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Sabino Fortunato La revisione legale dei conti 1. Le recenti evoluzioni della revisione legale dei conti. – 2. Fonti pubbliche e fonti private. – 3. Registro unico e soggetti abilitati. – 4. L’indipendenza del revisore. Gli aspetti sostanziali: conflitti di interesse e servizi non-audit. – 5. (segue) Gli aspetti formali: il rapporto di revisione e la governance dell’ente sottoposto a revisione. – 6. (segue) Durata e corrispettivo dell’incarico; obblighi di trasparenza. – 7. Il sistema di vigilanza pubblica e il controllo di qualità. – 8. La concentrazione del mercato della revisione. – 9. Il ruolo del revisore e le proposte innovative sulla relazione del revisore. – 10. Conclusioni. 1. La revisione legale dei conti è in continua evoluzione. La crisi di inizio Millennio, che si va ormai allungando oltre il decennio, ha imposto a tappe forzate periodiche e ravvicinate – scusatemi il bisticcio – “revisioni della revisione”. La recente riforma adottata in Italia con il d.lgs. n. 39 del 2010 1 , in attuazione della cd. VIII direttiva-bis del 1 Il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, in G.U. n. 68 del 23 marzo 2010, Suppl. Ord. n.58, (“Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE”) è stato emanato in forza della legge delega 7 luglio 2009, n. 88, art. 1 All. B (cd. Legge comunitaria 2008). Sul decreto di riforma si vedano: AA. VV., La riforma della revisione legale in Italia: una prima analisi del D. lgs. 39 del 27 gennaio 2010, Quaderno SAF n. 31, ODCEC Milano, 2010; AA. VV. (a cura di De Luca), La revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati, in NLCC, 2011, p. 93 ss.; R. BAUER, La nuova revisione legale dei conti , in Amministrazione & Finanza, n. 3/2010, 6; M. BUSSOLETTI, Bilancio e revisione contabile: sette anni di disciplina all’ombra degli IAS e delle direttive comunitarie, in Riv. Soc., 2011, 1156; A. CORSINI, Novità ed effetti del testo unico della revisione legale dei conti, in Bilancio, vigilanza e controlli, aprile 2010, 39. G. D’AGOSTINO – R. MARCELLO, L’indipendenza del sindaco con incarico di revisore legale dei conti nelle società chiuse, in Società, 2011, 172; F. M. GUIDI, Conferimento e revoca dell’incarico di revisione ai sensi dell’art. 13 del nuovo testo unico della revisione, in RDS, 2011, p. 1001; P. GIUDICI, La nuova disciplina della revisione legale, in Le Società, 2010, n. 5, p. 541; F. ROSCINI VITALI, Come cambia la revisione legale, in Contabilita`, finanza e controllo, n. 7/2010, 576; C. SOTTORIVA, La riforma del controllo contabile delle società in Italia: una prima lettura coordinata del decreto legislativo n. 39/2010 in tema di svolgimento della revisione legale dei conti , in Riv. dott. comm., n. 3/2010, 565; A. TOFFOLETTO – F. C. BEVILACQUA, La disciplina della revisione legale dei conti negli enti di interesse pubblico, in Società, 2010, suppl. n. 8, p. 27. Per un’analisi di respiro sistematico sulla pluralità dei controlli nelle società azionarie cfr. S. AMBROSINI, La revisione legale dei conti, in N. ABRIANI - S. 1

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Sabino Fortunato

La revisione legale dei conti

1. Le recenti evoluzioni della revisione legale dei conti. – 2. Fonti pubbliche e fonti private. – 3. Registro unico e soggetti abilitati. – 4. L’indipendenza del revisore. Gli aspetti sostanziali: conflitti di interesse e servizi non-audit. – 5. (segue) Gli aspetti formali: il rapporto di revisione e la governance dell’ente sottoposto a revisione. – 6. (segue) Durata e corrispettivo dell’incarico; obblighi di trasparenza. – 7. Il sistema di vigilanza pubblica e il controllo di qualità. – 8. La concentrazione del mercato della revisione. – 9. Il ruolo del revisore e le proposte innovative sulla relazione del revisore. – 10. Conclusioni.

1. La revisione legale dei conti è in continua evoluzione. La crisi di inizio Millennio, che si va ormai allungando oltre il decennio, ha imposto a tappe forzate periodiche e ravvicinate – scusatemi il bisticcio – “revisioni della revisione”. La recente riforma adottata in Italia con il d.lgs. n. 39 del 20101, in attuazione della cd. VIII direttiva-bis del 2006, sembra destinata ad essere rivisitata a breve, poiché la grande recessione innescata dalla crisi subprime del 20082 ha indotto la Commissione dell’Unione Europea ad elaborare un ulteriore Libro verde nell’ottobre del 2010 (“La politica in materia di revisione contabile: gli insegnamenti della crisi”3), su cui si è aperta un’ampia consultazione con circa 700 risposte (per la

1 Il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, in G.U. n. 68 del 23 marzo 2010, Suppl. Ord. n.58, (“Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE”) è stato emanato in forza della legge delega 7 luglio 2009, n. 88, art. 1 All. B (cd. Legge comunitaria 2008). Sul decreto di riforma si vedano: AA. VV., La riforma della revisione legale in Italia: una prima analisi del D. lgs. 39 del 27 gennaio 2010, Quaderno SAF n. 31, ODCEC Milano, 2010; AA. VV. (a cura di De Luca), La revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati, in NLCC, 2011, p. 93 ss.; R. BAUER, La nuova revisione legale dei conti, in Amministrazione & Finanza, n. 3/2010, 6; M. BUSSOLETTI, Bilancio e revisione contabile: sette anni di disciplina all’ombra degli IAS e delle direttive comunitarie, in Riv. Soc., 2011, 1156; A. CORSINI, Novità ed effetti del testo unico della revisione legale dei conti, in Bilancio, vigilanza e controlli, aprile 2010, 39. G. D’AGOSTINO – R. MARCELLO, L’indipendenza del sindaco con incarico di revisore legale dei conti nelle società chiuse, in Società, 2011, 172; F. M. GUIDI, Conferimento e revoca dell’incarico di revisione ai sensi dell’art. 13 del nuovo testo unico della revisione, in RDS, 2011, p. 1001; P. GIUDICI, La nuova disciplina della revisione legale, in Le Società, 2010, n. 5, p. 541; F. ROSCINI VITALI, Come cambia la revisione legale, in Contabilita`, finanza e controllo, n. 7/2010, 576; C. SOTTORIVA, La riforma del controllo contabile delle società in Italia: una prima lettura coordinata del decreto legislativo n. 39/2010 in tema di svolgimento della revisione legale dei conti, in Riv. dott. comm., n. 3/2010, 565; A. TOFFOLETTO – F. C. BEVILACQUA, La disciplina della revisione legale dei conti negli enti di interesse pubblico, in Società, 2010, suppl. n. 8, p. 27. Per un’analisi di respiro sistematico sulla pluralità dei controlli nelle società azionarie cfr. S. AMBROSINI, La revisione legale dei conti, in N. ABRIANI - S. AMBROSINI - O. CAGNASSO - P. MONTALENTI, Le società per azioni, nel Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, vol. IV, t. I, Padova, 2010, p. 798 ss.; A. BERTOLOTTI, La revisione legale dei conti, ne Le nuove s.p.a. (trattato a cura di O. Cagnasso e L. Panzani), vol. IV, Bologna, 2012, p. 337 ss. Sul sistema anteriore alla riforma sia consentito rinviare a S. FORTUNATO, sub artt. 2409 bis e ss., in Società di capitali (a cura di G. Niccolini e A. Stagno D’Alcontres), Napoli, 2004, p. 800 ss., cui adde C. SASSO, Del controllo contabile, in AA. VV. (a cura di A. Maffei Alberti), Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 1017 e M. SPIOTTA, sub artt. 2409 bis e ss., in AA. VV. (diretto da G. Cottino), Il nuovo diritto societario,II, Bologna, 2004, p. 966 ss.2 V. in argomento M. ONADO, I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte, Bari, 2009; AA. VV., I nuovi equilibri mondiali: imprese, , banche, risparmiatori, Atti del convegno di Courmayeur del 26-27 settembre 2008, Milano, 2009.3 Il documento della CE si legge in Riv. Soc., 2010, p. 1371, con il commento di STRAMPELLI, La revisione contabile nell’Unione europea: un’indagine della Commissione, ibidem, p. 1362.

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precisione 688)4 e alla quale ha fatto seguito una affollata Conferenza tenutasi a Bruxelles il 9 e il 10 febbraio 2011 dal significativo titolo “Financial Reporting and Auditing: a Time for Change?”. Ancor più di recente, su progetto della Commissione giuridica e con il parere della Commissione economica e monetaria (30 maggio 2011), il Parlamento Europeo ha approvato nella seduta del 12-13 settembre 2011 una risoluzione sull’indicato Libro verde, al cui esito il Commissario per il Mercato Interno e i Servizi, Michel Barnier, ha confermato di voler presentare entro novembre prossimo un nuovo progetto di direttiva in materia di revisione legale dei conti.

Se per la contabilità si invoca maggiore convergenza a livello internazionale, ma anche maggiore rappresentatività in seno allo IASB - quale organismo deputato ad attuare in concreto la formulazione degli standard da applicare -, in materia di revisione contabile i nodi cruciali intorno a cui sembra concentrarsi il recente dibattito sono soprattutto tre: (i) innanzitutto il ruolo che è chiamato a svolgere il revisore nella moderna economia finanziaria, un ruolo che soffre un gap sempre più sottolineato e avvertito fra le aspettative del pubblico e del mercato e la funzione legalmente disciplinata; (ii) in secondo luogo la mai sopita questione della indipendenza del revisore, nonostante i pur recenti interventi normativi in molteplici ordinamenti nazionali, questione che ovviamente si sposa con quella concernente la “governance” dei soggetti sottoposti a revisione; (iii) e in terzo luogo, il problema della eccessiva concentrazione del mercato mondiale dei servizi di revisione, che solleva il grave interrogativo dell’esito che potrebbe sortire da un eventuale ulteriore fallimento di una delle “Big Four”5 e degli strumenti che potrebbero proficuamente utilizzarsi per ampliare il mercato ma anche per regolare in maniera ordinata una sua non auspicata ulteriore concentrazione. A questi tre temi centrali, altri due si aggiungono in maniera collaterale e che toccano per un verso (iv) l’esigenza di semplificazione e alleggerimento degli oneri discendenti dall’attuale statuto legale della revisione per le PMI e per altro verso (v) la necessità di un rafforzamento della cooperazione internazionale in materia.

