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IV°Seminario di approfondimento su «scienza e teolo gia » SCIENZA E TEOLOGIA: LE RAGIONI DI UN CONFLITTO, LE POSSIBILITA’ DI UN INCONTRO Febbraio - Marzo 2010 La religione cristiana e la scienza moderna: ragioni di un incontro Paolo Vidali

La religione cristiana e la scienza moderna: ragioni di un ... · I pregi della sintesi tomista: unicità di metodo nell’indagine filosofica, teologica e naturale, un solo ordine

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IV°Seminario di approfondimento su «scienza e teolo gia »SCIENZA E TEOLOGIA:

LE RAGIONI DI UN CONFLITTO, LE POSSIBILITA’ DI UN INCONTROFebbraio - Marzo 2010

La religione cristiana

e la scienza moderna: ragioni di un incontro

Paolo Vidali

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Paolo Vidali Cristianesimo e scienza moderna 2

Il concetto di paradigma

� Per Kuhn, la scienza è il terreno di scontro tra grandi sistemi di riferimento concettuale chiamati “paradigmi”, che forniscono nozioni, procedure, problemi, tecniche, valori accettati da una comunità di scienziati e riprodotti al proprio interno.

� Il paradigma è costituito dalle nozioni di base con cui si articola una scienza e, al di là di un’oscillazione semantica, in fondo giustificata proprio dalla necessità di definire una nuova categoria interpretativa.

� Esso consiste in una visione del mondo, storicamente determinata e condivisa da una comunità di scienziati, in grado di:

� fissare la lista dei problemi verso cui indirizzare la ricerca� fornire le tecniche e le strategie di base per la soluzione di tali

problemi (o rompicapi, come li chiama Kuhn), � determinare le procedure di verifica sperimentale, � impostare la formazione dei futuri scienziati.

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Il concetto di paradigma

� La storia della scienza e cambiamento paradigmatico� La scienza “normale” è la fase dell’attività scientifica che mira a

risolvere anomalie, cioè difficoltà emerse nell’esercizio della ricerca scientifica interna al paradigma vigente utilizzando glistrumenti messi a disposizione dal paradigma.

� Se tentativi di questo tipo falliscono, anzi si amplificano le difficoltà a risolvere il problema con gli strumenti messi a disposizione dal paradigma, può accadere che si passi a una fase“straordinaria” della ricerca, in cui si arriva a ipotizzare delle modifiche al paradigma. Data la natura integrata e sistematica delle nozioni, delle tecniche, delle assunzioni teoriche fondamentali inscritte nel paradigma, la modificazione di una sua parte spesso porta alla sua complessiva ridefinizione.

� E’ in questa fase che nascono discussioni e rotture tra sostenitori di diverse teorie, alcune interne al paradigma, altre esterne, e da questo travaglio può emergere un corpus teorico che si candida a sostituirsi al paradigma precedente, determinando un nuovo paradigma. E’ accaduto così nel passaggio dalla fisica aristotelica a quella galileiana, dal sistema tolemaico a quello copernicano,dalla teoria del flogisto alla chimica di Lavoisier, dalla fisica classica a quella moderna.

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Scienze e religioni nel paradigma

� Sia l'indagine scientifica (formale o naturale) sia la religione sono processi culturali interni ad un sistema di coordinate che richiede una coerenza, o almeno una compatibilità.

� Il cristianesimo e la scienza sono fattori convergenti, ma non univocamente determinanti, nella costruzione dei sistemi culturali che li ospitarono.

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Scienze e religioni nel paradigma

� Ne è un esempio il concetto di finito-infinito. Se nel pensiero antico fosse stata ammessa l'idea di un’infinità spaziale del mondo, o anche solo di Dio, ne sarebbe derivata l'impossibilitàdi una gerarchia ordinata (mancherebbe un centro):

� tale era, invece, una condizione portante del sistema cosmologico vigente, un vincolo paradigmatico.

� Per questo l'infinito venne sterilizzato in senso astratto (cioé solo matematico) o declinato solo in senso temporale, non ponendo il concetto di eternità nessun problema di ordine.

