La principale modalità di attuazione dell'attività missionaria della Chiesa

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La principale modalità di attuazione dell'attività missionaria della Chiesa nel canone 786 del Codice di Diritto Canonico

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Tesi ISSR Marco91Pontificia Universit San Tommaso dAquino in UrbeIstituto Superiore di Scienze ReligioseMater Ecclesiae__________________________________________________________________La principale modalit di attuazione dellattivit missionaria della Chiesa nel canone 786 del Codice di Diritto Canonico_________________________Tesi per il conseguimentodel titolo accademico diMAGISTERO IN SCIENZE RELIGIOSE_________________________Relatore:Chiar.mo Prof. Angelo Urru O.P.Candidato:Marco BulgarelliMatricola n1195ROMAAnno accademico 1995-96ABBREVIAZIONI E SIGLEAASActa Apostolicae Sedis, Commentarium officialeAGDecr. Ad gentesalloc.AllocuzionebullaBollacan. / cann.Canone / Canonicap.CapitoloCDDecr. Christus Dominuscfr.ConfrontaCIC 1917Codex Iuris Canonici (1917)CIC 1983Codex Iuris Canonici (1983)Comm.Communicationescost. ap.Costituzione apostolicaD.Distinctio (nelle citazioni del Decreto di Graziano)dich.Dichiarazionedecr.DecretoENEsortazione apostolica Evangelii nuntiandiencicl.Enciclicaesort. ap.Esortazione apostolicaEVEnchiridion Vaticanumistr.Istruzionelet. encicl.Lettera EnciclicaLGCostituzione Lumen Gentiummotu p.Motu proprioNADich. Nostra aetaten / nnNumero / NumeriOchoaLeges Ecclesiae post Codicem iuris canonici editae, 5 voll.OICAOrdo Initiationis Christianae Adultorumop. cit.Opera citatap. / pp.Pagina / PaginePal. Cl.Palestra del CleroRMsEncicl. Redemptoris missioS.C.P.F.Sacra Congregatio de Propaganda Fidevol. /voll.Volume / VolumiINTRODUZIONEPensare la storia della Chiesa anche pensare la storia della missione. Troviamo gi nei Vangeli, lammonimento di Ges di andare ad evangelizzare tutte le genti. In seguito nella Chiesa, varie sono state le tappe nellevoluzione della teologia e nella realizzazione nel e per il mondo, dallepoca degli Apostoli e dei Padri della Chiesa al Medioevo e allepoca moderna. Lepoca moderna della missione inizi verso il XVI secolo. La nascita di una nuova epoca missionaria, che deve ancora trovare un nome, stata negli ultimi trentanni molto dolorosa, ha cercato di comprendere e formulare, in maniera pi comprensibile di prima e nel contesto delle strutture religiose ed economiche del mondo di oggi, una nuova teologia della missione e nuovi metodi missionari. Allavvicinarsi del terzo millennio si parla di una nuova epoca missionaria che richieder una nuova coscienza, nuovi interessi e una nuova comprensione degli aspetti teologici, storici e pratici della missione.Il diritto canonico da sempre accompagna la Chiesa in questo sforzo di propagazione della fede, attraverso la codificazione di norme che aiutino la comprensione dellazione missionaria e siano di supporto alla sua operativit. Se il cammino del diritto missionario stato lungo e difficile, si pu per dire che un grande passo in avanti, per quanto riguarda la sistematicit, si fatto con il Codice di Diritto Canonico promulgato da Papa Giovanni Paolo IIGiovanni Paolo II (papa) nel 1983 Codex Iuris Canonici auctoritate Ioannis Pauli PP. II promulgatus, AAS 75/83, II, 1-318. e che a buon diritto, come vedremo, pu essere definito lultimo documento del Concilio Vaticano II. Allopera di propagazione della fede con lattivit missionaria, il Codice dedica lintero Titolo II Lazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792) del Libro III La funzione di insegnare della Chiesa.Oltre al Codice di Diritto Canonico bisogna menzionare lEnciclica Redemptoris missio del 1990 Giovanni Paolo IIGiovanni Paolo II (papa), encicl. Redemptoris missio - 7.12.1990, AAS 83/91, I, 251-340.. Sebbene questultima non si richiami molto ai canoni della legislazione vigente, tuttavia c da notare che esiste un legame stretto tra i due documenti: la dottrina del Concilio Ecumenico Vaticano II il fondamento di entrambi i documenti. Sotto questo profilo lEnciclica pu risultare daiuto per la comprensione della legislazione canonica sulle missioni ad gentes sia perch un documento posteriore nel tempo, sia perch avvantaggiata da una riflessione teologico-pastorale. LEnciclica infatti richiamer lattenzione su alcuni punti che si devono tenere presenti nello studio delle norme canoniche sullattivit missionaria della Chiesa.Tornando ai dodici canoni del Codice che trattano dellazione missionaria della Chiesa, bisogna riconoscere che essi rappresentano un notevole sforzo, a mio avviso riuscito, di tradurre in norme tutto il pensiero conciliare sulla missione.Sebbene il primo canone, il 781, affermi una grande novit e cio che tutta la Chiesa per sua natura missionaria, per cui tutto il Popolo di Dio ha il dovere di partecipare allopera missionaria, ritengo che il canone centrale del Titolo sia il 786 perch in questo canone che troviamo la chiarificazione di che cosa sia lazione missionaria della Chiesa a cui tutto il Popolo di Dio deve partecipare.Lazione propriamente missionaria, per mezzo della quale la Chiesa impiantata nei popoli o nei gruppi dove ancora non stata radicata, viene assolta dalla Chiesa soprattutto mandando gli annunziatori del Vangelo fino a quando le nuove Chiese non siano pienamente costituite, vale a dire quando siano dotate di forze proprie e di mezzi sufficienti, per cui esse stesse siano capaci da s di compiere lopera di evangelizzazione(can. 786) Per la traduzione italiana del Codice di Diritto Canonico, si veda: Codice di Diritto Canonico. Testo ufficiale e versione italiana, Unione Editori Cattolici Italiani, Roma 1984..Bisogna osservare che forse questo canone avrebbe meritato una posizione pi consona allinizio del Titolo, proprio per la sua caratteristica di esplicitare quale sia lazione propriamente missionaria della Chiesa, frutto come vedremo di un lungo sforzo di ricerca teologica, e di conseguenza, di sottintendere i due principali sistemi di governo della missione.Lanalisi del canone 786, scopo principale di questo lavoro, sottintende un altro aspetto importante. Dato che, come vedremo, lazione propriamente missionaria della Chiesa ha come scopo immediato limplantatio Ecclesiae, si presuppone la grande validit ed attualit della missio ad gentes, pur nel rispetto dellecumenismo.Fatte queste premesse, passo ad indicare brevemente le tappe dello svolgimento di questo lavoro. Anzitutto, sar utile, nel primo capitolo, ripercorrere la storia dellantica legislazione missionaria della Chiesa e delle sue fonti. La sintesi, certamente non esaustiva, ha lo scopo principale di chiarire i momenti chiave della storia del diritto missionario, specialmente quelli che hanno avuto influenza nella formazione della vigente legislazione.Nel secondo capitolo faremo una presentazione del Libro III del Codice dove contenuta anche la legislazione sulle missioni.Nel terzo capitolo, che rappresenta il corpo principale del lavoro, faremo lanalisi del can. 786, e sar diviso in quattro sezioni. Nella prima saranno analizzate le fonti del canone con particolare riguardo a quelle rappresentate da documenti conciliari. Nelle due seguenti saranno trattate le tematiche fondamentali espresse dal canone, ovvero limplantatio Ecclesiae, come principale finalit dellattivit missionaria della Chiesa e le sue fasi. La quarta sar invece dedicata al governo della missione, espresso nei due sistemi della commissione e del mandato.CAPITOLO ILANTICA LEGISLAZIONE MISSIONARIA DELLA CHIESAPer la comprensione della legislazione missionaria vigente e per una corretta analisi del canone 786 utile ripercorrere seppur brevemente la storia del diritto missionario e delle sue fonti. Levoluzione storica del diritto missionario si confonde con levoluzione del diritto comune, ma si possono ugualmente distinguere, nel suo sviluppo, sei fasi:A) Dal I al IV secolo.B) Dal IV al XII secolo.C) Dal XII al XVII secolo.D) Dal 1622 al 1908.E) Dal 1908 al Codice del 1917.F) Il Codice del 1917 Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, Manuale di Missiologia, Marietti, Torino 1950, p. 222..A) Durante il periodo che va dallepoca apostolica al sec. IV, tutta la terra luogo di missione e la Chiesa docente si occupa principalmente della dilatazione del Regno di Cristo Ibidem..La disciplina ecclesiastica si viene organizzando nelle comunit di convertiti sia dal giudaismo, ai quali non era proibita la circoncisione, sia dal paganesimo, i quali sono esentati dalle leggi cerimoniali del Vecchio Testamento. Norme o disposizioni di sapore pi concretamente missionario riguardano i catecumeni, il battesimo degli adulti, lospitalit ai predicatori del Vangelo ed in genere le diverse categorie di questi ultimi Cfr. M. Da NembroDa Nembro Metodio, Missionologia, Pontificia Universitas Lateranensis, Roma 1961, pp. 125-126..Per quanto riguarda le fonti possiamo affermare che le questioni di diritto missionario: vocazione e conversione dei gentili, matrimonio, catecumenato, ecc., sono trattate, insieme con le altre questioni teologiche, negli Atti degli Apostoli, nella Tradizione Apostolica e nelle opere dei SS. Padri Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., p. 225..Le caratteristiche di questo periodo, sono dunque che Cristo costituisce gli Apostoli predicatori del Vangelo; questi scelgono dei collaboratori che direttamente, cio ex officio, o indirettamente li aiutino; evangelizzatori spontanei che senza nessun vincolo giuridico svolgono unattivit missionaria. Nel periodo successivo alla morte degli Apostoli, i loro successori continuano sulla stessa scia Postquam Christus Dominus suis Apostolis solemne dedit mandatum docendi omnes gentes usque ad consummationem saeculi, legitimi Apostolorum successores non solum ius, sed etiam officium habent ab omni potestate civili plane independens praedicandi ubique fidem catholicam. F. X. WernzWernz Franz Xaver, Ius canonicum. Tomus IV. De rebus, Pontificia Universitas Gregoriana, Romae 1935, p. 59..B) Dal secolo IV alle prime missioni del XII con le prime libert del cristianesimo ed il suo diffondersi fra i popoli oltre lImpero Romano, nascono vere e proprie terre di missione estere dove incomincia a prendere forma un diritto particolare riguardante consuetudini e adattamenti locali. Via via si chiarisce e si rende sempre pi operante lorganizzazione centrale dellattivit missionaria, mentre alla periferia i territori di missione passano rapidamente al grado di Chiese particolari Cfr. M. Da NembroDa Nembro Metodio, op. cit., p. 126..Dopo leditto di Milano che restituisce alla Chiesa il diritto di annunciare pubblicamente il Vangelo e la fede (libert religiosa), levangelizzazione diventa di diritto pubblico. Lattivit missionaria si dirige prima di tutto al paganesimo che ancora resta nel medio ambiente cristiano, poi si passa alle contrade ancora pagane nei limiti periferici dellImpero Romano. I responsabili di questa evangelizzazione sono sempre il Romano Pontefice ed i Vescovi successori degli Apostoli.I Vescovi si preoccupano di portare alla conversione i pagani che ancora dimorano nellambito delle loro Diocesi. Solo dopo estendono la loro attivit missionaria alle contrade non cristianizzate. Da parte sua il Romano Pontefice si preoccupa