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LA GLORIA DEI PORTOGHESI: ANCORA SULL'EPISTOLA DI POLIZIANO A D. JOÃO II RTTABISCETTI Ha scritte Hans R. Jauss che ogni civiltà è popolata da miti e immagini ca- noniche che ne costituiscono quasi il códice genético. Ogni impresa o comporta- mento di una determinata epoca verrebbe quindi recepita secondo le aspettative di una comunità che vive in quel códice^. Vanno considerate in questa prospettiva le reazioni dei portoghesi, o almerio delle classi dominanti del Portogallo tardo - quattrocentesco, o gli stimoli di quel desiderio di gloria che si era instaurato nel paese con le prime imprese di scoperte e conquista. Anche dal Portogallo erano partia i nuovi umanisti alia volta dell'Italia dove un personaggio come Angelo Poliziano sarebbe divenuto il maestro di un manipolo di dotti che avranno i nomi di Aires Barbosa, Henrique Caiado e Luis Teixeira®. È in questo contesto che nasce la nota epistola di D. João II al Poliziano^ 3 ). (í) (2) (3) Hans Robert Jauss, Asthetische Erfahrung und literarische Hermeneutik, Frankfurt, 1982, da me consultata nella traduzione di Bruno Argenton, Esperienza estética ed ermeneutica letteraria, Bologna, II Mulino, 1988. SuU'introduzione dell'Umanesimo in Portogallo, ancora fondamentale la sintesi di Américo da Costa Ramalho, "A Introdução do Humanismo em Portugal". Ora nei suoi Estudos sobre o século XVI, Lisbonne-Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 1980; 2- edizione, Lisboa, 1983. Vedi inoltre José V. de Pina Martins, "L'Humanisme Européen et son rayonnement au Portugal", nel suo Humanisme et Renaissance de l'Italie au Portugal. Les deux regards de Janus. Lisbonne-Paris, Fondation Calouste Gulbenkian, 1989, vol.JJ, pp. 1031 e sgg. Per il testo delle lettere del Poliziano a D. João II, a Luís Teixeira e per la risposta del re, cfr. Angelo Poliziano, Opera omnia, a cura di Ida Maier, Torino, Bottega d'Erasmo, 1971, vol. I, pp. 136-140. Fidelino de Figueiredo, A Épica Portuguesa no século XVI, Lisboa, Imprensa Nacional Casa da Moeda, 1- ed. São Paulo, 1950; Guido Battelli, «La corrispondenza dei Poliziano col re Don Giovanni II di Portogallo», in La Rinascita, Firenze, 2, 1939, pp.280-298. La lettera del Poliziano a João Teixeira è riportata nelTappendice di

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LA GLORIA DEI PORTOGHESI:

ANCORA SULL'EPISTOLA DI POLIZIANO A D. JOÃO II

RTTABISCETTI

Ha scritte Hans R. Jauss che ogni civiltà è popolata da miti e immagini ca-noniche che ne costituiscono quasi il códice genético. Ogni impresa o comporta­mento di una determinata epoca verrebbe quindi recepita secondo le aspettative di una comunità che vive in quel códice^.

Vanno considerate in questa prospettiva le reazioni dei portoghesi, o almerio delle classi dominanti del Portogallo tardo - quattrocentesco, o gli stimoli di quel desiderio di gloria che si era instaurato nel paese con le prime imprese di scoperte e conquista. Anche dal Portogallo erano partia i nuovi umanisti alia volta dell'Italia dove un personaggio come Angelo Poliziano sarebbe divenuto il maestro di un manipolo di dotti che avranno i nomi di Aires Barbosa, Henrique Caiado e Luis Teixeira®.

È in questo contesto che nasce la nota epistola di D. João II al Poliziano^3).

(í)

(2)

(3)

Hans Robert Jauss, Asthetische Erfahrung und literarische Hermeneutik, Frankfurt, 1982, da me consultata nella traduzione di Bruno Argenton, Esperienza estética ed ermeneutica letteraria, Bologna, II Mulino, 1988.

