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Simona Ferlini La disputa sul libero arbitrio tra Lutero ed Erasmo 1 Quando ebbe notizia che, dopo le molte esitazioni, Erasmo stava finalemente redigendo contro di lui un'opuscolo sul libero arbitrio, Lutero cercò di dissuaderlo con un argomento che poi vedremo ricomparire nel Servo arbitrio 2 : pur riconoscendo il grandissimo merito di Erasmo nell'aver messo a disposizione di tutti la Sacra Scrittura, Lutero lo esorta a non trascendere il limite del dono che dio gli ha fatto 3 . Erasmo, pensa Lutero, ha saputo usare gli strumenti del paganesimo, ma non ha saputo né voluto andare oltre di essi; ha saputo mostrare il male (la corruzione dei testi della Sacra Scrittura e l'impossibilità, per la maggior parte dei cristiani, di accedervi), ma non ha avuto il coraggio di mostrare il bene. In effetti, se si assume alla lettera il punto di vista di Lutero, Erasmo rappresenta ad un tempo l’umanesimo ed il suo scacco: lo scacco del precario compromesso fra paganesimo e cristianesimo, fra cristianesimo e filosofia, su cui si fondava la ripresa umanistica dei classici greci e latini. Erasmo non ha saputo andare oltre questo compromesso, non ha saputo, come Gerolamo, rinunciare alla sua biblioteca, cioè alla sapienza 1 Università di Pisa, Dottorato in filosofia politica, seminario del prof. G. M. Chiodi, 29 aprile 1994. 2 Lutero, Il servo arbitrio, risposta ad Erasmo, Torino, Claudiana, 1993, 786. 3 La lettera è citata da F. De Michelis Pintacuda nella sua Introduzione a Lutero, Il servo arbitrio, op. cit., p. 23. 1

La Disputa Sul Libero Arbitrio tra Lutero ed Erasmo

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Page 1: La Disputa Sul Libero Arbitrio tra Lutero ed Erasmo

Simona Ferlini

La disputa sul libero arbitrio tra Lutero ed Erasmo1

Quando ebbe notizia che, dopo le molte esitazioni, Erasmo

stava finalemente redigendo contro di lui un'opuscolo sul

libero arbitrio, Lutero cercò di dissuaderlo con un argomento

che poi vedremo ricomparire nel Servo arbitrio2: pur

riconoscendo il grandissimo merito di Erasmo nell'aver messo

a disposizione di tutti la Sacra Scrittura, Lutero lo esorta a non

trascendere il limite del dono che dio gli ha fatto3. Erasmo,

pensa Lutero, ha saputo usare gli strumenti del paganesimo,

ma non ha saputo né voluto andare oltre di essi; ha saputo

mostrare il male (la corruzione dei testi della Sacra Scrittura e

l'impossibilità, per la maggior parte dei cristiani, di accedervi),

ma non ha avuto il coraggio di mostrare il bene.

In effetti, se si assume alla lettera il punto di vista di

Lutero, Erasmo rappresenta ad un tempo l’umanesimo ed il

suo scacco: lo scacco del precario compromesso fra

paganesimo e cristianesimo, fra cristianesimo e filosofia, su

cui si fondava la ripresa umanistica dei classici greci e latini.

Erasmo non ha saputo andare oltre questo compromesso, non

ha saputo, come Gerolamo, rinunciare alla sua biblioteca, cioè

alla sapienza dei classici, neppure dopo che Lutero ha

dimostrato che nessuna verità può essere contenuta in questa

sapienza, frutto di una natura umana corrotta. Come le figure

del sogno di Gerolamo, Lutero potrebbe dire ad Erasmo: tu

menti, tu non sei cristiano, sei ciceroniano. Non è un caso,

1 Università di Pisa, Dottorato in filosofia politica, seminario del prof. G. M. Chiodi, 29 aprile 1994.

2 Lutero, Il servo arbitrio, risposta ad Erasmo, Torino, Claudiana, 1993, 786.

3 La lettera è citata da F. De Michelis Pintacuda nella sua Introduzione a Lutero, Il servo arbitrio, op. cit., p. 23.

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allora, che Lutero accosti Erasmo a Gerolamo e non a

Lattanzio, Origene, o anche, in fondo, allo stesso Agostino,

che di questo compromesso furono pure artefici: Gerolamo

retore e compilatore, che non seppe mai veramente

rinunciare alla sua biblioteca di classici, e non prese mai una

posizione teologica forte.

