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numero 4 - marzo 2012. Iscrizione Tribunale di Brindisi 11.11.2011 - N. Reg. Stampa 9/2011 NUOVA PIAZZA www.lanuovapiazza.com MENSILE DI INFORMAZIONE POLITICO-CULTURALE speciale zona industriale convenzione rifiuti: è tempo di rimediare ritratto a tonino zurlo Marcello Carrozzo/Urban Landascape

LA NUOVA PIAZZA - MARZO/2012

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PUBBLICAZIONE N.4 - MARZO/2012

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NUOVAPIAZZA

www.lanuovapiazza.comMensile di inforMazione politico-culturale

speciale zona industrialeconvenzione rifiuti:è tempo di rimediareritratto a tonino zurlo

Marcello Carrozzo/Urban Landascape

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Questo numero del giornale viene chiuso po-che ore dopo il Consiglio dei Ministri che ha approvato il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro. Una riforma contrastata, che, mentre scrivia-mo, vede una crescente sofferenza in buo-na parte del sindacato e nello stesso Partito Democratico, una delle forze maggiori che sostengono in Parlamento l’esperienza del Governo Monti: la discussione, in particolare, verte su uno degli aspetti più delicati e contro-versi, ovvero la revisione dell’art.18 che disci-plina i licenziamenti individuali, che, nella nuo-va versione, esclude il reintegro per i lavoratori licenziati per motivi economici.Il Parlamento nelle prossime settimane sarà im-pegnato in un confronto che si annuncia sicu-ramente non facile.Una riforma importante, che deve veder preva-lere la consapevolezza, in tutti gli attori istitu-zionali e sociali coinvolti, che lo sforzo per co-struire finalmente un insieme di nuove regole volte a diminuire la precarietà e ad aumentare le opportunità di accesso al mondo del lavoro per giovani e donne, non può essere com-pensato in alcun modo dall’arretramento sul fronte dei diritti dei lavoratori. Sono e de-vono poter restare due questioni distinte e che non vanno confuse. La crisi grave, che il nostro paese vive da alcuni anni, nei suoi aspetti so-ciali più drammatici non è ancora del tutto alle nostre spalle: ed il prezzo più alto finora è stato pagato senza dubbio dai ceti più deboli, dal-le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno perso la loro occupazione ai tanti che hanno visto in una notte cambiati i loro programmi di vita con l’allungamento dell’età pensionabile, dal crescente numero di giovani e donne che conoscono solo precarietà o il ritorno dell’emi-grazione, specie intellettuale, ai tanti che il la-voro non lo hanno mai conosciuto.Insomma, si può davvero sostenere che, di fronte ad una così devastante crisi, qualcuno in questo paese la propria parte l’ha già compiuta fino in fondo! Ora dovrebbe poter toccare ad

altri. Questo è il tempo, infatti, di comincia-re ad immaginare come vogliamo l’Italia nei prossimi anni, rilanciandone lo sviluppo e le capacità di produrre nuova ricchezza e nuova occupazione, nonché aumentandone il tasso di equità e di giustizia sociale.L’esperienza del Governo Monti, del tutto ori-ginale nella sua composizione e nella sua base parlamentare, si sta rivelando positiva per la ri-acquistata credibilità internazionale dell’Italia, per aver messo in sicurezza i conti pubblici e per aver avviato importanti riforme di sistema.Le prossime settimane saranno decisive per delineare il nuovo assetto del sistema po-litico italiano: a cominciare proprio dall’esito che avrà l’iter parlamentare della riforma del mercato del lavoro. Una soluzione positiva, nel senso che abbiamo appena richiamato, non solo eviterebbe tensioni sociali di portata non marginale ma rafforzerebbe l’esperienza del Governo Monti, consentendo, nel contempo, che si concretizzino le condizioni politiche tra le forze che sostengono il Governo per avviare una autonoma iniziativa parlamentare volta a realizzare alcune non rinviabili riforme.A cominciare dalla approvazione di una nuova legge elettorale che verta sul ripristino del di-ritto oggi negato dei cittadini-elettori di poter scegliere i propri parlamentari e, nel contem-po, capace di superare il bipolarismo forzoso di questi anni a favore di un bipolarismo costruito su omogeneità politica e programmatica.Possono, altresì, maturare le condizioni per al-cune riforme istituzionali su cui vi è un lar-go consenso, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari e dal superamento del bicameralismo perfetto, una delle cause di inefficienza della politica e della lentezza del processo legislativo.Insomma, i prossimi mesi possono consegnar-ci una fase di importanti riforme o di cocenti delusioni e, quindi, di ennesimo “fallimento” della politica verso le aspettative del paese.Per questo, in tempi di profonda disillusione dei cittadini verso la politica ed i partiti, c’è un

bisogno vitale di riforme e di risposte concrete e coerenti. In una stagione in cui, peraltro, da Milano a Bari, dal centrodestra al centrosini-stra, le cronache giudiziarie ci raccontano di gravi accuse verso diversi esponenti istituzio-nali - nelle more che la giustizia compia per intero il suo corso e certifichi eventuali reati e responsabilità - dalla politica e dai partiti i cit-tadini si attendono non imbarazzati silenzi o scontate prese di distanza, ma parole chiare ed atti conseguenti.A cominciare da maggiore trasparenza nella selezione delle candidature, da scelte efficaci per contrastare ogni conflitto di interessi, dalla rottura di ogni sudditanza della politica e delle istituzioni ai poteri economici.Non sembri un ingenuo paradosso: ma conti-nuiamo ad essere convinti che alla cattiva po-litica bisogna rispondere con più politica e con un rilancio della funzione propria dei partiti.Agli “errori”, chiamiamoli così, in cui alcuni sono incorsi purtroppo anche nella nostra re-gione e nel centrosinistra pugliese negli ultimi anni, non c’è anticorpo più efficace da opporre se non il ritorno ai luoghi collettivi della po-litica, alla partecipazione diffusa, all’afferma-zione di leader che si muovano con l’autorevo-lezza figlia del consenso e della responsabilità, rifuggendo dal populismo frutto della rinuncia alla mediazione dei corpi collettivi.Tutto ciò riguarda anche le nostre città e la po-litica locale, in cui i partiti anziché vivere quali organismi che favoriscono la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica, troppo spes-so vengono soppiantati dai comitati elettorali e perdono ogni autonomia di iniziativa e di elaborazione, appiattiti sulle rappresentanze istituzionali e su logiche di conservazione e au-toriproduzione del consenso.Ma questa è un’altra storia, molto più diffusa e vicina di quanto non appaia ai più, su cui torneremo, magari in una discussione aperta e a più voci, se le preoccupazioni e le speranze che abbiamo qui manifestato non sono solo le nostre.

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TORNI LA POLITICA, LA “BUONA” POLITICA

marzo 2012

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editoriale

PROROGATA LA CONVENZIONE PER LA GESTIONE DEL CINEMA TEATRO ROMA FINO A FINE ANNO

e IL sIPARIONONCALA!

di Salvatore Tomaselli

ph: Daniela Cardone

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Deserto del Gobhi, Mongolia 2010

OsTUNI CHeNON CI PIACe

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fORUm sOCIeTàCIvILe IeRI ed OggI

12CONveNZIONI RIfIUTI:è TemPO dI RImedIARe

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sPeCIALe ZONAINdUsTRIALe

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di Michele Carrieroe Vincenzo Cappetta

di Giuseppe Tagliente

di Giuseppe Moro

di Guglielmo Cozzolino

LANUOVAPIAZZAmarzo 2012

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direttore responsabile

Nicola [email protected]

editore

Associazione La Nuova Piazza

fotografia

Marcello Carrozzo - PhotoeditorDaniela CardoneMarta Tomaselli

progetto grafico

Sandro Bagnulo - Factory18 Studio

stampa

LocopressVia A. Montagna - Zona Ind. 72023 MESAGNE (BR) - Italywww.locopress.it

redazione

Vincenzo Cappetta, Michele Carriero, Lorenzo Cirasino, Giuseppe Moro.

hanno collaborato:Guglielmo Cozzolino, Enzo Farina, Paola Cirasino, Antonella Greco, Danilo Santoro, Francesco Roma, Franco Colizzi, Bernardo Quaranta, Gianfranco Ciola, Salvatore Toma-selli, Giuseppe Tagliente.

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Ringraziamo il Prof. Oronzo SadiKper la sua preziosa collaborazione.

Foto di Marcello Carrozzopubblicata su “La Nuova Pizza”,novembre 2011

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“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.(Art. 21 Costituzione Italiana)

Deserto del Gobhi, Mongolia 2010

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NAsCe IL g.A.s. OsTUNI

LA sTORIAde “LU PANe”

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di Lorenzo Cirasino

di Gianfranco Ciola

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LANUOVAPIAZZAmarzo 2012

FOTO PREMIATA AL CONCORSO“GIORNALISTA DI PUGLIA 2012”,INDETTO DALLA SCUOLA DIGIORNALISMO DI BARI“M. CAMPIONE”

QUOTA SOSTENITORE 25 €QUOTA BENEMERITO 50 €

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QUALe fUTURO PeR LA ZONA INdUsTRIALedeLLA CITTà dI OsTUNI?I RISULTATI DEL FORUM FRA IMPRENDITORI DELLA Z.I. E L’A.S.I.

