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PREMESSA Questo lavoro è il racconto di un evento na- turale che un gruppo di persone appartenenti al mondo delle Istituzioni, delle professioni, della ricerca, della imprenditoria e dell'industria si trovò ad affrontare per mettere in sicurezza un territorio densamente popolato. Nei giorni 17÷19 luglio del 1987 la Valtel- lina fu investita da un violentissimo nubifragio causato da una pioggia che in un paio di gior- ni riversò nei punti più colpiti della valle oltre 600 mm d'acqua (fig.1), quasi un terzo di quella che nella stessa zo- na cade in media in un anno. Nelle prime ore del 28 luglio, proprio quan- do tecnici, amministratori e politici erano im- pegnati ad affrontare i gravissimi problemi cau- sati da questo nubifragio, dal monte Zandila in Val Pola sito in destra idrografica pochi chilo- metri a valle di Bormio, si staccò una frana del volume di circa 30 milioni di m 3 (fig.2) che oc- cluse il corso dell'Adda (fig.3) creando un lago della capacità di circa 20 milioni di m 3 . Furono sommersi dall'accumulo di detriti gli abitati di Morignone e S. Antonio Morigno- ne (fig.4) per fortuna senza perdite di vite uma- ne per il provvidenziale intervento di Michele Presbitero che ne ordinò lo sgombero intuen- do quello che poi si è puntualmente verificato. Ciò nonostante ad Aquilone, piccola loca- lità posta un paio di km a monte della frana, tro- varono la morte 17 persone colpite dal violen- to schizzo d'acqua provocato dalla caduta della frana nel laghetto che, nei giorni del nubifragio del 17-19 luglio, si era formato a tergo dei de- triti scaricati dalle colate detritiche attivate nel- la Val Pola dalle intense precipitazioni (v.fig. 4). 3 La frana della Val Pola in Valtellina La frana della Val Pola in Valtellina Ugo Majone Presidente dell'Associazione Idrotecnica Italiana Fig. 1 - Carta delle isoiete relative ai giorni 17÷19 lu- glio del 1987. Fig. 2b - La Val Pola dopo la frana Fig. 2a - La Val Pola prima dell'evento franoso. Fig. 3 - Profilo dell'accumulo di frana.

La frana della Val Pola in Valtellina - Studio Majone … presenza di un lago di così grande volu-me (fig. 5),sostenuto da una diga alta un centi-naio di metri, provocò grande panico

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PREMESSAQuesto lavoro è il racconto di un evento na-

turale che un gruppo di persone appartenential mondo delle Istituzioni, delle professioni,della ricerca, della imprenditoria e dell'industriasi trovò ad affrontare per mettere in sicurezzaun territorio densamente popolato.

Nei giorni 17÷19 luglio del 1987 la Valtel-lina fu investita da un violentissimo nubifragiocausato da una pioggia che in un paio di gior-ni riversò nei punti più colpiti della valle oltre600 mm d'acqua (fig.1),

quasi un terzo di quella che nella stessa zo-na cade in media in un anno.

Nelle prime ore del 28 luglio, proprio quan-do tecnici, amministratori e politici erano im-pegnati ad affrontare i gravissimi problemi cau-sati da questo nubifragio, dal monte Zandila inVal Pola sito in destra idrografica pochi chilo-

metri a valle di Bormio, si staccò una frana delvolume di circa 30 milioni di m3 (fig.2) che oc-cluse il corso dell'Adda (fig.3) creando un lagodella capacità di circa 20 milioni di m3.

Furono sommersi dall'accumulo di detritigli abitati di Morignone e S. Antonio Morigno-ne (fig.4) per fortuna senza perdite di vite uma-ne per il provvidenziale intervento di MichelePresbitero che ne ordinò lo sgombero intuen-do quello che poi si è puntualmente verificato.

Ciò nonostante ad Aquilone, piccola loca-lità posta un paio di km a monte della frana, tro-varono la morte 17 persone colpite dal violen-to schizzo d'acqua provocato dalla caduta dellafrana nel laghetto che, nei giorni del nubifragiodel 17-19 luglio, si era formato a tergo dei de-triti scaricati dalle colate detritiche attivate nel-la Val Pola dalle intense precipitazioni (v.fig. 4).

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La frana della Val Pola in Valtellina

La frana della Val Pola in ValtellinaUgo Majone

Presidente dell'Associazione Idrotecnica Italiana

Fig. 1 - Carta delle isoiete relative ai giorni 17÷19 lu-glio del 1987.

Fig. 2b - La Val Pola dopo la frana

Fig. 2a - La Val Pola prima dell'evento franoso.

Fig. 3 - Profilo dell'accumulo di frana.

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La presenza di un lago di così grande volu-me (fig. 5),sostenuto da una diga alta un centi-naio di metri, provocò grande panico nelle po-polazioni, consapevoli dei rischi che correva lavalle se questa diga fosse crollata.

Di essa se ne poteva prevedere in qualchemisura la struttura, presumibilmente formatada grandi blocchi di roccia a polveri argillosesottili, ma si trattava pur sempre di elementi in-sufficenti per poterne valutare l'attitudine a re-sistere alle sollecitazioni che si sarebbero ma-nifestate al crescere del livello del lago, soprat-

tutto allorché sarebbe stata sormontata dalleacque, ciò che dalle prime valutazioni idrologi-che appariva inevitabile.

Quando si iniziò ad esaminare i gravi pro-blemi che incombevano nella valle si presenta-rono alla memoria di chi si trovava sul posto itanti disastri provocati dal crollo di dighe. Na-turalmente si pensò subito alla diga del Glenoche nella vicina valle di Scalve una ottantina dianni prima collassò drammaticamente creandoun immane disastro.

Ci si ricordava anche che solo due anni pri-ma, in Val di Stava un piccolo invaso del volu-me di un paio di centinaia di migliaia di m3 de-stinato al lavaggio di materiali di miniera, eracrollata provocando nei territori sottostanti lamorte di più di duecento persone.

