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La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente Ottomano 1881-1923 Giampaolo Conte Dottorando in Storia XXVIII ciclo Dipartimento di Studi Umanistici - Università degli Studi Roma Tre Obiettivi e scopo della Ricerca La storiografia inerente gli interessi finanziari italiani nei mercati del Vicino Oriente Ottomano, risulta ad oggi ancora non soddisfacente, soprattutto per quanto riguarda lo studio delle attività dei soggetti economici e finanziari privati. Nell’economia di questo lavoro si ritiene rilevante evidenziare il sottile e duplice ruolo che hanno giocato le attività delle aziende private e degli istituti finanziari italiani, tra il principio degli anni ’80 del XIX secolo e il principio degli anni ’20 del XX: da una parte come ancelle della politica di potenza perseguita dal Governo di Roma, dall’altra come dinamiche emergenti sviluppatesi parallelamente a questa politica, secondo un percorso dettato da semplici interessi di mercato. Riteniamo che, sull’onda di questo filo rosso che collega la finanza privata alla politica, si può desumere quale ruolo essenziale abbia giocato la presenza italiana nel Consiglio di Amministrazione nel Debito Pubblico Ottomano: un anello di congiunzione e un trampolino di lancio per le iniziative finanziarie sia pubbliche che private. Il criterio di scelta degli estremi cronologici presi in esame, dal 1881 al 1923, si va a ricondurre con la fase di espansione dell’influenza del capitale italiano nel Vicino Oriente Ottomano. Nel 1881 l’Impero Ottomano perde, di

La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

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Page 1: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente Ottomano

1881-1923

Giampaolo Conte

Dottorando in Storia XXVIII ciclo

Dipartimento di Studi Umanistici - Università degli Studi Roma Tre

Obiettivi e scopo della Ricerca

La storiografia inerente gli interessi finanziari italiani nei mercati del

Vicino Oriente Ottomano, risulta ad oggi ancora non soddisfacente,

soprattutto per quanto riguarda lo studio delle attività dei soggetti economici

e finanziari privati.

Nell’economia di questo lavoro si ritiene rilevante evidenziare il sottile e

duplice ruolo che hanno giocato le attività delle aziende private e degli istituti

finanziari italiani, tra il principio degli anni ’80 del XIX secolo e il principio

degli anni ’20 del XX: da una parte come ancelle della politica di potenza

perseguita dal Governo di Roma, dall’altra come dinamiche emergenti

sviluppatesi parallelamente a questa politica, secondo un percorso dettato da

semplici interessi di mercato. Riteniamo che, sull’onda di questo filo rosso che

collega la finanza privata alla politica, si può desumere quale ruolo essenziale

abbia giocato la presenza italiana nel Consiglio di Amministrazione nel Debito

Pubblico Ottomano: un anello di congiunzione e un trampolino di lancio per

le iniziative finanziarie sia pubbliche che private.

Il criterio di scelta degli estremi cronologici presi in esame, dal 1881 al

1923, si va a ricondurre con la fase di espansione dell’influenza del capitale

italiano nel Vicino Oriente Ottomano. Nel 1881 l’Impero Ottomano perde, di

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fatto, la propria indipendenza nella gestione delle finanze, delegando l’intera

gestione del debito pubblico. L’Italia, invitata con le altre potenze europee a

fare parte del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano,

userà questo posto privilegiato per entrare a pieno diritto nelle questioni

geopolitiche legate al Vicino Oriente. In effetti, il delegato italiano al Debito

Pubblico Ottomano, nominato dal Sindacato privato dei portatori della

rendita turca per conto della Camera di Commercio di Roma, oltre a curare gli

interessi dei creditori italiani per l’espansione del capitale privato, cercava di

perseguire gli obiettivi politici promossi dal governo italiano nei territori

dell’Impero. Vivido esempio di questo duplice ruolo è rappresentato dalla

figura di Bernardino Nogara, delegato italiano al Debito Pubblico Ottomano e

allo stesso tempo membro della Società Commerciale d’Oriente a partire dal

1913. Il punto di arrivo della ricerca è ovviamente segnato dalla nascita della

Repubblica di Turchia nel 1923.

La ricerca è contestualizzata sul territorio del Vicino Oriente Ottomano.

Sebbene la definizione di Vicino Oriente rimane vaga e spesso indefinita, essa

racchiude perfettamente i territori orientali che erano rimasti sotto il dominio

dell’Impero Ottomano. Nel 1880, la Sublime Porta controllava la Grande

Siria, la Palestina e parte del moderno Iraq fino alla foce dei fiumi Tigri ed

Eufrate, nonché direttamente ancora i vilayet di Tripoli e Bengasi nel Nord

Africa e parte della Rumelia orientale. Parlare dunque del Vicino Oriente

Ottomano significa parlare dei territori ottomani dell’Impero che rimasero

sotto il controllo di Costantinopoli fino al 1922, quando la Francia e la Gran

Bretagna ratificarono i mandati della Società delle Nazioni sulla Grande Siria,

Palestina e Iraq e quando fu abolito definitivamente il Sultanato. Solo nel

1923 con il Trattato di Losanna, si assisterà alla proclamazione della fine

dell’Impero e la nascita della Repubblica di Turchia.

I grandi istituti finanziari italiani, a partire soprattutto dagli inizi del XX

secolo, svolsero la propria attività all’interno dell’Impero Ottomano

percorrendo un doppio binario: quello istituzionale, assecondando le direttive

Page 3: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

impartite dai vari Governi italiani per rispondere a una politica di potenza, e

quello privato, procacciando affari secondo le regole di mercato. Quest’ultimo

aspetto costituisce l’oggetto principale della ricerca. Vari erano gli interessi

finanziari che gli istituti italiani avevano in Oriente: per quanto il loro volume

non possa essere equiparato a quello delle grandi potenze europee come

Francia, Inghilterra e Germania, il loro valore non può essere tralasciato né

trascurato. Ne sono un esempio gli interessi minerari della Società

Commerciale d’Oriente, gli interessi bancario-istituzionali del Banco di Roma

ed il ruolo delle compagnie assicurative: l’Istituto Nazionale delle

Assicurazioni, la Riunione Adriatica di Sicurtà e le Assicurazioni Generali1.