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è evidente, quarant’anni non sono bastati. Questo il sentimento emerso durante il forum fra gli im-prenditori insediati nella Zona Industriale di Ostu-ni ed il Consorzio ASI. Un’area che, nonostante abbia visto il coinvolgimento istituzionale di due importanti enti, come il Comune di Ostuni ed il Consorzio ASI (Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale), non è riuscita a configurarsi ancora come una vera e propria Area di Sviluppo Indu-striale. Presenti all’incontro, alcuni fra i più impor-

tanti imprenditori insediati da anni, pur fra mille difficoltà. L’apertura dei lavori, come per ogni spe-ciale, è toccata alla nostra redazione. Ancora una volta, ci siamo messi in gioco rendendo possibile una piattaforma di confronto dalla quale poter av-viare percorsi virtuosi finalizzati al consolidamento di una logica di sistema che garantisca quelle scel-te indispensabili per lo sviluppo dell’area oggetto del nostro forum.

di Michele Carrierofoto di Marcello Carrozzo

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speciale economia

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Franco Nosarti (Ecoimpresa) ha sottolineato come, il Consorzio ASI se pur attento ai bisogni manifestati dal-le imprese, non sempre si è mostrato pronto ad inter-loquire fattivamente con l’Amministrazione Comunale. Fra i problemi evidenziati il deflusso delle acque me-teoriche, in uno con l’allacciamento alla rete fognaria, rete realizzata, ma non ancora utilizzabile. Si può fare di più sui servizi telefonici, la rete internet, la vigilanza. In breve, è come se fosse stato disatteso quel ruolo di coordinamento che in altri contesti ha fatto la diffe-renza, determinando la competitività di interi sistemi produttivi.

Elena Martucci (SAIO s.p.a.) ha detto che anche lo storico sansificio ostunese vive con grande disagio il rapporto con la zona industriale. Numerosi i problemi: dalle acque meteoriche, al parcheggio selvaggio dei pendolari che utilizzano i servizi ferroviari, ignari delle enormi difficoltà che procurano alla movimentazione del traffico pesante. Per non parlare di stranezze, tutte ostunesi, che vanno dalla residenzialità di numerose fa-miglie, che nulla hanno a che fare con gli stabilimenti produttivi, fino ad ex stabilimenti oggi usati come cen-tri di accoglienza. In breve, ci vorrebbe solo maggiore controllo e severità e magari un più efficace coordina-mento fra Consorzio ASI e Comune, oggi viziato da atteggiamenti dilatori, utili solo a rimpallare responsa-bilità e obblighi.

Mimmo Dalia (Nuova Golden Marmi) si è soffer-mato l’attenzione su: la mancanza di una progettualità di medio-lungo termine. Una progettualità che sappia coinvolgere dal basso gli attori dello sviluppo, deter-minando in questo modo non solo scelte consapevo-li, ma oltremodo sostenibili, dettate altresì da processi partecipativi, come quelli sperimentati da Agenda 21. Mancano, rimarca con forza, momenti di socialità co-struttiva, di confronto tra gli operatori, le istituzioni e la comunità. Adoperarsi in questo senso non è più rimandabile.

Ennio Vergati (Orthogea) ha ribadito che i problemi irrisolti della Zona Industriale sono numerosi, dal de-flusso delle acque meteoriche, alla viabilità, dal degra-do del contesto alla incuria del verde, alla sicurezza. Un leitmotive che ha accomunato tutti gli interventi e che gli operatori vivono come un disagio, ormai al limi-te della sopportazione “Non possiamo che esortare il Consorzio ASI a fare bene e in fretta - aggiunge Vergati - dimostri l’ASI, che la nomina del nuovo consiglio di amministrazione corrisponde ad una rinnovata e più efficiente operatività”. Ha terminato il ciclo di interventi il consigliere di am-ministrazione del Consorzio ASI Nicola Santoro, che ha rimarcato l’impegno dell’istituzione consortile ad affrontare e risolvere tutte le problematiche emerse. Quanto alla Viabilità, è stata finalmente accertata la competenza comunale e pertanto lo stesso Consorzio, aggiunge Santoro, si è reso disponibile a trasferire gli incartamenti all’Amministrazione e ad assisterla nella prima fase di attività. Ha sottolineato inoltre che il Con-sorzio darà priorità agli interventi riguardanti la pubbli-ca illuminazione, il potenziamento del servizio di vide-osorveglianza, il completamento della rete fognaria, il potenziamento della rete elettrica e di internet. Molto si sta inoltre facendo anche sul fronte suoli inutilizzati; già nelle prossime settimane si avvieranno le procedure di revoca dei suoli per quelle imprese che non hanno adempiuto a quanto si erano obbligate a fare in sede di concessione, ovvero a realizzare l’impianto produttivo.

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speciale economia

La proposta de La Nuova Piazza: istituire un ta-volo di lavoro permanente composto da un rappresentante della Zona Industriale, un rappre-sentante del Consorzio ASI e un rappresentante dell’Amministrazione Comunale. Un momento di sintesi in definitiva che eviti, da ora in avanti, che scelte importanti vengano pensate, fatte e condotte in totale autonomia da parte delle istitu-zioni, avviando in questo modo azioni di sistema, indispensabili per garantire allo sviluppo dell’area il necessario propellente.

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speciale economia

ReCUPeRO e RILANCIO deLL’ AReAdI svILUPPO INdUsTRIALe dI OsTUNI

La Zona Industriale di Ostuni si è sviluppata, negli ultimi 40 anni, sulla via per Villanova, vicino alla stazione ferroviaria. Uno sviluppo lento, ma continuo. Oggi ope-rano nella zona 72 aziende, con circa 800 addetti, che contribuiscono a rafforzare il sistema produttivo locale e assicurare la cre-scita economica e sociale della Città.La gestione dell’area da parte del Consorzio ASI di Brindisi è stata inadeguata; infatti, la realizzazione dei servizi essenziali per il funzionamento normale delle aziende è avvenuta con una lentezza ingiustifica-ta. Una storia lunga e non ancora giunta al termine.Oggi, si è in attesa del collaudo della fogna nera che immetterà gli scarichi in un colletto-re collegato al depuratore di Ostuni. Funzio-na l’acquedotto, è stato fornito il metano, la illuminazione pubblica, le strade.Scarsa è la sicurezza nelle ore notturne. Ser-ve un sistema di video sorveglianza collegato alle forze di polizia.In questi anni, anche l’Amministrazione Co-munale di Ostuni ha operato per sollecitare la risoluzione dei problemi; oggi, dovrebbe rilevare e gestire la viabilità e la illuminazione pubblica della zona.è in fase di realizzazione, da parte del Co-mune, un sistema viario che determina un nuovo percorso della strada per Villanova e garantisce, attraverso due rotatorie, maggio-re sicurezza alla zona industriale.Ci sono, ancora, molti problemi da risolve-re per superare le carenze infrastrutturali e ridurre i costi di gestione degli operatori eco-nomici e rendere più competitive le aziende sul mercato.Manca anche il coordinamento e la colla-borazione fra tutti gli operatori che sicu-ramente garantirebbe una maggiore capaci-tà di azione e di rappresentanza nei confronti del Consorzio ASI e dello stesso Comune di Ostuni, oltre ad una sicura valorizzazione delle risorse locali sul mercato.La elezione del nuovo Consiglio di Ammini-

La Legge N° 634 1957, che prorogava l’inter-vento della Cassa per il Mezzogiorno al 30 giu-gno 1965, istituì e finan-ziò la nascita delle Aree di Sviluppo Industriale al Sud.

L’Area Industriale di Brindisi viene istituita con D.P.R. N° 805 del 28 giugno 1960.

Il 6 luglio del 1966 il Piano Regolatore viene approvato con Decreto del Presidente del Consiglio. Prevede l’Area Industriale di Brindisi e gli ag-glomerati satelliti di Fasano, Francavilla Fontana e Ostuni.

Nel 1961 la Società Ce-gos-Sofred viene incari-cata di redigere il Piano Regolatore Generale dell’Area ASI di Brindisi.

Anni settanta priorità il lavoro. Sviluppo della z.i. in due aree divise dalla Ferrovia.

di Vincenzo Cappetta

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strazione del Consorzio ASI di Brindisi, dopo 17 anni di commissariamento dell’Ente, po-trà assicurare una presenza più attiva e re-sponsabile. Il presidente Marcello Rollo e il consigliere Nicola Santoro hanno assicura-to al Sindaco di Ostuni Domenico Tanzarella tutta la disponibilità a farsi carico della rapida soluzione dei problemi ancora aperti. Serve, sicuramente, un maggiore collegamento fra l’ASI di Brindisi, l’Amministrazione Comunale e gli operatori della Zona In-dustriale di Ostuni.Vanno verificati i problemi presenti e non ri-solti dalla sicurezza alla fogna bianca e nera, dalla illuminazione alle strade, al potenzia-mento della rete elettrica e telefonica e tele-matica, con il collegamento alla banda larga che corre lungo la 379.Bisogna garantire un’attenta e rigorosa ge-stione dei suoli per impedire la speculazione, e assicurare gli spazi necessari agli operatori che vogliono aprire nuove aziende o allar-gare le esistenti. I suoli assegnati negli anni

passati e non utilizzati vanno revocati e messi a disposizione di chi ne fa richiesta. Nessuno deve dimenticare che la Zona Industriale si estende nella Marina oli-vetata di Ostuni e la sua espansione, non controllata, allarga la ferita inferta all’ambiente e al paesaggio. E’ una que-stione centrale per lo sviluppo turistico della Città che deve essere resa compatibile con lo sviluppo complessivo di tutte le attività.L’ampliamento della Zona Industriale con la Variante del 2003, certo non contribuisce alla risoluzione del problema.è urgente un Piano di Recupero della Zona Industriale attraverso un arredo adeguato: dal verde con piante ad alto fusto ai parcheg-gi attrezzati, alle strade e alla illuminazione pubblica adeguata e omogenea, ai servizi per la ristorazione.è una questione complessa che l’Ammini-strazione Comunale e il Consorzio ASI di Brindisi devono risolvere.La Città di Ostuni ha bisogno di un’Area

Industriale attrezzata, capace di attrar-re ulteriori investimenti e aprire nuove possibilità di lavoro ai 5277 disoccupati.Tutto ciò deve avvenire con i dovuti accorgi-menti per armonizzare e rendere compatibile la presenza dell’Area Industriale nella Marina olivetata, salvaguardando gli equilibri am-bientali e la bellezza del paesaggio.Si tratta di scelte strategiche per il futuro della Città. Le diverse questioni vanno valu-tate e definite in modo unitario.Nasce, anche, da questa complessità di ge-stione del territorio, l’urgenza di riprende-re il dibattito sul Piano Urbanistico Ge-nerale.Solo in questo modo si possono trovare le ri-sposte più utili alla Città, sostenere le attività delle aziende che operano nella Zona Indu-striale, dare ai giovani la fiducia e la speranza in un futuro possibile e rispondere in modo adeguato alla grave crisi economica e sociale in atto.

