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La ragazza del fiume

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Durante una passeggiata lungo l'argine del fiume Navile, Marco Belli, agente della municipale di Bologna, si imbatte nel cadavere di un uomo. La sua giornata di vacanza dedicata alla fotografia si trasforma in un quieto incubo e suo malgrado il protagonista si ritrova a indagare sul misterioso omicidio per conto del maresciallo dei carabinieri del paese. Sullo sfondo la campagna fra Bologna e Ferrara in un tiepido mese di febbraio.

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    DESCRIZIONE:

    Durante una passeggiata lungo l'argine del fiume Navile, Marco Belli, agente della municipale di Bologna, si imbatte nel cadavere di un uomo. La sua giornata di vacanza dedicata alla fotografia si trasforma in un quieto incubo e suo malgrado il protagonista si ritrova a indagare sul misterioso omicidio per conto del maresciallo dei carabinieri del paese. Sullo sfondo la campagna fra Bologna e Ferrara in un tiepido mese di febbraio.

    L'AUTORE:

    Massimo Fagnoni, 50 anni, bolognese, laureato in filosofia. Ha lavorato per quasi vent'anni nel sociale fra psichiatria e disagio prima come educatore e poi come coordinatore di servizi. Da otto anni lavora come agente nel Corpo della Polizia Municipale di Bologna

    Titolo: La ragazza del fiume Autore: Massimo Fagnoni

    Editore: 0111edizioni Collana: SelezionePagine: 86 Prezzo: 11,00 euro

    9,35 euro su www.ilclubdeilettori.com

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    In palio c' un premio per ognuna delle 4 categorie. Il premio, di cui inizialmente viene specificato solo il valore massimo, viene scelto dai rispettivi vincitori dopo il sorteggio.

  • Massimo Fagnoni

    La ragazza del fiume

    www.0111edizioni.com

  • www.0111edizioni.com

    www.ilclubdeilettori.com

    LA RAGAZZA DEL FIUME Copyright 2010 Zerounoundici Edizioni

    Copyright 2010 Massimo Fagnoni ISBN 978-88-6307-266-2

    In copertina: disegno di Claudio Trabucchi

    Finito di stampare nel mese di Aprile 2010 da Digital Print

    Segrate - Milano

  • Dedicato a Cinzia

    Seguir con gli occhi un airone sopra al fiume e poi ritrovarsi a volare.

    Lucio Battisti

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    Primo capitolo Un incontro inaspettato

    Febbraio. Lalterazione causata dalleffetto serra ha donato una nuova primavera alla pianura padana. Linverno non fa pi paura fra Bologna e Ferrara. La nebbia solo un triste ricordo. Sar colpa delluomo, il ciclo delle stagioni, forse il fatto che nella sto-ria del mondo anche le condizioni climatiche mutano. Oggi, 18 febbraio, arrivata la primavera. Marco non ricordava da anni un tale sfoggio di colori, un eguale tepore nellaria. Questa la primavera che a scuola da piccolo il maestro Guidicini gli faceva colorare sopra ad album pieni di spazi da riempire. Quella era la primavera dei colori Giotto, colma di disegni approssima-tivi. Il maestro sosteneva che il disegno non sarebbe stato mai il punto di forza di quel giovane virgulto, troppo alto per la sua et. Marco era consapevole, nonostante la tenera et, dei suoi limiti. Si emozionava ogni volta davanti a un quaderno nuovo. Era lemozione di iniziare un nuovo lavoro, nella speranza, spesso di-sattesa, di completare lalbum con sempre maggiore maestria. I ricordi riaffiorano labili e sbiaditi come i sogni del mattino, quelli del dormiveglia, che precedono i risvegli affaticati nelle albe buie degli in-verni. Marco confonde i ricordi con i racconti di sua madre, che lei ripercorre con lui durante le loro fugaci frequentazioni. Si siedono nel salotto buono, quello degli ospiti. Insieme scorrono le fotografie, quelle che non si fanno pi. Fotografie a colori, consumati dal tempo e dallumidit. Fotografie in bianco e nero. Occhi spauriti di un bambino dai capelli ricci e neri che Marco non ri-corda di avere mai avuto.

  • 6

    Sguardi seri e imbronciati di un bambino cresciuto in unItalia dimenti-cata e da dimenticare, come canta DeGregori. LItalia degli anni 60, del boom economico, che la sua famiglia non ha mai conosciuto. Suo padre era un operaio, uno di quelli veri. Negli anni 60 scendeva in piazza con i metalmeccanici, quando appar-tenere alla CGIL aveva un significato, quando essere comunisti era un mestiere difficile. Marco era un bambino complicato, in unItalia in bianco e nero, con Carosello la sera a chiudere le serate, dopo un brodino di stelline e i compiti per il giorno dopo. Si addormentava con il terrore di non ritrovare i genitori, di perderli in un luogo tanto grigio quanto desolato come quello della Bologna peri-ferica e operaia, con tanti bambini tristi come lui, a volte pi arrabbiati. Nei momenti che precedevano il sonno, un bambino contava mental-mente la differenza det fra lui e i suoi genitori. Trentanni. Un bambino pensava che a quarantanni suo padre ne avrebbe avuti set-tanta. Langoscia lo prendeva, in quegli istanti di consapevolezza adulta. Pensava a se stesso quarantenne, in pantaloncini corti, ad affrontare la vecchiaia del padre. O, peggio, la sua scomparsa. Ce la poteva fare un Marco quarantenne ad affrontare la vita senza il padre e senza la madre? Questi pensieri lo accompagnavano certe sere dinverno, quando lunica certezza era il tempo che doveva intercorrere per giungere inco-lumi alla fine del maledetto inverno. Il freddo e la solitudine dei suoi pomeriggi post scolastici. Per addormentarsi doveva imporsi di non pensare ai suoi genitori. In-ventava storie fantastiche dove lui era Tex Willer. Simmaginava armato di colt con il calcio di madreperla luccicante, ve-stiti da vero pistolero, dollari dargento a fare brillare il perimetro del suo cappello nero. Affrontava un West immaginario con il coraggio che poteva trovare so-lo da bambino, quando alla soglia del sonno tutto sembrava possibile. La sua scuola era allinterno di un ex magazzino, ritrasformato per loccasione. I suoi compagni erano figli di meridionali venuti al nord, a cercare il benessere.