di iniziare un ordinamento giuridico per quei nuovi territori di missione10 Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica, Ediurcla, Roma 1993, pp. 203-204..Ad esempio s. Gregorio IGregorio I (san) risponde ad un quesito di santAgostinoAgostino (sant) che era stato da lui inviato in Inghilterra nel 596, con le seguenti parole, le quali costituiscono un magnifico esempio di adattamento missionario:Novit fraternitas tua Romanae Ecclesiae consuetudinem, in qua se meminit enutritam. Sed mihi placet, ut sive in Romana sive in Galliarum sive in qualibet ecclesia aliquid invenisti, quod plus omnipotenti Deo possit placere, sollicite eligas, et Anglorum Ecclesia, quae adhuc in fide nova est, institutione praecipua, quae de multis ecclesiis colligere potuisti, infundas. Non enim pro locis res, sed pro rebus loca nobis amanda sunt. Ex singulis ergo quibusque ecclesiis, quae pia, quae religiosa, quae recta sunt, elige et haec quasi fasciculum collecta apud Anglorum mentes in consuetudinem depone P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., p. 223.Questa saggia disposizione passa poi nel Decretum Gratiani c. 10, D. XII. Non locus consuetudinem, sed consuetudo locum commendas.. I monaci, inoltre, anche senza speciale deputazione dellautorit ecclesiastica, si dedicano allattivit missionaria. Liniziativa dei Sommi Pontefici di inviare evangelizzatori per il mondo, frena lattivit dei Vescovi e, piano piano, la loro attivit comincia a rimanere circoscritta alle loro Diocesi. Comincia cos per i Vescovi, un periodo di diminuita attivit, mentre quella della autorit pontificia in continuo aumento.Una caratteristica di questo periodo la mancanza di una legislazione positiva che regolamenta lattivit missionaria, per cui, come logica conseguenza, manca pure uniformit in questa materia. Siccome il Papa non si riservato ancora nulla nei territori fuori dai limiti della Diocesi ed i Vescovi adottano lo stesso atteggiamento, i monaci trovano posto nellattivit missionaria e possono dedicarsi a tempo pieno a questattivit, lodevolmente Cfr J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, op. cit., p. 204..C) Al periodo che intercorre dal sec. XII al XVII, si d inizio con il Decretum Gratiani nel 1160. Con esso il diritto ecclesiastico viene assumendo una forma unitaria e si costituisce il Corpus Iuris Canonici, che Giovanni ChappuisChappuis Giovanni completa, nel 1500, con le Extravagantes di Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa). Per andare incontro alle necessit delle missioni e dei missionari, i Romani Pontefici concedono amplissime facolt agli Ordinari principali, impegnati nellopera di propagazione della fede, e in modo speciale ai religiosi Domenicani e Francescani e, pi tardi, ai Gesuiti e Carmelitani. I missionari godono di grande libert nel fissare ordinamenti particolari e nel dispensare dalle leggi pi comuni della Chiesa.Le missioni della Spagna e del Portogallo sono governate secondo le norme del Patronato Regio, con un sistema pi conforme e adatto allindole di quelle nazioni ed alle esigenze dei tempi Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., p. 223..Per quanto riguarda le fonti, col passare del tempo il Diritto si separa dalla Teologia e si va formando il Corpus Iuris Canonici nel quale bench non si ritrovi il termine missione qual usato ai nostri giorni, sono contenute disposizioni che riguardano la propagazione della fede, lamministrazione del battesimo ai giudei, saraceni e pagani. Nel libro VII delle Decretali, composto da Piero MatteoMatteo Piero, il De Insulis Novi Orbis, non accolto nel Corpus Iuris Canonici, riportata la Bolla Inter caetera di Alessandro VIAlessandro VI (papa) del 1493 con la quale vengono concesse al re cattolico le isole del nuovo mondo perch vi sia propagata la fede. Dal secolo XIII fino all'inizio del XVIII, la Santa Sede usa concedere ai missionari regolari ampie facolt, che si possono facilmente ritrovare sul Bollario Romano e nei Bollari dei vari ordini Cfr. Ibidem, p. 225..Infine per quanto riguarda pi specificatamente il compito del Romano Pontefice e del collegio dei Vescovi, le caratteristiche di questo periodo si possono riassumere cos: a) I Vescovi non si interessano pi delle missioni che si trovano fuori del loro territorio. b) Lattivit missionaria ricade tutta sul Papa: solo lui si preoccupa di questattivit. c) Nascita di Ordini religiosi che si dedicano, in forza delle loro regole interne, completamente allattivit missionaria.a) I Vescovi non si preoccupano dellattivit missionaria che ha luogo fuori dalla loro circoscrizione per due motivi: per ragioni interne alle Diocesi, in quanto, lautorit pontificia durante i secoli XII e XIII era straordinariamente aumentata ed aveva delegato lattivit missionaria agli ordini missionari che erano pi propensi a svolgerla; per conseguenza, lautorit dei Vescovi veniva limitata sempre pi alle rispettive Diocesi. Questa dinamica tende ad evolversi perch il Sommo Pontefice, per diverse ragioni, avoca a s molte questioni che riguardavano le Diocesi e le relazioni fra di loro, specialmente le cause maggiori (concili provinciali, sinodi diocesani, ecc.). Per ragioni esterne, in quanto il mondo cattolico era come circondato da musulmani e scismatici, per cui le Diocesi che prima erano in contatto diretto con i pagani perch si trovavano ai limiti del mondo cattolico, ora si trovavano come separate. Questo isolamento dal mondo pagano provoca una forte diminuzione delle missioni extra diocesane e, poco a poco, senza avvertirlo, tutta la responsabilit dellevangelizzazione cade sulle spalle del Pontefice.b) Romano Pontefice. Cos le prime missioni tra i Tartari con Giovanni da Pian del CarpinePian del Carpine Giovanni, con Guglielmo RubrukRubruk Guglielmo, con Giovanni da MontecorvinoDa Montecorvino Giovanni, ecc., nascono come delle Missioni Speciali del Papa (Legationes) presso i principi Tartari.c) Gli Ordini Mendicanti e poi i Gesuiti e tutti i Chierici Regolari, ricevono il mandato missionario direttamente dallo stesso Sommo Pontefice, o indirettamente attraverso il loro Superiore Religioso legittimo. Per esempio le Regole di San FrancescoFrancesco (san) prescrivono che i frati vadano in missione mandati dal loro Provinciale.Nel sistema del Patronato, poi, i Re portoghesi e spagnoli mandano i missionari per delegazione del Romano Pontefice alle terre ad essi soggette anche se nel frattempo i Papi si preoccupano di abbellire Roma coi grandi palazzi Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, op. cit., pp. 204-205..D) Il quarto periodo della storia del diritto canonico missionario spazia dal 1622 al 1908. Con listituzione, infatti, della Congregazione di Propaganda Fide (Gregorio XVGregorio XV (papa) - Costituzione Inscrutabili divinae Providentiae - 22 giugno 1622), il diritto missionario acquista maggiore uniformit ed i missionari debbono adattarsi, in quanto possibile, alle prescrizioni del diritto comune. La Congregazione procede sempre cautamente nel dare disposizioni particolari. Nel governo delle missioni vengono introdotti, a poco a poco, i Vicari ed i Prefetti apostolici, che amministrano i territori in nome del Sommo Pontefice. Alla Congregazione di Propaganda Fide, Pio IXPio IX (papa) aggiunge nel 1862 la Congregazione Orientale, che si occupa degli affari riguardanti persone e cose delloriente Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., pp. 223-224..Le fonti di questo periodo sono numerose ed importanti in quanto la fondazione di Propaganda Fide rappresenta lo spartiacque fra due grandi epoche del diritto missionario: antica e moderna. Per una pi attenta analisi di esse rimandiamo allappendice Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., pp. 225-226..I principi introdotti dalla riforma del sistema missionario vengono recepiti ed applicati nel corso di questi secoli, tanto vero che il professor Ferdinando WalterWalter Ferdinando in un manuale giuridico del 1846 afferma che vi sono tre modi di propagare la dottrina cristiana: la predicazione, il Catechismo e le missioni alla conversione degli infedeli, sottolineando come in queste ultime svolga un ruolo importantissimo il collegio fondato a Roma per la preparazione dei missionari e la Congregazione di Cardinali che lo dirige Cfr. F. WalterWalter Ferdinando, Manuale del diritto ecclesiastico di tutte le confessioni cristiane, Fratelli Nistri, Pisa 1846, pp. 338-340..La caratteristica, dunque, di questo importante periodo la consacrazione del diritto di propagare la fede che spetta al Romano Pontefice, il quale per poter svolgere bene questo suo dovere fonda una speciale Congregazione de Propaganda Fide alla quale affida totalmente le missioni.Questa Sacra Congregazione, porta a termine quasi una centralizzazione dell'evangelizzazione con una legislazione molto ampia e non senza difficolt da parte di quelle forze cattoliche che avevano il compito dellevangelizzare, per esempio gli Ordini Religiosi e i governi che avevano il diritto di patronato.Cos avviene che la Santa Sede avoca a s la cura delle missioni anche se da pi parti si discute su quanto questo abbia rallentato lo sviluppo dellevangelizzazione del mondo Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, op. cit., pp. 205-206..E) Per quanto riguarda il periodo dal 1908 alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1917, il diritto missionario si identifica ancora maggiormente con il diritto comune. Poich dalla Congregazione di Propaganda dipendeva quasi esclusivamente la vita ecclesiastica dei territori di missione e ci rendeva il diritto missionario troppo indipendente nei confronti del diritto comune, Pio XPio X (papa), con la Costituzione Sapienti Consilio del 29 giugno 1908, limita le facolt di Propaganda, determinando le competenze delle altre Congregazioni nelle varie materie. Cos il Codice, seguendo lo stesso principio, unisce il diritto missionario al diritto comune.Riguardo alle fonti, dal 1908, secondo le disposizioni emanate da Pio XPio X (papa) nella sua Costituzione Promulgandi Pontificias Constitutiones, 28 settembre 1908, tutti i documenti pontifici, delle Congregazioni e della Curia Romana vengono pubblicati sull'organo ufficiale: Acta Apostolicae Sedis. Nello stesso organo ufficiale fu pubblicata la Sapienti Consilio di Pio X, del 29 giugno 1908 (AAS 1/08,7-19) Cfr. P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., pp. 224-227..F) Nel Codice del 1917, delle missioni trattano il cap. VIII De Vicariis et Praefectis Apostolicis, can. 293-311, che forma parte del Lib. II, e il cap. III De Sacris Missionibus, composto dai can. 1349-1351, inquadrato nel Lib. III. Il primo di questi capitoli, che contiene quasi tutte le norme speciali sul governo delle missioni sotto regime vicariale, materia che appartiene alla Commissione incaricata della realizzazione del Codice ed in particolare del Lib. II, dedicato al popolo di Dio, alle persone ed alle strutture.Il capitolo De Sacris Missionibus trattava delle diverse attivit apostoliche della Chiesa, fatto che ha suscitato delle discussioni tra gli autori circa la diversa nozione di missioni. La distinzione fondamentale stabilita dal capitolo era tra missioni popolari o parrocchiali, chiamate dagli autori missiones ad intra perch organizzate per rinnovare la vita