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LA COSTITUZIONE IT ALIANA

LA COSTITUZIONE ITALIANA · concorra al progresso materiale o spirituale della società”. L'articolo 4 della nostra Costituzione riprende, ampliandolo, quello che l'articolo 1 sancisce

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LA COSTITUZIONE ITALIANA

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DIRITTO

CONDIZIONI

CHIESA

STATO

INCONTRO

INDIPENDENZAPOTERI

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Democrazia, diritti e uguaglianza (artt.1-2-3)

DEMOCRAZIADemocrazia è una parola che deriva dal greco 'demos' cioè popolo e 'kratos' potere: etimologicamente significa “governo del popolo”.

È il sistema di governo in cui la sovranità è esercitata, direttamente o indirettamente, dal popolo, generalmente identificato con l'insieme dei cittadini che ricorrono ad una votazione.

DIRITTITra i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo troviamo:-il diritto alla libertà individuale-il diritto alla vita-il diritto alla libertà religiosa-il diritto alla libertà di espressione-il diritto di voto --

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UGUAGLIANZAL’uguaglianza citata nella Costituzione è di tipo formale, poiché è l’unica che lo Stato ci può garantire, perché per rendere un individuo sostanzialmente uguale ad un altro bisognerebbe agire sulla natura dell’individuo stesso, quindi violarlo.

Uguaglianza formale significa essere tutti considerati allo stesso modo davanti alla legge.

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Articolo 1

“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

L'Italia è una Repubblica democratica e a norma dell’art. 139 non potrà più tornare alla forma monarchica, in seguito al referendum istituzionale del 2-3 giugno 1946. Il 3 giugno si votò solo la mattina: ecco perché si dice e si celebra il 2 giugno come festa della Repubblica.

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L’Italia, quindi, è una repubblica nella quale, a differenza della monarchia, tutte le cariche pubbliche si riconducono direttamente o indirettamente al consenso del popolo.

Nell'ultimo comma dell'articolo 1 si afferma che il popolo deve esercitare la sovranità “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Questa regola definisce il nostro ordinamento come Stato di diritto.

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Articolo 2

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

In uno Stato democratico la sovranità appartiene al cittadino ed è sua di diritto, la può esercitare nei limiti della costituzione, cioè in maniera subordinata alle leggi che regolano la nostra costituzione.

L'altro principio distintivo della forma di stato espressa dalla Costituzione è quello lavorista: il lavoro viene così definito come valore basilare della vita collettiva.

Il diritto al lavoro è dunque non solo un mezzo per l'affermazione dell'individuo, ma anche uno strumento di progresso sociale per la comunità.

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Nell’articolo 2 viene riconosciuto e affermato il valore del singolo individuo e la possibilità che possa sviluppare pienamente la propria personalità, facendo valere i propri diritti e adempiendo ai propri doveri (principio personalista, in opposizione alla visione individualista).

Lo stato RICONOSCE E GARANTISCE, quindi protegge, i diritti inviolabili dell'uomo come persona, che si colloca al vertice dei valori riconosciuti dall'ordinamento giuridico; questo è il principio personalista presente in tutte le Costituzioni dei paesi democratici.

La costituzione riconosce il valore della persona, sia individualmente, come singolo, sia in gruppo, nelle formazioni sociali (famiglia, associazioni, partiti politici).

E RICHIEDE l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica (voto), economica (lavoro) e sociale (per farsi carico anche di particolari situazioni sociali).

Ogni cittadino ha il dovere quindi di operare a vantaggio della comunità partecipando attivamente alla vita politica, economica e sociale del Paese (principio solidarista).

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La prima stesura dell’articolo 2 risale all’11 settembre 1946. Seguono altre due stesure con precisazioni e ampliamenti che hanno portato alla redazione finale del 20 dicembre 1947 (Commissione per la Costituzione – Seconda Sottocommissione – Prima sezione, Presidenza Umberto Terracini).

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Articolo 3

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. ”

L'articolo 3 può essere definito il cuore della nostra Costituzione: alla sua scrittura contribuirono le deputate che per la prima volta erano entrate nel Parlamento italiano.

L’enunciato dell’Assemblea costituente vuole indicare che, a prescindere dal sesso o dalla razza di appartenenza, dalla lingua, dalla religione professata e dalle opinioni politiche, ogni cittadino ha pari dignità sociale ed è eguale davanti alla legge.

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Ciò significa che, nonostante gli individui possano presentare delle differenze, devono comunque essere considerati alla stessa maniera sul piano formale, quindi di fronte alla legge.

