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"LA MAGIA DI VENEZIA" Rassegna D'Arte Contemporanea

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www.monicamartinsfineart.com RASSEGNA D'ARTE CONTEMPORANEA - A CURA DI MONICA MARTINS FINE ART GALLERY

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“La Magia di Venezia“a cura di Monica Martins Fine Art Gallery

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Monica Martins è nata a Recife – Brasil. Laureata in lettere presso L’Università Federal de Pernambuco, specializzata in critico letterario e d’arte con tesi sulla intertestualità poetica nei poemi di Rainer Maria Rilke e le opere di Auguste Rodin.

Ha approfondito i suoi studi-scientifici sull’immaginario seguendo il pensiero del grande maestro Gaston Bachelard e di altri suoi discepoli. Come ricercatrice ha trovato più sin-tonia con i teorici Julia Kristeva e il suo sguardo sull’intertestualità, con Roland Barthes e l’analisi della semiotica, fra tanti altri maestri della filosofia e della psicanalisi.

Tutte le ricerche di Monica Martins sono state sempre fatte sul rapporto tra le opere d’arte, sia: scrittura, pittura,scultura e il mondo interdisciplinare- immaginario/intertestuale intrin-seco in ogni opera particolare.

In Brasile ha lavorato come insegnante di lingua portoghese e letteratura brasiliana e por-toghese e collaborato con il giornale dell’Università.

Ha vissuto in Brasile fino a ottobre del 2007 quando si è trasferita a Dublino per perfezio-nare la lingua inglese.

Nel 2008 si trasferisce in Italia, inizia a lavorare dando lezioni private di lingua Portoghese e come traduttrice dl Italiano-Portoghese. Nel 2009 collabora con la Rivista D’arte Con-temporanea “EIKON” scrivendo recensioni sulle opere degli artisti contemporanei italiani.

Nel 2010 oltre a scrivere le critiche, inizia la sua attività artistica in arte digitale, che segue tuttora.

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Opere / Works

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“ Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l’an-sia che dopo possa non giungere l’estate. L’estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e vive come se l’eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e vasto”

Rainer Maria Rilke

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Gianni Piva

Nasce a Treviso nel 1967 e da sempre manifesta una predisposizione per il colore e la pittu-ra. Durante la giovinezza segue la famiglia viaggiando in diversi paesi del mondo; al termine degli studi inizia ad inseguire i suoi sogni: viaggi, moda, arte, cinema, teatro.

Una lunga e intensa permanenza ai Caraibi, immerso in una natura primordiale di straor-dinaria bellezza, ha liberato in Gianni Piva l’innato talento d’artista che andava liberandosi arricchito di colori e luci sfavillanti.Nel pro gres sivo con sol i da mento di una iden tità pit tor ica sem pre più ori en tata verso am biti rap p re sen ta tivi di natura in for male, mem ore di al cune es pe rienze cre ative eu ropee pi ut tosto che nor damer i cane, aventi orig ine – con Jean Fautrier – in torno ai primi anni Quar anta dello scorso se c olo, Gi anni Piva rag giunge in questo par ti co lare frangente una di men sione com p-lessiva del suo la voro senz’altro ril e vante, ovunque carat ter iz zata da sin go lari ac cen tu azioni stilis tiche e ricer cati sos trati sim bol ici, nei quali, per al tro, al solito è dato di ri conoscere la con sueta dis po sizione dell’au tore verso le verità più nascoste e in time.

Un sim ile in d i rizzo di scavo es isten ziale risalta, ora, per mer ito di sug ges tive quanto sor pren-denti con nes sioni, che de ter mi nano l’ag giunta di taluni el e menti nar ra tivi in vero pe cu liari – va rietà di tes suti poveri as sorti al ruolo di soggetto espres sivo sig nifi cante – nel tradizionale or dito ma terico. Era stato, nat u ral mente, Burri, per primo, a guardare all’as petto evoca tivo di sup porti min i mali che potessero ac crescere l’in ton azione e la tem per atura della pit tura; Piva, da un altro ver sante, torna ad avver tire la ne ces sità di con tributi em blem atici dal punto di vista ot tico, sebbene vis ceral mente dis tanti dall’al gido mec ca ni cismo in sito in al cune ri no-mate es trof es sioni.

Quanto di più toc cante ap partenga alla sfera emozionale dell’uomo col lima, così, nella den-sità fisica del col ore rap preso (Lac er azioni, Lacrime d’amore, Vita), travol gente, d’altra par-te, come sangue an si mante nelle vene, fra le on du lazioni, i rilievi, gli spes sori dati da pezze di stoffa as sem blate come una cu riosa epi der mide, pelle, ul tima, di un gesto pit torico es-sen ziale – in con sid er azione della sua stessa sostanza – e allo stesso tempo ricco di in dizi trasfig u rati: fremiti, sus sulti, idilli (Teneri ab bracci) af fi dati alla memo ria del dip into e alla sen-si bilità di chi avrà agio, poi, di per cepirli.

Piva, di fatto, con tinua in domito a cer carsi den tro e a inda gare. La natura ri mane lo spec chio della sua anima nonché rifer i mento in esauri bile e im mutabile. Non stupisce, al lora, in questo de ci sivo ciclo di Piva, la pre senza di tre ec cel lenze che emer-gono, per qualità e im por tanza, con palese limpi dezza: Cro ci fis sione e le due vari anti di Sacra Sin done. Un pit tore, qualunque pit tore, che avesse por tato a com pi mento sim ili la vori, meriterebbe stima in con dizion ata. Piva, anche per questo, è degno del più ampio con senso, che vale, so prat tutto, per come egli abbia scelto di pros eguire su questa im per via ma certo fas ci nosa strada.

Giovanni Faccenda

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“Rinascita”cm 30x28xh74

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E.G.Solferino

... non conosco nessuno che veramente soffra per mancanza dʼArte, conosco moltagente che non ci pensa neppure e magari dellʼArte, pur essendo uno studioso dʼArte, fa oggetto di mercato.

LʼArte è un fatto di cultura, e certamente tutti hanno bisogno di cultura, la cui mancanza è perenne e incolmabile,nè poi si dice , parlando di codesto bisogno,se a provarlo siano gli artisti che producono o la gente che consuma lʼArte:nel primo caso quel bisogno sarebbe “ connaturato” a una piccola minoranza, nel secondo il discorso diventa puramente economi-co.

E che cosa può significare “ Connaturata allo spirito”? Ma se lo spirito è , da codesto punto di vista, universale ed eterno, non nasce, è. Dunque lʼArte non è connaturate con niente o semmai con le tecniche della produzione economica è nata e, come tutto ciò nasce. può morire. perfino Platone , che pure è uno dei padri dellʼidealismo estetico, non ha mai parlato dellʼeternità dellʼArte.

lʼArte era tecnica inventata dallʼuomo e lʼuomo può disfare quello che ha fatto.LʼArte è stata una componente essenziale di valori, che la cultura moderna ha messo in crisi.più precisamente , lʼArte era la tecnica mediante la quale si produceva un valore,che era parte essenziale di quel sistema di valori. Ora , vi sono due possibilità:o quel valore è caduto dal moderno sistema di valori o si produce mediante altre tecniche e, ovviamente , con altre connotazioni.

Lʼ esperienza prodotta dalle tecniche artistiche era lʼesperienza estetica: grossolanamente potremmo dire quella che si fa per mezzo dellʼimmagine. La civiltà moderna , deta dei con-sumi, fa un enorme uso di immagini servendosi di altre tecniche: la discussione legittima è circa il valore estetico di quelle immagini. Una cosa certamente si può dire che le opere prodotte da Solferino, descrivono una civiltà intrisa di immagini prodotte per il consumo culturale di massa e non possono essere prodotte da tecniche tradizionali artigianali. Infatti solferino propone temi di giornaliera fruizione ed ogni tela è una soluzione interpretativa lu-cida, perfettamente “ sostitutiva “ dellʼimmagine reale.