Tale espansione incontrò molti ostacoli, locali ed internazionali, soprattutto

nel tentativo di ritagliare uno spazio all’interno di un mercato dove le grandi

potenze europee avevano esteso il loro potere economico ben prima

dell’arrivo dell’Italia.

Il contesto internazionale e lo stato attuale delle ricerche

L’arco di tempo preso in esame, dal 1881 al 1923, percorso attraverso la

lente dei nostri criteri di ricerca, coincide anche con l’ultima fase del lungo

tramonto dell’Impero Ottomano. Riteniamo che sia impossibile affrontare un

argomento come quello della penetrazione finanziaria italiana nel Vicino

Oriente Ottomano senza avere un consolidato bagaglio in materia di storia

economica dell’Impero Ottomano tra il XIX e l’inizio del XX secolo.

La guerra di Crimea 1853-1856 segna un punto di non ritorno per

l’Impero Ottomano. Le ingenti spese belliche costringono la Sublime Porta ad

aprirsi alla finanza internazionale per contrattare quei prestiti necessari per

l’ammodernamento del paese. Tale spinta riformatrice inizia ben prima del

1� Le Assicurazioni Generali e la RAS operavano in Oriente antecedentemente la prima Guerra Mondiale, ma comesocietà austro-ungariche, pertanto, sebbene fosse presente al loro interno un indiscutbile elemento italiano, nonpossono essere prese in esame come imprese italiane fno al 1919. Si veda anche A. Millo, Trieste, le assicurazioni,l’Europa, 2004

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1853. Suddette riforme, dette Tanzimat2, iniziano con l’atto ufficiale

dell’Hatti-Sheriff del 3 novembre 1839 sotto il Sultano Abdul Megid (1839-

1860) con lo scopo principale di: centralizzare l’amministrazione,

modernizzare l’apparato dello Stato, occidentalizzare la società e secolarizzare

l’insegnamento ed il diritto3. I fondi necessari per queste riforme furono in un

primo momento trovati grazie alla razionalizzazione delle risorse ed ad una

serie di riforme amministrative come l’estensione del controllo statale sulla

riscossione delle tasse affidata in precedenza ai Timar4. Queste riforme

furono sufficienti per trasformare l’Impero Ottomano in uno Stato moderno. I

riformatori ottomani presero coscienza che solamente attraverso grandi

investimenti l’impero poteva dotarsi di quelle strutture moderne necessarie

per la trasformazione del paese. Data la mancanza di risparmio da destinare

ad investimenti interni, l’Impero iniziò a finanziarsi attraverso i Banchieri di

Galata, o comunemente detti “Vampiri” di Galata per via degli altissimi tassi

di interesse che applicavano ai loro prestiti - dal 10 al 20% - a breve termine 5.

Sebbene la finanza europea offrisse tassi di interesse più bassi e prestiti a

lungo termine. La paura del Sultano di cadere nelle mani degli europei e

problemi inerenti all’etica religiosa bloccarono qualsiasi prestito fino al 1854,

quando fu contratto il primo prestito internazionale sulla piazza di Londra6.

Dal 1855 al 1875 l’Impero Ottomano si finanziò sul mercato internazionale dei

2� Moreau O. L'empire otoman à l'âge des réformes, 2007. Costanza M. La Mezzaluna sul flo: la riforma otomana diMahmud II 1808-1839. 2010. Abou-El-Haj R.A. Formaton of the Modern State: The Otoman Empire, Sixteenth toEighteenth centuries. 2005.

3� İnalcık H. Quataert D. An Economic and Social History of the Otoman Empire, 1300-1914, 1994. İslamoğlu-İnan H.The Otoman Empire and the World-Economy, 1987. Issawi C. An Economic History of the Middle East and NorthAfrica, 2013. Owen R. Pamuk S. A History of Middle East Economies in the Twenteth Century, 1998. Owen R. TheMiddle East in the World Economy, 1800-1914, 1993. Panzac D. Histoire économique et sociale de l'Empire otoman etde la Turquie 1326-1960, 1995. Kasaba R. The Otoman Empire and the World Economy the Nineteenth Century, 1988.

4� Gocek F.M. Rise of the Bourgeoisie, Demise of Empire, 1995.

5� Pamuk S. A Monetary history of the Otoman Empire, 2000.

6� Anderson O. Great Britain and the Beginnings of the Otoman Public Debt, 1854-55 in “The Historical Journal” 1964. Geyikdagi V.N. Foreign Investment in the Otoman Empire: Internatonal Trade and Relatons, 2011. Rodkey F.S. Otoman Concern about Western Economic Penetraton in the Levant, 1849-1856 in "The Journal of Modern History" 1958

Page 5: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

capitali. La scoperta di questo strumento per ottenere facilmente denaro a

buon prezzo contagiò un’amministrazione impreparata ad affrontare e gestire

con razionalità i fondi contratti a prestito. Man mano che il debito aumentava,

gli stessi investitori europei iniziarono a farsi alcune domande sulla capacità

di solvibilità dell’Impero. Tali paure risultarono fondate. Data la poca

affidabilità dell’Impero, ogni prestito doveva essere garantito da fonti sicure

di entrata. Quindi più aumentava il numero dei prestiti, più allo Stato

venivano a mancare quelle risorse messe in garanzia per i prestiti

precedentemente contratti. L’Impero entrò in un pericoloso circolo vizioso,

dove molti debiti venivano contratti per garantire il pagamento degli interessi

in scadenza su quelli precedenti. Un primo default fu evitato nel 1863 grazie

alla costituzione della Banca Imperiale Ottomana controllata da francesi e

inglesi. Tale Banca iniziò ad avere le funzioni di una vera e propria Banca

Centrale con diritto esclusivo di emissione7. In realtà la costituzione di tale

banca fu interpretata dalla corte ottomana come un nuovo strumento per

garantirsi la fiducia degli investitori europei e continuare a contrarre prestiti.

