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LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA NEL PUBBLICO IMPIEGO: LA COSTITUZIONE DEL FONDO SALARIO ACCESSORIO E LA SPESA DI PERSONALE DOPO LA LEGGE DI STABILITÀ 2016 ROMA - HOTEL ATLANTICO 24 E 25 FEBBRAIO 2016

LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA NEL PUBBLICO IMPIEGO… · Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza ... 2014 e 2015 del personale dipendente

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LA CONTRATTAZIONE DECENTRATA NEL PUBBLICO IMPIEGO:

LA COSTITUZIONE DEL FONDO SALARIO ACCESSORIO E LA SPESA

DI PERSONALE DOPO LA LEGGE DI STABILITÀ 2016

ROMA - HOTEL ATLANTICO 24 E 25 FEBBRAIO 2016

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indice

normativa

D.L. 78/10 convertito in Legge 122/10 (estratto) p.2

D.L. 98/11 convertito in Legge 111/11 (estratto) p.12

D.L. 95/12 convertito in Legge 135/12 (estratto) p.16

D.L. 16/14 convertito in Legge 68/14 (estratto) p.21

Legge di stabilità 2015 (estratto) p.23

Legge di stabilità 2016 (estratto) p.27

giurisprudenza

Corte Costituzionale 178/2015 p.56

Corte dei Conti Abruzzo 179/2015 p.75

Corte dei Conti Puglia 53/2015 p.81

Corte dei Conti Lombardia 224/2015 p.86

Corte dei Conti Lazio 125/2015 p.125

documenti

Circolare DFP 12 maggio 2014 p.131

Circolare DFP 4/2014 p.133

Parere ARAN 119/2014 p.137

Orientamento applicativo ARAN RAL076 p.138

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NORMATIVA

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D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (1) (2).

Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività

economica.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 maggio 2010, n. 125, S.O.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n. 122.

Capo III

Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico, invalidità e previdenza

Art. 9 Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico (96) (108)

In vigore dal 1 gennaio 2015

1. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di

qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle

amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come

individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31

dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno

2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni

dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso

quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate,

maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal

comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14. (76) (85) (89) (101) (102) (105)

2. In considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle

esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a

decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli

dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni

pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate

dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009,

n. 196, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto

importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della

predetta riduzione il trattamento economico complessivo non può essere comunque inferiore a 90.000 euro

lordi annui; le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri di cui

all'art. 14, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono ridotte del 10 per cento; la riduzione si

applica sull'intero importo dell'indennità (102). Per i procuratori ed avvocati dello Stato rientrano nella

definizione di trattamento economico complessivo, ai fini del presente comma, anche gli onorari di cui

all'articolo 21 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. La riduzione prevista dal primo periodo del presente

comma non opera ai fini previdenziali. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino

al 31 dicembre 2013, nell'ambito delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo

30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche e integrazioni, i trattamenti economici complessivi spettanti ai

titolari degli incarichi dirigenziali, anche di livello generale, non possono essere stabiliti in misura superiore

a quella indicata nel contratto stipulato dal precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo

titolare, ferma restando la riduzione prevista nel presente comma. (85) (79) (83) (97) (98) (100) (101) (102)

(109)

2-bis. A decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2014 l'ammontare complessivo delle risorse

destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle

amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può

superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura

proporzionale alla riduzione del personale in servizio. A decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate

annualmente al trattamento economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per

effetto del precedente periodo. (87) (85) (84) (102) (105)

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3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, nei confronti dei titolari di

incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto

nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non si

applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una

quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi. (102)

4. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009

ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio

non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. La disposizione di cui

al presente comma si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del

presente decreto; le clausole difformi contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci; a decorrere

dalla mensilità successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto; i trattamenti retributivi saranno

conseguentemente adeguati. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica al

comparto sicurezza-difesa ed ai Vigili del fuoco. (76) (102)

5. All'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 66, comma

7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

le parole: «Per gli anni 2010 e 2011» sono sostituite dalle seguenti: «Per il quadriennio 2010-2013».

6. All'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,

dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «Per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012» sono sostituite

dalle seguenti: «A decorrere dall'anno 2010».

7. All'articolo 66, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla

legge 6 agosto 2008, n. 133, la parola: «2012» è sostituita dalla parola: «2014».

[8. Nell'anno 2016, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2006, n.

296, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di

personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa al personale

cessato nell'anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura dell'80 per cento

nell'anno 2017 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2018. Il comma 103 dell'articolo 1 della legge 30

dicembre 2004, n. 311, come modificato da ultimo dall'articolo 66, comma 12, del decreto-legge 25 giugno

2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è abrogato. (81) (91) ]

9. All'articolo 66, comma 14, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla

legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

- le parole: «triennio 2010-2012» sono sostituite dalle parole: «anno 2010»;

- dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: «Per il triennio 2011-2013 gli enti di ricerca possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20 per cento delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 50 per cento per l'anno 2014 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2015.

10. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 35, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207,

convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.

11. Qualora per ciascun ente le assunzioni effettuabili in riferimento alle cessazioni intervenute nell'anno

precedente, riferite a ciascun anno, siano inferiori all'unità, le quote non utilizzate possono essere cumulate

con quelle derivanti dalle cessazioni relative agli anni successivi, fino al raggiungimento dell'unità. (113)

12. Per le assunzioni di cui ai commi 5, 6, 7, 8 e 9 trova applicazione quanto previsto dal comma 10

dell'articolo 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto

2008, n. 133.

15. Per l'anno scolastico 2010/2011 è assicurato un contingente di docenti di sostegno pari a quello in attività

di servizio d'insegnamento nell'organico di fatto dell'anno scolastico 2009/2010, fatta salva l'autorizzazione

di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di

particolare gravità, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

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15-bis. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche attraverso i propri uffici periferici,

nei limiti di spesa previsti dall'elenco 1 allegato alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, è autorizzato a

prorogare i rapporti convenzionali in essere, attivati dagli uffici scolastici provinciali e prorogati

ininterrottamente, per l'espletamento di funzioni corrispondenti ai collaboratori scolastici, a seguito del

subentro dello Stato ai sensi dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, nonché del decreto del

Ministro della pubblica istruzione 23 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio

2000, nei compiti degli enti locali. (77)

16. In conseguenza delle economie di spesa per il personale dipendente e convenzionato che si determinano

per gli enti del Servizio sanitario nazionale in attuazione di quanto previsto dal comma 17 del presente

articolo, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato,

previsto dall'articolo 2, comma 67, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, è rideterminato in riduzione di 418

milioni di euro per l'anno 2011 e di 1.132 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.

17. Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio

2010-2012 del personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165 e successive modificazioni. Si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013,

2014 e 2015 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza

possibilità di recupero per la parte economica. (105) E' fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza

contrattuale nelle misure previste a decorrere dall'anno 2010 in applicazione dell'articolo 2, comma 35, della

legge 22 dicembre 2008, n. 203. (88) (114)

18. Conseguentemente sono rideterminate le risorse di cui all'articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n.

191, come di seguito specificato:

a) comma 13, in 313 milioni di euro per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012;

b) comma 14, per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012 complessivamente in 222 milioni di euro annui, con specifica destinazione di 135 milioni di euro annui per il personale delle forze armate e dei corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.

19. Le somme di cui al comma 18, comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP di cui al decreto

legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a costituire l'importo complessivo massimo di cui

all'articolo 11, comma 3, lettera g) della legge 31 dicembre 2009, n. 196. (76)

20. Gli oneri di cui all'art. 2, comma 16, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, stabiliti per l'anno 2011 e a

decorrere dall'anno 2012 si adeguano alle misure corrispondenti a quelle indicate al comma 18, lettera a) per

il personale statale.

21. I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998,

n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque

luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli

stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di

stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate

eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente

giuridici. (99) Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i

passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai

fini esclusivamente giuridici. (95) (90) (98) (100) (101) (103) (105)

22. Per il personale di cui alla legge n. 27/1981 non sono erogati, senza possibilità di recupero, gli acconti

degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per tale personale, per il triennio

2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 è pari alla misura già prevista per l'anno 2010 e il conguaglio

per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014. Per il predetto personale

l'indennità speciale di cui all'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e

2013, è ridotta del 15 per cento per l'anno 2011, del 25 per cento per l'anno 2012 e del 32 per cento per l'anno

2013. Tale riduzione non opera ai fini previdenziali. Nei confronti del predetto personale non si applicano le

disposizioni di cui ai commi 1 e 21, secondo e terzo periodo. (76) (82) (98)

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23. Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010,

2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi

economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma

14. (76) (86) (104)

24. Le disposizioni recate dal comma 17 si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio

sanitario nazionale.

25. In deroga a quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive

modificazioni e integrazioni, le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle

riduzioni previste dall'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con

modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, non costituiscono eccedenze ai sensi del citato articolo 33

e restano temporaneamente in posizione soprannumeraria, nell'ambito dei contingenti di ciascuna area o

qualifica dirigenziale. Le posizioni soprannumerarie si considerano riassorbite all'atto delle cessazioni, a

qualunque titolo, nell'ambito della corrispondente area o qualifica dirigenziale. In relazione alla presenza di

posizioni soprannumerarie in un'area, viene reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di

vista finanziario in aree della stessa amministrazione che presentino vacanze in organico. In coerenza con

quanto previsto dal presente comma il personale, già appartenente all'Amministrazione Autonoma dei

Monopoli di Stato distaccato presso l'Ente Tabacchi Italiani, dichiarato in esubero a seguito di ristrutturazioni

aziendali e ricollocato presso uffici delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo

9 luglio 1998, n. 283, a decorrere dal 1° gennaio 2011 è inquadrato anche in posizione di soprannumero,

salvo riassorbimento al verificarsi delle relative vacanze in organico, nei ruoli degli enti presso i quali presta

servizio alla data del presente decreto. Al predetto personale è attribuito un assegno personale riassorbibile

pari alla differenza tra il trattamento economico in godimento ed il trattamento economico spettante nell'ente

di destinazione. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede ad assegnare agli enti le relative risorse

finanziarie.

26. In alternativa a quanto previsto dal comma 25 del presente articolo, al fine di rispondere alle esigenze di

garantire la ricollocazione del personale in soprannumero e la funzionalità degli uffici delle amministrazioni

pubbliche interessate dalle misure di riorganizzazione di cui all'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30

dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, queste ultime

possono stipulare accordi di mobilità, anche intercompartimentale, intesi alla ricollocazione del personale

predetto presso uffici che presentino vacanze di organico. (76)

27. Fino al completo riassorbimento, alle amministrazioni interessate è fatto divieto di procedere ad

assunzioni di personale a qualunque titolo e con qualsiasi contratto in relazione alle aree che presentino

soprannumeri e in relazione a posti resi indisponibili in altre aree ai sensi del comma 25. (76)

28. A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie,

incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e

successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo

70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le

camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e

36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con

convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento

della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per

personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di

lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10

settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento

di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si

applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro,

nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione

europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota

finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del

coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e

gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto

legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (94), per l'anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi è fissato al 60

per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto

limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di

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istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali

mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre

2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con

l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27

dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione

vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le

stesse finalità nell'anno 2009. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e

specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo

quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta

fermo, altresì, quanto previsto dal comma 187 dell'articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e

successive modificazioni. Al fine di assicurare la continuità dell'attività di vigilanza sui concessionari della

rete autostradale, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011, il

presente comma non si applica altresì, nei limiti di cinquanta unità di personale, al Ministero delle

infrastrutture e dei trasporti esclusivamente per lo svolgimento della predetta attività; alla copertura del

relativo onere si provvede mediante l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse di cui

all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge

9 agosto 2013, n. 98. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 derivanti

dall'esclusione degli enti di ricerca dall'applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede

mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il

presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto

legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito

disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell'anno 2009 non hanno

sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è

computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009. (80) (106) (112)

(110) (102)

29. Le società non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come

individuate dall'ISTAT ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, controllate

direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, adeguano le loro politiche assunzionali alle

disposizioni previste nel presente articolo. (78) (102) (111)

30. Gli effetti dei provvedimenti normativi di cui all'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24

dicembre 2003, n. 350, decorrono dal 1° gennaio 2011.

[31. Al fine di agevolare il processo di riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni,

a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo il rispetto delle condizioni e delle

procedure previste dai commi da 7 a 10 dell'art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con

modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i trattenimenti in servizio previsti dalle predette

disposizioni possono essere disposti esclusivamente nell'ambito delle facoltà assunzionali consentite dalla

legislazione vigente in base alle cessazioni del personale e con il rispetto delle relative procedure

autorizzatorie; le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni sono ridotte in misura

pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Sono fatti salvi i

trattenimenti in servizio aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2011, disposti prima dell'entrata in vigore

del presente decreto. I trattenimenti in servizio aventi decorrenza successiva al 1 ° gennaio 2011, disposti

prima dell'entrata in vigore del presente decreto, sono privi di effetti. Il presente comma non si applica ai

trattenimenti in servizio previsti dall'art. 16, comma 1-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e,

in via transitoria limitatamente agli anni 2011 e 2012, ai capi di rappresentanza diplomatica nominati

anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. (92) (93) (107) ]

32. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di

cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello

dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una

valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un

altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e

contrattuali più favorevoli; a decorrere dalla medesima data è abrogato l'art. 19, comma 1-ter, secondo

periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Resta fermo che, nelle ipotesi di cui al presente comma, al

dirigente viene conferito un incarico di livello generale o di livello non generale, a seconda, rispettivamente,

che il dirigente appartenga alla prima o alla seconda fascia.

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33. Ferma restando la riduzione prevista dall'art. 67, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,

convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la quota del 10 per cento delle risorse

determinate ai sensi dell'articolo 12, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni,

dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, è destinata, per metà, al fondo di assistenza

per i finanzieri di cui alla legge 20 ottobre 1960, n. 1265 e, per la restante metà, al fondo di previdenza per il

personale del Ministero delle finanze, cui sono iscritti, a decorrere dal 1° gennaio 2010, anche gli altri

dipendenti civili dell'Amministrazione economico-finanziaria. A decorrere dall'anno 2011 l'autorizzazione di

spesa corrispondente al predetto Fondo di cui al capitolo 3985 dello stato di previsione del Ministero

dell'economia e delle finanze, nell'ambito del programma di spesa "Regolazione giurisdizione e

coordinamento del sistema della fiscalità" della missione "Politiche economico-finanziarie e di bilancio", non

può essere comunque superiore alla dotazione per l'anno 2010, come integrata dal presente comma. (76)

34. A decorrere dall'anno 2014, con determinazione interministeriale prevista dall'articolo 4, comma 2, del

D.P.R. 10 maggio 1996, n. 360, l'indennità di impiego operativo per reparti di campagna, è corrisposta nel

limite di spesa determinato per l'anno 2008, con il medesimo provvedimento interministeriale, ridotto del

30%. Per l'individuazione del suddetto contingente l'Amministrazione dovrà tener conto dell'effettivo

impiego del personale alle attività nei reparti e nelle unità di campagna. Ai relativi oneri, pari a 38 milioni di

euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, si fa fronte, quanto a 38 milioni di euro per l'anno 2011 e 34

milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate

derivanti dall'articolo 32 e, quanto a 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante utilizzo

di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti. (76)

35. In conformità all'articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, l'articolo 52,

comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164 si interpreta nel senso che la

determinazione ivi indicata, nell'individuare il contingente di personale, tiene conto delle risorse

appositamente stanziate.

35-bis. L'articolo 32 della legge 22 maggio 1975, n. 152, si interpreta nel senso che, in presenza dei

presupposti ivi previsti, le spese di difesa, anche diverse dalle anticipazioni, sono liquidate dal Ministero

dell'interno, sempre a richiesta dell'interessato che si è avvalso del libero professionista di fiducia. (77)

36. Per gli enti di nuova istituzione non derivanti da processi di accorpamento o fusione di precedenti

organismi, limitatamente al quinquennio decorrente dall'istituzione, le nuove assunzioni, previo esperimento

delle procedure di mobilità, fatte salve le maggiori facoltà assunzionali eventualmente previste dalla legge

istitutiva, possono essere effettuate nel limite del 50% delle entrate correnti ordinarie aventi carattere certo e

continuativo e, comunque nel limite complessivo del 60% della dotazione organica. A tal fine gli enti

predispongono piani annuali di assunzioni da sottoporre all'approvazione da parte dell'amministrazione

vigilante d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministero dell'economia e delle finanze.

37. Fermo quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, le disposizioni contrattuali del comparto

Scuola previste dagli artt. 82 e 83 del CCNL 2006-2009 del 29 novembre 2007 saranno oggetto di specifico

confronto tra le parti al termine del triennio 2010-2012.

(76) Comma così modificato dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.

(77) Comma inserito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.

(78) Comma così sostituito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.

(79) Per l'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma, vedi l'art. 2, comma 1, D.L. 13 agosto

2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148.

(80) Comma così modificato dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, dall'art. 4, comma 102, lett. a)

e b), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012, dall'art. 4-ter, comma 12, D.L. 2 marzo

2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, dall'art. 9, comma 12, D.L. 28

giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, dall'art. 9, comma 8, D.L. 31

agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 ottobre 2013, n. 124, dall'art. 6, comma 3,

D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 e,

successivamente, dagli artt. 3, comma 9, lett. b), e 11, comma 4-bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito,

con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.

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(81) Comma così modificato dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, dall'art. 14, comma 1, lett. c),

D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e, successivamente,

dall'art. 1, comma 462, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014.

(82) La Corte costituzionale, con sentenza 8-11 ottobre 2012, n. 223 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2012, n. 41 -

Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in

cui:

1) dispone che per il personale di cui alla L. 19 febbraio 1981, n. 27 non sono erogati, senza possibilità di

recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012 e che per tale

personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 è pari alla misura già prevista per

l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014;

2) non esclude che a detto personale sia applicato il primo periodo del comma 21;

3) dispone che l'indennità speciale di cui all'art. 3, L. 27/81, spettante al personale indicato in tale legge,

negli anni 2011, 2012 e 2013, sia ridotta del 15% per l'anno 2011, del 25% per l'anno 2012 e del 32% per

l'anno 2013.

(83) La Corte costituzionale, con sentenza 8-11 ottobre 2012, n. 223 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2012, n. 41 -

Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in

cui dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013, i trattamenti economici

complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti delle

amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come

individuate dall'ISTAT ai sensi dell'art. 1, comma 3, L. 31 dicembre 2009, n. 196, superiori a 90.000 euro

lordi annui, siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del

10% per la parte eccedente 150.000 euro.

(84) Sui limiti di applicabilità della riduzione di cui al presente comma, vedi l'art. 6, comma 2, D.L. 14

agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, l'art. 1, comma 103, L. 27

dicembre 2013, n. 147 e, successivamente, l'art. 4, comma 3, D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con

modificazioni, dalla L. 2 maggio 2014, n. 68.

(85) Per la proroga delle disposizioni contenute nel presente comma, vedi l'art. 1, comma 1, lett. a), D.P.R. 4

settembre 2013, n. 122.

(86) Per la proroga delle disposizioni contenute nel presente comma, vedi l'art. 1, comma 1, lett. b), D.P.R. 4

settembre 2013, n. 122.

(87) Comma inserito dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122 e, successivamente, così modificato

dall'art. 1, comma 456, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014.

(88) Comma così modificato dall'art. 1, comma 453, L. 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio

2014 e, successivamente, dall'art. 1, comma 254, L. 23 dicembre 2014, n. 190, a decorrere dal 1° gennaio

2015. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno-23 luglio 2015, n. 178 (Gazz. Uff. 29 luglio

2015, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a

decorrere dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e nei termini indicati in

motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera

b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15

luglio 2011, n. 111, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, D.P.R. 4 settembre 2013,

n. 122; art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e art. 1, comma 254, della legge 23

dicembre 2014, n. 190.

(89) Sull'applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi l'art. 1, comma 4, D.L. 23 gennaio

2014, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 marzo 2014, n. 41 e, successivamente, l'art. 4, comma

3, D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 maggio 2014, n. 68.

(90) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma, vedi l'art. 4, comma 3, D.L. 6 marzo 2014, n.

16, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 maggio 2014, n. 68.

(91) Comma abrogato dall'art. 3, comma 9, lett. a), D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con

modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.

(92) Comma così modificato dalla legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122.

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(93) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla

L. 11 agosto 2014, n. 114.

(94) A norma dell'art. 80, comma 4, D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. aa),

D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126, ogni richiamo agli articoli 36, 37 e 38 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118,

contenuti in decreti, disposizioni di legge e atti aventi forza di legge vigenti, deve intendersi riferito,

rispettivamente, agli articoli 78, 79 e 80 del medesimo D.Lgs. n. 118/2011.

(95) Per la proroga delle disposizioni contenute nel presente comma, vedi l'art. 1, comma 1, lett. a), D.P.R. 4

settembre 2013, n. 122 e, per la proroga dei primi due periodi del presente comma, vedi l'art. 1, comma 256,

L. 23 dicembre 2014, n. 190.

(96) La Corte costituzionale, con sentenza 02 - 06 luglio 2012, n. 173 (Gazz. Uff. 11 luglio 2012, n. 28, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato: 1) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3,

promosse in riferimento all'articolo 36 della Costituzione e al principio di ragionevolezza; 2) non fondate le

questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 3, promosse in riferimento agli articoli 39, 117,

terzo comma, e 119 della Costituzione; 3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9,

comma 28, promosse in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119; 4) non fondate le questioni di

legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 29, promosse in riferimento agli articoli 117, secondo

comma, lettera g), terzo e quarto comma, e 119; 5) non fondate le questioni di legittimità costituzionale

dell'articolo 9, comma 31, promosse in riferimento agli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 della

Costituzione; 6) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 36, promosse in

riferimento agli articoli 3, 97, 117, secondo comma, lettera g), terzo e quarto comma, 118, primo comma, e

119. La stessa Corte, con sentenza 18 - 30 luglio 2012, n. 215 (Gazz. Uff. 8 agosto 2012, n. 32, 1ª Serie

speciale), ha dichiarato: 1) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 4,

promosse in riferimento all'articolo 36 della Costituzione e al principio di ragionevolezza; 2) inammissibili le

questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 21, promosse in riferimento agli articoli 3, 36 e

39 della Costituzione; 3) cessata la materia del contendere in ordine alle questioni legittimità costituzionale

dell'articolo 9, comma 2-bis, promosse in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della

Costituzione, all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 e agli articoli 2, lettera a), 3,

lettera f), e 4, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4; 4) non fondate le questioni di legittimità

costituzionale dell'articolo 9, comma 1, promosse in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della

Costituzione; 5) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2-bis, promosse

in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione; 6) non fondate le questioni di

legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 4, promosse in riferimento agli articoli 39, 117, terzo

comma, e 119 della Costituzione e agli articoli 2, lettere a) e b), 3, lettera f), e 4, della legge costituzionale n.

4 del 1948; 7) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 21, promosse in

riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

(97) La Corte costituzionale, con sentenza 08 - 11 ottobre 2012, n. 223 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2012, n. 41, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato, fra l'altro, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità

costituzionale dell'articolo 9, comma 2, sollevata nei giudizi iscritti al reg. ord. nn. 46 e 53 del 2012, dai TAR

per l'Abruzzo e per l'Umbria. La stessa Corte con successiva sentenza 11 - 19 dicembre 2012, n. 294 (Gazz.

Uff. 27 dicembre 2012, n. 51, Ediz. Straord., 1ª Serie speciale), ha dichiarato la inammissibilità della

questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, promossa, in riferimento agli articoli 3, 36,

39, 117, commi terzo e quarto, e 119 della Costituzione. Successivamente la Corte costituzionale, con

ordinanza 3 - 5 giugno 2013, n. 125 (Gazz. Uff. 12 giugno 2013, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la

manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 2, sollevata in

riferimento agli articoli 3, 36, 53, 101, 104 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva sentenza 5 - 9

maggio 2014, n. 121 (Gazz. Uff. 21 maggio 2014, n. 22, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l'altro, la

manifesta inammissibilità dell'art. 9, comma 2, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101,

102, 104, 107 e 108 della Costituzione.

(98) La Corte costituzionale, con ordinanza 11 - 19 dicembre 2012, n. 303 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2012, n.

51, Ediz. Straord., 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità

costituzionale dell'articolo 9, commi 2, 21 e 22, sollevate in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 36, 53, 97, 101,

104, 108 e 111 della Costituzione.

(99) La Corte costituzionale, con sentenza 4 - 12 dicembre 2013, n. 304 (Gazz. Uff. 11 dicembre 2013, n. 50,

1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 21,

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terzo periodo, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 36, 53 e 97 della Costituzione. La stessa Corte, con

successiva sentenza 21 maggio - 4 giugno 2014, n. 154 (Gazz. Uff. 11 giugno 2014, n. 25, 1ª Serie speciale),

ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 21, secondo e terzo

periodo, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 della Costituzione.

(100) La Corte costituzionale, con sentenza 10 - 17 dicembre 2013, n. 310 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2013, n.

52, Ediz. Straord.), ha dichiarato: la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

dell'art. 9, comma 21, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36 e 53 della Costituzione; la manifesta

inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, sollevata in riferimento agli

artt. 42 e 97 Cost.; non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 21, primo,

secondo e terzo periodo, sollevate in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 9, 33, 34, 36, 37, 42, 53, 77 e

97 Cost.

(101) La Corte costituzionale, con sentenza 15 - 23 gennaio 2014, n. 7 (Gazz. Uff. 29 gennaio 2014, n. 5, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 2, e

12, commi 7 e 10, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 42, 53, 97 e 117, primo comma, della

Costituzione; inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1 e 21, sollevate in

riferimento agli artt. 97 e 117, primo comma, Cost.; non fondate le questioni di legittimità costituzionale

dell'art. 9, commi 1 e 21, sollevate in riferimento all'art. 3 Cost..

(102) La Corte costituzionale, con sentenza 24 - 27 marzo 2014, n. 61 (Gazz. Uff. 2 aprile 2014, n. 15, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato: 1) inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2,

primo periodo, promosse in riferimento all'art. 119 della Costituzione e all'art. 8, numero 1), ed al Titolo VI

del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; 2) inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9,

comma 4; 3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, promosse in

riferimento all'art. 119 Cost. e all'art. 8, numero 1), ed al Titolo VI del D.P.R. n. 670 del 1972; 4) non fondate

le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2, quarto periodo, promosse in riferimento all'art.

119 Cost. e all'art. 8, numero 1), ed al Titolo VI del D.P.R. n. 670 del 1972; 5) non fondate le questioni di

legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 2-bis, promosse in riferimento all'art. 119 Cost. e all'art. 8,

numero 1), ed al Titolo VI del D.P.R. n. 670 del 1972; 6) non fondate le questioni di legittimità

costituzionale dell'art. 9, comma 3, promosse in riferimento all'art. 119 Cost. e all'art. 8, numero 1), ed al

Titolo VI del D.P.R. n. 670 del 1972; 7) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9,

comma 28, promosse in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost.; 8) non fondate le questioni di

legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 29, promosse in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119

Cost..

(103) La Corte costituzionale, con ordinanza 16 aprile - 5 maggio 2014, n. 113 (Gazz. Uff. 7 maggio 2014, n.

20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale

dell'art. 9, comma 21, sollevate in riferimento, nel complesso, agli artt. 3, 36, 53 e 97 della Costituzione.

(104) La Corte costituzionale, con sentenza 9 - 18 luglio 2014, n. 219 (Gazz. Uff. 23 luglio 2014, n. 31, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato, fra l'altro, non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9,

comma 23 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 35, 36, 39, 42, 53 e 97 Cost..

(105) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno - 23 luglio 2015, n. 178 (Gazz. Uff. 29 luglio 2015, n.

30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, inammissibili le questioni di

legittimità costituzionale dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, sollevate in

riferimento agli artt. 35, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato,

inoltre, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, non fondate le questioni di legittimità costituzionale

dell'art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3,

primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione.

(106) Sull'applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma vedi l'art. 6, comma 1, D.L. 31 marzo

2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 maggio 2011, n. 75, l'art. 1, comma 6-bis, D.L. 29

dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, l'art. 10, comma 10-

bis, D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125, l'art. 4,

comma 3, D.L. 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 2 maggio 2014, n. 68, l'art. 11,

comma 4-ter, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 e,

successivamente, l'art. 1, comma 532, L. 23 dicembre 2014, n. 190.

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(107) Vedi, anche, il D.P.R. 21 aprile 2011, il D.P.C.M. 7 luglio 2011, il D.P.C.M. 29 ottobre 2012, il

D.P.C.M. 31 gennaio 2013, il D.P.C.M. 21 febbraio 2013, il D.P.C.M. 27 marzo 2013, il D.P.C.M. 17

dicembre 2013, l'art. 1, commi 2 e 3, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11

agosto 2014, n. 114 e il D.P.C.M. 29 luglio 2014.

(108) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 1, comma 5, Ordinanza 12 luglio 2011, n.

3951 e l'art. 37, comma 11, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011,

n. 111.

(109) Vedi, anche, l'art. 35, comma 6, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24

marzo 2012, n. 27.

(110) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 55, comma 1-quater, D.L. 24 gennaio 2012,

n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, l'art. 4, comma 9-bis, D.L. 31 agosto 2013,

n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125 e l'art. 8, comma 1, D.L. 31 maggio

2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2014, n. 106. Vedi, anche, l'art. 8, comma 10-

bis, D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2014, n. 89 e l'art. 9-decies,

comma 2, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

(111) Vedi, anche, l'art. 4, comma 9, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7

agosto 2012, n. 135.

(112) Per la sospensione dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma, vedi l'art. 3-bis,

comma 1, lett. a), D.L. 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 dicembre 2012, n.

231.

(113) Vedi, anche, il D.P.C.M. 3 aprile 2013.

(114) Vedi, anche, l'art. 1, comma 454, L. 27 dicembre 2013, n. 147.

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D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (1) (2).

Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 luglio 2011, n. 155.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.

CAPO III

Contenimento e razionalizzazione delle spese in materia di impiego pubblico, sanità, assistenza,

previdenza, organizzazione scolastica. Concorso degli enti territoriali alla stabilizzazione finanziaria

Art. 16 Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico

In vigore dal 17 luglio 2011

1. Al fine di assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in

materia di pubblico impiego adottate nell'ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013,

nonché ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per l'anno 2013

e ad euro 740 milioni di euro per l'anno 2014, ad euro 340 milioni di euro per l'anno 2015 ed a 370 milioni di

euro annui a decorrere dall'anno 2016 con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma

2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e

l'innovazione e dell'economia e delle finanze, può essere disposta:

a) la proroga di un anno dell'efficacia delle vigenti disposizioni in materia di limitazione delle facoltà

assunzionali per le amministrazioni dello Stato, ad esclusione dei Corpi di polizia, del Corpo nazionale dei

vigili del fuoco, per le agenzie fiscali, per gli enti pubblici non economici e per gli enti dell'articolo 70,

comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

b) la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti

economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni

medesime; (81) (82) (83)

c) la fissazione delle modalità di calcolo relative all'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale per gli

anni 2015-2017; (82) (84)

d) la semplificazione, il rafforzamento e l'obbligatorietà delle procedure di mobilità del personale tra le

pubbliche amministrazioni; (82) (83)

e) la possibilità che l'ambito applicativo delle disposizioni di cui alla lettera a) nonché, all'esito di apposite

consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego, alla

lettera b) sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati

settori; (82) (83)

f) l'inclusione di tutti i soggetti pubblici, con esclusione delle regioni e delle province autonome, nonché

degli enti del servizio sanitario nazionale, nell'ambito degli enti destinatari in via diretta delle misure di

razionalizzazione della spesa, con particolare riferimento a quelle previste dall'articolo 6 del decreto-legge 31

maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; (82) (83)

g) ulteriori misure di risparmio, razionalizzazione e qualificazione della spesa delle amministrazioni centrali

anche attraverso la digitalizzazione e la semplificazione delle procedure, la riduzione dell'uso delle

autovetture di servizio, la lotta all'assenteismo anche mediante estensione delle disposizioni di cui all'articolo

71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.

133, al personale del comparto sicurezza e difesa, con eccezione di quello impegnato in attività operative o

missioni, fatti salvi i contenuti del comma 1-bis del medesimo articolo, come modificato dall'articolo 17,

comma 23, lettera a), del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3

agosto 2009, n. 102 (78). (85)

2. Le disposizioni recate dal comma 1, lettera b), con riferimento al personale dipendente del Servizio

sanitario nazionale si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. (80)

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3. Nel caso in cui, in sede di attuazione del comma 1, non vengano adottati i provvedimenti ivi previsti

ovvero si verifichino risparmi di spesa inferiori, ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre

2009, n. 196, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, con proprio decreto, alla riduzione fino alla

concorrenza dello scostamento finanziario riscontrato, delle dotazioni finanziarie, iscritte a legislazione

vigente, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della citata legge n.

196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero. Dalle predette riduzioni sono esclusi il Fondo per

il finanziamento ordinario delle università, nonché le risorse destinate alla ricerca e al finanziamento del

cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, all'istruzione scolastica, nonché il fondo unico

per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, e le risorse destinate alla manutenzione ed alla

conservazione dei beni culturali.

4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 11, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono adottare entro il 31 marzo di ogni anno piani triennali di

razionalizzazione e riqualificazione della spesa, di riordino e ristrutturazione amministrativa, di

semplificazione e digitalizzazione, di riduzione dei costi della politica e di funzionamento, ivi compresi gli

appalti di servizio, gli affidamenti alle partecipate e il ricorso alle consulenze attraverso persone giuridiche.

Detti piani indicano la spesa sostenuta a legislazione vigente per ciascuna delle voci di spesa interessate e i

correlati obiettivi in termini fisici e finanziari.

5. In relazione ai processi di cui al comma 4, le eventuali economie aggiuntive effettivamente realizzate

rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente, dall'articolo 12 e dal presente articolo ai fini del

miglioramento dei saldi di finanza pubblica, possono essere utilizzate annualmente, nell'importo massimo del

50 per cento, per la contrattazione integrativa, di cui il 50 per cento destinato alla erogazione dei premi

previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. La restante quota è versata

annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria ad apposito capitolo

dell'entrata del bilancio dello Stato. La disposizione di cui al precedente periodo non si applica agli enti

territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle provincie autonome di Trento e di Bolzano, del SSN.

Le risorse di cui al primo periodo sono utilizzabili solo se a consuntivo è accertato, con riferimento a ciascun

esercizio, dalle amministrazioni interessate, il raggiungimento degli obiettivi fissati per ciascuna delle

singole voci di spesa previste nei piani di cui al comma 4 e i conseguenti risparmi. I risparmi sono certificati,

ai sensi della normativa vigente, dai competenti organi di controllo. Per la Presidenza del Consiglio dei

Ministri e i Ministeri la verifica viene effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento

della Ragioneria generale dello Stato per il tramite, rispettivamente, dell'UBRRAC e degli uffici centrali di

bilancio e dalla Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica.

6. I piani adottati dalle amministrazioni sono oggetto di informazione alle organizzazioni sindacali

rappresentative.

7. In ragione dell'esigenza di un effettivo perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede

europea relativamente alla manovra finanziaria per gli anni 2011-2013, qualora, per qualsiasi ragione,

inclusa l'emanazione di provvedimenti giurisdizionali diversi dalle decisioni della Corte costituzionale, non

siano conseguiti gli effetti finanziari utili conseguenti, per ciascuno degli stessi anni 2011-2013, alle

disposizioni di cui ai commi 2 e 22 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, i medesimi effetti finanziari sono recuperati, con misure di

carattere generale, nell'anno immediatamente successivo nei riguardi delle stesse categorie di personale cui si

applicano le predette disposizioni.

8. I provvedimenti in materia di personale adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ed in particolare le assunzioni a tempo

indeterminato, incluse quelle derivanti dalla stabilizzazione o trasformazione di rapporti a tempo

determinato, nonché gli inquadramenti e le promozioni posti in essere in base a disposizioni delle quali

venga successivamente dichiarata l'illegittimità costituzionale sono nulle di diritto e viene ripristinata la

situazione preesistente a far data dalla pubblicazione della relativa sentenza della Corte Costituzionale.

Ferma l'eventuale applicazione dell'articolo 2126 del codice civile in relazione alle prestazioni eseguite, il

dirigente competente procede obbligatoriamente e senza indugio a comunicare agli interessati gli effetti della

predetta sentenza sul relativo rapporto di lavoro e sul correlato trattamento economico e al ritiro degli atti

nulli. (79)

9. Il comma 5 dell'articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dai seguenti:

(77)

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«5. Le pubbliche amministrazioni dispongono per il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti

valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all'effettuazione della visita, tenendo

conto dell'esigenza di contrastare e prevenire l'assenteismo. Il controllo è in ogni caso richiesto sin dal primo

giorno quando l'assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative.

5-bis. Le fasce orarie di reperibilità entro le quali devono essere effettuate le visite di controllo e il regime

delle esenzioni dalla reperibilità sono stabiliti con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e

l'innovazione. Qualora il dipendente debba allontanarsi dall'indirizzo comunicato durante le fasce di

reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi,

che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all'amministrazione.

5-ter. Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per l'espletamento di visite, terapie, prestazioni

specialistiche od esami diagnostici l'assenza è giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata

dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione.»

10. Le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter, dell'articolo 55-septies, del decreto legislativo 30 marzo 2001,

n. 165, si applicano anche ai dipendenti di cui all'articolo 3 del medesimo decreto.

11. In tema di risoluzione del rapporto di lavoro l'esercizio della facoltà riconosciuta alle pubbliche

amministrazioni prevista dal comma 11 dell'articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito,

con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, non necessita di ulteriore

motivazione, qualora l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale

appositi criteri di applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti

organi di controllo.

(77) Alinea così modificato dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111.

(78) Lettera così modificata dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111.

(79) Per i limiti di applicabilità delle disposizioni, di cui al presente comma, vedi l'art. 11, comma 6-sexies,

D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14.

(80) L'art. 15, comma 25, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n.

135, ha interpretato il presente comma nel senso che le disposizioni ivi richiamate di limitazione della

crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni si

applicano, in quanto compatibili, anche al personale convenzionato con il servizio sanitario nazionale fin

dalla loro entrata in vigore.

(81) La Corte costituzionale, con sentenza 24 giugno-23 luglio 2015, n. 178 (Gazz. Uff. 29 luglio 2015, n. 30

- Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal

giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e nei termini indicati in motivazione, del

regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-

legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n.

111, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, D.P.R. 4 settembre 2013, n. 122; art. 1,

comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

(82) La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 4-7 giugno 2012, n. 149 (Gazz. Uff. 13

giugno 2012, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la

questione di legittimità costituzionale della presente lettera, sollevata in riferimento agli articoli 114, 117,

terzo comma, e 118 della Costituzione. La stessa Corte con successiva sentenza 24 giugno - 23 luglio 2015,

n. 178 (Gazz. Uff. 29 luglio 2015, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, nei sensi e nei limiti di cui in

motivazione, inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettere b) e c),

promosse in riferimento all'art. 35, primo comma, e all'art. 36, primo comma, della Costituzione; ha

dichiarato, inoltre, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, non fondate le questioni di legittimità

costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), promosse in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36,

primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione.

(83) La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 4-7 giugno 2012, n. 149 (Gazz. Uff. 13

giugno 2012, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la

questione di legittimità costituzionale della presente lettera, sollevata, in riferimento agli articoli 114, 117,

terzo comma, e 118 della Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna.

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(84) La Corte costituzionale, con sentenza 04 - 07 giugno 2012, n. 149 (Gazz. Uff. 13 giugno 2012, n. 24, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'articolo 16, comma 1, lettera c),

promossa dalla Regione Emilia Romagna in riferimento agli artt. 114, 117, terzo comma, e 118 della

Costituzione.

(85) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 4 settembre 2013, n. 122.

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D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (1) (2).

Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei

servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese

del settore bancario. (3)

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 luglio 2012, n. 156, S.O.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 7 agosto 2012, n. 135.

(3) Titolo così modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135. Precedentemente il titolo era il

seguente: «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini».

Art. 5 Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni

In vigore dal 28 agosto 2015

1. Ferma restando la diminuzione, sui ruoli emessi dall'1 gennaio 2013, di un punto della percentuale di

aggio sulle somme riscosse dalle società agenti del servizio nazionale della riscossione, le eventuali maggiori

risorse rispetto a quanto considerato nei saldi tendenziali di finanza pubblica, correlate anche al processo di

ottimizzazione ed efficientamento nella riscossione dei tributi e di riduzione dei costi di funzionamento del

gruppo Equitalia S.p.A., da accertare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi

entro il 30 novembre 2012, sono destinate alla riduzione, fino a un massimo di ulteriori quattro punti

percentuali, dello stesso aggio. Il citato decreto stabilisce, altresì, le modalità con le quali al gruppo Equitalia

S.p.A. è, comunque, assicurato il rimborso dei costi fissi di gestione risultanti dal bilancio certificato.

2. A decorrere dal 1° maggio 2014, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato

della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi

dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la

Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), non possono effettuare spese di ammontare

superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e

l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Tale limite può essere derogato, per il solo anno

2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Tale limite non si applica alle

autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti

agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del

fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari

svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-

operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS S.p.a. e sulla

rete delle strade provinciali e comunali, nonché per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e

degli uffici consolari svolti all'estero. I contratti di locazione o noleggio in corso alla data di entrata in vigore

del presente decreto possono essere ceduti, anche senza l'assenso del contraente privato, alle Forze di polizia,

con il trasferimento delle relative risorse finanziarie sino alla scadenza del contratto. (100) (99)

3. Fermi restando i limiti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 3 agosto 2011, l'utilizzo

delle autovetture di servizio e di rappresentanza assegnate in uso esclusivo è concesso per le sole esigenze di

servizio del titolare.

4. La violazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 è valutabile ai fini della responsabilità

amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

5. Al fine di garantire flessibilità e razionalità nella gestione delle risorse, in conseguenza della riduzione del

parco auto, il personale già adibito a mansioni di autista o di supporto alla gestione del parco auto, ove

appartenente ad altre amministrazioni, è restituito con decorrenza immediata alle amministrazioni di

appartenenza. Il restante personale è conseguentemente assegnato a mansioni differenti, con assegnazione di

un profilo professionale coerente con le nuove mansioni, ferma restando l'area professionale di appartenenza

ed il trattamento economico fondamentale in godimento.

6. Le disposizioni del presente articolo costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza

pubblica ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

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7. A decorrere dal 1° ottobre 2012 il valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica

dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica

amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1,

comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione

nazionale per le società e la borsa (Consob) non può superare il valore nominale di 7,00 euro. Eventuali

disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dal 1° ottobre

2012. I contratti stipulati dalle amministrazioni di cui al primo periodo per l'approvvigionamento dei buoni

pasto attribuiti al personale sono adeguati alla presente disposizione, anche eventualmente prorogandone la

durata e fermo restando l'importo contrattuale complessivo previsto. A decorrere dalla medesima data è fatto

obbligo alle università statali di riconoscere il buono pasto esclusivamente al personale contrattualizzato. I

risparmi derivanti dall'applicazione del presente articolo costituiscono economie di bilancio per le

amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento

dei saldi di bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i fondi per la contrattazione

integrativa. (101)

8. Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni

pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate

dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009,

n. 196, nonché delle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa

(Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno

luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si

applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione,

pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più

favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione

della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di

responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile. Il presente comma non si applica

al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto

fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie

spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie. (96)

9. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165

del 2001 (95), nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della

pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo

1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la

Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a

soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto

divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle

amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei

componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui

all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono

comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la

durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.

Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente

dell'amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma

nell'ambito della propria autonomia. (89)

10. All'articolo 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione

finanziaria, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti

modificazioni:

a) al comma 9, il primo periodo è sostituito dai seguenti:

«Al fine di razionalizzare i servizi di pagamento delle retribuzioni di cui all'articolo 1, comma 447, della

legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché

determinare conseguenti risparmi di spesa, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dal 1° ottobre 2012, stipulano convenzioni con il Ministero dell'economia

e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi per la fruizione dei

servizi di cui al presente comma, ovvero utilizzano i parametri di qualità e di prezzo previsti nel decreto di

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cui al quinto periodo del presente comma per l'acquisizione dei medesimi servizi sul mercato di riferimento.

La comparazione avviene con riferimento ai costi di produzione dei servizi, diretti e indiretti, interni ed

esterni sostenuti dalle pubbliche amministrazioni. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma

446, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sono tenute all'utilizzo dei servizi previsti nel decreto di cui al

quinto periodo del presente comma, senza il pagamento del contributo ivi previsto. Si applicano le

disposizioni di cui al comma 6.»; (90)

b) dopo il comma 9, sono inseriti i seguenti:

«9-bis. I contratti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 11, comma 9, aventi a oggetto i servizi

di pagamento degli stipendi di cui al decreto previsto al comma 9, in essere alla data di entrata in vigore della

presente disposizione, sono rinegoziati, con un abbattimento del costo del servizio non inferiore del 15 per

cento.

9-ter. Il commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi, di cui

all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio

2012, n. 94, recante disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, individua le regioni

assoggettate al piano di rientro previsto all'articolo 2, commi 77 e 78 della legge 23 dicembre 2009, n. 191

che, unitamente alle strutture sanitarie regionali, sono tenute a utilizzare i servizi pagamento degli stipendi di

cui al decreto previsto al comma 9. Il commissario definisce i tempi e le modalità di migrazione dei servizi.

9-quater. Ove non si ricorra alle convenzioni di cui all'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006,

n. 296, ovvero a quelle previste al comma 9 del presente articolo, gli atti e i contratti posti in essere in

violazione delle disposizioni sui parametri di prezzo e qualità sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e

determinano responsabilità erariale.» (90).

10-bis. Restano escluse dall'applicazione del comma 10, lettera b), capoverso 9-quater, le procedure di

approvvigionamento già attivate alla data di entrata in vigore del presente decreto. (91)

10-ter. Il comma 5 dell'articolo 8 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, è sostituito dal seguente:

«5. Al professore o ricercatore universitario rientrato nei ruoli è corrisposto un trattamento pari a quello

attribuito al collega di pari anzianità. In nessun caso il professore o ricercatore universitario rientrato nei

ruoli delle università può conservare il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o incarico

svolto precedentemente, qualsiasi sia l'ente o istituzione in cui abbia svolto l'incarico. L'attribuzione di

assegni ad personam in violazione delle disposizioni di cui al presente comma è illegittima ed è causa di

responsabilità amministrativa nei confronti di chi delibera l'erogazione». (91)

11. Nelle more dei rinnovi contrattuali previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 1º agosto 2011, n. 141, e

in attesa dell'applicazione di quanto disposto dall'articolo 19 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150,

le amministrazioni, ai fini dell'attribuzione del trattamento accessorio collegato alla performance individuale

sulla base di criteri di selettività e riconoscimento del merito, valutano la performance del personale

dirigenziale in relazione:

a) al raggiungimento degli obiettivi individuali e relativi all'unità organizzativa di diretta responsabilità,

nonché al contributo assicurato alla performance complessiva dell'amministrazione. Gli obiettivi,

predeterminati all'atto del conferimento dell'incarico dirigenziale, devono essere specifici, misurabili,

ripetibili, ragionevolmente realizzabili e collegati a precise scadenze temporali;

b) ai comportamenti organizzativi posti in essere e alla capacità di valutazione differenziata dei propri

collaboratori, tenuto conto delle diverse performance degli stessi. (92)

11-bis. Per gli stessi fini di cui al comma 11, la misurazione e valutazione della performance individuale del

personale è effettuata dal dirigente in relazione:

a) al raggiungimento di specifici obiettivi di gruppo o individuali;

b) al contributo assicurato alla performance dell'unità organizzativa di appartenenza e ai comportamenti

organizzativi dimostrati. (94)

11-ter. Nella valutazione della performance individuale non sono considerati i periodi di congedo di

maternità, di paternità e parentale. (94)

11-quater. Ciascuna amministrazione monitora annualmente, con il supporto dell'Organismo indipendente di

valutazione, l'impatto della valutazione in termini di miglioramento della performance e sviluppo del

personale, al fine di migliorare i sistemi di misurazione e valutazione in uso. (94)

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11-quinquies. Ai dirigenti e al personale non dirigenziale che risultano più meritevoli in esito alla

valutazione effettuata, comunque non inferiori al 10 per cento della rispettiva totalità dei dipendenti oggetto

della valutazione, secondo i criteri di cui ai commi 11 e 11-bis è attribuito un trattamento accessorio

maggiorato di un importo compreso, nei limiti delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del

decreto legislativo 1º agosto 2011, n. 141, tra il 10 e il 30 per cento rispetto al trattamento accessorio medio

attribuito ai dipendenti appartenenti alle stesse categorie, secondo le modalità stabilite nel sistema di cui

all'articolo 7 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. La presente disposizione si applica ai dirigenti

con riferimento alla retribuzione di risultato. (94)

[11-sexies. Le amministrazioni rendono nota l'entità del premio mediamente conseguibile dal personale

dirigenziale e non dirigenziale e pubblicano sui propri siti istituzionali i dati relativi alla distribuzione del

trattamento accessorio, in forma aggregata, al fine di dare conto del livello di selettività utilizzato nella

distribuzione dei premi e degli incentivi. (98) (97) ]

12. Dopo il comma 3 dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, è inserito il seguente:

«3-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, tutti gli stanziamenti

autorizzati ai sensi del comma 3 sono destinati, nei limiti delle risorse iscritte in bilancio a legislazione

vigente, alla copertura degli oneri relativi al funzionamento della Commissione per la valutazione, la

trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), ivi compresi i compensi per i componenti

della Commissione medesima».