Rimane naturalmente in questo artista lʼipotesi dellʼArte come contestazione dellʼintero siste-ma :ma non nego “ a priori “ ma constato che neppure con la contestazione lo stesso Sol-ferino , torna al sistema tecnico accademico-artigianale a cui lʼArte era solidale, anzi cerca modi decisamente diversi, tanto è vero che spesso Solferino non la presenta come Arte ma come ANTI-arte.

Giulioo Carlo ARGAN Roma 1988

Tratto da : UnʼIdea sulla NON ARTEditori Riuniti - Da intervista di Mino Monicelli II Ediz: Rivista e stampata nel Maggio 1988

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“Non Solo Marionette” cm 120x120 olio su tela

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Giuseppe Borsoi

E’ là, guarda il gesto elegante, la parola taciuta, lo sguardo assorto, il profilo del monte al cre-puscolo, la neve splendente che modella il campo come un arabesco o un dolce delizioso. Guarda e tocca la nebbia lattiginosa del mattino, la campana di ferro battuto che trattiene il sole, la barca emersa dal lago che si crogiola alla luce del primo mattino alpagoto o l’attimo che coglie il brivido della bora di Lignano.

Guarda il linguaggio essenziale e poetico delle opere (è ingiusto e riduttivo chiamarle foto) di Giuseppe Borsoi. Immergiti in quella luce, accarezzane le immagini, respira l’aria rarefatta di un pomeriggio che si spegne. Ne trarrai piacevole arricchimento.

Borsoi compie, infatti, un’operazione culturale della quale le foto sono solamente uno stru-mento raffinato, un mero accidente per descrivere un mondo fatto di cieli lapislazzuli o di deliziose e multiformi vedute di paesaggi; altre volte il pretesto per dire dell’animo di uomini e donne o del profumo di una timida rosa di settembre; o, ancora, per parlare dei misteri delle ombre.

Guarda come cattura il raggio di sole che sorride al paesaggio, o il gioco sottile dei contrasti della natura che egli coglie come gustosi grappoli d’uva.Come un novello e moderno Caravaggio, Borsoi ama ricercare la luce e gli effetti creativi che essa produce dove si posa. Ecco, perciò, le cose e le figure che si stagliano illuminate da fasci di luce viva su fondi grigi come l’ardesia; ecco, il voluto e fecondo contrasto, ecco la meraviglia dei particolari.

Egli rappresenta la realtà oggettiva similmente a colui che le cose se le immagina e le sogna, giacché, talvolta, le foto sembrano costruzioni artificiose e non frammenti del vero. E’ un me-rito! Ha infatti ragione E.A. Poe che dice che coloro che sognano di giorno sanno molte più cose che sfuggono a quelli che sognano soltanto di notte.

Ci sono, dunque, nei suoi lavori, eseguiti con abile tecnica, gusto d’indagine, equilibrio com-positivo, invenzioni teatrali, luce coinvolgente, effetto presenza e capacità di scovare il bello nascosto anche nelle cose più insignificanti.In tutto questo, però, c’è un tema che domina sovrano: quello del silenzio, del messaggio muto ma sommamente eloquente, e fors’anche il tema di quella voluta solitudine che è pre-gna di intensa suggestione.

Alla fine di questo piacevole discorrere, una morale; impariamo a vedere, cari amanti dell’ar-te e della poesia fotografica di Giuseppe Borsoi, come egli ben ha visto e prodotto, seguendo l’insegnamento e l’ammonimento di Edmond de Goncourt: “imparare a vedere è il tirocinio più lungo in tutte le arti”.

Avv. Erminio Mazzucco

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“Il Volo” cm 50x70 fotografia digitale

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Monica Bertoli

Monica Bertoli è nata a Venezia. Oggi vive a Marcon e lavora a Favaro Veneto come commerciante. La passione per l’arte, che coltiva fin da bambina, la spinge a trovare, no-nostante gli impegni quotidiani, gli spazi in cui dar sfogo a tutta la sua creatività, attra-verso tele e pennelli. Autodidatta, ma impegnata, ha iniziato a partecipare, in epoca piut-tosto recente, a diverse Mostre e concorsi, in cui ha ottenuto ottimi risultati e consensi.

L’Essenza del segno configurato nel colore.

Ci si inoltra nella lettura dell’opera di Monica Bertoli con circospezione, attenti a non perde-re di vista ciò che si scopre via, via che l’analisi procede per non precludersi la strada che conduce alla visione completa del dipinto; alla fine ci coglie un senso di meraviglia nel con-statare la giustezza di un segno legato da una cantilena cromatica che affascina, vuoi per la stesura, quanto per la cattivante qualità che la compone, ancorché visibilmente diversa nella grana coloristica.

E’ innegabile un’ascendenza cubista nella rottura degli schemi grafici tradizionali, con con-seguente ricomposizione delle figure in strutture più libere di abbandonarsi ad un gioco voluttuario ansioso di movimentare la composizione con un effetto di circolazione musicale, insomma si assiste ad una sorta di danza rituale in cui ogni protagonista prende possesso del proprio spazio obbedendo, tuttavia, all’attenta regia dell’Artista.

Sorprende, per contro, un gioco di contrapposizioni eh d’Autrice persegue nel differenziare il contesto in parti separate sia per la calligrafia pittorica, quanto per l’applicazione di un substrato cromatico ben distinto che suggerisce tumultuosi stati d’animo capaci di guidare la mano verso soluzioni di carattere introspettivo, forse una ricerca di spiritualità, espressa alla fine da una luce che si insinua tra i frammenti di due mondi antitetici, ma non estranei, riuscendo ad amalgamare pensieri provenienti da sfere indipendenti della cellula creativa della pittrice.

Infine, dall’attenta osservazione del lavoro di Monica Bertoli, si evince una radicata disci-plina artistica che la conduce verso fini espressivi carichi di emozioni, traslati sulla tela con mezzi tecnici indiscutibili forieri di sempre nuove avventure nel campo dell’Arte.

Giorgio Pilla - Critico d’arte

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“Anna Oxa” cm 100x100 olio su tela / oil on canvas

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Silvio Corteggiani

Nato a Roma il 10.09. 1966 fino al 2013 sono stato un altro uomo.Da sempre appassionato alla poesia nel 2013 scopro la pittura, guidato dalla necessità di coinvolgere altri sensi nelle forme espressive. Da quel momento i pensieri hanno cominciato a prendere forma e colore, come un fiume in piena le opere si sono susseguite nella ricerca di un dialogo istintivo tra me e la tela. Da autodidatta baso la mia arte sull’incoscienza di chi ha la pre-sunzione di avere qualcosa da dire senza la paura di non essere compreso. Amo l’acrilico per-ché è come la vita, non lascia tempo a ripensamenti e ti costringe all’immediatezza espressiva

