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ANGELO COMASTRI L’ANGELO MI DISSE Autobiografia di Maria SAN PAOLO

La crisi dello Stato liberale in Italia - unibg.it Lezione3... · 1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE Primi ministri: Nitti (3 governi), Giolitti (2), Bonomi, Facta(2) Nitti è giudicato

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La crisi dello Stato liberaleLa crisi dello Stato liberaleLa crisi dello Stato liberale

in Italia2

La crisi dello Stato liberale

in Italia2

Limiti della strategia giolittiana

Secondo Martucci la tattica giolittiana per la formazione della maggioranza, utilizza la CRISI PARLAMENTARE guidata:

quando si profila la crisi, cioè quando la mediazione non riesce, Giolitti si dimette da presidente del Consiglio, magari indicando al re l’alternativa, o in un proprio collaboratore, che gestisca il passaggio e prepari il terreno per ritorno di Giolitti, oppure un avversario, che si guasterà la reputazione, inducendo l’opinione pubblica a chiedere il richiamo di Giolitti, formandogli una Camera adeguata magari, se il re richiamo di Giolitti, formandogli una Camera adeguata magari, se il re ha proceduto allo scioglimento.

Questa strategia fa sì che G sia sempre assente nelle fase di maggior tensione. Inoltre mantiene brevi e instabili i Governi. Nemmeno nell’età giolittiana si arriva infatti a un governo di legislatura.

Infine questa tattica è pericolosa, perché lascia campo ad altri. In questi spazi a fine secolo si inserisce la componente antiparlamentare, prima impersonata dalla destra reazionaria, guidata da Antonio Salandra, poi dalle forze congiunte dell’interventismo, appoggiate dal re, infine, nella crisi del dopoguerra, da Mussolini.

Giovanni

Giolitti

Problemi aperti alla fine dell’età giolittiana

- Il progresso politico dei socialisti [v. elezioni 1909], che allarma tutte le forze politiche;

- la collocazione dei cattolici nel sistema politico (parte del mondo cattolico resta “teocratico” e corporativo)

- la gestione dell’allargamento del suffragio parlamentare;

- gli scioperi [il padronato chiede il pugno di ferro; gli agrari emiliani iniziano ad utilizzare squadre di armati contro i contadini in sciopero];iniziano ad utilizzare squadre di armati contro i contadini in sciopero];

- l’inserimento dell’Italia nel consesso delle potenze imperialiste europee;

- l’ostilità dei liberali al protezionismo doganale e all’intervento dello Stato nell’economia, praticato dai governi Giolitti;

- gli orientamenti divergenti della corte e dell’esercito, favorevoli a iniziative di politica estera aggressive e a eventuali imprese militari;

- le prime spinte del movimento nazionalista.

Questione dell’intervento nel conflitto mondiale

Neutralisti:

- Giolitti

- maggioranza della Camera

Interventisti:

- Il re- Il re

- L’esercito

- parte della Pubblica Amministrazione

- la destra guidata da Antonio Salandra

- gli industriali del settore metallurgico e meccanico

- parte dell’opinione pubblica, che si riconosce nel Corriere della sera

- il movimento sindacalista rivoluzionario, cui appartiene Mussolini

Vittorio Emanuele IIIVittorio Emanuele III

re d’Italia

La gestione politica dell’intervento nel conflitto

Il governo ottiene dalla Camera pieni poteri per dare esecuzione alla neutralità italiana nelle relazioni con il consesso internazionale.

La Camera è prorogata.

Il re affida il governo a Antonio Salandra e rafforza la destra, con Sidney Sonnino agli Esteri e Vittorio Emanuele Orlando alla giustizia.giustizia.

La pressione del re sul governo per l’intervento in guerra è molto forte.

Il 26 aprile 1915 viene stipulato un trattato segreto con l’Intesa [Patto di Londra], in violazione della Triplice Alleanza, ancora vigente (l’Italia si impegna a intervenire, sulla promessa di ottenere Trento e Trieste).