spirituale dei fedeli e normalmente erano svolte da missionari diversi dal parroco e le missioni tra gli acattolici On entend par missions les entreprises sacres tendant soit ranimer la foi, soit ltendre. Les premires sont dites missions internes, cest-a-dire organises lintrieur des pays chrtiens. Les secondes sont dites missions externes parce quelles se dveloppent en pays hrtiques ou infidles. [...] On dsigne par ces mots la partie du ministre ecclsastique dont le but est dintroduire et de consolider la foi catholique auprs des non-catholiques, infidles, hrtiques ou schismatiques. R. NazNaz Raoul, Trait de droit canonique. Tome troisime. Livre III. cann. 1154-1551, Letouzey et An, Paris 1948, p. 136.. Queste ultime missioni erano svolte sia nelle Diocesi e nelle parrocchie (CIC 1917, can. 1350 1) sia in aliis territoriis, cio dove non cerano costituite Diocesi. Soltanto queste ultime rimanevano esclusivamente riservate alla Sede Apostolica, e soltanto a queste ultime alcuni autori hanno riservato il nome di missiones ad extra o ad gentes, perch erano dirette a coloro che erano fuori dalla Chiesa e questa doveva essere impiantata. Il problema da risolvere restava come qualificare lobbligo dei Vescovi residenziali e lattivit missionaria svolta nelle Diocesi presso gli infedeli. Il Codice non le d un nome particolare, ma gli autori sono arrivati a identificarle come missioni popolari anche se i destinatari sono diversi. Questo perch linteresse principale degli autori era quello di determinare quali erano i territori di missione dipendenti dalla S.C.P.F., e se la nozione di missione ad extra o ad gentes si applicava solamente ai territori sotto la giurisdizione della medesima Congregazione, o se al contrario poteva essere applicata anche a tutti gli altri territori, i quali pur non essendo Diocesi, come ad esempio le Prelature nullius, non erano sotto la giurisdizione della menzionata Congregazione. Le Prelature non erano considerate missioni ad gentes, meno ancora le Diocesi. In tal modo, quello era proprio del can. 1350 1, cio lattivit missionaria nelle Diocesi, era ricondotta al can. 1349, rendendo inutile tale norma.Sembra una interpretazione un p forzata del can. 1350 2 in quanto si faceva coincidere Sede Apostolica con la S.C.P.F., la quale aveva sotto la sua giurisdizione anche delle Diocesi.Infine questo capitolo tratta anche della libert personale di abbracciare la fede Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, op. cit., pp. 33-35..Pi dettagliatamente possiamo dire che nel Codice il diritto missionario non occupa una parte distinta, ma si trova sparso fra il diritto comune secondo un indirizzo gi vivo nella tradizione ecclesiastica e ribadito poi nella Sapienti Consilio di Pio XPio X (papa) a) i canoni 1350 e 1351 danno i principi basilari in riferimento alle missioni fissandone la dipendenza dal Sommo Pontefice e dalla S. Sede Risultano essere fondamentali per le missioni ad gentes il can. 1350 2: In aliis territoriis universa missionum cura apud acatholicos Sedi Apostolicae unice reservatur, ed il 1351: Ad amplexandam fidem catholicam nemo invitus cogatur. In particolare sono significative le fonti del can. 1350 2: Gregorius XV, cost. Inscrutabili, 22 iun. 1622, 8; S. C. de Prop. Fide (C. P.), 5 dec. 1640; (C. G.), 11 ian. 1656. (P. GasparriGasparri Pietro - P. SerediSeredi P., Codicis Iuris Canonici Fontes, Typis Polyglottis Vaticanis, Romae 1923-1939, 9 voll.).; b) il canone 252 stabilisce lautorit e la competenza della S. C. di Propaganda Fide; c) i canoni 215-217 fissano le norme di base per lorganizzazione ecclesiastica nei paesi di missione; d) il canone 198 parla degli Ordinari; e) i canoni 293-311 trattano dei Vicari e Prefetti apostolici, dei missionari, delle norme disciplinari per il buon andamento delle missioni; f) i canoni 451 (par. 2. 1), 454 (par. 4), 466 (par. 1) determinano la posizione giuridica dei quasi parroci e delle quasi parrocchie nei paesi di missione; g) altri canoni, non strettamente missionari, hanno per un reale valore per la loro pratica applicazione nei territori missionari: cos i canoni 1258, 1325, 1351, 1374, 1406, 2314, relativi alla fede; i canoni 731, 751, 752, 958, 987, 1014, 1060-1064, 1070-1071, 1098-1099, 1102, 1109, 1120-1127, 1265, riguardanti i sacramenti Cfr. M. Da NembroDa Nembro Metodio, op. cit., p. 127.. Dunque, chiarito che tutto quanto riguarda le missioni nella Santa Sede era competenza della Sacra Congregazione de Propaganda Fide, possiamo riassumere nel seguente schema lorganizzazione periferica canonico-missionaria secondo il Codice del 1917 P. M. Da MondreganesDa Mondreganes Pio Maria, op. cit., p. 246.. importante, ora, dare un breve, ma pi approfondito sguardo alle competenze del Sommo Pontefice, della Sacra Congregazione di Propaganda che costituiscono lorganizzazione direttiva e propulsoria essenziale e determinante di tutta lattivit missionaria nel Codice del 1917.1) Sommo Pontefice. Il Papa, in forza del primato ha il diritto di propagare la fede e organizzare lapostolato missionario sia nelle Chiese gi formate, come in quelle ancora in formazione; la sua giurisdizione sulle missioni universale e da lui dipende lultima parola per quanto riguarda metodi e mezzi, concretandosi in tal modo una magnifica unit di direttive e dazione, invidiata anche dagli acattolici; lesercizio di tale giurisdizione immediato e per diritto si esercita con piena libert ed indipendenza su tutti i territori di missione (deve per tenere conto degli accordi e dei concordati stipulati tra la Santa Sede ed i governi civili); il Papa provvede alle missioni o direttamente, occupandosi delle questioni missionarie personalmente, ovvero indirettamente a mezzo del suo Segretario di Stato o di altri organi secondo il suo giudizio. Vi sono per dicasteri romani specificatamente competenti per i problemi dellapostolato missionario, e specialmente la S. C. di Propaganda Fide.2) S. C. di Propaganda Fide. Anche di questa Sacra Congregazione, tanto importante nei riguardi delle missioni, diremo lessenziale circa la sua origine, le attribuzioni, la giurisdizione e lorganizzazione.Gi auspicata da s. BernardoBernardo (san) nel secolo XII, progettata da Raimondo LullLull Raimondo (1235-1315) secondo un piano ideale, sbozzata in diversi precedenti che vanno da s. Pio VPio V (san) (1566-1572), a Gregorio XIIIGregorio XIII (papa) (1572-1585), a Clemente VIIIClemente VIII (papa) (1592-1605, a Paolo VPaolo V (papa) (1605-1621) con lapporto di pensiero e dazione di vari benemeriti e santi uomini, fu creata da Gregorio XVGregorio XV (papa) con la cost. Inscrutabili divinae Providentiae del 22 giugno 1622, che confermava canonicamente la gi avvenuta costituzione (14 giugno 1622).Le sue attribuzioni iniziali, indicate dalla cost. Inscrutabili, consistevano nellimpegno di diffondere la fede in tutto il mondo, nellinvio di missionari, nello studio dei problemi relativi alle missioni. Successivamente le sue competenze, come si pu raccogliere dal Codice, sono: a) nomina dei prelati missionari e cio arcivescovi, vescovi, vicari e prefetti apostolici, abati nullius e superiori di missioni sui juris; b) celebrazione e approvazione dei concili plenari e provinciali nelle missioni; c) erezione di nuove missioni; d) suddivisione delle circoscrizioni missionarie; e) giurisdizione sui religiosi in quanto missionari; f) concessione di facolt e dispense; g) questioni ecclesiastiche relative alle missioni salvo quei casi che il Codice demanda ad altri sacri Dicasteri.La sua giurisdizione, come si esprime il Codice nel canone 252, iis est circumscripta regionibus, ubi, sacra Hierarchia nondum constituta, status missionis perseverat. Huic Congregationi sunt etiam subiectae regiones quae, etsi hierarchia inibi constituta sit, adhuc inchoatum aliquid praeseferunt. Eidem pariter sub sunt Societates ecclesiasticorum ac Seminaria quae exclusive fundata sunt eo fine ut in eis instituantur missionarii pro exteris missionibus, praesertim quod attinet ad regulas, administrationem atque opportunas concessiones ad sacram ordinationem alumnorum requisitas. Da essa inoltre dipendono il Collegio Urbano di Propaganda Fide, il Collegio di S. Pietro, lUniversit di Propaganda e Istituto missionologico scientifico e giuridico, vari collegi ed istituti missionari, le pontificie opere della Propagazione della Fede e di San Pietro apostolo per il clero nativo, lassociazione di San Pietro Claver, lUnione missionaria del clero, lAgenzia Fides, larchivio e biblioteca di Propaganda, e altre opere.La sua organizzazione cos articolata: a) si ha il Card. prefetto, nominato dal Papa e residente nel palazzo di Propaganda; b) un consiglio di Cardinali che decide sulle questioni pi importanti; c) un corpo di consultori (Vescovi e clero secolare regolare); d) un segretario, un sottosegretario e un prosegretario delleconomia, minutanti, scritturali, impiegati del protocollo e un archivista; e) una commissione incaricata della revisione dei sinodi celebrati in territori di missione, del regolamento dei seminari regionali autoctoni e Istituti missionari dipendenti da Propaganda, e di altri compiti Cfr. M. Da Nembro, op. cit., pp. 128-130..Merita una menzione la responsabilit missionaria degli Istituti di vita consacrata alla luce del CIC 1917.In genere, per molto tempo, gi prima della fondazione della S. C. de Propaganda Fide, e fino al Codice del 1917, si consideravano diverse motivazioni sulle quali far poggiare lorigine della responsabilit dei religiosi nella propagazione della fede tra i fedeli e gli infedeli.Lobbligo generale di tutti i religiosi, come per i fedeli laici, ma aggiunto (praeter) agli altri obblighi inerenti allo stato religioso, era quello di cercare di procurare la salvezza delle anime in forza del precetto di carit. Questobbligo era pi impegnativo per i mendicanti che non per i monaci.La responsabilit di propagare la fede tra gli infedeli si affermava o si diceva soltanto degli Ordini Mendicanti, ma non dei monaci, perch dediti allapostolato esterno o diretto.In primo luogo, lorigine di questobbligo si cercava nella natura e nellessenza dello stato religioso, che mediante i voti religiosi rendeva i religiosi pi idonei, liberi, e dava loro la possibilit per andare alle missioni tra gli infedeli. Cerano Istituti dove si faceva il voto per andare alle missioni, sia tra i fedeli sia tra gli infedeli, ma si considera che i gesuiti, con il quarto voto, instaurano un nuovo tipo.In secondo luogo, in tale contesto, era considerato il carattere o dimensione ecclesiale degli Istituti affermandosi che gli Ordini Mendicanti erano stati istituiti cos dalla gerarchia, diversi dai monaci, per cui avevano una finalit diversa allinterno della Chiesa, e che per loro lapostolato tra gli infedeli era uguale a quello tra i fedeli. Era evidente la necessit di predicare il Vangelo ed estendere la Chiesa fino alla fine del mondo. Siccome questo competenza e dovere primario del Romano Pontefice, gli Ordini Mendicanti, in quanto di diritto pontificio, devono prendere parte alla sua missione.Lo schema missionario preparato per la sua discussione nel Concilio Ecumenico Vaticano I non offriva un riferimento specifico su questargomento, anche se a quellepoca cera una fioritura di Congregazioni e di Istituti a carattere strettamente