Quadri, collages, disegni, foto: Silvio Corteggiani sembra che stia sfidando se stesso sul ring dell’arte. Da poco infatti ha iniziato una variegata produzione utilizzando tecniche, materiale ed argomenti come se fosse alla ricerca di una definizione del suo mondo visivo. Un’iden-tità che si propone di scoprire pian piano, giocando con ironia, speranza e soprattutto co-raggio. Emerge dal suo lavoro, infatti, un forte stimolo a misurarsi con il mondo artistico da poco scoperto, che se è basato sull’enigma della ricerca, non può non consentire che vi ci si possa addentrare con qualsiasi tipo di approccio, sgravato da teorie, pratiche e tecniche troppo spesso imposte dalle sovrastrutture culturali ed artistiche. Silvio Corteggiani pare vo-glia ricordarci che l’arte è principalmente libertà. Libertà di esprimere le proprie emozioni, a prescindere, poiché la creatività rifugge dai legacci, barriere e forzature. Dicevano gli antichi: Arte è creare nuova vita nella bellezza. Gli esempi storici sono infiniti e lui pare farsi forte di questa consapevolezza, perciò si affaccia sul palcoscenico espositivo con la caratteristica principale di emettere un atto liberatorio nel dipingere quello che sente con qualsiasi gesto, segno o materiale. Non pare interessato che gli si facciano domande, anche se non si sottrae, ma piuttosto sembra restare in attesa che altri diano delle risposte sui suoi lavori attraverso libere opinioni. Così, resta a vedere quello che succede, in un certo senso pone i suoi lavori all’attenzione dei fruitori come se fossero gli specchi dei sentimenti altrui. Tanto: l’essenza della pittura è comunicare visivamente, in un’opera d’arte i segni parlano da soli e ognuno vede il rifesso di se stesso. Dunque? C’è da domandarsi se tutto ciò non contenga una buona dose di provocazione, considerato che nel campo artistico è possibile anche l’impossibile. E i quadri che realizza, infatti, assumono la funzione di cartina di tornasole, il riscontro og-gettivo per dire che nell’arte anche il gioco è un divertissement ammissibile. Perciò val bene fare una scommessa sul futuro dell’arte di Corteggiani, a prescindere se la si consideri una prova sul campo per verificare quanto di intrigante o interessante ci sia. Per questi motivi fin dal primo momento ho potuto apprezzare i suoi lavori e mi son detto che non potevano non essere lo strumento di una personalità attenta, indagatrice, ironica e ludica, cioè quanto basta per attrarre l’attenzione e puntare in alto la sfida. Glielo auguro sapendo che ci sarà da attendersi un impegno maggiore per verificare al meglio la potenzialità e gli sviluppi della sua opera. Ma già adesso, si può dare un giudizio positivo sia sulla qualità della ricerca arti-stica che sulle capacità di relazioni che il mondo dell’arte richiede. Se continua con la stes-sa intensità e capacità di effettuare continue ricerche, c’è da scommettere che farà strada.

Prof. Gerardo Lo Russo Accademia Belle Arti di Roma

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“Società” cm 80x80 tecnica mista

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Andrea Marchesini

Andrea Marchesini nasce a Verona nel dicembre del ’73, si firma con lo pseudonimo di Hyde ed è figlio d’arte. La pittura, immediata, potente di Andrea Marchesini diventa un irresistibile richiamo per lo sguardo, attraverso la forza del segno, la grande energia del colore, il dinamismo del gesto pittorico. E’ un dipingere che si sviluppa su ampie superfici, dove trovano conferma trascor-se e ricche esperienze a contatto con studi d’artista, gallerie, musei, laboratori internazionali e l’attivarsi delle conoscenze del passato, delle emozioni, nell’intensità di un colore, di una macchia distesa. Non si trovano stili che non appartengono all’autentico codice di Marchesi-ni: egli continua il suo andare nei luoghi dell’arte attraverso estesi segni stesi a spatola ed a pennello, in totale fusione sinestetica con il corpo. Così si comprende la tensione dei colpi dalla forma d’ala, che carichi di pasta cromatica, sviluppano un loro personale itinerario, come l’impulso a far rivivere il ricco patrimonio delle immagini nel modularsi delle forme, assecondando il fusso della memoria nel suo sciolto va-riare. Ogni tratto curvilineo ha una vitalità interiore, fra tensioni cromatiche ed esuberanze di paste in risalto, che prolificano in eventi pittorici dalla forte gestualità. Privi di centro evolvono in un continuum alla ricerca dell’espansione fino ai limiti della tela, lasciando un breve appa-rire di irregolari brani di pittura simili al distendersi di un respiro cromatico legato alla casua-lità. Polveri di gesso, frammenti di vetro ed inoltre residui di materiali edili uniti alla pasta del colore, illuminano ed accentuano la vitalità del cromatismo fra spessori e risalti delle forme. Una pittura davvero coinvolgente, resa dall’evidenza del rosso come dell’azzurro, dove pul-sa una superficie cromatica per la vicinanza preziosa dell’oro; quindi avanza con energia il verde accostato all’emergere breve di un nero lussuoso. Marchesini intuiva nel passato, come avrebbe mutato l’iniziale desiderio di pittura, all’in-contro con il dilatare vaporoso delle luminosità di Turner alla Tate Gallery e ammirava la prepotente vigoria della pennellata di Van Gogh ad Amsterdam: esperienze affascinanti che segnano all’origine la sua visione d’artista. Vi unisce la fantasia e l’aprirsi di forme liriche nel gesto vitale ed automatico reso inconsapevolmente, in espressione stilistica. Avviene per lui, com’ è avvenuto per altri artisti del Novecento europeo di “creare un’arte libera e nuova” toccata “da improvvise folgorazioni. Informale, Tachisme, Art autre, Abstraction lyrique, Spa-zialismo”. (Giuliano Menato). Attraverso nuovi lavori Marchesini raccorda le opere precedenti a quelle più attuali, in immagini ancorate a veloci pennellate nello spazio pittorico. Nelle opere Dripping ritorna il gesto automatico, il richiamo dei cromatismi scintillanti: larghi colpi di pennello trascinano il colore, vagano piccoli punti, la gestualità si accorda alla vitalità dell’immaginario, la lievità dilata e si comprime in forme dimentiche di ogni geometria. Eppure, ancora una volta Mar-chesini rifette, nella vitalità del dipinto, la disciplina non solo visiva che racchiude in sé.

Maria Lucia Ferraguti

Vicenza, estate 2014

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“senza titolo” cm 60x110 tecnica mista su faesite

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Antonella Scaglione

Nasce a Roma il 25 Febbraio 1965, figlia d’arte, il padre era artista nella pittura degli anni ’60 – ’70.

Inizia a dipingere guidata dalla spinta emozionale catartica e utilizza la pittura quale modalità di contatto, conoscenza e elaborazione della realtà oggettiva e soggettiva.

Ella imprime messaggi significativi con valenze estetiche ed etiche, mediante forti espres-sioni di contenuti profondi nascosti dalle apparenze; motivata dal mettere in rete, e quindi a disposizione dell’altro, l’opera artistica, per fruire di una comune emozione e per un con-fronto mediato dalla empatica comunicazione artistica.

La sua produzione è continua traendo spunto da ogni evento, sia eclatante che nascosto, della molteplice fenomenologia del quotidiano.

L a vita artistica di Antonella è costellata da incontri, mostre, convegni , ella esprime conti-nuativamente la sua motivazione attraverso l’attiva partecipazione alle iniziative individuali e collettive, inserendosi in contesti artistico-culturali.

Svolge la sua attività in provincia di Roma e le sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche. E’ presente in testi, cataloghi, riviste, giornali e pubblicazioni scientifiche, anche multimediali.

Attualmente fa parte come socio Benemerito della dell’Accademia di San Lazzaro di Roma, è socia UCAI, e socia dell’Associiazione Culturale Eclettica di Treviglio (Bg) .

