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www.unisob.na.it/inchiostro di Marco Demarco* A Napoli ci sono cantieri della metropoli- tana in cui si scava da oltre un decennio. Neanche gli egiziani al tempo del canale di Suez hanno scavato tanto: allo scadere del decimo anno convocarono il mondo, mise- ro in scena l’Aida, diedero fiato alle trombe e trionfanti fecero transitare la prima nave. In piazza Municipio, invece, il cantiere è aperto già da dodici anni e sulla fine dei lavori e sulla realizzazione dell’ambizioso progetto di Alvaro Siza si fanno solo vaghe ipotesi. Un record in quanto a ritardi accu- mulati. Più’ che legittimo, allora, il dubbio di Alessandro Siani: ma la metropolitana napoletana la stanno facendo o la stanno cercando? Neanche fosse un rivolo d’acqua piovana infiltratosi in chissà quale antro oscuro o recesso profondo. Mentre la trovano, pardon, mentre la com- pletano, in superficie le cose peggiorano ve- locemente. La qualità dei trasporti pubblici cala visibilmente sfidando ogni umana tol- leranza, i vagoni ferroviari si arrugginisco- no, le corse di Circumvesuviana e Cumana vengono tagliate per le avverse compatibi- lità finanziarie e con i bus succedono cose strane, come la curiosa confessione di un utente affidata ad un blog: il mio bus, ha postato, arriva così di rado che quando lo vedo passare lo prendo anche nella direzio- ne opposta. Non va meglio per i ciclisti, ancora privi di corsie preferenziali e impossibilitati a por- tare la due ruote nel metrò, che per una cit- tà come Napoli, degradante dalla collina al mare, proprio ininfluente non è. Trasporti alternativi, tipo risciò, mototaxi o car sha- ring? Neanche a parlarne. Merce rara, come i jeans nella Russia comunista. Né posso- no consolarsi gli automobilisti, intrappolati in città in strade-groviera prive di ordinaria manutenzione e in provincia in percorsi ad alto rischio in vie come l’Asse mediano: trentatré chilometri e settecentocinquan- ta metri di avventura assicurata tra lavori in corso, blocchi stradali, svincoli ciechi e imprevisti vari. E tuttavia, anche a Napoli pare che qualcosa funzioni: i bus notturni previsti per la movida. I napoletani si dico- no soddisfatti. Gli stranieri, abituati ad altri standard, un po’ meno. Ma è già qualcosa. *direttore del Corriere del Mezzogiorno Dodici anni per una metro, più del canale di Suez Com’è difficile muoversi all’ombra del Vesuvio pag 3 IL REPORTAGE pag 2 Montesanto pura apparenza pag 6 In viaggio sull’Asse mediano pag 10 Piste ciclabili Napoli maglia nera Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli 23 marzo 2012 • anno XII • n. 4 In un recentissimo articolo su Repubblica il prof. Tito Boeri si è domandato come mai il Governo Monti e per esso il ministro tecnico della Pubblica Istruzione Profumo non ab- biano provveduto “nei primi cento giorni” di mandato almeno a 1) elevare l’obbligo scola- stico da 15 a 16 anni o (meglio) a 18 anni di età; 2) avviare a soluzione il problema di una edilizia scolastica che risulta essere vecchia, fatiscente, insicura, spesso fatta di edifici sto- rici con centinaia di anni sulle spalle. È notorio infatti, spiega bene il professore Boeri, che l’attenzione alla scuola e quindi al capitale umano “contribuisce grandemente alla crescita di un Paese man mano che le generazioni più istruite escono dalla scuola”. Sembra che nei giorni a venire il prof. Boeri potrebbe pubblicare altri editoriali: il primo relativo al fatto che una assai maggiore spesa verso i Beni culturali li salverebbe e li mette- rebbe a disposizione della comunità. Un al- tro articolo, pare, riguarderebbe la circostan- za che una maggiore spesa nel campo della Sanità farebbe bene alla salute pubblica. Ci si chiede come, con maitre à penser così, l’Italia sia potuta giungere a questo punto. Il fratello di Abele La ricetta di Tito Boeri per salvare la scuola Circumvesuviana: corse soppresse e pendolari in rivolta pag.3 Metro Linea 7: Monte Sant’Angelo, la stazione mai finita pag.4 www.runradio.it

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www.unisob.na.it/inchiostro

di Marco Demarco*

A Napoli ci sono cantieri della metropoli-tana in cui si scava da oltre un decennio. Neanche gli egiziani al tempo del canale di Suez hanno scavato tanto: allo scadere del decimo anno convocarono il mondo, mise-ro in scena l’Aida, diedero fiato alle trombe e trionfanti fecero transitare la prima nave. In piazza Municipio, invece, il cantiere è aperto già da dodici anni e sulla fine dei lavori e sulla realizzazione dell’ambizioso progetto di Alvaro Siza si fanno solo vaghe ipotesi. Un record in quanto a ritardi accu-mulati. Più’ che legittimo, allora, il dubbio di Alessandro Siani: ma la metropolitana napoletana la stanno facendo o la stanno cercando? Neanche fosse un rivolo d’acqua piovana infiltratosi in chissà quale antro oscuro o recesso profondo. Mentre la trovano, pardon, mentre la com-pletano, in superficie le cose peggiorano ve-locemente. La qualità dei trasporti pubblici cala visibilmente sfidando ogni umana tol-leranza, i vagoni ferroviari si arrugginisco-no, le corse di Circumvesuviana e Cumana vengono tagliate per le avverse compatibi-lità finanziarie e con i bus succedono cose

strane, come la curiosa confessione di un utente affidata ad un blog: il mio bus, ha postato, arriva così di rado che quando lo vedo passare lo prendo anche nella direzio-ne opposta. Non va meglio per i ciclisti, ancora privi di corsie preferenziali e impossibilitati a por-tare la due ruote nel metrò, che per una cit-tà come Napoli, degradante dalla collina al mare, proprio ininfluente non è. Trasporti alternativi, tipo risciò, mototaxi o car sha-ring? Neanche a parlarne. Merce rara, come i jeans nella Russia comunista. Né posso-no consolarsi gli automobilisti, intrappolati in città in strade-groviera prive di ordinaria manutenzione e in provincia in percorsi ad alto rischio in vie come l’Asse mediano: trentatré chilometri e settecentocinquan-ta metri di avventura assicurata tra lavori in corso, blocchi stradali, svincoli ciechi e imprevisti vari. E tuttavia, anche a Napoli pare che qualcosa funzioni: i bus notturni previsti per la movida. I napoletani si dico-no soddisfatti. Gli stranieri, abituati ad altri standard, un po’ meno. Ma è già qualcosa.

