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LA CONTRATTUALISTICA NEI SERVIZI EDUCATIVI E SCUOLE …€¦ · dalla legge 107/2015 e dar quindi ef-fettiva vita al sistema zero-sei anni5. servizi socio-educativi per la prima in-fanzia,

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Il sistema di istruzione e di educa-zione dedicato alla prima e alla se-conda infanzia ha subìto e sta su-bendo una profonda evoluzione,non solo legislativa, con caratteri-

stiche e connotati di un sistema inte-grato dove convivono, con non pochecontraddizioni, iniziative pubbliche eprivate, erogatrici entrambe del mede-simo servizio sebbene con peculiarità,finalità e incidenze quantitativamentee qualitativamente diverse tra loro.

Ci troviamo, quindi, di fronte a un si-stema normato da fonti legislative sca-turite da contesti storici differenti, fruttodel loro tempo non sufficientementeadeguate e attrezzate per poter affron-tare le sfide del presente in coerenzacon la Raccomandazione europea del20.02.20131.

l’attuale sistema è, infatti, compostoda due segmenti o sottosistemi decisa-mente diversi tra loro sia nella loro strut-tura normativa sia nelle finalità istituzio-nali.

Il quadro legislativo di riferimento

da un lato, abbiamo il sistema dei nididisciplinato dalla legge 1044/1971 edalle singole leggi regionali2 che si oc-cupa della prima infanzia da 0 a 3 anni.

dall’altro, abbiamo la scuola dell’in-fanzia che fa parte a pieno titolo del si-stema nazionale di istruzione e che èdisciplinata da due leggi: la 444/1968sulla scuola dell’infanzia statale e la

Il sistema educativo per l’infanzia ègestito da una miriade di soggettipubblici e privati, organizzati e governati in modi diversi. anche leleggi e i contratti di lavoro sono di-versi. Un universo complesso chepresenta forme di dumping socialenei rapporti di lavoro. anche la qua-lità dell’offerta educativa ne risente

LA CONTRATTUALISTICA NEI SERVIZI EDUCATIVI E SCUOLE DELL’INFANZIA

SISTEMI

Questo bimbo a chi lo do?MASSiMo MAri

ARTICOLO 33 | N.3-4 2016

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62/2000 sulla scuola dell’infanzia nonstatale paritaria gestita dagli Enti localie dai privati3. la legge finanziaria del2007 ha introdotto inoltre le “sezioniprimavera” come momento di dialogo,congiunzione e continuità tra i due sot-tosistemi, mettendo quindi le premesseper una visione più avanzata, in gradodi rispondere al meglio ai bisogni dellefamiglie e dei bambini con l’obiettivo direndere più cogenti gli ultimi documentieuropei.4 operazione, questa, che do-vrebbe trovare il suo approdo con la de-finizione dei decreti attuativi previstidalla legge 107/2015 e dar quindi ef-fettiva vita al sistema zero-sei anni5.

servizi socio-educativi per la prima in-fanzia, secondo i dati riportati dall’istat,ha riguardato, nell’anno scolastico2012/2013, 149.647 bambini di etàtra 0 e 2 anni iscritti agli asili nido co-munali a gestione diretta, ai quali vannoaggiunti 43.513 bambini che hannousufruito di asili nido privati convenzio-nati o con contributi da parte dei Co-muni, per un ammontare complessivodi 193.160 utenti coperti dall’offertapubblica complessivamente intesa, di-retta e indiretta6. Sulla base di dati nonufficiali possiamo affermare, in via deltutto approssimativa, che i nidi e i ser-vizi integrativi alla prima infanzia mera-

Pubblico e privatonel sistema infanzia

Ci troviamo di fronte, quindi, a un si-stema integrato con caratteristiche pe-culiari, disomogenee, contraddittorie eanomale che necessitano di una radi-cale riformulazione e riprogettazione ingrado di dare a questo segmento del-l’educazione e dell’istruzione ruoli ecompiti tipici di un servizio collettivo,con standard efficaci e omogenei sututto il territorio nazionale, in coerenzacon il progetto di riordino del sistemazero-sei anni.

l’offerta comunale di asili nido e altri

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mente privati che non godono di alcunbeneficio diretto o indiretto da parte de-gli Enti locali coprono circa il 35% deiposti sul totale.

nella fascia 3-6 è prevalente la scuoladell’infanzia statale con il 60,19% del-l’utenza, mentre la scuola dell’infanzianon statale copre il 39,8%, di cui il10,31% è rappresentato dall’interventodiretto degli Enti locali, mentre il re-stante 29,5% è costituito da iniziativeprivate complessivamente intese7. le ragioni di fondo di una simile ten-denza sono abbastanza note. le politi-che di contenimento della spesa avviatedai governi negli ultimi anni hanno de-terminato un progressivo “disimpegno”nella gestione diretta da parte dei sog-getti pubblici (Stato e Comuni) dei ser-vizi destinati all’infanzia nonostante unaforte crescita della domanda. Se sul versante della scuola dell’infan-zia questo ha significato una frenata al-l’espansione dell’intervento statale e unlieve incremento della presenza delleparitarie a gestione privata, su quellogestito direttamente dagli Enti locali(nidi d’infanzia, servizi integrativi e

scuola dell’infanzia) il “disimpegno”nella gestione diretta è stato decisa-mente più accentuato. Questo ha deter-minato il ricorso più intenso alle “ester-nalizzazioni” dei servizi attraverso ap-palti e convenzioni facendo così compa-rire sulla scena ulteriori soggetti inte-ressati.

Sinteticamente possiamo catalogarela gestione dei servizi all’infanzia nelleseguenti tipologie:

- gestione diretta dello stato (scuoladell’infanzia e sezioni primavera);

- gestione diretta degli enti locali (nidi,sezioni primavera, servizi integrativi,scuole dell’infanzia paritarie e non pari-tarie);

- gestione degli enti locali mediantefondazioni, aziende speciali e altro;

- gestione diretta di soggetti privati re-ligiosi e laici (nidi, sezioni primavera, ser-vizi integrativi scuole dell’infanziaparitarie e non paritarie);

- gestione in appalto o in convenzioneaffidata dagli enti locali a soggetti privatio al privato sociale.

Il rapporto di lavoro e i contratti di categoria

in un sistema misto, dovuto alla pre-senza di una pluralità di soggetti ge-stori, pubblici e privati, la gestione deiservizi per l’infanzia pone, in via preli-minare, la necessità di qualificare la na-tura del rapporto di lavoro del personaleche vi opera e i riferimenti contrattualiche disciplinano la prestazione lavora-tiva, soprattutto laddove la gestione èposta a capo di soggetti privati.

il JoBS ACT e, in particolare, il decretolegislativo 81/2015 hanno fatto chia-rezza sulla natura subordinata del rap-porto di lavoro del personale chesussiste allorquando il rapporto si con-cretizza in prestazioni esclusivamentepersonali, in maniera continuativa e cherisultano organizzate dal datore di la-voro con riferimento ai tempi e al luogodi lavoro8.

Acclarato che la natura della presta-zione lavorativa del personale educa-tivo/docente e ATA in forza in un nido oin una scuola dell’infanzia non può che

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essere, per la peculiarità del serviziosvolto, di natura subordinata non ri-mane altro che individuare quale con-tratto debba applicarsi nelle singolerealtà operative.

oggi in italia i CCnl di categoria appli-cabili e sottoscritti dalle associazioni da-toriali e sindacali comparativamente piùrappresentative sul territorio nazionalesono cinque:

- CCnl 2006/2009 per le Autonomielocali, firmato dai sindacati FunzionePubblica di Cgil, CiSl e Uil, riguarda asilinido e scuole dell’infanzia comunali;

- CCnl 2006/2009 per la Scuola sta-tale, firmato da FlC Cgil, CiSl SCUolA, Uil

SCUolA, SnAlS, gildA UnAMS, riguarda lescuole dell’infanzia statali;

- CCnl 2010/2012 AgidAE, firmato daFlC Cgil, CiSl SCUolA, Uil SCUolA, SnAlS,

zioni educative e scolastiche, sia nelcomparto pubblico che privato, presen-tano rilevanti differenze normative edeconomiche. Tali differenze non inci-dono solo sul costo del lavoro e sullecondizioni di lavoro del personale ma siriverberano anche sulla qualità del ser-vizio erogato (vedi Tabella C).

Se per quanto riguarda l’attività ge-stita in via diretta dai comuni (nidi escuole dell’infanzia) e la scuola dell’in-fanzia statale i contratti applicabili sonoquelli delle Autonomie locali e delloStato sottoscritti in sede Aran con le or-ganizzazioni sindacali più rappresenta-tive, nelle attività e nelle istituzioni agestione privata la scelta del CCnl è piùcomplicata, sia per la presenza di trecontratti diversi sia perché l’automati-smo di cui all’art. 2070 del Cod. civile

SinASCA, riguarda asili nido e scuole del-l’infanzia a gestione cattolica. l’AgidAE,infatti, è l’Associazione gestori dipen-denti dall’Autorità Ecclesiastica;

- CCnl 2010/2012 FiSM, firmato daFlC Cgil, CiSl SCUolA, Uil SCUolA, SnAlS,riguarda asili nido, scuole dell’infanziae servizi all’infanzia di ispirazione cri-stiana. la FiSM, infatti, è la Federazioneitaliana Scuole Materne;

- CCnl 2010/2012 AninSEi Confindu-stria Federvarie, firmato da FlC Cgil,CiSl SCUolA, Uil SCUolA, SnAlS, riguardaasili nido e scuole dell’infanzia a ge-stione laica. l’AninSEi, infatti, è Associa-zione nazionale istituti non Statali diEducazione e di istruzione.

Si tratta di CCnl di diritto privato che,sebbene disciplinino il rapporto di la-voro del personale in forza nelle istitu-

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(l’appartenenza alla categoria profes-sionale ai fini dell’applicazione del con-tratto collettivo) non è affatto scontato.

Su questo terreno la legislazione dicui si diceva all’inizio ci agevola soloparzialmente. Se, infatti, tra i vincoli po-sti ai gestori dalla legge di parità c’èesplicito riferimento ai contratti di cate-goria9, le leggi regionali che disciplinanoi nidi e i servizi integrativi non danno,nella stragrande maggioranza, alcunaindicazione in merito.

Quindi, in assenza di imposizioni legi-slative la scelta del CCnl applicabile ri-cade direttamente sui datori di lavoro esui lavoratori, è cioè demandata alla vo-lontà delle parti contraenti. nel campodel diritto del lavoro, l’espressione ergaomnes acquisisce una valenza speciale,stante la rilevanza che essa riveste in ri-ferimento alla contrattazione collettiva e

all’efficacia che questa spiega nei con-fronti di lavoratori e datori di lavoro. Per-tanto l’efficacia erga omnes del CCnl

opera solo nei confronti delle parti con-traenti che si riconoscono negli attori dellacontrattazione o che aderiscono implici-tamente o esplicitamente alle associa-zioni padronali o dei lavoratori stipulanti ilcontratto. da qui ne consegue che i trecontratti di categoria AgidAE, FiSM e AninSEi

hanno efficacia erga omnes solo nelle cir-costanze sopra richiamate10.

Anche nei casi di “esternalizzazione”dei servizi sociali da parte degli Enti localie il conseguente affidamento a soggettiterzi – indipendentemente dalla formagiuridica utilizzata (appalto, convenzione,agenzie, aziende speciali, fondazioni,ecc.) – ovvero in tutti i casi soggetti all’ar-ticolo 47 della legge 428/1990 operano icriteri suesposti e indicati dalla giurispru-

denza, fatta salva diversa pattuizione de-finita in sede sindacale nell’ambito dellaprocedura contemplata dalla stessalegge.11

Per chiudere questo tema va sottoli-neato che i tre contratti AgidAE, FiSM eAninSEi prevedono al loro interno la con-trattazione collettiva di secondo livello, re-gionale e territoriale, e di singola istitu-zione scolastica che rende possibile indi-viduare condizioni economiche e norma-tive di miglior favore per il personale.

Gli altri contratti collettivi

il quadro appena delineato non èesaustivo di tutte le realtà contrattualiche operano nel comparto dei nidi e

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della scuola dell’infanzia complessiva-mente intesa. Per una serie di ragioniimputabili sul piano prettamente giuri-dico alla mancata attuazione dell’arti-colo 39 della Costituzione, soprattuttonel mondo del lavoro privato – anche inquesto segmento produttivo, così comeè avvenuto in quasi tutti i settori mer-ceologici – abbiamo assistito a un proli-ferare esponenziale di contratti collettividi lavoro sia nazionali che di carattereaziendale del tutto autonomi dai tradi-zionali contratti di categoria di riferi-mento.

Possiamo riassumere questo feno-meno in tre filoni di tendenza: a) con-tratti collettivi nazionali di categoriasottoscritti da associazioni sindacali epadronali diverse da quelle citate; b) uti-lizzo di CCnl non di categoria che inte-ressano altri settori merceologici; c)contratti aziendali specifici sottoscrittida organizzazioni sindacali di luogo dilavoro con singoli datori di lavoro.

nel primo caso (seconda e terza co-lonna della tabella d) ci riferiamo aiCCnl sottoscritti dalla FilinS, FiinSEi e Ai-SPEF con la Ugl e la CiSAl e dalla FEdEr-TErziArio SCUolA con la Ugl attualmentein vigore. Tali contratti, che interessanoper lo più il mondo laico dell’educa-zione, dell’istruzione e della formazione,si collocano in aperta concorrenza con itradizionali contratti di lavoro richiamatinel capitolo precedente. Si tratta co-munque di CCnl di sottotutela in quantorealizzano trattamenti economici e nor-mativi inferiori e svolgono di fattoun’azione di dumping contrattuale.nel secondo caso (quarta e quinta co-lonna della tabella d), invece, ci tro-viamo di fronte all’utilizzo di contrattidiversi da quelli di categoria come quellidella Cooperative sociali e dell’Uneba lacui sfera di applicazione non contemplané servizi educativi zero-tre anni né tan-tomeno le scuole dell’infanzia12.

generalmente il ricorso a questi CCnl

– che non solo nella loro sfera di appli-cazione non prevedono le attività di ser-

il servizio a soggetti terzi. non solo! Talidifferenze rappresentano aspetti e indi-catori significativi per la declinazionedelle specifiche prestazioni professio-nali indispensabili per la realizzazionedi un servizio educativo/scolastico qua-litativamente valido. non prendendo inconsiderazione questi elementi e limi-tarsi al solo costo salariale del perso-nale si rischia di trasformare il servizioin mera assistenza.

insomma ci si trova di fronte a unacontrattualistica disomogenea e percerti versi contraddittoria in quantonon sempre declinata sulla specificitàdelle prestazioni lavorative svolte al-l’interno del servizio di nido o scuoladell’infanzia.