  • 7

    In quel periodo non cerano ancora gli extracomunitari. Cerano i meridionali. In una citt come Bologna, la soluzione migliore era sembrata quella di costruire due quartieri ghetto e mandarli tutti l. La Barca e il Pilastro. Marco era nato alla Barca. L era cresciuto, con altri bambini seri in viso, che formavano bande per difendersi da una citt che non era in grado di stare al passo con i cam-biamenti. Marco sa che la sua storia non normale. Sa che il benessere non ha mai fatto parte del suo vocabolario fino al giorno in cui ha abbandonato il nucleo familiare per inventarsi una sua storia. E consapevole di essere il risultato di un mondo che non c pi. Anche questa giornata invernale non reale. Un vento tiepido sospinge dolcemente nuvole viola ad accarezzare un tramonto rosso come unesplosione nucleare, sopra una campagna arata di fresco che fra pochi mesi esploder di grano e mais. E perfetta questa giornata. Non crede di meritarsela. Lui cresciuto con le nebbie cittadine, con i riflessi di sole che entrano nei cortili screpolati della periferia. Ripensa alla finestra della cucina, da dove studiava, macinando dispen-se di psicologia, pedagogia e filosofia, sempre con il dubbio di non me-ritare nulla. Un figlio doperai rimane figlio di poco pi di niente. Unidea che i suoi genitori gli suggerivano continuamente, con uno stile di vita umile e con una miseria dignitosa che non concedeva nulla alla speranza. Dalla finestra della casa IACP si vedeva solo la facciata di un altro pa-lazzo identico. La facciata del palazzo era stata gialla un tempo. Marco la ricorda piena di crepe e fessure come il viso di un vecchio che non si preoccupa pi del suo aspetto. Marco studiava e fumava nazionali senza filtro, immaginando il mondo di l da quel muro di crepe. Sapeva che un giorno se ne sarebbe andato da quel luogo. Il lavoro come facchino durante il giorno. Lo studio la notte e le domeniche.

  • 8

    Lo sorreggeva il desiderio disperato di abbandonare quella casa, insie-me alla tristezza dei genitori, per risorgere altrove, da solo, finalmente libero dal peso di tanta desolazione. Dove si dissolta quella sensazione pesante di solitudine? Ogni tanto se lo chiede. Voleva bene a suo padre, quando morto lui era gi lontano, da tempo. Per lui era gi morto tanto tempo prima. Rimane questa necessit, di incontrare la madre. Un giorno al mese, lo dedica alle fotografie della sua vita precedente. Ascolta sua madre senza prestare davvero attenzione, mentre racconta aneddoti gi divenuti leggenda familiare. Si perde in fotografie inaridite dal tempo senza riconoscersi. Si prodiga nel tentativo di ritrovare unespressione familiare, uno sguardo uguale al suo, un paesaggio conosciuto. Rimane sempre insoddisfatto da questi tuffi nel passato. Rimangono i ritratti di un se stesso che non riconosce e di unItalia, sul-lo sfondo, che non riesce a ritrovare nel ricordo. Oggi giorno di vacanza per lui. Ha consumato tutti i doveri delle sue giornate festive. Il tempo vuoto, per lui, denso di compartimenti stagni da colmare. E una specie di gioco a livelli da sbloccare. Non pu procedere nella sua giornata se non sblocca il livello giusto. La sua donna oggi al lavoro. Si alzata piano per non svegliarlo. Lei lavora in fabbrica, macchine a controllo numerico, delegata sinda-cale Fiom. Occhi marrone, capelli neri, carnagione olivastra. Nera di pelle e danimo pensa sempre Marco. Una combattente, inesorabile e definitiva come la morte. Una morte dolce per Marco. Lei lo ama. Lui trova il suo amore nella moca pronta sul fornello o nel tavolo pre-parato per la colazione, con i cornetti caldi che lei andata ad acquista-re nel forno sotto casa. Lui ha dovuto imparare il linguaggio dellamore. Ha imparato da Anna che esiste la fiducia, la stima, laffetto. Lei gli ha insegnato la complicit della coppia. A quasi quarantanni, ha conosciuto lamore.

  • 9

    A volte nella penombra della camera da letto sorride da solo di tanta fortuna, incontrata nello sguardo della sua donna. Marco e Anna non hanno figli. Sono sposati da cinque anni. Lui ha quasi quarantanni lei otto di meno. I figli in questo paese indeciso, in questo tempo indeterminato, con la luna tanto vicina allorizzonte, sono certamente un investimento senza la giusta copertura. Il commercialista di Marco, che in realt suo collega, sconsiglierebbe tale scelta. Non ci sono n garanzie di rientro n reali prospettive. A proposito di prospettiva, Marco oggi ha deciso di fare una passeggia-ta al parco del WWF che dilaga a tre chilometri da casa sua. Ha inserito nella digitale batterie nuove, caricate per loccasione. Non vuole pi improvvisarsi fotografo, come quando a ventanni girava la citt con la sua Pentax mx, manuale. Aveva comprato una macchina fotografica manuale perch ipotizzava di diventare un fotografo. Credeva di essere un purista dellimmagine, aveva tempo da consumare ed energie da spendere per imparare la giusta esposizione, la combina-zione di tecniche che manualmente, senza automatismi, avrebbe per-messo alla sua creativit di esprimersi. Marco pensava, a ventanni, che la macchina fotografica manuale lavrebbe costretto a imparare lutilizzo costruttivo, creativo e comuni-sta dellimmagine. Comunista, certo, perch nel 1980 essere comunisti era sinonimo di tut-to ci che cera di buono nel mondo. La creativit, la sensualit, la capacit di essere sempre dalla parte dei buoni eccetera, eccetera. Come cantava Gaber, chi era contro era comunista. Leggeva Gramsci, in quel tempo lontano. Gramsci era il padre inarrivabile. Lui avrebbe spiegato con tono sereno come comparare le differenze sociali, trovando una spiegazione alle contraddizioni, una logica nellintegrazione e nella tolleranza. Marco assorbiva la religione comunista, cercava la fede, investiva il proprio tempo. Lo sperperava. Allora non lo sapeva. Lunica cosa veramente importante, lunico suo capitale era il tempo. Il tempo un tesoretto.