13. L'articolo 17-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 è abrogato.

14. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 3, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,

convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, relativamente alle autorità portuali

le riduzioni ivi disposte sono ulteriormente aumentate del cinque per cento a decorrere dal 1° gennaio 2013

nei confronti dei presidenti, dei comitati portuali e dei collegi dei revisori dei conti, composti anche da

dipendenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in possesso di specifica professionalità.

14-bis. La Banca d'Italia, nell'ambito del proprio ordinamento, tiene conto dei principi di riduzione della

spesa contenuti nel presente decreto. (93)

(89) Comma modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 e dall'art. 6, comma 1, D.L. 24

giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114; per l'applicazione di tale

ultima disposizione vedi l'art. 6, comma 2 del medesimo D.L. n. 90/2014. Successivamente il presente

comma è stato così modificato dall'art. 17, comma 3, L. 7 agosto 2015, n. 124.

(90) Lettera così modificata dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.

(91) Comma inserito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.

(92) Comma così sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.

(93) Comma aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135.

(94) Comma inserito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, che sostituito l'originario comma 11

con gli attuali commi 11-bis, 11-ter, 11-quater, 11-quinquies e 11-sexies.

(95) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto: «decreto legislativo n. 165 del

2011».

(96) Comma così modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 e, successivamente, dall'art. 1,

comma 55, L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013; vedi, anche, l'art. 1, comma 56

della medesima L. 228/2012.

(97) Comma abrogato dall'art. 53, comma 1, lett. u), D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.

(98) Comma inserito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135, che sostituito l'originario comma 11

con gli attuali commi 11-bis, 11-ter, 11-quater, 11-quinquies e 11-sexies.

(99) Per le modalità di calcolo del limite di spesa previsto dal presente comma, vedi l'art. 1, comma 1, D.L.

31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 ottobre 2013, n. 125.

(100) Comma modificato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 e dall'art. 1, comma 315, L. 27

dicembre 2013, n. 147, a decorrere dal 1° gennaio 2014. Successivamente, il presente comma è stato così

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sostituito dall'art. 15, comma 1, D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno

2014, n. 89.

(101) La Corte costituzionale, con sentenza 16 - 19 luglio 2013, n. 225 (Gazz. Uff. 24 luglio 2013, n. 30, 1ª

Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art.

5, comma 7, promosse con riferimento agli artt. 3, 39, 41 e 97 della Costituzione e al «principio

dell'affidamento e della sicurezza giuridica»; ha inoltre dichiarato non fondate le questioni di legittimità

costituzionale dell'art. 5, comma 7, promosse in riferimento agli artt. 3, primo comma, lettera a), e 7 della

legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e agli artt. 117 e 119 della Costituzione.

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D.L. 6 marzo 2014, n. 16 (1) (2).

Disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure volte a

garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni scolastiche.

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 marzo 2014, n. 54.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1 L. 2 maggio 2014, n. 68.

Art. 4. Misure conseguenti al mancato rispetto di vincoli finanziari posti alla contrattazione integrativa

e all'utilizzo dei relativi fondi.

In vigore dal 6 maggio 2014

1. Le regioni e gli enti locali che non hanno rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva

integrativa sono obbligati a recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie a questa destinate,

rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale, le somme indebitamente erogate mediante il

graduale riassorbimento delle stesse, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente

a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli. Nei predetti casi, le regioni adottano misure di

contenimento della spesa per il personale, ulteriori rispetto a quelle già previste dalla vigente normativa,

mediante l'attuazione di piani di riorganizzazione finalizzati alla razionalizzazione e allo snellimento delle

strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con la contestuale riduzione

delle dotazioni organiche del personale dirigenziale in misura non inferiore al 20 per cento e della spesa

complessiva del personale non dirigenziale in misura non inferiore al 10 per cento. Gli enti locali adottano le

misure di razionalizzazione organizzativa garantendo in ogni caso la riduzione delle dotazioni organiche

entro i parametri definiti dal decreto di cui all'articolo 263, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000,

n. 267. Al fine di conseguire l'effettivo contenimento della spesa, alle unità di personale eventualmente

risultanti in soprannumero all'esito dei predetti piani obbligatori di riorganizzazione si applicano le

disposizioni previste dall'articolo 2, commi 11 e 12, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nei limiti temporali della vigenza della predetta norma. Le

cessazioni dal servizio conseguenti alle misure di cui al precedente periodo non possono essere calcolate

come risparmio utile per definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il

numero delle unità sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over. Le Regioni e gli enti locali

trasmettono entro il 31 maggio di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento

della funzione pubblica, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale

dello Stato e al Ministero dell'interno - Dipartimento per gli affari interni e territoriali, ai fini del relativo

monitoraggio, una relazione illustrativa ed una relazione tecnico-finanziaria che, con riferimento al mancato

rispetto dei vincoli finanziari, dia conto dell'adozione dei piani obbligatori di riorganizzazione e delle

specifiche misure previste dai medesimi per il contenimento della spesa per il personale ovvero delle misure

di cui al terzo periodo. (20)

2. Le regioni e gli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno possono compensare le somme

da recuperare di cui al primo periodo del comma 1, anche attraverso l'utilizzo dei risparmi effettivamente

derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa di cui al secondo e terzo periodo del comma 1

nonché di quelli derivanti dall'attuazione dell'articolo 16, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,

convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

3. Fermo restando l'obbligo di recupero previsto dai commi 1 e 2, non si applicano le disposizioni di cui al

quinto periodo del comma 3-quinquies dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agli atti

di costituzione e di utilizzo dei fondi, comunque costituiti, per la contrattazione decentrata adottati

anteriormente ai termini di adeguamento previsti dall'articolo 65 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.

150, e successive modificazioni, che non abbiano comportato il riconoscimento giudiziale della

responsabilità erariale, adottati dalle regioni e dagli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità

interno, la vigente disciplina in materia di spese e assunzione di personale, nonché le disposizioni di cui

all'articolo 9, commi 1, 2-bis, 21 e 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni. (21)

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3-bis. Al fine di prevenire l'insorgere di contenziosi a carico delle amministrazioni coinvolte, le regioni e gli

enti locali che, nel periodo 2010-2013, hanno attivato, anche attraverso l'utilizzo dei propri organismi

partecipati, anche superando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento

complessivo della spesa di personale limitatamente alla parte di spesa coperta dai finanziamenti regionali,

iniziative di politica attiva del lavoro finalizzate alla creazione di soluzioni occupazionali a tempo

determinato dei lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e

all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, possono, limitatamente al medesimo

periodo, provvedere al pagamento delle competenze retributive maturate, nel rispetto del patto di stabilità

interno e nei limiti delle disponibilità finanziarie, garantendo comunque la salvaguardia degli equilibri di

bilancio, senza che ciò determini l'applicazione delle sanzioni previste dalla legislazione vigente. (22)

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis sono limitate ai soli aspetti retributivi e non possono in alcun

modo comportare il consolidamento delle posizioni lavorative acquisite in violazione dei vincoli di finanza

pubblica. (22)

3-quater. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 4, comma 8, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101,

convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e dall'articolo 1, comma 209, della legge

27 dicembre 2013, n. 147. (22)

(20) Comma così modificato dalla legge di conversione 2 maggio 2014, n. 68.

(21) Comma così sostituito dalla legge di conversione 2 maggio 2014, n. 68.

(22) Comma aggiunto dalla legge di conversione 2 maggio 2014, n. 68.

22

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L. 23 dicembre 2014, n. 190 (1).

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 2014, n. 300, S.O.

Comma 420

In vigore dal 1 gennaio 2015

420. A decorrere dal 1° gennaio 2015, alle province delle regioni a statuto ordinario è fatto divieto:

a) di ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni concernenti la gestione dell'edilizia scolastica, la costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza;

c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell'ambito di procedure di mobilità;

d) di acquisire personale attraverso l'istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;

e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 90 e 110 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. I rapporti in essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;

f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni;

g) di attribuire incarichi di studio e consulenza.

Comma 421

In vigore dal 1 gennaio 2015

421. La dotazione organica delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario è

stabilita, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in misura pari alla spesa del

personale di ruolo alla data di entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56, ridotta rispettivamente,

tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari

al 30 e al 50 per cento e in misura pari al 30 per cento per le province, con territorio interamente montano e

confinanti con Paesi stranieri, di cui all'articolo 1, comma 3, secondo periodo, della legge 7 aprile 2014, n.

56. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i predetti enti possono deliberare

una riduzione superiore. Restano fermi i divieti di cui al comma 420 del presente articolo. Per le unità

soprannumerarie si applica la disciplina dei commi da 422 a 428 del presente articolo.

Comma 422

In vigore dal 1 gennaio 2015

422. Tenuto conto del riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, secondo modalità e criteri

definiti nell'ambito delle procedure e degli osservatori di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91,

della legge 7 aprile 2014, n. 56, è individuato, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della

presente legge, il personale che rimane assegnato agli enti di cui al comma 421 del presente articolo e quello

da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla

normativa vigente.

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Comma 423

In vigore dal 1 gennaio 2015

423. Nel contesto delle procedure e degli osservatori di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91,

della legge 7 aprile 2014, n. 56, sono determinati, con il supporto delle società in house delle

amministrazioni centrali competenti, piani di riassetto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale

degli enti di cui al comma 421. In tale contesto sono, altresì, definite le procedure di mobilità del personale

interessato, i cui criteri sono fissati con il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 30 del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per

accelerare i tempi di attuazione e la ricollocazione ottimale del personale, in relazione al riordino delle

funzioni previsto dalla citata legge n. 56 del 2014 e delle esigenze funzionali delle amministrazioni di

destinazione, si fa ricorso a strumenti informatici. Il personale destinatario delle procedure di mobilità è

prioritariamente ricollocato secondo le previsioni di cui al comma 424 e in via subordinata con le modalità di

cui al comma 425. Si applica l'articolo 1, comma 96, lettera a), della legge 7 aprile 2014, n. 56. A tal fine è

autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2015 e di 3 milioni di euro per l'anno 2016. (97)

(97) Vedi, anche, il D.M. 14 settembre 2015.

Comma 424

In vigore dal 15 agosto 2015

424. Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo

indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei vincitori di

concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della

presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di

mobilità. È fatta salva la possibilità di indire, nel rispetto delle limitazioni assunzionali e finanziarie vigenti,

le procedure concorsuali per il reclutamento a tempo indeterminato di personale in possesso di titoli di studio

specifici abilitanti o in possesso di abilitazioni professionali necessarie per lo svolgimento delle funzioni

fondamentali relative all'organizzazione e gestione dei servizi educativi e scolastici, con esclusione del

personale amministrativo, in caso di esaurimento delle graduatorie vigenti e di dimostrata assenza, tra le

unità soprannumerarie di cui al precedente periodo, di figure professionali in grado di assolvere alle predette

funzioni. Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le regioni e gli enti locali

destinano, altresì, la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e

2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario. Fermi restando i vincoli del patto di

stabilità interno e la sostenibilità finanziaria e di bilancio dell'ente, le spese per il personale ricollocato

secondo il presente comma non si calcolano, al fine del rispetto del tetto di spesa di cui al comma 557

dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il numero delle unità di personale ricollocato o

ricollocabile è comunicato al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la

semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro dell'economia e delle finanze nell'ambito delle

procedure di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Le

assunzioni effettuate in violazione del presente comma sono nulle. (98) (99) (100)

(98) Comma così modificato dall'art. 4, comma 2-bis, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

(99) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l'art. 7, comma 2-bis, D.L. 31 dicembre

2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11, come modificato dall'art. 1,

comma 398, L. 28 dicembre 2015, n. 208.

(100) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 1, commi 816 e 817, L. 28 dicembre 2015,

n. 208.

Comma 425

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In vigore dal 21 agosto 2015

425. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica avvia, presso le

amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non

economici, ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,

con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e Corpo nazionale dei vigili

del fuoco, del comparto scuola, AFAM ed enti di ricerca, una ricognizione dei posti da destinare alla

ricollocazione del personale di cui al comma 422 del presente articolo interessato ai processi di mobilità. Le

amministrazioni di cui al presente comma comunicano un numero di posti, soprattutto riferiti alle sedi

periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e

2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle

finalizzate all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti o approvate alla

data di entrata in vigore della presente legge. Il Dipartimento della funzione pubblica pubblica l'elenco dei

posti comunicati nel proprio sito istituzionale. Le procedure di mobilità di cui al presente comma si svolgono

secondo le modalità e le priorità di cui al comma 423, procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso

gli uffici giudiziari e facendo in tal caso ricorso al fondo di cui all'articolo 30, comma 2.3, del decreto

legislativo n. 165 del 2001, prescindendo dall'acquisizione al medesimo fondo del 50 per cento del

trattamento economico spettante al personale trasferito facente capo all'amministrazione cedente. Nelle more

del completamento del procedimento di cui al presente comma alle amministrazioni è fatto divieto di

effettuare assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni effettuate in violazione del presente comma sono

nulle. Il Ministero della giustizia, in aggiunta alle procedure di cui al presente comma e con le medesime

modalità, acquisisce, a valere sul fondo istituito ai sensi del comma 96, un contingente massimo di 2.000

unità di personale amministrativo proveniente dagli enti di area vasta, di cui 1.000 nel corso dell'anno 2016 e

1.000 nel corso dell'anno 2017, da inquadrare nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria. Attesa l'urgenza e

in deroga alle clausole dei contratti o accordi collettivi nazionali, la procedura di acquisizione di personale di

cui al presente comma ha carattere prioritario su ogni altra procedura di trasferimento all'interno

dell'amministrazione della giustizia. (102) (101) (103)

(101) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l'art. 7, comma 2-bis, D.L. 31 dicembre

2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11 e, successivamente, l'art. 16,

comma 1-quinquies, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n.

125.

(102) Comma così modificato dall'art. 21, comma 1, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con

modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132.

(103) In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 1, commi 329, 816 e 817, L. 28 dicembre

2015, n. 208.

Comma 426

In vigore dal 1 marzo 2015

426. In relazione alle previsioni di cui ai commi da 421 a 425 il termine del 31 dicembre 2016, previsto

dall'articolo 4, commi 6, 8 e 9, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 ottobre 2013, n. 125, per le finalità volte al superamento del precariato, è prorogato al 31 dicembre

2018, con possibilità di utilizzo, nei limiti previsti dal predetto articolo 4, per gli anni 2017 e 2018, delle

risorse per le assunzioni e delle graduatorie che derivano dalle procedure speciali. Fino alla conclusione delle

procedure di stabilizzazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 529, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le

regioni possono procedere alla proroga dei contratti a tempo determinato interessati alle procedure di cui al

presente periodo, fermo restando il rispetto dei vincoli previsti dall'articolo 1, comma 557, della legge 27

dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, in ogni caso nel rispetto degli obiettivi di finanza

pubblica. (104) (105)

(104) Comma così modificato dall'art. 1, comma 12-bis, D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con

modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11.

(105) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l'art. 7, comma 2-bis, D.L. 31 dicembre

2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11.

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Comma 427

In vigore dal 1 gennaio 2015

427. Nelle more della conclusione delle procedure di mobilità di cui ai commi da 421 a 428, il relativo

personale rimane in servizio presso le città metropolitane e le province con possibilità di avvalimento da

parte delle regioni e degli enti locali attraverso apposite convenzioni che tengano conto del riordino delle

funzioni e con oneri a carico dell'ente utilizzatore. Allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei

servizi per l'impiego anche le regioni possono avvalersi della previsione di cui al comma 429 ricorrendo

altresì, ove necessario, all'imputazione ai programmi operativi regionali cofinanziati dall'Unione europea con

i fondi strutturali, con relativa rendicontazione di spesa. A conclusione del processo di ricollocazione di cui

ai commi da 421 a 425, le regioni e i comuni, in caso di delega o di altre forme, anche convenzionali, di

affidamento di funzioni agli enti di cui al comma 421 o ad altri enti locali, dispongono contestualmente

l'assegnazione del relativo personale con oneri a carico dell'ente delegante o affidante, previa convenzione

con gli enti destinatari. (106)

(106) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l'art. 7, comma 2-bis, D.L. 31 dicembre

2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11.

Comma 428

In vigore dal 1 gennaio 2015

428. Al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il personale interessato ai processi di mobilità di cui ai commi da

421 a 425 non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta, ivi comprese le città

metropolitane, si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque

concludersi entro trenta giorni dalla relativa comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme

contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità contributiva.

Esclusivamente in caso di mancato completo assorbimento del personale in soprannumero e a conclusione

del processo di mobilità tra gli enti di cui ai commi da 421 a 425, si applicano le disposizioni dell'articolo 33,

commi 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (107)

(107) Sull'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l'art. 7, comma 2-bis, D.L. 31 dicembre

2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 febbraio 2015, n. 11.

Comma 429

In vigore dal 20 giugno 2015

429. Allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l'impiego, nonché la conduzione del

Piano per l'attuazione della raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013

sull'istituzione di una «Garanzia per i giovani», le città metropolitane e le province che, a seguito o in attesa

del riordino delle funzioni di cui all'articolo 1, commi 85 e seguenti, della legge 7 aprile 2014, n. 56,

continuino ad esercitare le funzioni ed i compiti in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del

lavoro, fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva

di personale, hanno facoltà di finanziare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato nonché di prorogare i

contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente

indispensabili per la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati,

a valere su piani e programmi nell'ambito dei fondi strutturali. (108)

(108) Comma così modificato dall'art. 15, comma 6, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125.

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L. 28 dicembre 2015, n. 208 (1).

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato

(legge di stabilità 2016).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 dicembre 2015, n. 302, S.O.

Comma 182

In vigore dal 1 gennaio 2016

182. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva

dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento,

entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui

corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione,

misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme

erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.

Comma 183

In vigore dal 1 gennaio 2016

183. Ai fini della determinazione dei premi di produttività, è computato il periodo obbligatorio di congedo di

maternità.

Comma 184

In vigore dal 1 gennaio 2016

184. Le somme e i valori di cui al comma 2 e all'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 51 del testo unico

di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei

limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all'imposta sostitutiva

disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell'eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del

lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182.

Comma 185

In vigore dal 1 gennaio 2016

185. Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le

ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette.

Comma 186

In vigore dal 1 gennaio 2016

186. Le disposizioni di cui ai commi da 182 a 185 trovano applicazione per il settore privato e con

riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell'anno precedente quello di

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percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 50.000. Se il sostituto d'imposta tenuto ad applicare

l'imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l'anno precedente,

il beneficiario attesta per iscritto l'importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno.

Comma 187

In vigore dal 1 gennaio 2016

187. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 182 a 191, le somme e i valori di cui ai

commi 182 e 184 devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all'articolo 51

del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Comma 188

In vigore dal 1 gennaio 2016

188. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e

delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono

stabiliti i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione

di cui al comma 182 nonché le modalità attuative delle previsioni contenute nei commi da 182 a 191,

compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all'organizzazione del lavoro, di cui al comma 189. Il

decreto prevede altresì le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali di cui al comma 187.

Comma 189

In vigore dal 1 gennaio 2016

189. Il limite di cui al comma 182 è aumentato fino ad un importo non superiore a 2.500 euro per le aziende

che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro, con le modalità specificate nel

decreto di cui al comma 188.

Comma 205

In vigore dal 1 gennaio 2016

205. Il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del

figlio, nonché il congedo facoltativo da utilizzare nello stesso periodo, in alternativa alla madre che si trovi in

astensione obbligatoria, previsti in via sperimentale per gli anni 2013, 2014 e 2015 dall'articolo 4, comma 24,

lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, sono prorogati sperimentalmente per l'anno 2016 ed il congedo

obbligatorio è aumentato a due giorni, che possono essere goduti anche in via non continuativa. Ai medesimi

congedi, obbligatorio e facoltativo, si applica la disciplina recata dal decreto del Ministro del lavoro e delle

politiche sociali 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013. Alla

copertura dell'onere derivante dal presente comma, valutato in 24 milioni di euro per l'anno 2016, si

provvede quanto a 14 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e

formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,

convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

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Comma 215

In vigore dal 1 gennaio 2016

215. Il termine del 31 dicembre 2015 di cui all'articolo 6, comma 6-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014,

n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, è differito al 31 dicembre 2016.

All'articolo 4, comma 9-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 ottobre 2013, n. 125, al quarto periodo, le parole: «per l'anno 2014» sono sostituite dalle seguenti:

«per l'anno 2015» e le parole: «fino al 31 dicembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «fino al 31 dicembre

2016»; al quinto periodo, le parole: «Per l'anno 2015» sono sostituite dalle seguenti: «Per l'anno 2016»; dopo

il quinto periodo sono aggiunti i seguenti: «Fermo restando il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1,

commi 557, 557-quater e 562, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la proroga può essere

disposta in deroga ai limiti o divieti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge. Per l'anno 2016, agli enti

territoriali di cui al primo periodo del presente comma, che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 259

del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non si applicano le disposizioni di cui ai

commi 6, 7 e 8 del medesimo articolo. Per gli stessi enti, la proroga dei rapporti di lavoro a tempo

determinato è subordinata all'assunzione integrale degli oneri a carico della regione ai sensi dall'articolo 259,

comma 10, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

Comma 216

In vigore dal 1 gennaio 2016

216. Nell'ottica di favorire il ricambio generazionale e l'immissione nella pubblica amministrazione di

personale altamente qualificato, oltre al reclutamento di professori e ricercatori previsto dai commi da 207 a

212 e dai commi da 247 a 252 e dei dirigenti vincitori di procedure selettive già gestite dalla Scuola

nazionale dell'amministrazione (SNA), le facoltà assunzionali nel triennio 2016-2018 delle amministrazioni

dello Stato sono prioritariamente finalizzate all'assunzione di cinquanta dirigenti mediante apposita

procedura selettiva gestita dalla SNA e di cinquanta unità nei profili iniziali della carriera prefettizia, nonché

di dieci avvocati dello Stato e dieci procuratori dello Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei

ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il

Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuati i criteri della procedura selettiva e della ripartizione

tra le amministrazioni interessate del personale dirigenziale.

Comma 217

In vigore dal 1 gennaio 2016

217. Il comma 1 dell'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

«1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione

bandito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Ministero dell'economia e delle

finanze, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni

di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Al

corso-concorso possono essere ammessi candidati in numero superiore a quello dei posti, secondo una

percentuale massima del 20 per cento, determinata dal decreto di cui all'ultimo periodo del presente comma.

Al concorso per l'accesso al corso-concorso può partecipare il personale docente ed educativo delle

istituzioni scolastiche ed educative statali in possesso del relativo diploma di laurea magistrale ovvero di

laurea conseguita in base al previgente ordinamento, che abbia maturato un'anzianità complessiva nel ruolo

di appartenenza di almeno cinque anni. E' previsto il pagamento di un contributo, da parte dei candidati, per

le spese della procedura concorsuale. Il concorso può comprendere una prova preselettiva e comprende una o

più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che superano l'eventuale preselezione, e una prova orale, a

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cui segue la valutazione dei titoli. Il corso-concorso si svolge in giorni e orari e con metodi didattici

compatibili con l'attività didattica svolta dai partecipanti, con eventuale riduzione del loro carico didattico.

Le spese di viaggio e alloggio sono a carico dei partecipanti. Con decreto del Ministro dell'istruzione,

dell'università e della ricerca sono definite le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, la durata

del corso e le forme di valutazione dei candidati ammessi al corso».

Comma 218

In vigore dal 1 gennaio 2016

218. All'articolo 17 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8

novembre 2013, n. 128, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è abrogato;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le risorse poste nella disponibilità della Scuola nazionale dell'amministrazione per il reclutamento e la

formazione iniziale dei dirigenti scolastici sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva

riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e

della ricerca e costituiscono limite di spesa per l'organizzazione dei corsi-concorsi di cui all'articolo 29 del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle

finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Comma 219

In vigore dal 1 gennaio 2016

219. Nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 8, 11 e 17 della legge 7 agosto

2015, n. 124, e dell'attuazione dei commi 422, 423, 424 e 425 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n.

190, e successive modificazioni, sono resi indisponibili i posti dirigenziali di prima e seconda fascia delle

amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e

successive modificazioni, come rideterminati in applicazione dell'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012,

n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, vacanti

alla data del 15 ottobre 2015, tenendo comunque conto del numero dei dirigenti in servizio senza incarico o

con incarico di studio e del personale dirigenziale in posizione di comando, distacco, fuori ruolo o

aspettativa. Gli incarichi conferiti a copertura dei posti dirigenziali di cui al primo periodo dopo la data ivi

indicata e fino alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di diritto alla medesima data di

entrata in vigore, con risoluzione dei relativi contratti. Sono fatti salvi i casi per i quali, alla data del 15

ottobre 2015, sia stato avviato il procedimento per il conferimento dell'incarico e, anche dopo la data di

entrata in vigore della presente legge, quelli concernenti i posti dirigenziali in enti pubblici nazionali o

strutture organizzative istituiti dopo il 31 dicembre 2011, i posti dirigenziali specificamente previsti dalla

legge o appartenenti a strutture organizzative oggetto di riordino negli anni 2014 e 2015 con riduzione del

numero dei posti e, comunque, gli incarichi conferiti a dirigenti assunti per concorso pubblico bandito prima

della data di entrata in vigore della presente legge o da espletare a norma del comma 216, oppure in

applicazione delle procedure di mobilità previste dalla legge. In ogni altro caso, in ciascuna amministrazione

possono essere conferiti incarichi dirigenziali solo nel rispetto del numero complessivo dei posti resi

indisponibili ai sensi del presente comma.

Comma 220

In vigore dal 1 gennaio 2016

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220. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 31 gennaio 2016, su proposta

del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia

e delle finanze, è effettuata la ricognizione delle dotazioni organiche dirigenziali delle amministrazioni dello

Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di

ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165, e successive modificazioni.

Comma 221

In vigore dal 1 gennaio 2016

221. Le regioni e gli enti locali provvedono alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche dirigenziali

secondo i rispettivi ordinamenti, nonché al riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando

eventuali duplicazioni. Allo scopo di garantire la maggior flessibilità della figura dirigenziale nonché il

corretto funzionamento degli uffici, il conferimento degli incarichi dirigenziali può essere attribuito senza

alcun vincolo di esclusività anche ai dirigenti dell'avvocatura civica e della polizia municipale. Per la

medesima finalità, non trovano applicazione le disposizioni adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della

legge 6 novembre 2012, n. 190, ove la dimensione dell'ente risulti incompatibile con la rotazione

dell'incarico dirigenziale.

Comma 222

In vigore dal 1 gennaio 2016

222. Per il comparto scuola e AFAM, nonché per le università, continuano a trovare applicazione le

specifiche discipline di settore.

Comma 225

In vigore dal 1 gennaio 2016

225. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo dell'articolo 8, comma 1,

lettera e), della legge 7 agosto 2015, n. 124, ferme restando le riduzioni delle dotazioni organiche previste

dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,

dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e la conseguente rideterminazione degli organici adottata con decreto del

Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 18

settembre 2015, il Ministero dell'interno provvede a predisporre il regolamento di organizzazione di cui

all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge

30 ottobre 2013, n. 125, intervenendo coerentemente con le disposizioni di cui al predetto decreto legislativo.

Entro il predetto termine, il medesimo Ministero provvede a dare attuazione alle disposizioni di cui

all'articolo 2, comma 11, lettera b), del citato decreto-legge n. 95 del 2012, con conseguente riassorbimento,

entro il successivo anno, degli effetti derivanti dalle riduzioni di cui al citato articolo 2, comma 1, lettere a) e

b). In caso di adozione del regolamento di cui al presente comma in data antecedente alla data di entrata in

vigore del decreto legislativo attuativo dell'articolo 8, comma 1, lettera e), della legge 7 agosto 2015, n. 124,

il Ministero dell'interno provvede esclusivamente agendo sugli uffici centrali.

Comma 226

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In vigore dal 1 gennaio 2016

226. Le regioni e gli enti locali che hanno conseguito gli obiettivi di finanza pubblica possono compensare le

somme da recuperare di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge 6 marzo 2014, n.

16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, anche attraverso l'utilizzo dei risparmi

effettivamente derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa adottate ai sensi del comma 221,

certificati dall'organo di revisione, comprensivi di quelli derivanti dall'applicazione del comma 228.

Comma 227

In vigore dal 1 gennaio 2016

227. Le amministrazioni di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90,

convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, possono procedere, per gli anni 2016, 2017

e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un

contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di

quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. Per i ricercatori e tecnologi restano ferme

le percentuali di turn over previste dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90,

convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Al fine di garantire la continuità

nell'attuazione delle attività di ricerca, tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 2, comma 4, del decreto

legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e nelle more della emanazione dei decreti di riordino di cui all'articolo 17,

comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, gli istituti e gli enti di ricerca possono continuare ad avvalersi

del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in essere alla data del 31 dicembre

2015, mediante l'attivazione, previa verifica di idoneità, di contratti a tempo determinato a valere sulle

risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive

modificazioni, nonché, nel limite del 30 per cento, sulle risorse derivanti dalle facoltà assunzionali

disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Per il

personale delle qualifiche dirigenziali, al netto delle posizioni rese indisponibili ai sensi del comma 219, è

assicurato nell'anno 2016 il turn over nei limiti delle capacità assunzionali. Resta escluso dalle disposizioni

di cui al presente comma il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Sono

conseguentemente ridotti gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni centrali.

Comma 228

In vigore dal 1 gennaio 2016

228. Le amministrazioni di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito,

con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, possono procedere, per gli

anni 2016, 2017 e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel

limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25

per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente. In relazione a quanto

previsto dal primo periodo del presente comma, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale

degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali, come individuato dall'articolo 1, comma 421,

della citata legge n. 190 del 2014, restano ferme le percentuali stabilite dall'articolo 3, comma 5, del decreto-

legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. Il comma 5-

quater dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11

agosto 2014, n. 114, è disapplicato con riferimento agli anni 2017 e 2018.

Comma 229

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In vigore dal 1 gennaio 2016

229. A decorrere dall'anno 2016, fermi restando i vincoli generali sulla spesa di personale, i comuni istituiti a

decorrere dall'anno 2011 a seguito di fusione nonché le unioni di comuni possono procedere ad assunzioni di

personale a tempo indeterminato nel limite del 100 per cento della spesa relativa al personale di ruolo cessato

dal servizio nell'anno precedente.

Comma 234

In vigore dal 1 gennaio 2016

234. Per le amministrazioni pubbliche interessate ai processi di mobilità in attuazione dei commi 424 e 425

dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le ordinarie facoltà di assunzione previste dalla

normativa vigente sono ripristinate nel momento in cui nel corrispondente ambito regionale è stato

ricollocato il personale interessato alla relativa mobilità. Per le amministrazioni di cui al citato comma 424

dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, il completamento della predetta ricollocazione nel relativo ambito

regionale è reso noto mediante comunicazione pubblicata nel portale «Mobilita.gov», a conclusione di

ciascuna fase del processo disciplinato dal decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica

amministrazione 14 settembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 30 settembre 2015. Per le

amministrazioni di cui al comma 425 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 si procede mediante

autorizzazione delle assunzioni secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

Comma 235

In vigore dal 1 gennaio 2016

235. All'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla

legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, le parole: «e, ove riassegnabili, in base alle vigenti

disposizioni, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio» sono soppresse.

Comma 236

In vigore dal 1 gennaio 2016

236. Nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 11 e 17 della legge 7 agosto 2015,

n. 124, con particolare riferimento all'omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale e

accessorio della dirigenza, tenuto conto delle esigenze di finanza pubblica, a decorrere dal 1º gennaio 2016

l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche

di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non può superare il corrispondente importo

determinato per l'anno 2015 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione

del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.

Comma 243

In vigore dal 1 gennaio 2016

243. Nelle more dei processi di riordino previsti dall'articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124, a decorrere

dal 1º gennaio 2016 lo stanziamento per il personale degli uffici di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto

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legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, compresi gli incarichi di collaborazione

coordinata e continuativa, è ridotto in misura pari al 10 per cento rispetto allo stanziamento dell'anno 2015.

Per le amministrazioni che dopo il 31 dicembre 2010 hanno disposto riduzioni corrispondenti a quella

prescritta dal presente comma, questa si intende già adempiuta.

Comma 466

In vigore dal 1 gennaio 2016

466. Per il triennio 2016-2018, in applicazione dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165, gli oneri posti a carico del bilancio statale sono quantificati, complessivamente, in 300 milioni

di euro a decorrere dall'anno 2016, di cui 74 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di

polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, e 7 milioni di euro per il restante personale

statale in regime di diritto pubblico.

Comma 467

In vigore dal 1 gennaio 2016

467. Le somme di cui al comma 466, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta

regionale sulle attività produttive (IRAP) di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a

costituire l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera g), della legge 31 dicembre

2009, n. 196.

Comma 468

In vigore dal 1 gennaio 2016

468. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 41, comma 2, primo periodo, le parole: «, per uno dei comparti di cui all'articolo 40, comma

2,» sono soppresse;

b) all'articolo 41, comma 2, secondo periodo, le parole: «, per uno dei comparti di cui all'articolo 40, comma

2,» sono soppresse;

c) all'articolo 41, comma 5, dopo le parole: «istituti comuni a più comparti» sono inserite le seguenti: «o che

si applicano a un comparto per il quale operano più comitati di settore».

Comma 469

In vigore dal 1 gennaio 2016

469. Per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione

statale, gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018, nonché quelli derivanti dalla

corresponsione dei miglioramenti economici al personale di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi dell'articolo 48, comma 2,

del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su

proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro

dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente

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legge, sono fissati i criteri di determinazione dei predetti oneri in coerenza con quanto previsto dal comma

466.

Comma 470

In vigore dal 1 gennaio 2016

470. Le disposizioni recate dal comma 469 si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio

sanitario nazionale.

Comma 672

In vigore dal 1 gennaio 2016

672. All'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge

22 dicembre 2011, n. 214, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, comma 6, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito,

con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,

da emanare entro il 30 aprile 2016, sentita la Conferenza unificata per i profili di competenza, previo parere

delle Commissioni parlamentari competenti, per le società direttamente o indirettamente controllate da

amministrazioni dello Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ad esclusione delle società emittenti strumenti

finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, sono definiti indicatori dimensionali

quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società.

Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale i consigli di

amministrazione di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la

determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai

dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo

dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche

dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni. Le società di cui al primo periodo verificano il

rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e

dipendenti fissato con il decreto di cui al presente comma. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni

legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al

presente comma».

Comma 673

In vigore dal 1 gennaio 2016

673. Il regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166,

continua a produrre i propri effetti fino all'adozione del decreto previsto dall'articolo 23-bis, comma 1, del

decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,

come sostituito dal comma 672 del presente articolo.

Comma 674

In vigore dal 1 gennaio 2016

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674. I commi 5-bis e 5-ter dell'articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con

modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono abrogati dalla data di adozione del decreto di cui

all'articolo 23-bis, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla

legge 22 dicembre 2011, n. 214, come sostituito dal comma 672 del presente articolo.

Comma 675

In vigore dal 1 gennaio 2016

675. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato e dalle altre amministrazioni pubbliche

di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,

nonché le società in regime di amministrazione straordinaria, ad esclusione delle società emittenti strumenti

finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate, pubblicano, entro trenta giorni dal

conferimento di incarichi di collaborazione, di consulenza o di incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali,

e per i due anni successivi alla loro cessazione, le seguenti informazioni:

a) gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico, l'oggetto della prestazione, la ragione dell'incarico e la

durata;

b) il curriculum vitae;

c) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, nonché agli

incarichi professionali, inclusi quelli arbitrali;

d) il tipo di procedura seguita per la selezione del contraente e il numero di partecipanti alla procedura.

Comma 676

In vigore dal 1 gennaio 2016

676. La pubblicazione delle informazioni di cui al comma 675, relativamente ad incarichi per i quali è

previsto un compenso, è condizione di efficacia per il pagamento stesso. In caso di omessa o parziale

pubblicazione, il soggetto responsabile della pubblicazione ed il soggetto che ha effettuato il pagamento sono

soggetti ad una sanzione pari alla somma corrisposta.

Comma 706

In vigore dal 1 gennaio 2016

706. All'articolo 41, comma 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni,

dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, la parola: «2015» è sostituita dalla seguente: «2016».

Comma 707

In vigore dal 1 gennaio 2016

707. A decorrere dall'anno 2016 cessano di avere applicazione l'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n.

183, e tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché i commi

461, 463, 464, 468, 469 e i commi da 474 a 483 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Restano

fermi gli adempimenti degli enti locali relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità

interno 2015, di cui ai commi 19, 20 e 20-bis dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché

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l'applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo all'anno 2015 o

relativo agli anni precedenti accertato ai sensi dei commi 28, 29 e 31 dell'articolo 31 della legge 12 novembre

2011, n. 183. Restano altresì fermi gli adempimenti delle regioni relativi al monitoraggio e alla certificazione

del pareggio di bilancio per l'anno 2015, di cui ai commi da 470 a 473 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre

2014, n. 190, nonché l'applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto dell'obiettivo del pareggio

relativo all'anno 2015. Sono fatti salvi gli effetti connessi all'applicazione negli anni 2014 e 2015 dei patti

orizzontali recati al comma 141 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, al comma 483

dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e al comma 7 dell'articolo 4-ter del decreto-legge 2

marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44.

Comma 708

In vigore dal 1 gennaio 2016

708. Il termine per l'invio delle deliberazioni, esclusivamente in via telematica, fissato al 10 settembre 2014

dall'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si applica ai soli comuni che non hanno

inviato in via telematica, entro il 23 maggio 2014, le deliberazioni di approvazione delle aliquote e delle

detrazioni ai fini del versamento della prima rata TASI entro il 16 giugno 2014.

Comma 709

In vigore dal 1 gennaio 2016

709. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 9 della

legge 24 dicembre 2012, n. 243, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto

delle disposizioni di cui ai commi da 707 a 734 del presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali

di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma,

della Costituzione.

Comma 710

In vigore dal 1 gennaio 2016

710. Ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti di cui al comma 709 devono

conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come

eventualmente modificato ai sensi dei commi 728, 730, 731 e 732.

Comma 711

In vigore dal 1 gennaio 2016

711. Ai fini dell'applicazione del comma 710, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5

dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle

ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e

nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa,

al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento.

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Comma 712

In vigore dal 1 gennaio 2016

712. A decorrere dall'anno 2016, al bilancio di previsione è allegato un prospetto obbligatorio contenente le

previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo di

cui al comma 710, come declinato al comma 711. A tal fine, il prospetto allegato al bilancio di previsione

non considera gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri

concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione. Il prospetto concernente il

rispetto del predetto saldo è definito secondo le modalità previste dall'articolo 11, comma 11, del decreto

legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Con riferimento all'esercizio 2016, il prospetto è allegato al bilancio di

previsione già approvato mediante delibera di variazione del bilancio approvata dal Consiglio entro sessanta

giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 11, comma 11, del decreto legislativo 23

giugno 2011, n. 118.

Comma 713

In vigore dal 1 gennaio 2016

713. Per l'anno 2016, nel saldo individuato ai sensi del comma 710 non sono considerate le spese sostenute

dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su

risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 480 milioni di euro. A tal

fine gli enti locali comunicano, entro il termine perentorio del 1º marzo, alla Presidenza del Consiglio dei

ministri - Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell'attuazione di interventi di riqualificazione

dell'edilizia scolastica, secondo modalità individuate e pubblicate nel sito istituzionale della medesima

Struttura, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere interventi di edilizia scolastica nel rispetto del

vincolo di cui ai commi 710 e 711. Gli spazi finanziari sono attribuiti secondo il seguente ordine prioritario:

a) spese sostenute per gli interventi di edilizia scolastica avviati dai comuni a seguito dell'articolo 48, comma

1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89,

spese sostenute dalle province e dalle città metropolitane per interventi di edilizia scolastica, nell'ambito

delle risorse assegnate ai sensi dell'articolo 1, comma 467, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonché

spese sostenute dai comuni a compartecipazioni e finanziamenti della Banca europea degli investimenti

(B.E.I.) destinati ad interventi di edilizia scolastica esclusi dal beneficio di cui al citato articolo 48, comma 1,

del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66; b) spese sostenute dagli enti locali a valere su stanziamenti di

bilancio ovvero su risorse acquisite mediante contrazione di mutuo, per interventi di edilizia scolastica

finanziati con le risorse di cui all'articolo 10 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104 (5), convertito, con

modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, e successive modificazioni; c) spese per interventi di

edilizia scolastica sostenute da parte degli enti locali. Gli enti locali beneficiari dell'esclusione e l'importo

dell'esclusione stessa sono individuati, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del

Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 15 aprile 2016. Qualora la richiesta complessiva

risulti superiore agli spazi finanziari disponibili, gli stessi sono attribuiti in misura proporzionale alle singole

richieste. Il monitoraggio degli interventi di edilizia scolastica avviene ai sensi del decreto legislativo 29

dicembre 2011, n. 229.

(5) NDR: In G.U. è riportato il seguente riferimento normativo non corretto: «decreto-legge 12 novembre

2013, n. 104».

Comma 714

In vigore dal 1 gennaio 2016

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714. Gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario

pluriennale o ne hanno conseguito l'approvazione ai sensi dell'articolo 243-bis del testo unico delle leggi

sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono ripianare la

quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero

dell'economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i medesimi enti, ferma restando la durata

massima del piano di riequilibrio come prevista dall'articolo 243-bis, comma 5, del citato testo unico di cui al

decreto legislativo n. 267 del 2000, possono provvedere a rimodulare o riformulare il precedente piano in

coerenza con l'arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e

passivi di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. La restituzione delle anticipazioni

di liquidità erogate agli enti di cui ai periodi precedenti, ai sensi degli articoli 243-ter e 243-quinquies del

citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è effettuata in un periodo massimo di trenta

anni decorrente dall'anno successivo a quello in cui viene erogata l'anticipazione.

Comma 715

In vigore dal 1 gennaio 2016

715. Gli enti locali che hanno conseguito l'approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ai

sensi dell'articolo 243-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto

legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per il periodo della durata del piano possono utilizzare le risorse derivanti

da operazioni di rinegoziazione di mutui nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi senza vincoli

di destinazione.

Comma 716

In vigore dal 1 gennaio 2016

716. Per l'anno 2016, nel saldo individuato ai sensi del comma 710 non sono considerate le spese sostenute

dagli enti locali per interventi di bonifica ambientale, conseguenti ad attività minerarie, effettuati a valere

sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite

massimo di 20 milioni di euro. A tale fine gli enti locali comunicano, entro il termine perentorio del 1º

marzo, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per

lo sviluppo delle infrastrutture idriche, secondo modalità individuate e pubblicate nel sito istituzionale della

medesima Struttura, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere gli interventi di cui al presente

comma nel rispetto del vincolo di cui ai commi 710 e 711. Gli enti locali beneficiari dell'esclusione e

l'importo dell'esclusione stessa sono individuati, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con

decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 15 aprile 2016. Qualora la richiesta

complessiva risulti superiore agli spazi finanziari disponibili, gli stessi sono attribuiti in misura proporzionale

alle singole richieste.

Comma 717

In vigore dal 1 gennaio 2016

717. L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), nell'ambito degli

investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della legge

30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, destina ulteriori 50 milioni di euro rispetto alle somme

indicate all'articolo 18, comma 8, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni,

dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, per la realizzazione delle scuole innovative, ivi compresa l'acquisizione

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delle relative aree di intervento di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 13 luglio 2015, n. 107. Rispetto

alle citate risorse i canoni di locazione da corrispondere all'INAIL sono posti a carico dello Stato nella

misura di euro 1,5 milioni annui a decorrere dall'anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo

«La Buona Scuola» per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica di cui all'articolo 1,

comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107. Le somme incassate dagli enti locali attraverso la cessione

delle aree di loro proprietà in favore dell'INAIL sono vincolate alla realizzazione delle ulteriori fasi

progettuali finalizzate alla cantierizzazione dell'intervento oggetto del concorso di cui al comma 155

dell'articolo 1 della citata legge n. 107 del 2015, in deroga a quanto previsto dal decreto-legge 19 giugno

2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125. Le eventuali somme residue

sono trasferite dagli enti locali al bilancio dello Stato per la riduzione dei canoni di cui al comma 158

dell'articolo 1 della citata legge n. 107 del 2015.

Comma 718

In vigore dal 1 gennaio 2016

718. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, comma 153, della legge 13 luglio

2015, n. 107, e quelle di cui all'articolo 1, comma 317, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, aventi ad

oggetto principalmente investimenti in strutture scolastiche, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli

infortuni sul lavoro (INAIL) è autorizzato a reclutare un apposito contingente di 20 unità di personale delle

amministrazioni pubbliche in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative in materia di

investimenti immobiliari e di appalti pubblici, selezionato con apposito bando di mobilità e a valere sulle

facoltà assunzionali dell'Istituto previste dalla legislazione vigente.

Comma 719

In vigore dal 1 gennaio 2016

719. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi a quanto disposto dai commi da 707 a 734 e per

l'acquisizione di elementi informativi utili per la finanza pubblica, gli enti di cui al comma 709 trasmettono

al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le

informazioni riguardanti le risultanze del saldo di cui al comma 710, con tempi e modalità definiti con

decreti del predetto Ministero sentite, rispettivamente, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la

Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Comma 720

In vigore dal 1 gennaio 2016

720. Ai fini della verifica del rispetto dell'obiettivo di saldo, ciascun ente è tenuto a inviare, utilizzando il

sistema web appositamente previsto nel sito «http://pareggiobilan-cioentiterritoriali.tesoro.it», entro il

termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento

della Ragioneria generale dello Stato una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente, ai sensi

dell'articolo 24 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante legale, dal

responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria, ove previsto, secondo

un prospetto e con le modalità definiti dai decreti di cui al comma 719. La trasmissione per via telematica

della certificazione ha valore giuridico ai sensi dell'articolo 45, comma 1, del codice di cui al decreto

legislativo 7 marzo 2005, n. 82. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del

31 marzo costituisce inadempimento all'obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione,

sebbene in ritardo, sia trasmessa entro trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto

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della gestione e attesti il conseguimento dell'obiettivo di saldo di cui al comma 710, si applicano le sole

disposizioni di cui al comma 723, lettera e).

Comma 721

In vigore dal 1 gennaio 2016

721. Decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione, in caso di

mancata trasmissione da parte dell'ente locale della certificazione, il presidente dell'organo di revisione

economico-finanziaria nel caso di organo collegiale, ovvero l'unico revisore nel caso di organo monocratico,

in qualità di commissario ad acta, provvede, pena la decadenza dal ruolo di revisore, ad assicurare

l'assolvimento dell'adempimento e a trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel

caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito

per l'approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell'obiettivo di saldo di cui al

comma 710, si applicano le sole disposizioni di cui al comma 723, lettere e) e f). Sino alla data di

trasmissione da parte del commissario ad acta, le erogazioni di risorse o trasferimenti da parte del Ministero

dell'interno relative all'anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, a tal fine, il Dipartimento

della Ragioneria generale dello Stato provvede a trasmettere apposita comunicazione al predetto Ministero.

Ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui al comma 723, decorsi sessanta giorni dal termine

stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione, l'invio della certificazione non dà diritto

all'erogazione da parte del Ministero dell'interno delle risorse o trasferimenti oggetto di sospensione.