*direttore del Corriere del Mezzogiorno

Dodici anni per una metro, più del canale di SuezCom’è difficile muoversi all’ombra del Vesuvio

pag 3

IL REPORTAGE

pag 2

Montesanto

pura apparenzapag 6

In viaggio

sull’Asse mediano pag 10

Piste ciclabili

Napoli maglia nera

Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

23 marzo 2012 • anno XII • n. 4

In un recentissimo articolo su Repubblica il prof. Tito Boeri si è domandato come mai il Governo Monti e per esso il ministro tecnico della Pubblica Istruzione Profumo non ab-biano provveduto “nei primi cento giorni” di mandato almeno a 1) elevare l’obbligo scola-stico da 15 a 16 anni o (meglio) a 18 anni di età; 2) avviare a soluzione il problema di una edilizia scolastica che risulta essere vecchia, fatiscente, insicura, spesso fatta di edifici sto-rici con centinaia di anni sulle spalle. È notorio infatti, spiega bene il professore Boeri, che l’attenzione alla scuola e quindi al capitale umano “contribuisce grandemente alla crescita di un Paese man mano che le generazioni più istruite escono dalla scuola”. Sembra che nei giorni a venire il prof. Boeri potrebbe pubblicare altri editoriali: il primo relativo al fatto che una assai maggiore spesa verso i Beni culturali li salverebbe e li mette-rebbe a disposizione della comunità. Un al-tro articolo, pare, riguarderebbe la circostan-za che una maggiore spesa nel campo della Sanità farebbe bene alla salute pubblica.Ci si chiede come, con maitre à penser così, l’Italia sia potuta giungere a questo punto.

Il fratello di Abele

La ricetta di Tito Boeriper salvare la scuola

Circumvesuviana:corse soppresse

e pendolari in rivoltapag.3

Metro Linea 7:Monte Sant’Angelo,

la stazione mai finitapag.4

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Stazione Montesantoun binario mortonel cuore della città

Napoli? Non soltanto una vetrina per turisti

A quattro anni dai lavori di ristrutturazione nulla è cambiato

Il progetto di riqualificazione non si è avveratoStoria di un quartiere che aspetta il suo riscatto

Intervista al professor Sergio Bizzarro, volontario dell’associazione di quartiere ForumTarsia

di Dario Marchetti

“Errore. Capovolgere e riprovare”. Così l’obliteratrice guasta risponde a una signora di mezza età che cerca di convalidare il biglietto. La donna fa un altro tentativo. Inutilmente. Si guarda attorno disperata, in cerca di aiuto. Ma chi dovrebbe occuparsi di risolvere questi pro-blemi sembra svanito nel nulla, oppure è al bar a prendere un caffè. Dopo dieci minuti un passante le dà un consiglio: “Signo’, passate dal varco abbonati che è sempre aperto, tanto fanno tutti così...”. La signora, infastidita e scorag-giata, alla fine accetta, e passa senza marcare il biglietto. Ma il treno è già partito. Nella stazione di Montesanto, che sarebbe dovuta essere il fiore all’occhiello del centro storico di Napoli, succede questo e altro. Situata nel cuore della città, la zona è uno degli snodi fondamentali per la rete dei trasporti campani su ferro. Tra Cumana, Circumflegrea, Funicolare e Metropolitana, a Montesanto passano circa 8mila passeggeri all’ora, 60mila al giorno. Nel 2005 l’edificio originale, costruito a fine Ottocento per l’inaugurazione della Cumana, la prima linea metropolitana d’Italia, viene sottoposto a una radicale opera di ristrutturazione. L’obiettivo? Trasformare la stazione in un luogo sociale, una moderna agorà dove incontrarsi e stare insieme, oltre che viaggiare; ampie vetrate, strutture in acciaio, negozi, edicole, librerie e una terrazza panora-mica con bar: questa la ricetta per accendere una scintilla di modernità che avvii la riqualificazione dell’intera area. Finanziati dalla Regione e costati 66 milioni di euro, i lavori si concludono in soli tre anni e nel maggio 2008 la nuova stazione vede la luce. Il restyling viene accolto con entusiasmo da cittadini e istituzioni. Su un comunicato

stampa del Comune si legge che “sembra di non essere a Napoli, ma in una grande metropoli Europea”. Mentre per Raffaello Bianco, amministratore unico della Sepsa a quel tempo, “nel buio della notte si va alla ricerca della luce. Attraverso la stazione la zona può finalmente uscire dal degrado e dall’isolamento”. Ancora oggi su alcuni grandi monitor sparsi per l’edificio campeggia lo slogan di Silvio D’Ascia, il giovane architetto napoletano che ha progettato l’opera: “La stazione entra nella città e la città entra nella

stazione”. La realtà è amaramente diversa. La stazione e la città più che incontrarsi sembrano fare a pugni. All’interno della struttura i varchi sono sempre malfunzio-nanti, e gli ascensori operano a giorni alterni. I treni della Cumana sono gli stessi di dieci anni fa, e da una corsa ogni dieci minuti si è passati a una ogni venti. Tra i pochi commercianti presenti nell’edificio, ovvero due edicole, un bar e una tabaccheria, serpeggia una arrendevole omertà: preferiscono non parlare male della Sepsa poiché pagano un affitto già troppo alto. Del bookstore ipertecnologico si sono perse le tracce, mentre la terrazza panoramica con bar è a oggi inaccessibile poiché, secondo un lavoratore della stazione, deve ancora essere inaugurata.

“Quella caffetteria avrei dovuto gestirla io - racconta Armando Scaturchio, titolare dell’omonima pasticceria in Via Pignasecca – ma oltre a un affitto troppo esoso avrei dovuto anche sborsare soldi per riparare la pavimentazione in parquet del bar, dato che vi piove dentro”. All’esterno, la piazzetta antistante la stazione si trasforma ogni mattina in un suk alla napoletana: ambulanti di tutti i tipi, frut-tivendoli e banchi del pesce occupano il suolo pubblico, l’immondizia si accumula a margine della strada e i “soliti ignoti” parcheggiano automobili di fronte alla stazione, strappando ai cittadini quel piccolo fazzoletto di area pedonale. Nonosante i fiumi di persone che si muovono da e verso Montesanto, soprattutto lungo la direttrice della Pignasecca, l’area non è stata sottoposta ad alcun tentativo di pedonalizzazione; chi viaggia deve sempre tenere gli occhi aperti per evitare di essere investito dai motorini che sfrecciano anche e soprattutto dove non potrebbero. Le scale mobili costruite sul lato sinistro della stazione, in parallelo alle antiche gradinate Paradiso, sono ferme da due anni. Inaugurate nel 2008 con la nuova struttura, non sono mai entrate in funzione. Il problema sono i costi di gestione: per prendersi cura dell’impianto, Metronapoli ha chiesto due milioni di euro, una cifra da capogiro che fa riferimento soprattutto ai costi di sorveglianza. A conti fatti si potrebbe dire che quella di Montesanto sia stata una mera, seppur riuscita, operazione estetica. Nonostante i mille disservizi e gli aumenti delle tariffe, che dall’aprile del 2011 sono state incrementate del 20%, per chi inserisce il biglietto nell’obliteratrice ogni giorno la solfa è sempre la stessa.“Errore. Capovolgere e riprovare.”