Paragonata alla forza dell'argomentazione luterana,

quella di Erasmo sembra effettivamente una pallida

giustapposizione di argomenti altrui, mentre l'unico

argomento forte del suo De Libero Arbitrio, senza libero

arbitrio non c'è colpa, senza colpa, ossia senza responsabilità,

non c'è morale, si dimostra ad un esame più attento, un

sillogismo fallace: ci deve essere la responsabilità, senza

libero arbitrio non c’è responsabilità, quindi ci deve essere il

libero arbitrio. Lutero non manca di sottolineare questa

difficoltà: è il libero arbitrio che dimostra la responsabilità, e

non viceversa, bisogna dimostrare la verità dell’antecedente

per poter sostenere la conseguente, e non il contrario. Proprio

se, come sostiene Erasmo, il contenuto della Sacra Scrittura è

essenzialmente etico, la questione del libero arbitrio non può

essere annoverata fra quelle inutili e non necessarie4.

Ma dobbiamo veramente prendere Lutero alla lettera?

Erasmo inizia il suo De libero arbitrio con una professione

di scetticismo che susciterà grande scandalo in Lutero: «ho

così poca inclinazione a prorompere in affermazioni

dogmaticamente assertoie che più facilmente verterei su

posizioni scettiche, ogni volta che ciò fosse concezsso

dall’autorità della Sacra Scrittura o dalle decisioni della

Chiesa, alle quali sottometto sempre volentieri i mio

sentimento, che capisca o non capisca ciò che mi ordinano»5.

4 Lutero, Il servo arbitrio, op. cit., 609 - 620.5 Erasmo, Il libero arbitrio, a cura di R. Jouvenal, Torino, Claudiana,

1969, I A 4.

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Non è proprio del cristiano dubitare, gli risponderà Lutero: «lo

Spirito Santo non è uno scettico, né ha scritto nei nostri cuori

dubbi o mere opinioni, ma affermazioni più certe e più salde

della vita stessa e di ogni esperienza»6. Erasmo confonde i

dogmi cristiani con le opinioni dei filosofi e degli uomini in

genere, sulle quali non solo bisogna essere scettici, ma anche

disinteressarsene completamente. Se la guardiamo con gli

occhi di Lutero, la professione di scetticismo di Erasmo può

apparire in effetti un'ulteriore prova della debolezza di un

erudito incapace di prendere veramente posizione. Ma se

invece di giudicare Erasmo a partire da Lutero proviamo a

giudicare Erasmo dal punto di vista di Erasmo, in questa

dichiarazione di scetticismo possiamo trovare invece il punto

di attrito fra due concezioni del cristianesimo, della verità e

dell'uomo radicalmente opposte.

E’ emblematico il fatto che la prima grande opera di

Erasmo sia stata un’enorme raccolta di proverbi e detti greci e

romani. Nel commentare uno di questi, Aut regem aut fatuum

nasci oportere, Erasmo comincia col sottolineare che un

nocciolo di verità deve essere trovato nei proverbi, «se Esiodo

ha ragione di affermare che non sono senza valore i detti che

corrono sulla bocca del popolo»7. Le opinioni vanno raccolte e

confrontate, perché nel loro insieme è contenuta la verità. E’

soprattutto per questo che Erasmo si appella, contro Lutero,

alla «numerosa schiera dei più eminenti ottori, che han

ricevuto sino ad ora l’approvazione di tanti secoli»8. La verità

umana è costruzione comune e, in quanto umana, sempre

parziale, incompleta. I diversi punti di vista possono

coesistere, non perché non esista un rimando ad un'unica

verità, che è data da Cristo, ma perché questa verità

6 Lutero, Il servo arbitrio, op. cit., 605.7 Erasmo, Adagia, sei saggi politici in forma di proverbi, a cura di S.

Seidel Menchi, Torino, Einaudi, 1980, p. 3. 8 Erasmo, Il libero arbitrio, op. cit., I B 2.

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trascende sempre e comunque le possibilità degli uomini, le

cui opinioni rinviano ad essa come i raggi di un prisma, in

modo sempre parziale, eppure tale da poterne contenere

sempre un nocciolo. Nessuna opinione individuale

rappresenta da sola, intera, la verità, ma anche un'opinione

condivisa rappresenta solo una verità più probabile, anch'essa

incapace di superare interamente, senza il concorso della

rivelazione divina, il limite intrinseco dell'essere uomo: quel

limite e quella follia che ricorrono continuamente nell'ironia

erasmiana.

La sottomissione alle opinioni della Chiesa, così come

l'aspirazione di Erasmo alla pace, non sono dunque, come

appaiono a Lutero, il sintomo di una vigliaccheria e di uno

sterile «amor di pace» che non sa assumersi fino in fondo le

responsabilità del cristianesimo. Quella che Erasmo assume

fino in fondo, soprattutto nel campo etico, l'unico per lui

veramente importante, è la prospettiva della doxa

aristotelica: l'unica verità di cui gli uomini possano disporre, la

verità più probabile, è quella condivisa dalla maggioranza.