SuU'introduzione dell'Umanesimo in Portogallo, ancora fondamentale la sintesi di Américo da Costa Ramalho, "A Introdução do Humanismo em Portugal". Ora nei suoi Estudos sobre o século XVI, Lisbonne-Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 1980; 2- edizione, Lisboa, 1983. Vedi inoltre José V. de Pina Martins, "L'Humanisme Européen et son rayonnement au Portugal", nel suo Humanisme et Renaissance de l'Italie au Portugal. Les deux regards de Janus. Lisbonne-Paris, Fondation Calouste Gulbenkian, 1989, vol.JJ, pp. 1031 e sgg. Per il testo delle lettere del Poliziano a D. João II, a Luís Teixeira e per la risposta del re, cfr. Angelo Poliziano, Opera omnia, a cura di Ida Maier, Torino, Bottega d'Erasmo, 1971, vol. I, pp. 136-140. Fidelino de Figueiredo, A Épica Portuguesa no século XVI, Lisboa, Imprensa Nacional Casa da Moeda, 1- ed. São Paulo, 1950; Guido Battelli, «La corrispondenza dei Poliziano col re Don Giovanni II di Portogallo», in La Rinascita, Firenze, 2, 1939, pp.280-298. La lettera del Poliziano a João Teixeira è riportata nelTappendice di

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Su di essa torniamo per sottolinearne aîcuni aspeîti poço studiati: e principalmente il rapporte dei portoghesi con quella gloria che secondo il cânone umanistico doveva premiare i valorosi,

Le scoperte geografiche e le lotte dei portoghesi contra gli infedeli dovevano rientrare di diritto entro i Iimiti della storiografia umanistica che li voleva immorta-lati dalla celebrazione poética dello scrittore latino famoso. Il racconiQ mitico infatti rientra continuamente in gioco come risposta ad una interrogazione che ogni epoca rivolge in modo sempre différente alla propria condizione storica.

È importante essere ricordati dai posted per le proprie imprese e per la gloria acquisita durante la vita, è importante che la fama voli nel mondo e faceia conoscere a tutti le res gestae compiute. Soltanto cosi la gloria e il nome di una persona saranno imperiture e serviranno di modello ai posteri. Biondo Flávio nel V capitolo della sua Roma Triumphans W raccoglie le definizioni di gloria date dagli antichi e concede anche al cristiano la possibilita di aspirarvi.

Che cosa è la gloria per gli umanisti? Gli autori latini erano saturi dei senso di gloria e il tema dei loro scritti, il dominio universale di Roma, era particolarmente affascinante. È cosi che la schiera dei poeti-filologi umanisti si impadronisce della gloria in doppio senso: per sé, in quanto divengono celebri con le loro opere, per gli altri, in quanto, come poeti e storici, si fanno dispensatori consapevoli della fama altrui. Torquato Tasso infatti nel celebre sonetto a Vasco da Gama, premesso alla II edizione (1598) delle Rimas d| Camões, dichiara che più della gloria del navigators portoghese vale la gloria del suo cantor© Camões:

Vasco, le cui felíci, ardite antenne Incontro al sol che ne riporta il giomo Spiegâr le vele e fêr eolà ritomo Qv'egli par che di cadere aceenne, Non più di te per aspro ma* sosterme

Quel che fece ai Ciclope oltraggio e scorno,

(4)

Tke Eclogues of Henrique Cayado, edited, with Introduction and notes, by Wilfred P. Mustard, Ph.D, D. Lett., Oxford, University Press, 1931. Sul problema delia Roma Triumphans, cfr. Scritti Inediti e Rari di Biondo Flávio, con introduzione di Bartolomeo Nogara, Roma, Tipografia Poliglotta Vaticana, 1927. Nel momento in cui il presente lavoro viene consegnato per le stampe, esce per i tipi della Fundação Calouste Gulbenkian il volume di Luís de Matos, L'expansion Portugaise dans la Littérature Latine de la Renaissance, Lisbonne-Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 1991 (tesi discussa alla Sorbonne nel 1959) in cui molti dei materiali da me studiati vengono esaminati. Mi riprometto di ritornare sull'argomento in una prossima occasione.

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Né chi turbo 1'Arpie nel suo soggiorno, Ne diè più bel subietto a coite penne.

