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9 Capitolo 1: Il diritto processuale civile La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 1 della Parte Prima, riportata a pag. 9, deve intendersi sostituita dalla seguente: D) Le fonti del diritto processuale civile Le fonti legislative che regolano la materia sono: 1. Il Codice di procedura civile Esso è diviso in 4 libri: — Libro I: Disposizioni generali (artt. 1-162); Libro II: Del processo di cognizione (artt. 163-473); — Libro III: Del processo di esecuzione (artt. 474-632); — Libro IV: Dei procedimenti speciali (artt. 633-840). L’originario assetto del codice di rito è stato profondamente e sostanzialmente modificato dalle leggi speciali che sono intervenute direttamente sul testo normativo, modificando, abrogando ed aggiungendo articoli al codice stesso: — la L. 26-11-1990, n. 353 e succ. modif., concernente provvedimenti urgenti per il processo civile; — la L. 21-11-1991, n. 374, e succ. modif., che ha istituito il giudice di pace; — la L. 5-1-1994, n. 25, che ha modificato la disciplina dell’arbitrato; — il D.Lgs. 19-2-1998, n. 51, che ha disciplinato le modalità di attuazione della riforma del giudice unico di tribunale e di soppressione dell’ufficio del pretore; — la L. 3-8-1998, n. 302, che ha previsto la delegabilità ai notai delle operazioni relative alla vendita con incanto nelle esecuzioni di beni immobili e di beni mobili registrati; il D.L. 14 -3-2005, n. 35, conv. in L. 14 -5-2005, n. 80, che ha apportato numerose modifiche al processo civile, finalizzate ad una sua razionalizzazione e velocizzazione; — la L. 28-12-2005, n. 263, recante interventi correttivi al d.l. n. 35/2005 cit., nonché ulterio- ri modifiche al codice di procedura civile, soprattutto in tema di esecuzione; — il D.Lgs. 2-2-2006, n. 40, recante norme in materia di processo di cassazione in funzione nomofilattica e di arbitrato; — la L. 8-2-2006, n. 54, contenente disposizioni in materia di separazione dei genitori e affi- damento condiviso dei figli; — la L. 24-2-2006, n. 52, recante un’ulteriore riforma delle esecuzioni mobiliari; — la L. 24-12-2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. legge finanziaria 2008), che ha introdotto all’art. 50bis c.p.c. una nuova categoria di controversie, inerenti l’azione collettiva risarcitoria di cui all’art. 140bis, D.Lgs. 206/2005, in cui il Tribunale decide in composizione collegiale; — il D.L. 25-6-2008, n. 112, conv., con modif., in L. 6-8-2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria; — la L. 18-6-2009, n. 69, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile; — il D.L. 29-12-2009, n. 193, conv., con modif., in L. 22-2-2010, n. 24, recante interventi ur- genti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, che ha apportato diverse modifiche al codice di rito, anche in tema di digitalizzazione della giustizia; — la L. 4-11-2010, n. 183 (cd. collegato lavoro), recante, tra l’altro, disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro, con cui, novellando ed in parte abrogando gli artt. 410 e ss. c.p.c., è stata eliminata l’obbligatorietà del tentativo preventivo di concilia- zione nelle controversie relative ai rapporti di cui all’art. 409 c.p.c.;

La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 1 della …ticolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo; — il D.L. 22-6-2012, n. 83, recante

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Page 1: La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 1 della …ticolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo; — il D.L. 22-6-2012, n. 83, recante

9Capitolo 1: Il diritto processuale civile

La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 1 della Parte Prima, riportata a pag. 9, deve intendersi sostituita dalla seguente:

D) Le fonti del diritto processuale civileLe fonti legislative che regolano la materia sono:1. Il Codice di procedura civileEsso è diviso in 4 libri:— Libro I: Disposizioni generali (artt. 1-162);— Libro II: Del processo di cognizione (artt. 163-473);— Libro III: Del processo di esecuzione (artt. 474-632);— Libro IV: Dei procedimenti speciali (artt. 633-840).L’originario assetto del codice di rito è stato profondamente e sostanzialmente modificato dalle leggi speciali che sono intervenute direttamente sul testo normativo, modificando, abrogando ed aggiungendo articoli al codice stesso:— la L. 26-11-1990, n. 353 e succ. modif., concernente provvedimenti urgenti per il processo

civile;— la L. 21-11-1991, n. 374, e succ. modif., che ha istituito il giudice di pace;— la L. 5-1-1994, n. 25, che ha modificato la disciplina dell’arbitrato;— il D.Lgs. 19-2-1998, n. 51, che ha disciplinato le modalità di attuazione della riforma del

giudice unico di tribunale e di soppressione dell’ufficio del pretore;— la L. 3-8-1998, n. 302, che ha previsto la delegabilità ai notai delle operazioni relative alla

vendita con incanto nelle esecuzioni di beni immobili e di beni mobili registrati;— il D.L. 14 -3-2005, n. 35, conv. in L. 14 -5-2005, n. 80, che ha apportato numerose modifiche

al processo civile, finalizzate ad una sua razionalizzazione e velocizzazione;— la L. 28-12-2005, n. 263, recante interventi correttivi al d.l. n. 35/2005 cit., nonché ulterio-

ri modifiche al codice di procedura civile, soprattutto in tema di esecuzione;— il D.Lgs. 2-2-2006, n. 40, recante norme in materia di processo di cassazione in funzione

nomofilattica e di arbitrato;— la L. 8-2-2006, n. 54, contenente disposizioni in materia di separazione dei genitori e affi-

damento condiviso dei figli;— la L. 24-2-2006, n. 52, recante un’ulteriore riforma delle esecuzioni mobiliari;— la L. 24-12-2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e

pluriennale dello Stato (cd. legge finanziaria 2008), che ha introdotto all’art. 50bis c.p.c. una nuova categoria di controversie, inerenti l’azione collettiva risarcitoria di cui all’art. 140bis, D.Lgs. 206/2005, in cui il Tribunale decide in composizione collegiale;

— il D.L. 25-6-2008, n. 112, conv., con modif., in L. 6-8-2008, n. 133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;

— la L. 18-6-2009, n. 69, recante disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile;

— il D.L. 29-12-2009, n. 193, conv., con modif., in L. 22-2-2010, n. 24, recante interventi ur-genti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, che ha apportato diverse modifiche al codice di rito, anche in tema di digitalizzazione della giustizia;

— la L. 4-11-2010, n. 183 (cd. collegato lavoro), recante, tra l’altro, disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro, con cui, novellando ed in parte abrogando gli artt. 410 e ss. c.p.c., è stata eliminata l’obbligatorietà del tentativo preventivo di concilia-zione nelle controversie relative ai rapporti di cui all’art. 409 c.p.c.;

Page 2: La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 1 della …ticolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo; — il D.L. 22-6-2012, n. 83, recante

10 Parte I: Principi generali

— il D.L. 6-7-2011, n. 98, conv., con modif., in L. 15-7-2011, n. 111, contenente disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, che ha introdotto nel codice di procedura civile l’art. 445bis, che disciplina l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controver-sie previdenziali ed assistenziali in materia di invalidità;

— il D.L. 13-8-2011, n. 138, conv., con modif., in L. 14-9-2011, n. 148, recante ulteriori mi-sure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, il quale ha apportato modi-fiche agli artt. 125 e 136 c.p.c. ed ha riformulato l’art. 81bis disp. att. c.p.c. inerente il cd. calendario del processo;

— la L. 12-11-2011, n. 183, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. Legge di stabilità 2012), che ha, tra l’altro, innovato il codice di rito in materia di impiego della posta elettronica certificata nel processo civile e dettato nuove disposizioni per l’accelerazione del contenzioso civile pendente in grado di appello;

— il D.L. 22-12-2011, n. 212, conv., con modif., in L. 17-2-2012, n. 10 recante disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile;

— la L. 29-12-2011, n. 218, recante modifica dell’articolo 645 e interpretazione autentica dell’ar-ticolo 165 del codice di procedura civile in materia di opposizione al decreto ingiuntivo;

— il D.L. 22-6-2012, n. 83, recante Misure urgenti per la crescita del Paese, che ha, tra l’altro, introdotto gli artt. 348bis e 348ter c.p.c. in tema di inammissibilità dell’appello.

2. Le disposizioni di attuazione al codiceApprovate con R.D. 18-12-1941, n. 1368, sono entrate in vigore contemporaneamente al Codi-ce, ma anche queste sono state modificate a seguito delle riforme.

3. Altre normeNumerose altre norme in materia di diritto processuale civile sono contenute in altri testi legi-slativi, fra cui, tra le più significative, sono da ricordare:— il Codice della navigazione (R.D. 30-3-1942, n. 327);— il Codice civile (specie le norme contenute nel titolo IV del Libro Sesto, sulla tutela giuri-

sdizionale dei diritti: artt. 2907-2933);— la legge sulla cambiale (R.D. 14-12-1933, n. 1669);— la legge sull’assegno (R.D. 21-12-1933, n. 1736);— la legge fallimentare (R.D. 16-3-1942, n. 267) e le successive riforme di cui al D.Lgs. 12

settembre 2007, n. 169, recante disposizioni integrative e correttive al R.D. 16-3-1942, n. 267, nonché al D.Lgs. 9-1-2006, n. 5, in materia di disciplina del fallimento, del concorda-to preventivo e della liquidazione coatta amministrativa;

— la legge sulle controversie individuali di lavoroed in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria (L. 11-8-1973, n. 533);

— la L. 27-7-1978, n. 392 sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani (artt. 43-56) e la L. 9-12-1998, n. 431 che ha liberalizzato il canone;

— la L. 13 aprile 1988, n. 117, sulla responsabilità civile dei magistrati, che ha fatto seguito all’abrogazione, mediante referendum, degli artt. 55, 56, 74 c.p.c.;

— la L. 31 maggio 1995, n. 218, che ha modificato la disciplina del diritto internazionale pro-cessuale privato;

— la L. 24 febbraio 1997, n. 27, che ha disposto la soppressione dell’Albo dei procuratori le-gali;

— la L. 22 luglio 1997, n. 276, che prevede l’istituzione delle sezioni stralcio per definire il contenzioso civile pendente innanzi al tribunale al 30-4-1995;

— la L. 16 dicembre 1999, n. 479 (cd. legge Carotti) che, per quel che ci riguarda, attribuisce al giudice di pace ed alle sezioni stralcio la definizione del contenzioso civile pendente al 30-4-1995 innanzi al pretore;

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11Capitolo 1: Il diritto processuale civile

— il D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 che ha attribuito la competenza al giudice di pace nelle opposizioni alle ordinanze-ingiunzioni a sanzioni amministrative (tranne alcune ipotesi la-sciate al tribunale monocratico);

— il D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123 sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, amministrativo e innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti;

— il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) che riunisce e coordina tutte le norme esistenti sulle spese del processo e sul patrocinio a spese dello Stato;

— il D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 che, in attuazione della Direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, ha rinnovato il procedi-mento per decreto ingiuntivo;

— il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 in tema di procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria (collegato al D.Lgs. 6/2003 di riforma delle società di capitali e delle cooperative) e relativi correttivi (D.Lgs. 37/2004 e D.Lgs. 310/2004) e abrogazioni (L. 69/2009 e D.Lgs. 28/2010);

— la L. 9 gennaio 2004, n. 6 relativa alla istituzione dell’amministrazione di sostegno;— il D.M. 8 aprile 2004, n. 127, regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti

e delle indennità spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, am-ministrativa, tributaria, penale e stragiudiziale;

— il D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, che ha introdotto il Codice della proprietà industriale;— il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, che ha introdotto il Codice dell’amministrazione digitale, e

successive disposizioni correttive e integrative di cui al D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 e al D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235;

— il D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, che ha introdotto il Codice del consumo, e successive disposizioni correttive ed integrative di cui al D.Lgs. 23 ottobre 2007, n. 221;

— il D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, che ha introdotto il Codice delle assicurazioni private;— la L. 23 febbraio 2006, n. 51, di conv. del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, che ha prorogato

all’1-3-2006 il termine per l’entrata in vigore delle modifiche al codice di procedura civile, fatte salve alcune disposizioni che sono divenute operative da subito (artt. 133, 134, 176, 250 c.p.c.; artt. 3, 4 e 8 della L. n. 890/1982 relativamente alle notificazioni telematiche e agli adempimenti dell’ufficio postale);

— la L. 30 luglio 2007, n. 111, recante modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario;— la L. 28 febbraio 2008, n. 31, che, nel convertire il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, conte-

nente proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in mate-ria finanziaria, ha, tra l’altro, introdotto importanti novità in tema di notificazione di atti giudiziari a mezzo posta;

— il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, conv., con modif., in L. 27 febbraio 2009, n. 14, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, che aveva prorogato al 30-6-2009 la data di entrata in vigore dell’art. 140bis del D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), in materia di class action, la quale è stata poi completamente riscrit-ta ex L. 23 luglio 2009, n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia: la disposizione acquista efficacia trascorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore della L. 24-12-2007, n. 244 (1-1-2010);

— il D.M. 17 febbraio 2010, contenente l’approvazione del modello di testimonianza scritta e delle relative istruzioni per la sua compilazione;

— il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;

— il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (corretto ed integrato dal D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195), recante il cd. Codice del processo amministrativo, emanato in attuazione dell’articolo 44

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12 Parte I: Principi generali

della Legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha, tra l’altro, dettato importanti disposizioni in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo;

— il D.M. 18 ottobre 2010, n. 180 (modif. dal D.M. 6 luglio 2011, n. 145), regolamento recan-te la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli or-ganismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazio-ne delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del D.Lgs. 28/2010;

— il D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, conv., con modif., in L. 26 febbraio 2011, n. 10, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tri-butaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, che ha previsto lo slittamento di 12 mesi dell’entrata in vigore della normativa in tema di mediazione limitatamente alle controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veico-li e natanti;

— il D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comu-nicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7-3-2005, n. 82, e succ. modifica-zioni, ai sensi dell’art. 4, co. 1 e 2, del D.L. 29-12-2009, n. 193, conv. nella L. 22-2-2010, n. 24;

— il D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150, recante disposizioni complementari al codice di proce-dura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, con cui è stata data attuazione alla delega contenuta nell’art. 54 della L. n. 69/09;

— il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in L. 24 marzo 2012, n. 27, recante disposizioni urgen-ti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività;

— la L. 27 gennaio 2012, n. 3, recante disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento.

