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LA CHIESA LOCALE CELEBRA IL MISTERO EUCARISTICO PER LA SALVEZZA DEL MONDO

L'Abside di sant'Apollinare in Classe a Ravenna

Emilio Rocchi, Settore Catechesi e Arte, Ufficio Catechistico Diocesano, Bologna

Sant'Apollinare in Classe - Mosaico del catino absidale

Le Chiese del Nord Italia e dell'Emilia-Romagna in particolare, devono molto al loro Patrono Sant'Apollinare, originario di Antiochia, primo Vescovo di Ravenna, martire tra il II e III° secolo. Egli infatti fu inviato dalla Chiesa di Roma (la tradizione, cronologicamente poco rigorosa, vorrebbe da San Pietro stesso) ad evangelizzare il territorio ravennate, che era sede del porto di Classe, la più importante base navale della flotta imperiale romana nel Mediterraneo centrale, fondata da Ottaviano Augusto. Nella zona litoranea cimiteriale a sud del porto, trovò sepoltura il martire Apollinare e sulla Sua tomba, come era costume nei primi secoli dell'era cristiana, sorse verosimilmente un edificio di culto. Quando le sorti della sanguinosa guerra tra gli Ostrogoti (ariani) di Teoderico, occupanti Ravenna, e i Bizantini dell'imperatore Giustiniano, volsero a favore di questi ultimi, negli anni 534-536, il Vescovo Ursicino volle edificare una grande basilica cimiteriale, consacrata dal Vescovo Agnello nel 549, e di importanza paragonabile a quella di San Pietro a Roma per affermare l'ortodossia della Chiesa di Ravenna.

Difficile pensare che questa imponente costruzione a pianta basilicale a tre navate, sostenute da 24 colonne, rivestita interamente da preziosi marmi provenienti dal mar di Marmara, e illuminata grandi finestre (insolite nell'arte pre-romanica), assolvesse soltanto la necessità di spazi per il culto, anche perchè nella stessa zona sorsero altre tre basiliche e anche più grandi. Fin dall'inizio in essa trovarono sepoltura i vescovi ravennati intorno al protovescovo Apollinare: i loro sarcofagi - ben 11 - e di straordinaria importanza iconografica, sono ancora lungo le navate laterali.

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Ma il significato principale di questa grande basilica è certamente raffigurato nel grande mosaico del catino absidale, che fortunatamente rimane insieme alla decorazione mosaicale del presbiterio. Basti pensare che la chiesa era tutta rivestita di preziosi marmi del levante e fu completamente spoliata da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel XV° secolo per costruire il Duomo Malatestiano di Rimini.

Qui si può veramente affermare che "l'iconografia liturgica è fondamentalmente ritrascrizione biblica d'arte" (1). Ponendoci di fronte a questo grande mosaico possiamo identificare subito due zone nettamente separate: una superiore brillante d'oro ed una inferiore del tenero colore verde dei prati. Il cielo, l'Infinito, l'oro, lo sguardo di Dio (come dice Rupnik) e la terra, il verde.

Il mistero della Chiesa si colloca proprio fra queste due dimensioni entro cui è compreso tutto il nostro orizzonte ed è impersonato dal Cristo, qui simboleggiato dalla croce gloriosa, gemmata, racchiusa in un disco a sottolineare la sua dimensione eterna, ma posta proprio fra cielo e terra, come un grande anello di congiunzione.

Se osserviamo il disco attentamente vi sono delle parole e delle lettere, parte in latino e parte in greco, in quanto la società e la Chiesa di Ravenna allora rappresentavano proprio un ponte tra la cultura cristiana latina e quella greca, orientale. Queste scritte molto semplicemente spiegano il significato del tutto. In alto la parola greca "ΙΧΘΥΣ" (pesce) le cui lettere indicano "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore", ai lati del braccio orizzontale della croce "Α e ω", cioè Principio e Fine; in basso "SALUS MUNDI". Quindi possiamo leggere chiaramente che "Gesù Cristo Figlio di Dio (Salvatore), Principio e Fine (di Tutto) è la Salvezza del Mondo".

Al di sopra del disco fra nubi rosse e blu (che illuminano e adombrano al tempo stesso), il cui richiamo alla presenza di Dio come nube si trova ripetutamente nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, vi è la mano del Padre e ai due lati due figure umane vestite di bianco con le scritte Elia e Mosè. Queste figure permettono di identificare la rappresentazione mirabilmente simbolica dell'episodio evangelico della trasfigurazione (Mt 17,1-8; Mc 9,2-8; Lc 9,28-36), dove però il Signore è rappresentato come volto (un volto storico del Cristo) al centro della croce, ma è la Croce, la croce tempestata di gemme e di perle (simbolo stesso del Cristo), non più patibolo, ma segno di Vittoria e di Salvezza, che qui rappresenta il Cristo pasquale, ancor meglio che le vesti bianche. Di fianco alla Croce gloriosa una pecorella sinistra e due a destra, che simboleggiano Pietro, Giacomo e Giovanni, tratti "in disparte" e presenti al momento della trasfigurazione.