missionario, le cui Costituzioni o Norme impongono il summenzionato obbligo, e manifestano una chiara differenza sia Ordini Mendicanti, i posteriori Chierici Regolari e Congregazioni con un fine non prevalentemente missionario.Il Codice del 1917 riorganizza la disciplina precedente ma non tratta direttamente dellobbligo dei religiosi di esercitare lapostolato al di fuori di quanto stabilito dalle proprie Costituzioni perch nessuna religione clericale si definisce per lesercizio del ministero apostolico proprio dei sacerdoti ma per il numero di essi, giacch questo ha un carattere secondario o complementare ma non costitutivo. Nelle missioni tale caratteristica mantenuta come principio generale, la cui osservanza, tuttavia, condizionata dalle circostanze. Il canone 297 infatti concedeva ai vicari e ai prefetti apostolici la facolt di poter obbligare i religiosi quanti se ne trovavano nella missione, di esercitare il ministero sempre che mancassero i sacerdoti del clero secolare, sentito il superiore dei religiosi, non chiede il consenso, e salvi gli Statuti peculiari approvati dalla Sede Apostolica. La norma come tale non impone un obbligo ai religiosi inerente allo stato religioso bens facolt al Superiore ecclesiastico di servirsi dei religiosi quando determinate circostanze lo consentono.In mancanza di una norma espressa sullobbligo dei religiosi in favore delle missioni, gli autori per si sono preoccupati di una cos importante questione. Lopinione comune tra loro era che la professione dei voti di obbedienza, castit e povert, cio lo stato religioso come tale non si ordinava alla propagazione della fede o alle missioni ad extra o apud infideles. La professione religiosa, tuttavia, indirettamente e implicitamente comportava qualche responsabilit missionaria, in quanto i voti religiosi rendono il religioso disponibile in particolare modo a dedicarsi allattivit missionaria. Questa disponibilit non uguale per tutti, ma diversa a seconda del carattere dei singoli Istituti, cio secondo un fine specifico, e, di conseguenza, in conformit a quanto stabilito dalle Costituzioni. Tutto questo viene a dimostrare che il ministero apostolico esterno degli Ordini, Congregazioni ed Istituti, sia quello esercitato presso i fedeli, in genere, e quello tra gli infedeli nelle missioni, in particolare, non era considerato come inerente allo stato religioso bens come una conseguenza, non necessaria certamente ma propiziata dai voti religiosi.Le grandi Encicliche missionarie, posteriori al Codice come la Maximum illud di Benedetto XVBenedetto XV (papa) del 30 novembre 1919, richiamano il lavoro missionario dei religiosi, incominciando dalle religiose, che furono oggetto di approfondito studio e consentirono di elaborare una dottrina Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, op. cit., pp. 334-337..Concludendo, se il Codice del 1917 ebbe il grande pregio di rilanciare un diritto che bisognava unificare, pur sopprimendo ci che non era pi applicato, ci che era obsoleto, ci che impediva alla Chiesa di vivere sempre meglio il suo mistero J. B. BeyerBeyer Jean B., Dal Concilio al Codice - Il nuovo codice e le istanze del Concilio Vaticano II, Dehoniane, Bologna 1984, p. 14., di fatto esso riduceva la normativa specificatamente missionaria ad alcune parti del terzo breve capitolo, De sacris missionibus facente parte del Libro III De Rebus Cfr. I. T. P. LeeLee Ignazio Ting Pong, Lazione missionaria della Chiesa nel nuovo Codice di Diritto Canonico, in: Aa. vv., La nuova legislazione canonica, Urbaniana University Press, Roma 1983, p. 393; Cfr. J. B. BeyerBeyer Jean B., op. cit., p. 101. oltre che, come abbiamo gi visto, ad alcuni canoni sparsi nel Codice. Questa scarsezza, e diciamo povert, di normativa missionaria del vecchio Codice non manc di provocare in pi ambienti delle riserve e anche delle reazioni non prive di una certa amarezza, specie per lenfasi con cui la Santa Sede avocava a s la cura delle missioni I. T. P. LeeLee Ignazio Ting Pong, op. cit., p. 394. nel canone 1350, e visto il grande impulso che le missioni avevano avuto tra la fine del XIX e linizio del XX secolo.CAPITOLO IILAZIONE MISSIONARIA NEL LIBRO III DEL CODICE VIGENTEA. Presentazione del libro III1) Formazione e schemaIl primo passo nella revisione del Codice di Diritto Canonico venne fatto nel 1959 dallo stesso Sommo Pontefice. Il 25 gennaio, infatti, Papa Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa)IGiovanni XXIII (papa), nel terzo mese del suo pontificato, dopo una solenne celebrazione nella Patriarcale Basilica di S. Paolo fuori le Mura, ai Cardinali riuniti in una sala dellattiguo monastero benedettino, rivolse unimportante e storica allocuzione, durante la quale comunic loro tre ardite proposte: la celebrazione del Concilio Vaticano II; la revisione del Codex Iuris Canonici; la celebrazione del Sinodo Romano.Lannunzio dei tre avvenimenti venne abbinato per un motivo semplicissimo: poich la Chiesa, col Concilio Vaticano II, doveva intraprendere e condurre a termine lardua opera di rinnovare se stessa e, a complemento, era tenuta ad aggiornare la sua legislazione. Il Codex per quanto perfetto ed utile, non poteva non subire emendamenti ed aggiornamenti. Anzi, dopo tante modifiche parziali, effettuate nel corso di 50 anni, doveva necessariamente arrivare il momento di una revisione generale, da eseguirsi sulla base di nuovi principi ispiratori e principalmente su quelli della sussidiariet e della pastoralit.Infatti, come pi tardi si esprimeranno Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa) e Giovanni Paolo IIGiovanni Paolo II (papa), il CIC doveva essere adattato alla nuova mentalit creata dal Vaticano II, dando uno spazio maggiore alla cura pastorale ed alle nuove necessit del popolo di Dio.Anzi, per essere pi precisi, dobbiamo affermare che la revisione doveva abbracciare come di fatto abbraccia, non solo il Codex, ma lintera legislazione della Chiesa, tenendo conto anche dei tanti nuovi istituti giuridici.Conseguentemente, il 28 marzo 1963, dopo la prima Sessione del Vaticano II, Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa)IGiovanni XXIII (papa), costitu la Pontificia Commissio Codici Juris Canonici recognoscendo, composta di 40 Cardinali che tenne la prima Sessione plenaria il 12 novembre dello stesso anno Cfr. F. DOstilioDOstilio Francesco, pronto il nuovo Codice di Diritto Canonico, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1982, pp. 22-25..Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa), succeduto a Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa)IGiovanni XXIII (papa), il 17 aprile 1964 affianc alla Commissione Cardinalizia un corpo di 70 Consultori che dovevano risolvere alcune questioni fondamentali.Nel 1966 vennero costituiti i primi 10 Gruppi di Studio per la revisione del Codice. Questi gruppi unitamente alla Commissione centrale dei consultori e nel rispetto dei Decreti del Vaticano II, nonch delle successive norme esecutive emanate dalla Santa Sede elaborarono i 10 Principia quae Codicis recognitionem dirigant, approvati dal Sinodo dei Vescovi il 7 ottobre 1965. La novit del libro III De Ecclesiae munere docendi, presentato in questo capitolo, basata sul decimo di questi principi direttivi De nova dispositione systematica Codicis Iuris Canonici. Deductio in praxim principiorum quae super enucleata sunt, structuram Codicis Iuris Canonici postulare videtur haud leviter novam. Inde sequitur eius ordinem esse innovandum. Fere ab initiis publicationis vigentis Codicis, eius ordo systematicus a preclarioribus canonistis aestimatus est in aliquibus deficere, praesertim in dispositione librorum secundii et tertii. Nunc vero minus adhuc aptus apparet. Componendus igitur est sive ad mentem et spiritum Decretorum Sacri Concilii sive ad scientificas legislationis canonicae exigentias. Verum cum nimis arduum videatur ordinem systematicum veluti a priori statuere (ut colligi etiam potest ex diversis conatibus, cetero quin vere laudabilibus, a variis auctoribus factis), sapientibus esse ducitur ordinem redigere quando singolarum partium recognitio, quae iam peragitur, sufficienter progressa sit. Aliunde haec docet historia cuiuslibet operis novae codificationis. Comm., 1 (1969) 85., che possiamo considerare utili anche per linterpretazione del Codice gi promulgato. Tale principio ordinava lattuazione di una nuova struttura del Codice, la quale non soltanto seguisse lorientamento e lo spirito del Concilio, ma risultasse anche conforme alle esigenze scientifiche della legislazione canonica Cfr. A. G. UrruUrru Angelo Giuseppe, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1989, p. 16..Dopo lapprovazione della divisione del nuovo Codice in sei libri, nel 1968 il lavoro dei singoli Gruppi pot procedere a tempo pieno.Il Gruppo di Studio De munere docendi, che aveva atteso alla compilazione dello Schema canonum libri III de Ecclesiae munere docendi, aveva compiuto la prima fase del suo lavoro nellarco di tempo 1966-1977.La struttura dello Schema, che fu inviato agli organi consultivi in data 15 novembre 1977, era la seguente:Canones GeneralesTitulusI -De Divini Verbi ministerioCap.I -De verbi Dei praedicationeCap.II -De catechetica institutioneTitulusII -De actione Ecclesiae MissionaliTitulusIII -De educatione christianaCap.I -De scholisCap.II -De studiorum superiorum InstitutisCap.III -De Universitatibus et Facultatibus studiorum ecclesiasticorumTitulusIV -De instrumentis communicationis socialis et in specie de librisTitulusV -De fidei professioneNei canoni generali venivano enunciati alcuni principi relativi al munus docendi. Non venivano riportati i canoni relativi a ci che devessere creduto fide divina et catholica, ma veniva posto il principio che deve essere creduto ci che ha definito il Concilio Ecumenico o il Papa ex cathedra loquens. I principi generali in materia furono inseriti nello Schema di Lex Ecclesiae Fundamentalis.Nei canoni introduttivi veniva enunciato il principio che la Chiesa ha lo Jus et officium indipendentemente da qualunque umana potest di predicare la dottrina evangelica in tutto il mondo e che gli uomini hanno lobbligo di abbracciare e di osservare le verit conosciute.Nel canone 4, anzich definire chi sono gli eretici, gli apostati e gli scismatici, veniva definito che cosa sono leresia, lapostasia e lo scisma. Successivamente vennero date norme sul movimento ecumenico.Nel Titolo I De divini verbi ministerio, a modo di introduzione veniva definito a chi competeva il munus docendi, annuntiandi Evangelium, quali sono i mezzi per annunziare il Vangelo ed infine della necessaria missione canonica. Tra i mezzi per annunziare il Vangelo venivano illustrati la predicazione e la istruzione catechetica.Nel Titolo II De actione Ecclesiae missionali veniva tenuta presente la dottrina del Vaticano II (LG 17, 23; AG 6, 11, 12, 15, 17, 23, 30, 38, e CD 6) e successivamente veniva definito a chi spettano: il munus dellevangelizzazione in tutto il mondo; lammissione al catecumenato; le prescrizioni sui catechisti e loro aiutanti; gli obblighi dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali.Nel Titolo III De educatione christiana venivano riportate in modo pi logico le norme del CIC che trattano De scholis. Dopo il concetto delleducazione cristiana seguivano 3 