Comma 722

In vigore dal 1 gennaio 2016

722. Decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione, gli enti di

cui al comma 709 non possono trasmettere nuove certificazioni a rettifica di quelle precedenti. Sono

comunque tenuti ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente, solo gli enti che rilevano,

rispetto a quanto già certificato, un peggioramento del proprio posizionamento rispetto all'obiettivo di saldo

di cui al comma 710.

Comma 723

In vigore dal 1 gennaio 2016

723. In caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 710, nell'anno successivo a quello

dell'inadempienza:

a) l'ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di

solidarietà comunale in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. Le province della

Regione siciliana e della regione Sardegna sono assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali nella

misura indicata al primo periodo. Gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle

province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti

erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all'importo corrispondente allo

scostamento registrato. In caso di incapienza gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello

Stato le somme residue presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al Capo X

dell'entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, articolo 2. In caso di mancato versamento delle predette

somme residue nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, il recupero è operato con le procedure di cui

ai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228;

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b) la regione è tenuta a versare all'entrata del bilancio dello Stato, entro sessanta giorni dal termine stabilito

per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio, l'importo corrispondente

allo scostamento registrato. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a

valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso

inutilmente il termine dei trenta giorni dal termine di approvazione del rendiconto della gestione per la

trasmissione della certificazione da parte della regione, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti

della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita;

c) l'ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura

superiore all'importo dei corrispondenti impegni effettuati nell'anno precedente a quello di riferimento;

d) l'ente non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in

essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di

credito devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento dell'obiettivo di cui al

primo periodo relativo all'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può

procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

e) l'ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia

contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche

con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di

servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;

f) l'ente è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del presidente, del sindaco e

dei componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione, con una riduzione del 30

per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2014. Gli importi di cui al periodo

precedente sono acquisiti al bilancio dell'ente.

Comma 724

In vigore dal 1 gennaio 2016

724. Agli enti per i quali il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 710 sia accertato

successivamente all'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, le sanzioni di cui al comma 723 si

applicano nell'anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento del predetto saldo.

La rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al comma 723, lettera f), è

applicata al presidente, al sindaco e ai componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuto il

mancato conseguimento. Gli importi di cui al periodo precedente sono acquisiti al bilancio dell'ente.

Comma 725

In vigore dal 1 gennaio 2016

725. Gli enti di cui al comma 724 sono tenuti a comunicare l'inadempienza entro trenta giorni

dall'accertamento della violazione mediante l'invio di una nuova certificazione al Ministero dell'economia e

delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Comma 726

In vigore dal 1 gennaio 2016

726. I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti, che si configurano elusivi delle regole di

cui ai commi da 707 a 734, sono nulli.

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Comma 727

In vigore dal 1 gennaio 2016

727. Qualora le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto delle regole di

cui ai commi da 707 a 734 è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta applicazione dei

princìpi contabili di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, o altre forme elusive, le stesse

irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle predette regole, la condanna ad una

sanzione pecuniaria fino a un massimo di dieci volte l'indennità di carica percepita al momento di

commissione dell'elusione e, al responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale

regionale della Corte dei conti, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al

netto degli oneri fiscali e previdenziali. Gli importi di cui al periodo precedente sono acquisiti al bilancio

dell'ente.

Comma 728

In vigore dal 1 gennaio 2016

728. Le regioni possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo di cui al comma

710 per consentire esclusivamente un aumento degli impegni di spesa in conto capitale, purché sia garantito

l'obiettivo complessivo a livello regionale mediante un contestuale miglioramento, di pari importo, del

medesimo saldo dei restanti enti locali della regione e della regione stessa. Per gli anni 2016 e 2017, la

Regione siciliana e le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta operano la compensazione mediante la

riduzione dell'obiettivo del patto di stabilità in termini di competenza eurocompatibile di cui all'articolo 1,

comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome

di Trento e di Bolzano mediante il contestuale miglioramento, di pari importo, del proprio saldo

programmatico riguardante il patto di stabilità interno.

Comma 729

In vigore dal 1 gennaio 2016

729. Gli spazi finanziari ceduti dalla regione sono assegnati tenendo conto prioritariamente delle richieste

avanzate dai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e dai comuni istituiti per fusione a partire

dall'anno 2011.

Comma 730

In vigore dal 1 gennaio 2016

730. Ai fini della rideterminazione degli obiettivi di cui al comma 728, le regioni e le province autonome

definiscono criteri di virtuosità e modalità operative, previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie

locali e, ove non istituito, con i rappresentanti regionali delle autonomie locali. Per i medesimi fini, gli enti

locali comunicano all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), all'Unione delle province d'Italia

(UPI) e alle regioni e alle province autonome, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi finanziari

di cui necessitano per effettuare esclusivamente impegni in conto capitale ovvero gli spazi finanziari che

sono disposti a cedere. Entro i termini perentori del 30 aprile e del 30 settembre, le regioni e le province

autonome comunicano agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e al Ministero dell'economia e

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delle finanze, con riferimento a ciascun ente locale e alla stessa regione o provincia autonoma, gli elementi

informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica anche con

riferimento a quanto disposto dal comma 731. Gli spazi finanziari attribuiti e non utilizzati per impegni in

conto capitale non rilevano ai fini del conseguimento del saldo di cui al comma 710.

Comma 731

In vigore dal 1 gennaio 2016

731. Agli enti locali che cedono spazi finanziari è riconosciuta, nel biennio successivo, una modifica

migliorativa del saldo di cui al comma 710, commisurata al valore degli spazi finanziari ceduti, fermo

restando l'obiettivo complessivo a livello regionale. Agli enti locali che acquisiscono spazi finanziari, nel

biennio successivo, sono attribuiti saldi obiettivo peggiorati per un importo complessivamente pari agli spazi

finanziari acquisiti. La somma dei maggiori spazi finanziari concessi e attribuiti deve risultare, per ogni anno

di riferimento, pari a zero.

Comma 732

In vigore dal 1 gennaio 2016

732. Gli enti locali che prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto

al saldo di cui al comma 710 possono richiedere, per la quota di spazi finanziari non soddisfatta tramite il

meccanismo di cui al comma 728, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria

generale dello Stato, mediante il sito web «http://pareggio-bilancioentiterritoriali.tesoro.it» appositamente

predisposto, entro il termine perentorio del 15 giugno, gli spazi di cui necessitano nell'esercizio in corso per

sostenere impegni di spesa in conto capitale. Gli enti locali che prevedono di conseguire, nell'anno di

riferimento, un differenziale positivo rispetto al saldo di cui al comma 710, possono comunicare al Ministero

dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, mediante il sito web

«http://pareggiobilancioentiterri-toriali.tesoro.it» appositamente predisposto, entro il termine perentorio del

15 giugno, gli spazi che intendono cedere nell'esercizio in corso. Qualora l'entità delle richieste pervenute

dagli enti superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili, l'attribuzione è effettuata in misura

proporzionale agli spazi finanziari richiesti. Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 10

luglio, aggiorna gli obiettivi degli enti interessati dalla acquisizione e cessione di spazi finanziari di cui al

presente comma, con riferimento all'anno in corso e al biennio successivo. Agli enti che acquisiscono spazi

finanziari è peggiorato, nel biennio successivo, l'obiettivo per un importo annuale pari alla metà della quota

acquisita, mentre agli enti che cedono spazi finanziari l'obiettivo di ciascun anno del biennio successivo è

migliorato in misura pari alla metà del valore degli spazi finanziari ceduti. La somma dei maggiori spazi

finanziari ceduti e di quelli attribuiti, per ogni anno di riferimento, è pari a zero.

Comma 733

In vigore dal 1 gennaio 2016

733. Qualora risultino, anche sulla base dei dati del monitoraggio di cui al comma 719, andamenti di spesa

degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l'Unione europea, il Ministro dell'economia e

delle finanze, sentite la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti

tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, propone adeguate misure di

contenimento della predetta spesa.

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Comma 734

In vigore dal 1 gennaio 2016

734. Per gli anni 2016 e 2017, alle regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, alla

Regione siciliana e alle province autonome di Trento e di Bolzano non si applicano le disposizioni di cui al

comma 723 del presente articolo e resta ferma la disciplina del patto di stabilità interno recata dall'articolo 1,

commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo

Stato.

Comma 735

In vigore dal 30 dicembre 2015

735. All'articolo 1, comma 466, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dopo il numero 3) è aggiunto il

seguente:

«3-bis) nei saldi di competenza, gli impegni del perimetro sanitario del bilancio, finanziati dagli utilizzi del

risultato di amministrazione relativo alla gestione sanitaria formatosi negli esercizi antecedenti l'anno 2015».

Comma 736

In vigore dal 1 gennaio 2016

736. La disposizione di cui al comma 735 entra in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge

nella Gazzetta Ufficiale.

Comma 737

In vigore dal 1 gennaio 2016

737. Per gli anni 2016 e 2017, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico

delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della

Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, fatta eccezione per le sanzioni di cui all'articolo 31, comma 4-bis, del

medesimo testo unico, possono essere utilizzati per una quota pari al 100 per cento per spese di

manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione

delle opere pubbliche.

Comma 738

In vigore dal 1 gennaio 2016

738. All'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 28 gennaio 2014, n. 4, convertito, con modificazioni,

dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, le parole: «sino alla data del 31 dicembre 2015» sono sostituite dalle

seguenti: «sino alla data del 31 dicembre 2016».

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Comma 739

In vigore dal 1 gennaio 2016

739. L'articolo 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla

legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui abroga l'articolo 11, comma 10, della legge 27 dicembre 1997,

n. 449, relativo alla facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell'imposta comunale sulla pubblicità, ai sensi

e per gli effetti dell'articolo 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si interpreta nel senso che l'abrogazione non

ha effetto per i comuni che si erano già avvalsi di tale facoltà prima della data di entrata in vigore del

predetto articolo 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012.

Comma 740

In vigore dal 1 gennaio 2016

740. Al comma 19 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,

dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: «a favore delle società partecipate non quotate che abbiano

registrato» sono sostituite dalle seguenti: «a favore delle società partecipate, con esclusione delle società

quotate e degli istituti bancari, che abbiano registrato».

Comma 741

In vigore dal 1 gennaio 2016

741. Al fine di consentire il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 6 della legge 29 novembre 1984,

n. 798, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2016 e di 10 milioni

di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2022 destinati ai comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino-

Treporti, previa ripartizione eseguita dal Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo di cui all'articolo 4

della medesima legge n. 798 del 1984.

Comma 742

In vigore dal 1 gennaio 2016

742. L'Autorità di regolazione dei trasporti, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico,

l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e il Garante per la protezione dei dati personali sono assoggettati

alla normativa di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e inseriti nella tabella A allegata

alla stessa legge.

Comma 743

In vigore dal 1 gennaio 2016

743. Alla data del 1º marzo 2016 i cassieri delle Autorità di cui al comma 742 provvedono a versare le

disponibilità liquide depositate presso gli stessi sulle rispettive contabilità speciali, sottoconto fruttifero,

aperte presso la tesoreria statale. Restano escluse dall'applicazione della presente disposizione le disponibilità

liquide rivenienti da operazioni di mutuo, prestito e ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun

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contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle regioni o di altre pubbliche

amministrazioni.

Comma 744

In vigore dal 1 gennaio 2016

744. I cassieri delle Autorità di cui al comma 742 adeguano l'operatività dei servizi di cassa intrattenuti con

le stesse Autorità alle disposizioni di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e relative norme

amministrative di attuazione.

Comma 745

In vigore dal 1 gennaio 2016

745. Le Autorità di cui al comma 742 provvedono a smobilizzare gli eventuali investimenti finanziari entro il

30 giugno 2016, riversando le relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale. Sono

esclusi dallo smobilizzo i titoli di Stato italiani e le altre tipologie di investimento individuate dal decreto del

Ministero dell'economia e delle finanze 27 aprile 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30

aprile 2012. Le Autorità possono non smobilizzare gli investimenti in strumenti finanziari, come definiti dal

testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, solo nel caso in cui il loro valore di mercato

in uno dei giorni compresi tra il 16 e il 31 maggio 2016 sia inferiore al prezzo di acquisto.

Comma 746

In vigore dal 1 gennaio 2016

746. Sono considerate assoggettabili al regime di tesoreria unica, con la procedura di cui all'articolo 2, quarto

comma, della citata legge n. 720 del 1984, le Autorità amministrative indipendenti, quali enti e organismi di

diritto pubblico, che riscuotono diritti o contributi obbligatori aventi valore di tributi statali, pur in assenza di

trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato.

Comma 747

In vigore dal 1 gennaio 2016

747. Per il triennio 2016-2018 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 637, 638 e

642, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Comma 748

In vigore dal 1 gennaio 2016

748. In considerazione dell'adozione del bilancio unico d'ateneo, previsto dal decreto legislativo 27 gennaio

2012, n. 18, il fabbisogno finanziario programmato per l'anno 2016 del sistema universitario, di cui

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all'articolo 1, commi 637, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato incrementando del 3 per cento

il fabbisogno programmato per l'anno 2015.

Comma 749

In vigore dal 1 gennaio 2016

749. Il comma 639 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«639. Il fabbisogno programmato di ciascuno degli enti di ricerca indicati al comma 638 è determinato

annualmente dal Ministero dell'economia e delle finanze nella misura inferiore tra il fabbisogno

programmato e quello realizzato nell'anno precedente, incrementato del 4 per cento. Non concorrono alla

determinazione del fabbisogno finanziario annuale: a) i pagamenti derivanti dagli accordi di programma e

convenzioni per effetto dei quali gli enti medesimi agiscono in veste di attuatori dei programmi e delle

attività per conto e nell'interesse dei Ministeri che li finanziano, nei limiti dei finanziamenti concessi; b) i

pagamenti dell'Agenzia spaziale italiana (ASI) relativi alla contribuzione annuale dovuta all'Agenzia spaziale

europea (ESA), in quanto correlati ad accordi internazionali, nonché i pagamenti per programmi in

collaborazione con la medesima ESA e i programmi realizzati con leggi speciali, ivi compresa la

partecipazione al programma "Sistema satellitare di navigazione globale GNSS-Galileo" ai sensi della legge

29 gennaio 2001, n. 10, e dell'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128; c) i

pagamenti del Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste relativi alla contribuzione

annuale dovuta alla Società consortile Elettra Sincrotrone di Trieste, di interesse nazionale, di cui all'articolo

10, comma 4, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, di cui il Consorzio detiene la maggioranza del capitale

sociale. Al fine di consentire il monitoraggio dell'utilizzo del fabbisogno finanziario programmato, gli enti di

ricerca indicati al comma 638 comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della

Ragioneria generale dello Stato, entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di riferimento, i

pagamenti di cui alle lettere a), b) e c). I Ministeri vigilanti, ciascuno per i propri enti di ricerca, comunicano

al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il 20

gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, l'ammontare complessivo dei finanziamenti concessi a

ciascun ente di ricerca, erogati a fronte dei pagamenti di cui alla lettera a)».

Comma 750

In vigore dal 1 gennaio 2016

750. Per l'anno 2016, nel saldo individuato ai sensi del comma 710 non sono considerate le spese sostenute

da Roma Capitale per la realizzazione del Museo nazionale della Shoah, effettuate a valere sull'avanzo di

amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 3

milioni di euro.

Comma 751

In vigore dal 1 gennaio 2016

751. Il Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro, entro il 31 maggio e il 30

novembre di ciascun anno, propone alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'aggiornamento del piano di

rientro di cui all'articolo 14, comma 13-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con

modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni. Con decreto del Presidente del

Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno, entro i

successivi trenta giorni è approvato l'aggiornamento del piano di rientro. Per l'anno 2016, l'aggiornamento

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del piano, secondo le modalità di cui al periodo precedente, è proposto entro il 31 gennaio, il 31 maggio e il

30 novembre.

Comma 752

In vigore dal 1 gennaio 2016

752. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti

giuridici sorti sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 agosto 2015, relativo alla

nomina del Commissario straordinario del Governo per la gestione del piano di rientro di cui all'articolo 78

del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e

successive modificazioni, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 settembre 2015, avente

ad oggetto, tra l'altro, la ricognizione della attuale consistenza e della composizione della massa attiva e della

massa passiva comprese nel predetto piano.

Comma 753

In vigore dal 1 gennaio 2016

753. L'articolo 16, comma 4-ter, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla

legge 2 maggio 2014, n. 68, e l'articolo 78, comma 2, lettera b), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,

convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono abrogati. Il quinto e il sesto periodo

dell'articolo 14, comma 13-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla

legge 30 luglio 2010, n. 122, sono soppressi.

Comma 754

In vigore dal 1 gennaio 2016

754. Alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario è attribuito un contributo

complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al

2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, di cui 245 milioni di euro per l'anno 2016, 220

milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno

2021 a favore delle province e 250 milioni di euro a favore delle città metropolitane, finalizzato al

finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica. Con decreto

del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delegato per

gli affari regionali e le autonomie, da adottare entro il 28 febbraio 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed

autonomie locali, è stabilito il riparto del contributo di cui al periodo precedente, tenendo anche conto degli

impegni desunti dagli ultimi tre rendiconti disponibili relativi alle voci di spesa di cui al primo periodo.

Comma 755

In vigore dal 1 gennaio 2016

755. Al comma 540 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, le parole: «con una dotazione di 125

milioni di euro per l'anno 2016 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020» sono

sostituite dalle seguenti: «con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020».

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Comma 756

In vigore dal 1 gennaio 2016

756. Per l'esercizio 2016, le province e le città metropolitane:

a) possono predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2016;

b) al fine di garantire il mantenimento degli equilibri finanziari, possono applicare al bilancio di previsione

l'avanzo libero e destinato.

Comma 757

In vigore dal 1 gennaio 2016

757. Al comma 3 dell'articolo 1-ter del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni,

dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «riclassificato secondo lo

schema di cui all'allegato 9 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni».

Comma 758

In vigore dal 1 gennaio 2016

758. Al fine di garantire l'equilibrio della situazione corrente per l'anno 2016 dei bilanci delle città

metropolitane e delle province, le regioni, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8

del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono operare lo svincolo dei

trasferimenti correnti e in conto capitale già attribuiti ai predetti enti e affluiti nell'avanzo di amministrazione

vincolato dell'anno 2015. Le quote dell'avanzo di amministrazione dell'anno 2015 così svincolate sono

applicate al bilancio di previsione per l'anno 2016 delle città metropolitane e delle province dopo

l'approvazione del rendiconto dell'esercizio 2015. I trasferimenti oggetto di svincolo possono essere

rifinanziati a valere sulle annualità successive all'anno 2015 del bilancio delle regioni.

Comma 759

In vigore dal 1 gennaio 2016

759. All'articolo 1, comma 430, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono apportate le seguenti

modificazioni:

a) le parole: «nell'anno 2015» sono sostituite dalle seguenti: «negli anni 2015 e 2016»;

b) dopo la parola: «richiedente» sono aggiunte le seguenti: «, che può utilizzare gli eventuali risparmi di rata,

nonché quelli provenienti dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi senza vincoli di destinazione. Le

operazioni di rinegoziazione di cui al primo periodo possono essere effettuate anche nel corso dell'esercizio

provvisorio di cui all'articolo 163 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al

decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fermo restando l'obbligo, per gli enti, di effettuare le relative

iscrizioni nel bilancio di previsione».

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Comma 760

In vigore dal 1 gennaio 2016

760. All'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla

legge 6 agosto 2015, n. 125, le parole: «per l'anno 2014» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2014 e

2015».

Comma 761

In vigore dal 1 gennaio 2016

761. Il Fondo nazionale per la montagna di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è finanziato

per un importo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.

Comma 762

In vigore dal 1 gennaio 2016

762. Le norme finalizzate al contenimento della spesa di personale che fanno riferimento al patto di stabilità

interno si intendono riferite agli obiettivi di finanza pubblica recati dai commi da 707 a 734. Restano ferme

le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e le altre disposizioni

in materia di spesa di personale riferite agli enti che nell'anno 2015 non erano sottoposti alla disciplina del

patto di stabilità interno.

Comma 763

In vigore dal 1 gennaio 2016

763. In considerazione delle particolari condizioni geo-politiche del comune di Campione d'Italia, anche a

seguito degli effetti finanziari negativi connessi al tasso di cambio del franco svizzero, è attribuito al

medesimo comune un contributo di 9 milioni di euro per l'anno 2016. Per l'anno 2016 la dotazione del Fondo

di solidarietà comunale di cui al comma 380-ter dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, da

ripartire sulla base dei criteri di cui ai numeri da 1) a 3) della lettera b) del medesimo comma 380-ter, è

ridotta di 9 milioni di euro.

Comma 764

In vigore dal 1 gennaio 2016

764. Nello stato di previsione del Ministero dell'interno è istituito, per l'anno 2016, un fondo con la dotazione

di 60 milioni di euro. Il fondo è costituito mediante l'utilizzo delle risorse delle amministrazioni centrali

disponibili per le assunzioni di cui all'articolo 1, comma 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che sono

conseguentemente ridotte. Una quota pari al 66 per cento del predetto fondo è destinata alle province delle

regioni a statuto ordinario che non riescono a garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente

per l'anno 2016, ed è ripartita entro il 28 febbraio 2016, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con

il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie,

secondo le modalità e i criteri definiti in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nelle more del

completamento del processo di riordino delle funzioni da parte delle regioni e del trasferimento definitivo del

personale soprannumerario nelle amministrazioni pubbliche, la restante quota del 34 per cento del fondo è

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finalizzata esclusivamente a concorrere alla corresponsione del trattamento economico al medesimo

personale. Con decreto del Ministro dell'interno, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica

amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delegato per gli affari

regionali e le autonomie, la predetta quota del 34 per cento del fondo di cui al presente comma è ripartita tra

le amministrazioni interessate in proporzione alle unità di personale dichiarato in soprannumero, e non

ancora ricollocato, secondo le risultanze del monitoraggio attivato ai sensi dell'articolo 1, commi 424 e 425,

della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e del relativo decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica

amministrazione 14 settembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 30 settembre 2015.

Comma 765

In vigore dal 1 gennaio 2016

765. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 1, comma 95,

della legge 7 aprile 2014, n. 56, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione

del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto

1997, n. 281, è nominato un commissario al fine di assicurare, nelle regioni che a tale data non hanno

provveduto a dare attuazione all'accordo tra Stato e regioni sancito in sede di Conferenza unificata l'11

settembre 2014, il completamento degli adempimenti necessari a rendere effettivo, entro il 30 giugno 2016, il

trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie relative alle funzioni non fondamentali delle

province e delle città metropolitane, in attuazione della riforma di cui alla citata legge n. 56 del 2014. Al

commissario di cui al presente comma non è corrisposto alcun compenso, indennità, rimborso spese o

emolumento comunque denominato; il commissario può avvalersi, ai predetti fini, degli uffici e delle

strutture di amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e locali. All'attuazione del presente comma si

provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nell'ambito del

bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri e comunque senza nuovi o maggiori oneri a

carico della finanza pubblica.

Comma 766

In vigore dal 1 gennaio 2016

766. Il commissario, sentite le regioni interessate, adotta gli atti necessari per il trasferimento delle risorse di

cui al comma 765, come quantificate ai sensi dell'articolo 1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n.

190, intendendosi che, in assenza di disposizioni legislative regionali e fatta salva la loro successiva

adozione, sono attribuite alla regione le funzioni non fondamentali delle province e città metropolitane. Per il

trasferimento del personale, il commissario opera secondo i criteri individuati ai sensi della legge n. 56 del

2014, nei limiti della capacità di assunzione e delle relative risorse finanziarie della regione ovvero della

capacità di assunzione e delle relative risorse finanziarie dei comuni che insistono nel territorio della

provincia o città metropolitana interessata, avvalendosi delle procedure previste dal decreto del Ministro per

la semplificazione e la pubblica amministrazione 14 settembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.

227 del 30 settembre 2015.

Comma 767

In vigore dal 1 gennaio 2016

767. Per le regioni che hanno adottato in via definitiva la legge attuativa dell'accordo tra Stato e regioni

sancito in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014 ma non hanno completato il trasferimento delle

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risorse, il commissario opera d'intesa con il Presidente della regione, secondo le modalità previste dalla legge

regionale.

Comma 768

In vigore dal 1 gennaio 2016

768. Il personale delle città metropolitane e delle province che si è collocato in posizione utile nelle

graduatorie redatte dal Ministero della giustizia a seguito del bando di mobilità adottato con ricorso al fondo

di cui all'articolo 30, comma 2.3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inquadrato, entro il 31

gennaio 2016, nei ruoli del Ministero della giustizia con assegnazione negli uffici giudiziari secondo le

risultanze delle medesime graduatorie, a prescindere dal nulla osta dell'ente di provenienza.

Comma 769

In vigore dal 1 gennaio 2016

769. L'acquisizione di personale delle città metropolitane e delle province ai sensi dell'articolo 1, comma

425, settimo e ottavo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è effettuata prescindendo dall'assenso

dell'ente di provenienza.

Comma 770

In vigore dal 1 gennaio 2016

770. All'articolo 5, comma 3, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla

legge 6 agosto 2015, n. 125, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Qualora le leggi regionali riallochino le

funzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personale presso le città metropolitane e le province per

l'esercizio delle funzioni di vigilanza connesse alle funzioni non fondamentali oggetto di riordino, con

copertura dei relativi oneri, la dotazione organica degli enti di area vasta, ridotta ai sensi dell'articolo 1,

comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è rideterminata in aumento in misura corrispondente al

personale riallocato».

Comma 771

In vigore dal 1 gennaio 2016

771. Al fine di supportare il processo di digitalizzazione in corso presso gli uffici giudiziari e per dare

compiuta attuazione al trasferimento al Ministero della giustizia delle spese obbligatorie per il

funzionamento degli uffici giudiziari effettuato ai sensi dell'articolo 1, commi da 526 a 530, della legge 23

dicembre 2014, n. 190, il Ministero della giustizia acquisisce un contingente massimo di 1.000 unità di

personale amministrativo proveniente dagli enti di area vasta, nel biennio 2016 e 2017, da inquadrare nel

ruolo dell'amministrazione giudiziaria, attingendo prioritariamente alla graduatoria, in corso di validità, ove

sia utilmente collocato il personale di cui al comma 769 del presente articolo, ovvero mediante il portale di

cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 2014. Qualora entro novanta giorni

dall'avvio del procedimento di acquisizione del personale per mobilità non sia possibile procedere con le

modalità di cui al periodo precedente, l'acquisizione del personale proveniente dagli enti di area vasta è

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effettuata mediante procedure di mobilità volontaria semplificate prescindendo dall'assenso

dell'amministrazione di appartenenza.

Comma 772

In vigore dal 1 gennaio 2016

772. Le unità di personale che transitano presso il Ministero della giustizia ai sensi dei commi 768, 769 e 771

sono portate a scomputo del personale soprannumerario adibito alle funzioni non fondamentali degli enti di

area vasta.

Comma 773

In vigore dal 1 gennaio 2016

773. All'articolo 21-quater, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito,

con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, le parole: «a indire le procedure di contrattazione

collettiva ai fini della definizione di procedure interne» sono sostituite dalle seguenti: «a indire una o più

procedure interne, nel rispetto del citato CCNL comparto Ministeri 1998/2001 e successivi contratti

integrativi dello stesso».

Comma 774

In vigore dal 1 gennaio 2016

774. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, comma 9-quinquies, del decreto-legge 19 giugno 2015, n.

78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125.

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GIURISPRUDENZA

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Sentenza 178/2015

Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA

INCIDENTALE

Presidente CRISCUOLO - Redattore SCIARRA

Udienza Pubblica del 23/06/2015 Decisione del 24/06/2015

Deposito del 23/07/2015 Pubblicazione in G. U. 29/07/2015 n. 30

Norme impugnate: Art. 9, c. 1°, 2° bis, 17°, primo periodo, e 21°, ultimo periodo, del decreto

legge 31/05/2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, c. 1°,

della legge 30/07/2010, n. 122; art. 16, c. 1°, lett. b) e c), del decreto legge

06/07/2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, c. 1°, della

legge 15/07/2011, n. 111.

Massime: 38533 38534 38535 38536 38537 38538 38539 38540

Atti decisi: ordd. 76 e 125/2014

SENTENZA N. 178

ANNO 2015

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Paolo

GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo

CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo,

del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di

competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.

122 e dell’art. 16, comma 1, lettere b) e c) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la

stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011,

n. 111, promossi dal Tribunale ordinario di Roma con ordinanza del 27 novembre 2013 e dal Tribunale

ordinario di Ravenna con ordinanza del 1° marzo 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 76 e 125 del registro

ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22 e 35, prima serie speciale,

dell’anno 2014.

Visti gli atti di costituzione di FLP – Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altra, di Nardini

Graziella ed altri, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Federazione

GILDA-UNAMS, della CONFEDIR – Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della

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pubblica amministrazione e della CSE – Confederazione indipendente sindacati europei;

udito nell’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi gli avvocati Tommaso De Grandis per la Federazione GILDA-UNAMS, Sergio Galleano per la

CONFEDIR – Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione,

Michele Lioi per la CSE – Confederazione indipendente sindacati europei, Michele Lioi, Stefano Viti e

Michele Mirenghi per la FLP – Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altra, Pasquale

Lattari per Nardini Graziella ed altri e l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio

dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza depositata il 27

novembre 2013 e iscritta al n. 76 del registro ordinanze 2014, ha sollevato questione di legittimità

costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure

urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni,

dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio

2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1,

comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, prospettando la violazione degli artt. 2, 3, primo comma, 35,

primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53 della Costituzione.

1.1.– Il giudice rimettente espone di dover esaminare i ricorsi presentati il 26 ottobre 2012 dalla Federazione

lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP) e dalla Federazione italiana autonoma lavoratori pubblici

(FIALP), in qualità di firmatarie dei contratti collettivi stipulati con l’Agenzia per la rappresentanza

negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per il personale della Presidenza del Consiglio dei

ministri e del comparto ministeri e per il personale degli enti pubblici non economici.

I sindacati ricorrenti nel giudizio principale hanno chiesto di accertare il diritto a dar corso alle procedure

contrattuali e negoziali, relative al triennio 2010-2012, per il personale di cui all’art. 2, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle

amministrazioni pubbliche) e di condannare l’ARAN ad avviare le trattative per il rinnovo dei contratti,

deducendo, a sostegno di tali domande, l’illegittimità costituzionale della normativa che “congela” i

trattamenti economici percepiti dai dipendenti e “blocca” la contrattazione collettiva «con possibilità di

proroga anche per l’anno 2014».

Nel giudizio principale, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per contestare la fondatezza

del ricorso, l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale, per carenza del requisito

dell’incidentalità, nonché per contestare la sussistenza dei dedotti profili di contrasto con i parametri

costituzionali evocati.

Il giudice rimettente ha disatteso le eccezioni pregiudiziali, mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, e

ha ritenuto che risulti soddisfatto il requisito dell’incidentalità.

L’esame della questione di legittimità costituzionale, invero, rappresenterebbe l’antecedente ineludibile per

giungere all’accertamento del diritto (art. 39, primo comma, Cost.), invocato dalla parte ricorrente. Tali

considerazioni confermerebbero la rilevanza della questione, poiché il diritto della parte ricorrente ad avviare

la contrattazione con riferimento al periodo 2010-2012 discenderebbe dal vaglio di costituzionalità della

norma in esame.

Con riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, il giudice

rimettente argomenta che la sospensione della contrattazione collettiva determina una interruzione delle

procedure negoziali che si propongono di garantire la proporzionalità tra il lavoro prestato e la retribuzione

dovuta.

La sospensione della contrattazione sui trattamenti retributivi fino al 31 dicembre 2014 si accompagna

all’impossibilità di qualsivoglia recupero, se solo si considera che, indipendentemente dalle ragioni poste a

base della decretazione d’urgenza, si riscontra un prolungamento dei limiti posti all’autonomia collettiva.

Tali limiti confliggerebbero con il dettato degli artt. 35, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo

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comma, Cost.

Le disposizioni censurate, inoltre, si porrebbero in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., anche in

relazione all’art. 2 Cost. Le misure di risanamento sarebbero, infatti, destinate a ripercuotersi sulle

retribuzioni dei soli pubblici dipendenti, così violando il principio di eguaglianza tra i cittadini e il dovere di

solidarietà politica, sociale ed economica di cui agli artt. 3, primo comma, e 2 Cost.

Tale dovere di solidarietà, difatti, non potrebbe non gravare sull’intera comunità.

Il giudice a quo osserva che la sospensione delle procedure contrattuali riguardanti gli incrementi retributivi,

protraendosi fino al 31 dicembre 2014, con esclusione di ogni possibilità di recupero e di ogni adeguamento

dell’indennità di vacanza contrattuale, interrompe la dinamica retributiva, senza presentare quei caratteri di

eccezionalità e di temporaneità che la Corte costituzionale ha ritenuto imprescindibili nel vagliare analoghe

misure di contenimento della spesa pubblica.

1.2.– Sono intervenute nel giudizio le organizzazioni sindacali FLP e FIALP, chiedendo l’accoglimento della

questione di legittimità costituzionale e lamentando, in particolare, l’irragionevole sacrificio dell’autonomia

collettiva, costituzionalmente garantita ed espressione del principio democratico e partecipativo che permea

la Carta costituzionale.

I sindacati intervenuti si dolgono del fatto che il legislatore abbia inibito del tutto alle organizzazioni

sindacali la libertà di modulare la contrattazione nella materia retributiva, alla luce della situazione

economica generale, così da impedire la ricerca di soluzioni volte a non far gravare i sacrifici sui lavoratori

più deboli.

A questa stregua, finanche i contratti collettivi dal contenuto prettamente normativo, che non incidono sulla

spesa pubblica, sarebbero stati arbitrariamente preclusi.

La disciplina, destinata a penalizzare in misura esorbitante il lavoro pubblico, sarebbe discriminatoria

rispetto a quella applicabile al settore privato, non coinvolto da alcuna misura di contenimento delle

retribuzioni, e lo sarebbe anche rispetto a quella che concerne il personale delle Forze armate, delle Forze di

polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che beneficerebbe di assegni una tantum nel corso del

triennio di blocco degli adeguamenti retributivi.

1.3.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto di dichiarare l’infondatezza della questione.

Il blocco delle retribuzioni sarebbe legittimo, in quanto circoscritto ad un periodo contenuto, in

concomitanza con una situazione eccezionale di emergenza economica e finanziaria, e risponderebbe

all’obiettivo di rispettare l’equilibrio di bilancio (art. 81 Cost.) adottando politiche proiettate in un periodo

che necessariamente travalica l’anno.

La difesa dello Stato rileva che il giudice rimettente censura la violazione dell’art. 53 Cost. soltanto nella

parte dispositiva. Tale censura, oltretutto, sarebbe carente di fondamento, in quanto difetterebbero gli

elementi caratteristici del prelievo tributario.

Quanto al merito della questione e all’adombrata violazione dell’art. 39, primo comma, Cost., l’Avvocatura

generale dello Stato ribatte che non ha alcuna ragion d’essere una contrattazione collettiva che non possa

approdare ad un risultato utile per le parti rappresentate.

La difesa dello Stato esclude che vi siano illegittime disparità di trattamento tra lavoratori privati e lavoratori

alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, in considerazione delle difformità delle fattispecie

comparate.

1.4.– Nel giudizio è intervenuta la Federazione GILDA-UNAMS, che asserisce di essere legittimata ad

intervenire, in quanto portatrice di una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata dall’esito del

giudizio di legittimità costituzionale.

L’art. 64, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001 offrirebbe un argomento a favore dell’ammissibilità

dell’intervento, in quanto accorderebbe alle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi la

facoltà di intervenire nel giudizio anche oltre il termine previsto dall’art. 419 del codice di procedura civile.

La Federazione, qualificandosi come firmataria dell’ultimo contratto di lavoro del 27 novembre 2007 e come

organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa del personale del comparto scuola, ha chiesto, in

prima battuta, la rimessione della questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267,

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comma 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in quanto la disciplina impugnata

violerebbe la direttiva 11 marzo 2002, n. 2002/14/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, che

istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori).

La normativa, inoltre, contravverrebbe alla Carta sociale europea (art. 6, sul diritto di negoziazione

collettiva), riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 9

febbraio 1999, n. 30, e agli artt. 27 e 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata

a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che tutelano, rispettivamente, il

diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’àmbito dell’impresa e il diritto di

negoziazione e di azioni collettive.

La Federazione ha chiesto l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, rilevando che è

affidata all’autonomia collettiva, sacrificata dalle disposizioni impugnate, la garanzia del rispetto del

principio di proporzionalità tra il lavoro svolto e la retribuzione e che, alla luce della giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza 7 giugno 2011, Agrati e altri contro Italia), il credito del

lavoratore si configura come proprietà, tutelata anche ai sensi dell’art. 1 Primo Protocollo addizionale alla

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a

Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.

La norma impugnata istituirebbe, in spregio all’art. 53 Cost., un prelievo tributario e pregiudicherebbe il

diritto dei lavoratori a percepire una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto,

violando, inoltre, i princípi di affidamento, di buona fede e di eguaglianza sostanziale.

1.5.– Nel giudizio è intervenuta la Confederazione indipendente sindacati europei (CSE), insistendo per

l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale.

La CSE asserisce di vantare un interesse qualificato, inerente al rapporto sostanziale e idoneo a giustificare

l’ammissibilità dell’intervento, poiché avrebbe sottoscritto, unitamente alla FLP, ricorrente nel giudizio

principale, il contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale della Presidenza del Consiglio dei

ministri per il biennio economico 2006-2007 e il contratto collettivo, riguardante il medesimo comparto, per

il biennio economico 2008-2009.

Da tale status discenderebbe l’interesse qualificato a intervenire nel giudizio di costituzionalità, poiché le

disposizioni impugnate lederebbero l’esercizio delle prerogative negoziali della Confederazione.

La Confederazione in parola, quanto al merito delle questioni, ha rilevato che le norme censurate arrestano

per un quadriennio la dinamica salariale e comprimono, per lo stesso considerevole arco di tempo,

l’autonomia collettiva, tutelata dall’art. 39, primo comma, Cost. e dalle fonti sovranazionali.

Fra tali fonti sovranazionali, la Confederazione menziona l’art. 6 della Carta sociale europea, l’art. 28 della

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’art. 152 del TFUE, gli artt. 11, 12, 13 e 14 della Carta

comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata a Strasburgo il 9 dicembre 1989, la

Convenzione n. 151 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), relativa alla protezione del diritto

di organizzazione e alle procedure per la determinazione delle condizioni di impiego nella funzione pubblica,

adottata a Ginevra il 27 giugno 1978 nel corso della 64ª sessione della Conferenza generale, ratificata e resa

esecutiva con legge 19 novembre 1984, n. 862.

La parte intervenuta osserva che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la mancata attuazione dell’art. 39,

secondo comma, Cost. non dovrebbe giustificare alcun impedimento alla libertà d’azione dei sindacati e al

potere di stipulare contratti, seppure vincolanti soltanto per gli iscritti.

La Confederazione soggiunge che le uniche limitazioni ammesse dovrebbero essere eccezionali, transitorie,

non arbitrarie, consentanee con lo scopo prefisso.

Nel caso di specie, per contro, l’intervento legislativo, discriminatorio rispetto ai lavoratori pubblici e

immemore del canone di ragionevolezza, avrebbe «annichilito» la libertà sindacale.

1.6.– Nel giudizio è intervenuta anche la Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e direttivi della

pubblica amministrazione (CONFEDIR), rivendicando, a sostegno dell’ammissibilità dell’intervento, un

ruolo primario di rappresentanza delle aree dirigenziali, leso dalle norme censurate e idoneo a giustificare la

partecipazione al giudizio di costituzionalità di una organizzazione, firmataria degli accordi del 1993, del

1998, del 2009 e chiamata, in particolare, a partecipare a tutti i tavoli di contrattazione relativi alle aree

dirigenziali II, III, IV.

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La CONFEDIR sollecita la rimessione della questione, anche d’ufficio, alla Corte di giustizia dell’Unione

europea, individuando una violazione della direttiva n. 2002/14/CE sull’informazione e sulla consultazione

dei lavoratori.

Essa denuncia, inoltre, la violazione degli artt. 5 e 6 della Carta sociale europea, che tutelano,

rispettivamente, i diritti sindacali e il diritto di negoziazione collettiva, la violazione degli artt. 27 e 28 della

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che attengono al diritto dei lavoratori all’informazione e

alla consultazione nell’àmbito dell’impresa e al diritto di negoziazione e di azioni collettive, il contrasto

inconciliabile delle norme impugnate con la Convenzione OIL n. 87, firmata a San Francisco il 17 giugno

1948, concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, e con la Convenzione OIL n. 98,

firmata a Ginevra l’8 giugno 1949, concernente l’applicazione dei Principi del diritto di organizzazione e di

negoziazione collettiva, entrambe ratificate e rese esecutive con legge 23 marzo 1958, n. 367.

1.7.– In prossimità dell’udienza, la difesa dello Stato ha depositato una memoria illustrativa, che ribadisce le

argomentazioni già svolte.

La difesa dello Stato ha imputato ai giudici rimettenti di non avere esplorato la possibilità di

un’interpretazione costituzionalmente orientata, di non avere offerto argomentazioni convincenti in merito

alla rilevanza, trascurando, inoltre, lo stato di emergenza, in cui le misure si collocano.

Così inquadrata, la normativa impugnata andrebbe esente dalle censure di violazione degli artt. 2 e 3, primo

comma, Cost.

Essa non avrebbe natura tributaria, perseguirebbe l’obiettivo di razionalizzare e contenere la spesa pubblica,

in un’ottica di programmazione di bilancio necessariamente pluriennale, e si limiterebbe a imporre un

contributo equamente distribuito tra tutte le componenti dell’apparato pubblico, senza arrecare alcun vulnus

al principio di proporzionalità della retribuzione al lavoro svolto.

Neppure le doglianze sulla violazione dell’art. 39, primo comma, Cost. coglierebbero nel segno, giacché la

contrattazione collettiva avrebbe avuto occasione di svolgersi sia a livello nazionale, sia decentrato.

1.8.– In vista dell’udienza, hanno depositato una memoria illustrativa anche la FIALP e la FLP, replicando

che le disposizioni impugnate hanno irragionevolmente limitato e perfino «annichilito», per un arco

temporale di ben cinque anni, quella libertà sindacale, che proprio nella libertà di contrattazione ha la sua

espressione caratteristica.

La contrattazione collettiva nel settore del lavoro pubblico, che può essere limitata in ragione di esigenze

finanziarie di carattere generale e delle risorse concretamente disponibili (art. 47 del d.lgs. n. 165 del 2001),

non dovrebbe essere sospesa per un periodo così lungo.

Pur in assenza di risorse finanziarie, le parti collettive potrebbero operare interventi redistributivi e

perequativi, per erogare tutela nei confronti delle fasce di lavoratori a più basso reddito.

Per contro, in conseguenza delle misure impugnate, il peso del risanamento dei conti pubblici graverebbe in

misura sproporzionata sulla sola categoria dei dipendenti pubblici.

2.– Con ordinanza depositata il 1° marzo 2014 e iscritta al n. 125 del registro ordinanze 2014, il Tribunale

ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale

dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010 e dell’art. 16,

comma 1, lettere b) e c), del d.l. n. 98 del 2011, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 35, primo

comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53 Cost.

2.1.– Il giudice rimettente espone di conoscere della controversia promossa da dipendenti del Ministero della

giustizia, in servizio presso il Tribunale ordinario di Ravenna.

I ricorrenti hanno chiesto, previo accertamento dell’illegittimità del blocco stipendiale e contrattuale, di

vedere riconosciuto il diritto all’aumento e/o all’adeguamento del trattamento retributivo, fermo al 2010, e

comunque il diritto all’indennizzo e/o all’indennità per il danno patito per effetto della violazione del diritto

a una retribuzione giusta e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato o perlomeno adeguata

all’inflazione e/o al costo della vita.

Il lavoro – allegano i ricorrenti – si sarebbe aggravato in conseguenza della diminuzione del numero dei

dipendenti dell’Ufficio per il “blocco” legislativo del turn over.

La controversia è stata incardinata dinanzi al Tribunale di Ravenna anche dalla CONFSAL-UNSA,

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Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori – Unione nazionale sindacati autonomi. In

qualità di sindacato maggiormente rappresentativo del comparto Ministeri e di sindacato primo per

rappresentatività del Ministero della giustizia, ha chiesto, in primo luogo, l’accertamento del diritto a

partecipare alle procedure contrattuali collettive e, in secondo luogo, è intervenuta in senso adesivo alle

ragioni dei propri iscritti.

Il Ministero della giustizia si è costituito nel giudizio principale, deducendo l’infondatezza delle domande e

delle questioni di legittimità costituzionale e sollevando eccezioni pregiudiziali d’incompetenza per

territorio, di carenza di legittimazione attiva e passiva delle parti.

Il giudice rimettente ha scelto di decidere, unitamente al merito della causa, le eccezioni relative

all’incompetenza per territorio, con riguardo alla posizione di D’A.C. e P.A., le eccezioni di difetto di

legittimazione attiva dei ricorrenti e di legittimazione passiva del Ministero della giustizia.

Quanto alle domande proposte dal sindacato, volte ad ottenere la riapertura della contrattazione collettiva, il

giudice rimettente si è spogliato della controversia a favore del Tribunale ordinario di Roma, in funzione di

giudice del lavoro. La competenza per territorio si radicherebbe innanzi a tale giudice, in quanto a Roma ha

sede il Ministero convenuto in causa.

Tale declaratoria d’incompetenza – ad avviso del giudice rimettente – non elide la rilevanza delle questioni

di legittimità costituzionale del blocco della contrattazione.

Il sindacato, difatti, avrebbe comunque titolo a sostenere le domande degli iscritti, che presuppongono

l’accertamento dell’illegittimità costituzionale di tale blocco.

In punto di rilevanza, il giudice rimettente evidenzia che la normativa censurata preclude l’accoglimento

delle domande dei ricorrenti.

Per quel che attiene alla non manifesta infondatezza, le disposizioni impugnate contrasterebbero con il

principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), poiché si rivolgerebbero ai soli pubblici dipendenti

“contrattualizzati”, senza coinvolgere altre categorie del lavoro pubblico (appartenenti al comparto scuola,

forze armate, prefetti, ambasciatori, magistrati).

Tali misure confliggerebbero con l’art. 3, primo comma, Cost., anche sotto il profilo dell’irragionevolezza

intrinseca, giacché sarebbero irrispettose dei caratteri di transitorietà e di eccezionalità, che la giurisprudenza

costituzionale ha indicato come parametri di legittimità di provvedimenti affini.

Il giudice rimettente scorge un altro profilo d’illegittimità costituzionale nel contrasto con la gradualità dei

sacrifici imposti (art. 53 Cost.) e la solidarietà (art. 2 Cost.).

La disciplina censurata, secondo questa prospettazione, penalizzerebbe i dipendenti pubblici che

percepiscono gli stipendi più bassi, preservando la posizione di quelli con redditi più elevati.

Il giudice rimettente segnala, inoltre, la violazione dell’art. 36, primo comma, Cost., rilevando che il blocco

contrattuale e stipendiale, protraendosi dal 2010, pregiudicherebbe il diritto a una retribuzione adeguata e

proporzionata al lavoro svolto. Il pregiudizio si aggraverebbe per effetto del blocco del turn over.

Il blocco contrattuale sarebbe lesivo dei princípi consacrati dagli artt. 35, primo comma, e 39, primo comma,

Cost., visto che andrebbe a detrimento dell’autonomia negoziale e della libertà sindacale riservata alle parti

nell’àmbito della contrattazione collettiva.

Gli interventi normativi, che limitano al 2013/2014 la riapertura delle procedure contrattuali soltanto per la

parte normativa, non varrebbero a mutare il quadro appena delineato.

2.2.– Nel giudizio sono intervenuti i lavoratori, ricorrenti nel giudizio a quo, e la Confederazione

CONFSAL-UNSA, chiedendo l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal

Tribunale ordinario di Ravenna, sotto tutti i profili evocati (violazione della libertà sindacale e

dell’autonomia collettiva, tutelate dall’art. 39, primo comma, Cost., violazione degli artt. 35, primo comma, e

36, primo comma, Cost., violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza).

2.3.– È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, con una memoria corredata anche da

una nota del Dipartimento della funzione pubblica, chiedendo di respingere le questioni di legittimità

costituzionale proposte dal Tribunale ordinario di Ravenna, in quanto irrilevanti, inammissibili e

manifestamente infondate.