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Il cristianesimo e la visione premoderna di scienza

� L’adattamento platonico del cristianesimo (Agostino, scuole monastiche)

� L’adattamento aristotelico (a partire dal XIII sec) le condanne (1270, 1277) e la rielaborazione tomista

� I pregi della sintesi tomista: � unicità di metodo nell’indagine filosofica,

teologica e naturale,

� un solo ordine materiale-spirituale,

� una finalità intrinseca alla natura e agli enti…

� Integrazione di teoria e esperienza

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La scienza moderna galileiana

Quali sono gli assi portanti della concezione galileiana di natura e di scienza?

1. La prima e più importante è che la natura agisce in modo uniforme, si comporta, tanto nei cieli quanto sulla Terra, con una regolarità che l’uomo può conoscere. Potremmo dire che questa è la premessa di ogni progetto scientifico di indagine sulla natura. Ma, nel caso di Galilei, è una premessa che va ribadita perché, per la dottrina aristotelica, la concezione fisica dei moti terrestri possedeva sì un ordine ma non una regolaritàparagonabile a quella celeste.

2. Su questa base tutta la descrizione fisica può avvalersi della matematica, cioè di un linguaggio teorico che, fino ad allora, era stato riservato solo alla descrizione dei moti celesti, gli unici ritenuti così perfetti e regolari da poter essere tradotti in espressioni matematiche.

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La scienza moderna galileiana

3. la matematica è il linguaggio originario con cui è descrivibile la natura: cercare di comprenderla dipende dalla nostra capacità di conoscerne i caratteri, cioè “triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche” poiché la conoscenza matematica è la sola nella quale l’uomo raggiunge un sapere paragonabile a quello divino. L'uomo conosce in modo processuale e parziale, Dio intuitivamente e globalmente, ma nel caso delle dimostrazioni matematiche, la necessità cui giunge l'uomo è uguale a quella cui giunge Dio.

4. Tutto ciò permette di operare uno spostamento decisivo: la conoscenza naturale non deve “tentare le essenze”, cioèricercare le forme aristoteliche, ma concentrarsi sugli aspetti matematizzabili della realtà. In un passo de Il Saggiatore (1623) Galilei ne fornisce l’elenco: figura, grandezza, spazio, tempo, moto, numero. Sono queste le qualità primarie, oggettive, indipendenti dall'osservatore e, per questo, diverse dalle qualità secondarie (sapore, odore, colore …) che attribuiamo ai corpi solo attraverso la mediazione di un osservatore: infatti, “rimosso il senziente”, esse spariscono.

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La scienza moderna galileiana

Tali aspetti si individuano e si colgono con un approccio metodologico preciso (anche se non tematizzato):

1. sospendere il principio di autorità: il richiamo a testi autorevoli serve fino a quando non entra in contrasto con il senso e la ragione.

2. La seconda regola è limitare l’indagine ad alcuni ambiti definiti, senza la pretesa di estenderla alle cause ultime o alle essenze. Questo richiamo, forse poco “filosofico”, serve in realtà come un principio di economia della ricerca: se per spiegare il moto di un corpo non serve ricorrere alla sua tendenza naturale, cioè per esempio alla sua natura terrigna piuttosto che umida, tale indagine va esclusa, per “limitarsi ad alcune affezioni” di cui possiamo avere conoscenza certa. Tali affezioni sono, principalmente, le qualità primarie del corpo e la regolarità del suo comportamento fisico.

3. La terza regola consiste nell’avere “sensata esperienza” di ciò su cui si indaga. Galilei accentua, in molte occasioni, la necessità di riferirsi a casi e fenomeni sottoponibili ad osservazione e invoca questo esperienza come un criterio per dirimere le contese scientifiche.

4. La quarta regola è averne certa dimostrazione. I dati osservati devono scaturire dall’ipotesi su cui si sta lavorando, cioè venir dimostrati a partire da essa. La loro misura deve quindi confermare per via empirica quanto la dimostrazione matematica aveva previsto.

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La scienza moderna galileiana

5. Ma la natura non sembra presentare la stessa precisione dell’oggetto matematico. Qui entra in gioco la capacità dello scienziato di ricondurre il dato osservativo alle qualità primarie. Per riconoscere in concreto gli effetti dimostrati in astratto bisogna che lo scienziato “difalchi [cioè tolga] gli impedimenti della materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno aggiustatamente che i computi aritmetici”. G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 1632, in Le opere di Galileo Galilei, v. VII, Barbera. Firenze 1968, p. 234.