Una contrattualistica così plurale si ri-flette in maniera più o meno accentuatasulle condizioni sia economiche che nor-mative della prestazione lavorativa. in-dipendentemente dalla correttezza omeno del contratto individuato, le diffe-renze più macroscopiche sono quelledeterminate dall’orario di lavoro e dal sa-lario.

Alcune valutazioni conclusive

non c’è da meravigliarsi se all’interno diun sistema dalle contraddizioni e dai li-miti sopra evidenziati si sia implemen-tata, in maniera esponenziale, la logicadella visione puramente quantitativadel servizio, ridotto all’essenziale, dovevengono privilegiati quasi esclusiva-mente gli aspetti ragionieristici a dannodi quelli qualitativi. Tranne qualche ec-cellenza, le istituzioni educative a ge-stione privata diretta o in appalto econcessione registrano ampie défail-lancés nell’erogazione del servizio stes-so con cadute preoccupanti sia da unpunto di vista pedagogico che nei rap-porti con il personale. Quest’ultimo, chepoi è il protagonista nel veicolare la mis-sion educativa, spesso viene relegato a

vizi educativi zero-tre anni e di scuoladell’infanzia ma non contemplano nellaloro classificazione le figure specifichedi educatrice di servizi educativi zero-treanni e di docente della scuola dell’in-fanzia – opera per lo più nei casi di ap-palto e convenzione del servizio daparte degli Enti locali.

nel terzo caso ci troviamo di fronte acontratti aziendali applicati in partico-lare in alcuni nidi o scuole dell’infanziaaziendali a gestione meramente privata.Qui la contrattazione si è ulteriormentesbizzarrita, soprattutto nei casi più si-gnificativi, variando dal riferimento delCCnl del terziario a quello delle autono-mie locali o facendo riferimento a retri-buzioni proprie della contrattazioneaziendale ma comunque con valori su-periori ai minimi tabellari di cui ai CCnl

richiamati.Ma non è tutto. l’analisi comparata

dei contratti sopra indicati ci consentedi individuare ulteriori criticità rappre-sentate da:- differenze di orario di lavoro settima-nale,- differenze retributive,- salario o scatti di anzianità, progres-sione di carriera,- presenza o assenza di attività colle-giale e oo.CC.,- presenza o assenza di formazione ob-bligatoria specifica per figura professio-nale,- organizzazione del lavoro e profili pro-fessionali specifici,- part time e flessibilità,- banca ore,- numero di contratti a termine possibili,- differenze ferie e permessi, - trattamento di malattia e maternità,- diritto allo studio e alla crescita pro-fessionale.

Si tratta di differenze che contribui-scono in maniera significativa ai costi digestione e del lavoro che hanno la lororilevanza, soprattutto quando gli Enti lo-cali scelgono di affidare in appalto o inconvenzione o in altre forme giuridiche

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un ruolo passivo e di tipo “assistenziali-stico”, dove viene mortificata non solol’azione pedagogica e professionale mal’intera funzione del servizio relegato,nei fatti, a mera custodia. la dimostrazione è rappresentata dadue fenomeni perversi presenti nel si-stema che, a mio modo di vedere, rap-presentano la punta di un iceberg. Unoè quello dell’ascesa esponenziale delprivato speculativo che, profittandodella pressione della domanda, dà vitaa interventi di semplice cura e affida-mento che mascherano o si sostitui-scono al servizio di asilo nido o ai serviziintegrativi, puntando quasi esclusiva-mente sullo sfruttamento del personaleanche attraverso il ricorso a tipologiecontrattuali più favorevoli al datore di la-voro o addirittura mediante l’utilizza-zione del lavoro atipico e irregolare.l’altro fenomeno è dato dall’uso fre-quente dell’affidamento da parte degliEnti locali a terzi, mediante appalti oconvenzioni fondati sulla logica dellacompressione al massimo dei costi dellavoro. Tutto questo nella più totale in-differenza da parte di chi ha compiti divigilanza sul servizio, sul lavoro e sullacorrettezza dei bandi di gara. A tale pro-posito è emblematico quanto avvenutoin occasione dell’accordo Stato-regionisulle sezioni primavera. il tutto si rias-sume nel fenomeno dei servizi all’in-fanzia cosiddetti low cost.Questa dimensione se non arginata ten-derà a consolidarsi sempre di più all’in-terno del sistema, sia perché è favoritada una legislazione sul lavoro più flessi-bile e dallo stesso ricatto occupazio-nale, sia per via dell’assenza di normespecifiche di riferimento, vincolanti peril soggetto gestore privato, imprendito-riale o sociale che sia, che favoriscanoazioni positive capaci di coniugare stan-dard educativi accettabili con gli aspettieconomici e gestionali.Quanto appena detto, benché limitato auno spaccato lavoristico, rafforza an-cora di più l’urgenza di un riordino a

tutto campo del sistema per ri-definire,all’interno di regole certe e cogenti,l’orizzonte dei diritti e dei doveri di tutticoloro che a vario titolo e con diverse re-sponsabilità vi operano, ponendo al cen-tro l’intervento pubblico fondato su unagovernance pubblica (Stato e Enti locali)del sistema, dove siano chiaramente in-dividuati vincoli, compiti e responsabilitàdei diversi livelli istituzionali preposti allavigilanza. Solo così sarà possibile coniugare, inmaniera inscindibile, i diritti dei bambinie quelli dei lavoratori garantendo unacrescita sostenibile ed equilibrata del si-stema stesso. la qualità educativa è in grandissimaparte, infatti, direttamente proporzionalealle condizioni contrattuali di lavoro delpersonale.

noTE1 Raccomandazione della Commissione, In-

vestire nell’infanzia per spezzare il circolo viziosodello svantaggio sociale, Bruxelles, 20.2.2013,Com (2013) 112“L’Educazione per la prima in-fanzia è un servizio imprescindibile che, fornitoa tutta la popolazione infantile, favorisce la for-mazione globale del cittadino. L’educazione perl’infanzia di qualità realizza interventi precocidi inclusione sociale e di sviluppo riducendo ledisuguaglianze di partenza: è quindi un servizioindispensabile per spezzare il circolo viziosodello svantaggio sociale”.

2 La legge 6 dicembre 1971, n° 1044, Pianoquinquennale per l’istituzione di asili-nido comu-nali con il concorso dello Stato; è la legge quadroche istituisce in Italia l’asilo nido come un “ser-vizio sociale di interesse pubblico. Sulla base diquesta legge sono state emanate da parte diquasi tutte le Regioni singole norme di carat-tere regionale ognuna con le sue specificità.

3 Legge 18 marzo 1968, n.44 Ordinamentodella scuola materna statale, Legge 10 marzo2000, n 62, norme sulla parità scolastica e di-sposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione; Dm

83/2008 sulla parità e Dm 82/2008 sulle scuolenon paritarie.

4 Vedi anche Comunicazione della Commis-sione, Educazione e cura della prima infanzia:consentire a tutti i bambini di affacciarsi al mondodi domani nelle condizioni migliori, Bruxelles,17.2.2011, Com (2011) 66 definitivo.

5 Il testo della legge 107/2015 prevede che,entro 18 mesi dalla sua promulgazione, vengaadottata da parte del governo una serie di de-creti attuativi che per il settore zero-sei annidovrebbero disciplinare l’attuazione di una se-rie rilevante di azioni complesse.

6 ISTaT L’offerta comunale di asili nido e altriservizi socio-educativi per la prima infanzia. Annoscolastico 2012/2013, Roma 2014.

7 ISTaT, Scuole dell’infanzia statali e non statalia/s 2012/2013, Roma 2014.

8 D.LgS 81/2015, Disciplina organica dei con-tratti di lavoro e revisione della normativa in temadi mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7,della legge 10 dicembre 2014, n. 183. La normastabilisce che il contratto di lavoro subordi-nato a tempo indeterminato costituisce laforma comune di rapporto di lavoro ed haabrogato le collaborazioni coordinate e conti-nuative anche a progetto. Le collaborazioni co-ordinate e continuative possono continuare aoperare solo nei casi previsti dallo stesso de-creto legislativo.

9 Legge 62/2000, Norme per la parità scola-stica e disposizioni sul diritto allo studio e al-l’istruzione. La legge è stata integrata dallalegge 27/2006. Cfr . Decreti ministeriali at-tuativi n. 82 e 83 del 2008. Sui rapporti di la-voro si veda l’art. 1, comma 4 lettera h) e ilcomma 5.

10 Costituzione, Titolo III Rapporti econo-mici, art. 39. La mancata attuazione di partedell’articolo costituzionale non dà efficaciaerga omnes ai CCnL stipulati dalle organizza-zioni sindacali dei lavoratori e dei datori di la-voro, ma tale validità ha efficacia solo neiconfronti dei contraenti e di quanti diretta-mente e indirettamente vi aderiscono.

11 L’articolo 47 legge 428/90 opera in tutti icasi di trasferimento di azienda indipendente-mente dal mezzo tecnico e giuridico operatoin concreto. Cfr. CCnL agidae art. 38, CCn-Laninsei art. 14, CCnL fism art. 20.

12 CCnL Cooperative sociali 2010/2012 sot-toscritto da Legacoopsociali, federsolidarietà-Confcooperative ecc con fP CgIL CISL-fPS,CISL- fISaSCaT, UIL fPL. Tale contratto interessale lavoratrici e i lavoratori delle cooperativedel settore socio-sanitario, assistenziale-edu-cativo e di inserimento lavorativo. CCnL

UnEBa / fP CgIL, fP CISL, fISaSCaT-CISL, UILTUCS

(2010/2012). Il contratto riguarda il personaledipendente delle realtà del settore assisten-ziale, sociale, socio-sanitario, educativo non-ché tutte le altre istituzioni di assistenza ebeneficenza Uneba.

LA CONTRATTUALISTICA NEI SERVIZI EDUCATIVI E SCUOLE DELL’INFANZIA

SISTEMI

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IL CENTRO DI RICERCA HUMAN TECHNOPOLE

SISTEMI

Il polo scientifico tecnologico mila-nese si focalizzerà sulla compren-sione della correlazione fra nutri-zione, genomica, invecchiamento easpettativa di vita, in una versione

italiana di quella che viene definita“medicina di precisione”. l’obiettivodel progetto è utilizzare la genomica, iBig data e le nuove tecniche di diagno-stica per sviluppare approcci persona-lizzati per affrontare in particolare tu-mori e malattie neurodegenerative daun lato e per sperimentare biotecnolo-gie applicate all’agricoltura dall’altro.

A coordinare il progetto e a gestirne lerisorse finanziarie sarà l’istituto italianodi Tecnologia (iiT), con l’obiettivo di coin-volgere realtà pubbliche e private. l’iiTsarà nella sostanza una agenzia di fi-nanziamento che intermedierà le risorsestanziate dal governo. non è ancorachiaro se le imprese coinvolte (in un arti-colo del “Corriere della sera” venivanomensionati gruppi industriali quali Bayer,glaxo, novartis, Unilever Sygenta, Barilla,nestlé), avranno un ruolo da investitori ose, viceversa, faranno ricerca con i fondistanziati dallo Stato. l’esperienza dell’iiTdi questi anni ci dice che meno dell’1%

delle sue risorse è arrivato dai privatimentre lo Stato ha versato fin ora circaun miliardo di euro. rispetto alle univer-sità, ai poli ospedalieri e agli enti di ri-cerca, non è possibile conoscere qualiobiettivi e valutazioni determineranno lascelta dei gruppi di ricerca da coinvolgené le procedure e le modalità di coinvol-gimento. il nuovo polo, benché intera-mente finanziato dallo Stato, avrà lanatura giuridica di fondazione privata ecome l’iiT non sarà sottoposto all’obbligodi trasparenza dei bilanci, delle proce-dure e dell’assegnazione degli incarichiné risponderà delle linee politico-scienti-

Il progetto di ricerca Human Techno-pole, lanciato dal governo renzi, saràfinanziato con circa 150 milioni di eurol’anno per 10 anni. Sorgerà nei luoghi di expo milano, coinvolgendo 1.500persone in 30 mila metri quadri di laboratori. Il ruolo del ISTITUTo ITaLIanodI TeCnoLogIa, ente privato, e i dubbisull’operazione e la sua effecacia

Ricerca privata, soldi pubblici FABrizio SToCCHi

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IL CENTRO DI RICERCA HUMAN TECHNOPOLE

SISTEMI

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fiche che orientano le scelte dei progettida finanziare. Ciò che è noto è che il pro-getto si articolerà in 7 centri, - Medicalgenomics Center (MgC), neurogenomicsCenter (ngC), Agri-Food and nutritionalgenomics Center (AFng), data ScienceCenter (dSCCenter for Computationallife Sciences (ClS), Center for Analysis,decisions, and Society (CAdS), Center fornano Science and Technology (CnST) -con sede in Expo, intorno ai quali opere-ranno laboratori esterni situati appuntonelle rete degli ospedali e centri di ri-cerca che ne faranno parte.

