più adatto per i trasferimenti e i trapianti di qualsiasi specie vegetale a grande distanza). Ma si è riprodotto solo in Media e in Persia. È questo l’albero i cui semi, come abbiamo detto, i nobili Parti facevano cuocere insieme ai cibi per profumarsi l’alito. Nessun altro albero degno di menzione cresce in Media.

Plinio il VecchioNaturalis Historia XV 14, 47

Malorum plura sunt genera. De citreis cum sua arbore diximus, Medica autem Graeci vocantpatriae nomine.

Esistono molte varietà di pomi. Dei cedri abbiamo parlato descrivendo l’albero relativo; i Greci li chiamano pomi della Media dal nome della loro terra d’origine.

Plinio il Vecchio

• Naturalis Historia XVII 11, 64

Citrea grano et propagine

• Naturalis Historia XVI 59, 135

Fastidit balsamum alibi nasci, nata Assyria malus alibi ferre, necnon et palma ubique nasci aut nata parere vel, cum promisitetiam ostenditque, educare, tamquam invita pepererit. Non habet vires frutex cinnami in Syriae vicina perveniendi. Non ferunt amomi nardique deliciae, ne in Arabia quidem, ex India et nave peregrinari; temptavit enim Seleucus rex.

• Naturalis Historia XXIII 56, 105

Citrea contra venenum in vino bibuntur vel ipsa vel semen. Faciunt oris suavitatem decocto eorum colluti aut suco expresso. Horum semen edendum praecipiunt in malacia praegnatibus, ipsa vero contra infirmitatem stomachi, sed non nisi ex aceto facile manduntur.

• N.H. XVII 11, 64

Il cedro si produce dal seme o per propagginazione

• N.H. XVII 59, 135

Il balsamo non tollera di nascere in una terra che non sia quella d’origine, il cedro, qualora vi nasca, non produce frutti; la palma si rifiuta di nascere in una zona qualsiasi o, se vi cresce, di fare frutti; oppure, se li fa spuntare o addirittura vedere al loro inizio, non li sviluppa, come se fosse stata forzata a produrli. L’arbusto del cinnamo non ha forza sufficiente per giungere a diffondersi nelle regioni contigue alla Siria; l’amomo e il nardo, che ci danno prodotti squisiti, non sopportano di vivere in un ambiente straniero, neppure in Arabia, sia pure portati dall’India per nave; il re Seleuco, infatti, fece vanamente questo tentativo.

• N.H. XXIII 56, 105

Il cedro, frutto o seme, si beve nel vino come antidoto; il suo decotto, o il succo ottenuto dalla spremitura, usati come collutorio, rendono l’alito gradevole. Il seme viene dato da mangiare alle donne incinte che soffrono di nausee, il frutto nel caso di debolezza di stomaco; ma non li si mangia facilmente senza l’aceto.

Pompei, Casa del frutteto

Marziale XIII 37

• Mala citrea

Aut Corcyraei sunt haec de frondibus horti,

Aut haec Massyli poma draconis erant.

I cedri

O vengono da Corfù, dagli alberi del giardino (di Alcinoo),

O sono le mele (delle Esperidi) sorvegliate dal drago africano

Marziale VIII 14

Pallida ne Cilicum timeant pomaria brumam

Mordeat et tenerum fortior aura nemus,

Hibernis obiecta notis specularia puros

Admittunt soles et sine faece diem.

At mihi cella datur, non tota clusa fenestra,

In qua nec Boreas ipse manere velit.

Sic habitare iubes veterem crudelis amicum?

Arboris ergo tuae tutior hospes ero.

Vetri opposti ai venti invernali lasciano passare i raggi incontaminati del sole e la pura luce del giorno, affinché i pallidi frutteti importati dalla Cilicia non temano la brina e le correnti d’aria troppo violente non devastino le delicate piantagioni. Ma a me viene assegnata una stanzetta angusta, con finestre semiaperte, nella quale non vorrebbe abitare neanche Borea in persona. Così tu, crudele, obblighi a stare un vecchio amico? A queste condizioni sarò più al sicuro come ospite del tuo albero.

Petronio, Satyricon XXXVIII 1

• Nec est quod putes illumquicquam emere. Omnia domi nascuntur: lana, cedrae, piper, lacte gallinaceum si quesieris, invenies.