6. L’ultima regola è piuttosto un invito, quello ad unire scienza e tecnica, utilizzando a pieno titolo il potenziamento dell’esperienza operato dagli strumenti. Galilei rompe definitivamente infatti il cosiddetto “tabù del naturale”, sostenendo che il potenziamento dei sensi attraverso lo strumento non solo non compromette il risultato dell’osservazione, perché ne altera la naturalità, ma al contrario lo completa e lo potenzia. Anche per questo in Galilei si assiste ad un consapevole passaggio dall’esperienza all’esperimento. Esso consiste in osservazione organizzata dalla ragione, che cerca di eliminare quanti più fattori di disturbo possono interferire con la verifica sperimentale dell’ipotesi.

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Cristianesimo e newtonianesimo

� Studi sulla filosofia della natura di Newton (McGuire 1968, Heimann 1973) hanno mostrato che egli stesso e i suoi discepoli ritenevano opportune presentare le leggi di natura come dipendenti dal continuo intervento del volere divino

� Un esempio di come le leggi del moto di Newton fossero interpretate come una conferma della dottrina cristiana della creazione viene da Richard Bentley, nel testo delle Boyle Lectures, pubblicate nel 1662, così come è su questa linea la posizione di William Paley.

� Una delle principali caratteristiche della vita intellettuale britannica, dalla fine del XVII sec. agli inizi del XVIII fu la tendenza degli apologisti anglicani ad utilizzare i Principia di Newton per:� spostare l’attenzione sulla teologia naturale rispetto alle

controversie tematiche della Bibbia� enfatizzare il ruolo della ragione piuttosto che favorire il

carattere trascendente della rivelazione divina� il concetto di gravità accentuava l’opera della divina

provvidenza senza cadere nel monismo o nel dualismo.

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Cristianesimo e newtonianesimo

� Newton MSS ADD 3970 c 619

� Attraverso quali mezzi i corpi agiscono l’uno sull’altro a distanza? Gli antichi filosofi che credevano negli atomi e nel vuoto attribuivano gravità agli atomi senza dircene i mezzi, a meno che questi non risiedessero forse in figure: come chiamando Dio Armonia e rappresentando lui e la materia col dio Pan e la sua zampogna, o chiamando il Sole la prigione di Giove perché tiene i pianeti nei loro orbi. Donde pare che sia stata antica opinione che la materia dipende da una divinità per le sue leggi del moto oltre che per sua esistenza... Queste sono leggi passive e affermare che non ce ne siano altre equivale a parlare contro l'esperienza. Noi abbiamo infatti in noi stessi un potere di muovere il nostro corpo col nostro pensiero. La vita e la volontà sono princípi attivi con i quali noi muoviamo il nostro corpo, e di qui scaturiscono altre leggi del moto a noi ignote.

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Cristianesimo e newtonianesimo

� E poiché tutta la materia debitamente formata èassociata a segni di vita e tutte le cose sono costruite con perfetta arte e sapienza e la natura non fa nulla invano; se ci fosse una vita universale e tutto lo spazio fosse il sensorio di un essere pensante che con la sua immediata presenza percepisse tutte le cose in esso, come ciò che in noi pensa ne percepisce le immagini nel cervello: queste leggi del moto scaturenti dalla vita o dalla volontàpotrebbero avere estensione universale. Ad alcune di tali leggi gli antichi filosofi sembrano avere alluso quando chiamarono il Dio Armonia ed espressero il suo modo di muovere armonicamente la materia col dio Pan che suona la zampogna, e attribuendo una musica alle sfere stabilirono che le distanze e i moti dei corpi celesti fossero armonici e rappresentarono i pianeti con le sette corde dell'arpa di Apollo. � (MSS ADD 3970 in Jacob 191)

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Una spiegazione teologica

� Aristotele aveva affermato che un uomo possiede potenzialmente la virtù, ma diventa virtuoso soltanto mettendo in pratica atti morali. La teologia medievale aveva adottato questa premessa, e spiegava in che modo la grazia collaborasse con la natura, la portasse a perfezione e rendesse possibile la salvazione.