E’ mia intenzione affrontare questi temi nei loro profili essenziali, non senza tuttavia evidenziare parallelamente il quadro cui la revisione legale è ad oggi pervenuta dopo le ultime riforme. Devo peraltro sottolineare in via preliminare che il nostro sistema di revisione legale appare fra i più rigorosi, quantomeno sul piano normativo, di quelli presenti in Europa e che molte fra le soluzioni più radicali indicate nel citato Libro verde della Commissione sono già recepite dal nostro ordinamento.

2. Fra i meriti ascrivibili alla recente riforma della revisione legale dei conti nel nostro Paese vi è senz’altro il tentativo di pervenire ad una maggiore semplificazione e razionalizzazione sia sul piano delle fonti sia sul piano dei contenuti della regolamentazione.

L’attuale disciplina della materia è in gran parte contenuta in una sorta di Testo unico della Revisione legale (d.lgs. n. 39/2010), concernente i soggetti (revisore persona fisica e società di revisione) legittimati all’esercizio dell’attività, l’affidamento la durata e il corrispettivo dell’incarico e l’estinzione del relativo rapporto, l’oggetto e le modalità di svolgimento dell’attività di revisione, il sistema di supervisione o vigilanza pubblica sulla stessa attività e il complesso delle sanzioni amministrative e penali (oltre alla

4 Le risposte alla consultazione pubblica si leggono in EU COMMISSION, Summary of responses. Green paper. Audit policy: lessons from the crisis, Bruxelles, 4 February 2011, documento reperibile all’indirizzo Internet http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/docs/2010/audit/summary_responses_en.pdf.5 Dopo il dissolvimento della Arthur Andersen a seguito dello scandalo Enron agli inizi del Millennio, è noto che le quattro grandi reti internazionali di revisori fanno capo oggi a: Deloitte & Touche, Ernst & Young, PricewaterhouseCoopers e KPMG.

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responsabilità civilistica) che rafforzano la tutela dei relativi istituti. Sono state così eliminate duplicazioni di disciplina spesso distribuite fra codice civile e Tuf, pur con qualche residuo riferimento ai revisori nell’ambito di tali contesti normativi, oltre che nella legge bancaria e nel codice delle assicurazioni.

Sul piano dei contenuti il sistema della revisione legale è tendenzialmente unificato, nel senso che sussiste una disciplina di diritto comune applicabile a tutti i revisori e a tutte le società sottoposte a revisione legale, cui si aggiunge, tuttavia, un nucleo di disciplina speciale per le società sottoposte a revisione definibili come “enti di interesse pubblico”. In tal modo – pur semplificata – si riproduce la previgente differenziazione fra controllo contabile di società quotate, bancarie, assicurative e finanziarie ampiamente intese facenti capo alla vigilanza della Consob e controllo contabile codicistico già soggetto alla vigilanza del Ministero della Giustizia, oggi trasmigrata al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Il sistema delle fonti, pur semplificato e razionalizzato, presenta tuttavia almeno due aspetti problematici: (i) l’eccessivo utilizzo della fonte regolamentare; (ii) la tendenza all’appalto normativo ad autorità private.

Si accentua la propensione del nostro legislatore alla delega normativa, non solo ad autorità pubbliche ma anche ad associazioni od ordini professionali e ad autorità private, in forza del principio tecnocratico. Molte parti della riforma sono ad oggi inattuate, in attesa che vengano emanati i relativi regolamenti da parte del Ministero dell’Economia (talvolta anche del Ministero della Giustizia) e da parte della Consob (talvolta anche da parte di Banca d’Italia, Isvap etc.)6; o ancora che vengano stipulate convenzioni con associazioni o ordini professionali per la produzione normativa di codici etici e di condotta (principi di deontologia, di indipendenza e di revisione); o che la Commissione europea adotti un sistema di endorsement dei principi internazionali di revisione (ISA) simile – ma parrebbe non identico – a quello adottato per i principi contabili internazionali7. Complessivamente si attende l’emanazione di oltre una ventina di normative secondarie, perché la riforma possa entrare a pieno regime.

Beninteso, il trend segnalato sembra avere origini internazionali e non connota solo il sistema delle fonti nazionali. Il recente Dodd-Frank Act del 21 luglio 2010, con cui l’Amministrazione Obama è riuscita a varare la contrastata riforma del mercato finanziario americano (Wall Street Reform and Consumer

6 Al momento risultano approvati solo alcuni regolamenti attuativi, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2012 n. 201, che entrano in vigore a far data dal 13 settembre 2012: DM 20 giugno 2012, n. 144: “Regolamento concernente le modalità di iscrizione e cancellazione dal Registro dei revisori legali, in applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati”; DM 20 giugno 2012, n. 145 “Regolamento in applicazione degli articoli 2, commi 2, 3, 4 e 7 e 7, comma 7, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE in materia di revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati”; DM 25 giugno 2012, n. 146: “Regolamento riguardante il tirocinio per l'esercizio dell'attività di revisione legale, in applicazione dell'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, recante attuazione della direttiva 2006/43/CE relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati”. Di altri tre, relativi a materie di particolare interesse, quali la disciplina dello scioglimento del rapporto di revisione nelle ipotesi di revoca per giusta causa, dimissioni e risoluzione consensuale, sono state predisposte dal MEF le bozze sottoposte a consultazione pubblica.7 In merito all’interrogativo se l’adozione dei principi internazionali di revisione dovesse avvenire attraverso lo strumento regolamentare, analogamente a quanto disposto per i principi contabili internazionali ovvero attraverso strumenti meno vincolanti, il CESR, in risposta alla consultazione pubblica promossa dalla CE nel 2009, aveva manifestato preferenza per l’endorsement, suggerendo al contempo di introdurre alcuni adattamenti in relazione ad esigenze proprie delle imprese europee, in particolare per la revisione delle società quotate; suggerimento che, come detto infra nel testo, è stato recepito dalla riforma italiana.

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Financial Protection Act), è pressoché paralizzato perché abbisogna per la sua effettiva entrata in vigore di circa quattrocento provvedimenti di attuazione8.

Il fenomeno cela, a tutta evidenza, la crisi della capacità decisionale dello Stato legislatore in un contesto di economia globalizzata e nel contempo l’illusione che all’impotenza politica possa sopperire l’attivismo professionale e tecnocratico. Se per un verso la delega alla normativa secondaria acquista il pregio della flessibilità e della tempestività del processo normativo rispetto a quello legislativo, non si può trascurare che di contro essa spesso si traduce in una superfetazione regolamentare di eccessivo dettaglio e soprattutto si accompagna ad un problema di legittimazione democratica e di rappresentatività dell’autorità delegata non agevolmente risolvibile9.

Generalmente si tende ad affrontare questi nodi problematici attraverso la pretesa di maggiore e migliore rappresentatività degli interessi coinvolti nella governance dell’autorità delegata e attraverso l’imposizione di un “due process” e dunque di un’ampia pubblica consultazione sui contenuti regolamentari da elaborare. Ma non è chi non veda come per un verso ciò ponga in discussione il beneficio della tempestività decisionale e per altro verso vi sia ancora molta strada da percorrere sulla via della rappresentatività, con il rischio dell’adozione di regole su misura dei regolati.

Quanto alle regole di comportamento nello svolgimento dell’attività di revisione, il tema coinvolge il potere normativo della Commissione Europea e il recepimento degli ISA clarified, ma anche le convenzioni per la produzione di regole in appalto ad associazioni e ordini professionali.

Com’è noto i principi di revisione stabiliscono il contenuto della prestazione del revisore ed offrono parametri di misurazione della diligenza professionale cui il buon revisore deve attenersi nell’adempimento del proprio incarico. Anche in questo settore Autorità private internazionali hanno da tempo avviato un processo di standardizzazione delle regole di comportamento del buon revisore che sono spesso recepite a livello nazionale. In particolare l’IFAC (International Federation of Accountants) ha adottato, tramite lo IAASB (International Assurance and Auditing Standards Board), gli ISA o principi internazionali di revisione che di recente, in vista di una loro più generalizzata applicazione, sono stati oggetto del cd. “Clarity Project” e che in questa versione “clarified” potrebbero essere recepiti in sede comunitaria mediante un processo di endorsement analogo a quello degli IAS-IFRS. Inutile sottolineare che anche la governance dello IAASB pecca di una scarsa rappresentatività di tutti gli interessi coinvolti, rappresentando perlopiù i soli esponenti della professione contabile. In secondo luogo gli ISA sollevano problemi applicativi perché non sempre adeguati alle specificità dei casi concreti. La riforma, pertanto, se per un verso rinvia ai principi di revisione internazionali adottati (o meglio quali saranno adottati) dalla Commissione europea, per altro verso consente al MEF di dettare con regolamento “l’obbligo di osservare procedure di revisione o obblighi supplementari o, in casi eccezionali, il divieto di osservare parte dei principi” suddetti, ma “solo nel caso in cui l’obbligo o il divieto conseguono da disposizioni legislative specifiche relative alla portata della revisione legale”.

Nelle more che un tale sistema entri effettivamente in vigore, continueranno ad applicarsi i principi di revisione che già erano stati affidati alla competenza normativa della Consob, previo parere del CNDCEC,

8 Per un primo commento al Dodd – Frank Act, che dà conto anche dei profili di difficoltà attuativa riferiti nel testo, v. F. COLOMBINI, La crisi finanziaria italiana e la riforma Obama, in RTDE, 2010, p. 201; e per aggiornamenti sullo stato dell’arte dell’implementazione delle regole contenute nella legge v. http://www.sec.gov/spotlight/dodd-frank.shtml.9 Sul tema si vedano le considerazioni ancora attuali di N. IRTI, L’età della decodificazione, Milano, 1971, cui adde C. CASTRONOVO , Decodificazione, delegificazione e ricodificazione, in Jus, 1993, pp. 39 ss.

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e che potranno essere ulteriormente elaborati da associazioni o ordini professionali e da Consob, in forza di apposite convenzioni che tengano conto dei principi internazionali10.

Se in materia di principi di revisione l’armonizzazione internazionale sembra destinata a prevalere, sia pure con il filtro della Commissione europea e l’ulteriore possibile adeguamento a livello nazionale; in materia di deontologia professionale, di riservatezza e segreto professionale11 nonché di indipendenza e obiettività12 il ruolo primario passa ad associazioni ed ordini professionali nazionali cui, mediante apposita convenzione, il potere normativo è attribuito dal MEF, sia pure dovendosi al riguardo tener conto dei principi elaborati dagli organismi internazionali13 e sia pure con il filtro dell’approvazione dello stesso MEF14. E’ peraltro previsto il potere sostitutivo/alternativo del MEF ove, evidentemente, non si dia corso alla indicata convenzione.