• Né vi è qualche cosa che puoi credere che quello acquisti da fuori. Tutto è prodotto in casa sua: la lana, i cedri, il pepe, puoi trovare persino il latte di gallina, se lo chiedi.

Plinio, Naturalis Historia III 6, 40

• Qualiter Campaniae ora per se felixque illa ac beata amoenitas, ut palam sit uno in loco gaudentis opus esse naturae?

• Come parlare, anche solo della costa campana, e di quella sua amenità fiorente e splendida, che mostra come la potenza creatrice della natura in un momento di grazia si sia concentrata in un solo luogo?

Plinio, Naturalis Historia III 6, 42

• Neque ingenia ritusque ac viroset lingua manuque superatascommemoro gentes. Ipsi de ea iudicavere Grai, genus in gloriamsui effusissimum, quotampartem ex ea appellando Greciam Magnam!

• E taccio il carattere e i costumi dei suoi abitanti, e gli eroi, e i popoli conquistati con la sua lingua e il suo valore. Giudicarono bene su di essa persino i Greci, popolo sempre pronto a magnificare se stesso, i quali chiamarono Magna Grecia una parte dell’Italia!

Plinio, Naturalis Historia III 9, 60

• Hinc felix illa Campania, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnes terras incluto atque, ut veteres dixere, summum Liberi Patris cum Cerere certamen.

• Da qui comincia la celebre Campania Felice; da questo punto hanno inizio i colli pieni di viti e l’ubriachezza nobilitata da un succo famoso nel mondo intero e, come dissero gli antichi, comincia qui l’estrema lotta di Libero Padre con Cerere.

Plinio, Naturalis Historia XIV 18, 98

• Itaque non miror innumerabiliapaene genera ficticii reperta multisante saeculis, quae nunc dicemus, omnia ad medicinae usumpertinentia. Omphacium quo modo fieret, propter unguenta diximuspriore libro. Fit e labrusca, hoc est vite silvestri, quod vocaturoenanthium, floris eius libris duabus in musti cado maceratis. Post dies XXX utuntur.

• Non mi meraviglio dunque che già da molti secoli siano state inventate qualità pressoché innumerevoli di vino artificiale, delle quali vengo subito a parlare, tutte pertinenti all’uso medico. Del procedimento con cui si ottiene l’agresto ho già detto, parlando dei profumi, in un libro precedente. Dalla lambrusca, cioè dalla vite selvatica, si ottiene il cosiddetto enantino, facendo macerare in un cado di mosto due libbre del suo fiore: il tutto si può usare dopo 30 giorni.

Plinio, Naturalis Historia XIV 4, 21

• Principatus datur Aminneisfirmitatem propter senioqueproficientem vini eius utiquevitam. Quinque earum genera.

• Il primo posto è assegnato alle viti aminnee per la robustezza del loro vino, che prende corpo sempre di più con l’invecchiamento. Ne esistono cinque varietà.

Plinio, Naturalis Historia XIV 4, 34-35

• La spionia, che alcuni chiamano spinea, sopporta il calore e cresce con le pioggeautunnali; anzi, è la sola ad essere rinvigorita con la nebbia, fatto per cui è tipicadell’agro Ravennate. La venuncola, specie tra quelle che meglio fioriscono e il cuivino è più adatto ad essere conservato nelle giare, è chiamato dai Campanipreferibilmente sorcola, a Terracina numisiana: priva di qualità caratteristiche, lasua resa dipende interamente dalla qualità del terreno; il suo vino, chiuso inanfore, nella zona di Sorrento, fino al Vesuvio, è tuttavia robustissimo. Là, infatti,domina la murgentina, proveniente dalla Sicilia, chiamata da alcuni pompeiana,feconda soprattutto in terreni pingui, così come l’orconia, che lo è soltanto inCampania. Al contrario l’arcearca, che Virgilio chiama argite, rendespontaneamente il suolo più fertile ed è resistentissima alla pioggia e aldeterioramento, anche se dà un vino che dura a stento un anno e dell’uva datavola di modesta qualità; ma è eccezionalmente feconda. La mettica regge ancheper anni, resistentissima alle influenze di qualsiasi astro; di acino scuro, dà unvino che ingiallisce con l’invecchiamento.

