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Progetto di valorizzazione degli interventi sui Beni Culturali dell’Asse 4 del POR FESR-2007-2013 LIGURIA HERITAGE www.liguriaheritage.it LA LIGURIA FEUDALE STORIE DI MARCHESI, CONTI E MERCANTI La Fortezza di Sarzanello (SP)

LA LIGURIA FEUDALE - Liguria Heritagela vita durante i mesi invernali; dall’approvvigionamento dell’acqua a quello delle vivande il castellano aveva il suo bel da fare! Un ultimo

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Progetto di valorizzazione degli interventi suiBeni Culturali dell’Asse 4 del POR FESR-2007-2013

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LIGURIA HERITAGEwww.liguriaheritage.it

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Liguria Heritage un progetto innovativo per la valorizzazione

dei beni culturali della Liguria

La progettazione e l’esecuzione del progetto Liguria Heritage sono stati affidati dalla Regione Liguria alla propria finanziaria, la FILSE, un soggetto che di mestiere promuove lo sviluppo economico dei territori.

È nato così Liguria Heritage, un programma le cui risorse servono a fornire delle ragioni valide per fruire dei 96 beni culturali e monumenti appena recuperati.

Solo in questo modo si sarebbero colti gli obiettivi economici di crescita prefissati.

Per sviluppare il progetto la Regione ha deciso di puntare fortemente sull’innovazione, avvalendosi della società regionale di informatica Liguria Digitale Scpa e si è orientata

fin da subito verso le tecnologie ICT, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che creano l’alleanza giusta ed efficace tra divertimento e cultura, apprendimento e, con una parola che si è affacciata da poco nel mondo della valorizzazione dei beni culturali, emozione.

La Regione Liguria è certa che la chiave di efficacia del progetto stia non solo nella tecnologia, ma anche nella capacità di raccontare questi beni culturali.

Come? Coinvolgendo, incuriosendo, stimolando ed emozionando.

Regione Liguria

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Pietra su pietra, tra valli e colline. Luoghi fortificati, castelli, testimonianze del Medioevo in provincia di Genova. Dal borgo di Cogorno, gioiello duecentesco testimone della grandezza dei Fieschi, al Castello della Pietra, suggestivamente arroccato su uno sperone di roccia, quasi da romanzo gotico. E ancora i Fieschi a Torriglia, Savignone e Montoggio, con gli Spinola protagonisti del Medioevo nel genovesato.

Dalle costruzioni difensive più antiche, che sorvegliavano i percorsi dell’entroterra e vegliavano sugli snodi strategici, ai castelli – palazzi, a metà strada tra residenze e punti difensivi, il progetto di Valorizzazione delle risorse naturali e culturali della Liguria (Asse 4 del POR FESR 2007-2013) restituisce a queste testimonianze del Medioevo l’importanza che ebbero nei secoli passati.Liguria Heritage ci porta alla scoperta di un mondo di feudatari, mercanti e cavalieri, contadini e imperatori, attraverso i capitoli più suggestivi della Storia.

CASTELLI, MURA E FORTIFICAZIONI IN PROVINCIA DI GENOVA

CastelloMontoggio

Castello della PietraVobbia

CastelloSenarega

CastelloTorriglia

CastelloSanto Stefano d’Aveto

CastelloSavignone

CastelloIsola del Cantone

CastelloNeirone

BorgoCogorno

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Incastrato tra due speroni rocciosi del Monte Cravì, il castello della Pietra deve la sua costruzione ai Vescovi-Conti di Tortona, i quali, intorno all’anno 1000, sentirono la necessità di difendere il territorio di propria pertinenza dagli attacchi saraceni che minacciavano la Via Postumia, la strada di collegamento tra Vobbia e Isola.

La struttura è caratterizzata da un avancorpo trapezoidale posto a difesa del maniero, la cui funzione poteva essere di magazzino, ma all’occorrenza anche di prigione.

Entrando nel castello l’ambiente si presenta estremamente spoglio, dotato di scale in ferro che introducono nel salone centrale.In questo luogo il feudatario, o il castellano, erano soliti rogare documenti, gestire la contabilità dei possedimenti o dirimere le liti tra i popolani.

La storia tramanda il nome di Opizzone della Pietra come uno dei protagonisti delle vicende del castello; il suo nome fu citato per la prima volta in un documento del 1234, mentre il castello solamente a partire dal 1252, nell’atto con cui due gentiluomini giurarono fedeltà a Opizzone.

CASTELLO DELLA PIETRA DI VOBBIAlocalità Capoluogo, 29 - Vobbia (GE)Telefono: 010 94 41 75Fax: 010 94 53 007E-mail: [email protected]: www.parcoantola.it

Castello della Pietra

Il castello

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Restiamo privi di notizie riguardanti il castello per il periodo tra il 1000 e il 1200 fatta eccezione per un passaggio di proprietà tra i marchesi di Gavi e i Malaspina, casate vassalle dei vescovi tortonesi.

Nel XIV secolo il castello finì nelle mani degli Spinola; questa casata mantenne il potere fino al 1518, anno della cessione agli Adorno a condizione di tramandarne la proprietà ai primogeniti maschi. Nella realtà fu poi impossibile mantenere questa promessa: Gerolamo Adorno morì scapolo, mentre Antoniotto ebbe solo una figlia, Maria, che tramandò il possesso del castello in famiglia fino al 1797.

L’arroccamento del castello ancora adesso ci fa capire quanto dovesse

essere complicato gestirlo e organizzare la vita durante i mesi invernali; dall’approvvigionamento dell’acqua a quello delle vivande il castellano aveva il suo bel da fare!

Un ultimo cenno merita la posizione del castello, nel cuore della Valle Scrivia, circondato dagli altri castelli di Montessoro, Montecanne e le torri di Arezzo e Vallenzone.

Questa centralità ha fatto pensare ad alcuni studiosi che queste costruzioni andassero a creare un sistema di comunicazione visiva che permetteva di far arrivare un messaggio dal porto di Genova alla Val Borbera o Tortona, ingegnoso vero?

Veduta aerea

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Anche se non particolarmente nota, la storia della Valle Scrivia precede il medioevo, affondando le radici nel periodo della frequentazione romana.

Questa fase trova riscontro nei reperti archeologici di Noceto di Isola e di Cascina Cagnola, ma soprattutto in alcune monete romane rinvenute lungo il tracciato della Via Postumia Posteriore, inaugurata nel 148 a.C. per dare continuità alla viabilità fino a Libarna.

Lo sviluppo del territorio in cui sorse Isola del Cantone fu sicuramente condizionato dalla prossimità a questo fondamentale asse viario, tuttavia le origini del borgo non hanno nulla a che vedere con la fase romana del territorio ma sono da ricondurre alla presenza di una cella monastica dedicata a San Michele Arcangelo nel 1216.

Al tempo le fondazioni ecclesiastiche di questo tipo erano piuttosto ricorrenti poichè fornivano un luogo di ricovero e ricezione per i pellegrini, i viandanti e i commercianti che percorrevano ogni giorno la Via Postumia.

La storia di Isola fu fortemente legata alle conseguenze della continua lotta tra il Comune di Genova e quello di Tortona, entrambi desiderosi di primeggiare in un territorio già vessato dalle lotte tra i Malaspina, i Gavi e altre famiglie di vassalli.

CASTELLO DI ISOLA DEL CANTONEComune di Isola del Cantone: Piazza Vittorio Veneto, 8 - Isola del Cantone (GE)Telefono: 010 96 36 116E-mail: [email protected]: www.comune.isoladelcantone.ge.it

Il castello

Torre circolare

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Nel secolo XIII il possesso del borgo era in mano ai marchesi di Gavi che però ne trasferirono i diritti al Comune di Tortona già nel 1244. Dodici anni più tardi fecero capolino nella giurisdizione di Isola gli Spinola, i quali acquisirono il feudo stabilendovi il fulcro del proprio potere in vallata fino al 1797.

Quando arrivate a Isola fate attenzione a non cadere in inganno perché qui i castelli sono due: uno sullo Scrivia e un altro poco distante, in località Piano, detto “Spinola-Mignacco” dal nome della casata che lo acquistò nel 1865.

Il castello restaurato con i fondi dell’Asse IV POR-FESR-2007-2013 è proprio quello sullo Scrivia, formato da un corpo di fabbrica circolare a forma di “L” e da una torre circolare appartenente al primo impianto, come si evince dalla tecnica costruttiva differente rispetto al resto della struttura.

La porzione del castello sul fiume, che è di proprietà comunale, comprende la loggia

sullo Scrivia, costruita nel XVII secolo per dare stabilità all’angolo sud-occidentale del castello.

Citato per la prima volta nel 1394, il castello nel 1500 aveva già perso la propria funzione difensiva per diventare esclusivamente sede politico-amministrativa degli affari spinolini. Quando il possesso passò alla famiglia De Negri-Zuccarino furono modificati anche gli spazi interni per favorire l’insediamento di diversi nuclei famigliari.

Il castello di Isola del Cantone ospita il Museo Archeologico dell’Alta Valle Scrivia. Ceramiche, asce in pietra, monete e molti altri reperti archeologici testimoniano la frequentazione umana della vallata a partire da 6000 anni fa!

Curiosità

Il Castello

Isola del Cantone

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La prima citazione del castello di Montoggio risale al 1157, anno in cui papa Adriano IV ne confermò il possesso al Vescovo di Tortona, il quale esercitava un forte potere nella zona. D’altra parte i castelli della Valle Scrivia, ubicati in una zona di transito tra la costa e l’area padana, facevano gola a molti, tra cui Genova. Il contatto tra Genova e Montoggio avvenne nel 1215 con la concessione della cittadinanza genovese a Oberto de Montobii; resta oscuro invece come Montoggio sia entrata nell’orbita dei Fieschi.

Questa casata, dopo un periodo travagliato, sul finire del XV poteva contare su un vero e proprio “stato” costituito dai feudi che Gian Luigi il Grande aveva riunito in virtù dell’investitura ottenuta dall’Imperatore Massimiliano I.

Si trattò però dell’ultimo ruggito di una casata ormai dilaniata da anni di tumulti con le altre casate genovesi per la supremazia in città.

Il contesto storico di certo non li favorì. In seguito alla riforma del governo di Andrea Doria in città ci fu una vera e propria corsa alle cariche diplomatiche da

CASTELLO DI MONTOGGIOComune di Montoggio: Via IV Novembre, 18 - Montoggio (GE)Telefono: 010 93 79 31E-mail: [email protected]: www.comune.montoggio.ge.it

Castello

Le rovine

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parte gli esponenti delle famiglie genovesi; fu proprio lo sperpero di denaro nelle missioni diplomatiche la principale causa del tracollo finanziario di Sinibaldo Fieschi e del successivo trasferimento della famiglia nel castello di Montoggio, dove la vita aveva costi ben più contenuti di quelli cittadini.

Nonostante la situazione economica non fosse rosea dai documenti si evince che il periodo trascorso tra le mura di questo castello rappresentò sempre un

felice ricordo per Gian Luigi e i fratelli. Morto Sinibaldo, la moglie Maria della Rovere prese le redini della famiglia, trasmettendo parte della disapprovazione per l’indebolimento del proprio status in particolar modo al primogenito Gian Luigi, nel quale si insinuò la voglia di rivalersi sui Doria.

Gian Luigi iniziò a tramare la famosa congiura del gennaio del 1547, un complotto che faceva leva sull’ostilità tra Doria e Fieschi per celare il coinvolgimento del Papa, della Francia e della Spagna.

Alla resa dei conti però furono solo i Fieschi a pagare con la confisca di tutti i beni e la distruzione del castello di Montoggio, il luogo dove Gerolamo, fratello di Gianluigi tentò un’ultima strenua difesa della propria casata.

Così si concluse la storia dei Fieschi e del castello di Montoggio, che condivise con loro il tragico epilogo riducendosi allo stato delle rovine che ancora oggi possiamo ammirare.

Le mura

Sapete che ci vollero ben due anni per ridurre il castello in rovina? Se non ci credete potrete sentirvelo raccontare dalla voce dell’architetto militare Carlo Maria Olgiati, uno degli avatar dell’applicazione di Realtà Aumentata scaricabile sui vostri smartphone!

Curiosità

Chiesa

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Non esiste luogo della Liguria la cui frequentazione non risalga ai tempi più antichi. Così è anche per Neirone, il cui territorio originariamente era occupato dalla tribù dei Tigullii, attirati dalle possibilità offerte da questa terra fertile, ricca di corsi d’acqua e giacimenti minerari, soprattutto di rame, utilizzati per produrre oggetti durante l’età dei Metalli.

All’età del ferro fa riferimento la celebre “Tomba di Roccatagliata”, trovata nella frazione di Corsiglia di Neirone e costituita da sei lastre di pietra poste a protezione dei resti probabilmente di un guerriero, come si evince dalla presenza di armi come corredo.

Nonostante la conquista romana della Liguria avesse causato l’abbandono delle

strade di crinale in favore di una viabilità di fondovalle, che pertanto escludeva Neirone e il suo territorio dalle dinamiche degli scambi commerciali, con il dominio longobardo le vecchie mulattiere tornarono a essere fondamentali vie di transito verso i principali centri di commercio dell’area padana.

CASTELLO DI NEIRONEComune di Neirone: fraz. Neirone 16 - Neirone (GE)Telefono: 0185 93 60 03Fax: 0185 93 60 02E-mail: [email protected]: www.comune.neirone.ge.it

Le rovine del castello

Il territorio di Neirone sul finire del XII secolo era attraversato dal Caminus Genuae, la strada che congiungeva l’area padana a quella ligure. Pensate che viavai e che bottino per il proprietario del castello di Roccatagliata che poteva riscuotere i dazi su carovane che potevano contare fino a 100 muli!

Curiosità

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Collocato al centro di questa intricata rete di sentieri che conducevano a Lombardia e Piemonte, ma anche alla Pianura Padana-Emiliana o alla Lunigiana si trovava il castello di Roccatagliata, avente funzione di controllo dell’accesso della Fontanabuona dal fondovalle.

Durante il medioevo più che di Neirone si continuò a parlare di Roccatagliata, dove si trovava l’abitato difeso da un pendio naturale e dal castello, presso il quale gli abitanti potevano rifugiarsi in caso di pericolo.

Il Castello-fortezza di Roccatagliata non aveva solo una funzione di tipo militare-strategica, ma anche economica, poiché riscuoteva i dazi della zona.

Come accadde a tanti luoghi della Liguria anche il territorio di Roccatagliata entrò a fare parte dei territori di pertinenza del clero cattolico milanese, bisognoso di fonti di sostentamento dopo essere fuggito dall’invasione degli ariani longobardi.

Per questa ragione ancora nel XII secolo il castello fu conteso fra Rolando Avvocato (curatore dei beni della Curia milanese) e l’arcivescovo di Genova per passare ai Doria che lo cedettero ai Fieschi nel 1273.

Fu quindi annoverato tra i loro possedimenti fino al 1547, fatta eccezione per alcune parentesi di dominio genovese che resero il castello sede della podesteria genovese di Roccatagliata-Neirone.

Rovine

L’insegna

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La fortunata posizione geografica rappresentò il principale traino per lo sviluppo di Santo Stefano d’Aveto, borgo posto in un territorio che anticamente era spartito da diversi gruppi locali, tra cui la tribù dei liguri.

Passato attraverso la gestione dei monaci dell’ordine di San Colombano, nel secolo XII, Santo Stefano si trovò dominata dai Malaspina per concessione dell’imperatore Federico I il Barbarossa.

Gli esponenti di questa casata decisero di proteggere i propri possedimenti sparsi nel

territorio con opere fortificate e castelli, proprio come quello di questo borgo immerso nel verde. Solo allo scadere del XV secolo il borgo passò ai Fieschi i quali, nell’ottica di dare continuità ai propri possedimenti in zona, ne mantennero la signoria fino al 1547.