Al di sotto il Vescovo Apollinare in atteggiamento di orante. Merita molta attenzione questa figura centrale ben piantata sulla terra, ma in diretta relazione con il Cielo attraverso la Croce gloriosa. Ha i paramenti liturgici del celebrante, ha il Pallio (di lana di agnello), simbolo del vescovo Metropolita o del Papa, che li identifica come Pastori del Gregge; ha una casula tempestata di...(osservare da vicino) api! Simbolo della giustizia, ma anche della sapienza e della dolcezza della Parola, che il Pastore deve proclamare: " i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell'oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante" (Salmo 18, 10-11). Ecco allora le pecore che sono dirette verso il Pastore, il gregge dei fedeli, come gli apostoli sull'arco trionfale diretti verso il Signore. Là sembrano uscire da due città: Gerusalemme e Betlemme e tradizionalmente sono interpretati i due popoli destinatari della salvezza, il popolo degli ebrei da Gerusalemme e quello dei pagani da Betlemme. Attraverso il Sacrificio della Croce appunto, la salvezza è destinata a tutto il mondo, come recita la scritta, e infatti le stelle nel cerchio sono 99, come le pecore al sicuro della parabola lucana (Lc 15, 4-7), mentre la centesima, che completa la totalità della Salvezza, quella perduta, è sulle spalle del Pastore (di qui il pallio).

Anche l'ambiente circostante merita uno sguardo attento, sono i prati, i fiori e gli animali del litorale ravennate a simboleggiare un Giardino, il Paradiso terrestre, la Terra promessa in cui "saranno ricapitolate in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra "(Ef 1,10).

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Infatti anche se appare come un contesto del tutto naturalistico è tuttavia profondamente simbolico. Accenniamo soltanto agli alberi, piantati sulla terra, ma con le chiome proiettate nel cielo, fanno pensare all'Albero della Vita nell'Eden. Ed anche le rocce, che difficilmente potremmo trovare sul litorale ravennate, sembrano i graniti dell'Oreb e del Sinai (i monti di Elia e di Mosè) ) e i basalti (rocce scure molto ricche di sali ferrosi), che sono stati identificati proprio nella descrizione della terra promessa, che Mosè fa agli israeliti "Il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile... paese dove le pietre sono ferro » (Dt 8, 7. 9).

E' quindi un'immagine straordinariamente simbolica in cui il presente, il passato e il futuro si identificano e si inverano nella Croce gloriosa, così come il cielo e la terra sono ricongiunti dal Sacrificio della Croce, che il Vescovo Apollinare attualizza nell'Eucaristia, celebrata sull'altare sottostante, intorno ai quattro santi vescovi raffigurati nell'abside (Ecclesio, Severo, Orso e Ursicino) e insieme a tutti i vescovi della Chiesa ravennate (i loro medaglioni nella navata) per la Salvezza del Mondo.

Bibliografia

1. Crispino Valenziano. L'iconografia della trasfigurazione nei mosaici ravennati. www.artcurel.it 2. Paul Claudel, L'oeil écoute, Paris 1946, pp 228 - 231. 3. Giovanni Montanari. Mosaico, Culto, Cultura. Ed. Opera di Religione della Diocesi di Ravenna,

2000. 4. Giovanni Gardini. Percorsi di Arte e di Fede. Culto e Cultura nelle basiliche ravennati. Ciclo di

Conferenze, Maggio 2012

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LA CHIESA NASCE DALLA CROCE DI CRISTO

Il mosaico absidale della basilica di San Clemente a Roma

Emilio Rocchi, Settore Catechesi e Arte, Ufficio Catechistico Diocesano, Bologna

MOSAICO ABSIDALE DELLA BASILICA DI SAN CLEMENTE, se c. XII - ROMA

Il grandioso mosaico rappresenta la vitalità della Chiesa che riempie l’universo, essendo fondata sulla croce di Cristo, albero della vita, vite di cui noi siamo i tralci: Cfr. Catechismo Sarete Miei Testimoni (SMT) “Lo Spirito santo riempie l’universo”, p.54. La scritta alla base del mosaico spiega: “Ecclesiam Christi viti similabimus isti, quam lex arentem, sed crux facit esse virentem” :”Paragoniamo la Chiesa di Cristo a questa vite, che la legge fa disseccare, ma che la croce vivifica”. Inoltre la scritta è inframmezzata da un testo che spiega come nella croce stessa siano state incastonate alcune reliquie di santi e un frammento della vera croce.

Una lettura iconografica di questa immagine non può prescindere dalla struttura stessa del mosaico che, secondo Padre Hernandez (1), si presta in modo particolare a rappresentare la Chiesa, come disegno mirabile della Creazione e della Redenzione stessa. Per comprendere ciò bisogna partire dalla terminologia stessa della tradizione ebraica, che assimila il significato di “pietra” a quello di “figlio”, in quanto i due

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termini in lingua ebraica sono molto simili. Così quindi la Chiesa è l’immenso mosaico e la stessa Gerusalemme celeste dell’Apocalisse, costruita a partire da tante pietre quanti sono i figli di Dio. Non solo pietre, ma pietre preziose: le stesse della Gerusalemme celeste e qui come tasselli di pietre dure dorate, riccamente colorate, che riflettono la luce. Nel cristianesimo dei primi secoli è molto frequente il simbolismo della pietra preziosa o della perla come segno del cristiano, toccato dalla Grazia, che trasforma la natura fredda e opaca della pietra (o del mollusco nel caso della perla) in luce perenne (la perla appunto, o la pietra preziosa). Non solo pietre o pietre preziose nel caso del mosaico, ma “pietre scelte” – diceva Hernandez – ad indicare l’individualità di ciascun uomo e di ciascun cristiano, che contribuisce a formare il disegno mirabile della creazione e della Chiesa, come le tessere del mosaico cristiano, contribuiscono alla bellezza del disegno con la loro forma individuale ed il loro modo di riflettere la luce.