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 62

• Secunda nobilitas Falerno agro erat et ex eo maxime Faustiniano; cura culturaqueid collegerat; exolescit haec quoquecopiae potius quam bonitati studentium. Falernus ager a ponte Campano laevapetentibus Urbanam coloniam Sullanamnuper Capuae contributam incipit, Faustinianus circiter IV milia passuum a vico Caedicio, qui vicus a Sinuessa VI milia passuum abest. Nec ulli nunc vino maiorauctoritas; solo vinorum flammaaccenditur.

• Veniva al secondo posto, come rinomanza, il territorio di Falerno e all’interno di esso soprattutto il Faustiniano: questo risultato era stato conseguito grazie ad una coltivazione scrupolosa; ma anch’essa è in fase di regresso da quando è in mano a gente che bada più alla quantità che alla qualità. Il territorio del Falerno comincia dal Ponte Campano sulla sinistra in direzione di Urbana, colonia fondata da Silla e recentemente annessa a Capua; il podere Faustiniano si trova a circa 4 miglia da Cedicio, villaggio a 6 miglia da Sinuessa. Nessun vino ha oggi maggior prestigio: è l’unico infiammabile.

Plinio, Naturalis Historia XIV 3, 18

• Iam inventa vitis per se in vino picem resipiens, Viennensemagrum nobilitans Taburno Sotanoque et Helvico generibus, non pridem haec inlustrataatque Vergili vatis aetateincognita, a cuius obitu XC aguntur anni.

• Si conosce attualmente un tipo di vite il cui vino ha, per natura, un gusto di pece e che, con le sue varietà denominate taburnica, sotanica ed elvica, nobilita l’agro viennese; nota non da molto, era sconosciuta all’epoca di Virgilio, poeta dalla cui morte corrono novant’anni.

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 62

• Secunda nobilitas Falerno agro erat et ex eo maxime Faustiniano; cura culturaqueid collegerat; exolescit haec quoquecopiae potius quam bonitati studentium. Falernus ager a ponte Campano laevapetentibus Urbanam coloniam Sullanamnuper Capuae contributam incipit, Faustinianus circiter IV milia passuum a vico Caedicio, qui vicus a Sinuessa VI milia passuum abest. Nec ulli nunc vino maiorauctoritas; solo vinorum flammaaccenditur.

• Veniva al secondo posto, come rinomanza, il territorio di Falerno e all’interno di esso soprattutto il Faustiniano: questo risultato era stato conseguito grazie ad una coltivazione scrupolosa; ma anch’essa è in fase di regresso da quando è in mano a gente che bada più alla quantità che alla qualità. Il territorio del Falerno comincia dal Ponte Campano sulla sinistra in direzione di Urbana, colonia fondata da Silla e recentemente annessa a Capua; il podere Faustiniano si trova a circa 4 miglia da Cedicio, villaggio a 6 miglia da Sinuessa. Nessun vino ha oggi maggior prestigio: è l’unico infiammabile.

Plinio, Naturalis Historia XIV 17, 97

• Quid? Non et Caesar dictatortriumphi sui cena vini Falerniamphoras, Chii cados in convivia distribuit?

• Ma come? Forse anche il dittatore Cesare, in occasione del banchetto offerto per il suo trionfo non fece distribuire ad ogni gruppo di convitati anfore di Falerno e orci di Chio?

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 65

• Nam Falerno contermina Statana ad principatum venere non dubiepalamque facere sua quibusque terristempora esse, suos rerum proventusoccasusque. Iuncta iis praeponisolebant Calena et quae in vineisarbustisque nascuntur Fundana et alia ex vicinis urbis, Veliterna, Privernatia. Nam quod Signiae nascitur, austeritatenimia continendae utile alvo, inter medicamina numeratur.

• Infatti i vini dello Statano, confinanti col Falerno, hanno raggiunto un indiscutibile primo posto, dimostrando anche con evidenza che ogni terreno ha il suo momento propizio, la sua ascesa e il suo declino. Gli si anteponeva di solito il vino di Cales, prodotto in terreni contigui, quello di Fondi proveniente da vigne arbustive e non, ed altri vini delle parti di Roma, cioè quello di Velletri e di Priverno. Quanto poi al vino prodotto a Segni, per la sua asprezza eccessiva, che è utile ad astringere l’intestino, si può annoverare tra le medicine.

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 61

• Antea Caecubo erat generositasceleberrima in palustribuspopuletis sinu Amynclano, quodiam intercidit incuria coloni locique angustia, magis tamenfossa Neronis, quam a Baiano lacu Ostiam usque navigabilemincohaverat.