Dal 2001 ForumTarsia si occupa di sensibi-lizzare i cittadini e le istituzioni sui proble-mi connessi alla vivibilità. A quattro anni dal restyling della stazione, si può parlare di riqualificazione per la zona di Montesanto?“Io penso di no. Se guardiamo gli effetti della operazione, non è che la situazione sia migliorata. Il proget-to non è stato por-tato fino in fondo, dato che prevedeva la pavimentazione di tutta la piazza e la pedonificazione della zona. La sta-zione è molto bella esteticamente, una bellezza che però

nasconde tutta una serie di problematiche e disfunzionalità. I treni della Cumana sono ancora gli stessi di dieci anni fa e spesso si guastano. E’ un dato di fatto che il servizio peggiora sempre più, è un’osservazione che qualunque cittadino può fare, soprat-tutto chi prende quei treni ogni mattina e li

trova stracarichi.”Spesso i progetti partono ma poi vengono lasciati a se stessi. Basti pensare al Parco Ventaglieri. A tale riguardo c’è stato un dia-logo con la nuova ammi-nistrazione?“Montesanto è un cuo-re vitale per la mobilità cittadina, un luogo di

connessioni che ha una grande importan-za strategica. Ma fino ad ora la politica, se-condo me, è stata sorda. Un esempio è dato dalle scale mobili del Parco Ventaglieri, che sono ferme da anni e per le quali sono stati spesi molti soldi pubblici. L’ammini-strazione attuale, rispetto alla vecchia, si è dimostrata decisamente più interessata alla voce e alle richieste dei cittadini, infatti abbiamo ricevuto segnali incoraggianti che parlavano di riapertura delle scale entro il 30 aprile. Non vorrei però che fossero le ennesime promesse non mantenute. Biso-gnerà aspettare i prossimi mesi per vedere se questa maggiore “vicinanza” si tradurrà in interventi pratici ed effettivi.”Quali sono dunque le prospettive per il fu-turo?

“Qui tra università, musei e luoghi di cultu-ra come la fondazione Morra, c’è un grande fermento umano. La rappresentazione dei “Dieci Comandamenti” di Viviani che Ma-rio Martone nel 2001 mise in scena al Par-co Ventaglieri, fu un saggio di cosa poteva diventare il quartiere se ci fosse stata la vo-lontà politica: a conti fatti, tra i quartieri di Napoli, queste sono le zone dove sono stati fatti meno interventi. Eppure Montesanto ha un’importanza enorme. Da qui è rag-giungibile tutta la città, in orizzontale e ver-ticale. Non riconoscere tale ruolo è indice di una visione miope. O si continua a pensare Napoli solo come vetrina per gli altri, per gli esterni, o si inizia a pensare a chi abita e vive la città dall’interno, giorno per giorno.”

d.m.

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inchiostro n. 4 - 2012

CUMANA66.000

PASSEGGERI

AL GIORNO

La piazzetta si trasformaogni mattina in un suk

alla napoletana

In alto e in basso: la stazione prima e dopo i lavori

Sergio Bizzarro

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CircumessimaleViaggio da un capolinea all’altro in uno dei nuovi elettrotreni della Circumvesuviana

Treni poco capienti e in ritardo, corse soppresse, riduzioni al personaleLo spostamento giornaliero dei pendolari si trasforma in un incubodi Antonio Marino

Ore 6.34, stazione Circumvesuviana di Ma-rigliano. “Buongiorno, un biglietto per Ba-iano per favore”. “Guaglio’, vedi che il treno tiene 10 minuti di ritardo”. Cominciamo bene. Salgo le scale per arrivare al binario. L’obiettivo è quello di vivere l’esperienza di un pendolare che viaggia lungo tutta la linea Baiano-Napoli all’interno di un E.T.R. - Elet-tro Treno Regionale - uno dei nuovi treni utilizzati lungo le tratte della Circumvesu-viana. Vetture pensate, progettate e realiz-zate per i pendolari. Staremo a vedere. Sono obbligato a fare prima il percorso a ritroso da Marigliano verso Baiano. Il treno arriva alle 7.10. Se avessi un appuntamento sarei già in ritardo. Non è un E.T.R, ma uno dei modelli precedenti. Non c’è quasi nessu-no e i posti a sedere abbondano. Stazione dopo stazione il vagone si svuota. La quiete prima della tempesta, mi viene da pensare. Sorrido. A giudicare dalla fila di auto ferme al passaggio a livello della stazione di Nola, deduco che i 120 milioni stanziati dall’ulti-mo governo Berlusconi per l’interramento del tratto che parte da Saviano e arriva fin qui siano andati dispersi. Arrivo a Baiano alle 7.37. Faccio appena in tempo a saltare giù dal treno e prendere quello in partenza per Napoli. Il mio viaggio può cominciare. Mi fermo alla fine dell’ul-timo vagone, appoggiato alla porta chiusa della sala di guida. Da qui posso vedere tutto lo scompartimento e soprattutto so di avere maggiore libertà di movimento.I posti a sedere sono già tutti occupati ed è solo la fermata di partenza. Il tragitto del treno pro-cede spedito. Nelle stazioni che si susseguo-no il vagone lentamente si riempie, ma mai in modo incontrollato. Per la maggior parte salgono studenti diretti alle scuole e ai licei. Alla fermata di Nola ,come prevedibile, mol-ti scendono, lasciando il treno vuoto per po-chi secondi. In breve una massa considere-vole di persone inonda l’abitacolo. Tutti in piedi, ovviamente. Alla stazione di Saviano un uomo sulla cinquantina tira a sé una ragazza che viaggia con lui. “Mettiamoci qui”, esclama mentre si posiziona nello spa-zio strettissimo che intercorre fra due sedili e la parete del vagone. “Almeno qua stiamo tranquilli. Devi vede’ mo’ come arri-viamo a Napoli. Se ci arriviamo”, conclude sorridendo alla compagna di viaggio. Incu-riosito gli chiedo: “ Prende sempre questo treno?”. “Quasi tutte le mattine”, mi ri-sponde. Decido di stuzzicarlo: “E com’è?”. “Tu come lo vedi?” mi domanda piccato. “È pieno. Tutte le mattine. E’ scomodo. Meglio quelli vecchi, almeno c’era più spazio”.Siamo arrivati a Marigliano, la mia stazione di partenza. Il vagone, già considerevolmen-

te pieno, si ingorga ancora di più. Entra un uomo. Gli amici lo salutano in coro: “Buongiorno”. La risposta è eloquente: “Secondo voi è un buongiorno in questa situazione?”. Il treno procede lentamente verso Pomigliano. A ogni stazione qualcu-no si affaccia dalle porte con il desiderio di non scorgere nessuno sulla banchina in-tenzionato a salire. False speranze. Salgo-no sempre più persone. I lunghi pali rossi verticali installati per permettere ai passeg-geri in piedi di reggersi non si vedono più, oscurati dalla folla compressa. Qualcuno

neanche si aggrappa alle maniglie, non ne ha bisogno, talmente è incollato ai vicini.A Pomigliano d’Arco scendono alcuni stu-denti, prontamente rimpiazzati da un folto

gruppo di pendolari. Almeno l’apertura delle porte garantisce il passaggio di un po’ d’aria, che inizia davvero a scarseg-giare nel vagone. Il forte riscaldamento, come se non bastasse, aumenta il nervo-sismo, dal momento che la calca produce già di per sé un caldo insopportabile. Chi ci riesce toglie il cappotto. Chi è bloccato sopporta, ancora un po’. Casalnuovo, sta-zione con un’altissima densità di passeg-geri: è il colpo di grazia. La gente entrando dalle porte si fa largo a fatica fra la folla alla

ricerca di uno spazietto dove fermarsi. Io, nella mia nicchia, comincio a sentir caldo e occasionalmente i folti ricci della ragazza che ho davanti mi finiscono in bocca. Vor-rei spostarmi ma ovviamente non so bene dove. Da qui in poi, eufemisticamente parlan-do, il peggio sembra passato. Le stazioni successive non hanno un’alta densità di passeggeri, dunque la situazione resta im-mutata fino a Poggioreale, dove il vagone inizia lentamente a svuotarsi. Quando, un paio di fermate più avanti, il mio viaggio si conclude, alla stazione Porta Nolana, quello che vedo scendere dal treno è un fiume di persone stizzite e irritate, che si affrettano verso l’uscita borbottando e spintonandosi. Un anziano con una 24 ore, prima di scen-dere dal treno ripete fra sé e sé : “Inadatti, inadatti a funzionare. E continuano a tener-li in funzione. E’ uno schifo”. Due ragazzi, vedendomi registrare la massa indistinta che esce dalla stazione, mi gridano: “Man-dalo a Striscia!”. Poi mi chiedono: “Ma hai ripreso anche nel treno?”. Faccio cenno di sì con la testa e vado a sedermi in attesa del treno per tornare a casa. L’altoparlante del-la stazione annuncia: “Il treno per Acerra delle 9.02 è stato soppresso”. Pochi secondi dopo: “Il treno per Sarno delle ore 9.09 è stato soppresso”. Qualche passeggero liti-ga con gli addetti della Circumvesuviana. Io aspetto sempre il mio treno. E speriamo che parta.I passeggeri di un Etr al mattino