L’Avvocatura generale dello Stato adombra, in via pregiudiziale, la carenza d’interesse dell’organizzazione

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sindacale, che non ha impugnato gli atti lesivi applicativi.

Per quel che concerne il merito delle questioni, la difesa dello Stato ribadisce che le disposizioni censurate

mirano a ridurre la spesa pubblica, in adempimento degli obblighi che derivano dall’appartenenza all’Unione

europea e dell’obbligo, costituzionalmente sancito, di raggiungere l’equilibrio strutturale delle entrate e delle

spese del bilancio.

Sarebbe legittima, alla luce delle enunciazioni di principio della giurisprudenza costituzionale, l’introduzione

di misure eccezionali, transitorie, non arbitrarie e consentanee allo scopo prefisso, volte a fissare limiti di

compatibilità della contrattazione collettiva con le finanze pubbliche.

Tali misure non sarebbero irragionevoli, in quanto salvaguarderebbero l’erogazione dell’indennità di vacanza

contrattuale e non assoggetterebbero al vincolo né le componenti retributive legate ad eventi straordinari

della dinamica retributiva individuale, né la parte accessoria variabile.

Tali peculiarità garantirebbero il rispetto del principio di parità di trattamento, del vincolo sinallagmatico,

tutelato dall’art. 36, primo comma, Cost., del diritto di azione sindacale e dell’autonomia negoziale, che non

sarebbe stata affatto esclusa in radice, come dimostrerebbe l’esplicarsi della contrattazione integrativa e della

contrattazione nazionale.

La difesa dello Stato revoca in dubbio il carattere pregiudizievole della mancata applicazione dell’indicatore

d’inflazione IPCA (indice dei prezzi al consumo armonizzato europeo) e della conseguente applicazione, per

la rivalutazione dello stipendio, del tasso d’inflazione programmata.

I dipendenti pubblici, inoltre, avrebbero percepito quote aggiuntive di salario in misura percentualmente

maggiore rispetto al settore privato, erogate dalla contrattazione integrativa. Le retribuzioni di fatto del

pubblico impiego beneficerebbero di una dinamica superiore al TIP (tasso di inflazione programmata) e

resisterebbero all’inflazione reale registrata a consuntivo.

Non sarebbero, dunque, fondati i rilievi sulla disparità di trattamento tra il settore pubblico e il settore

privato, anche perché pretermettono la specialità del rapporto di lavoro pubblico e le esigenze di

perseguimento di interessi generali, coessenziali a tale àmbito.

A fronte di una misura sfornita di ogni carattere tributario, non parrebbero aver pregio neppure le censure di

violazione degli artt. 2 e 53 Cost.

La normativa, pertanto, ripromettendosi di neutralizzare gli effetti della crisi economica, in un’ottica di

razionalizzazione e di riduzione della spesa pubblica, non presterebbe il fianco alle censure proposte.

2.4.– Nella memoria, depositata in prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha passato

in rassegna le argomentazioni già spese nel giudizio r.o. n. 76 del 2014 (si veda supra punto 1.7. del Ritenuto

in fatto).

2.5.– In vista dell’udienza, hanno depositato una memoria illustrativa anche i dipendenti del Ministero della

giustizia e la CONFSAL-UNSA, confutando le tesi propugnate dalla difesa dello Stato e puntualizzando che,

con la legge di stabilità per il 2015, il blocco della contrattazione economica è stato esteso fino al 31

dicembre 2015.

Le parti intervenute lamentano che la normativa abbia bilanciato in maniera irragionevole e sproporzionata i

diritti sociali fondamentali (artt. 35, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost.) e gli

obiettivi di pareggio di bilancio e di risanamento economico (art. 81 Cost.).

La reiterazione delle misure, così come congegnata in questi anni, implicherebbe una deroga costante al

meccanismo di adeguamento retributivo, pregiudizievole per i dipendenti che percepiscono una retribuzione

modesta e sono costretti, in conseguenza del blocco del turn over, a un carico di lavoro superiore.

Quanto ai contratti integrativi, enumerati dalla difesa dello Stato, riguarderebbero aspetti estranei al

trattamento retributivo, sottoposto, con il decorrere del tempo, a una rilevante erosione del potere d’acquisto,

dovuta anche al temporaneo abbandono del meccanismo di adeguamento secondo l’indice IPCA, che registra

dati costantemente superiori al tasso d’inflazione programmata.

3.– All’udienza pubblica, le parti costituite nel giudizio e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno

insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

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Considerato in diritto

1.– Il Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimità costituzionale

dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia

di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma

1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98

(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,

della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 35, primo comma, 36, primo

comma, 39, primo comma, e 53 Cost.

La normativa impugnata, che determina per i lavoratori di cui all’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni

pubbliche) una prolungata sospensione delle procedure negoziali e dell’ordinaria dinamica retributiva, si

porrebbe in contrasto con i princípi di eguaglianza, di tutela del lavoro, di proporzionalità della retribuzione

al lavoro svolto, di libertà di contrattazione collettiva.

Le limitazioni, imposte dal legislatore per il periodo 2010-2014, introdurrebbero una disciplina irragionevole

e sproporzionata, discriminando, per un periodo tutt’altro che transitorio ed eccezionale, i lavoratori pubblici

rispetto ai lavoratori del settore privato.

2.– Il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, sospetta di illegittimità

costituzionale l’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, e l’art.

16, comma 1, lettere b) e c), del d.l. n. 98 del 2011, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 35, primo

comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53 Cost.

Il giudice rimettente assume che il “congelamento” delle retribuzioni dei pubblici dipendenti rientranti nel

regime della contrattazione collettiva, prolungatosi per il periodo 2010-2014, senza alcuna possibilità di

recupero, riveli molteplici profili di contrasto con la Carta costituzionale.

Tale disciplina, destinata ad applicarsi per un periodo apprezzabile, comprometterebbe irreparabilmente lo

svolgersi della contrattazione collettiva e il diritto dei lavoratori pubblici, sottoposti ad un carico di lavoro

sempre più gravoso, a percepire una retribuzione proporzionata al lavoro svolto.

Le norme impugnate, che trascendono i limiti della transitorietà e dell’eccezionalità tracciati dalla

giurisprudenza costituzionale per gli interventi di contenimento della spesa, introdurrebbero un prelievo

tributario a carico dei pubblici dipendenti, in spregio all’universale dovere di solidarietà economica (art. 2

Cost.) e al principio di gradualità dei sacrifici imposti (art. 53 Cost.).

La disciplina in esame discriminerebbe i lavoratori pubblici rispetto ai lavoratori privati e introdurrebbe

disparità di trattamento arbitrarie anche tra le varie categorie di dipendenti pubblici.

3.– Alle censure dei giudici rimettenti la difesa dello Stato ha contrapposto l’eccezionalità dell’intervento

normativo, che, in armonia con le esigenze costituzionalmente imposte di salvaguardia della stabilità di

bilancio, si articola comunque in un periodo di tempo circoscritto e impone un sacrificio ragionevole

all’autonomia collettiva e ai diritti tutelati dall’art. 36, primo comma, Cost., senza introdurre alcun prelievo

tributario e senza ingenerare discriminazioni di sorta con altre categorie di lavoratori.

4.– I due giudizi, in ragione dell’omogeneità delle questioni e dell’intima connessione delle censure, devono

essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.

5.– In via preliminare, dev’essere confermata l’ordinanza letta nel corso dell’udienza pubblica e qui allegata,

che ha dichiarato ammissibile l’intervento della Confederazione indipendente sindacati europei (CSE) e

inammissibili gli interventi spiegati dalla Federazione GILDA-UNAMS e dalla Confederazione autonoma

dei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione (CONFEDIR), nel giudizio iscritto al n. 76 del

registro ordinanze 2014.

6.– La normativa impugnata, nei termini esposti dai giudici rimettenti, concerne le previsioni del d.l. n. 78

del 2010 e del d.l. n. 98 del 2011, nella parte in cui sacrificano la libertà di accedere alla contrattazione

collettiva e circondano di limiti rigorosi l’incremento delle retribuzioni nel lavoro pubblico.

Il d.l. n. 78 del 2010 stabilisce che non si dia luogo, senza possibilità di recupero, «alle procedure contrattuali

e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all’articolo 2, comma 2 […] del decreto

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legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni» e salvaguarda l’erogazione dell’indennità di

vacanza contrattuale «nelle misure previste a decorrere dall’anno 2010 in applicazione dell’articolo 2,

comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203» (art. 9, comma 17).

Alla sospensione delle «procedure contrattuali e negoziali» si associa la previsione del “congelamento” dei

trattamenti retributivi, che, per gli anni 2011, 2012, 2013, non possono superare, neppure nelle componenti

accessorie, «il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010» (art. 9, comma 1).

Anche il trattamento accessorio del personale, ivi compreso quello di livello dirigenziale, e il trattamento

retributivo delle progressioni di carriera soggiacciono a limitazioni drastiche, che sono fatte segno delle

specifiche censure del Tribunale ordinario di Ravenna.

Quanto al trattamento accessorio del personale, l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010 sancisce che

«non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in

misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio».

L’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del 2010 attribuisce alle progressioni di carriera, per gli anni 2011, 2012,

2013, una valenza esclusivamente giuridica.

A prolungare gli effetti di tali misure di contenimento della spesa, interviene il d.l. n. 98 del 2011, che

persegue l’obiettivo di assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e contenimento della

spesa in materia di pubblico impiego adottate nell’àmbito della manovra di finanza pubblica per gli anni

2011-2013, indicando ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto che si spingono fino al 2016 (art.

16, comma 1).

In tale ottica, il legislatore ha demandato a uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 2,

della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del

Consiglio dei Ministri), previa proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e

dell’economia e delle finanze, la previsione della «proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti

disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche

amministrazioni previste dalle disposizioni medesime» (art. 16, comma 1, lettera b), e «la fissazione delle

modalità di calcolo relative all’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017»

(art. 16, comma 1, lettera c).

Il d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli

automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge

6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) si colloca nel solco di

tali indicazioni normative.

L’art. 1, comma 1, lettera a), proroga sino al 31 dicembre 2014 le disposizioni di cui all’art. 9, commi 1, 2-

bis e 21 del d.l. n. 78 del 2010, in tema di trattamenti economici individuali, di trattamenti accessori, di

progressioni di carriera. L’art. 1, comma 1, lettera c), precisa che «si dà luogo, alle procedure contrattuali e

negoziali ricadenti negli anni 2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche così

come individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive

modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica».

Quanto all’indennità di vacanza contrattuale, l’art. 1, comma 1, lettera d), esclude che, per il periodo 2013-

2014, siano dovuti incrementi. Per la tornata 2015-2017, l’indennità è dovuta «secondo le modalità ed i

parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti».

Le previsioni regolamentari sono state trasfuse in una fonte di rango legislativo (legge 27 dicembre 2013, n.

147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di

stabilità 2014»), con riguardo all’indennità di vacanza contrattuale per il periodo 2015-2017 (art. 1, comma

452), alla sospensione delle procedure negoziali inerenti alla parte economica per il periodo 2013-2014 (art.

1, comma 453), all’ammontare dei trattamenti accessori (art. 1, comma 456). Per effetto dell’art. 1, comma

254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale

dello Stato – legge di stabilità 2015), la sospensione delle procedure negoziali è destinata a protrarsi, per la

parte economica, fino al 31 dicembre 2015.

A tale sospensione non fa riscontro alcun incremento dell’indennità di vacanza contrattuale, ancorata, fino al

2018, ai valori del 31 dicembre 2013 (art. 1, comma 255, della legge n. 190 del 2014).

7.– Le questioni di legittimità costituzionale devono essere esaminate alla stregua del quadro normativo

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appena delineato, caratterizzato da disposizioni susseguitesi nel tempo, legate da un evidente nesso di

continuità, al fine di perseguire un dichiarato obiettivo di contenimento della spesa.

7.1.– La difesa dello Stato formula alcune eccezioni preliminari.

Quanto al paventato difetto di incidentalità, si deve rilevare che entrambi i giudizi non si esauriscono

nell’accertamento dell’illegittimità costituzionale della normativa censurata.

Nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, le organizzazioni sindacali, oltre

all’accertamento del diritto di accedere alla contrattazione collettiva, hanno chiesto la condanna dell’ARAN

ad avviare le trattative. Nel contenzioso ravennate il giudice è investito delle questioni concernenti le pretese

retributive dei lavoratori ricorrenti, nonché delle domande di natura indennitaria e risarcitoria.

Da tali considerazioni si evince che il petitum del giudizio principale, in ambedue i casi, ha una maggiore

latitudine rispetto all’oggetto della questione di legittimità costituzionale e involge un tema di indagine più

complesso, che impone ai giudici rimettenti, dopo la soluzione del dubbio di costituzionalità, di orientare su

aspetti diversi il dibattito processuale. Nei giudizi a quibus, pertanto, non è dato discernere quella perfetta

sovrapponibilità del petitum del giudizio principale rispetto all’oggetto del giudizio di legittimità

costituzionale (sentenza n. 84 del 2006), che snatura il carattere incidentale del giudizio.

7.2.– La difesa dello Stato, nel giudizio iscritto al n. 125 del registro ordinanze 2014, adombra una carenza

d’interesse delle organizzazioni sindacali ricorrenti, desumendola dalla mancata impugnazione degli atti

lesivi, chiamati a dare applicazione alle norme censurate.

Tale rilievo non può essere condiviso.

È palese l’interesse delle organizzazioni ricorrenti a reclamare l’effettiva tutela di prerogative costituzionali,

ad esse riconoscibili, che si ritiene siano messe a repentaglio dalle norme impugnate.

7.3.– Nelle memorie integrative, depositate il 29 maggio 2015, la difesa dello Stato lamenta che i giudici

rimettenti abbiano omesso di esplorare la praticabilità di un’interpretazione conforme al dettato

costituzionale e di offrire una motivazione esaustiva sulla rilevanza della questione.

Le ordinanze di rimessione superano, anche da tale angolo visuale, il vaglio di ammissibilità, sollecitato a

questa Corte. Le censure di illegittimità costituzionale si appuntano contro una normativa con un significato

letterale e sistematico inequivocabile, che non offre alcun appiglio ad una interpretazione alternativa,

rispettosa dei princípi della Carta fondamentale.

8.– Le ordinanze di rimessione, nondimeno, non appaiono scevre da lacune, che ridondano sul piano

dell’inammissibilità di alcune delle questioni proposte.

8.1.– Presentano, anzitutto, profili di inammissibilità le censure riguardanti l’indennità di vacanza

contrattuale.

I giudici rimettenti, nell’impugnare l’art. 16, comma 1, lettera c), del d.l. n. 98 del 2011, non spiegano per

quale ragione sia rilevante ratione temporis, alla luce delle domande proposte dalle parti sindacali e dai

lavoratori, una normativa che riguarda specificamente le modalità di calcolo relative all’erogazione

dell’indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017.

Le ordinanze non chiariscono, inoltre, il profilo attinente alla non manifesta infondatezza, incentrato sulla

violazione dell’art. 36, primo comma, Cost.

I giudici a quibus, nell’esaminare la disciplina che concerne la determinazione dell’indennità di vacanza

contrattuale e l’esclusione degli incrementi di questa voce fino al 2017 (e poi, nella pendenza della lite, fino

al 2018), non enunciano le ragioni del contrasto della normativa con il canone della proporzionalità della

retribuzione (art. 36, primo comma, Cost.).

Secondo l’insegnamento costante di questa Corte, la conformità della retribuzione ai requisiti di

proporzionalità e sufficienza indicati dall’art. 36, primo comma, Cost. deve essere valutata in relazione alla

retribuzione nel suo complesso, non già alle singole componenti di essa (fra le tante, sentenze n. 366 del

2006 e n. 164 del 1994).

Le ordinanze non si soffermano su tale valutazione complessiva.

8.2.– Con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 35, primo comma, Cost., le ordinanze di rimessione non

offrono, a sostegno dei dubbi di costituzionalità, argomentazioni autonome, che valgano ad affrancare il

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richiamo al precetto costituzionale dalla sua funzione ancillare rispetto alle censure fondate sugli artt. 36,

primo comma, e 39, primo comma, Cost.

8.3.– Sono inammissibili anche le questioni proposte dal Tribunale ordinario di Roma in riferimento all’art.

53 Cost.

Su tale profilo, l’ordinanza di rimessione è parca di riferimenti circostanziati e – come la difesa dello Stato

non ha mancato di eccepire – si limita a menzionare nel dispositivo il parametro costituzionale, omettendo di

fornire un’argomentazione esaustiva sulle ragioni del contrasto con le norme invocate.

9.– Così delimitato l’àmbito del giudizio, occorre esaminare le censure che postulano l’illegittimità radicale

dei provvedimenti legislativi restrittivi della dinamica contrattuale e salariale nel lavoro pubblico, senza

annettere alcun rilievo al fattore della durata di tali misure.

9.1.– Il Tribunale ordinario di Ravenna ritiene di argomentare tale illegittimità sulla scorta del richiamo

all’art. 53 Cost. e configura, per il caso di specie, un prelievo tributario a tutti gli effetti. Il giudice rimettente

raccorda il principio di “gradualità dei sacrifici imposti”, di progressività dell’imposizione e di capacità

contributiva (art. 53 Cost.) al più generale dovere di solidarietà, prescritto dall’art. 2 Cost.

Le censure, così articolate, muovono dall’erroneo presupposto interpretativo che il meccanismo di “blocco”

si sostanzi, in ultima analisi, nell’imposizione di un tributo.

Le caratteristiche delle misure impugnate, che si traducono in un mero risparmio di spesa e non si atteggiano

come decurtazione definitiva del patrimonio del soggetto passivo e come atto autoritativo di carattere

ablatorio, diretto a reperire risorse per l’erario, divergono dagli elementi distintivi del prelievo tributario (fra

le tante, sentenza n. 70 del 2015, punto 4. del Considerato in diritto).

Gli elementi indefettibili della prestazione tributaria, enucleati dalla costante giurisprudenza di questa Corte,

si identificano, per un verso, nella presenza di una disciplina legale, finalizzata in via prevalente a provocare

una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo, svincolata da ogni modificazione del rapporto

sinallagmatico. Per altro verso, a definire la natura tributaria concorre l’elemento teleologico.

In particolare, le risorse derivanti dal prelievo e connesse a un presupposto economicamente rilevante,

idoneo a porsi come indice della capacità contributiva, devono essere destinate a «sovvenire le pubbliche

spese» (sentenza n. 310 del 2013, punto 11. del Considerato in diritto). Caduta la premessa che si tratti di un

tributo, anche le censure di violazione dell’art. 53 Cost. perdono consistenza.

9.2.– Altre censure sono accomunate dal riferimento all’art. 3, primo comma, Cost., evocato dal Tribunale

ordinario di Roma anche in rapporto ai doveri di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., e additano, in prima

istanza, un’ingiustificata disparità di trattamento tra il lavoro pubblico e il lavoro privato.

Il Tribunale ordinario di Ravenna, dal canto suo, evidenzia altre sperequazioni con riferimento a diversi

pubblici dipendenti, lungo il discrimine che corre, da un lato, tra il lavoro pubblico assoggettato a una

disciplina contrattuale e, dall’altro, il lavoro pubblico escluso da tale disciplina. Disparità di trattamento

sarebbero anche ravvisabili tra i diversi comparti del lavoro pubblico regolato dalla fonte contrattuale.

Neppure tali censure sono fondate.

La disciplina impugnata, che non lascia indenne il personale della carriera diplomatica (sentenza n. 304 del

2013) menzionato come termine di paragone dal giudice ravennate, persegue l’obiettivo di un risparmio di

spesa, che «opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica – sia

pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi

appartengono» (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del Considerato in diritto).

I giudici rimettenti non tengono conto della diversità degli statuti professionali delle categorie appartenenti al

lavoro pubblico e comparano fattispecie dissimili, che non possono fungere da utile termine di raffronto.

Il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati (sentenze n. 120 del

2012 e n. 146 del 2008) e le differenze, pur attenuate, permangono anche in séguito all’estensione della

contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche

amministrazioni.

La medesima eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del lavoro pubblico contrattualizzato e

l’area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale. Tale eterogeneità preclude ogni

plausibile valutazione comparativa sul versante dell’art. 3, primo comma, Cost. e risalta ancor più netta in

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ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze armate, personale della magistratura), non

governati dalla logica del contratto e indicati dal giudice ravennate come tertia comparationis. Si valorizza in

tal modo una funzione solidaristica delle misure adottate, strettamente collegata all’eccezionalità della

situazione economica generale, in piena armonia con il dettato dell’art. 2 Cost.

Con riguardo al trattamento differenziato riservato al personale della scuola, il Tribunale ordinario di

Ravenna non offre ragguagli di sorta in merito alle peculiarità di tale disciplina e all’irragionevolezza

intrinseca delle differenze che intercorrono tra il genus del lavoro pubblico, disciplinato dal contratto, e la

species del comparto della scuola che, pur nella comune matrice negoziale della disciplina del rapporto,

serba intatta la sua particolarità.

10.– Sgombrato il campo dalle censure che presuppongono l’indiscriminata illegittimità della sospensione

delle procedure negoziali, l’analisi non può che riguardare ciascun provvedimento legislativo, ricostruendone

la ratio e le finalità, allo scopo di saggiarne la compatibilità con i parametri costituzionali richiamati.

10.1.– In tal modo si è mossa la giurisprudenza di questa Corte, sin dalle pronunce sulla legittimità

costituzionale dell’art. 7, comma 3, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di

previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella

legge 14 novembre 1992, n. 438 (sentenza n. 245 del 1997, ordinanza n. 299 del 1999).

Nella disamina di una normativa che, per l’anno 1993, disconosceva ogni incremento retributivo, questa

Corte ha mostrato di ponderare le finalità particolari, che ispiravano quei provvedimenti di contenimento

della spesa. Le misure a quel tempo adottate non trasmodavano in una disciplina arbitraria, proprio perché

circoscritte entro un anno (sentenza n. 245 del 1997, punto 3. del Considerato in diritto).

10.2.– Quanto ai vincoli legali all’autonomia collettiva, volti a garantire la «compatibilità con obiettivi

generali di politica economica», questa Corte ne ha riconosciuto la legittimità, giustificando in «situazioni

eccezionali» ed eminentemente transitorie, allorché sia in gioco la «salvaguardia di superiori interessi

generali», la compressione della libertà tutelata dall’art. 39, primo comma, Cost. (sentenza n. 124 del 1991,

punto 6. del Considerato in diritto).

Anche tali rilievi sottendono una valutazione particolare, condotta caso per caso, e non si accordano con la

tesi che sia per ciò stesso illegittima ogni misura che precluda, per un arco di tempo comunque definito, gli

incrementi salariali e arresti lo svolgimento delle procedure negoziali.

10.3.– Tale valutazione si incentra sul contemperamento dei diritti, tutelati dagli artt. 36, primo comma, e 39,

primo comma, Cost., con «l’interesse collettivo al contenimento della spesa pubblica», che deve essere

adeguatamente ponderato «in un contesto di progressivo deterioramento degli equilibri della finanza

pubblica» (sentenza n. 361 del 1996, punto 3. del Considerato in diritto).

Si tratta di misure oggi più stringenti, in séguito all’introduzione nella Carta fondamentale dell’obbligo di

pareggio di bilancio (art. 81, primo comma, Cost., come sostituito dall’art. 1 della legge costituzionale 20

aprile 2012, n. 1, recante «Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale»).

Il sistema della contrattazione collettiva nel lavoro pubblico, inteso nella sua interezza, contempla la

pianificazione degli oneri connessi al suo svolgersi nel tempo, secondo un modello dinamico, «in coerenza

con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all’articolo 1-bis della legge 5

agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni» (art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del

2001).

11.– Ciò posto, l’analisi deve muovere dalle disposizioni dell’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, che reca

l’eloquente rubrica «Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico» e, in ossequio a tale linea

programmatica, preclude ogni incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti per

gli anni 2011, 2012, 2013 (comma 1), ogni efficacia economica delle progressioni di carriera (comma 21), e

– per il periodo che dal 1° gennaio 2011 giunge fino al 31 dicembre 2013 – vieta ogni incremento

dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale

(comma 2-bis).

La scelta di adottare disposizioni restrittive culmina nella sospensione dello svolgimento delle procedure

“contrattuali e negoziali” per il triennio 2010-2012 (comma 17).

12.– Le disposizioni in esame sfuggono alle censure dei giudici rimettenti.

12.1.– Con l’assetto normativo delineato dall’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, questa Corte ha già avuto

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occasione di confrontarsi (sentenze n. 219 del 2014 e n. 310 del 2013).

Seppure sotto angolazioni specifiche, le sentenze citate hanno respinto le censure di illegittimità

costituzionale delle misure contenute nel d.l. n. 78 del 2010, sulla base di un percorso argomentativo che

instrada alla soluzione delle questioni di legittimità costituzionale qui considerate.

Si è precisato, in quell’occasione, che le prospettive necessariamente pluriennali del ciclo di bilancio non

consentono analogie con situazioni risalenti in cui le manovre economiche si ponevano obiettivi

temporalmente delimitati. A tale riguardo, questa Corte ha valorizzato «[l]a recente riforma dell’art. 81 Cost.,

a cui ha dato attuazione la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del

pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), con l’introduzione, tra l’altro,

di regole sulla spesa, e dell’art. 97, primo comma, Cost., rispettivamente ad opera degli artt. 1 e 2 della legge

costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta

costituzionale), ma ancor prima il nuovo primo comma dell’art. 119 Cost.» (sentenza n. 310 del 2013, punto

13.4. del Considerato in diritto).

Anche la direttiva 8 novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri

di bilancio degli Stati membri) corrobora la necessità di considerare le politiche di bilancio in una

dimensione pluriennale, puntualizzando che «la maggior parte delle misure finanziarie hanno implicazioni

sul bilancio che vanno oltre il ciclo di bilancio annuale» e che «[u]na prospettiva annuale non costituisce

pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide» (considerando n. 20).

Alla stregua di tali rilievi, questa Corte ha riconosciuto la ragionevolezza di un sistema di misure dotate di

una proiezione strutturale, che esclude in radice ogni possibilità di recupero delle procedure negoziali per il

periodo di riferimento (sentenza n. 189 del 2012, punto 4.1. del Considerato in diritto).

La natura pluriennale delle politiche di bilancio, espressamente considerata nei precedenti citati, è speculare

alla durata triennale delle tornate contrattuali, nei termini consacrati nell’ “Intesa per l’applicazione

dell’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 ai comparti contrattuali del

settore pubblico”, siglata a Roma il 30 aprile 2009 dai ministri competenti e da alcune organizzazioni

sindacali (si veda, in particolare, art. 2, lettera a).

Si prefigura, in tal modo, sia per la parte normativa, sia per quella economica, una spiccata dimensione

programmatica della contrattazione collettiva. A conferma di una natura dinamica, tipica dei meccanismi di

rinnovo dei contratti collettivi, si possono osservare le interrelazioni degli stessi con la manovra triennale di

finanza pubblica, secondo le cadenze scandite dall’art. 11, comma 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196

(Legge di contabilità e finanza pubblica) e secondo i criteri indicati dall’art. 17, comma 7 della stessa legge.

Spetta alla legge di stabilità indicare, per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, l’importo

complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego (art. 11, comma 3, lettera g,

della legge n. 196 del 2009, ai sensi dell’art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001).

12.2.– La legittimità delle misure ricordate, oltre che nella prospettiva programmatica ora esposta, risiede

nella ragionevolezza che ne ispira le linee direttrici.

Si tratta, invero, di provvedimenti che, pur diversamente modulati, si applicano all’intero comparto pubblico

e impongono limiti e restrizioni generali, in una dimensione che questa Corte ha connotato in senso

solidaristico (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del Considerato in diritto, già citato).

La ragionevolezza delle misure varate discende anche dalla particolare gravità della situazione economica e

finanziaria, concomitante con l’intervento normativo.

Tali dati contingenti sono confermati sia dalle fonti ufficiali (Rapporto semestrale ARAN sulle retribuzioni

dei pubblici dipendenti, giugno 2010), sia dai lavori preparatori. Il dibattito che, al Senato, scandisce l’iter

parlamentare della conversione in legge del decreto polarizza l’attenzione sulla «particolare gravità della

situazione economica e finanziaria internazionale» e sulle «ripercussioni sull’economia nazionale» (seduta

della Quinta Commissione del Senato – Commissione Bilancio – del 16 giugno 2010).

Dal canto suo, la magistratura contabile avvalora l’urgenza di intervenire con misure di contenimento delle

retribuzioni (Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, rapporto 2012 sul coordinamento della

finanza pubblica, e Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo, rapporto 2011 sul coordinamento

della finanza pubblica).

La ragionevolezza dell’intero impianto normativo si coglie anche nell’incidenza delle misure su una

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dinamica retributiva pubblica, che si attestava «su valori più sostenuti di quanto registrato nei settori privati

dell’economia» (si veda il citato Rapporto semestrale ARAN, giugno 2010). Nella seduta della Quinta

Commissione del Senato (Commissione Bilancio), tenutasi il 16 giugno 2010, si è sottolineato che

nell’ultimo decennio le retribuzioni dei dipendenti pubblici hanno visto «un incremento di fatto

sensibilmente superiore per la pubblica amministrazione rispetto a quello degli altri due comparti»

dell’industria e dei servizi di mercato. Tale dato collima con quanto è stato segnalato dalla Corte dei conti,

sezioni riunite di controllo, nel rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica.

Il carattere generale delle misure varate dal d.l. n. 78 del 2010, inserite in un disegno organico improntato a

una dimensione programmatica, scandita su un periodo triennale, risponde all’esigenza di governare una

voce rilevante della spesa pubblica, che aveva registrato una crescita incontrollata, sopravanzando

l’incremento delle retribuzioni del settore privato.

Sono dunque da disattendere le censure di violazione degli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost.,

in quanto il sacrificio del diritto alla retribuzione commisurata al lavoro svolto e del diritto di accedere alla

contrattazione collettiva non è, nel quadro ora delineato, né irragionevole né sproporzionato.

13.– Quanto alle disposizioni introdotte dall’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, che

demandavano a un regolamento la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2014 le vigenti disposizioni

che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche

amministrazioni, si deve rilevare che il sindacato di costituzionalità non può tralasciare le norme della legge

di stabilità per il 2014, che hanno recuperato al rango primario la normativa di matrice regolamentare (d.P.R.

n. 122 del 2013), inizialmente intervenuta a specificare e a completare il contenuto precettivo delle norme di

legge (sentenza n. 1104 del 1988, punto 6. del Considerato in diritto). In particolare, le previsioni di tale

legge riguardano la sospensione delle procedure negoziali inerenti alla parte economica per il periodo 2013-

2014 (art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013) e la limitazione dell’ammontare dei trattamenti

accessori (art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013).

Intercorre, dunque, un nesso inscindibile tra le disposizioni del d.l. n. 98 del 2011, specificamente

impugnate, e le disposizioni della legge di stabilità per il 2014 (sentenze n. 186 del 2013 e n. 310 del 2010).

14.– In primo luogo, si devono esaminare le censure relative all’estensione fino al 31 dicembre 2014 delle

disposizioni mirate a bloccare l’incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti e

dell’ammontare complessivo delle risorse destinate ai trattamenti accessori e gli effetti economici delle

progressioni di carriera (art. 1, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 122 del 2013), estensione di cui si deduce

anzitutto il contrasto con l’art. 36, primo comma, Cost.

Sotto tale profilo, le censure formulate con riguardo all’estensione delle misure restrittive oltre i confini

temporali originariamente tracciati non si dimostrano fondate, al pari di quelle che riguardavano le originarie

disposizioni del d.l. n. 78 del 2010.

14.1.– Entrambi i giudici rimettenti paventano i riflessi del prolungato blocco della dinamica negoziale sulla

proporzionalità della retribuzione al lavoro prestato.

Il giudice ravennate, in particolare, correla la violazione del citato canone di proporzionalità al mancato

adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e al fatto che le retribuzioni non rispecchino il livello di

professionalità acquisito dai lavoratori e la maggiore gravosità del lavoro prestato, dovuta al blocco del turn

over.

Neppure tali rilievi persuadono circa la fondatezza dei dubbi di costituzionalità.

Si deve ribadire, in linea di principio, che l’emergenza economica, pur potendo giustificare la stasi della

contrattazione collettiva, non può avvalorare un irragionevole protrarsi del “blocco” delle retribuzioni. Si

finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di proporzionalità della retribuzione, riferito alla quantità e alla

qualità del lavoro svolto (sentenza n. 124 del 1991, punto 6. del Considerato in diritto).

Tale criterio è strettamente correlato anche alla valorizzazione del merito, affidata alla contrattazione

collettiva, ed è destinato a proiettarsi positivamente nell’orbita del buon andamento della pubblica

amministrazione (art. 97 Cost.).

Nondimeno, il giudizio sulla conformità al parametro dell’art. 36 Cost. non può essere svolto in relazione a

singoli istituti, né limitatamente a periodi brevi, poiché si deve valutare l’insieme delle voci che compongono

il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza, alla

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luce del canone della onnicomprensività (sentenza n. 154 del 2014). Con tale valutazione complessiva

l’ordinanza non si confronta.

Nel considerare – alla stregua della giurisprudenza di questa Corte – un siffatto arco temporale, si deve

notare, anzitutto, che le disposizioni censurate hanno cessato di operare a decorrere dal 1° gennaio 2015.

La legge di stabilità per il 2015 non ne ha prorogato l’efficacia, in quanto ha dettato disposizioni che

riguardano unicamente l’estensione fino al 31 dicembre 2015 del “blocco” della contrattazione economica

(art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014) ed escludono gli incrementi dell’indennità di vacanza

contrattuale (art. 1, comma 255, della medesima legge n. 190 del 2014). Emerge dunque con chiarezza

l’orizzonte delimitato entro cui si collocano le misure restrittive citate.

Tra i fattori rilevanti, da valutare in un arco temporale più ampio, si deve annoverare, in secondo luogo, la

pregressa dinamica delle retribuzioni nel lavoro pubblico, che, attestandosi su valori più elevati di quelli

riscontrati in altri settori, ha poi richiesto misure di contenimento della spesa pubblica.

A questo riguardo, l’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Ravenna non offre una dimostrazione

puntuale del «macroscopico ed irragionevole scostamento», che, secondo la giurisprudenza di questa Corte

(sentenza n. 126 del 2000, punto 5. del Considerato in diritto), in difetto di un principio cogente di costante

allineamento delle retribuzioni, denota il contrasto della legge con il precetto dell’art. 36, primo comma,

Cost.

L’argomento suggestivo del “blocco” del turn over, legato alla specificità del settore della giustizia e della

realtà locale, analizzata nella predetta ordinanza di rimessione, non vale a dar conto della violazione dei

precetti costituzionali denunciata in capo a una normativa destinata ad applicarsi – nella sua valenza generale

ed astratta – a una platea più vasta di dipendenti del settore pubblico.

Peraltro, dall’incremento delle pendenze da trattare, congiunto con l’assottigliarsi del numero dei dipendenti,

non si può inferire, per ciò stesso, un aumento del carico di lavoro, che renda radicalmente sproporzionata la

retribuzione percepita.

Un’inferenza come quella ipotizzata potrebbe essere accreditata di un qualche fondamento empirico, soltanto

se le metodologie di lavoro e i moduli organizzativi permanessero inalterati, senza riverberarsi sul lavoro

degli uffici, e se il disbrigo degli affari avvenisse secondo le medesime scansioni temporali, imponendo

conseguentemente ai dipendenti un carico di lavoro più gravoso.

Nel caso di specie, pertanto, alla stregua di una valutazione necessariamente proiettata su un periodo più

ampio e del carattere non decisivo degli elementi addotti a fondamento delle censure, non risulta dimostrato

l’irragionevole sacrificio del principio di proporzionalità della retribuzione.

14.2.– L’infondatezza delle censure incentrate sull’art. 36, primo comma, Cost. ha come corollario

l’infondatezza di eventuali pretese risarcitorie o indennitarie.

15.– Sono, invece, fondate, nei termini di cui si dirà, le censure mosse, al regime di sospensione per la parte

economica delle procedure contrattuali e negoziali in riferimento all’art. 39, primo comma, Cost. Esse si

incentrano sul protrarsi del “blocco” negoziale, così prolungato nel tempo da rendere evidente la violazione

della libertà sindacale

15.1.– Le norme impugnate dai giudici rimettenti e le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015

si susseguono senza soluzione di continuità, proprio perché accomunate da analoga direzione finalistica.

Tale scansione temporale preclude, in relazione all’art. 39, primo comma, Cost., ogni considerazione

atomistica del “blocco” della contrattazione economica per il periodo 2013-2014, avulso dalla successiva

proroga. Il “blocco”, così come emerge dalle disposizioni che, nel loro stesso concatenarsi, ne definiscono la

durata complessiva, non può che essere colto in una prospettiva unitaria.

Ciò risulta anche dalla formulazione letterale dell’art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014, che

estende fino al 2015 il “blocco” ed è quindi destinato a incidere sui giudizi in corso.

15.2.– La disamina unitaria delle misure di “blocco” della contrattazione collettiva le colloca in un orizzonte

meno angusto e contingente, per porne in luce l’incidenza, tutt’altro che episodica, sui valori costituzionali

coinvolti.

La valutazione di tali profili problematici emerge anche dal dibattito parlamentare, che ha preceduto

l’emanazione del regolamento governativo (Commissioni riunite I, Affari costituzionali, della Presidenza del

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Consiglio e Interni, e XI, Lavoro pubblico e privato, della Camera dei deputati, parere reso il 19 giugno

2013).

Inoltre, l’entrata in vigore delle disposizioni della legge di stabilità per il 2015 tende a rendere strutturali le

misure introdotte per effetto del d.P.R. n. 122 del 2013 e della legge n. 147 del 2013.

Il fatto che tali misure fossero destinate a perpetuarsi nel tempo si evince dall’art. 1, comma 255, della legge

n. 190 del 2014, che, fino al 2018, cristallizza l’ammontare dell’indennità di vacanza contrattuale ai valori

del 31 dicembre 2013.

Il carattere strutturale delle misure e la conseguente violazione dell’autonomia negoziale non possono essere

esclusi, sol perché, per la tornata 2013-2014, è stata salvaguardata la libertà di svolgere le procedure

negoziali riguardanti la parte normativa (art. 1, comma 1, lettera c, del d.P.R. n. 122 del 2013).

La contrattazione deve potersi esprimere nella sua pienezza su ogni aspetto riguardante la determinazione

delle condizioni di lavoro, che attengono immancabilmente anche alla parte qualificante dei profili

economici.

Non appaiono decisivi, per escludere il contrasto con l’art. 39, primo comma, Cost., i molteplici contratti

enumerati dalla difesa dello Stato, che non attestano alcun superamento della sospensione delle procedure

negoziali per la parte squisitamente economica del rapporto di lavoro e per gli aspetti più caratteristici di tale

àmbito.

L’estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono la contrattazione economica e che, già per il 2013-

2014, erano state definite eccezionali, svela, al contrario, un assetto durevole di proroghe. In ragione di una

vocazione che mira a rendere strutturale il regime del “blocco”, si fa sempre più evidente che lo stesso si

pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall’art. 39, primo comma, Cost.

16.– La libertà sindacale è tutelata dall’art. 39, primo comma, Cost., nella sua duplice valenza individuale e

collettiva, e ha il suo necessario complemento nell’autonomia negoziale (ex plurimis, sentenze n. 697 del

1988, punto 3. del Considerato in diritto, e n. 34 del 1985, punto 4. del Considerato in diritto).

Numerose fonti internazionali soccorrono nella definizione del nesso funzionale che lega un diritto a

esercizio collettivo, quale è la contrattazione, con la libertà sindacale. Pertanto, l’interpretazione della fonte

costituzionale nazionale si collega sincronicamente con l’evoluzione delle fonti sovranazionali e da queste

trae ulteriore coerenza.

Tra tali fonti spiccano la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 87, firmata a

San Francisco il 17 giugno 1948, concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, la

Convenzione OIL n. 98, firmata a Ginevra l’8 giugno 1949, concernente l’applicazione dei Principi del

diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, entrambe ratificate e rese esecutive con legge 23 marzo

1958, n. 367, e, con specifico riguardo al lavoro pubblico, la Convenzione OIL n. 151, relativa alla

protezione del diritto di organizzazione e alle procedure per la determinazione delle condizioni di impiego

nella funzione pubblica, adottata a Ginevra il 27 giugno 1978 nel corso della 64ª sessione della Conferenza

generale, ratificata e resa esecutiva con legge 19 novembre 1984, n. 862.

Un rapporto di mutua implicazione tra libertà sindacale e contrattazione collettiva traspare dall’evoluzione

della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla libertà sindacale, che interpreta

estensivamente l’art. 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto

1955, n. 848 (Grande Camera, sentenza 12 novembre 2008, Demir e Baykara contro Turchia, riguardante il

diritto di stipulare contratti collettivi nel lavoro pubblico).

Si deve inoltre citare l’art. 6 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio

1996, ratificata e resa esecutiva con legge 9 febbraio 1999, n. 30, che affianca all’esercizio collettivo del

diritto di contrattazione la procedura dei reclami collettivi, disciplinata dal Protocollo addizionale alla Carta

del 1995.

Il «diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi» è riconosciuto anche dall’art. 28 della Carta dei

diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12

dicembre 2007, che ha ora «lo stesso valore giuridico dei trattati», in forza dell’art. 6, comma 1, del Trattato

sull’Unione europea (TUE), come modificato dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ratificato

e reso esecutivo con legge 2 agosto 2008 n. 130, ed entrato in vigore il 1° dicembre 2009.

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Infine, in un quadro inteso a riconoscere e a promuovere il ruolo delle parti sociali, a favorire il dialogo tra le

stesse, nel rispetto della loro autonomia, si deve ricordare l’art. 152, comma 1, del Trattato sul

funzionamento dell’Unione europea (TFUE), norma introdotta con il Trattato di Lisbona.

17.– Il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica

negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale (sentenza n. 309 del 1997, punti

2.2.2., 2.2.3. e 2.2.4. del Considerato in diritto). Nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge

(art. 2, commi 2, secondo periodo, e 3-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia come

imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del

2001), nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (art. 45, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001), e «i

diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni

sindacali» (art. 40, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001).

In una costante dialettica con la legge, chiamata nel volgere degli anni a disciplinare aspetti sempre più

puntuali (art. 40, comma 1, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo

contempera in maniera efficace e trasparente gli interessi contrapposti delle parti e concorre a dare concreta

attuazione al principio di proporzionalità della retribuzione, ponendosi, per un verso, come strumento di

garanzia della parità di trattamento dei lavoratori (art. 45, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001) e, per altro

verso, come fattore propulsivo della produttività e del merito (art. 45, comma 3, del d.lgs. 165 del 2001).

Il contratto collettivo che disciplina il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si ispira,

proprio per queste peculiari caratteristiche che ne garantiscono l’efficacia soggettiva generalizzata, ai doveri

di solidarietà fondati sull’art. 2 Cost.

Tali elementi danno conto sia delle molteplici funzioni che, nel lavoro pubblico, la contrattazione collettiva

riveste, coinvolgendo una complessa trama di valori costituzionali (artt. 2, 3, 36, 39 e 97 Cost.), in un quadro

di tutele che si è visto essere presidiato anche da numerose fonti sovranazionali, sia delle disarmonie e delle

criticità, che una protratta sospensione della dinamica negoziale rischia di produrre.

Se i periodi di sospensione delle procedure “negoziali e contrattuali” non possono essere ancorati al rigido

termine di un anno, individuato dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione a misure diverse e a un

diverso contesto di emergenza (sentenza n. 245 del 1997, ordinanza n. 299 del 1999), è parimenti innegabile

che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum.

Su tale linea converge anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sottolineato l’esigenza di «un

“giusto equilibrio” tra le esigenze di interesse generale della comunità e i requisiti di protezione dei diritti

fondamentali dell’individuo» e ha salvaguardato le misure adottate dal legislatore portoghese – in tema di

riduzione dei trattamenti pensionistici – sulla scorta dell’elemento chiave del limite temporale che le

contraddistingue (Seconda sezione, sentenza 8 ottobre 2013, António Augusto da Conceiçao Mateus e Lino

Jesus Santos Januário contro Portogallo, punti 23 e seguenti del Considerato in diritto).

Il carattere ormai sistematico di tale sospensione sconfina, dunque, in un bilanciamento irragionevole tra

libertà sindacale (art. 39, primo comma, Cost.), indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo

costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n.

165 del 2001), ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una

coerente programmazione finanziaria (art. 81, primo comma, Cost.).

Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall’art. 39 Cost., proprio per questo, non è più tollerabile.

Solo ora si è palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e può, pertanto,

considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità costituzionale, che spiega i suoi effetti a séguito della

pubblicazione di questa sentenza.

18.– Rimossi, per il futuro, i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti

la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all’ordinaria dialettica contrattuale,

scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato.

Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere

ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già

trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata.

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per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di

questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di

sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6

luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,

dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera c),

primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della

contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2

e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111);

art. 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio

annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e art. 1, comma 254, della legge 23 dicembre

2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di

stabilità 2015);

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera c), del d.l. n.

98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1,

comma 452, della legge n. 147 del 2013, promosse, in riferimento all’art. 36, primo comma, della

Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e dal Tribunale ordinario di

Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe;

3) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo,

del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di

competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.

122, e dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera

a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici

complessivi dei singoli dipendenti, e dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del

2013 e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle procedure

contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt.

35, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in

funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo

periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, e 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come

specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla

limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli

effetti economici delle progressioni di carriera, dall’art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013, con

riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R.

n. 122 del 2013 e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione delle

procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento

all’art. 35, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del

lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo, del

d.l. n. 78 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 39, primo

comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con

l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

6) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98

del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con

riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, dall’art. 1, comma 1,

lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013,

con riguardo alla sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo

2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal

Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in

epigrafe;

73

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7) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo

periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma,

36, primo comma, 39, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale

ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;

8) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98

del 2011, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con

riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento

accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera, dall’art. 1, comma 456, della legge n. 147

del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall’art. 1, comma 1, lettera c), primo

periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla

sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il periodo 2013-2014,

promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della

Costituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza di

rimessione indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Silvana SCIARRA, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella Paola MELATTI

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Del. n. 179/2015/PAR Repubblica italiana

La Corte dei conti

in

Sezione regionale di controllo

per l’Abruzzo

nella Camera di consiglio del 20 maggio 2015

composta dai Magistrati:

Maria Giovanna GIORDANO Presidente

Lucilla VALENTE Consigliere (relatore)

Nicola DI GIANNANTONIO Consigliere

Angelo Maria QUAGLINI Referendario

visto l’articolo 100, comma 2, della Costituzione;

visto il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12

luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed

integrazioni;

visto il Regolamento concernente l’organizzazione delle funzioni di

controllo della Corte dei conti, nel testo modificato, da ultimo, con

deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229/CP/2008 del 19 giugno

2008 (G.U. n. 153 del 02.07.2008);

vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, relativa alle “Disposizioni per

l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge

costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”;

vista l’ordinanza del 4 marzo 2013, n. 6/2013, e successive

modificazione ed integrazioni, di ripartizione tra i Magistrati dei compiti e

delle iniziative riferibili alle varie aree di attività rientranti nella

competenza della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo;

vista la nota n. 8895 del 23 aprile 2015, con la quale il Presidente

del Consiglio regionale dell’Abruzzo ha posto un quesito in merito

all’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 456, della legge 27

dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che ha modificato ed

integrato l’articolo 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78;

vista l’ordinanza del 18 maggio 2015, n. 17/2015, con la quale il

Presidente della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo ha

convocato la Sezione per la data odierna;

udito il relatore, Cons. Lucilla Valente;

PREMESSO

La Regione Abruzzo, con nota del 23 aprile 2015, a firma del

Presidente del Consiglio regionale dell’Abruzzo, ha, con articolate

argomentazioni, sollevato dubbi in ordine all’ambito applicativo

dell’articolo 1, comma 456, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge

di stabilità 2014), che ha modificato ed integrato l’articolo 9 del decreto

legge 31 maggio 2010, n. 78, che ora testualmente recita

(comma 2-bis) che “a decorrere dal 1º gennaio 2011 e sino al 31

dicembre 2014 l'ammontare complessivo delle risorse destinate

annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello

dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'articolo 1,

comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può

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superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque,

automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del

personale in servizio. A decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse

destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono

decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del

precedente periodo”.