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12 Parte I: Principi generali

Il paragrafo 4 del Capitolo 1 della Parte Prima, riportato a pag. 12, deve intendersi sostituito dal seguente:

4. Le riforme del processo civileNel corso degli ultimi anni sono state emanate diverse importanti leggi di ri-forma del processo civile.La prima è la L. 26-11-1990, n. 353, che ha modificato numerose disposizioni del codice di procedura civile e dell’ordinamento giudiziario: una parte di questa legge è entrata in vigore il 1°-1-1993 (cfr. L. 4-12-1992, n. 477), un’al-tra parte il 30-4-1995 (cfr. L. 6-12-1994, n. 673).La seconda è la L. 21-11-1991, n. 374, che ha istituito una nuova figura di giudice onorario, il giudice di pace (destinato a sostituire il conciliatore): que-sta legge è entrata in vigore il 1°-5-1995 (cfr. L. 6-12-1994, n. 673).Con tali riforme il legislatore aveva inteso perseguire i seguenti obiettivi:a) la razionalizzazionedel processo;b) l’accelerazionedei tempi della giustizia civile;c) la riduzionedel carico di lavoro dei giudici togati.La razionalizzazione avrebbe dovuto favorire una maggiore efficienza edeconomicità del processo.Tra le innovazioni più significative in questa direzione, vi erano:— la previsione di un più ampio potere di controllo e di direzione del processo da parte del

giudice istruttore (cfr. ad es. artt. 168bis, ult. co., 183 c.p.c. etc.);— la previsione dello svolgimento integrale del giudizio d’appello davanti al collegio (cfr. art.

352 c.p.c.);— l’introduzione di una disciplina generale dei procedimenti cautelari (cfr. artt. 669bis e ss.

c.p.c.).La nuova disciplina prevedeva una serie di strumenti per l’accelerazione del processo, tra cui:— il nuovo regime della rilevabilità dell’incompetenza (cfr. art. 38 c.p.c.);— l’introduzione di un articolato sistema di preclusioni (cfr. artt. 166, 167, 168, 183, 184, 184bis

c.p.c.);— il divieto di proporre nuove domande in appello (cfr. art. 345 c.p.c.);— l’introduzione del giudice monocratico di primo grado (tranne poche eccezioni) (cfr. art. 48

Ord. Giudiziario, prima della modifica apportata dal D.Lgs. 51/1998).

L’accelerazione dei tempi processuali avrebbe dovuto permettere di definire il processo in un «termineragionevole», così come prescritto dall’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.A questo proposito, la L. 24-3-2001, n. 89 ha introdotto importanti novità. Ha previsto, infatti, il diritto ad un’equa riparazione per chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto del mancato rispetto del termine ragionevole della durata del processo.

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13Capitolo 1: Il diritto processuale civile

In seguito alle pressioni provenienti dalla classe forense, il legislatore è inter-venuto per operare la cd. «riforma della riforma» con una lunga serie di de-creti legge l’ultimo dei quali, il D.L. 432/1995, fu convertito nella L. 20-12-1995, n. 534.Per fare in modo che la riforma potesse avviarsi speditamente, venne emanata la L. 22-7-1997, n. 276 per la definizione del contenzioso civile pendente in-nanzi al tribunale alla data del 30-4-1995 (quando, cioè, entrava in vigore la L. n. 353/1990), mediante l’istituzione delle cd. sezioni stralcio. Attraverso la nomina di 1000 giudici onorari aggregati (cd. GOA) si intendeva azzerare il contenzioso precedente alla riforma in tempi brevi. Purtroppo ciò non si è avverato ed è intervenuta anche la L. 16-12-1999, n. 479 (cd. legge Carotti) che ha istituito sezioni stralcio anche per le cause pendenti innanzi ai pretori (sempre alla data del 30-4-1995) (v. Parte II, Cap. 1, par. 3).Mentre la L. 353/1990 (e successive modifiche) era intervenuta soprattutto sul rito per cercare di accelerare e razionalizzare le procedure, una ulteriore riforma è intervenuta sull’assetto ordinamentale della amministrazione della giustizia.Il D.Lgs. 19-2-1998, n. 51 ha disposto la soppressione dell’ufficio del pretore con trasferimento delle relative competenze al giudice unico di primo grado (v. Parte V, Cap. 4, par. 6).Per l’effetto, la decisione è affidata, di regola, al Tribunale in composizione monocratica, tranne ipotesi tassative elencate nell’art. 50bis c.p.c. in cui so-pravvive la competenza del collegio. Il procedimento resta regolato dal codice di rito come riformato dagli interventi del ’90 e del ’91, ma con gli aggiusta-menti necessari operati dal D.Lgs. 51/1998.Sempre nell’ottica di alleggerire il carico dei giudici togati è stata ampliata la competenza dei giudici di pace, attribuendo loro anche le opposizioni alle or-dinanze-ingiunzioni previste dalla L. n. 689/1981.Nell’intenzione di semplificare ed alleggerire i meccanismi processuali, inoltre, la L. 23-12-1999, n. 488 (successivamente modificata dal D.L. 11-3-2002, n. 28, convertito in L. 10-5-2002, n. 91) ha istituito il cd. «contributounificato», che viene versato dalla parte che si costituisce per prima in giudizio. Esso sostituisce le imposte di bollo, i diritti di cancelleria e di chiamata in causa, nonché la tassa di iscrizione a ruolo. È previsto anche per le procedure concorsuali e di volonta-ria giurisdizione ed il suo importo è proporzionale al valore della controversia (che la parte è tenuta ad indicare esplicitamente). La materia è stata poi raccolta e riorganizzata nel D.P.R. 30-5-2002, n. 115 (Testo Unico delle disposizioni le-gislative e regolamenti in materia di spese di giustizia) che ha anche ripreso la già integrata e modificata disciplina del patrocinio a spese dello Stato.In linea con un lento ma inesorabile adeguamento della pubblica amministra-zione alle nuove tecnologie informatiche, è stato emanato il D.P.R. 13-2-2001, n. 123. Il decreto reca la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telema-tici nel processo civile, amministrativo e innanzi alle sezioni giurisdizionali

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14 Parte I: Principi generali

della Corte dei conti. L’idea del legislatore è quella di trasformare atti e docu-menti da cartacei in virtuali, nonché di rendere possibili notifiche e comunica-zioni presso l’indirizzo di posta elettronica; l’iscrizione a ruolo e anche la costituzione in giudizio in via telematica; la formazione, accanto a quello car-taceo, del fascicolo d’ufficio informatico; la produzione di atti e documenti ed il deposito delle C.T.U. in via telematica nonché la trasmissione, sempre tele-matica, della sentenza.Accanto a tali previsioni, particolare attenzione viene posta alle modalità di accesso a tutte queste informazioni e documenti, in modo da assicurare la le-gittimazione del richiedente, nella tutela assoluta della privacy.L’efficacia di dette disposizioni è prevista per le cause iscritte a ruolo dopo il 1° gennaio 2002, insieme all’emanazione di un decreto sulle regole tecnico-operative per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile e per l’accesso dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari (D.M. 14-10-2004, successivamente modificato ed aggiornato).Con il D.Lgs. 7-3-2005, n. 82, è stato poi emanato il Codicedell’amministra-zionedigitale, poi modificato dal D.Lgs. 4-4-2006, n. 159 e dal D.Lgs. 30-12-2010, n. 235.Inoltre, il legislatore, anche attraverso una serie di graduali e successivi inter-venti correttivi e di completamento, ha operato una radicale riforma del codice di procedura civile, inaugurata dal D.L.14-3-2005,n.35,conv.inL.14-5-2005,n.80, recante il piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, il quale ha apportato numerose modifiche al processo civile, fina-lizzate ad una sua razionalizzazione e velocizzazione.La suddetta legge di conversione conteneva, inoltre, due deleghe legislative per riformare le procedure concorsuali da un lato, il procedimento in Cassa-zione e l’arbitrato dall’altro; tali deleghe sono state successivamente attuate con il D.Lgs.9-1-2006,n.5 (Riforma delle procedure concorsuali) ed il D.Lgs.2-2-2006,n.40, recante norme in materia di processo di cassazione in funzio-ne nomofilattica e di arbitrato.Ilterminedientratainvigoredellemodifiche al codice è stato più volte differito, ed infine fissato, ex D.L. 30-12-2005, n. 273, conv. in L. 23-2-2006, n. 51, all’1-3-2006, sia pure con un diverso regime di applicabilità, nel senso che le modifiche intervenute in tema di processo ordinario di cognizione e procedimenti in materia di separazione e divorzio saranno applicabili solo ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore della riforma, mentre quelle ap-portate al processo di esecuzione troveranno applicazione anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della novella, fatte salve le procedure per le quali sia già stata disposta la vendita, alle quali continueranno a partecipare i creditori sprovvisti di titolo esecutivo.In questo già articolato iter normativo si sono inserite la L.28-12-2005,n.263, recante sia interventi correttivi al citato D.L.35/2005, sia ulteriori modifiche

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15Capitolo 1: Il diritto processuale civile

al codice di procedura civile (soprattutto in tema di esecuzione) ed, ancora, la L.24-2-2006,n.52, recante un’ulteriore riforma delle esecuzioni mobiliari.Gli aspetti salienti di tali riforme possono così sintetizzarsi:a) processoordinariodicognizioneNell’ottica di uno snellimento delle attività processuali, è stata introdotta la possibilità di effettuare le comunicazioni e notificazioni mediante l’utilizzazio-ne delle nuove tecnologie informatiche, ossia ricorrendo a telefax e posta elettronica sia per lo scambio di atti tra le parti, che nella comunicazione degli atti giudiziali, con conseguente ridimensionamento del ruolo dell’ufficiale giudiziario (cfr. art. 250 c.p.c. come modificato).Più rilevanti cambiamenti sono stati apportati alla fase introduttiva del giudizio, con il venir meno dell’udienza di prima comparizione e la sostituzione della stessa con un’udienza di comparizione e trattazione della causa, in cui devono ora essere effettuate tutte le attività relative al controllo della regolare instau-razione del contraddittorio.Infine, sono state introdotte pesanti preclusioni a carico delle parti: in partico-lare, il convenuto è tenuto ad indicare già nella comparsa di risposta, a pena di decadenza, non solo le domande riconvenzionali, ma anche tutte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, mentre il termine libero per comparire ex art. 163bis c.p.c. è stato aumentato a 90 giorni per le notifiche da effettuarsi in Italia ed a 150 giorni per quelle da eseguirsi all’estero.

b) procedimentoinCassazioneearbitratoAl fine di valorizzare la funzione di nomofilachia della Corte di Cassazione, ossia di uniforme applicazione ed interpretazione del diritto, il legislatore ha previsto: l’aumento dei casi in cui la Corte stessa può pronunciarsi senza ef-fetto sul giudizio di merito al fine di enunciare il principio di diritto (art. 363 c.p.c.); il divieto per le sezioni semplici, che non condividono il principio di diritto delle Sezioni Unite, di pronunciare diversamente (art. 374 c.p.c.); l’ob-bligo di emanare il principio di diritto in tutti i casi in cui il ricorso sia deciso per violazione o falsa applicazione di norma di diritto o quando la questione sia molto importante (art. 363 c.p.c.).Per quanto riguarda l’arbitrato, la principale novità è quella che equipara, quanto all’efficacia esecutiva, il lodo omologato alla sentenza. Si accentua il carattere negoziale del lodo, con la previsione che gli arbitri potranno risolve-re tutte le questioni sottoposte dalle parti. Infi ne, scompare dal codice di rito la disciplina dell’arbitrato internazionale, per il quale bisognerà fare riferimen-to alle convenzioni riguardanti le specifiche materie.

c) processodiesecuzioneeprocedimentispecialiLa riforma del processo di esecuzione, attuata sia con il D.L. 35/2005, conv. in L. 80/2005 (e successive modifiche ed integrazioni), che con la L. 52/2006, mira,

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da un lato, ad accelerare le procedure riconducendole ad una ragionevole dura-ta, dall’altro ad allineare i prezzi di vendita a quelli effettivi dei beni pignorati, imponendo al debitore esecutato più pregnanti oneri di collaborazione.Per quanto riguarda i procedimenti cautelari e possessori, la novella ne ha accentuato il carattere di procedimenti d’urgenza che terminano con provve-dimenti di natura anticipatoria, prevedendo che il giudizio di merito non sia più obbligatorio, ma lasciato all’iniziativa della parte.Rilevante è, poi, la riforma dell’art. 696 c.p.c. sull’accertamento tecnico pre-ventivo, le cui valutazioni potranno essere estese anche alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica, al fine di favorire la conciliazione delle cause.In materia di procedimento di separazione personale tra i coniugi, il legislato-re è intervenuto per coordinare lo stesso con il rito ordinario.Con la L.24-12-2007,n.244 (cd. legge finanziaria 2008), sono state introdot-te importanti novità in materia di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, tra cui assume particolare rilevanza l’azionecollettivarisarcitoria (cd. class action) di cui all’art. 140bis del D.Lgs. 6-9-2005, n. 206 (Codice del consumo), in relazione alla quale è stata inserita, all’art. 50bis c.p.c., una nuo-va ipotesi di competenzadelTribunaleincomposizionecollegiale. La L.23-7-2009,n.99, ha completamente riscritto l’art. 140bis, fissandone la data di entrata in vigore all’1-1-2010. Vedi, amplius, Cap. 4, par. 7.Negli ultimi anni il legislatore, al fine di garantire una maggiore semplificazio-ne e velocizzazione del rito civile, è intervenuto, dapprima, conil D.L.25-6-2008,n.112, conv., con modif., in L.6-8-2008,n.133, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (in vigore dal 25-6-2008), che, da un lato, ha modificato (con efficacia a partire dal 25-6-2008) gli artt.181e429c.p.c., e, dall’altro, ha prorogato il termine di en-trata in vigore dell’art. 140bis del D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), introducendo anche rilevanti novità in tema di comunicazioni e notificazioni per via telematica.Con una riforma di più ampia portata, è stata approvata la L.18-6-2009,n.69, recante «disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la com-petitività nonché in materia di processo civile», la quale ha introdotto ulterio-ri modifiche al codice di rito, anche in tal caso nel dichiarato intento di perse-guire finalità di razionalizzazione,semplificazioneespeditezzadelproces-socivile, e di restituire efficienza e funzionalità al sistema giudiziario.L’articolato provvedimento normativo prevede, per quanto attiene al settore giustizia, una delegaalGovernoperlariduzioneesemplificazionedeipro-cedimenti civili eper l’adozionedinorme istitutivedellamediazione edellaconciliazioneinmateriacivileecommerciale, ed introduce, per quel che riguarda, in particolare, la riformadelprocessocivile, rilevanti novità, tra cui: l’ampliamento della competenza per valore e per materia dei giudici di