La consultazione avviata sulla base del recente Libro verde della Commissione ha confermato un ampio supporto verso il recepimento vincolante dei principi internazionali di revisione, che la risoluzione del Parlamento europeo del 12-13 settembre 2011 sollecita come “adozione urgente”, anche se si ribadisce da molte parti la necessità di una migliore rappresentanza di interessi nella governance degli organismi internazionali e vi è contrasto sulla eventualità di un adeguamento delle regole in sede locale.

In definitiva, buona parte della disciplina della revisione è fondata sul principio dell’autoregolamentazione, tuttavia filtrata dal controllo delle pubbliche istituzioni. Siamo di fronte, insomma, ad un compromesso regolamentare che potrebbe definirsi di “autodisciplina vigilata”. Tale autodisciplina, a mio avviso, non sfugge comunque all’ulteriore verifica in sede giurisprudenziale, poiché essa deve rispondere a principi e clausole generali (la clausola della diligenza professionale, il principio di buona fede nell’esecuzione del rapporto, il principio dell’indipendenza del revisore) oltre che a regole legali di grado superiore e la cui concreta applicazione nelle specifiche situazioni soggiace al sindacato giurisdizionale.

3. Sempre nella linea di razionalizzazione del sistema, accanto allo sforzo di semplificazione/unificazione del quadro delle fonti, ma con gli aspetti problematici che si sono rilevati, si colloca altresì lo sforzo di semplificazione del quadro dei soggetti abilitati alla revisione legale.

Il titolo abilitante è unificato nel Registro unico dei revisori legali e delle società di revisione legale, non più gestito dal Ministero della Giustizia, che in verità ne aveva delegato la tenuta al CNDCEC, ma ora dal MEF, e nel quale confluiscono indistintamente revisori legali persone fisiche e società di revisione. Resta così abrogato l’Albo speciale delle società di revisione presso la Consob nonché le società di revisione autorizzate dal Ministero delle attività produttive (?).

10 Cfr. per la ricostruzione del farraginoso sistema di diritto transitorio artt. 11 e 12 e art. 43 d.lgs. n. 39/2010; nonché art. 26 direttiva 2006/43/CE come modificato dall’art. 1 n. 4) direttiva 2008/30/CE. Si veda sul punto G. STRAMPELLI, sub art. 11, in AA. VV. (a cura di V. De Luca), La revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati, cit., p. 139 ss.11 Art. 9 d.lgs. n. 39/2010.12 Art. 10, co. 12, d.lgs. n. 39/2010.13 Art. 12, co. 2, d.lgs. n. 39/2010.14 Approvazione che prevede il previo parere della Consob e che nel caso dei principi di deontologia riservatezza e segreto professionale (ma non nel caso dei principi di indipendenza e obiettività) deve avvenire di concerto con il Ministero della Giustizia.

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E tuttavia l’unitarietà del disegno non esclude la sostanziale dicotomia di disciplina fra revisori per così dire di diritto comune e revisori di diritto speciale, nel senso che questi ultimi, tali in forza di un criterio oggettivo-funzionale e cioè in quanto esercitino la revisione legale sui cd. “enti di interesse pubblico”, vengono assoggettati a regole di diritto speciale perlopiù aggiuntive rispetto alle regole di diritto comune.

Benché la direttiva comunitaria del 2006 evidenzi l’esigenza che nei principi di deontologia professionale relativi a tutti i revisori sia ricompresa “la funzione di interesse pubblico” da essi assolta (art. 21, par. 1), sta di fatto che un più ampio rilievo pubblicistico è poi riconosciuto nel caso di revisione legale destinata a svolgersi su enti definiti di “interesse pubblico” e che nella sostanza si identificano in soggetti emittenti o intermediari nei mercati finanziari15, coinvolti quindi a vario titolo nella gestione e nel governo del pubblico risparmio e quindi produttori di informazioni finanziarie destinate al relativo mercato.

Questa disciplina speciale tocca: (i) la riserva ai soli iscritti nel registro, persone fisiche o società indistintamente, dell’esercizio della revisione legale, con esclusione che tale funzione possa essere esercitata in tali enti (nonché nelle società controllate, controllanti o soggette a comune controllo) dal collegio sindacale16; (ii) la durata dell’incarico; (iii) i requisiti di indipendenza e la “governance” del sistema dei controlli nell’ente sottoposto a revisione; (iv) la trasparenza informativa; (v) e soprattutto il regime di supervisione e controllo di qualità.

Mi sembra importante segnalare alcune importanti novità che contraddistinguono l’attuale regime dei soggetti abilitati alla revisione legale dei conti, al di là dei profili più legati ai requisiti di iscrizione al Registro (di onorabilità e professionalità, compresi gli obblighi di formazione continua):

a) l’attività di revisione legale sembra ormai connotarsi come esercizio di una vera e propria professione protetta, trattandosi di attività riservata, piuttosto che come mera “funzione” della professione del dottore commercialista come si era propensi a ritenere in passato. Ciò merita una precisazione: la riserva non è formalmente assoluta, poiché com’è noto l’attività di revisione legale può essere assolta negli enti non di interesse pubblico anche da un organo collegiale interno quale è il collegio sindacale, benché nella sostanza tutti i componenti in tal caso devono essere revisori legali iscritti nel Registro (artt. 2409-bis, co. 2, e 2477, co. 5,c.c.);

b) negli enti di interesse pubblico l’attività non deve più essere espletata da una società di revisione, ma può essere svolta anche dal revisore legale persona fisica;

c) è caduto il vincolo della esclusività dell’oggetto sociale in capo alle società di revisione (limitato alla revisione ed organizzazione contabile di aziende), concepito quale strumento per assicurare l’indipendenza del revisore ma ritenuto per un verso inutile (in quanto agevolmente superabile con società di gruppo) e

15 Cfr. art. 16 d.lgs. n. 39/2010 e art. 2 n. 13 direttiva 2006/43. Si tratta di nozione “aperta”, posto che la direttiva prevede che “gli Stati membri hanno facoltà di riconoscere carattere di interesse pubblico anche ad altri enti, ad esempio gli enti che presentano un interesse pubblico significativo per via della natura della loro attività, delle loro dimensioni o del numero di dipendenti”. In questa ottica si spiega la pur limitata facoltà esercitata dal legislatore italiano che, se per un verso elenca gli enti definiti di interesse pubblico al co. 1 art. 16 cit., per altro verso prevede che la Consob può individuare con regolamento (d’intesa con la Banca d’Italia e l’Isvap), nell’ambito delle “società controllate da enti di interesse pubblico, nelle società che controllano enti di interesse pubblico e nelle società sottoposte con questi ultimi a comune controllo”, le società da qualificare enti di interesse pubblico ai fini del d.lgs. sulla revisione legale “in relazione alla rilevanza dell’interesse pubblico all’accuratezza e affidabilità dell’informazione finanziaria” (art. 16, co. 4, cit.). Il sistema richiama la disciplina, ora abrogata (ma ancora in vigore transitoriamente), della revisione legale dei gruppi con società emittenti azioni quotate pur con qualche inversione metodologica (vedi ASSONIME, Il testo unico della revisione legale, Circ. n. 16 del 5 maggio 2010, in Riv. Soc., 2010, p. 25).16 Art. 16, co. 2, cit. salvo eccezioni definite al co. 3.

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per altro verso dannoso (in quanto limitante le occasioni diverse di lavoro in settori limitrofi). Va evidenziato, tuttavia, che nel corso della consultazione sul Libro verde del 2010 non è mancato chi ha riproposto ai fini dell’indipendenza del revisore l’introduzione del detto limite;

d) il Registro è destinato ad essere uno strumento di informazione accessibile gratuitamente al pubblico e contenente molti dati utili a ricostruire la situazione del revisore;

e) il Ministero dell’Economia e Finanze ha sostituito nella tenuta e vigilanza del Registro il Ministero della Giustizia, ciò che appare invero discutibile per il tradizionale incardinamento presso quest’ultimo della vigilanza sugli albi professionali.

4. Ma il tema di maggior interesse è certamente collegato alla questione della indipendenza del revisore, che ruota intorno ad elementi qualitativi (o sostanziali) e ad elementi strutturali (o formali).

Sotto il primo profilo la normativa afferma in quanto tale il principio dell’indipendenza rispetto alla società revisionata, dettando almeno due criteri generali che orientano nel definire il principio medesimo.

Sotto il secondo profilo una serie di regole di struttura costituiscono comunque presidi formali all’indipendenza del revisore, dalla disciplina del “rapporto di revisione” nei suoi momenti costitutivi ed estintivi alla sua durata e alla determinazione del relativo corrispettivo, compresa la remunerazione di eventuali servizi non-audit.

I criteri che orientano nella definizione del principio di indipendenza sono da un canto il divieto che i revisori vengano “in alcun modo coinvolti” nel “processo decisionale”della società revisionata e d’altro canto che non sussistano fra essi (o la loro rete di appartenenza) e la società soggetta a revisione alcun tipo di relazione (finanziaria, d’affari, di lavoro o d’altro genere, compresa quella derivante da prestazione di servizi non-audit; diretta o indiretta) tale che “un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione risulta compromessa” 17. Insomma, il revisore deve evitare conflitti di interesse che pregiudichino in termini di obiettività e perciò di indipendenza la sua funzione legale: è evidente che il coinvolgimento in processi decisionali che riguardino il concreto operato dei gestori della società, così come relazioni diverse e profittevoli finirebbero per minare l’obiettività del giudizio del revisore.

Delicata appare comunque la delimitazione del coinvolgimento decisionale, poiché proprio il miglioramento della efficacia della revisione sembra legittimare un dialogo più stringente fra revisore ed entità revisionata, che per gli enti di interesse pubblico passa attraverso la relazione che il primo presenta al “comitato per il controllo interno e la revisione contabile” della seconda e in cui vengono esposte le “questioni fondamentali emerse in sede di revisione legale”, e in particolare “le carenze significative rilevate nel sistema di controllo interno in relazione al processo di informativa finanziaria”18.