Questa politica scellerata perpetrata soprattutto dal Sultano Abdul Aziz (1861-

1876) portò ad un vero e proprio default nel 1875-768, in conseguenza anche

del crollo della borsa di Vienna nel 1873 che aveva reso molto più difficile per

l’Impero finanziarsi sul mercato internazionale. Con il default i lunghi

tentacoli dell’imperialismo europeo si strinsero intorno a Costantinopoli.

L’Egitto, per gli stessi motivi di insolvibilità, cadde sotto il gioco britannico

dal 1882. Un conto era però annettere una provincia, o vilayet, come era

l’Egitto, un altro era controllare tutti i territori dell’Impero Ottomano che si

estendevano ancora su tutta la Rumelia orientale ed i Balcani, nonché tutto il

Vicino Oriente e le province della Tripolitania e Cirenaica. L’Impero era

troppo vasto perché solo una potenza potesse ambire al suo completo

7� Eldem E. A History of the Otoman Bank, 1999. Clay C. The Origins of Modern Banking in the Levant: The BranchNetwork of the Imperial Otoman Bank, 1890-1914 in “Internatonal Journal of Middle East Studies” 1994. AuthemanA. The Imperial Otoman Bank, 2002.

8� Jubenville C.J. Imperialism and Bankruptcy in the Otoman Empire and Egypt, 1999.

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controllo. Con il Congresso di Berlino del 1878 si decise di creare una

commissione internazionale per il controllo delle finanze turche, di cui fu il

promotore il Conte Corti9. Con il decreto Mouharrem del 1881 venne creato il

Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano10. Il Debito

venne rinegoziato e consolidato. Da Lt. (Lire turche) 197,417,160 a Lt.

118,911,248 con una differenza di Lt. 78,505,91211. Il Debito fu dimezzato e

diviso in quattro serie A,B,C,D con diversi ordini di priorità di pagamento.

Con il default e la rinegoziazione del debito si apre l’ultima fase della

centenaria storia dell’Impero Ottomano. In questi ultimi quarant’anni

l’Impero non smette di indebitarsi con creditori esteri, anzi la quota dei

prestiti aumenta fino al 1914. Questo era però possibile grazie ad alcuni

fattori. Primo fra tutti la creazione di organi internazionali preposti al

controllo delle finanze ottomane, come erano la Banca Imperiale Ottomana e

il Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano. La presenza

di queste due istituzioni permisero al Governo Ottomano sia di finanziarsi a

bassi tassi di interesse sia di nascondersi dietro le garanzie internazionali che

questi istituti potevano dare in sede di negoziazione del prestito. Spesso però,

proprio questi istituti che avevano un compito di vigilanza, chiudevano un

occhio sui rischi che i prestiti potevano comportare a lungo termine sul

bilancio dell’Impero. Più gli ottomani si indebitavano, più le potenze

estendevano il controllo sull’agonizzante impero:

9� Bonghi R. La Crisi d'Oriente e il Congresso di Berlino, 1885. Di Nola C. Contrast politci in Europa dopo il 1870 e azione diplomatca dell'Italia nella crisi d'Oriente e nel Congresso di Berlino del 1878, 1956. Verneau F. La questone d'Oriente: dal tratato di Berlino (1878) ai giorni nostri, 1959.

10� Birdal M. The Politcal Economy of Otoman Public Debt, 2010. Blaisdell D. European fnancial control in the Otoman Empire, 1914. Behar Y. Le fnanze turche: le contribuzioni direte nell 'impero Otomano, 1914.

11�Clay C. G. A. Gold for the sultan: Western bankers and Otoman fnance, 2000. Nel 1844 la lira turca valeva il 10% inmeno rispeto alla sterlina britannica (LS): pertanto 1 LT = LS 1.1; LS 1 = LT 0.909. In rapporto con il franco francese eraLT 1 = Frs 22.727. Quindi tra il franco e la sterlina LS 1 = Frs 25.

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I Turchi saranno completamente in nostro potere quando tutte le loro risorse utilizzabili

saranno state ipotecate; spero di poterli costringere a contrarre imprestiti colla garanzia della lista

civile; ed alla fine faremo della Turchia un altro Egitto12

La maggior parte dei prestiti contratti dopo il 1881 serviranno per

finanziare la costruzione di infrastrutture da parte delle potenze occidentali13.

Questo sistema di appalti e prestiti serviva anche per la costruzione di opere

da utilizzare come strumento di espansione di una potenza su di un territorio

di propria influenza, attendendo la deflagrazione dell’Impero per

impossessarsene. Ne sono un esempio la costruzione di ferrovie nella Grande

Siria ad opera della Francia14; di interessi nei trasporti, nel petrolio e nelle

bonifiche della Gran Bretagna in Mesopotamia15; la costruzione della Berlino-

Baghdad ad opera della Germania16, e il tentativo di espansione politica ed

economica nel distretto di Adalia ad opera dell’Italia negli ultimi anni

antecedenti lo scoppio della Prima Guerra Mondiale17. Questa spartizione

territoriale non era stata scevra da scontri tra le potenze, ne si era riusciti a

delineare i confini di queste zone in maniera chiara e netta. Il dominio di una

zona si acquistava sul capo, a suon di influenza politica e potenza finanziaria.

12� ASMAE, Gabineto Crispi. Da R.Amasciata Costantnopoli a Crispi. Aprile 1890.

13� L’unico caso in cui una linea ferroviaria non fu data in appalto ad europei fu il caso della ferrovia dell’Hedjaz fnanziata completamente con capitali arabi. Sebbene dal punto di vista fnanziario la ferrovia era indipendente dal punto di vista tecnico i lavori furono diret da una dita tedesca ma vi lavoravano anche un migliaio di operai italiani e piccole imprese, anch’essi italiane o levantne. E.M. Bolasco, Damasco-Medina, ferrovia avveniristca 1901-1908, mille operai italiani nel deserto dell’Hedjaz, 1999

14� Andrew C.M, � Kanya-Forstner A.S. The Climax of French Imperial Expansion: 1914-1924, 1981. Thobie J. Intérets etimperialism français dans l’Empire Otoman 1895-1914, 1977. Raccagni M. The French Economic Interests in theOtoman Empire in "Internatonal Journal of Middle East Studies" 1980. Shorrock W The origin of the French mandatein Syria and Lebanon the railroad queston book in “Internatonal Journal of Middle East Studies” 1970.