Il 1547 rappresentò l’anno della disfatta fliscana: a partire da questa data il nome, la reputazione e il cosiddetto “stato fliscano” furono coinvolti in una tale scia di vendetta da parte dei Doria e della Repubblica genovese dalla quale fu impossibile riprendersi.

Santo Stefano fu inglobato nei possedimenti dei Doria fino al passaggio ai Doria-Pamphilij, ramo originatosi dall’unione tra Giovanni Andrea Doria e Anna Pamphilj. La cattiva gestione del feudo da parte dei nuovi proprietari rischiò di comprometterne il dominio sul borgo che, comunque, perdurò fino al 1797, anno della soppressione dei feudi imperidali.

Visitare Santo Stefano d’Aveto significa avere la possibilità di ammirare un castello in buono stato di conservazione immerso in un incantevole contesto.

La struttura del castello, posto al centro della conca alla base del monte Maggiorasca, è in perfetta armonia con l’ambiente circostante.

CASTELLO DI SANTO STEFANO D’AVETOComune di Santo Stefano d’Aveto: piazza del Popolo, 1 (GE)Telefono: 0185 88 007E-mail: [email protected]: www.comune.santostefanodaveto.ge.it

Uno dei bastioni

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Tale posizione fu sapientemente scelta poiché permetteva il controllo delle strade che svalicando gli appennini conducevano in Emilia.

Alcune fonti ne fanno risalire la costruzione a un periodo antecedente il XII secolo, anche se non esiste una documentazione in grado di confermare questo dato. A suffragio di questa teoria possiamo tuttavia citare il ritrovamento dei resti della struttura originaria che probabilmente si salvarono dall’intervento di rinnovamento del XVI secolo, quando il castello si costituì come fondamentale punto di controllo per le vie padane.

Grazie ad alcuni documenti rinvenuti nell’Archivio di Stato di Parma per il periodo

successivo al XVI secolo è stato possibile ipotizzare che i Malaspina avessero a disposizione una casa residenziale e una torre di difesa con funzione di controllo della viabilità verso la Lombardia o l’Emilia.

Tale castrum confluì tra i domini della Repubblica di Genova, non più nella forma originaria, fu poi ristrutturato nella forma di cui ne possiamo godere ora.

Adesso il castello si presenta come un’interessante struttura pentagonale, bastionata su quattro dei cinque angoli perimetrali. Anticamente si aveva accesso alla piazza d’armi attraverso ponti mobili, facili da ritirare in caso di pericolo.

Il castello di Santo Stefano d’Aveto

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Savignone è un borgo con un passato turistico di tutto rispetto; tra i secoli XIX e XX non era insolito infatti che molti genovesi trascorressero l’estate a Savignone per la consueta “villeggiatura”.

In quegli anni il paese incrementò il numero di complessi residenziali e alberghieri per far fronte alla richiesta che andava sempre crescendo.

Nella piazza principale del paese, dove si trova il Palazzo Fieschi, sorse il primitivo insediamento di Savignone, sviluppatosi intorno a un monastero benedettino

La data della fondazione del monastero non è documentata, ma grazie a un Privilegio di Papa Marino I in cui si fa cenno alla conferma delle concessioni al Vescovo di Lodi e ai suoi successori, possiamo

affermare che nel secolo XI esso godeva già di una certa importanza. Pur trovandosi sotto la giurisdizione della Diocesi di Tortona, il monastero di San Salvatore restò di pertinenza del Vescovo di Lodi. Nel 1207 fu costruito il castello che rimase in mano ai vescovi fino al passaggio alla famiglia dei Marabotto che, a loro volta, lo vendettero agli Spinola.

CASTELLO DI SAVIGNONEComune di Savignone: via Garibaldi, 2 - Savignone (GE)Telefono: 010 93 60 103Fax: 010 93 61 57E-mail: [email protected]: www.comune.savignone.ge.it

Castello di Savignone

Il soffitto

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Nel XIII secolo, quando gli Spinola subirono l’espropriazione dei loro territori in vallata da parte della Repubblica di Genova, il castello entrò nell’orbita della Repubblica.

In quello stesso secolo avvenne il passaggio ai Fieschi, che vi soggiornavano solamente in estate. Il feudo doveva essere il fiore all’occhiello di tutti i possedimenti fliscani in zona poiché la posizione era ottima per il collegamento tra Genova e l’area padana e, di conseguenza, anche per i traffici che vi si svolgevano.

Il XIV secolo vide il castello passare nuovamente attraverso differenti proprietari tra cui Andronico Botta, Antoniotto Adorno fino all’avvento di Obietto Fieschi, che conquistò in seguito anche Torriglia.

Furono anni complicati per i rapporti della casata, il cui conflitto con gli Sforza per il primato sulla zona viveva fasi alterne durante le quali Savignone e Torriglia passarono ai milanesi.

Il compito di riunire tutti i possedimenti dei Fieschi fu assolto da Gian Luigi Fieschi il Grande che riuscì a estromettere i milanesi dalla vallata.

Da questo momento in poi la storia di Savignone seguì le vicende dei rappresentanti dei Fieschi fino al 1547, seguendone anche il declino e l’esclusione dal ruolo di protagonisti nella storia della Valle Scrivia.

Castello di Savignone

Castello di Savignone

Se vicino al castello vedete due fiammelle che sembrano danzare non abbiate paura; potrebbe trattarsi di Fosca dei Foschi e del suo amante, barbaramente uccisi dal marito di lei. Dalla loro storia scoprirete anche perché lo strapiombo su cui si trova il castello viene chiamato il “salto dell’uomo”.

Curiosità

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Versanti ripidi e ricoperti di boschi e prati per accogliere i pascoli. Questa, in sintesi, la Valbrevenna, un territorio frequentato dall’uomo già dall’età del ferro, come testimoniato dai ritrovamenti di una necropoli con tombe a cassetta e altri resti.

In queste zone gli uomini si raccoglievano in castellari, nei quali il sostentamento era ovviamente basato sull’agricoltura, l’allevamento e il pascolo.

Si accede al paese oltrepassando un ponte medievale a schiena d’asino e si giunge, dopo una breve salita, alla piazza principale

sovrastata dal castello Fieschi-Senarega. Il castello fu costruito nel XII secolo dai Senarega ed era costituito semplicemente da una torre, alla quale solo nel XV secolo accostarono il blocco più basso.

Al suo interno il castello ricorda una residenza signorile con un grande camino al piano terra per riscaldare il salone e la zona per la cottura dei cibi al piano superiore.

L’edificio conteneva inoltre diversi vani utilizzati come magazzini e cantine e si tramanda anche l’esistenza di passaggi segreti e persino di una stanza delle torture.

Molto probabilmente il castello non ebbe mai funzione difensiva, ma di postazione di controllo della mulattiera che collegava il fondovalle con il valico di San Fermo, che unisce Valle Scrivia e Val Borbera.

CASTELLO DI SENAREGAValbrevenna (GE)Telefono: 010 94 41 75Fax: 010 94 53 007E-mail: [email protected]: www.parcoantola.it

Castello di Senarega

Castello di Senarega

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Nel 1685 i Fieschi acquistarono il castello e lo mantennero fino al 1797, nonostante alcuni tentativi di occupazione da parte di Genova.

Merita anche un cenno il borgo, caratterizzato da viottoli che dalla piazza conducono alle varie abitazioni.

Ammirate da vicino le case costruite con la marna, la roccia sedimentaria di cui la zona è ricca e spiate in un viottolo l’antica struttura del forno comune.

Sarà semplice, circondati da ambienti che trasudano la storia di questo borgo rurale, chiudere gli occhi e immaginare la compravendita del bestiame o il chiacchiericcio degli abitanti la domenica dopo la funzione ecclesiastica.

Piccole storie che si intrecciavano e costituivano la vita dei borghi dell’entroterra durante l’età feudale.

L’interno

L’idea di un turismo in Valbrevenna puòa partire dalle attività all’aria aperta alla piscina attrezzata e ai campi di beach volley, ormai l’estate in vallata è ricca di prospettive alle quali si aggiunge un fitto calendario di eventi e sagre! E cosa c’è di meglio che pernottare nel castello di Senarega, di recente trasformato in un luogo di ricezione turistica?

Curiosità

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Le prime notizie di Torriglia risalgono al 972, quando l’imperatore Ottone I concesse all’abbazia di Bobbio il possesso della corte di Torriglia.

Grazie al documento sappiamo che al tempo il borgo era una “curtis” ossia un insieme di appezzamenti di terreno con un villaggio al centro. Devono passare quasi duecento anni perché Torriglia riemerga dalle nebbie della storia. Nel 1153 papa Anastasio IV concesse all’abate Gandolfo del monastero di San Marziano a Tortona tutti i diritti del monastero di Patrania con i propri annessi, tra cui il castello di Torriglia.

Gandolfo tentò quindi di mettere in sicurezza i beni del monastero tortonese, ma invano.

Risulta che nel 1180 i padroni del castello fossero i Malaspina, provenienti dalla

Riviera di levante. Tuttavia questa famiglia gestì il castello controvoglia, poiché troppo lontano dal loro territorio originario. Non fecero comunque mancare gli investimenti tra cui il consolidamento della torre nord e l’ampliamento della cinta muraria del castello.

Il 1252 vide il passaggio dalla signoria dei Malaspina a quella dei Fieschi, nella persona di Nicolò Fieschi.

CASTELLO DI TORRIGLIAComune di Torriglia: via Municipio, 16 - Torriglia (GE)Telefono: Cooperativa Castello della Pietra 349 49 86 659E-mail: [email protected]: www.comune.torriglia.ge.it

Il Castello

Le rovine

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Con questa famiglia il castello si ingrandì ulteriormente e vide rinforzarsi le strutture murarie adibite alla difesa, assumendo quella particolare forma di nave, che si può notare ancora oggi.

Nonostante i Fieschi avessero la propria dimora principale in Carignano, i possedimenti sull’appennino furono sempre considerati come dei porti sicuri dove rifugiarsi in caso di tumulti in città.

Anche per la frequente presenza dei feudatari in paese, Torriglia divenne centro di un piccolo feudo, staccatosi dal ramo principale e desideroso di affermarsi.

In pieno secolo XVI grazie ai Doria, ai Fieschi e alle altre casate, Genova ottenne un ruolo preminente anche nel panorama europeo. Insieme alla crescita delle ambizioni e degli interessi di queste famiglie crebbero anche i complotti, le ostilità con le potenze vicine. Dai documenti si evince che il castello di Torriglia ne fu spesso coinvolto, subendo anche azioni militari e assedi.

Tutto ciò che possiamo sapere sui Fieschi a Torriglia ha anche una precisa data di fermo: il 1547, anno della congiura che ne causò il definitivo crollo.

Ma il castello non smise di vivere con i Fieschi, anzi fu riadattato come residenza e divenne centro del marchesato e poi del principato, arricchendosi fino ad avere 75 stanze nel 1731. Infine, sotto la pressione della Rivoluzione francese il triste epilogo: in un impeto rivoluzionario i popolani di Torriglia assalirono il castello e lo distrussero, poiché simboleggiava il tanto ormai odiato dominio feudale.

Le mura

Le mura

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La fondazione del borgo di Cogorno è da attribuire a un esponente della famiglia dei Fieschi, per l’esattezza Sinibaldo, in un periodo antecedente la sua elezione al papato con il nome di Innocenzo IV.

La costruzione di borgo e basilica avvenne a metà del secolo XIII, negli anni più critici del rapporto tra papato e impero, rappresentato da Federico II di Svevia.

In seguito alla morte di Gregorio IX e al papato-meteora di Celestino V, Federico II vide di buon occhio l’elezione di Sinibaldo Fieschi.

Una valutazione che si rivelò presto errata poiché Innocenzo IV riuscì laddove Gregorio IX aveva fallito, ottenendo la scomunica dell’Imperatore nel 1245.

Questo conflitto fu la causa scatenante la distruzione del borgo e della basilica di Cogorno, riedificati sette anni dopo in concomitanza della costruzione al palazzo comitale, agibile a partire dal 1288.

Il Papa decise di affidare il territorio al nipote Ottobono anch’egli destinato al soglio papale con il nome di Adriano V. Il borgo di Cogorno divenne presto un polo accentratore per i pellegrini che raggiungevano la via Francigena e proseguivano alla volta dei luoghi di culto.

La basilica stessa divenne un importante luogo di preghiera in virtù della reliquia della Santissima Croce, ancora adesso custodita nel Museo diocesano di Chiavari.

LIGURIA HERITAGEAUDIOGUIDE

BORGO DI COGORNOComune di Cogorno: piazza Aldo Moro, 1 - Cogorno (GE)Telefono: 0185 38 571/2Fax: 0185 38 08 25E-mail: [email protected]: www.comune.cogorno.ge.it

Il 14 agosto di ogni anno Cogorno rivive le nozze tra Opizzo Fieschi e Bianca dei Bianchi. Protagonisti della serata cortei storici, balli, cibo e una torta nuziale di 13 tonnellate! Non dimenticate di partecipare al gioco che mette in palio proprio una fetta di torta e la possibilità di conoscere persone nuove!

Curiosità

La Basilica

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Il borgo attuale non ha perso la sua aria nobiliare e tantomeno è stato privato del suo aspetto medievale che ne fa ogni anno lo scenario perfetto per la rievocazione storica della torta dei Fieschi.

La basilica di San Salvatore e il Palazzo dei Conti rappresentano le principali attrazioni del borgo.

La basilica è una delle manifestazioni più alte del romanico-gotico ligure, caratterizzata dalla tradizionale alternanza di marmo e ardesia.

La struttura, la cui mole pare ancorarla saldamente al suolo, è alleggerita dalla torre innestata sul transetto e caratterizzata da un doppio ordine di quadrifore e da una cima cuspidata.

In dialogo con la basilica è il palazzo comitale, diverso dagli altri castelli fliscani proprio per la natura residenziale più che difensiva. In origine il palazzo non risultava isolato rispetto alla vita della piazza, lo denuncia la presenza di due grandi archi incorniciati da ghiere marmoree, che ci fanno intuire la presenza di un portico aperto sulla piazza, e murato quando la struttura fu rivoluzionata per ottenerne più unità abitative.

Arcate a sesto acuto

Il Borgo

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AAllontanandosi dalla costa, dal mare e dai suoi porti, si torna indietro dall’età dei commerci e delle esplorazioni a quella dei cavalieri e dei castelli. È nell’interno che il Medioevo ha lasciato, in provincia di Savona, le sue tracce più importanti: dal castello di Cairo Montenotte, isolato in alto nel verde, a picco sul borgo, alla monumentale cinta muraria del castello di Noli, che sembra quasi sorgere da una leggenda d’altri tempi, alla completa cinta muraria di Villanova d’Albenga, al Borgo di Zuccarello di Ilaria del Carretto e al remoto castello di Cosseria.

Con il progetto di Valorizzazione delle risorse naturali e culturali della Liguria (Asse 4 del POR FESR 2007-2013) si rendono pienamente fruibili queste testimonianze storiche del tempo che fu. Ed è Liguria Heritage a guidarci attraverso questi luoghi carichi di storia e suggestione.

IL MEDIOEVO IN PROVINCIA DI SAVONA

CastelloGarlenda

CastelloZuccarello

CastelloBardineto

CastelloCalizzano

CastelloCosseria

CastelloCairo Montenotte

DegoCastello

BorgoVillanova d’Albenga

BorgoCisano sul Neva

CastelloNoli

Parco Archeologico San LorenzinoOrco Feglino

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La posizione di Cisano, alla confluenza dei torrenti Neva e Arroscia, rappresentava in epoca preromana il territorio di confine tra i Liguri Ingauni e i Liguri Montani, popolazioni che alternavano periodi di pace a periodi di selvagge rappresaglie.