Quanto alle relazioni profittevoli che compromettono l’indipendenza e alla loro estensione anche alla “rete” di appartenenza del revisore, è noto che il concetto di rete è particolarmente esteso e che dovrà essere definito più compiutamente con regolamento del MEF, sentita la Consob (laddove attualmente è fissata dal Reg. Emittenti Consob art. 149-bis)19. In verità la disciplina distingue fra compromissione e rischio di compromissione dell’indipendenza, con la conseguenza che nel primo caso è vietato assumere l’incarico 17 Art. 10, co. 1 e 2, d.lgs. n. 39/2010; art. 22, par. 1 e 2 direttiva 2006/43/CE. In tema v. C. TEDESCHI, L’indipendenza dei revisori: a proposito della nuova normativa sulla revisione legale dei conti, in Giur. Comm., 2010, I, p. 771 ss.18 Art. 19, co. 3, d.lgs. cit.

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e/o proseguirlo mentre nel secondo caso sorge solo l’obbligo di adottare misure tali da ridurre il rischio. Ove peraltro il rischio è così rilevante da compromettere l’indipendenza, si ricade nell’ipotesi del divieto.

La tipologia dei “rischi” presa in considerazione in via esemplificativa si collega ad una serie di situazioni note alla letteratura, e in particolare alle situazioni di autoriesame (casi in cui il revisore esegue attività di controllo su dati o elementi che il revisore o soggetto appartenente alla rete ha contribuito a elaborare), interesse personale (casi in cui il revisore è portatore di un interesse proprio o di soggetto appartenente alla rete), esercizio del patrocinio legale (a favore o contro il cliente), familiarità e fiducia eccessiva o di contro intimidazione20.

Sussiste infine e comunque l’obbligo del revisore di adottare procedure che consentano la rilevazione di tali rischi, di documentare rischi e procedure nelle carte di lavoro e assoggettare le dette procedure al controllo di qualità.

Il sistema così delineato a tutela dell’indipendenza del revisore presenta aspetti piuttosto problematici:

a. non è chiaro se il riferimento alle “relazioni” che definisco “profittevoli”, e la cui esistenza sarebbe giudicata da un terzo di tale rilievo da compromettere l’indipendenza del revisore, siano cosa diversa dai “rischi” di compromissione di quella indipendenza. A me pare che ci si muova nello stesso ambito, considerato il carattere aperto delle rispettive elencazioni. La conseguenza che se ne dovrebbe trarre è che quelle relazioni non sono di per sé vietate, ma che lo diventano nella misura in cui la loro intensità e qualità e il rischio che ne deriverebbe è così rilevante che un terzo le valuterebbe in concreto compromettenti;

b. il sistema diventa più rigido nei confronti della revisione che si svolge negli enti di interesse pubblico. Qui norme speciali (e aggiuntive) definiscono l’elenco dei servizi non-audit che revisori o entità appartenenti alla loro rete (ma anche soci, amministratori, componenti dell’organo di controllo e dipendenti della società di revisione) non possono comunque prestare alla società revisionata o a società del relativo gruppo (controllanti, controllate o soggette a comune controllo), peraltro un elenco che è dilatabile con regolamento Consob. Non solo, ma sempre alla Consob compete stabilire in via regolamentare le situazioni di rischio e le misure da adottare per la rimozione degli stessi21;

c. ma su chi ricade l’onere della rilevazione delle situazioni vietate o di rischio? Insomma l’onere di valutare l’indipendenza o meno del revisore? Anche qui sembra emergere una sorta di dicotomia fra revisione degli enti di interesse pubblico e revisione degli altri soggetti. Non par dubbio che in prima battuta l’onere ricade sullo stesso revisore, con una sorta di autovalutazione della propria indipendenza. Rispetto alle società di diritto comune per il revisore non esistono divieti assoluti di relazioni non-audit o anche d’altro genere: egli stesso è chiamato a verificare e valutare il rischio di compromissione e la sua rilevanza ed egli ha o dovrebbe avere la miglior conoscenza di quelle situazioni. Il test del terzo informato obiettivo e

19 L’art. 1, lett. l) d. lgs. cit. definisce la rete come “la struttura alla quale appartengono un revisore legale o una società di revisione, che è finalizzata alla cooperazione e che persegue chiaramente la condivisione degli utili o dei costi o fa capo ad una proprietà, un controllo o una direzione comuni e condivide prassi e procedure comuni di controllo della qualità, la stessa strategia aziendale, uno stesso nome o una parte rilevante delle risorse professionali”. Cfr. anche art. 2 n. 7 direttiva 2006/43/CE. Le definizioni fornite dalla direttiva e dal d.lgs. di attuazione (nonché già prima dall’art. 149-bis Reg. Emittenti della Consob) presentano alcune note differenziali che non agevolano la ricostruzione compiuta della nozione di “rete”.20 Cfr. anche la Raccomandazione della Commissione UE del 16 maggio 2002.21 Cfr. art. 17, co. 2 e 3, d.lgs. cit.

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ragionevole è solo un parametro di autovalutazione. Rispetto agli enti di interesse pubblico, tuttavia, l’elenco dei servizi vietati e delle situazioni di rischio esiste ed è più agevolmente rilevabile anche da terzi, compreso l’ente assoggettato a revisione. E tuttavia anche rispetto agli enti di interesse pubblico norme speciali impongono al revisore: (i) di confermare per iscritto annualmente la propria indipendenza, comunicando anche eventuali servizi non-audit forniti all’ente anche dalla rete di appartenenza; (ii) di discutere con il comitato per il controllo interno e la revisione contabile dell’ente i rischi e le misure adottate e documentate nelle carte di lavoro22. Obblighi speciali, si diceva, ma non vedo perché essi non debbano e non possano applicarsi in via generale, beninteso con i dovuti adeguamenti in considerazione del fatto che negli altri soggetti sottoposti a revisione legale potrebbe non esservi l’Audit Committee. Ad ogni modo, se è vero che il primo responsabile della propria indipendenza è il revisore, la sua valutazione non può e non deve sfuggire anche alla società revisionata. Anche qui disposizioni speciali impongono agli enti di interesse pubblico di dotarsi innanzitutto di un “comitato per il controllo interno e per la revisione contabile”, cui è affidato fra l’altro il compito di vigilare sulla revisione legale e sulla indipendenza del revisore, in particolare sulla prestazione di servizi non-audit. Il nostro legislatore ha incardinato le funzioni del citato Comitato non già in una articolazione interna al consiglio di amministrazione ma nel collegio sindacale e più in generale nell’organo di controllo degli alternativi sistemi di amministrazione e controllo disciplinati dal codice civile. Quest’organo, pur quando non assume le vesti del citato Comitato, è comunque competente a formulare la proposta nella fase di nomina del revisore e il parere nella eventuale fase di revoca per giusta causa. La proposta dev’essere “motivata” e ritengo che nell’ambito di tale motivazione non può sfuggire una valutazione sulla indipendenza del revisore quale elemento essenziale del rapporto che andrà a costituirsi. Gli compete anche una verifica sulla permanenza del requisito in corso di rapporto? A me pare di dover rispondere in senso positivo, sia perché l’organo di controllo “vigila sull’osservanza della legge” (art. 2403 c.c.) sia perché fra il revisore e l’organo di controllo vi dev’essere scambio tempestivo delle informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti (art. 2409-septies c.c.).

L’eventuale rilevazione del difetto di indipendenza dovrebbe portare o alla rimozione del fatto impeditivo, nella misura in cui sia rimovibile, o al divieto dell’assunzione dell’incarico e nel corso del rapporto alle dimissioni o alla revoca per giusta causa.

A livello comunitario il dibattito sulla indipendenza collegato all’esercizio di attività-non audit è stato riacceso dal Libro verde del 2010. Occorre sottolineare che il nostro ordinamento è più rigoroso del sistema prefigurato dalla direttiva del 2006, la quale non introduce – a differenza di quanto avvenuto negli USA con il Sarbanes Oxley Act (SOA) del 2002 – un elenco di attività comunque vietate al revisore nei confronti del cliente audit23. Tende a prevalere un orientamento contrario al divieto assoluto di ogni tipologia di servizi non-audit e nei confronti di qualsiasi cliente, poiché ciò inciderebbe negativamente sul livello di competenze e preparazione dei revisori e in definitiva sulla stessa qualità della revisione legale. Tuttavia, quantomeno nei confronti degli enti di interesse pubblico e di istituzioni finanziarie di rilievo sistemico, molti ritengono che sia necessario e comunque opportuno applicare disposizioni più rigorose. La Risoluzione del Parlamento Europeo del 12-13 settembre 2011 invita a compiere una “distinzione chiara” fra servizi audit e servizi non-audit al fine di: (i) contrastare l’abbassamento artificiale (“low balling”) delle tariffe dei primi con la speranza di compensarle con la remunerazione dei secondi; (ii) elaborare un elenco

22 Art. 17, co. 9, d.lgs. cit.23 L’art. 22, par. 2 ult. periodo della direttiva 2006/43/CE dispone soltanto che “gli Stati membri provvedono inoltre affinché un revisore legale o un'impresa di revisione contabile non effettui la revisione legale dei conti di enti di interesse pubblico nei casi di autoriesame o di interesse personale, ove ciò sia appropriato per salvaguardare la propria indipendenza”.

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di condizioni al cui ricorrere deve considerarsi incompatibile la prestazione dei servizi-non audit; (iii) vietare che i servizi di revisione contabile interna ed esterna siano prestati contemporaneamente, pur riconoscendo che la prestazione in generale di servizi non audit può accrescere le competenze delle piccole e medie imprese di revisione; (iv) vietare comunque la prestazione dei servizi diversi suscettibili di dare adito a conflitto di interesse (compresi servizi di consulenza e di valutazione di prodotti strutturati complessi).

Del resto la stessa direttiva del 2006 già ora riserva alla Commissione, per garantire la fiducia nella revisione e assicurare l’applicazione uniforme delle regole sulla indipendenza, il potere di regolamentare: (i) rischi di compromissione e misure da adottare; (ii) rischi rilevanti tali da compromettere l’indipendenza; (iii) i casi di autoriesame e di interesse personale24.

5. Ma l’indipendenza del revisore non è valutata solo in termini sostanziali, ma anche sul piano formale attraverso regole che incidono sul “rapporto di revisione” (costituzione, remunerazione, durata, estinzione anticipata, rotazione, trasparenza) e più in generale sulla governance del soggetto revisionato.

La nota dominante della nuova regolazione sta nell’attenuazione o meglio nella scomparsa di ogni interferenza pubblicistica nella fase di costituzione ed estinzione del rapporto anche per gli enti di interesse pubblico e nel rafforzamento generalizzato, semmai, dei presidi interni alla governance del controllato.