Ed or quella del coito e buon Luigi Tant'oltre stende il glorioso volo Ch'i tuoi spalmati legni andar men lunge:

Ond'a quelli a cui s'alza il nostro polo, Ed a chi ferma in contra i suoi vestigi Per lui del corso tuo la fama aggiunge.'-')

È questo il periodo nel quale si scrivono biografie di uomini e di donne cele-bri, avendo come modello Plutarco, Cornelio Nepote, Valério Massimo. Ricordiamo prima di tutto i sei Triumphi dei Petrarca: Triumphus Cupidinis, Pudicitie, Mortis, Fame, Temporis, Eternitatis. Quello che ora ci interessa è il Triumphus Fame, nel quale alla destra delia dea si trovano Cesare e Scipione seguiti da una lunga teoria di uomini e donne illustri fino ai contemporanei dei poeta: il re Roberto d'Angio e Stefano Colonna il Vecchio, e ancora di Petrarca il De viris illustrious. Ma potrem-mo aggiungere, per ricordare soltanto i più noti: VAmorosa Visione del Boccaccio, poema"in terzine dantesche in cui c'è il ricordo dei Triumphi dei Petrarca, ancora dei Boccaccio i nove libri De casibus virorum illustrium intesi ad illustrare la storia di grandi personaggi e il trattato De claris mulieribus, che comprende centoquattro biografie di donne famose da Eva alia regina Giovanna di Napoli. Ricordiamo inoltre i Commentari Urbani di Raffaele di Volterra e il De claris mulieribus di Jacopo Filippo Foresti Bergomense,

Il poeta-filologo ha la ferma convinzione di essere 1'arbitro delia fama, anzi dell'immortalità, o no, dei personaggi che si affidano, o non si affidano, alia sua penna. II latino compie la sua funzione di lingua delia nuova cultura: per mezzo di esso si svolgono gli scambi intellettuali fra dotti e letterati di tutti i paesi.

D. João II è íl re portoghese che ha compreso perfeitamente lo spirito uma-nistico: 1'importanza delia gloria per valorizzare le proprie imprese, ma anche la ne­cessita di una buona remunerazione per il poeta illustre che le canterà in una lingua compresa da tuíti gli uomini colti di sempre. Eglí lo scriverà in tutte lettere nella sua risposta a Poliziano, quando questi, come vedremo, gli proporrà di cantare la gloria dei portoghesi:

(3) Cito da: Rime di Torqùato Tasso, vol. IV, Bologna, 1902, p.193. Questa ed. Solerti, basata sulla Princeps, è 1'unica a riportare le varianti dei manoscritto bolognese.

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... intelleximus, te glori ostrae (si qua in humanis est) fore per-cupidum, et nomen nostrum c rebus gestis, tuo literário beneficio ab oblivionis rubigine reddere exempium. Quae etsi satis magnum summae in nos benevolentiae ac observantiae argumentum testantur, tamen ea magis ab animi tui probitate, ingeniique acumine, atque doctrinae copia, quae ionge maiora suspirant, credimus emanasse. Pro quibus magnas tibi habemus gratias, quas dum tempus et res exegerint, cumulatiores referemus, speramusque tuae erga nos affectionis te non poenitereW.

E ancora questo riscatto della propria mortalità (nostrae mortalitatis redemp-tionem), secondo il re portoghese, dovrà essere fatto in modo che le imprese com-piute vengano conosciute da tutti: è necessário perciò che, non solo siano redatte in lingua latina, ma in uno stile nobile e forbito come sarebbe stato possibile soltanto ai Poliziano. Anzi, aggiunge il re, egli avrebbe fatto redigere gli annali, scritti fino ad allora in lingua volgare e pátria, e cioè in portoghese, in lingua etrusca latina, ancorché "familiare" e cosi sarebbero stati recapitati ai poeta:

In cuius executionem curabimus diligenter, ut annales nostri, quos vulgari et pátrio sermone pro regni instituto posteris tradendos iubemus, hi etrusca lingua, vel latina saltem familiari demum conficiantur..."'

Ricordiamo, a questo propósito, che D. João II aveva come segretario parti-colare il famoso umanista Cataldo Parisio Siculo che Costa Ramalho indica come l'introduttore deH'umanesimo in Portogalio®. La lettera del re dice inoltre:

...ad te scilicet quam primum deferendi, ut eos iuxta veritatis tenorem, nostram in memoriam ita tuis salibus, et gravitate, doctrinaque respergas, limaque expolias, ut saltem tua convivante facúndia, lectione dignos efficias. Nam multum interest (ut melius nosti) quo dicendi modo unumquodque, licet egregium sit, referatur. Quid quemadmodum usu videmus óptimos natura cibos prudenter reiici, cum sordidius parati sint: sic etiam historiam, quae ornatu suo ac nitore vacat, contemnendam, reiiciendamque existimamus.O

Ma, continua D. João II, non esiste nessuna preoccupazione per i nostri annali se tu li renderai degni di essere letti: soltanto cosi il Portogalio acquisterà la gloria che si è meritato compiendo imprese tanto importanti.