Anche la nutrita casistica riportata in lette-ratura, lasciava poco tranquilli di fronte ad unaeventuale tracimazione dell'accumulo detritico.Le incognite che presentava l'evoluzione dellacomplessa situazione di rischio che si stava vi-vendo rimandavano alla memoria la franaMayun Marca avvenuta nel bacino Mantaro inPerù qualche tempo prima in circostanze ana-loghe: la diga naturale che si era formata a se-guito della frana crollò determinando una spa-ventosa onda di sommersione che portò mor-te e distruzione nelle aree vallive.

D'altra parte, il semplice fatto che i regola-menti di progettazione e costruzione delle di-ghe in materiali sciolti vietino in modo catego-rico la possibilità della loro tracimazione e diconseguenza obblighino a prendere provvedi-menti rigorosissimi perché ciò non si verifichiin nessuna circostanza, dà una misura di quan-to temibili siano gli effetti di siffatti fenomeni.

Un'altra situazione di rischio incombente,anche se meno preoccupante esisteva per iterritori situati a monte della Val Pola che,

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Atti del Convegno LE ALLUVIONI IN ITALIA - Roma, 7-8 Maggio 2007

Fig. 5a - Vista del lago.

Fig. 5b - Vista del lago.

Fig. 4 - I paesi di Morignone e Sant'Antonio Mori-gnone prima della frana.

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nella non improbabile eventualità della cadu-ta nel lago di una delle aree instabili presentiin quella stessa zona, sarebbero stati som-mersi fino a Cepina ed oltre dall'onda a fron-te ripido che, come accadde per il Vajont, sisarebbe formata e propagata oltre che versovalle, anche verso monte risalendo la valle perun lungo tratto. La fig. 6 riassume schemati-camente i fenomeni che la Commissione sitrovò a dover controllare.

Per fra fronte all'emergenza determinata daquesta gravissima situazione di rischio, fu im-mediata l'attivazione della Protezione Civile, al-lora guidata dall'Onorevole Zamberletti, sosti-tuito poi, a seguito di una crisi di Governo, dal-l'Onorevole Gaspari. Per la gestione di questaemergenza, il nuovo ministro ritenne opportu-no nominare una Commissione ad hoc com-posta dalle stesse persone che avevano assisti-to l'Onorevole Zamberletti nella fase inizialedell'emergenza.

Il lavoro di questa Commissione si protras-se per oltre un anno anche se la fase più acutadell'emergenza si svolse nei mesi di agosto, set-tembre e ottobre e la messa in sicurezza dellavalle poteva considerarsi definitivamente com-piuta nel maggio dell'anno successivo con l'en-trata in funzione di una delle due gallerie di by-pass in cui venne incanalato il fiume Adda chela presenza della diga naturale non consentivapiù di far correre nel suo alveo naturale.

L'esperienza vissuta dalla Commissione,battezzata poi "Commissione Valtellina", èstata straordinaria, sia per l'assoluta novità del-le situazioni che si trovò a dover affrontarequotidianamente - le quali richiedevano deci-sioni rapide e gravide d'incognite i cui esiti per-tanto potevano essere anche negativi (il rime-

dio peggiore del male) - sia per la ricchezza de-gli rapporti umani, talvolta anche non facili,specie nei momenti in cui si scontravano ve-dute o interessi contrastanti: come ad esempioaccadde quando si accese una violenta pole-mica che coinvolse coloro che erano favore-voli alla tracimazione forzata dell'accumulo equelli che ne erano contrari.

Questa polemica che investì partiti e uomi-ni politici, amministratori locali, associazioni

culturali, accade-mici, colleghiprofessionist i ,giornalisti, ecce-tera, eccetera, èdocumentata inuna infinità di ar-ticoli apparsi suigiornali dell'epo-ca. A rileggerlioggi questi arti-coli si provanosentimenti quasidiametralmenteopposti a quelli,che noi, compo-

nenti della Commissione, che vivevamo giornidifficili, provavamo nel leggere critiche aspre econdanne sommarie che ci sembravano gratui-te, cattive e soprattutto poco utili.

In realtà se si eccettuano posizioni partico-larmente dure espresse da alcune delle parti piùimpegnate nell'agone politico, difficilmente di-geribili anche a distanza di tempo, oggi si hanetta l'impressione che la grande mole di di-scussioni, dichiarazioni, articoli che apparivanoquotidianamente su giornali e riviste di varioorientamento politico non siano altro che lachiara testimonianza del dramma che la gentedel luogo stava vivendo, sconvolta da un even-to che mostrava chiaramente la sua grande ca-rica di pericolosità e dal quale non riuscivano avedere la via di uscita nonostante le assicura-zioni date dai politici e dai tecnici impegnativentiquattro ore su ventiquattro per tenerlosotto controllo.

Il contatto continuo che in un clima spes-so avvelenato si era venuto a creare con la po-polazione valtellinese ha rappresentato unadelle esperienze più felici di questa vicenda: trai componenti della Commissione e la popola-zione si instaurò infatti un rapporto di colla-borazione preziosa ed anche di affetto, rimastopoi fermo nel tempo.

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La frana della Val Pola in Valtellina

Fig. 6 - Rappresentazione schematica dei rischi incombenti nell'area della Val Pola.

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Gli interventi decisi dalla CommissioneValtellina e messi in atto in pochi giorni percontrollare le situazioni di rischio servirono adallontanare in poco tempo la livida cappa chein quei giorni opprimeva la valle. Oltre a risol-vere i problemi dell'emergenza, questi inter-venti, sono risultati poi determinanti per lamessa in sicurezza pressoché assoluta dei ter-ritori della Valtellina per oltre un ventennio; es-si da soli o con modeste integrazioni potevanoanche rappresentare la definitiva soluzione deiproblemi determinati dalla frana della Val Polase non vi fosse l'esigenza di sottrarre l'Adda al-l'attuale percorso sotterraneo restituendogli unalveo a cielo aperto.