Il conferimento dell’incarico rientra nella competenza dell’assemblea ordinaria dei soci, su proposta motivata dell’organo di controllo (collegio sindacale o consiglio di sorveglianza o comitato per il controllo sulla gestione)25, così scomparendo la distinzione fra società quotate e società di diritto comune che vedeva solo nelle prime incardinarsi la proposta motivata in capo all’organo di controllo e nelle seconde invece la proposta ricondotta alla competenza degli amministratori, con ruolo meramente consultivo dell’organo di controllo.

Se tuttavia in fase di costituzione del rapporto è stato scisso ogni collegamento con un ruolo attivo degli amministratori (salva la circostanza che in prima battuta ad essi compete convocare l’assemblea con il relativo ordine del giorno, benché non vada trascurato il potere sostitutivo dell’organo di controllo), non sembra che si possa affermare lo stesso per la fase di risoluzione del rapporto. E’ noto che alla risoluzione anticipata la società revisionata può pervenire solo ove ricorra una giusta causa, ma oggi non solo è scomparso il presidio dell’approvazione da parte del Tribunale o del potere di sospensione o divieto di esecuzione da parte della Consob della delibera eventualmente illegittima, ma la stessa proposta di revoca è ricondotta alla competenza degli amministratori e l’assemblea si limita a “sentire” l’organo di controllo26.

Francamente mi sfuggono le ragioni di questa asimmetrica regolazione fra momento costitutivo e

24 Art. 22, par. 4.25 Si ritiene che la proposta dell’organo di controllo debba contenere una valutazione sulla idoneità tecnica del revisore, sulla sua indipendenza e sulla completezza del piano di revisione e dell’organizzazione in relazione alla ampiezza e complessità dell’incarico da svolgere, come già disponeva per il parere l’art. 146 lett c) Reg. Emittenti della Consob.La nomina da parte dell’assemblea generale dei soci è prevista come normale dall’art. 37 direttiva 2006/43/CE, ma il par. 2 consente “altri sistemi o modalità di designazione… purché tali sistemi o modalità mirino ad assicurare l'indipendenza del revisore legale o dell'impresa di revisione contabile rispetto ai membri esecutivi dell'organo di amministrazione o all'organo di direzione dell'ente sottoposto alla revisione contabile”. 26 L’art. 13 d.lgs. n. 39/2010 non parla espressamente della proposta di revoca in capo agli amministratori, ma tanto si desume dalla circostanza che impone solo il parere dell’organo di controllo. Limitazione della giusta causa e obbligo di informativa all’autorità di vigilanza sono previsti dall’art. 38 direttiva 2006/43/CE.

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momento estintivo e mi lascia molto perplesso la sostanziale attenuazione di garanzia di indipendenza del revisore con il venir meno di qualsiasi forma preventiva di verifica esterna della ricorrenza della giusta causa. Tanto più che la nozione di “giusta causa” non è espressamente definita (vi è semmai una precisazione in negativo, per cui non costituisce giusta causa “la divergenza di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione”) e benché “i casi e le modalità” con cui può risolversi il rapporto sia per giusta causa sia per dimissioni o consensualmente dovranno essere definiti con regolamento del MEF, sentita la Consob27.

A tale proposito si è posto giustamente il problema di cosa accada nelle more che il MEF eserciti il suo potere regolamentare e cioè se sia consentito comunque ricorrere alla revoca per giusta causa, nonostante l’incompletezza del dettato normativo. A me pare che la questione debba risolversi in senso positivo e peraltro con riguardo anche agli istituti delle dimissioni e della risoluzione consensuale, che parrebbero innovativi, ma che invece sono a mio avviso riconducibili ai principi generali del contratto28. A ciò si aggiunga che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato una nozione di giusta causa di portata generale ai fini della risoluzione di un rapporto contrattuale. Ma nella risposta positiva occorre tener conto di un rilievo di base: il rapporto di revisione non è – secondo la mia opinione – liberamente disponibile dalle parti, in considerazione della “funzione pubblica” assolta dal revisore e della tutela di interessi terzi ed esterni al medesimo rapporto che esso è destinato a svolgere29. Ne consegue che la risoluzione anticipata è consentita sempre e solo quando ricorra una “giusta causa”, e ciò in qualsiasi ipotesi oggi regolata, tanto che si tratti di risoluzione per volontà del revisore (dimissioni) ovvero per volontà della società revisionata (revoca) quanto che si tratti di risoluzione consensuale.

La riprova di questa impostazione sta nella circostanza che la disposizione primaria, fissata la possibilità di attivazione dei tre istituti estintivi, rinvia alla fonte regolamentare la definizione dei casi, i quali devono evidentemente fondarsi non sulla mera volontà di una o di entrambe le parti, ma su una adeguata e ragionevole giustificazione. La bozza di regolamento del MEF, del resto, segue questa impostazione, sostanzialmente riconoscendo una specificazione di ipotesi costituenti “giusta causa” di revoca o “circostanze idonee a motivare” le dimissioni e prevedendo comunque con clausola generale di chiusura che alla revoca o alle dimissioni si può pervenire ove sussistano fatti o circostanze “da motivare adeguatamente, di rilevanza tale che risulti impossibile la prosecuzione del contratto di revisione, anche in considerazione delle finalità dell’attività di revisione legale”. E ancor più significativo è il dato che la risoluzione consensuale è consentita nei soli casi in cui sono possibili revoca e dimissioni30.

27 Ad oggi il regolamento non è ancora stato emanato; la bozza del provvedimento è stata pubblicata nel giugno 2011 dal MEF a fini di consultazione pubblica; le risposte sono reperibili all’indirizzo http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e-GOVERNME1/revisione-legale/ Consultazio nipubblicheon-line/index.html .28 Favorevoli anche in passato alla applicazione di dimissioni e risoluzione consensuale C. SASSO, sub art. 2409 quater, in NLCC, 2005, p. 1048 e M. MAGGIOLINO, sub art. 2409 quater, in AA. VV. (a cura di F. Ghezzi), Collegio sindacale. Controllo contabile, nel Commentario alla riforma delle società diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano, p. 474; Contrari A. ROSSI, Revisione contabile e certificazione obbligatoria, Milano, 1985, p. 127 e A. SACCHI, Attività diverse dalla revisione contabile in senso stretto attribuite al Revisore dalla riforma del diritto societario e del TUIF: fusione, aumento di capitale, acconto sui dividendi, in Il controllo nelle società e negli enti, 2005, p. 343; e v. anche G. DI CECCO, sub art. 2409 quater, in AA. VV. (a cura di M. Sandulli e V. Santoro), La riforma delle società. Società per azioni, I, Torino, 2003, p. 648. La mia opinione favorevole è peraltro contenuta sempre entro il limite della giusta causa, come si precisa nel testo.29 In analogo ordine di idee mi sembra muoversi anche ASSONIME, Circ. n. 16 del 3 maggio 2010, p. 40 s. (ivi anche una dettagliata analisi della nozione e delle fattispecie di “giusta causa”).30 Sul punto ampiamente, con l’analisi della bozza di regolamento MEF, A. BORTOLOTTI, op. cit., p.367.

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E comunque non mi paiono adeguati sostituti della preventiva verifica della giusta causa da parte di Consob o Tribunale né il potere di specificazione dei casi attribuito alla fonte regolamentare, posto che permane inevitabilmente la clausola generale di apertura a casi non definiti preventivamente, né il mero obbligo di informativa all’autorità di vigilanza (MEF e, nel caso enti di interesse pubblico, Consob) con adeguata spiegazione delle ragioni. La delibera assembleare è immediatamente efficace e al più potrebbe ammettersi una impugnativa dell’Autorità, invocando la nullità per oggetto illecito (contrarietà a norma imperativa) della delibera priva di (idonea) giusta causa e ravvisando nell’Autorità un soggetto legittimato in quanto terzo (qualificato) che ha interesse a far valere l’invalidità.

Devo evidenziare che il tema del conflitto di interessi determinato dalla circostanza che il revisore contabile è nominato e retribuito dalla stessa entità sottoposta a revisione viene generalmente riconosciuto come tale dalla stragrande maggioranza degli operatori e delle autorità che hanno partecipato alla consultazione avviata dal Libro verde del 2010. Nel contempo la maggior parte (ivi compresi gli investitori) considera tale conflitto “inevitabile” (così la Risoluzione del PE 12-13 settembre 2011) ma governabile, già esistendo misure che mitigano il rischio ed altre potendosene introdurre. Si sottolinea che l’attribuzione a terzi (come ad esempio ad una autorità di vigilanza) del potere di nomina del revisore legale porrebbe, oltre a problemi di eccessiva burocratizzazione del rapporto, anche questioni di deresponsabilizzazione del revisore e della sua relazione con gli azionisti, con il rischio di scaricare sul terzo le responsabilità per il “fallimento” del revisore31.

Si tende tuttavia a riconoscere che in alcune circostanze l’intervento di una autorità terza può rivelarsi più che opportuna: attribuendo un potere di veto nella nomina di revisori considerati inidonei nello specifico caso, soprattutto con riguardo ad enti di interesse pubblico; in caso di inerzia della entità revisionata; ove le società fruiscano di fondi pubblici. L’approccio casistico può essere interessante nella fase costitutiva del rapporto, ma credo che un generale controllo terzo nella fase di risoluzione anticipata sia necessario presidio di garanzia dell’indipendenza del revisore. Né tale intervento mi sembra in contrasto con la direttiva comunitaria, sia perché essa legittima altri sistemi di designazione diversi dalla nomina assembleare, purchè garantiscano l’indipendenza dai membri esecutivi del consiglio di amministrazione o dalla direzione, sia perché alcun impedimento è posto al riguardo in caso di revoca e dimissioni (cfr. art. 38 direttiva 2006/43/CE).

Si può comunque concordare sul rafforzamento del ruolo svolto, nella relazione con il revisore, dall’Audit Committee32, cui il Parlamento Europeo ritiene doversi attribuire il potere di nomina e il ruolo di supervisione dell’indipendenza del revisore nel corso dell’intero rapporto. Anche l’eventuale fornitura di servizi non-audit dovrebbero essere sottoposti all’autorizzazione e alla negoziazione del Comitato per la revisione contabile.