Tagli senza riforme

la legge di stabilità 2016 ha impostoancora tagli al settore pubblico dell’uni-versità e della ricerca. Così, il definan-ziamento del sistema universitario haraggiunto quota 1,1 miliardi di euro(fonte Ocse). Per quanto riguarda gli entidi ricerca, solo considerando quelli vigi-lati dal MiUr, il taglio disposto sul fondo difinanziamento ordinario 2015 (pari acirca 1,7 miliardi) è di 53 milioni rispettoal 2014 ed è prevista una riduzione pro-gressiva di 2 milioni l’anno fino al 2018.Stessa politica di tagli ai bilanci ordinariper gli altri istituti di ricerca per i qualiprosegue anche la politica di soppres-sione e accorpamento forzato al di fuoridi qualsiasi progetto riorganizzativo. ilquadro della sottrazione di risorse di-sposto dalla legge finanziaria 2016 sicompleta con i tre provvedimenti che in-teressano tutto il settore pubblico. il ta-glio alle spese intermedie che, come èfacile comprendere, per la ricerca non vaa ridurre spese marginali di gestione, mail cuore del finanziamento alle infrastrut-ture di ricerca. la prosecuzione delblocco della contrattazione integrativache impedisce qualsiasi minima crescitasalariale e preclude ogni orizzonte di svi-luppo professionale. il mancato stanzia-mento delle risorse necessarie al rinnovodei contratti dei dipendenti pubblici.

volta chiaramente a indebolire alcuneistituzioni di ricerca come il Cnr. Questoavviene mentre è in corso nelle universitàil blocco della VQr, cioè il rifiuto di unaparte dell’accademia a sottoporsi a pro-cedure di valutazione, finché non sa-ranno riconosciuti a docenti e ricercatorigli scatti di anzianità illegittimamente ne-gati. Si tratta del corollario a una condi-zione di degrado, per la quale il principaleeffetto del definanziamento è la costanteespulsione di precari dai nostri atenei.

in questa situazione, dopo anni di sot-trazione di risorse, un investimento comequello in Human Technopole pari a 150milioni per 10 anni e 1.500 assunzioni diricercatori rappresenta oggettivamenteun segno di politica della ricerca che deveessere preso seriamente e valutato ri-spetto alla condizione del paese, perchéeffettivamente sembrerebbe alludere auna innovazione nel modello con cui è di-segnata fino a oggi la ricerca in italia.

Persino nella retorica discorsiva dellanostra classe politica è acquisito l’as-sunto che nessun Paese è mai cresciutosenza investimenti in aree fondamentaliquali l’istruzione, la ricerca e la cosidettaformazione del capitale umano e che, inEuropa, si deve creare una visione co-mune che assegni un ruolo centrale allacrescita trainata dall’innovazione. ingrande continuità con la politica del go-verno Berlusconi, seguita coerentementefino a oggi dai successivi esecutivi, la di-rezione verso cui il governo renzi vuoleorientare le strategie per la ricerca sem-brerebbe far leva su due elementi.

ridurre a pochi atenei “di eccellenza”le università italiane attraverso la lenta di-smissione operata con un meccanismoselettivo di distribuzione dei tagli ai bi-lanci di ateneo e allocare eventuali ulte-riori finanziamenti al di fuori delleistituzioni pubbliche di ricerca esistenti.Un ateneo su tre rischia di finire strango-lato dall’aumento a dismisura della quotapremiale per l’assegnazione del fondo or-dinario – peraltro di dimensioni ormai ri-dicole – assegnata sulla base della VQrcombinata con criteri di sostenibilità fi-

i Prin, fermi dal 2012, sono stati pub-blicati quest’anno con un appostamentodi risorse pari a 30 milioni l’anno per treanni. la partecipazione ai bandi di “rile-vante interesse nazionale è il principalestrumento, bloccato per anni, cui la co-munità scientifica può accedere per fi-nanziare idee per la ricerca di base.

Alla cronica necessità di un piano stra-ordinario di assunzioni, che nelle univer-sità e negli enti di ricerca stabilizzi ilprecariato storico e offra un minimo sod-disfacimento al bisogno di nuovo perso-nale di ricerca, si è risposto con 860assunzioni di ricercatori precari non sta-bilizzabili per l’università e 200 per glienti di ricerca, ma solo quelli vigilati dalMiUr. Questo mentre il finanziamento or-dinario per le assunzioni negli enti di ri-cerca è al 60% del turn over per iricercatori e al 25% per i tecnici.

Stando così le cose, il finanziamento diquesto nuovo istituto rispetto al finanzia-mento che lo Stato riserva al resto dellaricerca non può che creare un effetto dis-sonante tra la sensazione di naufragioche ci offre la cronaca sullo stato dellenostre istituzioni di ricerca e la prospet-tiva di investimento che il governo renzielergisce a Human Technopole.

La libertà di ricerca

la Flc Cgil ha fatto propria la petizionelanciata di recente da uno dei più auto-revoli fisici italiani, giorgio Parisi, il quale,denunciando il grave stato di abbandonodella ricerca scientifica del Paese, pro-pone un appello “Salviamo la ricerca ita-liana” in cui si chiede all’Europa di farepressione affinché l’italia porti i propri fi-nanziamenti a un livello superiore aquello di pura sussistenza tenuto finora.Questa condizione di miseria è ben ri-flessa nel decreto di assegnazione dei mi-croscopici 215 posti da ricercatoredistribuiti in due anni agli enti vigilati dalMiUr, il quale riesce a coniugare numerida fame con una logica di assegnazione

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IL CENTRO DI RICERCA HUMAN TECHNOPOLE

SISTEMI

nanziaria per la determinazione delle op-portunità di reclutamento. A questo si af-fianca la politica di chiusura e accor-pamento degli enti di ricerca, 15 opera-zioni di questa natura solo negli ultimi 8anni. Significativo che l’unico investi-mento rilevante in ricerca degli ultimi anniè stato appunto l’istituto italiano di tec-nologia, fondazione di diritto privato chia-mato oggi a gestire Human Technopole.

i contenuti e gli obiettivi del nasciturocentro di ricerca Human Technopole ci in-dicano l’altro elemento chiave messo incampo dal governo rispetto alle politicheper la ricerca. Costruire intorno a unaprecisa scelta di specializzazione delcampo di studio una filiera che connettaimprese, università, centri di ricerca, fi-nanziamento pubblico e privato conl’obiettivo di produrre in quel campo in-novazioni significative. Se questi sono gliassi della politica sulla ricerca, sarà utilevalutarne l’impatto senza cedere allatentazione di fermarsi al fatto che si de-cide di finanziare con soldi pubblici unarealtà di natura giuridica privatistica ge-stita al di fuori delle norme sulla traspa-renza e sulle tutele per il lavoro previsteper le amministrazioni pubbliche.

l’idea che lo smantellamento di unaparte consistente delle università e l’ac-corpamento di molti centri di ricerca ab-bia una qualche cittadinanza in unadiscussione seria sulle politiche di inno-vazione e sviluppo dipende essenzial-mente dal grado di vulnerabilità che ilsistema della ricerca ha raggiunto in ita-lia. l’indifendibilità dell’apparato baro-nale che governa da decenni le univer-sità e la logica corporativa mai sopita de-gli istituti di ricerca hanno reso possibileun attacco progressivo alle infrastrutturedella ricerca, senza che si sia davverostati in grado di invertire la rotta. Solocosì può spiegarsi il fatto che la sottra-zione progressiva di risorse sia fatta pas-sare per creazione di “hub” di eccellen-za. Mariana Mazzuccato ci spiega nelsuo Lo Stato innovatore che la differenzavera tra il sistema della ricerca negli Stati

Uniti e in Europa sta nel fatto che in Usasi fa una maggiore quantità di ricerca inun maggior numero di luoghi e istituzioni.lo svantaggio nella capacità di produrreinnovazione non è un problema di diffi-coltà nel “trasferimento” di conoscenzadai centri di ricerca verso le imprese, manella minore quantità totale di ricerca chesi produce, oltre che nella presenza diaziende più deboli e meno innovative. indiscussione è la necessità che lo Stato in-vesta di più nella ricerca di base non laqualità della ricerca prodotta, né la suacapacità di collaborare con le imprese (ilproblema semmai in italia è la specializ-zazione del tessuto produttivo).

Esistono nel mondo altri esempi tipoHuman Technopole, ma non si registranocasi in cui siano stati i governi a crearne.lo ricorda Sergio Cima in un articolo su“scienzainrete”, citando uno studio delMiT di Boston sull’argomento. Un conto èche lo Stato assuma un ruolo nella crea-zione delle condizioni giuridiche, fiscali esoprattutto nell’investimento per lo svi-luppo di un tessuto scientifico di base ca-pace di accogliere la nascita di un clusterscientifico-tecnologico, altro è azzardareoperazioni dall’alto programmate a tavo-lino con alto rischio di fallimento. lo Statodeve assolvere assolutamente al compitodi creare la base scientifica necessariaper l’innovazione. in italia, con il governorenzi, si ha però l’impressione che loStato venga meno proprio a questo ruolo.Sia chiaro, a risorse per investimenti infi-nite o elevate o almeno superiori alla mi-sera frazione di Pil che l’italia destina aricerca e sviluppo, saremmo molto menocritici. Tra l’altro, la crescente attenzioneai brevetti che sembra si voglia perse-guire dalla nascita dell’iiT in poi non è lastrategia più solida se l’obiettivo è la pro-duzione di innovazioni qualitativamenterilevanti. diffusa è oramai l’opinione chele tendenze all’incremento della brevet-tazione rischiano di ridurre il tasso di in-novazione perché impediscono allaricerca scientifica di progredire in modoaperto ed esplorativo. A questo proposito

è molto interessante lo studio di Mas-simo Florio, Stefano Forte e EmanuelaSirtori e leggibile all’indirizzo http://ar-xiv.org/abs/1603.00886. Si tratta diun’analisi costi/benefici economici delCErn il cui tratto originale è quello di nonprendere in considerazione i benefici fu-turi delle innovazioni che arriveranno fra20 o 30 anni dalla ricerca di base. Ana-lizza invece il rendimento, qui e ora, delCErn come macchina che acquisisce in-put e genera output per ricercatori e im-prese. E il bilancio sembrerebbe esserepositivo di 3 mld di euro su un orizzontetrentennale. la ricerca è finanziata da unprogetto europeo sull’impatto economicodelle infrastrutture di innovazione e ri-cerca. Tra gli elementi decisivi dei bene-fici economici ci sarebbe la proprietàintellettuale, o meglio la sua assenza,perché al CErn si brevetta poco o nulla esi distribuisce software libero che vieneutilizzato in molti ambiti (analisi dati, sa-nità etc).

le linee di ragionamento qui breve-mente esposte ci spingono a ritenereche con questo stanziamento si inve-stano le risorse sottratte negli ultimi anniagli enti di ricerca e alle università in unpolo su cui la comunità scientifica già nu-tre molti dubbi, in diretta concorrenzacon le infrastrutture esistenti. Chiariamoancora che qui la questione principalenon è il rapporto pubblico/privato ma laconstatazione che, al livello attuale dellerisorse complessivamente investite in ri-cerca e sviluppo, si tratta di un’opera-zione ridicola e insensata. il nuovo che sivuole costruire drena le scarse risorsefuori dalle strutture di ricerca esistenticontribuendo in modo determinante adecretarne la cancellazione.

Ciò che oggi sembra davvero neces-sario è che in un sussulto di orgoglio eintelligenza l’accademia e gli enti di ri-cerca si muovano in modo compatto perchiedere un piano straordinario di inve-stimento e reclutamento e un rafforza-mento della governance del sistema.

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PROGETTI ED ESPERIENZE

Idetenuti al passeggio non percor-rono mai per intero la lunghezzadello spazio disponibile. richiestidi spiegazione hanno tutti conve-nuto che arrivare di fronte al muro

sarebbe da stupidi. lo spazio disponibile non appartieneloro totalmente; e se qualcuno poneun limite, essi per se stessi ne stabili-scono un altro per non soggiacervi. inquesta immagine c’è tutta l’essenzadel carcere e della mentalità di chi cista dentro.

la scuola dove si colloca? Forse proprio in quello spazio che re-

sta vuoto, in quella terra di nessuno che

le due parti in opposizione rifiutano. Quanto meno, la scuola cerca di colo-

nizzarlo e di coltivarlo: nelle crepe delcemento spuntano le piantine, quellepiù determinate e tenaci.

Tutta la normativa e le teorie del re-cupero sostengono e promuovono il va-lore essenziale della scuola in carcere.Ma la realtà?

Al di là delle dichiarazioni di principioe di intenti, può essere di qualche inte-resse la condivisione di momenti del-l’esperienza sul campo e degli esiti dellaincessante interrogazione sul sensodella propria azione.

Le pene collaterali della vita carceraria

La situazioneil carcere è il luogo della sottrazione,

della perdita. della libertà, ovviamente.Ma questo, sorprendentemente, non èil male peggiore. Che dovrebbe esserela pena ma ne è solo l’inizio, l’aspettopiù evidente. la pena poi si articola intante sottopene che se il carcere fossedavvero luogo di recupero non dovreb-bero darsi. Ma il carcere è uno spazio dimera contenzione, di esclusione.laprima conseguenza della detenzione èlo sfilacciamento delle relazioni fami-liari. Sono molti i casi di separazione

La scuola in carcere non fa parte di un dise-gno complessivo di recupero della persona. È separata dal sistema e questo rende più difficile il lavoro dei docenti. eppure la lettura,lo studio, la conoscenza potrebbero restituirealla società persone migliori…

FARE SCUOLA IN CARCERE

Tra muri di cemento e muri mentaliorietta Epifani

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che seguono a pochi passi la carcera-zione o di unioni che vengono interrottedallo stesso detenuto “per non soffrire”o “per non far soffrire”. la prospettiva èambigua: non legare l’altro è una sceltagenerosa e, al contempo, egoistica.