Di ciò i componenti della Commissionevanno orgogliosi.

Per i ricercatori che facevano parte dellaCommissione è motivo di grande soddisfazio-ne l'aver saputo cogliere, in una situazione mol-to confusa e disorientante e in un periodo ditempo poco favorevole (il tutto ebbe inizio neiprimi giorni di agosto quando la gente va in va-canza) le possibilità offerte dai metodi piùavanzati prodotti dalla ricerca nel campo dellescienze idrauliche che, per merito di alcunicomponenti della Comunità scientifica italiana,in giorni così convulsi fu possibile utilizzarecon successo.

LA COMMISSIONE VALTELLINA

Insediamento e compiti della CommissioneValtellina

La Commissione Valtellina venne insediatail 29 luglio, a distanza di 24 ore dal crollo dellaVal Pola1.

Compiti della Commissione erano quelli di"studiare i fenomeni già verificatisi ed in attolungo il bacino del fiume Adda in località Valdi Pola e dei corsi d'acqua di Mallero e Torreg-gio in Val Malenco, ai fini della formulazionedi proposte per l'attuazione dei provvedimentidi urgenza".

Esaurita la fase acuta dell'emergenza laCommissione continuò a fornire al Diparti-

mento della Protezione Civile il supporto tecni-co scientifico in relazione alle "………situazio-ni di rilievo idrogeologico in Valtellina e per leeventuali emergenze che dovessero presentarsi,a seguito dell'evolversi dei fenomeni in atto".

Circa un anno dopo dal suo insediamento,la Commissione rimetteva il mandato al nuovoMinistro della Protezione Civile Onorevole Vi-to Lattanzio, succeduto nel frattempo all'Ono-revole Remo Gaspari. Per espresso desideriodello stesso Ministro essa restò però in caricaper alcuni mesi per "assicurare il supporto tec-nico nella fase di post-emergenza".

L'attività svolta dalla CommissioneValtellina per il controllo del rischioincombente nell'area della Val Pola.Il contributo della ricerca scientifica

Premessa

I modelli matematiciAncor prima che si insediasse la Commis-

sione, appariva chiara l'estrema complessità del-le situazioni di rischio che occorreva affrontareper dare sicurezza ai territori interessati dai pos-sibili effetti della frana. Pensai subito, forse perdeformazione professionale, che sarebbe statoindispensabile per regolarsi sul da farsi, avva-lersi di strumenti scientifici che le Istituzioni diricerca italiani erano in condizione di mettere adisposizione della Commissione in un periodonel quale di solito non si lavora.

Decisi così di prendere immediati contatticon l'Ing. Paolo Molinaro del Centro di RicercheCRIS dell'ENEL, con il quale da tempo avevorapporti di collaborazione scientifica su temi dicomune interesse e del quale conoscevo la gran-de curiosità verso le novità e l'entusiasmo chemetteva nel suo lavoro di ricercatore. Lo pregaiquindi di approntare, nel più breve tempo possi-bile, uno o più modelli matematici in grado di da-re qualche risposta, sia pure di primo orienta-mento, sugli effetti che la tracimazione della di-ga naturale poteva avere nei territori vallivi.

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Atti del Convegno LE ALLUVIONI IN ITALIA - Roma, 7-8 Maggio 2007

1Presidente della commissione era il Prof. Ugo Majone esperto della Commissione Grandi Rischi dell'Ufficio dei Ministri, vice presidente il Prof. Pietro Lu-

nardi esperto della Commissione Grandi Rischi. Altri componenti della commissione erano: Prof. Mario Govi, esperto della Commissione Grandi Rischi; Prof. Fran-

co Siccardi, esperto del Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche del C.N.R.; Dottor Giovanni Mortara esperto del Gruppo Nazionale Difesa Catastro-

fi Idrogeologiche del C.N.R.; Dottor Michele Presbitero, geologo della Regione Lombardia; Dottor Paolo Verde, del Dipartimento di Protezione Civile.

Con successivi decreti del Ministero entrarono a far parte della Commissione: Dott. Ing. Giovanni Fiore del Servizio Dighe del Ministero dei Lavori Pubbli-

ci; Dott. Ing. Felice Setaro del Magistrato per il Po; Dott. Ing. Mariano del Papa, dell'ANAS; Dott. Ing. Cesare Sangiorgi Ispettore Generale Capo del C.N.V.F., Mi-

nistero degli Interni; Prof. Dott. Luigi Maiori dell'Università di Verona.

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Ero convinto infatti che, una volta insedia-tasi, la prima domanda che la Commissione sisarebbe posta sarebbe stata proprio quella dicapire se la diga naturale formata dai detriti difrana, avrebbe resistito a questo fenomeno e,in caso di risposta negativa, quale poteva esse-re il potere distruttivo della onda di sommer-sione che ne sarebbe conseguita e quali prov-vedimenti da assumere.

La necessità di fare luce su questi fenome-ni costituì il punto di partenza di una comples-sa ed esaltante attività di ricerca dimostratasi digrande aiuto nella gestione dell'emergenza.

Nel giro di un paio di giorni l'Ing. Moli-naro impostò alcuni modelli matematici didifferente struttura, idonei a studiare proble-mi di questo genere. In mancanza di infor-mazioni precise riguardo sia all'idrologia dipiena del fiume sia alla struttura interna del-la diga formatasi naturalmente, l'ing. Molina-ro adottò varie ipotesi di lavoro, pervenendoad un ventaglio di dati dalla cui lettura laCommissione riuscì a farsi idee abbastanzaprecise su quel che poteva accadere in casodi tracimazione della diga e, di conseguenza,sui provvedimenti da adottare: dai calcolisvolti si venne a sapere, in particolare, chel'onda di sommersione causata dal crollo del-la diga, avrebbe raggiunto nel giro di pocheore, portate altissime, che, a seconda delle ca-ratteristiche geotecniche dell'ammasso e del-la portata di tracimazione ipotizzate, poteva-no raggiungere anche i 2800÷3000 m3/s. Ta-li onde si sarebbero propagate verso vallemantenendo valori della portata di colmopraticamente inalterati anche a distanza di20÷30 km dalla diga (fig.7).