Ha esposto le sue opere nei Musei BELLINI di Firenze e CROCETTI di Roma; nel Rettorato della UNIVERSITA’ La Sapienza di Roma, e nella facoltà di ingegneria per la TRIENNALE DI ROMA 2014, nell’UNIVERSITA’ Pontificia del Seraphicum Roma; nei Complessi Monu-mentali del BUON PASTORE e il Complesso Monumentale l’Agostiniana di Roma; nell’Am-basciata Araba D’Egitto ; nel Rifugio Antiaereo Palazzo EUR S.P.A.; Cascina Farsetti in Villa Doria Panphilj Roma, Ambasciata Araba d’Egitto di Roma; Galleria del CASTELLO ARAGO-NESE Taranto; Galleria ex BOSCO Benevento; CHIOSTRO BASILICA dei SS APOSTOLI Roma; BASIL

ICA PAPALE di SAN PAOLO FUORI LE MURA Roma; PALAZZO FONDAZIONE S. ELIA Palermo; Fiera ARTE PADOVA ; Galleria d’Arte Isola di Capri Capri. Tra le gallerie private: Augusto Consorti, La Pigna UCAI, Pentart, Il Leone, Domus Talenti, Quantum Leap Gallery, Tornatora, GAP, Il Salotto dell’Arte, MIWA SPA, Hotel Sheraton Four Point, di ROMA. I Giar-dini di Porto Cervo, Porto Cervo ; Club Nettuno, Anacapri; Stomeo, Martano (LE); Gadarte, Firenze; Sala Polivalente, Cupra Marittima (AP): Palazzo Bernabei Assisi (Pg); Galleria 20 Torino; Biennale di Spoleto (PG), Festival dei due Mondi Spoleto (PG).

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“Rita Levi Montalcini” cm 60x60 mista su tela

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Tarquinio Bullo

Tarquinio Bullo è nato a Chioggia e risiede a Spinea, due città in provincia di Venezia.Pittore ed incisore sin dagli Anni Cinquanta, si esprime in àmbito originale e le sue opere possono essere definite creazioni di “Astrazione figurata”.

La sua formazione di base è avvenuta nel gruppo culturale “Carlo Dalla Zorza”, per frequen-tare poi vari corsi presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, l’ultimo nel 1991 di Grafica Sperimentale con Riccardo Licata. Ciò gli ha permesso di confrontarsi validamente con una tecnica sempre in evoluzione, appassionatamente, realizzandosi nella pienezza del termine e realizzando incisioni di pregio che sono un vanto dell’artista e ancora adesso a distanza di anni riconosciute nel loro valore.

UN’OPERA IN PRIMO PIANO NELL’ATTUALE PANORAMA ARTISTICO

L’arte di Tarquinio Bullo, nel suo insieme, è una delle più significative espressioni del pa-norama estetico odierno, dove ha conseguito un ruolo di primo piano grazie alla coerenza operativa dimostrata dall’artista nel lungo arco della sua attività, seguendo sempre le istanze dell’interiorità, senza nulla concedere a distraenti richiami di mode o correnti.

Bullo affronta, con straordinaria capacità d’elaborazione tematiche diverse in un linguaggio personale ed incisivo, dove si fondono con originalità istanze figurali e metaforiche astrazio-ni, creando forme vivacemente ritmate in un sfavillare di guizzanti cromie. Le sue immagini colgono il dinamico vibrare di una realtà contingente mai confinata al r

uolo di occasionale riferimento ispirativo, ma sempre felicemente sintonizzata alle intenzioni e ai sentimenti germinati nella sua sensibilità; e tutto ciò egli lo esplicita in una espressività di immediata presa emozionale e visiva, cui ben si adatta la definizione di “astrazione figurata”. Le sue opere, così acquistano un’emblematica connotazione, poiché egli vi ricostruisce con l’ausilio della fantasia allegorici squarci d’esistenza, nei quali immette i sogni e i desideri, i dubbi e le certezze, le vicissitudini e le gioie, sue come di ciascun essere umano.

Nel quotidiano misurarsi con la vita. Una pittura che diviene perciò ideale luogo d’incontro di percezioni tangibili, di pulsioni inconsce, dei soliloqui dell’interiorità e delle intuizioni dell’estro, riannodati in piena libertà espressiva in una sintesi estetica ariosa, dove luci e colori compon-gono visioni che fondono sapientemente fisicità e spiritualità in pregevoli ed esemplari mo-menti di vera arte.

SALVATORE PERDICARO

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“I Globe Trotters” cm 70x90 olio su tela / oil on canvas

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Chiara Donadei

Chiara Donadei è nata a Bari nel 1980; pittrice, ha frequentato il Liceo Classico e si è laure-ata con lode all’Accademia di Belle Arti di Lecce.

Ha lavorato fin dall’inizio della propria carriera come pittrice figurativa, metafisica e surrea-lista ed ha sviluppato il proprio stile lavorando principalmente con tempera e colori ad olio, miscelati spesso con diversi materiali e tecniche.

Ha partecipato a molte mostre in Italia dal 2007 al 2012 ed ha conseguito il secondo posto al 25° Concorso Nazionale di Pittura nel 2008 a Crotone. Nel 2011 ha presentato la prima mostra personale all’Auditorium “La Vallisa” di Bari.

Visionaria Chiara Donadei, privilegio dell’artista che legge i suoi tempi e insieme getta sguar-di lunghi sul futuro. Le opere di questa giovane artista si cimentano con il presagio, l’istante in cui si fa chiaro quanto diverrà, come prodotto e traduzione nel reale del mondo delle emo-zioni.

L’immaginario segna vite, le condiziona, le sconquassa e la pittura metafisica della Donadei ne coglie il divenire, il prima e il poi narrati in estreme sintesi. Un tratto che riesce a dar forma alle ossessioni, o a dissolverle in calma glaciale e sospesa, come nell’opera “Macrocosmo e Microcosmo”. Qui, a dispetto del titolo, la rappresentazione è invertita nell’ordine di impor-tanza.

L’aspetto universale è relegato in basso, giganteggia invece il microcosmo dell’esperienza dei singoli, maschere sul palcoscenico dell’esistenza. È la realtà mesta e fredda di due volti che non serbano più nemmeno il ricordo della danza simbiotica che allacciava i loro corpi in un orizzonte temporale lontano.

Lo spazio è sovrastato da due sguardi spenti che comunicano solo l’assenza di ogni rela-zione e immaginazione futura; distanza incolmabile da quello stesso ricordo, dalla città dove probabilmente un tempo è stato vissuto, da ogni altro destino. Maschere di un personale Carnevale. Quei frammenti distanti di vissuto restano sulla scena soltanto a misurare con-quistate solitudini.

Maria Luisa Sgobba

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“Macrocosmo e Microcosmo” cm 40x30 penna e pastello su carta

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Jose Noce

Sono natto il 13 luglio 1950 a Denain (59), il maggiore di 7 bambini in una famiglia d’emi-grante italiani. Infanzia dividata mentre il terril Renard la mia « malincollinia » e la Sardegna fantasmata, culla originale. Università di lettere moderne a Lille III. Professore certificato di francese fine settembre 2010. Le 20 ultime anni a l’ESAAT(Scuola Superiora d’Arte Applicati e Tessile).Sono adesso in pensione e Plasticien, pittura e scultura, privilegiando inchiostri colorati e scultura sopra polystyrene extrudato.

Introduction pour apprivoiser mes encres colorées…

Mes encres colorées sont les fruits du mariage d’un arc-en-ciel de carnaval avec de l’eau de vie ...La technique est quasiment la même que pour l’aquarelle, mais le résultat obtenu est sen-siblement différent. Les encres utilisées sont éclectiques: de Chine, aquarellées, acryliques, nacrées, calligraphiques...

Les titres sont à l’avenant, dans la tradition des surréalistes, avec une pointe d’humour, et quelques épices poétiques.Ex professeur de lettres, je suis devenu plasticien autodidacte ravi de ces façons de faire.Je m’y exerce avec jubilation depuis plus de dix ans.

Durant mes vingt dernières années d’enseignement du français à l’ESAAT de Roubaix (Ecole Supérieure d’Arts Appliqués et Textile), j’ai été amené à visiter avec mes étudiants, lors de voyages-études d’une semaine, nombre de musées en Europe et ailleurs. Mon admiration pour des œuvres d’artistes tels que: Miro, Picasso, Klee, Kandinsky, Chagall, Hundertwasser, Moore, Penone, Saint Phalle ... transcende alors mon envie de projeter des couleurs sur to-utes sortes de supports.Finalement j’opte pour le papier, et la toile. C’est une autre manière d’écrire aussi des histoi-res... De loin, mes encres paraissent abstraites.