Più grave e problematico è il rapportocon i figli, a cui, finché è possibile, vieneproposta la pietosa bugia che il papà ola mamma in quella struttura lavorano.Ma due telefonate e un colloquio diun’ora a settimana – se le distanze loconsentono – non bastano a seguire lacrescita dei propri figli. Poi, per moltigiunge il momento doloroso della verità.

in carcere la dimensione fisica subi-sce un insulto che lascia il segno. ilcorpo si adegua agli spazi ristretti, legambe perdono il passo disteso, gli oc-chi perdono la capacità di guardare ol-tre, la memoria perde la profondità, idettagli che facevano la complessità el’articolazione della vita precedente. lasessualità è negata. lo sviluppo dellamuscolatura del proprio corpo che al-cuni coltivano quasi ossessivamenteappare l’altra risposta a questa condi-zione, l’affermazione della propria esi-stenza.

Si vive in un rumore costante: le voci,le televisioni, la musica, le chiavi e i can-celli che si aprono e si chiudono; la con-centrazione è faticosa, si perdel’intimità con se stessi.

Anche il linguaggio si perde nell’oriz-zonte angusto del chiacchiericcio car-cerario fatto di vicende processuali, ciboe speranze confuse e improbabili. Moltisviluppano un’afasia carceraria, non rie-scono più a trovare le parole per di-scorsi che esulino dagli argomenti soliti.

Talvolta, quando si attraversano i lun-ghi corridoi dei passi perduti, andandoda una sezione a un’altra, si incontranogruppi di detenuti. Se la destinazione èil colloquio essi sono vivaci, il corpo èpercorso da una corrente di vita. indos-sano, in tutti i sensi, l’abito buono. Maquando la destinazione è interna, i voltie i corpi appaiono nella loro realtà piùvera, tristemente contratti o totalmente

abbandonati, quasi avessero perso laconsapevolezza del proprio confine ma-teriale. l’identità fugge.

L’organizzazionela scuola, in ogni suo aspetto, è su-

bordinata alle necessità e possibilità del-l’istituzione penitenziaria le cui logicheseguono percorsi del tutto indipendenti

da quelli educativo-formativi. i punti diincontro dipendono dalla buona volontà,dalla disponibilità e dall’impegno che gliinterlocutori – dell’amministrazione edel comando – vogliono profondere. Mail sistema resta macchinoso e, in nomedella sicurezza, tendenzialmente ostile.

Gli interlocutorii detenuti che scelgono la scuola rap-

presentano già una selezione nella po-polazione ristretta: chi viene a scuola èmosso da una spinta interiore, può es-sere la più varia, ma c’è. Tanti motivi di-versi che, alle volte, hanno poco a chefare con l’istruzione ma che devonostarle accanto. C’è bisogno di un con-tatto con chi viene dal mondo, con qual-

cuno che racconti la quotidiana norma-lità. C’è bisogno di sfuggire all’atmo-sfera asfittica delle sezioni, al vuotodell’esistenza fatta di letto e televisione;c’è bisogno anche di qualcuno cheascolti le pene, la rabbia, le ingiustizie– vere e presunte – subite, qualcunoche sia confessore laico, che dia unconsiglio.

Ma non per questo è un idillio quelloche si crea.

Il difficile passaggio dall’alterità alla reciprocità

il primo messaggio che giunge, unavolta superato lo studio dei primi giorni,è la netta alterità e diffidenza dei dete-nuti rispetto agli altri, che sono il si-stema, inclusi la scuola e chi larappresenta. Ciò si declina in due modi:da una parte, significa che lo spazio nelquale essi si muovono è contiguo manon include i docenti. il grado di vici-nanza, e dunque di riconoscimento, ildocente lo conquista sul campo dimo-strando di essere interlocutore attendi-bile ma anche coerente e fermo suipropri principi.

il detenuto è straordinariamente abilenella manipolazione di chi è estraneo alsuo mondo e rispetta chi riconosce latrappola e si sottrae. Molti reclusi ve-dono l’altro prima di tutto come mezzoper ottenere qualche vantaggio. non ne-cessariamente materiale, psicologicopiuttosto, di soddisfazione per l’affer-mazione di una superiorità (“ti ho gab-bato, professore!”, “ti faccio crederequello che voglio io”). E, per ottenerequesto, toccano tutti i tasti – della pietà,dell’afflizione, della piaggeria. il docentedeve superare la prova per guadagnarsiconsiderazione e credibilità.

dall’altra parte, l’alterità è quella chelo studente detenuto si porta dietrodalla propria esperienza scolastica pre-cedente che risale ad almeno un de-cennio prima e anche più. il titolo di

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PROGETTI ED ESPERIENZE

FARE SCUOLA IN CARCERE

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PROGETTI ED ESPERIENZE

FARE SCUOLA IN CARCERE

studio più diffuso è la licenza media,spesso conquistata per sfinimento del-l’istituto che l’ha rilasciata.

Alcuni studenti raccontano le gestacompiute nella loro giovinezza scola-stica con orgoglio per lo scompiglio cheriuscivano a generare nella scuola. “Pro-fessore’, io a scuola non ci andavo mai,ma quando andavo … tutti nei corridoi,nessuno riusciva a fare lezione!”. op-pure “Professore’, io sono uscito dascuola a 18 anni, ero un pa-dre per gli altri ragazzi, manon mi hanno insegnatoniente!” rivendica un altro, ri-gorosamente in dialetto ta-rantino.

Ecco l’affermazione dellapropria capacità di resistere,di opporsi a tutti gli attacchisubiti dal sistema che avreb-be voluto piegarli: in quellosta la propria identità (e il fal-limento della scuola). difen-dendo la sua congenitaincapa- cità di imparare al-cunché, oltre a mandare aldocente un esplicito messag-gio di inutilità, egli dice anche,sebbene non consapevol-mente, il dolore del fallimentoe dell’esclusione.

in questo caso specifico, di un’esi-stenza che è stata vissuta in un istitutoperché la madre non ce la faceva a ba-dare ai due figli maschi. le volte chequesto studente si presta a leggere, lofa in modo davvero stentato e durantele lezioni pensa spesso ai casi suoi. Cisono voluti cinque mesi di sistematicitentativi di coinvolgimento e serena ac-cettazione dei suoi rifiuti per cominciarea vedere una prima disponibilità a par-tecipare attivamente e a esporre quel-l’incapacità che, se sbandierata conorgoglio, è accettabile ma che agìtarende vulnerabili.

il docente deve stabilire una relazionedi reciprocità con gli alunni, una rela-zione tra persone adulte che si rispet-tano libera dal giudizio. è una tappa

cano i docenti e sono anche aspri. necolgono tic e fragilità. il docente devemostrare fiducia e determinazione econtinuare a lavorare per includere.

la scuola, attraverso i suoi inse-gnanti, mette in campo parole, acco-glienza, sapere, regole, umanità, ascol-to. Questo non comporta che il docente,quello “bravo e motivato “ vinca semprele resistenze dell’alunno e che il lietofine coroni gioiosamente il cammino.

Anzi, molti si perdono perstrada, non sempre per lorovolontà. Come quando unostudente all’improvviso, sem-plicemente, scompare. Trasfe-rito. è uno choc, soprattutto leprime volte, un lutto. Tuttoquello che abbiamo condiviso,tentato di costruire in saperi esentimenti si dissolve. non do-vrebbe anche questo esseretenuto in maggior conto sel’obiettivo è il reinserimentodell’individuo?

dispiace che la scuola in car-cere non goda di adeguataconsiderazione, che non siapensata nella specificità deisuoi bisogni, che non ci sia uninvestimento per potenziarla e

tutelarla. in questa confusione di sforzi, osta-

coli, impegno, cose che non vanno,dubbi e sentimenti contrastanti, na-scono relazioni che arricchiscono e, tal-volta, si accende una luce negli occhi.

A volte, quella luce dura un attimo, avolte brilla e non si spegne più. nessunopuò sapere dove porterà, ma che si siaaccesa anche solo per un breve mo-mento, dice che ne è valsa la pena.

L’autrice è docente di italiano e storiadell’ITES “Olivetti” di Lecce presso laCasa Circondariale della stessa città.

imprescindibile perché questa è la viaper riportare a galla o ricostruire l’iden-tità e la dignità dell’uomo in una realtàin cui l’uomo non ha né l’una né l’altra.l’infantilismo è la malattia del detenutoche il carcere-genitore acuisce.

in questo luogo, all’individuo si ri-chiede di essere convergente, non solodi rispettare il regolamento ma anche,per esempio, di non alzare mai la vocecon un altro detenuto o di non conte-

stare l’operato di un agente, pena laperdita di ogni possibile beneficio: biso-gna mostrare i comportamenti pre-scritti, non compiere un percorsointeriore di consapevolezza etica. Qualeravvedimento può nascere dalla sotto-missione?

il rispetto va mantenuto con coerenzaanche quando nel concreto è unilate-rale. Perché lo studente può mostraredisprezzo e insofferenza (“Professore’,ma che vuoi, ma secondo te io a questoposso pensare?”) o indifferenza (legge ilgiornale durante la lezione o fa le parolecrociate). E lo fa per disinteresse e persfida, per misurare la determinazionedel docente, per saggiarne la tenacia,per verificare se lo fa perché ci crede osolo per lo stipendio.

i detenuti, come tutti gli scolari, giudi-

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ATTUALITÀ

L’italia, uno dei pochi paesieuropei a non disporre diuna legge che regolarizzas-se le coppie di fatto, ha ap-pena approvato, tra mille

difficoltà, una legge sulle unioni civili.l’Unione Europea ha più volte espressola sua apertura verso il riconoscimentodella parità di diritti a tutti i cittadini, in-dipendentemente dalla loro origine,condizione sociale, dal loro credo reli-gioso e orientamento sessuale solleci-tando gli stati membri ad aderire a taleorientamento a favore delle coppie difatto, eterosessuali e omosessuali.

Tutte le forme di convivenza fra duepersone - etero o omosessuali - legateda vincoli affettivi ed economici non vin-colate dal matrimonio dovrebbero es-sere considerate unioni civili.

DDL Cirinnà prevede. Infatti esso rico-nosce e cerca di equiparare le unioni ci-vili omosessuali al matrimonio (tranneper la questione legata ai figli e l’obbligodi fedeltà) ma lascia fuori le coppie/fa-miglie di fatto omosessuali ed etero:esse non godono dei diritti e doveri cheverranno accordati dal DDL alle coppieomosessuali desiderose di sposarsi, mapossono fare riferimento ai soli Accordidi convivenza (che disciplinano il loro

rapporto in maniera autonoma). La negazione alle unioni civili della

stepchild adoption - stralciata all’ultimomomento - apre le porte, soprattuttonelle coppie costituite da due maschi,al ricorso alla maternità surrogata.

Il recente dibattito parlamentare (enell’opinione pubblica) sulle unioni ci-vili, in particolare su quelle tra omoses-suali, ci dà l’occasione di parlare dellevarie forme assunte dalla famiglia occi-dentale negli ultimi secoli con Marghe-rita Pelaja, storica e studiosa dellafamiglia e della sessualità.

In tema di unioni civili (e nonsolo), alla maturità della societàcivile non corrisponde un’altret-tanta maturità della classe politica italiana

VECCHIE E NUOVE FAMIGLIE

Quale famiglia?intervista a Margherita Pelaja di lorEdAnA FASCiolo

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ATTUALITÀ

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VECCHIE E NUOVE FAMIGLIE

Esiste/è mai esistita una famiglia“ideale” costituita esclusivamente daun padre e una madre che si occupanoentrambi del mantenimento e dell’edu-cazione dei figli? La famiglia è mai stataquell’entità ben precisa che corri-sponde a questa rappresentazionementale che ne abbiamo?

no, direi che una famiglia del generenon è mai esistita nelle società occi-dentali, e che anche la sua rappresen-tazione in questi termini – comemodello di famiglia egualitaria e affet-tiva – è una costruzione recente, che ri-sale soltanto ai decenni a cavallo traottocento e novecento. nell’età mo-derna infatti (e qui sono costretta a ge-neralizzare molto) il matrimonio eraquestione di patrimonio e di stirpe perla nobiltà e i ceti più abbienti, mentretra i ceti popolari era legato a solidarietàlabili, soggette a rotture e abbandoniderivati dalle precarietà delle condizionidi vita. l’allevamento dei figli poi, sem-pre in età moderna e oltre, era affidatodai ricchi a balie, bambinaie e gover-nanti, e non era considerato una prio-rità morale dei genitori, perché ancheper le donne la responsabilità principaleera quella di moglie impegnata a se-guire e sostenere il marito nelle rela-zioni sociali; i poveri invece, quando nonerano costretti ad abbandonare i bam-bini nei brefotrofi per l’impossibilità eco-nomica di crescerli, li lasciavano aparenti, vicini e poi in strada, o affidatiad artigiani che li prendevano a viverecon sé come garzoni e che spesso si so-stituivano alla famiglia biologica. in-somma, nessuna traccia o quasi direlazioni amorevoli e armoniche.

la famiglia “ideale” di cui si vagheg-gia oggi è nata nel corso del novecento,quando il lavoro fuori casa divienescelta e necessità anche per moltedonne dei ceti medi minacciando quellarigida divisione dei ruoli sessuali che siè venuta a delineare con l’affermazionedelle borghesie occidentali; e quando laChiesa cattolica irrigidisce i propri pre-cetti ed esalta le responsabilità materne

estensione pesa ad esempio molto dipiù – e purtroppo anche nel senso co-mune – nel caso degli immigrati.