In particolare, il quesito viene sollevato in merito alla

interpretazione da dare all’ultimo periodo del novellato comma: in

sintesi, se con esso il legislatore abbia inteso consolidare l’ultima

decurtazione effettuata (quella del 2014) o, come già affermato dalla

Sezione regionale di controllo per la Puglia (deliberazione

n. 97/PAR/2015), la somma di tutte le riduzioni operate dal 2011 al

2014.

IN VIA PRELIMINARE

La richiesta di parere, presentata ai sensi dell’articolo 7, comma 8,

della legge 5 giugno 2003, n. 131, recante: “Disposizioni per

l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge

costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, risulta ritualmente formulata, in

quanto proveniente dal Presidente del Consiglio della Regione Abruzzo.

Facendo riferimento all’ormai noto documento adottato

nell’adunanza del 27 aprile 2004 dalla Sezione delle Autonomie –

modificato, solo per gli aspetti procedurali, dalla deliberazione n. 9,

adottata dalla Sezione medesima in data 4 giugno 2009 -, con il quale

sono stati dettati i criteri atti a garantire l’uniformità di indirizzo di tutte

le Sezioni regionali di controllo nello svolgimento della funzione

consultiva, la richiesta di parere va esaminata preliminarmente per

accertare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità sotto il profilo sia

soggettivo che oggettivo.

1) REQUISITO SOGGETTIVO:

La legittimazione a richiedere pareri è circoscritta ai soli Enti

previsti dalla legge n. 131/2003, stante la natura speciale della funzione

consultiva introdotta dalla medesima legge, rispetto all’ordinaria sfera di

competenze della Corte.

Nel caso in esame nessun dubbio sussiste circa la legittimazione

del soggetto richiedente, provenendo dall’organo rappresentativo

dell’Ente.

Sotto il profilo soggettivo, dunque, la richiesta di parere si palesa

ammissibile.

2) REQUISITO OGGETTIVO:

Il rilascio di pareri è previsto dalla citata legge n. 131/2003,

esclusivamente nella materia della “contabilità pubblica”.

L’ambito oggettivo di tale locuzione - in conformità a quanto

stabilito dalla Sezione delle Autonomie nel predetto atto d’indirizzo del

27 aprile 2004, successivamente integrato e modificato con la

deliberazione 10 marzo 2006, n. 5, e ulteriormente specificato dalle

Sezioni riunite della Corte in sede di controllo, con la delibera 17

novembre 2010, n. 54, nonché dalla giurisprudenza delle Sezioni

regionali di controllo (ivi compresa la Sezione Abruzzo) - deve ritenersi

riferito alla “attività finanziaria che precede o che segue i distinti

interventi di settore, ricomprendendo, in particolare, la disciplina dei

bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione

finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese,

l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli”.

La funzione consultiva non deve, inoltre, rivolgersi a quesiti che

implichino valutazioni di comportamenti amministrativi oggetto di

eventuali iniziative giudiziarie proprie della Procura regionale della Corte

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dei conti o di altri giudici. Ciò al fine di evitare che i pareri stessi

prefigurino soluzioni non conciliabili con successive pronunce, sia della

Sezione giurisdizionale che della stessa Sezione di controllo.

Da ultimo, la Sezione delle Autonomie, con la citata deliberazione

n. 9/2009, ha confermato la “competenza esclusiva” delle Sezioni

regionali di controllo nella funzione consultiva prevista dalla legge

n. 131/2003.

Unica limitazione è la libera valutazione, da parte della Sezione

regionale medesima, che il caso prospettato “non concerna una

questione pacificamente risolta e/o non sia contenibile in un ambito

d’interesse puramente locale, dovendo, in tal caso, rimettere la

questione in sede centrale”.

Non ricorrendo nessuna delle ipotesi prospettate, la richiesta del

Presidente del Consiglio della Regione Abruzzo, nei termini sopra

esposti, va dichiarata ammissibile, potendo questa Sezione pronunciarsi

sulla medesima, “garantendo l’uniformità di indirizzo e la ponderazione

dialettica di tutti gli interessi coinvolti”.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente

pronuncia, la Sezione osserva che la stessa attiene alla nozione di

contabilità pubblica in quanto investe i vincoli legati alla spesa di

personale. Il quesito è, inoltre, formulato in termini astratti e generali,

essendo incentrato sull’interpretazione delle novità normative introdotte

dall’articolo 1, comma 456, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,

potendosi, quindi, considerare ammissibile anche sotto il profilo

oggettivo.

MERITO

Come riferito in premessa, il quesito concerne l’interpretazione da

dare all’ultimo periodo del novellato comma: in sintesi, se con esso il

legislatore abbia inteso consolidare l’ultima decurtazione effettuata

(quella del 2014) o, come già affermato dalla Sezione regionale di

controllo per la Puglia (deliberazione n. 97/PAR/2015), la somma di

tutte le riduzioni operate dal 2011 al 2014.

Il comma 456, dell’articolo unico, della legge 27 dicembre 2014,

n. 147 (legge di stabilità 2014), ha inteso regolare la materia del

contenimento della spesa conseguente all’impiego del salario accessorio

del personale dipendente, testualmente prevedendo che “a decorrere dal

1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento

economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni

operate per effetto del precedente periodo”.

La norma si inserisce in un contesto di norme riduttive,

progressivamente e contestualmente, della spesa accessoria, la quale,

nel periodo dal 2011 al 2014, deve essere stata mantenuta a livello di

quella per il 2010 e ridotta annualmente in proporzione alla dinamica

delle cessazioni dal servizio.

Come sottolineato dalla Sezione regionale di controllo per la Puglia

nella citata deliberazione, il comma 456, dell’articolo 1, della legge

n. 147/2013 citata ha, contemporaneamente, apportato due novità: da

un lato, ha prorogato al 31.12.2014 (il termine precedente era il

31.12.2013) le misure di contenimento e di riduzione previste dalla

parte prima del comma stesso (obbligo di non superare il corrispondente

importo dell’anno 2010 ed automatica riduzione in misura proporzionale

alla riduzione del personale in servizio), dall’altro, ha previsto, a

decorrere dal 1° gennaio 2015 – cessati gli obblighi già descritti –, una

decurtazione di “un importo pari alle riduzioni operate per effetto del

precedente periodo” (non precedente esercizio o precedente anno). Ed,

in effetti, la norma fa riferimento al periodo precedente, non all’esercizio

o anno precedente.

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La stessa Sezione – conformemente ad un consolidato

orientamento della Corte dei conti (deliberazioni n. 51/CONTR/2011

delle Sezioni Riunite in sede di controllo e n. 26/SEZAUT/2013 della

Sezione delle Autonomie), dal quale neanche questa Sezione intende

discostarsi – ha ricordato come la disciplina in esame si inserisce nel

quadro delle disposizioni volte al contenimento della spesa per il

personale, aventi natura cogente ed inderogabile, e che tale norma è da

considerarsi di stretta interpretazione. In altra deliberazione

(deliberazione n. 53/PAR/2015), sempre la stessa Sezione Puglia ha

affermato che “gli importi decurtati per il periodo 2011-2014, sia per

evitare lo sforamento del tetto del 2010 che per garantire la diminuzione

proporzionale alle cessazioni dal servizio, (…) costituiscono il parametro

sulla cui base effettuare la riduzione delle risorse destinate alla

contrattazione decentrata a decorrere dal 2015”. Tali decurtazioni

diventano permanenti e non possono essere più recuperate

(deliberazione n. 97/PAR/2015, Sezione regionale di controllo per la

Puglia). Ne discende, dunque, che, come evidenziato nella richiesta di

parere, la Sezione ritiene che vanno perse le risorse riacquisite nei fondi

(quali la RIA) nel corso dell’intero quadriennio, ma congelate per effetto

delle regole di non superamento del tetto. E ciò in coerenza anche alle

circolari del Ministero dell’Economia e delle Finanze che chiarisce

(circolare n. 12/2011) che il tetto opera sia sulla parte stabile che su

quella variabile (circolare n.4 0/2010) e che l’inserimento nel fondo della

RIA dei cessati determina un aumento del fondo e quindi non è legittima

nel periodo (triennio divenuto ora quadriennio 2011-2014) in cui opera il

blocco. È possibile inserire nel fondo tali importi, purché, nel complesso,

fino al 31.12.2014 sia rispettato il tetto del fondo 2010.

In buona sostanza, dalla norma si evince che le riduzioni operate

dal 2011 al 2014 restano storicizzate e non possono essere recuperate.

Appare, quindi, condivisibile la tesi della Sezione Puglia, secondo

cui non è sostenibile, nell’ottica del contenimento della spesa, limitare,

dal 1° gennaio 2015, la decurtazione ad un importo pari a quello

operato nel 2014.

Il quid pluris introdotto dalla medesima è proprio il consolidamento

delle decurtazioni apportate nel precedente periodo, cioè l’intero periodo

(01.01.2011-31.12.2014) disciplinato dall’articolo 9, comma 2-bis, in

esame, e con riferimento sia alla parte fissa che alla parte variabile del

fondo.

La disposizione deve essere interpretata in coerenza con la finalità

di stabilizzazione degli effetti di riduzione economica che la prescrizione

originaria ha, nel tempo, prodotto sino al 31.12.2014, con un effetto

consolidativo a regime della riduzione dei fondi avutasi nel quadriennio

2011-2014.

L’interpretazione alternativa proposta dal Consiglio regionale

(fondo quantificato secondo le regole contrattuali; decurtazione pari a

quella del 2014) sembra addirittura comportare, nell’esempio addotto,

un aumento del fondo stesso, sebbene corrispondente alla variazione del

solo valore, calcolato ai sensi delle disposizioni contrattuali. Tale

interpretazione, comunque, contrasta con la ratio appena esposta della

norma.

Del resto, ove si volesse nel 2015 ancorare il fondo alla sola

decurtazione avutasi nel 2014, riconducendolo ancora una volta al tetto

pari al fondo 2010, si applicherebbe di fatto una proroga, ben oltre il

limite del 31.12.2014 entro il quale cessa la sua efficacia, al meccanismo

riduttivo del fondo stabilito nel periodo 2011-2014.

Così ragionando, il blocco del fondo a quello del 2010 non avrebbe

più un freno temporale, cristallizzandosi la base 2010 quale base fissa

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per la costruzione del fondo contrattuale.

In merito, invece, all’individuazione della base di calcolo su cui

operare la riduzione nel 2015, si ritiene che essa debba necessariamente

essere quella del fondo quantificato secondo le regole contrattuali

(cfr. anche deliberazione n. 97/PAR/2015, Sezione regionale di controllo

per la Puglia, citata).

A ben guardare, poi, la norma, dall’01.01.2015, detta una

condizione di calcolo del fondo migliorativa rispetto alla precedente: se è

vero che dal 2011 al 2014 risultava bloccato il tetto massimo per le

risorse annualmente destinate al trattamento economico accessorio (non

potendo il medesimo superare quello del 2010), è pur vero che

dall’01.01.2015 riprende vigore il calcolo del fondo secondo i parametri

contrattuali.

Su tale base andranno applicate le decurtazioni, il cui importo si

cristallizzerà per gli anni futuri. La limitazione si sposta, dunque, dal

tetto alle decurtazioni, che diventano permanenti e non più recuperabili.

Solo con tale interpretazione la disposizione raggiunge l’obiettivo di

contenimento che si era originariamente prefissata; essa appare l’unica

percorribile, conformemente al dato letterale della norma ed alla

coerenza intrinseca della stessa, tenuto conto che dal 2011 al 2014 la

diminuzione dei fondi è stata contenuta attraverso la dinamica tra

assunzioni e cessazioni di personale, con un tetto massimo fissato al

2010, mentre dall’01.01.2015, pur ripristinando la dinamica contrattuale

dei fondi l’obiettivo del contenimento della spesa è perseguito attraverso

il conteggio di una decurtazione fissa pari alle decurtazioni effettuate nel

periodo 2011-2014.

Tale interpretazione come già affermato dalla Sezione Puglia,

coerente con la formulazione letterale della norma, appare preferibile

per varie ragioni:

• evita un sostanziale duplice taglio delle risorse non

espressamente previsto dal legislatore (in quanto il fondo 2014 già

risentiva delle riduzioni apportate nel precedente periodo 2011/2013);

• esclude in radice la possibilità che si possa giungere ad un fondo

pari a zero oppure negativo;

• risulta conforme alla volontà del legislatore di non perpetuare,

dopo il 31 dicembre 2014, il limite del fondo per l’anno 2010 e l’obbligo

di riduzione in misura proporzionale alla riduzione del personale in

servizio;

• apporta una decurtazione corrispondente “alle riduzioni operate

per effetto del precedente periodo”, come testualmente indicato dal

legislatore, anziché alla riduzione operata nel solo precedente esercizio

2014.

Nell’esempio dell’Amministrazione richiedente è stata ipotizzata la

seguente situazione:

2010

(tetto) 2011 2012 2013 2014

Valore del fondo calcolato secondo le regole contrattuali (euro)

1.000,00 1.100,00 1.120,00 1.190,00 1.210,00

Riduzione per superamento tetto (euro)

- 100,00 120,00 190,00 210,00

Media personale in servizio (unità)

12 12,5 11,5 10,5 9,5

Riduzione percentuale rispetto all’anno 2010

- 0,00% 4,17% 12,50% 20,83%

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Riduzione fondo per riduzione personale nella medesima percentuale (euro)

- - 41,70 125,00 208,30

Totale riduzioni per ciascun anno

- 100,00 161,70 315,00 418,30

Fondo disponibile nell’anno 1.000,00 1.000,00 958,30 875,00 791,70

Ipotizzando come suggerito dall’Ente, un fondo per il 2015,

calcolato secondo le norme contrattuali vigenti in euro 1.310,00,

secondo la norma esaminata e nell’interpretazione data risulteranno da

sottrarre:

le decurtazioni pari alla somma di tutte le riduzioni operate sui

suddetti fondi per gli anni 2011-2014 per la riconduzione del fondo al

tetto massimo: dunque: 100,00+120,00+190,00+210,00=620,00 euro;

le riduzioni proporzionali alle riduzioni del personale per 208,30

euro pari alla riduzioni di personale del quadriennio considerato, con un

totale residuo di fondo per il 2015 di 481,70 euro.

Con riferimento specifico alla decurtazione legata alla riduzione di

personale, le modalità di calcolo adottate non possono portare a

considerare ripetutamente, in più anni, le medesime cessazioni.

Conseguentemente, se la riduzione calcolata nel 2014 (come

nell’esempio addotto) include anche quelle operate nei precedenti

esercizi (essendo la percentuale di calcolo determinata dal rapporto tra

personale del 2014 e quello 2010 e comprensiva, dunque, anche delle

cessazioni operate nel triennio precedente), sarà solamente quest’ultima

a concorrere, insieme a quelle legate al superamento del tetto, alla

determinazione della decurtazione permanente dall’01.01.2015.

Riepilogando, l’allungamento, al 31.12.2014, dei vincoli già previsti

per gli anni 2011-2013, comporta che il fondo per la contrattazione

decentrata non possa superare nel 2014 il tetto del fondo del 2010 e che

lo stesso vada ridotto in proporzione alla riduzione del personale in

servizio.

Dal 2015, invece, non si dovranno operare più riduzioni legate alla

diminuzione del personale, ma, calcolato il fondo secondo le regole

contrattuali, ad esso andrà applicata la decurtazione pari alla somma di

tutte le riduzioni operate nel periodo 2011-2014.

P.Q.M.

DELIBERA

che il quesito sottoposto dal Presidente del Consiglio regionale

d’Abruzzo al parere della Sezione possa essere risolto alla stregua delle

considerazioni sopra esposte.

DISPONE

che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della

Segreteria, al Presidente del Consiglio regionale d’Abruzzo e al

Presidente della Regione medesima.

Così deliberato a L'Aquila, nella Camera di consiglio del 20

maggio 2015.

L’Estensore

F.to Lucilla VALENTE

Il Presidente

F.to Maria Giovanna GIORDANO

Depositata in Segreteria il 19 giugno 2015

Il Funzionario preposto al Servizio di Supporto

F.to Lorella Giammaria

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1

Deliberazione n. 53/PAR/2015

REPUBBLICA ITALIANA

la

Corte dei conti

in

Sezione regionale di controllo per la Puglia

Nella camera di consiglio del 22 gennaio 2015 composta da:

Presidente di Sezione Agostino Chiappiniello Presidente

Consigliere Luca Fazio

Consigliere Stefania Petrucci

Referendario Rossana De Corato

Referendario Cosmo Sciancalepore

Referendario Carmelina Addesso Relatore

ha assunto la seguente deliberazione

sulla richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Statte (TA), trasmessa con prot.

n. 20345 del 19 dicembre 2014 ed assunta al protocollo della Segreteria della Sezione regionale

di controllo della Corte dei conti per la Puglia il 29 dicembre 2014 prot. 0004798-29/12/2014-

SC-PUG-T75-A;

Vista l’ordinanza 1/2015 del 14 gennaio 2015 con la quale è stata convocata la Sezione

Regionale di Controllo per il giorno 22 gennaio 2015;

udito il relatore, Referendario Carmelina Addesso.

Ritenuto in

FATTO

Il Sindaco del Comune di Statte chiede alla Sezione un parere in merito all’interpretazione

dell’art 9, comma 2 bis, del decreto legge 25 maggio 2010 n. 78, convertito dalla legge 30

luglio 2010 n. 122, come modificato dalla legge 27 dicembre 2013 n. 147.

Il Sindaco, in particolare, chiede quale significato si debba attribuire al periodo aggiunto, nel

corpo della disposizione citata, dall’art 1 comma 456 della legge 147/2013, a mente del quale

“A decorrere dal 1 gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico

accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente

periodo”. A tal fine, indica le seguenti, possibili, interpretazioni:

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a) “l’importo di cui deve decurtarsi il fondo è pari alla somma delle decurtazioni

effettuate negli anni 2011-2014, decurtazione che assumerebbe il carattere della

definitività dal 2015”;

b) “l’importo di cui deve decurtarsi il fondo è pari a quella effettuata nel solo

2014, decurtazione che assumerebbe, questa, carattere di definitività dal 2015”;

c) “nel 2015 si applica comunque quanto è scritto nella prima parte della norma,

ossia il rispetto del tetto 2010 e riduzione proporzionale riferiti al 2015, che

assumerebbero, questa volta, carattere di definitività”.

In ultimo, si chiede se la prima parte della norma non si applichi più visto che in essa è stato

previsto un limite temporale al 31/12/2014, per cui dal 2015 non troverebbe più applicazione

né il tetto del 2010 né la riduzione proporzionale in base ai dipendenti cessati dal servizio.

Considerato in

DIRITTO

Preliminarmente, occorre valutare i profili di ammissibilità, sia soggettiva che oggettiva, della

richiesta di parere alla luce dell’art. 7, comma 8, della L. 05/06/2003 n. 131 che conferisce a

Regioni, Comuni, Province e Città Metropolitane la possibilità di richiedere alle Sezioni Regionali

di Controllo della Corte dei Conti pareri in materia di contabilità pubblica.

In relazione al profilo di ammissibilità soggettiva, la Sezione osserva che la richiesta di parere è

sottoscritta dal Sindaco del Comune di Statte, per cui non vi è dubbio in merito alla sussistenza

del requisito predetto.

Non può ritenersi di ostacolo alla ricevibilità della richiesta la mancanza nella Regione Puglia del

Consiglio delle Autonomie Locali che, ai sensi dell’art. 123 della Costituzione, nel testo

introdotto dalla L. Cost. 18/10/2001 n. 3, deve essere disciplinato dallo Statuto di ogni Regione,

quale organo di consultazione tra la Regione stessa e gli Enti locali.

Il Consiglio delle Autonomie Locali, se istituito, è quindi destinato a svolgere, secondo il dettato

dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003, una funzione di filtro per le richieste di parere da

sottoporre alle Sezioni Regionali di Controllo.

Invero, l’art. 45 dello Statuto della Regione Puglia, approvato con L. R. 12/05/2004 n. 7, ha

previsto l’istituzione del Consiglio delle Autonomie Locali e con la successiva L. R. del

26/10/2006 n. 29 sono state disciplinate le modalità di composizione, elezione e competenze.

Tuttavia, rilevato che allo stato attuale il Consiglio delle Autonomie Locali non è tuttora

operante, la Sezione ritiene soggettivamente ammissibile la richiesta di parere.

Sul piano dell’ammissibilità oggettiva, si rammenta che la Corte dei Conti, secondo il disposto

dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003, può rendere pareri in materia di “contabilità

pubblica”.

Il Collegio evidenzia che le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con la deliberazione n. 54

depositata in data 17/11/2010 resa in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi

dell’art. 17, comma 31, del D. L. 1/07/2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L.

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3/08/2009, n. 102, condividendo l’orientamento già espresso dalla Sezione delle Autonomie con

la deliberazione n. 5 del 17/02/2006, hanno affermato che la nozione di “contabilità pubblica”

strumentale alla funzione consultiva deve assumere un ambito limitato alle normative ed ai

relativi atti applicativi che disciplinano l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti

interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina inerente la gestione dei bilanci

ed i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la

gestione delle spese, la disciplina del patrimonio, l’indebitamento, la rendicontazione ed i

relativi controlli.

Le Sezioni Riunite hanno, inoltre, sottolineato che il concetto di contabilità pubblica consiste nel

sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e

degli Enti pubblici.

Per consolidato orientamento delle Sezioni Regionali di Controllo, fatto proprio anche da questa

Sezione, la funzione consultiva assegnata alla Corte dei conti deve trattare ambiti ed oggetti di

portata generale e non fatti gestionali specifici; non può riguardare provvedimenti già

formalmente adottati, non potendo tramutarsi in una verifica postuma di legittimità, e non può

interferire con le funzioni assegnate ad altre Magistrature o alla stessa Corte.

Stante quanto sopra, il quesito proposto dal Comune di Statte rientra nel perimetro della

contabilità pubblica, come sopra delineato, in quanto volto all’interpretazione di una

disposizione dettata in tema di contenimento della spesa per il personale.

Tuttavia, l’analisi deve essere circoscritta agli aspetti generali ed astratti della questione, fermo

restando che ogni scelta di gestione è rimessa alla discrezionalità dell’ente.

Passando al merito della richiesta, si chiede quale sia il significato da attribuire all’articolo 9

comma 2 bis d.l. 78/2010, conv. in l. 122/2010, a seguito delle modifiche introdotte dalla l.

147/2013 (legge di stabilità 2014) e, di conseguenza, quale sia la disciplina del fondo per la

contrattazione decentrata a decorrere dal 2015.

La disposizione in esame, nella versione antecedente alle modifiche della legge di stabilità per il

2014, sanciva che “a decorrere dal 1 gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l’ammontare

complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche

di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno

2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del

personale in servizio”.

L’articolo 1, comma 456, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 ha prorogato al 31 dicembre

2014 il termine finale di applicazione della norma e ha introdotto un nuovo periodo, stabilendo

che “a decorrere dal 1 gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento

economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del

precedente periodo”.

Come osservato a più riprese dalle Sezioni Riunite (deliberazioni 51/CONTR/2011,

56/CONTR/2011) e dalla Sezione Autonomie (deliberazioni n. 2/SEAUT/2013 e, da ultimo, n.

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26/SEZAUT/2014), la disciplina in esame si inserisce nel quadro delle disposizioni volte al

contenimento della spesa per il personale aventi natura cogente ed inderogabile, in quanto

rispondenti ad imprescindibili esigenze di riequilibrio della finanza pubblica ancorate al rispetto

di rigidi obblighi comunitari. Per tali ragioni, “tale norma è da considerare, quindi, di stretta

interpretazione e non sono consentite limitazioni del suo nucleo precettivo in contrasto con il

valore semantico dell’espressione normativa utilizzata” (Sezione delle Autonomie deliberazione

n. 26/SEZAUT/2014).

Premesso quanto sopra, non pare alla Sezione che siffatta finalità di contenimento complessivo

della crescita delle componenti del trattamento accessorio, sia venuta meno a seguito della

modifica introdotta dalla legge di stabilità del 2014, ma semplicemente viene modificato il

criterio con cui l’obiettivo deve essere attuato. Ed, infatti, per periodo 2011-2014 l’ammontare

complessivo delle risorse destinate alla contrattazione decentrata è soggetto alla duplice

riduzione scaturente dal tetto del 2010 e dalla decurtazione proporzionale alla cessazione del

personale in servizio. Sulle modalità di calcolo della riduzione da ultimo menzionata si rinvia ai

principi espressi sul punto dalla giurisprudenza contabile, anche di questa Sezione ( tra le altre,

Sezione controllo Puglia deliberazione n. 87/PAR/2014 del 2 aprile 2014, Sezione controllo

Lombardia, deliberazione n. 116/PAR/2014).

A partire dal 1 gennaio 2015, invece, la decurtazione annuale deve essere di importo pari “alle

riduzioni operate per effetto del precedente periodo”: ciò significa che gli importi decurtati, per

il periodo 2011-2014, sia per evitare lo sforamento del tetto del 2010 che per garantire la

diminuzione proporzionale alle cessazioni dal servizio (calcolata sulla base dei criteri del valore

medio o del rateo, secondo le indicazioni della giurisprudenza richiamata) costituiscono il

parametro sulla cui base effettuare la riduzione delle risorse destinate alla contrattazione

decentrata a decorrere dal 2015.

In altre parole, le decurtazioni effettuate nel periodo 2011-2014 diventano permanenti e non

possono più essere recuperate in quanto gli effetti dei tagli operati nel periodo considerato

devono essere mantenuti anche in sede di determinazione dei fondi per i periodi successivi .

Tale interpretazione, oltre ad essere imposta dal dato letterale (il legislatore nel riferirsi alle

“riduzioni operate per effetto del precedente periodo” non fa che rinviare ai risultati di

contenimento conseguiti sulla base dell’osservanza del tetto e delle riduzioni proporzionali al

personale cessato), è l’unica che consente di riconoscere una coerenza intrinseca al dettato

normativo, come scaturente dalla modifica operata dalla legge di stabilità del 2014. In questo

senso, infatti, se la volontà del legislatore fosse stata quella di applicare, anche per il periodo

successivo al 2014, il meccanismo di contenimento dettato per il quadriennio 2011-2014,

sarebbe stato sufficiente prorogare il periodo di efficacia della prima parte della disposizione;

invece, la legge 147/2013, nel prorogare di un anno (dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre

2014) l’operatività della disposizione, ha contestualmente dettato, attraverso l’aggiunta di un

nuovo periodo, una diversa disciplina a decorrere dal 1 gennaio 2015.

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In ogni caso, rimane ferma la finalità complessiva di contenimento della spesa di personale, con

riferimento alle componenti del trattamento accessorio e del conseguente obiettivo di

rafforzamento del limite posto alla loro crescita complessiva, nell’ambito del più ampio obiettivo

di riduzione della spesa corrente di funzionamento e di miglioramento dei saldi di finanza

pubblica.

PQM

Nelle sopra esposte considerazioni è il parere di questa Sezione.

Dispone che la presente deliberazione venga trasmessa, a cura del preposto al Servizio di

supporto, al Sindaco del Comune di Statte (TA)

Così deliberato in Bari, nella Camera di Consiglio del 22 gennaio 2015.

Il Relatore Il Presidente

F.to Carmelina Addesso F.to Agostino Chiappiniello

Depositata in Segreteria il 22/01/2015

Il Direttore della Segreteria

F.to Marialuce Sciannameo

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1

Lombardia/224/2015/PRSP

REPUBBLICA ITALIANA

CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO

PER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:

dott.ssa Simonetta Rosa Presidente

dott. Gianluca Braghò Primo Referendario

dott. Donato Centrone Referendario (relatore)

dott. Paolo Bertozzi Referendario

dott. Cristian Pettinari Referendario

dott. Sara Raffaella Molinaro Referendario

nell’adunanza del 19 maggio 2015

e nella camera di consiglio del 22 giugno 2015

visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il RD 12/07/1934, n. 1214;

viste le leggi 21 marzo 1953, n. 161, e 14 gennaio 1994, n. 20;

vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16/06/2000, che

ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo, modificata con le

deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3/07/2003 e n. 1 del 17/12/2004;

visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi

sull’ordinamento degli enti locali;

vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

vista la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, commi 166 e seguenti;

visto l’art. 3 del d.l. n. 174/2012, convertito con legge n. 213/2012;

udito il relatore, referendario dott. Donato Centrone

Premesso in fatto

In sede di esame del questionario trasmesso dall’organo di revisione del comune di Milano,

relativo al rendiconto 2013, redatto ai sensi dell’articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge

n. 266/2005, come integrato dall’art. 3 del d.l. n. 174/2012, convertito con legge n. 213/2012,

è emersa la necessità di alcuni chiarimenti relativamente al corretto conseguimento degli

equilibri di bilancio, in particolare di parte corrente; alla spesa per la contrattazione integrativa

del personale dipendente (in particolare, sotto il profilo del rispetto delle norme di finanza

pubblica e delle azioni eventualmente intraprese, ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 16/2014,

convertito con legge n. 68/2014, al fine di ricondurre gli oneri previsti dalla contrattazione

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integrativa, e le relative destinazioni, nell’alveo imposto dalla legge e dal CCNL di comparto,

anche ai fini della potenziale incidenza sui futuri bilanci dell’Ente); ai rapporti finanziari ed

economico patrimoniali con le società partecipate (in punto di riconciliazione delle posizioni

debitorie e creditorie intercorrenti con queste ultime alla luce delle discrasie rilevate in sede di

esame del rendiconto 2012; di equilibrio economico patrimoniale degli organismi partecipati; di

corretta regolamentazione dei rapporti finanziari esistenti con il Comune).

Il Collegio dei revisori dei conti, con nota del 30 gennaio 2015, ha fornito i chiarimenti

richiesti.

Con nota del 28 aprile 2015, il magistrato istruttore ha avanzato al Presidente della Sezione

istanza di deferimento in adunanza collegiale per i seguenti aspetti:

1. residui attivi iscritti a titolo di trasferimenti di capitale dallo Stato (euro 426.612.942), in

particolare sotto i profili dello stato di avanzamento delle opere finanziate e della

sostenibilità finanziaria delle ridette infrastrutture sui bilanci futuri dell’Ente;

2. azioni intraprese, ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, convertito con legge n. 68 del

2014, al fine di ricondurre gli oneri complessivi della contrattazione integrativa, e le

relative destinazioni, nei limiti imposti dalla legge (d.lgs. n. 165 del 2001 e d.lgs. n. 150

del 2009) e dai contratti collettivi nazionali di comparto, in particolare sotto i profili

dell’assenza di rischi per i futuri bilanci dell’Ente e della congruità dei compensi attribuiti al

personale;

3. adeguata rappresentazione nel bilancio delle posizioni debitorie e creditore intercorrenti

con le società partecipate, alla luce delle discrasie emerse in sede di redazione del

prospetto informativo prescritto dall’art. 6, comma 4, del d.l. n. 95 del 2012, convertito

con legge n. 135 del 2012, allegato ai rendiconti degli esercizi 2012 e 2013;

4. situazione economico-patrimoniale delle società partecipate SO.GE.MI spa e Milanosport

spa, che registrano, nel bilancio 2013, perdite d’esercizio (pari, rispettivamente, a euro

1.1336.368 ed euro 2.282.215), e le cui difficoltà economica erano già state oggetto di

accertamento, da parte della scrivente Sezione, con la deliberazione n. 355/2013/PRSP.

All’adunanza pubblica del 19 maggio 2015 sono intervenuti, in rappresentanza del Comune,

il dott. Maurizio Quaranta, componente del Collegio dei revisori dei conti, il dott. Michele

Petrelli, Responsabile dei servizi finanziari, il dott. Alessandro Pollio Salimbeni, Direttore delle

risorse umane, la dott.ssa Mariangela Rimoldi, Responsabile settore società partecipate, il dott.

Roberto Colangelo, Direttore settore programmazione bilancio ed il dott. Savino Sarcina,

funzionario del settore società partecipate.

Il Comune, in data 20 e 21 maggio 2015 e 22 giugno 2015, ha trasmesso la

documentazione istruttoria richiesta in sede di adunanza.

Considerato in fatto e diritto

La legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 166, ha previsto che le Sezioni

regionali di controllo della Corte dei conti svolgano verifiche ed accertamenti sulla gestione

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finanziaria degli enti locali, esaminando, per il tramite delle relazioni trasmesse dagli organi di

revisione economico-finanziaria degli enti locali, i bilanci di previsione ed i rendiconti.

La magistratura contabile ha sviluppato le indicate verifiche in linea con le previsioni

contenute nell’art. 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131, quale controllo ascrivibile

alla categoria del riesame di legalità e regolarità, che ha la caratteristica di finalizzare le

verifiche all'adozione di effettive misure correttive da parte degli enti interessati.

L'art 3, comma 1 lett. e) del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7

dicembre 2012, n. 213, ha introdotto nel d.lgs. n. 267 del 2000 l'art. 148-bis (intitolato

“Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”), il

quale prevede che la Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminino i bilanci

preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica del rispetto degli obiettivi

annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di

indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità

dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in

prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti. Ai predetti fini la magistratura

contabile deve accertare che i rendiconti degli enti locali tengano conto delle partecipazioni in

società alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici locali e di servizi strumentali.

In base al citato art. 148-bis, comma 3, qualora le Sezioni regionali della Corte accertino la

sussistenza "di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della

violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del

mancato rispetto degli obiettivi posti con il Patto di stabilità interno”, gli enti locali interessati

sono tenuti ad adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione della delibera di

accertamento, “i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di

bilancio”, ed a trasmetterli alla Sezione regionale in modo che possa verificare, nei successivi

trenta giorni, se gli stessi sono idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di

bilancio. In caso di mancata trasmissione dei provvedimenti correttivi o di esito negativo della

valutazione, “è preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la

mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”.

Come precisato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 60 del 2013), l’art. 1, commi da 166

a 172, della legge n. 266 del 2005 e l’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, introdotto

dall’art. 3, comma 1, lettera e), del d.l. n. 174 del 2012, hanno istituito tipologie di controllo,

estese alla generalità degli enti locali e degli enti del servizio sanitario nazionale, finalizzati ad

evitare danni agli equilibri di bilancio. Tali controlli si collocano pertanto su un piano distinto

rispetto al controllo sulla gestione amministrativa di natura collaborativa, almeno per quel che

riguarda gli esiti. Queste verifiche sono compatibili con l’autonomia di Regioni, Province e

Comuni, in forza del supremo interesse alla legalità costituzionale finanziaria e alla tutela

dell’unità economica della Repubblica (artt. 81, 119 e 120 Cost.).

Tali prerogative assumono ancora maggior rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma

1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, nel comma premesso all’art. 97 Cost.,

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richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento

dell’Unione europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

Qualora le irregolarità esaminate dalla Sezione regionale non siano così gravi da rendere

necessaria l’adozione della pronuncia di accertamento prevista dall’art. 148-bis, comma 3 del

TUEL, siffatta funzione del controllo sui bilanci suggerisce di segnalare comunque agli enti le

irregolarità contabili riscontate, al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di deficitarietà o di

squilibrio, idonee a pregiudicare la sana gestione finanziaria. In ogni caso, l’ente interessato è

tenuto a valutare le segnalazioni ricevute e a porre in essere interventi idonei per addivenire al

loro superamento.

I. Residui attivi di parte capitale

Il questionario redatto dal collegio dei revisori in relazione al rendiconto dell’esercizio 2013

ha evidenziato, al quadro 1.10.9, residui attivi complessivi pari a euro 2.797.196.765, di cui

euro 274.501.808 provenienti da esercizi anteriori al 2009. Nello specifico, anche alla luce

degli accertamenti in precedenza condotti dalla Sezione, confluiti nella deliberazione n.

355/2013/PRSP, l’esame istruttorio si è concentrato sui residui attivi di parte capitale iscritti a

titolo di trasferimenti dallo Stato (pari a euro 426.612.942), sotto i profili dell’avanzamento

delle opere e della sostenibilità finanziaria delle infrastrutture in corso di realizzazione sui

bilanci futuri dell’Ente.

Nella risposta istruttoria del 30 gennaio 2015, l’organo di revisione ha evidenziato che la

quota principale di residui attivi riguarda contributi ministeriali, erogati sulla base degli stati di

avanzamento lavori che vengono trasmessi dalla direzione competente del Comune.

Relativamente all’avanzamento delle opere ed alla sostenibilità futura del costo di gestione

discendente da queste ultime, ha comunicato che la Direzione mobilità, trasporti, ambiente ed

energia non ha fornito elementi di analisi. Sempre i revisori hanno ricordato come, con

provvedimento del Commissario delegato per l’EXPO n. 3 del 22 dicembre 2014, è stato

approvato lo schema di convenzione unica ed i quadri tecnico-economici relativi alla Linea 5

della metropolitana (con unificazione delle due tratte precedentemente distinte) e che, con

delibera di Giunta n. 2418 del 28 novembre 2014, sono state approvate le linee di indirizzo per

la stipula della convenzione di concessione necessaria alla prosecuzione del progetto di

realizzazione e gestione della Linea 4 della metropolitana.

Il magistrato istruttorie ha disposto il deferimento del Comune in adunanza collegiale al fine

di approfondire lo stato di realizzazione delle opere finanziate dai residui attivi iscritti a titolo di

trasferimento di capitale dallo Stato, nonché la sostenibilità finanziaria delle ridette

infrastrutture sui bilanci futuri dell’Ente.

Per quanto riguarda il primo profilo, in allegato alla memoria del 15 maggio 2015, il Comune

ha inviato una relazione, a cura della Direzione centrale mobilità, trasporti.

L’avanzamento dei lavori della Linea 4, per la cosiddetta "tratta Expo", viene dichiarato

raggiuto per il 70% (al 28 febbraio 2015). La relazione precisa che, a gennaio 2015, ha avuto

inizio la consegna delle aree per la restante parte della linea. Il termine ultimo dei lavori,

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comprensivo del rilascio del nulla osta di esercizio, è previsto per il 30 aprile 2022, secondo il

cronoprogramma di costruzione allegato alla convenzione di concessione.

Per quanto concerne lo stato dei finanziamenti, la memoria ricorda come il costo del

progetto originario, pari a euro 1.698.709.532, sia stato incrementato, nel progetto definitivo

unificato, approvato con delibera CIPE n. 66 del 9 settembre 2013, ad euro 1.819.704.812,

comprensivo di progettazione. La copertura economica è assicurata per 958 milioni di euro da

contributi statali (di cui 480 attribuiti in ragione dell’evento EXPO), per 400 da risorse del

comune di Milano e per 461 da apporti finanziari del privato concessionario. I pagamenti sinora

effettuati ammontano complessivamente a circa 287 milioni di euro ed il credito del Comune

verso lo Stato risulta pari a 858 milioni di euro (di cui 516 imputati, in aderenza al principio

contabile della competenza finanziaria potenziata, ad esercizi successivi).

Circa la Linea 5, la relazione prodotta dalla Direzione mobilità evidenzia come lo stato di

avanzamento delle opere della prima tratta, avviate nel settembre 2007, sia quasi concluso

(con entrata in esercizio dell’infrastruttura), mentre resta da ultimare il collaudo tecnico-

amministrativo. Anche i lavori per la seconda tratta, avviati definitivamente nel marzo 2011,

vengono dichiarati in fase di ultimazione (in data 29 aprile 2015 è stata attivata una tratta per

facilitare il raggiungimento dell’evento EXPO). L’ultimazione dei lavori, secondo la convenzione

unica stipulata il 22 dicembre 2014, è prevista per il 31 ottobre 2015. Per quanto concerne

l’utilizzo dei finanziamenti attribuiti, la memoria evidenzia come la spesa per i due progetti

originari (pari a euro 653.815.617 per la 1^ tratta e euro 886.596.681 per la 2^ tratta, con

contributi privati pari a circa 246 milioni di euro per la prima tratta ed a 383 per la seconda),

sia stato quasi interamente sostenuta (residuano impegni non pagati pari a 51 milioni di euro

per la prima tratta ed a 66 per la seconda). Il credito residuo del Comune verso lo Stato

ammonta a circa 29 milioni di euro.

Per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria futura di dette opere per il bilanci dell’Ente, in

assenza di precise informazioni da parte della competente Direzione, nel parere alla citata

delibera di Giunta n. 2418/2014, il Responsabile del servizio finanziario del Comune ha

evidenziato l’assenza di un formalizzato piano di sostenibilità degli impatti di queste

infrastrutture sui bilanci futuri. Ha comunque espresso parere favorevole di regolarità

contabile, nel presupposto che l'Amministrazione, al fine di preservare la sostenibilità

economica e finanziaria del progetto, adotti le necessarie azioni di breve e medio periodo tese

alla rimodulazione della spesa e delle entrate, a garanzia dei futuri equilibri di bilancio e del

rispetto del patto di stabilità interno. Tale parere è supportato da un’analisi della flessibilità

della spesa secondo una riclassificazione in uso presso la Direzione bilancio del Comune,

nonché da un’analisi di sensitività delle entrate e delle spese alla rimodulazione del sistema

tariffario del trasporto pubblico locale.

Le tabelle allegate all’esposto parere di regolarità contabile evidenziano come l’impatto della

realizzazione e messa in esercizio della Linea 4 sugli oneri correnti del bilancio del Comune

cresca dai 10,43 milioni di euro previsti per il 2015 ai 52,57 del 2020, per giungere ad un picco

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di 174,19 nel 2034 (anno di scadenza del mutuo contratto per la realizzazione) e attestarsi fra

i 100 ed i 122 milioni di euro, a titolo di canone di disponibilità, nell’arco temporale 2035-2045.

Inoltre, a seguito dell’interlocuzione avvenuta nell’adunanza pubblica del 19 maggio 2015, il

Comune ha inviato analitico prospetto in cui si evidenzia la riclassificazione del proprio bilancio

secondo criteri di maggiore o minore rigidità (suddivisi in 4 fasce) e la possibilità di rimodulare

parte della spesa nel medio periodo. La classificazione proposta, esponente i dati dei consuntivi

2012 e 2013 e dell’assestato 2014, mostra come, nell’ultimo esercizio, a fronte di una spesa

complessiva di circa 3 miliardi di euro, quasi 2,3 vengano collocati nella fascia più elevata di

rigidità e solo 195 milioni di euro siano ritenuti facilmente comprimibili (342 e 175 milioni di

euro i valori, invece, delle fasce intermedie di rigidità).

La memoria comunale del 20 maggio 2015 riporta, altresì, un prospetto sintetico relativo

all'analisi di sensitività delle spese e delle entrate del trasporto pubblico locale, in cui si

evidenzia, in primo luogo, la possibile crescita, sulla base di ipotetiche percentuali di

incremento del costo di biglietti e abbonamenti (dal 10% al 50%), dei ricavi da vendita (da

392 milioni di euro annui fino ad un massimo di circa 590) rispetto al valore previsto in sede di

assestamento di bilancio 2014. L'ipotesi sottostante è che, all'aumentare del servizio, anche il

costo di accesso possa aumentare, fino a rendere il prezzo del biglietto comparabile con quello

di altre città europee dotate di una fitta rete metropolitana (le maggiori entrate stimate

sembrano coprire i futuri oneri di realizzazione e disponibilità, che, come esposto, dal 2023

crescono a oltre 100 milioni di euro annui).

Inoltre, il documento sintetizza la quantificazione dei maggiori introiti derivanti, da un lato,

dall'incremento dei viaggiatori sulle due nuove linee metropolitane, e, dall’altro, dall'aumento

tariffario ipotizzato nel 2013 dalla Direzione centrale mobilità trasporti e ambiente. In questa

ipotesi l’incremento di entrate (stimato fino al 2021) si attesterebbe intorno ai 90 milioni di

euro annui (a fronte di un maggior onere per spese di realizzazione pari, nel medesimo

esercizio 2021, a 30 milioni di euro).

Infine, il documento evidenzia, quale fattore positivo per il bilancio del Comune, la possibile

riduzione del costo del trasporto pubblico locale (contratto con ATM spa per i servizi di

trasporto di superficie e delle linee metropolitane 1, 2 e 3) rispetto al valore previsto in sede di

assestamento di bilancio 2014, con diverse percentuali ipotetiche di riduzione (dal 10%, con

risparmio stimato in 72 milioni di euro, al 30%, con risparmio stimato in 217 milioni di euro).

L'ipotesi sottostante è che, con l'entrata in esercizio di nuove tratte di metropolitana, il servizio

di superficie possa essere riorganizzato determinando una riduzione di costi.

Gli scenari prospettati impongono all'Amministrazione, nel medio periodo (l’impennata degli

oneri per il bilancio del Comune è prevista per il 2023, anno di entrata in esercizio a regime

dell’infrastruttura) di individuare le azioni di rimodulazione della spesa e delle entrate

necessarie a garantire nel tempo gli equilibri di bilancio (nonché il rispetto del patto di stabilità

interno).

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II. Risorse per la contrattazione integrativa

L’esame delle tabelle 7.1.1 e seguenti, presenti nel questionario redatto dal Collegio dei

revisori dei conti in relazione al rendiconto 2013, hanno dimostrato la conformità della

costituzione dei fondi destinati alla contrattazione integrativa del personale alla norma di

finanza pubblica (art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010, convertito con legge n. 122 del

2010), che ha imposto alle ridette risorse, fino al 2014, un tetto complessivo (ancorato

all’anno 2010) e l’obbligo di decurtazione in misura proporzionale alle cessazioni di personale

dal servizio. Con l’occasione, l’esame istruttorio è stato esteso alla valutazione delle azioni

adottate, ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, convertito con legge n. 68 del 2014, al fine

di ricondurre gli oneri complessivi della contrattazione integrativa, e le relative destinazioni, nei

limiti imposti dalla legge (d.lgs. n. 165 del 2001, come integrato dal d.lgs. n. 150 del 2009) e

dai CCNL di comparto, in particolare sotto il profilo dell’assenza di rischi per i futuri bilanci

dell’Ente e della congruità dei compensi attribuiti al personale.

Il citato art. 4 del d.l. n. 16/2014 (“Misure conseguenti al mancato rispetto di vincoli

finanziari posti alla contrattazione integrativa e all'utilizzo dei relativi fondi) contiene varie

disposizioni, tese, da un lato, a permettere un percorso di recupero nel caso in cui i fondi per la

contrattazione integrativa siano stati costituiti in misura eccedente a quella prevista dal CCNL o

in violazione dei limiti posti da norme di finanza pubblica (commi 1 e 2) e, dall’altro, a sanare

l’eventuale attribuzione al personale di emolumenti non previsti dal CCNL o con modalità e

importi in contrasto con quest’ultimo o con la stessa legge (comma 3).

Il primo comma dispone, infatti, che le regioni e gli enti locali che non hanno rispettato i

vincoli finanziari posti alla contrattazione integrativa sono obbligati a recuperare integralmente,

a valere sulle risorse finanziarie a questa destinate (rispettivamente al personale dirigenziale e

non dirigenziale) le somme indebitamente erogate, con graduale riassorbimento delle stesse

(mediante quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui

si è verificato il superamento di tali vincoli). In questa ipotesi, la norma impone agli enti di

adottare misure di razionalizzazione organizzativa tese a ristabilire a regime la congruità della

propria spesa per il personale, garantendo in ogni caso la riduzione delle dotazioni organiche

entro i parametri di deficitarietà strutturale (cfr. art. 263, comma 2, del d.lgs. n. 267 del

2000). Al fine di conseguire l'effettiva riduzione della spesa, per le unità di personale

eventualmente risultanti in soprannumero all'esito dei predetti piani di riorganizzazione, la

norma estende l’applicazione delle disposizioni previste dall'art. 2, commi 11 e 12, del d.l. n.

95 del 2012, convertito con legge n. 133 del 2012 (collocamento agevolato in pensione,

mobilità guidata anche intercompartimentale, utilizzo del rapporto a tempo parziale, etc.).

Il secondo comma del riferito art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, sempre al fine di recupere le

risorse per la contrattazione integrativa costituite complessivamente in eccesso rispetto a

quanto previsto dal CCNL, o in violazione di norme di finanza pubblica (quali, in particolare,

l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010), introduce una disciplina di maggior favore per le

regioni e gli enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità interno, permettendo di

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compensare le somme da recuperare anche attraverso l'utilizzo dei risparmi derivanti dalle

misure di razionalizzazione organizzativa (indicate al secondo e terzo periodo del comma 1),

nonché di quelli discendenti dall'attuazione dei piani di razionalizzazione delle spese previsti

dall’art. 16, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011, convertito con legge n. 111 del 2011 (per un

esame della relativa disciplina si rinvia alle deliberazioni della Sezione delle Autonomie della

Corte dei conti n. 2/2013/QMIG e della scrivente Sezione regionale per la Lombardia n.