Soprattutto, ma non solo, la maggioranza di coloro le cui

opinioni sono qualificate, la maggioranza di coloro che sanno.

E' per questo che Erasmo può capire immediatamente

quello che Lutero rifiuterà di accettare per tutta la vita, e che

in effetti nella sua prospettiva è un fatto non tanto

incomprensibile, quanto in fin dei conti scarsamente

interessante: che vi possono essere diverse interpretazioni

della Scrittura, e che la sua opera ne scatenerà il conflitto

irriducibile. Per Lutero non vi sono diverse possibili

interpretazioni della Scrittura, non tanto perché la Scrittura

non è un libro come gli altri: neppure per Erasmo lo è, quanto

perché della Scrittura si dà una sola interpretazione, quella

vera, ed essa dipende dalla grazia. Tutte le altre sono

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sofisma, errore: provano l'assenza dello Spirito Santo nel

cuore di chi scrive, ed il conflitto che ne risulta è persino poca

cosa rispetto alla gravità di quest'assenza. La verità non è

mediata dal rapporto con la Chiesa, ma più in generale, e

soprattutto, non è mediata dal rapporto con gli altri uomini e

con le loro probabili verità: la verità non ha nulla di probabile,

essa è certezza, è rapporto immediato del singolo con Dio, è

immediatezza dell'intuizione e dell'evidenza. Un'evidenza che

non è universale, ma si presenta soltanto allo spirito di chi,

confessata la propria ignoranza e la propria miseria di uomo,

si abbandona alla giustizia ed alla verità di Dio. La

condivisione delle opinioni umane non ha dunque per Lutero

alcun valore: di conseguenza, non ne ha neppure il loro

conflitto.

Al contrario, Erasmo ricorda a Lutero che «la controversia

ha per oggetto il senso della Scrittura»9: il senso della

Scrittura è quello che gli uomini, nelle loro visioni sempe

limitate e parziali, le attribuiscono; la Scrittura non è un libro

come gli altri, ma come gli altri libri viene letta. La concordia

sulla sua interpretazione non si può far dipendere da un

rapporto immediato con lo Spirito Santo, perché allora è la

guerra, in quanto tutti si attribuiranno senz difficoltà questo

rapporto; se la Scrittura è santa, la sua interpretazione è

invece umana, e come tale soggetta alle medesime leggi che

governano ogni altra attività umana, sempre insufficiente e

soggetta all’errore. Anche qui, come in ogni altro campo,

l’unico indizio probabile di verità saranno le opinioni

condivise: ma proprio questa condivisione, che non può

nascere che nella pace e nel confronto disinteressato delle

idee, è stato reso impossibilre dalla guerra teologica

provocata da Lutero.

9 Erasmo, Il libero arbitrio, op. cit., I B 3.

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Da questo suo punto di vista, Lutero non ha torto nel

rimproverare ad Erasmo il suo eccessivo attaccamento alle

cose umane. Nella prospettiva di Lutero la giustizia e la verità

umane sono alternative alla verità e alla giustizia divine, ed il

peccato originale dell'uomo consiste precisamente nell'averle

volute affermare, negando dunque, necessariamente, la

giustizia e la verità di Dio. E' per questo che Lutero

rimprovera ad Erasmo anche l'inutilità di Cristo nel suo

cristianesimo. Il Cristo di Lutero viene per l'uomo che si è

riconosciuto miserabile ed ha imparato a negare se stesso.

Per Erasmo, al contrario, la realtà umana non è antitetica a

quella divina, ma solo insufficiente rispetto ad essa. Cristo

interviene, sottolinea Erasmo, a far rinascere una natura «che

era stata creata buona. Per questo è possible trovare nei libri

dei pagani moltissime cose che concordano con la sua

dottrina, per quanto nessuno e abbia insegnate in maniera più

completa ed efficace di Cristo»10. Cristo porta a compimento la

verità umana, con un insegnamento semplice ed accessibile a

tutti gli uomini, del quale troviamo infatti le tracce, sia pure

imperfette, anche nei filosofi pagani: non c'è soluzione di

continuità fra saggezza umana e divina.

La sconfitta di Erasmo da parte di Lutero non è dunque

rappresentata dal venire alla luce dell'irriducibile antitesi fra

verità filosofica pagana e verità cristiana: quest'antitesi è tale

per Lutero, non per Erasmo. La vera sconfitta di Erasmo è

invece l'esplodere del conflitto violento delle interpretazioni:

questo rappresenta, dal suo punto di vista, il fallimento del

suo progetto e delle già scarse possibilità che si affermino una

giustizia ed una verità umane. Queste, come si è detto,

possono essere generate soltanto dalla condivisione delle

10 Erasmo, Esortazione allo studio della filosofia cristiana, in: La formazione cristiana dell’uomo, Milano, Rusconi, 1989, p. 438 (sott. mia)..