Se si pensa che l'alveo dell'Adda è in gra-do di contenere in quella zona portate massi-me dell'ordine di poche centinaia di m3/s, cisi può facilmente rendere conto dell'immanetragedia che la tracimazione della diga avreb-be potuto causare.

A rendere più fosca la previsione degli effettidi tale fenomeno era la considerazione che alleportate liquide si sarebbero aggiunte quelle so-lide generate dall'erosione della diga amplifican-done enormemente la sua potenza distruttice.

Nel frattempo, come si è prima accennato, aqueste preoccupazioni se ne erano aggiunte al-tre altrettanto allarmanti. Infatti, proprio in queigiorni in cui si discuteva degli effetti della traci-mazione, venne individuata una nuova frana si-tuata nello stesso versante immediatamente a si-nistra di quella verificatesi il 27 luglio, il cui vo-lume stimato era dell'ordine di un paio di milio-ni di m3. L'onda a fronte ripido che tale eventoavrebbe potuto causare venne anch'essa studia-ta con un modello matematico, prendendo inconsiderazione diversi volumi della frana e di-versi tempi di caduta, variabili intorno al valoreche era stato stimato per la frana della Val Pola.

Il modello evidenziò che l'onda avrebbepercorso verso monte tutto il lago con altezzemassime dell'ordine della decina di metri, risa-lendo la valle fino ad estinguersi qualche km piùa monte (fig. 8).

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La frana della Val Pola in Valtellina

Fig. 7a - Modello matematico delle onde di pienadelle fasi liquide e solide conseguenti alla tracima-zione della diga naturale.

Fig. 8a - Modello matematico dell'onda fronte liqui-do prodotta dalla caduta nel lago di una nuova frana.

Fig. 7b - Modello di propagazione dell'onda di pie-na lungo la Valtellina.

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Il modello fisico Preoccupati da questi risultati, la Com-

missione giudicò di grande interesse la pro-posta venuta dal CRIS di realizzare un mo-dello fisico della diga, del lago, e di un troncodell'alveo dell'Adda, sul quale condurre unprogramma di esperimenti volti a far luce su-gli aspetti più temibili dei fenomeni eviden-ziati dai modelli matematici.

Si ritenne necessario ricorrere ad un talestrumento di ricerca perché non vi poteva es-sere la certezza assoluta che il sistema natura-le sotto indagine e i fenomeni fisici che vi sipotevano produrre potessero essere riprodot-ti correttamente dalla modellazione matema-tica, non tanto per insufficienza teorica, quan-to per la scarsezza di informazioni sulle ca-ratteristiche del sistema naturale da riprodur-re allora disponibili.

A partire dai primi giorni di agosto, in ap-pena 15 giorni con la guida del Prof. Miche-le Fanelli Direttore del CRIS, il modello ven-ne progettato, costruito e calibrato; esso ven-ne realizzato nella scala 1:250 in similitudinedi Freud e, per quanto riguarda l'analisi del-l'erosione e del trasporto dei sedimenti, in si-militudine di Shields. Nel modello la struttu-ra dell'accumulo di frana venne riprodottacon un miscuglio di sabbia silicea e misto dicalcare; all'accumulo seguiva un tratto di al-veo lungo 8,5 km (fig. 9).

Dal momento che non si poteva ancoracontare su una conoscenza sufficientementedettagliata dalla struttura dell'accumulo di fra-na, le prove vennero condotte realizzando l'ac-cumulo con diversi materiali caratterizzati daparticolari fusi granulometrici. La sperimenta-zione venne inoltre condotta considerando piùvalori della portata di tracimazione.

Le prove confermarono nella sostanza, leprevisioni dell'evoluzione del fenomeno erosi-vo della diga così com'era stato evidenziato dal-la sia pur rudimentale modellazione matemati-ca. In particolare venne confermato che, ancheper moderati valori della portata di tracimazio-ne, il colmo dell'onda di sommersione prodot-ta dal collasso della diga, anche se non raggiun-geva i valori risultati dalla modellazione mate-matica, sarebbe comunque stata di diverse vol-te superiore alla massima portata registrata inpassato nel fiume Adda nella zona (fig. 10).

Tornerò su questo argomento più avanti;devo ora fare un passo indietro per illustrare iprovvedimenti tecnici che la Commissione Val-tellina aveva previsto per fronteggiare i feno-meni descritti e la loro attivazione progressivain relazione alle situazioni di rischio che si ve-nivano via via presentando.

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Atti del Convegno LE ALLUVIONI IN ITALIA - Roma, 7-8 Maggio 2007

Fig. 9b - Il modello fisico.

Fig. 9a - Il modello fisico.

Fig. 10 - Confronto dei risultati del modello fisico(onda n°3) e matematici (onde 1 e 2).

Fig. 8b - Modello matematico dell'onda fronte liqui-do prodotta dalla caduta nel lago di una nuova frana.

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Interventi strategici previsti dalla Com-missione Valtellina

La strategia della Commissione si basava sutre punti fondamentali:

a) vuotare il lago prima che si compisseil suo riempimento onde evitare i rischi deri-vanti dalla tracimazione dell'accumulo e dellacaduta nel lago di una nuova frana;

b) ripristinare la continuità dell'Adda at-traverso la costruzione di una o più gallerie diby-pass per mettere in sicurezza idraulica la zo-na fino al momento in cui si sarebbe progetta-ta ed attuata la definitiva sistemazione dell'areacolpita dalla frana;

c) consolidare l'accumulo di frana conopere strutturali per renderlo resistente alleazioni esercitate dalle correnti idriche indottedalla eventuale tracimazione dell'accumulo.