I 94,46 ettari della Zona Industriale sono così ripartiti: per le attività produttive 73,33 ettari, per il verde 4,55 ettari,per i servizi 4,91 ettari, per la viabilità 11,65 et-tari. Nella Zona indu-striale di Ostuni ope-rano 72 aziende con circa 800 lavoratori.

Negli anni novanta già ospitava la maggior parte delle Aziende oggi operanti.

Il 6 settembre del 2011,dopo 17 anni di commissariamen-to, è stato eletto il nuovo Consiglio di Amministrazio-ne dell’ASI di Brindisi: Presi-dente Marcello Rollo e con-siglieri Cosimo Convertino e Nicola Santoro.

Nel 2003 la Regione Puglia approva, con Delibera N° 578 del 17 aprile, una Variante Generale al Piano Regolato-re dell’ASI di Brindisi. L’Area della Zona Industriale di Ostuni viene ampliata e pas-sa da 78,5 ettari a 94,4 ettari.

Nel 2003 la Regione Puglia approva, con Delibera N° 578 del 17 aprile, una Variante Generale al Piano Regolato-re dell’ASI di Brindisi. L’Area della Zona Industriale di Ostuni viene ampliata e pas-sa da 78,5 ettari a 94,4 ettari.

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Il 1° Marzo scorso la Giunta Comunale ha adottato una delibera con la quale proroga l’affidamento temporaneo per la gestione del ser-vizio di igiene ambientale all’ATI Cns Soc Coop. - Sarim Srl. L’Asso-ciazione temporanea di imprese in questione ha iniziato ad operare in città il 16 Giugno 2011, ma avrebbe dovuto effettuare il servizio soltanto sino al 27 Agosto dello scorso anno, “nelle more dell’esple-tamento della procedura di gara per l’appalto quinquennale”. A di-stanza di quasi nove mesi, l’appalto quinquennale che intro-durrà definitivamente anche in Ostuni un sistema di raccolta differenziata “porta a porta” non è venuto alla luce, ragion per cui l’Amministrazione comunale è dovuta ricorrere per ben tre volte allo strumento dell’affidamento in proroga al fine di garantire la con-tinuità del servizio di raccolta sino alla data del 30 aprile prossimo. Da quel momento in poi, salvo ulteriori sorprese, dovrebbe entrare in vigore il regime di raccolta differenziata “porta a porta”. I ritardi accumulati nel corso del tempo renderanno questa sfida an-cora più ardua, soprattutto alla luce dell’aumento del tasso demo-grafico che la nostra città registra nel corso della stagione estiva ed al conseguente aumento del volume di rifiuti prodotti in tale periodo. Scarsa vigilanza? Probabilmente. Nel frattempo la Regione Puglia, coerentemente con le politiche a tutela dell’ecologia

e dell’ambiente, ha imposto l’aumento del contributo per il deposito dei rifiuti in discarica per quei Comuni che non hanno raggiunto una congrua percentuale di raccolta differenziata, ed Ostuni è una delle città che saranno colpite da questo prov-vedimento. Un’ulteriore proroga o rinvio della definizione dell’ap-palto quinquennale rischia di comportare serie conseguenze per l’av-vio di una nuova stagione ecologica in città, in termini di costi per la popolazione e di salvaguardia ambientale. L’auspicio è che il servizio quinquennale possa essere svolto da un’azienda seria e qualificata, in grado di comprendere la complessi-tà della sfida, di comunicare ai cittadini la convenienza di tale sistema e di contribuire, congiuntamente all’Amministrazione comunale, a definire le mosse per un’azione di educazione all’ecologia.La speranza, però, è che sia mantenuto alto il livello di guardia al fine di evitare altri inconvenienti procedurali come quelli perduranti per mesi, che probabilmente non si sarebbero verificati se tutti avessero fatto la propria parte, con diligenza e responsabilità. Da maggio potrebbe partire la nostra piccola rivoluzione verde, e non possiamo più permetterci, come comunità, di rinviare ulterior-mente questa importante occasione di civiltà.

CONveNZIONeRIfIUTI:è TemPO dI RImedIARedi Giuseppe Tagliente

foto di Daniela Cardone

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Perché educare alla differenziata i ragazzi?Perché riteniamo che i ragazzi siano il futuro, coloro che possono e devono dare una svolta concreta alla loro vita e al futuro che li attende.La differenziata non era lo scopo principale, ci siamo sforzati di parlare di rifiuti e riciclaggio in manie-ra locale e globale, cercando di scardinare un’idea di progresso (ancora purtroppo vincente) che tratta il rifiuto come un problema di altri, qualcosa che possiamo risolvere dopo, l’importante e che nessu-no si opponga a trattare il pianete come una grande e infinitamente capace pattumiera. Lo stesso modello di sviluppo basa lo sfruttamento delle ricchezze naturali per vantaggi privati o commerciali.L’educazione ambientale ha molteplici sfaccettature, tutte egualmente importanti. Spiegare ed edu-care i ragazzi verso una nuova e differente concezione di rifiuto è il passo fondamentale per il corretto sviluppo delle loro coscienze socio-ambietaliste.

In cosa consiste il vostro progetto sulla differenziata nelle scuole?Nell’informazione scientifica e senza preconcetti sul tema dei rifiuti e riciclaggio, nella formazione alle buone pratiche quotidiane. Nel capire i pro (pochini) e i contro (molti) degli atteggiamenti degli ostunesi nei confronti del tema. Ad Ostuni si ricicla pochissimo e tutt’oggi le nostre discariche sono posti molto critici sotto molti punti di vista.L’iniziativa nelle scuole medie si articola in 3 ore suddivise in tre fasi:- Video. Sarà utilizzato un approccio interattivo più vicino al mondo dei ragazzi, attraverso il quale si possono e si devono mandare informazioni dirette anche di forte impatto sugli effetti dell’inquina-mento che con le sole parole avrebbero poca efficacia.- Didattica. Grazie all’utilizzo di slide animate e di approfondimenti tematici i ragazzi conosceranno le reali dimensioni del problema rifiuti.- Gioco. Per verificare l’attenzione che i ragazzi hanno avuto durante le attività e la loro conoscenza pregressa.In definitiva, puntiamo a coinvolgere direttamente i ragazzi con le suddette fasi informative e ludiche per incentivarli ad assumere un corretto approccio nei confronti dei rifiuti.

Quanto è importante la salvaguardia dell’ambiente?Chi non si accorge dei danni che stiamo recando all’ambiente, forse un giorno si sorprenderà degli errori irreversibili commessi nel tempo (es.: riscaldamento globale, inequità sociali, ingiustizia, distru-zione irreversibile, carbone, petrolio, nucleare, ecc.) e contro la vita. Semplicemente stiamo compro-mettendo il nostro futuro.

Che idea si è fatto Legambiente Ostuni del ritardo con cui il comune della nostra città sta arrivando alla convenzione sui rifiuti solidi urbani?Non seguiamo le vicissitudini amministrative con particolare attenzione, come anzidetto il nostro approccio è più pratico/scientifico. Alla fine del giorno contano i fatti e non le voci di cor-ridoio. La nostra amministrazione non si è dimostrata insensibile alle problematiche ambientali in passato, certo molta strada rimane sempre da fare, ma questo vale per tutti.Purtroppo tale ritardo ha influito negativamente ed in modo profondo sulle cattive abitudini dei nostri concittadini. Diventa difficile spingere l’utente a cambiare stili di vita, abituarlo a “spendere” il proprio tempo ed il proprio spazio per contribuire a realizzare una seria raccolta differenziata. Di con-tro, tale ritardo sprona tutti noi ad impegnarsi per incontrare la cittadinanza in ogni modo possibile.

Fin ora nelle vostre attività avete trovato “collaborazione” con enti (comune, provincia, parchi istituzionalizzati ecc.)?Si, ed oltre alla collaborazione anche tanto entusiasmo.Il Sindaco D. Tanzarella così come il dirigente del ufficio Ambiente F. Ciraci hanno dato piena dispo-nibilità e collaborazione per le iniziative del nostro circolo, non escludendo programmi futuri più significativi.

Quali le prossime iniziative di Legambiente Ostuni?Finiremo il ciclo di iniziative sui rifiuti ampliandolo anche ad altre scuole e associazioni di volontariato locali. Poi la primavera apre per noi un periodo di grandi attività ambientali. Legambiente come ogni anno organizza diverse iniziative sul nostro territorio: ”Spiagge e Fondali puliti”, “Parchi Puliti” e il “Gaia cinefestival”. Quest’anno, è partita una nuova esperienza chimata “Nontiscordaredime-Operazione Scuole pulite” che vede il coinvolgimento delle scuole che vogliano partecipare nella realizzazione di lavori didattici sul tema del rispetto dall’ambiente scolastico; e che probabilmente concluderà il lavoro intrapreso con i ragazzi. Ciò non toglie che ulteriori idee potranno essere svilup-pate per spronare e far nascere nuove sensibilità ambientaliste.

A COLLOQUIO CON gIOvANNI gReCO, dARIO LACITIgNOLA e CARmINe sPeCCHIA

CAmBIARe meNTALITà sI PUò!