  • 10

    Non ti rendi conto dessere ricco fino a quando cominci a vederlo sfug-gire nel vento delle opportunit perdute. Marco alla soglia dei quarantanni non vuole farsi cogliere impreparato. Non perde pi tempo a cercare di imparare tecniche fotografiche da manuale. Ha comprato una splendida macchina digitale, la sua terza per lesattezza. Con questo strumento non c il rischio di sbagliare. Non deve perdere tempo ad acquisire tecniche. Non deve fare corsi serali nelle tristi sale Arci per apprendere larte dellesposimetro. Le immagini sono reali, quando le stampa dalla digitale? Lo zoom reale o virtuale? I colori della realt sono veri o sono inventati dal computer della mac-china? A lui non importa. Intanto ha risparmiato tempo. Tanto non diventer pi un fotografo famoso. Non pi il suo obiettivo prioritario. In realt, il suo obiettivo principale cercare di accettare le quaranta primavere che questa mattina sente interamente sulle spalle. Si guarda allo specchio. Occhi grigi, che nelle giornate di vento si scuriscono fino a diventare neri. Un filo di barba sottile che comincia a ingrigire. Capelli cortissimi, che Anna bada a tagliare regolarmente con un rasoio elettrico, una volta ogni due settimane. Marco alto, possente, leggermente curvo a causa di una crescita trop-po veloce quando era ragazzo, e di un programma di formazione sporti-va non adeguato. Ha mani grandi e braccia forti. Coltiva il suo corpo. E una delle celle quotidiane che deve riempire per procedere al livello successivo. Oggi indossa un giaccone marrone scuro, a coste di velluto grosse. Secondo lui sintona con la giornata primaverile e lo rende pi adatto ai luoghi della campagna che corre sul fiume fra Bologna e Ferrara. In realt anche labbigliamento non la parte preponderante dei suoi pensieri. Indossa quello che capita.

  • 11

    Anna ogni tanto gli compra qualcosa da vestire, quando si stanca di ve-derlo agghindato nello stesso modo per troppo tempo. Marco esce dal portone di casa. Nel giardino davanti a casa il pesco in fiore. C luce e ancora luce a riempire lo sguardo. Marco indossa i ray ban neri per fronteggiare tanto sole. Un vento tiepido e docile scivola sul viso, sul giaccone, muove la corta erba del giardino appena cresciuta, muove i pensieri verso luoghi ina-spettati. E una giornata da film Disney, Marco si aspetta che esca da un camino Mary Poppins con tanto dombrello. Una mattina perfetta. Chi se ne frega se questo il preludio della fine del mondo, pensa, al-meno il mondo finir ubriacato da questo vento sottile, che trasporta polveri infinitesimali che uccidono lentamente. Non c nessuno nella piazza sotto casa. Lunghi camion percorrono la Saliceto verso Ferrara e il Navile veloce di acque pulite e chiare. Certo non pi il Navile che trasportava le merci da Bologna a Ferrara, ma ha recuperato parte della sua antica bellezza. Un piccolo gioiello nella pianura che luomo ha imparato a domare, fa-cendo confluire le acque, quando necessario, in bacini artificiali per evitare le conosciute e tristi alluvioni del passato. Marco rivede le fotografie mentali di quel fiume. Un pezzo di storia emiliana. Respira forte laria umida che si alza dalle acque. Rivede le fotografie in bianco e nero del fiume. Uomini magri, ossuti, stropicciati che, chini sul fiume, da una barca compiono azioni per lui misteriose. Uomini del passato, che si muovevano sulle acque, trasportando carichi da un luogo della pianura allaltro. Uomini magri, sigarette agli angoli della bocca, congelati in fotografie non studiate, in atteggiamenti tanto concreti quanto inimitabili. Fotografie del Navile. Un fiume che scorre sotto casa trasportando il tempo, nello spazio di vite, che Marco non riesce a racchiudere nellimmaginazione. Si sofferma sulla vita transitata da quel luogo e ha come una vertigine.

  • 12

    Rimane affascinato, abbagliato dalle immagini di tutti gli uomini che hanno calpestato la terra che lui adesso attraversa senza esserci nato, senza conoscere la storia di questi luoghi per lui incastonati nel tempo. Questa riflessione attraversa la sua mente. Si ritrova a sorridere. Si ritiene fortunato a essere in questo luogo e tempo. La fatica di migliaia duomini passati da l, per lui, solo lo sforzo di immaginarli e di respirarli in una piccola porzione di luce. Vive in una dimensione che non prevede sacrifici. E consapevole di esser un privilegiato. Cammina lungo il sentiero che porta verso il Parco. La strada bianca di sassi che da giorni non sono bagnati dalla pioggia. Grossi fagiani si alzano a fatica, coprendo piccole tratte in volo, lan-ciando acuti versi contro il cielo. Marco guarda i grossi volatili che goffamente si alzano in volo e capi-sce cosa deve provare un cacciatore nel momento dello sparo. La giornata talmente bella che vorrebbe sentirsi pi leggero, per fer-mare sul suo corpo tutta la leggerezza che gli entra con il vento sotto pelle. Cammina piano verso le antiche risaie, dove conciavano il tabacco e raccoglievano il riso. Rumori indistinti gli arrivano allorecchio. Un lontano abbaiare di cani, canti familiari di tortore, molto lontano il rombo cupo dei tir che attraversano la pianura. Si ferma e comincia a fotografare spazi, animali, nuvole. Le acque scorrono nel fiume, protetto da un fitto canneto verde che cre-sce sui margini. Una nutria si muove in superficie, nuotando a filo dacqua. Sembra un castoro, ma la coda da topo guizza nellacqua e rende lanimale molto simile a un ratto. Marco sinoltra nella campagna costeggiando il fiume. Dalle aziende agricole circostanti arriva forte lodore del letame usato per le concimazioni. Questo odore, mescolato con i profumi primaverili, piacevole per lui. Il letame, lodore del fiume, il profumo del vento. Pensa alle cose perdute, ai colori della citt, al grigio del cemento, alle macchie dellasfalto nel suo lavoro di tutti i giorni. I cittadini non sanno cosa significa vivere in tanto spazio, sotto un cielo aperto e luminoso.