Secondo la prima supposizione, tuttora ritenuta la più valida, il nome “Cisano“ deriva dalla gens romana dei “Caesii” che potrebbe essersi stanziata in Liguria ai tempi della colonizzazione romana, e più specificatamente in quella zona per la sua predisposizione all’agricoltura e all’allevamento ovino.

L’alternativa alla genesi latina prende in considerazione una derivazione del toponimo Cisano dal termine “chiusanum”, per rimarcarne il ruolo di chiusa bizantina.

Da un punto di vista storico e geografico è possibile infatti che il sito rappresentasse uno sbarramento bizantino nei confronti dell’avanzata longobarda.

Esattamente come era accaduto per Villanova, fondata a metà del XIII secolo, anche la fondazione di Cisano fu un atto pianificato dal Comune di Albenga, da un punto di vista politico, strategico e urbanistico.

Gli obiettivi di tale decisione furono molteplici: nell’ottica di controllare contemporaneamente una delle vie più antiche di transito verso il Piemonte e di tenere a bada le mire espansionistiche dei Clavesana, la fondazione di una serie di nuovi borghi sbarrava l’ingresso alle valli della zona, dava al Comune il controllo dell’intera piana e, con la scusa di offrire terreni e protezione ai contadini che abitavano gli insediamenti sparsi della zona, sottraeva risorse umane al nemico.

Comune di Cisano sul Neva: via Colombo, 53 - Cisano sul Neva (SV)Telefono: 0182 59 50 26Fax: 0182 59 54 00E-mail: [email protected]: www.comune.cisanosulneva.sv.it

BORGO DI CISANO SUL NEVA

La chiesa

Il borgo

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Della costruzione del borgo abbiamo notizia certa da un primo documento del 29 aprile del 1272 in cui un tale Rubeus Nipitella, un oscuro podestà di Albenga, facendo riferimento a una “superstans ville Cixani” paga 8 lire genovesi a tal Guglielmo De Turlata per lavori in corso nel nuovo borgo, il cui fosso perimetrale stava venendo tracciato proprio a quell’epoca.

La costruzione va avanti per circa 16 anni, dal 1272 al 1288, data in cui sappiamo che l’insediamento non è ancora dotato di una cinta difensiva, elemento inserito solo successivamente.

Ancora adesso il borgo conserva la propria struttura di insediamento murato; è ancora visibile la struttura rettangolare del suo abitato più antico e il tratto conservato meglio è quello orientale in cui la cinta è delimitata ai lati da due delle tre rimanenti torri a sezione quadrata coronate da merli guelfi.

Queste torri, tra le quali quella a nord-est, la Torre dello Sperone, sono interessate dall’intervento di recupero finanziato dall’Asse 4 del POR FESR 2007-2013, sono giunte a noi non senza difficoltà.

La storia di Cisano è quasi interamente condizionata dagli avvenimenti esterni, siano essi la lotta tra Albenga e i Clavesana, tra Genova e i Del Carretto, tra Guelfi e Ghibellini o il coinvolgimento nei conflitti bellici ancora posteriori.

Il borgo

I vicoli

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“Quod villa fiat ubi dictum est”, con questa frase, pronunciata all’unanimità dai 37 consiglieri del Comune di Albenga il 7 dicembre del 1250, fu decisa la fondazione di Villanova d’Albenga.

Si trattò di una fondazione squisitamente politica, volta al consolidamento del potere ingauno nell’entroterra contro i marchesi di Clavesana e i Della Lengueglia.

La costruzione venne nuovamente caldeggiata dalla popolazione del territorio nel 1255. Curiosamente, il nome “Villanova” appartiene a una tradizione ancora precedente alla fondazione, facente capo al territorio della zona di pian

Cavatorio, che successivamente rimase fuori dalla fortificazione, probabilmente per necessità di tipo urbanistico.

La struttura del borgo è condizionata dalla conformazione del territorio, circondato su tre lati dai torrenti Arroscia e Lerrone (rispettivamente a nord e sud); grazie alla predisposizione naturale e alla cinta muraria che lo circondava l’insediamento si presentava come inespugnabile punto di riferimento e riparo per coloro che si dedicavano alle attività di pastorizia e agricoltura nel territorio limitrofo.

La fortificazione ha mantenuto tuttora la struttura urbanistica costruita sullo

Comune di Villanova d’Albenga: via Albenga, 46 - Villanova d’Albenga (SV)Telefono: 0182 58 29 13Fax: 0182 58 25 14E-mail: info@comunevillanovadalbengaSito: www.villanovadalbenga.com

BORGO DI VILLANOVA D’ALBENGA

La cinta muraria

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schema del castrum albenganese, con un asse viario principale che presenta un unico slargo in concomitanza del pozzo pubblico (utilizzato fino al 1938), sul quale si innestano ortogonalmente le strade secondarie che creano i 14 isolati di forma allungata e funzionali alla costruzione del maggior numero di abitazioni possibili in uno spazio ridotto.

Al tempo della costruzione l’insediamento al suo interno comprendeva spazi adibiti esclusivamente ad uso abitativo o a magazzini, stalle, ambienti dedicati alle attività lavorative della zona.

All’interno delle mura non sono testimoniate attività commerciali o l’esistenza di spazi pubblici. Per le attività di scambio, commercio o semplicemente per andare al mercato ci si recava ad Albenga.

Per ciò che concerne le caratteristiche della fortificazione sono da ammirare le torri, costruite in ciottoli di fiume, materiale di cui disponevano in abbondanza, che si innalzano per più di sette metri di altezza e un metro di spessore.

Lungo la cerchia muraria si contavano dieci torri aperte verso l’interno con un foro posto nel parapetto merlato delle mura per agevolare il passaggio. In tutto il sito si contano dieci tra torri e porte-torri, ma due di esse presentano una forma peculiare rispetto alle altre.

Al margine del fronte nord della cortina muraria sono infatti poste una torre cilindrica, tutte le altre sono a sezione quadrata, e una a sezione pentagonale, funzionale alla difesa di uno spigolo particolarmente esposto.

La torre pentagonale di Villanova non è l’unica in Liguria, anzi segue un modello particolarmente in voga nell’architettura militare duecentesca, come potrete notare se visiterete anche i siti di Arcola e Vezzano inferiore nell’estremo levante ligure.

I vicoli

La cinta muraria

La cinta muraria

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Diversamente da ciò che ci si aspetta quando si ha a che fare con delle fortificazioni a Bardineto il castello non è arroccato, anzi è in pianura, poco distante dal Comune e dal centro del borgo. Le sue mura, di cui oggi sopravvivono solo quattro sezioni, in origine erano costituite da 16 lati confermandone la struttura a pianta poligonale.

Anche se Bardineto deve alla casata dei Del Carretto il periodo di maggior vitalità, le origini del borgo non sono contemporanee all’edificazione del castello, avvenuta nel XIII secolo, ma in un periodo che precede di molto il loro avvento.

Il ritrovamento i numerosi strumenti in pietra testimonia la frequentazione preistorica del territorio e in particolar modo lo sfruttamento delle caverne come rifugi nel paleolitico e dimore per i Neanderthaliani.

Il territorio in epoca preromana fu occupato dalle tribù degli Epanteri i quali, dediti alla caccia e alla pastorizia, si trovarono a dover combattere i romani ai tempi della loro colonizzazione dell’intera regione.

Comune di Bardineto: piazza della Chiesa, 6 - Bardineto (SV)Telefono: 0197 90 70 13Fax: 0197 90 72 93E-mail: [email protected]: www.comune.bardineto.sv.it

CASTELLO DI BARDINETO

La rampa di accesso

Il Castello

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La prima testimonianza archeologica della zona è identificata nei resti di una torre datata tra il VI e il VII secolo. Questo torrione, localizzato a sud-est della chiesa di S. Nicolò, ha forma semi-circolare e faceva parte di un più vasto complesso fortificato di dubbia origine.

Sul castrum di Bardineto sono state infatti avanzate diverse supposizioni da parte degli studiosi poichè, mentre la posizione della torre fa pensare all’esistenza di un insediamento longobardo, la modalità costruttiva richiama quella delle torri d’avvistamento bizantine. Che si tratti dell’una o dell’altra ipotesi resta indiscussa la sua valenza come testimonianza del periodo di scontro tra bizantini e longobardi lungo quel limes di cui ancora non conosciamo la precisa collocazione.

Con il passaggio alla dominazione dei Franchi, il borgo fu donato da Carlo Magno ai monaci di San Pietro Varatella.

In seguito alla divisione dei possedimenti del Marchese Bonifacio I del Vasto confluì nei territori del fedele alleato di Federico I il Barbarossa, Enrico il Guercio, che lo tramandò ai propri discendenti.

Il territorio di Bardineto tornò a far parlare di sé nel XVIII secolo quando fu coinvolto nella guerra tra l’esercito austro-sardo e quello francese. Sul campo furono lasciati 4000 morti austriaci, mentre ai francesi si aprirono le vie per la conquista dell’intera regione.

La struttura interna

Il castello

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Cairo Montenotte si presenta come un borgo medievale con molti secoli di storia alle spalle. Il suo territorio fu frequentato a partire dall’età neolitica, come testimonia il ritrovamento di frecce, lance, pugnali e asce in pietra, ma anche di sepolture.

Nel 109 a.C. la zona fu interessata dalla costruzione della Via Emilia Scauri, collegamento tra i due importanti centri di Vada Sabatia e Derthona, rispettivamente Vado e Tortona. In questo tratto la strada punta su Ferrania per poi toccare il luogo dove si trovavano le mansiones, stazioni di sosta a disposizione di dignitari e ufficiali romani. Inutile sottolineare l’importanza strategica acquisita da questa area, attraversata anche dalla via che conduceva a Cosseria, Millesimo, Roccavignale, Montezemolo e Ceva.

Bisogna, però, attendere il X secolo per le prime attestazioni scritte su Cairo. Il borgo è citato in un documento del 967 in cui l’imperatore Ottone I donava ad Aleramo

le terre devastate da incursioni longobarde e saracene, e in un documento del 991 in cui è nominato nell’atto di fondazione del monastero di San Quinto di Spigno.

Nei secoli successivi Cairo entra a far parte dei possedimenti di Bonifacio del Vasto. Nel 1214 passa a Ottone del Carretto, Signore di Savona. Colui che fece costruire il castello, a forma quadrangolare, per usarlo come residenza.

È lo stesso Ottone a vendere castello e terre annesse al Comune di Genova in cambio della legittimazione come signore feudale di Cairo e altri territori. In seguito il borgo vive un periodo florido in cui non mancano le testimonianze di alcuni prestigiose visite di cui il castello è testimone, tra cui Corradino di Svevia e il celebre trovatore francese Arnaut Daniel.

Comune di Cairo Montenotte: corso Italia, 45 - Cairo Montenotte (SV)Telefono: 019 50 70 71E-mail: [email protected]: www.comunecairomontenotte.it

CASTELLO DI CAIRO MONTENOTTE

Il Castello

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Dal 1322 il castello cambia nuovamente proprietari con il passaggio al Marchese di Saluzzo, Manfredo IV, e in seguito alla casata degli Scarampi, che lo utilizzano come residenza fino al XVII secolo. Il castello di Cairo è noto per esser stato oggetto di fatti d’arme fino ai secoli XVI e XVII, a causa delle battaglie di successione tra genovesi, francesi, spagnoli e sabaudi.

Visitare adesso questo insediamento fortificato significa trovarsi di fronte un edificio che ha subito svariate modifiche. Le parti rimanenti degli edifici sono attribuibili al XV secolo ed è possibile ammirare i paramenti murari intonacati, nei quali l’alternanza nell’utilizzo di laterizi e pietre crea una decorazione intorno ai riquadri delle finestre, elemento che palesa una finalità d’uso a scopo abitativo piuttosto che difensivo.

Dell’edificio originario resta ben poco: la testimonianza della fase carrettesca, in posizione arretrata rispetto al resto del complesso, è affidata ai resti della torre che fungeva da maschio della fortificazione, a pianta quadrata e inglobata nella cinta muraria, ancora parzialmente visibile.

Particolare del castello

Paramenti murari intonacati

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La nostra visita al borgo di Calizzano inizia sul ponte, nel centro cittadino, per permettere a coloro che si accingono a salire al castello di poter godere della sua vista dal basso. Per giungere all’edificio si percorre una salita che parte dal centro storico di Calizzano e conduce sull’altura.

Una volta guadagnata la cima della collina non è difficile immaginare come dovesse essere strutturato l’insediamento fortificato. Il recinto perimetrale è ancora ben delineato e al suo interno si intravvede una cisterna interrata, utile per la raccolta dell’acqua piovana.

L’approvvigionamento idrico era fondamentale per gli abitanti del castello, che dovevano essere pronti a far fronte ai lunghi periodi in cui non era possibile uscire dalle mura.

Nella zona occidentale sono inoltre visibili i resti della torre circolare. È facilmente comprensibile l’andamento della cinta

muraria poiché scendeva dalle alture, intervallate da torri, e proteggeva l’intero abitato.

Malgrado ci sia giunta la notizia del toponimo Caliciana in questa zona non sopravvivono resti di un insediamento di età romana. L’età medievale è la prima che ci restituisce la notizia dell’esistenza di Calizzano, come una delle terre cedute all’Abbazia di Ferrania nel territorio dell’attuale Cairo Montenotte. La vicenda è narrata nelle “Cronache di S. Pietro in Varatella” del 1077.

Furono poi i Marchesi del Vasto ad avere potere decisionale sulla zona che nel 1142 passa al dominio di Enrico del Carretto. Calizzano divenne parte del Marchesato del Finale, rimanendo, suo malgrado, coinvolta nei conflitti che il suo Signore aveva intrapreso contro Genova.

Comune di Calizzano: via S. Rosalia 4 - 17057 Calizzano (SV)Telefono: 019 79 06 91E-mail: [email protected]: www.comunedicalizzano.it

CASTELLO DI CALIZZANO

Il Castello

Un particolare

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Il XV secolo vide l’inasprimento del conflitto. Marco Del Carretto, Signore del borgo di Calizzano, si macchiò di tradimento nei confronti del Marchese Galeotto Del Carretto, poiché fornì rifugio ai suoi nemici e stipulò una sorta di atto di non belligeranza con Genova.

La vendetta non si fece attendere. Calizzano subì un terribile assalto in cui il castello rimase distrutto, il borgo saccheggiato e gli abitanti, che ebbero salva la vita, furono costretti a mendicare.

Al Signore di Calizzano non rimase che la fuga per la sopravvivenza. In seguito alla presa di potere di Galeotto, e ritrovata una sorta di tranquillità, il borgo si ingrandì.

Dal punto di vista politico, il marchesato continuava a essere legato alla Francia, fatto che non tardò ad attirare le inimicizie, al punto da causare l’occupazione del marchesato del Finale da parte delle truppe di Filippo III di Spagna, il quale acquisì l’intero territorio.

Durante la dominazione spagnola, mal tollerata dai calizzanesi, la popolazione fu costretta a provvedere al vitto e all’alloggio delle truppe in transito. Tali costrizioni durarono fino al 1713 quando Calizzano passò alla Repubblica di Genova, dominio che fu definitivamente sancito dal trattato di Aquisgrana nel 1795.

La Torre

Le mura

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Il borgo di Cosseria entrò a far parte della storia quando fu annesso ai domini facenti capo la marca aleramica. Anticamente noto come “Crux Ferrea”, questo insediamento doveva questa denominazione alla presenza di una croce sulla sommità del Montecala che divideva le diocesi di Alba e Mondovì.

Confluito tra i domini di Bonifacio del Vasto nel 1091, egli deciderà di donare Cosseria, Carcare e Millesimo all’abbazia di Ferrania nel 1111.