• In antico grandissima rinomanza per la sua qualità aveva il vino del Cecubo, proveniente dai pioppeti palustri del golfo di Amincle e ormai scomparso per l’incuria dei produttori e la ristrettezza del podere, ma forse più ancora a causa del canale navigabile che dal lago di Baia arriva fino ad Ostia, fatto iniziare da Nerone.

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 62

• Secunda nobilitas Falerno agro erat et ex eo maximeFaustiniano; cura culturaque id collegerat; exolescit haecquoque copiae potius quambonitati studentium.

• Veniva al secondo posto, come rinomanza, il territorio di Falerno e all’interno di esso soprattutto il Faustiniano: questo risultato era stato conseguito grazie ad una coltivazione scrupolosa; ma anch’essa è in fase di regresso da quando è in mano a gente che bada più alla quantità che alla qualità.

Plinio, Naturalis Historia XIV 8, 60

• Iulia Augusta LXXXVI annos vitae Pucino vino rettulit acceptos, non alio usa. Gignitur in sinu Hadriatici marisnon procul Timavo fonte saxoso colle, maritimo adflatu paucas coquenteamphoras; nec aliud aptiusmedicamentis iudicatur. Hoc esse crediderim quod Graeci celebrantesmiris laudibus Praetetianumappellaverint ex Hadriatico sinu.

• Giulia Augusta attribuiva il fatto di aver raggiunto gli 86 anni d’età al vino Pucino, l’unico che avesse mai bevuto. Proviene da un golfo dell’Adriatico, che si trova non lontano dalla sorgente del Timavo, da una collina sassosa dove la brezza marina porta a maturazione una quantità d’uva che dà vino per poche anfore; nessun altro è considerato più adatto per uso medicinale. Propenderei a credere che proprio questo fosse il vino che i Greci hanno esaltato con lodi eccezionali e indicato col nome di Preteziano, proveniente dal mare Adriatico.

Plinio, Naturalis Historia XVII 36, 213

• Alia culpa iuxta urbem Aricinis, quae alternis putantur annis, non quia id viti conducat, sedquia vilitate reditum inpendiaexuperent.

• Un ulteriore errore è commesso vicino a Roma, nei riguardi delle viti di Ariccia, che vengono potate ad anni alterni, non perché questo giovi alle viti, ma perché, a causa del basso prezzo del vino, le spese supererebbero la rendita.

Seneca, Naturales Quaestiones VI 1, 1-3

• Pompeios, celebrem Campaniae urbem, in quam ab altera parteSurrentinum Stabianumque litus, ab altera Herculanense conveniunt etmare ex aperto reductum amoeno sinu cingunt, consedisse terrae motu,vexatis quaecumque adiacebant regionibus, Lucili, virorum optime,audivimus, et quidem hibernis diebus, quos vacare a tali periculo maioresnostri solebant promittere. Nonis Februariis hic fuit motus Regulo etVerginio consulibus, qui Campaniam, numquam securam huius mali,indemnem tamen et totam defunctam metu, magna strage vastavit. Namet Herculanensis oppidi pars ruit dubieque stant etiam quae relicta sunt, etNucerinorum colonia, ut sine clade, ita non sine querela est. Neapolisquoque privatim multa, publice nihil amisit levitor ingenti malo prestricta;villae vero prorutae, passim sine iniuria tremevere. Adiciuntur his illa:sexcentarum ovium gregem exanimatum et divisas statuas, motae post hocmentis aliquos atque impotentes sui errasse. […]

Plinio, Naturalis Historia IX 78, 167

• Poco tempo fa abbiamo appreso un esempio memorabile di longevità dei pesci. Posillipo è una zona della Campania, non lontano da Napoli; Anneo Seneca scrive che là, nelle vasche di Cesare, un pesce gettatovi da Vedio Pollione morì dopo il sessantesimo anno di età, mentre due altri suoi coetanei, della stessa specie, erano ancora vivi. Questa menzione delle vasche ci spinge a parlare un po’ più diffusamente di questa cosa prima di lasciare la trattazione degli animali acquatici.