Pourtant, en se rapprochant on peut y trouver plein de petits mondes habités d’animaux étranges, ou rigolos, ou fantastiques, voire anthropomorphes.Bref, mes encres colorées ne devraient laisser personne indifférent. Puisqu’elles donnent le loisir à chacun de rencontrer ce qu’il y cherche, avec ce qu’il appor-tera lui-même d’imagination.

Ah oui j’écris aussi, des polars, des romans, des poèmes, des nouvelles noires et roses, S.F., des aphorismes… Mais c’est une autre chanson.Un petit conseil d’ami, dans chaque encre cherchez le petit bonhomme à casquette. C’est lui qui parachève mon travail, en faisant des signes complices à l’enfant dissimulé dans tout spectateur…

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“Du haut de la Toscane” cm 70x50 inchiostri e acrylica

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Roberto Lucato

“A volte mi vergogno far parte di questa razza, nascono così i miei Uomini Pensanti.

Sono la volontà di rappresentare il pensiero dell’uomo ormai profugo della materia, il metter-si di fronte come in uno specchio per porsi domande.

E’ anche un tentativo di risvegliare coscienze assopite dalle costrizioni e dalle imposizioni di una società di potere ormai allo sbando.

Con i miei Esseri Pensanti voglio invitare l’osservatore ad una catarsi raffigurando metafori-camente noi stessi, la nostra torturata e contraddittoria condizione umana, ma sempre, per chi sa leggere, con un messaggio di speranza per un rinnovato essere noi, Uomini Pensanti.”

Roberto Lucato

“Sagome e silenzi senza fine. L’uomo è il fulcro delle rappresentazioni di Roberto Lucato.

Purtroppo un uomo disperato, torturato da dubbi e passioni che si ritrovano nell’equilibrio segnico di queste piccole figure che l’artista presenta molto stilizzate in un contrasto di mo-nocolori, su di un fondale ove i pochi accessori sono illuminati da colpi di colori chiari che emergono dal buio della notte.

Una pittura molto personale, studiata e sofferta, che suggella la crisi dell’umanità perché postula una situazione così piena e profonda da portare alla eliminazione dei molti orpelli che caratterizzano il mondo materiale.

Sulla seduzione del precipizio hanno scritto anche poeti e romanzieri, Roberto Lucato vi ag-giunge la sua voce con la pittura”.

GIORGIO FALOSSI

da (Pittori e Scultori Italiani del Novecento –Il Quadra-to- 2008)

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“Prigionieri dei Propri Pensieri ” cm 80x80 polimaterico smalti e olio su faesite

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Francesco Manlio Lodigiani

Nato a Crema ( Cr ) nel 1959 dove tutt’ora vive e lavora.Dopo gli studi presso il Liceo Artistico di Bergamo inizia il suo percorso nell’ambito delle

Vetrate Istoriate, sotto l’insegnamento del Maestro P.F Taragni.Da qui la sua ormai trentennale carriera nel settore dell’ Arte Sacra come pittore , progettista di spazi per il culto ed arredo sacro e soprattutto di vetrate con opere documentate in Italia ed Europa .

Nel 2009 la sua opera in cristallo “ LA NOSTRA FEDE “ venne donata durante udienza , a PAPA BENEDETTO XVI.Sempre parallela è la sua ricerca pittorica ( dalla chiara matrice espressionista ) che affronta con tecnica tanto “ Brut “ quanto complessa ed affascinante .Numerosi gli interventi quali Installazioni ed Opere Murali in spazi pubblici e privati .Dal 1989 è docente di Disegno e Pittura presso la Scuola Serale Popolare in Crema.

“ ... In molte occasioni la pittura di Francesco Manlio Lodigiani sfiora certa arte americana che per i suoi contenuti appassionati e la sua austerità , era stata a suo tempo chiamata ACTION PAINTING o anche ESPRESSIONISMO ASTRATTO ( il filone di Rothko , Newman , Alberts , De Kooning e Pollock ).

Lodigiani fa appunto un ‘ arte essenziale , che non diventa pretesto per una liberazione emo-zionale senza freni ... Questo tipo di pittura non vive di sè , di certo non si basta ;la si può definire “ di commento sociale “ .

Viene infatti spontaneo tradurre lo smembramento dei suoi spazi con “ disgregazione sociale “ , il mutismo delle bocche come “ incomunicabilità “,la perentrietà dei totem come “ emozio-ne indicibile “ soffocata da un tabù antico .Lucido / ludico illustratore del suo tempo , Lodigiani non maschera un quid d’ ironia distillan-dola sapientemente in alcuni titoli provocatori , sardonici , amare constatazioni della realtà .

Trasporta nel suo lavoro , tutta la tensione che percepiamo nel mondo odierno che poco spazio lascia all’ottimismo , pur chiedendo sempre aiuto alla Bellezza che “ FORSE “ salverà il mondo .

Lodigiani resta comunque un artista difficile da inquadrare perchè carico di ambivalenze ; è serio ma autoironico , lapidario ma sfuggente ; può trasformarsi anche in un divertito de-coratore che mai però cede alle lusinghe del puro ornamento ; sa esser ermetico ma anche accattivante . “

Silvia Merico

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“Polaroid 2” cm 92x90 Tecnica mista su carta Intelata

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Monica Martins

Non ho niente contro l’arte digitale. Chi mi conosce sa che sono affezionato alle arti fatte con mezzi tradizionali, specie quando presuppongono da parte dell’artista una precisa ca-pacità artigianale, ma non disdegno affatto di prendere in considerazione qualsiasi mezzo ed espressione che abbia qualcosa di interessante da proporre, nello spirito democratico dell’et et, piuttosto che dell’aut aut (...)

Ammetto, però, che dovrei conoscere di più e meglio per avere le idee più chiare a riguar-do, sforzandomi di andare oltre la scarsa attrazione che provo verso le forme in fase di sperimentazione permanente. In ciò, mi può aiutare anche l’esperienza di Monica Martins, brasiliana di nascita, laureatasi a Pernambuco in critica d’arte e letteraria, trasferitasi prima a Dublino, poi in Italia, a Vittorio Veneto, con la forte voglia non solo di scrivere di arte altrui, ma di essere lei stessa artista in prima persona.

Artista digitale, e, per quanto riesco a capire dalle opere che ho sotto gli occhi, di natura gra-fica, secondo quella tendenza prevalente che avevo già individuato. Non sono, però, opere a vocazione multimediale, o comunque trasversali fra disciplina e disciplina, classificazione e classificazione: sia che risultino immaginifiche al massimo, a solcare frontiere inesplorate dell’astrattismo, di aura cosmica, direi, sia che mantengano un’aderenza al dato reale attra-verso il rimando a una base fotografica, sono comunque immagini da cavalletto elettronico, per così dire, da quadro numerico, direbbero i francesi, nelle quali i moderni pixel fungono da colori e pennelli di una volta, per chi li considerasse - di sicuro non io - obsoleti.

Davanti a un’opera tradizionale, realizzata con mezzi che più di tanto non possono dare, ci sorprendiamo delle meravigliose capacità dell’artista di creare con poco, rievocando il pro-cesso con cui Dio ha creato l’universo. Se abituati in questo modo, è facile che il digitale ci sembri capovolgere il discorso: davanti alle possibilità dell’elaborazione digitale, sterminate come l’universo, l’artista finisce per porsi come limite di un continuum infinito, in una lotta impari che lo porta a rinunciare all’emulazione di Dio. Ma è la maniera giusta di vedere le cose? Osservando le opere della Martins, comincio a ricredermi(...)