Come la maggior parte dei territori della zona, Cosseria passò ai marchesi Clavesana, cui seguì il passaggio di proprietà a Corrado Del Carretto. Ceduto nel 1393 al Marchesato del Monferrato, il castello finì per diventare oggetto di continue guerre di successione tra il marchesato monferrino e il Ducato di Milano.

Il borgo non visse mai un lungo periodo di tranquillità, in parte a causa dei continui

passaggi da una dominazione all’altra, in parte perché vessato da svariati conflitti bellici, come quelli che tra XVI e XVII videro contrapporsi francesi e spagnoli, o dalla pestilenza come nel caso dell’anno 1631, quando il morbo spazzò via gran pare della popolazione.

Giunti sul finire del XVIII secolo Napoleone Bonaparte si affaccia in Val Bormida, per intervenire nel conflitto tra l’esercito francese e quello franco-sabaudo che non pareva favorire nessuna delle due parti. L’arrivo di Bonaparte gli garantì una serie di successi che ebbero come conseguenza la conquista di gran parte dell’Europa.

Qui entra in scena Cosseria, dove un manipolo di croati asserragliato nelle rovine del castello riuscì a tenere testa per due giorni all’esercito del Buonaparte e ne bloccò l’avanzata finché i francesi ebbero la meglio.

Comune di Cosseria: loc. Chiesa, 1 - Cosseria (SV)Telefono: 019 51 96 08E-mail: [email protected]: www.comune.cosseria.sv.it

CASTELLO DI COSSERIA

Castello di Cosseria

Particolare

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L’11 aprile del 1796 Napoleone avviò l’invasione nella zona di Cairo e Carcare. Una parte delle truppe francesi, nel ripiegare verso Cosseria, incontrò sulla propria strada truppe croate costrette sotto l’assalto francese a riparare tra le rovine del suo castello.

A questo punto, fu il terzo Battaglione Granatieri Piemontesi, guidato da Filippo Del Carretto, che a sua volta attaccò i francesi.

Poco più di 500 uomini si trovarono a fronteggiare forze francesi nettamente superiori. Anche i piemontesi però si rifugiarono nel castello di Cosseria, dove a questo punto si erano raccolti in più di mille.

Dopo due assalti falliti al castello, se i francesi avevano perso più di mille uomini, per i piemontesi la perdita più grave era stata quella del Tenente Colonnello Filippo del Carretto.

Il 14 aprile le truppe piemontesi e croate si arresero, ma ai difensori di Cosseria venne reso l’onore delle armi da parte dei francesi vincitori.

Ancora oggi, i resti del castello di Cosseria si impongono sul paesaggio dalla cima del colle su cui fu costruito.

Composto da un corpo centrale e da una triplice cinta muraria, la sua struttura a pianta poligonale, risultava ben difesa, sia verso la valle sia verso la punta del colle, dove appariva più esposta ad attacchi.

È ancora possibile ammirare alcuni resti della cinta muraria e la base di una torre di vedetta abbattuta.

Castello di Cosseria

Particolare del corpo centrale

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Svariate sono le ipotesi circa la natura linguistica del nome Dego, tra queste la più attendibile è quella fornita dal dizionario etimologico romanzo secondo il quale tale nome deriverebbe dal latino decus, “a forma di croce”, stante a indicare le x incise sui cippi nelle zone di confine. Dego è davvero un borgo di confine, lungo la via Aemilia Scauri tra le aree di pertinenza di Acqui, Alba e Vado.

Citato per la prima volta in un diploma imperiale, Dego fa parte dei territori che l’imperatore Ottone I concesse al marchese Aleramo nel 967.

Sul finire del X secolo il borgo andò a confluire in un vasto territorio riunito sotto il dominio di Aleramo, marchese del Monferrato, ma non è chiaro quale fosse la reale consistenza di questi possedimenti.

Non passò molto tempo prima che Dego venisse nuovamente citato in un documento con cui il figlio di Aleramo,

Anselmo, fondatore del monastero di S. Quintino di Spigno, donava come dotazione terriera di questo nuovo ente religioso 3 mansi di Dego, 11 di Cairo, 7 di Cosseria e altri appezzamenti ancora di terreno.

Nel 1170, a due secoli dalla fondazione del monastero, Dego faceva ancora parte possedimenti sotto la sua giurisdizione. Il governo di questi territori, però, stava vivendo un’importante fase di transizione che ne determinò il passaggio sotto il comando di Bonifacio del Vasto prima, e del figlio Enrico I Del Carretto poi.

Il potere che questi signori esercitarono sul territorio proseguì fino al 1214, quando Ottone del Carretto cedette Dego al Comune di Genova per esserne legittimato come feudatario.

Dalla casata dei Del Carretto nel XV secolo il borgo passò nel Marchesato del Monferrato fino a confluire nel 1735 nel Regno di Sardegna.Come ogni borgo gestito dai Del Carretto anche Dego fu dotato di un castello, con la funzione di avvistamento e controllo sull’antica direttrice dell’Aemilia Scauri.

Non esistono documenti che stabiliscano con certezza il periodo in cui fu edificato, ma sicuramente fu opera di questa stessa casata.

Comune di Dego: via Municipio, 10 - Dego (SV)Telefono: 019 57 77 92E-mail: [email protected]: www.comune.dego.sv.gov.it

CASTELLO DI DEGO

La torre

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Nonostante l’edificio sia visitabile, non è rimasto molto dell’antico castello, posto in località Cua, rialzato rispetto all’abitato di Dego.

Parte della torre e delle mura sono ciò che rimane di questo fortilizio, le cui dimensioni ne denunciano una finalità di tipo difensivo piuttosto che di dimora signorile.

La condizione in cui ora lo ammiriamo è dovuta ai diversi fatti d’armi in cui il castello fu coinvolto, a partire dal XVI secolo.

Fu assediato dalle truppe francesi nel XVIII secolo, saccheggiato dalle truppe franco-spagnole, e poi fu territorio di scontro tra i soldati napoleonici e gli austriaci durante la seconda battaglia di Dego che causò la morte di quattrocento abitanti del paese. Il 27 marzo del 1796 rappresenta una data storica per Dego. Sotto l’ordine dell’Armata d’Italia, Napoleone Bonaparte

si trovò ad affrontare l’esercito austriaco e quello piemontese, entrambi occupanti la zona che da Cosseria si ricollegava ad Alessandria e Cuneo.

Si susseguirono vicende alterne in cui tra manovre di ritirata, seguite da vittorie francesi, Napoleone riuscì a far arretrare gli austriaci fino a Dego, che ne divenne il luogo della strenua resistenza.

Mentre i piemontesi ripararono a Cosseria Napoleone decise di focalizzarsi nella lotta contro gli austriaci di Dego, che furono sconfitti definitivamente il 14 aprile 1796, lo stesso giorno in cui per un errore nella comunicazione, un battaglione austriaco attaccò nuovamente e inaspettatamente il borgo provocando la perdita di molti uomini, impegnati eroicamente nella riconquista del proprio territorio.

Le mura e la torre

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Il castello di Garlenda risale al XII secolo, sebbene la struttura odierna sia frutto della ricostruzione del XVII secolo, resasi necessaria in seguito alla distruzione durante un’insurrezione contro i Della Lengueglia, la casata che diede il via al periodo più florido di questo paese.

La struttura è di notevoli dimensioni; nel prospetto principale, intonacato e recentemente restaurato, è possibile vedere le grandi finestre rettangolari e il portale d’ingresso sovrastato dallo stemma dei Costa, famiglia che vi ebbe dimora fino al passaggio ai Del Carretto.Malgrado l’attuale aspetto del castello

risalga ai sec. XVI-XVII, è possibile ammirarne la parte più antica nel prospetto posteriore, caratterizzato da una torre poligonale sporgente sullo spigolo nord e 4 finestrelle attribuibili a un passaggio che forse conduceva alle prigioni.

Garlenda risulta essere uno dei rari casi nel panorama dei castelli della Liguria in cui è possibile ammirare una simile divisione degli spazi interni con presenza di cappelletta famigliare e tribunale. Difficile trovare una citazione di Garlenda e della Val Lerrone prima dell’alto medioevo; le vicende che portarono in auge il suo nome sono legate alle sorti di Albenga, che

Comune di Garlenda: via Roma 4 - Garlenda (SV)Telefono: 0182 58 00 56E-mail: [email protected]: www.comune.garlenda.sv.it

CASTELLO DI GARLENDA

Il Castello

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maggiormente si adoperò per costruire un proprio dominio ed estromettere dal proprio governo ogni signoria o forma di potere feudale. Nel XII secolo Albenga, mal sopportando la sottomissione ai marchesi di Clavesana, era riuscita a estrometterli dal proprio governo e poteva gestirsi autonomamente, forte della propria posizione di florido centro marittimo del ponente e del potere datogli dall’essere sede vescovile.

A metà secolo però per evitare un’eccessiva ingerenza genovese nella riscossione delle decime nel proprio territorio, Albenga decise, con il benestare dell’Arcivescovo Siro, di cedere molti dei propri diritti ad Anselmo dei Quadraginta, il capostipite della casata dei Della Lengueglia.

Con la concessione della cittadinanza albenganese ai Della Lengueglia, Albenga pensava di aver avvicinato la casata dalla propria parte. In realtà durante gli scontri avvenuti a metà del XIII secolo con i Clavesana, per i possedimenti delle alture tra le Valli Lerrone e Arroscia, la casata di Anselmo fu l’unica a restare fedele agli antichi feudatari.

Solo con la morte di Anselmo II e la divisione dei possedimenti tra i figli fu costituito il ramo di Garlenda. La politica dei signori di Garlenda si basò principalmente sull’avvicinamento a Genova fino al giuramento di fedeltà del 15 aprile 1385, ottenendo il riconoscimento di tutti i territori che avevano ereditato dai Clavesana. Ma il frazionamento tra i vari figli a cui furono sottoposti i possedimenti della famiglia rappresentò la causa principale dell’indebolimento del potere economico e dell’autorità dei Della Lengueglia.

Alla fine del XVI secolo, il 6 maggio 1599, i diritti di Garlenda furono acquistati dai Costa che lo gestirono fino al passaggio per vie ereditarie alla casata dei Del Carretto.

Un lungo periodo di sottoutilizzo dell’immobile rappresentò la principale causa del degrado in cui versò il bene fino a poco tempo fa. All’inizio del secolo sono stati recuperati il piano cantine e il piano terra, i fronti e la copertura.

La meridiana

La facciata

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A differenza di ciò che si è sempre affermato la nascita di Noli risale ai tempi della Roma repubblicana, come dimostrato di recente dal ritrovamento di un approdo marittimo nella zona di Capo Noli, testimone di una dinamica attività mercantile

Le indagini sono proseguite, portando alla scoperta di una necropoli, indice della presenza di un villaggio, andato distrutto a causa delle distruzioni perpetrate da Rotari nel VII secolo.

Nel 900 il borgo fu nuovamente distrutto da un incendio e, a causa del pericolo delle incursioni dei pirati saraceni del Frassineto, avvenne lo spostamento a monte dell’insediamento.

Il sito scelto fu Monte Ursino e dai documenti sappiamo che nel 1004 veniva definito già Castrum Naboli, fortificato sull’esempio di molti altri insediamenti

Comune di Noli: piazza Milite Ignoto, 6 - Noli (SV)Telefono: 019 74 99 527E-mail: [email protected]: www.comune.noli.sv.it/it

CASTELLO DI NOLI

Le mura

Il castello

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liguri che si premunivano nei confronti degli attacchi saraceni che andavano imperversando sulla costa. All’inizio la fortificazione era composta solamente da una torre d’avvistamento, ma andò ampliandosi fino al XV secolo quando con la sua cinta muraria riuscì ad abbracciare anche la parte del paese nata a valle.

La nascita della fortificazione non aveva avuto una funzione esclusivamente di protezione nei confronti della popolazione. La vera funzione del castello era, infatti, di controllare sia il mare e la costa sia la vecchia strada romana passante in collina.

L’importanza di Noli come potenza marinara è dimostrata dalla partecipazione alla prima Crociata (1096-1099), occasione in cui armò due galee per la flotta genovese.

I privilegi e le ricchezze che seguirono questa impresa, oltre a permettere l’espansione del borgo nel secolo successivo, resero i nolesi talmente insofferenti al potere feudale da costringere il Marchese Enrico Del Carretto a concedere la piena libertà nel 1192. Si inaugurò così una fase repubblicana.

Dal XII secolo Noli si ritrovò a poter amministrare se stessa e dimostrò di farlo con saggezza. Quando fu chiaro che non esisteva alcuna possibilità di competere con Savona e Genova, non esitò a schierarsi, segnando per sempre l’andamento della propria storia.

L’alleanza stretta con Genova nel 1202 ridimensionò Noli nei propri commerci,

ma permise di godere di protezione in caso di attacco veneziano, pisano o anche saraceno.

Per tutto il XIV secolo Noli visse un periodo di grande gloria fino quando il porto, troppo piccolo per potersi permettere un’adeguata evoluzione dei commerci, causò il suo inesorabile declino e una passiva partecipazione al destino della sua eterna alleata Genova.

Il ricordo della grandezza di Noli è ancora vivo e testimoniato dalla torre di castello Ursino, che domina l’intera baia , e dalla struttura di un borgo che tuttora preserva con fierezza la propria anima medievale.

La torre

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La data di fondazione del castello di Zuccarello non è nota, anche se la possiamo desumere dalla notizia che ne riporta l’edificazione una quindicina di anni prima la fondazione del borgo nel 1248.

Le motivazioni che portarono alla sua fondazione risalgono al periodo in cui i Clavesana, preso possesso della costa e della piana albenganese, pensarono a come difendere il Marchesato nella parte meridionale della valle, creando un ponte con il castello di Castelvecchio, che svolgeva la medesima funzione 7 km a nord.

Le vicende del castello non sono indicative di un feudo indipendente, risultano infatti

assorbite dalla lotta tra i propri feudatari e il marchese di Ceva, Giorgio il Nano, che era alleato con Albenga.

Passato ai Del Carretto nella prima metà del XIV secolo, ne divenne forse la residenza, per poi essere sostituito da Castelvecchio.

Nel XVI secolo il dominio dei Del Carretto era ormai in declino a causa delle contese ereditarie interne alla famiglia e risolte con la vendita nel 1567 di un terzo del feudo alla Repubblica di Genova che ne completò l’acquisto tra il 1624 e il 1633.

I Savoia e i francesi, alleati tra loro, non vedendo di buon occhio l’acquisizione,

Comune di Zuccarello: via Tornatore, 138 - Zuccarello (SV)Telefono: 0182 79 022Fax: 0182 79 022E-mail: [email protected]: www.comunezuccarello.it

CASTELLO DI ZUCCARELLO

La torre

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scatenarono la cosiddetta guerra di Zuccarello, conclusasi nel 1631 con la vittoria genovese. Da questo momento, l’utilizzo del castello fu esclusivamente utilizzato a scopo militare.

All’ingresso del borgo di Zuccarello vi è una statua dedicata a Ilaria Del Carretto e posta in questo luogo nel 2007. Forse non l’avete mai sentita nominare o forse la conoscete più per la sua fama nell’ambito della storia dell’arte; ma chi era Ilaria Del Carretto?

Il padre era Carlo I del Carretto, fratello di Enrico II e primo Marchese del Carretto di Zuccarello a partire dal 1397. Grazie al padre il marchesato conobbe un rapido ampliamento del proprio territorio con l’annessione del castello di Balestrino e dei feudi di Castelvecchio, Erli e Nasino in un primo momento e di Castelbianco, Alto Caprauna e Bardineto successivamente.

Ilaria nacque nel 1379 e stranamente passò alla storia più per le conseguenze della sua morte piuttosto che per le sue azioni in vita. Era molto giovane, infatti, quando andò in sposa al Principe di Lucca Pietro

Guinigi, al quale diede due figli prima di morire nel 1405.