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LANUOVAPIAZZA 12

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ostuni che non ci piaceattualità

Quali furono le dinamiche e le motivazioni che portarono alla nascita del “Forum della Società Civile”? Eravamo agli inizi degli anni ’90, un periodo certamente particolare per il Paese. La fine della prima Repubblica, la fine dei Partiti così come gli avevamo conosciuti. Si pensava che dalla società civile potesse scaturire un rinnovamento del Paese. Ostuni si era caratterizzata dalla presenza di un certo numero di associazioni abbastanza vivaci. Vi era l’esigenza di mettersi insieme. Il forum nacque così, dal basso. Ci si incontrava, perché si voleva promuovere il confronto, la partecipazione e poi venne fuori l’esigenza di istituzionalizzare questa presenza, ecco, appunto il forum.

Di cosa si discuteva in quegli anni? Oggi sembrerà strano, ma all’epoca, ad esempio, i primi incontri collettivi erano re-lativi al “come” rivitalizzare il centro storico. Si trattavano, quindi, temi che erano al centro dell’attenzione, dell’opinione pubblica ostunese. Si discuteva, c’era fermento. Quando fu istituzionalizzato il forum facemmo recepire il fatto che quello che ci sem-brava più importante per la vita del paese doveva essere esaminato.

E come funzionava il forum?Ci voleva molto impegno, raccoglievamo disponibilità a partecipare in ogni dove,

Giuseppe MOROdi Giuseppe Moro

CHE FINE HA FATTO IL FORUM

IntervIsta al PrImo PresIdente del Forumdella socIetà cIvIle dI ostunI

ma poi qualcuno si deve assumere la responsabilità della ge-stione.Quando fu istituzionalizzato il forum, fu suddiviso in quattro categorie. All’interno delle quali si dibatteva. E poi collettiva-mente si promuovevano delle iniziative comuni per discutere i temi della città.

Qual era l’incidenza del forum nella vita pubblica e qua-le il rapporto con l’amministrazione comunale? Siamo riusciti ad incidere, o quantomeno a far discutere la cit-tà e i partiti su alcuni temi che ci sembravano importanti, in un momento del tutto particolare, in cui stavano scomparendo le comunità intermedie, come gli stessi partiti, e per la prima vol-ta i cittadini erano protagonisti in prima persona di una nuova stagione politica: l’elezione diretta del sindaco.

Oggi, c’è una nuova esigenza di mettere in rete le per-sone e le associazioni. Intravedi dei punti di coincidenza rispetto al passato?Siamo in un altro momento particolare della vita del nostro Paese. Probabilmente anche in questo caso il passaggio da forme diverse di governo è anche segnato dal protagonismo di forme di aggregazione sociale che non sono più quelle par-titiche, che non esistono neanche più, o se esistono sono ab-bastanza flebili. Credo che questa esigenza di protagonismo civile ci sia. Sicuramente è diverso da allora (anni ‘90). Oggi la realtà delle reti virtuali, dei blog, è importante per creare nuove forme di aggregazione tra le persone.Il vero problema sai dove risiede? Questa realtà di partecipa-zione civica deve avere la capacità di poter incidere nella vita pubblica, ma al contempo deve mantenersi autonoma. è un passaggio delicatissimo. Lo era allora, ma, oggi lo è ancora di più.

Ostuni come la vedi?Non conosco molto questa realtà sociale perché non la seguo da tempo. è difficile dare un giudizio. Vent’anni fa ci furono stati grandi cambiamenti, come l’elezione diretta dei sindaci. Ed Ostuni ha avuto una forte evoluzione, è cambiata molto. Probabilmente, oggi, ci sono delle potenzialità che possono essere sfruttate di più.

Cosa ti piace di Ostuni?Per chi è stato giovane trent’anni fa ad Ostuni è stato davvero bello vedere l’esplosione del turismo, “la città bianca” un luo-go conosciuto, un punto di riferimento.

Cosa non ti piace?Ci sono due cose che non vanno e sono due problemi co-muni a tante altre città del sud. Il primo è che nelle nostre città accanto a l’aver preservato e conservato un patrimonio culturale e artistico, come quello del centro storico tutto l’am-biente circostante è stato rovinato. Il mare, la campagna, il territorio nel suo complesso non è stato all’altezza delle sue tradizioni. Purtroppo sono processi ingovernabili e di difficile rigenerazione. Il secondo problema è che le nostre comunità non sono riuscite ad essere un luogo dove far crescere i no-stri giovani oltre il diciottesimo anno d’età. Ho visto in questi anni, a partire dalla mia generazione, la fuga di tanti ragazzi. Purtroppo è un fenomeno triste e consolidato. E su questo c’è da interrogarsi a lungo.

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attualità

MaRia ROsaRia GHiONDa

Che fine ha fatto il forum?Premetto che all’inizio della mia presidenza, c’è stato una forma di fermento e di partecipazione. Subito dopo mi sono accorta che il forum non rispondeva più alle esigenze di una moderna società. Certo, va dato merito a questo paese – Ostuni - di avere tantissime associazioni, da quelle cattoliche a quelle laiche, che rispondo ad esigenze ed interessi del cit-tadino.

Come mai si è arrivati ad una situazioni di stallo?Siamo stati sentiti qualche volta da alcuni assessori, un po’ più attenti, ad esempio per esporci il bilancio del nostro comune. Ma il dramma reale che vive il Forum è che non si capisce bene quali siano le reali funzioni. Ecco perché è arrivato il momento di dare una nuova funzione allo stesso. Immagino la forma-zione delle consulte in seno ai servizi sociali, dove ad esempio si possono coinvolgere le associazioni che svolgono volonta-riato della cura della persona. Se non è procedimentalizzato, non si capisce bene quale debba essere la sua funzione. Ci devono ascoltare per cosa? Non si possono fare delle propo-ste, delle modifiche. Capisco anche qual è il reale problema, parliamoci chiaro le associazioni devono giustamente fare il lavoro per gli associati. Ognuno di noi può avere un hobby, quello della lettura o del volontariato. Occorrerebbe formare il cittadino. E qui che, secondo me, bisogna insistere. Lasciando inalterato le giuste prerogative delle singole associazioni.

Il forum cosa fa?Anche io mi pongo oggi questo problema. Ad esempio: noi iscriviamo le associazioni. Ma non esiste un modo per con-trollare se queste associazioni esistono o meno. E qui, siamo sinceri, e mi rivolgo alla Politica che non deve andare a giu-stificare carenze che lei stessa ha, addebitandole alla società civile. Occorre ricreare un tessuto democratico, bisogna rico-minciare ad appassionare i cittadini ad una politica fatta di cose semplici, di cose che funzionino.

Può rinascere un forum rigenerato con nuove regole?Su questo dobbiamo capire cosa intendiamo per forum della società civile. La gente sente il bisogno di partecipare alla vita pubblica. A partire dai più giovani. Ad esempio sarebbe fon-damentale costruire una vera consulta dei giovani, che può avere la funzione di studiare le attitudini delle nuove genera-zioni o far emergere i loro disagi.

Nella relazione semestrale del difensore civico ogni vol-ta c’è l’appello alla ricostituzione del Forum, a questo appello come rispondi? è come dire: tutti i cittadini devono partecipare alla vita pub-blica. Vengono addebitati al forum responsabilità di altri. Ma di cosa stiamo parlando? Ripeto, se leggiamo lo statuto c’è scritto, che la funzione del forum della società civile è: l’iscri-zione al forum, la nomina del difensore civico e in occasione del bilancio la sua presentazione. Si può addebitare la man-canza di partecipazione dei cittadini al mal funzionamento del Forum? Penso proprio di no. Penso che ognuno di noi deve fare ammenda, i partiti in primis, di questa situazione e cer-care il modo migliore per far partecipare e rendere i cittadini protagonisti.

Se domani mattina l’amministrazione ti dovesse chiamare per far ripartire il Forum, ci staresti?Certamente, anzi colgo l’occasione per lanciare un appello a nuove forze e nuovi soggetti. Un forum che funziona lo vedrei come la possibilità dei cittadini di poter dialogare con la pubblica amministrazione. E quindi istituendo consulte di settore. Tenendo presente sia le associazioni esistenti, che i singoli cittadini che non vogliono più partecipare alla vita pubblica attraverso le forme partito.

Cosa ti piace di Ostuni?La quotidianità dei rapporti. Nonostante grossi problemi è forte la sensazione di sen-tirsi parte di questa terra.

Cosa non ti piace?Molte volte riscontro un rinchiudersi nel proprio io ovvero ognuno ricerca una propria visibilità e questo produce una serie di dinamiche incontrollabili. Ritengo doveroso da parte di tutti agire per l’interesse dell’intero paese che vive grossissime difficoltà dal punto di vista economico, occupazionale, scolastico, che ci impongono un serio monito sul futuro della città.

IntervIsta al PresIdente del Forumdella socIetà cIvIle dI ostunI

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DELLA SOCIETàCIVILE?