E allora, rispetto all’arte tradizionale, la digitale non muta poi di molto l’orizzonte: l’importante non è quello che i mezzi ti avrebbero concesso di fare, ma quello che hai fatto, la capacità di esprimere e comunicare un modo di sentire il mondo, di confrontarsi con esso, di imma-ginarlo, di reinventarlo, indipendentemente da come lo si è ottenuto. Proprio questa volontà di appropriamento e umanizzazione della “freddezza” digitale, di personalizzazione del ten-denzialmente spersonalizzante, constato nelle opere digitali della Martins, che hanno avuto il merito di avermi fatto inquadrare meglio certi aspetti dell’estetica via computer. Cosa di cui non posso che ringraziarla.

Vittorio Sgarbi

Critico e Storico d’Arte

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“Terra” cm 90x90 disegno manuale e arte digitale

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Artista poliedrico, gli esordi di Lorenzo Viscidi Bluer ( che è anche scrittore ) a partire dal 1992 sono nell’ambito dell’astrazione e in particolare le opere di questo periodo sono dedi-cate al colore blu, Bluer appunto “ facitore di blu “.

Agli inizi di questo millennio ( dal 2002 ) l’artista innesta la sua pittura in telai imprevedibili e multiformi che escono dalle tradizionali forme geometriche e nei quali vengono inseriti piccoli squarci di vetro variegato, poi argentato con tecnica antica, per divenire porzioni rifettenti la presenza e l’istante dello spettatore all’interno del dipinto. E’ la serie delle opere spazio-temporali.

Da questa fase nasce a partire dal 2004 la sperimentazione con altri materiali, in primis il plexiglas,con il quale l’artista comincia a realizzare opere anche a 3 dimensioni ( gli “ Accartocciati “ ) ed installazioni. e ( dal 2009 ) anche creazioni in vetro di Murano, realizzate presso Berengo Studio.

Le ultime creazioni elaborate con tecniche nuove prevedono anche l’utilizzo del plexiglas e del vetro di Murano fusi in un’unica materia e la pittura acrilica e con pigmenti puri inglobata nella trasparenza del plexiglas. Bluer ha esposto le sue creazioni in più di ottanta mostre personali in tutto il territorio naziona-le ed ha partecipato a personali, fiere e manifestazioni d’arte in: Argentina, Australia,Austria, Brasile, Inghilterra, Finlandia, Francia, Germania, Polonia, Slovenia, Spagna, Turchia, Un-gheria, Usa e Venezuela. Ha vinto la prima edizione della Biennale di Asolo sezione sculturaHa partecipato agli eventi collaterali della 52 Biennale di Venezia Arte e della 12 Biennale di Venezia Architettura.

Nel 2011 è stato invitato da Vittorio Sgarbi al Padiglione Italia – artisti del Veneto della 54 Biennale di Venezia.

“ Bluer è maestro dell’utopia, trattandosi di un artista che sembra agire tramite la magia di una speciale iniziazione…il suo lavoro è il risultato della sua forza meditativa, di un processo intuitivo e di una conoscenza innata della materia…” Paolo Levi

“ Bluer ha inventato una sua cifra, un suo codice di efficacissima traduzione visiva “Giorgio Segato

“ Le opere di Bluer sono frutti dell’ Estasi “ Paolo Rizzi

“ Bluer potrebbe essere un acronimo generato dalle coordinate essenziali della sua poeti-ca: Bellezza – Luce – Universo – Entropia – Rifessione “ Enzo Santese

Bluer Lorenzo Viscidi

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“Totem della Leggerezza” cm 130x26x8 Pittura acrilica e foglia oro inglobate nel plexiglas

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Paola Paesano

Paola Paesano, nasce a Napoli il 24 febbraio 1957 e fino al 1987 ha vissuto a Bari dove ha terminato i suoi studi, poi si è trasferita a Casapulla (CE) dove tutt’oggi risiede.Dottoressa in Medicina Veterinaria, lavora da molti anni in TERRA DI LAVORO , dove il suo amore per gli animali e il suo interesse di studiosa dell’anatomia degli stessi, si esprimono e si concretizzano attraverso una istintiva capacità di modellare e dipingere con una costante dovizia di particolari.

Paola prende spunto dalla natura e soprattutto ama esprimere artisticamente le realtà del territorio dove lavora, ecco perché risalto particolare è dato alla bufala che domina in terra di lavoro. Alla bufala viene data espressione e carattere e nello stesso tempo risulta elemento allegorico e metaforico.

Paola ama anche fotografare e , questa sua passione la aiuta nel catturare espressioni e angolazioni dei suoi soggetti che poi rielabora sia pittoricamente che con opere scultoree.

Già da molto tempo, infatti, si interessa con passione sia all’Arte Presepiale che alla pittura e, per molti anni, ha frequentato la scuola condotta dal Maestro Sandro Giliberti.

E’ dal 2005 socia dell’associazione “AMICI DEL PRESEPE” sez. di Napoli e ha inoltre parte-cipato, a numerose mostre e manifestazione, riscuotendo interesse e consensi.

Il Bufalo tra i suoi protagonisti

L’aspetto realistico nella pittura di Paola Paesano, è certamente coinvolgente, esso acquista un fascino estetico e contenutistico davvero incisivo, mentre la capacità narrativa e la precisa azione pittorica contraddistinguono mirabilmente le opere dell’artista in maniera decisamen-te riconoscibile.

La perfetta conoscenza tecnica e l’acuta osservazione della vita si intersecano in una co-stante comunicazione di vitale importanza. Fedelmente attenta a quello che la circonda, Pa-ola Paesano, filtra dalle sue creazioni, una spontanea interiorità e completezza emozionale.

Il “Bufalo Mediterraneo” è l’attore protagonista delle opere di questa interessante artista, la quale è Medico Veterinario per lavoro e artista per passione: tale animale, abbonda nella zona dove ella vive. L’armonia della forma convive con elementi strutturali di evidente equili-brio: la qualità dei colori e il gioco delle luci illustrano una progettualità pittorica di emergente manualità ed ineccepibile matrice tradizionalista.

Raffaele De Salvatore

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“Omaggio ad Eduardo De Filippo “Io Vulesse Truvà Pace”” cm 60x80 olio su tela / oil on canvas

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Beba Stoppani

Beba Stoppani è nata a Milano. Vive e lavora tra Messico e Italia.Di formazione classica, si laurea in Biologia all’Università degli Studi di Milano e svolge attività di ricerca scientifica presso l’Istituto di Farmacologia e Tossicologia. Dopo un corso biennale di fotografia all’Istituto Europeo di Design, inizia la collaborazione con lo studio fotografico “Studio Azzurro” di Milano.

In breve tempo conquista autonomia espressiva e nel 1989 apre il suo studio professionale come fotografa di architettura, design, pubblicità. Molte le collaborazioni con riviste del settore (Domus, Abitare, Interni, Axis, Gran Bazaar), aziende di fashion e lighting design (B&B, Flos, Artemide, Luceplan, Limonta, Bisazza, Alessi, Pomellato) e studi internazionali di architettura per progetti in Italia e all’estero. In particolare ha collaborato con l’ Atelier Mendini per la docu-mentazione fotografica della mostra di Achille Castiglioni al Museum fur Angewadtee di Vien-na; e con Studio Alchimia, per il progetto del Museo di Groningen in Olanda. Nel 1995 fonda Stardust - società di ricerca e creazione di immagini e tendenze moda per il settore tessile e realizza numerosi quaderni-tendenza per tessuto e stampa.