Il sistema di governance accolto nel nostro ordinamento sembra muoversi nella direzione tracciata dagli ultimi orientamenti comunitari. La direttiva del 2006 obbliga gli Stati membri, limitatamente alla revisione degli enti di interesse pubblico, ad istituire - come si è già detto - un “comitato per il controllo interno e la revisione legale”, le cui competenze investono la vigilanza: (i) sul processo di informativa finanziaria; (ii) sull’efficacia dei sistemi di controllo interno, la revisione interna e la gestione dei rischi; (iii) sulla revisione legale dei conti e sulla indipendenza del revisore con particolare riferimento allo svolgimento di servizi non-audit; il nostro legislatore ha fatto carico all’organo di controllo dei compiti di tale Comitato e

31 Quest’ultima osservazione fa capo in particolare alle Big Four.32 Ad un “potenziamento del ruolo del comitato per la revisione contabile” fa deciso riferimento la Risoluzione PE del 12-13 settembre 2011.

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ha imposto un dialogo fra lo stesso organo e il revisore, quantomeno sotto forma di relazione che il secondo deve presentare al primo sulle questioni fondamentali e le carenze significative rilevate33.

6. Anche per quanto concerne durata e corrispettivo dell’incarico si ripropone la dicotomia fra società di diritto comune ed enti di interesse pubblico.

In via generale la durata dell’incarico di revisione legale è fissata a tre esercizi (con scadenza alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio del terzo esercizio) ma per gli enti di interesse pubblico l’incarico dura sette esercizi ove svolto dal revisore persona fisica e nove esercizi se svolto dalla società di revisione. Questa maggiore durata per gli e.i.p. è tuttavia compensata dal divieto di rinnovo dell’incarico se non prima che siano trascorsi almeno tre esercizi dalla cessazione, divieto di rinnovo che invece non si applica ai revisori delle società o enti di diritto comune, per i quali varrà il criterio generale del rischio rilevante di eccessiva familiarità ai fini di un eventuale diniego di rinnovo per difetto di indipendenza. E sempre come speciale normativa aggiuntiva per gli e.i.p. si impone la rotazione del responsabile della revisione nei confronti del medesimo ente ogni sette esercizi, con un periodo di raffreddamento di due esercizi.

Con questi meccanismi di rotazione che coinvolgono sia la società di revisione sia il partner responsabile della revisione si intende evitare a priori il rischio di familiarità che è destinato a configurarsi dopo lunghi periodi di designazione dello stesso revisore. Il nostro ordinamento è fra i più rigorosi, poiché impone la doppia rotazione (della società e del responsabile) con il periodo di raffreddamento, mentre la direttiva dispone la sola rotazione del responsabile della revisione34.

La Commissione nel Libro verde del 2010 sembra favorevole al sistema italiano, ma la maggior parte delle risposte in sede di pubblica consultazione risultano contrarie, al più favorendosi più limitati periodi di durata alla cui scadenza si proceda ad una gara per la nuova designazione. Anche la recente Risoluzione del P.E. si esprime nel senso che “non è la rotazione esterna, ma piuttosto un cambio regolare dei revisori interni a rappresentare la migliore soluzione da un punto di vista regolamentare”, con ciò volendo confermare il livello di garanzia disposto dalla vigente direttiva.

Quanto alla determinazione del corrispettivo si tende a sottrarre questo elemento alla influenza degli amministratori della società revisionata, per cui essa deve avvenire in sede di nomina da parte dell’assemblea (con potere a mio avviso non delegabile agli amministratori) e per tutta la durata dell’incarico, compresa la definizione dei criteri per l’adeguamento del corrispettivo durante l’incarico 35. Ritengo che anche l’adeguamento in concreto debba essere deliberato dall’assemblea (diversamente parrebbe la Circolare Assonime), salvo che i criteri determinino veri e propri automatismi. La predeterminazione dei criteri risponde sempre alla logica di non incidere indirettamente sull’autonomia e obiettività del revisore, ciò che può avvenire anche ad opera della maggioranza assembleare nel corso dell’incarico. Quanto alla determinazione dei corrispettivi per servizi diversi dalla revisione legale in senso stretto, parrebbe che la competenza debba riconoscersi agli amministratori. Ma non si deve trascurare che,

33 Art. 19 d.lgs. cit.; art. 41 direttiva 2006/43/CE. Sul comitato per il controllo interno e la revisione contabile si veda C. SOTTORIVA, Il comitato per il controllo interno e per la revisione contabile introdotto dall’art. 19 del d. lgs. 39/2010: riflessioni in sede di prima istituzione alla luce delle indicazioni dell’unione europea, in Riv. Dott. comm., 2011, 129. 34 Cfr. rispettivamente art. 17 d.lgs. cit.; e art. 42, par. 2 direttiva 2006/43/CE.35 Sui limiti e i criteri di determinazione del corrispettivo cfr. art. 10, co. 9 e 10, d.lgs. cit. Sulle modalità di determinazione del compenso dei dipendenti della società di revisione v. art. 10, co. 11, cit.

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quantomeno negli e.i.p., l’organo di controllo in funzione di Comitato ha il potere-dovere di vigilare sulla indipendenza del revisore con particolare riferimento alla prestazione dei servizi non-audit, con la conseguenza che esso dovrà esprimere quantomeno un parere sulla congruità dei relativi corrispettivi affinchè non configurino camuffati compensi aggiuntivi per i servizi audit.

Ma la struttura del corrispettivo potrebbe subire ulteriori interventi regolamentari a livello comunitario, sia in termini di fissazione di un limite massimo percentuale per ciascun cliente, onde evitare il rischio di eccessiva dipendenza economica del revisore da un solo o pochi clienti, sia in termini di trasparenza36.

Ed è proprio sul piano della trasparenza che si invocano ulteriori disposizioni in sede comunitaria. Attualmente per i soli revisori e società di revisione che svolgono revisioni legali nei confronti degli e.i.p. sussiste l’obbligo di pubblicare sul proprio sito internet una relazione di trasparenza annuale che nella sostanza descrive forma giuridica, struttura proprietaria e di governo nonché rete del revisore, il sistema di controllo interno di qualità e la data dell’ultimo controllo di qualità subito, l’elenco degli e.i.p. revisionati nell’esercizio precedente, le misure a garanzia dell’indipendenza e della formazione continua, informazioni finanziarie sul revisore e la base di calcolo per la remunerazione dei soci. Ma il P.E. ritiene che la trasparenza andrebbe completata con la pubblicazione dei conti annuali del revisore, a loro volta verificati per garantirne la correttezza.

7. L’intero sistema della revisione legale è presidiato da organi di vigilanza pubblica, che si ripartiscono, secondo l’ormai nota distinzione dei soggetti sottoposti a revisione quali enti di diritto comune ed enti di interesse pubblico, fra Ministero dell’Economia e delle Finanze (subentrato invero al Ministero della Giustizia) e Consob. Ai due organismi pubblici competono analoghi poteri di indagine e istruttori (richiesta di dati, notizie e documenti, ispezioni) che possono culminare, in caso di accertate violazioni, in gradate e proporzionali sanzioni amministrative, pur con l’avvertenza che a comminarle è sempre il Ministero anche nel caso di e.i.p. e tuttavia – in tal caso – su proposta della Consob (fermo il ricorso dell’interessato in unico grado di merito alla Corte d’appello del luogo in cui ha sede il revisore o, nell’impossibilità, del luogo in cui è stata commessa la violazione).

Il sistema di pubblica vigilanza sui revisori, che trova nel nostro ordinamento un antesignano di vecchia data, è stato ormai accolto anche negli ordinamenti anglosassoni, da quando il SOA del 2002 ha dato vita alla istituzione negli Stati Uniti del PCAOB (Public Company Accounting Oversight Board), una organizzazione non-profit formalmente di diritto privato, ma i componenti del cui Board sono nominati dalla SEC e i cui principali atti e relativo bilancio sono soggetti all’approvazione della SEC. In sostanza si tratta di un’autorità preposta alla vigilanza della professione contabile soprattutto nell’espletamento della funzione di revisione a tutela dell’informativa diretta ai mercati finanziari.

36 Il P.E. nella recente Risoluzione “ritiene che gli onorari che un’impresa di revisione contabile o una rete di imprese di revisione contabile possono ricevere da un unico cliente dovrebbero essere pubblicati quando superano una determinata soglia e che i supervisori dovrebbero essere in grado di intervenire effettuando controlli o imponendo limiti o altri requisiti in materia di pianificazione quando gli onorari eccedono una determinata percentuale rispetto al reddito complessivo dell’impresa di revisione contabile, così da evitare che essa si ritrovi in una situazione in cui perde la propria indipendenza economica; sottolinea, tuttavia, che per le imprese più piccole un intervento di questo tipo non dovrebbe pregiudicare la crescita, poiché conquistare un cliente importante, che all’inizio rappresenta una percentuale elevata delle attività dell’impresa di revisione, è parte essenziale del processo di crescita”.

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La caratteristica principale di questo sistema è quello di aver predisposto un periodico “controllo di qualità” dell’attività di revisione, basato su una verifica adeguata dei documenti di revisione e consistente nella “valutazione della conformità ai principi di revisione e ai requisiti di indipendenza applicabili, della quantità e qualità delle risorse impiegate, dei corrispettivi per la revisione, nonché del sistema interno di controllo della qualità nella società di revisione legale”. La periodicità del controllo varia a seconda che il revisore eserciti la propria attività solo nei confronti di enti di diritto comune (ogni sei anni) ovvero anche nei confronti di enti di interesse pubblico (ogni sei anni); il controllo è affidato a persone fisiche in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale in materia di revisione dei conti e in materia di informativa finanziaria e di bilancio, nonché di una preparazione specifica in materia di controllo di qualità. Tutta la materia del controllo di qualità è disciplinata altresì da regolamenti di competenza rispettivamente del Ministero e della Consob. Le persone fisiche incaricate volta a volta sono scelte ovviamente evitando che sussistano conflitti di interesse fra controllore e controllato; per i revisori che esercitano l’attività anche su e.i.p. sono dettate specifiche incompatibilità per talune relazioni esistenti ed è previsto un periodo di reffreddamento dalla cessazione di tali relazioni. Il controllo di qualità si conclude con la redazione di una relazione contenente la descrizione degli esiti del controllo e le eventuali raccomandazioni al revisore di effettuare specifici interventi e del termine entro cui ciò deve essere adempiuto, pena l’applicazione di sanzioni amministrative. Per gli e.i.p. la bozza di relazione deve essere discussa con il revisore prima della sua finalizzazione37 e le funzioni della Consob in materia di controllo di qualità possono essere delegate (salve alcune) ad un altro ente mediante apposita convenzione.