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17Capitolo 1: Il diritto processuale civile

pace; l’unificazione della disciplina relativa all’eccezione di incompetenza ed al rilievo d’ufficio della stessa; modifiche in materia di spese processuali e di responsabilità aggravata, anche con la previsione di mezzi di coercizione indi-retta per contrastare l’uso dilatorio e l’abuso del processo; l’abbreviazione di alcuni termini processuali e l’inserimento di alcune norme a maggior tutela dell’attività difensiva e del contraddittorio; la rilevabilità d’ufficio dell’estin-zione del processo, anche di quello esecutivo; un’ulteriore semplificazione della motivazione delle sentenze; l’introduzione di un procedimento sommario di cognizione per le cause in cui il Tribunale giudica in composizione mono-cratica; la previsione di testimonianze scritte assunte su moduli prestampati; la previsione e valorizzazione di meccanismi conciliativi per favorire la com-posizione stragiudiziale delle controversie; l’abrogazione dell’art. 366bis c.p.c. sul «quesito di diritto» e la contestuale introduzione di un filtro di ammissibi-lità per i ricorsi in cassazione; la previsione del meccanismo della translatio iudicii anche nelle ipotesi di difetto di giurisdizione.Nell’ottica della semplificazione dei riti, la L.69/2009 ha, inoltre, disposto l’abrogazione dell’art. 3dellaL.102/2006, relativa all’applicazione del rito del lavoro alle cause di risarcimento danni per morte e lesioni conseguenti ad incidenti stradali, nonché del ritosocietariodicuialD.Lgs.5/2003, conside-rata la conclamata inefficienza di quest’ultimo ed i numerosi problemi inter-pretativi sorti nella prassi applicativa dello stesso.Per quanto attiene alla disciplina transitoria, l’art. 58 della stessa prevede che le modifiche apportate alle norme contenute nel codice di procedura civile ed alle disposizioni di attuazione dello stesso si applichino ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore; fatta eccezione, tuttavia, per le nuove disposizioni di cui agli artt. 132, 345, 616 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., che in-vece risultano applicabili anche ai giudizi già pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della riforma (4-7-2009). L’introduzione dell’art. 360bis c.p.c., in materia di inammissibilità dei ricorsi per cassazione, è operante nei casi in cui il provvedimento impugnato con ricorso per cassazione sia stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della riforma in esame.Ulteriori modifiche al codice di rito sono state apportate dal D.L.29-12-2009,n.193, conv., con modif., in L.22-2-2010,n.24, in vigore dal 31-12-2009, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, che ha introdotto l’uso delle modalità e delle tecnologie telematiche nell’am-bito del processo esecutivo, nonché nelle notifiche a mezzo posta.Con il Decretodel ministero della Giustizia del 17-2-2010, in attuazione degli artt. 257bis c.p.c. e 103bis disp. att. c.p.c., è stato anche approvato il modelloditestimonianzascrittacon le relative istruzioni per la sua compilazione.Con il D.Lgs.4-3-2010,n.28, è stata, invece, data attuazione alla delega con-tenuta nell’art. 60 L. n. 69/2009 in materia di mediazione finalizzata alla

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18 Parte I: Principi generali

conciliazionedellecontroversieciviliecommerciali. Al fine di favorire il deflazionamento del contenzioso, il legislatore ha previsto che l’esperimento della mediazione sia condizione di procedibilità per alcune categorie di con-troversie, ed ha introdotto, da un lato, alcune agevolazioni di natura fiscale e la garanzia di riservatezza degli atti del procedimento, e, dall’altro, una disci-plina delle spese processuali del giudizio conseguente all’insuccesso della mediazione tale da sanzionare la parte che abbia ingiustificatamente rifiutato la proposta conciliativa cui si sia pervenuti nella fase stragiudiziale.Con il D.M.18-10-2010,n.180(modif. dal D.M.6-7-2011,n.145), è stato poi emanato il regolamento recante la determinazione dei criteri e delle moda-lità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elen-co dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. 28/2010.Il termine per l’entrata in vigore del tentativo obbligatorio di mediazione per le controversie in materia di condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti è stato prorogato di 12 mesi con il D.L.29-12-2010,n.225, conv., con modif., in L.26-2-2011,n.10.Con la L.4-11-2010,n.183(cd. collegato lavoro), è stata eliminatal’obbli-gatorietàdeltentativodiconciliazionenellecontroversiedicuiall’art.409c.p.c.,la cui fase stragiudiziale è divenuta meramente facoltativa ed affidata a commissioni paritetiche composte da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, presiedute dal direttore della direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato o da un magistrato collocato a riposo.Al contrario, il D.L.6-7-2011,n.98, conv., con modif., in L.15-7-2011,n.111, al dichiarato fine di deflazionare il contenzioso in materia previdenziale e garantire la ragionevole durata dei relativi processi, ha inserito l’art. 445bis nel codice di procedura civile, che prevede una nuova condizionediprocedibili-tàdelladomandagiudiziale nelle controversie previdenziali ed assistenziali in materia di invalidità.Con il D.L.13-8-2011,n.138, conv., con modif., in L.14-9-2011,n.148, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo svi-luppo, sono state apportate modifiche agli artt. 125 e 136 c.p.c. in tema di contenuto degli atti di parte ed in materia di comunicazioni, ed è stato riformu-lato l’art. 81bis disp. att. c.p.c. inerente il cd. calendario del processo.Particolare rilevanza assume l’emanazione del D.Lgs.1-9-2011,n.150, con cui, in attuazione della terza delega conferita al Governo dalla L. n. 69/09, si è inteso realizzare una chiara inversione di tendenza rispetto al passato, razionalizzando e semplificando le disposizioniprocessualicontenutenellalegislazionespe-ciale, mediante ununicotestonormativochesiponeinrapportodicomple-mentaritàrispettoalcodicediproceduracivile. L’evoluzione normativa degli ultimi decenni, invero, è stata caratterizzata dalla estrema proliferazione dei modelli processuali, avvenuta spesso in assenza di un disegno organico, all’in-

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19Capitolo 1: Il diritto processuale civile

segna della ricerca di formule procedimentali che potessero assicurare una mag-giore celerità dei giudizi. Il fenomeno, oltre ad aver determinato rilevanti diffi-coltà interpretative per tutti gli operatori del diritto, si è rivelato, nel tempo, come un fattore di disorganizzazione del lavoro giudiziario, che viene unanimemente individuato come una delle concause delle lungaggini dei giudizi civili. La scel-ta operata dal legislatore con il D.Lgs. n. 150/11 manifesta, invece, l’intenzione, anche per l’avvenire, di far confluire in un unico testo tutte le norme processua-li e speciali che si dovessero rendere necessarie, in modo tale da garantire la coerenza del sistema processuale e ridurre le diseconomie che l’eccessiva par-cellizzazione dei modelli processuali ha fino ad oggi dimostrato di provocare. Trattasi, indubbiamente, di uno storico passo in avanti verso la semplificazione del sistema processuale civile, la quale, peraltro, non può ritenersi ancora esau-rita, tenuto conto della scelta operata dalla legge delega di escludere dal suo ambito di applicazione le disposizioni processuali in materia di procedure con-corsuali, famiglia e minori, titoli di credito, diritto del lavoro, codice della pro-prietà industriale e codice del consumo (v. Parte VIII, cap. 11).La L.12-11-2011,n.183, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (cd. Legge di stabilità 2012), in vigore dall’1-1-2012, ha ulteriormente innovato il codice di rito in materia di impiego della posta elettronica certificata nel processo civile, modificando diverse norme anche in tema di esecuzione e di notifiche eseguite ai sensi della L. n. 53/94, e ha dettato nuove disposizioni per l’accelerazione del contenzioso civile pen-dente in grado di appello e per l’estinzione dei procedimenti civili davanti alle corti d’appello ed alla corte di cassazione.Con il D.L.22-12-2011,n.212, conv. in L. 17-2-2012, n. 10, sono state, inol-tre, apportate modifiche ad alcune norme del codice di rito, finalizzate a garan-tire l’efficienza della giustizia civile.Con la L.29-12-2011,n.218, è stato modificato l’art. 645 c.p.c. ed è stata offerta un’interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c. in materia di opposizio-ne a decreto ingiuntivo, così neutralizzando gli effetti della contestata senten-za n. 19246/10 con cui le Sezioni Unite, ribaltando il precedente consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, avevano ritenuto che la pro-posizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo determinasse sempre il dimez-zamento dei termini di costituzione delle parti.Il D.L.24-1-2012,n.1conv.inL.24-3-2012,n.27, ha ampliato la competen-za delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale di cui al D.Lgs. n. 168/03, allo scopo di istituire delle sezioni specializzate in materia di impre-sa (cd. Tribunale delle imprese), ha apportato modifiche all’art. 140bis del D.Lgs. n. 206/05 in tema di class action ed ha disposto l’abrogazione delle tariffe professionali.La L.27-1-2012,n.3, recante «Disposizioni in materia di usura e di estorsio-ne, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento», al fine di fa-

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20 Parte I: Principi generali

vorire la diminuzione del contenzioso civile relativo al recupero dei crediti e porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, ha introdotto uno specia-le procedimento giudiziale, di competenza del tribunale in composizione mo-nocratica che si svolge secondo il rito camerale e può essere attivato dal de-bitore (cui non siano applicabili le norme in tema di procedure concorsuali) che intenda proporre ai suoi creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti, finalizzato alla formale «esdebitazione» del soggetto in crisi. V. Parte VIII, cap. 9, par. 7.Infine, il D.L.22-6-2012,n.83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», attraverso l’inserimento degli artt. 348bis e 348ter nel codice di rito, ha introdotto un «filtro» di inammissibilità ai giudizi di appello, sia nel rito ordinario che in quelli del lavoro e locatizio (v. Parte VI, cap. 2, par. 3 e 4), ed ha apportato modifiche alla L. n. 89/01 (cd. legge Pinto) in tema di ragionevo-le durata del processo (Parte I, cap. 4, par. 5, lett. H).

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102 Parte I: Principi generali

La lettera H) del paragrafo 5 del Capitolo 4 della Parte Prima, riportata a pag. 102, deve intendersi sostituita dalla seguente:

H) Principio del giusto processo (art. 111 Cost.)La L. Cost. 23-11-1999, n. 2 ha modificato l’art. 111 Cost., aggiungendo una serie di principi finalizzati alla realizzazione di un contenzioso più equo, più celere ed all’instaurazione di una reale posizione di parità tra le parti in causa. Per quanto attiene al processo civile, il nuovo testo dell’art. 111 Cost. dispone che ogni processo deve svolgersi:— nel contraddittorio tra le parti;— in condizioni di parità tra le stesse;— davanti ad un giudice terzo ed imparziale (nemo iudex in re sua): il giudice

deve assumere sempre una posizione di terzietà ed equa distanza dalle par-ti; qualora ciò non avvenga, sono previsti strumenti (astensione, su inizia-tiva del giudice; ricusazione, ad istanza di parte) per restituire alle parti un giudice terzo ed imparziale;

— con una ragionevole durata: qualora una parte patisca un danno (patrimo-niale e non) a causa del mancato rispetto del «termine ragionevole» di un processo, ha diritto ad un’equa riparazione dello stesso, ai sensi della L. 24-3-2001 n. 89, come modificata dalla L. 27-12-2006, n. 296 (legge finan-ziaria 2007), nonché dal D.L. 22-6-2012, n. 83 (applicabile ai ricorsi depo-sitati dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione): la domanda si propone, con ricorso, al presidente della Corte d’Appello competente per i procedimenti riguardanti eventuali violazioni dei magistrati, il quale (o un magistrato della corte a tal fine designato) provvede sulla domanda con decreto motivato da emettere entro 30 giorni dal deposito del ricorso (si applicano i primi due commi dell’art. 640 c.p.c.). Ai fini della decisione occorre valutare la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti, del giudice e delle altre autorità chiamate a contribuire alla definizione del processo. La domanda è proponibile, a pena di decadenza, entro 6 mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è definitiva. Si considera ri-spettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità, di tre anni per il procedimento di esecuzione forzata, ed, in ogni caso, qualora il giudizio venga definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni. Non è riconosciuto alcun indennizzo nei casi di condotte abusive delle parti che abbiano determinato un’ingiustificata dila-zione dei tempi del procedimento (ad es., qualora la parte soccombente sia stata condannata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.). L’indennizzo è determinato a norma dell’art. 2056 c.c. in una somma di denaro compresa tra 500 e 1.500

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103Capitolo 4: Il processo civile e i vari tipi di azione

euro per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il predetto termine di ragionevole durata del processo. Se accoglie il ricor-so, il giudice ingiunge all’amministrazione di pagare senza dilazione la somma liquidata e le relative spese giudiziali, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Se il ricorso è in tutto o in parte respinto, la doman-da non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione, entro 30 giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto, davanti alla Corte di Appello alla quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. La Corte di Appello, che può sospendere l’efficacia esecutiva del decreto se ricorrono gravi motivi, provvede ex art. 737 e ss. c.p.c. entro 4 mesi dal deposito del ricorso, con decreto impugnabile per cassazione;

— l’art. 111 Cost., inoltre, stabilisce che tutti i provvedimenti giurisdizionali (quindi, non solo le sentenze) devono essere motivati, attraverso l’esposi-zione dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla decisio-ne (ratio decidendi). Ciò al fine di garantire la legittimità delle pronunce, la responsabilità del giudice, e di consentire un più penetrante controllo in sede di impugnazione.

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531Capitolo 2: L’appello

La lettera D) del paragrafo 3 del Capitolo 2 della Parte Sesta, riportata a pag. 531, deve intendersi sostituita dalla seguente:

D) Il procedimentoNel procedimento d’appello davanti al tribunale o alla Corte d’Appello si os-servano le norme dettate per il procedimento di primo grado innanzi al tribu-nale, compatibilmente con le particolari esigenze del processo di secondo grado e con le disposizioni speciali ad esso dedicate (art. 359 c.p.c.).Introdotta la fase di gravame, il giudice deve, prima di tutto, verificare d’ufficio l’ammissibilità e la procedibilità della impugnazione.L’art. 348 c.p.c. prevede alcuni casi di improcedibilità dell’appello. Così, se l’appellante non si è costituito in termini, l’appello è dichiarato, anche d’ufficio, improcedibile (si ricordi, in proposito, che il termine per la costituzione dell’ap-pellante ai sensi dell’art. 347 c.p.c., in relazione all’art. 165 c.p.c., decorre dal momento del perfezionamento della notificazione dell’appello riguardo al de-stinatario e non dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, che rileva solo ai fini della tempestività della notificazione in relazione all’os-servanza del termine per l’appello, Cass. n. 9329/10); se, invece, non compare nella prima udienza, benché si sia anteriormente costituito, il giudice, con ordi-nanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza l’ap-pellante non compare, l’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio.Secondo la giurisprudenza (Cass. n. 18009/08), determina l’improcedibilità del gravame anche il deposito dell’atto di citazione in appello privo della notifica alla controparte, all’atto della costituzione nel giudizio di secondo grado, es-sendo privo di effetti sananti l’eventuale deposito tardivo dell’atto notificato in prima udienza, oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.Il nuovo testo dell’art. 348 c.p.c. non contempla, invece, la causa di improce-dibilità del mancato deposito, da parte dell’appellante, del proprio fascicolo (quello di secondo grado). Anche il mancato deposito, da parte dell’appellante, della sentenza impugnata non determina l’improcedibilità dell’appello (Cass. n. 238/10, secondo cui, tuttavia, se il giudice d’appello non è in grado, sulla base della documentazione in atti, di pervenire ad una decisione di merito, va dichiarata l’inammissibilità del gravame).L’art. 348 si applica anche al rito del lavoro (Cass. n. 20639/10).È invece inammissibile l’appello proposto dopo la decadenza verificatasi per decorrenza del termine di cui all’art. 325 o 327 c.p.c. o per acquiescenza, non-chè l’appello proposto in difetto delle condizioni per impugnare o avente ad oggetto una domanda nuova; ulteriore causa di inammissibilità dell’impugna-zione è, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., il mancato ottemperamento dell’ordine di integrazione del contraddittorio in cause inscindibili.