La Camera viene informata alla apertura della sessione successiva, durante la quale una nuova maggioranza si è coagulata a favore dell’intervento.

Prime campagne di intimidazione

Mentre il governo si prepara all’intervento e la Camera è

prorogata gli interventisti più accesi organizzano una

campagna intimidatoria nei confronti dei deputati

neutralisti.

Sono le cosiddette RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO (1915)Sono le cosiddette RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO (1915)

Giolitti si ritira in Piemonte. Rientrato a Roma è minacciato

di aggressione.

L’invito è venuto da Gabriele D’Annunzio, che in un comizio

ha detto:

«col bastone, col ceffone, con la pedata e col pugno si

misurano i manutengoli, i mezzani, i leccapiatti».

Prime campagne di intimidazione

Le squadre irrompono nell’aula di Montecitorio, durante la proroga della Camera.

Il diplomatico e ex prefetto Alessandro Guiccioli si esprime così riguardo a questo atto:così riguardo a questo atto:

“se domani l’autorità suprema dello Stato sgombrasse a calci l’immonda stalla di Montecitorio, la Nazione intera applaudirebbe”[Guiccioli, Diario di un conservatore, cit. in Martucci, p. 139]

Benito Mussolini partecipa alla campagna attraverso il giornale che dirige, “Il Popolo d’Italia”.

Gli anni di guerra (1915-1918)

Primi ministri: Salandra, Boselli, Orlando

Esteri: Sonnino

- grandissima opportunità per l’industria pesante;

- la Corona si avvantaggia della popolarità di Vittorio Emanuele III come re-soldato;

- il governo ottiene dalla Camera pieni poteri (20/05/1915), a causa delloSTATO DI EMERGENZA [407 voti / 74; questa votazione è sanzione aSTATO DI EMERGENZA [407 voti / 74; questa votazione è sanzione aposteriori da parte della Camera all’intervento, già di fatto deciso con gliimpegni assunti segretamente dal governo]; i pieni poteri al governo sonogià stati votati dalla camera in altre contingenze belliche: nel 1848, nel1859, nel 1866, nel 1911; inoltre nel 1896;

- si intensifica la normazione tramite decreto, in forza della delega di poteri;

- la Camera ha una sessione unica dal 27 novembre 1913 al 29 settembre1919 (XXIV legislatura), con 393 sedute totali.

Problemi del dopoguerra

a. Problema dei reduci e del reinserimento dei quadri e deidirigenti militari - 5.000.000 di combattenti smobilitati;

b. Problema della riconversione dell’apparato produttivo;

c. Caro-vita e disoccupazione;

d. Nuova violentissima ondata di scioperi nel 1919-1920 (bienniorosso);rosso);

e. Paura del padronato e anche della piccola borghesia, aggravatadal fatto che intanto, ottobre 1917, c’è stata la Rivoluzione deisoviet in Russia; spinte repressive;

f. Ridimensionamento ruolo italiano sulla scena internazionale;problema politico dell’Adriatico (Fiume e Dalmazia); impresa diFiume [12/9/1919 – 01/1920]; nazionalismo violento eantiparlamentare.

Benito Mussolini

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Primi ministri: Nitti (3 governi), Giolitti (2), Bonomi, Facta (2)

Nitti è giudicato troppo legalista, Giolitti non raccoglie più sufficiente consenso alla sua strategia di mediazione.

I governi del periodo non riescono a fronteggiare le emergenze (scioperi nelle fabbriche e nelle campagne da un lato; istanze repressive del padronato agrario e industriale dall’altro; aspirazioni revanchiste dei nazionalisti e della piccola borghesia).nazionalisti e della piccola borghesia).

Il partito liberale è travolto dal suffragio universale maschile e dalla proporzionale, introdotti con la legge elettorale del 1919.

E’ il momento dei “partiti di massa”.

