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La natura dello spazio e del tempo A 100 anni dalla teoria della Relatività Speciale di Corrado Ruscica Estratto dalla conferenza tenutasi al Planetario di Milano il 15 Marzo 2005 in occasione dell’Anno Internazionale della Fisica Sin dai tempi di Newton, i concetti di spazio e di tempo erano considerati assoluti ed universali. Nei suoi famosi Principia Mathematicae, Newton riteneva che spazio e tempo fossero due entità distinte. Il tempo ha una sola direzione, procede lungo una linea infinita ed è eterno, esiste da sempre ed esisterà per sempre. Lo spazio, e perciò l’Universo in generale, era stato creato alcune migliaia di anni prima. Queste idee dominarono la fisica del XVII secolo fino ai primi anni del XX secolo quando, nel 1905, Albert Einstein pubblicò in uno dei suoi famosi manoscritti un lavoro che passò alla storia come la Teoria della Relatività Speciale. Nella concezione di Newton, lo spazio, rappresentato graficamente da una autostrada che si intreccia, ed il tempo, che scorre lungo un binario che procede lungo una direzione all’infinito, sono due entità distinte e separate. Spazio e tempo sono assoluti e universali, per qualsiasi osservatore. Nella teoria della Relatività Speciale, così chiamata perchè si limita ad analizzare i fenomeni fisici in sistemi di riferimento che si muovono con moto relativo ed uniforme e velocità costante, dove cioè non si hanno accelerazioni, le intuizioni di Einstein sconvolsero ben presto la fisica del XX secolo. I concetti di spazio e di tempo non erano più considerati assoluti ma relativi, cioè dipendenti dal sistema di riferimento in cui si trova l’osservatore. Spazio e tempo diventano più elastici e variano in funzione della velocità con la quale si muove l’osservatore rispetto ad un altro in quiete. Tanto maggiore è la velocità tanto più estremi saranno gli effetti misurati: la dilatazione del tempo e la contrazione delle lunghezze. Nella concezione relativistica, i concetti di spazio e di tempo vengono perciò modificati verso una nuova visione più vicina alla realtà. Lo spazio ed il tempo formano una unica entità, chiamata continuo spazio-tempo, con quattro dimensioni: tre dimensioni spaziali ed una temporale. Se allora lo spazio si incurva anche il tempo si incurva.

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La natura dello spazio e del tempo A 100 anni dalla teoria della Relatività Speciale

di Corrado Ruscica

Estratto dalla conferenza tenutasi al Planetario di Milano il 15 Marzo 2005 in occasione dell’Anno Internazionale della Fisica

Sin dai tempi di Newton, i concetti di spazio e di tempo erano considerati assoluti ed universali. Nei

suoi famosi Principia Mathematicae, Newton riteneva che spazio e tempo fossero due entità

distinte. Il tempo ha una sola direzione, procede lungo una linea infinita ed è eterno, esiste da

sempre ed esisterà per sempre. Lo spazio, e perciò l’Universo in generale, era stato creato alcune

migliaia di anni prima. Queste idee dominarono la fisica del XVII secolo fino ai primi anni del XX

secolo quando, nel 1905, Albert Einstein pubblicò in uno dei suoi famosi manoscritti un lavoro che

passò alla storia come la Teoria della Relatività Speciale.

Nella concezione di

Newton, lo spazio,

rappresentato graficamente

da una autostrada che si

intreccia, ed il tempo, che

scorre lungo un binario che

procede lungo una

direzione all’infinito, sono

due entità distinte e

separate. Spazio e tempo

sono assoluti e universali,

per qualsiasi osservatore.

Nella teoria della Relatività Speciale, così chiamata perchè si limita ad analizzare i fenomeni fisici

in sistemi di riferimento che si muovono con moto relativo ed uniforme e velocità costante, dove

cioè non si hanno accelerazioni, le intuizioni di Einstein sconvolsero ben presto la fisica del XX

secolo. I concetti di spazio e di tempo non erano più considerati assoluti ma relativi, cioè dipendenti

dal sistema di riferimento in cui si trova l’osservatore. Spazio e tempo diventano più elastici e

variano in funzione della velocità con la quale si muove l’osservatore rispetto ad un altro in quiete.