Davanti alla nuova serie fotografica di Beba Stoppani intitolata Sospensioni ritmiche, e qui rappresentata dall’opera #23, mi è tornata in mente una recente esclamazione di David Ho-ckey di fronte alla vita di Claude Monet trascorsa nel giardino della casa rosa a Giverny: “What a life! All he did was look at his lily pond and garden”. Che vita! Certo. Una vita trascorsa a osservare il declinare della luce tra ninfee, roseti, salici, gladioli, iris e dalie.

Beba Stoppani condivide questo stupore incantato per il giardino del maestro impressionista, in cui stagionalmente sboccia un gusto rarefatto dell’arte nipponica e un’intima visione este-tica in comunione con la bellezza del paesaggio naturale. Ma Beba Stoppani non ha scelto come luogo sorgivo della coscienza artistica osservante uno specchio d’acqua su cui bian-cheggiano ninfee, bensì la luna fissa e ferma, icona impermanente di semplicità e purezza, atta a ricevere la natura spirituale del Sé.

La ripetizione ipnotica delle inquadrature di un soggetto identico (la luna), insieme all’elegante ruvidezza impartita dalla texture, innesca un processo di auto-osservazione dello spettatore che fa esperienza di un divenire ciclico del tempo - ierofania lunare - simile ad un’i-sola di pensiero in un giardino zen.

Sospensioni ritmiche sono così il simbolo dell’arte fotografica di Beba Stoppani che si colloca tra la sintesi plastica di derivazione cubista (che ha in David Hockney un suo antesignano) e la superficie ritmica regolare inaugurata dalla Op Art à la Victor Vasarely. Sospensioni ritmiche che cercano di registrare quel che c’è di più cangiante e misterioso della natura umana nel re-gime notturno dello spirito, in una variazione continua che, volta per volta, fiorisce “en plein air”

Ilari Valbonesi

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“Sospensioni Ritmiche” cm 37x75 Fotoinstallazione 6 foto c-print – forex –plexiglass

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Marie Joveneau

La curiosità per ciò che mi circonda mi ha sempre spinto a scoprire nuovi orizzonti e, così com’è anche il mondo dell’arte, descriverei il mio percorso artistico come multiforme e com-plementare.Architetto di forma- zione, grafica di professione, pittrice e fotografa per pas-sione, sono nata in Belgio nel 1984. Ho frequentato per 5 anni l’Accademia delle Belle Arti seguita dall’artista Pierre Jean Verhoeven e la conclusione della mia formazione è stata il punto di partenza di varie mostre in Belgio (Mouscron, Estaimbourg e Bruxelles).Nel 2013, ho esposto per la prima volta in una collettiva a Roma e inaugurato la mia prima personale nella capitale.Nel 2014, la vittoria del constest Aracne mi ha dato l’opportunità di esporre varie volte presso il Lanificio e di partecipare a numerose colletive a Roma.

Definire il lavoro di Marie Joveneau non è facile, ammesso che si debba e si possa definire il lavoro di un’ar- tista. Proverò comunque a darne una descrizione partendo da una prima impressione.

Mi sembra che la dominante, il fil rouge che tiene insieme le sue opere, sia quello che si suole definire un approccio concettuale dell’arte. Premesso che ogni grande espressione artistica presenta anche una forte valenza concettuale, per arte concettuale comunemente si intende quell’arte che ha rinunciato, in tutto o in parte, al piacere estetico, alla “faktura” personale dell’opera, all’aspetto emozionale veicolato dai dati percettivi, per privilegiare es-senzial- mente il concetto che si vuole rappresentare.

Se osserviamo le opere di Joveneau notiamo un costante uso delle parole, delle frasi, all’in-terno del quadro (una pratica instauratasi in pittura col primo Cubismo), come pure un inten-to costruttivo delle stesse opere, che rimandano fortemente ad un preciso concetto.

Ma, ad una più attenta lettura, notiamo che manca uno dei requisiti salienti dell’arte concettuale: la “sma- terializzazione”, la desensibilizzazione del manufatto. Ci troviamo, di con-tro, a osservare una materia densa, coloristica, ricca di contrasti, che smentisce la desensi-bilizzazione propria del concettuale.Sembrerebbe quasi un’opera “materica”, quella di Joveneau, se, a smentire a sua volta quest’altra etichet- tatura, non intervenissero, appunto, la costruzione concettuale e le frasi inserite che tolgono il primo piano alla materia. Un ‘opera in bilico, dunque, tra concettuale e materico? Neppure.

Infatti troviamo una costante attenzione alla geometria- l’uso del quadrato, per es.- che infor-ma e organizza le immagini e la composizione totale.Concettuale, materica, geometrica, come dicevo, un’operazione difficilmente etichettabile; ma con un pre- ciso rigore civile ed etico del fare dell’arte, non disgiunto da un’ attenzione emozionale al dato pittorico. Gualtiero savelli, artista italiano

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“Liberté conditionnée (Libertà condizionata)” cm 100x100 Collage con acrilico + serigrafia su lastra di plexiglas

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Luigi Lerna

Nato a Francavilla Fontana (BR) l’11 settembre del 1987, residente in via Angelo Cavallo, 7. Ha conseguito la Maturità presso l’ITIS “E. Fermi” di Francavilla Fontana nell’a.s. 2005/2006.

Fin dalla scuola secondaria ha mostrato interesse per la pittura e per la grafica. Ha curato la propria formazione frequentando corsi di specializzazione in discipline pittoriche.

Incessante sperimentatore, utilizza tutte le tecniche pittoriche che indaga inizialmente ade-rendo alla pittura figurativa, prediligendo i ritratti e paesaggi. In seguito, si orienta verso una cifra stilistica pervasa anche da accenti inconsci e onirici, soffermandosi in particolare sul valore del simbolo.

Un inconfondibile paesaggio desertico con colori netti fa da sfondo alle opere del giovane artista francavillese Luigi Lerna che, nei suoi ultimi lavori, ha elaborato uno stile personale incentrato sul contrasto tra la desolazione di contesto e lo sfarzo cromatico del soggetto in primo piano.

Gli attori delle opere di Lerna sono figure antropomorfe che vogliono raccontarci una storia per evadere dal deserto che è alle loro spalle e che domina la loro vita.

La loro narrazione assume toni sempre differenti, con un registro tonale vario che sembra sospeso tra il serio e il faceto.

Tuttavia i veri protagonisti delle opere di Luigi sono la terra arida, la nuda roccia ed un cielo dal colore indefinito, ma dal tono inquietante, che rimanda con cinismo l’osservatore alla su-perficialità dell’esistenza contemporanea e all’assurdità dei rapporti sociali sempre più liquidi che conducono al deserto della ragione e del sentimento.

Si tratta di una produzione matura che a buon diritto rientra nel filone contemporaneo e che riesce a inchiodare il nostro tempo nel pieno delle sue contraddizioni e delle sue fragilità.

Vincenzo Sardiello

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“Homunculus” cm 60x120 tecnica mista - legno

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Rita Maiani

Nasce a Terni e a soli 14 anni si trasferisce con la famiglia in Puglia: qui frequenta l’Istituto d’Arte di Grottaglie conseguendone il Diploma di Maestro d’Arte, sin da giovane si distingue per la sapienza grafica pur emergendo nella pratica pittorica e di scultura, caratterizza la sua opera preferendo la matita o la sanguigna ai colori ad olio ed alla materia plastica.

Difatti le sue composizioni, caratterizzate da una figurazione realistica con specifico interes-se per gli aspetti polito-sociali ed esistenziali, sono realizzate su carte pregiate con grafite.

Negli ultimi anni, maggiore nitidezza oggettiva e la caratteristica dell’espressionismo con accenti estetizzanti distinguono le ultime fatiche.

Costantemente presente negli expo nazionali e d’internazionali; fra questi ricordiamo: Pado-va e Montichiari `95, Vicenza e Pordenone ‘96, Miami ‘96.