Il 7 agosto la Commissione prese le primedecisioni in merito:

a) immediato appalto per la costruzionein tempi brevissimi di una stazione di pom-paggio della potenzialità di 4÷6 m3/s; questorange di valori venne definito in base ai datiidrologici forniti su nostra richiesta dall'A.E.M.dai quali risultava che la portata massima deca-dica per i mesi compresi tra aprile e settembreera di circa 3 m3/s (fig. 11).

b) più distanziata nel tempo, costruzio-ne di una galleria di by-pass da situare in sini-stra idrografica proporzionata per una portatadi 250÷300 m3/s, con imbocco in corrispon-denza dello sperone di San Bartolomeo e sboc-

co poco a monte della località Le Prese.Una volta compiute le indagini idrologiche

sul regime delle piene dell'Adda e valutati i ri-schi che si potevano verificare per la caduta dinuove frane, al fine di dare maggiore sicurezzaall'area di fronte al rischio di occlusione degliimbocchi, di gallerie ne furono previste due:una policentrica di circa 6 m di diametro e l'al-tra circolare con diametro di 4,20 m con im-bocchi posti a quote differenti e dotate allosbocco di un manufatto di dissipazione;

c) costruzione di una scogliera al piededella frana;

d) monitoraggio della falda idrica inter-na all'ammasso di frana. Tale provvedimentofu ritenuto di grande importanza al fine di di-sporre di elementi sicuri per procedere all'esa-me delle condizioni di stabilità della diga, inparticolare per quanto atteneva al possibile in-staurarsi di fenomeni di trasporto di materialial suo interno e del conseguente sifonamentodella struttura.

e) aggiornamento del piano di sgombrodelle popolazioni per ogni situazione critica chepotesse crearsi;

f) verifica continua delle attività degliimpianti idroelettrici dell'A.E.M. per controlla-re l'entità delle portate scaricate dalle dighe si-

tuate a monte della frana.Più avanti nel tempo la Com-

missione attuò altri importanti in-terventi, quali il monitoraggio dellanicchia di distacco e delle aree in-stabili, il monitoraggio idrologicodell'Adda, il consolidamento delcorpo frana per migliorarne la resi-stenza all'erosione nel caso di traci-mazione, la costruzione di un vallodi contenimento delle colate detri-tiche provenienti dalla Val Pola, lacostruzione di una strada per rista-bilire il collegamento della bassavalle con l'alta scegliendo un trac-ciato che si svolgesse tutto al di fuo-ri dell'impronta lasciata dalla franain sinistra idrografica. Venne stabi-lito che la strada dovesse essere rea-lizzata prima del Natale per dare lapossibilità alla gente del luogo di

raggiungere le località di loro interesse in cui pas-sare le festività invernali. Nel corso dei lavori dicostruzione ci si rese conto che ciò non sareb-be stato possibile. Il Ministro Gaspari decise al-lora di approntare, in tempi brevissimi, la così

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La frana della Val Pola in Valtellina

Fig. 11 - Curva delle durate delle portate entranti nel lago nei me-si aprile-settembre.

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detta pista bassa di molto più agevole costru-zione, ma a rischio di sommersione, associandoad essa un sistema di allarme.

I provvedimenti previsti non si scostavanomolto da quelli suggeriti dal Consiglio Supe-riore dei LL.PP. in una relazione approntata intempo record nei primi giorni di Agosto, salvoche per un fatto decisivo: a parere del Consi-glio Superiore la tracimazione dell'ammassodoveva essere evitata nel modo più assoluto edi conseguenza gli interventi emergenziali do-vevano essere diretti a ciò evitare. Come ve-dremo la Commissione, considerata l'inevita-bilità della tracimazione della diga, decise, alcontrario, che essa venisse anticipata piuttostoche ritardata.

Il vuotamento del lagoIl primo di tali provvedimenti, il vuota-

mento del lago, venne avviato nella stessa se-duta del 7 agosto, nel corso della quale venne-ro esaminate alcune proposte presentate daparte di imprese di costruzioni italiane. La scel-ta cadde sulla soluzione delle Condotte d'Ac-qua che prevedeva un impianto di sollevamen-to la cui condotta di mandata veniva allocata aldi fuori dell'impronta lasciata nella caduta dal-la frana sul territorio sottostante zona, ritenu-ta priva di rischio per le maestranze che dove-vano eseguire i lavori di costruzione.

I tempi di realizzazione previsti erano mol-to contenuti (5 gg per la progettazione esecu-tiva e 32 gg per la costruzione) (fig. 12) e ciòcostituiva elemento rassicurante.

Durante la costruzione di quest'opera, si dovette constatare che la portata dell'Adda,

contraddicendo le previsioni basate sui datiA.E.M., non scendeva mai al di sotto di 8-10m3/s, cosicché il livello del lago anziché abbas-

sarsi continuava a sollevarsi progressivamente,avvicinandosi inesorabilmente alla sommità del-l'accumulo. La Commissione decise quindi direalizzare un secondo impianto di sollevamentocon una potenzialità di 3 m3/s, la cui condottadi mandata poteva questa volta essere sistema-ta, con grande guadagno di tempo, sull'accumu-lo di frana essendo stato nel frattempo realizza-to un impianto di monitoraggio in tempo realedella caduta di massi dalla nicchia di distacco del-la frana in grado di garantire la sicurezza dellemaestranze che lavoravano immediatamentesotto il versante franato.

La costruzione di questo secondo impian-to, affidata alla SNAM PROGETTI, fu com-pletata il 17 settembre con qualche giorno di ri-tardo rispetto al previsto (fig. 13).