15� Plat D.C.M. Finance, Trade and Politcs in Britsh Foreign Policy 1815-1914, 1968. Khalidi R. Britsh Policy towardsSyria and Palestne 1906-1914, 1980.

16� Barth B. Whitehouse J. C. The fnancial history of the Anatolian and Baghdad railways, 1889-1914 in “FinancialHistory Review” 1998. McMeekin S. The Berlin-Baghdad express the Otoman Empire and Germany's bid for worldpower, 2012. Trumpener U. Germany and the Otoman Empire, 1914-1918, 1968.

17� Petricioli M. L'Italia in Asia Minore, 1983. Petricioli M. La resa dei cont: diplomazia e fnanza di fronte alleaspirazioni italiane in Anatolia in “Storia delle Relazioni Internazionali” 1986. Webster R.A. L'imperialismo industrialeitaliano tra il 1908 e il 1915, 1975.

Page 8: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

Su questo campo storica è stata la rivalità tra la Francia e la Germania a

partire dal 1880 per la costruzione di linee ferroviarie nelle regione18, tra

Germania, Gran Bretagna e Russia per il controllo delle risorse della

Mesopotamia e dell’Italia che modestamente cercava appalti e concessioni

nella provincia di Adalia scontrandosi a più riprese con gli interessi della

Gran Bretagna e della stessa Germania la quale, solo lontanamente, e non

senza voltafaccia, appoggiava l’alleato italiano.

La penetrazione finanziaria e politica Italiana nel Vicino Oriente

Ottomano, allo stato attuale delle ricerche, mostra tre periodi temporali ben

distinti. Dal 1881 al 1896, dal 1896 al 1914 e dal 1919 al 1923. Il primo periodo

cronologico combacia con l‘istituzione del Consiglio di Amministrazione del

Debito Pubblico Ottomano e con la fine della “Grande depressione” del XIX

secolo19. In questo periodo di crisi l’Italia, la cui mancanza di capitali era una

costante cronica, manterrà un basso profilo negli affari d’Oriente tentando

una riforma delle Camere di Commercio nell’Impero attraverso l’istituzione di

Agenzie commerciali, lavorando per l’istituzione di istituti bancari italiani a

Costantinopoli ed appoggiando iniziative di imprenditori privati

principalmente negli affari ferroviari. Invece, in merito alle questioni inerenti

il Debito Pubblico Ottomano, l’Italia, a partire dal Congresso di Berlino nel

1878, aveva giocato un ruolo da protagonista. Prima del decreto Mouharrem

del 8/20 dicembre 1881, che istituzionalizzava la presenza di una

commissione internazionale preposta al controllo delle finanze ottomane in

riferimento al debito pubblico, si era costituita una commissione preparatoria

per la creazione del Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico

Ottomano (da qui in avanti CADPO). Un ruolo da protagonista venne giocato

18� Karkar Y.N. Railway Development in the Otoman Empire 1856-1914, 1972.

19� De Cecco M. Moneta e impero: il sistema fnanziario internazionale dal 1890 al 1914, 1979. Feis H. Finanza Internazionale e Stato. Europa banchiere del mondo 1870-1914, 1977.

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dall’avv. Francesco Mancardi20. Il Mancardi non era nuovo a questo genere di

attività, era infatti stato Direttore Generale del Debito Pubblico Italiano dal

1862 al 1871. Esperto di questioni finanziarie, il Mancardi si impose presto

dentro il CADPO, creando l’ossatura della commissione internazionale e

permettendo all’Impero Ottomano di contrarre nuovi prestiti attraverso le

garanzie concesse dalla nuova commissione internazionale. La centralità del

ruolo giocato dall’Italia e specialmente dal Mancardi è stata determinante per

le finanze ottomane. Infatti il Mancardi convinse il CADPO a contrarre i

prestiti per il Governo Ottomano di cui faceva parte. Questa azione ha

permesso all’Impero di ritornare sul mercato dei capitali e di finanziarsi a

tassi di interesse più moderati. La presenza della Banca Imperiale Ottomana e

del nuovo CADPO garantivano una maggiore tutela per i creditori. A fronte

dell’attimo lavoro svolto dall’avvocato nella commissione preparatoria, il

Mancardi nominato primo delegato italiano al Debito Pubblico Ottomano

sotto la nomina della Camera di Commercio di Roma21. È giusto tenere

presente che questo fattore pone l’attività del Delegato al DPO come

indipendente rispetto al Governo Centrale. Se la maggior parte dei delegati al

DPO delle altre potenze europee – Gran Bretagna, Francia, Germania ed

Austria-Ungheria- erano manovrati dai propri governi, la Camera di

Commercio di Roma concesse al proprio delegato quella libertà di manovra

che gli spettava, spesso andando anche contro gli interessi del Governo

italiano. Infatti durante varie dispute, come quella per la conversione dei

titoli privilegiati “Prioritès” e “Lotti Turchi” la Camera di Commercio Italiana

ed il nuovo Delegato italiano, Comm. Melchiorre Simondetti, tra il 1890 e il

1893, entrarono palesemente in conflitto contro i delegati anglo-francesi i

quali avevano compiuto un’azzardata operazione speculativa mirata ad far

arricchire gli istituti finanziari con interessi nel debito anziché tutelare i

20� Mancardi F. Debito turco: relazione alla Camera di commercio ed art di Roma, 1882

21� La Camera di Commercio di Roma aveva ricevuto la delega di tute le altre Camere di Commercio del Regno perdelegare gli interessi dei portatori italiani di rendita turca in seno al CADPO a Costantnopoli. Ed era sempre la Cameraa nominare il delegato italiano.