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opinioni di uomini che sono in grado di formarsene. Perché

verità e giustizia umane si affermino è dunque necessario che

gli uomini siano il più possibile messi in condizione di pensare,

formare opinioni e confrontarle. Se la pace e l'amore fra i

cristiani sono il contenuto essenziale dell'insegnamento di

Cristo è anche e soprattutto perché pace e amore sono le

condizioni imprescindibili di questo libero confronto.

Parimenti, è condizione necessaria all'estendersi ed

all'arricchirsi di questo confronto che gli uomini vengano

educati in modo da essere capaci di formare opinioni vere. Per

questo il principe erasmiano deve essere filosofo: «”Vuoi forse

dire che il principe ha da essere tale quali sono gli immaginari

governanti della repubbica di Platon?” Sì, e con questo non li

spoglio della loro dignità, ma li arricchisco»11. Il rinnovamento

e l’espnione della philosophia Christi dipende d sovrani,

magistrati ed educatori12.

«Io ricerco ogni occasione per rendere l’Evangelo comune

a tutti»13, risponde Erasmo alla lettera che citavamo all’inizio,

ma a causa della guerra suscitata da Lutero questo diventa

impossibile, perché le buone lettere vanno in rovina e le

amicizie si rompono. Di fronte alla guerra delle interpretazioni

Erasmo si ritrae, e rinnega quello che circa dieci anni prima

aveva scritto nella Paraclesis: «vorrei che ogni donnetta

leggesse il Vangelo»14, e che questo fosse tradotto e reso

accessibile in tutte le lingue. Certe verità pericolose, afferma

ora nel De libero arbitrio, non si dovebbero «prostituire a

orecchie sprovvedute»15 (e Lutero ha qui buon gioco nel fargli

notare la contraddizione16). La ricerca comune della verità 11 Erasmo, Sileni alcibiadis, inAdagia, op. cit. p. 95.12 Erasmo, Esortazione op. cit., p. 437.13 Riprendo la citazione dall’Introduzione di F. De Michelis Pintacuda a Il

servo arbitrio, op. cit., p. 24.14 Erasmo, Esortazione op. cit., p. 435.15 Erasmo, Il libero arbitrio, op. cit., I A 9.16 Lutero, Il servo arbitrio, op. cit., 606.

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richiede ormai, per lui, un confine, ed l’educazione e la

selezione preliminare di coloro che hanno il diritto di ricercarla

fino in fondo, e anche un’autorità capace di mantenere la

pace nel conflitto delle interpretazioni. Qui è forse il vero

limite di Erasmo, e la sua sconfitta: nell’impossibilità di

stabilire questo confine, di attuare realmente questa

selezione, e di avere un governante filoofo capace di

mantenere la concordia; e qui Lutero rappresenta davvero il

suo scacco.

La tolleranza per le diverse opinioni di Erasmo non può

sussistere senza un'autorità in grado di garantire la pace

nonostante essa, e a sua volta quest'autorità è tale in quanto

portatrice, in modo parziale, ma pur sempre un poco più dei

sudditi, dei fedeli, degli individui, della verità. Senza questa

garanzia la tolleranza erasmiana si infrange nella molteplicità

dei punti di vista e dei valori in conflitto fra di loro, ed è di

questa garanzia che Lutero lo priva. Paradossalmente,

sembrerebbe che il vero cammino verso la tolleranza sia stato

intrapreso proprio da Lutero, sia pure involontariamente,

perché l'affermarsi della tolleranza religiosa fu conseguenza

delle guerre di religione che con lui si scatenarono, e la stessa

separazione fra i campi religioso e civile che ne è condizione

può essere vista come una conseguenza delle sue idee.

Resta il fatto che se la tolleranza ha potuto attuarsi, a

dispetto delle convinzioni di Erasmo, in assenza di un'autorità

capace di garantire la verità e la pace religiosa, questo è

accaduto soltanto al prezzo di questa separazione; la

tolleranza religuiosa, cioè, quando la religione ha cessato di

essere un fattore determinante per la fissazione delle regole

civili. La vera e completa tolleranza, e cioè la possibilità di

perseguire ed esprimere qualunque pensiero su questioni

attualmente rilevanti, senza un'autorità che garantisca la

permanenza, al fondo, di un nocciolo di verità, e senza che

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questo implichi la guerra, è un problema che Erasmo continua

a porci, e che ancor oggi non possiamo fingere di avere

risolto.

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