Tanto maggiore è la velocità tanto più estremi saranno gli effetti misurati: la dilatazione del tempo e

la contrazione delle lunghezze. Nella concezione relativistica, i concetti di spazio e di tempo

vengono perciò modificati verso una nuova visione più vicina alla realtà. Lo spazio ed il tempo

formano una unica entità, chiamata continuo spazio-tempo, con quattro dimensioni: tre dimensioni

spaziali ed una temporale. Se allora lo spazio si incurva anche il tempo si incurva.

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Nella concezione di

Einstein, lo spazio e il

tempo sono interconnessi

tra loro. Essi formano

un’unica entità a 4

dimensioni. Spazio e tempo

non sono più assoluti ma

sono relativi al sistema di

riferimento

dell’osservatore.

Dieci anni dopo, Einstein generalizzò i concetti della relatività speciale tenendo conto anche degli

effetti dovuti alla presenza della forza gravitazionale. Nel 1915 venne pubblicata la Teoria della

Relatività Generale dove la gravità viene descritta non più come una forza a distanza che si esercita

tra due corpi dotati di grande massa, come del resto pensava lo stesso Newton, ma come dovuta alla

deformazione geometrica dello spazio-tempo a causa della presenza di masse. Questa fu la grande e

geniale idea di Einstein con la quale si spiegavano le orbite circolari dei pianeti attorno al Sole, la

curvatura dei raggi di luce quando essi passano in prossimità del campo gravitazionale del Sole o di

qualsiasi altro corpo celeste, fenomeno noto come lente gravitazionale, e l’avanzamento del perielo

di Mercurio.

Lo spazio-tempo

quadridimensionale nella

relatività generale può

essere rappresentato dal

cosiddetto “tessuto di

Eddington”, una sorta di

lenzuolo di gomma, dove la

presenza di un corpo dotato

di massa (es. il Sole) ne

determina la deformazione

geometrica in quella

regione. Nel caso di un

buco-nero, la distorsione

dello spazio-tempo diventa

estrema e allora si forma

una specie di pozzo

gravitazionale, circoscritto

da una linea di non ritorno,

al di la della quale la

gravità è talmente intensa

che niente può sfuggire,

nemmeno la luce.

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Dove e quando ha avuto origine lo spazio e il tempo secondo la teoria della Relatività Generale ?

Alcune soluzioni particolari della Relatività Generale prevedevano il fatto che il tempo avesse un

inizio ed una fine, anche se lo stesso Einstein era convinto che il tempo fosse infinito in entrambe le

direzioni passato/futuro. Andando a ritroso nel tempo, cioè verso il passato, si riteneva che lo

spazio, tutta la materia, convergesse in un punto a densità infinita, ossia in un punto singolare dove

avrebbe avuto inizio il tempo. Secondo l’interpretazione data dagli astrofisici inglesi, Roger Penrose

e Stephen Hawking, lo spazio ed il tempo hanno avuto origine nel Big-Bang. Applicando i concetti

einsteniani all’Universo nella sua globalità e tornando indietro nel tempo, scopriamo che esiste un

momento in cui tutti i raggi luminosi provenienti dalle stelle e dalle galassie piegano per poi

convergere in prossimità dell’istante iniziale dove si pensa abbia avuto origine l’Universo. Quindi,

costruendo la storia dell’Universo, lo spazio ed il tempo hanno avuto proprio la loro origine nel

Big-Bang e se guardiamo alla forma dell’entità spazio-tempo ci accorgiamo che essa assomiglia, in

modo ironico, ad una pera. Nell’ipotesi di Penrose-Hawking, l’intero Universo è contenuto in uno

spazio il cui confine diventa zero nel punto singolare del Big-Bang. Molti fisici teorici pensavano

che il modello matematico della Relatività Generale non era però adatto a descrivere lo spazio-

tempo in prossimità della singolarità iniziale.

Nell’ipotesi di Penrose-

Hawking, lo spazio-tempo

ha avuto origine nel Big-

Bang dove però la

Relatività Generale, che è

una teoria classica, cessa di

essere valida. Ironicamente,

guardando a ritroso la

storia dell’Universo, ci si

accorge che la distribuzione

di materia che causa la

gravità ad un certo istante

piega lo spazio-tempo

dandogli la forma di una

pera.