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La foto che vedete in questa pagina è sta-ta scattata qualche giorno fa nei pressi del Santuario di Santo Oronzo, un luogo sacro per i credenti, un luogo magico ed in-violabile per chiunque vi capiti. Non si può fare a meno di riflettere sul potere distrut-tivo di una scritta su di un muro: queste quattro parole hanno rotto l’incanto, han-no violato l’inviolabile. Nell’inconsapevole visitatore quel circui-to di impressioni, emozioni, pensieri vie-ne bruscamente interrotto dalla scoperta dell’orrore (o dall’orrore della scoperta): “I will never be the same whitout you… Vito ti amo ”. Certo, potrà volgere lo sguardo altrove, ma non dimenticherà quella scritta sul muro e il ricordo di quella giornata sarà irrimediabilmente sciupato.So bene che non è la prima scritta, né sarà l’ultima, ad imbrattare le pareti di un monu-mento, così come appare chiaro che prima o poi qualcuno dovrà provvedere a cancel-larla, ma rimane, comunque, un retrogusto amaro. Sarà forse la percezione di una inevitabile sconfitta, la consapevolezza di quanto le parole siano inadeguate di fronte alle superiori forze della stupidità umana. Non mi sono mai piaciute le scritte sui muri delle città, neppure in anni in cui avevano un sapore diverso. Ne venivano fornite in-terpretazioni in chiave sociologica: mani-festazioni di un disagio non diversa-

mente esprimibile, forme spontanee di un ribellismo anarcoide e libertario, voci di controinformazione politica, espressioni di una umanità confinata nei ghetti metropolitani. Senza scomo-dare il muralismo messicano o la Graffiti Art di Basquiat e Haring, gli anonimi muri di periferie urbane potevano costituire un luo-go di espressione e comunicazione di valori condivisi, sia pure nella logica di gruppi di appartenenza.Oggi chi si arma di bombolette di vernice intende invece parlarci della sua vita sen-timentale, farci partecipi di quanto sarà eterno ed indissolubile il suo legame con la persona amata o di quanto sia impossibile vivere dopo il distacco e l’abbandono. I veri responsabili di questa nuova tendenza sono gli stessi che hanno armato la mano della ragazzotta grafomane che ha sfregia-to i muri del santuario. I più pesanti sospetti cadono inevitabilmente sul ciarpame traci-mante dagli schermi televisivi dei grandifra-telli e delle isoledeifamosi o sulla più recente produzione letteraria e cinematografica dei tremetrisopraalcielo ascrivibile al delirante Moccia. Ovviamente, non può esaurirsi qui l’analisi dei modelli culturali e comportamentali alla radice del fenomeno. Se, però, è oggetto di discussione l’origine della patologia, non ci sono dubbi sugli effetti che essa provo-

ca: l’esibizione caramellosa di emozioni private, la sfera più intima delle per-sone volgarmente disvelata, la fine di valori antichi che sembravano irrinun-ciabili in faccende d’amore quali il pu-dore dei sentimenti, la riservatezza, il silenzio.La sconosciuta innamorata, ad esempio, ci tiene a farci sapere di come “Quando liti-ghiamo capisco Ke voglio solo te. Ti adoro“ ed utilizza per questa seconda comunica-zione (questa, almeno, in italiano), l’asfalto del piazzale del santuario, avendo esaurito lo spazio sul muro. Qualcuno, forse più saggio e comprensivo, sostiene che questi messaggi esprimono l’innocente bisogno dei ragazzi di grida-re al mondo la scoperta dell’amore o, più prosaicamente, l’incontenibile felicità speri-mentata, magari dieci minuti prima, in un incontro consumato in macchina. Sarà pure vero, ma quando ho visto quella scritta sui muri del santuario ho desiderato solo che il mondo, incolpevole destinatario del messaggio, potesse levarsi tutto insie-me e sommergere l’anonima innamorata e l’oggetto del suo amore con un amplifica-to, monumentale, cosmico:

“ECCHISSENEFREGA!!!!”

di Guglielmo Cozzolino

trionfo della stupidità

ostuni che non ci piace

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scopri tutte le fotodel calendario2012

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foto dal mondo

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R. d. Congo 2008nella brusse i bambini giocano con i topolini

Marcello Carrozzo / ritratti

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Dopo aver attraversato “Porta Nova” e superato il primo arco sul-la destra vi è una piccola bottega con un’insegna di fortuna dal nome “l’ulivo che canta”. All’ingresso ci accoglie il frastuono di una lama in azione. Ci addentriamo e proviamo a farci sentire. Tonino Zurlo lo troviamo lì dentro, intento a dare un’anima ad un pezzo di legno.“Non so nemmeno io come è nato tutto questo. È il miste-ro della vita. Forse le cose più vere vengono proprio verso la fine della nostra esistenza”. Si ferma emozionato, poi riprende il suo flusso di coscienza: “l’ulivo per me è un sentimento. Dentro l’ulivo c’è l’anima. C’è l’anima della cultura mediterranea. L’ulivo rappresenta l’albero della drammaticità, e chi è che l’attorciglia è il vento. E il vento è quel sentimento che tu lo senti ma non lo vedi”. Ci mostra un pezzo di legno e dice “doveva andare in

Tonino TreBBische,l’aedo di osTuni

pasto al fuoco. In questo pezzo di legno rivedo un viso primitivo, un’anima primitiva. Quest’anima è come se si fosse rifugiata in questo albero d’ulivo e dopo tanti anni la mia anima è riuscita a tirare fuori questo oggetto. I miei sono oggetti e sculture apotropaici, cioè pronti a cacciare via gli spiriti cattivi. Tutto ciò che viene sempre da questa cultura lontana che è poi la cultura greca che noi ritroviamo anche sulle case patronali”. Tonino Zurlo è conosciuto ai più come uno chansonnier popolare. I suoi cd raccolgono le sue canzoni da cantastorie. Il suo sound popolare ha allietato incontri e concerti in tutti i quartiere della città. Persino la stampa nazionale ne ha dato lustro, Moni Ovadia su tutti. Alla domanda se si sentisse un’artista Tonino ci risponde sempli-cemente: “non mi sento un artista, semmai un tramite”. Un

ritratti

L’UOMO CHE SUSSURRA ALL’ULIVO SECOLARE

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Tonino TreBBische,l’aedo di osTuni

aedo o un Averroè del nuovo Millennio. Il primo – l’aedo - aveva nell’antica Grecia la funzione di dare senza ricevere, perché per dono divino già possedeva. Averroè, per Dante uno dei “sommi magni”, è colui che con i suoi “commentari” ha salvato e diffuso, e non solo, nella seconda metà del 1100 le opere di Aristotele, ha fatto sì che la colonna portante del pensiero occidentale con-tinuasse a svolgere la sua funzione. Un arabo che salva la cultura occidentale è capitato anche questo nella storia dell’Uomo. “Mi sento solo un mezzo”. Conclude il nostro “per me il solo ascol-tare l’ulivo è una cosa bellissima”. Nella pre-camera del suo laboratorio artigianale, Tonino espone con garbo diversi oggetti; molti di loro si richiamano alle foglie degli alberi. “La foglia rappresenta il ciclo vitale. Ed ogni indi-viduo è come una foglia, che, quando finisce la sua energia e

si distacca dall’albero cade nella terra e diventa humus “nuova energia”. In questa parola humus c’è l’umiltà, la materia che si trasforma senza che tu riesci a capire…ma c’è qualcosa che si trasforma. Quello che resterà dell’uomo sarà la propria coscienza e in questo ho fatto una mia rielaborazione in cui dico proprio questo: agne cosa ca nasce cresce e po’ more/ sobb’ a sta terra lassa vita amore e dulore/ Percè quanne l’anima è leggera chera vò vulaie senza badaie po’ se parte da quaie/ e a stu puer-che li chiude la vocca/ Nna li fasce cchjù parlaie/ E cunde cunde cunde cunde na li fasce po’chiù faie/ ca l’anima è leggera e chera vò vulaie/ Senza bagaglie po’ se parte da quaie/ E nu ‘n cape na nne lu feccame: ca la morte, la morte nu la tenime rete a lla porta/ Quande la iapre ne pigghja pe mmane / e chera l’anema la spenge luntane /Ci durande la vita tu si state nu fiore sobb’a a sta terra qua resta l’ardore/ma ce durante la vita tu si state nu strunze sobb’a a sta terra resta la puzza/ E jnda all’aria tutte qua resta/ ca de stu cuerpe chjù niende resta/ sonde li vierme o lu fueche ca face festa/ Ma ce durande la vita t’à pigghiate pe mmane la cuscienza / quand tu muere lassa profume e sì june ca venge”. Gli chiediamo se questa terra è ancora una terra fertile; ci rispon-de che bisogna scavare nella propria coscienza e provare ad ele-varla “in una visione migliore”. Positiva. “Su questo io ci credo”, ci dice: “parto sempre dal presupposto che nessuno mai ha inventato niente, sono i periodi e le tensioni che ti portano a svelare quello che già esiste. Siccome tutto esiste, c’è an-che un mondo migliore”.Perché l’ulivo gli chiediamo. “L’ulivo mi racconta delle storie. Vedi questo pezzo d’ulivo. In questo è ben rappresentata tutta la nostra energia, la nostra drammaticità, la nostra storia. L’ulivo è arte. E l’arte deve fuoriuscire naturalmente senza forzarne la natura”. Ogni frase, ogni pensiero rivela un pezzo della sua filosofia di vita. Ed ecco pronto un altro proverbio: “iI villano aiuta la terra come l’artista lo aiuta Dio“. Il contadino vive dalla terra, con la terra e per la terra: di essa si sazia sempre, soprattutto quando l’annata è prolifica di frutti; ma il suo è un rapporto che rispetta i ritmi della terra, che sono ritmi lenti e senza fretta. Nel rispetto della natura e della terra sta il benessere e l’energia del villano. Così come l’artista, attraverso l’alchimia della materia umana, at-tinge al divino, cosa che gli consente di stare sempre un passo più avanti degli altri. Ed è così forte l’energia che un artista riceve da contatto col divino che può arrivare alla follia”.Gli chiediamo se si sente soddisfatto della vita che conduce, ci risponde che il suo rapporto con la vita è stato di un’evoluzione incredibile. “La cultura, – mi dice - eleva l’animo umano. L’eco-nomia è a servizio dell’uomo non a servizio del capitale. La cultu-ra e l’economia, basata quindi sui valori umani, devono mettere in primo piano l’Uomo. Oggi, invece, gira tutto intorno ai soldi. Oggi come oggi conta chi sa fare i conti chi sa contare. Chi non lo sa fare non conta. Ma, come dire, si vive di ciclicità, c’è un inizio e poi una fine. Credo nella positività dell’uomo, l’uomo ha una coscienza creativa che serve a se stesso. Il bene e il male è in ognuno di noi. Il bello è dentro di noi in una maniera ne-gativa. Sarà il bello a cambiare il mondo. Ed il bello è proprio in questo: quando, cioè, ogni individuo trasforma la sua negatività in positività”. Signore e signori l’aedo di Ostuni: Tonino Zurlo. Ce lo immaginia-mo già con la sua chitarra e la sua aria da esule cubano a suonare la sua “Nuzzole e pparolu”. Che vita!

di Giuseppe MORO

foto di Marcello Carrozzo / ritratti

L’UOMO CHE SUSSURRA ALL’ULIVO SECOLARE

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Bernardo Quaranta, 54 anni, laurea in legge, direttore del personale e consigliere d’amministrazione di Enel Distribuzione, la società del gruppo Enel che gestisce la rete elettrica italiana.