Sul problema della supervisione pubblica due questioni vengono evidenziate nella prospettiva di un ulteriore intervento comunitario: il rafforzamento del dialogo fra autorità e revisori; l’esigenza di una migliore e più integrata cooperazione delle autorità di vigilanza a livello europeo. Lo stesso P.E. auspica che il dialogo si svolga nei due sensi, e che soprattutto nel settore degli istituti finanziari la comunicazione abbia carattere bidirezionale. Quanto alla maggiore integrazione europea del sistema di vigilanza, prevale la tendenza ad armonizzare le pratiche di vigilanza, integrando il Gruppo europeo degli organismi di vigilanza dei revisori contabili (EGAOB) nel Sistema europeo di vigilanza finanziaria per il tramite dell’ESMA, la nuova Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati. Al di là dei profili di coordinamento, la Commissione sottolinea che allo stato sfuggono ad ogni verifica le entità di gestione transfrontaliera che coprono le operazioni di una rete in diversi Stati membri, per cui occorre trovare una soluzione al disallineamento tra vigilanza nazionale e reti pan-europee.

8. Ma fra i maggiori problemi sollevati dal Libro verde del 2010 vi è quello della attuale struttura oligopolistica del mercato della revisione contabile, in particolare dell’area concernente le società ed enti che definiremmo di interesse pubblico. Dopo le operazioni di concentrazione verificatesi nell’ultimo decennio (se non nell’ultimo ventennio), perlopiù giustificate da ragioni di internazionalizzazione e di efficienza sinergica ma anche – com’è noto – dal fallimento della Arthur Anderson dopo lo scandalo Enron, il mercato della revisione delle top companies è dominato dalle cd. Big Four con oltre il 90% della quota da esse occupato rispetto alla esigua presenza di medie e piccole imprese di revisione. La scarsa concorrenza ovviamente si riflette sul livello dei costi della revisione ma soprattutto sulla possibilità di scelta da parte dei clienti e in definitiva sulla qualità del servizio stesso reso, con rischi più elevati per la tutela degli interessi generali e la trasparenza dei mercati finanziari. Da alcune parti si osserva che l’elevato grado di concentrazione può pregiudicare la stessa supervisione pubblica e il controllo di qualità, sia per l’indebita

37 Art. 20, co. 6, e art. 22, co. 9, d.lgs. cit.15

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influenza che possono esercitare le Big Four sui supervisori nazionali sia per il timore che l’eccessivo rigore possa condurre al dissolversi di una delle reti internazionali come per il recente passato e dunque ad una ulteriore concentrazione del mercato.

Molti ritengono che l’eventualità di un nuovo fallimento delle Big Four costituisca un rischio sistemico per l’economia; ed anche se altri osservano che ciò non può equiparasi all’effetto domino che la crisi delle grandi banche ed istituzioni finanziarie è in grado di innescare, si evidenzia comunque il grave turbamento che si determinerebbe nel mercato della revisione quantomeno in via temporanea con gravi riflessi sul controllo dell’informativa finanziaria delle imprese quotate e dunque sugli equilibri dei mercati.

Negli ultimi tempi analisi e ricerche si sono moltiplicate; ma non vi è convergenza sui possibili rimedi da attivare per ridurre il grado di concentrazione del mercato della revisione. Al riguardo le ipotesi formulate sono le seguenti:

a) intervento delle autorità sulla concorrenza in funzione di smembramento delle attuali grandi reti di revisione e comunque di divieto di nuove fusioni ed operazioni di acquisizione da parte delle stesse;

b) adozione di forme di “revisione congiunta” sul modello francese o comunque di “consorzi fra imprese di revisione” per l’aggiudicazione di incarichi da parte delle grandi società, e in cui uno dei revisori congiunti o consorziati debba necessariamente essere una media o piccola impresa di revisione (che affianchi una delle Big Four);

c) rotazione obbligatoria e periodica indizione di gara alla scadenza dell’incarico aperta anche alle imprese di revisione di media e piccola dimensione, in funzione non solo di tutela della indipendenza del revisore ma anche anticoncentrativa;

d) nullità delle clausole negoziali spesso contenute in contratti di finanziamento che obbligano le imprese finanziate ad utilizzare i servizi di revisione di una delle Big Four;

e) creazione di un certificato o registro di qualità per le imprese di revisione contabile che agevoli il superamento del pregiudizio diffuso fra la clientela a favore delle prestazioni delle Big Four sul presupposto per cui la loro competenza e professionalità è migliore di quelle delle piccole e medie imprese di revisione, pregiudizio in verità dovuto anche alla circostanza che le grandi reti internazionali costituiscono “deep pocket” cui attingere in caso di azione di responsabilità.

Ad ogni modo si segnalano molti consensi quantomeno sulla opportunità di elaborare, sotto la guida dei supervisori pubblici, “piani di emergenza” per un fallimento ordinato nell’eventualità della crisi di una delle grandi reti internazionali. Nella Risoluzione del P.E. si sottolinea che “gli obiettivi di questi piani dovrebbe essere di ridurre al minimo il rischio che un’impresa di revisione contabile abbandoni il mercato senza giusta causa e di contenere l’incertezza e i disagi che tale sparizione potrebbe provocare”. Sotto questo profilo si dovrebbe introdurre un “meccanismo attraverso il quale l’autorità di regolamentazione viene informata di tutti i problemi che minacciano un’impresa di revisione contabile a livello nazionale o internazionale” e potrebbero essere utili i cd. “testamenti biologici” quantomeno per le Big Four e i revisori che forniscono significativi servizi di revisione al settore finanziario, al fine di consentire una ordinata cessione dei contratti dei clienti.

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9. L’ultimo punto che vorrei affrontare ruota intorno alla questione centrale che è stata posta dalle ricorrenti crisi dell’ultimo ventennio: quale è e quale è avvertita la funzione, il ruolo svolto dal revisore nel processo di informativa finanziaria indirizzata al mercato? Come ho sottolineato fin dall’inizio, esiste un gap (che alcuni ritengono difficilmente colmabile) fra le aspettative del pubblico e il ruolo in concreto e legislativamente assolto dal revisore. Il pubblico si attende che il giudizio del revisore abbia in qualche modo a che fare con lo stato di salute finanziaria dell’ente revisionato, laddove si assume che il giudizio del revisore è di mera legittimità, limitandosi ad attestare la conformità dei bilanci (separato ed eventualmente consolidato) alle regole di riferimento e che i conti rappresentano in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa. Il pubblico si attende che il revisore fornisca sì un giudizio non ambiguo sui conti dell’ente revisionato (donde la forma binaria dello stesso: conforme/non conforme), ma che nello stesso tempo informi più estesamente sui processi di revisione adottati e i suoi risultati e sulla stessa evoluzione futura o quantomeno sui rischi potenziali più significativi dell’impresa; ma la regolamentazione privilegia una relazione sintetica del revisore e fonda il giudizio del revisore sulle informazioni storiche piuttosto che sui dati previsionali (looking forward information).

In questa prospettiva la recente riforma della revisione legale non sembra compiere passi in avanti, sostanzialmente unificando per molteplici profili la normativa di diritto comune con quella recata dal Tuf, salvo alcune disposizioni speciali per le società con azioni quotate. In sostanza, pur non offrendo il legislatore una vera e propria definizione della revisione legale dei conti, essa si ricava dalla duplice attività che - secondo la normativa - fa carico al revisore di: a) esprimere con apposita relazione un giudizio sul bilancio d’esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto, attività questa che costituisce il momento per così dire esterno o pubblico della revisione; b) verificare nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili, attività che invece integra la fase interna della revisione. Duplice attività che, invero, rappresenta fasi della medesima funzione, da esercitare con sostanziale continuità nel corso dell’esercizio (è scomparso il riferimento alle verifiche da compiere almeno trimestralmente), poiché il giudizio sul bilancio è solo il momento terminale di un controllo contabile che si estende lungo l’intero esercizio e logicamente non può che precederlo. E quel giudizio non ha ad oggetto il merito dell’attività sociale, ma solo la legittimità ovvero la conformità dell’informativa resa con i conti annuali alle regole di riferimento, un giudizio destinato ad inserirsi nel procedimento di formazione del bilancio d’esercizio e poi ad essere pubblicizzato unitamente ai conti approvati in funzione di una “reasonable assurance”, di una ragionevole sicurezza (di grado elevato ma non assoluta) che il bilancio nel suo complesso non presenti errori significativi, dovuti a comportamenti intenzionali (frodi) o anche a comportamenti ed eventi non intenzionali.

Questa tradizionale impostazione del ruolo del revisore è tuttavia, a mio avviso, posta in crisi perlomeno da tre fattori:

a) l’adozione, nel concreto esercizio della revisione, del cd. “tick-box approach”, insomma di quella evoluzione che la Commissione europea segnala nel Libro verde del 2010 per cui la revisione legale è passata da una verifica sostanziale, di reddito spese attività e passività, ad una verifica formale e al più ad un “approccio basato sul rischio”. Osserva la Commissione: “secondo quanto sembra indicare la prassi attuale, la predetta ‘sicurezza ragionevole’ mira non tanto a garantire che il bilancio dia una rappresentazione fedele, quanto a garantire che il bilancio sia redatto conformemente allo schema di regole dell’informativa finanziaria applicato”. Il che sembra conseguenza delle prassi proprie ai revisori di cultura statunitense, essendo noto che negli US-GAAP difettano tanto il principio della “true and fair view” quanto l’espressa previsione del principio “substance over form”, che invece sono accolti negli IAS/IFRS. Questa ricerca di conformità al rispetto della regola convenzionale di riferimento induce alla metodologia

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delle liste da riempire (appunto il cd. tick-box approach), piuttosto che alla verifica sostanziale e complessiva della rappresentazione veritiera e corretta; e reclama allora per reazione un mutamento di prospettiva nel ruolo in concreto assolto dal revisore;

b) la diffusa adozione degli IAS/IFRS, i quali non solo ribadiscono espressamente i due accennati principi, ma esigono in molte circostanze l’applicazione del criterio valutativo del fair value, il quale, più che richiamare dati storici e hard nell’informazione finanziaria, è orientato alla valorizzazione dei prevedibili flussi di cassa futuri, introducendo inevitabilmente stime che tendono a modificare l’informazione finanziaria in termini prospettici piuttosto che storici, termini sui quali anche il revisore è chiamato a fornire il suo giudizio professionale;

c) il principio del “going concern” o continuità aziendale, certo tradizionale presupposto dei bilanci d’esercizio, ma di fatto venuto prepotentemente alla ribalta con la recente crisi finanziaria sì da aver richiamato l’attenzione e promosso le raccomandazioni di tutti i supervisori pubblici (o autorità di regolazione) dei mercati finanziari; principio che ovviamente impone di proiettare l’attività del soggetto revisionato oltre l’esercizio che si è chiuso, in un orizzonte di sviluppo futuro che quantomeno si estende ai successivi dodici mesi.