Due le affermazioni da sottolineare di D. João II: "gli annali scritti, secondo l'uso del regno, per i posteri, in lingua portoghese" e "per suo ordine, redatti in lin-

W Lettera del re D. João II in risposta a quella del Poliziano. C7) ibid.

' ' Su Cataldo Parisio Siculo fondamentali gli studi di Américo da Costa Ramalho; cfr. quelli indicati nel volume cit. alla nota 2.

'"' Lettera del re.

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gua latina, anche se familiare", ma soprattutto il fatto che "limati dalla penna dei Poliziano, questi stessi scritti saranno degni di essere letti". Ma letti da chi? Che necessita c'era perché le imprese compiute fossero lette e considerate exempla per i posteri e che fossero scritte in latino? Per i portoghesi era sufficiente che fossero scritte e, si presume, molto meglio, se scritte in portoghese. Perché dunque questa compilazione in latino? Forse per facilitare il compito al Poliziano, nonostante i 54 studenti portoghesi che frequentavano lo Studio Fiorentino negli anni compresi tra il 1473 e il 1503(10\ oppure perche solo il latino coito era veicolo di trasmissione.

D. João II fu un umanista nel senso più completo dei termine non solo perché si adoperò con ogni mezzo per mettere in contatto studiosi portoghesi con studiosi italiani, perché usava il latino, come dei resto tutti i monarchi dell'epoca, per cor-rispondere con principi e dotti, ma soprattutto perché aveva capito che la fama delle imprese portoghesi sarebbe diventata gloria soltanto se queste fossero state conos-ciute nel dettaglio dai dotti di tutto il mondo e che il veicolo utile a questo scopo era esclusivamente la lingua latina espressa in uno stile forbito. La storia infatti di per sé "ornatu suo, ac nitore vacat" e quindi gli annali che la registrano non si prestano ad essere letti gradevolmente.

Dei 54 studenti portoghesi, sopra ricordati, che frequentavano lo studio fio­rentino, soltanto da sei venivano studiate le humanae litterae. Tutti gli altri studia-vano medicina o diritto. I tre figli dello Chanceler-Môr di D. João II, João Teixeira, e cioè Álvaro, Tristão e Luís^11) nel 1488 frequentavano sicuramente lo studio del Poliziano e, molto probabilmente, seguirono anche il corso, per studenti stranieri, su Plinio che il poeta aveva organizzato nel 1490 "Britannis quibusdam et Lusitanis, qui se Fîorentiam contulerant studio'^12).

Il 17 agosto 1489 da Firenze, il Poliziano scrive una lettera a João Teixeira per dargii notizia dei progressi fatti dai figli negli studi, ma forse soprattutto, per chiedere una "raccomandazione" per la proposta fatta al re nella lettera che, molto probabilmente, invia insieme a quella:

" ° ' Armando F. Verde, o.p., Lo Studio Fiorentino 1473-1503 . Ricerche e Documenti, Pistoia, Presso «Memorie Domenicane», 1977, vol.III, p.XXIII.

*• ' ' Su Luís Teixeira cfr., tra 1'altro, Américo Costa Ramalho, «Luís Teixeira», in Humanitas,

Coimbra, vol. 29 e 30, 1977-78, pp.223-225. *• ' Vincenzo Fera, Una ignota Expositio Suetoni dei Poliziano, Messina, Centro di Studi

Umanistici, 1983, p.19.

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...Qua fiducia videlicet ausim rogare te, clarissime vir, ut epistolae meae, quae iudicium regis tui tamquam Apollinis subitura iam nunc tota tremit atque horrescit, tantum favoris impertias auctoritate, qua polies, ut indulgentiam potius quam censuram tantae illius maiestatis experiatur. Vale."3)

Segue la data, mentre non è datata la lettera inviata al re. Certamente dunque questa alio Chanceler-Môr è di accompagnamento a quella per il re. Anche in questa lettera, diciamo cosi "secondaría", Poliziano usa ló stile coito che gli è abituale e termina i'epistola con il clássico topos letterario di modéstia che è anche una bella immagine poética. Essa, 1'Epistola, trema e ha orrore per il doversi sottoporre al giudizio del Dio Apollo, signore délie Muse, e cioè del re di Portogallo.