439/2013/PAR e n. 441/2013/PAR).

Al fine di verificare l’effettiva osservanza del recupero delle risorse destinate in eccesso negli

anni precedenti, la norma impone, infine, a regioni ed enti locali di trasmettere, entro il 31

maggio di ciascun anno, al Dipartimento della funzione pubblica, al Dipartimento della

Ragioneria generale dello Stato ed al Dipartimento per gli affari interni e territoriali, una

relazione illustrativa ed una relazione tecnico-finanziaria che, con riferimento al mancato

rispetto dei vincoli finanziari, dia conto dell'adozione dei piani di riorganizzazione e delle

specifiche misure previste per il contenimento della spesa per il personale.

Il terzo comma dell’art. 4 si riferisce, invece, fermo restando l’obbligo di recupero in caso di

complessiva costituzione del fondo in misura eccedente a quanto previsto dal CCNL o dalla

legge, alle fattispecie della destinazione delle risorse in maniera non aderente al dettato

contrattuale o legislativo (indennità non previste dal CCNL; erogate in misura eccedente ai

limiti posti da quest’ultimo; attribuite in assenza del rispetto delle procedure tese a garantire la

verifica degli obiettivi per l’erogazione della retribuzione di risultato, etc.).

In questo caso, la disciplina legislativa ha efficacia sanante di irregolarità pregresse,

prevedendo tuttavia un preciso limite temporale. La norma dispone, infatti, che, fermo

restando l'obbligo di recupero previsto dai commi 1 e 2 (fondo complessivamente eccedente i

limiti di legge e/o di CCNL), non si applicano le disposizioni di cui al quinto periodo del comma

3-quinquies dell'art. 40 del d.lgs. n. 165/2001 (nullità delle clausole dei contratti integrativi in

contrasto con la legge o il contratto collettivo nazionale) agli atti di costituzione e di utilizzo dei

fondi per la contrattazione decentrata adottati anteriormente ai termini di adeguamento

previsti dall'art. 65 del d.lgs. n. 150 del 2009 (per gli enti locali, il 31 dicembre 2011, con

cessazione di efficacia ex lege dei contratti difformi il 31 dicembre 2012). Al fine di beneficiare

di tale parziale “sanatoria”, la legge individua precisi presupposti. In particolare, gli atti di

utilizzo dei fondi non devono aver già comportato il riconoscimento giudiziale della

responsabilità erariale, e le regioni e gli enti locali interessati devono aver rispettato il patto di

stabilità interno e la vigente disciplina in materia di spese ed assunzioni di personale (la norma

richiama, in particolare, le disposizioni di cui all'articolo 9, commi 1, 2-bis, 21 e 28, del d.l. n.

78 del 2010, convertito con legge n. 122 del 2010).

Nella risposta istruttoria del 30 gennaio 2015, il Collegio dei revisori dei conti ha riferito che

l'amministrazione comunale ha avviato il processo di valutazione delle eventuali azioni da

intraprendere in applicazione del ridetto art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 e, a tal fine, è stato

chiamato ad esprimere il proprio parere su una serie di proposte di determinazioni e

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deliberazioni (analiticamente indicate) orientate a risolvere alcune presunte illegittimità nella

distribuzione del salario accessorio.

Ha ricordato, altresì, che, con delibera n. 1266 del 20 giugno 2014, la Giunta comunale

aveva approvato le "Linee di indirizzo per la costituzione e l'utilizzo del Fondo per le politiche di

sviluppo delle risorse umane e per la contrattazione decentrata integrativa relativa al personale

non appartenente all'area separata della dirigenza - anno 2014" e, con successiva delibera n.

2301 del 21 novembre 2014, le "Linee di indirizzo alla Delegazione trattante di parte pubblica

per la ridefinizione del trattamento accessorio del personale non appartenente all'area separata

della dirigenza - anno 2014". Tuttavia, la stessa Giunta, facendo seguito ad un’intesa raggiunta

con le organizzazioni sindacali in data 3 dicembre 2014, ha ritenuto opportuno sospendere, con

deliberazione n. 2494 del 5 dicembre 2014, l'efficacia delle suddette deliberazioni n.

1266/2014 e n. 2301/2014, al fine di "raffreddare le tensioni insorte nelle trattative sindacali in

corso". Il Collegio dei revisori ha riferito che, fra le motivazioni addotte vi sarebbe una diversa

interpretazione, rispetto a quelle fornite da soggetti istituzionali (l’ARAN ed il MEF-RGS, in

particolare), su alcuni istituti del salario accessorio. Considerato che, sulla base delle riferite

divergenti opinioni, potrebbero scaturire conseguenze di rilevante impatto economico a carico

del Comune, l’organo di revisione ha chiesto l'affidamento di uno specifico incarico di

consulenza legale ad un soggetto terzo.

I relativi provvedimenti di conferimento (determinazioni dirigenziali n. 2/2015 e n. 3/2015),

aventi come obiettivo quello di acquisire un parere sulla legittimità dei contratti collettivi

decentrati vigenti e delle modalità applicative del salario accessorio, sono stati inviati alla

scrivente Sezione regionale in aderenza all’art. 1, comma 173, della legge n. 266 del 2005.

Il magistrato istruttorie, con nota n. 2274 del 5 marzo 2015, ha chiesto la relazione

prodotta dal prof. Alessandro Boscati, professionista incaricato, istanza funzionale, in

particolare, al completamento della risposta fornita dal Collegio dei revisori dei conti in

riscontro alla richiesta istruttoria n. 18404 del 15 dicembre 2014, riferita all’esame del

rendiconto consuntivo 2013 del Comune.

II.a.1) Le azioni adottate dal Comune in attuazione dell’art. 4 del d.l. n. 16/2014,

convertito con legge n. 68/2014

Nella delibera di Giunta n. 453 del 13 marzo 2015, avente ad oggetto “Applicazione dell'art.

4 del Decreto Legge 6 marzo 2014 n. 16, convertito nella Legge 2 maggio 2014 n.68 - Fondi

per le politiche di sviluppo del personale non appartenente all'Area Separata della Dirigenza”, il

Comune attesta, in primo luogo, il rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio posti alla

costituzione dei fondi per le politiche di sviluppo del personale, sia dalla legge (con particolare

riferimento all’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78/2010), che dal contratto nazionale (aventi

fonte, in particolare, nell’art. 15 del CCNL 1° aprile 1999 e nell’art. 32 del CCNL 22 gennaio

2004). Di conseguenza, delibera di non dover adottare alcuna azione tesa al recupero di

somme erogate complessivamente in eccesso rispetto a quanto imposto ai fondi per la

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contrattazione integrativa (della cui disciplina si occupano, come sopra esposto, i commi 1 e 2

del citato art. 4 del d.l. n. 16 del 2014).

Con riguardo, invece, all'utilizzo dei ridetti fondi (la cui disciplina si rinviene nel comma 3

dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014), la delibera di Giunta riscontra casi di destinazione non

appropriata del fondo, con particolare riguardo ad indennità non previste dal CCNL di comparto

ovvero ad erogazioni non coerenti con la disciplina di riferimento: nel periodo anteriore al 31

dicembre 2012 (termine apposto dal comma 3 in esame, mediante richiamo all'art. 65 del

d.lgs. n. 150/2009), senza quantificarle; per l'anno 2013, per complessivi euro 5.702.355,64;

per l'anno 2014, per complessivi euro 5.596.855,85.

Nell’esplicitare le azioni da adottare a fronte delle rilevate illegittimità, la Giunta richiama

l’allegata Relazione tecnica, predisposta dalla Direzione centrale risorse umane, che, per le

erogazioni al personale effettuate fino al 31 dicembre 2012, evidenzia l’inapplicabilità della

sanzione della nullità delle clausole costituenti il titolo dei pagamenti effettuati (in linea

generale disposta dall’art. 40, comma 3-quinques, del d.lgs. n. 165 del 2001), con

conseguente effetto sanante a beneficio dei soggetti percettori. L’interpretazione risulta in linea

con quanto disposto dal comma 3 dell’art. 4 del citato d.l. n. 16 del 2014.

Invece, per quanto riguarda gli emolumenti erogati in modo irregolare nei successivi esercizi

2013 e 2014, la delibera di Giunta ritiene di poter applicare l'art. 4 del d.l. n. 16 del 2014,

secondo le modalità di seguito indicate:

- per l'anno 2013, recuperando l’importo pari agli emolumenti corrisposti al personale in

violazione di norme di legge o CCNL (complessivi euro 5.702.355), mediante compensazione

con le risorse derivanti dal piano di razionalizzazione delle spese adottato ex art. 16 del d.l. n.

98 del 2011 (i cui risparmi per il 2013, pari a euro 4.991.875, sono stati certificati dal Collegio

dei revisori dei conti in data 16 aprile 2014), e, in via residuale, mediante utilizzo di precedenti

economie discendenti da risorse del fondo per la contrattazione integrativa non utilizzate

(attestate dal parere di regolarità contabile rilasciato, ex art. 49 del d.lgs. n. 267 del 2000, dal

Responsabile del servizio finanziario);

- per l'anno 2014, recuperando i medesimi importi (complessivi euro 5.596.855,85),

mediante compensazione con le risorse derivanti dal citato piano di razionalizzazione delle

spese (i cui risparmi, riferiti al 2014, pari a euro 5.049.180,94, sono stati certificati dal Collegio

dei revisori in data 12 marzo 2015) e, in via residuale, utilizzando le economie discendenti da

risorse del fondo non utilizzate (la cui esistenza risulta attestata come sopra esposto).

Il Collegio dei revisori, in data 12 marzo 2015, ha espresso parere favorevole alla delibera di

Giunta, evidenziando, tuttavia, la necessità di effettuare ulteriori approfondimenti su alcune

indennità per le quali erano evidenziate criticità, con particolare riferimento a quella di disagio

(in punto di criteri di attribuzione e quantum individuale mensile) e ad alcuni incentivi erogati

al personale della polizia municipale (le “quote C e D” dell’art. 4 del CCDI stipulato in data 12

febbraio 2002), per i quali non sarebbe verificata la selettività del riconoscimento.

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Il Comune ha riscontrato tali rilievi in una Relazione tecnica integrativa, a firma del Direttore

centrale risorse umane, avente anch’essa data 13 marzo 2015 (allegata alla delibera di Giunta

n. 453/2015) che, per quanto riguarda l'indennità di disagio, ha osservato come il tessuto

contrattuale decentrato (art. 3 del CCDI del 2002, e successivi protocolli e verbali di intesa)

ancora vigente sia antecedente all'emersione dei dubbi sulla valorizzazione di tale indennità.

Da ciò deriverebbe un vincolo all’Amministrazione, non superabile fino a nuovo accordo tra le

parti. Per questa ragione la delibera di Giunta n. 453/2015 non include gli oneri derivanti

dall’indennità di disagio erogata in anni precedenti nell’ambito di applicazione dell’art. 4 del d.l.

n. 16 del 2014. La citata Relazione tecnica, tuttavia, a fronte dei pronunciamenti giudiziari non

uniformi, evidenzia come l'Amministrazione si sia riservata di effettuare ulteriori

approfondimenti e, all’esito, di riesaminare la questione.

Per quanto riguarda gli incentivi al personale della polizia locale denominati “quote C e D”,

sempre la Relazione tecnica integrativa, allegata alla delibera di Giunta n. 453/2015, precisa di

aver effettuato il recupero solo in relazione alla percentuale dell'8% del valore complessivo, in

quanto tale quota è quella riferita alla performance individuale, mentre il restante 92% è

fondato sugli strumenti di programmazione dell'Ente e connessa al sistema di valutazione della

performance organizzativa (vengono richiamati la delibera di Giunta n. 1200/2011, di

approvazione del sistema di misurazione e valutazione della performance, i documenti

comunali di programmazione, di primo e secondo livello, e quelli di consuntivazione degli

obiettivi per il 2013).

La delibera di Giunta n. 453/2015, in conclusione, autorizza la Direzione centrale risorse

umane a costituire in via definitiva, previa certificazione del Collegio dei revisori dei conti, il

fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane relativo agli anni 2013 e 2014, e, in via

provvisoria, anche mediante l'assegnazione di risorse aggiuntive, il fondo per l'anno 2015.

Delibera, infine, di effettuare, visto il parere reso dal Collegio dei revisori, ulteriori

approfondimenti sull’indennità di disagio, anche conferendo specifico incarico di consulenza, sia

sotto il profilo dei presupposti di erogazione che del corretto ammontare e, all’esito,

riesaminare l’applicabilità dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014 per tale emolumento.

II.a.2) La valutazione della Sezione sulle azioni adottate dal Comune in attuazione

dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, convertito con legge n. 68 del 2014

Come accennato, il terzo comma dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, a differenza dei primi

due, si riferisce, fermo restando l’obbligo di recupero in caso di complessiva costituzione del

fondo in misura eccedente a quanto imposto dal CCNL o dalla legge, alle fattispecie di

destinazione delle risorse in maniera non aderente al dettato contrattuale o legislativo

(indennità non previste dal CCNL; erogate in misura eccedente ai limiti posti da quest’ultimo;

attribuite in assenza della verifica degli obiettivi per la retribuzione di risultato, etc.).

In questo caso, tuttavia, diversamente da quanto accade per i commi 1 e 2, la disciplina

non impone all’ente locale il recupero a carico dei fondi futuri (né del dipendente beneficiario),

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ma produce, entro un preciso limite temporale, un effetto sanante delle illegittimità pregresse.

La norma dispone, infatti, che, fermo restando l'eventuale obbligo di recupero previsto dai

precedenti commi 1 e 2 (nei casi in cui, naturalmente, ne ricorrano i presupposti), non si

applica la sanzione della nullità delle clausole dei contratti integrativi in contrasto con la legge

o con il contratto collettivo nazionale (disposta, in linea generale, dal quinto periodo del

comma 3-quinquies dell'art. 40 del d.lgs. n. 165/2001) agli atti di costituzione e di utilizzo dei

fondi per la contrattazione decentrata adottati anteriormente ai termini di adeguamento

previsti dall'art. 65 del d.lgs. n. 150 del 2009 (per gli enti locali, il 31 dicembre 2012), che non

abbiano comportato il riconoscimento giudiziale della responsabilità erariale, e purché le

regioni e gli enti locali interessati abbiano rispettato il patto di stabilità interno e la vigente

disciplina in materia di spese ed assunzioni di personale (in particolare, le disposizioni poste

dall’art. 9, commi 1, 2-bis, 21 e 28, del citato d.l. n. 78 del 2010).

L’interpretazione appare conforme a quella proposta dalla Circolare della Presidenza del

Consiglio dei Ministri del 12 agosto 2014, emanata a seguito di un approfondimento

formalizzato in seno alla Conferenza Unificata, sulla base del mandato contenuto in precedente

Circolare del 12 maggio 2015, a firma congiunta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, del

Ministro per gli Affari regionali e del Ministro per la semplificazione e la pubblica

amministrazione. Anche il ridetto documento distingue, infatti, fra:

- mancato rispetto dei vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva decentrata

(costituzione di un fondo complessivo di ammontare superiore a quanto prescritto dal CCNL o

dalla legge), fattispecie che impone l’integrale recupero delle somme indebitamente erogate a

valere sulle risorse a questa destinate, mediante graduale riassorbimento delle stesse, con

quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è

verificato il superamento dei vincoli (art. 4, comma 1);

- possibilità, per gli enti rispettosi del patto di stabilità interno, di assicurare il sopra indicato

recupero anche attraverso la destinazione dei risparmi determinati a seguito dell'adozione delle

misure di razionalizzazione organizzativa nonché dei piani di razionalizzazione della spesa

previsti dall'articolo 16, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011 (art. 4, comma 2);

- destinazione del fondo in maniera non appropriata (indennità non previste dal CCNL,

erogate in misura eccedente, etc.), illegittimità per la quale la norma produce un effetto

sanante per un arco temporale limitato al 31 dicembre 2012 (art. 4, comma 3).

La fattispecie da ultimo esposta è quella in cui si trova, in base a quanto contenuto nella

delibera di Giunta n. 453/2014, il comune di Milano.

Sempre la citata Circolare della Presidenza del Consiglio del 12 agosto 2014 precisa che "è

in ogni caso sempre esclusa, nell'applicazione dei primi tre commi dell'art. 4 in commento, la

possibilità di procedere alla ripetizione dell'indebito direttamente sui dipendenti".

La precisazione appare in linea con il dettato normativo, e con la ratio che lo supporta, nei

limiti dell’interpretazione sopra riferita. Infatti, nei commi 1 e 2, il legislatore individua in

modo specifico le azioni che gli enti locali devono intraprendere al fine di recuperare

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un’eventuale distribuzione in eccesso di risorse negli anni precedenti (nell’ordine,

compensazione con i fondi da costituire negli anni futuri; riorganizzazione amministrativa e

riduzione delle dotazioni organiche; risparmi da piani di razionalizzazione della spesa, per i soli

enti in regola con il patto di stabilità). Di conseguenza, nei limiti in cui il programma di

recupero sia formalmente approvato ed effettivamente eseguito, la norma, come evidenziato

dalla Circolare interpretativa, permette di non ripetere dai dipendenti percettori le risorse

erogate complessivamente in eccesso negli anni precedenti.

Allo stesso modo, il comma 3, nel momento in cui dispone che la clausola del contratto

integrativo, sulla cui base è stato utilizzato il fondo per erogare emolumenti accessori ai

dipendenti, non sia colpita da nullità in tutti in casi in cui tale sanzione si sarebbe dovuta

applicare fino al 31 dicembre 2012 (termine ultimo di adeguamento, per gli enti locali, ai

precetti posti dal d.lgs. n. 150 del 2009), esclude la possibilità di ripetizione a carico dei

dipendenti beneficiari.

Tuttavia, le fattispecie disciplinate dal comune di Milano con l’esaminata delibera di Giunta

n. 453/2015 afferiscono all’irregolare erogazione di emolumenti economici accessori anche

negli esercizi 2013 e 2014, anni non coperti, ratione temporis, dal regime di favore previsto dal

comma 3 dell’art. 4 del d.l. n. 68 del 2014.

La delibera, infatti, in una prima parte, accertata la presenza, fino al 31 dicembre 2012, di

indennità erogate in difformità dalla legge e dal contratto collettivo nazionale, in aderenza alla

disciplina di favore introdotta dal legislatore nel 2014, decide, correttamente, di non procedere

al recupero a carico dei dipendenti.

In una seconda parte, invece, riferita al 2013 e 2014, pur attestando la costituzione dei

fondi per la contrattazione integrativa in misura complessivamente non eccedente ai limiti posti

dalla legge e dal CCNL (oggetto di disciplina, in caso di sforamento, nei commi 1 e 2 del citato

art. 4), accerta la presenza, anche in questi due anni, di una mole di emolumenti accessori non

rispondenti ai parametri normativi. Per questi ultimi, tuttavia, il comma 3 dell’art. 4 non

prevede possibilità di recupero a carico delle successive disponibilità finanziarie per la

contrattazione integrativa o a mezzo dei piani di razionalizzazione organizzativa e della spesa.

Di conseguenza, in applicazione delle regole generali, le clausole che hanno fondato

l’erogazione di emolumenti accessori ai dipendenti negli anni 2013 e 2014 (o successivi), se in

contrasto con la legge o il CCNL, sono colpite da nullità (art. 40, comma 3-quinquies, d.lgs. n.

165/2001) e, come tali, qualificano come indebito il pagamento effettuato a favore del

dipendente, nei cui confronti deve essere operato il relativo recupero.

Sotto il profilo dell’incidenza complessiva sul bilancio dell’Ente, tuttavia, va precisato che le

azioni di recupero adottate nella delibera n. 453/2015 utilizzano risorse, di competenza dei

medesimi esercizi 2013 e 2014, destinabili, nella maggior parte, sempre a titolo di salario

accessorio, a favore dei medesimi dipendenti (invece di essere distribuite, vanno a compensare

le erogazioni effettuate in modo non conforme a legge o CCNL). Tale profilo risulta comunque

positivo per il bilancio dell’Ente, che beneficia della azioni intraprese con la deliberazione.

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Appare invece necessario, per evitare di perpetrare nel tempo l’erogazione di emolumenti

non conformi ai precetti ed ai principi posti dai d.lgs. n. 165 del 2001 e n. 150 del 2009,

provvedere all’adeguamento del contratto integrativo, al fine di eliminare in radice i compensi

non più rispondenti al dettato legislativo (o già in contrasto con quello contrattuale nazionale).

In assenza di tale adeguamento (sul quale, come esposto nel successivo paragrafo, sono stati

raggiunti vari accordi con le parti sindacali), il potenziale danno discendente dall’attribuzione di

compensi illegittimi si protrae nel tempo. Il legislatore, con l’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014, ha

posto un limite temporale alla sanatoria per gli emolumenti erogati in modo difforme dalla

legge o dal contratto collettivo proprio al fine di stimolare il relativo adeguamento. Ove un

termine non fosse stato apposto, lo stesso legislatore avrebbe avvallato un sistema di

permanente erogazione di emolumenti accessori contra legem.

La differente disciplina, posta dai commi 1 e 2 del medesimo art. 4, priva di limite

temporale, trova giustificazione nella necessità di operare comunque il recupero delle risorse

complessivamente costituite in eccesso, come da regola generale posta dall’art. 40-bis del

d.lgs. n. 165 del 2001 (obbligo di recupero nella sessione negoziale successiva), che l’art. 4 del

d.l. n. 16 del 2014 integra solo in punto di modalità di refusione.

Appare opportuno ricordare, infine, come, in caso di mancato raggiungimento di un accordo

in sede di contrattazione integrativa, la riforma del 2009 ha introdotto nell’art. 40 del d.lgs. n.

165 del 2001, un nuovo comma 3-ter, in base al quale “l'amministrazione interessata può

provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva

sottoscrizione” (agli atti adottati unilateralmente si applicano comunque le procedure di

controllo di compatibilità economico-finanziaria previste dall'articolo 40-bis).

In conclusione, l’adeguamento del contratto integrativo previgente, risalente al 2002, a

mezzo di nuovo accordo o, in assenza, di provvisorio provvedimento unilaterale del Comune,

costituisce il momento necessario per la chiusura di illegittime pregresse erogazioni

economiche accessorie al personale dipendente.

II.b) Il procedimento di contrattazione decentrata in corso

Nel corso dell’adunanza pubblica del 19 maggio 2015, i rappresentanti del comune di Milano

hanno prodotto la deliberazione di Giunta n. 847 del 4 maggio 2015, avente ad oggetto

“Determinazioni in merito alla sottoscrizione dei contratti relativi ai Fondi Dipendenti e Dirigenti

anni 2014 - 2015 e all'Intesa avente ad oggetto la modifica dell'art.4 del CCDI - Corpo Polizia

Locale del 12/02/2002”. Gli allegati n. 1 e n. 2 al provvedimento contengono l'elenco delle

ipotesi di intesa relative alla destinazione del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse

umane per gli anni 2014 e, in parte, 2015 (sia per il personale non appartenente all'area

separata della dirigenza, sia per quello appartenente ad essa).

Le Relazioni illustrative e tecnico-finanziarie, prescritte dall’art. 40, comma 3-sexies, del

d.lgs. n. 165 del 2001, risultano certificate positivamente dal Collegio dei revisori dei conti

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(verbali del 23 marzo 2015 e del 16 aprile 2015, in riferimento all’esercizio 2014; verbale del

23 marzo 2015, in riferimento all’esercizio 2015), salvo quanto più avanti esposto.

In particolare, la delibera di Giunta fa riferimento all'intesa avente ad oggetto la modifica

dell'art. 4 del contratto integrativo del Corpo di polizia locale, stipulato in data 12 febbraio

2002, cui accede, quale allegato, la rispettiva Relazione illustrativa e tecnico-finanziaria.

La delibera di Giunta attesta che, sul contenuto della succitata intesa, il Collegio dei revisori

dei conti, nella certificazione verbalizzata in data 30 aprile 2015 (allegata alla delibera), ha

espresso una serie di rilievi sulle modalità applicative di alcuni istituti contrattuali, sul valore

economico di alcune indennità e sulla coerenza con le previsioni del CCNL.

Sulla base di quanto premesso, la delibera di Giunta, pur approvando l'operato della

delegazione trattante di parte pubblica (valutato coerente con gli indirizzi formulati nella

precedente deliberazione n. 670 del 2014) e autorizzando il perfezionamento delle intese sopra

indicate, decide, alla luce dei rilievi formulati dal Collegio dei revisori, di chiedere un parere alla

Corte dei conti in merito al contenuto dell'intesa sul trattamento accessorio del Corpo di polizia

locale (con riserva di adottare, all’esito, le opportune azioni correttive o integrative).

Tale istanza è stata poi ribadita, dai rappresentanti del Comune, nel corso dell’adunanza

pubblica del 19 maggio 2015.

Sul punto la Sezione, in aderenza agli orientamenti più volte manifestati in sede consultiva,

rileva l’inammissibilità della descritta richiesta di parere. La funzione consultiva delle Sezioni

regionali di controllo della Corte dei conti è delimitata alla materia della contabilità pubblica

(art. 7, comma 8, legge 131 del 2003). Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, con

la pronuncia n. 54/CONTR/2010, adottata ai sensi dell’art. 17, comma 31, del d.l. n. 78 del

2009, convertito dalla n. 102 del 2009, hanno precisato che la nozione di contabilità pubblica si

incentra sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale

dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle

materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri. Inoltre, le stesse Sezioni

riunite (deliberazioni n. 50/CONTR/2010 e 56/CONTR/11) hanno escluso che si possano

rendere pareri sull’interpretazione e sul contenuto del contratto collettivo nazionale di lavoro,

anche alla luce del fatto che tale funzione trova una disciplina nel d.lgs. n. 165 del 2001.

In questa direzione va ricordato, fra l’altro, come, oltre ai pareri resi dall’ARAN quale parte

contrattuale rappresentante l’amministrazione pubblica, l’art. 49 del d.lgs. n. 165 del 2001

prevede che, quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti

che li hanno sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato delle clausole

controverse. L'eventuale accordo di interpretazione autentica, stipulato con le stesse procedure

prescritte per la contrattazione collettiva nazionale, sostituisce la clausola dubbia sin dall'inizio

della vigenza del contratto.

Inoltre, in base ad un costante orientamento (cfr. Sezione delle Autonomie n. 5/AUT/2006 e

successive) “non possono ritenersi ammissibili, al fine di scongiurare possibili interferenze e

condizionamenti, i quesiti che formano oggetto di esame da parte di altri Organi”. Nel caso di

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specie una pronuncia preventiva, in sede consultiva, da parte della Sezione regionale di

controllo della Corte dei conti, non fondata su specifica previsione normativa, rischia di

interferire con eventuali, differenti, valutazioni della Sezione giurisdizionale della stessa Corte

dei conti o del Giudice ordinario (orientamenti costantemente fatti propri dalla scrivente

Sezione, cfr., per tutte, deliberazioni n. 15/2012/PAR e n. 31/2015/PAR).

Peraltro, un eventuale esame preventivo della Sezione regionale di controllo non appare

legittimato, nel caso di specie, neppure dall’art. 48, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001 (in

base al quale la Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali, verifica periodicamente

gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni) o dal successivo art.

60 del medesimo decreto (in base al quale la Corte dei conti è destinataria dei dati contenuti

nel conto annuale del personale e cura uno specifico referto a beneficio del Parlamento).

Anche l’art. 40, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 165 del 2001, che ribadisce l’obbligo per le

amministrazioni, in caso di superamento di vincoli finanziari, anche accertato dalle Sezioni

regionali di controllo della Corte (oltre che dal Dipartimento della funzione pubblica o dal

Ministero dell'economia e delle finanze), di recuperare le risorse erogate in eccesso nella

sessione negoziale successiva, non attribuisce un potere di validazione preventiva dei contratti

integrativi, né estende la funzione consultiva conferita in materia di contabilità pubblica.

Pertanto, l’esame che la Sezione regionale di controllo può compiere sulle intese oggetto

della delibera di Giunta comunale n. 847 del 2015 va inquadrato nell’ambito dei poteri di

verifica della “assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli

equilibri economico-finanziari degli enti” (art. 1, commi 166 e seguenti, legge n. 266 del 2005

e art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000). Come evidenziato, infatti, nel paragrafo precedente,

l’adeguamento dei contratti integrativi ai precetti e principi posti dal d.lgs. n. 150 del 2009,

risulta necessario, oltre che per scongiurare profili di responsabilità amministrativa, anche al

fine di interrompere l’erogazione di somme in contrasto con i vincoli posti dalla legge o dal

CCNL (criticità su cui il legislatore è intervenuto, con efficacia parzialmente sanante, con l’art.

4 del decreto legge n. 16 del 2014), nonché di scongiurare l’insorgenza di oneri, sia

amministrativi che giudiziali, sui futuri bilanci dell’ente discendenti dall’eventuale necessità di

recuperare somme attribuite illegittimamente al personale.

La delibera di Giunta comunale n. 847 del 2015 pone, essenzialmente, due problemi. Il

primo, riguardante la valenza del parere emesso dal collegio dei revisori dei conti sulla

destinazione delle risorse costituenti il fondo per la contrattazione integrativa. Il secondo,

afferente alla conformità delle clausole contenute nell’intesa sul personale della polizia locale

alle norme di legge e contratto collettivo (i cui principi vanno, naturalmente, estesi al restante

personale dipendente del Comune).

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II.b.1) I poteri di controllo del collegio dei revisori dei conti sulla contrattazione

integrativa di ente

L’art. 40-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone che il controllo sulla compatibilità dei costi

della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti

dall'applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili

che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori, venga effettuato dal

collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali di bilancio o dagli

analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche.

Il comma precisa che, qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i

vincoli di bilancio, si applichino le disposizioni di cui al precedente articolo 40, comma 3-

quinquies, sesto periodo (recupero nell'ambito della sessione negoziale successiva).

Analoga previsione non esiste, invece, nel caso di eventuale accertamento, da parte del

collegio dei revisori, di altre violazioni a norme di legge, in particolare alle “disposizioni

inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori”. In

questa ipotesi, tuttavia, seguendo i principi generali, occorrerà verbalizzare il rilievo (anche al

fine di stimolare azioni di autocorrezione da parte dell’amministrazione) e procedere ad

effettuare specifica segnalazione di danno erariale.

Questo primo indice normativo denota la differente valutazione che il legislatore compie fra

le illegittimità riguardanti la complessiva costituzione del fondo e quelle afferenti, invece,

all’utilizzo delle risorse confluite in quest’ultimo.

In precedenza, infatti, il legislatore aveva espressamente attribuito al collegio dei revisori

(come agli altri organi deputati al controllo amministrativo-contabile nelle amministrazioni

pubbliche) il solo compito di verifica della compatibilità della contrattazione integrativa di ente

con i “vincoli di bilancio” (si rinvia alla previgente formulazione dell’art. 48, comma 6, del d.lgs.

n. 165 del 2001, abrogata dall’art. 60 del d.lgs. n. 150 del 2009). Invece, con l’art. 55 del

d.lgs. n. 150 del 2009 (che riformula integralmente l’art. 40-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), la

funzione di controllo del collegio dei revisori viene ampliata, comprendendo sia la compatibilità

dei costi complessivi della contrattazione integrativa con i vincoli di bilancio (incentrata sulla

costituzione del fondo in aderenza al CCNL di comparto ed alle eventuali norme di finanza

pubblica, come l’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010), che la verifica delle “disposizioni

inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori” (in

esecuzione di uno degli obiettivi posti dal d.lgs. n. 150 del 2009, costituito dall’incremento

della finalizzazione del salario accessorio alla produttività, individuale e collettiva, e al merito).

Il decreto sul pubblico impiego, tuttavia, non qualifica la natura del potere di controllo

attribuito al collegio dei revisori, né le conseguenze discendenti da un eventuale esito negativo

(se non l’obbligo di recupero nella sessione negoziale successiva, imposto dal comma 1 dell’art.

40-bis, in caso di destinazione complessiva di risorse in eccesso). In particolare, non precisa se

il parere dell’organo di controllo sia preclusivo dell’efficacia del contratto (come avviene, per

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esempio, per il visto preventivo su atti attribuito alla Corte dei conti) e, in subordine, se tale

effetto scatti in ogni caso di valutazione negativa o solo in alcune ipotesi.

Sul punto viene in soccorso la contrattazione collettiva nazionale che, all’art. 5, comma 3,

del CCNL del 1° aprile 1999 (inserito dall’art. 4 del CCNL del 22 gennaio 2014), precisa che “il

controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva decentrata integrativa con i

vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri sono effettuati dal collegio dei revisori

dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai servizi di controllo interno secondo

quanto previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286”.

La norma contrattuale, in conformità a quanto disposto dal d.lgs. n. 165 del 2001 prima

dell’avvento della riforma del 2009, limita il controllo del collegio dei revisori alla compatibilità

dei costi della contrattazione integrativa con i vincoli di bilancio (da intendersi come corretta

apposizione di un vincolo sulle risorse dell’ente, derivante da un fondo costituito in conformità

a legge e CCNL). Tuttavia, a differenza della fonte primaria, specifica che, “in caso di rilievi da

parte dei predetti organismi, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni” (con la sola

precisazione che, a differenza di quanto emerge dal tenore letterale, la costituzione del fondo è

atto unilaterale dell’amministrazione, come si deduce dall’art. 15 del CCNL del 1° aprile 1999 e

dall’art. 32 del CCNL del 22 gennaio 2004, previsioni confermate dall’obbligo per

l’amministrazione di redigere, ex art. 40-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, apposita relazione

tecnico-finanziaria, cfr. circolare MEF-RGS n. 25 del 19 luglio 2012).

In sostanza, la norma contrattuale attribuisce al collegio dei revisori un potere impeditivo

all’efficacia del contratto integrativo nel caso in cui la costituzione del fondo non rispetti i

vincoli, previsti dalla legge e dal CCNL, per poter essere inserito a bilancio.

Pertanto, la certificazione del Collegio dei revisori dei conti, in base alla norma della

contrattazione collettiva (cui è rimessa dall’art. 2, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 la

disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, nel rispetto delle norme poste dal

medesimo decreto legislativo) risulta, in relazione alla costituzione del fondo (art. 15 CCNL del

1° aprile 1999, e successiva normativa contrattuale e legislativa), oltre che obbligatoria, anche

vincolante per l’amministrazione.

Diversa valutazione deve essere compiuta in ordine alla verifica sulla conforme destinazione

delle risorse presenti nel fondo alle norme di legge e di contratto collettivo (art. 17 CCNL del 1°

aprile 1999, e successive). In questo caso, infatti, come già esposto, l’art. 40-bis del d.lgs. n.

165 del 2001 non contiene alcuna esplicita previsione.

In assenza, si deve ritenere che trovino applicazione i principi generali in materia di poteri

attribuiti al collegio dei revisori dei conti negli enti locali. L’art. 239 del d.lgs. n. 267 del 2000,

per esempio, dopo aver elencato gli atti sottoposti all’obbligatorio parere preventivo

dell’organo di revisione, specifica che l'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti

conseguenti ovvero a motivare adeguatamente la mancata adozione.

Tale previsione appare in linea anche con i principi in materia di controllo di regolarità

amministrativo-contabile. L’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1999, recante la disciplina

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generale in materia di controlli interni presso le pubbliche amministrazioni, precisa, infatti, che

il controllo di regolarità amministrativa e contabile (all’interno del quale si annovera, in virtù

del medesimo art. 2, quello dell’organo di revisione) non comprende verifiche da effettuarsi in

via preventiva (se non nei casi espressamente previsti dalla legge) e “fatto salvo, in ogni caso,

il principio secondo cui le definitive determinazioni in ordine all'efficacia dell'atto sono adottate

dall'organo amministrativo responsabile”.

I predetti principi sono stati ripresi, di recente, dal d.lgs. n. 123 del 2011, che, all’art. 20,

nell’elencare i compiti dei collegi di revisione o sindacali presso le pubbliche amministrazioni,

richiama pressoché testualmente, alla lettera h), per la contrattazione integrativa, quanto già

disposto dall’art. 40-bis del d.lgs. n. 165 del 2001. Tuttavia, anche in questo caso, la norma

non specifica l’esito del controllo e, in particolare, non lo qualifica come vincolante per

l’amministrazione (anche la precisazione contenuta al comma 5, secondo cui “i collegi dei

revisori dei conti e sindacali non intervengono nella gestione e nell'amministrazione attiva degli

enti e organismi pubblici”, tende a far propendere per la natura non vincolante delle valutazioni

dell’organo di revisione, già fatta propria dall’art. 239 del d.lgs. n. 286 del 2009).

Una conferma indiretta dell’interpretazione proposta si trae, altresì, dall’art. 6 del d.lgs. n.

123 del 2011 che, nel disciplinare la valenza del controllo contabile sugli atti delle

amministrazioni dello Stato, prescrive che gli atti di spesa non possano avere corso nelle sole

ipotesi tassativamente indicate dalla norma, fra le quali annovera l’assenza di “compatibilità

dei costi della contrattazione integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi dell'articolo 40-bis del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. In pratica, la mancata apposizione del visto

positivo di controllo da parte dell’Ufficio centrale di bilancio presso il Ministero, in ordine alla

corretta costituzione del fondo per la contrattazione integrativa, preclude che il provvedimento

di approvazione acquisisca efficacia, imponendo all’amministrazione la rivisitazione.

Invece, l’art. 7 del medesimo decreto, in caso di esito negativo del controllo amministrativo,

il cui parametro di riferimento è costituito dalla generale normativa vigente, precisa che gli atti

non producono effetti a carico del bilancio dello Stato, “salvo che sia esplicitamente richiesto di

dare ulteriore corso al provvedimento, sotto la responsabilità del dirigente titolare della spesa”.

Volendo declinare tale principio al controllo che la legge attribuisce all’ufficio centrale di

bilancio o al collegio dei revisori dei conti in materia di contrattazione integrativa, si trae

conferma del fatto che l’eventuale valutazione di destinazione del fondo in maniera non

conforme alla legge o al contratto collettivo non preclude alle parti del contratto

(amministrazione e organizzazioni sindacali) di discostarsi, motivatamente, dall’opinione

dell’organo di controllo. Naturalmente rimangono ferme tutte le ulteriori conseguenze

discendenti dall’atto di controllo negativo, in particolare le eventuali responsabilità

amministrativo-contabili derivanti dall’erogazione di emolumenti non previsti dal CCNL o

secondo modalità e misure a quest’ultimo non conformi.

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II.b.2) I limiti, normativi e contrattuali, alla contrattazione integrativa di ente

Il parere del Collegio dei revisori dei conti (allegato al verbale n. 19 del 29 aprile 2015),

richiamato dalla delibera di Giunta comunale n. 847 del 2015, evidenzia alcune criticità in

ordine all’ipotesi di intesa di distribuzione del salario accessorio al personale della polizia locale.

Al fine di valutare la conformità delle intese decentrate stipulate dal comune di Milano con le

parti sindacali alle regole poste dalla legge e dal contratto collettivo nazionale, appare

opportuno richiamare, in sintesi, l’attuale disciplina legislativa in materia di rapporti fra legge,

contratto collettivo nazionale e contratto integrativo (sulla quale si sofferma in maniera

esaustiva, e condivisibile, il citato parere del prof. Boscati, richiesto dal Comune).

L'articolo 40 del d.lgs. n. 165/2001 prevede che la contrattazione collettiva integrativa "si

svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i

soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono" (comma 3-bis). Afferma,

inoltre, che "le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede

decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai

contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale

livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione

annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti

di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono

nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419.

secondo comma, del codice civile" (art. 40, comma 3-quinquies).

Stabilisce, infine, che “in caso di accertato superamento di vincoli finanziari da parte delle

sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della Funzione pubblica o

del Ministero dell'economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell'ambito della

sessione negoziale successiva" (art. 40, comma 3-quinques). La predetta norma risulta

parzialmente derogata, come visto, dai commi 1 e 2 dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2014).

La nullità e la non applicabilità delle clausole del contratto integrativo difformi dal contratto

nazionale costituiva, peraltro, indirizzo maturato in giurisprudenza già con riferimento alla

previgente normativa di analogo contenuto (cfr. Cassazione, S.U., 17 aprile 2009, n. 9146).

Anche dopo il 2009 viene confermata in sostanza come fonte principe del trattamento

economico la contrattazione collettiva nazionale o, alle condizioni da quest’ultima previste,

quella individuale. L’art. 40, comma 3-ter, prevede, tuttavia, una deroga, disponendo che "al

fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, qualora non si

raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, l'amministrazione

interessata può provvedere in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino

alla successiva sottoscrizione. Agli atti adunati unilateralmente si applicano le procedure di

controllo di compatibilità economico finanziaria previste dall'art. 40-bis”. Si tratta della

situazione in cui si trova, al momento, anche il Comune di Milano, in attesa che venga stipulato

il nuovo contratto integrativo di ente in aderenza ai principi posti dal d.lgs. n. 150 del 2009.

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Importanti principi in materia di contrattazione integrativa sono affermati nei commi 3-bis e

3-quinquies dell'art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, in base ai quali "la contrattazione collettiva

integrativa assicura adeguali livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando

l'impegno e la qualità della performance ai sensi dell'articolo 45, comma 3. A tale fine destina

al trattamento economico accessorio collegalo alla performance individuale una quota

prevalente del trattamento accessorio complessivo comunque denominato”. In proposito, va

subito precisato come tale ultima disposizione non risulti ancora cogente, in attesa che siano

stipulati i contratti collettivi nazionali che devono recepire i principi posti dal d.lgs. n. 150 del

2009 (cfr. Circolare Funzione Pubblica, n. 7 del 13 maggio 2010, paragrafo 5), bloccati da leggi

successive (art. 9, comma 17, del d.l. n. 78/2010, e integrazioni).

Il d.lgs. n. 150 del 2009, con specifico riferimento al trattamento accessorio, modifica l'art.

45 del d.lgs. n. 165/2001, prevedendo che i contratti collettivi definiscano un necessario

collegamento degli emolumenti attribuiti dal contratto integrativo alla performance individuale,

alla performance organizzativa (con riferimento all'amministrazione nel suo complesso ed alle

sue unità organizzative o aree di responsabilità) e all’effettivo svolgimento di attività

particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute.

Solo all’interno della delineata cornice legislativa, infatti, i contratti collettivi nazionali

possono esplicare la propria autonomia (e, nei limiti di questi ultimi, i contratti decentrati).

Il d.lgs. n. 150 del 2009 introduce, infine, importanti regole per la concreta erogazione degli

emolumenti economici accessori, applicabili anche agli enti locali (cfr. art. 31 del medesimo

decreto). Per quanto interessa in questa sede (escludendo i principi la cui attuazione è sospesa

per espressa previsione legislativa) dispone il divieto di distribuzione automatica, o sulla base

di automatismi, di incentivi e premi collegati alla performance (art. 18, comma 2), la possibilità

di premiare il merito anche tramite gli istituti delle progressioni economiche o di carriera,

dell'attribuzione di incarichi e responsabilità, dell'accesso a percorsi di alta formazione e di

crescita professionale (art. 31, comma 3) e l'attribuzione delle progressioni economiche, in

modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti (art. 23, commi 1 e 2).

Il modificato assetto delle fonti e della disciplina legale ha portato, di conseguenza,

all'inserimento di una specifica disposizione (art. 65 del d.lgs. n. 150 del 2009) volta ad

imporre l'adeguamento dei contratti integrativi vigenti ai nuovi precetti e principi (per regioni

ed enti locali, entro il 31 dicembre 2011), sanzionando l’omissione con la cessazione di

efficacia dei contratti previgenti (per regioni ed enti locali, dal 31 dicembre 2012).

L'obbligo di adeguamento, da perseguire, come chiarito dal d.lgs. n. 141 del 2011, anche

nelle more del rinnovo del contratto nazionale (bloccato, al momento, fino al 2017) è duplice:

a) rispettare la nuova ripartizione delle competenze fra legge e contratto; b) rivedere le

disposizioni che, già secondo la pregressa disciplina, non erano conformi alle norme della legge

e del contratto nazionale. Sotto quest’ultimo profilo, dovrebbe giungersi al superamento delle

ipotesi di distribuzione non premiale o automatica del salario accessorio, eccezion fatta per le

componenti già definite dal CCNL in misura fissa e continuativa, nonché prevedere la

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remunerazione delle attività rischiose o disagiate in modo da assicurare comunque la

finalizzazione all'efficienza ed alla produttività della prestazione (cfr., in tal senso, anche la

Circolare della Funzione Pubblica n. 7 del 2010).

Nello specifico, l'art. 4 del CCNL del comparto delle Autonomie locali del 1° aprile 1999

prevede che, in ciascun ente, le parti stipulino il contratto integrativo utilizzando le risorse

individuate dall'art. 15 del medesimo CCNL (e aggiornate dai contratti successivi), rispettando,

per la destinazione, le regole previste dall’art. 17 del medesimo CCNL (e successive

integrazioni). Quest’ultima disposizione, modificata dall'art. 36 del CCNL 22 gennaio 2004 e

dall'art. 7 CCNL 9 maggio 2006, elenca gli emolumenti accessori che possono trovare

cittadinanza nei contratti integrativi di ente, delineando, altresì, i presupposti ed i limiti per la

relativa attribuzione: compensi diretti ad incentivare la produttività ed il miglioramento dei

servizi (lett. a); incrementi retributivi collegati alla progressione economica nella categoria

(lett. b); retribuzione di posizione e risultato alle posizioni organizzative (lett. e); indennità di

turno, rischio, reperibilità, maneggio valori, orario notturno, festivo e notturno-festivo (lett. d);

indennità di disagio per il personale appartenente alle categorie A, B e C ( lett. e); indennità

per specifiche responsabilità (lett. f, g, i).

Come si può notare la contrattazione collettiva nazionale, stipulata in epoca antecedente al

d.lgs. n. 150 del 2009, mantiene una ripartizione degli emolumenti accessori maggiormente

variegata rispetto a quella legislativa (che limita l’intervento della contrattazione integrativa

alla valorizzazione delle performance, individuali ed organizzative, ed allo svolgimento di

attività disagiate o pericolose, cfr. art. 45, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001).

La rivisitazione della finalizzazione delle risorse costituenti il fondo per la contrattazione

integrativa verso obiettivi di valorizzazione delle performance organizzative ed individuali, a

scapito di indennità aventi carattere fisso e continuativo, si rinviene anche nel corpo del d.lgs.

n. 150 del 2009, il cui art. 18 (già vincolante, anche per gli enti locali, alla luce del successivo

art. 31), impone la promozione del merito ed il miglioramento della performance anche

attraverso l'utilizzo di sistemi premianti selettivi e vieta la distribuzione in maniera

indifferenziata, o sulla base di automatismi, di incentivi collegati alla performance in assenza di

verifiche e attestazioni a consuntivo. Nella stessa direzione l’art. 20, che elenca gli strumenti

per premiare il merito e le professionalità, la cui vigenza è tuttavia sospesa in attesa della

stipula del nuovo contratto collettivo nazionale (cfr. art. 29 d.lgs. n. 150 del 2009).

La Relazione tecnico-finanziaria sull'ipotesi di intesa sul salario accessorio destinato al

personale della Polizia locale, allegata alla delibera di Giunta n. 847 del 2015, riporta la

costituzione del fondo per la contrattazione integrativa del comune di Milano, per l'anno 2015.

Fondo contrattazione decentrata Importo

Risorse stabili 58.220.186,05

Risorse variabili 36.966.456,87

Totale 95.186.642,92

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Per quanto riguarda la destinazione, la predetta Relazione evidenzia, in primo luogo, la

quota di risorse non disponibili in contrattazione integrativa, in quanto già impegnate in base

ad accordi precedenti o costituenti componente fissa della retribuzione (come le progressioni

orizzontali). Il totale, pari a oltre 32 milioni di euro, mostra come circa un terzo delle risorse

complessivamente disponibili siano assorbite da emolumenti già destinati al personale, su cui

l’intesa non può intervenire.

Risorse non oggetto di contrattazione Importo

Indennità di comparto 7.270.442,77

Progressioni orizzontali 17.600.153,67

Retribuzione di posizione titolari di posizione organizzativa 5.285.255,92

Indennità personale educativo asili nido 618.407,61

Indennità per il personale educativo e scolastico 1.302.659,47

Altro 84.651,53

Totale 32.161.570,97

Lo schema che segue sintetizza, invece, le destinazioni delle risorse oggetto di attuale

contrattazione, mostrando come quelle regolate dall’intesa del personale della polizia locale

siano complessivamente pari a 22,2 milioni di euro (oltre un quinto di quelle complessive, al

netto delle componenti già attribuite, facenti parte degli esaminati 32,1 milioni di euro).