  • 13

    Lui ha vissuto a lungo in citt. Si rende conto del tempo perduto, dello spazio sacrificato, di tutti i profumi che non ha potuto annusare come sta facendo in questo momento. La campagna sembra aperta solo per lui oggi. A perdita docchio solo orizzonte. Sparsi in modo disordinatamente armonioso casolari diroccati, fattorie in disuso, vecchie concerie del tabacco o depositi usati nelle risaie. Sullo sfondo, come un miraggio, sintuisce, sfumato, il sentiero che conduce al parco del WWF e in sottofondo si odono rumori di vento, acuti versi duccelli, altri suoni indecifrabili. Marco fotografa il panorama si sofferma sulle case abbandonate, sugli alberi isolati, sui laghetti artificiali dove le nutrie si tuffano al suo pas-saggio. Improvvisamente entra nel suo mirino fotografico unimmagine diver-sa. Una donna con un cane, a circa cento metri da lui. Si muove veloce, se-guendo un sentiero opposto verso il paese che sorge l vicino. Cammina svelta, quasi trascinata dal cane. Sembra un cane da caccia che ha intuito una preda e ne segue lodore. Marco crede di riconoscere la nuca della sconosciuta. Una sua strana predisposizione, quella per le nuche. Una sorta dintuito che ha scoperto da bambino. Uno di quei talenti inutili, che lo hanno sempre accompagnato. Marco cerca di collegare la silhouette al cane, ma non gli viene in men-te nulla. La donna non sembra averlo visto. Si muove leggera nel vento della campagna. Un sottile impermeabile chiaro si muove con lei. Capelli lunghi, biondi, volteggiano nellaria. Marco la guarda e allontana con imbarazzo unombra di desiderio che si affaccia improvvisamente nei pensieri. Non un desiderio sessuale. E qualcosa di diverso, legato allimmagine della donna. La curiosit di fermare quei capelli fluttuanti, la necessit di interrom-pere quel fluire cos solitario e femminile per sapere dove sta scappan-do e da cosa, in mezzo a una campagna che ha ritmi tanto diversi. E un susseguirsi demozioni che Marco cerca di decifrare in quella donna in movimento.

  • 14

    Lunica azione che gli viene in mente fotografare lei, il cane e la pia-nura alle loro spalle, increspata dacque raccolte in laghetti artificiali, con nubi soffici e venate di rosa che sinseguono nel giorno. Inquadra quel profilo di donna. Con lo zoom virtuale cerca di catturare listante, per poterlo desiderare per sempre. Istintivamente cerca di ripercorrere il tragitto della donna, quasi per so-lidariet con lunica viandante in vista questa mattina. Con passo misurato e cauto, quasi sospeso, giunge in pochi minuti a unintersezione dove un ponticello attraversa una diramazione del Navile per poi andarsi a perdere nei pressi di una fattoria abbandonata. Le cose e le case in abbandono in questa campagna assumono una di-mensione diversa dalle case occupate e fatiscenti della citt. Non sono violate da corpi estranei, da disperati di passaggio o da bande di tossici. Le case, le fattorie, gli spazi in questa porzione di campagna sono anco-ra luoghi misteriosi, con vicende imperscrutabili alle spalle e un futuro incerto. Marco cammina rasente un fosso che finisce nei pressi del casolare ab-bandonato, e intuisce la morte ancora prima di vederne la manifestazio-ne oggettiva. Vede un grosso ratto che sta annusando qualcosa sul ciglio del fosso, ancora in fase desplorazione. Marco detesta i topi. Li trova disgustosamente in sintonia con il decadimento dei grossi cen-tri urbani. Sa che i topi sono ovunque, come gli scarafaggi e linquinamento. Sa che sopravvivranno a qualsiasi olocausto. Li teme perch ha coscienza della loro forza, che nasce da uno specia-lissimo senso dadattamento. Il topo in questione distratto da Marco, che raccoglie un grosso sasso e glielo scaglia contro nella speranza di farlo fuggire. Il topo si allontana, disturbato dallintrusione, ma non appare troppo turbato dallumano appena comparso. Marco rimpiange di non avere al seguito la Beretta dordinanza. Mai e poi mai avrebbe ipotizzato di potere desiderare di essere armato nella sua campagna, per fronteggiare un maledetto ratto, poi.

  • 15

    Cerca intorno a s un ramo robusto o un bastone per difendersi, even-tualmente, da altri animali del genere, ma sembra che quellesemplare sia lunico, forse un esploratore in avanscoperta. In ogni caso non si tranquillizza fino a quando non individua un grosso ramo nodoso, strappato da un albero dal forte vento delle giornate pre-cedenti. Lavora intorno al ramo ripulendolo dai rametti, ne saggia il peso, la consistenza, decide che con tale arma potr fronteggiare qualsiasi tipo di roditore. Rincuorato da tale determinazione ricomincia ad avvicinarsi al luogo in cui era appostato il topo. Marco pensa a un cadavere danimale portato dalla corrente del fiume in questo tratto periferico. Immagina gi il cadavere in decomposizione. Rimane impietrito nello scorgere fra le canne del fosso due gambe ve-stite di un paio di jeans, impregnati dacqua. Ai piedi un paio di scarponcini marrone da trekking. Il busto completamente immerso nellacqua. Non ci vuole un esperto per capire che la persona morta. Marco cerca di controllare il respiro, senza farsi prendere dal panico. Di cadaveri ne ha gi incontrati in vita sua. Fa parte del lavoro. Un agente della polizia municipale alla fine deve farci i conti, con la morte. Lui ha incontrato cadaveri straziati da incidenti stradali, anziani abban-donati in appartamenti desolati, tossici con la siringa piantata nellinguine, nel tentativo di trovare una vena da utilizzare. Morti da citt, annunciate, destini sacrificati e sacrificabili. Marco sa che quando arriva in certi luoghi potr incontrare un cadave-re, un sacco vuoto, ormai, che nella morte perde qualsiasi valenza, se non quella spettacolare che seduce i vari tipi di guardoni che popolano il mondo. Questa morte , al contrario, non annunciata, non voluta, non prevista. E un pugno nello stomaco, una violenta irruzione nei suoi progetti primaverili. Oggi era uscito da casa con il preciso intento di diventare una sola cosa con la natura, per riconciliarsi con il tutto, soprattutto con il proprio corpo.