In seguito a questo lutto il marito decise di commissionare all’artista Jacopo Della Quercia il suo monumento tombale che per il pregio della sua fattura porta ogni anno visitatori di tutto il mondo nel Duomo di Lucca.

Questa opera d’arte al tempo aveva anche una funzione politica, era infatti simbolo del potere di Guinigi che grazie a essa ricordava alla città di Lucca della continuazione della propria dinastia nel figlio Ladislao che Ilaria aveva dato al marito.

Dopo secoli nell’anonimato, il personaggio di Ilaria Del Carretto è di recente tornato alla ribalta. Il 17 dicembre 2012 un articolo apparso sul Corriere della Sera ha svelato il mistero relativo ai resti della donna, che non furono mai deposti nel celebre sarcofago, ma nella chiesa di Santa Lucia di Lucca, dove tuttora giace insieme alle altre due mogli di Pietro Guinigi.

Il Castello

L’interno

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Addentrandosi nel parco archeologico che ospita il castello di Orco Feglino, si ascende in un territorio che accoglie sia peculiari specie naturali sia resti archeologici importanti per ricostruire la storia del territorio.

La prima struttura in cui ci imbattiamo è l’Oratorio di San Lorenzino, un edificio di culto di cui sopravvive solamente un’aula unica a pianta rettangolare e terminante in un abside voltato a crociera.

Tale struttura, datata al XVI secolo, è sicuramente da mettere in relazione con la chiesa all’apice della collina: San Lorenzino.

La chiesa, nella sua struttura attuale composta da un vano rettangolare e da un

abside poliforme, è del XV secolo, ma sono sopravvissuti alcuni elementi degli edifici precedenti, come il campanile a due ordini di bifore, probabilmente di XIII secolo.

Dalla parte posteriore della chiesa, dal lato del campanile, si può di una vista mozzafiato sulla val Cornei in tutto il suo splendore incontaminato.

Per raccontare la storia di Orco Feglino è necessario parlare di Enrico I Del Carretto, noto come, il “Guercio”. La parola “guercius” rappresentava la latinizzazione del termine tedesco “Werth”, che vuol dire “Degno”, a indicare quanto si fosse distinto come prezioso alleato di Federico I il Barbarossa nella lotta contro l’espansione comunale, e per il quale fu un mediatore della Pace di Costanza.

Comune di Orco Feglino: piazza Municipio, 3 - Orco Feglino (SV)Telefono: 019 69 90 10E-mail: [email protected]: www.comune.orcofeglino.sv.it

PARCO ARCHEOLOGICO DI ORCO FEGLINO

Oratorio di San Lorenzo

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Un diploma imperiale del 10 giugno del 1162, rogato a Pavia, conferiva a Enrico il Guercio il potere sul territorio del padre Bonifacio del Vasto nella marca di Savona, inoltre gli concedeva la “potestà” di edificare castelli a vantaggio suo e dei propri eredi e di distruggere castelli che erano stati costruiti contro la sua volontà.

Il castrum di Orco, l’unico della zona inserito nell’ambito dell’incastellamento avvenuto tra X e XII secolo, si presentava come un complesso fortificato privo di cinta muraria, elemento giustificabile con la posizione stessa dell’insediamento su uno strapiombo roccioso, e culminante con una grande torre a base quadrata costruita con mura di notevole spessore e la porta in posizione sopraelevata rispetto al terreno.

Pare che vicino a essa esistesse un edificio e che sotto al terrapieno che le faceva da base vi fosse la cisterna del castrum.

A differenza della maggior parte dei castra, nati a scopo difensivo, la sua posizione posta sulla via di collegamento tra l’entroterra e l’area costiera, per di più in un territorio gestito da un’unica casata, ci fa pensare che non avesse una funzione difensiva, ma che rappresentasse il punto di riferimento di una zona che dal XII secolo si era evoluta seguendo i principi dell’economia curtense, forte dello sfruttamento di un’agricoltura praticata in modo specializzato e dello sfruttamento della forza motrice idraulica, elemento favorito dalla posizione geografica che vede nel proprio territorio il passaggio di un torrente, il Sciusa, e la presenza della

Conca di Feglino che rappresenta il bacino del torrente Aquila.

La fase d’uso del castrum di Orco coprì l’arco temporale dalla fine del XII secolo al XV periodo in cui nei documenti fu citato prima come castrum, poi come curia, locus et fundus e infine come castrum et campagna e tutto tra il 1162 al 1268, a rimarcare il rapporto dell’insediamento con le attività svolte nel territorio che intorno a esso gravitava.

Purtroppo, essendo la vita di Orco così strettamente connessa alle vicende del finalese, la sua importanza andò scemando fino all’abbandono del castrum nel XV secolo quando iniziò anche il lento declino della sua casata fondatrice.

Chiesa di San Lorenzino

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Il castello Doria svetta e domina sul borgo di Dolceacqua, gioiello medievale della val Nervia, imponente nonostante i secoli.

A Taggia gli stretti vicoli e le case addossate l’una all’altra sono tracce evidenti del passato feudale del borgo, arroccato in collina, un tempo difeso da una fortezza.

Il progetto di Valorizzazione delle risorse naturali e culturali della Liguria (Asse 4 del POR FESR 2007-2013) permette di recuperare questi siti e renderli pienamente fruibili.

Liguria Heritage disegna una linea attraverso queste magnifiche testimonianze del passato medievale in provincia di Imperia.

CASTELLI E BORGHI IN PROVINCIA DI IMPERIA

CastelloDolceacqua

BorgoTaggia

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Anche se il suo territorio fu frequentato dall’età preistorica e fu sede di una mansio militare romana per il rifornimento degli eserciti in transito, la vera e propria storia di Taggia prende il via nel VII secolo con l’arrivo dei monaci benedettini giunti da Cuneo, che qui si stabilirono e costruirono un convento.

I monaci bonificarono e terrazzarono i fianchi scoscesi della vallata, dando il via alla tradizionale coltivazione dell’olivo.

Questo momento di pace e crescita terminò bruscamente a causa dell’irruzione saracena del secolo IX, che causò la distruzione del monastero e il massacro dei monaci.

Nonostante un periodo di decadenza e abbandono delle coltivazioni, l’abitato fu ricostruito e ingrandito verso la parte bassa della valle, cingendo le case con una cinta muraria.

In seguito alla concessione del Vescovo Teodolfo il borgo poté amministrarsi come un libero comune fino all’arrivo dei genovesi che passarono il dominio ad Anselmo De Quadraginta.

Il passaggio dai De Quadraginta a Bonifacio di Clavesana avvenne nel secolo XII attraverso un’alleanza. I Clavesana decisero di munire il borgo di un castello per controllare la zona sia da un punto di vista giurisdizionale sia dal punto di vista difensivo.

Con il dominio genovese affermatosi nel 1228, le condizioni non migliorarono; tra il coinvolgimento nella guerra con Pisa,

BORGO DI TAGGIAComune di Taggia: via San Francesco, 441 - 18018 Taggia (IM)Telefono: 0184 47 62 22Fax: 0184 47 72 00E-mail: [email protected]

I vicoli

La chiesa di Santa Lucia

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le crescenti pressioni fiscali e le conseguenze del conflitto tra guelfi e ghibellini la città rischiò il collasso.

Se a tutto ciò si aggiungono le devastazioni che il borgo subì durante questo periodo non abbiamo difficoltà a capire perché Genova si convinse a farne sede di podesteria, concedendo alla popolazione un periodo di rinnovata crescita economica basata sulla coltura dei vigneti e sulle attività di costruttori navali.

In questo contesto di rinnovata serenità il castello venne ristrutturato e ampliato, giusto in tempo per prevenire le incursioni piratesche dei secoli XV e XVI che costrinsero i tabiesi a una continua opera di fortificazione.

Taggia rientrò a far parte dei territori di Genova e ne condivise il destino fino al 1797, anno in cui entrò a far parte della Repubblica Ligure.

Un bastione della cinta muraria

Perché l’olio di oliva taggiasca è così buono? Forse perché le olive utilizzate per produrlo rispettano parametri rigidissimi che concorrono a garantirne la leggerezza e la mancanza di acidità, che lo rendono qualitativamente migliore dell’olio extravergine d’oliva. Non dimenticate di assaggiarlo!

Curiosità

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Le origini di Dolceacqua sono probabilmente insite nel nome stesso del borgo; è plausibile infatti pensare che derivi da un certo Dulcius che in età romana possedeva nella zona un appezzamento di terreno a utilizzo rustico, per l’appunto chiamato “villa dulciaca”.

La conformazione del borgo è definita dal torrente Nervia, che ne divide la parte aggrappata al colle Rebauffo dalla parte in pianura, comunemente chiamata “borgo” e sviluppatasi con una connotazione principalmente commerciale.

Il castello come lo vediamo adesso è il risultato delle migliorie attuate dai Doria, ma le sue origini risalgono al secolo XIII quando fu costruito dai Conti di Ventimiglia con una duplice funzione: difensiva e strategica per monitorare il movimento delle valli circostanti.

La struttura fortificata, composta semplicemente da una torre circolare e da

un edificio minore in cui risiedeva l’ufficio di guardia, resistette fino al XV secolo, anche dopo l’avvento dei Doria.

L’acquisizione del feudo da parte di questa casata non avvenne direttamente dai Conti di Ventimiglia, ma fu graduale e seguì di pari passo il ridimensionamento della loro contea.

Al sopraggiungere della morte di Oberto Doria, nel 1300, i possedimenti furono spartiti tra i quattro figli e Dolceacqua finì ad Andriolo, i cui discendenti ne preservarono il dominio fino al secolo XVII.

CASTELLO DI DOLCEACQUAComune di Dolceacqua: via Roma, 50 - Dolceacqua (IM)Telefono: 0184 20 66 66 - 0184 22 95 07Fax: 0184 22 95 07E-mail: [email protected]: www.dolceacqua.it

Castello Doria

Torre circolare

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Dal principio del XIV le vicende del borgo furono inevitabilmente coinvolte in quelle dei propri feudatari, di parte ghibellina, motivo per cui il castello divenne obiettivo di ben due assedi ordinati dal re di Napoli Roberto d’Angiò, che riuscì a piegare i Doria e rendere i genovesi suoi vassalli.

Il XVI secolo vide il castello mutare la propria funzione da baluardo difensivo a residenza signorile. Stefano Doria,

protetto da Andrea Doria e comandante supremo dell’esercito genovese, si trasferì nel 1558 a Dolceacqua dove governò in modo moderato, costituendo una propria corte e donando alla città un verziere, uno spazio ornato di agrumi, essenze pregiate e statue finemente eseguite seguendo il gusto sviluppato in anni di frequentazioni delle corti europee.

Anche il castello fu ampliato dal Doria e munito di un bastione speronato a oriente e due torri quadrate in facciata. Furono inoltre aggiunti anche un fossato con ponte levatoio e le sale interne vennero ornate riccamente.

La signoria dei Doria durò fino al 1526 quando Bartolomeo Doria cedette il feudo al duca Carlo III di Savoia dando vita a un’altra pagina della storia di questo castello.

Le due torri

Il Palazzo che ospita la Biblioteca civica e l’Archivio storico di Dolceacqua è intitolato a Luigina Garoscio, la benefattrice che ne fece dono al paese. Quello che però non sapete è che questo lascito nasconde la storia dell’amore sventurato tra Luigina e il suo insegnante di musica, soprannominato il “Paganin”. In seguito alla morte dell’amato la donna decise di fuggire dall’Italia e lasciare tutti i suoi beni a Dolceacqua

Curiosità

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ELLA SPEZIA

Terra di confine, terra di passaggio. La provincia della Spezia tra Repubblica di Genova e Pisa, a cavallo tra Liguria e Toscana, reca tracce imponenti e magnifiche della sua importanza strategica in età medievale.

Dalle monumentali fortezze di Sarzana, Firmafede e Sarzanello, veri monumenti ingegneristici che ancora oggi stupiscono il visitatore, alle torri di guardia dei borghi più piccoli, testimoni del terrore saraceno che colpiva la Liguria dal mare, alle fortezze dell’interno.

Il progetto di Valorizzazione delle risorse naturali e culturali della Liguria (Asse 4 del POR FESR 2007-2013) porta al recupero e alla riqualificazione di queste storiche costruzioni, e Liguria Heritage permette di addentrarsi nei meandri della storia e di andare alla conoscenza di queste eccezionali testimonianze.

FORTIFICAZIONI E MURA IN PROVINCIA DELLA SPEZIA

Torre di GuardiaFramura

CastelloVernazza

Sito Archeologico CarpenaRiccò del Golfo

CastelloSesta Godano

BorgoBrugnato

Castello BrinaSarzana

Torre Vezzano Ligure

BorgoSanto Stefano Magra

Fortezza Firmafede Sarzana

FortezzaSarzanello

CastelnuovoCastello

Magra

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Il nome Brugnato, importante borgo della Val di Vara, non dice molto sulle sue origini. Probabilmente deriva dal dialetto brigne o brignun, termine che sta a indicare la pianta del susino, presente anche nello stemma della cittadina.

La sua fondazione è dovuta ai monaci di San Colombano di Bobbio, che in quel territorio costruirono un monastero tra VII e VIII secolo, durante la conquista longobarda della Liguria.

La zona però era già stata abitata dai liguri. Sono, infatti, molte le attestazioni riguardanti la tribù dei Briniates nel territorio. La loro presenza è testimoniata nella toponomastica con la tipica terminazione ligure in -asca, -asco.

Punto di riferimento per la media e bassa vallata, dal punto di vista monumentale, religioso e storico, in epoca bizantina pare che il territorio fosse interessato dal passaggio del limes sulla direttrice

Varese-Cento Croci. Come abbiamo anticipato l’origine di Brugnato è da ascrivere alla frequentazione della zona da parte dei monaci di San Colombano che qui stabilirono il proprio centro religioso della vallata.

Nel IX secolo d.C. alla diocesi di Brugnato appartenevano tutte le terre della sponda sinistra del Vara, dal punto di vista amministrativo il territorio vive, però, il passaggio dal dominio longobardo a quello franco come ci viene testimoniato da un documento di compravendita. Testimonianza chiave del passaggio, anche non violento, da una classe dirigente a un’altra.

Il Basso Medioevo vede Brugnato accrescere la potenza degli abati e dei vescovi sul territorio. Fattore che ebbe come conseguenza le rivalità degli altri potentati tra cui: i Malaspina, i vescovi di Luni e, più tardi, anche i Fieschi.

Comune di Brugnato: Piazza Martiri 1 - Brugnato (SP)Telefono: 0187 89 41 10Fax: 0187 89 70 98E-mail: [email protected]: www.comune.brugnato.sp.it

BORGO DI BRUGNATO

Resti delle antiche mura

Il Borgo

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Risale al 1215 il tentativo di Corrado Malaspina di occupare i forti dei possedimenti brugnatesi, ma grazie all’intervento di Genova i Malaspina furono allontanati, permettendo ai Fieschi di diventare vice domini di Brugnato.

Coinvolta nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini, che devastarono la regione, Brugnato vide il suo vescovo fuggire per cercare rifugio a Pontremoli. La signoria della città fu lasciata ai Malaspina e in seguito ai Fregoso, fino a quando un’insurrezione popolare non portò all’annessione con la Repubblica di Genova.

Il borgo medievale sopravvive, tutt’oggi, nelle sue manifestazioni monumentali e nei nomi delle vie e delle piazze: come piazza Ildebrando, luogo in cui si concentra

l’intervento volto a riportare alla luce i resti delle antiche mura medievali della città.

La cattedrale di Brugnato, nata come basilica cimiteriale, sorge su un’antica necropoli paleocristiana. L’aspetto esteriore è quello di un edificio massiccio, cui si addossa la mole della torre campanaria. È stata costruita con grandi pietre che restituiscono all’edificio il carattere umile che si ritrova al suo interno.