� Nel pensiero protestante predominava invece la concezione opposta. Secondo i riformatori ogni impegno teso a perfezionare la natura umana per la salvazione era basato su di una sopravvalutazione della capacitàumana e una sottovalutazione della grazia divina.

� "Il lettore perspicace ha forse già anticipato il fatto che i filosofi meccanicisti sostennero la stessa argomentazione contro la concezione aristotelica della natura. Laddove Aristotele riconduceva i mutamenti che avvenivano nel mondo all'inclinazione delle cose alla perfezione, i meccanicisti ritenevano che egli desse troppa importanza alla natura, e troppo poca a Dio, e sostenevano contro Aristotele che la natura non dava alcun contributo alla propria formazione e al proprio sviluppo. Essa non era dunque un'entità capace di alcuna facoltà o finalità al di fuori di quelle dovute a Dio. Attribuire facoltà autonome e fini al mondo, come aveva fatto Aristotele, era una falsificazione antropomorfica della natura e una diminuzione del ruolo particolare di Dio nel creare e nel sostenere il mondo."

� Deason G. B., La teologia riformata e la concezione meccanicistica della natura, (1986) in Lindberg D, Numbers R.L. (a cura di), Dio e natura. Saggi storici sul rapporto tra cristianesimo e scienza, La Nuova Italia, Firenze 1994

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Una spiegazione teologica

� Quale conseguenza della loro fede nella sovranità assoluta di Dio, i riformatori respingevano la concezione aristotelica di una natura dotata di facoltà intrinseche. In luogo della definizione aristotelica della natura quale «principio del movimento e del cambiamento, i riformatori la concepivano come una entità passiva.

� Robert Boyle (1627-1691) fu un critico fecondo della concezione aristotelica della natura e uno dei più fermi sostenitori della filosofia meccanicistica. In A True Inquiry into the Vulgarly Received Notion ofNature (1686), egli raffigurava il concetto medievale aristotelico di una natura personificata, sostenendo che essa «sminuisce l'onore del grande autore e del rettore della natura, in quanto gli uomini riporterebbero la massima parte delle cose meravigliose che si incontrano nell'universo, non a Lui, bensì a una natura data».

� Concepire la natura come un'entità vivente e attiva, aggiungeva Boyle, «non mi pare affatto in accordo con la profonda riverenza che dobbiamo alla maestà divina, dal momento che questo fatto sembra rendere il Creatore ben poco differente da un ente creato

� Una netta distinzione tra Creatore e creatura, nel pensiero di Boyle, era essenziale per la fede cristiana; egli sosteneva che l'incapacità di fare tale distinzione in modo abbastanza deciso, attribuendo alla natura ciò che spettava a Dio, era «la causa maggiore del politeismo e dell'idolatria dei pagani».

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Una spiegazione teologica

� Il mondo, siccome Newton lo concepiva, pareva essere il prodottodell'attività divina su una materia bruta, rudimentale. A differenza dell'immagine aristotelica del mondo, nella quale intelligenti principi intrinseci permeavano la materia in un processo finalistico, il mondo newtoniano non possedeva alcuna attività intrinseca né alcuna finalitàintima. Se non fosse stato per la benevola concessione da parte di Dio di certe forze, quali la gravità, il mondo sarebbe rimasto inerte e privo di scopo. In quanto perno fondamentale del significato e della struttura del nuovo universo meccanico, la gravità divenne il contrassegno della potenza e della grazia divine. Nei decenni che seguirono la pubblicazione dei Principia, teologi e predicatori popolari afferrarono la grazia data dalla gravità quale arma pregiata nella lotta continua contro l'ateismo, e sottolinearono la disparità tra la morta materia e la materia ravvivata dalla gravità, che il Creatore aveva concesso e che sosteneva con la propria presenza. Essi non attribuivano alla mera materia alcuna potenzialità atta a creare l'universo; alla materia animata da Dio, essi riportavano l'origine, la struttura e la conservazione del mondo.