Su questa luce dorata che rappresenta il mondo divino (il giallo-oro simboleggia lo sguardo di Dio) si staglia questa “vite”, rappresentata da questa grande pianta di acanto che cresce rigogliosa dalla terra irrigata dal sangue di Cristo e di cui la croce di Cristo rappresenta il tronco.

Questa pianta su un colle, al centro di un giardino fa pensare all’albero che sta al centro del Paradiso (giardino in greco), l’albero della vita o l’albero della conoscenza del bene e del male, che è l’albero del peccato alla cui base sta il serpente, il Male (SMT: “Una storia di peccato e di misericordia, pag. 20). E questo mistero del male, che sta al centro del Giardino della Creazione, è un po’ il mistero del male che sta nel centro del nostro cuore e che ci chiude alla vita e all’amore di Dio, ma che Gesù stesso con la sua morte e resurrezione ha vinto definitivamente. Per questo fatto la Vita ha trionfato sulla morte ed ha riempito l’universo con i suoi girali, con i suoi rami. Questa pianta è un acanto e, nel mondo antico greco-romano era una pianta simbolo di immortalità e di vittoria. E’ una pianta mediterranea con spine e bellissimi fiori profumati e simboleggia il sacrificio, il sangue della battaglia o della morte e il profumo della vittoria al tempo stesso (P.Hernandez). Nel mondo cristiano è diventata simbolo del sacrifico della croce e della redenzione. Nel vangelo di Giovanni la corona di spine di Gesù è denominata come “corona d’acanto”.

Il tronco ed il centro figurativo di tutta l’immagine è la croce. Essa costituisce l'elemento che da significato e vita al tutto(2). Essa non ci appare come un patibolo di morte, ma come un trono da cui il Redentore regna e trae a sé tutte le cose (Gv 12,32). E’ la presentazione antica del Cristo trionfante con un drappo regale ed il suppedaneo, però è già l’immagine anche del Christus Patients (il cristo morente), che prevarrà nelle raffigurazioni successive del Crocifisso fino ai nostri giorni. Ai lati sono sua Madre e san Giovanni come nella tradizione bizantina, che risale al vangelo stesso di Giovanni (Gv 19,26). Questa croce è di un colore blu profondo che quasi spacca l’oro dello sfondo e forse anche questo contrasto di colore fa pensare al male che sta al centro dell’uomo e dell’universo, in cui si colloca la croce di Cristo. All’interno della croce sono rappresentate delle colombe, dodici come i dodici

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apostoli, come le dodici tribù d’Israele, ma in senso più generale possono rappresentare la totalità della comunità cristiana, la totalità delle anime cristiane.

Padre Hernandez fa un parallelo con la colomba del Cantico dei Cantici che sta chiusa al riparo della roccia, ma che ugualmente si può interpretare come nascosta nel suo peccato e che non ascolta il richiamo dell’amato: egli la vuole far uscire e vedere (Ct 2,14). Ecco, Cristo stesso – diceva padre Hernandez - non aspetta che noi usciamo dall’abisso di male in cui siamo impigliati, ma entra lui stesso, Lui stesso si “fa peccato” come dice san Paolo (Rm 8,3) perché più nessuno sia abbandonato al suo peccato e alla morte ed è proprio questo il senso del Sacrificio della croce di Gesù. In questo modo la croce appiana, ripara questa fenditura, colma questo abisso di male e di morte e da nuova vita alla creazione. La bellezza del Sacramento della Confessione è proprio in questo, che Cristo stesso ci viene a salvare dal nostro peccato e ci dà nuova vita, offrendo il Suo sacrificio per saldare per appianare l’abisso di male che ci imprigiona in noi stessi (SMT: “Lasciatevi riconciliare con Dio”, p.74). Attraverso la croce, che ne è la base, ora l’albero della vita e della Vita Nuova riprende vigore, ingloba tutto l’universo e tutte le creature, che qui, osservando attentamente, sono rappresentate nella loro varietà fra i rami o all’interno delle volute a cominciare dalle creature umane, dagli animali, agli uccelli, alle piante, ai fiori, fino anche alle creature mitologiche…Ma è forse opportuno analizzarle più in dettaglio.