Page 10: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

portatori, come invece il loro mandato prevedeva. In questo caso, come in

molti altri, la Camera di Commercio di Roma agì indipendentemente, senza

lasciarsi condizionare dal Governo italiano il quale cercò di trarre altri tipi di

vantaggi dettati dalla politica richiamando all’ordine la Camera di

Commercio:

un intervento ufficioso dell’Italia, della Germania e dell’Inghilterra presso i portatori per

ottenere un accomodamento che sollevi il tesoro turco potrebbe essere utile e l’Italia non avendo

molti portatori da proteggere ricavarne altri vantaggi industriali e commerciali22

Sebbene poi il Sindacato italiano, per l’opera del comm. Simondetti,

dovette accettare la conversione, è indicativo il fatto che l’Italia fu l’unica

nazione all’interno del CADPO a lasciare un reale margine di indipendenza al

rappresentante degli interessi dei portatori privati di rendita turca.

Il secondo periodo che va dal 1896 al 1914 coincide con la fine della

“Grande depressione” del XIX secolo e con l’inizio della Prima Guerra

Mondiale. Durante questo periodo temporale l’attività finanziaria nella

regione aumenta considerevolmente. Sebbene l’attività di penetrazione

finanziaria italiana fosse principalmente concentrata nei territori odierni dei

Balcani, il Vicino Oriente rientrò in quella sfera di espansione

dell’imperialismo italiano guidato da quella nuova generazione di capitalisti

specialmente di provenienza veneta; tra essi emerge su tutti Giuseppe Volpi di

Misurata23. Le varie Società anonime create sul territorio ottomano

dimostrano questo stato dell’arte: Società per le Miniere d’Oriente di

Salonicco (1901), Compagnia di Antivari (1905), Monopolio dei tabacchi nel

Montenegro (1906) nonché interessi industriali e finanziari nella ferrovia

Danubio-Adriatica. Durante questo periodo di espansione della finanza

italiana in Oriente emerge la figura di Bernardino Nogara il quale, avendo già

22� MAE, Ambasciata d’Italia in Turchia, busta 7, fasc. 1, da R. Ambasciata a Costantnopoli, 6 novembre 1891

23� Romano S. Giuseppe Volpi, 1997.

Page 11: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

lavorato con Volpi nella Società per le Miniere d’Oriente, sarà all’interno del

nuovo Consiglio di Amministrazione della costituenda Società Commerciale

d’Oriente, di cui Nogara ne sarà alla guida per la sede di Costantinopoli. Tale

Società detta Comor, braccio finanziario della Comit in Oriente, fu fondata

una prima volta a Ginevra nel 1907 e per una seconda volta nel 1912,

coltivando i suoi primi interessi nelle miniere di ferro e piombo di Mossul in

Bulgaria e di carbone nel bacino di Eraclea. Ma la sua attività non si fermò

qui. Pensata come strumento per raccogliere attorno ad essa le iniziative

finanziare italiane iniziò ad operare anche come banca commerciale

immischiandosi in ogni genere di affare. A tale testimonianza, attraverso gli

archivi della Comor, è possibile venire a capo agli affari dove la Comor era

immischiata: dal trasporto del legname e del carbone, al controllo di società di

navigazione locali fino alle gare di appalto per la costruzione di linee

tramviarie tra Adrianopoli e Costantinopoli. Ma quale è il collegamento reale

che esiste tra questa serie di interessi e l’Amministrazione del Debito Pubblico

Ottomano? Durante questa fase di espansione delle iniziative finanziarie

italiane in Oriente, a nostro avviso, il ruolo giocato da parte del Delegato

Italiano al DPO, fu senza dubbio importante per gli affari italiani in Oriente.

La partecipazione italiana, o i suoi sforzi per aderirvi, ai prestiti contratti

dall’Impero Ottomano tra il 1907 e il 1914, denotano una diversa maturità sia

del capitale italiano, sia della politica italiana. Le maggiori potenzialità

italiane rispetto a qualche decennio addietro, e la spasmodica ricerca di

soddisfare la politica di potenza, spinsero l’Italia ad essere più spregiudicata

ed aggressiva con l’Impero. La partecipazione italiana a questi prestiti

significava poter aumentare il prestigio italiano presso il Governo Imperiale,

necessario per ottenere quelle concessioni, politiche ed economiche, che

avevano lo scopo di concretizzare sempre più la presenza italiana in loco. La

concessione di prestiti passava dal CADPO, il quale doveva garantire, insieme

alla BIO, la copertura del prestito. Pertanto quando un prestito, su richiesta

del Governo Ottomano, veniva negoziato in sede del CADPO il delegato

Page 12: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

italiano veniva a conoscenza dei dettagli del prestito e degli scopi che esso

aveva. Infatti tra i delegati italiani al DPO e l’Ambasciata d’Italia a

Costantinopoli esiste una ricca corrispondenza in merito sia alle questioni

finanziarie del debito ma anche in merito agli affari negoziati dal Governo

Imperiale. Sebbene il Governo italiano garantisse l’indipendenza del delegato

italiano che rappresentava i portatori privati italiani della rendita turca, il

Regio Governo a più riprese face pressioni sul delegato italiano per

partecipare alle iniziative finanziarie che coinvolgevano il DPO, usando

quest’ultimo come testa di ponte e trampolino di lancio per una serie di

iniziative non solo finanziarie ma anche politiche. A conferma di questo la

corrispondenza tra il Marchese Alberto Theodoli, delegato italiano al DPO tra

il 1903 al 1911, e l’Ambasciata d’Italia a Costantinopoli ci dice chiaramente

che il Governo Italiano usava il delegato italiano per negoziare una serie di

attività finanziarie a vantaggio dell’elemento italiano. Lo stesso Alberto

Theodoli fu il fondatore della sede di Costantinopoli del Banco di Roma con

cui continuerà ad avere un rapporto previlegiato. Ma c’è dell’altro. Il delegato

italiano al DPO teneva relazioni e contatti anche con la Società Commerciale

d’Oriente ed il Banco di Roma24, i quali detenevano nei propri portafogli titoli

del debito pubblico ottomano25. La presenza di delegati italiani al DPO legati a

doppio filo con importanti istituti finanziari italiani è confermata anche dalla

presenza di Bernardino Nogara, delegato italiano al DPO dal 1913, la cui

corrispondenza privata ed istituzionale ci conferma l’esistenza di quelle

relazioni tra il Governo italiano, la Società Commerciale d’Oriente e la sede di

Milano della Comit. Allo stato attuale delle ricerche possiamo solamente in

parte delineare definitivamente la consistenza di queste relazioni e gli

obiettivi che essi hanno raggiunto. Ma possiamo confermare che il delegato

italiano al DPO era il centro di una serie di relazioni tra il pubblico ed il

24� De Rosa L. Storia del Banco di Roma, III vol. 1982

25� Biagini. A. Storia della Turchia Contemporanea, 2005. Secondo Biagini i capitali che i gruppi fnanziari italiani avevano investto nel DPO erano di dubbia provenienza.