Nella chiesa si possono ancora ammirare alcuni resti degli edifici precedenti, le navate separate da pilastri che imitano la forma delle colonne, i frammenti di lastre del pavimento che ricordano le diverse sue fasi storiche e l’unico elemento decorativo presente nell’edificio.

Un affresco con la figura di San Colombano è l’unico tocco di colore in un ambiente in cui la pietra è la vera regina.

Le antiche mura

Resti delle antiche mura

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Santo Stefano di Magra, grazie alla sua posizione geografica, ha sempre rivestito un ruolo centrale in Val di Magra. Sorge, infatti, alla confluenza dei fiumi Magra e Vara, sul tracciato della Via Francigena, storicamente percorsa da pellegrini impegnati a raggiungere luoghi di culto come: Roma e Santiago, o la Terrasanta.

La prima attestazione di Santo Stefano di Magra risale al 981, con il diploma imperiale di Ottone II. Il documento dimostra la natura mercantile dell’insediamento, facente capo ai Vescovi di Luni. Tale funzione venne nuovamente confermata nel 1185 nel privilegio imperiale concesso da Federico I il Barbarossa, nel quale si esaltò il passaggio da pieve a borgo con mercato.

Intorno all’antica pieve si andò sviluppando un abitato ben organizzato, e di proporzioni tali da richiedere una gestione diretta da parte del vescovo, il quale aveva il compito di amministrare la giustizia e

imporre le gabelle per le merci vendute al mercato e sulla pesca. L’evoluzione di tale insediamento è da ricollegare al periodo fortunato che i borghi della Lunigiana vivono in parallelo con il decadimento definitivo di Luni. Proprio a Santo Stefano di Magra il Vescovo si adoperava per curare i propri interessi.

Poco oltre il borgo, la strada si divideva in due rami: l’uno che svalicando il Monte Bardone portava alla Lombardia, l’altro che collegava alla riviera levantina e, pertanto, a Genova dando vita a un sistema viario estremamente prezioso dal punto di vista economico.

Malgrado gli interessi che attirava su di sé, Santo Stefano continuò a ingrandirsi in modo autonomo. Sappiamo che,

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Comune di Santo Stefano di Magra: piazza Matteotti - Santo Stefano di Magra (SP)Telefono: 0187 69 71 11Fax: 0187 69 97 69E-mail: [email protected]: www.comune.santostefanodimagra.sp.it

BORGO DI SANTO STEFANO DI MAGRA

Santo Stefano di Magra

Il borgo

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grazie a un lodo arbitrale del 1202 in cui veniva stipulata una pace tra il Vescovo e i Malaspina, Santo Stefano nel frattempo era diventato un comune, dotato dal ceto dirigente dei “milites” che insieme ai consoli e al popolo appaiono come firmatari del documento in qualità di alleati del vescovo.

Il territorio della Lunigiana nel XIII secolo vide crescere il potere di uno dei suoi borghi, Sarzana, che presto si propose come centro egemone della vallata. Il 5 luglio 1235 Santo Stefano decise di andare contro il ruolo che aveva rivestito fino dalla sua fondazione e acquisì per la propria popolazione la cittadinanza sarzanese, sposandone il piano espansionistico e d’indipendenza nei confronti dei Vescovo di Luni.

Santo Stefano gestì autonomamente le rivendicazioni dei propri diritti, come nel caso delle trattative del 1257 con il vescovo di Luni, volte alla regolamentazione del “forum sive mercatum” da tenersi la domenica.

Sul finire del XIII secolo con la morte del Vescovo Enrico da Fucecchio, l’ingerenza del vescovado nei confronti dei borghi in Lunigiana va nettamente scemando e Santo Stefano rientra in orbita sarzanese, seguendone le vicende fino al giuramento di fedeltà a Castruccio Castracani, divenuto visconte del comitato lunense e difensore del Comune di Sarzana, nel 1321.

La posizione geografica, che inizialmente aveva rappresentato la fortuna di questo

borgo, tra il XIV e XV secolo, fu causa di una serie di tentativi di conquista da parte di diverse casate nobiliari.

Tra il 1344 e il 1402 furono i Visconti ad avere la meglio, ma in vent’anni il potere è già in mano ai Fregoso che lo passano al Banco di San Giorgio nel 1484 e, naturalmente, alla Repubblica di Genova verso la metà del XVI secolo. I Genovesi ne colsero notevoli vantaggi commerciali ed economici, talvolta a discapito degli stessi abitanti santostefanesi, salvo poi stabilizzarsi ed equilibrarsi nei benefici dalla seconda metà del XVII secolo.

Il borgo

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Il paese di Castelnuovo Magra si allunga sul crinale e, anche da lontano, è possibile distinguere chiaramente i suoi punti focali: la Chiesa di Santa Maria Maddalena e il Palazzo Vescovile. Aggirandosi nelle sue strade si scopre che il borgo ha origini antiche.

La presenza dei vicoletti voltati, dei portali e la vista del castello ne denunciano un’origine in età medievale, ma i palazzi che si aprono su Via Dante, la via principale, hanno subito rimaneggiamenti, probabilmente avvenuti tra ‘600 e ‘700 e la piazza stessa in cui la via sfocia, Piazza Querciola, è dello stesso periodo.

Nel punto più alto del paese la vista spazia su un territorio vastissimo che va da Sarzana al castello di Sarzanello, dall’antico sito di Luni, al corso del Magra, fiume che dà il nome a tutta la vallata.

La nascita di Castelnuovo è ascrivibile a un periodo che va dal 1187 al 1203, in concomitanza con il conflitto tra i vescovi di Luni e i Malaspina, i quali si contendevano il potere in Lunigiana. Non si trattò certo di un periodo semplice tra saccheggi e devastazioni.

Fu questo uno dei motivi che spinsero il vescovo Gualtiero a volere la costruzione di un nuovo castello nella tratta tra Fosdinovo e Carrara, per controllare la viabilità. Il castello, inizialmente chiamato “di Santa Maria”, rappresentò il fulcro intorno al quale si sviluppò il più antico abitato di Castelnuovo.

Durante il XIII secolo, il Vescovado di Luni passò nelle mani di Enrico da Fucecchio, l’ultimo che realmente tentò in ogni modo di restaurare il potere comitale lunense.

Questo personaggio decise la costruzione di un secondo palazzo vescovile in Castelnuovo: il “palacium con la turrim magnam” e l’acquisto di un numero impressionante di possedimenti. In seguito alla stipulazione della pace di Castelnuovo, sancita proprio all’interno delle mura del nuovo palazzo vescovile, fu sancita la fine del conflitto tra vescovi e Malaspina, ma di fatto venne stabilita anche la fine della supremazia del vescovo in Lunigiana.

La Pace di Castelnuovo rappresenta un documento di grande rilievo per la storia

Comune di Castelnuovo Magra: via Veneto, 1 - Castelnuovo Magra (SP)Telefono: 0187 69 38 01Fax: 0187 67 01 02E-mail: [email protected]: www.comune.castelnuovomagra.sp.it

CASTELLO DEI VESCOVI DI LUNI DI CASTELNUOVO MAGRA

Castello dei Vescovi di Luni

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di questo territorio, ma ancora di più per il nostro borgo di Castelnuovo Magra, che, grazie a questo episodio poté fregiarsi dell’onore di aver dato ospitalità a Dante Alighieri, firmatario del documento per conto del Marchese Franceschino Malaspina, insieme al Vescovo Antonio da Camilla, nel 1306.

Il compito di Dante non era semplicemente nominale: oltre a siglare il trattato al posto del marchese egli aveva il potere di stabilire le condizioni di tale pace, elemento che aiuta a comprendere quale fosse il grado di stima che i Malaspina nutrivano nei suoi confronti.

In seguito alla pace di Castelnuovo, a partire dal XIV secolo, il borgo fu sempre più coinvolto nelle vicende sarzanesi, seguendone le sorti.

Nel 1316, come Sarzana e la maggior parte dei borghi del territorio, Castelnuovo passò sotto il potere di Castruccio Castracani Signore di Lucca, nominato Visconte, dall’Imperatore stesso. Alla sua morte la situazione mutò improvvisamente. Gran parte di questo territorio passò ai pisani,

come si evince anche dal fatto che fu un pisano a trattare nel XV secolo la resa del comprensorio sarzanese con il governatore della Repubblica di Genova.

Il periodo in cui Castelnuovo fu in mano genovese vide fortificare la cinta muraria, mentre sotto il dominio fiorentino il castello divenne struttura difensiva, e non più residenzale. Ritornato ormai a fine XV secolo in mano genovese, il borgo rimase tra i possedimenti della Repubblica andando a confluire nel territorio sarzanese di cui seguì le vicende fino alla conquista napoleonica e al successivo inglobamento nel Regno di Sardegna, avvenuto nel 1815.

Castello dei Vescovi di Luni

La torre

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Posto a 200 metri d’altezza sul colle della Nuda, in provincia di La Spezia, il castello è conosciuto come Castrum Brine, il cui nome, di volta in volta, ha dato origine a diverse interpretazioni.

Inizialmente considerato insediamento fortificato sovrastato da un castello, diviene poi Villa Brine, quando il castello si trasforma in residenza, infine viene chiamato semplicemente San Biagio,

quando anche il borgo decade e rimane solo un luogo di culto.

Nato con un’importante funzione legata alla sua posizione strategica, nelle vicinanze della Via Francigena, il territorio su cui sorge il castello restituisce materiali di età romana.

Non è ancora chiaro quale fosse l’entità della frequentazione romana della zona, sicuramente più chiara risulta essere invece la natura dell’insediamento in età tardo-antica/medievale, periodo in cui aveva la funzione di controllo nei confronti della vallata fino alla foce del Magra e addirittura fino al porto di Luni, per volere dei Vescovi di Luni, signori di quasi tutti i castelli della zona.

L’elemento più caratteristico della visita è rappresentato dai resti di una torre circolare abbattuta su un fianco, di 4 metri di diametro, costruita con il materiale locale. Testimonianza dell’insediamento fortificato che si sviluppò a partire dall’XI secolo.

Più numerose sono le tracce del borgo alto-medievale (IX secolo), composto da un insieme di capanne di diversa forma, edificate con il materiale deperibile che era facile da trovare sul territorio.

CASTELLO DELLA BRINAComune di Sarzana: piazza Matteotti, 1 - Sarzana (SP)Telefono: 0187 61 41Fax: 0187 61 42 52E-mail: [email protected]: www.comunesarzana.gov.it

Resti di una torre circolare

Castello

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Più complicato è capire che forma dovesse avere la fortificazione, probabilmente quadrangolare tra XI e XII secolo, ma ampliata nel XIII. Dell’antico edificio si intravedono soltanto degli stralci di muratura inglobati nelle successive murature.

A metà del XIII secolo il castrum fu totalmente rinnovato, utilizzando in parte i materiali della struttura precedente, che era stata rasata al suolo, in parte usando calcare e arenaria, materiali di cui la zona è ben fornita.

Il cassero, nome con cui si identifica la struttura principale della fortificazione, fu diviso in due vani.

La cinta muraria si diramava come naturale prolungamento di una delle murature, quella meridionale per la precisione, del vano principale del cassero.

A questa fase costruttiva fa riferimento il torrione che misura 20 metri di altezza per 5 di diametro.

La distruzione del castello, datata con sufficiente sicurezza al XIV secolo, fu causata da una metodica operazione di abbattimento, come testimoniano i tratti superstiti delle strutture, che riportano i segni di un abbattimento a colpi di picca.

Per la torre invece si ricorse alla “tecnica a mina”, sottraendo con puntelli di legno un filare di pietre a 70-80 cm dalla fondazione dell’edificio, al quale poi si diede fuoco causandone la distruzione.

Torre circolare

Le mura

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Giungerete a Godano, frazione in altura del comune di Sesta Godano, attirati dal castello posto sulla sua sommità. Il borgo fortificato è rimasto intatto nella sua struttura circolare e nella distribuzione interna delle case e dei vicoli che si snodano tra queste.

Del castello, invece, non sono sopravvissute che poche rovine della torre centrale a sezione ottagonale. La fondazione delle due frazioni Sesta e Godano seguono due iter differenti, le loro radici, infatti, non affondano nel medesimo contesto storico. Sulle origini del toponimo Sesta si propongono diverse interpretazioni.

Esso potrebbe derivare dal latino “sextum”: se si intende il sesto miglio che indica la posizione dell’antica pieve di S. Maria Assunta e S. Marco, quasi all’incrocio di Liguria, Emilia e Toscana e che fungeva come luogo di sosta per mercanti e viandanti.

Le altre opzioni, invece, vedono come possibilità l’origine dal termine in riferimento a: “luogo adibito all’alpeggio esposto alla sesta ora”, ossia a mezzogiorno; infine la terza opzione risiede nel termine “sesta”, ovvero la centina dell’arco del percorso solare. Per quanto riguarda Godano, insieme alla vicina Offiano, l’origine dei nomi è gotica.

Nel secolo XI Sesta appare in alcune concessioni imperiali come territorio in cui venivano riscossi i pedaggi sulle merci e sui viandanti, da parte dei monaci dell’abbazia longobarda di San Salvatore di Leno, che esercitava gli stessi diritti su Pontremoli.

L’area di Godano, e il territorio circostante, faceva parte della tenuta fondiaria dell’abbazia di Brugnato, come era accaduto a tutte le chiese della pieve in seguito alla costituzione della Diocesi di Brugnato nel 1133.

Comune di Sesta Godano: piazza Marconi 1 - 19020 Sesta Godano (SP)Telefono: 0187 89 15 25Fax: 0187 87 09 21E-mail: [email protected]: www.comune.sestagodano.sp.it

CASTELLO DI SESTA GODANO

Le rovine del castello

Rovine

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ODal punto di vista politico, la zona fu prevalentemente segnata dalle azioni compiute dagli Estensi e dai Malaspina.

I primi si affermarono nella zona, a partire dall’XI secolo, come signori di Pontremoli e pertanto delle strade che da lì portavano alla riviera, occupando anche Godano e Chiusola. I secondi, dal XII secolo, non ebbero altro obiettivo che imporre la propria supremazia in tutta la Lunigiana.

Nel 1229, Godano è di dominio pontremolese, ma i Malaspina tentano di riappropriarsene. A sua volta Pontremoli faceva parte dei territori cui aspiravano i Fieschi. Sappiamo che in quel tempo il castello di Godano fu trasformato da Alberto Fieschi in uno dei centri d’operazione contro i genovesi.

Non si fa attendere la risposta della Repubblica; nel 1273 Andrea Doria, capitano del popolo, mandò balestrieri e fanti a espugnare il castello di Godano, impresa che si rivelò piuttosto semplice.

Solo dieci anni dopo Godano è nuovamente nell’orbita pontremolese

che affida il castello a un capitano e sei serventi. Che possedere questo castello fosse importante per Pontremoli, come postazione di controllo della Val di Vara, è evidente dalle regole che il Comune impose a coloro che lo custodivano.

Era infatti stabilito che chiunque avesse perso o consegnato il castello, sarebbe stato punito con la pena di morte e che i suoi eredi ne avrebbero pagato le conseguenze in perpetuo. Nel XIV secolo il borgo e il suo castello passano sotto Lucca, e da Lucca ai Malaspina che per tutto il secolo, e quello successivo, se ne contenderanno il possesso con la Repubblica di Genova e con i Fieschi.

Per tutto il ‘400 la popolazione di Godano vive anni difficili a causa delle lotte fra le casate che si contendevano il borgo.

Finalmente, il 3 settembre del 1526, Godano fece atto di sottomissione a Genova, alla quale rimase sempre affiancata e ne seguì la sorte.