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532 Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

L’improcedibilità e l’inammissibilità dell’appello vanno dichiarate con sen-tenza e non con ordinanza, trattandosi di statuizioni a contenuto non ordina-torio che definiscono il giudizio, e che devono pertanto contenere la pronuncia sulle spese (Cass. n. 3128/08, n. 12636/04).L’art. 348bis c.p.c., inserito dal D.L.22-6-2012,n.83(applicabile ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata ri-chiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto), prevede che, fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’impro-cedibilità dell’appello, l’impugnazioneèdichiaratainammissibile dal giu-dice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta.La valutazione di ammissibilità dell’impugnazione non opera quando:a) l’appello è proposto relativamente a cause per le quali è previsto come

obbligatorio l’intervento del Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 70, co. 1, c.p.c.;

b) l’appello è proposto a norma dell’art. 702quater c.p.c. avverso l’ordinanza emessa all’esito del procedimento sommario di cognizione.

È stato così introdotto, al fine di decongestionare i giudizi di appello e selezio-nare le impugnazioni meritevoli di essere trattate nel pieno merito, un filtro di inammissibilità incentrato su una prognosi di non ragionevole fondatezza del gravame, formulata dal medesimo giudice d’appello in via preliminare alla trattazione del giudizio. Per quanto attiene al relativo procedimento, cfr. para-grafo 4.

Ai sensi del’art. 358 c.p.c., una volta dichiarata la improcedibilità o la inam-missibilità dell’appello, questo non potrà più essere proposto, anche se non è decorso il termine stabilito dalla legge.Tale norma afferma il principio della consumazione del potere di impugnazio-ne allorché l’appello venga dichiarato inammissibile o improcedibile.È opportuno precisare che la consumazione del diritto di impugnazione presuppone l’esistenza — al tempo della proposizione della seconda impugnazione — di una declaratoria di inammis-sibilità o improcedibilità della precedente, per cui, in mancanza di tale (preesistente) declarato-ria, è legittimamente consentita la proposizione di un’altra impugnazione (di contenuto identico o diverso) in sostituzione della precedente viziata, purchè il relativo termine non sia decorso: per la verifica della tempestività della seconda impugnazione, occorre aver riguardo non al termine semestrale ex art. 327 c.p.c., ma a quello breve ex art. 325 c.p.c., il quale, solo in difet-to di anteriore notificazione della sentenza appellata, può farsi decorrere dalla data di proposi-zione della prima impugnazione che equivale alla conoscenza legale della decisione impugnata (Cass. n. 22957/10).

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538

Il paragrafo 4 del Capitolo 2 della Parte Sesta, riportato a pag. 538, deve intendersi sostituito dal seguente:

4. La trattazione in appelloIl primo comma dell’art. 350 c.p.c. statuisce che, davanti alla corte d’appello, la trattazione dell’appello è collegiale, ma il presidente del collegio può dele-gare per l’assunzione dei mezzi istruttori uno dei suoi componenti (disposizio-ne, quest’ultima, inserita dalla L.n.183/11, in vigore dal 31-1-2012); davanti al tribunale l’appello avverso le sentenze del giudice di pace è trattato e deciso dal giudice monocratico. Nella prima udienza di trattazione, il giudice verifica la regolare costituzione del giudizio e, quando occorre, ordina la integrazione di esso o la notificazio-ne prevista dall’art. 332 c.p.c., oppure dispone che si rinnovi la notificazione dell’atto di appello (art. 350, co. 2).Nella stessa udienza il giudice dichiara la contumacia dell’appellato, provve-de alla riunione degli appelli proposti contro la stessa sentenza e procede al tentativo di conciliazione ordinando, quando occorre, la comparizione perso-nale delle parti (art. 350, co. 3).Inoltre, sull’istanza di sospensionedell’esecuzioneprovvisoria della senten-za impugnata di cui all’art. 283 c.p.c. provvede il giudice con ordinanza (non impugnabile, secondo la modifica apportata all’art. 351 dalla L.n.183/11) nella prima udienza. Tuttavia, la parte può, con ricorso al giudice, chiedere che la decisione sulla sospensione sia pronunciata prima dell’udienza di compari-zione. Davanti alla corte d’appello il ricorso è presentato al presidente del collegio. In tal caso, il presidente del collegio o il tribunale, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti in camera di consiglio, ri-spettivamente, davanti al collegio o davanti a sé. Può, inoltre, con lo stesso decreto, in presenza di giusti motivi di urgenza, disporre provvisoriamente l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione della sen-tenza gravata: in quest’ultimo caso, all’udienza camerale, il collegio o il tribu-nale conferma, modifica o revoca il decreto con ordinanza non impugnabile. In ordine ai presupposti della sospensione, cfr. Parte V, cap. 7, par. 6.Sempre alla prima udienza di cui all’art. 350 c.p.c., il giudice, prima di proce-dere alla trattazione, dichiara inammissibilel’appello nelle ipotesi di cui all’art. 348bis c.p.c., con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a pre-cedenti conformi. Con la medesima ordinanza il giudice provvede anche sulle spese ex art. 91 c.p.c. (art. 348ter c.p.c., introdotto dal D.L.22-6-2012,n.83). L’inammissibilità è pronunciata solo quando il giudice ritenga che sia l’impu-gnazione principale che quella incidentale non tardiva non abbiano ragionevo-

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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539Capitolo 2: L’appello

li probabilità di essere accolte; in caso contrario, il giudice procede alla tratta-zione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.Quando è pronunciata l’inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., ricorsopercassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l’atto di appello. In tal caso, il termi-ne per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado de-corre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’art. 327 c.p.c., in quanto compatibile (art. 348ter, co. 3).Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi, di stretta legittimità, di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360, con esclusione, quindi, del vizio di motiva-zione contraddittoria o insufficiente (art. 348ter, co. 4).Tale ultima disposizione si applica, fuori delle ipotesi di appello in cause in cui è obbligatorio l’intervento del P.M., anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.Nelle ipotesi di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 348ter c.p.c., la Corte di cassazio-ne, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall’art. 382 (inerente le questioni di giurisdizione e competenza), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello (art. 383, co. 4, aggiunto dal D.L.22-6-2012,n.83).La L.n.183/11 ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 351 c.p.c., il quale prevede che il giudice, alla prima udienza, se ritiene la causa matura per la decisione, può provvedere ai sensi dell’art. 281sexies c.p.c. Se per la decisione sulla sospensione è stata fissata un’udienza antecedente alla prima, il giudice fissa apposita udienza per la decisione della causa nel rispetto dei termini a comparire.Il giudice provvederà, poi, in ordine all’eventuale ammissione e assunzione di prove (art. 356 c.p.c.).Ferma l’applicabilità della norma di cui al n. 4) del co. 2 dell’art. 279 c.p.c., il giudice d’appello, se dispone l’assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avvenuta in primo grado o, comunque, dà disposizioni per effetto delle quali il procedimento deve continuare, pronuncia ordinanza e provvede a norma degli artt. 191 e ss. c.p.c. (art. 356, co. 1).Quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze non definitive previste dal n. 4) del co. 2 dell’art. 279 c.p.c., il giudice d’appello non può disporre nuove prove riguar-do alle domande e alle questioni, rispetto alle quali il giudice di primo grado, non definendo il giudizio, abbia disposto, con separata ordinanza, la prosecuzione dell’istruzione (art. 356, co. 2). Tale divieto riguarda solo le prove relative alle domande non impugnate; per quelle oggetto di impugnazione, il giudice procede all’istruzione probatoria.La L. n. 353/90 ha abrogato l’art. 357 c.p.c. che prevedeva il reclamo al collegio contro le ordi-nanze del consigliere istruttore: è una conseguenza della trasformazione che ha subito il giudizio di appello dopo il 1990, in forza della quale non solo la decisione ma anche la trattazione è af-fidata al collegio e non più all’organo monocratico.

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539Capitolo 2: L’appello

Il paragrafo 5 del Capitolo 2 della Parte Sesta, riportato a pag. 539, deve intendersi sostituito dal seguente:

5. La decisione della causa da parte del giudice di appelloEsaurita la trattazione della causa, ove non provveda all’ammissione e all’as-sunzione di mezzi di prova, il giudice invita le parti alla precisazione delle conclusioni e dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memo-rie di replica a norma dell’art. 190 c.p.c.La sentenza viene depositata in cancelleria entro 60 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.L’art. 352 c.p.c. provvede, poi, alla regolamentazione della eventuale richiesta di fissazione dell’udienza di discussione sia nei giudizi dinanzi alla Corte d’Appello sia nei giudizi dinanzi al Tribunale.Infatti, nel secondo comma dell’art. 352 c.p.c. è disposto che ciascuna delle parti in Corte d’Appello, nel precisare le conclusioni, possa richiedere la di-scussione orale della causa, ovviamente dinanzi al collegio (analogamente alle disposizioni di cui all’art. 275 c.p.c., in ordine al giudizio di primo grado).In questa ipotesi, fermo restando il rispetto dei termini ex art. 190 c.p.c., la richiesta deve essere riproposta al presidente del collegio alla scadenza del termine previsto per il deposito delle memorie di replica. Su tale richiesta il presidente provvede con decreto, fissando il giorno dell’udienza di discussione e designando il relatore. Dopo la relazione, si procede alla discussione della causa e nei 60 giorni successivi la sentenza deve essere depositata in cancelle-ria.Inoltre, il quinto comma dell’articolo 352 c.p.c. (aggiunto dal D.Lgs. 51/98 proprio per disciplinare questa ipotesi) si occupa della fissazione dell’udienza di discussione per le cause in grado d’appello assegnate al tribunale (il quale è chiamato a deciderle in composizione monocratica): «Il giudice, quando una delle parti lo richiede, dispone lo scambio delle sole comparse conclusionali a norma dell’art. 190 c.p.c. e fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse medesime; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi». In tal caso il legislatore risparmia al meccanismo processuale lo scambio delle me-morie di replica, che vengono appunto sostituite dall’udienza di discussione, così come d’altronde già era in passato previsto dall’abrogato art. 190bis, co. 2, per la decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico, allo sco-po di velocizzare la procedura. E così come è oggi previsto dall’art. 281quin-quies (introdotto dal D.Lgs. 51/98) per la decisione del tribunale in composi-zione monocratica nei giudizi di I grado.La L.n.183/11 ha aggiunto un ulteriore comma all’art. 352 c.p.c., il quale prevede che ilgiudice, quando non provvede ai sensi dei commi precedenti,

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540 Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

puòdeciderelacausaaisensidell’art.281sexiesc.p.c. V. Parte V, cap. 7, par. 4. È stato così introdotto, anche nel giudizio di appello, il modello di de-cisione a seguito di trattazione interamente orale, già previsto per i giudizi di primo grado.Nel procedimento d’appello, stante l’esigenza di concentrare le attività assertive e probatorie negli atti introduttivi, il giudice, esaurite le attività preliminari di cui agli artt. 350 e 351 c.p.c., ove non disponga atti istruttori e ritenga la causa matura per la decisione, già in primaudienzapuò compiere gli atti che preludono alla decisione, invitando le parti a precisareleconclusionidefinitive, senza che, prima di passare alla fase di rimessione in decisione, vi sia spazio per la necessaria fissazione di un’udienza per la trattazione della causa e di un’altra per le deduzioni istruttorie (Cass. n. 91/07). La motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima solo quando il giudice dell’appello, richiamando nella sua pronuncia gli elementi essenziali della motivazione della sentenza di primo grado, non si limiti a farli propri, ma confuti le censure contro di essi formulate con i motivi di gravame (Cass. n. 9497/00).

La decisione del giudice d’appello può consistere in una sentenza, definitiva o non definitiva, o in un’ordinanza:1) SentenzadefinitivaSi ha quando il giudice decide definitivamente il merito della causa.Essa può essere:— sentenza di conferma, quando il giudice conferma la sentenza appellata;— sentenza di riforma, quando modificandola decide definitivamente il giudi-

zio sia che questo non debba più continuare, sia che debba essere ripreso ex novo davanti al primo giudice.

Il giudice d’appello, inoltre, deve rinviare la causa al giudice di primo grado nei seguenti casi (artt. 353 e 354 c.p.c.):a) quando il primo giudice abbia negato la giurisdizione che, secondo il giu-

dice di appello, gli competeva;b) quando in appello è dichiarata nulla la notificazione della citazione intro-

duttiva, il che comporta la irregolare dichiarazione di contumacia (nel giudizio di primo grado), mentre, qualora fosse inesistente la notificazione dell’atto introduttivo di primo grado, il giudice d’appello deve limitarsi a dichiarare la nullità del primo giudizio, senza rimettere la causa al primo giudice (Cass. 12-4-2006, n. 8608);

c) quando in primo grado doveva essere integrato il contraddittorio (ossia nei casi di litisconsorzio necessario ex art. 102, e salvo che l’interessato inter-venga in appello dichiarando di voler comunque accettare il contraddittorio nello stato in cui si trova la causa: Cass. n. 16504/05) o non doveva essere estromessa una parte (ad es., perchè litisconsorte necessaria);

d) quando è dichiarata la nullità della sentenza di primo grado per mancanza di sottoscrizione (la Cassazione estende tale previsione a qualunque causa di inesistenza della sentenza, Cass. 3-4-1985, n. 2273; ma non alle ipotesi di nullità diverse dall’inesistenza);

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541Capitolo 2: L’appello

e) quando il primo giudice ha dichiarato l’estinzione del processo a norma e nelle forme dell’art. 308 c.p.c. (e non, invece, ai sensi dell’art. 307, ult. co., c.p.c.: Cass. n. 13902/10) e il giudice d’appello riformi la sentenza.

Le ipotesi in cui è prevista la rimessione della causa al giudice di primo grado sono solo quelle tassativamente indicate dagli artt. 353 e 354 c.p.c. (Cass. 21-2-2011, n. 4217). Negli altri casi il giudice d’appello deve decidere le questio-ni sottoposte al suo esame, eventualmente disponendo la previa rinnovazione ex art. 356 c.p.c. degli atti del giudizio di primo grado affetti da nullità.Quando il giudice d’appello risolva positivamente, in riforma della sentenza impugnata, la questione di competenza del giudice di primo grado (che si era erroneamente dichiarato incompetente), deve pronunciare nel merito in secon-do grado, così esercitando ritualmente e correttamente, anche in assenza di domanda delle parti, la propria potestas decidendi, essendogli preclusa la pos-sibilità di rimettere la causa al primo giudice (Cass. 12-12-2008, n. 29186). Se, invece, il giudice d’appello ravvisa l’incompetenza del giudice di primo grado (ritenutosi erroneamente competente), deve dichiarare l’incompetenza di quest’ultimo indicando il giudice competente in primo grado — davanti al quale il processo continuerà se riassunto ex art. 50 c.p.c. — e non già trattene-re la causa e deciderla nel merito, violandosi altrimenti il principio del doppio grado di giurisdizione (Cass. 12-11-2010, n. 22958).