Page 13: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

privato, aiutando quest’ultimo settore nella sua espansione finanziaria in

Oriente.

Il terzo periodo che va dal 1919 al 1923 vede intensificarsi l’attività

italiana in Oriente, specialmente nella regione dell’Anatolia. Uscito sconfitto

dalla Prima Guerra Mondiale, l’Impero Ottomano era alla mercé delle potenze

vincitrici: Francia e Gran Bretagna in testa, Italia in seconda istanza. Questo

ruolo subalterno dell’Italia non demotivò le varie aziende italiane a cercare di

espandere i propri interessi in un paese in dissoluzione. La sconfitta degli

Imperi Centrali e soprattutto della Germania che aveva grandi interessi

economici e finanziari nell’Impero Ottomano, scatenò una corsa delle potenze

vincitrici a colmare quello “spazio vuoto” lasciato da Berlino. Francia e Gran

Bretagna videro bene di dividersi in zone di influenza in un primo momento,

ed in mandati per conto della Società delle Nazioni in un secondo momento,

la restante parte dei territori ottomani all’infuori dell’Asia Minore. La Grande

Siria andò alla Francia mentre la Palestina e i vilayet di Mosul, Baghdad e

Bassora alla Gran Bretagna. Abbandonata l’offerta della Gran Bretagna per il

controllo del Caucaso26, l’Italia spese tutto il suo limitato potere contrattuale

per ampliare il suo controllo nella zona di Adalia, questa volta anche

militarmente. La sconfitta dell’esercito greco, supportato dalla Francia e dalla

Gran Bretagna anche per far abbandonare all’Italia le sue pretese su Smirne,

andò a tutto vantaggio di Kemal Ataturk il quale, non riconoscendo le

umilianti clausole del Trattato di Sévres nel 1920, vinse la guerra contro gli

occupanti firmando con le potenze alleate nel 1923 il Trattato di Losanna che

poneva fine alla storia secolare dell’Impero Ottomano ed ai sogni di gloria

italiani nella regione27. Se la politica fallì nei suoi obiettivi, le attività private

26� De Mateo L. Alla ricerca di materie prime e nuovi mercat nella crisi postbellica. L’Italia e la Transcaucasica, 1990.

27� Marian Kent, The Great Powers and the End of the Otoman Empire, 1996. Grassi F.L’Italia e la questone turca 1919-1923. Opinione pubblica e politca estera, 1996. Porciat A.M. Dall'impero otomano alla nuova Turchia. Cronache e storia, 1997. Giannini A. L'ultma fase della questone orientale 1913-1932, 1933. Fromkin D. Una pace senza pace, 1992.

Page 14: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

italiane riscontrarono maggiori successi. La Società Commerciale d’Oriente

estese il suo controllo non solo sul Bacino di Eraclea ma anche su una serie di

infrastrutture necessarie per il trasporto di carbone come il porto e la ferrovia.

Allo stesso modo il Banco di Roma rafforzò la sua sede di Costantinopoli

contrattando con le autorità francesi e britanniche la nuova apertura delle sue

filiali a Beirut e Gerusalemme. Elemento nuovo nel panorama finanziario

italiano nella regione furono le compagnie assicurative. Con l’annessione di

Trieste a danno dell’Austria-Ungheria a termine del primo conflitto mondiale,

le Assicurazioni Generali e la Riunione Adriatica di Sicurtà iniziarono ad

operare sotto l’egida italiana. L’Italia si trovò così ad annoverare tra le sue

imprese due società che avevano, già ben prima della guerra, esteso le proprie

attività in Oriente tra Costantinopoli, Smirne, Beirut, Aleppo, Damasco,

Gerusalemme e Giaffa. Le loro attività finanziarie dimostrano un forte senso

di dinamismo all’interno di mercati poco stabili come erano quelli orientali.

L’arrivo dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni a Costantinopoli nel 1919

aprì un conflitto interno tra le compagnie assicurative italiane. Le Generali e

la Riunione di Sicurtà fecero opera di damping contro l’INA al fine di

ostacolarne le attività in Oriente. Come accennato in precedenza con il 1923 le

relazioni tra Italia e Turchia si spostarono su un livello di collaborazione

bilaterale e su relazioni economiche stabili sotto l’egida della nuova sovranità

turca la quale abolì ogni commissione di controllo internazionale sulle sue

finanze come era il CADPO.

Fonti primarie e struttura del lavoro

La ricerca intende basarsi su documenti d’archivio inediti, da affiancare

a quelli già noti, per venire a capo delle relazioni esistenti tra Il Consiglio di

Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano e la finanza privata.

L’Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri a Roma risulta essere una

fonte di primaria importanza. Essenziali sono i documenti raccolti all’interno

Page 15: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

del fondo Ambasciata d’Italia in Turchia 1829-1938 che raccoglie tredici

fascicoli che riguardano principalmente la corrispondenza tra il Regio

Ministero degli Affari Esteri e la Regia Ambasciata di Costantinopoli inerenti

questioni finanziarie. Nello specifico cinque fascicoli riguardano questioni

inerenti al Debito Pubblico Ottomano come la vertenza tra la Camera di

Commercio di Roma e le potenze nel Consiglio di Amministrazione del Debito

Pubblico Ottomano per la conversione dei titoli privilegiati e dei lotti turchi,

mentre le altre riguardano appalti ferroviari, banche italiane, questioni

minerarie, appalti industriali e concessioni varie. Tre fascicoli dentro tre buste

riguardano i tentativi di penetrazione economica italiana in Mesopotamia nel

primo decennio del ‘900. Nella Serie Politica A è possibile trovare un

fascicolo che tratta del Debito Pubblico Ottomano e della vertenza contro la

Banca Imperiale Ottomana. Cambiando fondo, sempre presso l’archivio

storico del Ministero degli Affari Esteri, risultano essenziali per la ricerca Il

Gabinetto Riservato 1906-1911 con tre fascicoli, l’Archivio di Gabinetto 1910-

1923 con otto fascicoli, l’Archivio del Consolato Generale di Beirut nonché

vari archivi privati come l’Archivio di San Giuliano, l’Archivio De Pretis,

l’Archivio Guglielmo Imperiali e le carte del Gabinetto Crispi.