Le rovine della torre

Le mura della torre

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Vernazza è una cittadina di antichissime origini. A ridosso dell’anno 1000 la Liguria subisce un mutamento radicale dal punto di vista dell’organizzazione geografica, politica e militare.

È il periodo in cui vengono istituite le marche, circoscrizioni territoriali che facevano capo a un marchese. La marca cui fa capo Vernazza, come il levante ligure, parte della Lombardia e dell’Emilia si chiama Obertenga dal nome di Oberto I, marchese di Milano e conte di Luni.

In quel tempo gestire un territorio come il Levante ligure non è cosa di poco conto. Si è soggetti a continui tentativi di invasione perché la costa è aperta alle incursioni piratesche. Nell’entroterra vanno moltiplicandosi le fondazioni religiose che chiedono protezione al marchese e una delle prime precauzioni che gli obertenghi decidono di prendere è munire la costa di torri di avvistamento per controllare

i movimenti sul mare e avere il tempo di organizzare la difesa.

In questo contesto storico viene edificato il Castello Doria che con i suoi 70 metri di altezza e la torre circolare che lo sovrasta, domina il costone roccioso a strapiombo sul mare. La struttura è costituita da un corpo centrale, irregolare nella misura in cui usa come base uno sperone roccioso, con una stretta torre circolare e diversi ambienti cui si accede dallo spiazzo alla base della torre. La sua posizione privilegiata lo renderà sempre appetibile.

Vernazza dal castello

Ammirare Vernazza dal castello Doria significa far gustare agli occhi un panorama mozzafiato. Da un lato la distesa azzurra del mare e dall’altro la bellezza di questo piccolo borgo stretto tra il monte e il mare. La vista del porticciolo e della piazza è impreziosita dalla chiesa di Santa Margherita di Antiochia, la cui costruzione risale al 1318. L’edificio, difficilmente immaginabile nella sua forma originaria viste le diverse fasi edilizie, attesta la bravura delle maestranze antelamiche, così radicate a Genova da estendere l’influenza in riviera e porre le basi della tradizione romanica genovese.

Nel XIII secolo Vernazza ha superato l’apice del proprio impeto vitale e si sta consegnando alla Repubblica di Genova

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Comune di Vernazza: via San Francesco, 56 - Vernazza (SP)Telefono: 0187 82 12 47E-mail: [email protected]: www.comune.vernazza.sp.it

CASTELLO DI VERNAZZA

Vernazza e il castello

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sia dal punto di vista politico sia culturale. La nascita della parrocchiale di Vernazza ne conferma l’influenza stilistica che si sviluppa parallelamente alle vicende del borgo.

La struttura non è estranea alle stravaganze, infatti come a Corniglia l’ingresso della chiesa non si apre sulla piazza. Questa scelta risponde a due precise esigenze: tra il XII e il XIII secolo la parte nuova del borgo ha come nucleo il fronte opposto rispetto al castrum.

In secondo luogo, l’ingresso della chiesa corrisponde al termine della strada che conduceva ai santuari di Nostra Signora di Reggio e a Soviore e che fungeva da punto di accoglienza per i pellegrini che transitavano lungo la via.

Un borgo in prima linea

Dalla sommità della torre d’avvistamento del castello è facile comprendere come questo angolo di paradiso rappresentasse un’opportunità per i commerci e gli scali marittimi.

Questa caratteristica della costa ligure la rende facile preda degli invasori e nel merito uno dei pericoli fu quello dei pirati.

Si tratta di un gruppo di predoni, forse musulmani provenienti dall’Andalusia o banditi baschi stanziati a Frassineto, località del sud della Francia.Nel 973 Guglielmo I di Provenza li debella, ma in epoca moderna il problema si ripropone e questa volta sono saraceni che, forti della conquista

di Costantinopoli e delle coste dell’Africa settentrionale, vedevano nel Mediterraneo la naturale prosecuzione di una fortunata fase di conquista.

Il più famoso era il pirata Dragut, comandante ottomano tra i più bellicosi. Era talmente pericoloso che Carlo V si diceva ossessionato dall’idea che il Doria lo catturasse.

Questo avvenne nel 1540, a seguito della sconfitta inferta dalla flotta dei Doria. Fu liberato in cambio della concessione dell’isola di Tabarca, ma tornato in Turchia non si diede per vinto e nel giro di pochi anni attaccò Laigueglia e Rapallo, depredandole e devastandole.

Torre circolare

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In Lunigiana, terra di confine e passaggio tra la Riviera, la Toscana e i passi appenninici, sono sorti nei secoli numerosi castelli.

Dei castelli di Sesta Godano e Riccò del Golfo, la torre di Framura e i castelli di Vernazza, Vezzano e Castelnuovo Magra è interessante notare le somiglianze nelle strutture e individuarne la funzione in base a dove sono situati.

La storia di una fortezza, di un castrum o in generale dell’assetto difensivo di una città, testimonia parte della sua storia . Quella di Sarzana, più di ogni altro paese o cittadina della Liguria, è segnata inesorabilmente dall’intervento fiorentino che pur avendone il dominio per pochi anni la modificherà inesorabilmente, donandole l’aspetto del comune rinascimentale che ravvisiamo in molte altre città toscane.

Le vicende vissute dalla Cittadella, sorta al posto o nelle vicinanze della più antica

fortezza di Firmafede, ricalcano le stesse vicende della sua vicina Sarzanello, sede del primitivo insediamento medievale di Sarzana.

Anzi possiamo affermare che quando la Signoria di Firenze ottenne la città in seguito alla guerra contro i genovesi nel XV secolo, avvenne il passaggio del testimone tra le due fortezze, dal momento che la Cittadella, inglobata all’interno del circuito murario, risultava più idonea alla difesa della città che era andata via via espandendosi nel corso del tempo.

La Cittadella e Sarzanello: è quasi impossibile parlare di una fortezza senza citare l’altra, talmente esse son legate per come sono state costruite, per la volontà di coloro che ne hanno commissionato la costruzione e per la missione insita nei loro apparati difensivi che tentano di muoversi nella direzione dell’avanguardia nel campo dell’arte militare.

Una fortezza rinascimentale

La costruzione della fortezza avviene nel XV secolo, in un periodo che vede l’urbanistica di Sarzana modificarsi nelle forme che ancora adesso sono ravvisabili nelle strade del centro storico, chiuse nel pentagono delle mura decise dai Medici all’alba della vittoria contro i genovesi nella guerra chiamata di “Serezzana” (1487).

Comune di Sarzana: piazza Matteotti, 1 - Sarzana (SP)Telefono: 0187 61 41Fax: 0187 61 42 52E-mail: [email protected]: www.comunesarzana.gov.it

FORTEZZA FIRMAFEDE

Fortezza Firmafede

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La struttura della fortezza appare ai nostri occhi come un rettangolo il cui perimetro è segnato da sei torrioni angolari, di cui quattro agli angoli e due nei lati lunghi.

A vederla così pare sia stata concepita con queste fattezze; in realtà potendo ammirare una foto aerea della Cittadella, risulterà più chiaro come essa sia il risultato di più fasi costruttive, delle quali la prima è da ascrivere alla versione della fortezza voluta da Lorenzo De Medici nel 1488. I migliori ingegneri e architetti militari del tempo vennero chiamati a sostituire Firmafede, cioè la precedente fortificazione costruita dai pisani nel XIII secolo, che era andata distrutta durante la sanguinosa guerra tra Firenze e Genova per il dominio della Lunigiana e del suo territorio.

Dal lato occidentale della cinta muraria, passando attraverso uno stretto viadotto sovrastante il fossato che circonda la

fortezza, si accede al cortile interno sul quale si apre la zona fortificata vera e propria, dominata dalla mole del maschio, la torre circolare che fungeva da abitazione del castellano in caso di assedio.

Un ampliamento della Cittadella è invece da ascrivere al periodo in cui Sarzana fu consegnata a Carlo VIII, il dinasta francese che con la sua discesa in Italia causò otto conflitti per il dominio sulla penisola cui solo la pace di Cateau Cambresis riuscì a porre fine nel 1559.

Come nel caso di Sarzanello, furono il Banco di San Giorgio prima e la Repubblica di Genova poi, a potenziare ulteriormente la struttura originaria. Dal XIX secolo fino a pochi anni fa fu adibita a carcere, fino alla decisione del Comune di Sarzana di ristrutturarne l’eccezionale numero e ampiezza dei locali interni per farne l’attuale Museo dei Castelli della Lunigiana.

Fortezza - torrione

Fortezza

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La prima notizia certa sull’esistenza della Fortezza di Sarzanello risale a pochi decenni prima dell’anno mille. All’epoca, da lì passava la via Romea che conduceva i pellegrini alle tre principali mete di pellegrinaggio: Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela.

La posizione era strategica e non poteva rimanere sprovvista di un presidio, di un caposaldo dei potentati del tempo.

Nel 963 d.C. l’imperatore Ottone I riconosce ad Adalberto Vescovo di Luni il possesso del castrum Sarzanae, un insediamento fortificato situato nel luogo dove oggi si trova la fortezza di Sarzanello, intorno al quale si sviluppò un borgo di cui sono rimaste poche abitazioni.

Parallelamente al castrum andava sviluppandosi il vicino insediamento di Sarzana, il “burgo Sarzania”.

Il XII secolo rappresentò per Sarzana e per il suo castello il secolo del cambiamento politico.

Nel giro di una ventina d’anni il borgo, diventato nel frattempo il centro più popoloso della Val di Magra, passò dall’orbita di Federico I il Barbarossa a quella del Vescovo, inizialmente in modo forzato, ma quando sulla riviera ligure si affacciò la casata dei Malaspina, bramosa di ottenere la supremazia in Lunigiana, ai nuovi conquistatori fu preferita l’autorità vescovile.

Castruccio Castracani

La fortezza, cui faceva capo un insediamento fortificato in posizione dominante rispetto alla pianura del Magra, zona di transito e di importanti traffici commerciali, fu edificata dai Medici e terminata da Genova. Potrebbe stonare la tradizione che vuole farci conoscere questa fortezza come la “fortezza di Castruccio”.

Chi era Castruccio Castracani? Un lucchese che visse a cavallo tra XIII e XIV secolo. Proveniva da una famiglia di ricchi mercanti che fu esiliata a causa dei dissidi tra guelfi e ghibellini. Visse in Inghilterra, si diede alle armi e seguì diverse campagne militari in cui palesò il proprio sostegno all’imperatore Arrigo VII. Al suo ritorno in Italia grazie al suo ottimo rapporto con il potere imperiale, divenne Signore di Lucca

Via alla Fortezza - 19038 Sarzana (SP)Telefono: 0187 62 20 80Fax: 0187 15 00 158E-mail: [email protected]: www.fortezzadisarzanello.com

FORTEZZA DI SARZANELLO

La Fortezza

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e Visconte del Vescovo di Luni e poté presentarsi nel borgo di Sarzana come vicario, difensore e protettore del comune, sottraendolo alle tensioni create dalle mire che su di essi avevano sia dai Malaspina sia da Pisa.

E’ così che il Castracani potè riunire l’attuale Toscana in unico stato, conquista che non fu ostacolata da alcuni centri che vi si affidarono spontaneamente, mentre altri furono sottratti a Spinetta Malaspina, possedimenti per i quali fu legittimato 1320 dall’imperatore Federico III.

I suoi rapporti con la cittadinanza di Sarzana furono positivi, sappiamo che risiedette nel palazzo episcopale di Sarzanello in quanto visconte del vescovo e dimostrò la propria riconoscenza per esser stato accettato di buon grado come proprio signore, concedendo prestiti e privilegi.

Verso l’età moderna

Recarsi in visita alla fortezza di Sarzanello permette di studiare da vicino una struttura difensiva complessa, composta da diversi

elementi difensivi tipici della tradizione militare medievale e accorgimenti più moderni, adatti a resistere alle armi da fuoco, il cui utilizzo è da datare al XV secolo.

La costruzione della fortezza è graduale; al tempo della sua fondazione a opera del Vescovo di Luni era solo un cassaro fortificato con torre medievale, granaio, palazzo con loggiato e alcune case dentro la cinta muraria. Il cambiamento avvenne nel XV secolo, a causa dell’avvento delle armi da fuoco che rendono le mura e le merlature molto fragili. Con la vittoria nella guerra di Sarzana, resa dei conti delle aspirazioni fiorentine e genovesi, fu Lorenzo De Medici a occuparla e a farne evolvere l’apparato difensivo. I lavori iniziarono nel 1493, quando erano terminati quelli della Cittadella.

Nel 1494, quando il castello fu consegnato a Carlo VIII, aveva già iniziato ad assumere la forma attuale, costituita da un grande triangolo di 60 m di lato dotato di torrioni circolari angolari a cui mancavano ancora la torre principale e il coronamento delle cortine murarie.

La torre

Ingresso della Fortezza

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LIGURIA HERITAGEAUDIOGUIDE

Le dimensioni di Riccò del Golfo sono rimaste inalterate a partire dall’annessione alla Repubblica di Genova fino ai giorni nostri e comprendono il territorio dell’alta Valle Graveglia e il bacino orografico del torrente Riccò.

In questo territorio il paesaggio è rurale, dedito alla coltura della vigna, dell’ulivo e di altri tipi di coltivazione. Nel corso degli anni l’emigrazione per nuove opportunità di impiego ha accresciuto lo stato di abbandono del territorio. Tuttavia chi è rimasto ha mantenute vive le tecniche e le antiche tradizioni sia in campo agricolo, sia nell’ambito della piccola attività imprenditoriale.

Le vicende storiche che hanno caratterizzato questo areale in posizione strategica a ridosso del golfo spezzino portano a citare Ponzò e Carpena, siti interessati da insediamenti fortificati.

Ponzò è ancora oggi un piccolo centro fortificato sviluppato intorno al suo castello e alla cerchia delle abitazioni, tutte a pianta centrale. Sostenute da arcate portanti, le loro mura perimetrali erano costruite per creare l’effetto di un’unica muratura, separata solo dai vicoli che vi permettevano l’accesso. Questo insediamento fu prima sotto il dominio degli Estensi, poi dei Malaspina, sempre oggetto delle contese dei signori locali che intendevano aumentare il proprio potere in questa zona ritenuta strategica.

Il castello di Carpena

Il secondo borgo della vallata è Carpena il cui castello, o meglio i suoi resti, sono interessati dall’intervento nell’area perimetrale del castello per rendere agevole la visita per i turisti. Il borgo di Carpena è nominato a partire dal XII secolo, quando svolge la funzione di capitale di un consorzio che univa le diverse famiglie del territorio.

Nel XIII secolo Carpena e Vezzano, giurano fedeltà alla Repubblica di Genova che li eleva a podesteria con giurisdizione anche sulla vicina Spezia.

A metà del secolo il borgo è gestito da due co-domini, i quali, in disaccordo sulla politica da seguire si alleano uno, Gilberto di Viano, con Pisa e l’altro il co-domino Della Turca rimane fedele a Genova. Lo scontro è

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Comune di Riccò del Golfo: Via Aurelia, 150 - Riccò del Golfo di Spezia (SP)Telefono: 0187 92 51 06Fax: 0187 92 61 14E-mail: [email protected]: www.comune.riccodelgolfo.sp.it

SITO ARCHEOLOGICO DI CARPENA

Carpena

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inevitabile, almeno quanto lo è l’intervento di Genova chiamata a ristabilire la pace.

È il primo di numerosi contrasti che vede il coinvolgimento di Carpena durante il medioevo. Si susseguono avvenimenti che vedono alcuni signori di Carpena vendere i diritti del borgo e del castello a Ottobono Fieschi, colui che poco tempo dopo salirà al soglio papale con il nome di Papa Adriano V. A seguito del passaggio a Oberto Doria nel 1237, con la costituzione della podesteria di Spezia a opera di Simon Boccanegra nel 1343, hanno inizio i contrasti per la supremazia sul territorio cui si pone fine con l’unificazione delle due podesterie da parte del doge Domenico Fregoso,

Fino al XIV secolo Carpena riesce a gestire il territorio e il suo castello risulta essere ancora in perfetto stato, sopravvissuto a secoli di continui scontri.