Elezioni 1919:

156/509 seggi ai socialisti

100/509 seggi ai popolari [Partito popolare è presente per la prima volta]

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Il partito socialista si divide due volte nel 1921:

- escono Gramsci, Togliatti e il gruppo raccolto attorno a

“Ordine nuovo” → fondazione del PCI“Ordine nuovo” → fondazione del PCI

- i massimalisti (Serrati) espellono i riformisti (Turati, Matteotti,

Treves) → nascita del PSU (Partito Socialista Unitario)

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Partito Popolare. Programma:

- Libertà di azione per le organizzazioni religiose del laicato;

- Difesa della piccola proprietà contadina;

- Riforma del sistema fiscale e riduzione della pressione sulle

classi lavoratrici;classi lavoratrici;

- Riforma elettorale secondo sistema proporzionale;

- Voto alle donne;

- Abolizione della coscrizione obbligatoria;

- Decentramento;

- Allargamento del suffragio amministrativo e espansione delle

autonomie locali;

- Sindacalismo corporativo.

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Fasci di combattimento – fondati da Benito Mussolini nel marzo

1919, a Milano; con sostegno di settori industria

pesante;

Programma: difesa della guerra e dell’intervento;

tutela e valorizzazione dell’esperienza dei reduci;

sostegno a ceti popolari; repressione del sindacalismo sostegno a ceti popolari; repressione del sindacalismo

rosso; attacco alla classe dirigente liberale, accusata di

incapacità; richiesta di una costituente

Organizzazione: territoriale, localizzata;

Attività: organizzazione dei reduci in forme militari;

propaganda; allestimento di squadre armate che

compiono atti intimidatori o violenti.

pubblicato su “Il Popolo d’Italia”

Fasci di combattimento:

il fascio di Lissone

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Elezioni maggio 1921:

Per contrastare l’avanzamento dei partiti popolari, si forma un

blocco conservatore guidato dai liberali e

sostenuto dagli industriali;

In questa lista sono inseriti anche i candidati In questa lista sono inseriti anche i candidati

fascisti e nazionalisti.

Esiti: Socialisti: 122

Popolari: 107

blocco conservatore: 275

(di cui: 35 fascisti; 10 nazionalisti)

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

Roma, 9 novembre 1921

NASCITA DEL PARTITO NAZIONALE FASCISTA (PNF)

I Fasci vengono trasformati in una organizzazione paramilitare a base I Fasci vengono trasformati in una organizzazione paramilitare a base

territoriale, diretta da un “quadrumvirato” composto da Italo Balbo,

Cesare Maria De Vecchi, Emilio De Bono, Michele Bianchi

1923

PNF ingloba il Partito nazionalista

1919-1922 CRISI DELLO STATO LIBERALE

24 ottobre 1922 a Napoli Mussolini dichiara pubblicamente l’intenzione delle “milizie” fasciste concentrate nella città di occupare la capitale; la minaccia del colpo di Stato intende smuovere il re; Mussolini lascia poi agire i suoi luogotenenti, che si installano a Perugia per dirigere l’insurrezione; M si ritira a Milano

Contemporaneamente Mussolini aveva preso contatti con i maggiori esponenti del partito liberale (Giolitti, Facta, Orlando) per formare una coalizione di governo; utilizza la mediazione formare una coalizione di governo; utilizza la mediazione del prefetto di Milano Alfredo Lusignoli;

27 ottobre 1922 le milizie fasciste inscenano la “MARCIA SU ROMA”; in realtà non raggiungono la capitale, che è presidiata da un reparto militare;

Facta presenta le dimissioni; il re le rifiuta;

28 ottobre 1922 Facta prepara un decreto di stato di assedio;

29 ottobre 1922 il re non firma il decreto; decide di adottare una linea di cooperazione con Mussolini; accetta le dimissioni di Facta e affida l’incarico di formare il governo a Mussolini stesso.

De Bono, Balbo, Mussolini, De Vecchi

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