Sempre per quanto riguarda i fondi pubblici è possibile trovare

all’interno dell’Archivio Storico della Banca d’Italia a Roma ventiquattro

fascicoli (allo stato attuale della ricerca) inerenti attività finanziarie

nell’Impero Ottomano, questioni inerenti al Debito Pubblico Ottomano,

concessioni industriali ed affari bancari, e il fondo in liquidazione della Banca

Romana che gestiva la riscossione delle cedole per l’Italia del Debito Pubblico

Ottomano, tra il 1881 e il 1923, nonché la corrispondenza privata di Bonaldo

Stringher.

L’Archivio Storico della Camera di Commercio di Roma a Roma

detiene solamente una busta riguardante i primi anni della costituzione del

Debito Pubblico Ottomano sebbene la centralità della Camera di Commercio

avrebbe giustificato la presenza di molto più materiale documentario.

Page 16: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

Per quanto riguarda gli archivi privati in Italia, l’Archivio di Intesa San

Paolo a Milano conserva nove buste riguardanti l’attività della Società

Commerciale d’Oriente ed una busta che conserva la corrispondenza privata

d i Bernardino Nogara nonché un fascicolo riguardante gli interessi della

Banca Italiana di Sconto in liquidazione all’interno del Debito Pubblico

Ottomano.

Presso l’Archivio Storico di Unicredit Banca sempre a Milano è

possibile consultare il fondo della liquidazione della Banca Italiana di Sconto

solo per quanto riguarda i fascicoli del personale, tra cui coloro che

prestavano servizio a Costantinopoli. Oltre a questi fondi è possibile

consultare i verbali del Consiglio di Amministrazione del Banco di Roma,

essenziali per delineare le attività del Banco in Oriente. Ad ogni modo

nell’Archivio del Banco di Roma, a Roma, sono presenti dieci fascicoli che

delineano le varie attività finanziarie ed un fascicolo inerente gli interessi

all’interno del Debito Pubblico Ottomano.

Infine ci sono gli Archivi Privati delle assicurazioni. L’Archivio Storico

dell’INA, a Roma, contiene una busta ed una serie di fascicoli inerenti le

attività dell’azienda principalmente a Costantinopoli e Smirne a partire dal

primo dopoguerra. Invece l’Archivio Storico delle Assicurazioni Generali, da

poco riaperto e che è solamente indicizzato e non catalogato, contiene cinque

fascicoli inerenti l’attività aziendale tra Costantinopoli, Smirne, Beirut,

Damasco e Gerusalemme.

Per quanto riguarda gli archivi esteri di grande importanza si è rilevato

l’Archivio Storico della Banca Imperiale Ottomana ad Istanbul, il quale

contiene una busta che raccoglie la corrispondenza tra i delegati italiani al

Debito Pubblico Ottomano e l’Ambasciata d’Italia a Costantinopoli tra il 1907

ed il 1914.

L’elenco degli archivi soprariportato riguarda tutti quei fondi che sono

stati già consultati dal sottoscritto, mentre altri saranno consultati nell’anno

in corso. Questo vale per l’Archivio Centrale dello Stato dove sono presenti le

Page 17: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

carte del Ministero dell’Industria, Commercio ed Artigianato il quale fu

sempre consultato per operazioni bancarie ed industriali in Oriente. Questo

vale anche per Public Record Office di Londra, nella serie Foreign Office, per

quanto riguarda sia le trattative tra l’Italia e la Gran Bretagna per l’accesso

alla commissione internazionale per il Debito Pubblico sia in merito alla

vertenza sulla conversione dei titoli “Priorités” e “Lotti Turchi”, nonché per la

vertenza contro la Banca Imperiale Ottomana ad opera dell’Ambasciatore

d’Italia a Costantinopoli contro il monopolio finanziario francese tra il 1887 e

il 1890. Stessa cosa vale per l’Archivio del Quai d’Orsai a Nantes. All’appello

manca l’Archivio della Riunione Adriatica di Sicurità che non solo non è

consultabile, ma la maggior parte dei documenti è andata perduta. Per questo

motivo ci dobbiamo affidare a fondi indirette ed a fonti secondarie.

Le fonti prese in esame sono varie e la loro consultazione non è ancora

terminata. Siamo convinti che l’Archivio Storico della Banca d’Italia, allo

stato attuale delle nostre ricerche, possa darci maggiori informazioni in

merito agli interessi italiani in Oriente. A partire dal 1893 sarà infatti la Banca

d’Italia a gestire i servizi di riscossione delle cedole e degli interessi del DPO,

causa il fallimento della Banca Romana. Stessa cosa vale per gli archivi del

Ministro degli Affari Esteri soprattutto per quanto riguarda gli archivi privati

e la corrispondenza privata dei principali protagonisti che può darci la giusta

chiave per mettere in relazione i vari interessi privati di quegli anni.

Sebbene Giuseppe Volpi di Misurata non abbia coperto incarichi

all’interno del CADPO, le lettere inviate a Bernardino Nogara, alcune di esse

consultabili nell’archivio privato di quest’ultimo, mettono in luce

l’importanza di questo imprenditore nelle questioni riguardanti gli interessi

finanziari italiani in Oriente. Attualmente l’ubicazione del suo archivio privato

risulta sconosciuta pertanto, solamente per alcuni anni, possiamo ricostruire

parte della sua attività grazie alle copie delle lettere da lui spedite o ricevute

da Bernardino Nogara, dal Marchese di San Giuliano, dal Marchese Imperiali,

da Otto Joel e dal Ministero degli Affari esteri italiano a Roma.