� A Confutation of Atheism from the Origin and Frame of the World (1693) diRichard Bentley, Philosophical Principles of Religion Natural and Revealed(1705) di George Cheyne, Physico- Theology; or, A Demnstation of the Being and Attributes of God from His Works of Creation (1711-1712) diWilliam Derham, Astronomical Principles of Religion Natural and Revealed(1717) di William Whiston, e molte altre opere orientarono il pensieroprotestante inglese verso la religione naturale fondata nel sistema diNewton. (Deason p. 225)

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Una spiegazione socio-politica

� Jacob C.M., I newtoniani e la rivoluzione inglese 1689-1720 ( ed or. 1976) Feltrinelli, Milano 1980

� L'universo guidato in modo provvidenziale e regolato matematicamente di Newton forniva un modello per un'organizzazione sociale stabile e prospera, governata dall'interesse privato degli uomini. Quello era il significato dell'universo di Newton per i suoi amici e divulgatori: esso consentiva loro di immaginare che la natura fosse dalla loro parte; potevano avere leggi del moto e conservare Dio; forze spirituali potevano operare nell'universo; la materia poteva essere controllata e dominata da Dio e dagli uomini. La stabilitàera possibile anche senza un costante intervento divino; l'ordine spirituale poteva essere mantenuto; la Chiesa era necessaria ed essenziale; eppure, nello stesso tempo, gli uomini potevano perseguire i loro interessi mondani. Questo, in breve, era ciò che il mondo naturale, spiegato nei Principia, significava per ecclesiastici che erano interessati primariamente a promuovere la loro visione del "mondo politico". p. 21

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Una spiegazione socio-politica

� L’impresa intellettuale più significativa dei filosofi naturali –uomini come Wilkins, Boyle e Barrow – fu la formulazione di una filosofia meccanicistica che richiedesse un’attiva partecipazione di Dio nelle opere della natura. In questa filosofia cristianizzata della scienza, l’universo era composto da materia in moto; la materia possedeva una struttura atomica e gli atomi entravano in collisione fra loro in uno spazio vuoto. Il moto era però qualcosa di distinto dalla materia, imposto agli atomi e agli oggetti che essi formavano da forze esterne, spirituali. Il disegno e l’armonia così evidenti ai filosofi naturali della restaurazione esistevano solo perché il dio provvidenziale esercitava un’assidua supervisione su ogni operazione della natura. Egli esercitava questo controllo attraverso regole che esprimevano la sua volontà, e il compito della scienza consisteva nello scoprire e spiegare le regole che governavano la natura, in realtà nello spiegare all’uomo le operazioni della provvidenza nella creazione.

� Jacob C.M., I newtoniani e la rivoluzione inglese 1689-1720, p. 25-6

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Una spiegazione socio-politica

� La gravità, l'attrazione universale e reciproca di tutti i corpi nell'universo, è il principio ordinatore della natura. E’ il fiat di Dio, operante sotto forma delle leggi della gravitazione, che infonde ordine e armonia nell'universo. La gravità agisce sulla materia nel vuoto, e grazie a questo vuoto gli atomi possono muoversi nello spazio, e unirsi sotto l'azione della gravità a formare la materia e la figura dell'universo. Il potere di reciproca attrazione è "un argomento nuovo e irrefutabile a favore dell'esistenza di Dio». E’ la reciproca attrazione operante nell'universo a dimostrare in modo definitivo l'attività provvidenziale di Dio nella natura. Clarke fonda la sua asserzione della provvidenza di Dio sull'argomento seguente:

� “quel principio universalissimo della gravitazione stessa, origine di quasi tutti i grandi e regolari moti inanimati presenti nel mondo, principio che risponde... non alle superfici dei corpi (per mezzo delle quali sole essi possono agire l'uno sull'altro) ma totalmente al loro contenuto solido, non può essere l'effetto di alcun moto impresso in origine nella materia, ma dev'essere causato di necessità(in modo immediato o mediato) da qualcosa che penetra nella stessa sostanza solida dei corpi e infonde continuamente in essi una forza o potenza completamente diversa da quella per mezzo della quale la materia agisce su altra materia.

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Una spiegazione socio-politica

� Questa è, per inciso, una dimostrazione evidente non solo del fatto che il mondo è stato fatto in origine da una causa suprema intelligente; ma inoltre anche del fatto che esso dipende in ogni istante da un qualche essere superiore per la conservazione del suo ordinamento (frame)... La quale potenza che lo preserva e lo governa, sia essa direttamente il potere e l'azione della medesima causa suprema che creò il mondo, di colui "senza la cui volontà non cade neppure un passero al suolo e con la volontà del quale tutti i capelli della nostra testa sono coniati»(Mt 10,29-30); o sia l'azione di un qualche strumento subordinato da lui designato a dirigere e governare su certe parti di esso; nell'un modo o nell'altro deve darci egualmente un'idea molto nobile della provvidenza."