Dei tre fratelli Teixeira il più importante fu senza dubbio Luis, giurista dello Studio ferrarese, nello stesso período in eui questo era frequentato da Henrique Caiado, ma anche alunno del Poliziano a Firenze. Su di lui conosciamo, tra l'altro, una notizia curiosa: possedeva un vocabolario (cosa evidentemente molto rara) che veniva usato da coloro che seguivano il corso del Poliziano^14). Gli elogi délia lettera inviata a João Teixeira sono dunque ben meritati, i figli dello Chanceler-Môr di D. João II sono veramente degli studenti modello. Nonostante che siano tanto lontano dalla casa, dalla pátria, dagli occhi del padre, rifuggono da tutte quelle cose che, comprendono, potrebbero essere disdicevoli al loro buon nome: sono relígiosí, si preoceupano delia loro salute, studiano con costanza ed entusiasmo insomma sono próprio figli dí tale padre:

Ingeniis autem sic excellant, ut facile se (ne multa dixerim) tuos esse liberos déclarent, Percipiunt facile, quae traduntur, pronunciam eleganter, retinem fideliter, imitantur féliciter, Iam de studio quid dixerim? Nihil equídem ego ardentius, nihil vidi perseverantius. Tantos ergo iam língua utraque fecere profectus, ut ipse quoque non ímperitissímus íngeníorum magíster obstupes-cam,(")

Questo Luís Teixeira, tomato in pátria, fu precettore dei futuro D. João III, il re portoghese per íl quale.Gíi Vicente scrisse e rappresentò a corte, anzi nella stanza dove era nato, il giorno delia sua nascita, l'Auto da Visitação o Monólogo do Vaqueiro, primo testo dei teatro portoghese.

Umanísti italíaní come Stefano da Napoli, Giusto Saldino, Cataldo Parisio Siculo, vivono in Portogallo presso la corte di Afonso V, invitati dal re. Próprio

\*3) Letters dei Poliziano a João Teixeira, (* ' A propósito dei soggiomo a Ferrara e a Firenze dei tre figlí di João Teixeira cfr., tra I'altro,

Vincenzo Fera, op.oit., pp.17-21. (*'' Lettera dei Poliziano a JoSo Teixeira.

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Giusto Baldino è chiamato in Portogallo, intorno ai 1470, per redigere in latino le antiche cronache dei re portoghesi ma, nominato vescovo di Ceuta, non può assol-vere il compito^16). Nel 1460, Matteo Pisano scrive, in latino, perche l'avvenimento fosse conosciuto da tutti, un libro sulla conquista di Ceuta, De Bello Septensi che però ebbe poça fortuna e rimase inédito fino ai 1790 quando fu pubblicato dall'abate Corrêa da Serra^17). II latino era la lingua dei letterati e dei dotti, era perciò 1'unico veicolo importante di diffusione delle idee e delle imprese compiute.

Al Poliziano 1'occasione di avere come discepoli i figli dello Chanceler-Môr dei re portoghese sembrò la più propizia per poter scrivere, in latino o perfino in greco, un poema su imprese cosi famose soltanto per essere state compiute. Gloria avrebbero conferito a D. João II, ma avrebbero ancor più reso famoso il cantore di tante gesta. Non a caso il poeta si dichiara disposto a scrivere anche in lingua greca:

seu graecae, seu latinae linguae consecrentur^18)

forse per evidenziare ancora di più le proprie capacita culturali. Il poeta è certo che un re che ha compiuto imprese cosi importante che è amico di Lorenzo de' Mediei e di tanti uomini dotti sicuramente comprenderà il valore dei conferire immortalité ad opere che, altrimenti, giacerebbero nel cumulo in cui sono raccolte tutte le opere delia fragilità umana che non sono state celebrate dagli uomini dotti:

Absit hoc, absit excellentissíme rex, ut tuae istae immortalitate dignís­simas laudes, in vasto illo nostrae fragílitatis acervo delitescant. In quo vide­licet omnium labores obruti iacent, quicumque doctissímorum virorum suffragiis caruerunt.'''^

L'amicizia tra Lorenzo de' Mediei e il re è molto sottolineata dal Poliziano ed è ricordata, quasi in chiusura delia lettera, come amicízia comune e sieuro elemento di capiatio benevolentiae presso D. João II.