Page 18: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

Lo stato attuale delle nostre ricerche ci permette di definire una prima

suddivisione del lavoro. In prima istanza risulta necessaria una prefazione in

grado di tracciare le linee generali della storia economica e sociale dell’Impero

Ottomano a partire dall’inizio della questione d’Oriente con la pace di Küçük-

Kaynarca in seguito alla guerra russo-turca del 1768-1774, fino al default sul

debito estero dell’Impero Ottomano nel 1875-76. Messe le basi per

comprendere gli avvenimenti da noi analizzati successivamente, il primo

capitolo del lavoro tratterà le questioni degli interessi italiani all’interno del

Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano suddividendo i

paragrafi tra la costituzione del consiglio del debito e le trattive tra l’Italia,

Gran Bretagna-Francia ed Impero Ottomano per ottenere un posto all’interno

del consiglio e le varie vertenze che videro protagonisti i delegati italiani e la

Camera di Commercio di Roma per la difesa degli interessi dei portatori

italiani di rendita turca. Una prima analisi verrà anche fatta sui timidi

tentativi italiani, pubblici e privati, per l’istituzione di istituti bancari nella

regione al fine di favorire le attività economiche e finanziare dell’elemento

italiano. Il secondo capitolo tratterà sia le questioni legate principalmente ai

delegati italiani al Debito Pubblico Ottomano come il Marchese Alberto

Theodoli prima e Bernardino Nogara dopo e ai loro rapporti con l’espansione

del capitale italiano, sia le relazioni esistenti tra di essi e la Società

Commerciale d’Oriente ed il Banco di Roma, dedicando anche un

approfondimento sulle attività finanziarie di questi istituti nella regione e le

loro connessioni con il Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico

Ottomano. Il terzo capitolo riguarderà invece principalmente la fase che

andrà tra la fine della Prima Guerra Mondiale e il Trattato di Losanna nel

1923 mettendo in risalto la ripresa delle attività della Comor e del Banco di

Roma ma anche quelle delle Assicurazioni Generali, della Riunione Adriatica

di Sicurtà e dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni.

Page 19: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

Postfazione

È doveroso precisare che l’intera struttura del lavoro, a fronte degli

interessanti stimoli proposti durante il Seminario SISSCO del giungo 2014 a

Milano, avrà come linea guida gli interessi dell’Italia nell’Amministrazione del

Debito Pubblico Ottomano quale punto di convergenza di una serie di

interessi pubblici e privati italiani. La definizione di questo scopo ha l’intento

di definire la penetrazione finanziaria italiana nell’Impero Ottomano da una

nuova prospettiva di osservazione influenzata, non solo dalle dinamiche

interne della Sublime Porta, ma anche dal gioco di alleanze tra le grandi

potenze europee. A questo proposito è nostro dovere far presente che l’intento

di questo lavoro non è quello di raccontare tutto il paniere degli interessi

economici e finanziari italiani nella regione a causa della circoscrizione di

questa ricerca nel tempo naturale di un ciclo dottorale. Come se non bastasse,

alcuni aspetti, soprattutto riguardanti gli importati interessi di Stato nella

regione, sono già stati analizzati da importanti storici quali R. A. Webster nel

suo L’Imperialismo Industriale Italiano e da M. Petricioli nella sua opera

L’Italia in Asia Minore. Senza contare specifici articoli scientifici che

analizzano nel dettaglio singoli avvenimenti, come il caso del contributo di

A.F. Saba dal titolo L’Attività dell’Ansaldo nell’Impero Ottomano, nel volume

di P. Hertner Storia dell’Ansaldo. Dai Bombtini ai Perrone. Oltre a queste

opere, sotto suggerimento del Prof. Giorgio del Zanna, non possiamo non

citare la magistrale opera in lingua francese scritta da D. J. Grange L'Italie et

la Méditerranée (1896-1911): les fondements d'une politique étrangère. Tale

opera, divisa in due volumi, da una visione olistica degli interessi italiani nel

Mediterraneo con particolare riferimento all’Africa e al Vicino Oriente. Tale

opera, essenziale per lo svolgimento della mia ricerca, completa

un’importante vuoto storiografico inerente alla politica estera italiana verso i

paesi che si affacciano principalmente sulla sponda sud ed est del

Mediterraneo. A questo proposito, il progetto di ricerca da me presentato,

sulla base delle proficue discussioni intercorse durante il seminario SISSCO,

Page 20: La penetrazione finanziaria italiana nel Vicino Oriente

cercherà di riempire uno specifico buco storiografico dando spessore ad

alcuni aspetti trattati solo attraverso fonti governative. Questo è il caso sia

degli interessi italiani nel Consiglio di Amministrazione del Debito Pubblico

Ottomano che verranno analizzati grazie al supporto di fonti inedite

provenienti dall’Archivio della Banca Imperiale Ottomana ad Istanbul, sia

degli interessi bancari italiani a Costantinopoli grazie alla consultazione degli

archivi privati della Banca Commerciale Italiana e del Banco di Roma.

Attraverso una maggiore attenzione a questi soggetti, pubblici e privati, il

lavoro in questione si prefigge lo scopo di trattare non tanto gli interessi

economici generali nel loro insieme, quanto i grandi movimenti finanziari

legati a più riprese al potere politico che Roma voleva riservargli. Alla luce di

quanto emerso in sede di discussione del Seminario, non possiamo esimerci

di porre la nostra attenzione su una serie di eventi, esogeni ed endogeni, che

coinvolgono la finanza italiana durante gli anni presi a riferimento per il

nostro lavoro. Di fatto, legata a doppio filo con le grandi piazze europee, la

linea di credito estero destinata in Italia, ed essenziale per il suo sviluppo

economico, proveniva principalmente prima dalla Francia e successivamente

dalla Germania. La cronica mancanza di credito per il suo sviluppo, faceva di

Roma una piazza sempre alla ricerca di capitali esteri. Questa caratteristica

metterà sicuramente ancora più in luce i tentativi italiani di usare quelle

poche risorse finanziarie locali per tentare un’espansione di tipo imperialista

nell’Impero Ottomano.

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