Opinioni

Poiché l’art. 354 c.p.c. prevede solo l’ipotesi della nullità della notificazione dell’atto di citazione e non la nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, si è posto il problema della disciplina applicabile a questa ipotesi.Secondo alcuni, in virtù del principio di tassatività delle ipotesi di rimessione al primo giudice, il giudice d’appello ha l’obbligo di pronunciarsi sul merito della causa, purché almeno una delle parti glielo abbia chiesto (Cass. n. 5471/2000) ed eventualmente previa rinnovazione degli atti compiuti nella fase pregressa e previa rimessione in ter-mini del contumace (Cass. n. 6879/99) (CIACCIA-CAVALLARI, FINOCCHIARO, SATTA e la prevalente giurisprudenza, per tutte Cass. S.U. n. 9217/10 e Cass. n. 22914/10).Secondo altri, il giudice d’appello deve limitarsi a dichiarare la nullità dell’intero giudizio di primo grado, senza pronunciare sul merito (ANDRIOLI, LIEBMAN, MANDRIOLI e Cass. 6-5-1991, n. 4997).Secondo altri, equiparando la nullità della notificazione alla nullità della citazione, il giudice d’appello deve rimettere la causa al giudice di primo grado (NELA e Cass. 10-10-1997, n. 9867).Se il difetto di contraddittorio ex art. 102 c.p.c. viene rilevato per la prima volta in ap-pello, il processo deve tornare indietro, in primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c. Analoga disciplina è prevista, nell’ipotesi in cui il difetto di contraddittorio sia rilevato per la prima volta in Cassazione, dall’art. 383, comma 3, c.p.c. In tal caso occorrerà ricominciare nuovamente il processo, con la conseguenza che i mezzi di prova raccol-ti varranno solo come argomento di prova ex art. 116, co. 2, c.p.c.Secondo la dottrina prevalente, la rimessione della causa in primo grado garantisce il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione.

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A tale impostazione autorevole dottrina (VERDE) obietta che il doppio grado di giuri-sdizione non è una garanzia costituzionale ed esprime una mera possibilità e non un’effettività. La ratio dell’art. 354 c.p.c. andrebbe, pertanto, ricercata nell’esigenza di garantire il principio di uguaglianza ed il diritto di difesa (art. 24 Cost.) dei litisconsorti necessari pretermessi che, diversamente, beneficerebbero di un unico grado di giudizio, a differenza delle parti processuali.Se il procedimento ha ad oggetto una pluralità di domande, la rimessione al primo giudice, stante il carattere tassativo delle ipotesi in cui essa è consentita, è limitata, nell’ipotesi di cui all’art. 353 c.p.c., alla causa per la quale sia affermata la giurisdizione (Cass. n. 764/06).Con la sentenza con cui il giudice d’appello rimette le parti davanti al giudice di primo grado vanno liquidate le spese processuali del giudizio di gravame (Cass. n. 16765/10, n. 13550/06).

Quando è disposto il rinvio al primo giudice, le parti devono riassumere la causa entro tre mesi (il termine originario di sei mesi è stato dimezzato dalla L.69/09), dalla notificazione della sentenza (ancorché sia stato diversamente disposto dal giudice) o, in mancanza di notificazione, nel termine di sei mesi ex art. 327 c.p.c. dalla pubblicazione della stessa (Cass. n. 12298/11), pena l’estinzione del processo.Se contro la sentenza d’appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto (art. 353, co. 3, c.p.c.). L’atto con cui la causa viene riassunta in primo grado, pur spiegando una fun-zione introduttiva, non è equiparabile all’atto di citazione, in quanto interviene in un procedimento già in precedenza instaurato (Cass. n. 6468/11), cosicchè lo stesso, non comportando la costituzione di un nuovo rapporto processuale ma la prosecuzione di quello originario (Cass. n. 1723/98), va notificato al procuratore della parte costituita in grado di appello ai sensi degli artt. 125 disp att. e 170 c.p.c. (Cass. n. 2562/07).Se viene proposta querela di falso per la prima volta in appello, nonsiharinvio del processo, masolosospensione dello stesso con ordinanza, con la quale il giudice fissa alle parti un ter-mine perentorio per la riassunzione della causa di falso davanti al tribunale ai sensi dell’art. 355 c.p.c. Tale norma, ovviamente, trova applicazione solo quando il giudizio di secondo grado si svolge davanti alla Corte d’Appello, essendoci una competenza funzionale del tribunale per le cause di falso.La costante giurisprudenza, inoltre, ha specificato che la sospensione del giudizio di appello deve essere necessariamente preceduta da un giudizio sulla «ritualità» della proposizione della querela di falso e sulla «rilevanza», per la causa, del documento impugnato di falso (Cass. 28-1-1984, n. 688).Dopo la decisione, la causa d’appello va riassunta.

In merito alle spese, il giudice di appello, mentre nel caso di rigetto del grava-me non può, in mancanza di uno specifico motivo d’impugnazione, modifica-re la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorché riforma in tutto o in parte la sentenza impugnata ha il potere di provvedere d’ufficio ad un nuovo regolamento di dette spese, quale conseguenza della pronuncia adot-

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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tata, dovendo il relativo onere essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite (Cass. n. 17634/11; Cass. S.U. n. 15559/03).2) SentenzanondefinitivaSi ha quando il giudice, riformando la sentenza, decide questioni pregiudizia-li o preliminari di merito e dispone, con ordinanza, per gli ulteriori provvedi-menti istruttori.3) OrdinanzaSi ha quando il giudice dispone — sospendendo il merito — l’assunzione di una prova oppure la rinnovazione totale o parziale dell’assunzione già avve-nuta in primo grado o, comunque, dà disposizioni per la continuazione del giudizio (art. 356 c.p.c.: vedi supra).L’ordinanza viene pronunciata anche qualora il giudice ritenga di dover dichia-rare l’inammissibilità dell’impugnazione nei casi previsti dal co. 1 dell’art. 348bis c.p.c., introdotto dal D.L.22-6-2012,n.83 (vedi supra).

Capitolo 2: L’appello

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544 Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

Lo schema alla fine del Capitolo 2 della Parte Sesta, riportato a pag. 544, deve intendersi sostituito dal seguente:

Schema:AppeLLO

giudice monocratico(art. 350 c.p.c.)

collegio(art. 350 c.p.c.)

DECISIONE

sentenzadefinitiva

ordinanza istruttoria

sentenzanon definitiva

conferma dellasentenza appellata

riforma dellasentenza appellata

Corte d’Appello per senten-za di I grado del Tribunale

Tribunale per sentenza del Giudice di pace

GIuDICeD’AppeLLO

ordinanza diinammissibilità

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545Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

Il paragrafo 1 del Capitolo 3 della Parte Sesta, riportato a pag. 545, deve intendersi sostituito dal seguente:

1. Nozione e caratteriIl ricorso per Cassazione è un mezzo di impugnazione che non dà luogo — a differenza dell’appello — ad una nuova valutazione del merito della causa, ma soltanto ad una revisione delle attività processuali che hanno portato alla sen-tenza denunziata nonché del giudizio di diritto reso con la sentenza stessa (la Corte di Cassazione è giudice della sola legittimità ovvero è solo giudice del diritto).In quanto tale, il ricorso per Cassazione non ha effetto sospensivo, né devolu-tivo.La Corte di Cassazione è l’organo supremo della giurisdizione, che, pur con-correndo con gli altri giudici appartenenti all’Ordine giudiziario (giudici di pace, tribunali e Corti d’Appello) all’esercizio della funzione giurisdizionale, occupa una particolare posizione ed è investita di compiti da essi parzialmen-te distinti.L’art. 65 dell’ordinamento giudiziario così definisce i compiti della Cassazio-ne: «la Corte suprema di Cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzione ed adempie agli altri compiti ad essa conferiti dalla legge».La Corte di Cassazione, quindi, oltre a curare l’esatta osservanza della legge operando sul caso concreto, assolve anche alla funzione di cd. «nomofilachia», assicurando l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto nazio-nale. Proprio a tal fine, le decisioni della Corte vengono condensate, da un apposito ufficio, in «massime» (cd. massimario), costituendo in tal modo dei precedenti, non vincolanti ma senz’altro autorevoli, per i giudici che si trovano a dover risolvere le medesime questioni di diritto.Nello stesso senso, l’art. 374 prevede che il primo presidente della Corte può disporre che la stessa pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto decisa in maniera differente dalle singole sezioni o su quel-li attinenti una questione di massima di particolare importanza.Con il D.Lgs.2-2-2006,n.40 è stato di recente riformato anche il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione allo scopo precipuo di adeguare il procedi-mento dinanzi al giudice di legittimità alla situazione venutasi a creare nel corso degli anni, che ha visto un considerevole e costante incremento dei ri-corsi e delle relative decisioni, con l’insorgere, talvolta, di contrasti, anche inconsapevoli, tra le diverse sezioni ovvero tra i diversi collegi della stessa

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546 Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

sezione. La finalità essenziale della novella è stata, per l’appunto quella di recuperare il ruolo nomofilattico della Corte di Cassazione, assicurandole al contempo una maggiore funzionalità, in un’ottica di accelerazione e di contin-gentamento dei tempi processuali.È opportuno evidenziare che ilriformatoprocessodicassazionetrovaap-plicazioneairicorsipropostiavversolesentenzeeglialtriprovvedimentipubblicatidal2marzo2006, vale a dire dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. suddetto (art. 27, co. 2).La L.18-6-2009,n. 69, ha apportato, poi, ulteriori modifiche al giudizio di cassazione, da un lato abrogando l’art. 366bis c.p.c., inserito dal D.Lgs. 40/06, che prevedeva la formulazione, da parte del ricorrente, di uno specifico «que-sito di diritto» a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di impugna-zione, e, dall’altro, introducendo, con l’art. 360bis c.p.c., un filtro di ammissi-bilità ai ricorsi per cassazione, finalizzato a porre rimedio all’insostenibile mole di ricorsi che incide pesantemente sulla funzionalità ed efficienza della Supre-ma Corte, compromettendone la funzione nomofilattica. Tali innovazioni si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con ricor-so per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della L. 69/09 (4-7-09).Da ultimo, il D.L.22-6-2012,n.83, ha modificato gli artt. 360 e 383 c.p.c., con l’intento, da un lato, di deflazionare il gravoso carico di lavoro della Su-prema Corte e, dall’altro, di disciplinare gli effetti dell’ordinanza di inammis-sibilità dell’appello prevista dagli artt. 348bis e 348ter c.p.c.

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Il paragrafo 2 del Capitolo 3 della Parte Sesta, riportato a pag. 546, deve intendersi sostituito dal seguente:

2. Impugnabilità delle sentenzeAnche il ricorso per Cassazione, come gli altri mezzi di impugnazione, è pre-visto nell’interesse della parte che si ritenga lesa dalla ingiustizia della sentenza.Tuttavia, l’art. 363 c.p.c. prevedeva il ricorsonell’interessedellalegge: quando le parti non avevano proposto ricorso nei termini o vi avevano rinunciato, il procuratore generale presso la Corte di Cassazione poteva proporre, infatti, ri-corso per chiedere che fosse cassata la sentenza nell’interesse della legge. In tal caso le parti non potevano giovarsi della cassazione della sentenza. Lo scopo della norma era di consentire un’interpretazione della legge da parte della Cas-sazione che valesse per i giudizi futuri, al fine di garantire la certezza del diritto.Tuttavia l’art. 363 (come novellato dal D.Lgs. 40/06 ed applicabile quindi ai provvedimenti ed alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006) prevede ora, oltre alla tradizionale impugnazionedelprocuratoregenerale, un nuovo autonomo potere della Corte di stabilire il principio di diritto ancheinipotesidideclaratoriadiinammissibilitàdelricorso. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto atte-nersi, sia quando le parti nonhannopropostoricorsoneiterminidileggeovihannorinunciato, sia quandoilprovvedimentononèricorribileinCas-sazione enon è altrimenti impugnabile. In tal modo viene assicurato lo svolgimento della funzione nomofilattica della Suprema Corte anche con rife-rimento a provvedimenti sino ad ora sottratti al controllo di legittimità (anche al ricorso straordinario), quali, ad esempio, quelli emessi in sede cautelare. La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell’istanza, è rivolta al pri-mopresidente, il quale puòdisporreche laCorte sipronuncia sezioniunite se ritiene che la questione è di particolare importanza (art. 363, co. 2).È stato poi introdotto, in evidente funzione nomofilattica, il potered’ufficiodellaCorte di pronunciare il principio di diritto anche quando il ricorso pro-posto dalle parti è dichiaratoinammissibile, se la Corte ritiene che laquestio-nedecisaèdiparticolareimportanza, perché, ad esempio, ha dato luogo a ricorrenti incertezze interpretative sul punto. In ogni caso lapronunciadellaCortenonhaeffettosulprovvedimentodelgiudicedimeritoche rimane fermo e vincolante per le parti in lite.Possono essere impugnate con ricorso per Cassazione:— le sentenzedelgiudiceordinariopronunciateingradodiappellooin

unicogrado (quando non è ammesso l’appello);

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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— le sentenzeappellabilidelTribunalequandolepartisianod’accordoperometterel’appello: in questo caso il ricorso (cd. ricorso «per saltum») è ammesso solo per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto; ilricorsoper saltum, peraltro, a norma del novellato art. 360, comma pri-mo, n. 3, può essere proposto per la violazione non solo delle normedidirittoinsensostretto (come già previsto nel regime previgente, tuttora applicabile ai provvedimenti pubblicati sino al 1° marzo 2006), ma anche delle normecontenuteincontrattieaccordicollettivinazionalidilavo-ro. Per quanto concerne poi l’accordo delle parti per omettere l’appello, nell’art. 366, co. 3, c.p.c. sono state inserite le parole «anche anteriore alla sentenza impugnata». Pertanto alle parti è attualmente consentitodiaccordarsisul«salto»ancheprimadellaemissionedellasentenzadiprimogrado;

— i provvedimentidiprimogradoallorquandosiastatodichiaratoinam-missibile,aisensidegliartt.348bise348terc.p.c.,l’appellopropostoavversoglistessi(v. Cap. 2, par. 3 e 4);

— le sentenzeeiprovvedimenticheincidonosudirittisoggettiviesianoidoneialgiudicato, emessi dai giudici ordinari o speciali in grado di ap-pello o in unico grado che, ai sensi dell’art. 111, co. 7, Cost., sono denun-ziabili per violazione di legge. Peraltro, sulla scorta dell’art. 360, co. 4 (comma aggiunto dal D.Lgs. 40/06 il quale stabilisce che le disposizioni di cui al primo e terzo comma si applicano allesentenzeedaiprovvedimen-tidiversidallasentenzacontroiqualièammessoilricorsopercassa-zioneperviolazionedilegge),è statosostanzialmente uniformato l’ambi-to dei motivi del ricorso ordinario contro le sentenze in grado d’appello o in unico grado previsto dal codice di rito e del ricorso straordinario contro gli altri provvedimenti fondato sul dettato costituzionale, ragion per cui con quest’ultimo gravame è resa possibile la denuncia dell’omessa, insufficien-te o contraddittoria motivazione della decisione sino ad ora esclusa dal vi-gente e consolidato orientamento della Corte Suprema.