Irmutritus autem pene a puero sum (si quid hoc ad rem facit) castissimis illis penetralibus magni viri, et in hac sua florentissima republica principis Laurentii Medíeis: qui cum sit ipse quoque in primis tui cupidissimus, etiam me

d°> Joaquim Veríssimo Serrão, A Historiografia Portuguesa, Lisboa, Editorial Verbo, 1972, vol.I, pp.93-94.

v-'' L'edizione è a cura deli'Academia das Ciências, nella «Colecção de Livros Inéditos de História Portugueza», vol.II. Ancora a cura deli'Academia das Ciências ne è stata pubblicata una traduzione portoghese: Livro da guerra de Ceuta, escrito por Mestre Mateus de Pisano, tradução de Roberto Correia Pinto, Lisboa, 1915. L'originale si trova nella biblioteca di D. Manuel H, nel Palazzo di Vila Viçosa.

d°' Lettera dei Poliziano ai re. (19) ibid.

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verbis aliquando suis in istius amorem virtutis ita mflarnmavit, ut dies, noctes-que de tuis cogitare praeconiis non desistam...^0)

Lo stesso re invia una lettera, in latino, a Lorenzo de' Medici nel 1487 e, succes-sivamenîe, due al figîio e successore Piero (1494 el50Q). Lorenzo era dunque coîui che stava all'origine deO'ammirazione del Poliziano per il re del Portogallo. Gli elementi di "raccomandazione" sono eleocati in un crescendo importante:

1) ho richiesto ai giovani aliievi, figli dello Chanceler-Môr, di fare copiare, in pátria, i commentari delle vostre res gestae, se esistono, ed essi hanno promesso di farlo con la massima diligenza possibile per quelîo che devono al loro maestro. Non volendo essere tacciato di pusillanimità, preferisco scrivere di persona al re ed essere tacciato di audácia per aver osato rinnovare questa richiesta;

2) professionalmente ho ottenuto una certa celebrità;

3) fin da piccolo ho vissuto in casa di Lorenzo de' Medici che mi ha trasmesso l'amore per il tuo valore;

4) sono capace di immortaiare le tue imprese e le tue virtù in lingua greca o latina.

Non esiste più il topos di modéstia che Poliziano aveva usato alla fine délia lettera inviata a João Teixeira, non esiste qui il tremit atque horrescit confessato all'amico, padre dei suoi aliievi, sulla possibile censura che il re, novelîo Apollo, avrebbe potuto fare alla sua lettera. in questa, indirizzata direitamente al re, il poeta si présenta in tutta la sua capacita di poter conferire immortalità ad una persona che, con le sue imprese e le sue virtù, ha già acquistato la gloria: una gloria comunque peritura se non verra proposta all'attenzione dei posted dalla lingua coita usata dal Poliziano.

Le res gestae di D. João II sono state veramente moite e il loro elenco costituisce la parte centrale délia lettera, mentre l'elogio delle benemerenze del re ne è la parte iniziale. Una supplica a non lasciar perire tanti meriti chiude la prima parte e una supplica ad accettare il poeta come cantore di îanta gloria chiude la seconda.

Il re João II

Ut enim quae pene puer adversus Ímpias Africae contumacis gente praelia gesseris, ut fusos diversorum hostium validíssimos exercitus, ut capta oppida vi, praedas abaetas, impositas nationibus asperrimis leges, ut idem domesticas artes, et decora pacis minime bellicis concessura praeterirem: quanta se mini

(20) ibid.

La gloria dei portoghesi: ancora sull'epistola di Poliziano a D. João II 299

tandem reruira vix credibiliurn fácies aperiret, si lacessitos, confractosque remigio tuo rudes, intactosque prius oceani tumentis fluctus comrnemorarem, despectas Herculis metas, redditum sibi ipsum, qui fuerat intervulsus, orbem terrarum, Barbariamque illam, ne rumoribus quidem nobis antea satis cognitam, fatuam, immanem, incultam, sine more, sine lege, sine religione, ferino prope ritu degentem, nunc humanitati, nunc vitae, nunc docilitati, et cultui, nunc etiam pietaíi restituíam?""