Una delle difficoltà della teoria della Relatività Generale è quella di venir meno nel momento in cui

ci avviciniamo all’istante iniziale, il Big-Bang. Difatti, la Relatività Generale è una teoria classica e

anche se essa rappresenta la migliore descrizione dell’Universo tuttavia cessa di essere valida su

scale piccolissime, dell’ordine della lunghezza di Planck, quando il raggio dell’Universo aveva le

dimensioni di un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di centimetro !

Cosa più importante è il fatto che la teoria della Relatività Generale non contempla il principio

d’indeterminazione di Heisenberg, che rappresenta il cuore stesso della Meccanica Quantistica, e si

applica ad uno spazio-tempo piano e continuo. Ma se noi guardassimo per un istante con una lente

d’ingrandimento una piccola parte del nostro tessuto spazio-temporale, cosa vedremmo su scale

piccolissime dell’ordine delle dimensioni degli atomi ? In realtà, quello che potremmo osservare

sarebbe uno spazio-tempo alquanto irregolare e spigoloso, irto di deformazioni locali che sono

lontane da una realtà alla quale siamo abituati. In queste condizioni, la teoria della Relatività

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Generale non può essere applicata e la gravità stessa non può essere descritta dalle sole leggi che

governano il mondo degli atomi. Da qui nasce un contrasto secolare, per così dire, tra la teoria della

Relatività Generale e la Meccanica Quantistica proprio perchè manca una teoria completa che possa

descrivere, in modo unificato, i fenomeni fisici contemporaneamente del mondo macroscopico e del

mondo microscopico.

La Relatività Generale

descrive uno spazio-tempo

continuo, liscio senza

alcuna irregolarità. Se ci

riferiamo a scale

piccolissime, dell’ordine

delle dimensioni atomiche,

ci accorgiamo che esistono

una serie di fluttuazioni

quantistiche, dovute alla

creazione spontanea di

coppie

particella/antiparticella,

che danno allo spazio-

tempo una forma alquanto

spigolosa e irregolare.

Se da un lato la Relatività Generale non può essere applicata nell’istante singolare del Big-Bang,

poichè essa produrrebbe valori infiniti dei parametri fisici quali ad esempio la densità o la

temperatura, dall’altro le fluttuazioni quantistiche darebbero luogo a valori infiniti dell’energia

prodotta in seguito alla creazione di coppie particella/antiparticella e poichè massa ed energia sono

proporzionali (E=mc2) queste sorgenti di energia infinita sarebbero equivalenti a centri di gravità

infinita tali da far collassare in una frazione di secondo l’intero Universo. Ma questo non si osserva.

Come si può allora descrivere la fase iniziale dell’Universo, l’origine dello spazio e del tempo ?

La Relatività Generale non

può descrivere l’istante di

tempo iniziale quando ha

avuto origine l’Universo. Il

Big-Bang viene considerato

perciò un punto singolare

poichè la teoria prevede

valori infiniti dei parametri

fisici. Su scale atomiche, le

fluttuazioni quantistiche,

che danno la forma

spigolosa e irregolare dello

spazio-tempo, dovute alla

creazione di coppie

particella/antiparticella,

portano a valori infiniti

dell’energia tali da far

collassare l’Universo su se

stesso.

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Per risolvere le divergenze tra Relatività Generale e Meccanica Quantistica, al fine di descrivere il

comportamento della gravità su scale atomiche, venne formulata da parte dei fisici teorici, agli inizi

degli anni Settanta, una teoria che prevedeva l’esistenza di super-particelle, per ogni singola

particella, le cui proprietà erano tali da eliminare il problema degli infiniti. Questa teoria, chiamata

della Supersimmetria, poteva includere la Relatività Generale per descrivere il comportamento della

gravità su scale quantistiche. La prima vera teoria della Gravità Quantistica venne infatti formulata

nel 1976, chiamata Teoria della Supergravità, che prevedeva l’esistenza di altre 7 dimensioni

spaziali, in uno spazio-tempo a 11 dimensioni, per poter descrivere il comportamento dei fenomeni

fisici su scale microscopiche includendo anche la gravità. Più tardi, a metà degli anni Ottanta, la