Certamente la Chiesa cattolica nonriesce (o non intende) rinunciare alle pe-santi ingerenze sulla vita politica e sullalegislazione che hanno caratterizzato lastoria italiana in tutto il secolo scorso(pensiamo alle battaglie sul divorzio esull’aborto). Ma c’è da considerare an-che la debolezza dell’opinione pubblicalaica, incapace di affermare il principiodella libertà e della responsabilità indi-viduale in tutti gli aspetti della convi-venza sociale e dunque di sostenerecon forza il rispetto delle scelte diognuno senza che esse diventino “mo-delli” da imporre a chi ha convinzioni eti-che o religiose diverse.

perché vuole riaffermare la propria ege-monia sulla definizione dei generi, inconcorrenza con il mondo laico e ilmondo scientifico che hanno comin-ciato a minacciarla anche sul terrenodella morale sessuale.

Come mai, a differenza di quasi tuttigli altri Paesi europei, in Italia è statocosì difficile fare una legge per regolarele unioni civili? È la Chiesa che condi-ziona ancora molto? è la difficoltà a li-berarsi da certi pregiudizi? o, forse siteme, col riconoscimento delle coppiedi fatto etero e quelle gay, di doverestendere a esse il welfare - già scarso- riservato alle famiglie?

non credo che la questione del wel-fare sia determinante, perché la sua

Margherita Pelaja lavora nell’editoria e conduce ricerche sulla storia socialee sulla storia della sessualità tra Settecento e novecento. È stata tra le fonda-trici di “memoria. Rivista di storia delle donne” e della Società Italiana delle Sto-riche. Ha collaborato con la fondazione Basso di Roma e con l’Istituto dellaEnciclopedia Italiana.  autrice di numerosi articoli e saggi, ha pubblicato, tra l’al-tro, Matrimonio e sessualità a Roma nell’Ottocento, Laterza 1994; Scandali. Sessua-lità e violenza nella Roma dell’Ottocento, Biblink 2002; con Lucetta Scaraffia Due inuna carne. Chiesa e sessualità nella storia, Laterza 2008; e Un insieme scomposto.Sguardo storico sulla famiglia, in Ho ricevuto, Ho trasmesso. La crisi dell’alleanza trale generazioni, a cura di Vincenzo Paglia, Vita e Pensiero 2014. Ha fondato e di-rige la casa editrice Biblink.

BIBLINK Una casa editrice on line (www.biblink.it)Biblink è nata dalla passione per la ricerca, quella consumata sul campo di ar-

chivi e biblioteche, e dalla passione per quell’operazione complessa e delicatache è la trasformazione di uno scritto – il testo che nasce sulla tastiera del com-puter – in un libro. Unisce così una cura artigianale per la scrittura, la strutturae la forma del libro, alla flessibilità nell’uso delle tecnologie: è stata tra le primecase editrici italiane a rendere disponibili i suoi titoli anche in formato elettro-nico e a utilizzare la formula del print on demand, che elimina il problema dellatiratura iniziale per stampare di volta in volta le copie richieste di ciascun titolo.Così è possibile accompagnare i libri nel loro cammino, che nel caso dei testiscientifici ha spesso battute d’arresto e ritorni di interesse, e garantire che nonfiniscano mai nel triste limbo del fuori catalogo .Biblink pubblica saggi di ricercae periodici nel campo delle scienze umane – storia, sociologia, filosofia, criticaletteraria – con un interesse particolare per la storia delle donne e per le espe-rienze più avanzate della psicologia e della psicoanalisi. Pubblica collane con di-verse istituzioni universitarie e non, e riserva uno spazio specifico ai materialididattici.

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ATTUALITÀ

VECCHIE E NUOVE FAMIGLIE

io credo soprattutto che il pregiudizio,la diffidenza e la paura nei confrontidell’Altro – l’omosessuale – siano an-cora forti in molti strati della popola-zione. la distinzione del “normale” –eterosessuale – dal “deviante” – omo-sessuale – è stata un’operazione moltoviolenta, condotta nei primi decenni delnovecento senza esclusione di colpi damedici, ecclesiastici e legislatori proprioper imporre il modello della famiglia co-siddetta borghese, e suggellata concarcere e internamenti in manicomio. ilconformismo nei confronti di ruoli ses-suali rigidi si è così imposto e ha datoorigine a una sorta di fantasma chealeggia intorno a tutti noi – direi so-prattutto intorno a maschi: quello dinon corrispondere mai abbastanza allostereotipo della virilità socialmente rap-presentata e accettata, di non gover-nare un desiderio che la psicoanalisi ciha descritto come “naturalmente” bi-sessuale, di essere considerato “di-verso” se non esibisce un poteresessuale che diventa spesso sopraffa-zione.

A tutto questo bisognerebbe forse ag-

renziata alle figlie femmine e ai maschie poi si spacciano le differenze che nerisultano come naturali? una famigliache perpetua le diseguaglianze trauomo e donna? E quali sono i modelli diuomo e di donna (di padre/madre) chele coppie eterosessuali tradizionali pro-pongono ai figli sperando che si identi-fichino con essi? Basta guardarsiintorno.

Credo che la differenza di genere siaimportante ma che non corrisponda ne-cessariamente alla differenza di sesso.Credo che quello che viene general-mente attribuito al “femminile” e quelloche viene consegnato al “maschile” pos-sano essere agiti anche da persone dellostesso sesso, e che i bambini siano ca-paci di riconoscerlo e di accettarlo. nondimentichiamo che fino a pochi anni fa ibambini crescevano in ambienti preva-lentemente femminili: i padri erano fuoricasa fino a sera ed erano quasi sempreincapaci di accudirli, rappresentandocosì soltanto un’autorità evocata ma lon-tana, non intima.

Quello che veramente occorrerebbeper allentare la divisione dei ruoli dellacoppia sarebbe una diversa conce-zione e organizzazione del lavoro, dellacittà, una reale flessibilità negli orari dilavoro che permettano a entrambi i ge-nitori di occuparsi della casa e deglieventuali figli…

Sì. Qualcosa sta più o meno lenta-mente cambiando nella quotidianitàspaccata di questa famiglia così esaltatae difesa, e io spero nella direzione dellavalorizzazione del lavoro e delle respon-sabilità di cura, che dovrebbero diventareesperienza e capacità di ogni persona, aprescindere dal suo sesso.

giungere i limiti culturali della classe po-litica italiana, che sembra non aver stu-diato la storia, non ha forse approfon-dito la conoscenza della categoria di“genere” e che a mio parere sottovalutaspesso la maturità della società civile(pensiamo ancora ai referendum su di-vorzio e aborto): consegnando così acompromessi parlamentari una batta-glia che potrebbe avere un respiro moltopiù ampio.

Per negare nelle unioni civili omoses-suali la possibilità per l’altro compo-nente della coppia di adottare glieventuali figli - già esistenti - del convi-vente (stepchild adoption), ci si è ag-grappati all’opinione di alcuni espertiche sostengono che con 2 genitori dellostesso sesso lo sviluppo psico sessualedei figli possa essere compromes-so.  (Non si tiene conto che molti altripsicologi e psichiatri ne affermano l’ir-rilevanza). Ha forse prodotto buoni ri-sultati una famiglia costituita da coppieeterosessuali? una famiglia basatasulla divisione dei ruoli per genere?Dove si impartisce un’educazione diffe-

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Delitto e castigo, pubblicato a puntate sul “Mes-saggero russo” a partire dal gennaio 1866,1

non fu un romanzo scritto di getto. Fu invece ilrisultato di una lunga e sofferta gestazione, cheterrà dostoevskij impegnato per oltre un decen-

nio. l’idea primigenia dell’opera, infatti, deve essere fatta ri-salire al periodo della detenzione nel reclusorio di omsk,durante il quale lo scrittore – come egli stesso ci rivela –aveva pensato di scrivere un romanzo riguardante la “con-fessione di un delinquente”. non a caso, una volta tornatoin semilibertà, in una lettera del 22 febbraio 1854 avevascritto al fratello Michail:2

“A propos: quanti tipi e caratteri popolari ho portato conme dall’ergastolo! io ho vissuto insieme a loro e perciòcredo di conoscerli abbastanza. Quante storie di vagabon-di e di briganti e in generale di questa esistenza oscura,dolorosa e disgraziata. Basterà per interi volumi. Che gen-te straordinaria. in generale non è stato tempo per meperduto. Se non ho conosciuto la russia, il popolo l’ho co-nosciuto bene: così bene che forse non lo conoscono mol-ti! Questo è il mio piccolo amor proprio! Spero che mi siperdonerà”.3

il caleidoscopio di “quadri” e “caratteri” cui egli fa riferi-mento, se da una parte ancora ribollivano in lui come unmagma incandescente, dall’altra venivano però a inqua-

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150 ANNI FA VENIVA PUBBLICATO “DELITTO E CASTIGO” DI DOSTOEVSKIJ

Il romanzo più noto di dostoevskije le contraddizioni irrisolte dell’oc-cidente. La desolazione della cittàdi pietroburgo riflette quella inte-riore dei personaggi, il drammapersonale di raskol’nikov anticipaun dramma “sociale”, il sentire diun’epoca già alle porte

Gli incubi di Raskol’nikovdAVid BAldini

TEMPI MODERNI

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TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA

litto e castigo, dostoevskij stava lavorando anche a un’altraopera, Gli ubriaconi,8 riguardante la scottante questione del-l’alcolismo in russia. nonostante il rifiuto opposto da Kra-evskij – direttore degli “Annali Patrii” – alla richiesta dipubblicazione, lo scrittore non accantonerà il progetto: alcontrario, lo farà confluire nel romanzo precedente, dandocosì luogo ad un unico grande libro, la cui elaborazione, an-cora nel 1864, era tuttavia ancora in alto mare. Tra tantavaghezza, un dato è certo: dostoevskij iniziò la stesura delromanzo nel luglio o agosto 1865, durante il suo soggiornoa Wiesbaden, per poi riscriverlo completamente nel novem-

bre di quello stesso anno. Qualchemese prima, però, inviando una letteraa Michail Katkòv, redattore de “il Mes-saggero russo”,9 aveva finalmente of-ferto un resoconto abbastanzapuntuale dell’opera, soprattutto in or-dine al suo protagonista. da essa sap-piamo, ad esempio, che il delitto diraskol’nikov, da dramma personale,era divenuto ormai un dramma “so-ciale”, dal momento che in esso si ri-flettevano “certe idee strane eincompiute che sono nell’aria”. osser-vazione, questa, che ha fatto scrivereal biografo dostoevskiano Avrahm Yar-molinsky:10 “Si riferiva alla correnteateistica, materialista e razionalistache aveva scoperto al ritorno dalla Si-beria: in poche parole, al nichilismo”.

l’allargamento dell’orizzonte non po-teva non avere delle ripercussioni sulpiano formale: lo dimostra il passaggio,da parte dello scrittore, dall’uso dellaprima persona – che, più organico auna “confessione”, sarebbe stato co-

munque conservato per consentire al protagonista di darcorso ai suoi monologhi interiori – a quello, prevalente, dellaterza persona, più consona ai modi propri di una struttura“romanzesca”.11

E tuttavia, ad onta di così tante e consistenti rielabora-zioni, Delitto e castigo non sarebbe affatto risultato, comeha giustamente rilevato Ettore lo gatto, una giustapposi-zione di due opere diverse (un “romanzo nel romanzo”). Fupiuttosto il frutto maturo di una ispirazione unitaria, allaquale farà da collante un altro libro dostoevskiano che, dipoco anteriore, si sarebbe subito rivelato di grandissima ri-levanza culturale: le Memorie del sottosuolo (1864).12 nona caso, sul tasto dell’unitarietà, batte anche grossman, ilquale aveva affermato: “la linea di sviluppo del dramma

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drarsi in una già compiuta visione del mondo che – comeapprendiamo da una lettera, sempre scritta al fratello, da-tata 16 agosto1839 – lo scrittore aveva acquisito assai pre-cocemente: “Sono sicuro di me. l’uomo è un mistero.Questo mistero bisogna cercar di intendere, e se anche vistarai occupato intorno tutta la vita, non dire che hai per-duto tempo; io mi occupo di questo mistero perché voglioessere un uomo. Addio. Tuo amico e fratello F. dostoevskij”.4

Ebbene, dalla interazione tra l’esperienza carceraria, an-cora in fieri, e la pregressa concezione filosofica, che peraltro in dostoevskij aveva avuto modo di manifestasi nei ro-manzi giovanili, prenderà corpo – pertappe successive e in modo stratigra-fico - il grande disegno di Delitto e ca-stigo. l’Autore si trovava infatti ancorain Siberia, e già pensava ad apportareuna significativa variante al progettooriginario, a seguito della rilettura delpoema in versi di Puškin Gli zingari(1824). nel corso di essa, aveva infattiindividuato nell’amorale Aleko - incar-nazione tipicamente byroniana dellamoderna figura del “titano-individuali-sta” – il prototipo che gli sarebbe tor-nato utile per infondere nuova linfaall’eroe del suo romanzo ancora in em-brione. Un ulteriore passo avanti sa-rebbe stato da lui compiuto, allorché,stabilitosi finalmente - da uomo libero -a Pietroburgo, si dette alla lettura di ta-luni resoconti di delitti famosi e allaconsultazione di raccolte di processi pe-nali francesi, che pensava di utilizzarenel primo numero della rivista “Tempo”,alla quale era stato chiamato a colla-borare. di questi atti giudiziari, uno inparticolare attirerà la sua attenzione: quello relativo al Pro-cesso di Lacenaire, di cui per altro, nel 1861, avrebbe for-nito un’espo- sizione dettagliata nel secondo numero dellasuccitata rivista.5 Contestualmente, aveva anche ripreso lasua attività di scrittore, pubblicando il libro di cronaca car-ceraria Memorie di una casa morta, uscito su “il mondorusso” (1861-62).6 romanzo, questo, di grande importanza,in quanto, come ha osservato il critico russo leonid gros-sman, in esso “è raccolto un materiale ricchissimo riguar-dante la psicologia del delinquente e la prassi del delitto, edove si trovano immortali quadri del carcere, che riecheg-giano come un profondo leitmotiv nella storia di raskol’ni-kov e nell’epopea di Svidrigajlov”.7

E tuttavia c’è da aggiungere che, mentre pensava a De-

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non si spezza mai né devia in episodi laterali. Tutto è messo al servizio di un’unica azione, conferendole

rilievo e profondità”. E sarà proprio questa “profondità”, apubblicazione avvenuta, a impressionare maggiormente ilettori, i quali, per la prima volta, si trovarono a dover fare iconti con idee e pulsioni inconfessabili, che mettevano cru-delmente a nudo talune inconfessabili verità, che eranoconnaturate all’animo umano. Ma c’è di più: con la suatrama “nera” – l’assassinio di una vecchia usuraia e dellasua incolpevole sorella da parte di uno studente pietrobur-ghese, oppresso dalla povertà – dostoevskij, nella quasi ge-nerale incomprensione, aveva affrontato un tema cheavrebbe gettato un ponte tra due mondi, quello slavo equello occidentale, in un momento nel quale il capitalismotrionfante stava diffondendo ovunque un culto feticistico deldenaro – si pensi all’Arricchitevi! di François guizot –, incontrapposizione con gli ideali e i valori della tradizione.