Qualche anno più íardi, Camões scriverà, dei portoghesi, che essi percorrevano:

mares nunca d'antes navegados.̂ 22)

II re portoghese, continua Poliziano, è stato quello che ha soggiogato con i suoi eserciti i'Oceano, ha tratto fuori dalle ténèbre eteme e restituito alia luce dell'universo terre, mari, mondi:

... a te perdomiti Oceani magnis quibusdam exercitibus, ... terras alias, mare aliud, alios mundos, aliaque postremo sidera non magis invenisti, quam ab aetemis tenebris, et a veteri pene dixerim chao, rursus in hanc publicam lucem protulisti?<23)

Altri meriti di D. João II sono elencati nella seconda parte délia lettera: 1) Essere re deîla Lusitânia vuole dire essere re di Romanae multitudinis

perché nei tempi antichi moîtissime colonie romane popolarono quella regione.

2) Liberatore dell'Africa, cioè deîla terza parte délia terra, dalle catene dei barbari.

3) Difensore delia santa fede Cristiana e delia vera religione, arbitro supremo delia pace e delia guerra contro la perfídia rnaomettana.

4) Sequester et ianitor di un mondo diverso e di numerosissime nazioni talmente lontane e sconosciute dove non arrivavano nemmeno le pur velocissime ali delia fama.

5) Dispensatore dei battesimo a monarchi sconosciuti che anelano soltanto di visitaria, di adorare íe vestigia dei suoi passi e di gettarsi ai suoi piedi per ricevere il sacramento dalla sua destra potente tanto per la fede come per le armi.

(2D ibid. (22> Camões, Lus., I, 1. (23) ibid.

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Per tutti questi motivi gli abitanti degli estremi confini del mondo accorrono presso il trono del re portoghese per vedere da vicino il suo sembiante, simile a quello degli abitanti del cielo, in tutta la sua bellezza e la maestà divina delia sua fronte regale.

Un re cosi importante e singolare non può certamente non tenere in con-siderazione 1'importanza di diventare immortale per se stesso e per essere di esempio ai propri discendenti. Alessandra, si narra, pianse suila tomba di Achille ritenendolo fortunato perche aveva avuto Omero come cantore delle sue imprese; Cesare scriveva le memorie dei suoi fatti perfino sul campo di battaglia e durante la lotta. Anche Camões ricorda il fatto:

Vai Cesar so[b]jugando toda França E as armas não lhe impedem a ciência: Mas, nua mão a pena e noutra a lança."'*)

È dunque degno dell'intelligenza divina dei re riflettere su queste argomentazioni: occorre lasciare ai figli e ai nipoti norme e regole perche essi non deviino dalla perenne e certa virtu degli antenati. Avere figli di rara bellezza e non alimentarli è come compiere azioni gloriose e non renderle famose attraverso le lettere:

Nihil autem interest, utrum pulcherrimos quispiam filios gignat, nec cíbis tamen enutríat, an íngentia edat facínora, nec literis tamen illustret. Absit hoc, absit excellentissime rex, ut tuae istae ímmortalitate dignissimae laudes, in vasto illo nostrae fragilitatis acervo delitescant.í'")

Le conquiste e le navigazioni portoghesí dovevano essere considerate, a Ro­ma, moite important! se íl desiderío di Polizíano era già stato di Biondo Flávio che, da Siena, il Ia marzo 1459 scrive, su suggerimento dí João Fernandez da Sylveira, ad Afonso V dí Portogallo per congratularei delle vittorie riportate in Africa contro i Mori e dirgli che volentíeri ne avrebbe scritta la storia se il re gli avesse procurato gli elementi necessari; Afonso V sarebbe stato cosi di esempio ai posteri e sarebbe divenuto immortale perché le sue imprese sarebbero durate negli anni futuri almeno finché fossero esistite le lettere latine:

... et quidem ílli parem superioremque quam Traianus Hadrianus et Theo-dosius, Romani principes, tui Hispani, rerum a se gestarum, quas elegantes

<24) Camões, Lus., V, 96. (25) ibid.