Alla base della croce lateralmente è presente una famiglia, una famiglia qualunque potremmo dire, ma forse è la famiglia dei committenti del mosaico stesso; di lato sono quattro padri della Chiesa: San Girolamo, San Gregorio, Sant’Agostino e Sant’Ambrogio. Anch’essi come tutti i Santi sono alla base, alle fondamenta della Chiesa e per questo alcune loro reliquie sono state incastonate proprio nella croce stessa, come spiega la scritta alla base del mosaico (SMT:“Testimoni dello Spirito nella storia”, p.113). Ancora più lateralmente sono raffigurate scene della vita quotidiana: una massaia che da il becchime ai polli, un pastore che sorveglia il gregge. Anche la vita di ogni giorno acquista un senso nuovo alla luce della croce (SMT: “La Chiesa che è nelle nostre case”, p.81). I pavoni. Questi meritano una precisazione perché sono il simbolo dell’eternità, del Paradiso (uccello del paradiso). Inoltre, alla base del cespo di acanto, vediamo un piccolo cervo inscritto quasi in un cerchio, o meglio in un punto interrogativo. Qui è da pensare che i mosaicisti che hanno rifatto il mosaico nel XII secolo, non abbiano capito la simbologia del mosaico originale, che voleva certamente raffigurare un serpente. Il serpente è il simbolo del male fin dall’origine, il simbolo del peccato di Adamo ed Eva, tentati proprio dal serpente con i frutti dell’albero della conoscenza. Perciò questo simbolo è molto evidente, ma si associa alla credenza del mondo antico, secondo cui i cervi, nemici dei serpenti, dopo averli ingoiati, per disintossicarsi dovessero bere molta acqua e per questo fossero attratti dall’acqua. Qui infatti, ancora sotto, vediamo due bellissimi cervi ben nutriti che si abbeverano a quattro fiumi (i fiumi del Paradiso terrestre, i quattro evangelisti…) certo queste acque hanno un effetto risanante come il sangue e l’acqua che sgorgano dal costato di Cristo (dal tempio del vecchio testamento…). Quest’acqua si può certamente interpretare sia come la Parola, che come l’Eucaristia,

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che nutrono l’anima cristiana. L’anima è assetata di Dio, come la cerva dell’acqua, recita il Salmo 41, proprio perché è intossicata dal male, come il cervo lo è dal veleno del serpente. Questa immagine è ben spiegata nei commenti dei padri, oltre che in questo mosaico. Quest’acqua rende rigoglioso anche l’albero, che con i suoi girali si espande a coprire tutta la creazione e che rappresenta la Chiesa nutrita e vivificata dalla Parola e dal Sangue di Cristo, simboleggiati appunto dai quattro fiumi del Paradiso. All’interno di quest’albero-Chiesa, Comunità della Nuova Creazione, nata dalla passione e resurrezione di Cristo, vivono tutte le creature con le loro caratteristiche: sia i Padri della chiesa che le persone umili con le loro occupazioni (la pesca, la caccia la custodia del gregge o dei polli) ed anche tutti gli animali e le piante.

Leggendo ancora un po’ più in profondità si può cogliere anche come la vitalità di questa pianta-Chiesa sia originata dalla Redenzione e dallo Spirito. Se contiamo i girali notiamo che sono esattamente cinquanta e questa cifra non può non richiamare il cinquantesimo giorno dopo la resurrezione del Signore e cioè la Pentecoste. Nella Pentecoste mediante l’effusione dello Spirito del Signore sui credenti si origina la Chiesa e si completa l’opera della redenzione. (SMT: “Battezzati nello Spirito”, p.49 ed “E’cominciata una storia nuova”, p.51).

E’ significativo dunque vedere che tutto lo spazio della Creazione occupato dai girali di questa pianta ha uno sfondo dorato, cioè è proiettato in una dimensione Eterna, a simboleggiare forse la Chiesa degli ultimi tempi, quando veramente si realizzerà completamente il progetto del Padre: ” ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.”(Ef. 1,10).

La Chiesa è quindi opera della Morte e Resurrezione del Figlio e dell’azione dello Spirito: ma a simboleggiare che essa è in realtà opera trinitaria sta la mano del Padre che esce dai cieli “aperti”, i semicerchi ondulati, e che incorona il Figlio con la Corona della vittoria. Inoltre il monogramma di Cristo con le iniziali greche “chi “ e “ro” (Christos) è al centro dell’arco trionfale e simboleggia il Signore dell’universo da cui “dipende” l’origine ed il fine di tutte le cose (l’alfa e l’omega, che infatti “pendono dal braccio orizzontale del monogramma). Al di sopra di tutto vi è l’immagine del Pantocratore, il Signore risorto Re dell’universo. Il tondo nel quale è il Pantocratore sembra inserirsi nella scritta che avvolge tutta l'abside: “Gloria nei cieli a Dio che siede nel trono e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Il Cristo Pantocratore è adorato dai quattro esseri viventi nella Gerusalemme celeste, figura dei quattro evangelisti secondo la simbologia dell’Apocalisse: guardando da destra il bue (Luca), l'aquila (Giovanni), l'uomo/angelo (Matteo) ed il leone (Marco). In senso verticale ad indicare ancora il ruolo centrale del Cristo, in basso sta l’Agnello mistico dell’Apocalisse verso cui converge la totalità dei credenti, le dodici tribù, che provengono sia da Betlemme città della nascita e Gerusalemme, città della morte di Gesù. Oppure Gerusalemme è interpretata come patria di coloro che sono vissuti sotto la Legge (gli ebrei) e Betlemme di coloro (i gentili) che sono frutto della nuova Alleanza in Cristo nato a Betlemme. Ancora sotto stanno i dodici apostoli, come colonne che reggono l’edificio “Chiesa”, così come ai lati del mosaico vi sono i