Il D.Lgs. n. 40/06 ha poi introdotto un nuovo comma 3 nell’art. 360 che eliminalapossibilitàdiricorsoimmediatoedirettocontrolesentenzecd.«nondefinitive», vale a dire contro le sen-tenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppureparzialmente, il giudizio: si tratta di quelle sentenze contemplatedall’art.279,co.2,n.4,riferitetuttaviaaisolinumeri1e2, vale a dire a quei provvedimenti che risolvono questioni preliminari di giurisdizione o di competenza o altre questioni pregiudiziali di rito o di merito in senso negativo, cioè rigettandole, così da comportare il prosieguo del giudizio innanzi al giudice che ha emesso la sentenza non definitiva. La norma prevede che ilricorsopercassazioneavversotalisentenzepuòesserepropostosoloallorchésiaimpugnatalasentenzachedefinisce, anche parzialmente, ilgiudizio, ma, ovviamente, senzanecessitàdiriserva. È stato poi modificato il primo comma dell’articolo 361 nel senso di conservare alla parte lasceltatraautonomaricorribilitàimmediataericorri-bilitàdifferita — previariserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso e in ogni caso non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa — all’impugnazione della sentenza definitiva per un’altra categoria di sentenzeparziali

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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(cd. parzialmente definitive): si tratta delle sentenze di condannagenerica di cui all’art. 278 e di quelle sentenze chedecidonounaoalcunedelledomandesenzadefinirel’interogiudizio. Per effetto della disposizione in commento si determina quindi una disarmonia del codice di rito es-sendo rimasto invece fermo il tradizionale regime dell’appellabilità delle sentenze non definitive.L’ultimo comma dell’art. 361 statuisce che «la riserva non può farsi, e se già fatta rimane priva di effetto, quando contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto immediata-mente ricorso».

La Corte di Cassazione è altresì competente a giudicare nei casi di:— ricorsocontroledecisionideigiudicispeciali, per motivi attinenti alla

giurisdizione o per violazione di legge: ricordiamo che il limite per i soli motivi di giurisdizione è rimasto esclusivamente per le decisioni del Con-siglio di Stato e della Corte dei Conti (Cass. S.U. 17-12-1999, n. 910);

— conflittidigiurisdizione: al di fuori di ogni termine, possono essere de-nunciati alla Cassazione (che deciderà a sezioni unite):— i conflitti positivi o negativi di giurisdizione fra giudici speciali o fra

questi e i giudici ordinari;— i conflitti negativi di attribuzione fra la pubblica amministrazione e il

giudice ordinario;— ricorsoperregolamentodigiurisdizione(deciso dalle sezioni unite);— ricorsoperregolamentodicompetenza.

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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Il paragrafo 3 del Capitolo 3 della Parte Sesta, riportato a pag. 549, deve intendersi sostituito dal seguente:

3. I motivi di ricorsoIl ricorso per Cassazione è ammesso solo contro gli errori di diritto contenuti nella sentenza.

Tali errori possono essere di due tipi:

a) errores in iudicando (vizi di giudizio): sono gli errori in cui è incorso il giudice nel giudizio di diritto, cioè nella individuazione e nella applicazione delle norme che regolano il rapporto giuridico dedotto in giudizio;

b) errores in procedendo (vizi di attività): sono gli errori di carattere procedurale, atti-nenti al rapporto processuale che si è concluso con la emanazione della sentenza, e cioè gli errori nella osservanza delle norme giuridiche che regolano lo svolgimen-to del processo.

In dottrina (SATTA) si osserva che, nella prima ipotesi, viene denunciata l’ingiustizia effettiva della sentenza; nella seconda, l’ingiustizia possibile, attraverso la denunzia di un sintomo di quella ingiustizia, ossia la violazione di una regola del procedimento. Diversi sono i poteri di cognizione della Corte nelle due ipotesi, poiché, mentre per gli errori di giudizio, la Cassazione non può giudicare il fatto, per gli errori di procedimen-to è giudice anche di fatto, dovendo verificare se l’attività svolta corrisponda a quella prevista dalla norma processuale e, quindi, in che modo essa sia stata compiuta (sul punto la giurisprudenza è pacifica).

I motivi di ricorso sono tassativamente elencati nell’art. 360 c.p.c. atteso che il giudizio di cassazione è a criticavincolata (Cass. n. 10667/08):a) motivi attinenti alla giurisdizione: sia nel caso che il giudice si sia attribu-

ito poteri giurisdizionali che non gli spettavano, sia nel caso che si sia er-roneamente dichiarato carente di giurisdizione.

Ricorre la prima ipotesi (difetto di giurisdizione) quando il giudice abbia deciso su materia del tutto estranea alle sue attribuzioni e devoluta dalla legge ad un giudice speciale (ovvero abbia giudicato nei confronti di citta-dini stranieri fuori dei casi ammessi dalla legge). Ricorre la seconda ipote-si quando il giudice, con una pronuncia negativa, abbia formalmente nega-to la propria potestà di decidere, pur essendo investito di essa e legittimato ad esercitarla. Il vizio attinente alla giurisdizione dà luogo ad un error in procedendo, sul quale la Cassazione è, perciò, anche giudice del fatto (Cass. S.U. 21-1-2002, n. 638. In dottrina FERRI e FAZZALARI);

b) violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il rego-lamento di competenza.

Sia nel caso di erronea dichiarazione implicita di competenza, che il giudi-ce di appello abbia reso decidendo anche il merito della causa, sia nel caso in cui il giudice si sia, invece, dichiarato erroneamente incompetente, non

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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si può esperire il ricorso per Cassazione quando si deve proporre regola-mento necessario di competenza.

In materia di competenza, la Corte di Cassazione non solo è giudice del fatto, ma ha piena autonomia di giudizio (BONGIORNO, FAZZALARI) ed ampi poteri di indagine, potendo rilevare d’ufficio le ragioni che fonda-no la competenza del giudice (Cass. n. 764/79), senza essere vincolata dalla prospettazione delle parti (Cass. n. 322/75);

c) nullità della sentenza o del procedimento: questo tipo di errore comprende tutti i motivi di nullità dell’attività processuale anteriore alla sentenza ri-spetto ai quali non sia intervenuta sanatoria, ed i motivi di nullità propri della sentenza;

Opinioni

Fra i motivi di nullità della sentenza, la dottrina suole comprendere: l’omessa pronun-cia su una parte della domanda e la pronuncia oltre il domandato (art. 112 c.p.c.) (Cass. n. 7023/10, n. 22595/09), l’inidoneità della sentenza a raggiungere lo scopo cui è de-stinata (in relazione all’art. 156 c.p.c.), i vizi attinenti ai poteri del giudice. In particolare, il vizio di omessa pronuncia si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto e non anche in relazione a istanze istruttorie, per le quali l’omissione è denunciabile solo sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. n. 709/10).

d) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto contro-verso e decisivo per il giudizio.

Il difetto di motivazione della sentenza può formare oggetto di ricorso per cassazione solo per quanto attiene all’accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti per la decisione, e non anche per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione di norme di diritto e la soluzione di questioni giuridiche (Cass. n. 1270/07).

Il vizio di contraddittorietà di motivazione sussiste solo quando le ragioni esposte a sostegno della tesi seguita dal giudice per l’accoglimento o per il rigetto della pretesa fatta valere in giudizio siano tra loro contrastanti al punto da elidersi a vicenda, in modo che la parte di-spositiva della sentenza non sia più la logica conseguenza della premessa, ovvero quando il contrasto tra motivo e motivo sia talmente insanabile da privare la decisione del requisito essenziale della motivazione, in guisa da impedire la ricostruzione dell’iter logico-giuridico della pronunzia giudiziale, e quindi l’individuazione della ratio decidendi (Cass. n. 21215/10).

L’omesso esame di un punto decisivo sussiste quando il giudice di merito non abbia portato il suo esame sopra una questione proposta, la cui risoluzione, ove fosse stata presa in con-siderazione, avrebbe potuto portare a decisione diversa da quella adottata con giudizio di certezza e non di mera probabilità (Cass. n. 24221/09).

La norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente un ulteriore esame, da parte della Corte di Cassazione, del merito della controversia, perché vuole soltanto assicurare che l’esposizio-ne dei motivi e delle fonti di convincimento sia fatta in modo da poter seguire il processo logico-valutativo del giudice di merito; ai fini di detta norma sono, pertanto, rilevanti solo quelle omissioni su circostanze o punti che, se tenuti presenti, avrebbero potuto portare ad un diverso convincimento; ne consegue che non ogni mancato esame od omessa discussio-ne di elementi di prova esistenti in atti sostanzia l’omessa pronuncia sul punto decisivo,

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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giacché tale violazione non sussiste quando emerga che il giudice, sia pure implicitamente, ha tenuto conto di ogni difesa, di ogni deduzione e di ogni prova (Cass. n. 9868/08).

Il D.L.22-6-2012,n.83, ha, tuttavia, sostituito il n. 5 dell’art. 360 c.p.c., il quale ora pre-vede, quale unico motivo di ricorso, l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».

La nuova disposizione, che mira ad evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione contraddittoria o insufficiente, si applica alle sentenze pubblicate dal trente-simo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.

e) violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nonché, a seguito del D.Lgs. 40/06, dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (è un caso di errore in iudicando).

In particolare:

— violazione si ha allorché il giudice ha affermato una norma inesistente o ha nega-to una norma esistente, ovvero ha errato nell’individuazione o interpretazione della norma o nella qualificazione giuridica della fattispecie;

— falsa applicazione ricorre allorché la norma, pur esattamente individuata, è appli-cata ad un fatto da essa non regolato, o applicata in modo da giungere a conse-guenze contrarie a quelle previste dalla legge.

Il motivo in esame esige come presupposto che la relativa questione sia stata formulata nelle fasi di merito, abbia formato materia di dibattito fra le parti e su di essa il giudice abbia pronunciato. Ulteriore presupposto necessario è che tra la denunziata violazione di legge e la decisione impugnata esista un rappor-to di causalità. Se, pertanto, nonostante la esistenza di una violazione di legge, la sentenza denunziata si regge ugualmente su altre premesse incensurabili e indipendenti dal motivo riconosciuto illegittimo, il ricorso va rigettato.La nozione di «norme di diritto» comprende tutte le fontideldiritto, quali regolamenti, sentenze additive e manipolative della Corte Cost., consuetudini, diritto straniero (nei limiti di sua rilevanza nel nostro ordinamento). Non rien-trano in tale nozione, invece, gli statuti di enti pubblici, le circolari (non nor-mative) della pubblica amministrazione, le norme deontologiche professiona-li, le norme bancarie uniformi, i regolamenti condominiali, etc.Il D.Lgs. 40/06 ha introdotto, altresì, l’art.420bis c.p.c., il quale stabilisce che, quando per definire una controversia di lavoro è necessario risolvere una que-stione in merito all’efficacia, validità o interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, il giudice decide la questione con sentenza non definitiva e dà disposizioni per il proseguimento dell’istruttoria. Detta sentenza può essere impugnata con ricorso immediato per cassazione da proporsi entro 60 giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della stessa.

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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Opinioni

La Suprema Corte (S.U. n. 3840/07), ha statuito che, qualora il giudice adito, dopo avere dichiarati inammissibili l’appello, o la domanda proposta, o declinato la propria giurisdizione o competenza, abbia svolto, subordinatamente, argomentazioni di merito, ipotetiche e virtuali, in margine alla domanda stessa, la parte soccombente non ha né l’onere, né l’interesse, ad impugnare queste ultime. Ove, per l’effetto, il giudice di secon-do grado, dopo avere dichiarato inammissibile l’appello, entri — comunque — nel me-rito della proposta impugnazione, rigettandola, devono essere dichiarati inammissibili i motivi del ricorso per cassazione relativi al disposto rigetto dell’appello, anche nell’even-tualità risultino fondate le censure relative alla dichiarata inammissibilità dell’appello.Si è, altresì, ritenuto che il principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di una evidente ragione di inammissibilità del ricorso per cassazione, di de-finire con immediatezza il processo, anche in presenza di un vizio della notifica che non abbia consentito la regolare instaurazione del contraddittorio e senza la preventiva rinnovazione della notifica stessa, costituendo la rinnovazione una attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del processo (Cass. ord. n. 17851/11, n. 20929/10).La parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su un conso-lidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, incorre in errore scusabile ove la successiva interpretazione assunta dalle Sezioni Unite abbia correttamente ritenuto che il gravame avrebbe dovuto venir propo-sto entro un termine più breve già scaduto, e conseguentemente il suo ricorso deve considerarsi tempestivo, non essendo in tale ipotesi applicabile il principio di tardività dell’impugnazione recato dalla più recente linea interpretativa (Cass. S.U. n. 15144/11).

La L.n. 69/09, ha introdotto l’art. 360bis c.p.c., il quale prevede che l’ammis-sibilità dei ricorsi per cassazione sia sottoposta ad un preventivo vaglio da parte di un’appositasezione(composta, di regola, da magistrati appartenenti a tutte le sezioni, come disposto dall’art. 67bis, R.D. 12/1941, introdotto dalla L. 69/09), la quale, a seguito dell’assegnazione dei ricorsi alla stessa da parte del primo presidente, verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, comma 1, nn. 1 e 5 (cfr. art. 376, co. 1, novellato dalla L. 69/2009). La nuova norma è applicabile alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con ricorso per cassazione sia stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge (4-7-09).In particolare, il ricorsoèdichiaratoinammissibile:1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo

conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

2) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolari del giusto processo.

Nei primi commenti alla recente riforma, si è sottolineato il rischio di un contrasto tra la nuova norma e l’art. 111, co. 7, Cost., che impone di ammettere sempre il ricorso per cassazione contro le sentenze per violazione di legge. Il filtro introdotto dall’art. 360bis c.p.c. limiterebbe la possi-bilità di applicare tale principio costituzionale e determinerebbe una compressione delle garanzie

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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individuali. Si è, altresì, rilevato che sono stati ricondotti alla categoria dell’inammissibilità pro-fili che attengono più propriamente all’ambito della manifesta fondatezza/infondatezza del ricor-so, cui già si provvedeva nella disciplina previgente con il procedimento di cui agli artt. 375 e 380bis c.p.c. Peraltro, la stessa formulazione delle ipotesi di inammissibilità non può che susci-tare forti dubbi per quanto attiene alla difficile delimitazione dei margini di opinabilità/discrezio-nalità insiti nella identificazione di ciò che può ritenersi deciso in modo «conforme» o «difforme» da precedenti decisioni della Corte, dei criteri che possono indurre in un caso ad approfondire e in un altro a decidere di non farlo, nonché dei parametri in base ai quali può ritenersi fondata, sempre ai fini dell’ammissibilità del ricorso, la censura relativa alla violazione dei principi rego-latori del «giusto processo», concetto, quest’ultimo, che non trova preciso riscontro nel tessuto normativo attualmente vigente. Inoltre, non si comprende quale possa essere l’ipotesi del ricorso incapace di offrire «elementi per confermare» la giurisprudenza precedente, attesa l’inverosimi-glianza di un ricorrente che miri alla conferma della giurisprudenza a lui sfavorevole.In una delle prime pronunce interpretative del nuovo art. 360bis c.p.c., le Sezioniunite(ord.6-9-2010,n.19051), contravvenendo al tenore letterale della norma in esame,hanno statuito cheilricorsopercassazionevarigettato, perché manifestamente infondato (anziché dichia-rato inammissibile), se, al momento in cui la Suprema Corte si pronuncia, la decisione di meri-to si presenta conforme alla propria giurisprudenza e il ricorso non prospetta argomenti per modificarla. Dal contenuto della citata ordinanza si desume, in particolare, che: 1) la valutazio-ne se la decisione impugnata è o meno conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte deve essere compiuta con riguardo agli orientamenti giurisprudenziali espressi dalla stessa Corte al momento della decisione (restando irrilevante l’eventuale diverso orientamento manifestato in precedenza, eventualmente al momento della proposizione del ricorso per cassazione); 2) oltre che nell’ipotesi di cui al n. 1 dell’art. 360bis c.p.c., la Corte deve pronunciare la manifesta in-fondatezza (anziché l’inammissibilità) del ricorso per essere «manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo»; 3) la pronuncia di manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso per essere la decisione impugnata difforme o conforme alla giurisprudenza della Corte può essere resa anche in relazione a procedimenti di impugnazione per regolamento di competenza.