� Watson (ed) pp. 116-117 in Jacob pp.152-3.

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Cattolici e protestanti

� Secondo Allegre nel mondo cattolico le discipline scientifiche sono state classificate secondo i conflitti: quelle nobili sono le scienze astratte. Meno rapporti hanno con il reale meno sono suscettibili di contraddire il dogma. Non così le scienze della natura.

� Nel mondo protestante le cose andavano diversamente: la volontà di comprendere la natura per comprendere Dio ha dato la priorità alle scienze della natura, stimolando l‘interesse per la tecnologia e l’economia. E le scienze astratte sono state considerate come strumenti.

� Nel mondo protestante la Chiesa non ha l’ambizione di dire il vero in materia teologica, non deve misurarsi con il tema dei miracoli e, primo tra tutti, della transustanziazione e infine è in “concorrenza” con il cattolicesimo e quindi vuole, o deve, mostrarsi più aperto e intraprendente in materia di ricerca, anche scientifica

� Allegre C., Dio e l’impresa scientifica. Il millenario conflitto tra religione e scienza, (1997) Milano, Cortina 1999

� In realtà, come qualcuno ha suggerito, se si collocassero in una stessa stanza cattolici come Cartesio, Gassendi, Pascal, assieme a protestanti come Newton, Boyle, Keplero, Huygens, interrogandoli sulla loro attivitàscientifica sarebbe impossibile stabilire quale di questi fosse di confessione cattolica e quale di confessione protestante.

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La scienza e i gesuiti

� Da un lato i gesuiti non abbandonarono mai una concezione simbolica della natura, capace di generare opere d'arte e letterarie di grande fascino, ma non utilizzabile nell'ambito della scienza moderna per come essa si presentava.

� In secondo luogo va sottolineato l'atteggiamento probabilistico che impediva loro di schierarsi in modo netto sulle questioni morali ma anche naturali.

� Infine essi aderirono alla posizione strumentalista di Bellarmino, per cui i sistemi astronomici erano costruzioni ipotetiche erette allo scopo di salvare i fenomeni

� Infine il contesto controriformistico presente nei paesi cattolici finì per ostacolare la ricerca e la sperimentazione, per gli intrecci che alcune tesi, in particolare l'atomismo implicito nel meccanicismo, comportavano sul piano teologico e dottrinale.

� Ashworth W.B. Jr, Il cattolicesimo e le origini della scienza moderna, in Lindberg, cit. pp. 153-193

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Cristianesimo e scienza moderna

Perché e come il cristianesimo favorì la nuova scienza?

� Una spiegazione di tipo sociale e politico, proposta da Merton e dalla Jacob

� Una spiegazione teologica in cui il ruolo della sovranità divina viene valorizzato

� Il bisogno di salvare anche la religione professata da un sofferto cambiamento di supporto culturale (dall’aristotelismo al meccanicismo e all’atomismo)

� Il bisogno “culturale” di offrire comunque una spiegazione alla “gravità” posto il ruolo che essa assumeva (e assume) nella fisica classica e nella descrizione del sistema del mondo.

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Cristianesimo e scienza moderna

La sintesi di Laplace« Possiamo considerare lo stato attuale dell'universo come l'effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi »

(Essai philosophique sur les probabilités, Laplace)

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Conclusione

Due domande:�Perché questo clima di collaborazione svanì in un secolo?�Se le scienze che oggi produciamo si sono spostate verso un paradigma nuovo, qual è e quale può essere il loro rapporto con la fede cristiana?

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Bibliografia� Allegre C., Dio e l’impresa scientifica. Il millenario conflitto tra religione e scienza,

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IV°Seminario di approfondimento su «scienza e teolo gia »SCIENZA E TEOLOGIA:

LE RAGIONI DI UN CONFLITTO, LE POSSIBILITA’ DI UN INCONTROFebbraio - Marzo 2010

La religione cristiana

e la scienza moderna: ragioni di un incontro

Paolo Vidali

FINE