seconda rivoluzione della Teoria delle Stringhe, che sostituisce alla natura puntiforme delle

particelle elementari della meccanica quantistica il concetto di corde o stringhe, portò alla

formulazione della Teoria delle Superstringhe, anche qui in uno spazio-tempo a 10 o 11 dimensioni,

come la teoria più completa, forse, per spiegare le fasi iniziali della storia dell’Universo e perciò

l’origine dello spazio e del tempo. L’eleganza della Teoria delle Superstringhe è che essa prevede in

maniera naturale la gravità. Per evitare allora la singolarità iniziale del Big-Bang si suppone che

esista una stringa fondamentale che abbia una lunghezza minima, data dalla lunghezza di Planck, al

di sotto della quale non ha senso parlare di dimensioni fisiche. Dal 1985, la teoria delle

Superstringhe viene considerata come una sorta di Teoria del Tutto, anche se non è stata

completamente verificata, e la teoria della Supergravità come una buona descrizione del mondo

fisico a valori più bassi dell’energia.

La teoria della

Supersimmetria, formulata

dai fisici teorici, prevede

l’esistenza di

superparticelle, non ancora

osservate, per eliminare il

problema degli infiniti e per

descrivere il

comportamento della forza

gravitazionale su scale

quantistiche. La prima

teoria della Gravità

Quantistica venne

formulata nel 1976, detta

della Supergravità, ma per

poter funzionare deve

necessariamente agire in

uno spazio-tempo a 11

dimensioni. La teoria delle

Superstringhe rappresenta

oggi la descrizione, forse,

più completa per descrivere

le fasi iniziali ed evolutive

dell’Universo.

Come ha avuto allora origine lo spazio ed il tempo secondo le teorie quantistiche della gravità ? Su

scale dell’ordine della lunghezza di Planck non ha più senso parlare di spazio o di tempo perchè le

fluttuazioni quantistiche sono tali da creare una sorta di confusione o schiuma quantistica. Spazio e

tempo sono perciò mescolati, il tempo è come se svanisse, ed esistono infiniti spazi-tempi. Tra tutte

queste possibili geometrie di spazi-tempi, qualcuna evolve, assumendo, per una qualche frazione di

secondo, le dimensioni di un atomo per poi collassare nuovamente e solo una, per una ragione a noi

sconosciuta, evolverà nel tempo, tramite un Big-Bang, nel quale prendono forma lo spazio, a 3

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dimensioni, ed il tempo. Le altre 6 o 7 dimensioni spaziali rimangono, per così dire, arrotolate su se

stesse e diventano visibili solo se scendiamo su scale atomiche.

Le fluttuazioni quantistiche

danno luogo ad una

confusione o schiuma

quantistica iniziale dove

spazio e tempo sono

mescolati e indistinguibili.

Dalla schiuma quantistica

si evolverà il nostro

Universo in uno spazio-

tempo a 4 dimensioni. Le

altre dimensioni spaziali

rimarranno arrotolate su se

stesse.

Quale sarà la fine dello spazio e del tempo ? Il destino dell’Universo è legato al contenuto di

materia in esso presente. Oggi noi sappiamo che solo il 5% della materia presente nell’Universo è

composta da materia visibile, formata cioè da protoni, neutroni, pianeti, stelle, galassie, etc.; che il

30% è materia non visibile, “materia scura”, formata, forse, da particelle esotiche (WIMPs), a cui

anche i pianeti gioviani, le stelle nane-brune o i buchi-neri possono contribuire alla composizione;

che il 65% della materia è sottoforma di “energia scura”, una sorta di forza antigravitazionale, si

parla anche di quintessenza, che permea l’Universo determinando una accelerazione all’espansione

e di cui gli astronomi attualmente non sanno ancora dare un spiegazione.

Come si vede dal

diagramma a torta, la

percentuale maggiore di

materia presente

nell’Universo si trova

sottoforma di una energia,

chiamata “energia-scura”,

che permea l’Universo,

come se fosse intrappolata

in esso, e determina, si

pensa, una accelerazione

alla sua espansione.