Anche dopo l'entrata in esercizio di questosecondo impianto la portata continuava a man-

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Atti del Convegno LE ALLUVIONI IN ITALIA - Roma, 7-8 Maggio 2007

Fig. 12a - L'impianto di pompaggio delle Condottein fase di costruzione.

Fig. 12b - L'impianto di pompaggio delle Condottein fase di costruzione.

Fig. 13a e b - Il primo impianto di pompaggio del-la SNAM progetti in fase di costruzione.

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tenersi su valori superiori a quelli previsti. Ven-ne così deciso di realizzarne un terzo della por-tata di 6 m3/s che avrebbe scaricato le acquenella galleria Premadio-Grosio dell'A.E.M., at-traverso una finestra di accesso alla stessa si-tuata in sponda destra subito a monte del lagoin fregio al torrente Massaniga (fig. 14).

La Commissione venne criticata per nonaver pensato prima ad un impianto siffatto

che avrebbe accelerato il vuotamento del la-go ed anche risparmiato soldi. Ne nacque unapolemica inutile e noiosa che tardò ad esau-rirsi anche dopo che la Commissione avevadimostrato di non essere stata messa a cono-scenza da nessuno di questa possibilità. D'Al-tra parte quando se ne venne a conoscenzaerano già in avanzata fase di costruzione i pri-mi due impianti.

Il sistema dei tre impianti costruiti è rap-presentato nella fig. 15.

Il 28 settembre anche il terzo impianto erastato completato. Il lago cominciò a scendere

rapidamente e il 27 ottobre raggiunse il livellodi 1080 m s.m., di 5 m appena superiore al suopunto più basso.

La modellazione della sommità dell'accumuloTorniamo ora al modello fisico. Una volta

avviata la sperimentazione, si iniziò a pensarealla opportunità di effettuare qualche interven-to strutturale sulla diga già nel corso dell'emer-genza e successivamente ad emergenza supe-rata. I rilievi topografici nel frattempo eseguitiavevano evidenziato che la sommità dell'accu-mulo di frana si presentava come una sorta diinsieme disordinato di collinette dell'altezzadell'ordine di qualche metro fino a una decinadi metri o poco più.

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Fig. 13c - Il primo impianto di pompaggio dellaSNAM progetti in fase di costruzione.

Fig. 14: - Il secondo impianto di pompaggio dellaSNAM progetti in fase di costruzione.

Fig. 16 - Svotamento del lago.

Fig.15 - Planimetria del lago con i tre impianti e vi-sta del lago.

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La morfologia estremamente irregolaredella sommità della diga e l'evidente scarsacompattezza dei materiali che la costituivanonon davano alcun affidamento nei riguardi del-la stabilità alle azioni da cui a lago pieno essasarebbe stata sollecitata. D'altra parte a tergo diquesta debole struttura il volume di acqua in-vasabile era molto elevato, dell'ordine della de-cina di milioni di m3 (fig. 17).

V'era perciò la sicurezza che in caso di tra-cimazione, ma forse anche prima, essa sarebbeandata distrutta pressoché istantaneamente e ilrapido sversamento di questo ingente volumedi acqua avrebbe dato luogo alla formazione diquella preoccupante onda di sommersione chele sperimentazioni sui modelli fisico e mate-matico avevano evidenziato.

Al di sotto di questa cresta, intorno a quo-ta 1096÷1098, lo spessore dell'ammasso eranotevolmente maggiore ed i materiali si pre-sentavano più compatti e quindi più resistentiad azioni erosive. Era chiaro, quindi, che elimi-nando la parte più alta dell'accumulo, in caso ditracimazione, l'erosione della diga naturale sa-rebbe avvenuta più lentamente e con maggio-re gradualità. Maturò quindi nella Commissio-ne, l'idea di aprire sulla sommità dello stesso,un canale largo qualche decina di metri,profondo qualche metro con pendenza di unpaio di unità per cento.

Si trattò di una decisione dura da prendereperché da più parti furono espresse gravi

preoccupazioni per un siffatto intervento cheavrebbe accelerato la tracimazione dell'accu-mulo anziché evitarla, come molti si auspica-vano di dover fare anche ricorrendo ad inter-venti di opposta concezione (ad esempio al-zando la sommità della diga); questa propostacontava su di una rapida entrata in funzione de-gli impianti di sollevamento e sulla loro capa-cità di evitare il riempimento del lago, eventua-

lità questa ritenuta assai im-probabile dalla Commissioneed assai rischiosa per quantodetto circa la bassissima resi-stenza che presentava la partepiù alta della diga.

Venne quindi chiesto aicolleghi del C.R.I.S. di sotto-porre a sperimentazione sulmodello fisico questa idea. Inbrevissimo tempo giunse la ri-sposta: l'attuazione di unprovvedimento siffatto ren-deva effettivamente più gra-duale l'erosione della diga econseguentemente avrebberidotto drasticamente la por-tata di colmo dell'onda disommersione, quale che fossela portata in arrivo alla diga.

Ad esempio con una portata in arrivo dell'or-dine di 50 m3/s e l'apertura in sommità di un

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Fig. 17 - Profilo schematico della sommità del-l'accumulo.

Fig. 18 - Onde di tracimazione osservate nel mo-dello fisico in varie condizioni di funzionamento.

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canale largo 40 m, la portata sarebbe passatada oltre 1400 m3/s a soli 180 m3/s (fig. 18)onda n° 5.

Si aveva avuto dunque conferma della giu-stezza di questa nostra intuizione.

La tracimazione anticipataMesse a regime le prime due stazioni di

pompaggio non restava che aspettare losvuotamento del lago; sennonché l'Addaandò in piena prima con una portata di col-mo di circa 100 m3/s. Il lago andava rapida-mente riempiendosi. La mattina del 23 ago-sto si trovava appena al di sotto della som-mità dell'accumulo.