  • 16

    Ogni progetto, anche il meglio costruito, pu subire una brutale smenti-ta. Marco lo sa bene. Il suo stomaco non regge la delusione per la giornata rovinata. La sua mente non regge lorrore per un cadavere che inaspettatamente ha fatto capolino nel suo orizzonte. Marco vomita la colazione del suo giorno di ferie. Lo fa con professionalit, a diversi metri dal cadavere, per non inquina-re la scena di un possibile omicidio. Cerca quindi di ricomporsi e di mettere insieme i pensieri. Fruga nelle tasche dove trova il suo vecchio Nokia, malconcio ma sem-pre affidabile. Telefono di vecchia concezione. Buono solo per telefonare, schermo in bianco e nero. Privo di fotocamera e di connessione a Internet. Lunica cosa che si pu fare, con il vecchio telefono, telefonare. Ottima ricezione, tastiera semplice e utilizzo immediato. Marco non chiede altro a un cellulare. Non ama lo sfoggio daccessori dei cellulari modernissimi, ultrapiatti. Sono invadenti i telefoni oggi. Ogni volta che si trovato in una situazione incresciosa sul lavoro, ha dovuto fare i conti con lo stronzo di turno che si sentito in diritto di riprenderlo mentre cercava di mettere le manette a un malintenzionato, o mentre cercava di calmare un ubriaco o placcare un venditore abusi-vo. I cellulari in questi casi diventano strumenti in mano al primo cittadino che si sente il diritto di decidere la qualit del tuo approccio professio-nale, per poi veicolare le immagini rubate dove meglio crede, su youtu-be o in qualche trasmissione scandalistica. In questo istante Marco benedice la forza dellabitudine che lo ha spinto a infilare meccanicamente il cellulare nelle tasche del suo giaccone. Ringrazia che ci sia campo in questo luogo, lontano dal paese almeno due chilometri. Cerca nella rubrica il numero di cellulare del Maresciallo Prencipe, suo amico e comandante della locale stazione dei carabinieri. Il cellulare di Prencipe suona libero. Marco ringrazia il patrono dei vigili in vacanza. Marco Belli, come stai? Stavo pensando a te, alle tue benedette tigelle e alle mie bottiglie dalbana che stanno accumulando polvere in canti-na.

  • 17

    La voce di Prencipe profonda e calda come la terra che lo ha generato. Pugliese di nome e di fatto, orgoglioso delle sue origini, dellaccento e della forza che traspare dalla sua voce. Il tono di Marco pi incerto. Maresciallo, non parliamo di mangiare, non ora che ho appena vuotato lo stomaco. Mi dispiace dessere io a dirtelo, ma davanti a me c un cadavere, ma-schile a occhio e croce, e mi faresti una cortesia personale se ti attivassi per constatarne la morte. Una pausa di sospensione sancisce la drammaticit della situazione. La morte accettabile solo quando sincontra in percorsi previsti. Prencipe, uomo di grande esperienza, deve semplicemente accettare lincommensurabile capacit della morte di manifestarsi nei momenti e nei modi pi inaspettati. Prencipe conosce la morte. Lha vista da vicino, in Jugoslavia prima, in Irak dopo. E sempre uguale. Ha una sua determinatezza, tanto agghiacciante quanto ripetitiva. Impiega due secondi per mettere insieme i pensieri. Dove sei? Chiede serio. Marco si guarda intorno e cerca punti di riferimento. Sono vicino alle vecchie risaie, al cascinale in abbandono, parallelo al sentiero che porta al parco del WWF. Entra nel sentiero principale, ap-pena ti vedo mi faccio sentire. Trascorre un altro secondo. Non toccare nulla, adesso arrivo. Mormora Prencipe. Non ti preoccupare, sono anchio un appassionato di C.S.I. In ogni caso puoi fidarti. Sono pur sempre un agente di polizia giudizia-ria. Mi fido di te risponde Principe Sai, a volte la tensione gioca brutti scherzi. Fra dieci minuti sono l. Trascorrono altri secondi, poi Prencipe piano sussurra: Sei armato Marco? Marco non capisce il senso della domanda. No, perch dovrei essere armat Capisce immediatamente dove vuole andare a parare lamico. Ascoltami bene inizia Prencipe.

  • 18

    Nuovo piano. Adesso ti avvicini al cadavere e, muovendoti il minimo indispensabile, gli tasti la parte del corpo che esce dallacqua e mi co-munichi cosa ne pensi della sua temperatura. Marco vorrebbe essere ovunque in questo momento, in fila in autostra-da causa incidente mortale, sotto il trapano di un dentista, sotto la piog-gia a dirigere il traffico, non qui a tastare cadaveri. Senza dire altro si avvicina al corpo della persona che esce dallacqua e, cercando di non pensare che sta per toccare un morto, si abbassa e ap-poggia il palmo della mano destra al polpaccio del cadavere. Il corpo ancora tiepido sussurra Marco al telefono. Bene risponde Prencipe. Se quella persona stata uccisa, il suo assassino potrebbe essere l, na-scosto. Devi prestare attenzione! Marco si allontana, indietreggiando dal corpo. Si alza, uscendo dalla scena del probabile delitto. Questa sicuramente una situazione nuova per lui. La sua giornata di ferie. Lo spazio della riflessione e della solitudine desiderata, fra poco si riempir di voci e di rumori sgradevoli. C di pi. C dellaltro. Potrebbe essere in pericolo. Mi hai sentito? urla nel telefono, il maresciallo Prencipe. Ti ho sentitoti ho sentito sussurra rassegnato Marco. Tu vedi di sbrigarti e di venire qua, ora! supplica Marco con tono al-larmato. Mi sto gi muovendo. Chiamer la scientifica di Ferrara e il magistra-to strada facendo. Quindici minuti al massimo e mi vedrai comparire allorizzonte. Marco chiude la comunicazione e si ritrova solo nella campagna, in compagnia di un cadavere ancora caldo. Morto morto di sicuro, salvo che non riesca a respirare sottacqua. Marco non un eroe, si ritiene una persona normale con un concetto di paura relativo alle situazioni in cui si trova. Ora ha paura. E solo, disarmato, vicino a un cadavere fresco di giornata. Unica fugace apparizione stata la bella bionda allorizzonte, scompar-sa ormai dal suo campo visivo ma non dalla sua digitale.