Il fatto che la disparità di condizioni economiche e sociali determini disuguaglianze è un dato oggettivo: per questo la Repubblica si impegna a rimuovere tutte quelle barriere che impediscono una situazione di uguaglianza economica e sociale.

Il diritto alla salute, al lavoro e all’istruzione devono essere garantiti a tutti tramite interventi dello Stato a favore soprattutto dei soggetti più deboli.

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Diritto al lavoro

Articolo 4

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

L'articolo 4 della nostra Costituzione riprende, ampliandolo, quello che l'articolo 1 sancisce essere il fondamento della nostra Repubblica.

In questo articolo, il lavoro viene riconosciuto come diritto di tutti i cittadini, in quanto costituisce il presupposto per l'esercizio di ogni altro diritto.

Con il riconoscimento della possibilità e della responsabilità di realizzarsi nel lavoro, la Costituzione fonda una società in cui ad ogni individuo è consentito un progetto individuale.

Il lavoro va considerato non solo come un diritto, ma anche come un dovere che il cittadino italiano deve svolgere responsabilmente.

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Unità statale, autonomie locali, minoranze linguistiche (artt. 5, 6)

Articolo 5

“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”.

L’articolo 5 introduce la garanzia di un’ampia libertà conferita alle diverse collettività territoriali nella gestione di interessi locali (principio autonomista). Una delle conseguenze di questa libertà consiste nella forte presenza, all’interno dei dibattiti politici, degli enti locali.

Disegna inoltre un sistema di livelli di governo composto dagli enti locali, capaci di dotarsi di un proprio indirizzo politico e amministrativo, il più vicino possibile al cittadino con un'autonomia anche finanziaria.

Negli ultimi anni questo modello regionalistico (20 regioni di cui 5 a statuto speciale e 15 a statuto ordinario) è stato messo in discussione da alcuni movimenti autonomistici del Nord, che auspicano la trasformazione dell'Italia in stato federale, fino a parlare di secessione.

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Nella notte fra l’8 e il 9 maggio 1997 un gruppo di persone autodefinitisi "Veneta Serenissima armata" o “Serenissimi” occupò piazza San Marco e il campanile della basilica, issando sulla cella campanaria la bandiera di Venezia.

Era il bicentenario della caduta della Serenissima Repubblica, avvenuto il 12 maggio 1797 a seguito dell'invasione napoleonica. Analogamente ci si richiamava alla cosiddetta “terza guerra di indipendenza”, che dopo il plebiscito portò il Veneto sotto il Regno di Vittorio Emanuele III.

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Per contenere le aspirazioni separatiste, dal 1997 (Legge Bassanini, dal nome del ministro proponente), sono state attribuite alle Regioni e agli enti locali ampie funzioni sul territorio (federalismo a Costituzione invariata)

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Articolo 6

“La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.

Il regime fascista, esaltando i valori del nazionalismo, adottò una politica repressiva verso le minoranze linguistiche, a tal punto che impose per legge di italianizzare cognomi e parole di origine straniera.

La Costituzione si impegna invece a tutelare quelle formazioni sociali che risiedono storicamente nel nostro territorio e usano una lingua diversa, ritenendole una risorsa preziosa per la comunità.

Le Regioni speciali che hanno minoranze linguistiche più consistenti presentano due modelli per proteggerle:

-bilinguismo: la possibilità di usare e insegnare nelle scuole sia l'italiano che la lingua materna;

-separatismo linguistico: scuole differenziate e con uso della propria lingua nei rapporti con l'utilità pubblica.

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I trattati Stato - Chiesa (artt. 7, 8)

Gli artt. 7 e 8 sono dedicatial riconoscimento dei patti fra Stato e Chiesa nellaCostituzione, ottenuti nel 1929, graziea innumerevoli dibattiti elunghi anni di trattative.

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Articolo 7

“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi.Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”.

La storia delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa cattolica è lunga e controversa. All'indomani dell'Unità d'Italia (1861) tali rapporti si deteriorarono definitivamente nel 1870 con la Breccia di Porta Pia e la proclamazione di Roma, ultima roccaforte del potere temporale dei papi, a capitale d'Italia.

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Il parlamento italiano, per cercare di sanare la situazione, emanò la “legge delle guarantigie”, che attribuiva extraterritorialità ai palazzi vaticani e le prerogative di sovrano al Pontefice.

Tale legge tuttavia fu respinta ripetutamente dalla Santa Sede.Ritenendola infatti un atto unilaterale dello Stato italiano, Pio IX emanò l’enclitica (“Ubi nos”) dove ribadì le sue posizioni.