La gloria dei portoghesi: ancora sull'episiola di Poliziano a D. João II 301

conservant historiae, adiumento etíam nunc habent, et dum Latinae durabunt

litterae, habituri suntC26),

Biondo Flávio iascia passare due anni dall'invio delia leitera ai re, e non avendo avuto risposta scrive ali'amico Joio Fernandez da Sylveira, il 30 gennaio 1461 da Roma, ricordandoglí la sua promessa falta a lui e ai re di scrivere la storia delia guerra contro i Mori e delle navigazioni intraprese da Afonso V nell'Ailantico, non appena avesse terminate di scrivere la Roma Triumphans e avesse avuto a disposizione notizie e documenti necessari: non gli erano pervenute né le une né gli altri e cosi era sovente rimproverato da tutti per ií ritardo, Nemmeno questa lettera ottiene una risposta e il Biondo rinuneia definitivamente dedicandosi ad altri lavorí letterari(27>.

I due scrittori italiani furono aceomunati dalla stessa sorte: nessuno dei due scrisse la storia delle res gestae portoghesi; il Biondo non ebbe ncppure forse la risposta di Afonso V, il Poliziano ebbe quelia cortese e lusinghiera di JoEo II, ma nessuno dei due le notizie che servivano alia stesura dcll'opera. Poliziano forse mort prima di poterie avère. La lettera del re portoghese scritta a Poliziano in risposta a quelia del poeta ha la data del 23 ottobrc 1491 in Lisbona, l'umanista muorc a Firenze nel settembre del 1494,

Di 11 a poehi anni i portoghesi veleggeranno verso l'Italia e attraverseranno l'oceano, Illustreranno ai mondo 1© loro impress con ambascerie e discorsi famosi. Ma l'idea di gloria ehe gli umanisti avevano tanto propagato si è ormai saldamente radícata nella cultura portoghese: Camões scriverà in portoghese, perche sia acces­sible a tutti i portoghesi, il poema épico delia sua gente, anche lui convinto che contano le imprese compiute, ma la gîoria si acquista soltanto se cantati dai poeti:

Quem valerosas obras exercita,

Louvor alheio muito o experta o incita.

Não tinha em tanto os feitos gloriosos

De Aquiles, Alexandre, na peleja,

Quanto de quem o canta os numerosos

Versos: isso só louva, isso deseja.

" ' II testo è tratto dall'ed. delle Leliere di Biondo Flávio curata da B. Nogara, op.cit. (27> id., pp. CLXI-CLXH.

302 RXTABISCETTI

E diz que nada tanto o deleitava

Como a voz que seus feitos celebrava."8^

E possiamo concludere qaeste note con quanto aveva dichiarato il modello

estético di Camões, 1'Ariosto, per CEí 1'opera dei poeíi nel "togliere dalFoblio" gli

uomini degni era fondamentale:

Ma come i cigni che cantando lie ti

rendeno salve le medaglie aí tempio,

cosi gli uomini degni da' poeti

son tolti da l'oblio, più che morte empio.

Oh bene accorti principi e discreti,

che seguite di Cesare 1'esempio,

e gii scrittor vi fate amici, donde

non avete a temer di Lete 1'ondeK^'

Tuttavia, continua 1'Ariosto, i buoni poeti sono rari per colpa dell'avarizia dei

signori attaali

Credi che Dio questi ignoranti ha privi

de lo intelletto, e loro offusca i lumi;

che de la poesia gli ha fatti schivi,

acciò che morte il tutto ne consumi.

Oltre che dei sepolcro usciran vivi,

ancor ch'avesser tutti i rei costumi,

pur che sapesson farsi arnica Cirra,

più grato odore avrian che nardo o mirra"0)

Nell'antichità, invece, il mecenatismo era on valore molto importante; ed è

per questo che sono stati valorizzati e sono ricordati tultora gii antichi eroi:

Non si pietoso Enea, né forte Achille

fu, come è fama, né si fiero Ettorre;

e ne son stati e mille e mille e mille

che lor si puon con verità anteporre:

(2S) Camões, Lus., V, 92-93, passim. ^29) Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, XXXV, 33-40. (3°) ibid., 49-56.

La gloria dei portoghesi: ancora sull'epistola di Poliziano a D, João II 303

ma i donati palazzi e le gran ville

dai discendenti lor, gli ha fatto porre

in questi senza fin sublimi onori

da 1'onorate man degli scrittori.'^i)

Per 1'Ariosto dunque soltanto il canto dei poeti rende immortali coloro che hanno compiuto grandi imprese. Gli eroi assumono qualità e virtu soltanto attraverso gli scrittori i quali però devono essere ben remunerati dai discendenti di tali perso-naggi se costoro desiderano avere antenati illusiri.

(3 1) ibid., 57-64.