  • 19

    Marco fotografa il polpaccio del cadavere, la scena del dramma, conti-nuando a guardarsi intorno con circospezione. Si allontana dieci metri dal perimetro del possibile delitto. Nessuno pu inquinare la scena, tranne lui. La paura maggiore quando non sai se la minaccia concreta, quando non sai in cosa consiste, da dove arriver e in quale modo si manifeste-r. Marco sta sudando freddo, sente la bocca asciutta, il cuore che pulsa veloce nelle vene. Avverte una sensazione di vuoto allo stomaco come quando doveva af-frontare la Sturlese, terribile insegnante di matematica. Donna in realt amabile a suo modo, con lunica colpa di insegnare una materia per lui incomprensibile. In questo momento in balia degli elementi esterni. Conta sul suo me-tro e novanta daltezza, sulla sua stazza. Un uomo normale potrebbe temerlo. Sa che ci sono uomini che non hanno paura di nulla. Specialmente se hanno gi ucciso. Se hanno qualcosa da perdere e vedono davanti a s un possibile osta-colo alla loro possibilit di fuga. Marco pensa in fretta, cerca di respirare profondamente per allontanare lansia che lo attanaglia. Cerca di fare il disinvolto, di non apparire sconvolto. Un osservatore attento non si farebbe ingannare dal suo maldestro ten-tativo di dissimulazione. Sono trascorsi sette minuti e non accade nulla. La natura intorno , come al solito, ignara degli accadimenti umani, dell insana volont dell uomo di rovinare un habitat perfetto come questo. Marco pensa a questo fatto, alla sua giornata definitivamente rovinata, al progetto di fotografare la campagna, di pensare se stesso in un giorno programmato da tempo. Pi ci pensa, pi si arrabbia. La paura, che lo ha dominato fino a quel momento, lascia il campo a un improvviso odio nei confronti di chiunque abbia deciso di uccidere o morire nel suo tempo libero. Pensa al cadavere e lo maledice a denti stretti. Non gli frega niente, in questo momento, della sua storia personale, dei figli che non rivedr, dei debiti che lascer inevasi, della donna che lo sta chiamando invano.

  • 20

    Pi che con il morto Marco arrabbiato con leventuale omicida. Come si permesso costui di infrangere il delicato rapporto che Marco ha instaurato con questa campagna depressa, che solo da poco tempo si deciso ad amare a frequentare? Adesso si guarda intorno con altri occhi, arrabbiati. Il suo sguardo di sfida. Vieni fuori, bastardo, vieni a finire il tuo lavoro, fatti vedere vigliacco, che ti ammazzo con le mie mani! Urla queste parole in una campagna che, per un secondo, sembra zittirsi per cercare di interpretare la quotidiana follia degli uomini. Un fagiano, spaventato dalle sue grida, si alza in volo con un rumoroso battere dali, lanciando il suo consueto grido sgraziato. Fugge cento metri pi a sud. Marco osserva il fagiano, pesante e grasso, protetto dalla caccia degli uomini in questo territorio. Fa scorrere lo sguardo a trecentosessanta gradi intorno a s ed esplode in una sonora risata, che riecheggia in tutta la campagna. Si guarda le mani, tremanti. Il cuore ricomincia a battere a un ritmo normale. Il respiro tornato regolare. Sono proprio un cretino pensa fra s e s. In quel mentre compare la campagnola dei carabinieri che con le sue luci azzurre annuncia che la realt pu andare in scena. La morte pu essere svelata.

    *** Marco seduto nellufficio del Maresciallo Prencipe. Lufficio al centro della piccola caserma di paese. La caserma davanti alla sede del Comune, sulla strada principale che taglia la pianura. La stanza del Maresciallo senza tempo. Marco solo. Prencipe sta svolgendo i suoi compiti, impartendo ordini a destra e a manca. Marco lo attende quieto, seduto sulla sedia. Lui testimone dei fatti. Il Maresciallo dovr raccogliere dalla sua viva voce sommarie informa-zioni, poich lui stato il primo uomo che ha visto il cadavere.

  • 21

    Marco guarda la faccia stanca del Presidente della Repubblica, appesa a due metri da terra, alle spalle della scrivania. La faccia del suo Presidente. Il Presidente di tutti noi, pensa Marco. Presidente di che? Un uomo anziano, vissuto di politica, in un paese che la politica la usa con la stessa eleganza con la quale distrugge i litorali con la specula-zione edilizia. Il Presidente triste. Il paese un corollario danziani presidenti tristi. Unica eccezione che gli affiora alla memoria, la faccia arcigna e riso-luta di Pertini. Pertini stato davvero il Presidente di tutti gli italiani. Lo rivede sugli spalti di uno stadio a gioire per lItalia campione del mondo. Sulla fossa di Vermicino, a esprimere langoscia di milioni ditaliani che non potevano salvare il bambino caduto nel buco. Il sole entra dalla finestra dellufficio che si affaccia sullorto della ca-serma. Unimponente ragnatela campeggia nello spazio fra le imposte di legno, intaccate dal tempo, e il vetro della finestra. I muri dellufficio di Prencipe hanno il colore del tempo. Sono dipinti di quello strano colore giallo ocra delle caserme di tutta Italia. Sono lavabili fino a un metro e mezzo daltezza, con quella porosit li-scia al tatto, tipicamente italiana, che a Marco ricorda lasilo, la scuola elementare, la caserma del suo anno di naia e i corridoi del pronto soc-corso. Architettura italiana, arredi per tutte le stagioni, colori per tutte le situa-zioni. In ogni luogo storico, dove lo Stato ha messo la mano, ha lasciato que-sta sua affettuosa impronta stilistica. Marco si sente a casa, seduto davanti alle pareti di questo spaccato dItalia. Ha la sua digitale fra le mani. Rivede larrivo convulso dei militari sul luogo del delitto. Rivede i carabinieri che delimitano il terreno con paletti e nastro colora-to. E rimasto fino allarrivo del medico legale.