Plinio, Naturalis Historia IX 79, 168

• Ostrearum vivaria primus omnium Sergius Orata invenit in Baiano aetateL. Crassi oratoris ante Marsicumbellum, nec gulae causa, sed avaritiae, magna vectigalia tali ex ingenio suo percipiens, ut qui primus pensilesinvenerit balineas, ita mangonicatasvillas subinde vendendo. Is primusoptimum saporem ostreis Lucrinisadiuvicavit, quando eadem aquatiliumgenera aliubi atque aliubi meliora…

• Primo tra tutti Sergio Orata inventò i vivai di ostriche, nella sua villa di Baia, al tempo dell’oratore Lucio Crasso, prima della guerra contro i Marsi: e non per gola, ma per avidità, in quanto percepiva grandi rendite dalla sua naturale predisposizione ad inventare. Per esempio fu quello che per primo inventò i bagni sospesi: con essi allestiva le ville e subito dopo le vendeva. Egli per primo attribuì un ottimo sapore alle ostriche del lago Lucrino, dal momento che le medesime specie di animali acquatici sono migliori ora da una parte ora dall’altra…

Plinio, Naturalis Historia IX 79, 169

• Nondum Britannica serviebantlitora, cum Orata Lucrinanobilitabat. Postea visum tanti in extremam Italiam petereBrundisium ostreas, ac, ne lisesset inter duos sapores, nuperexcogitatum famen longaeadvectionis a Brundusioconpascere in Lucrino.

• Le coste della Britannia non erano ancora asservite quando Orata rendeva famose le ostriche del lago Lucrino. Poi sembrò cosa importante cercare le ostriche all’estremità dell’Italia, a Brindisi, e, perché, non sorgesse rivalità tra i due sapori, si è escogitato poco tempo fa di saziare la loro fame – per il lungo viaggio di trasporto da Brindisi – nel lago Lucrino.

Cassiodoro, Variae IX 6, 3-4

• Deinde inmissum Averno stagneummare, ubi ad voluptatem hominumvita regitur ostreorum, industriaquemortalium fieri, ut res alibi fortuita ibisemper appareat copiosa […] dextralevaque greges piscium ludunt. Claudantur alibi industriosis parietibuscopiosae deliciae: captivi teneanturaquatiles greges: hic ubique sub libertate vivaria sunt. Adde quod tamamoena est suscepta piscatio, ut ante epulosum convivium intuentiumpascat aspectum.

• Più oltre vi è una vasca di metallo riempita con acqua di mare e immersa nell’Averno, dove si allevano ostriche per il piacere degli uomini, e per lo zelo degli individui accade che lì sempre vi sia abbondanza di ciò che altrove appare casuale […] a destra e a sinistra giocano schiere di pesci. Racchiuse tra ingegnose pareti vi sono abbondanti delizie: qui e lì i pesci vivono in libertà. Aggiungi che vi si può praticare una tanto piacevole pesca, da riempire la vista dei convitati prima ancora dei ricchi banchetti.

Plinio, Naturalis Historia IX 80, 170

• Eadem aetate prior Licinius Murena reliquorum piscium vivaria invenit, cuius deinde exemplum nobilitassecuta est Philippi, Hortensi. Lucullus exciso etiam monte iuxtaNeapolim maiore inpendio quamvillam exaedificaverat eripium et maria admisit, qua de causa Magnus Pompeius Xerxen togatumeum appellabat.

• Nello stesso periodo Licinio Murena, ancor prima di Orata, inventò dei vivai per tutti gli altri tipi di pesci. Seguì quindi il suo esempio gente illustre: Filippo e Ortalo. Lucullo, tagliata anche una montagna vicino a Napoli con una spesa maggiore di quella con cui aveva costruito la sua villa, aprì un canale che si congiungeva al mare, motivo per il quale Pompeo Magno lo chiamava Serse togato.

Plinio, Naturalis Historia IX 81, 171

• Murenarum vivarium privatim excogitavitante alios Caius Hirrius, qui cenistriumphalibus Caesaris dictatoris sex milia numero murenarum mutua appendit. Nampermutare quidem pretio noluit aliave merce. Huius villam infra quam modicam 4 milia milium (sestertiis) piscinae vendiderunt. Invasit dein singulorum piscium amor. ApudBaulos in parte Baiana piscina habuitHortensius orator, in qua murenam adeodilexit, ut exanimatam flesse credatur. In eadem villa Antonia Drusi murenae, quamdiligebat, inaures addidit, cuius propterfamam nonnulli Baulos videre concupiverunt.