Fra le varie mostre ricordiamo quella presso il Salone Mostre dell’Hotel Principe di Lecce, presso il Teatro Imperiali (pinacoteca comunale) di Francavilla Fontana, tutte nel Dicembre 1995.

Note critiche sono state redatte da: La Gazetta del Mezzogiorno, Il Quotidiano, Art leader, Arte &Arte ecc. Le sue Opere figurano in collezioni pubbliche e private.

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“Attenti al lupo” cm 70x70 matita su cartoncino

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Rita Incalza

Nasce a Francavilla Fontana il 4 sett. 1948. Da sempre interessata alle arti figurative, Rita ha completato la sua preparazione tecnico-culturale frequentando corsi di pittura e di tecnica materica.

Nell’ultimo periodo si è distinta nella preparazione di teoria del colore frequentando il corso specialistico di discipline pittoriche e teoria della forma con il M° E.G.Solferino

E’ attiva nel mondo dell’Arte con continuo impegno espositivo.

Ha allestito mostre a La Casaccia di Francavilla F.na , alla Casa del Turista per il comune di Brindisi, alla galleria P.A ad Avellino, ecc.

Le sue partecipazioni ultime la vedono protagonista alla Biennale di Asolo, alla Spadarina, a Taormina presso il Palazzo di ferro, a San Ginesio c/a Comune , all’Expò delle Dolomiti ed altre sedi di eguale prestigio.

...Artigiana e artista, poetessa e profeta, Rita Incalza ci mostra, attraverso le fasi mutevoli, lo spettacolo stesso del mondo. Spettacolo affascinante in questo inizio del XXI secolo: Un universo strano, infinitamente diverso nelle sue immagini e la cui vera natura sembra sfug-gire ad ogni tentativo di formulazione, infatti, l’universo non è mai cambiato, solo le nostre interpretazioni evolvono.

Le ultimissime interpetrazioni di Rita Incalza attestano un acuto senso dell’unità psico-fisico dell’uomo e del mondo. In questa sintesi unitaria “L’ Energia-Uno “ di Max Planck si ricongiunge a Krishamurti. Lo spazio tempo-luce della Incalza è un poema, un programma ed un atto di fede: Il Cantico dei Cantici della spiritualità della MATERIA.

Er-nesto Gennaro Solferino

... Si annovera così tra i protagonisti regionali di una ormai lunga preistoria, e nell’ambito di questa le sue opere vanno godute con la stessa meraviglia con cui si assiste all’apparire dell’arcobaleno,il quale non ha , ad evidenza, altro significato che se stesso. E nessuno mai pensi di ricercarne uno diverso.

M. Riposati

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“Gotico Veneziano” cm 100x100 materico su tela

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Pasquale Potestio

Nasce a Cariati (Cosenza), ridente località affacciata sullo Ionio.

All’età di tre anni si trasferisce a Roma, ove vive ed esercita la professione di architetto.Ancora bambino manifesta una grande predilezione per le Belle Arti, con particolare riguardo al disegno.

Nella1 prima giovinezza ha origine il suo percorso artistico, inizialmente da autodidatta.

Intorno alla fine degli anni 60, in concomitanza con gli studi universitari di Architettura, fre-quenta la scuola di Pittura del Comune di Roma dove, sotto l’ausilio di valenti precettori, perfeziona l’uso del colore.

Pittore di studio e di cavalletto, ama operare a diretto contatto con le vedute predilette e mol-to spesso ultima i dipinti nel silenzio del proprio atelier.

Vanta un vasto e qualificato collezionismo italiano ed estero.

Mostre recenti: Aprile 2014, partecipa alla mostra “Amore per Roma” alla Galleria Tornatora in Roma conseguendo il secondo premio ex equo Luglio 2014 Mostra personale presso la Sala Eventi del CAE (citta dell’altra economia) – ex mattatoio di Testaccio, Roma

Agosto 2014 inaugurazione della mostra in omaggio a Frida Kahlo presso la Crisolart Galle-ries di Barcellona, alla quale partecipa con quattro opere.

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“Il suono dell’arpa - ponte Garbatella Roma” cm 80x100 olio su tela

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Gabriella Viapiana

Nata in quel di Brindisi, consegue la sua formazione Artistica nel corso professionale trien-nale in “Nuova Figurazione Arte in movimento”, le sue tecniche preferite sono sempre state l’acrilico e l’olio su tela, le sue inclinazioni artistico/sensoriali, l’hanno sempre portata verso il figurativo e il corpo nella sua piena libertà e plastica.

Ha molte mostre e partecipazioni al suo attivo ed è costantemente presente in manifesta-zioni d’Arte nazionali ed internazionali, fra questi va ricordato: Parma, Ferrara, Padova, Ca-tania; ed in Biennali quali: Città di Ferrara, Firenze. È presente in enti pubblici e privati e tra queste la pinacoteca di Mirandola.

“L’immaginario di Gabriella Viapiana rivela l’ipotesi di conoscenza del possibile che verifi-chiamo nell’esistente organico/inorganico.

Apparizioni inaspettate incrociano l’astratto di pensiero al sistema di relazioni cosmologiche con un processo di sperimentazione (l’origine di una iniziale visione) che vede l’elemento naturale-innaturale generale, sul piano della suggestione, sensazioni evocative che origina-no la simulazione di “luoghi remoti” tramite vere e proprie invenzioni che sollecitano la nostra fantasia.. ...La fantasia dell’artista.”

Dino Del Vecchio

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“illaryevent’era” cm 100x100 olio su tela

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Laura Ghitta

Laura Ghitta è nata a Torino e da trent’anni vive ed opera a Pescate, in provincia di Lecco.

Chi osserva i suoi dipinti ne rimane affascinato e comprende subito di trovarsi davanti all’o-pera di un’artista di grande sensibilità.

Laura dipinge con la bocca le sue straordinarie tele, che hanno radici in un cuore che ama profondamente la vita. “Nonostante il mio limite fisico – afferma l’artista – ho trovato nella pittura e nella poesia un’espressione privilegiata del mio rapporto con il mondo e del mio amore incondizionato per la vita”.

Le opere di Laura Ghitta sono state esposte in Italia in importanti mostre personali e collettive, ricevendo apprezzamenti dal pubblico e dalla critica.

L’estro artistico di Laura non si limita alla sfera della pittura, ma riesce a toccare le corde più sensibili dell’animo umano anche attraverso la poesia. “Una soglia, una luce e oltre…” è, infatti, il titolo della sua prima raccolta di versi che, come sostiene la stessa autrice, “costi-tuisce la testimonianza del vissuto profondo e personalissimo di una donna che nell’arte ha trovato una straordinaria forma di comunicazione con sé stessa e con gli altri.”

A TU PER TU.... CON LAURA GHITTA........

1) Chi è stata la prima persona ad incoraggiarla a dipingere?

E’ stata una persona veramente speciale: un grande pittore.Sono passati quasi vent’anni dal mio primo incontro con lui, ora non è più qui con noi, ma è sempre presente nella mia vita e lo sento come un’anima veramente speciale che sopravvive in me.Abitavo in un paesino nelle vicinanze di Lecco, quando avevo appeso sulla parete della mia cameretta il mio dipinto; allora non ero consapevole che su quel semplice foglio potesse contenere un vero capolavoro,proprio da quel semplice disegno Enrico(l’amico pittore) quell’anima speciale,portò alla luce un mio dono che inconsapevolmente non sapevo di possedere,da quel mo-mento la mia vita cambiò. L’amico mi stimolò, senza condizionarmi, a continuare a dipingere con l’uso della bocca: amici, parenti e la gente comune erano meravigliati dal mio stile, per me era naturale, come usare le mani e proprio in quel periodo il mio dono della pittura fiorì, come un albero in primavera e lavorai molto, organizzando mostre collettive e personali.

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“SINFONIE” diam 27x27 tecnica mista

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