A questo punto maturò nella Commis-sione l'idea di accelerare la tracimazione del-la diga immettendo nel lago una portata ab-bastanza elevata ma non catastrofica, del-l'ordine di una quarantina di m3/s, da deri-vare dai serbatoi dell'A.E.M.

Dalla "tracimazione anticipata" ci siaspettavano due importanti risultati:

a) data l'inevitabilità della tracimazione,farla avvenire con portata prefissata di discre-ta entità ma non catastrofica, guidando il de-flusso delle acque attraverso un canale di rego-lare configurazione geometrica e compattato,anche se non proprio a regola d'arte, avrebberidotto i fenomeni erosivi ed inoltre avrebbeconsentito di prevedere il comportamento del-l'accumulo nel caso venisse sormontato da unaportata di maggiore entità;

b) l'anticipazione della tracimazionefissata per un giorno preciso avrebbe contri-buito a liberare la popolazione dal terrore delpossibile verificarsi di un fenomeno che, an-che per effetto di un'azione mediatica martel-lante, talvolta fuorviante (fig. 19), ritenevanopericolosissima e incontrollabile. Inoltre, fa-cendo avvenire la tracimazione in un precisogiorno sarebbe stato possibile predisporre lenecessarie misure precauzionali.

Pur confortati dai risultati favorevoli cheavevano mostrato i modelli, non vi potevaavere l'assoluta certezza che l'accumuloavrebbe retto al sormonto delle acque, inquanto rimaneva pur sempre l'incognita del-la esatta struttura interna della diga. Così,prima dell'inizio delle operazioni di tracima-zione, la Commissione decise di evacuare lapopolazione residente a valle della frana, cir-ca 25.000 persone.

Intanto era stato dato anche inizio ai la-

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Fig. 19 - Ritagli dei giornali.

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vori sulla sommità dell'accumulo (fig. 20) riu-scendo a realizzare, in brevissimo tempo, un ca-nale con imbocco a quota 1100 circa (7 m piùbasso della cresta) lungo qualche centinaio di

metri con pendenza dell'1% circa e sezione dibase larga una decina di metri.

Contemporaneamente altre ruspe, lavoran-do sotto il rischio della caduta di sassi dalla nic-chia di frana, procedevano più a valle alla crea-zione del nuovo letto del fiume.

Dopo tre giorni i lavori potevano dirsi com-pletati. Il 29 agosto era cominciato il riempi-mento del lago; alcuni componenti della Com-missione si recarono sulla diga per assistere al-l'inizio della tracimazione (fig. 21);

Anche giornalisti e curiosi si sistemaronosui versanti della zona per assistere a questo fe-nomeno.(fig. 22).

Alle tre del mattino l'acqua iniziava a de-fluire nel nuovo letto modellato con le ruspedagli uomini della Carboni (fig. 23).

Seguivamo l'operazione minuto per minu-to; la mattina del 31 agosto, dopo poco più diun mese di interruzione, veniva ricostruita lacontinuità del fiume.

L'impatto della corrente di tracimazionecon l'alveo sottostante fu accompagnato da unboato: qualcuno più preoccupato e pessimista

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Fig. 20 - La costruzione del canale di tracimazione.

Fig. 21 - I componenti della Commissione Valtelli-na sull'accumulo di frana nei momenti iniziali dellatracimazione.

Fig. 22 - Curiosi assistono alla tracimazione.

Fig. 23 - Immagini della tracimazione.

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di noi pensò bene di allarmare il Ministro Ga-spari comunicandogli telefonicamente il crollo- per fortuna mai avvenuto - della diga con leparole: Signor Ministro è la fine!

Le ore più difficiliUna volta iniziata la tracimazione dopo me-

no di 24 ore la situazione si era stabilizzata: 40m3/s entravano a monte, 40 m3/s uscivano dalcorpo frana al controllo della stazione idrome-

trica di Le Prese, appena dopo il Ponte del Dia-volo. L'alimentazione idrica da partedell'A.E.M. veniva sospesa di lì a poco e congrande sollievo. L'acqua defluente nell'accu-mulo aveva eroso in misura modesta il canaledi sommità ma a più valle lo aveva approfon-dito di diversi metri (fig. 24) come aveva mo-strato il modello fisico.

La rispondenza col modello era stata dun-que notevole sicché la situazione poteva ritener-si sotto controllo. Sennonché le colate detritichescaricate dalla Val Pola rischiavano di chiudere ilcanale vanificando il risultato che faticosamen-te era stato raggiunto. Per tenerlo sgombro imezzi lavorarono ininterrottamente nel tentati-vo di raggiungere la quota di 1096÷1098 m s.mritenuta di sicurezza assoluta (fig. 25).

Con il pieno appoggio del Ministro Gaspa-ri, dopo i primi giorni di test soddisfacenti, laCommissione propose di revocare l'ordine disgombero con 15 giorni di anticipo.

Il fenomeno di piena del 3-4 settembre a la-go pieno aveva dimostrato poi la validità dellastrategia adottata, nonché la rispondenza del mo-dello fisico al sistema reale: sono molto espressi-ve, al riguardo, le foto della fig. 26, le quali mo-strano la notevole somiglianza della morfologiaassunta dall'ammasso detritico al passaggio dellacorrente, nel modello e nella realtà.

E' interessante rilevare incidentalmente,

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Fig. 24 - L'erosione dell'accumulo nel corso della tra-cimazione.

Fig. 25 - Ruspe in azione per controllare le colate de-tritiche della Val Pola.

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come una conferma della rispondenza del mo-dello alla realtà si ha anche dal confronto delvalore della portata colmo dell'onda di traci-mazione riscontrata nel modello fisico nellecondizioni naturali dell'accumulo di frana equello che si ricava dal diagramma di fig. 27nel quale sono riportati, per il caso delle dighenaturali formatosi per crollo di frane, i valoridi tali grandezze stimati in situazioni analoghe.Per le ragioni prima dette si è fatto riferimen-to nel calcolo del "dam factor" dell'altezza del-la diga per il volume dell'invaso, alla sola partealta dell'accumulo (fig. 27).