Il dissidio fu sanato con i Patti Lateranensi, stipulati l’11 febbraio 1929: tali patti regolano i rapporti tra Stato e Chiesa.

Artefice dell'accordo fu Benito Mussolini.

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I Patti si suddividono i tre parti: il Trattato, la Convenzione finanziaria, il Concordato.

Il Trattato riconosce l’indipendenza e la sovranità della Santa sede, che fondava lo Stato della Città del Vaticano.

La Convenzione Finanziaria prevedeva che lo Stato risarcisse la Chiesa di 1 miliardo e 750 mila lire e che esonerasse lo Stato del Vaticano dal pagamento di una serie di oneri finanziari.

Secondo il Concordato si garantiva alla Chiesa il riconoscimento del cattolicesimo quale religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l’istituzione dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole superiori.

La Costituzione ha recepito, nonostante le accese discussioni in Assemblea costituente, i Patti lateranensi senza alcuna modifica.

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Articolo 8

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.

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Il comma due dell’articolo 8 specifica che i rapporti con le diverse confessioni sono regolati da appositi accordi.

La costruzione di luoghi di culto(come sinagoghe e moschee) si è a volte rivelata difficile per la scelta del luogo più adatto e delle modalità di costruzione.

Sinagoga di Firenze

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Cultura e ambiente

Articolo 9

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

L’articolo consta di due comma, relativi a due previsioni, per quanto connesse, diverse per oggetto, finalità e forza precettiva. Si può infatti, osservare che il primo, per quel che riguarda la promozione della cultura, attiene alle “attività culturali e scientifiche”; il secondo invece afferma la tutela del patrimonio culturale quale prodotto delle attività culturali pregresse, nella loro concreta realizzazione.

Questo articolo pone tra i principi fondamentali lo sviluppo della cultura, della ricerca scientifica, tecnica, la tutela e salvaguardia del patrimonio storico, artistico, ed ambientale.

Mostra inoltre la contemporaneità della Costituzione del ‘48 e la capacità dei costituenti nell’individuare valori e diritti che solo in seguito hanno mostrato la loro forza ed essenzialità nel promuovere lo sviluppo sociale e culturale del Paese.

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Diritto internazionale, rifiuto della guerra e tricolore (artt. 10, 11, 12)

Articolo 10

“L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici”.

Il primo comma dell'articolo 10 esprime la volontà della Repubblica ad aprirsi alla comunità internazionale, cioè l’insieme degli Stati le cui relazioni reciproche si basano sul diritto internazionale, emanando decreti in tutto coincidenti con le sue norme.  

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Il secondo comma dice che solo la legge può disciplinare la condizione giuridica del cittadino straniero e definire la sfera dei suoi diritti e doveri nel territorio dello stato.

Nel terzo e quarto comma si riafferma l'universalità di valori come la libertà, l'uguaglianza e la giustizia che possono essere estesi anche agli stranieri che non abbiano la possibilità di goderne nei loro paesi.

Questo spiega il riconoscimento del diritto di asilo.

Articolo 11

“L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

La norma implica che il nostro paese condanni l’utilizzo di violenza armata come strumento di offesa e come mezzo per risolvere delle controversie con altri paesi; non ammette quindi che si possa attaccare un altro popolo né per limitare la sua libertà né per risolvere conflitti: sancisce dunque un principio pacifista.

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La norma fu pensata e scritta (soprattutto quest'ultima parte) per consentire l'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite, a cui possono accedere soltanto Paesi che si dichiarano “amanti della pace”.

Articolo 12

“La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.

La nostra bandiera ha due storie:la prima racconta che il tricolore sia ispirato ai verdi prati, alle bianche nevi perenni e al rosso sangue dei soldati deceduti nelle tante travagliate guerre. Questa, anche se è una storia molto affascinante, non ha fondamento storico.

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Il tricolore era stato usato dai giacobini italiani per dichiarare la loro vicinanza alla Rivoluzione francese (1789).

Il nostro tricolore appare per la prima volta il 14 dicembre del 1794, come coccarda sugli abiti dei patrioti nella rivolta di Bologna: due studenti dell'Università, Battista de Rolandis e Luigi Zamboni, si posero a capo di una rivolta per liberare Bologna dal dominio pontificio. Si tratta però di una vicenda molto discussa e anche contestata dal punto di vista storico.

La vera storia del nostro tricolore iniziail 7 gennaio 1797, con l'adozione da parte della Repubblica Cispadana.

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Il significato simbolico della nostra bandiera è rimasto lo stesso. Giustizia, uguaglianza, fratellanza: tre obiettivi senza i quali non ci possono essere dignità, prosperità o democrazia.