Una posizione, questa, che grossman ha giustamente en-fatizzato con queste parole: “Solo in russia il romanzierepoteva cogliere i tipi umani, elaborati dal pensare e dal sen-tire di un’epoca, che usciva dalle pesanti pastoie della ser-vitù e di un’economia patriarcale. in questa tempestosasituazione d’incipiente capitalismo, satura di scontento, ditesa energia, d’inquieta vanità, di minaccioso pessimismo edi infuocate illusioni, egli poté afferrare l’immagine primi-genia dell’uomo capitalistico […]”.13 il paradosso non erasfuggito neppure a Viktor Šklovskij, il quale aveva osservato:“dostoevskij, scrittore che, può darsi, è stato il più russo, ilpiù nazionale, è legato da vincoli indissolubili all’occidente,alla sua letteratura. All’occidente sono legati anche i suoipersonaggi. il mondo di raskol’nikov è inscritto nel quadri-latero scaleno dei fiumi e dei canali di Pietroburgo. rodionraskol’nikov vede questi quartieri e come sono e comeespressione dell’occidente. Uno dei più grandi scrittori russiè proprio per questo il più occidentale; egli è un europeoche contesta angosciosamente il cammino e l’essere delsuo paese”.14

Un capolavoro incompreso e ignoratonell’Europa della “belle époque”

Delitto e castigo, alla sua uscita, riscosse in russia ungrande successo. in Europa invece, il romanzo - che pureriecheggiava suggestioni e tipologie care a dostoevskij, inquanto presenti in scrittori da lui amati, quali Honoré de Bal-zac, Stendhal, Eugène Sue, george Sand, Charles dickens–, passò del tutto inosservato. relegato da critici tra leopere di “paraletteratura”, fu condannato ad un’esistenza

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TEMPI MODERNI

grama, che ci viene attestata anche dalla sua vicenda edi-toriale. infatti, se in Francia il romanzo comparve solo nel1884, in traduzione incompleta e a tre anni dalla morte del-l’Autore,15 in italia verrà pubblicato ancora più tardi, nel1889, con il titolo di Il delitto e il castigo, per di più in tra-duzione dal francese.16 di più: esso seguì la sorte, riservataai romanzi d’appendice “minori” - quelli dei Mastriani e deiPonson du Terrail -, venendo collocato, dagli editori, in col-lane di minor pregio. da noi, come ci ricorda Eurialo de Mi-chelis, fu “confinato dal Treves, come già le memorie dallaSiberia, nella ‘Biblioteca amena’; dove non mancavano cer-tamente opere d’alta qualità, ma accanto a quelle dei du-mas, Verne, Marlitt, minimo denominatore di tutta l’amenaletteratura”.17

Tra i tanti fattori che contribuirono a questa incredibilesottovalutazione ce ne sono due, che non possono non es-sere trascurati. il primo, di natura letteraria, riguarda il “ge-nere misto”, cui dostoevskij si era ispirato; critici e lettoriinterpretarono di conseguenza Delitto e castigo come “un ti-pico romanzo psicologico, in parte anzi psicopatologico, conevidentissime tracce di romanzo poliziesco e di romanzo‘nero’, cioè avventuroso e lugubre, di scuola inglese (do-stoevskij era attratto in gioventù, da quei generi letterari)”.18

il secondo fattore, di carattere culturale, investe invece lapolemica che lo scrittore russo, con il suo libro, muoveva alpensiero positivistico, allora in voga, per il quale era l’am-biente a condizionare l’individuo e non viceversa. Per loscrittore russo, infatti, come ha scritto Sante graciotti, “ilproblema sociale” doveva essere “risolto prevalentementein chiave etica e religiosa, cioè nella sfera del comporta-mento individuale”.19

le conseguenze connesse un così radicale spostamentodi piani sarebbe poi stato così riassunto da györgy lucácsnella sua La distruzione della ragione: “in nietzsche e neipersonaggi di dostoevskij sorge così, da un lato, la moraledel ‘tutto è permesso’, dall’altra la conseguenza che in unmondo senza dio o abbandonato da dio l’uomo possa odebba necessariamente diventare dio”.20

Per comprendere il senso di questa “rivoluzione coperni-cana”, basta scorrere la trama del romanzo, nella quale glielementi “mitici” – che l’ivanov individuava, ad esempio,nella incombente presenza della hybris - si fondono con lacontorta psicologia del protagonista, che, ossessionato daldenaro, ci viene descritto come permaloso fino al parossi-smo, orgoglioso fino alla sofferenza, misantropo fino al so-lipsismo. in aperto conflitto con il mondo, egli, detestandoin modo ossessivo la sua povertà, elabora l’idea aberrante,poi messa in atto, di un “omicidio ideologico”. il progetto,nato come una “mostruosa fantasticheria”, finirà per rea-lizzarsi, assumendo via via i contorni di una “prova-sfida”,

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cenda: come se, realmente, ci fosse lì una specie di prede-terminazione, d’indicazione…”.

l’omicidio, una volta compiuto, si rivelerà però più arduodel suo concepimento: le Erinni, sempre in agguato, comin-ceranno a tormentare rask’olnikov, dimostrando che a nes-suno è dato di versare il sangue del proprio prossimo, fossepure quello di un “pidocchio”.

non a caso, in un momento di resipiscenza – che già pre-lude ad un principio di espiazione –, l’omicida si abbandonaad un monologo, rivelatore delle sue convinzioni più intime:“la vecchia può essere stata un errore, non di lei si tratta!la vecchia non è stata che una malattia… io volevo scaval-care al più presto l’ostacolo… io non ho ucciso una persona,io, io ho ucciso un principio! E il principio l’ho ucciso, maquanto a scavalcare, non ho scavalcato niente, sono rima-sto da questa parte… Ho saputo soltanto uccidere. E anchequello non ho saputo fare, si vede…”.

Se l’assassinio “ideologico” - la cui motivazione più pro-fonda è da ricercare in Delitto e castigo nella forza corrut-trice del denaro - ci ripugna, le parole usate per giustificarloci inquietano. la loro semantica non ci è infatti estranea:essa si rifà a quella logica dell’odio e della degradazionedell’“altro” che, nel secolo scorso, culminò nella catastrofedel razzismo genocidario.

Ma essa, purtroppo, è presente anche ai nostri giorni: è fa-cile riconoscerla nelle forme aggiornate del fondamentali-smo di matrice “religiosa”, che sta già creando vere eproprie catastrofi. Un razzismo e un fondamentalismo, c’èda aggiungere, che, abbassando l’“altro” al grado zero dellasua umanità, spesso ricorrendo agli stessi termini che tro-viamo in Delitto e castigo (“essere inutile”, “pidocchio”,“scarafaggio” etc.), tendono di fatto a precostituirsi comealibi alla barbarie.

La critica più recente e la scoperta di un grande scrittore

Come ormai viene accettato dai più, Delitto e castigo –così come le successive opere dostoevskiane – appartieneal “genere” del “dramma”, al punto che Pierre Pascal lo giu-dicava, in assoluto, come il “primo romanzo-tragedia”.23 delresto, se l’ivanov aveva definito dostoevskij “lo Shakespearerusso”, george Steiner ne ribadiva il giudizio, affermandoche lo scrittore russo “scrivesse dei drammi, conservassele strutture essenziali del dialogo e poi ampliasse le dida-scalie […] trasformandole in quella che è la parte narra-tiva.”.24 non è un caso – egli aggiunge - che tutti i suoiromanzi maggiori, “hanno il loro centro, o il loro climax, in unomicidio”. i critici di maggior spicco, insomma, al di là delle

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che il protagonista ingaggia con se stesso, ritenendosi uomo“non comune”. E tuttavia, il sangue versato gli si ritorceràcontro, incrinando quella idea di “superiorità” che, prefigu-rando in qualche modo l’ideale del “superuomo” di nietz-sche, era stata da lui stesso teorizzata in un articolo uscitodue mesi prima del delitto. in esso, dopo aver diviso gli uo-mini tra “comuni” e “non comuni”, egli finiva per teorizzarela liceità del delitto, con le seguenti motivazioni: “io ho pu-ramente e semplicemente accennato che l’uomo non co-mune ha il diritto… cioè non il diritto ufficialmentericonosciuto, ma ha per conto suo il diritto di consentire allapropria coscienza di scavalcare… certi ostacoli, e unica-mente nel caso che l’attuazione della sua idea (a volte sa-lutare, forse, per tutta l’umanità) ciò esiga”.

raskol’nikov, così discettando, sembra implicitamente rie-vocare - ma come una sinistra parodia - l’idea “machiavel-lica” dell’utilizzazione del male a fin di bene, aggiungendovi,di suo, deliranti motivazioni di stampo “napoleonico”.21 Mo-tivazioni che aveva sentito per altro esporre, del tutto ca-sualmente, in una bettola – a riprova di quanto fosserodiffuse in russia certe idee –, nel corso di un dialogo svol-tosi tra uno studente e un ufficiale, i quali stavano sprolo-quiando tra di loro intorno ad una strozzina di loroconoscenza, Aliona ivànovna. Ad un certo punto del dialogolo studente, “infervorandosi”, così motiva all’ufficiale le pro-prie idee: “Permetti, io voglio farti una domanda seria.

dianzi, certo ho scherzato, ma bada: da un lato una vec-chiaccia stupida, insensata, di nessun conto, cattiva, ma-lata, non necessaria ad alcuno, e, al contrario, nociva a tutti,che non sa lei stessa per che cosa vive, e che domani, tantomorrà da sé. […] dall’altro lato, delle forze giovani, fresche,che si perdono invano, senz’appoggio, e questo a migliaia,e dappertutto! Cento, mille buone imprese e iniziative che sipossono organizzare e rimettere in sesto coi soldi della vec-chia, destinati a un monastero! […] Se la si uccidesse e siprendessero i suoi soldi, per poi, col loro aiuto, consacrarsial servizio di tutta l’umanità e della causa comune: che nepensi, non sarebbe un solo, minuscolo delittuccio cancel-lato da migliaia di buone azioni? Per una vita, migliaia di vitesalvate dal marcire e dallo sfacelo. Una morte e cento vite.in cambio, ma questa, sai, è aritmetica! E poi che cosa si-gnifica sulla bilancia generale la vita di quella vecchiaccia ti-sica, stupida e cattiva? non più della vita d’un pidocchio,d’uno scarafaggio, ma non val nemmeno quello, perché lavecchiaccia è nociva. logora la vita altrui: è cattiva […]”.22

il discorso risulterà fatale per rask’olnikov, che, avendoegli stesso già deliberato di uccidere la vecchia usuraia, rav-viserà in esso un segno del destino. Chiosa dostoevskij:“Quell’insignificante conversazione di trattoria ebbe su dilui un’influenza straordinaria nel corso ulteriore della fac-

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loro differenze di giudizio, sono concordi nel sottolineare laconcezione antiletteraria di dostoevskij, al quale, più chel’armonia delle forme, interessava l’incessante movimentodella vita, la quale, in lui, finiva per cristallizzarsi intorno aun’idea, che riguardava invariabilmente gli eterni problemidell’uomo. non a caso, a proposito dell’interazione tra formae contenuto, Michail Bachtin ha ribadito, nel nostro, l’im-portanza da lui assegnata alla “realtà”. da essa egli co-stantemente traeva “idee già viventi o che entrano nella vitacome idee-forza”, con le quali entrava in un fecondo rap-porto dialogico.25 di conseguenza, come lo stesso dostoev-skij ci dice, il suo era un “realismo” ben differente da quelloconvenzionale: il suo era un “realismo in senso superiore”,cui sarebbe rimasto fedele anche nelle opere successive.

il senso profondo di questa continuità, d’altro canto, ci ètestimoniato dal fatto che egli, fin dal 1868, aveva pro-grammato di dar vita a un ciclo di cinque romanzi, il cui ti-tolo avrebbe dovuto essere L’ateismo. in una lettera delmarzo 1870 all’amico Majkov aveva poi precisato che i “cin-que grandi racconti… indipendenti l’uno dall’altro”, dove-vano però essere unitari nell’ispirazione, in quanto collegatitra di loro dal problema che lo aveva “tormentato tutta lavita”: l’esistenza di dio. il ciclo, in realtà, consterà di soliquattro romanzi - L’idiota (1868), I demoni (1870), L’adole-scente (1874), I fratelli Karamazov (1878) – e passerà allastoria come La vita di un grande peccatore.