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Quello che attualmente possiamo dire è che se la materia presente nell’Universo sarà tale da

determinare un arresto all’espansione, allora potremo assistere, tra qualche decina di miliardi di

anni o più, ad un collasso gravitazionale che porterà l’Universo ad un Big-Crunch, una sorta di

gigantesca contrazione di tutta la materia in un nuovo punto singolare da cui, secondo alcuni

modelli cosmologici, potrà forse avere origine un nuovo Universo da un nuovo Big-Bang.

Il destino dell’Universo è

legato alla quantità di

materia in esso presente.

Nella grafica sono

rappresentate due

condizioni estreme: la

prima, detta Big-Crunch,

considera una quantità di

materia tale da arrestare

l’espansione e determinare

un collasso gravitazionale

in un punto singolare da

cui, forse, avrà origine un

nuovo Universo;nel la

seconda, detta Big-Chill, la

quantità di materia non

sarà tale da frenare

l’espansione che continuerà

per sempre in uno stato di

morte termica

dell’Universo.

Se invece il contenuto di materia non sarà tale da trattenere l’espansione, allora l’Universo si potrà

espandere per sempre. Avremo perciò un spazio-tempo sempre più freddo, un Big-Chill, e sempre

più popolato da buchi-neri che saranno il conseguente residuo finale dell’evoluzione stellare e

galattica. Questa sarà allora la morte termica che subirà il nostro Universo.

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La freccia del tempo

Il problema della freccia del tempo non è stato ancora del tutto chiarito. Possiamo comunque

distinguere tre tipologie di freccia del tempo: 1) una freccia del tempo psicologica; 2) una freccia

del tempo termodinamica; 3) una freccia del tempo cosmologica.

La freccia del tempo

psicologica dà una sorta di

direzionalità ai processi

mentali per i quali ci

ricordiamo del passato e

non del futuro.

La memoria è una funzione mentale che ci permette di codificare, immagazzinare e recuperare delle

informazioni. Ora, in tutti i processi mentali noi ci ricordiamo degli eventi accaduti nel passato ma

non possiamo sicuramente ricordarci degli eventi che dovranno succedere nel futuro. In tal senso

esiste una sorta di direzionalità dei processi mentali che possiamo rappresentare con quella che

viene definita una freccia del tempo psicologica.

Consideriamo, ad esempio, una tazzina di caffè su un tavolo in prossimità del bordo. Se

accidentalmente urtiamo il tavolo vedremo la tazzina di caffè cadere sul pavimento e rompersi in

vari pezzi. Certamente non vedremo mai il processo inverso, cioè i pezzi che si mettono insieme per

diventare nuovamente la tazzina di caffè. Avremmo violato il secondo principio della

termodinamica. Di fatto, in natura tutti i processi fisici, al passare del tempo, tendono verso una

situazione il cui grado di disordine è massimo, si dice che l’entropia aumenta col tempo. Anche in

questo caso possiamo riconoscere una direzionalità nella quale evolvono i processi fisici che può

essere rappresentata da una freccia del tempo termodinamica.

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I processi fisici evolvono

nel tempo verso uno stato

dove il grado di disordine è

massimo. In questo

esempio, la tazzina cade dal

tavolo e si frantuma in pezzi

ma non vedremo mai il

processo inverso. La

conservazione del secondo

principio della

termodinamica implica una

direzionalità dei processi

fisici che può essere

rappresentata da una freccia del tempo

termodinamica.

Infine, la freccia del tempo cosmologica rappresenta la direzione dell’espansione dell’Universo,

anche se non sappiamo con certezza se ci sarà una inversione di direzione nel momento in cui

l’Universo avrà un destino finale che terminerà con un grande collasso gravitazionale (Big-Crunch).

La freccia del tempo

cosmologica indica la

direzione dell’espansione

dell’Universo. Tuttavia,

nessuno sa con certezza se

ci potrà essere una

inversione nella direzione

della freccia se il destino

dell’Universo sarà quello di

un grande collasso

gravitazionale. Nel caso

opposto, la freccia del

tempo cosmologica

indicherà per sempre

l’espansione infinita

dell’Universo.

Per concludere, possiamo dire che la freccia del tempo psicologica e quella termodinamica hanno la

stessa direzione mentre la freccia del tempo termodinamica non ha sempre la stessa direzione della

freccia del tempo cosmologica.