Da ultimo, il D.L.22-6-2012,n.83, ha introdotto l’art. 348ter c.p.c., il quale prevede che, qualora venga dichiarato inammissibile l’appello nell’ipotesi prevista dall’art. 348bis c.p.c. (v. cap. 2, par. 3 e 4), contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., ricorsopercassazione nei limiti dei motivi specifici esposti con l’atto di appello.In tal caso, il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’or-dinanza che dichiara l’inammissibilità. Si applica l’art. 327 c.p.c., in quanto compatibile (art. 348ter, co. 3).Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, ilricorsopercassazionepuòesserepropostoesclusivamenteperimotivi,distrettalegittimità, di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) dell’art. 360, con esclusione, quindi, del vizio di motiva-zione contraddittoria o insufficiente (art. 348ter, co. 4).Tale ultima disposizione si applica, fuori delle ipotesi di appello in cause in cui è obbligatorio l’intervento del P.M., anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado (art. 348ter, co. 5).

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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Il paragrafo 6 del Capitolo 3 della Parte Sesta, riportato a pag. 562, deve intendersi sostituito dal seguente:

6. La cassazione della sentenza impugnataIl giudizio di Cassazione è tipicamente rescindente ossia eliminala sentenza del giudice di merito, in modo da rendere possibile un nuovo esame della con-troversia (giudizio rescissorio).Oggetto di tale giudizio rescindente è la sentenza impugnata, e più precisamen-te la domanda di cassazione di tale sentenza. Su tale domanda la Corte pronun-cia accogliendo o rigettando il ricorso, e quindi cassando oppure lasciando intatta la sentenza impugnata.Solo una minoranza della dottrina ritiene che oggetto del giudizio di cassazio-ne siano le censure mosse alla sentenza impugnata, e cioè i motivi di ricorso.Vi sono, peraltro, dei casi in cui la pronuncia della Cassazione assume un ca-rattere autonomo e definitivo.Occorre, quindi, distinguere:

A) Casi in cui la Corte cassa senza rinvioSono quei casi in cui, a seguito della cassazione della sentenza, il processo non può proseguire (art. 382, co. 3, c.p.c.):a) quando, risolvendo una questione di giurisdizione o competenza, la Corte

riconosce che il giudice del quale è impugnato il provvedimento ed ogni altro giudice, difettano di giurisdizione: un tale difetto può sussistere nei confronti di un giudice straniero e/o di un potere non giurisdizionale dell’or-dinamento statale;

b) quando la Corte ritiene che, per qualsiasi motivo, la causa non poteva esse-re proposta o il processo proseguito davanti al giudice di merito.

Esempi: la sentenza d’appello che abbia irritualmente pronunciato nel merito; la sentenza che abbia provveduto su una domanda proposta per la prima volta in grado di appello (Cass. n. 7258/03); la sentenza pronunciata nonostante la nullità della notificazione dell’atto intro-duttivo del giudizio; la sentenza d’appello che riforma una sentenza di primo grado inappel-labile;

c) quando, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito (art. 384, co. 2).

Quando decide nel merito (cassazione cd. sostitutiva), la Corte non si limita al giudizio re-scindente, ma pronuncia essa stessa il provvedimento sostitutivo (pronuncia rescissoria). La disciplina della situazione sostanziale dedotta con la domanda giudiziale proviene dalla pronuncia della Cassazione: se di condanna, il titolo esecutivo sarà costituito dalla pronun-cia della Corte; ove la sentenza sia soggetta a trascrizione o ad annotazione, il titolo sarà costituito dalla pronuncia della medesima Cassazione (LUISO).

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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È stata inoltre inserita dal D.Lgs. 40/2006 una nuova disposizione (art. 384, co. 3) — chiaramente volta a salvaguardare il rispetto del principio del contraddit-torio anche nella fase di legittimità — in base alla quale, quando la Corteritie-ne di porre a fondamento della decisione una questionerilevatad’ufficio, ri-serva ladecisione,assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta dalla comuni-cazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione (analoga disposizione è contenuta, per il giudizio di merito, nel co. 2 dell’art. 101 c.p.c., aggiunto dalla L. n. 69/09: v. Parte I, cap. 4, par. 5, lett. C).

B) Casi in cui la Corte cassa con rinvioSono tutti gli altri casi, in cui, a seguito della cassazione della sentenza impu-gnata, il processo prosegue innanzi ad un altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata.In particolare, la Corte pronuncia cassazioneconrinvio quando:— accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli richiamati nell’art. 382 c.p.c.

(art. 383, co. 1);— riscontra una nullità del giudizio di primo grado, per la quale il giudice di

appello avrebbe dovuto rimettere le parti al primo giudice (il rinvio avviene direttamente al primo giudice);

— accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall’art. 382 c.p.c. nelle ipotesi di cui all’art. 348ter, co. 3 e 4, c.p.c. (ossia allorquando, a segui-to della declaratoria di inammissibilità dell’appello, sia stato proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado): in tal caso, la Cor-te rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello e si applicano le disposizioni in tema di giudizio di rinvio di cui agli artt. 392 e ss. c.p.c. (art. 383, co. 4, c.p.c., aggiunto dal D.L.22-6-2012,n.83).

Nel caso, previsto dall’art. 360, co. 2, c.p.c., in cui le parti, d’accordo, abbiano adito la Cassazione omettendo l’appello (ricorso per saltum), il rinvio può essere fatto al giudice che avrebbe dovuto pronunziare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato (art. 383, co. 2, c.p.c.).In caso di giudizio di rinvio, subentra l’onere della parte di riassumere il giudi-zio entro tre mesi dalla pronuncia della Corte, altrimenti il processo si estingue.La cassazione con rinvio ha una funzione importantissima se è determinata dalla riscontrata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ossia ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3: infatti, in tal caso — ed in ogni altro caso in cui, decidendo su altri motivi del ricorso, risolve una questione di diritto di parti-colare importanza — la Corte enuncia il principio di diritto al quale il giudice di rinvio dovrà uniformarsi (art. 384, co. 1, c.p.c.).Il principiodidiritto è costituito dalla nozione astratta di ordine giuridico che la corte incor-pora nella sua sentenza come presupposto della sua pronuncia, anche se non ve lo inserisca

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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formalmente con una espressa enunciazione che serva da guida del tutto palese per il giudice di rinvio. Esso va, in sostanza, ricavato dalla motivazione, nella quale va individuata la massima di diritto che indusse la corte ad accogliere il ricorso. Dalla motivazione, inoltre, il giudice di rinvio è tenuto a ricercare anche le premesse logico-giuridiche della pronuncia della Corte, premesse alle quali il giudice stesso sarà parimenti vincolato (Cass. n. 17353/10; Cass. S.U. n. 15602/09).

La Corte, quando decide una questione di giurisdizione o cassa per violazione delle norme sulla competenza, statuisce su questa, determinando, se occorre, il giudice competente (art. 382 c.p.c.).La decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e non pregiudica nel proseguimento del giudizio le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda (art. 386 c.p.c.). Dopo la sentenza, il cancelliere della corte trasmette, anche in via telematica, copia della senten-za (e non più del solo dispositivo, in base al novellato art. 388) al cancelliere del giudice che ha emesso la sentenza impugnata in modo tale che ne sia presa nota in margine all’originale di quest’ultima.Per quanto riguarda le eventuali restituzioni o riduzioni in pristino, che siano conseguenza della sentenza cassata, la competenza è rimessa al giudice di rinvio e — in caso di cassazione senza rinvio — al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata (art. 389 c.p.c.).La Corte, se cassa senza rinvio o per violazione delle norme sulla competenza, provvede sulle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata (art. 385, co. 2, c.p.c.). Se rinvia la causa ad altro giudice, può provvedere sulle spese del giudizio di cassazione o rimetterne la pronuncia al giudice di rinvio (art. 385, co. 3, c.p.c.).Il legislatore del 2006, inoltre, aveva aggiunto, all’art. 385, un quarto comma sulla scorta del quale, quando pronunciava sulle spese, anche d’ufficio, la Corte condannava, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determi-nata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se riteneva che essa aveva proposto il ricor-so o vi aveva resistito anche solo con colpa grave. Si trattava di una sorta di condanna per re-sponsabilità aggravata ai sensi del suddetto art. 96, che tuttavia prescindeva dalla sussistenza di danni arrecati alla controparte ed era volta fondamentalmente a scoraggiare eventuali abusi del diritto di impugnazione. La L. 69/09 ha abrogato il quarto comma dell’art. 385 c.p.c. ed ha contestualmente inserito un ulteriore comma all’art. 96 c.p.c., il quale prevede, come principio generale in materia di liquidazione delle spese processuali (e dunque non solo nell’ambito del giudizio di cassazione), la facoltà per il giudice di condannare, anche d’ufficio, la parte soccom-bente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata. Vedi Parte III, Cap. 3, par. 3.

Il processo può estinguersi in seguito a rinunciaal ricorso (art. 390 c.p.c.), rinuncia che:

— deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato (anche solo da questo, se munito di mandato speciale);

— può farsi in qualunque stato della causa purché prima che sia cominciata la relazione all’udienza o sia notificata la richiesta del P.M. per la pronuncia in camera di consiglio;

Parte VI: Le impugnazioni e il giudicato

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— può anche riguardare soltanto qualche motivo del ricorso o qualche parte della sentenza (Cass. n. 11154/06);

— deve essere notificata alle parti costituite o comunicata agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto.

L’atto di rinuncia al ricorso per cassazione produce l’estinzione del processo anche in assenza di accettazione della parte cui sia stato notificato, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata e il conseguente venir meno dell’interesse a contrastare l’impugnazione (Cass. n. 23840/08). La rinuncia al ricorso per cassazione impone la dichiarazione di estinzione del processo, anche ove sussista una causa di inammissibilità dell’impugnazione (Cass. n. 7242/10; Cass. S.U. n. 19514/08; contra Cass. S.U. n. 16528/08).

Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge, la Corte provvede con sentenza quando deve decidere altri ricorsi contro lo stesso prov-vedimento, altrimenti provvede il presidente con decreto (art. 391, co. 1, c.p.c.). Il rinunciante può essere condannato al pagamento delle spese, salvo che le altre parti abbiano aderito alla rinuncia (art. 391, co. 2 e 4).Il decreto di estinzione emesso dal presidente ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell’udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione (art. 391, co. 3).

Capitolo 3: Il ricorso per Cassazione

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741Capitolo 2: Il procedimento sommario di cognizione

Il paragrafo 5 del Capitolo 2 della Parte Ottava, riportato a pag. 741, deve intendersi sostituito dal seguente:

5. Appello ed altri mezzi di impugnazioneL’art. 702quater c.p.c. prevede che l’ordinanza emessa ai sensi del sesto com-ma dell’art. 702ter c.p.c. produce gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. senonèappellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. L’attri-buzione dell’efficacia propria del giudicato comporta, ad esempio, che la parte soccombente non ha facoltà di radicare un autonomo giudizio nelle forme ordinarie sullo stesso titolo o rapporto già oggetto del giudizio sommario, oppure su un titolo o rapporto giuridico con quello incompatibile, potendo la controparte opporre l’efficacia preclusiva dell’accertamento consacrato nell’or-dinanza emessa ai sensi dell’art. 702ter, co. 6, c.p.c.Nulla, tuttavia, viene precisato in relazione all’ipotesi in cui l’ordinanza non venga né notificata né comunicata: in questo caso si ritiene che possa trovare applicazione il termine lungo di sei mesi previsto per l’appello dall’art. 327 c.p.c. (come modificato dalla L. 69/2009), decorrente dalla pubblicazione del provvedimento.Secondo la tesi prevalente, l’appello è ammissibile anche avverso l’ordinanza di rigetto o che dichiari inammissibile la domanda proposta con il rito ordina-rio.In ogni caso, non trovano applicazione gli artt. 348bis e 348ter c.p.c., introdot-ti dal D.L.22-6-2012,n.83, in ordine al filtro di inammissibilità dell’appello.Il legislatore, inoltre, ha dettato una scarna disciplina del giudizio d’appello, limitandosi a precisare che sonoammessinuovimezzidiprovaenuovido-cumenti quando il collegio li ritiene rilevantiai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento somma-rio percausaadessanonimputabile. Ebbene, se l’intento era quello di ri-proporre il principio generale contenuto nell’art. 345 c.p.c., deve rilevarsi che, mentre in tale ultima norma l’ammissibilità dei nuovi mezzi di prova e dei nuovi documenti è subordinata ad una valutazione di indispensabilità degli stessi, ai fini della decisione, da parte del giudice d’appello, l’art. 702quater c.p.c., invece, richiede, ai fini dell’ammissibilità, la mera rilevanza, ai fini della decisione, dei nuovi mezzi istruttori richiesti dalle parti. Qualora, invece, il legislatore abbia inteso offrire alle parti, in caso di impugnazione dell’ordi-nanza conclusiva del giudizio di primo grado, maggiori garanzie difensive, rendendo più accessibile il ricorso a nuovi elementi probatori, non può comun-que non rilevarsi l’uso improprio del termine «rilevanti», atteso che è pleona-stico precisare che solo i mezzi di prova rilevanti ai fini della decisione posso-no essere ammessi in giudizio.

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742 Parte VIII: I procedimenti speciali

In definitiva, l’art. 702quater c.p.c. va letto nel senso che la rilevanza costituisce sì requisito per l’ammissione di ogni mezzo di prova, ma si dovrà trattare di un’istanza che non è stato possibi-le formulare nel precedente grado per causa non imputabile, ovvero perchè si è decaduti incol-pevolmente a fronte di un ingiustificato diniego giudiziale di termini per integrazioni. La norma è diretta, quindi, a porre rimedio a ogni possibile pregiudizio che la parte abbia potuto subire in sede di fase semplificata e accelerata.