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profeti che hanno annunciato la salvezza attraverso il Messia e ai due lati in alto San Pietro e San Paolo, i primi testimoni (martiri) affiancati da altri martiri, cui loro stessi hanno indicato di seguire il Signore: san Lorenzo e san Clemente (terzo Papa dopo Pietro, titolare della chiesa stessa, che secondo sant’Ireneo, “aveva visto gli Apostoli e aveva ancora nelle orecchie la loro predicazione”, cfr. Adv. haer. 3,3,3). Anche queste immagini di straordinaria forza espressiva, accentuata dai cartigli, che didatticamente spiegano la dinamica della testimonianza e del martirio, solo apparentemente sembrano immagini di contorno in quanto rendono ancora più esplicito il significato “ecclesiale” e la dinamica di salvezza che trae origine dalla Croce di Cristo e dal martirio dei Suoi testimoni che l’hanno seguito fedelmente.

Bibliografia.

1. Jean Paul Hernandez. Congresso Diocesano Catechisti Bologna 2009.

2. Andrea Coldani, Andrea Lonardo e Marco Valenti. Basilica di San Clemente: i padri

apostolici Clemente Romano, Ignazio d’Antiochia e la Tradizione della Chiesa.

V incontro del Corso sulla Storia della chiesa di Roma, Centro Culturale Gli Scritti,

Roma 2008.

I. Note per i Catechisti Catechesi degli adulti Riferimenti al Catechismo della Chiesa Cattolica(CCC): 555, 638-654,659-664,668-679, 989-996, 51-67, 279-314, 295,328-349, 355-379, 385-412, 668-674, 1987-2016 731, 763-769, 2623, 790-791, 797-801, 874-887,

519-521, 733-741,823-829, 1099, 1701-1715, 1265-1266, 1709,1804-1832, 1987-2005, 2012-2016, 2053, 2779-2785

Riferimenti al Catechismo degli Adulti (CDA: Cap.7, Risorto per la nostra salvezza (nn.260-282), Cap.10, Cristo principio e fine della creazione (nn.351-408), Cap 11, Lo Spirito del Signore e la comunità dei credenti (nn.415-420), Cap.12, Da un solo Spirito doni diversi (nn.496-530) Cap.19, La comunione di vita con Dio( 739-754) Cap. 21, La vocazione del cristiano (nn.799-844) Catechechesi pre-sacramentale dei ragazzi Riferiment al testo Sarete miei Testimoni (SMT): Cap. 3: Lo Spirito santo riempie l’universo p.54, Cap. 4: Per rivelare Dio al mondo p.61,

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Molti doni un solo Spirito p.64, Andate in tutto il mondop.68, Cap.5: Va vendi quello che hai e dallo ai poveri p.86, La Chiesa nel mondo p.88.

Questo mosaico può essere associato alle celebrazioni conclusive dei Capitoli n.3 Con la forza dello Spirito, n.4 Il volto della Chiesa e n.5 La Chiesa vive nel mondo (Testo SMT). Ulteriori indicazioni per i collegamenti col Catechismo SMT sono fornite in corsivo lungo il testo

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DA QUESTE PIETRE DIO PUO' SUSCITARE FIGLI AD ABRAMO

Sintesi del simbolismo degli edifici sacri

Emilio Rocchi, Settore Catechesi e Arte, Ufficio Catechistico Diocesano, Bologna

L'edificio chiesa trae il nome dall'assemblea cristiana che vi è convocata dallo Spirito Santo per celebrare i misteri della Salvezza. Ogni elemento costruttivo e artistico (architettonico, scultoreo o pittorico) ha negli edifici sacri un profondo significato simbolico ancor prima che funzionale o decorativo. Pertanto la conoscenza di esso diventa rilevante ai fini stessi della educazione cristiana delle nuove generazioni e della catechesi in generale.

Quasi in ogni epoca la riflessione sul significato simbolico dell'edificio chiesa si è arricchita di contributi significativi a partire dall'epoca patristica (Eusebio) (1) per continuare nel medioevo (Rabano Mauro, Sicardo da Cremona, Guglielmo Durante...) e poi nel rinascimento e nell'età moderna (Leon battista Alberti, Bramante, Palladio, San Carlo Borromeo...) fino ad oggi (2,3).

"Terribilis est locus iste..." (Gen. 28,17-19) si trova scritto sui portali o negli archi trionfali di diverse chiese, dal Santuario di Monte Sant'Angelo a quello di Loreto: "Questo luogo è degno di timore, è la casa di Dio, la porta del cielo" a memoria del sogno di Giacobbe, che intitolò infatti quel luogo Betel (Casa di Dio). La chiesa è infatti il luogo sacro in cui il Signore si fa presente attraverso il memoriale del Suo sacrificio e i Sacramenti. Si potrebbe dire che è il Giardino (Paradiso) in cui Dio per i meriti del Figlio ha ripreso a passeggiare alla brezza del giorno (Gen 3,8): meglio ancora simboleggia il giardino della Resurrezione. Già da questo si comprendono i motivi floreali e vegetali che adornano i portali, i capitelli e spesso anche le volte delle antiche basiliche. La chiesa è quindi anche simbolo della Gerusalemme celeste (1). E' un edificio la cui base rappresenta la terra (il quadrato o il rettangolo), ma il cui soffitto è il cielo, inteso proprio come Domus Dei. Particolarmente simboliche a tal proposito le chiese francescane gotiche, dove al motivo archiettonico della volta a crociera (la croce) era associato il cielo stellato.