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inchiostro n. 4 - 2012 LINEANAPOLI - BAIANO

Circumvesuviana sempre più sommersa da critiche e polemiche. I maggiori quotidia-ni napoletani, da tempo interessati alla questione, raccolgono ogni giorno lamentele dei consumatori. I costi di biglietti e abbonamenti in aumento, non corrispondono a un servizio adeguato e soddisfacente. Corse soppresse, treni troppo piccoli e con tempi di percorrenza delle tratte eccessivi, personale insufficiente nelle stazioni e sulle vetture, mandano fuori dai gangheri gli utenti. La Eav - Ente autonomo volturno - che si occupa della gestione del servizio, nello scorso settembre ha messo in vendita il suo patrimonio immobiliare per coprire un buco di quasi 500 milioni di euro. La Regione Campania dal canto suo, dà la colpa alla scarsità dei fondi per i trasporti ricevuti dal Governo. Ragioniamo in cifre concrete: la spesa complessiva per l’acquisto dei nuovi elettrotreni della Circumvesuviana ammonta a 103.291.370,00. Affidabili e ipertecno-logici, queste vetture si sono rivelate insoddisfacenti, facendo addirittura rimpiangere ai consumatori i vecchi treni, rovinati ma decisamente più spaziosi. Duecentonovanta il numero delle corse giornaliere previste dal nuovo orario, rispetto alle 440 del pre-cedente. Trentanovemila corse in meno in un anno. Il servizio avrà cadenza di 60 minuti, non più di 30, su tutte le linee fra le ore 8.30 e le 12.30, fra le 15 e le 16 sulla linea Napoli-San Giorgio e sui treni di tutte le linee provenienti da Napoli e fra le 17 e le 18 per tutti i treni in direzione Napoli (esclusa la linea Napoli-S.Giorgio). La cadenza di 60 minuti vale per tutto l’arco della giornata sulla linea Napoli-Acerra. L’esercizio ferroviario non si svolgerà più dalle 05.00 alle 22.00, bensì dalle 6.00 alle 23.00. In cabina di guida sarà prevista la presenza di un macchinista unico e di un assistente non macchinista. Per concludere le biglietterie di 14 stazioni (Napoli-Galileo Ferraris; Ponticelli; Talona; Pomigliano; Cisterna solo per citarne alcune) sono state chiuse, im-pedendo ai passeggeri di acquistare regolarmente il biglietto in stazione. Altre saranno presenziate solo nei giorni feriali dalle 06.00 alle 12.30.

a.m.

I tagli della Vesuviana in numeri

La gente si fa largoa fatica tra la folla

CASALNUOVO

LA STAZIONE

PIÙ AFFOLLATA

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inchiostro n. 4 - 2012PROTESTE

SUL WEB PROBLEMI

SU C6, R4 E A20

“Facimm’prima a père”L’odissea dei pendolari tra Circumvesuviana, Cumane e pullman ogni giorno in perenne ritardo

Le proteste di chi affronta quotidianamente i disagi del trasporto pubblico raccolte sul Corriere del Mezzogiorno e sui social networkdi Steno Giulianelli

“Le sardine in scatola stanno più comode”. È lo sfogo di un passeggero della Circumvesuviana sul Corriere del Mezzo-giorno. E non è il solo. C’è chi ogni mattina arriva al lavoro in “puntuale ritardo”. Qualcun altro non è riuscito a tornare a casa per due giorni di fila da Amalfi. C’è anche chi è stato costretto a cambiare città per continuare a stu-diare e guadagnarsi da vive-re. La motivazione? Sempre la stessa: i disservizi del trasporto pubblico a Napo-li e dintorni. È un piccolo spaccato della galassia degli “indignados” che quotidia-namente si trovano alle prese con viaggi impossibili, ritar-di, sporcizia, corse saltate, blocchi dei binari, mezzi guasti, posti insufficienti. Non quelli a sedere, ormai un lusso per i pochi fortunati del capolinea. Parliamo dello spazio vitale per chi resta in piedi, magari per venti, trenta o quaranta chilometri. Come accade nel caso della ferrovia Circumvesuviana, lungo le tre linee che collegano Napoli a Sorrento, Baiano e Sar-no. Un girone infernale, specie dopo il recente taglio delle corse. La versione online del Corriere napoletano raccoglie da diversi giorni le lamentele delle “anime perse” del tra-sporto pubblico, ormai rassegnate a ritardi e problemi che descrivono puntualmente nei loro commenti. Anche in so-cial network come Facebook e Twitter è possibile recuperare un corollario di esperienze al limite della sopportazione. In questo caso Internet si trasforma in uno sfogatoio, dove i pendolari si scagliano contro tutti i mezzi pubblici. Sul po-dio del disagio quotidiano, oltre alla Circumvesuviana, ci sono le due linee Sepsa, ovvero Cumana e Circumflegrea, e l’intera rete degli autobus dell’Anm. “La situazione dei treni della Sepsa è peggiore di quella del cosiddetto terzo mondo – si lamenta il lettore vanni58 sul Corriere - attesa alle ferma-te minimo 30/40 minuti, treni vecchissimi e affollatissimi,

pulizia zero, obliteratrici funzionanti pochissime, le quali sono piazzate prima di accedere ai treni, per cui dall’oblite-razione del biglietto alla partenza del treno la validità dei 90 minuti si riduce drasticamente”. L’ironia non manca di certo: “Un primato la Circumvesuvia-na ce l’ha – scrive un altro lettore - è riuscita nella difficilis-

sima impresa di acquistare treni nuovi e far rimpiangere i vecchi convogli. I posti a sedere si con-tano sulle dita di una sola mano. Con i nuovi treni è sicuro che ti farai tutto il viaggio in piedi”. E sfoghi simili sono raccolti anche sullo spazio web “No al taglio dei treni della Circumvesuviana”, che conta oltre 1.700 membri. Ma i più sfiduciati sono i “martiri