  • 22

    Ha visto da vicino i tecnici della Scientifica arrivati da Ferrara con i lo-ro completi bianchi, le macchine fotografiche, i cartellini a indicare se-gnali per lui invisibili, trovati sul terreno. Una scena da film. Il film della sua giornata naufragata miseramente. E arrivata anche una rete locale, a un certo punto, con un giornalista grasso, sudato e leggermente ubriaco che si avvicinato a lui e, alitan-dogli in faccia un pessimo alito vinoso, gli ha chiesto cosa avesse visto. Marco non gli ha neanche risposto, confuso dalla moltitudine di perso-ne, dai rumori indistinti e dallimmagine di quel cadavere, che usciva dalle acque sollevato con delicatezza da uomini scrupolosi che con at-tenzione cercavano sul suo corpo segni rivelatori. Marco ha guardato il volto del morto. Un volto che aspettava di vedere. Il viso ci che noi cerchiamo nelle persone. Sono balle quelle che gli uomini raccontano. Gli uomini, bestie addomesticate. Parlano di tette, culi e gambe. Parlano e ruminano gli uomini. Ogni uomo cerca il volto del suo simile. Ogni maschio cerca gli occhi della donna. Gli occhi ti diranno se tu puoi o non puoi amare un volto, un viso. Sprofondare nei visi, negli sguardi degli altri. Gli italiani sono professionisti in questarte. Li chiamano latin lover. Sono solo animali. Nel migliore senso della parola. Passeggiare in una strada italiana, significa incontrare gli sguardi. La gente. Gli uomini. Le donne. I cani italiani. Tutti guardano negli occhi. Gli italiani sono fatti cos. Si apre lenta la porta dantico legno dellufficio. Si apre bene senza fare rumore. Entra lappuntato Felice, con la Moka fumante in una mano e un vasso-io dacciaio sbiadito nellaltra.

  • 23

    Sopra il vassoio sono collocate due tazze spaiate, che ospiteranno il caf-f Kimbo. Nelle caserme della pianura padana va per la maggiore. E magro e ossuto lappuntato Felice. Occhi e capelli neri come lebano. Una pelle che sembra bruciata dal sole, tanto scura, due baffi stirati sotto un naso, lungo, esitante, leggermente storto. Sorride Felice, mentre appoggia il caff sopra la scrivania di legno macchiato del Maresciallo. Marco, che mi combini? Proprio a te doveva capitare di incontrare un morto? Ridacchia Felice, che conosce Marco come persona schiva, che non ama mettersi in mostra, essere in primo piano e soprattutto rimanere confinato in spazi per troppo tempo. Marco guarda lappuntato Felice. Il suo sguardo sognante, perso nelle pieghe dei colori, di questo spac-cato dItalia dimenticata. Si riscuote. Appuntato, hai poco da prendere in giro, avrei voluto che ti ci fossi trovato tu in quella campagna con le gambe del morto che uscivano dallacqua. Felice non riesce a trattenere il sorriso, immaginando lamico da solo, di fronte allinevitabilit della morte. Bevi un caff. Adesso Prencipe arriva e in poco tempo puoi tornare ai tuoi affari. Marco si versa il caff nella tazza grande che Felice gli ha portato. Una tazza da caffelatte, grande, marrone e leggermente sbrecciata. Mescola piano, sente la fatica anche in quel gesto. Ladrenalina si insinuata nei muscoli delle braccia, diventata acido lattico, adesso gli provoca un noioso indolenzimento a tutti i muscoli. Lappuntato Felice esce di scena ed entra finalmente Prencipe, riem-piendo lufficio con il profumo forte e pungente della sua acqua di co-lonia. Un profumo che sa di buono, di pulito. Profumo di uomini che si fanno la barba la mattina, prima di indossare una divisa o un qualsiasi indumento di lavoro. Prencipe licona del Maresciallo. Alto uno e ottanta. Spalle larghe, robuste.

  • 24

    Baffi scuri sotto un naso volitivo, occhi verdi, intensi, vivaci sotto a una testa di capelli cortissimi. Quarantanni portati splendidamente, una vita fra Stazione di paese e una moglie scura e soda come lui che gli ha donato due figli che stanno terminando le scuole medie. Prencipe d una pacca affettuosa sulla spalla di Marco e va a sedersi dalla sua parte della scrivania. Il ponte di comando del Capitano della nave. Mescola il caff con vigore. Lo annusa rapito, con gli occhi socchiusi per un istante. Felice poche cose sa fare, il caff una di queste. Sorseggia piano, come se dovesse centellinare una bevanda divina. C solo lui, il caff e il piacere di gustarselo in questo momento. Marco invidia lamico che riesce in ogni momento della sua giornata a non dimenticare che tutto si mescola, morte e vita, lavoro e piacere, caf-f e silenzi. Bene, caro Marco, ci siamo spaventati un poco oggi. Limportante questo momento, io e te, come sempre, che possiamo parlare di ci che accade. A proposito, che hai visto? Marco ascolta lamico, intanto guarda la luce che entra in quello spazio, ingombro di mobili che qualcuno ha appoggiato in quel luogo, sapendo che un giorno l sarebbero arrivati i carabinieri. Non ho visto nulla oltre a ci che ti ho gi raccontato. Le parole escono fluide, come a seguire i pensieri. Marco guarda lamico, il maresciallo capo, listituzione, il potere prima dogni potere in un paese come il loro, ai confini con il nulla. Prencipe lo guarda con occhio sornione. Sei sicuro Marco? Non hai visto nulla, una persona lontana, un rumore sospetto, un qualsiasi segno di vita insomma. Apre un cassetto Prencipe ed estrae un pacchetto verde di tabacco, con lentezza comincia ad arrotolarsi una sigaretta con tabacco Golden Vir-ginia. Tu non fumi pi, vero Belli? Sorride il maresciallo, e intanto lecca la cartina per congiungere i lembi della carta attorno a un mucchietto di tabacco inglese. Lo sai che ho smesso Antonio, a volte mi chiedo se tu non sei un ma-ledetto diavolo tentatore nascosto dalla tua benedetta bandoliera vuota.

  • 25

    Ride Prencipe, con una risata profonda, contagiosa, potente. Tu dovresti scriverle certe minchiate, Marco, finiresti per diventare famoso. Marco lo guarda. Pensa a quellimmagine, fissata nella memoria della macchina fotogra-fica, stampata nella sua memoria, appiccicata allo stomaco. Pensa alla bionda, evanescente immagine che si allontana veloce con un cane da caccia nella luce fine del mattino. No, Antonio, non cera nessuno nel raggio di chilometri. Solo io e il morto. Marco esce nel sole del primo pomeriggio dalla Stazione dei carabinie-ri. Ha terminato di rilasciare sommarie informazioni al suo amico Prencipe e adesso, leggermente barcollante, attraversa la provinciale che scorre in mezzo al paese. La vita ha ripreso il normale ritmo quotidiano. Nessuno sembra essere rimasto sconvolto dalla morte misteriosa che piombata a pochi chilometri dal paese. Prencipe gli ha promesso che lo terr aggiornato sugli sviluppi. Appena giunto a casa entra in cucina e controlla le provviste. Dopo la tensione adesso gli tornato un appetito aggressivo. Stomaco vuoto per ore. Il colloquio con il maresciallo. Le omissioni. Marco non ha mentito. Ha tralasciato deliberatamente un fatto. Lui sa che ha omesso un dato importante. Lui un agente di polizia giudiziaria. Lavora a Bologna. A causa dei paradossi italiani, solo a Bologna pu dichiararsi poliziotto. Marco si sempre chiesto che cosa diventa, quando esce dal comune in cui ha la nomina dagente. Torna a essere un cittadino normale? Perde i superpoteri? Da agente della municipale a semplice coglione. Gli piacerebbe chiarire questo punto con il legislatore, con le ciurme damministratori locali, con qualche sindaco e magistrato arrogante. Alla fine se ne frega.