capitoli: a) De scholis; b) De studiorum superiorum Institutis; c) De Universitatibus et Facultatibus studiorum ecclesiasticorum.Nel Titolo IV De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris venivano enunciate le norme sui doveri da parte dei Pastori e dei fedeli di usare i mezzi delle comunicazioni sociali, norme che si fondavano sul Decreto conciliare Inter mirifica.Veniva affermato il dovere ed il diritto della Chiesa di vigilare sui mezzi delle comunicazioni sociali, perch non danneggino la fede e i costumi. Venivano date norme che regolano ledizione di libri che trattano certe materie: liturgia, teologia, diritto, storia, ecc...Nel Titolo V De fidei professione veniva infine precisato chi sia tenuto ad emettere la professione di fede, dinanzi a chi debba essere emessa e la formula da usare.Lo schema, dopo la consultazione generale, fu debitamente revisionato e sottoposto al riesame della Commissione Cardinalizia che poi lo approver Cfr. F. DOstilioDOstilio Francesco, op. cit., pp. 53-55..Finalmente il 25 gennaio 1983, Giovanni Paolo IIGiovanni Paolo II (papa) promulgava il nuovo Codice. Il 27 novembre 1983 entrato in vigore, quasi 25 anni dopo lannuncio dato da Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa)IGiovanni XXIII (papa) di voler convocare il Concilio e rivedere il Codice.Il papa Giovanni XXIIGiovanni XXII (papa)IGiovanni XXIII (papa) laveva concepito come un Concilio di rinnovamento, un Concilio pastorale, di adattamento ai tempi nuovi; doveva aprire la Chiesa alle esigenze del mondo in veloce trasformazione. Da quel momento tutto divenne oggetto di revisione, e lo divenne la Chiesa nel suo insieme: Ecclesia semper renovanda.Se mettiamo a confronto il Concilio ed il nuovo Codice, possiamo dire che questo veramente lultimo documento conciliare del Vaticano II. Esso riflette il Concilio, lo fa entrare nella vita della Chiesa, apre quelle prospettive che il Concilio ha voluto aprire, ne ha inserito la dottrina nella vita, ne ha segnato levoluzione e lha favorita; il Codice della Chiesa in cammino, Chiesa di peccatori sempre in stato di conversione. Ecclesia semper purificanda. Ma se il Concilio ha sottolineato questo aspetto della vita e dello sforzo della Chiesa, sembra ancor meglio sottolineato laspetto di comunione ecclesiale: la Chiesa sotto lazione dello Spirito, diventa sempre pi cosciente del suo mistero e della pienezza cui aspira; per questo una Chiesa in continuo rinnovamento: Ecclesia semper renovanda Cfr. J. B. BeyerBeyer Jean B., Dal Concilio al Codice - Il Nuovo codice e le istanze del Concilio Vaticano II, Dehoniane, Bologna 1984, pp. 11-137..Concludendo si pu affermare che lordine sistematico del libro III chiaro e lineare, soprattutto se messo a confronto con quello del Codice del 1917. Il confronto dei due indici consente di valutare le somiglianze e le differenze che esistono fra di essi.CODICE 1917CODICE 1983Libro IIILibro IIIDelle coseParte IVIl magistero ecclesiastico(cann. 1322-1408)Lufficio di insegnare della Chiesa(cann. 747-833)- Canoni preliminari (cann. 1322-1326)- Canoni preliminari (cann. 747-755)Titolo XXLa predicazione della parola divina (cann. 1327-1351)Titolo IIl ministero della parola divina (cann. 756-780)Cap. ILa formazione catechistica (cann. 1329-1336)Cap. ILa predicazione della parola di Dio (cann. 762-772)Cap. IILa sacra predicazione (cann. 1337-1348)Cap. IIListruzione catechetica (cann. 773-780)Titolo IILazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792)Titolo XXII seminari (cann. 1352-1371)Titolo XXIILe scuole (cann. 1372-1383)Titolo IIILeducazione cattolica (cann. 793-821)Cap. ILe scuole (cann. 796-806)Cap. IILe universit cattoliche e gli altri istituti di studi superiori (cann. 807-814)Cap. IIILe universit e facolt ecclesiastiche (cann. 815-821)Titolo XXIIILa previa censura dei libri (cann. 1384-1405)Titolo IVGli strumenti di comunicazione sociale ed in specie i libri (cann. 822-832)Cap. ILa previa censura dei libri (cann. 1384-1394)Cap IILa proibizione dei libri (cann. 1395-1405)Titolo XXIVLa professione di fede (cann. 1406-1408)Titolo VLa professione di fede (can. 833)Risultano in sintesi nuove la terminologia e limpostazione o lampliamento di alcune tematiche; si riscontrano il trasferimento o leliminazione di altre Cfr. A. MontanMontan Agostino, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: La normativa nel nuovo codice, Queriniana, Brescia 1983, pp. 136-137..2) Presupposti teologici. bene a questo punto, prima di procedere ad una pi approfondita analisi dei Titoli e delle novit in esse contenute, riflettere sui presupposti teologici che hanno portato alla suddivisione del Codice secondo il triplice munus di Cristo e lattribuzione del munus docendi al III libro. Infatti, secondo il Concilio Vaticano II LG 10, tutti i poteri ecclesiastici derivano da ununica fonte, la sacra potestas. Essa designa tutta la struttura ecclesiale, sia di ordine che di giurisdizione.La potestas sacra deve avere come punto di riferimento Cristo, il quale nella vita pubblica si manifestato agli uomini come Maestro, Sacerdote e Re: essa deve espletarsi in queste tre direzioni, seguendo lesempio di Cristo. Certamente lattivit del Signore non pu essere limitata a questi tre uffici, ma essi sono gli unici che possono essere assunti dagli uomini. Alle tre attivit di Cristo, il Concilio fa corrispondere tria munera, che vengono conferiti con la consacrazione episcopale: munus sanctificandi, docendi et regendi LG 13-21 . Tra i tria munera, il munus docendi acquista nel Concilio una rilevanza particolare, considerato come una categoria propria. Non viene in alcun modo incluso nella potestas iurisdictionis, come sua parte integrante. Bench la sua autonomia abbia un fondamento nella Sacra Scrittura, ha incontrato sempre difficolt ad avere una propria configurazione giuridica. Il Concilio fa apertamente capire che ha un ruolo importante in tutta lattivit pastorale. Al munus docendi viene attribuito lappellativo di potest, che da molti viene negato. La sua importanza data dal fatto che esso ha una rilevante zona di influenza non solo sul munus sanctificandi, ma anche su quello regendi.La fede il pi grande dono che Dio fa alluomo, mediante il suo logos, ma la fede come una lampada, che deve essere sempre alimentata, trarre cio il suo alimento dallannuncio evangelico. Cos il munus docendi pone le basi della santificazione.Al munus docendi stato dedicato un intero libro del Codice per sottolinearne limportanza e la sua peculiarit. Tuttavia con ci il Codice non ha voluto risolvere la questione della divisione dei poteri dellautorit ecclesiastica. Ricalca soltanto la dottrina esposta nel Concilio. Non viene enunciata alcuna divisione dei poteri.Il libro diviso in Capitoli e le iscrizioni dei Titoli sono state cambiate ed aggiornate secondo il linguaggio del Concilio. Tutta la materia stata riordinata con criteri moderni. la formulazione dei singoli canoni pi chiara e nessuno di essi riferisce ad litteram la precedente legislazione.Loggetto del munus docendi il depositum fidei, termine giuridico, che allude allistituto del deposito, che doveva essere conservato interamente e gelosamente custodito. La Chiesa non deve soltanto santamente custodire la verit rivelata, ma deve profondamente investigarla in modo che possa fedelmente annunciarla ed esporla. Ha il diritto nativo e lobbligo di predicare a tutte le genti il Vangelo, usando anche i mezzi di comunicazione sociale, appropriati alla sua missione Cfr. G. DamiziaDamizia Giuseppe, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: Il nuovo Codice di Diritto Canonico, novit, motivazione e significato, Libreria Editrice della Pontificia Universit Lateranense, Roma 1983, pp. 265-273..3) Fonti e contenutiPoste le basi teologiche alla funzione di insegnare della Chiesa, passiamo ad analizzare i contenuti fondamentali e le fonti del libro che ne porta il titolo.Aprono la trattazione alcuni canoni di carattere generale (cann. 747-755), che enunciano i principi fondamentali sulla funzione di insegnare propria della Chiesa ed in particolare sulla potest di magistero (contenuti e finalit di tale potest, soggetti, infallibilit, obbligo dellassenso da parte dei fedeli, compiti e responsabilit magisteriali). Sono canoni che si sforzano di ridurre in formule giuridiche alcune tematiche teologiche di eccezionale intensit, sovente trattate dalla dottrina sia recente che passata. In questi canoni si intrecciano elementi dogmatici con quelli giuridici, viene presentata una sintesi teologica giuridica sul magistero ecclesiastico che non trova eguali nei precedenti documenti. Si possono citare come fonti le due costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei verbum, la dichiarazione sulla libert religiosa Dignitatis humanae e il decreto sullecumenismo Unitatis redintegratio.Segue il Titolo I, che con alcuni canoni introduttivi sviluppa la disciplina sul ministero della parola divina. I canoni preliminari indicano le persone alle quali affidato il compito di annunciare il Vangelo e precisano i vari mezzi che possono essere utilizzati per realizzare tale annuncio. Tra questi, importantissimi sono la predicazione e la catechesi. Tra le forme di predicazione, poi, occupa un posto tutto particolare lomelia; le direttive in merito sono desunte dai documenti della riforma liturgica. Il titolo I risente anche dellinflusso del decreto sul ministero dei vescovi Christus Dominus e del primo documento conciliare, la costituzione Sacrosantum Concilium.Nel Titolo II, che sar oggetto di analisi pi approfondita nel prossimo capitolo, sono raccolte le direttive riguardanti lazione missionaria della Chiesa. Rappresentano una novit assoluta rispetto al Codice del 1917, corredato, in materia, di un unico canone propriamente missionario, il 1350. Nei canoni del nuovo Titolo sono contenute la dottrina e le disposizioni date dal Concilio Vaticano II nella costituzione Lumen gentium e nel decreto Christus Dominus; la fonte privilegiata resta, per, il decreto conciliare Ad Gentes divinitus, soprattutto nelle parti riguardanti i soggetti dellazione missionaria, la formazione delle nuove comunit cristiane e la sua organizzazione. Completano lesposizione alcune norme relative al catecumenato, ai neofiti, agli obblighi dei vescovi e delle conferenze episcopali circa le missioni.Il Titolo III, sotto una nuova iscrizione, leducazione cattolica e con un ordine pi logico e profondamente rielaborato nei suoi contenuti, abbraccia la normativa che il precedente Codice poneva nel Titolo, in verit piuttosto povero, De scholis (cann. 1372-1383). Alcuni canoni fondamentali di carattere introduttivo, enunciano principi gi contenuti nella dichiarazione conciliare Gravissimum educationis ai nn 1,3,6. Seguono tre capitoli nei quali si tratta delle scuole, delle universit e facolt cattoliche, degli istituti di studi superiori, delle universit e facolt ecclesiastiche. Linsieme della normativa sottolinea limportanza che viene attribuita alla formazione scolastica e alla cultura scientifica superiore, strumenti assai efficaci per la promozione umana e la conoscenza della verit rivelata. Nel Titolo III chiaro linflusso della costituzione pastorale Gaudium et spes, del decreto Optatam totius e di altri documenti di attuazione emanati dopo il