Destinazioni del fondo per la contrattazione integrativa Importo

Somme destinate in base ad accordi precedenti 32.161.570,97

Somme regolate dal contratto della polizia locale 22.203.651,00

Risorse da destinare 40.821.420,95

Totale 95.186.642,92

L’art. 2 dell’ipotesi di accordo contiene la definizione ed il valore economico degli

emolumenti in cui si articola il sistema di retribuzione accessoria oggetto di contrattazione:

- quota A, indennità di turno (art. 22, comma 5, del CCNL 14 settembre 2000);

- quota B, compenso per la produttività (art. 17, comma 2, lett. a, CCNL 1° aprile 1999);

- quota C, particolari responsabilità (art. 17, comma 2, lett. f, CCNL 1° aprile 1999);

- quota D, indennità di disagio (art. 17, comma 2, lett. e, CCNL 1° aprile 1999);

- quota E, attività svolte dal personale di categoria D non titolare di posizione organizzativa

(art. 17, comma 2, lett. f, CCNL 1° aprile 1999).

La valorizzazione complessiva delle cinque quote previste dall’intesa (cui si somma

l’indennità per il lavoro festivo, di cui all’art. 2, comma 5) è riassunta come segue.

Descrizione compenso Importo complessivo

Quota A – Indennità di turno 6.396.790,00

Quota B – Produttività 3.953.775,00

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Quota C – Particolari responsabilità 556.350,00

Quota D – Indennità di disagio 10.442.886,00

Quota E – Particolari attività 522.650,00

Art. 2 punto 5 – Lavoro festivo 331.200,00

Totale 22.203.651,00

La tabella evidenzia come la parte prevalente delle risorse venga assorbita dalle indennità di

turno e di disagio (che sommano circa 16,8 milioni di euro sui 22,2 complessivi). Diversamente

l’incentivo alla produttività è pari a soli 3,9 milioni di euro (meno del 20 per cento delle risorse

complessive). Tale ripartizione, a livello aggregato, non sembra rispettare i principi posti

dall’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, che ancorano la retribuzione accessoria alla performance

individuale (lett. a) o collettiva (lett. b) ed allo svolgimento di attività disagiate o pericolose

(lett. c), presupponendo una ripartizione omogenea fra le varie componenti.

Tale esigenza risulta accentuata in altre norme, la cui vigenza, tuttavia, è rinviata alla

stipula dei nuovi contratti collettivi (l’art. 40, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001

imporrebbe la destinazione di una quota prevalente del trattamento accessorio alla

performance individuale; gli artt. 20, e seguenti, del d.lgs. n. 150 del 2009 rivisitano il

sistema, accentuando la connessione con la produttività individuale e collettiva).

Se a quanto esposto si aggiunge che anche le risorse già destinate in base ad accordi

precedenti (pari a 32,1 milioni di euro) risultano finalizzate all’erogazione di emolumenti non

connessi alle performance individuali e collettive, ma ad indennità varie e progressioni

economiche orizzontali, si trae la conclusione della netta recessività delle quote che il

legislatore del 2009 ha voluto valorizzare. Le risorse destinate alla performance individuale e

collettiva (al netto di quelle ancora da regolare, pari a 40,8 milioni di euro) sommano solo 5

milioni di euro circa (quote B, C e D dell’ipotesi di intesa) rispetto ad un accordo complessivo,

per la polizia locale, pari a 22,2 milioni di euro (cui vanno sommate, pro quota, le componenti

fisse delle risorse già attribuite, complessivamente pari a 32,1 milioni di euro).

Appare, pertanto, necessario, in disparte la valutazione della legittima disciplina delle

singole indennità, che il nuovo contratto integrativo di ente renda la ripartizione degli

emolumenti accessori congrua rispetto agli obiettivi di valorizzazione della produttività

individuale e collettiva, che il legislatore ha imposto alle amministrazioni pubbliche.

Nello specifico, i rilievi sollevati dal Collegio dei revisori dei conti nell’allegato al verbale del

29 aprile 2014 riguardano i seguenti aspetti.

Indennità di turno (art. 2, commi 1 e 6, dell’intesa - Quota A). I revisori rilevano modalità

applicative legate alla mera programmazione dei turni, non all’effettivo svolgimento (con

conseguente riduzione forfetaria, e non puntuale, delle indennità in caso di mancata

prestazione) Emergerebbe un’organizzazione dei turni diversa da quanto previsto dall’art. 22,

comma 5, del CCNL 14 settembre 2000. Infatti, ferma restando l’autonomia nella gestione dei

servizi e del lavoro, è necessario che l’accordo integrativo si conformi ai vincoli posti dal CCNL,

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in cui sono disciplinate le maggiorazioni retributive corrispondenti alla diversa tipologia e fascia

oraria di turno, ed in cui si afferma che l’indennità può essere corrisposta solo per i periodi di

effettiva prestazione del servizio in turno (principio di effettività, fatto proprio anche dall’ARAN

nel parere RAL n. 1692 del 14 ottobre 2014).

Compenso incentivante la produttività (Art. 2, comma 1, dell’Intesa - Quota B). Il Collegio

dei revisori stigmatizza la corresponsione mensile anticipata del compenso (nella percentuale

del 92%), con conguaglio successivo ad avvenuta valutazione dei risultati conseguiti. Tale

compenso deve, infatti, essere corrisposto solo dopo la verifica dell’avvenuto conseguimento

degli obiettivi inizialmente attribuiti (art. 18, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2009), secondo la

periodicità (trimestrale, semestrale, annuale, etc.) stabilita in sede di contrattazione

integrativa (cfr. art. 18 CCNL del 1° aprile 2014).

Compenso per particolari responsabilità (art. 2, comma 1, dell’intesa - Quota C). Nel caso

di specie il Collegio dei revisori, seguendo le indicazioni dell’ARAN (parere RAL 1564, privo di

data), rileva come tale compenso (previsto dall’art.17, comma 2, lett. f, del CCNL 1° aprile

1999 e dall’art. 7 del CCNL 9 maggio 2006), non possa essere riconosciuto in base al mero

profilo di appartenenza, né essere legato al solo svolgimento delle mansioni ordinariamente

previste. Trattandosi di emolumento volto ad incentivare specifiche responsabilità, è necessario

che negli incarichi individuali, formalmente affidati a ciascun dipendente, vengano individuate

concrete responsabilità che ne motivino la corresponsione (criterio di selettività).

Compenso al personale di categoria D non titolare di posizione organizzativa (art. 2 c. 1 -

Quota E). Tale compenso appare fondato sull’art. 17, comma 1, lett. f, del CCNL del 1° aprile

1999 (purché le specifiche attività oggetto di incentivazione, come sopra esposto, siano

conformi ai principi di effettività e selettività).

Prestazioni in orario straordinario di domenica coincidente col riposo settimanale (art. 2,

comma 5, dell’intesa). Il collegio dei revisori esprime parere contrario in quanto si tratterebbe

di incentivazione oraria non prevista dalle norme o dai contratti collettivi nazionali. Per

approfondimenti, sul punto, si rinvia al documento “Le risultanze delle indagini svolte dai sifip

in materia di spese di personale del comparto regioni ed enti locali” (pag. 114 e seguenti),

pubblicato dal Ministero dell’economia e delle finanze-RGS nel mese di ottobre 2011.

Compenso per attività svolte in particolari condizioni disagiate (art. 2, comma 1, dell’intesa

- Quota D). In proposito, il collegio dei revisori ha rilevato, da un lato, la necessità che le

attività disagiate siano individuate concretamente (osservando, per esempio, che il lavoro

prestato fuori dalla sede ordinaria non può essere, di per sé, causa di disagio) e, dall’altro,

sotto il profilo quantitativo, ha ricordato il limite mensile individuale di trenta euro dedotto

dall’analogo tetto posto, dal CCNL, all’indennità di rischio (il cui rispetto non risulta provato in

base al valore orario indicato nell’intesa decentrata).

Sull’indennità in discorso la Sezione rileva la presenza di differenti orientamenti. In

particolare, i contrasti esistenti fra i pareri resi dall’ARAN e le risultanze delle verifiche ispettive

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del MEF-RGS, da un lato, con le pronunce dei giudici ordinari, dall’altro, hanno condotto il

comune di Milano a richiedere specifico parere di approfondimento.

In base ai rapporti esistenti fra contratto decentrato e contratto nazionale (cfr. art. 2,

commi 2 e 3, e art. 40 d.lgs. n. 165/2001) la materia delle indennità è assoggettata ad un

principio di tipicità, in base al quale è fatto divieto alle amministrazioni di attribuire al proprio

personale emolumenti diversi da quelli specificamente previsti dalla contrattazione nazionale (o

da eventuali disposizioni legislative). I margini di autonomia della contrattazione integrativa si

devono limitare alla modalità di applicazione.

Nello specifico, l’indennità di rischio (art. 17, comma 2, lett. d, CCNL del 1° aprile 1999; art.

37 CCNL 14 settembre 2000; art. 41 CCNL 22 gennaio 2004) può essere remunerata in sede di

contrattazione integrativa per le “prestazioni di lavoro che comportano continua e diretta

esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute per l'integrità personale", con attribuzione, per

il periodo di effettiva esposizione, di un'indennità mensile pari a euro 30 mensili.

L’indennità di disagio (art. 17, comma 2, lett. e, CCNL del 1° aprile 1999), invece, è

prevista per "compensare l'esercizio di attività o in condizioni particolarmente disagiate”. Varie

sono le questioni che tale disposizione contrattuale ha posto (per un esame si rinvia ai pareri

emessi dall’ARAN, nonché al citato documento MEF-RGS “Le risultanze delle indagini svolte dai

SIFiP in materia di spese di personale del comparto regioni ed enti locali”). In questa sede

interessa la quantificazione dell'importo dell'indennità di disagio, che, a differenza di quanto

avviene per quella di rischio, non è definito dalla contrattazione collettiva nazionale. Ciò ha

portato le amministrazioni a fissarla in misura maggiore rispetto a quella di rischio ed a

riconoscere in situazioni ibride l'indennità di disagio. Tale prassi è stata ritenuta non

condivisibile dalla Ragioneria dello Stato e dall'ARAN che, sul presupposto che il disagio

costituisca una condizione di lavoro meno gravosa del rischio, hanno affermato che il valore

mensile debba essere inferiore.

Tali profili risultano approfonditi nel parere reso al Comune, in data 1° aprile 2015, dall’avv.

Maria Stefania Masini in esecuzione dell’incarico attribuito (determinazione n. 50 del 23 marzo

2015) sulla base del dispositivo contenuto nella delibera di Giunta n. 453/2015, in cui era stata

evidenziata la necessità di un’ulteriore consulenza per effettuare un approfondimento sulle

indennità per le quali la citata relazione resa dal prof. Boscati aveva evidenziato criticità.

Nel parere indicato viene evidenziato, in primo luogo, come gli interventi normativi

succedutisi al d.lgs. n. 150/2009 non abbiano trattato il tema del disagio, e come il blocco della

contrattazione collettiva nazionale non abbia permesso un aggiornamento della disciplina.

Pertanto, l'unico riferimento normativo rimane l'esposto art. 17, comma 2, lett. e, del CCNL

del comparto Autonomie locali del 1° aprile 1999, che, sottolinea il parere, non pone specifici

vincoli alla contrattazione decentrata.

Tuttavia, ricorda anche che l'ARAN è più volte intervenuta sull'argomento, fornendo

indicazioni sulle modalità di riconoscimento e sulla quantificazione dell'indennità in discorso.

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Nel parere si evidenzia, altresì, come tali interpretazioni siano state spesso smentite dai

giudici del lavoro (Tribunale di Verona, sentenza del 23 febbraio 2012; Tribunale di Rimini, 1°

marzo 2012; Tribunale di Varese, 10 dicembre 2013), che hanno affermato, per esempio, sia

la legittimità del cumulo dell'indennità di disagio con quella di rischio, sia la possibilità di una

quantificazione in misura superiore a quella prevista dal CCNL per quest’ultima (30 euro

mensili). In particolare, con sentenza n. 149 del 3 febbraio 2011, il Tribunale di Taranto ha

affermato che "il pagamento dell'indennità di disagio viene giustificato dalla esigenza di

compensare il disagio derivante dalle condizioni ambientali in cui si svolge l'attività lavorativa

(intemperie, smog)", così differenziandosi dall'indennità di rischio che è correlata, invece, "ad

una particolare esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e l'integrità personale (contatto

con sostanze nocive, lavori di manutenzione stradale e segnaletica in presenza di traffico)".

Allo stesso modo, il Tribunale di Termini Imerese, 1° febbraio 2013 (simili motivazioni in

Tribunale di Lecco, 14 dicembre 2012, n. 239) ha confermato le clausole di un contratto

integrativo sull’indennità di disagio in quanto non violavano, non esistendo, vincoli su tempi,

casi e modi di riconoscimento (la sentenza distingue fra merito delle scelte contrattuali,

ritenute anche opinabili, e legittimità di queste ultime, in cui il parametro non può che essere il

rispetto delle norme imperative di legge o di CCNL).

Il richiamato parere legale ricorda, altresì, come, forse facendo seguito ai riferiti

orientamenti giurisprudenziali, di recente l’ARAN (parere RAL 1734 del gennaio 2015) ha

riconosciuto che le indennità di disagio e di rischio possano sommarsi, purché siano correlate

dalla contrattazione integrativa a causali formalmente e oggettivamente diverse.

Secondo l’esposto parere, la conferma della proposta definizione di disagio verrebbe

ricavata a contrario da quella dell'indennità di rischio. L'art. 17, comma 2, lett. d, del CCNL 1°

aprile 1999 richiama una serie di previsioni contrattuali, ormai abrogate, che fornivano un

elenco delle prestazioni lavorative soggette a rischio e l'art. 37 del CCNL 14 settembre 2000,

richiamato dall’art. 41 del successivo CCNL del 22 gennaio 2004, inoltre, prevede che "gli enti

individuano, in sede di contrattazione integrativa decentrata, le prestazioni di lavoro che

comportano continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e per l'integrità

personale, assicurando comunque le condizioni di rischio già riconosciute presso l'ente".

Da tali orientamenti, il parere trae conferma della peculiarità dell'istituto del disagio che, a

differenza del rischio, ha una valenza generale, ravvisabile nella presenza di una condizione

oggettiva del contesto ambientale nel quale si svolge la prestazione di lavoro. Pertanto, il

disagio non può essere considerato come un minus rispetto al rischio, posto che quest’ultimo è

specifico, contingente ed eliminabile (o riducibile), mentre il disagio caratterizza determinati

ambienti e circostanze in termini di diffusività e permanenza, ed è difficilmente eliminabile.

Una volta riconosciuta la peculiarità del concetto di disagio, e la sua ontologica diversità

rispetto ad altre indennità, il parere non ritiene ragionevole, né sotto il profilo materiale né

sotto quello giuridico, utilizzare l’indennità di rischio come parametro per stabilirne la misura.

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L'art. 17, comma 2, lett. e, del CCNL del 1° aprile 1999 rinvia alla contrattazione decentrata

la definizione dei presupposti che concretano l'esercizio di attività particolarmente disagiate e

la relativa quantificazione (per la quale non fornisce alcun parametro di riferimento). Sotto

quest’ultimo profilo va osservato che, pur costituendo l’ancoramento al valore di altra indennità

(come quella di rischio, per la quale il CCNL pone un tetto massimo di 30 euro mensili) uno dei

parametri che le parti possono utilizzare in sede di accordo decentrato, ciò non esclude, che,

sulla base della valutazione delle situazioni concrete in cui il personale deve operare e della

peculiarità del contesto, si possa giungere ad una differente quantificazione.

Naturalmente, come già sottolineato a proposito della ripartizione complessiva delle

destinazioni del fondo, il valore attribuito a qualunque indennità non può non osservare i

principi posti dal d.lgs. n. 165 del 2001, come rivisti dal d.lgs. n. 150 del 2009. Sotto tale

profilo va ribadito che anche l’erogazione dell’indennità di disagio (emolumento accessorio

costituente una delle finalizzazioni previste dall’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001) deve essere

finalizzata ad assicurare “adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici” (art. 40

comma 3-bis d.lgs. n. 165 del 2001). Tale esigenza è presente nello stesso contratto collettivo

nazionale del 1999, il cui art. 17 dispone che le risorse decentrate debbano essere finalizzate a

promuovere effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza degli enti e di qualità

dei servizi, mediante la realizzazione di piani di attività e di progetti. A tal fine, la tipologia di

destinazione delle risorse è appositamente articolata (lett. da a ad h del comma 2 dell’art. 17)

al fine di permettere, in un equilibrato rapporto fra di esse, il conseguimento degli obiettivi di

valorizzazione sia delle performance organizzative, sia di quelle individuali, che, infine, la tutela

economica in caso di “svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o

dannose per la salute” (art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001). L’adeguamento che il d.lgs. n. 150 del

2009 ha imposto ai contratti integrativi non può non far osservare a questi ultimi almeno

quelle norme e principi che sono attualmente già vigenti (in attesa della stipula dei nuovi

contratti collettivi nazionali, cui è subordinata l’integrale entrata in vigore della riforma).

Risulta in sostanza necessario che il contratto integrativo di ente contenga un’equa e

congrua ripartizione fra compensi incentivanti le performance organizzative, emolumenti

premianti la performance individuale ed indennità tese a remunerare l’esercizio di attività

pericolose, disagiate, etc. L’ipotesi di intesa per il personale della polizia locale (allegato 3 alla

delibera n. 847 del 2015) attribuisce, invece, all’indennità di disagio una valenza

assolutamente preponderante (10,4 milioni di euro su un totale di 22,2 oggetto di

contrattazione), che, se sommata all’altra indennità tesa a remunerare un’articolazione oraria

non ordinaria (l’indennità di turno), assorbe oltre i tre quarti dell’intero fondo.

III. Posizioni creditorie e debitorie con società partecipate

Il questionario redatto dall’organo di revisione in relazione al rendiconto 2013 ha

evidenziato, nella nota informativa redatta ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l. n. 95 del

2012, convertito con legge n. 135 del 2012, discordanze fra residui attivi e passivi, iscritti nel

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rendiconto del Comune, e debiti e crediti, risultanti dai bilanci di società partecipate. Tale

criticità era stata già segnalata in sede di esame del questionario sul rendiconto 2012 (primo

anno di applicazione della normativa), con successivo accertamento nella deliberazione della

Sezione n. 355/2013/PRSP.

Il citato articolo 6, comma 4, del d.l. n. 95/2012, ha, infatti, stabilito che, a decorrere

dall'esercizio 2012, i comuni e le province devono allegare al rendiconto della gestione una

nota informativa contenente la verifica dei crediti e debiti reciproci esistenti tra l'Ente e le

società partecipate. La predetta nota, asseverata dall'organo di revisione, deve evidenziare

analiticamente eventuali discordanze e fornirne la motivazione. In questi casi il Comune deve

adottare senza indugio e, comunque, non oltre il termine dell'esercizio, i provvedimenti

necessari al fine di riconciliare le partite debitorie e creditorie.

In data 20 novembre 2014, il comune di Milano (con nota ricevuta a protocollo Corte n.

16603 del 21 novembre 2014) ha trasmesso, su supporto informatico, copia della nota

informativa richiesta dalla legge. In quest’ultima si sottolinea come i differenti sistemi contabili

in uso nel Comune e nelle società partecipate incidano sulla riconciliazione delle partite

debitorie e creditorie. Infatti, come noto, il primo ha un sistema contabile informato ai princìpi

di contabilità finanziaria (impegni e accertamenti), mentre le seconde adottano un sistema

basato su rilevazioni di tipo economico patrimoniale.

Altro aspetto di difficoltà attiene alla complessità del “gruppo comune di Milano”. La

presenza di innumerevoli rapporti economico-patrimoniali, legati a contratti di servizio ed

all’esecuzione di interventi ripartiti anche su più annualità, ha reso difficile l’opera di verifica,

posto che la metodologia utilizzata è stata quella dell’analisi puntuale di ogni voce e non della

conformità dell’aggregato “debiti/crediti verso comune” (ciò anche al fine di offrire un supporto

all’attività di riaccertamento dei residui, nonché di evidenziare i rapporti infra gruppo nella

prospettiva del consolidamento dei bilanci).

Al fine di fornire un quadro aderente al dettato normativo, il Comune ha pertanto acquisito

direttamente dalle società partecipate gli elementi utili alla verifica delle partite debitorie e

creditorie, riscontrandolo con le informazioni detenute dalle Direzioni interne. Le società

oggetto di verifica sono state sia quelle direttamente partecipate (prescindendo dalla quota),

che quelle possedute da queste ultime (indirette), con le quali il Comune intrattiene rapporti

finanziari (in aderenza all’orientamento manifestato dalla Sezione con deliberazione n.

479/2013/PAR).

La nota precisa, altresì, come, dopo la raccolta delle informazioni trasmesse dalle società e

dalle direzioni del Comune, per ognuna è stata redatta una scheda che, attraverso successiva

circolarizzazione, è stata sottoposta alle società in modo che fosse verificata anche dall’organo

di revisione. La scheda riporta in dettaglio tutte le posizioni verificate e contiene gli estremi dei

documenti contabili delle società e degli impegni o accertamenti del Comune.

Sono state complessivamente rilevate oltre 12.800 posizioni, di cui circa 11.000

reciprocamente riscontrate, mentre la parte restante è interessata da ulteriori verifiche.

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L’analisi svolta ha preso in considerazione i crediti e i debiti presenti al 31 dicembre 2013,

prescindendo da fatture da emettere o da ricevere (la verifica di queste ultime, precisa la nota,

viene rinviata al 31 dicembre 14, qualora risultino ancora come partite debitorie o creditorie).

La tabella che segue evidenzia la situazione complessiva dei debiti del comune di Milano

verso le sue partecipate. L’ultima colonna riporta l’importo totale delle posizioni ancora oggetto

di verifica. La voce più rilevante riguarda i rapporti con la società Metropolitane Milanesi spa, il

cui importo da riconciliare (circa 16,5 milioni di euro) riguarda principalmente servizi di

ingegneria (circa 12,8 milioni di euro).

Società Debiti del Comune

secondo società Partite verificate

Partite in fase di

verifica

A2A GRUPPO (A2A CALORE E SERVIZI,

A2A ENERGIA, A2A RETI ELETTRICHE,

A2A RETI GAS, AMSA) € 20.516.726,60 € 16.998.554,87 € 3.518.171,73

A2A SPA € 15.749.425,78 € 14.910.505,05 € 838.920,73

AMAT € 752.163,67 € 749.938,87 € 2.224,80

AMIACQUE € 6.745,20 € 0,00 € 6.745,20

AREXPO € 0,00 € 0,00 € 0,00

ATM SERVIZI DIVERSIFICATI SRL € 5.632,00 € 0,00 € 5.632,00

ATM SERVIZI SPA € 120.745.676,44 € 117.727.439,34 € 3.018.237,10

ATM SPA € 29.839.715,00 € 24.971.802,02 € 4.867.912,98

AZIENDA FARMACIE MILANESI € 4.646,24 € 4.646,24 € 0,00

CAP HOLDING € 0,00 € 0,00 € 0,00

EXPO 2015 € 0,00 € 0,00 € 0,00

METROPOLITANA MILANESE (MM SPA

E MM SII) € 93.293.845,52 € 76.801.529,45 € 16.492.316,07

MILANO RISTORAZIONE € 23.129.745,69 € 23.067.261,79 € 62.483,90

MILANOSPORT € 3.698.448,11 € 3.607.688,37 € 90.759,74

MIR € 125.448,00 € 125.448,00 € 0,00

MISERRAVALLE € 0,00 € 0,00 € 0,00

NAVIGLI LOMBARDI € 0,00 € 0,00 € 0,00

SEA € 6.435.848,73 € 6.434.333,74 € 1.514,99

SOGEMI € 10.361.952,00 € 10.361.952,00 € 0,00

TOTALE € 324.666.018,98 € 295.761.099,74 € 28.904.919,24

La tabella che segue riporta, invece, la situazione dei crediti del Comune verso le sue

partecipate. L’ultima colonna sintetizza gli importi in fase di verifica.

Società Crediti del Comune

secondo società Partite verificate

Partite in fase di

verifica

A2A GRUPPO (A2A CALORE E SERVIZI,

A2A ENERGIA, A2A RETI ELETTRICHE,

A2A RETI GAS, AMSA) € 3.630,55 € 0,00 € 3.630,55

A2A SPA € 20.261,00 € 12.000,00 € 8.261,00

AFM € 9.483,81 € 9.483,81 € 0,00

AMAT € 0,00 € 0,00 € 0,00

AMIACQUE € 0,00 € 0,00 € 0,00

AREXPO € 0,00 € 12.128,84 ‐€ 12.128,84

ATM SERVIZI € 12.958.339,68 € 8.156.863,27 € 4.801.476,41

ATM SPA € 83.320.191,16 € 86.911.754,77 ‐€ 3.591.563,61

CAP HOLDING € 0,00 € 0,00 € 0,00

EXPO 2015 € 0,00 € 69.866,21 ‐€ 69.866,21

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METROPOLITANA MILANESE (MM SPA

E MM SII) € 72.316.747,00 € 74.122.507,13 ‐€ 1.805.760,13

MILANOSPORT € 452.944,52 € 330.687,51 € 122.257,01

MIR € 12.122,29 € 0,00 € 12.122,29

MIRISTORAZIONE € 9.504,05 € 9.504,05 € 0,00

MISERRAVALLE € 6.602.256,00 € 6.602.256,00 € 0,00

NAVIGLI LOMBARDI € 0,00 € 0,00 € 0,00

SEA € 0,00 € 0,00 € 0,00

SOGEMI € 5.184.635,55 € 2.500.000,00 € 2.684.635,55

TOTALE € 180.890.115,61 € 178.737.051,59 € 2.153.064,02

Sempre la nota ricorda come, in occasione del rendiconto consuntivo 2012, è stata

presentata la prima informativa redatta ai sensi dell’art. 6, comma 4, del citato d.l. n. 95 del

2012 e, pertanto, nel prospetto di riconciliazione del 2013 è stato esposto anche un quadro

riepilogativo dell’andamento delle posizioni debitorie e creditorie nel tempo. Al fine di

evidenziare il miglioramento registrato, sottolinea come, sebbene nel 2012 non siano state

oggetto di verifica le società partecipate indirettamente (rientrate nell’analisi nel 2013) e la

società A2A spa (sulla cui omissione la Sezione aveva preso posizione nella deliberazione n.

355/2013/PRSP), si rileva una sensibile riduzione delle partite debitorie. In particolare, nel

2012, i debiti verso MM spa, per i quali occorrevano ulteriori analisi, ammontavano a circa 28,2

milioni di euro, mentre, nel 2013, si sono ridotti a 12,8 (pari a oltre il 55%). Analogo risultato

per le posizioni legate al servizio idrico, dove si registra una flessione di quasi il 60% (da circa

8,8 milioni di euro nel 2012 a circa 3,7 nel 2013).

Società Tipologia saldo 2012 2013

AMAT Debiti vs società in fase di verifica € 27.742,52 € 2.224,80

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

SEA Debiti vs società in fase di verifica € 1.514,99 € 1.514,99

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

SOGEMI Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 2.658.656,55 € 2.684.635,55

MILANOSPORT Debiti vs società in fase di verifica € 42.175,33 € 90.759,74

Crediti in fase di verifica € 484.790,25 € 122.257,01

MIRISTORAZIONE Debiti vs società in fase di verifica € 861.796,06 € 62.483,90

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

AMIACQUE Debiti vs società in fase di verifica € 7.242,56 € 6.745,20

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

AFM Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 7,52 € 0,00

EXPO 2015 Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 69.866,21

MISERRAVALLE Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

NAVIGLI LOMBARDI Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

CAP HOLDING Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 0,00

AREXPO Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

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Crediti in fase di verifica € 0,00 € 12.128,84

MIR Debiti vs società in fase di verifica € 0,00 € 0,00

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 12.122,29

MM SPA- MMSII Debiti vs società in fase di verifica € 36.981.356,22 € 16.492.316,07

Crediti in fase di verifica € 1.147.371,90 € 1.805.760,13

ATM SPA Debiti vs società in fase di verifica € 4.640.936,60 € 4.867.912,98

Crediti in fase di verifica € 11.888.720,34 € 3.591.563,61

ATM SERVIZI SPA

Debiti vs società in fase di verifica non soggetta a

verifica € 3.018.237,10

Crediti in fase di verifica non soggetta a

verifica € 4.801.476,41

ATM SERVIZI

DIVERSIFICATI

Debiti vs società in fase di verifica non soggetta a

verifica € 5.632,00

Crediti in fase di verifica non soggetta a

verifica € 0,00

A2A SPA Debiti vs società in fase di verifica € 302.008,64 € 838.920,73

Crediti in fase di verifica € 0,00 € 8.261,00

Gruppo A2A (AMSA -

A2A CALORE & SERVIZI

- A2A RETI ELETTRICHE

- A2A RETI GAS - A2A

AMBIENTE - A2A

ENERGIA)

Debiti vs società in fase di verifica non soggetta a

verifica € 3.518.171,13

Crediti in fase di verifica non soggetta a

verifica € 3.630,55

La relazione precisa, infine, di esporre il mero esito dell’attività di confronto delle posizioni in

essere al 31 dicembre 2013, prescindendo da eventuali contestazioni e, pertanto,

opportunamente dichiara che il documento non costituisce per il Comune riconoscimento di

debito. Eventuali situazioni debitorie, una volta confermate e determinate puntualmente

(attraverso gli atti amministrativi e contrattuali di riferimento), devono, infatti, trovare

rappresentazione negli stanziamenti del bilancio di previsione, nei limiti delle modalità

consentite dalla normativa vigente.

In sede istruttoria la Sezione ha chiesto di fornire aggiornamenti circa lo stato delle

operazioni di riconciliazione.

Nella risposta del 30 gennaio 2015, il Collegio dei revisori dei conti ha ribadito che parte

delle discrasie sono state eliminate e che sta proseguendo l'attività di verifica, in alcuni casi

particolarmente complessa. La tabella che segue conferma la sensibile riduzione delle

differenze (frutto anche dell’avvio delle operazioni di consolidamento dei bilanci).

Nota 2012 Nota 2013 Stato attuale

Nota 2013 Differenza su 2013

Debiti in fase di verifica 42.864.772,92 28.904.918,64 22.903.095,17 6.001.823,47

Crediti in fase di verifica 16.179.546,56 13.111.701,60 12.108.714,23 1.002.987,37

In occasione dell’adunanza pubblica del 19 maggio 2015, è stato chiesto ai rappresentanti

del Comune di fornire gli ultimi aggiornamenti in merito.

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Il competente ufficio ha prodotto apposito schema, firmato anche dal collegio dei revisori,

dal quale emerge come, in sede di redazione del rendiconto 2014, le posizioni debitorie dubbie

si siano ridotte a euro 9.907.545,38 (ulteriormente diminuite a euro 8.011.332,02 a seguito di

successive verifiche). Invece le posizioni creditorie dubbie si mantengono sostanzialmente in

linea con i precedenti rendiconti 2012 e 2013 (euro 12.733.178,93).

IV. Situazione economico patrimoniale di società partecipate

L’allegato 2.1 del questionario redatto dall’organo di revisione sul rendiconto 2013 ha

evidenziato situazioni di criticità nella gestione economico-finanziaria di alcune società

partecipate dal Comune. Nella risposta del 30 gennaio 2015 il collegio dei revisori ha esplicitato

le principali motivazioni degli squilibri riscontrati. Il magistrato istruttore ha deferito all’esame

collegiale la situazione delle società SO.GE.MI spa e Milanosport spa, che registrano, nel

bilancio 2013, perdite d’esercizio pari, rispettivamente, a euro 1.1336.368 e ad euro

2.282.215, le cui difficoltà economiche erano già state oggetto di accertamento da parte della

Sezione con la deliberazione n. 355/2013/PRSP.

- SO.GE.MI. spa

Nella ricordata deliberazione n. 355/2013/PRSP era stato evidenziato come il risultato

negativo dell’esercizio 2011 (-16.536.268 euro) fosse dovuto alla svalutazione del valore della

partecipazione nella società SO.GE.MI. Food srl, la cui perdita (pari a 16.516.505 euro) era

stata causata dalla decisione del Comune, azionista di maggioranza della controllante

SO.GE.MI. spa, di annullare, per carenza di fattibilità e finanziamento, il progetto “Città del

gusto e della salute”, in ragione del quale la società di secondo livello era stata costituita.

Facendo seguito a tale decisione, l’assemblea straordinaria di SO.GE.MI. Food srl, nel corso del

2012, ha deliberato la fusione per incorporazione nella controllante SO.GE.MI spa.

Nella risposta del 30 gennaio 2015 il Collegio dei revisori ha riferito che il risultato

dell’esercizio 2013, in perdita per euro 1.136.3678, è conseguenza di un accantonamento

straordinario (pari a di 1,4 milioni di euro) dovuto alle passività potenziali derivanti da un

contenzioso in essere con l'Agenzia delle Entrate (riguardante il pagamento dell’imposta sul

valore aggiunto), sfociato in una sentenza di secondo grado (Commissione tributaria regionale

di Milano, n. 1794/2014) sfavorevole alla società.

La questione trae origine da presunte irregolarità sul trattamento IVA operato in ordine

all'emissione di note di credito conseguenti a delle transazioni stipulate nel 2007 con gli

operatori esercenti la propria attività nel mercato gestito dalla società. Nella Relazione sulla

gestione si evidenzia come il fondo, pari a 600.000 euro nel 2012, determinato sulla base

dell'esito positivo del giudizio tributario di primo grado, è stato incrementato di 1.400.000 euro

a seguito della sentenza d’appello, che ha ritenuto soggette a imposizione le note di credito

(pari a 4.703.705 euro) determinando un debito 940.741 euro (oltre a sanzioni di pari

importo). Di conseguenza, il CdA della società ha deciso di adeguare il fondo rischi a

complessivi 2 milioni di euro, in considerazione della somma dovuta a titolo di imposta,

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interessi e sanzioni, promuovendo, tuttavia, ricorso avanti al Giudice di legittimità, con istanza

di sospensione dell'esecutività della sentenza.

L’esame del bilancio d’esercizio 2013, unitamente alle precisazioni contenute nella nota

integrativa, ha permesso di verificare che, effettivamente, il risultato negativo è dovuto alla

necessità di effettuare la descritta cospicua mole di accantonamento a rischi.

Il totale dei ricavi da vendite delle prestazioni appare, infatti, stabile (circa 12,6 milioni di

euro sia nel 2012 che nel 2013), mentre il valore complessivo della produzione (in diminuzione

da 15,3 a 13,6 milioni di euro) risente del netto calo degli “altri ricavi” (che scendono da 2,6 a

poco meno di 1 milione di euro). I costi rimangono invece sostanzialmente stabili (da 14,5

milioni di euro nel 2012 a 14,8 nel 2013), pur avendo dovuto incorporare il sensibile

incremento per accantonamenti a rischi (in aumento di 1,6 milioni di euro). Infatti, le principali

componenti di costo (servizi e personale) diminuiscono entrambe (per complessivi 1,9 milioni

di euro circa).

In occasione dell’adunanza pubblica del 19 maggio 2015 è stato chiesto di produrre il

bilancio relativo all’esercizio 2014, inviato dal Comune con mail del 20 maggio 2015.

Il conto economico 2014 chiude con un utile di euro 29.866. La gestione evidenzia la

protrazione della riduzione tendenziale dei ricavi, che diminuiscono di circa 600 mila euro (da

13,6 a 13 milioni di euro), in particolare a causa della contrazione (già registrata nel 2013)

degli “altri ricavi e proventi” (da circa 1 a 0,5 milioni di euro).

In parallelo diminuiscono i costi complessivi (da 14,8 a 12,7 milioni di euro), in ragione,

tuttavia, soprattutto degli accantonamenti per rischi (che, dopo l’impennata del 2013,

scendono a 226 mila euro). Riduzioni solo lievi registrano i costi per servizi (da 6,2 a 6 milioni

di euro) e quelli per ammortamenti e svalutazioni (da 2,1 a 1,9 milioni di euro). Stabile, infine,

il costo per il personale (3,4 milioni di euro).

Piano di messa in sicurezza e mantenimento dei mercati generali di Milano

In ordine al riequilibrio economico della società, la risposta istruttoria del 30 gennaio 2015

riferisce che, dei complessivi 28,2 mln di euro previsti dal "Piano di messa in sicurezza"

approvato con delibera di Consiglio comunale n. 6 del 16 febbraio 2012 (19 per investimenti e

9,2 per riduzione debiti verso fornitori\banche), il Comune ne ha erogati in totale 17,9 (di cui 9

per investimenti e 8,9 per riduzione di debiti). La risposta non offre ulteriori elementi in ordine

ai risultati attesi dal ridetto Piano.

La Relazione sulla gestione al bilancio dell’esercizio 2014 della Società ricorda come il Piano

in discorso prevedeva l’erogazione, da parte del Comune, di complessivi 33,2 milioni di euro

nel quinquennio 2012-2016, di cui 5 milioni di euro (1 all’anno) in conto esercizio (per

l’apertura al pubblico dei mercati in alcuni giorni della settimana) e 28,2 milioni di euro quali

apporti in conto futuro aumento di capitale. In continuità con l’attività di manutenzione

straordinaria effettuata negli anni precedenti (costi complessivi per circa 4,9 milioni di euro),

anche nel 2014 la Società ha appaltato interventi di messa in sicurezza e di mantenimento

delle strutture gestite per un impegno economico complessivo di circa 2,9 milioni di euro (di

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cui 1,9 riferiti a lavori già eseguiti). Tale questione era già stata oggetto di attenzione, da parte

della scrivente Sezione, nella deliberazione n. 355/2013/PRSP, nella quale era stato

evidenziato come, con la citata delibera di Consiglio n. 6/2012, il Comune avesse, da un lato,

differito i termini per il rimborso dei 2,5 milioni di euro di finanziamento soci concessi nel 2010

(al periodo successivo all’attuazione del Piano in esame) e, dall’altro, deciso di dotare la

Società di provviste finanziarie per la riduzione del debito verso banche e fornitori

(ammontante, al 31 dicembre 2011, a circa 25 milioni di euro), promettendo la somma di 28,2

milioni di euro a titolo di aumento di capitale (e/o in conto futuro aumento di capitale).

Nella citata deliberazione, la Sezione aveva, in primo luogo, valutato l’operazione in

rapporto alle limitazioni poste ai trasferimenti verso società partecipate dall’art. 6, comma 19,

del d.l. n. 78 del 2010, convertito nella legge n. 122 del 2010 (accertando la mancata

ricorrenza della preclusione normativa), ricordando, tuttavia, come ogni attribuzione

economica o patrimoniale debba essere sorretta da una precisa causa giustificatrice e da una

sostenibilità economica di medio-lungo periodo. In particolare, posto che il Piano approvato si

fondava sulla rivisitazione dei rapporti convenzionali fra Comune e società, era apparso

necessario rideterminare le tariffe da applicare agli operatori del mercato (in aderenza e nei

limiti della legge regionale n. 6 del 2010) al fine di garantire, a fronte del deliberato impegno

finanziario, la sostenibilità economica della gestione societaria futura (le nuove tariffe

dovrebbero, infatti, incorporare il valore dei trasferimenti effettuati).

Il bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2013 permette di apprezzare come i debiti complessivi

della SO.GE.MI spa si riducano da 21,5 (2012) a 12,2 (2013). Nello specifico, risultano

pressoché azzerati i debiti verso banche (da 5 milioni di euro a soli 25 mila euro) e quasi

dimezzati quelli verso fornitori (da 10,3 a 5,8 milioni di euro). Nella nota integrativa viene più

volte sottolineato come il risultato consegua all’iniezione di liquidità (pari a 12,1 milioni di euro

nel 2013) effettuata dal Comune in osservanza della citata delibera di Consiglio n. 6/2012.

Il trend di riduzione del debito prosegue, sia pure in maniera più contenuta, nel 2014,

esercizio in cui l’esposizione complessiva si riduce da 12,2 a 10,7 milioni di euro, in particolare

grazie alla contrazione dei debiti verso fornitori (da 5,8 a 4,1 milioni di euro). Va ricordato, per

inciso, che, nel predetto esercizio, il Comune non ha effettuato alcun versamento in relazione

ai finanziamenti promessi con la deliberazione n. 6/2012 (i conti d’ordine riportano immutato,

rispetto al 2013, il credito residuo di 10,8 milioni di euro).

La citata Relazione sulla gestione al bilancio dell’esercizio 2014 evidenzia, tuttavia, come

l’attuale struttura del mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Milano, considerata la vetustà degli

edifici e le deficienze in merito ai sistemi di logistica e movimentazione della merce, ha

comportato la perdita di competitività rispetto agli altri principali mercati del nord Italia (ed a

quelli europei), con l’abbandono di clientela e di alcuni grandi operatori del settore. Ciò si è

riflesso in una costante e significativa contrazione dei volumi transitati, che ha raggiunto, nel

2014, una riduzione del 25% sull’anno precedente, definita preoccupante.

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La Relazione rileva, inoltre, come anche gli sforzi fatti negli ultimi anni, sia con l’avvio del

Piano di messa in sicurezza varato con delibera del Consiglio comunale n. 6/2012, che con le

attività svolte in tema di legalità, non abbiano prodotto un cambio di tendenza. Inoltre, le

promesse, finora disattese, di realizzazione del nuovo mercato dell’ortofrutta avrebbero

compromesso in maniera significativa la credibilità della Società.

Per cercare di sopperirvi, la SO.GE.M.I. spa ha avviato, in data 31 ottobre 2014, un

concorso internazionale di idee per la riqualificazione dell'area del mercato ortofrutticolo, primo

passo di un percorso teso anche alla riqualificazione delle aree non destinate a mercato.

- Milanosport spa

Per la situazione economico-patrimoniale della società Milanosport spa (partecipata

integralmente dal Comune), la Sezione, nella deliberazione n. 355/2013/PRSP, aveva accertato

come la principale causa della perdita registrata nel 2011 (3.726.245 euro) fosse dovuta al

generalizzato aumento dei costi di produzione, in particolare discendenti dagli accantonamenti

per rischi (pari a 4,2 milioni di euro). Parte del predetto fondo era stato poi utilizzato

nell’esercizio 2012, che, non necessitando di ulteriori accantonamenti, aveva chiuso con un

utile di 3.312 euro. La situazione di criticità economico-patrimoniale riemerge, tuttavia,

nell’esercizio 2013, il cui bilancio registra un’utile di 11.687 euro, ma una sensibile differenza

negativa al netto delle rettifiche di valore delle attività finanziarie e dei proventi ed oneri

straordinari (voci D ed E del modello di conto economico), pari a 2.282.215 euro (cfr. tabella

2.1 allegata al questionario sul rendiconto 2013).

Nella risposta del 30 gennaio 2015, il Collegio dei revisori dei conti ha precisato che il

risultato sostanzialmente negativo del 2013 è conseguente alla dinamica dei ricavi e dei costi

da gestione caratteristica. A fronte di ricavi pari a 20,6 milioni di euro (in calo rispetto ai 23,5

del 2012) si registrano costi della produzione pari a 23,7 milioni di euro (inferiori, anch’essi,

rispetto ai 25,9 del 2012). Peraltro, secondo quanto riportato dagli amministratori nella

Relazione sulla gestione, le determinanti del saldo negativo della gestione caratteristica sono

da ricondurre alla riduzione delle entrate da corsi (-12,34%), da gestione degli impianti (-

9,91%) e, infine, da sponsorizzazioni (-27,8%). Sul risultato incide anche l'accantonamento

(pari a circa 1 milione di euro) operato per far fronte agli oneri per il rinnovo degli impianti.

Non rilevante appare, anche se positivo, il saldo della gestione finanziaria (415 mila euro).

Il risultato d’esercizio 2013 presenta un complessivo segno positivo grazie alla gestione

straordinaria (positiva per 2,4 milioni di euro). In nota integrativa si evidenzia come la posta si

riferisca ad una sopravvenienza attiva discendente dalla rilevazione di una quota di lavori

relativa ad un contratto d’appalto stipulato nel 2009.

La risposta del Collegio dei revisori dei conti ha precisato, infine, che il credito verso il

Comune, esposto nel bilancio societario 2013 (5.106.119 euro), è relativo al sostegno del

servizio sportivo ricreativo a valenza sociale (svolto dalla società ai sensi dell’art. 23 del

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vigente contratto di servizio). Nel corso del 2014, il Comune ha provveduto quasi

integralmente al pagamento di tale debito (98%).

In data 22 giugno il Comune, come da richiesta formulata nel corso dell’adunanza pubblica,

ha inviato il bilancio d’esercizio per il 2014, approvato dall’assemblea ordinaria della società in

data 4 giugno 2015. Il documento evidenzia un utile finale pari a 56.563 euro, conseguito,

tuttavia, anche in questo caso, mediante un sensibile risultato positivo delle partite

straordinarie (che registrano plusvalenze da alienazioni pari a 1.532.713). La gestione

caratteristica rimane, infatti, negativa (la differenza fra ricavi e costi della produzione evidenzia

un deficit di 1.176.128 euro).

Considerazioni generali circa l’equilibrio economico delle società partecipate

Come evidenziato più volte dalla Sezione, la responsabilità dell’andamento societario va

condivisa con l’ente locale socio, sia in relazione alla programmazione del piano economico

finanziario iniziale che all’attività successivamente svolta. Ogni volta che l’Amministrazione

ricorre a soggetti terzi per raggiungere i propri fini (in coerenza ai propri scopi istituzionali, cfr.

art. 113 del TUEL, ribadito, in materia di partecipazioni societarie, dall’art. 3, comma 27, della

legge n. 244 del 2007), deve comunque garantire l’applicazione dei generali principi di buon

andamento (art. 97 Costituzione e art. 1 legge n. 241 del 1990), che debbono caratterizzare

ogni tipo di esercizio di funzioni o di erogazione di servizi (cfr. deliberazione n. 72/2012/PAR) e

che vanno assunte non solo in sede costitutiva (con l’individuazione di un’adeguata dotazione

patrimoniale), ma anche in fase esecutiva (con la stipula di un congruo contratto di servizio).

La scelta dello strumento societario, anche se non finalizzato alla produzione di utili, deve

quantomeno garantire un equilibrio di bilancio che non arrechi danno economico ai soci (cfr.

deliberazione n. 1052/2010/PRSE e successive). Più precisamente, l’ente locale deve

contemperare gli interessi di cui è portatore quale esponente della collettività di riferimento

con l’esigenza di governare la spesa. In concreto, tale mediazione deve tradursi nell’equilibrio

economico e finanziario dell’organismo partecipato.

Per garantirlo l’ente socio può provvedere in vari modi. La modalità fisiologica è la

programmazione di un contributo (anche in forma di corrispettivo) adeguato ad erogare il

servizio. Nel caso di servizi strumentali, il corrispettivo deve essere adeguato a coprire i costi

di erogazione. Nel caso di servizi pubblici locali, dato che il prezzo per le prestazioni viene

solitamente pagato direttamente dagli utenti, deve essere tale da compensare il costo sociale

del servizio universale (standard minimo garantito all’intera collettività).

Un’errata impostazione del piano economico finanziario, o un manchevole esercizio delle

prerogative di controllo nell’esecuzione dei contratti, possono determinare la lievitazione dei

costi di produzione e arrecare danno alle finanze del Comune (che, al momento della

costituzione, vi ha apportato il capitale sociale).

La strutturale incapacità della gestione caratteristica di coprire i costi della produzione si

traduce, se protratta nel tempo, in una surrettizia copertura di passività attraverso il

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patrimonio netto. La progressiva erosione del patrimonio netto può essere utilizzata per

dilazionare nel tempo l’intervento dei soci (nel caso specifico, del Comune), fino al momento in

cui sarà necessario coprire la perdita di bilancio (causa azzeramento del patrimonio) o adottare

altre, più drastiche, decisioni.

Quanto sopra esposto assume maggiore pregnanza, nell’ottica dei doveri imposti agli organi

amministrativi comunali, alla luce della riforma dei controlli interni (approvata con il d.l. n. 174

del 2012, convertito con legge n. 213 del 2012).

La novella ha riformato l’art. 147 del TUEL prevedendo che gli enti locali, nell'ambito della

loro autonomia organizzativa, individuino, fra gli altri, strumenti e metodologie per verificare lo

stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali attribuiti alla società, nonché l'efficacia,

l'efficienza e l'economicità degli organismi gestionali esterni.