La chiesa è però una costruzione umana fatta di pietre spesso molto diverse tra loro ed è bello pensare come queste pietre possano essere assimilate ai cristiani, che insieme costituiscono la Chiesa edificio spirituale. Il Vangelo stesso di Matteo richiama questo paragone quando mette in bocca al Battista queste parole " Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo (Mt 3,9). Ciò si comprende in quanto i due termini pietre e figli (bnyn) coincidono nella lingua aramaica.

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Quando, dopo l'editto di Costantino del 313, il culto cristiano si diffuse, identificò nella basilica, e non nel tempio pagano, il luogo dove radunare l'assemblea dei convertiti. Questa era una grande aula rettangolare dove il basileus, cioè il re o l'imperatore, dava le udienze e amministrava la giustizia ed in fondo alla quale era il trono: successivamente la cattedra del vescovo.

Vi fu però ben presto la necessità di simboleggiare la dimensione celeste, la vita eterna, come Dimora di Dio e dei Santi, e quindi all'aula fu addossata un' abside semicircolare o poligonale ed infine una volta e successivamente una cupola. Per gli antichi infatti la forma circolare richiamava l'infinito ed era adottata per i mausolei come richiamo alla vita oltre la tomba (Mausoleo di Costanza a Roma, il Santo Sepolcro a Gerusalemme, il Mausoleo di Teodosio a Milano, santo Stefano a Bologna...). Tutto ciò che decora l'abside, la volta o la cupola di una chiesa deve richiamare il destino futuro del cristiano, le realtà escatologiche ed in particolare la Vita Eterna. Infatti il centro di essa fu generalmente occupato dal Signore risorto, come Re dell'universo (il Pantocratore della tradizione orientale): perciò dispiace vedere talvolta nelle absidi delle chiese il Cristo sofferente o morente sulla croce. Vi può essere la croce, ma deve essere una croce gloriosa (con i bracci espansi e di materiale prezioso) o un crocifisso regale (Christus Rex) come simbolo della gloria del Risorto e della croce come trono di gloria (teologia giovannea). Nelle parti basse dell'abside, o nell'arco trionfale, e comunque nel presbiterio in stretto riferimento all'altare, fin dagli inizi era rappresentato il mistero dell'incarnazione a partire dall'annunciazione, la natività, la visita dei Magi...

L'altare è il centro focale dell'aula, dove si compie fisicamente la celebrazione eucaristica, memoriale della Pasqua. Per molti secoli, e obbligatoriamente dopo il concilio di Trento e fino al Vaticano II, al centro di esso era conservata l'Eucaristia nel tabernacolo (tenda, dimora di Dio). E' la mensa eucaristica e la sede e il simbolo del sacrificio di Cristo e di tutto ciò che richiama la passione e la morte del Signore, e dei martiri che lo hanno imitato.

Gli edifici di culto fin dai primi secoli erano infatti costruiti sulle memorie dei martiri, che avevano incarnato il sacrificio di Cristo ed in particolare l'altare era posto sulla loro tomba. Tanto che nell'altare stesso era ricavata la finestrella della confessione che permetteva di vederne le reliquie, come testimonianza (confessione) del martire stesso. Di qui il termine di altare della confessione, di cui il più famoso è ovviamente quello di San Pietro a Roma.

Altro elemento di grande rilievo è l'ambone, la tribuna sopraelevata, isolata, in genere in pietra e molto decorata, da cui viene proclamata esclusivamente la Parola. Nella notte di Pasqua viene cantato anche l'Exultet, ma non si predica dall'ambone. In origine vi si accedeva da due scale e vi si saliva da Est, per scendere dalla parte

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opposta, perchè è dall'oriente che viene la luce di Cristo, attraverso la Sua Parola (Salmo 118). Successivamente, affermandosi la predicazione, ad opera degli ordini religiosi dell'alto medioevo si è aggiunto il pulpito a ciò deputato, in genere addossato ad una colonna o a una parete.

Accanto agli edifici con pianta rettangolare si affermarono contemporaneamente anche quelli a pianta circolare od ottagonale, a sottolineare la dimensione soprannaturale. L'ottagono per i cristiani ha lo stesso significato del cerchio in quanto richiama la Pasqua, l'ottavo giorno, il giorno senza tramonto, cioè la dimensione del Risorto. I Padri della Chiesa (Giustino e Clemente alessandrino) misero in parallelo la circoncisione ebraica (effettuata l'ottavo giorno di vita) con il Battesimo, la vera circoncisione ottenuta con la resurrezione di Cristo nell'Ottavo giorno (4). Infatti pianta circolare dapprima fu adottata per i Battisteri. Tali sono i primi della fine del IV° secolo: San Giovanni in Fonte a Napoli, il Battistero Neoniano a Ravenna, quello di San Giovanni in Laterano a Roma, ad Albenga... Talvolta, come a Ravenna, la base era quadrata, mentre la parte superiore era ottagonale o circolare: ad indicare con la semplice forma architettonica che il Battesimo innesta la Vita divina (l'ottagono o il cerchio) sulla natura umana (il quadrato). Questa divenne spesso anche la forma dei campanili con lo stesso significato. Per di più nei complessi monastici spesso il campanile, che punta verso il cielo, era collocato a Nord di tutto il complesso, in quanto il Nord con la stella polare era il riferimento per i naviganti e i pellegrini, come il Cielo doveva essere la stella polare del monaco.