  • 26

    Qui a casa sua soprattutto se stesso. Inoltre nessuno lo pu stressare con richieste di favori o regalie. In fin dei conti meglio cos. Si siede davanti alla televisione. Accende sulla rete locale che sta parlando del misterioso ritrovamento di un cadavere nel Navile. La rete locale arriva, come al solito, prima di chiunque ad avere le pri-me indiscrezioni. Luomo, della presumibile et di trentacinque anni, morto per anne-gamento. Solo lautopsia potr stabilire se luomo caduto nel fiume o se stato gettato. Il cadavere stato trovato da un vigile urbano che vive in paese Marco sorride. Vigile urbano tua sorella quella zoccola. Marco uno dei pochi che non sopporta essere ancora definito in quel modo. E dal 1986 che non ci chiamiamo pi cos, ma per tutti, giornalisti in primis, continuiamo a essere delle guardie comunali. Marco mastica vorace il casatiello che la madre di Anna cucina a Pa-squa. Un piatto napoletano che adora. Il casatiello uno dei piatti tipici della tradizione pasquale napoletana in particolare e meridionale in generale. Il termine casatiello deriva da caso che in napoletano significa formaggio e, in effetti, nel casatiello c una cospicua quantit di formaggio. Non c solo formaggio. Ci sono uova sode, salame piccante, e tante altre delizie, tutte allinterno di questa ciambella salata fatta con farina, strutto, acqua. Unora di forno e dodici ore per digerirlo. Marco mastica tutte queste minacce per la salute e la dieta. Beve un bicchiere di Trebbiano per favorire la digestione di questo a-mico del colesterolo, e rimane una mezzora sul divano a meditare da-vanti alle notizie di Sky. Lui probabilmente conosce la ragazza del fiume. Non ha voluto coinvolgerla. Una sorta distinto protettivo inspiegabilmente scattato. Ha pensato che potesse sbagliare e coinvolgere una persona che in real-t non era l.

  • 27

    Nel dubbio ha preferito nascondere intenzionalmente questa verit a Prencipe. Adesso gli sorge un dubbio. Lui andato a sbattere contro quel cadavere inseguendo un percorso indotto dallimmagine in movimento della ragazza. C la possibilit che la ragazza stesse provenendo dal luogo del ritro-vamento. E una possibilit relativa, ma non pu scartarla. Gli rimane solo una cosa da fare. Andare dallunica persona che pu risolvere i suoi dubbi. Guardarla in faccia, chiederle se era lei in quella campagna, cosa ci fa-ceva, trascinata da un cane. I dubbi sinseguono nella sua testa. Marco si sposta nello studio. Accende la console della play station e fa partire il suo gioco preferito. Oblivion. Marco ama i giochi. Appena ha potuto, si comprato un personal computer. In seguito ha scoperto che con il computer si poteva giocare. Non si ancora stancato di giocare. Da un anno ha scoperto la Play Station due. Pi semplice del Computer. Quando stanco, stressato e ha una mezzora da perdere, si lascia pos-sedere dai suoi giochi. Si manifesta sul monitor lcd, nuovo di zecca, venti pollici, un mondo impossibile da trovare in natura. Oblivion il sogno per eccellenza. Un mondo vastissimo in cui muoversi, pieno di boschi, montagne, cavalieri, orchi e damigelle da salvare. Marco chiaramente un cavaliere che deve cercare tesori, verit nasco-ste, risolvere enigmi. Si muove per centinaia di chilometri senza spostarsi dal suo studio. Come Salgari, esperimenta universi improbabili senza doversi muovere da casa sua. Limmaginario virtuale lo appaga, uno dei premi che si concede quando nella sua giornata ha sbloccato tutti i livelli obbligatori. La sua vita come un gioco virtuale, nel quale simpone livelli da supe-rare, il lavoro, le commissioni familiari, lo sport, la lettura. Quando ha fatto tutto ci che ritiene obbligatorio si concede dei premi.

  • 28

    Il gioco, il tempo vuoto, il sogno. La vita con Anna a met fra il premio e i livelli da sbloccare. Lamore a volte gioco, a volte impegno. Oggi non riesce a distrarsi neppure con Oblivion. Cammina nervosamente per casa. Dovrebbe confidarsi con qualcuno. Lunica persona di cui si fida Anna. Questa volta non pu aiutarlo. Dovrebbe spiegarle perch conosce la ragazza. Non capirebbe. Anna gelosa come solo una donna del sud sa essere. E gelosa in modo definitivo. E integralista come un terrorista islamico. Se sinsinua in lei un sospetto, pu diventare una paranoia e trasformar-si in una catastrofe. Marco si rende conto che dovr omettere anche a lei qualche informa-zione. E solo questa volta. Da solo deve muoversi, per capire se i suoi sono sospetti infondati o se la ragazza del fiume colei che pensa. Non riesce a rilassarsi. Deve decidere cosa giusto fare. La sua morale personalissima. Rispetta regole tutte sue. Marco si ritiene uomo di legge, con unoriginale concezione della giu-stizia che nasce dalla consapevolezza delle molteplici interpretazioni che gli uomini danno, in questo paese, al concetto dequit. Decide di bere un bicchiere di trebbiano. Lunico sedativo che in questo momento pu aiutarlo a comprendere meglio il vortice confuso dei pensieri. La giornata iniziata in maniera tumultuosa. Ha avuto ritmi aggressivi, un epilogo inaspettato. Tutti questi accadimenti piombano come un macigno sulle sue spalle e insieme al vino cominciano a provocare in lui un leggero torpore. Marco un amante della pennichella pomeridiana, attivit che ha sem-pre coltivato fin dalladolescenza. Parentesi delicata, durante la giornata. ...CONTINUA...

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