Concilio Vaticano II (Cfr. S. C. per lEducazione Cattolica, La scuola cattolica, 19.3.1977; Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa), esort. ap. Evangelii nuntiandi, 8.12.1975; Giovanni Paolo IIGiovanni Paolo II (papa), cost. ap. Sapientia christiana, 29.4.1979; Giovanni Paolo II, esort. ap. Catechesi tradendae, 26.10.1979; ecc...).Nel Titolo IV sono contenute le norme disciplinari relative alluso dei mezzi di comunicazione sociale e alla pubblicazione dei libri. Due sono le fonti principali di questi canoni, il decreto conciliare Inter mirifica, in particolare ai nn 1,2,3, e il decreto della S. Congregazione per la dottrina della fede sulla vigilanza dei pastori della Chiesa riguardo ai libri (De Ecclesiae pastorum vigilantia circa libros del 19.3.1975).Nel Titolo V vengono elencati tutti coloro che sono tenuti personalmente ad emettere la professione di fede secondo la formula approvata dalla Santa Sede e insieme viene stabilito davanti a chi tale professione debba essere emessa. Nel Titolo sono contenute le disposizioni dei cann. 1404-1408 del Codice del 1917, adattate ai nuovi istituti ed alle esigenze odierne Cfr. A. MontanMontan Agostino, op. cit., pp. 137-138..4) ConclusioneConcludendo possiamo riassumere in cinque, le principali novit apportate alla legislazione canonica da questo libro III.La prima, quella immediatamente percepibile la collocazione della materia trattata; occupa un libro a s acquistando nellinsieme, una posizione di notevole rilievo. Nel Codice del 1917 i canoni sul Magistero ecclesiastico costituivano invece la parte quarta dellintricato libro III intitolato De rebus, ed erano collocati tra i canoni dedicati al culto divino e quelli relativi ai benefici ecclesiastici.Una seconda novit rappresentata dalla terminologia, assai aderente al linguaggio del Concilio Vaticano II e ne traduce nel modo tipico dellespressione legislativa, tutta lansia pastorale.Una terza novit, la pi radicale lo spirito dal quale il legislatore si lasciato guidare nella stesura delle norme sulla funzione di insegnare della chiesa, spirito caratterizzato fondamentalmente dalle note della continuit e del rinnovamento, vale a dire dalla fedelt alla tradizione e da un intensa attenzione alla nuova situazione storica, culturale e pastorale nella quale lannuncio evangelico chiamato a rinnovarsi Cfr. A. MontanMontan Agostino, op. cit., p. 135.. La novit diventa per totale nel CIC 1983 nel Titolo II, Lazione missionaria della Chiesa. Dallestrema insufficienza dellunico can. 1350 del CIC 1917, si giunge alla redazione di un intero Titolo, che annovera come sua fonte privilegiata il decreto conciliare Ad gentes divinitus, proprio sullazione missionaria della Chiesa come analizzeremo in seguito Cfr. Aa.vv., Codice di Diritto Canonico, Unione Editori Cattolici Italiani, Roma 1984, p. 473..Una quarta importante novit, che deriva indubbiamente dallapprofondimento teologico operato dal Concilio Vaticano II, la chiara evidenziazione delle figure del Sommo Pontefice e del Collegio dei Vescovi per ci che concerne la funzione di insegnare nei riguardi della Chiesa universale. Viene confermata la fede dei fedeli con laffermazione inequivocabile dellinfallibilit del Romano Pontefice, ripresa dal Concilio Vaticano I e riportata nel can. 1323 2, del Codice del 1917; ad essa si aggiunge non pi solo laffermazione dellinfallibilit del Concilio Ecumenico, ma quella del Collegio dei Vescovi, la cui espressione esterna pi solenne appunto il Concilio Ecumenico: e questo quando entrambi, Romano Pontefice e Collegio dei Vescovi, nel modo loro proprio, personale o collegiale rispettivamente, proclamano da tenersi con atto definitivo una dottrina sulla fede o sui costumi Cfr. Idem, pp.473-474..La quinta ed ultima novit su cui desidero soffermarmi pi a lungo, riguarda linserimento nel libro III del Titulus quartus che recita: De instrumentis communicationis socialis et in specie de libris. Che la Chiesa si sia occupata della stampa al suo primo apparire, risulta dagli interventi disciplinari di Innocenzo VIIIInnocenzo VIII (papa) (1491), di Alessandro VIAlessandro VI (papa) (1501), di Leone XLeone X (papa) (1515), del Concilio di Trento (1546, 1553, 1557) con listituzione dellIndex nel 1557; essa fu confermata da Benedetto XIVBenedetto XIV (papa) (1758) e da Leone XIIILeone XIII (papa) (1896). Il vecchio Codice riprendeva in modo sintetico siffatta regolazione canonica con indole prevalentemente preventiva e repressiva. Nel frattempo nella nostra societ irrompevano i nuovi canali di informazione e nuove forme di espressione artistica: la radio, il cinema e la televisione. La Chiesa o meglio la Santa Sede vi intervenne abbastanza tempestivamente: Pio XPio X (papa)IPio XI (papa) eman lenciclica Vigilanti cura nel 1936 sul cinema; Pio XIIPio XII (papa) ne riprese largomento in due memorabili documenti sul cinema ideale: nel 1955 con una allocuzione e nel 1957 con lenciclica Miranda prorsus. Il decreto conciliare Inter Mirifica riprendeva in forma organica tutta la discussione dellimportante materia, superando di gran lunga la sensibilit dellepiscopato mondiale.Il nuovo Codice ha ripreso la materia apportando nuovi indirizzi e normative sul settore degli strumenti della comunicazione sociale.Si deve subito premettere che gli undici canoni (822-832) non corrispondono alle aspettative del Titulus; solo tre contengono disposizioni generiche sullimportante campo moderno e nel complesso la normativa lascia a desiderare.Nondimeno non dobbiamo attenderci trattazioni filosofiche in un testo legale, che dietro i rapidi cenni e descrizioni lascia ai Vescovi pi libert di iniziative che imposizioni restrittive.Infatti le disposizioni canoniche oltre che applicare a questo settore le quattro forme ascendenti di governo: approbatio, licentia, vigilantia, reprobatio (cann. 823, 832 2), esortano i Pastori a farne largo uso (adhibere satagant can 822 1), ad insegnare ai fedeli il dovere di cooperare perch il loro uso nella societ civile sia improntato a spirito cristiano (can 822 2); si inculca a tutti i fedeli di prestare aiuto alla Chiesa per luso di questi strumenti (can. 822 3).Come si vede, il campo allazione pastorale sconfinato, ma oggi non errato affermare che urgente; forse non si abbastanza compreso che il mondo contemporaneo si avvia alluso di una logica che non pi quella aristotelica. Basta percorrere anche rapidamente gli studi di sociologi e tecnici per intravedere e forse gi constatare la formazione di moduli argomentativi basati sulle immagini e sulle emozioni. Ci assume una importanza enorme per levangelizzazione (cann. 747-779) e specialmente per la predicazione. Non si tratta di rinunciare alla logica classica che lunico metodo di accesso alla verit; si tratta di tenere conto della nuova logica filmica, televisiva, ecc... con la loro carica emotiva e suggestionante che obbliga il predicatore a piegare il suo discorso al lato delle impressioni, dellattualit, degli stessi montaggi propagandistici.Il Codice, pur nei limiti imposti dal testo stesso, ha reso un servizio importante avviando un discorso di organizzazione su tutti i settori della comunicazione sociale Cfr. D. CompostaComposta Dario, Il munus docendi nel nuovo Codice di Diritto Canonico, Pal. Cl., (1984) 103-104..B. Lazione missionaria della Chiesa (cann. 781-792)Lespressione popolare e tradizionale di missione contenuta nel Codex, nel Libro III sulla funzione di insegnare, sotto la denominazione di De actione Ecclesiae missionali (cann. 781-792). Essenzialmente significa trasmettere il messaggio cristiano ai non credenti e stabilire lattivit cristiana e la Chiesa tra i popoli ed in territori non cristiani Cfr. J. L. SantosSantos Jos Luis, Missioni, in: Nuovo Dizionario di Diritto Canonico, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, p. 701..Come avevamo accennato precedentemente, lo studio del capitolo De Sacris Missionibus era competenza del Gruppo incaricato del Lib. III De munere docendi. Per quanto riguarda il nostro argomento lattenzione del Gruppo si centrava, in primo luogo, sulla preparazione di uno schema de missionibus... cum respectus ad missiones externas, e poi sulla discussione quasi esclusivamente del Titolo del nuovo capitolo perch le norme in esso contenute ben poco avevano in comune con le precedenti, che erano state ritenute evidentemente inadeguate.Per il nuovo Capitolo, poi Titolo, integrato da norme prese interamente dalla dottrina del Concilio Vaticano II, furono proposti tre differenti titoli: de populorum evangelizatione, de activitate missionaria e De Sacris Missionibus. In questa occasione fu scelto, o conservato se si vuole, quello precedente e classico, De Sacris Missionibus perch considerato il pi espressivo.Nello schema del 1977, invece, si trovava il titolo De actione missionali Ecclesiae, come successo nel Concilio Ecumenico Vaticano II con lo schema sullattivit missionaria della Chiesa. Venne adottato questo titolo perch sembrava pi adatto alle norme che lo integrano, dato che tutte le disposizioni sono prese dal decreto Ad gentes; ci induce ad affermare che sono norme che riguardano esclusivamente lopera missionaria e la cooperazione missionaria, e questa finalit conferisce un carattere specifico a tali disposizioni. Daltra parte si evidenzia che il contenuto del cap. De Sacris Missionibus pur essendo cos ampio e vario, in realt non risponde adeguatamente alla dottrina del menzionato Concilio, la quale, come si visto, ha stabilito dei principi dottrinali con conseguenze anche di carattere disciplinare capaci di far cambiare anche i principi precedenti. Un altro motivo, connesso con i precedenti, si trova nelle difficolt incontrate per definire il contenuto della parola missioni, che in quel momento non era molto chiaro, sia per le sue connotazioni socio-politiche (colonialismo) sia per quelle di carattere pastorale ritenendo le missioni come cosa molto speciale o quasi occasionale nella compagine ecclesiale.Il contenuto del presente Titolo, tuttavia, pi ampio e omogeneo rispetto al capitolo del CIC 1917 Cfr. J. Garcia MartinGarcia Martin Julio, Lazione missionaria della Chiesa nella legislazione canonica, Ediurcla, Roma 1993, p. 701..Passando ad analizzare i vari canoni uno per uno, vediamo come gi con il primo stata recepita la dottrina conciliare, infatti, se noi crediamo realmente che Ges il Figlio di Dio, incarnato per noi, che la nostra unica salvezza ed a Lui tendiamo per una felicit eterna, non possiamo rimanere indifferenti verso coloro che ignorano tali verit. La fede profondamente vissuta un fuoco che divampa e brucia: ignem veni mittere in terram Lc 12, 49. Abbiamo il primo esempio in Maria Santissima che si affretta a portare la luce del suo Figlio ad Elisabetta. giusto perci che allinizio del secondo titolo del Libro III sullazione missionaria della Chiesa si affermi che tutta la Chiesa per sua natura missionaria e levangelizzazione il fondamentale obbligo del popolo cristiano, tutti consci della propria responsabilit , debbono prendere parte allopera missionaria (can. 781) Cfr. G. DamiziaDamizia Giuseppe, La funzione di insegnare nella Chiesa, in: Aa.vv. Il nuovo Codice di Diritto Canonico, novit, motivazione e significato, Libreria Editrice della Pontificia Universit Lateranense, Roma 1983, p. 283..Se