Anche l'orientamento della chiesa con l'abside ad Est verso il sole nascente richiama il Cristo vera Luce del mondo, che deve illuminare i battezzati (chiamati appunto Illuminati nella chiesa primitiva). "L'Oriente oriens era anche notoriamente, dal segno del sole nascente, il simbolo della resurrezione (e pertanto non solo espressione cristologica, ma indice pure della potenza del Padre e dell'opera dello Spirito Santo), nonché richiamo alla speranza nella parusia" (J. Ratzinger) (5).

Le antiche basiliche a modello delle Domus Ecclesiae, case private da cui derivavano in epoca pre-costantiniana, avevano anche un quadriportico e successivamente un vestibolo coperto (nartece) e un sagrato dove sostavano i pellegrini o i catecumeni in particolare. Grande significato hanno sempre avuto anche la porta principale di accesso e poi il portale romanico o gotico, generalmente sormontati da un arco semicircolare. Cristo stesso si definisce la porta delle pecore (Gv 10,7-9) ed attraverso di Lui o dietro di Lui deve passare il cristiano. La stessa forma rettangolare sormontata da una arco semicircolare richiama le due nature di Cristo.

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Le decorazioni delle cattedrali romaniche o gotiche erano proprio distribuite nei pannelli (bronzei) delle porte o intorno ai portali, spesso sormontati da timpani o da archi che raffiguravano il Cristo in gloria attorniato dai simboli apocalittici del Giudizio finale, mentre nelle architravi era raffigurato il mistero dell'incarnazione. Sugli stipiti spesso erano raffigurati i profeti e/o i santi, cui la chiesa era dedicata. Successivamente le scene del Giudizio Universale si spostarono in forma pittorica in controfacciata (una tra tante la cappella degli Scrovegni a Padova), cosicché i fedeli uscendo (in direzione Ovest, verso il tramonto che richiama la fine della vita) potessero meditare sulle realtà escatologiche della vita cristiana. Altrettanto le pareti della navata centrale furono decorate con scene tratte dal Vecchio Testamento e dal Nuovo. Non mancavano mai gli episodi della vita pubblica di Cristo, che sono presentati nelle domeniche di Quaresima dell'Anno A e in particolare il ciclo sacramentale, che accompagna il catecumeno al Battesimo: Gesù e la samaritana, il cieco nato, la resurrezione di Lazzaro ed altri miracoli (le nozze di Cana, la moltipicazione dei pani...). I primi cicli completi della storia della salvezza in splendidi mosaici risalgono V° secolo, come in Santa Maria Maggiore, voluti da papa Sisto III per convertire la nobiltà romana, così come quelli di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna. Un posto privilegiato nella navata o meglio nei pontili delle chiese romaniche, negli amboni o direttamente nel presbiterio avevano le scene della passione e della morte del Signore.

Nel periodo gotico la dimensione verticale degli edifici fu particolarmente sviluppata e gli archi e le finestre a sesto acuto sottolinearono l'elevazione a Dio attraverso la preghiera. Lo stesso arco gotico a sesto acuto richiamerebbe le mani giunte in preghiera. Anche la dimensione della luce, che in epoca romanica filtrava poco a poco dalle strette monofore delle absidi, come la Grazia che illumina progressivamente l'anima cristiana, in epoca gotica fu esaltata dalle grandi finestre policrome, vere e proprie pareti di luce ed alle stesse vetrate istoriate fu affidato il compito della narrazione della storia della salvezza. Si parla spesso delle decorazioni delle chiese medioevali come di Biblia Pauperum: erano cioè un modo privilegiato di fare la catechesi ad un popolo totalmente illetterato.

Anche lo stesso spazio della chiesa era rigorosamente suddiviso tra i fedeli laici ed il clero. La navata, cioè lo spazio più grande tra la porta principale e il presbiterio, destinato ai laici, era chiamato così dalla forma del soffitto, come la carena di una nave: questa stessa simbolo primitivo della Chiesa. Già nel 400 le Costituzioni Apostoliche dicevano che la casa della comunità deve essere di forma allungata, simile ad una barca ed orientata verso Est. La navata poteva essere unica o suddivisa dalle colonne o da pilastri in tre o cinque navate. Anche il numero delle colonne o dei pilastri era in genere simbolico essendo sei per lato o un suo multiplo,

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ad indicare gli apostoli, vere colonne della Chiesa, oppure la totalità (numero12 e suoi multipli) dei chiamati alla Salvezza. In epoca gotica, cioè dal XII°-XIII° anche le navate si ampliarono per favorire la predicazione (di qui lo sviluppo di amboni e pulpiti) e per la stessa finalità nella seconda metà del '500 si affermarono poi le grandi chiese a navata unica, in particolare a modello della Chiesa del Gesù di Roma, dei Gesuiti in particolare.