Sul complesso di questi romanzi, si è a lungo esercitata lacritica, la quale, a partire dai Tre discorsi su Dostoevskij, diVladimir Solov’ëv,26 e da Dostoevskij. Poetica e stilistica, diMichail Bachtin,27 ha inaugurato le più proficue stagioni distudi dostoevskiani. Soprattutto Bachtin – parlando, a pro-posito del nostro, di “romanzo polifonico” e di “carnevale-sco” - ha colto meglio di ogni altro la portata dell’artedostoevskiana. “in sostanza – egli scrive -, tutti gli eroi didostoevskij si incontrano fuori del tempo e dello spazio,come due esseri nell’illimitato. Si incrociano le loro co-scienze coi loro mondi, si incrociano i loro orizzonti totali.nel punto di intersezione dei loro orizzonti si trovano i mo-menti culminanti del romanzo. Ed è in questi momenti chestanno le giunture della totalità romanzesca. Esse sono ex-traromanzesche e non rientrano in alcuno degli schemi dicostruzione del romanzo europeo”.

Tra i primi a cogliere la novità di tale “intersezione” è statoThomas Mann 28, il quale, a commento del libro di Stefanzweig Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij, 29 ebbe adosservare: “il suo [di zweig, n.d.r.] dostoevskij è certoquanto di più audace e di penetrante sia stato ‘saggiato’ daMerežkovskij in poi, su questo gran figlio dell’ottocento (diquell’ottocento che oggi viene così spesso sfacciatamentebistrattato). […] in dostoevskij non sono mai riuscito a veder

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TEMPI MODERNI/IL GIORNO DELLA MEMORIA

altro che un fatto del tutto straordinario, selvaggio, mo-struoso e portentoso al di fuori di ogni tradizione narrativa:cosa che non m’impedì, tuttavia, di riconoscere in lui, pa-ragonato a Tolstoj, il moralista incomparabilmente più pro-fondo ed esperto”. in una successiva lettera a A B. Fučik ilgiudizio diviene ancor più esplicito, allorché il “grande bor-ghese” scrisse senza più remore: “da giovane ho assorbitoparecchio del mondo spirituale e artistico dell’oriente russoe non sono sfuggito ai poderosi influssi che dostoevskij haesercitato su tutta l’Europa”.30

nonostante che, a parere di alcuni, Delitto e castigo nonabbia raggiunto le vette dei romanzi successivi – si pensi aL’idiota, a I demoni, a I fratelli Karamazov –, per grossmanquel primo libro era destinato a rimanere centrale: “il ro-manzo, scritto da dostoevskij negli anni 1865-66 – ha egliosservato –, segnò la piena fioritura della sua energia crea-tiva. Malgrado la nuova profondità di pensiero e la potenzatragica dei personaggi dei suoi libri posteriori, la storia diraskol’nikov resta, nel novero delle creazioni dostoevski-jane, il risultato più alto. […] Questa sensazione di ardi-mento giovanile e di fervido entusiasmo non si ripeté più indostoevskij con la medesima purezza”.31 Peculiarità, que-sta, ribadita anche da Vjačeslav ivanov, per il quale il ro-manzo costituiva “la pietra angolare” della concezione delmondo del suo Autore, in quanto in esso era contenuta “larivelazione della colpa mistica della personalità [di rasko-l’nikov, n.d.r.] che si chiude nel suo isolamento e che acausa di questo isolamento rimane fuori del vincolo del-l’unità universale e quindi della sfera dell’azione della leggemorale”.32.

d’altro canto, comeaveva osservato logatto, il romanzo la-sciava aperta la portaalle interpretazionipiù diverse, riferibilinon soltanto alla re-altà russa del tempo,ma anche alla realtàin generale, dellaquale dostoevskij “fu descrittore appassionato senza alcunarestrizione di carattere sociale immanente”.33 la stessa“espiazione” del protagonista, il quale, alla fine del romanzo,si inginocchia simbolicamente per baciare la “terra sporca”,non viene concepita da dostoevskij alla stregua di un happyend. la storia della sua era tutta da scrivere. Essa era la-sciata alla nostra immaginazione. Scrive infatti dostoevskij:“Egli non sapeva nemmeno che la nuova vita non gli sarebbetoccata gratuitamente, che bisognava ancora acquistarla acaro prezzo, pagarla con una grande azione futura. Ma qui

Se l’assassinio “ideolo-gico” - la cui motivazionepiù profonda è da ricercarein Delitto e castigo nellaforza corruttrice del de-naro - ci ripugna, le paroleusate per giustificarlo ciinquietano.

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150 ANNI FA VENIVA PUBBLICATO “DELITTO E CASTIGO” DI DOSTOEVSKIJ

TEMPI MODERNI

13 L. grossman, Saggio introduttivo La città e gli uomini di “Delitto ecastigo”, premesso a f. Dostoevskij, Delitto e castigo, op. cit.

14 V. Šklovskij, Dostoevskij e la cultura europea, in Dostoevskij nella co-scienza d’oggi, Sansoni, firenze 1981.

15 Tradotto da Victor Derély, uscì con il titolo Crime et Châtiment. Inedizione “integrale” vedrà la luce so1o nel 1930.

16 Il romanzo influenzerà g. D’annunzio, il quale mostrerà di risen-tire di talune lugubri atmosfere dostoevskiane nel suo romanzo Gio-vanni Episcopo, Pierro, napoli 1892.

17 Così E. De michelis, Dostoevskij nella letteratura italiana, in Dosto-evskij nella coscienza d’oggi, Sansoni, firenze 1981. Questa commistionenon deve per altro sorprendere. Tra gli scrittori d’appendice va anno-verato, tra gli altri, anche H. de Balzac, le cui opere non avevano ov-viamente nulla a vedere con quelle di tanta “paraletteratura”, allorain voga.

18 Così L. grossman, La città e gli uomini di “Delitto e castigo”, pre-messo a f. Dostoevskij, Delitto e castigo, op. cit.

19 S. graciotti, Alcune considerazioni sul dostoevskijano mondo dei po-veri, in Dostoevskij e la sua opera, accademia dei Lincei, Roma 1985.

20 g. Lucács, La distruzione della ragione, vol. II, Einaudi, Torino 1974.a proposito dell’influenza esercitata da Dostoevskij su friedrichnietzsche, sappiamo che questi apprezzava di più, dello scrittore russo,più le doti psicologiche che non quelle connesse all’artista e al pensa-tore. non ci è dato inoltre sapere se avesse letto Delitto e castigo e se,in caso affermativo, il romanzo avesse o no influito sulla sua conce-zione del “superuomo”.

21 Il riferimento è al libro di napoleone III, Storia di Giulio Cesare,pubblicato a Parigi nel 1865-66. In esso si dà grande importanza a uo-mini eccezionali come per l’appunto giulio Cesare.

22 f. Dostoevskij, Delitto e castigo, Parte prima, cap. VI, Rizzoli, milano1951. Tale argomentazione verrà da Raskol’nikov ripetuta a Sonia, nelcontesto cruciale della “conversione”, nella Parte quinta, II, del ro-manzo. Il riferimento riguarda napoleone Bonaparte e l’inizio dellasua carriera.

23 P. Pascal, Dostoevskij: l’uomo e l’opera, Einaudi, Torino 1987.24 g. Steiner, Tolstoj o Dostoevskij, op. cit.25 m. Bachtin, Dostoevskij. Poetica e stilistica, Einaudi, Torino 1968.26V. Solov’ëv, Tre Discorsi in memoria di Dostoevskij (18881-1883), trad.

E. Lo gatto, in “Bilychnis”, Roma 1923.27 Il libro di m. Bachtin Dostoevskij. Poetica e stilistica (Einaudi, Torino

1968) fu pubblicato nel 1929, con i tipi della casa editrice leningradese“Priboj”.

28 T. mann, Lettera a S. Zweig, monaco, 28.VII.20, in Lettere, mondadori,milano 1986.

29 S. zweig, Tre maestri: Balzac, Dickens, Dostoevskij, ed. orig. 1920, trad.it. Sperling & Kupfer, milano 1932.

30 T. mann, A B.Fučík, 15.IV1932, in Lettere, op. cit. 31 L. grossman, La città e gli uomini di “Delitto e castigo”, premesso a

f. Dostoevskij, Delitto e castigo, op. cit.32 V. Ivanov, Dostoevskij. Tragedia Mito Mistica, il mulino, Bologna 1994. 33 E. Lo gatto, Profilo della letteratura russa dalle origini a Solženicyn, op.

cit.34 f. Dostoevskij, Delitto e castigo, Epilogo, 2, op. cit.35 g. Steiner, Morte della tragedia, garzanti, milano 1992. 36 Cit. in E. Lo gatto, Profilo della letteratura russa dalle origini a Solženi-

cyn, op. cit.

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comincia ormai una nuova storia […]”.34

Sullo scrittore russo, ha osservato george Steiner: “la sto-ria della discesa all’inferno dell’anima moderna non è unaDivina Commedia, ma la prosa di dostoevskij e Kafka”.35 ilche equivale a confermare quanto a suo tempo aveva os-servato nina gourfinkel, per la quale “di nessuno degli scrit-tori del secolo XiX si può dire come di dostoevskij che sianostro contemporaneo, specialmente dopo che alle valuta-zioni ideologiche si sono aggiunte quelle estetiche che, di-mensionando le prime, hanno trovato nuove rispondenzenel campo artistico”.36

noTE

1 Delitto e castigo, pubblicato a puntate sul “messaggero russo” a par-tire dal gennaio 1866, uscirà, alla fine di quello stesso anno, in due vo-lumi.

2 Dostoevskij era stato condannato a quattro anni di lavori forzati“per delitto politico”, avendo fatto parte del circolo diretto da m. V. Pe-traševskij. Dal momento che ai detenuti non era consentito di comu-nicare con l’esterno, questa è questa la prima lettera che egli potéscrivere, ancora però in regime di semilibertà. Infatti, a completamentodella pena, fu costretto a servire lo zar per ancora cinque anni, a Se-mipalatìnsk, come soldato semplice aggregato ad un battaglione sibe-riano di linea.

3 f. Dostoevskij, Lettera a Michaìl Michàjlovic, omsk, 22 febbraio 1854,in f. m. Dostoevskij, Epistolario, vol. I, a cura di E. Lo gatto EdizioniScientifiche Italiane, napoli 1950. Un primo abbozzo del personaggiodi Raskol’nikov, ad esempio, potrebbe essere ravvisato nel detenutoorlov, a proposito del quale in Memoria di una casa morta, è scritto: “Inlui non vedevate se non una infinita energia, sete di vendetta, sete diraggiungere lo scopo prefisso”.

4 f. m. Dostoevskij, Epistolario, vol. I, a cura di E. Lo gatto, op. cit.5 P. f. Lacenaire , originale figura di “delinquente-filosofo e di assas-

sino teorico”, era figlio di un mercante della città di Lione. Dopo unavita avventurosa, compì un assassinio a scopo di rapina, finendo cosìper incarnare l’immagine del “titano romantico”.

6 f. Dostoevskij, Memorie di una casa morta, Rizzoli, milano 1950.7 L. grossman, Saggio introduttivo La città e gli uomini di “Delitto e ca-

stigo”, premesso a f. Dostoevskij, Delitto e castigo, Einaudi, Torino 1993.8 In data 1° gennaio 1863 verrà non a caso introdotto, in Russia, del

nuovo sistema di imposta riguardante gli alcolici.9 f. Dostoevskij, Lettera a m. n. Katkòv , Wiesbaden, 1ˆ metà di set-

tembre 1865, in f. m. Dostoevskij, Epistolario, vol. I, op. cit.10 a. Yarmolinsky, La vita e l’arte di Dostoevskij, mursia, milano 1959.11 Un abbozzo del progetto originario, in prima persona, si può leg-

gere in f. Dostoevskij, Diario di Raskolnikov, Longanesi, milano 1955.12 Si veda E. Lo gatto, Profilo della letteratura russa dalle origini a

Solženicyn, mondadori, milano 1975.

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Cosa sta succedendo all’interno dellefamiglie? Come si è potuti passare dauna situazione familiare dominata dalgenitore autoritario a parlare di figli ti-ranni?

la relazione tra genitori e figli si è tra-sformata da asimmetrica (un adulto eun bambino, un adulto e un adole-scente) a simmetrica, dove le differenzegenerazionali sono state cancellate. datempo al genitore-autoritario si è sosti-tuito il genitore-compagno, ma negarele differenze comporta negare la com-plessità della nostra specie. oggi il bam-bino esiste solo come dato di natura inuna società che nega costantemente

una cultura dell’infanzia costringendo aimmettere i figli in un quotidiano sem-pre più lontano dai loro bisogni. Undrammatico esempio è la scomparsadel gioco tra coetanei e il gioco solitarioe fantastico nella propria cameretta.l’esperienza del gioco pone le basi deiprocessi simbolici e fa apprendere il ri-spetto delle regole tra coetanei. il figliotiranno è quello che domina la vita fa-migliare con la propria rabbia e la pro-pria sofferenza, bloccato all’interno diun’identità negativa. non studia, siisola, non ha obiettivi, è violento, non vaverso l’autonomia. Alla famiglia è statotolto il tempo per l’educazione emotivae ciò ha comportato molto spesso l’im-

possibilità a tollerare la lunga dipen-denza dei figli e la possibilità di rispon-dere al loro bisogno di esserericonosciuti come bambini, come ado-lescenti. il figlio tiranno è il figlio del ge-nitore smarrito. Questi sono i dueprodotti di una società dove l’unico va-lore è il denaro e il potere che ne deriva.