La decisione di lasciare la Puglia.Sono andato via da Ostuni 29 anni fa. In quel periodo il mondo del lavoro offriva ai giovani laureati molte più oppor-tunità di oggi. Io avevo scelto un indirizzo di studio incentrato sulle materie giuslavoristiche e per quel tipo di compe-tenze c’era una certa richiesta. Ebbi addirittura la possibilità di scegliere tra varie offerte di lavoro e scelsi l’Olivetti, che viveva allora una grande fase di sviluppo, anche se questo voleva dire trasferirsi a Ivrea, lontana più di mille chilometri da Ostuni.

Fu una scelta sofferta?Da sempre pensavo che avrei lavorato lontano da Ostuni, come accadeva a molti miei coetanei. Ciò nonostante il momento della partenza fu senza dubbio di forte impatto emotivo: lasciare la famiglia d’origine, gli amici, l’ambiente nel quale ero cresciuto fu dura, ma c’era anche la consapevolezza di aver fatto una scelta professionale che poteva offrire prospettive di crescita; c’era, poi, l’entusiasmo di “mettere su famiglia” insieme a mia moglie, ostunese anche lei, quanto me motivata a mantenere un forte legame con la terra d’origine.

Da allora sei sempre stato lontano da Ostuni.A Ivrea sono rimasto nove anni e lì sono nati i miei primi due figli. Poi, sono tornato in Puglia, a Bari, dove, dal 1992, ho lavorato come direttore del Personale della Dioguardi, che era una delle principali società di costruzioni italiane. A Bari è nato il nostro terzogenito. Dal 1999 sono a Roma, in Enel.

Che legame hai mantenuto con stuni?Un legame forte che non ha mai avuto cedimenti. Ci torniamo in media ogni due - tre mesi; vi trascorriamo le principali festività e due - tre settimane d’estate, durante le quali mi rilasso con il tiro con l’arco, lo sport che pratico insieme al tiro a segno. L’aspirazione di ritornare a vivere stabilmente a Ostuni è una costante, ma deve fare i conti con la realtà e per il tipo di lavoro che faccio le probabilità che si realizzi sono decisamente remote. Come lontano appare ormai il traguardo della pensione, alla luce dei recenti cambiamenti che hanno interessato il settore previdenziale.

Come vedi Ostuni e la Puglia da lontano?Come realtà vive e dinamiche sulle quali la crisi ha inciso in maniera meno visibile di quanto non sia accaduto in altre aree del Paese. E dotate di punti di forza su cui si può costruire un futuro positivo: il turismo, l’agricoltura, le nuove tecnologie (basti citare il grande sviluppo che in Puglia hanno avuto le energie rinnovabili).

Cosa ti piacerebbe ritrovare dopo questi anni?La Puglia è davvero una delle più belle regioni d’Italia, per me la più bella: i suoi colori, il suo mare, la sua campagna, l’architettura dei suoi centri storici, la rendono unica. Ostuni poi va inclusa tra le meraviglie della nostra penisola. Il mio auspicio è che questa bellezza venga sempre tutelata e conservata. Il paesaggio non è solo una questione sentimenta-le, è anche risorsa economica: il turista ritorna e porta ricchezza nei posti che sono in grado di trasmettergli sensazioni uniche e irripetibili e Ostuni, con il suo centro storico, la sua costa e la sua campagna è ancora in grado di offrirle.

la meglio gioventù:a tu per tu con bernardo quaranta

la megliogioventù

a cura della Redazione

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Nel nostro viaggio, faremo tappa nell’incontaminato parco di Portoselvaggio, scenario meraviglioso nel cuore del Salento. Esploreremo un angolo di natura attraverso sentieri che tagliano il bosco, costeggiando strapiombi e scogliere che si specchiano nel mare cristallino, raggiungeremo baie, grotte, e un’antica e poderosa torre Aragonese.

ESCURSIONE PORTO SELVAGGIO

POSIZIONE: Via Litoranea, Sant’ Isidoro-Santa Caterina, Nardò, LecceACCESSIBILITÀ DISABILI: NOLIVELLO DI DIFFICOLTA’: E (escursionistico)TRANSFER: 1 ora 10 minuti TEMPO DI PERCORRENZA: Full day

EQUIPAGGIAMENTO CONSIGLIATO: scarpe da trekking o similari (sconsigliata scarpa con suole alte o scarpa aperta); pantalone leggero in cotone o fibre tecniche; maglietta o camicia (consigliabile una di ricambio); cappello con visiera o similare; protezione solare; occhiali da sole consigliati; costume da bagno; piccolo asciugamano; zainetto porta provviste; pranzo a sacco più snack; 1,5 litri cad. di acqua. N.B. in inverno sono consigliati pile e giacca a vento.Spingendoci più a sud non potevamo assolutamente mancare l’escursione a Porto-selvaggio per il suo mare, il suo impatto visivo immenso, la sua tranquillità, una meta che esprime il suo fascino in tutte le stagioni dell’anno. Porto Selvaggio, si diversifica in diversi ambienti, percorsi substeppici, e zone di scogliera dove è presente il limonio salentino. Lungo il nostro percorso potremmo incontrare ricci, volpi, donnole e cama-leonti, ma anche tordi, merli e upupe o rapaci come il falco gheppio e il falco grillaio.Il Parco naturale ricade interamente nel territorio del comune di Nardò, si sviluppa su circa 1000 ettari e nel 2006 è stato istituito area protetta. Si trova a ridosso di Santa Caterina tra Gallipoli e Porto Cesareo. In principio si trattava di un ambiente roccioso, oggi invece un fitto bosco ha preso il sopravvento. All’interno del parco scorgeremo la Torre dell’Alto una tipica costruzione militare, alta quasi 20 metri, con l’aiuto di una scala in tufo potremo raggiungere l’unica porta d’ingresso situata al primo piano e vicina ad uno strapiombo di 51 metri, che finisce a picco nel mare, conosciuto anche come “la Dannata”. “Una leggenda narra di una ragazza che si tolse la vita durante la notte, gettandosi in mare per evitare che il “Guercio di Puglia”, sovrano locale, potesse esercitarne il diritto di prima notte, scomparendo per sempre nelle acque della Danna-ta.” Percorrendo alcuni sentieri incontreremo la Baia di Porto Selvaggio, luogo surreale, di affascinante bellezza in cui non troveremo spiagge turistiche, diverse insenature e scogliere che la natura da grande artista ha saputo disegnare con sapiente maestria. Proseguiremo verso nord arrivando ad uno dei punti più belli della costa jonica, la Baia di Uluzzo, uno scrigno di meraviglie, con 17 insediamenti preistorici lungo la costa, di cui 9 in cavità che con i loro depositi abbracciano un arco di tempo che va dai 110 mila anni sino alle culture del neolitico. Costeggeremo la “Grotta del Cavallo”, nella quale sono stati trovati resti di cervi e rinoceronti, ma anche manufatti del periodo paleoliti-co. In prossimità della Torre dell’Alto, nel periodo estivo si può effettuare snorkeling, per ammirare i fondali della bellissima costa frastagliata ricca di insenature e calette suggestive.Infine, ma non per minore importanza al popolo dei subacquei è possibile organizzare esplorazioni delle grotte sommerse, tra le quali vi indichiamo la “Grotta delle Corvine”.

esplorando Tra......i parchi

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Dal mese di marzo ha sposato il nostro pro-getto editoriale un nuovo partner, l’azienda “Orthogea Officine Ortopediche Group” di Ennio Vergati. Tutto questo avviene nel tren-tesimo anniversario della sua attività sanitaria. In questo numero ripercorreremo la sua storia. La partnership appena siglata da noi, del grup-po editoriale che produce questo giornale, è un’importante successo e rappresenta linfa vi-tale per la nostra attività di informazione. Certi che, la crescita, di un’impresa culturale, passa dalla condivisione degli intenti e delle prospet-tive comuni di sviluppo di un territorio da parte dei suoi operatori economici.

LA PASSIONE. Nel 1982, trent’anni fa, un giova-nissimo Ennio Vergati si accingeva ad operare nel mondo del farmasanitario con la sua attività, “La Sanitaria” in Piazza Italia. Una vera novità per la città di Ostuni. Vergati, spinto da una forte passione e da un grande intuito dopo aver conseguito il titolo di Tecnico Ortopedico comprese che, oltre l’insostitui-bile attività artigianale, l’innovazione dovesse essere l’elemento in più che di li a poco avrebbe caratteriz-zato la tecnica ortopedica.

L’INTUITO. Nel 1991, grazie alle competenze ac-quisite, intraprese la progettazione e la realizzazione di presidi ortopedici e l’anno successivo avvenne il trasferimento nella sede di largo G. Falcone (Medical Ortopedia Vergati), progettata e realizzata con l’in-tento di offrire agli utenti un ambiente accogliente.