la Chiesa trascurasse questa finalit e questo suo compito, perderebbe la propria ragion dessere e si disintegrerebbe come un organismo privo del suo principio vitale. Anche nel caso che fosse completata levangelizzazione di genti e popoli, sussisterebbe il dovere di mantenere e sviluppare la fede individuale delle persone oltre a quello di estenderla alle nuove generazioni.Naturalmente importante sottolineare che il Codex rispetta, non poteva essere altrimenti, e lo fa con molta cura, la libert personale al momento dellaccettazione della fede cristiana (can. 748 2). Una cosa lobbligo che ha la Chiesa di trasmettere la dottrina e la fede cristiana e una cosa ben diversa laccettazione da parte delle persone. Il Codex sottolinea in alcune di tali norme questo permanente rispetto della libera volont delle persone: i missionari insegnino le verit della fede, dice il can. 787 2, di modo che coloro che sono preparati, chiedendolo liberamente, possano ricevere il battesimo; il can. 788 1 si riferisce a quelli che avranno manifestato la volont di abbracciare la fede in Cristo...; viene inoltre richiesto un dialogo sincero dei missionari con coloro che non credono in Cristo (can. 787 1). Lazione missionaria pu essere condotta solo nel segno di questa libert religiosa Cfr. J. L. SantosSantos Jos Luis, op. cit., pp. 701-702..Il canone 782 esprime in forma lucida i principi generali della missione come opera funzionale di tutta la Chiesa in armonia con le differenze strutturali, in altre parole, se vero che tutto il Popolo di Dio missionario, ossia inviato da Cristo per levangelizzazione dei popoli, allinterno della Chiesa esistono organi strutturali il cui scopo di coordinare e stimolare la funzione missionaria. Il canone per via sommaria dichiara che la responsabilit suprema dellattivit missionaria spetta al Sommo Pontefice e al Collegio Episcopale. In concreto il Pontefice si avvale della Congregazione per lEvangelizzazione dei Popoli detta anche De Propaganda Fide per la direzione e cooperazione missionaria. Sotto il profilo territoriale essa esercita una sua competenza nei luoghi in cui non esiste una gerarchia stabilmente organizzata e ordinaria. Da essa dipendono le seguenti opere: Pontificie opere missionarie, Opera di San Pietro per il clero nativo, Unione missionaria del Clero, Opera della Santa Infanzia (cfr. motu p. Ecclesiae sanctae, III, 13). previsto che in ogni Diocesi un sacerdote abbia lincarico di promotore delle missioni e che faccia parte del consiglio pastorale diocesano de iure. Per i rapporti tra questa Congregazione e le Conferenze episcopali dipendenti, la S. Sede ha emanato un importante documento (Quo aptius, EV 3/801-819). Presso le altre Conferenze Episcopali esistono Consigli missionari nazionali o regionali, composti dai direttori nazionali o regionali che si tengono in stretto rapporto per la coordinazione delle varie attivit ed iniziative Cfr. P. V. PintoPinto Pio Vito (cur.), Commento al Codice di Diritto Canonico, Urbaniana University Press, Roma 1985, p. 486..Il canone 783 tratta dei membri degli Istituti di vita consacrata, categoria di persone che hanno un obbligo peculiare a prestare la loro opera missionaria. Da notare che il can. 783 non parla di Istituti di vita consacrata, ma dei membri di tali istituti. La loro consacrazione a Dio li unisce in modo speciale [...] alla Chiesa tutta ed al suo mistero (LG 44). Da qui deriva anche il dovere personale di lavorare, secondo le forze ed il genere della propria vocazione, sia con la preghiera, sia con lattivit esterna, a radicare e consolidare negli animi il Regno di Cristo e dilatarlo in ogni parte della terra. Anche qui si sottolinea lobbligo , connesso al proprio impegno personale con il proprio Istituto, di collaborare allopera missionaria. Il modo concreto sar attuato secondo le disposizioni dei propri superiori e in conformit allindole del proprio Istituto. Sappiamo che esistono istituti dediti completamente allopera missionaria, altri invece che includono tale attivit tra tante altre. Il dovere indicato dal canone riguarda i membri sia degli uni che degli altri Istituti. Il canone riflette anche una ragione storica: per tanti secoli lazione missionaria stata affidata in modo quasi assoluto agli Istituti di vita consacrata. Non poteva perci mancare nel Codice una conferma della realt di fatto da parte del diritto Cfr. A. G. UrruUrru Angelo Giuseppe, La funzione di insegnare della Chiesa, Vivere In, Roma 1989, pp. 77-78..I canoni 784 e 785 trattano delle due componenti principali del personale della missione, i missionari ed i catechisti.a) I missionari (can. 784) sono portatori specializzati della missione della Chiesa. Con linvio da parte dellautorit responsabile (e non pi dellautorit suprema come nel CIC 1917) dato lelemento formale essenziale della definizione di missionario, anche se non ancora sufficientemente circoscritto. Il Concilio, non il citato canone, menziona come seconda caratteristica distintiva il servizio missionario ad vitam (AG 24). In questo modo il can. 784 evita la differenziazione fra missionario perpetuo e missionario a tempo determinato. Ci esprime la situazione odierna della forza missionaria e riconosce i frati laici e le sorelle religiose come missionarie. Tramite linvio alla missione promosso dalla Chiesa, ogni cristiano battezzato diviene missionario, sia egli persona del luogo o forestiero, membro di una comunit religiosa oppure laico.b) Un compito importante per lazione missionaria attribuito ai catechisti (can. 785). Se ne parl coraggiosamente durante il Concilio. Essi sono i collaboratori pi importanti dei sacerdoti missionari (AG 17). Come presupposto del servizio di catechesi richiesta da una parte una sufficiente formazione, se possibile in proprie scuole di catechismo (cann. 785 2, 780), e dallaltra una conduzione di vita esemplare (cann. 785 1, 759, AG 17, CD 14). Concilio e Codice aprono nuove prospettive allufficio di catechista e molteplici possibilit di impiego. I citati campi di attivit, annuncio dellEvangelo, servizi liturgici ed opere caritatevoli (can 785 1), sono completamente in linea con il Diaconato (LG 29) Cfr. O. StoffelStoffel Oskar, Der missionarische Auftrag, in: Handbuch des Katolischen Kirchenrechts, Friedrich Pustet, Regensburg 1983, pp. 550-551..Nel canone 786, oggetto del nostro studio, si affronta il problema della implantatio Ecclesiae in un territorio non cristiano. In generale la S. Sede inizialmente affida un determinato territorio ad un Istituto religioso o missionario per levangelizzazione. Il Superiore responsabile della missione novella dipende in quanto religioso dalla sua Congregazione, ma in quanto missionario egli investito di autorit ecclesiastica vicariale, anche se non ancora stato dichiarato n Prefetto Apostolico, n Vicario Apostolico. Con il suo consiglio egli pu erigere scuole, ospedali, erigere centri missionari, stabilire centri di formazione di catechisti. Amministra i beni patrimoniali e le offerte destinate alle missioni in piena autonomia. A lui sono soggetti anche sacerdoti secolari o laici che si dedicano allazione missionaria.Come si vede, dal doppio vertice cui il Superiore missionario sottoposto (quello religioso e quello della Congregazione di Propaganda Fide) possono partire ordini di diverso orientamento e creare conflitti; si tratta di un regime chiamato tecnicamente di commissione, che per termina appena si eretta la gerarchia ecclesiastica e la rispettiva Diocesi. Il nuovo sistema o regime si chiama mandato (istr. Relationes in territoriis, EV 3/820-845); esso peraltro non differisce molto dal precedente per quanto riguarda la dipendenza dei religiosi missionari dal loro Superiore generale; ma lerezione della Diocesi si conclude con una convenzione con la quale saranno fissati i rapporti tra le due autorit religiose, come previsto dal successivo can. 790 Cfr. P. V. PintoPinto Pio Vito (cur.), op. cit., pp. 487-488..Il metodo che i missionari devono seguire nella loro opera di evangelizzazione strutturato, nel Codice, in tre punti espressi in modo sintetico come conviene ad un testo legale: primo incontro con i non credenti (can. 787); cammino catecumenale (can. 788); formazione dei neofiti (can. 789);In armonia con il Decreto missionario, non devono essere delineati dei modelli di nuovi metodi missionari, bens dei principi di validit generale per ciascun compito missionario.Il punto di partenza dellannunciazione la testimonianza della vita e delle parole (can. 787 1; AG 11). Larticolo 12 del decreto missionario descrive la presenza cristiana in ambiti non cristiani, come testimonianza dellamore verso i bisognosi nello svolgimento del proprio ufficio e nel vasto campo delle strutture economiche e sociali.Attraverso questa testimonianza, i missionari devono promuovere un dialogo sincero con i non credenti in Cristo (can. 787 1) ed a tal scopo devono rispettare le tradizioni delle religioni non cristiane (AG 11) e devono riconoscerne i beni morali e religiosi ed i valori sociali e culturali (NA 2; LG 17). Inoltre, il metodo di evangelizzazione deve essere appropriato alla condizione di tutti coloro che ascoltano (cann. 787 1; 769; 779). A chi disposto ad accettare il Vangelo, deve essere trasmessa unampia conoscenza del messaggio evangelico, attraverso prediche e catechesi (can. 787 2; CD 14; EN 44, 54), ma senza limposizione di alcun obbligo (can. 748, AG 13). Laspirante deve poter fare la sua scelta religiosa in piena libert (can. 787 2; DH).Lammissione nella Chiesa avviene gradualmente, nellambito della comunit cristiana, secondo il processo di evoluzione spirituale. Durante il precatecumenato avviene la prima annunciazione: se il candidato fermamente deciso a diventare cristiano, parteciper ad una cerimonia liturgica durante la quale verr accolto nel gruppo degli aspiranti (can. 788 1; AG 14).Questa partecipazione d inizio al catecumenato vero e proprio. La preparazione propedeutica, che pu durare parecchi anni, finalizzata alla formazione cristiana ed allinsegnamento della fede e si conclude con una cerimonia, durante la quale i nomi dei partecipanti vengono registrati nel libro dei catecumeni (can. 788 1; OICA 7b, 14-20). La preparazione pi approfondita di solito coincide con la Quaresima di Pasqua ed caratterizzata da scrutini ed insegnamenti della confessione di fede e del Paternoster e termina con la solenne ammissione nella Chiesa attraverso il dono dei Sacramenti di iniziazione (Battesimo, Cresima ed Eucarestia) durante la notte di Pasqua. Il processo di ammissione nella Chiesa si conclude definitivamente con la mistagogia del neofita durante lultima quindicina del periodo pasquale (can. 789; OICA 7d, 37-40).Il catecumenato significa preparazione al ricevimento dei Sacramenti, non solo attraverso linsegnamento della catechesi, ma anche attraverso lintroduzione e la pratica della vita cristiana. I catecumeni vengono opportunamente iniziati nel mistero di Cristo e introdotti nella vita della fede, della liturgia, della caritas e dellapostolato (can. 788 2; AG 14). Tutti coloro che aspirano al Battesimo, con esplicita volont di entrare a far parte della Chiesa, vengono uniti nella Chiesa (can. 206; LG 14). Questa coniunctum esse simbolo dello status ecclesiale e quindi i rapporti legali devono essere unificati. La