della pensilina”. In molti non hanno altra scelta che utiliz-zare il trasporto su gomma degli autobus. Anche se la loro affidabilità, sottolineano gli internauti, è prossima allo zero. Ne sa qualcosa il gruppo presente sul network di Zucker-berg, “Adda passa’ ‘a nuttata”, che offre simpatici video di denuncia realizzati da alcuni ragazzi in giro per Napoli. Mezzi pubblici sporchi, guasti, il più delle volte in ritardo, proposti ai lettori del web in chiave ironica. Le lamentele colpiscono a macchia d’olio tutte le linee. Scrive una delle tante pendolari: “Il mio autobus di fiducia sarebbe il C24 che passa proprio sotto casa. Lo vedo così di rado che quan-do passa ho la tentazione di mollare tutto e salirci anche se va nella direzione opposta alla mia. Una menzione speciale va anche all’R4, sempre una bella esperienza”, chiude ironicamente. Molti sottolineano la mancanza di pulizia e la scarsa manu-tenzione dei mezzi. È il caso di Salvatore, che sul gruppo Fa-cebook “Forum trasporti e mobilità urbana del Pd” racconta il suo viaggio sulla linea A20 Arzano – Napoli: “All’interno dell’autobus pioveva, come in mezzo alla strada. Ci siamo fatti il bagno. In queste condizioni li facciano rimanere nei depositi”. Sotto accusa anche i mezzi della Sita Sud, che col-legano Salerno a Napoli, come riporta un lettore del Corrie-

re: “Il bus viaggia sempre sovraccarico, anche in autostrada; è sporco, i sistemi di sicurezza non ci sono e quando ci sono appaiono vetusti e mal funzionanti. Raramente effettua la fermata di Pompei, essendo già sovraccarico a Scafati”. Tut-ti disagi vissuti da persone che “spendono di abbonamento più del 10% del loro stipendio netto mensile”.Un altro lettore del quotidiano, “fularr”, appende un cartel-lo virtuale con la scritta “cercasi C6”, chiedendosi perché la linea che collega Agnano alla stazione dei Campi Flegrei sia quotidianamente latitante. La logica conseguenza è sem-pre la stessa: “Facimm’ prima a père”, lo sfogo che va per la maggiore. Insomma, l’autobus è deleterio se si ha fretta o si cerca la puntualità. Meglio lasciare le quattro ruote pub-bliche al tempo libero. Addirittura c’è chi per sconfiggere la monotonia consiglia di provare un’ebrezza particolare: prendere l’autobus R5 che collega la Stazione Centrale a Scampia. Indimenticabile, dicono.

I martiri della pensilina sono i più sfiduciati

Bus puntuali? “Para nada”Le disavventure di quattro studenti spagnoli in ErasmusAd Alicante gli autobus arrivano in orario. Lo stesso a Elche, per non parlare di Madrid. E a Napoli? “Para nada”, sorride Fabian. E’ uno dei tanti studenti spagnoli del progetto uni-versitario Erasmus alle prese con i mezzi di trasporto parte-nopei. A suo dire, l’affidabilità della rete dei pullman non è il massimo: “Mi è capitato di aspettare il bus in via Duomo per molto tempo, senza che passasse. Dovevo andare a piazza Garibaldi. Alla fine ho scelto di muovermi a piedi, altrimenti non sarei arrivato in tempo. Il sistema di trasporto a Napoli – continua Fabian - non va molto bene. Solo certi mezzi fun-zionano, come nel caso della metro, ma anche questa chiude troppo presto”. In effetti il problema dell’ultima corsa serale è molto sentito dagli studenti “in trasferta”, che oltre a seguire lezioni e so-stenere esami vorrebbero vivere appieno la movida notturna. “Qualche sera fa ero con altri studenti Erasmus – racconta Marina, una giovane studentessa di Terapia occupazionale originaria di Alicante -. Volevamo andare ad una festa parec-chio distante da casa nostra. Ma con i mezzi non si poteva. Raggiungere Pozzuoli, oppure locali come Duel e Q-Club, non è possibile a meno di usare i taxi. La metropolitana di sera è chiusa, mentre i pullman passano solo ogni tanto”. La scarsa frequenza delle corse è uno degli aspetti critici: “Pochi giorni fa volevo andare al parco Virgiliano – ricorda Marina - ero sul-la Riviera di Chiaia. Ho aspettato più di mezz’ora un autobus

che pensavo passasse almeno ogni dieci minuti, come nella mia città. Ma non è stato così”. Anche tifare Napoli allo stadio San Paolo diventa un proble-ma per chi non è “motorizzato”. E’ il caso di Patricia, partita da Siviglia per studiare in Italia: “Di recente sono andata alla partita Napoli Cagliari. Alla fine del match ho provato a pren-dere la metro, ma la stazione era chiusa. La polizia non ci ha permesso di entrare. Purtroppo gli autobus che dovevano arri-vare in zona non passavano, erano tutti in ritardo. Insomma, dopo quasi due ore di attesa ho dovuto prendere un taxi per tornare a casa”.Se l’autobus non fa sorridere gli Erasmus di Napoli, anche la metro dà i suoi problemi. A ricordare un episodio specifico è Lorena da Madrid, futura economista: “Io devo prendere la metropolitana tutti i giorni per andare all’università, di solito non c’è problema. Un giorno avevo un esame, sono andata alla fermata di Cavour e la metro non arrivava. Quando è pas-sata, era strapiena di persone e sono dovuta salire lo stesso. Eravamo tutti schiacciati”. E se le si chiede qual è il nodo più rilevante per i mezzi pubblici partenopei, Lorena risponde senza esitazione: gli scioperi. “Sono troppi e non sono annun-ciati bene – conclude –. All’improvviso non puoi più muover-ti. È un problema che una città come Napoli deve risolvere”.

s.g.Marina, studentessa Erasmus di Alicante

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inchiostro n. 4 - 2012TRASPORTO

NOTTURNO ATTESA DI OLTRE

20 MINUTI PER L’N3

di Christian Gargiulo

“Se dovete spostarvi a Napoli, di sera inoltrata, dimentica-te gli autobus notturni, sono quasi inesistenti. Di notte il taxi è il mezzo di trasporto ideale, sicuro e abbastanza eco-nomico”. Il consiglio è firmato Studenti.it, il portale online dedicato agli studenti italiani. Conclude un articolo datato 31 gennaio 2006, pubblicato sulle pagine internet del sito e tuttora visualizzabile. Il tema? I mezzi pubblici napoletani.Studenti.it li considerava, in una città “confusionaria e traf-ficatissima” come Napoli, “l’unica possibilità di coprire lun-ghe distanze senza impiegare molto tempo e senza spende-re una fortuna”. Almeno di giorno. Di notte, invece, il fronte del trasporto pubblico non doveva essere dei più allegri. Al-trimenti non si spiega il suggerimento di spostarsi in taxi, un mezzo di trasporto tutt’altro che economico, almeno per le tasche degli studenti fuorisede.La situazione sarà cambiata da allora, dopo oltre 6 anni? E soprattutto, in positivo o in negativo? Dopo due notti, tra-scorse salendo e scendendo da una linea all’altra, emerge un dato. A Napoli il trasporto notturno, pur con tutte le sue pecche, c’è e, soprattutto in alcune zone della città, potrebbe rappresentare una valida alternativa alle quattro ruote: “Da quando funzionano i bus di notte, la mia vita è cambiata”, ci confida Paola, sorridendo. “Non prendo più l’auto per scen-dere in centro da casa mia, al Vomero. È fantastico, non mi sembra di stare a Napoli”.Il trasporto pubblico napoletano sembra quindi adeguarsi al servizio notturno offerto in altre città italiane. Pensiamo a Bologna oppure a Roma, realtà cittadine diverse da Napoli per dimensioni e problematiche, ma accomunate dall’im-portante presenza di studenti fuorisede. Mentre nel capo-luogo romagnolo esistono due linee che servono impecca-bilmente l’intera città, dall’1 fino alle 4, con una frequenza oraria, la Capitale presenta un servizio molto più ramificato: con una frequenza che scende a mezz’ora, a partire da mez-zanotte, sono oltre 20 le linee che, tra un ritardo e un bus quasi sul punto di scoppiare per i troppi passeggeri, coprono l’intera area cittadina.Torniamo a Napoli. “Il servizio è migliorato rispetto al passa-to da quando, a dicembre, è partito Bus by night” ci racconta un affabile signore che chiede di omettere le sue generalità. “È vero - gli fa eco l’italo-palestinese Bashir - prima era pes-simo”. “Bus by night” è un’iniziativa promossa dall’Anm, Azienda napoletana mobilità, ed è entrata in vigore a parti-re dal 7 dicembre scorso. Che cosa ha comportato di nuovo rispetto al passato? Secondo il sito dell’Anm, il raddoppio dei bus impiegati di notte (15, e non più 7), l’aumento delle corse notturne (oltre 130, invece delle solite 90) e frequenze