L’INNOVAZIONE. Siamo nel 1999 per la prima volta nel mezzogiorno d’Italia, presso la “Medical Orto-pedia Vergati” viene presentato il sistema Cad-Cam (AMFIT), Sistema computerizzato per la lettura tridi-mensionale del piede e la costruzione di ortesi plan-tari su misura tramite una fresa a controllo numeri-co. Come afferma Vergati: “parliamo di strumenti in grado di elaborare con precisione tutte le informa-zioni utili per attuare fasi di lavoro che nel passato erano caratterizzate da molta approssimazione e da tempi di produzione del tutto inconciliabile con le esigenze di un “mercato della salute”, dove la rapidi-tà della fornitura è sempre stata uno degli elementi maggiormente richiesti, in linea al bisogno di miglio-rare in tempi brevi il proprio status”.Nel 2004, la svolta: l’apertura della sede Orthogea, nella zona industriale di Ostuni, un’officina ortopedi-ca dotata delle più moderne tecnologie presenti sul territorio nazionale.

2012. Ancora oggi, dopo trent’anni, passione, intu-ito e innovazione, sono il motore trainante del suc-cesso di un’azienda all’avanguardia come Orthogea Officine Ortopediche Group. La determinazione e la passione che animano lo spirito del suo fondato-re, Ennio Vergati, sono parte integrante della stessa azienda e di tutti coloro i quali, giorno dopo giorno, contribuiscono ad arricchirla di valore e di professio-nalità. Il suo gruppo annovera alle 2 importanti real-tà ostunesi, una filiale a Brindisi (2001) e una sede anche a Lecce (2003) e occupa complessivamente 40 addetti.

LA Legge deI “PICCOLI PAssI”: eNNIO veRgATI, PAssIONe, INTUITOe INNOvAZIONeDa tReNt’aNNi al seRviziO Della NOstRa salutea cura della redazione

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la sToria de “lu pane“

l’angolo della tradizione

Quando c’era da fare il pane in casa, la sera prima si andava alla questua de la crescetòra. Nessuno negava quel pezzo di pasta lievitata, conservato ind’a lla cùcuma e inumidito con qualche goccia d’olio per evitare che la scorza s’indurisse. L’unico obbligo era di restituirla accresciuta perché, come diceva un vecchio adagio, ‘ Pane e luvàte se rènnene aumendàte !’. Il giorno prima si andava alla màchena, cioè al mulino: il grano da macinare era quel tanto che bastava per fare il pane per un periodo limitato.Di mulini a Ostuni ce n’erano a sufficienza e ben distribuiti nei vari quartieri.Nel Settecento, in catasto ne furono censiti una ventina, e i molinari rappresentavano una delle attività più fiorenti e redditizie; nel 1885 Giacomo Arditi ne contava 17, di cui tre a vapore. Fra i mulini in vita fino alla metà del secolo scorso ricordiamo quello della famiglia Menna a Marciedde, al termine di Viale Crispi, al posto di un vecchio pastificio, e quello de Nannavecchia, dal nome della famiglia originaria di Ceglie Messapica, che l’aveva acquistato dalla famiglia Ghionda, in via Niccolò Macchiavelli, ultima traversa a destra di corso Garibaldi. Spostandoci nella parte bassa della città, in fondo a via Napoli, sorgeva il Mulino Indiveri (Cesare) che, come grossista, aveva un’attività notevole, in quanto macinava grano proveniente dai paesi vicini e vendeva farina all’ingrosso; mentre alla confluenza tra via Codacci Pisanelli e corso Mazzini c’era il Mulino noto come La màchena de Narracce, passato in proprietà alla famiglia Sgura.Vicino alla Chjanga de l’ore, in via Luca Mindelli, c’era ed è rimasto in attività fino ai primi degli anni ’60, la màchena de Peppe de Jaquie, la famiglia Velardi , un impianto di piccole dimensioni, ma abbastanza accorsato specie da famiglie (allora moltissime) di piccoli e medi agricoltori; abbastanza inteso era pure la Machenetta di Virgiglio in via Pacuvio, reso famoso dal fatto che i proprietari mandavano in giro per le strade un traino per la raccolta del grano da macinare. Un uomo di stazza notevole, con voce stentorea, decantava le virtù del nuovo impianto meccanico, al grido: “LA MACHENOOOOOONAAA!” (corruzione popolare del termine ‘Macchina nova‘) che finì col diventare il suo nomignolo: quell’uomo era Narducce Calamo. Due gli elementi che colpivano all’ingresso di un mulino: lu mulenàre, tutto bianco dalla cima dei capelli alla punta delle scarpe, e il rumore assordante delle macchine in

movimento.La prima operazione era la presa in consegna de la sacchetta de lu jeràne che veniva posto sulla bilancia, la pascuglia, per determinarne il peso iniziale; subito dopo l’addetto lo versava nella tramoggia, allacciava alle bocchette la còdda che doveva accogliere la farina (al 75-80%) e li sacchette pe llu gruesse e pe lla canigghja (20-25%) e avviava il movimento di setacci, laminatoi e cilindri, per trasformare il grano in farina.Ma torniamo ai preparativi per fare il pane in casa. In assenza di mattrabanca, la padrona di casa sistemava su due sedie la mattra , una cassa di legno a forma di parallelepipedo, nella quale versava la farina, prelevata con una scodella da la còdda rimboccata all’orlo e passata al vaglio de la setella. La sera, con l’aiuto de la crescetòra, veniva preparato lu luvàte che ben coperto veniva lasciato al caldo durante la notte. Alle prime luci dell’alba se trembàva lu pane. Sulla mattra si sistemava lu tauliére, un piano formato da due/tre assi di legno, sul quale si lavorava la pasta lievitata: braccia tese e nervose affondavano pugni poderosi, che si avvitavano, in quella massa informe che veniva avvolta, srotolata e accavallata fino a ridurla al grado di elasticità e di tenacità desiderato.Un segno di croce sull’impasto e l’invocazione “ Crisce masse cumme Gesù Bammine ind’a lli fasse “ accompagnavano l’avvio del processo di panificazione, non disgiunto quasi mai dalla recita del Rosario o comunque di preghiere volte ad ottenere la migliore lievitazione possibile. Certo la riuscita del pane dipendeva molto dalla qualità della farina e dalla esperienza di chi lo faceva, che doveva avere l’accortezza di far coincidere i tempi della lievitazione con l’ora in cui il forno sarebbe stato pronto; ma il rischio di avere lu pane uèrce (mal cotto o non lievitato) o lu pane spatte (troppo lievitato) o lu pane jàcete (con le bolle) era reale.Fare il pane era compito tipico della donna che, nel dare forma all’impasto, ricorreva alle sue doti di creatività e di fantasia: intrecciava e accavallava l’impasto in forme assolutamente originali e comunque tali da essere riconoscibili pure in mezzo a mille altre e differenziava la pezzatura in base alle esigenze della famiglia, da lu freseddòne a lu piezze, da lu menzùdde e a la fecazzèdda.Lu fernàre, o un suo aiutante, aveva il compito de carescià lu pane a llu furne e riportarlo a casa dopo la cottura; con incedere svelto e sicuro, faceva decine e decine di ‘ viaggi ‘ reggendo in perfetto equilibrio sulla propria

di Lorenzo Cirasinofoto di Marcello Carrozzo

testa, con l’unica protezione di una spara, lu taulière carico di pane coperto da un lenzuolo di stoffa bianco. Ma la professionalità e la bravura de lu fernàre stava principalmente nella capacità di governare il crescendo di fuoco necessario a portare il forno alla temperatura giusta perché si potesse compiere il miracolo della lievitazione e della cottura. D’altronde lu furne, che era costruito con una tecnica e con materiali tali da resistere a temperature elevate e di conservare a lungo il calore, nella mentalità contadina assurgeva ad un ruolo magico come luogo simbolo dove si consumava un miracolo.Assistere alla preparazione del forno accresceva questa suggestione: li sàrcene, ovvero i rami secchi di ulivo raccolti in fascine, sviluppavano una potenza di fuoco fatta di fiamme, di colore arancione, capaci di allungarsi anche oltre la vocca de lu furne con lingue minacciose. Solo quando la fiamma viva si stemperava, il fornaio

si ringrazia il Panificio Sant’Antonio

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con l’aiuto di scope e ruètelu distribuiva la cenisa sul pavimento e quando questa perdeva di forza la raccoglieva spostandola in un angolo.Era l’ora de ‘mbernà lu pane: spesso erano le donne stesse a sistemare sulla pala i pezzi di pane che il fornaio, con agile manovra e abilità consumata, disponeva ordinatamente. La cottura veniva seguita con ispezioni frequenti fino al momento de spernà lu pane. Di fronte ai pezzi ancora fumanti e alla loro fragranza, le donne si sentivano ripagate delle tante fatiche e potevano finalmente benedire il pane come “profumo della mensa e gioia dei focolari”. Se i mulini erano numerosi, i forni alimentati a legna non si contavano, presenti com’erano in tutte le masserie e in tutti i quartieri del centro abitato per cui diventa difficile citarli tutti.Solo il 17 settembre 1931 fu inaugurato un moderno Panificio, un grande forno meccanico (fornisore), intestato a “Vincenzo Pomes e figli” nel vico Albergo della Ferrovia, la prima

traversa destra di Via Gaetano Tanzarella Vitale. Le macchine fornite dalla ditta Cav. Enrico Bottaggin di Bergamo erano in grado di sfornare 3 quintali di pane all’ora e di rifornire negozi e dispacci, non solo di Ostuni. E proprio a questo forno popolani affamati avrebbero dato l’assalto qualche anno più tardi, quando l‘Italia per farsi Impero entrò in guerra imponendo gravi sacrifici e introducendo la tessera del pane. Nello stesso periodo, se non qualche anno prima, entrarono in funzione nella zona del Barco i cosiddetti Fornere Nove, tre forni di Giuseppe Nacci (Pezzulu-Pezzulu) che davano la possibilità di infornare il pane a ritmo continuo, grazie ad orari flessibili.Insieme a questi meritano di essere citati alcuni dei forni a legna tuttora funzionanti: nella Terra, in via Gaspare Petrarolo, lu forne de Porta Nova che ha cambiato titolarità nel corso degli anni da Palmieri a Milone fino all’attuale gestione da parte della famiglia Mastromarino; in prossimità de lu Uerte de Padrengine, in via