Oltre che di malessere dei figli, leiparla di disagio dei genitori… sono au-mentati o diminuiti i conflitti generazio-nali tra di loro?

il conflitto è un’esperienza necessariain quella fase della vita in cui il processodi separazione-individuazione riprende

Le lunghe cure parentali di cuii figli hanno bisogno non sonogestibili in una società disorga-nizzata come la nostra. Il rimpallo delle responsabilitàtra genitori e insegnanti

RIFLESSIONI SUL LIBRO I FIGLI TIRANNI

CULTURA E SOCIETÀ

La negazione dell’infanziaintervista ad Aurora Morelli di lorEdAnA FASCiolo

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CULTURA E SOCIETÀ

potente, come nella prima infanzia onell’adolescenza. il conflitto tra genitorie figli adolescenti non è aumentato, èstato eliminato con la negazione delledifferenze tra le generazioni.

riguardo al disagio dei genitori, questisempre di più sono oppressi da unaemergenza quotidiana, privati del le-game “culturale” con le generazioni cheli hanno preceduti, deviati dai mediache impongono falsi bisogni, e non rie-scono a tollerare la dipendenza dei figliproprio per una mancanza di risorse. èquesta mancanza che costringe a im-porre un pericoloso riduzionismo al no-stro quotidiano. in America mandare unneonato di un mese al nido è la norma.Poi in età scolare un bambino su dueprende il ritalin per contenere la propriaagitazione. Quando questo problema,dell’iperattività, diventa una vera epide-mia la causa è culturale.

Quando si può cominciare a parlaredi psicopatologia nei rapporti familiari?

i mutamenti sociali si riflettono sul si-stema famigliare trasformandolo. lescienze sociali studiano le modalità sto-riche con cui la famiglia si organizza esi definisce all’interno di un sistema divalori. … Ma se spostiamo l’attenzionesulle esigenze psichiche, a partire dallaprima infanzia, ci troviamo ad osservareche i bisogni del fragile Sé del bambinosono invece costanti rispetto ai cambia-menti sociali e che la loro tutela è fon-damentale per una crescita armonicadell’ individuo. Quando il figlio non puòessere amato per quello che è pos-siamo parlare di psicopatologia, nelsenso che quel sistema famigliare pro-duce veri e propri attacchi all’identità informazione, attraverso negazioni e di-sconferme. negli anni Settanta gli studisulla famiglia patogena evidenziavanocome la sofferenza umana fosse legataa una analisi politica e sociologica. oggi,al contrario, sui media ogni analisi èscissa dalla “politica della famiglia”. E laresponsabilità viene fatta ricadere sulla

un’identità armonica sia di tutti i conflittiemotivi e le vari sofferenze. Ma ogni ma-dre fa parte a sua volta di un contestofamigliare e sociale.

Freud quando afferma che il bambinoè il padre dell’adulto ci sta dicendo cheil nostro “mondo interno” pone le sueradici nell’infanzia. nel caso dei genitoridello stesso sesso sono assolutamentefavorevole all’adozione. Quello checonta è la capacità di prendersi cura diun bambino e nulla è peggio di vivere inun orfanotrofio dove nessuno ci ama egli abusi sono il pane quotidiano.

Al contrario sono decisamente con-traria alla maternità surrogata. Qui leesigenze della persona prescindono daogni preoccupazione e ogni forma dipensiero sul destino di quel bambino.l’idea che il figlio sia altro da sé, conproprie necessità come quelle di saperechi è il padre e chi è la madre non vienepresa in considerazione.

la tragedia di Edipo non ha insegnatonulla e il mercato trionfa insieme alla af-fermazione dell’assenza di ogni limite.

Qual è la differenza tra genitore eticoe genitore affettivo?

nessuna. Alcuni autori pur di negarela gravità dell’attuale crisi culturale pro-pongono di separare il padre etico diuna volta da quello affettivo dei nostrigiorni. Sostengono il concetto aberranteche gli affetti siano svincolati dall’etica.Scrivono: “Più natura e meno cultura,cioè più affetti”. Cancellare la memoriaculturale comporta di conseguenza l’eli-minazione dell’esperienza della tra-smissione, nei lunghi anni delladipendenza dei nostri figli, come formadi accudimento e di amore, verso le gio-vani menti in formazione. Separarel’etica dall’affettività significa negare lastoria emotiva e sentimentale della no-stra specie. Questa scissione ha comeunica conseguenza la distruzione del-l’universo simbolico che contraddistin-gue la nostra specie, abitata dallinguaggio, da tutti gli altri primati. An-

scuola e i suoi insegnanti e non sullascomparsa di una cultura dell’infanzia.

Lei ribadisce il ruolo fondamentaledella madre nel primo anno di vita delbambino. Veramente è insostituibile?Nel caso di genitori dello stesso sessocome verranno ridisegnati i rapporti ge-nitori-figli?

le ricerche sulla prima infanzia hannoda sempre confermato che le capacitàinnate del bambino si intrecciano con lecure ambientali e si strutturano all’in-terno di queste continue interazioni conl’Altro che cura.

dalla nascita e per molto tempo l’in-sufficienza psichica del figlio sarà com-pensata dalla comprensione emotivadella madre che svolgerà quelle fun-zioni non ancora acquisite dal bambino.da Bion, a Winnicott, a Bowlby tuttihanno visto nella qualità della relazionecon la madre, ovvero se sufficiente-mente buona o cattiva, l’origine sia di

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CULTURA E SOCIETÀ

che le madri, da sempre, si sono fatteportatrici, all’interno della famiglia, divalori che con il procedere dell’emanci-pazione femminile si sono completati dicompetenze culturali e di una loro pre-cisa visione del mondo.

Come deve essere, dunque, un con-testo famigliare che promuova lo svi-luppo e l’autonomia dei figli?

Un adeguato contesto famigliare èquello in grado di accogliere la dipen-denza dei figli. Più la specie è evoluta epiù il periodo di cura parentale è lungo,perché l’apprendimento di comporta-menti complessi lo richiede. Perché datempo il disagio infantile è in aumentoinsieme al malessere giovanile?

l’incuria di una politica che ha igno-rato cambiamenti epocali all’internodell’organiz- zazione famigliare e che“nega” i bisogni di dipendenza comeparte integrante dell’essere umano, hacostretto le nuove famiglie a confron-tarsi con situazioni al limite della sop-portazione.

Madri e padri sono sottoposti a oraridi lavoro quasi sempre incompatibili conle necessità del figlio di essere ricono-sciuto nella sua diversità. la precarietàdel tempo e delle risorse, la famiglia al-largata che non c’è più hanno impostoun’unica realtà: quella dell’adulto. A di-

insegnanti si trovano a dover affrontaredifficoltà comportamentali che nonsono di loro competenza e che rendonosempre più difficile il loro compito di in-segnanti. la sua identità, dovrebbecoincidere con la figura di colui che tra-smette la passione per la conoscenza.Ma l’allievo dovrebbe arrivare all’espe-rienza scolastica fornito di comporta-menti sociali adeguati a interagire conla nuova realtà che la scuola rappre-senta e con il desiderio d’imparare.Tutto ciò è legato a quei valori che la fa-miglia gli ha trasmesso.

l’antico accordo tra la famiglia e lascuola era consentito da competenzeben definite. E ogni parte era consape-vole della diversità del proprio ruolo.oggi un grave attacco all’esame di re-altà avviene quando, su importanti quo-tidiani, studiosi della materia affermanoche un dato tragico evento è accadutoperché la scuola non cura le emozionidei suoi allievi. la figura dell’insegnantepsicologo è un enorme paradosso.

la confusione dei ruoli nella societàdi mercato tra genitori e figli, tra madree padre e tra genitori e insegnanti do-mina la scena. lo ripeto: la scuola devetrasmettere la passione per la cono-scenza; aprire le menti dei suoi studentialla cultura; donare ai suoi allievi quellache dovrebbe essere l’aspirazione piùprofonda della vita: la cultura comeluogo di umanizzazione della vita. Maper fare ciò, questa istituzione ha biso-gno che la famiglia svolga il suo ruolo. ilcontributo essenziale della scuola nonpuò esistere senza una famiglia chenon è messa in grado di curare ed edu-care i suoi figli.

Aurora Morelli, Psicoterapeuta. Autrice del libro I FIGLI TIRANNI. L’eredità dei genitori smarriti

Biblink, 2015

scapito delle esigenze irrinunciabili del-l’infanzia.

Oggi sembra imperante la confusionedi ruoli tra genitori e insegnanti. L’anticoaccordo tra scuola e famiglia si è perso.In questa situazione di grave difficoltàdella famiglia, quale può essere il con-tributo della scuola nella formazionedelle nuove generazioni?

le due istituzioni addette alla cura deinostri figli sono state sempre più depri-vate delle risorse indispensabili per po-ter svolgere i loro ruoli. l’antico accordotra la famiglia e la scuola si è smarrito esi è trasformato in una guerra tra poverialla ricerca del colpevole dei nuovi au-mentati disagi.

la casa si costruisce a partire dallefondamenta e per la nostra specie lefondamenta sono la famiglia. la parolaeducare deriva dal latino “ducere” chesignifica “condurre fuori”. Cioè prepa-rare i propri figli al confronto con la re-altà esterna. il riconoscimento deibisogni insieme con i giusti richiami ecorrezioni devono far parte del normalepercorso educativo. Senza queste com-petenze il figlio non potrà adeguarsi auna realtà più ampia e complessa co-m’è la scuola. oggi l’istituzione scola-stica è sempre più chiamata a porrerimedio alle carenze della famiglia e gli

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LIBRI

NEVE, CANE, PIEDE, il nuovo romanzo di Claudio Morandini

MArCo FiorAMAnTi

Di eremiti ne è piena la Ter-ra, nascosti nei luoghi piùremoti, dimenticati - maga-ri anche per loro stessadecisione - da dio e dagli

uomini. Talvolta, nelle escursioni inmontagna, quando ci si inerpica lungosentieri mai battuti, dopo ore e ore dicammino, s’intravede una sagoma nelfumo semitrasparente della nebbia,una figura in forma umana. d’improvvi-so ci si arresta, salgono alla mentedubbi d’ogni tipo, il sangue si raggela,perdiamo le certezze, scattano le dife-se di un’emergenza possibile.

Ci sarebbero, in realtà, tutti gli ingre-dienti di un giallo o di un noir, ma nonè questo, nonostante l’aura di misterosempre presente, il colore che avvolgee anima l’ultimo piacere alla scritturadi Claudio Morandini. è il bianco l’uni-co colore di riferimento che acquista emantiene viva una permeante forzaevocativa nella dimensione mitico-fa-volistica del romanzo.

Neve, Cane, Piede è il titolo, secco edidascalico, di questo romanzo breve,ambientato in una vallata alpina. Titoloche rivela subito al lettore i tratti perti-nenti degli accadimenti, ognuno deiquali si avvale della propria, intima, si-nestesia comunicativa. Come quei colpiimprovvisi, di notte, alla porta di AdelmoFarandola. È la Neve che bussa, lospesso strato di neve che avvolge tuttala baita e la nasconde al sole fino arenderla un semplice rilievo sulla super-ficie. È la neve che chiede di entrare.Adelmo Farandola si sveglia a quei col-pi. [...] Ma quei colpi sono così vaghi elontani che non sa se li ha sentiti sulserio o li ha sognati, e non sa nemme-

no se ora è sveglio sul serio o sta so-gnando di essere sveglio.

giocata sul filo aneddotico di una real-tà in continuo mutamento, la dramma-turgia morandiniana innesta le proprieradici in una saggezza arcaica tutta “na-turale” e costruisce l’impianto narrativoper accostamento di fili solo apparente-mente invisibili, ma cangianti come laneve, che - scrive l’autore - vive e respi-ra. Così come vive e respira il sibilo deicavi dell’alta tensione e quel Cane chegiorno dopo giorno gli rimane fra i piedi,che abbaia fino a sgolarsi ma non ab-bandona la casa per correre dietro alleprede. E non solo. il cane, una volta fat-tosi prendere a benvolere, nel condivi-dere la solitudine dell’esistenza, rispon-de al vecchio, o almeno lui crede chequesto avvenga. nascono dei veri e pro-pri dialoghi, come forse quelli con tuttigli elementi della natura, in un Tempo

senza tempo e senza parola quandol’unica comunicazione e l’unico linguag-gio era quella del “sentire”.

romanzo “di confine”, lo definisce lostesso autore, che racconta di un viag-gio, di un’avventura nelle emozioni delquotidiano, che all’improvviso, sorpren-de, scuote e pone in vibrazione la quietedel lettore. il terzo fattore, Piede, entrain azione , si fa per dire - essendo immo-bile -, e ruberà ai due “attori” la secondaparte, inquietante, della scena.

riporto, dalla quarta di copertina, po-che indicazioni sull’atmosfera, i coin-volgimenti e il dramma che attendonochi desideri entrare nel fascinoso ere-mitaggio di Adelmo Farandola.

Che annusi? Chiede l’uomo. - Sentoun odore. dice il cane. - Senti sempreodori, tu. - Sì, ma questo è forte. Annu-sa anche tu. - Non sento niente. - usagli occhi allora. Si avvicinano al frontedella valanga. Adelmo Farandola ècontento, perché ha già intuito cosapuò avere attirato l’attenzione del ca-ne. Dai cumuli di neve, con il passaredel tempo, emergono sempre corpi dianimali morti, di camosci e stambec-chi e animali in fuga, che lo schiantoha fatto a pezzi ma che il gelo ha con-servato freschi. - Che bestia è? chiedeal cane. Il cane zitto. - Non sai che be-stia è? - Non è una bestia, sussurra ilcane immobile.

Claudio morandini, “uno dei romanzieri più compe-tenti e spiazzanti del nostro panorama letterario”secondo la rivista Pulp, è nato ad aosta nel 1960. Ha pubblicato diversi romanzi tra cui Le larve (2008),Rapsodia su un solo tema (2010), A gran giornate(2012). Suoi racconti sono apparsi in antologie e ri-viste. Collabora con il blog Letteratitudine e con leriviste letterarie fuori asse, Diacritica e zibaldonie altre meraviglie. (http://claudiomorandini.com)

La storia di Adelmo Farandola