• Prima degli altri escogitò un vivaio riservato alle murene Gaio Irrio, il quale, per le cene trionfali del dittatore Cesare, gli prestò, peso su peso, seimila murene. Egli infatti non volle, per la verità, scambiarle con denaro o con qualche altra merce. Per queste piscine, la villa di costui, meno che modesta, fu venduta al prezzo di 4 000 000 di sesterzi. Quindi si diffuse la passione per singoli pesci. Presso Bauli, nella parte verso Baia, ebbe una piscina l’oratore Ortensio: in essa teneva una murena amata da lui a tal punto che si crede abbia pianto per lei quando morì. Nella medesima villa, Antonia, moglie di Druso, mise degli orecchini a una murena alla quale era affezionata: per la fama che ebbe questa cosa parecchi desiderarono visitare Bauli.

La crisommola

Plinio, Naturalis Historia XV 10, 37-38

• His proxima amplitudine mala quaevocamus cotonea et Graececydonea, e Crete insula advecta. Incurvatos trahunt ramosprohibentque crescere parentem. Plura eorum genera: chrysomelaincisuris distincta, colore ad auruminclinato, qui candidior nostratiacognominat, odorispraestantissimi. Est et Neapolitanissuus honos.

• I frutti più vicini alle pigne per dimensione sono le cosiddette mele cotogne, chiamate anche, alla greca, cidonie, importate dall’isola di Creta. Incurvano e trascinano in basso i rami, impedendo all’albero genitore di crescere. Ce ne sono di molte specie: i crysomela, segnati da striature, di un colore cangiante verso l’oro, una cui variazione più chiara dà il nome alla specie di cotogne nostrane, di profumo eccellente. Anche le mele cotogne di Napoli sono pregiate.

Plinio, Naturalis Historia XV 18, 60

• Cotoneis in concluso spiramentum omne adimendumaut incoqui melle ea mergiveoportere.

• Le cotogne devono essere tenute in luoghi chiusi, che non abbiano spiragli da cui l’aria possa formare corrente, oppure vanno fatte cuocere col miele o vi vanno immerse.

Plinio, Naturalis Historia XIII 2, 11

• E malis quoque cotoneis et strutheis fit oleum, ut dicemus, melinum, quod in unguenta transit admixtis omphacio, cyprino, sesamino, balsamo, iunco, casia, habrotono.

• Anche dalla mela cotogna e dagli struthia si ricava, come diremo, un olio, il melino, che diventa un profumo se si aggiungono agresto, olio di henna, olio di sesamo, balsamo, giunco profumato, cannella, abrotano.

Plinio, Naturalis Historia XIX 28, 92

• Alio rursus modo cotoneis malisvel sorbis aut prunis, aliquandopipere aut thymo variata defectus praecipue stomachi excitat, inlustrata maxime IuliaeAugustae cotidiano cibo.

• Un altro procedimento ancora è quello di preparare l’elenio con mele cotogne, o sorbe, o prugne; talvolta, insaporito con pepe o timo è un ottimo rimedio per gli stomachi deboli: l’ha reso famoso soprattutto Giulia Augusta, che ne mangiava tutti i giorni.

Plinio, Naturalis Historia XXI 92, 161

• Prodest et vulvae. Concoquitpanos cum farina hordeacia et oculorum inflammationi inliniturcotoneo malo cocto.

• I semi dell’abrotano fanno bene anche all’utero; mescolati a farina d’orzo fanno maturare i pani; mentre, applicati insieme a mela cotogna cotta, si usano in caso di infiammazioni agli occhi.

Plinio, Naturalis Historia XXII 58, 122

• Farina ex hordeo et cruda et decocta collectiones impetusquediscutit, lenit concoquitque. Decoquitur alias in mulsa aqua aut fico sicca; at iocineris doloribus, cum pus concoqui opus est, in vino; cum inter coquendumdiscutiendumque cura est, tunc in aceto melius aut in faece aceti aut cotoneis pirisve decoctis.

• La farina d’orzo, sia cruda che cotta, risolve, calma e fa maturare gli ascessi e le infiammazioni. Per altri casi la si fa cuocere nell’idromele o con fichi secchi, ma nel vino per il mal di fegato, quando è necessario provocare la suppurazione; quando non si riesce a decidere se provocare la suppurazione o la risoluzione, allora è meglio farla cuocere nell’aceto o nella feccia dell’aceto, oppure con cotogne o pere cotte.