Lo spazio riservato ai celebranti e al clero in particolare è il presbiterio, detto originariamente santuario, che comprende lo spazio dell'Altare, dell'Ambone da cui si proclama la Parola ed il Coro. Tale ultimo spazio, propriamente coro liturgico (particolarmente sviluppato nelle chiese monastiche o nelle cattedrali) nei primi secoli era situato davanti all'altare, ben delimitato da un recinto marmoreo o talvolta da una iconostasi. Anzi l'iconostasi, decorata con le icone della tradizone bizantina, continua ad essere un sipario invalicabile nelle chiese di rito orientale. Successivamente e in particolare dopo il Concilio di Trento, il coro si sviluppò dietro l'altare, dove anche nei secoli precedenti si recitavano le preghiere corali (la liturgia delle ore) nelle chiese sede di capitoli canonicali (collegiate) e di istituti religiosi. Tale spazio sopravvive ancor oggi, spesso però con un uso purtroppo non ben definito.

Quando l'architettura delle chiese divenne più complessa e in particolare nel periodo gotico, in Italia tra il duecento e quattrocento, la pianta della chiesa si arricchì del transetto, che allarga trasversalmente la pianta dell'edificio trasversalmente all'altare. Tale forma, detta a croce latina, risulterà quindi perfettamente orientata secondo gli assi del cielo ( Est-Ovest la navata, Nord-Sud il transetto). Ma questo è l'orientamento dell'universo secondo gli antichi, cui corrispondono l'orientamento della terra (con i sui quattro angoli corrispondenti ai punti cardinali) e la costruzione antica dei templi e delle città. Ben noti gli assi principali degli accampamenti e degli insediamenti romani: il decumano in direzione Est-Ovest e il cardo in senso Nord-Sud. L'incrocio di questi assi sulla terra rappresenta il centro dell'universo: che per i cristiani è diventato il sacrificio di Cristo: cioè l'altare che qui è posizionato. Questa forma a croce latina richiama anche la forma umana, il corpo di Cristo ( e non mancarono in quei secoli chiese che, identificando l'abside con il capo di Cristo, spostarono verso sinistra le finestre absidali ad indicare la posizione del Suo capo al momento della morte.

Altre parti della chiesa meriterebbero una trattazione più approfondita, qui accenneremo soltanto alla cripta, presente quando la zona presbiterale è rialzata. Essa è destinata in genere all'uso funerario di conservazione e di venerazione delle reliquie dei martiri e dei santi cui la chiesa è dedicata. Si potrebbe anche dire che richiama la dimensione della chiesa purgante, la memoria di quella parte del corpo mistico che

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attende la resurrezione, come l'abside e la volta della chiesa richiamano la chiesa trionfante, cioè i santi che vivono al cospetto di Dio. Con significato simile di venerazione delle reliquie è il deambulatorio, un corridoio semicircolare che prolunga le navate laterali circondando il presbiterio, su ci si aprono talvolta cappelle radiali.

Un cenno finale alle diverse denominazioni dell'edificio chiesa, che è il termine generico con cui si identifica l'edificio stesso. Più propriamente si parla di cappella indicando un edificio di culto di dimensioni in genere modeste in cui sia posto un altare, può essere isolato e in questo caso si parla in genere di oratorio, che può essere privato o pubblico. Il termine cappella pare derivare dal mantello (cappa) di San Martino di Tours, la più importante reliquia dei re Merovigi, che per essa costruirono a Parigi la Sainte Chapelle. Le cappelle annesse alle chiese fino a qualche secolo fa erano cedute a famiglie nobili che, acquistandole, ne curavano il decoro artistico e il mantenimento degli officianti.

Le chiese parrocchiali sono dislocate capillarmente nel territorio dove erano anticamente anche le pievi o le chiese madri, e dove soltanto in esse si celebrava il Battesimo. Ogni Chiesa locale ha una cattedrale dove è posta la cattedra del vescovo, può essere detta metropolitana, se sede di un arcivescovo metropolita, e può avere diversi Santuari, così denominati dalla memoria di un santo o di una immagine miracolosa della Vergine. Il termine duomo si riferisce più propriamente ad una chiesa voluta e costruita dalla comunità civile, come nel caso di San Petronio a Bologna. Si chiamano abbazie le chiese principali dei monasteri, come si chiamano abbadie o badie i complessi monastici stessi quando comprendano anche edifici di servizio, adibiti in genere all'uso agricolo. Infine sono dette collegiate propriamente le chiese officiate da un gruppo di canonici, cioè di sacerdoti che seguono una regola comune (canone), come quella di sant'Agostino. Lo sviluppo dei capitoli canonicali e quindi della vita associata del clero risale alla riforma del papa Gregorio VII (sec.XI).

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Si ringrazia Don Davide Righi, Docente alla Facoltà Teologica dell'Emilia Romagna per la revisione del testo.

Bibliografia

1. Eusebio Historia Ecclesiastica.

2. O.Mignon, F.Siard. Catechesi di pietra. Guida alla lettura di una chiesa. Ed. LDC, Leumann (Torino) 2001.

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3. Chiesa. in: L'Enciclopedia Italiana Treccani.www.Treccani.it

4. Giustino: Dialogo con Trifone 41,4.

5 J. Ratzinger. La Festa della Fede. Saggi di teologia liturgica Milano: Jaca Book, 1984, pp. 129-136.