garantite dalla mezzanotte fino all’alba. Le linee sono 7 e contraddistinte dalla lettera N. Le due linee princi-pali, la N1 e la N3, che collegano il centro cittadino, rispettivamente, con Fuorigrotta e il Vomero, han-no frequenze di 25 minuti.Sarà proprio così? “In teoria dovrebbe essere così - ci dice rassegnata Emilia - ma trovandoci a Napo-li, la cosa è molto elastica: 30-40’, anche un’oretta. Però passa, prima o poi. A differenza di quanto ac-cadeva in passato”. Noi stessi, a conferma di quanto appena riportato, abbiamo atteso l’N3 per oltre 20’, alla fermata di via Medina. Alla fine è passato. A differenza dell’N7, che collega Fuorigrotta al Vo-mero con una frequenza di 40’. Atteso, come un novello Godot, per quasi due ore - prima di desistere - in piaz-za 4 Giornate, nella zona “bene” partenopea. E mai transitato. “Può capitare, purtroppo: spesso molti au-tisti effettuano delle sostitu-zioni di colleghi del turno di notte e non conoscono bene i percorsi”, ci spiega il re-sponsabile Anm di Piazzale Tecchio. “Il servizio in ogni caso c’è ed è funzionante”. L’affermazione non mi sorprende. Deve pur sem-pre difendere l’azienda da cui è stipendiato. È il se-guito a colpirmi: “Le sconsiglio però di prendere il bus il sabato sera”. Come mai? È presto detto: “La città è invasa dalle auto e i pullman rimangono intrappolati nel traffico, accumulando ritardo su ritardo. Diventa dunque difficile, da parte nostra, rispettare la tabella di marcia”.Che il servizio sia migliorabile, è pacifico. Per esem-pio, si potrebbe aumentare il numero delle corse e la frequenza dell’N5, la linea che collega Fuorigrot-ta a Scampia e Secondigliano: vi sono solo 5 bus per tutta la notte, anche a distanza di 1 ora e 20 minuti l’una dall’altra. Oppure si potrebbe ideare un sistema per rendere più efficienti le coincidenze. È il consiglio di Bashir: “Io vado a Pianura e quasi sempre l’N1 arriva a Piazzale Tec-chio un minuto dopo che è già partito l’N6”. Senza conside-rare gli ubriaconi, che utilizzano i sedili degli autobus a mo’ di letto. E soprattutto le teste calde che aspettano il pullman alle fermate. “Chi c... vi ha autorizzato a riprendere con la telecamera? Io vi accoltello!”, ci urla contro un gentile si-

gnore a Piazzale Tecchio, mentre aspettiamo l’N6 diretto a Pianura, quartiere periferico partenopeo.Forse però l’aspetto da perfezionare è soprattutto la comuni-cazione tra l’Anm e i fruitori del servizio offerto dall’azien-da. Un passeggero ci espone il suo pensiero: “Bisognerebbe invogliare i ragazzi a prendere il pullman. Dire ai ‘nottam-buli’ che il servizio bus c’è e funziona. E che la macchina può tranquillamente restare in garage”.

Per chi lavora o esce di sera a Napoli c’è il “Bus by Night”

Sette linee che collegano Fuorigrotta, Posillipo, Scampia e il Vomero con il centro storico

Attivo dal 7 dicembre, il servizio è funzionante ma ancora migliorabile

I passeggeri degli autobus ritengono che l’Anm comunichi male con l’utenza. Ne abbiamo parlato con l’ingegnere Fabrizio Cicala, direttore tecnico operativo dell’azienda.Come mai il servizio notturno è stato potenziato soprattutto verso le zone “bene” della città?“Il servizio è stato pensato per i lavoratori notturni e per coloro che

non hanno l’automobile, ovvero i turisti, ra-gion per cui la frequenza delle corse è più ricca nelle zone in cui esistono locali e in cui si spostano i turisti, ovvero dove la domanda è maggiore”.L’Anm ha in mente un piano per migliora-re la sicurezza notturna sulle vetture e alle pensiline? “La sicurezza della città non compete ad ANM. Per i viaggiatori ed il nostro perso-nale abbiamo dotato 400 bus di un sistema di videosorveglianza che attraverso una te-lecamera a circuito chiuso registra ciò che accade a bordo bus”.Esistono i controllori sui notturni? Io, in due notti, non ho avuto il piacere di incon-trarne alcuno.

“No. I controlli sono concentrati nelle ore di maggior afflusso di passeggeri”.Diversi napoletani pensano che l’Anm comunichi male con l’uten-za. Pensate di migliorare la comunicazione con l’utenza?“I manifesti promozionali del servizio sono sotto le pensiline Anm con una grafica carina ed accattivante. Probabilmente molto di più si potrebbe fare, ma la crisi del settore impone grande austerity anche per questo genere di costi”. c.g.

Un autobus della linea notturna N2, che collegaPiazzale Tecchio a Fuorigrotta con Posillipo

Nella fotoFabrizio Cicala

Scarsa comunicazione con gli utentiL’Anm risponde: “Colpa della crisi”

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inchiostro n. 4 - 2012EX STRADA

STATALE 162 LUNGHEZZA

33,75 KM

Asse mediano, più ombre che luci Una giornata in viaggio sull’arteria che collega Napoli con la provincia sud di Caserta: tra rifiuti, cantieri fermi e illuminazione mancante, la storia di una delle strade più pericolose della Campania

Progettata dopo il terremoto dell’Irpinia, la statale facilita lo spostamento per migliaia di persone ogni giorno. Eppure è abbandonata a se stessa

di Ciro Cuozzo e Giorgio Laurenti

Trentatré chilometri virgola settecentocinquanta metri. È la lunghezza della strada denominata “ex SS 162 NC Asse me-diano”. Può sembrare uno scherzo, invece sul cartello che ci troviamo allo svincolo di Acerra è scritto proprio così, un nome tanto lungo che sta a mala pena su un rigo. “Strada della morte” o “strada della vergogna”: così la chiama invece chi la conosce bene. Su internet se ne leggono tante sul suo malfunzionamento. Fa specie vedere su una Statale sulla quale transitano ogni giorno decine di migliaia di persone cumuli di rifiuti. Dalle piazzole di sosta, ai lati delle varie en-trate e uscite, l’Asse mediano ha delle vere e proprie piccole discariche a cielo aperto. Si percepisce immediatamente lo stato di abbandono in cui versa.Partiamo da piazza Plebiscito destinazione Asse mediano. È mattino presto, tira un forte vento, ma questo non scoraggia i turisti che davanti al Gambrinus controllano contempo-raneamente cartine e nuvole prima di fare l’itinerario della giornata. La “nostra” strada inizia ad Acerra. Per arrivarci passiamo il Centro Direzionale e saliamo verso Pomigliano d’Arco, dove da lontano campeggia lo stabilimento dell’Alfa Romeo Giambattista Vico con il suo slogan “Noi siamo ciò che produciamo”.Già perché l’Asse mediano è stato costruito per questo: col-legare Napoli ai paesi immediatamente a nord e i loro poli industriali. Una sorta di seconda tangenziale che taglia nel mezzo parte della provincia napoletana congiungendola con quella casertana; un’arteria fondamentale per la mobilità dei lavoratori e delle merci.