funzione della Conferenza Episcopale quella di promulgare degli statuti che regolino il catecumenato e specifichino i diritti e i doveri dei catecumeni (cann. 788 3, 1170, 1183 1; AG 14) Cfr. O. StoffelStoffel Oskar, op. cit., pp. 551-552..Nel canone 790 si rileva il particolare e specifico riferimento che il nuovo Codice fa del Vescovo residenziale nei territori di missione. una questione che meriterebbe un approfondimento per lintimo rapporto tra concetto e nozione di missione e gerarchia ecclesiastica nel suo sviluppo storico-giuridico in oltre tre secoli di attivit della Sacra Congregazione de Propaganda Fide. Il canone 790 mette nella giusta luce la figura del Vescovo residenziale anche nei territori di missione in conformit con la dottrina del Concilio Vaticano II sullEpiscopato nella Chiesa.Nelle Diocesi il Vescovo, rettore e centro di ogni apostolato diocesano; a lui spetta promuovere, regolare e coordinare tutta lattivit missionaria, nel rispetto dovuto alle spontanee iniziative delle forze vive ed operanti della sua Diocesi.Particolare enfasi mette il Codice nel determinare quale deve essere latteggiamento del Vescovo residenziale nei territori di missione nei riguardi degli Istituti che lavorano nella sua Diocesi a seguito della soppressione del sistema giuridico della commissio. A questo proposito opportuno ricordare che la Sacra Congregazione de Propaganda Fide, in osservanza agli orientamenti del Concilio Vaticano II ed i criteri stabiliti da Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa) nel Motu Proprio Ecclesiae sanctae, eman in data 24 febbraio 1969 lIstruzione Relationes in territoriis, frutto delle delibere della prima Assemblea Plenaria che si celebr dopo la nuova strutturazione del medesimo Dicastero missionario. In questa Istruzione vengono tratteggiati i principi, i criteri, lo spirito e le norme che devono regolare i rapporti tra i Vescovi e gli Istituti missionari che saranno stabiliti in un apposita convenzione tra le due parti affinch la mutua intesa ridondi in bene della missione. Poco dopo la medesima Congregazione per facilitare ai Vescovi questo compito offriva loro due modelli o schemi di convenzione, lasciando loro piena libert di usarne nella misura che avessero creduta opportuna e conveniente.Il nuovo Codice, in questa prospettiva ecclesiale missionaria, riprende ma in termini pi pacati la norma che stabilisce la dipendenza di tutti i missionari, anche i religiosi ed i loro ausiliari, dalle disposizioni del Vescovo in ci che riguarda lopera missionaria Cfr. I. T. P. LeeLee Ignazio Ting Pong, Lazione missionaria della Chiesa nel nuovo Codice di Diritto Canonico, in: Aa.vv., La nuova legislazione canonica, Urbaniana University Press, Roma 1983, pp. 401-403..La cooperazione missionaria un dovere di tutto il popolo di Dio, dal momento che tutta la Chiesa missionaria. In campo organizzativo, possiamo vedere una responsabilit a livello diocesano e una a livello di Conferenza episcopale.In ogni Diocesi del mondo e non soltanto in quelle esistenti in territori missionari, si deve favorire la cooperazione missionaria. La legge (can. 791), stabilisce alcune modalit con cui tale cooperazione si attua. Si devono favorire le vocazioni missionarie. Questo il principale mezzo di collaborazione, favorendo la nascita dellideale missionario in giovani, uomini e donne, che possano andare ad annunciare il Vangelo ai non cristiani, e aiutandoli ad attuare il loro ideale. Le vocazioni sono uno dei principali segni di vitalit in una Chiesa locale, come in un Istituto di vita consacrata.In ogni Diocesi deve esistere un sacerdote deputato espressamente a promuovere iniziative a favore delle missioni. Questo deve tendere soprattutto a collaborare con le Opere pontificie missionarie, che sono quelle: della Propagazione delle fede; di S. Pietro Apostolo, per favorire la formazione del clero autoctono; dellinfanzia missionaria, per leducazione cristiana dei fanciulli in territori di missione; dellUnione missionaria del clero, anima di tutte le altre opere missionarie. Nonostante il nome, vi possono far parte anche i religiosi e le religiose. Il Romano Pontefice Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa) disse che, per questa ragione si potrebbe chiamare Unione missionaria dei religiosi e delle religiose.Il fatto che questo promotore diocesano deve essere un sacerdote sta ad indicare quale importanza ecclesiale il legislatore dia a questo ufficio.Ogni anno si deve celebrare la giornata missionaria, per sensibilizzare il popolo cristiano sul vitale problema delle missioni. Generalmente viene celebrata la terza domenica dottobre. Da alcuni anni, in vista di questa giornata, il Sommo Pontefice suole inviare un messaggio a tutta la Chiesa. Ogni anno si deve versare un congruo contributo finanziario per le missioni da inviare alla Santa Sede Cfr. A. G. UrruUrru Angelo Giuseppe, op. cit., pp. 87-88..Il canone 792, infine, non riguarda i territori di missione, ma le Diocesi di antica tradizione cattolica; esso dispone che in ciascuna siano promosse attivit missionarie di vario genere ma in particolare si raccomanda alle Conferenze episcopali di promuovere iniziative missionarie e di accogliere con carit e particolare riconoscenza e cura quelli che si preparano nello studio a recarsi o ritornare nelle missioni Cfr. P. V. PintoPinto Pio Vito (cur.), op. cit., p. 490..Non poche norme trovano speciale applicazione nelle Chiese missionarie e si riferiscono in modo particolare alle missioni. Essenzialmente, lattivit missionaria della Chiesa riceve limportanza che le stata attribuita dal Concilio.CAPITOLO IIILAZIONE MISSIONARIA SECONDO IL CANONE 786A. Fonti del canoneLanalisi del canone 786, oggetto del nostro studio, inizia in questo capitolo con un approfondimento delle fonti che hanno portato alla sua stesura. La Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici autenticae interpretando ne elenca cinque Pontificia Commissio Codici Iuris Canonici autenticae interpretando, Codex Iuris Canonici, Fontium annotatione et indice analytico-alphabetico auctus, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1989, p. 219.: un Istruzione della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, la Quo efficacius del 6.1.1920; poi i due fondamentali documenti del Concilio Vaticano II, la Costituzione dogmatica Lumen Gentium al numero 17 ed il Decreto Ad Gentes ai numeri 6 e seguenti; infine due lettere circolari della Sacra Congregazione per levangelizzazione dei popoli, Nello studio di rinnovamento e Puisque la Ratio del 17 maggio 1970.A questi documenti base si possono per aggiungere lEsortazione apostolica di Paolo VPaolo V (papa)IPaolo VI (papa), Evangelii nuntiandi che riprende lo spirito missionario conciliare e pu essere fondamentale per il nostro canone in particolare al capitolo II sul significato dellevangelizzazione, dal numero 17 al numero 24.Infine per quanto riguarda il governo della missione con la sua evoluzione dal sistema della Commissione a quello del Mandato sono fondamentali lIstruzione Quum huic del 1929 della Sacra Congregazione di Propaganda Fide e lIstruzione Relationes in territoriis del 1969 della Sacra Congregazione per levangelizzazione dei popoli.LIstruzione Quo efficacius Sacra Congregatio de Propaganda Fide, istr. Quo efficacius - 6.1.1920, in: OchoaOchoa Xaverius, I, 266-267.inizia significativamente con una citazione dalla 2Tm 2,4: Infatti nessuno che si d a fare il soldato di Dio, si impiccia pi degli affari della vita civile per piacere a colui che lo ha arruolato. Questa Istruzione tanto importante da essere inserita nel Sylloge Raccolta dei principali documenti di argomento missionario dei Sommi Pontefici e della Sacra Congregazione di Propaganda Fide dal 1907 al 1939, anno della sua pubblicazione. Questa raccolta fu realizzata per comodit duso da parte dei missionari.al numero 77, segue di pochi mesi la Lettera Enciclica Maximum illud di Benedetto XVBenedetto XV (papa) di cui riprende lo spirito ed alcuni ammonimenti. La prima parte riguarda infatti i moniti del Papa ai missionari fra cui specialmente quello di propagare limpero di Cristo e non quello degli uomini. Nella seconda vi un elenco di moniti pratici della Congregazione che danno lidea dei problemi che vi potevano essere nelle missioni, ma anche dellalto grado di modernit raggiunto dal legislatore sul tema dellinculturazione; si raccomanda infatti di studiare ed utilizzare la lingua locale, di evitare lintroduzione delle consuetudini patrie nella missione, di evitare di intromettersi in questioni politiche che riguardano la nazione di origine e quella ospitante, di immischiarsi in forme di commercio; si afferma che tutte queste cose devono essere garantite dal superiore della missione. La cosa pi importante per il nostro canone tuttavia viene detta allinizio, quando cio si afferma che lunico fine che il missionario deve perseguire la salus animarum di tutti i popoli della terra i quali, in un futuro si spera non troppo lontano, si dice nella conclusione, siano congregati in un unico ovile e sotto la guida di un solo pastore. In questo risiede a mio avviso limportanza del documento ed il motivo stato inserito fra le fonti del canone, laver cio ribadito il fine della missione e limportanza che ancora riveste la missio ad extra allinterno della Chiesa.Alla Quo efficacius fanno seguito le fonti conciliari che sono le pi importanti di tutte in quanto, come ricordato pi volte, il Codice del 1983 espressione del pensiero e della teologia conciliare tanto da poter essere considerato come lultimo documento del Concilio Vaticano II.La Costituzione dogmatica Lumen Gentium Concilio Vaticano II, cost. Lumen Gentium - 21.11.1964, EV 1/284-456. espressione della nuova ecclesiologia biblica, antropologica, sacramentale ed escatologica emersa dal Concilio che alla base della teologia missionaria del decreto Ad gentes. La Costituzione al numero 17 ci pone innanzi al popolo di Dio che deve essere raccolto da tutto luniverso in modo visibile e completo nella Chiesa cattolica, attraverso le vie misteriose dello Spirito. La Chiesa richiama a se stessa il solenne comandamento del Cristo e la responsabilit che ad essa incombe. Lazione missionaria avr due obiettivi complementari ed ugualmente necessari: servire lo Spirito Santo ovunque egli si manifesti ed in qualsiasi modo egli lo faccia, partendo da ogni valore deposto nel cuore degli uomini, delle civilt e delle diverse religioni per la loro purificazione e la loro piena espansione; proclamare, mediante la testimonianza della vita e la Parola, la pienezza della salvezza che ci donata nella Chiesa mediante il Cristo.Questi due tipi di azione non sono da opporsi tra di loro; essi sono collaterali ed esigono luno e laltro un profondo rispetto ed un senso cristiano realmente evangelico. Lazione missionaria si impone alla Chiesa in ragione dei rischi di smarrimento di tutti coloro che cercano pi o meno oscuramente la verit, e soprattutto perch tutti sono chiamati a conoscere in pienezza i disegni di Dio, ad innalzare con piena conoscenza la loro lode al Dio Salvatore e ad essere poi essi pure, in seno ad ogni civilt ed al servizio dei suoi valori particolari, i testimoni ed il seme della salvezza totale proposta a tutti. Indubbiamente si pu essere salvati