Può, peraltro, ritenersi, quanto alla forma, che l’appello vada introdotto con atto di citazione e si concluda con sentenza, trovando applicazione la discipli-na normativa ordinaria in tema di appello (compresi gli artt. 283 e 351 c.p.c. in ordine al potere di sospensione dell’esecutività dell’ordinanza impugnata). L’ultimo periodo dell’art. 702quater c.p.c. prevede che il presidente del colle-gio può delegare l’assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio.Infine, va evidenziato che, sebbene la legge abbia previsto quale mezzo d’im-pugnazione tipico per le ordinanze sommarie soltanto l’appello, non può co-munque escludersene l’impugnabilità con gli altri rimedi indicati dall’art. 323 c.p.c., trattandosi di provvedimenti ai quali, per la loro attitudine al giudicato, deve essere assegnata la natura sostanziale di sentenza.Pertanto, le ordinanze, di qualsiasi contenuto, pronunciate all’esito del proce-dimento sommario, saranno impugnabili con la revocazionestraordinaria (art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6, c.p.c.), ovvero con quella ordinaria (art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c.) nelle materie per le quali la legge preveda (nel rito a cognizione pie-na) l’inappellabilità della sentenza (qualora, però, si acceda alla tesi che, anche in queste ipotesi, sia utilizzabile il procedimento sommario), e sarà altresì ammissibile l’opposizionediterzo,ordinariaorevocatoria (art. 404, 1° e 2° comma, c.p.c.).

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937Capitolo 10: Il processo del lavoro

Il paragrafo 10 del Capitolo 10 della Parte Ottava, riportato a pag. 937, deve intendersi sostituito dal seguente:

10. Le impugnazioniIl D.Lgs. 51/98, istitutivo del giudice unico di primo grado, ha disposto la soppressione della figura del pretore, con il trasferimento delle relative com-petenze al tribunale in composizione monocratica.Perciò, in ossequio al principio per il quale il giudizio di impugnazione va attribuito all’ufficio giudiziario immediatamente superiore, l’appello avverso le sentenze in materia lavoro (cioè quelle previste dall’art. 409 c.p.c.) va attri-buito alla CortediAppello.Ai sensi dell’art. 440 c.p.c. non sono appellabili le sentenze che hanno defini-to una controversia il cui valore non superi euro 25,82, nel qual caso la pro-nuncia è impugnabile con ricorso per cassazione (Cass. n. 10838/04).Il ricorso deve contenere, oltre ai normali requisiti di cui all’art. 414 c.p.c., la «esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici d’impugnazione», a pena di inammissibilità (Cass. n. 10596/04). Il termine per la proposizione dell’ap-pello è di 30 giorni dalla notificazione della sentenza ed, in mancanza, di sei mesi (un anno per i giudizi instaurati in primo grado entro il 4-7-2009, ossia prima dell’entrata in vigore della L. n. 69/2009, che ha dimezzato il termine lungo di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c.) dalla pubblicazione della stessa.Nel caso in cui l’esecuzione inizi prima della notificazione della sentenza, può proporsi «appello con riserva dei motivi», che dovranno essere presentati nei termini di cui all’art. 434 c.p.c.Secondo l’orientamento prevalente (Cass. n. 13617/04, n. 4615/04), l’appello con riserva dei motivi presuppone l’inizio dell’esecuzione, non essendo sufficiente la semplice notifica del precetto, ritenuta invece idonea da gran parte della dottrina a legittimarne la proposizione. Esso non consuma il potere di impugnazione; pertanto, ove tale appello sia ritenuto inammissibile per mancato inizio dell’esecuzione forzata, non osta alla valida instaurazione del giudizio il grava-me proposto con atto successivo, eventualmente anche con l’atto di presentazione dei motivi, non essendo, viceversa, consentito integrarne il contenuto con elementi del precedente atto nullo e inammissibile (Cass. n. 13005/06).

In base all’art. 439 c.p.c., la Corte d’Appello, se ritiene che il processo in 1° grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli artt. 426 e 427 c.p.c. (v. supra par. 4).Il Presidente della Corte d’Appello, entro 5 giorni dalla data di deposito del ricorso, nomina il giudice relatore e fissa, non oltre 60 giorni dalla data mede-sima, l’udienza di discussione davanti al Collegio. L’appellante, nei 10 giorni successivi alla comunicazione del deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all’appellato. Tra la data di notificazione all’appella-

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938 Parte VIII: I procedimenti speciali

to e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non mino-re di 25 giorni.L’appellato deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell’udienza depositando in cancelleria il fascicolo e una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta la dettagliata esposizione di tutte le sue difese.L’appellato può anche proporre appello incidentale. Egli deve proporlo, a pena di decadenza, nella memoria difensiva con l’esposizione dei motivi specifici su cui si fonda l’impugnazione e deve notificarlo alla controparte almeno 10 giorni prima dell’udienza di discussione.VOCINO e VERDE e la giurisprudenza (Cass. 8-2-1985, n. 1042; Cass. 27-3-1984, n. 2026) evidenziano l’incongruità della disciplina, secondo cui dieci giorni prima dell’udienza scade contemporaneamente il termine per proporre appello incidentale ed anche per notificarlo.La cassazione ha evidenziato che la decadenza dall’appello incidentale si verifica nella sola ipotesi del mancato deposito in cancelleria della memoria difensiva entro il termine fissato dalla legge, e non anche nel caso di omissione dell’adempimento, parimenti previsto dalla legge, della notificazione della memoria nello stesso termine, e ciò sia per il tenore letterale della norma, sia per ragioni di carattere sistematico, quali la brevità del termine a disposizione per eseguire adempimenti difficili da concretizzare, sia, infine, per evitare irragionevoli discrimina-zioni (Cass. 24-2-2001, n. 2698).Di recente, la giurisprudenza (Cass. S.U. n. 20604/08), componendo un contrasto in merito agli effetti della mancata notifica dell’appello, pur a seguito della sua rituale proposizione, ha affer-mato il principio che l’impugnazione, pur ritualmente depositata in cancelleria, ma della quale l’appellante ometta la notifica, deve essere dichiarata improcedibile, non essendo consentita l’applicazione dell’art. 421 che consenta al giudice di assegnare all’appellante un termine pe-rentorio per provvedere ad una nuova notificazione ai sensi dell’art. 291, in virtù della diversità ontologica tra nullità della notifica ed inesistenza della stessa.

All’udienza di discussione si applicano gli artt. 348bis e 348ter c.p.c., inseriti dal D.L.22-6-2012,n.83(v., amplius, Parte VI, cap. 2, par. 3 e 4), in ordine all’immediata declaratoria di inammissibilità dell’appello qualora il giudice ritenga che l’impugnazione non abbia una ragionevole probabilità di essere accolta (art. 436bis c.p.c.).Se il collegio non provvede ai sensi delle norme da ultimo citate, all’udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.In questa fase non sono ammesse nuove domande ed eccezioni e sono ammes-si quei soli mezzi di prova nuovi, che siano ritenuti anche d’ufficio indispen-sabili ai fini della decisione, salva sempre la possibilità per le parti di deferire il giuramento decisorio e per il giudice di disporre il giuramento estimatorio.I nuovi mezzi di prova, se ammessi, devono essere assunti in un udienza suc-cessiva da tenersi entro 20 giorni (vedi anche Cass. S.U. 20-4-2005, n. 8202, che ha ritenuto inammissibile la produzione in appello di nuovi documenti).Nuove domande si hanno quando mutano il petitum ed i soggetti, non quando c’è una diversa qualificazione giuridica degli stessi fatti (v., ad es., Cass. 6-12-1999, n. 13630 e Cass. 23-6-2000, n. 8566).

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939Capitolo 10: Il processo del lavoro

Non sono proponibili quelle eccezioni che il giudice non può esaminare se non ad istanza di parte (es. eccezione di prescrizione e/o di compensazione) e non quelle rilevabili d’ufficio (es. eccezione di pagamento: v. in tal senso Cass. 25-11-1999, n. 13140; Cass. 7-2-1997, n. 1154; Cass. 25-10-1984 n. 5423).Secondo la giurisprudenza, l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio in grado di appello presup-pone l’insussistenza di colpevole inerzia della parte interessata, l’opportunità di integrare un quadro probatorio già tempestivamente delineato dalle parti e l’indispensabilità dell’iniziativa ufficiosa (Cass. 9-3-2001, n. 3516).

La sentenza deve essere depositata entro il termine di 15 giorni dalla pronuncia (art. 438).Si applicano le disposizioni dei co. 2 e 3 dell’art. 429 c.p.c. (rinvio dell’udienza e rivalutazione automatica) e il disposto del co. 2 dell’art. 431 c.p.c. (immediata esecutività delle sentenze sulla base del solo dispositivo).

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Il paragrafo 13 del Capitolo 10 della Parte Ottava, riportato a pag. 941, deve intendersi sostituito dal seguente:

13. Le controversie in materia di locazione, comodato e affittoL’art. 447bis c.p.c., introdotto dalla L. n. 353/1990, in vigore dal 30-4-1995 ed applicabile anche ai giudizi pendenti a tale data, previa ordinanza di mutamen-to del rito ex art. 426 c.p.c., disciplina le controversie in materia di locazioneedicomodatodiimmobiliurbaniequellediaffittodiaziende, stabilendo che alle stesse siano applicabili alcune disposizioni, espressamente richiamate, dettate in tema di rito del lavoro. Il procedimento previsto dalla norma in esame si applica a tutte le controversie comunque collegate alla materia della locazione, anche qualora, ad es., si in-vochi la costituzione di un rapporto non ancora sorto, ai sensi dell’art. 2932 c.c., sulla base di un contratto preliminare (Cass. 16-1-2003, n. 581). In parti-colare, i diritti in materia locatizia possono essere tutelati, per la parte in cui le due discipline si sovrappongono, sia attraverso il ritolocatizioacognizionepiena, sia attraverso le forme sommarie di cui agli artt. 657 e ss. c.p.c. In tale ultima ipotesi, in caso di opposizione alla convalida, si apre un processo a cognizione piena al quale si applica il rito locatizio. Sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 447bis c.p.c. le controversie relative ad immobili «non urbani», dovendo intendersi per tali quelli che non siano oggetto attuale o potenziale di disciplina urbanistica oppure quelli nei quali viene svolta un’attività agricola.La competenzaper materia in relazione alle controversie locatizie spetta al tribunale. Quanto alla competenza per territorio, la stessa spetta al tribunale del luogo in cui si trova l’immobile o l’azienda, ai sensi dell’art. 21, co. 1, c.p.c. Trattasi di competenza inderogabile (Cass. 7-3-2005, n. 4873). Tuttavia vi sono opinioni discordanti in dottrina in relazione alla rilevabilità dell’eccezione di incompetenza, ritenendo alcuni (CONSOLO, LUISO) che si tratti di un’ecce-zione in senso stretto rilevabile dal solo convenuto nella memoria di costitu-zione, ed altri (TARZIA) che il vizio possa essere rilevato anche d’ufficio non oltre la prima udienza di trattazione. La seconda tesi risulta essere quella mag-giormente conforme al dettato dell’art. 428 c.p.c., espressamente richiamato dall’art. 447bis c.p.c.Quanto all’individuazione delle norme del rito del lavoro applicabili, l’art. 447bis c.p.c. richiama la maggior parte delle disposizioni di cui agli artt. 414 e ss. c.p.c. Sono poi previste, per il rito locatizio, alcune disposizioni specifiche inerenti ai poteri istruttori del giudice, alle caratteristiche della sentenza e alle condizioni occorrenti per ottenerne la sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione.

Capitolo 10: Il processo del lavoro

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In particolare, relativamente ai poteriistruttoridelgiudice, in virtù del man-cato richiamo all’inciso «anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile» di cui all’art. 421, co. 2, c.p.c., non risulta possibile l’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti posti dagli artt. 2721, 2722, 2723 e 1417 c.c., né possono essere liberamente interrogate le persone incapaci di testimoniare ex art. 246 c.p.c.Il giudice può disporre d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ispezione della cosa (a differenza di quanto avviene per l’accesso sul luogo di lavoro, per il quale è richiesta l’istanza di parte) e l’ammissione di ogni mezzo di prova, ad ecce-zione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni, sia scritte che orali, alle associazioni di categoria indicate dalle parti.Il mancato richiamo dell’art. 423, co. 2 e 4, e dell’art. 429, co. 3, c.p.c. com-porta l’impossibilità, rispettivamente, di emettere un’ordinanza per il pagamen-to di una somma di denaro a titolo provvisorio nei limiti in cui il giudice riten-ga già raggiunta la prova e di emettere una condanna al pagamento dei danni legati alla svalutazione monetaria.Nonostante l’art. 425 c.p.c. sia richiamato in toto dall’art. 447bis c.p.c., la dottrina (LUISO) ritiene che il richiamo non operi per l’ultimo comma della disposizione, non esistendo contratti ed accordi collettivi in materia di locazio-ne, comodato ed affitto di aziende. Non è neppure prevista la valutazione equitativa delle prestazioni di cui all’art. 432 c.p.c.Per quanto attiene all’ammissibilità nel rito locatizio delle ordinanzeantici-patorie, si ritiene senz’altro applicabile l’ordinanza di pagamento delle somme non contestate di cui all’art. 186bis c.p.c., mentre è ritenuta non applicabile l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione di cui all’art. 186quater c.p.c. (TRISORIO-LIUZZI). La prevalente dottrina (CECCHELLA) è favore-vole all’ammissibilità dell’ordinanza-ingiunzione ex art. 186ter c.p.c.Le sentenzedicondannadi primo grado sono provvisoriamente esecutive (disposizione divenuta superflua a seguito dell’entrata in vigore del novellato, ex L. n. 353/1990, art. 282 c.p.c., che ha generalizzato il principio della prov-visoria esecutività delle sentenze di condanna di primo grado). Analogamente a quanto previsto per il rito del lavoro, si può procedere all’esecuzione con la copia del solo dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sen-tenza.È ammissibile l’appello con riserva dei motivi, che può essere proposto, se-condo parte della dottrina (TRISORIO-LIUZZI), anche prima dell’inizio dell’esecuzione. Il giudice d’appello può disporre con ordinanza non impugna-bile che l’efficacia esecutiva o l’esecuzione siano sospese, quando dalle stesse possa derivare all’altra parte gravissimo danno. L’appello va proposto con il deposito in cancelleria del ricorso nei termini perentori fissati dalla legge, ma tale requisito può dirsi validamente soddisfatto anche con il deposito di un atto di citazione, rimanendo di per sè irrilevante la notificazione previamente effet-

Parte VIII: I procedimenti speciali

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tuata all’appellato: ai fini della tempestività del gravame deve farsi, in tal caso, riferimento al momento dell’avvenuto deposito in cancelleria dell’atto di im-pugnazione, ancorchè effettuato in velina per l’iscrizione della causa a ruolo, che non sollevi dubbi sulla conformità all’originale (Cass. n. 11591/11).Trova applicazione anche l’art. 436bis c.p.c., che a sua volta richiama gli artt. 348bis e 348ter c.p.c. inseriti dal D.L.22-6-2012,n.83(v., amplius, Parte VI, cap. 2, par. 3 e 4), in ordine all’immediata declaratoria di inammissibilità dell’appello qualora il giudice ritenga che l’impugnazione non abbia una ra-gionevole probabilità di essere accolta.La sospensionedeiterminiprocessualitrova applicazione nelle controversie in materia di locazione di immobili urbani, poiché l’esclusione della sospen-sione dei termini per le controversie di lavoro, disposta dall’art. 3 L. n. 742/1969, risulta correlata non alla specialità del rito, bensì alla specifica natura della controversia (Cass. 30-4-2005, n. 9022; Cass. 12-9-2000, n. 12028).

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