Ferrari, lu furne de Trentune, dei Fratelli Moro che vanta addirittura origini risalenti al XV secolo; vicino a lla bascèra de Pisciamiere,in via Roberto Guiscardi lu furne, ora denominato La Chiazzodda, della famiglia Semerano.Fa piacere sentire che oggi, a fronte di una offerta di pane mai vista prima, si va riscoprendo il sapore ed il valore del pane fatto con metodi tradizionali e con farina di grano selezionato. Quel che non fa piacere invece è leggere che ogni mese in Italia ben 25.000 tonnellate di pane vanno a finire nella pattumiera. E pensare che da piccoli (ma anche ora) molti di noi erano abituati a raccogliere anche il più piccolo tozzo di pane caduto a terra che, dopo un leggero soffio e un accenno di bacio, veniva portato alla bocca, anche per il rispetto dovuto a quanti non avevano (e non hanno) neanche quel tozzo per sfamarsi!

si ringrazia il Panificio Sant’Antonio

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assi BasKeT la salvezza è più vicina

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PROmOssIO BOCCIATI?di Giuseppe Moro

Contendersi le vesti di un corpo morente e giocarselo a dadi. Questa è la situazione in cui versa la Scuola italiana nel suo complesso. Più volte vessata nella sua didattica dagli ultimi ministri dell’istruzione dei governi di centro destra. Indebolita da una società in cui le famiglie danno torto “a prescindere” ai docenti piuttosto che ai figli poco discenti. Ci mancavano i diktat e le impostazioni della Regione Puglia per arrivare a simulazioni aritmetiche poco conformi alle singole realtà territoriali. Ostuni in tutto questo non è rimasta immune. L’amministrazione comunale più volte tirata in gioco da più parti è stata costretta nel giro di un mese - gennaio - a cambiare tre volte posizione, con tre delibere diverse. Un gruppo dirigente scolastico in ogni ordine e grado, materna elementare e media, diviso su tutto. Si parlava di dimensionamento (e i dati sulle iscrizioni al prossimo a.s. vanno in questa direzione) e invece alla fine abbiamo avuto una dispersione. “è del tutto evidente - dicevamo nello scorso numero - che una ipotesi di 3 istituti comprensivi ha come esito finale il dimezzamento (o quasi) dei corsi attualmente funzionanti, con la conseguenza che 4/5 docenti ogni anno verrebbero dichiarati perdenti posto e destinati a cambiare scuola facendo venir meno la continuità didattica”. E adesso cosa succede? Se lo chiedono in molti, corpo docenti, dirigenti scolastici, famiglie, un’intera città. Certo è che la parola fine non è stata ancora messa. Adesso servirebbe una presa di coscienza da parte di tutti e una buona

dose di coraggio per capire dove si è sbagliato. Chi pensava di poter vincere accaparrandosi l’intera posta in palio non ha raggiunto l’obiettivo prefissato. In un clima di austerity tecnocratico si è perso di vista il regime della trasparenza, del taglio alle spese superflue e della salvaguardia della didattica scolastica. In tutto questo non è dato sapersi come si sono mosse le parti sociali. Ci aspettavamo più determinazione, forse le elezioni per i rappresentati sindacali nei singoli enti pubblici hanno distolto anche loro dall’obiettivo scuola. Per non parlare dei Partiti di maggioranza e di opposizione. Dov’erano quando si decidevano le sorti di 3.000 persone? A nulla servono le interrogazioni comunali quando ormai tutto è stato definito e confezionato. Chi lo pagherà questo conto salato? Certamente i docenti e le loro traballanti graduatorie, ma anche gli alunni che ogni anno cambieranno insegnanti come Zamparini con i suoi allenatori nel calcio, ed infine l’intera comunità di cittadini che dovrà pagare i costi e la gestione di una terza struttura che probabilmente si poteva benissimo evitare. Credo, che su di un tema così importante l’intera città, le associazioni, il mondo della cultura, i singoli cittadini andavano coinvolti. Perchè non lo si è fatto? E sopratutto alla fine della fiera, ai discenti, unici destinatari di questa sconfitta collettiva abbiamo chiesto se potevano mettere i voti a questa classe dirigente?

scuola

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eventi

Il 10 febbraio 2012, alla presenza del Presidente della Regione Puglia On. Nichi Vendola e delle altre Autorità, è stata costituita nella nostra regione la “Rete Italiana Disabilità e Sviluppo”, che si è presentata con il convegno nazionale “Il Valore della Disabilità”.Le finalità della rete sono quelle di dare valore alle di-vers-abilità per organizzare una rete su base comunitaria di servizi per l’inclusione sociale e lavorativa con e per le persone in situazione di svantaggio.L’obiettivo è quello di connettere e fare interagire tra loro soggetti pubblici, del terzo settore e privati, che si occupano, a diverso titolo dell’accoglienza, accompagnamento, orientamento scolastico, formativo dei soggetti di-versa-mente abili.Giovedì 19 aprile 2012, presso il Teatro di San Cosimo alla Macchia di Oria, gentilmente messo a disposizione dalla Direzione della RSSA “Madre Teresa”, dalle ore 16 alle 20, si terrà il secondo appuntamento, il convegno sul tema “Una rete e-duc-attiva per l’inclusione”.

LA NUOvA PIAZZA AdeRIsCe ALLAReTe ITALIANA dIsABILITà e svILUPPO

16.15 - Saluti delle Autorità16.30 - Introduzione Dr. Francesco Colizzi, Direttore del CSM di Brindisi16.45 - Parole chiave ins.Salvatore Filotico cordinatore scientifico convegno;17.00 - La normativa: risorsa o vincolo? Dott. Falabella presidente Regionale FISH17.15 - La Parola alle Associazioni (rete promotrice, Coordinamento genitori Oria, AST,AIPD)

18.00 - Scuola e progetti formativi per l’orientamento Prof. Antonio Recchia - Miur18.15 - IL NIAT: ruolo e funzioni aperte al sociale18.30 - il punto di vista del sindacato Michela Almiento - CGIL Brindisi18.45 - Dr. Bruno Marchi psicoterapeuta 19.00 - Orientamento e formazione in Puglia, Ass. Alba Sasso19.30 - Dibattito e conclusioni

IL PROGRAMMA DEL 19 APRILE

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Il desiderio di mangiare sano e di acquistare alimenti a prezzi convenienti e, strano a dirsi, remunerativi per l’agricoltore, ha spinto un gruppo di consumatori ad incontrarsi nelle scorse settimane per costituire un Gruppo di Acquisto Solidale detto anche GAS.L’incontro è stato promosso con il progetto “Il Bio sotto casa” attuato dall’Associazione Italiana Agricoltura Biologica (AIAB), e avente il fine di far conoscere l’agricoltura biologica ed i benefici che la stessa procura alla fertilità del suolo, alla biodi-versità e soprattutto alla salute dell’uomo. All’incontro hanno partecipato anche i rappresentanti del GAS Gramigna di Mesagne e Brindisi, per trasferire la loro esperienza, nata dall’esigenza di alcune famiglie di tutelare la propria salute in un territorio contaminato dalla presenza di industrie chimiche, centrali termoelettriche e varie discariche. Alla base del GAS c’è il concetto di filiera corta con l’ac-quisto diretto dal produttore. I componenti di un GAS

possono decidere di organizzare periodicamente degli incontri con i produttori, per relazionarsi direttamente con loro, conoscere le caratteristiche delle merci, la loro storia, come e dove vengono prodotte. L’elemento di forza del GAS è la “solidarietà” sia tra le fami-glie che fanno parte del gruppo che con gli agricoltori. Essa si attua in quanto ogni componente del GAS fa la sua parte, offrendo il proprio contribuito di tempo al resto del gruppo. All’interno del Gruppo ciascun componente diventa referente per un agricoltore, raccoglierà gli ordini destinati a quell’agri-coltore e da lui ritirerà la merce. Un GAS può sposare la filo-sofia dei prodotti a Km zero, acquistando solamente prodotti da agricoltori locali, contribuendo così a ridurre l’impatto de-rivante dai consumi di carburante per il trasporto delle mer-ci provenienti da paesi lontani e sostenendo di conseguenza l’economia locale.

NAsCe Ad OsTUNI IL gRUPPOdI ACQUIsTO sOLIdALeUN’ALLeANZA TRA CONsUmATORI ed AgRICOLTORI BIOLOgICI

Cos’è l’agricoltura biologica?è un tipo di agricoltura che non fa uso di prodotti chimici di sintesi per con-trastare le erbe spontanee o gli insetti o le malattie delle piante.

iniziative culturali

Cos’è un GAS?Attraverso i Gruppi di Acquisto si in-staura un rapporto diretto tra l’agri-coltore ed il consumatore al fine di accorciare la filiera, con un notevole abbattimento dei prezzi al consumo.

Qual’è il valore aggiunto del GAS? Contribuisce a tutelare il paesaggio agrario dall’impiego della chimica ma soprattutto dal rischio abbandono che oggi incombe più che mai sull’attività agricola.

di Gianfranco Ciola*

*Presidente del Parco delle Dune Costiere

foto diDaniela Cardone

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Le disavventure del Prof. Oronzo sadik di Enzo Farina

NATURALMENTE QUESTE COSE POSSONO ACCADERE SOLO AL POVERO PROF. SADIK. LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIEBTE è UN DO-VERE PRIMARIO DEL CITTADINO. OGNI RIFERIMENTO A FATTI O PERSONE REALI O REALMENTE ACCADUTI è PURAMENTE CASUALE.

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Zona IndustrialeVia A. Montagna

tel. +39 0831 734090 fax +39 0831 735407

[email protected]

MESAGNEB r i n d i s i

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