L’art. 147-quater, riferito nello specifico alle società partecipate non quotate, prevede che

l'ente locale definisca un apposito sistema di controlli, esercitati dalle strutture interne che ne

sono responsabili. Per l'attuazione, l'Amministrazione deve definire un sistema informativo

finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'Ente proprietario e la società, la situazione

contabile, gestionale e organizzativa di quest’ultima, i contratti di servizio, la qualità dei

servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. Sulla base di tali

informazioni, l'ente locale deve effettuare il monitoraggio periodico sull'andamento delle

società non quotate partecipate, analizzare gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e

individuare le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-

finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente medesimo.

Infine, occorre ricordare come, dal 2015 sono efficaci gli obblighi posti dall’art. 1, commi

550 e seguenti, della legge di stabilità per il 2014, n. 147 del 2013. In base alla normativa

richiamata, infatti, nel caso in cui istituzioni, aziende speciali e società partecipate da pubbliche

amministrazioni locali inserite nell’elenco annuale redatto dall’ISTAT, ai sensi dell’art. 1,

comma 3, della legge n. 196 del 2009, presentino un risultato di esercizio negativo, gli enti

locali devono accantonare nell'anno successivo, in apposito fondo vincolato, un importo pari al

risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di

partecipazione (per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato è quello relativo a

tale bilancio; per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per

risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell'articolo 2425

del codice civile). L'importo accantonato è reso disponibile, in misura proporzionale alla quota

di partecipazione, nel caso in cui l'ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la

partecipazione o, infine, il soggetto partecipato sia posto in liquidazione.

Il successivo comma 552 dispone che gli accantonamenti siano effettuati a decorrere

dall'anno 2015, prevedendo comunque una disciplina transitoria per gli anni 2015, 2016 e

2017 (per la quale si rimanda al dato normativo).

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia

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accerta

sulla base dell’esame della relazione inviata dal Collegio dei revisori dei conti del Comune sul

rendiconto consuntivo 2013, e della successiva attività istruttoria:

1) la parziale destinazione del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane in modo

non conforme alla contrattazione collettiva nazionale o alla disciplina legislativa, secondo

quanto espresso in parte motiva;

2) la presenza di discordanze fra i residui attivi e passivi, riportati nel rendiconto consuntivo

2013, rispetto ai debiti e crediti iscritti nei bilanci delle società partecipate;

3) le perdite registrate nell’esercizio 2013 delle società SO.GE.MI spa e Milanosport spa, con

conseguente incidenza sul valore dei conferimenti operati nel tempo dal Comune socio

invita

l’amministrazione comunale di Milano a:

1) adottare le opportune azioni tese a garantire la futura sostenibilità di bilancio degli

investimenti in corso, in particolare delle nuove linee di trasporto metropolitano;

2) proseguire l’attività di riconciliazione dei residui attivi e passivi iscritti nella contabilità

dell’ente con i debiti ed i crediti presenti nei bilanci delle società partecipate;

3) monitorare costantemente la situazione economico-patrimoniale delle società partecipate,

dirette e indirette, in particolare ai fini dei potenziali riflessi sul bilancio finanziario del Comune

invita

ai sensi dell’art. 148-bis del d.lgs. n. 267 del 2000, ad adottare, entro il termine di 60 giorni

dal deposito della presente pronuncia di accertamento, gli opportuni provvedimenti di

adeguamento del contratto integrativo del personale dipendente non dirigente alla disciplina

posta dalla legislazione e dalla contrattazione collettiva nazionale, e le altre eventuali misure

conseguenti all’accertamento effettuato dalla Sezione.

Dispone la trasmissione della presente pronuncia di accertamento al Sindaco del comune di

Milano e, attraverso il sistema SIQUEL, al Collegio dei revisori dei conti, nonché la

pubblicazione, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 33 /2013, sul sito internet dell’Amministrazione.

Il magistrato istruttore Il Presidente

(dott. Donato Centrone) (dott.ssa Simonetta Rosa)

Depositata in segreteria

25 giugno 2015

Il direttore della segreteria

(dott.ssa Daniela Parisini)

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Deliberazione n. 125/2015/PAR

Comune di Tarquinia (VT)

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL LAZIO

nella Camera di consiglio del 12 giugno 2015

composta dai seguenti magistrati:

Anna Maria Carbone Prosperetti Presidente;

Carmela Mirabella Consigliere;

Rosalba Di Giulio Consigliere relatore;

Donatella Scandurra Consigliere;

Elena Papa Referendario;

VISTO l’art. 100, comma 2, della Costituzione;

VISTO il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12

luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni e integrazioni;

VISTE la L. 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di

controllo della Corte dei conti;

VISTA la L. 5 giugno 2003, n. 131 e, in particolare, l’art. 7, comma 8;

VISTA la Deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti

n.14/2000 del 16 giugno 2000, recante il regolamento per l’organizzazione delle

funzioni di controllo, modificato con successive deliberazioni n. 2 del 3 luglio

2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, nonché da ultimo con deliberazione n. 229 del

19 giugno 2008;

VISTO il D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267, recante il T.U. delle leggi

sull’ordinamento degli Enti Locali;

VISTA la L. 4 marzo 2009, n. 15;

VISTA la deliberazione della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie,

del 3 luglio 2009, n. 9, recante “Modifiche ed integrazioni degli indirizzi e criteri

generali per l’esercizio dell’attività consultiva da parte delle Sezioni regionali di

controllo”;

VISTA la deliberazione della Corte dei conti, Sezione Riunite, del 15

aprile 2010, n. 8 recante “Pronuncia di orientamento generale sull’attività

consultiva”;

VISTA la deliberazione della Corte dei conti, Sezione Riunite in sede di

controllo, del 17 novembre 2010, n. 54;

VISTO il decreto n.2 del 2015, con il quale il Presidente ha ripartito tra i

Magistrati i compiti e le iniziative riferibili alle varie aree di attività rientranti

nella competenza della Sezione Regionale di Controllo per il Lazio;

CONSIDERATA la richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune

di Tarquinia, con nota del 17 febbraio 2015 n.4932, acquisita al protocollo della

Sezione con il n.1099 del 25 febbraio 2015;

VISTA l’ordinanza presidenziale n.29 del 9 giugno 2015, con cui la

Sezione Controllo per il Lazio è stata convocata in data odierna per l’esame

collegiale della predetta questione consultiva;

UDITO, nella camera di consiglio del 12 giugno 2015 il relatore Cons.

Rosalba Di Giulio;

PREMESSO

Con nota indicata in epigrafe, non inoltrata a questa Sezione tramite il

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C.A.L., il Sindaco del Comune di Tarquinia ha formulato richiesta di parere in

materia di recupero di emolumenti indebitamente erogati ai propri dipendenti

appartenenti al Corpo di Polizia Locale, in quanto risultati non dovuti all’esito

di una verifica effettuata dal MEF (Dipartimento della Ragioneria Generale

dello Stato-Ispettorato generale di Finanza) sul periodo 2004-2008, per

chiedere se il recupero di quanto indebitamente percepito dai dipendenti vada

effettuato al lordo o al netto delle trattenute previdenziali, assicurative e

fiscali.

CONSIDERATO

Le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono investite,

dall’art. 7, comma 8, della L. n. 131/2003, del potere di rendere pareri, ma

l’esercizio della funzione consultiva è subordinato alla previa verifica in

concreto della coesistenza di due requisiti di ammissibilità: sotto il profilo

soggettivo deve sussistere la legittimazione dell’organo richiedente, che deve

essere il legale rappresentante di uno degli Enti previsti dalla L. n.131 del 2003

e, sotto il profilo oggettivo, il quesito prospettato deve riguardare la materia

della contabilità pubblica.

Nella specie, in relazione al profilo soggettivo, la richiesta di parere è

ammissibile, in quanto presentata a firma del Sindaco pro-tempore, soggetto

munito di generali poteri di rappresentanza politico-istituzionale e dunque

legittimato ad esprimere la volontà e ad impegnare l’Ente locale verso l’esterno

(art. 50 TUEL).

Occorre evidenziare che, peraltro, la richiesta pare essere stata

ritualmente inoltrata dal Comune di Tarquinia per il tramite del Consiglio delle

Autonomie Locali (C.A.L.), previsto dall’art.123, 4° comma, Cost. ed istituito

dall’art. 66 dello Statuto della Regione Lazio, nonché disciplinato -nei suoi

profili attuativi- dalla legge regionale 1/2007, ma la Sezione ne ha invano

atteso la trasmissione e non essendo intervenuta dal CAL -a tutt’oggi- dal

febbraio 2015, ha proceduto ad inserirlo all’odierno ordine del giorno sulla base

della mera comunicazione effettuata dal Comune.

Sotto il profilo oggettivo, la richiesta di parere è del pari ammissibile,

poiché il quesito è direttamente attinente all'interpretazione ed all’applicazione

di disposizioni relative alla spesa del personale, la cui applicazione ha un effetto

diretto sul mantenimento degli equilibri di bilancio dell’Ente e, dunque, rientra

nella pur ristretta e sostanziale nozione di “contabilità” che si ritiene

strumentale all’esercizio della funzione consultiva ex lege n.131/03.

Giova in proposito ricordare che le Sezioni Riunite della Corte dei conti,

intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza

pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito,

con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una

nozione unitaria di contabilità pubblica, incentrata sul “sistema di principi e di

norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti

pubblici”, da intendersi in senso dinamico, anche in relazione alle materie che

incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (S.R. Delibera n. 54, del

17 novembre 2010).

Per cui possono essere esaminate in sede consultiva, accanto alle

questioni riconducibili al concetto di contabilità pubblica - intesa come sistema

di principi e norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato

e degli Enti pubblici “anche quelle materie che risultano connesse alle modalità

di utilizzo delle risorse pubbliche nel quadro di specifici obiettivi di

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contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza

pubblica ed in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione

finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio” (S. R. Corte conti

deliberazione n.14 dell’8 marzo 2011).

Il limite conformativo della funzione consultiva della Sezione di

controllo è da identificarsi, da un canto, nell’escludere qualsiasi possibilità di

intervento nella concreta attività gestionale ed amministrativa ricadente nella

esclusiva competenza dell’Ente locale; dall’altro nell’evitare che l’esercizio della

funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di altri organi,

soprattutto giurisdizionali.

La funzione consultiva di cui al comma 8 dell’art. 7 della legge n.

131/2003 deve essere in ogni caso ricollegata al precedente comma 7, che

attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri

di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di

principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli Enti locali.

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti è tenuta,

pertanto, a limitare l’esame del quesito sotto un profilo giuridico generale ed

astratto di pura contabilità, senza scendere in valutazioni del caso concreto,

suscettibili altrimenti di determinare un’ingerenza della Corte nella

discrezionale attività dell’Ente.

Quanto agli specifici termini del quesito ermeneutico, il Sindaco del

Comune di Tarquinia ha preliminarmente esposto che, nell’anno 2009, il

Comune è stato sottoposto ad una verifica da parte del MEF il quale, in

relazione al periodo 2004-2008, ha rilevato una non corretta applicazione

cumulativa dei benefici di cui agli articoli 22 e 24 del CCNL del 14 settembre

2009 al personale turnista appartenente al Corpo di Polizia Municipale.

Vi è stato, com’è noto, nella prassi amministrativa e giurisprudenziale,

un acceso dibattito circa la cumulabilità -per tali turnisti- degli aumenti

retributivi di cui all’art.22, comma 5, del citato CCNL che, a compensazione

del disagio correlato all’articolazione dell’orario in turni, prevede una

“indennità di turno” (consistente nella maggiorazione della retribuzione

mensile del personale “turnista”, con fissazione di specifiche percentuali per il

lavoro turnario cadente nelle festività,) con i benefici di cui all’art.24 che, a

compensazione della maggior penosità del lavoro festivo, riconosce comunque

una “maggiorazione oraria del 50%” per il lavoro festivo anche

infrasettimanale ed un “riposo compensativo”.

Quest’ultimo riposo è previsto come cumulativo rispetto alla

maggiorazione retributiva, per chi lavora nel giorno di riposo: 24, comma 1;

oppure come alternativo ad essa, in base alla scelta espressa da chi lavora in

giorno festivo infrasettimanale: 24, comma 2 del CCNL del 14/9/2009.

L’orario lavorativo dei Vigili Urbani, per legittima scelta discrezionale

del Comune di Tarquinia (Consiglio di Stato n.3047/06; n.3691/06 e n.3696/06),

si è sempre articolato turnariamente su sette giorni, comprese le festività

anche infrasettimanali e, nel periodo in questione (2004-2008), si è sempre

riconosciuta la cumulabilità dei menzionati istituti (art.22 e art.24), in

adeguamento alla prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito.

Il MEF, per converso, condividendo il contrario orientamento

dell’ARAN e del Dipartimento della Funzione Pubblica-UPPA (parere n.4/08

del 15 gennaio 2008) ha ritenuto -all’esito dell’ispezione- non riconoscibili ai

turnisti della Polizia Municipale di Tarquinia i benefici di cui all’art. 24,

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comma 2 del CCNL.

A ciò si è adeguato il Comune di Tarquinia dal 2008, con

provvedimento del Segretario Generale n.19172 del 9 luglio 2008, che ha

dettato conformi direttive ermeneutiche ed applicative ed è stato poi

confermato da un parere del Ministero dell’Interno, che il Comune ha dovuto

richiedere, stante lo stato di perdurante agitazione dei Vigili Urbani.

Ciò nonostante, le organizzazioni sindacali di categoria ed i lavoratori

turnisti hanno continuato ad invocare l’applicazione delle sentenze favorevoli

emanate dalle S.U. della Cassazione sull’argomento, richiedendo soluzioni in

sede di contrattazione decentrata integrativa e proponendo accordi

conciliativi, ma il Comune ha tenuto fermo il proprio diniego, ricordando

anche la sussistenza del divieto di estensione analogica delle decisioni

giurisprudenziali favorevoli passate in giudicato, emanate in materia di

personale delle amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1, comma 132, della

L. n. 311 del 30 dicembre 2004 e s.m.i., confermato e prorogato dall’art.1,

comma 6, del D.L. 30 dicembre 2008, n.207.

All’esito dei tentativi obbligatori di conciliazione avviati dai lavoratori

per continuare a fruire della normativa di favore, respinti dal Comune, sono

stati rigettati anche i relativi ricorsi proposti dai dipendenti al Giudice del

Lavoro di Civitavecchia.

Nel frattempo, tuttavia, per quanto riconosciuto ai lavoratori turnisti

nel pregresso periodo 2004-2008, oggetto di ispezione da parte del MEF, il 30

maggio 2011 è intervenuta, su delega della Procura contabile operante presso

la Sezione giurisdizionale per il Lazio, la Guardia di Finanza, che ha richiesto

al Comune i prospetti di tutte le giornate lavorative festive infrasettimanali

non lavorate o recuperate in via compensativa in errata applicazione dell’art.

24 . Il Comune le ha fornite, effettuando il computo del loro valore

complessivo al lordo delle ritenute previdenziali, assistenziali e fiscali. Di

conseguenza il MEF ha sollecitato il Comune di Tarquinia a procedere al

recupero delle somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, i quali

hanno invano invocato soluzioni conciliative alternative, almeno in parte, al

recupero monetario.

Il Comune non ha potuto dunque avallare tali proposte alternative, a

causa della ferma opposizione del medesimo MEF che, con nota n.78496 dell’8

ottobre 2014, ha rammentato la doverosità e l’irrinunziabilità del recupero

dell’indebito da parte delle PP.AA. secondo il Consiglio di Stato ed ha

espressamente invitato l’Ente ad avviare le procedure di recupero,

eventualmente anche coattivo.

Il Comune di Tarquinia ha pertanto inviato le relative diffide e messe in

mora, nonostante sussistessero -a parere dell’Ente- difficoltà connesse

all’aggravio di spese legali ed ai rischi di soccombenza correlati alle procedure

esecutive di ripetizione degli indebiti.

Ciò posto, e riferito che diversi interessati hanno proposto istanze di

rateizzazione, il Sindaco di Tarquinia chiede di conoscere se il recupero da

parte della Pubblica Amministrazione di somme indebitamente erogate ai

dipendenti debba riguardare gli importi considerato al lordo delle ritenute

previdenziali, assicurative e fiscali, oppure se le somme in questione debbano

essere richieste al netto delle ritenute operate dall’Ente all’atto del pagamento

dell’indebito e quindi mai entrate nella sfera patrimoniale personale degli

interessati.

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La Sezione, senza ovviamente fare osservazioni, peraltro non richieste,

circa il merito della questione relativa alla debenza o meno di detti benefici

contrattuali, ritiene che il recupero da parte della Pubblica Amministrazione

di somme indebitamente erogate in eccesso ai propri dipendenti debba

riguardare gli importi computati al netto, per le ragioni che si passano ad

esporre.

Le ritenute fiscali previdenziali ed assistenziali non sono ripetibili dai

dipendenti, in quanto trattasi di somme che non sono mai entrate nella sfera

patrimoniale di disponibilità di questi ultimi, secondo la prevalente

giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. III, 4 luglio 2011

n.3984, sez. VI, 2 marzo 2009, n.1164, Tar Lombardia n.2789/2014, Tar

Umbria n.559/2013, Tar Lazio, n.2661/2013) e di legittimità (Cassazione,

sentenza n.1464 del 2012 e n.18584 del 2008).

La Sezione raccomanda la conseguente regolarizzazione dei rapporti

con gli Enti interessati alla materia previdenziale, assicurativa e fiscale, anche

ai fini della trasparenza dei relativi conti.

Vero è che, in caso di indebita erogazione di denaro al pubblico

dipendente, la buona fede di quest’ultimo non preclude la ripetizione degli

emolumenti erroneamente corrisposti - attesa la sussistenza in capo all’Ente di

un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto patrimoniale (Corte conti,

Sezione Regionale di controllo Lombardia, deliberazione n.65/2010/PAR).

Il recupero si atteggia come comportamento doveroso, privo di valenza

provvedimentale che discende direttamente dall’art. 2033 cod. civ. (Consiglio

di Stato sez. IV n.2203/2004. Sez. VI n.1045/2002) non rinunciabile, in quanto

correlato al perseguimento delle finalità di pubblico interesse alle quali sono

istituzionalmente destinate le somme indebitamente erogate. In conclusione, la ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033, c.c., è

sì un diritto-dovere della Pubblica Amministrazione, ma che va esercitato ed

adempiuto sulla base del netto percepito dal pubblico dipendente.

P.Q.M.

La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Lazio rende il

parere nei termini suindicati.

DISPONE

che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura del Dirigente del

Servizio di Supporto, al Comune di Tarquinia.

Così deliberato in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 giugno 2015.

Il Consigliere Relatore

f.to Rosalba Di Giulio

Il Presidente

f.to Anna Maria Carbone Prosperetti

Depositata in Segreteria il 15 giugno 2015

Il Responsabile del Servizio di Supporto

f.to dott. Emanuele Landolina

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CIRCOLARE DFP 4/2014

Oggetto: Piani di razionalizzazione degli assetti organizzativi e riduzione della

spesa di personale. Dichiarazione di eccedenza e prepensionamento.

Sommario:

1 Premessa

2 Definizioni

3 Le cause della soprannumerarietà o dell'eccedenza di personale

4 La revisione del fabbisogno di personale

5 Procedure da seguire in caso di soprannumero o di eccedenza di personale

6 Vincoli da rispettare in caso di ricorso al prepensionamento

1 PREMESSA

La presente circolare fornisce indirizzi applicativi sul ricorso ad alcuni strumenti che, nel quadro degli

interventi di riduzione della spesa pubblica, permettono una migliore allocazione del personale delle

amministrazioni pubbliche.

La circolare riguarda, in particolare, i limiti entro i quali è ammesso il ricorso all'istituto del c.d.

"prepensionamento", per riassorbire le eccedenze conseguenti alla riduzione delle dotazioni organiche

ovvero alla redazione di piani di ristrutturazione per ragioni funzionali o finanziarie, che determina, a

regime, una riduzione della spesa di personale. Si rileva peraltro fin d'ora che il prepensionamento non può

essere in nessun caso utilizzato come strumento per eludere il regime pensionistico introdotto dall'articolo 24

del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.

214.

2 DEFINIZIONI

Ai fini della presente circolare, si intende per:

a) "soprannumerarietà": situazione per cui il personale in servizio (complessivamente inteso e senza alcuna

individuazione nominativa) supera la dotazione organica in tutte le qualifiche, le categorie o le aree.

L'amministrazione non presenta, perciò posti vacanti utili per un'eventuale riconversione del personale o una

diversa distribuzione dei posti;

b) "eccedenza": situazione per cui il personale in servizio (inteso quantitativamente e senza individuazione

nominativa) supera la dotazione organica in una o più qualifiche, categorie, aree o profili professionali di

riferimento. Si differenzia dalla soprannumerarietà, in quanto la disponibilità di posti in altri profili della

stessa area o categoria, ove ricorrano le condizioni, potrebbe consentire la riconversione del personale;

c) "esubero": individuazione nominativa del personale soprannumerario o eccedentario, con le procedure

previste dalla normativa vigente. Il personale in esubero è quello da porre in prepensionamento, ove

ricorrano le condizioni, o da mettere in disponibilità ai sensi dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165;

d) "prepensionamento": risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro del personale in soprannumero o

eccedentario nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del

2001, individuato in esubero, per il quale è prevista l'ultrattività (fino al 31 dicembre 2016) delle disposizioni

relative ai requisiti di accesso al trattamento pensionistico e alle decorrenze di tale trattamento previgenti

rispetto alla riforma prevista dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, esclusivamente a favore di

tale personale. Si rinvia alla Circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione del

29 luglio 2013, n. 3 in materia di pensionamenti in caso di soprannumero.

3 LE CAUSE DELLA SOPRANNUMERARIETÀ O DELL'ECCEDENZA DI PERSONALE

Le situazioni di soprannumerarietà o di eccedenza di personale possono derivare da:

1. riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni centrali disposta dall'articolo 2 del decreto-

legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;

2. ragioni funzionali, conseguenza degli interventi indicati nel successivo paragrafo 4;

3. ragioni finanziarie riferite a situazioni di squilibrio finanziario rilevate dagli organi competenti (collegio

dei revisori, Corte dei conti, amministrazione vigilante) o descritte da specifiche disposizioni normative. Per

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quanto riguarda gli enti locali, si rinvia, in particolare, alle previsioni contenute nel Titolo VIII, recante

disciplina degli enti locali deficitari o dissestati, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

4. piani di ristrutturazione decisi dalle amministrazioni pubbliche seguendo la procedura di ricognizione

del fabbisogno derivante dal combinato disposto dell'articolo 6 e dell'articolo 33 del decreto legislativo n.

165 del 2001. In particolare, per gli enti locali le situazioni in esame possono derivare dalla volontà dell'ente

di rientrare in un più virtuoso rapporto tra spesa di personale e spesa corrente (ai sensi dell'articolo 76,

comma 7, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, le Regioni e gli Enti

locali dovrebbero avere un'incidenza delle spese di personale pari o inferiore al 50 per cento delle spese

correnti).

Per la gestione di tali situazioni, come sarà illustrato nel successivo paragrafo 5, si applica il combinato

disposto dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 2, comma 11, del decreto-legge

n. 95 del 2012. Si ricorda che l'ambito soggettivo di applicazione della lettera a) di quest'ultimo comma è

stato precisato dall'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013, che ha chiarito che detta

disposizione si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo n. 165 del 2001.

Lo strumento in esame, quindi, non può essere utilizzato da altri organismi di diritto pubblico o dalle società

partecipate da amministrazioni pubbliche in assenza di specifiche previsioni di legge.

Nell'allegato tecnico alla presente circolare, si individuano alcuni riferimenti normativi che illustrano

situazioni tipiche che necessitano piani di razionalizzazione e di eventuale revisione del fabbisogno di

personale.

4 LA REVISIONE DEL FABBISOGNO DI PERSONALE

La revisione del fabbisogno di personale, conseguente all'attuazione di misure di razionalizzazione degli

assetti organizzativi e dei procedimenti amministrativi, è una misura straordinaria e ulteriore rispetto alla

ricognizione annuale ordinariamente prevista i cui princìpi sono comunque applicabili anche in presenza di

processi speciali di ristrutturazione.

L'obbligo di adozione della programmazione triennale del fabbisogno di personale, da parte degli organi di

vertice delle amministrazioni pubbliche, è previsto dall'articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997,

n. 449 e ribadito dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001. La programmazione triennale del

fabbisogno e la ricognizione annuale sono finalizzate a garantire la funzionalità e l'ottimizzazione delle

risorse, nell'ottica del miglior funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di

bilancio, nonché nel rispetto dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di dotazioni organiche,

spesa di personale, regime delle assunzioni e mobilità obbligatoria e volontaria.

Al fine di una maggiore responsabilizzazione del dirigente pubblico, il comma 4-bis del citato articolo 6

prevede che il documento di programmazione triennale del fabbisogno di personale e i suoi aggiornamenti

siano elaborati su proposta dei competenti dirigenti, che individuano i profili professionali necessari allo

svolgimento dei compiti istituzionali delle strutture cui sono preposti.

Gli atti organizzativi, nella misura in cui non si riflettono sui rapporti di lavoro, non richiedono motivazione,

ma devono comunque ispirarsi ai principi sopra richiamati, ovvero a criteri razionali, di efficienza,

economicità, trasparenza e imparzialità, indispensabili per una corretta pianificazione delle politiche di

personale e di reclutamento di risorse. Una motivazione è invece richiesta per gli atti di organizzazione che,

non derivando direttamente dalla legge ed essendo frutto di scelte, sia pure strategiche, dell'amministrazione,

si riflettono sui rapporti di lavoro. Anche per questa ragione, il citato articolo 6 del decreto legislativo n. 165

del 2001 prevede che "nei casi in cui processi di riorganizzazione degli uffici comportano l'individuazione di

esuberi o l'avvio di processi di mobilità, al fine di assicurare obiettività e trasparenza, le pubbliche

amministrazioni sono tenute a darne informazione, ai sensi dell'articolo 33, alle organizzazioni sindacali

rappresentative del settore interessato e ad avviare con le stesse un esame sui criteri per l'individuazione

degli esuberi o sulle modalità per i processi di mobilità. Decorsi trenta giorni dall'avvio dell'esame, in

assenza dell'individuazione di criteri e modalità condivisi, la pubblica amministrazione procede alla

dichiarazione di esubero e alla messa in mobilità. (…) Ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni

effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area,

qualifica e profilo professionale".

5 PROCEDURE DA SEGUIRE IN CASO DI SOPRANNUMERO O DI ECCEDENZA DI PERSONALE

Le procedure che le pubbliche amministrazioni devono seguire nei casi in cui si verifichino situazioni di

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soprannumero, o in cui comunque esse rilevino eccedenze di personale, sono definite dall'articolo 33 del

decreto legislativo n. 165 del 2001 e dall'articolo 2, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012.

In base al comma 4 del citato articolo 33, il dirigente responsabile è tenuto a informare preventivamente le

rappresentanze unitarie del personale e le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo

nazionale del comparto o area. In materia di partecipazione sindacale interviene anche l'articolo 6 del decreto

legislativo n. 165 del 2001, così come modificato dall'articolo 2, comma 18, lettere a) e b), del decreto-legge

n. 95 del 2012, che, al comma 1, prevede, tra l'altro, che, nei casi in cui i processi di riorganizzazione degli

uffici comportino l'individuazione di esuberi o l'avvio di processi di mobilità, al fine di assicurare obiettività

e trasparenza, le pubbliche amministrazioni sono tenute a darne informazione alle organizzazioni sindacali

rappresentative del settore interessato e ad avviare con le stesse un esame sui criteri per l'individuazione

degli esuberi o sulle modalità per avviare i processi di mobilità. Decorsi trenta giorni dall'avvio dell'esame, in

assenza dell'individuazione di criteri e modalità condivisi, la pubblica amministrazione procede alla

dichiarazione di esubero e alla messa in mobilità.

Il comma 5 dell'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 dispone che l'amministrazione applica

l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge

6 agosto 2008, n. 133 . In subordine, l'amministrazione verifica la ricollocazione totale o parziale del

personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell'ambito della stessa amministrazione, anche

mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà. E' anche

possibile la ricollocazione presso altre amministrazioni comprese nell'ambito della regione, previo accordo

con le stesse, tenuto anche conto di quanto previsto dall'articolo 1, comma 29, del decreto-legge 13 agosto

2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché del comma 6. I

contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire il passaggio diretto

ad altre amministrazioni anche al di fuori del territorio regionale. Anche per queste previsioni, ovviamente,

l'ambito di applicazione è dato dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Nel caso in cui l'amministrazione, in base all'ordine di priorità definito dall'articolo 2, comma 11, del

decreto-legge n. 95 del 2012, ritenga di ricorrere alle misure previste dalla lettera a) del suddetto comma

(prepensionamento), essa dovrà effettuare una ricognizione delle posizioni dei lavoratori che potrebbero

risultare in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi applicati prima dell'entrata in vigore del decreto-

legge n. 201 del 2011 o che li possano conseguire in tempo utile per maturare la decorrenza del trattamento

medesimo entro il 31 dicembre 2016.

Rispetto a tali posizioni, l'amministrazione, dovrà chiedere all'INPS la certificazione del diritto a pensione e

della relativa decorrenza.

L'Istituto si impegna a rilasciare le dette certificazioni entro trenta giorni dall'invio degli elenchi del

personale da parte delle Amministrazioni che facciano ricorso alla misura del prepensionamento, assicurando

altresì di provvedere, nello stesso termine a richiedere agli Enti la certificazione dei periodi mancanti qualora

la posizione assicurativa risultasse incompleta.

Solo dopo aver acquisito la certificazione da parte dell'ente previdenziale, l'amministrazione potrà procedere,

nei limiti del soprannumero, alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, tenuto conto del regime delle

decorrenze, nei confronti dei dipendenti in possesso dei requisiti indicati nella disposizione (articolo 2,

comma 6, del decreto-legge n. 101 del 2013).

Senza necessità di motivazione, trova applicazione anche l'articolo 72, comma 11, del decreto-legge n. 112

del 2008, che prevede la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro del personale dipendente a decorrere

dal raggiungimento dei requisiti contributivi di cui all'articolo 24, comma 20, del decreto-legge n. 201 del

2011.

E' necessario fissare preventivamente e motivatamente la tempistica di assorbimento delle eccedenze. Dalla

tempistica definita potrebbe rivelarsi sufficiente il ricorso al pensionamento ordinario che deve essere sempre

preferito rispetto allo strumento del prepensionamento.

Le posizioni dichiarate eccedentarie non possono essere ripristinate nella dotazione organica di ciascuna

amministrazione (art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013). Inoltre, le cessazioni disposte per

prepensionamento, limitatamente al periodo di tempo necessario al raggiungimento dei requisiti previsti

dall'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, non possono essere calcolate come risparmio utile per

definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unità

sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over (art. 14, comma 7, del decreto-legge 6 luglio n. 95 del

2012).

Trascorsi novanta giorni dalla informativa data alle OO.SS., l'amministrazione che non assorbe le eccedenze

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con il pensionamento ordinario o con il prepensionamento o con le altre modalità previste dall'articolo 33 del

d.lgs. n. 165 del 2001 colloca in disponibilità il personale. Ai sensi dell'articolo 33, comma 8, del decreto

legislativo n. 165 del 2001, dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni

inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e

dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque

denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono

riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È

riconosciuto altresì il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo

1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153. Alla scadenza dei 24 mesi

interviene l'estinzione del rapporto di lavoro.

6 VINCOLI DA RISPETTARE IN CASO DI RICORSO AL PREPENSIONAMENTO

L'applicazione, fino al 31 dicembre 2016, dell'articolo 2, comma 11, del decreto-legge n. 95 del 2012 è

condizionata da una serie di vincoli per la salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica. In particolare:

le amministrazioni che dichiarano eccedenza di personale non possono ripristinare i posti soppressi nella

dotazione organica. Dalla riduzione di quest'ultima deve scaturire una diminuzione strutturale della spesa di

personale;

i prepensionamenti non possono essere conteggiati nell'immediato come risparmi utili ai fini del calcolo

del budget da destinare a eventuali assunzioni;

non sono consentite assunzioni, né di vincitori di concorso né di idonei, finché non è riassorbito il

personale eccedentario nelle aree/categorie nelle quali è dichiarata l'eccedenza e non si sono create ulteriori

vacanze in relazione al pensionamento ordinario.

In conclusione, il ricorso al prepensionamento è consentito solo nei casi di dichiarazione di

soprannumerarietà ed eccedenza sopra illustrati e nel limite massimo delle posizioni individuate in esubero

da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del

2001.

La disciplina in esame, con le limitazioni e i vincoli sopra illustrati, assicura che le misure di

prepensionamento non si ripercuotano negativamente sugli equilibri della finanza pubblica

complessivamente intesa, ma anzi consentano risparmi. Ciò richiede che le amministrazioni pubbliche

utilizzino correttamente lo strumento realizzando riduzioni strutturali della spesa del personale, che potranno

essere garantite e certificate solo dalla coerenza delle scelte operate dall'amministrazione anche nel medio

periodo. Sarà cura degli organi di controllo competenti per ciascuna amministrazione (collegio dei revisori,

Corte dei conti, amministrazione vigilante) verificare che la misura adottata realizzi gli obiettivi predetti,

favorendo anche un riequilibrio del bilancio della stessa amministrazione.

Le amministrazioni avranno cura di fornire ai suddetti organi di controllo informazioni complete sulle misure

adottate. Tali misure dovranno essere accompagnate da una certificazione di conformità ai vincoli previsti

dalla normativa vigente e agli obiettivi di riduzione di spesa perseguiti, come illustrati nella presente

circolare. La predetta certificazione, sottoscritta dal vertice amministrativo o dal dirigente responsabile in

ragione dell'assetto organizzativo dell'ente, dovrà accompagnare la documentazione inoltrata all'Inps per la

liquidazione dei prepensionamenti.

Le sedi territoriali dell'Inps, anche sulla base della predetta certificazione di conformità delle delibere di

prepensionamento, procedono alla liquidazione dei trattamenti pensionistici dandone contestuale

comunicazione alla Direzione centrale Previdenza/Pensioni.

L'Inps fornirà semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei

Ministri, al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l'elenco

delle amministrazioni che si avvalgono del prepensionamento anche al fine dell'esercizio dell'attività di

controllo volta a verificare la corretta applicazione della normativa di riferimento.

Nell'ambito delle attività ispettive rimesse alle amministrazioni competenti (Ispettorato della funzione

pubblica, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps), sulla

base dei dati di monitoraggio forniti dall'Inps, potranno essere svolti accertamenti a campione.

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AII_119_Orientamenti_Applicativi

Il finanziamento della retribuzione di risultato dei dirigenti in misura non inferiore al 15%delle risorse complessivamente disponibili, ai sensi dell’art.28 del CCNL del 23.12.1999,deve ritenersi assolutamente obbligatorio oppure è ammissibile, in via eccezionale, unariduzione di tale percentuale, in presenza di una modifica dell’importo delle risorsestesse in corso di anno, in un momento in cui gran parte della quota destinata alfinanziamento della retribuzione di posizione è stata già utilizzata ?

 

 

Per quanto di competenza, si ritiene opportuno precisare che la percentuale del 15% dellerisorse complessivamente disponibili per il finanziamento della retribuzione di risultato èprevista dall’art.28 del CCNL del 23.12.1999 come una soglia teorica minima che, in quantotale, ad avviso della scrivente Agenzia, non può essere derogata in minus.

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ARAN - RAL076 - Orientamenti Applicativi

Quali criteri potrebbero essere seguiti per la corretta applicazione della disciplina dell'art. 15, comma 5, del CCNL dell'1/4/1999, con il conseguente incremento delle risorse decentrate variabili in relazione all'accertato incremento quantitativo e qualitativo dei servizi istituzionali?

Il comportamento degli enti nella specifica materia oggetto del quesito, risente senza dubbio delle condizioni organizzative locali, dai contenuti del regolamento degli uffici e servizi e dalla complessità e dal numero delle strutture.

E' evidente, infatti, che non sono ipotizzabili criteri di identico contenuto in enti di ridotte dimensioni ed in enti metropolitani.

I nostri suggerimenti, quindi, sono rivolti a favorire una maggiore sensibilizzazione dei datori di lavoro locali su questa specifica problematica, cui è certamente collegato un diffuso interesse di tutte le parti coinvolte (classe di governo, dirigenza, sindacato, personale) per la possibilità di incrementare le risorse decentrate variabili di cui all'art. 31, comma 3 del CCNL 22.1.2004.

CONDIZIONI PER L'ATTUAZIONE DELLA DISCIPLINA

Ricordiamo che l'incremento delle risorse può realizzarsi legittimamente, solo qualora siano verificate in modo rigoroso (e siano quindi oggettivamente documentate) le condizioni poste dalla citata disciplina. La sussistenza di tali condizioni costituisce, tra l'altro, uno degli aspetti qualificanti del controllo sui contratti decentrati da parte dei collegi dei revisori.

Prima condizione: più risorse per il fondo in cambio di maggiori servizi

Attraverso la disposizione dell'art. 15, comma 5, gli enti possono "investire sull'organizzazione".

Come in ogni investimento, deve esserci un "ritorno" delle risorse investite. Nel caso specifico, questo "ritorno dell'investimento" è un innalzamento – oggettivo e documentato – della qualità o quantità dei servizi prestati dall'ente, che deve tradursi in un beneficio per l'utenza esterna o interna.

Occorre, in altre parole, che l'investimento sull'organizzazione sia realizzato in funzione di ("per incentivare") un miglioramento quali-quantitativo dei servizi, concreto, tangibile e verificabile (più soldi in cambio di maggiori servizi e utilità per l'utenza).

Prima di pensare a incrementi del fondo, è necessario pertanto identificare i servizi che l'ente pensa di poter migliorare, attraverso la leva incentivante delle "maggiori risorse decentrate", nonché i percorsi e le misure organizzative attraverso le quali intervenire.

Seconda condizione: non generici miglioramenti dei servizi, ma concreti risultati.

L'innalzamento quali-quantitativo dei servizi deve essere tangibile e concreto.

Non basta dire, ad esempio, che l'ente intende "migliorare un certo servizio" o "migliorare le relazioni con l'utenza" oppure che è "aumentata l'attività o la domanda da parte dell'utenza". Occorre anche dire, concretamente, quale fatto "verificabile e chiaramente percepibile dall'utenza di riferimento" è il segno tangibile del miglioramento quali-quantitativo del servizio.

Ad esempio:

§ minori tempi di attesa per una prestazione o per la conclusione di un procedimento;

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arricchimento del servizio, con la previsione di ulteriori facilitazioni e utilità per l'utente (ad esempio: oltre al servizio tradizionale un nuovo servizio per rispondere alle esigenze di utenti portatori di bisogni particolari);

§ nuovi servizi, che prima non venivano prestati, per servire nuovi utenti o per dare risposta a nuovi bisogni di utenti già serviti;

§ aumento delle prestazioni erogate (ad esempio: più ore di vigilanza sul territorio, più ore di apertura al pubblico, più utenti serviti);

§ impatto su fenomeni dell'ambiente esterno che influenzano la qualità della vita (ad esempio: grazie all'intensificazione dei controlli, riduzione di comportamenti illegali; grazie al miglioramento del servizio, riduzione di fenomeni di marginalità sociale).

Terza condizione: risultati verificabili attraverso standard, indicatori e/o attraverso i giudizi espressi dall'utenza.

Per poter dire – a consuntivo – che c'è stato, oggettivamente, un innalzamento quali-quantitativo del servizio, è necessario poter disporre di adeguati sistemi di verifica e controllo.

Innanzitutto, occorre definire uno standard di miglioramento. Lo standard è il termine di paragone che consente di apprezzare la bontà di un risultato. Ad esempio: per definire lo standard di una riduzione del 10% dei tempi di attesa di una prestazione, occorre aver valutato a monte i fabbisogni espressi dall'utenza e le concrete possibilità di miglioramento del servizio.

Lo standard viene definito a partire da:

§ risultati di partenza, desumibili dal consuntivo dell'anno precedente;

§ risultati ottenuti da altri enti ("benchmarking");

§ bisogni e domande a cui occorre dare risposta;

§ margini di miglioramento possibili, tenendo conto delle condizioni strutturali ("organizzative, tecniche e finanziarie") in cui l'ente opera.

In secondo luogo, è necessario misurare, attraverso indicatori, il miglioramento realizzato. Le misure a consuntivo vanno quindi "confrontate" con lo standard, definito a monte.

Per misurare il miglioramento realizzato, l'ente può anche avvalersi di sistemi di rilevazione della qualità percepita dagli utenti (ad esempio: questionari di gradimento, interviste, sondaggi ecc.).

Quarta condizione: risultati difficili che possono essere conseguiti attraverso un ruolo attivo e determinante del personale interno.

Non tutti i risultati dell'ente possono dare luogo all'incremento delle risorse decentrate di cui all'art. 15, comma 5.

Devono essere anzitutto risultati "sfidanti", importanti, ad alta visibilità esterna o interna.

L'ottenimento di tali risultati non deve essere scontato, ma deve presentare apprezzabili margini di incertezza. Se i risultati fossero scontati, verrebbe meno l'esigenza di incentivare, con ulteriori risorse, il loro conseguimento.

Secondo, il personale interno deve avere un ruolo importante nel loro conseguimento.

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Devono cioè essere "risultati ad alta intensità di lavoro", che si possono ottenere grazie ad un maggiore impegno delle persone e a maggiore disponibilità a farsi carico di problemi (per esempio, attraverso turni di lavoro più disagiati). Viceversa, risultati ottenuti senza un apporto rilevante del personale interno già in servizio (per esempio: con il ricorso a società esterne, a consulenze, a nuove assunzioni ovvero con il prevalente concorso di nuova strumentazione tecnica) non rientrano certamente tra quelli incentivabili con ulteriori risorse.

Quinta condizione: risorse quantificate secondo criteri trasparenti e ragionevoli, analiticamente illustrati nella relazione da allegare al contratto decentrato.

La quantificazione delle risorse va fatta con criteri trasparenti (cioè esplicitati nella relazione tecnico-finanziaria) e ragionevoli (cioè basati su un percorso logico e sufficientemente argomentato).

E' necessario, innanzitutto, che le somme messe a disposizione siano correlate al grado di rilevanza ed importanza dei risultati attesi, nonché all'impegno aggiuntivo richiesto alle persone, calcolando, se possibile, il valore di tali prestazioni aggiuntive (ad esempio, il costo di una nuova organizzazione per turni di lavoro).

E' ipotizzabile anche che le misure dell'incremento siano variabili in funzione dell'entità dei risultati ottenuti: si potrebbero, ad esempio, graduare le risorse in relazione alla percentuale di conseguimento dell'obiettivo (risorse x per risultati effettivi pari allo standard, risorse x + 10% per risultati effettivi pari allo standard + 10%, risorse x + 20% per risultati effettivi pari allo standard + 20%; risorse zero per risultati inferiori ad una certa soglia predeterminata).

Infine, gli incrementi devono essere di entità "ragionevole", non tali, cioé, da determinare aumenti percentuali eccessivi del fondo o vistose variazioni in aumento delle retribuzioni accessorie medie pro-capite.

Ricordiamo che il contratto decentrato non ha titolo per stabilire l'incremento delle risorse variabili, la cui disponibilità deve essere decisa in sede di bilancio di previsione, sulla base del progetto di miglioramento dei servizi. Nella relazione tecnico finanziaria, da allegare al contratto decentrato, deve essere, invece, chiaramente illustrato, nell'ambito della specificazione e giustificazione di tutte le risorse stabili e variabili, il percorso di definizione degli obiettivi di miglioramento dei servizi e i criteri seguiti per la quantificazione delle specifiche risorse variabili allocate in bilancio, dando atto del rispetto delle prescrizioni dell'art. 15, comma 5, del ccnl 1/4/1999.

Sesta condizione: risorse rese disponibili solo a consuntivo, dopo aver accertato i risultati.

E' evidente che se le risorse sono strettamente correlate a risultati ipotizzati per il futuro, non è possibile renderle disponibili prima di aver accertato l'effettivo conseguimento degli stessi. E' necessario pertanto che le risorse ex art. 15, comma 5 siano sottoposte a condizione (in tal senso, occorre prevedere una specifica clausola nel contratto decentrato). La condizione consiste precisamente nel raggiungimento degli obiettivi prefissati, verificati e certificati dai servizi di controllo interno. La effettiva erogazione, pertanto, potrà avvenire solo a consuntivo e nel rispetto delle modalità e dei criteri definiti nel contratto decentrato.

Settima condizione: risorse previste nel bilancio annuale e nel PEG.

La somma che l'ente intende destinare ai sensi dell'art. 15, comma 5, del ccnl 1.4.1999 alla incentivazione del personale deve essere prevista nel bilancio annuale di previsione e, quindi, approvata anche dall'organo competente; si tratta, infatti, di nuovi e maggiori oneri, che non potrebbero essere in alcun modo impegnati ed erogati, senza la legittimazione del bilancio.

RIEPILOGO DEI PASSAGGI PER L'ATTUAZIONE DELLA DISCIPLINA

Per poter applicare correttamente la disciplina di cui all'art. 15, comma 5, suggeriamo, in conclusione, un semplice percorso, che prevede i passaggi di seguito indicati

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Primo: individuare i servizi (e prima ancora: i bisogni degli utenti a cui i servizi intendono dare risposta) su cui si vuole intervenire per realizzare miglioramenti quali-quantitativi con le caratteristiche più sopra indicate.

Secondo: definire il progetto di miglioramento dei servizi, indicando gli obiettivi da conseguire, gli standard di risultato, i tempi di realizzazione, i sistemi di verifica a consuntivo (è auspicabile che si tratti di obiettivi indicati anche nel PEG o in altro analogo documento di programmazione della gestione).

Terzo: quantificare le ulteriori risorse finanziare variabili da portare ad incremento del fondo ai sensi dell'art. 15, comma 5 e definirne lo stanziamento nel bilancio e nel PEG; la quantificazione spetta esclusivamente all'ente e non deve essere oggetto di contrattazione (anche se, naturalmente, può "condizionare" il negoziato poiché si tratta pur sempre di una concessione fatta al Sindacato in cambio della quale l'ente dovrebbe ottenere a sua volta concessioni su altri fronti).

Quarto: stabilire nel contratto decentrato le condizioni alle quali le risorse ex art. 15, comma 5 possono essere rese disponibili; illustrare analiticamente nella relazione, allegata al contratto decentrato, i criteri seguiti per la quantificazione delle risorse.

Quinto: verifica e certificazione, a consuntivo, da parte dei servizi di controllo interno. dei livelli di risultato in rapporto agli standard predefiniti.

Sesto: eventuale erogazione delle somme, totale o parziale, in relazione ai livelli di risultato certificati dai servizi di controllo interno, secondo i criteri stabili nel contratto decentrato.

SUGGERIMENTI CONCLUSIVI

Da ultimo ci sembra importante precisare, che le risorse aggiuntive "variabili" di cui all'art. 15, comma 5 non possono essere automaticamente confermate e/o stabilizzate negli anni successivi, sulla base della semplicistica affermazione che l'ente raggiunge stabilmente e, in via ordinaria, un più elevato livello di servizi. In tal modo, infatti, si verificherebbe una (non consentita) trasformazione delle risorse da variabili a stabili, in contrasto con la disciplina del CCNL.

E' necessario, invece, che di anno in anno siano attentamente rivalutate le condizioni che hanno giustificato l'investimento sull'organizzazione. Ciò comporta che sia riformulato un nuovo e più aggiornato progetto di miglioramento dei servizi, che ridefinisca, per l'esercizio di riferimento, obiettivi importanti, credibili e sfidanti con le caratteristiche più sopra ricordate. Inoltre, è necessario che i risultati siano sempre verificati e certificati a consuntivo, sulla base di predeterminati standard.

In costanza di obiettivi da un anno al successivo - soprattutto quando emerge, sulla base dei risultati degli anni precedenti, che i livelli di servizio standard sono sistematicamente raggiunti, senza particolari difficoltà o margini di incertezza - è opportuno che gli stessi standard siano sottoposti a revisione e rivisti al rialzo. In sostanza, riteniamo che il ricorso all'art. 15, comma 5 (e a maggior ragione la riconferma delle risorse) debba avvenire in un contesto di obiettivi particolarmente difficili, sfidanti e impegnativi.

Un'ultima precisazione concerne gli enti di ridotte dimensioni. E' evidente che questi ultimi sono chiamati a dare attuazione agli adempimenti richiamati, in forme e secondo modalità opportunamente (e giustamente) semplificate. Anche il progetto di miglioramento dei servizi o gli stessi sistemi di controllo adottati a consuntivo, potranno quindi avere caratteristiche di maggiore semplicità (per esempio, dal punto di vista procedurale) rispetto agli enti di maggiori dimensioni.

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