Arrivati all’altezza di Acerra si ha l’impressione di trovarsi nei pressi di una discarica. Da dove provenga l’odore nause-abondo non si sa, certo è che poco più avanti c’è una piazzo-la di sosta piena d’immondizia. Un po’ più avanti ci fermia-mo in una che permette una sosta in sicurezza. Troviamo di tutto: giocattoli, vecchi 45 giri senza copertina, vestiti logori, vasi rotti, pneumatici.Ci rimettiamo in viaggio e ci fermiamo alla stazione Tamoil di Giugliano. È deserta. I tre benzinai si riparano dal fred-do dentro la loro cabina. Quando gli chiediamo di parlarci dell’Asse non sembrano capire il perché. Proviamo noi a mettere qualche argomento sul tavolo; le due cose che si notano subito sono la mancanza d’illuminazione e l’inade-guatezza dello spartitraffico che divide le due carreggiate. Di notte non si vede nulla e si accendono gli abbaglianti, dando fastidio agli automobilisti che viaggiano nel senso contrario perché i guardrail bassi non proteggono dalla luce. Ci dà ra-gione il gestore del distributore: “Sì io di notte non vedo nul-la e devo per forza mettere gli abbaglianti”. Rotto il ghiaccio vengono fuori altri problemi: “Con la pioggia si formano pozze d’acqua che rendono difficile il controllo del mezzo” – anche perché il limite di velocità (70 km/h in condizioni normali e 50 con la pioggia) non viene quasi mai rispetta-to – “e le uscite degli svincoli sono poco sicure”. In effetti molte di esse sono strette con curve che vanno in discesa, aumentando il pericolo di incidenti.Altra cosa che si capisce quasi immediatamente è la scarsa segnaletica stradale, quasi mai risulta chiaro se si sta entran-do sull’Asse o su una delle statali che lo intersecano. Ciò che si può essere certi di trovare sono le indicazioni dei nume-rosi centri commerciali. Uno su tutti: il Jambo di Trentola Ducenta. Usciamo sulla SS 265 per Caserta e dopo 5 minuti siamo lì, in uno di quei non luoghi dell’antropologo france-

Le condizioni di abbandono in cui versa l’Asse mediano sono chiare. Manca l’illuminazione, gli spartitraffico sono inadeguati, molte uscite ancora non sono aperte, per non parlare delle discariche a cielo aperto sulle piazzole di sosta. Ad aumentare lo stupore c’è il fatto che questa è una delle arterie più importanti della provincia napoletana, non una stradina secondaria, poco frequentata.Il 17 ottobre del 2001 la gestione dell’Asse mediano passa dall’Anas alla Regione e, nello stesso giorno, da Palazzo S. Lucia alla Provincia di Napoli. “Non ci sono sovrapposizioni di competen-ze”, spiega Livio Falcone, consigliere provinciale al XIII collegio del Pd, “le responsabilità sono chiare, non si può scaricare il barile a qualcun altro in questo caso”.Si può pensare che il problema sia la mancanza di soldi, e invece non è così a sentire Falcone, il quale tra l’altro è membro della commissione Bilancio: “La Provincia stanzia la maggior parte delle sue risorse economiche nel settore viabilità e manutenzione stradale. Ho segnalato più volte questa situazione ma non mi è stata data ancora risposta. Tra l’altro oltre al danno c’è la beffa. Nei debiti fuori bilancio, i conti non previsti, una percentuale elevatissima è costituita da sentenze di risarcimento per incidenti stradali causati dallo stato delle arterie provinciali”.

g.l.

IL CONSIGLIERE FALCONE: “I SOLDI STANZIATI SONO PARECCHI”

1

2 3 4

1 Il cartello visibile all’entrata dell’Asse Mediano. È di pro-prietà della Regione, ma dal 2001 la sua gestione è passata alla Provincia di Napoli.2 Le uscite più segnalate lungo la strada sono quelle che portano ai tanti centri commerciali della zona. 3 La strada interrotta da un traliccio all’uscita di Frattamag-giore. Nonostante le continue promesse, le istituzioni non hanno ancora preso in mano la situazione.4 Capolinea del nostro viaggio: Lago Patria in una vista dall’alto. Sullo sfondo la pineta di Castel Volturno, dove si allena la SSC Napoli.

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inchiostro n. 4 - 2012TRAFFICO GIORNALIERO

100.000 AUTOVETTURELIMITE DI VELOCITA’

70 KM/H

Asse mediano, più ombre che luci Una giornata in viaggio sull’arteria che collega Napoli con la provincia sud di Caserta: tra rifiuti, cantieri fermi e illuminazione mancante, la storia di una delle strade più pericolose della Campania

Progettata dopo il terremoto dell’Irpinia, la statale facilita lo spostamento per migliaia di persone ogni giorno. Eppure è abbandonata a se stessa