A fronte di questi fattori, non si tratta tanto di distinguere correttamente il differente ruolo assolto da analisti e agenzie di rating, che sarebbero deputati ad esprimere giudizi prospettici, quanto di prendere atto che il mutato paradigma dell’informazione finanziaria diffusa ai mercati anche tramite i conti annuali solleva una domanda di maggiore responsabilizzazione e di maggior “scetticismo professionale” in capo ai revisori e nel contempo anche di valutazioni di tipo prospettico legate soprattutto all’informativa sulla gestione dei rischi38. Di qui la richiesta di una comunicazione più intensa e più significativa fra il revisore e gli stakeholders ma anche con gli organi della società sottoposta a revisione; di qui le proposte sulla modifica del contenuto della relazione del revisore.

Prima di toccare il tema della comunicazione esterna, che sembra sovrapporsi alla questione del contenuto della relazione del revisore, qualche parola va spesa sulla comunicazione interna, che richiama evidentemente il problema della governance dell’ente revisionato. Occorre anzi evidenziare come da molte parti si ritiene che il rafforzamento della funzione del revisore debba passare attraverso una migliore e più ricca comunicazione interna, piuttosto che attraverso un ampliamento della comunicazione esterna.

La Risoluzione del P.E. ritiene che la revisione contabile “svolga una funzione sociale e sia nell’interesse della collettività” e insiste perché si sviluppi un dialogo fluido e regolare tra il revisore esterno, il revisore interno e il comitato per la revisione contabile, pur sottolineando l’esigenza di definire chiaramente i confini della revisione interna rispetto alla revisione esterna; e aggiunge che il revisore deve avere diritto di parola nelle assemblee generali delle società in relazione a materie che riguardano la sua attività, il che costituirebbe una sostanziale novità nel nostro ordinamento (non così, per esempio, in Francia). Quanto al comitato per la revisione contabile delle istituzioni finanziarie si spinge a richiedere che esso approvi un “modello di valutazione del rischio” che comprenda raffronti specifici con parametri di riferimento (fra l’altro, future esigenze finanziarie, accordi tra le banche, flussi di cassa futuri, gestione del rischio, previsioni della dirigenza, osservanza dei principali principi contabili, qualsiasi rischio prevedibile in

38 In generale, sul ruolo del fallimento dei gatekeepers nella prima crisi finanziaria del millennio, culminata con il caso Enron, v. J. C. COFFEE jr., Understanding Enron: It’s about the gatekeepers, stupid, working paper n. 207 della Columbia Law School, reperibile all’indirizzo http://ssrn.com/abstract_id=325240; sulle attività produttive di attestazioni generatrici di fiducia si veda A. BENEDETTI, Certezza pubblica e “certezze” private. Poteri pubblici e certificazioni di mercato, Milano, 2010.

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relazione al modello di business dell’impresa) e che la valutazione venga sottoposta annualmente per esame e approvazione agli organi direttivi e ai consigli di vigilanza degli istituti finanziari, insieme con la relazione di revisione contabile “completa”.

Nell’ambito della comunicazione interna si colloca altresì la proposta di far redigere al revisore una relazione più estesa destinata al legale rappresentante o all’ Audit Committee sulla falsariga di quanto accade in Germania con il cd. long-form report (Prufungsbericht : § 321 HGB). E’ vero che già l’art. 41, par. 4, della direttiva 2006/43/CE e l’art. 19, co. 3, d. lgs. cit. impongono al revisore di presentare una relazione più ampia al Comitato per il controllo interno e per la revisione contabile, presumibilmente con periodicità annuale – benché non venga precisato – in concomitanza con la relazione sui conti contenente il giudizio destinato al pubblico. Ma intanto il precetto riguarda la revisione dei soli enti di interesse pubblico, laddove la disposizione dell’HGB sembra avere carattere più generale; e soprattutto mentre l’attuale disposizione comunitaria (e nazionale) fa riferimento ad un contenuto generico e minimale (questioni fondamentali emerse in sede di revisione legale, carenze significative rilevate nel sistema di controllo interno in relazione al processo di informativa finanziaria), ben più esteso e dettagliato è il contenuto del long-form report tedesco, che sembra in concreto apportare un effettivo valore aggiunto all’attività di revisione nell’ottica dei miglioramenti da sviluppare all’interno dell’ente revisionato. In particolare i nuclei principali del Prufungsbericht sono quattro: (i) rilievi di carattere generale aventi ad oggetto: il commento del revisore sull’opinione espressa dai legali rappresentanti sullo stato della società o del gruppo, soprattutto una valutazione sulla continuità aziendale e sullo sviluppo futuro della società o del gruppo, tenuto conto della relazione sulla gestione (al bilancio separato e al bilancio consolidato) e nei limiti in cui i conti revisionati e le relazioni sulla gestione consentono una tale valutazione; i fatti che mettono in rischio l’esistenza della società o del gruppo o che possono sostanzialmente pregiudicarne lo sviluppo; qualsiasi irregolarità o violazione di legge o di statuto compiuta dai legali rappresentanti e dipendenti; (ii) spiegazione delle fondamenta su cui si basa la revisione: soggetto, natura e scopo della revisione; principi contabili e principi di revisione applicati; conferma dell’indipendenza del revisore; (iii) le decisioni di politica contabile adottate: metodologie contabili, i criteri sostanziali per stime e valutazioni e i relativi cambiamenti, compreso l’esercizio di opzioni sui principi contabili e di valutazione, l’utilizzo di discrezionalità e di misure strutturali (window dressing transactions); qualsiasi significativa informazione sulle poste di bilancio che non sia stata già fornita nelle note al bilancio e la precisazione se i legali rappresentanti della società abbiano fornito le richieste spiegazioni e i relativi conti; (iv) nel caso di società quotate, una valutazione sulla idoneità dei sistemi di “risk management” e di controllo interno attuati dagli amministratori esecutivi.

Ma a molti non sembra sufficiente che venga migliorata la comunicazione interna alla governante dell’ente revisionato. Parimenti cruciale appare l’esigenza di miglioramento della comunicazione esterna, tanto verso l’autorità di vigilanza quanto verso il mercato.

La Risoluzione del P.E., ancora una volta, ritiene che al revisore debba far carico di segnalare all’autorità le difficoltà che potrebbero compromettere la stabilità dell’ente revisionato ed auspica incontri bilaterali periodici soprattutto con le autorità di vigilanza del settore finanziario.

Quanto alla comunicazione verso il mercato, è vero che il P.E. ritiene che le relazioni del revisore debbano essere “brevi” e “contenere conclusioni chiare e concise”, che il sistema delle riserve nelle relazioni è utile ad arricchire la qualità della revisione e non merita di essere riconsiderato, ma nel contempo assume che il revisore debba fornire anche all’assemblea generale (il che vale quanto dire al mercato) “spiegazioni complementari su questioni generali, come la metodologia di contabilizzazione utilizzata, e concrete, come gli indicatori chiave, le cifre rilevanti e le valutazioni dei rischi associati alle

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stime contabili pertinenti o i pareri significativi che sono stati emessi, nonché su difficoltà specifiche incontrate nel corso della revisione contabile”. Appare evidente che al revisore si chiede in definitiva di assolvere non solo ad una funzione di “reasonable assurance” ma anche di vera e propria informativa.

In questa ottica vale la pena evidenziare che il PCAOB statunitense ha diffuso il 21 giugno 2011 un documento di discussione recante quattro possibili alternative di modifica all’attuale relazione del revisore (Auditor’s Report) e il relativo dibattito è tutt’ora in corso. E ciò sul presupposto che i revisori spesso vengono in possesso di significative informazioni sulle modalità di preparazione dei conti che possono rivelarsi utili agli investitori e agli altri utilizzatori dei “financial statements” e la cui discussione nella relazione del revisore può condurre a mercati più efficienti e ad una migliore allocazione dei capitali.

Dopo aver ricordato che l’attuale relazione del revisore segue un “pass/fail model” (la forma binaria conformità/difformità di cui si è già detto) e che non si intende superare quel modello ma solo fornire informazioni supplementari, senza voler incidere sulla distribuzione di responsabilità fra i protagonisti della informativa finanziaria, le quattro ipotesi alternativi, ma anche cumulabili, prospettate per la integrazione della relazione del revisore sono sintetizzate come segue:

a) l’integrazione nella relazione del revisore di un “Auditor’s Discussion and Analysis”che abbia ad oggetto la discussione del revisore sulle questioni più significative sia relativamente al processo di revisione attuato (rischi identificati, procedure applicate e risultati ottenuti, indipendenza del revisore) sia relativamente alla sua opinione sui conti dell’impresa revisionata (valutazioni e stime del management, politiche e pratiche contabili seguite, difficoltà o contenziosi, comprese le pretese definite o evitate). Insomma questa ipotesi è molto simile al Prufungbericht tedesco, con la non trascurabile differenza che l’informativa è destinata al pubblico e non solo all’interno della entità revisionata;

b) l’imposizione di “Required and Expanded Use of Emphasis Paragraphs”, che renderebbe obbligatorio e non discrezionale il richiamo di attenzione da parte del revisore sulle questioni più rilevanti affrontate nei conti annuali con l’indicazione dei luoghi in cui esse sono trattate. Le aree critiche al riguardo dovrebbero essere quelle relative a stime e valutazioni significative del management, le più importanti incertezze di valutazione, e ogni altra area che il revisore consideri utile alla miglior comprensione dei conti annuali. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da commenti del revisore sulle procedure di revisione attuate su tali aree;

c) l’estensione della relazione tramite una “Auditor Assurance on Other Information Outside the Financial Statements”, insomma un giudizio del revisore sulle informazioni non contenute nei conti annuali ma in altri documenti come la Relazione sulla gestione (MD&A: Management’s Discussion and Analysis), le informazioni non contabili o le distribuzioni di utili;

d) l’integrazione della relazione con una parte dedicata alla “Clarification of Language in the Standard Auditor’s Report”, una parte che dovrebbe chiarire quali sono i limiti di una revisione e cosa essa possa effettivamente significare, definendo le reciproche responsabilità di redattori dei conti e di revisori (chiarimento sui termini concernenti la “reasonable assurance”, la responsabilità per frodi e per la disclosure dei conti, per le informazioni non finanziarie e la nozione di indipendenza del revisore).

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