Durante i mesi della tracimazione control-lata era stato messo a punto un modello mate-matico di formazione delle onde di piena del-l'Adda chiusa alla sezione del lago, di conce-zione molto semplice e tuttavia in grado di as-sicurare previsioni delle piene del fiume abba-stanza attendibili. Il modello utilizzava i dati diprecipitazioni misurate in alcuni pluviografidell'A.E.M. situati nel bacino che potevano es-sere trasmessi, nel corso dell'evento, telefoni-camente ad un centro operativo situato a SanBartolomeo; esso era in grado di fornire i va-lori delle portate in uscita dal lago con anticipodi qualche ora e poteva essere tarato in conti-nuo utilizzando i dati di portata rilevati nellastazione idrometrica situata nella località "LePrese" messa in opera e tarata dalle Società

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Fig. 26 - Morfologia dell'alveo di tracimazione nel-la realtà (b-d) e nel modello (a-c).

Fig. 27 - Confronto tra la portata di colmo. dell'on-da di tracimazione riscontrata nel modello fisico equella che si ricava dall'interpretazione statistica dicasi analoghi verificatisi in varie aree del mondo.

Fig. 28 - Rappresentazione schematica del sistemadi previsione in tempo reale delle piene dell'Adda.

(a)

(b)

(c) (d)

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ISMES e CAE. Questo modello fu utilizzatodurante la piena del 26-27 settembre.

Grazie alla disponibilità di questo stru-mento (fig. 28) la commissione, forse per la pri-ma volta in Italia, riuscìa fare una previsione intempo reale di un feno-meno di piena di uncorso d'acqua di mode-sta dimensione in unasituazione di emergen-za (fig. 29).

Dopo diverse oredall'inizio di un feno-meno meteorico che sipresentava moltopreoccupante, la preci-pitazione si attenuò ra-pidamente per cessaredel tutto poco dopo.Forse azzardando unpò, potei assicurare ilPrefetto che ormai il ri-schio di collasso delladiga era passato ed evi-

tar un secondo sgombero della popolazioneche avrebbe avuto effetti sociali devastanti.

La piena della notte tra il 26 e il 27 set-tembre aveva però distrutto parte del lavorofatto sul corpo frana, poiché le colate di ma-teriale solido provenienti dalla Val Pola ave-

vano occluso in piena notte il canale di traci-mazione. I giorni successivi furono quindi de-dicati al ripristino del canale (fig. 30), opera-zione che continuò fino al vuotamento del la-go avvenuto, come si è visto poco più di unmese dopo.

Queste per sommi capi le azioni che laCommissione aveva messo in atto per ridaretranquillità alla valle: la progettazione, la co-struzione e la messa in opera delle stazioni di

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Fig. 29 - Lo sperone di San Bartolomeo dove era at-tivo il centro operativo della Commissione Valtellina.

Fig. 30 - Ruspe al lavoro per riaprire il canale di tra-cimazione ostruito dalle colate detritiche.

Fig. 31 - Grafico riassuntivo delle azioni messe in atto per il controllo dei ri-schi conseguenti alla traci-mazione dell'accumulo di frana.

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pompaggio, gli studi condotti con i metodipiù avanzati della ricerca scientifica, la diffi-cile decisione di anticipare la tracimazione, lafine dell'emergenza, sono riassunte nel grafi-co di fig. 31 che mostra la scansione tempo-rale di queste operazioni. Rivista a distanzadi tempo, sembra quasi impossibile aver fat-to tutto ciò nel giro di tre mesi - agosto-ot-tobre - in cui tutto o quasi tutto si ferma ediviene pressoché impossibile approvvigio-narsi di qualsiasi cosa e trasportarla attraver-so una situazione viaria resa difficilissimadalla interruzione della strada statale perBormio. Il merito va a tante persone; a no-minarle tutte ne verrebbe fuori un elenco in-terminabile con il rischio di dimenticarequalcuno che avrà lavorato con il medesimoimpegno e passione degli altri.

Sento però di dover di ricordare tre prota-gonisti di questa vicenda: il Ministro Remo Ga-spari, l'Ing. Paolo Molinaro brillante ricercato-

re del C.R.I.S. Enel che ci ha lasciati in giova-nissima età e Paride Cariboni coraggioso im-prenditore Valtellinese (fig. 32). Ad essi dedicoquesto mio lavoro.

Passata l'emergenza acuta furono portatiavanti, ormai in tranquillità, i provvedimentiprevisti in una delle prime riunioni della Com-missione: le gallerie di by-pass (figg. 33 e 34)realizzate dall'Impresa Italstrade, disegnate dal-la Commissione e progettate in fase esecutivadal Prof. Luigi Da Deppo.

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Fig. 32 - In compagnia di Paride Cariboni. (le aree).

Fig. 33 - Le gallerie di by-pass, planimetria (a), ma-nufatto di dissipazione (b), opere di imbocco (c).

Fig. 34 - Modello idraulico dell'opera di dissipazio-ne a valle delle gallerie.

Fig. 35 - Le briglie di consolidamento dell'accumu-lo in fase di costruzione

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Il consolidamento dell'accumulo di frana(fig. 35) e il vallo di contenimento delle colatedetritiche della Val Pola (fig. 36) realizzati dal-l'impresa Lodigiani; la strada per Bormio

realizzata dall'impresa Cariboni.Il consolidamento dell'accumulo di frana

realizzato dall'impresa Lodigiani (fig. 35).

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Fig. 36 - Il vallo di contenimento delle colate detri-tiche.

Fig. 37 - La strada per Bormio.

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