Nel XV secolo la situazione cambia per un evento che modificherà per sempre la fisionomia del borgo. Nel 1411, approfittando del conflitto contro Firenze che teneva occupate su un unico

fronte Genova e Spezia, Carpena e i suoi abitanti decidono di ribellarsi e tentano di ripristinare la propria originaria supremazia, stanchi della disuguaglianza con cui Genova elargiva concessioni ad altri suoi possedimenti.

Spezia non esita a chiamare in proprio soccorso Genova, nella persona di Antonio Doria, il quale prende d’assalto il castello, fa uccidere i cinquecento coraggiosi difensori e ne fa impiccare ventidue agli alberi delle galee genovesi ancorate nel Golfo, come monito a non ripetere un tale gesto di ribellione.

Visitare il sito dà l’idea di quanto possa essere successo durante questo violentissimo episodio; il castello è totalmente raso al suolo, ciò che si presenta ai nostri occhi sono gli stralci dei muri perimetrali.

La posizione della Chiesa di San Nicolò, adiacente l’area del castello, ci offre l’indicazione sul luogo dove probabilmente sorgeva la chiesa castrense.

Le rovine del castello

Le mura

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Il borgo di Vezzano affonda le proprie radici in epoche antichissime. Grazie alla posizione geografica sovrastante la confluenza dei due principali fiumi della Lunigiana, il Vara e la Magra, è plausibile supporre l’esistenza di un presidio della zona già in epoca preistorica.

L’origine del nome Vezzano ne palesa le fasi abitative di età romana. Pare che derivi da Vectius, nome proprio di un nobile cittadino romano di famiglia Sabina che avrebbe avuto possedimenti in questo territorio. Ma potrebbe trattarsi anche dello stesso Vectius nominato da Cicerone nelle epistole ad Attico.

A fare da contraltare a queste notizie esiste l’ipotesi che l’abitato abbia origini liguri e prenda il nome dal termine Vect-iani, ossia vetta di Giano, e che la sua fondazione sia antecedente la conquista romana della Liguria e la costituzione della colonia di Luni. La notizia è in parte confermata da Tito Livio che nel narrare la guerra contro gli apuani descrive il circondario del fiume Magra come un territorio disseminato di castra e fortificazioni.

Vezzano nel Medioevo

Bisogna attendere il medioevo per avere le prime notizie certe di Vezzano: in un documento del 19 maggio 963, emanato da Ottone I imperatore del Sacro Romano Impero, Vezzano viene nominato insieme al suo castello, alle fortificazioni e alla corte come territorio del vescovo di Luni.

Nel secolo successivo il vescovo investì i Signori di Vezzano (Domini de Vethano) della proprietà del borgo. Essi nel secolo XI estesero il proprio potere su molte terre e castelli, sia nel golfo spezzino sia nelle valli del Vara e della Magra. Questi possedimenti constavano nei castelli di Vezzano, Carpena, Follo, Beverino, Polverana, Ripalta, Madrignano, insieme a terre della Val di Magra e del Golfo di Spezia, fra cui Portovenere, e rimasero nelle mani di questi Signori fino al XIII secolo.

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Comune di Vezzano Ligure: via Goito, 2 - Vezzano Ligure (SP)Telefono: 0187 99 31 03Fax: 0187 99 31 50E-mail: [email protected]: www.comune.vezzanoligure.sp.it

TORRE PENTAGONALE DI VEZZANO LIGURE

Il Borgo

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Con atto notarile il 4 giugno del 1202 il marchese Alberto Malaspina rinunciò a metà di quanto acquistato dagli estensi in tutto il podere che tenevano i nobili di Vezzano.

Ma l’ascesa dei signori di Vezzano era destinata a finire, schiacciata tra la pressione esercitata da Genova e la rivendicazione degli antichi diritti del Vescovo di Luni. All’inizio del XIII secolo furono costretti a rinunciare a molti diritti mentre il Vescovo, a sua volta, cedeva i suoi al genovese Nicolò Fieschi, nipote del Papa Innocenzo IV ed esponente di quella casata discendente dai Conti di Lavagna.

Poco tempo dopo, nel 1253, i Vezzano consegnarono tutto il loro patrimonio alla Repubblica di Genova, alla quale furono costretti ad annettersi nel 1276.

La torre pentagonale

Vezzano, come altri siti liguri, non è un borgo compatto ma diviso nella sua frazione in posizione dominante, Vezzano Superiore, e nella parte più a valle, Vezzano Inferiore. In quest’ultima fu edificato il secondo castello del borgo, nominato a partire dal X secolo e oggi conosciuto con il nome di Palazzo Giustiniani.

Collegata al castello da un ponte di legno di sette metri d’altezza è la torre pentagonale, edificata nel XII secolo con funzione di difesa e avvistamento. Ammirabile nella sua peculiare forma a base pentagonale come quelle di Arcola e Lerici, la torre ha il vertice rivolto verso la zona di controllo.

Stupirà l’altezza della porta d’ingresso alla quale si accedeva con una scala a pioli da ritrarre in caso di attacco. Al suo interno lo spazio era diviso in più piani e scandito dalla presenza di diverse feritoie.

Nell’antico borgo si possono ammirare parti della cinta medievale e una torre cilindrica. Durante l’età rinascimentale il borgo conobbe un ampliamento dell’abitato dovuto all’aumento del prestigio e del benessere economico della popolazione.

Ma la ricchezza di Vezzano ebbe la definitiva battuta d’arresto nel XVI secolo, quando si scontrò con gli interessi genovesi che per praticare il commercio preferirono vie più agevoli da percorrere rispetto ai percorsi montani che lo attraversavano.

La torre

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Quando si parla di Framura non si fa riferimento a un unico borgo, bensì all’unione delle sue cinque frazioni. Spiccano il panorama verdeggiante delle foreste di pini di Castagnola, la terrazza sul mare che si apre da Costa, l’antica torre genovese del secolo XV e ancora la più vivace Setta, zona del passeggio di Framura.

Qui non arriva la strada principale; si abbandona in altura l’uscita autostradale per conquistare gradualmente la vista di Framura. Le torri che fanno capolino nel paesaggio inducono le nostre menti a viaggiare nel tempo, all’epoca medievale o all’età moderna, e non sono le uniche tracce storiche presenti sul territorio.

Sopravvive nella tradizione popolare la testimonianza dei primi abitanti della zona, i liguri, i quali abitavano un castellaro, termine che in Liguria indica i villaggi occupati ai tempi delle guerre d’indipendenza contro i romani iniziate nel 237 a.C.

Tali insediamenti, presenti non solo a Framura, ma anche nei vicini siti di Camogli, Pignone e Zignago, erano importanti nuclei basati sull’attività rurale e pastorale.

Framura, tra Carlo Magno e Bobbio

A Framura è difficile scorgere il collegamento tra le tracce degli insediamenti antichi e la pieve di San Martino a Costa, posta in stretto rapporto con la torre carolingia. Questa località fu interessata dalla romanizzazione, testimoniata in età tardo imperiale dalla presenza di una villa rustica, anche se è probabile che anche la pieve sia nata come naturale evoluzione di un nucleo rurale situato nella valle del torrente Deiva.

La tradizione vuole che l’origine della Pieve sia monastica, più precisamente ad opera del Monastero di San Colombano a Bobbio, che tra i secoli X e XI annoverava svariati possedimenti nella zona. Citata per la prima volta nel 1128 al tempo, sul finire del XII secolo San Martino fa capo alla Diocesi genovese, la cui giurisdizione ricopriva l’areale tra Deiva a Carrodano e Carro, includendo anche le podesterie di Framura.

La mole della torre, posta dinnanzi la facciata della chiesa, si pone in posizione di difficile interpretazione. È complicato capire quale fosse la sua funzione, se nata indipendentemente dalla chiesa

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Comune di Framura: loc. Setta 1 - 19014 Framura (SP)Telefono: 0187 81 00 20Fax: 0187 82 30 71E-mail: [email protected]: www.comune.framura.sp.it

TORRE DI GUARDIA DI FRAMURA

Framura

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con funzione difensiva e d’avvistamento, come la sua posizione in effetti potrebbe suggerire, o se nata come campanile della chiesa.

Il medioevo

Il XII secolo è fondamentale per capire il contesto storico in cui Framura si trova ad essere coinvolta. Dal 1162 l’imperatore

Federico Barbarossa concesse al Comune di Genova il controllo su tutta la costa ligure, da Monaco a Porto Venere. Questo predominio genovese sulla regione scatenò l’ira delle casate che rivaleggiavano

per il potere; Malaspina in primis, da sempre interessati al levante ligure, ma anche le famiglie locali come i Da Passano o i conti di Lavagna. Sullo sfondo la guerra tra Genova e Pisa che aveva creato panico per l’attacco a Vernazza, Portovenere e l’incendio del borgo di Levanto.

Le tensioni causate da questo conflitto, che vedeva Genova impiegare tutti i mezzi economici e le risorse umane disponibili, favorirono gli interessi delle altre potenze feudali, come nel caso della controversia tra i conti di Lavagna e i Da Passano per il possesso dei castelli di Frascario e di Zerli, o strette in convenienti alleanze come quella tra Opizone Malaspina, i Da Passano e i Conti di Lavagna per sottrarre a Genova Sestri Levante e Chiavari.

Nel 1173 Genova decise di porre fine alla minaccia malaspiniana con un’azione militare in risposta all’assedio posto da Opizone Malaspina a Monleone, presso Cicagna. Colti all’improvviso da 1550 fanti e 365 cavalieri i Malaspina fuggirono lasciando i propri alleati, i Da Passano, a scontare il fio della ribellione.

Tra XII e XIII secolo i Da Passano furono costretti a cedere tutti i possedimenti al comune di Genova in cambio di esenzioni fiscali estese anche ai territori di loro giurisdizione, tra cui Framura.La torre

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Un progetto europeo di comunicazione integrata e multicanalità

Il progetto Liguria Heritage, dedicato alla valorizzazione di 97 beni culturali recuperati grazie ai fondi dell’Asse 4 del POR FESR 2007-2013, è un prodotto editoriale tecnologicamente avanzato e all’avanguardia affidato a Liguria Digitale Scpa (Ex Datasiel).

Nasce dall’esigenza di invogliare alla fruizione delle ricchezze della Liguria che, una volta recuperate, hanno bisogno di uno strumento duttile che le valorizzi.

La Regione punta sui beni culturali come volano per lo sviluppo dell’economia e del turismo, perché è solo con la presenza dei visitatori che si colgono gli obiettivi di crescita e si crea economia.

Lo strumento ideale è stato individuato in un progetto di comunicazione integrata da sviluppare su più canali.

Al sito internet bilingue, che raccoglie le schede di presentazione dei beni recuperati, si affiancano oltre trenta audioguide in italiano e in inglese previste per i principali castelli della Liguria, due app bilingue per sistemi android e IOS, un blog, che ha valore di rivista scientifica, nel quale gli specialisti del settore potranno condividere le loro conoscenze, la pubblicazione di guide cartacee e multilingue e la realizzazione della realtà aumentata per 4 siti, con avatar tridimensionali di personaggi storici a condurre i visitatori attraverso suggestive ricostruzioni.

Particolare attenzione è rivolta al mondo dei social network. Grazie a Facebook, Twitter, Youtube e Pinterest si è costruita una rete di comunicazione efficace con gli “addetti ai lavori” - i sistemi regionali e locali di promozione turistica, i Comuni e le persone che si adoperano in vari modi per la promozione del territorio - e con cittadini e turisti, una rete che ci permette di unire con profitto sinergie, progetti ed eventi promozionali.

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Credits

Realizzazione: Liguria Digitale Scpa

Coordinamento: Carlo Brozzo, Marco Gozzi, Antonio Petruzzella, Lorenzo Rizzo

Testi: Serena Montaldo, Alessandro Rossi, Valentina Vettori Hanno collaborato: Annalisa Acquaro, Alessio Cardullo Giacomo Revelli

Progetto grafico eimpaginazione: Simona Franci

Fotografie: Carlo Brozzo, Imma Ciaravolo, Marco Gozzi

Stampa: Giuseppe Lang - Arti Grafiche Via Romairone 66 (Ge)

piazza De Ferrari 1 - Genovatel. +39 010 5485 1fax +39 010 5488 742PEC: [email protected]

piazza De Ferrari 1 - 16121 Genovatel. +39 010 840 33 03fax +39 010 542 335sede legale: via Peschiera 16 - Genovatel. +39 010 840 31fax +39 010 814 919E-mail: [email protected]: [email protected]

via XX settembre 42 - Genovatel. +39 010 6545 1fax +39 010 6545 422e-mail: [email protected]

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GENOVA: Luoghi e castelli fliscani (Cogorno), Castello Fieschi Doria Malaspina (Santo Stefano D’Aveto), Castello di Roccatagliata (Neirone), Castello di Torriglia, Castello di Montoggio, Castello dei Fieschi Senarega (Valbrevenna), Palazzo Spinola (Isola del Cantone), Castello della Pietra (Vobbia), Castello dei Fieschi (Savignone).

IMPERIA: Percorso fortificazioni antibarbaresche (Taggia), Castello di Dolceacqua

RETE FEUDALE

Per i beni contrassegnati da questo simbolo sono disponibili le audioguide, scaricabili dal sito o fruibili mediante l’applicazione Liguria Heritage Audioguide, disponibile gratuitamente per smartphone e tablet sugli Store.

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CastelloDolceacqua

BorgoTaggia

CastelloGarlenda

CastelloZuccarello

CastelloBardineto

CastelloCalizzano

CastelloCosseria

CastelloCairo Montenotte

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BorgoVillanova d’Albenga

BorgoCisano sul Neva

CastelloNoli

CastelloSavignone

CastelloIsola del Cantone

Parco Archeologico San LorenzinoOrco Feglino

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LA SPEZIA: Castello dei Vescovi di Luni (Castelnuovo Magra), Fortezza Firmafede (Sarzana), Castello di Vernazza, Apparato fortificatorio altomedievale cittadella vescovile (Brugnato), Apparato fortificatorio lungo un tratto della via Francigena (Santo Stefano di Magra), Castello della Brina (Sarzana), Castello di Sesta Godano, Fortezza di Sarzanello (Sarzana), Sito archeologico di Carpena (Riccò del Golfo), Torre Pentagonale di Vezzano Ligure, Torre di Guardia di Framura

SAVONA: T orre civica e spazi pubblici (Cisano sul Neva), Mura del centro storico (Villanova d’Albenga), Castello di Bardineto, Castello di Cairo Montenotte, Castello di Calizzano, Castello di Cosseria, Castello di Dego, Castello di Garlenda, Castello di Noli, Castello di Zuccarello, Parco archeologico di Orco Feglino

Per i beni contrassegnati da questo simbolo è disponibile l’applicazione di realtà aumentata Liguria Heritage AR, scaricabile gratuitamente per smartphone e tablet dagli Store.

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CastelloMontoggio

Castello della PietraVobbia

CastelloSenarega

CastelloTorriglia

CastelloSanto Stefano d’Aveto

CastelloSavignone

CastelloIsola del Cantone

CastelloNeirone

BorgoCogorno

Torre di GuardiaFramura

CastelloVernazza)

Sito Archeologico CarpenaRiccò del Golfo

CastelloSesta Godano

BorgoBrugnato

Castello BrinaSarzana

Torre Vezzano Ligure

BorgoSanto Stefano Magra

Parco Archeologico San LorenzinoOrco Feglino

Fortezza Firmafede Sarzana

FortezzaSarzanello

Castello CastelnuovoMagra

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