se Marc Augé.Sono le 10 passate, pochissime persone per i corridoi, quasi nessuno eccetto i commessi dentro i negozi. Fuori parliamo con Veronica, una ragazza dagli occhi di ghiaccio che lavora al parcheggio custodito del Jambo. Della strada sa poco e niente: “L’ho presa per un periodo per andare a lavorare a Caserta. Ora sto qui vicino, faccio le strade interne”. Con nostro stupore ci dice che di gente che va al centro commer-ciale ce n’è eccome: “Soprattutto nei fine settimana, quando faccio il turno dalle 15.30 alle 21.00”.Torniamo in macchina e decidiamo di andare fino alla fine, a Lago Patria, il paese dove decise di ritirarsi Scipione l’Afri-cano dopo l’accusa da parte del Senato romano di corruzio-ne. Lungo la strada il paesaggio si mostra confusionario. Ai campi coltivati si alternano enormi palazzi in costruzione, ai fiori gialli e gli alberi bassi che iniziano a mettere i primi boccioli bianchi e rosa fanno da sfondo le industrie tessili che cacciano fumo dai piloni più alti. Dalle rampe si vedono anche i paesi, ora illuminati dal sole che s’è fatto spazio nel cielo. Per le strade non gira nessuno. Viene fuori un parago-ne con il vecchio Far West: paesi deserti, attraversati da una grande strada che li divide in due. A fare gli onori di casa prostitute infreddolite, alcune in coppia, altre da sole.La curiosità ci spinge a scendere sul lago. Sulla strada che gli gira intorno, ogni tanto si trovano automobilisti in dol-ce compagnia. Più avanti troviamo il bar ristorante L’Oasi. Da fuori sembra chiuso. Entrati troviamo Francesco, il pro-prietario, chino su alcuni fogli. Ha aperto l’attività nei pri-mi anni ’60, una struttura enorme, il classico ristorante da cerimonie: “Da quando è stata costruita la provinciale noi e gli altri ristoranti sul lago siamo stati tagliati fuori. Prima per andare sulla Domitiana dovevi passare per forza di qui, ora in una giornata possono passare anche meno di dieci macchine. Poi lascia a desiderare anche l’attuale stato del lago. Ora lo vedete così, ma con la primavera le erbacce co-prono tutto e il Comune non fa niente”. Prima di andare via compriamo due pacchetti di patatine e Francesco esclama: “Abbiamo aperto la giornata”. Controlliamo lo scontrino: ore 11.14, scontrino numero 1 da 3,50 euro.Tornando indietro sul lato destro della strada vediamo da lontano una serie di edifici in colori pastello. Anche qui con le indicazioni non si può mancare l’uscita. In fila troviamo Leroy Merlin, Decathlon, poi, dopo una rotonda, Auchan, Scarpe & Scarpe, Euronics, Combipel, Alcott, Oviesse ed Eldo. Dietro di loro, una pompa di benzina e in fondo, un campo rom. Chiediamo a una guardia giurata di uno dei tan-ti megastore informazioni sui gitani: “Stanno qui da oltre sei mesi, ogni tanto vengono e chiedono l’elemosina. Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di furti nelle auto parcheggia-te. Quando chiamiamo la sicurezza li mandano via, anche se poi ritornano. Abbiamo provato a chiedere al comune di Giuliano ma ancora non hanno fatto nulla”. Andiamo allora

a parlare con i rom ma dopo un primo momento capiamo che forse non siamo i ben voluti.Prima di tornare a casa andiamo a Frattamaggiore. Un’usci-ta è chiusa, per terra ci sono ancora un paio di piloni lasciati sul terreno ma almeno si sono fermati presto a costruire, nell’altro senso invece, la strada chiusa è lunga un paio di chilometri, terminanti con l’asfalto che va in salita, perfetta per girare un film d’azione. Per ora è usata come pista ci-clabile. È tardo pomeriggio e in molti salgono dal paese per andare a correre qui, nella carreggiata opposta a dove sfrec-ciano le automobili. Cose da non credere. Nella rampa in uscita da Frattamaggiore troviamo ancora immondizia, que-sta volta però invade la corsia; poi, appena entrati sull’Asse, ancora sacchetti aperti sulla strada che ostruiscono il passag-gio, attaccato al guardrail anche un piccolo frigorifero.È ormai sera. È ora di tornare a casa. La visibilità inizia a essere scarsa, in compenso c’è poco traffico. Se chiedessimo a qualcuno il perché probabilmente ci risponderebbe che è stato un caso. E ci rivengono in mente le parole di una di-pendente di Alcott: “Sull’Asse ci sono lavori 364 giorni l’an-no, il traffico è davvero insostenibile”. Ma quest’anno si sa, è bisestile...Dall’alto della rampa si ha la sensazione di stare su una bar-ca e di solcare un mare apparentemente calmo. Sotto questa superficie invece, ogni paese è una corrente che lo agita. Alla fine di questo viaggio ci potremmo chiedere come sia stato possibile aver percorso oltre 350 chilometri tra andate, ritor-ni e uscite varie, su e intorno questa strada. In realtà non si è visto nulla, se non una minima parte di quella terra di mezzo che si estende a destra e sinistra dell’Asse mediano.

Campo rom e rifiuti. È questo lo scenario di via Cupa Perillo nel quartiere di Scampia. Da anni l’uscita dell’Asse Mediano è chiusa al transito delle automobili. Un disservizio che non fa più notizia ormai.Nonostante i numerosi appelli di cittadini e comitati locali, la situazione resta sempre la stessa: “Così non si può andare avanti” afferma Chiara Giordano, presidente dell’associazione Campania in movimento. “Nelle baraccopoli viene bruciato di tutto e a qualsiasi ora del giorno. È una situazione gravissima, soprattutto se si considera che il campo rom si trova a pochi passi dalla scuola materna ed elementare Ilaria Alpi”.I bambini sono costretti a respirare sostanze nocive durante le ore di lezione, con le insegnanti che in più di un’occasione hanno fatto sentire la propria voce: “Abbiamo provato più volte a sollecitare le istituzioni ma i risultati non sono stati quelli sperati” continua la Giordano, “premetto che non ho nulla contro i rom, tuttavia siamo dell’idea che tutti devono rispettare le leggi e soprattutto l’ambiente. Bruciare sostanze che poi si rivelano velenose può danneggiare non poco la salute di una persona”.La maggior parte dell’immondizia del quartiere è assemblata tra il tratto d’asfalto che conduce al campo rom e l’uscita chiusa dell’Asse. Uno scenario deplorevole che sottolinea il degrado cronico di una realtà sempre più difficile come quella di Scampia.

c.c.

A SCAMPIA NIENTE SVINCOLO: ROM E RIFIUTI BLOCCANO L’ACCESSO

5 6 7

85 La comunità di rom presente alle spalle del parco com-merciale Auchan Giugliano.6 Una tra le piazzole di sosta dove è praticamente impos-sibile fermarsi. Sono davvero poche quelle completamente sgombre da rifiuti. 7 Un’istantanea del traffico sull’Asse Mediano in uno dei momenti di maggiore ingorgo.8 Il tratto finale del collegamento mancato a causa di un errore tecnico. Un percorso lungo circa 2 km sfruttato così dai cittadini.

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inchiostro n. 4 - 2012METRO

LINEA 7 COSTO

350 MILIONI DI EURO

di Elisabetta Froncillo

“Quando Bassolino mi affidò il proget-to pensai fosse pazzo”. A dirlo fu Anish Kapoor, artista anglo-indiano, alla presen-tazione della sua idea di stazione metropo-litana per Monte Sant’Angelo- linea 7 della Campania. Forse, considerando i risultati attuali, dopo nove anni, non si sbagliava. Una follia architettonica, un’elefantiaca opera d’arte rimasta incompiuta. O meglio partorita a metà: il cantiere a Napoli - work in progress - e la sua copertura, la scul-tura di Kapoor, in Olanda. A Monte Sant’Angelo il cantiere è aperto, ma gli operai non ci sono. Soltan-to polvere e arnesi ovun-que. Aspettano l’enorme bocca di ferro realizzata dai fiamminghi. Al Rione Tra-iano, altro nodo ferroviario, neanche la pattuglia dei carabinieri che sorveglia la zona sa dei lavori. L’unico a conoscerne l’esistenza è un parcheggiatore abusivo pre-sente nell’area tra il cimi-tero e una zona recintata. Proprio qui dentro dovreb-be sorgere la futura metropolitana. Ma l’uomo racconta che i lavori sono fermi da due anni: “Hanno portato le ruspe e se ne sono andati, con tutti i soldi investiti”. Linea 7, la ferrovia fantasma. Ma di cosa si tratta in realtà? Andiamo per gradi. Partia-mo dal 1999 quando il ministero dei Tra-sporti approva «l’esecuzione delle opere relative alla tratta Soccavo-Monte Sant’An-gelo». Si tratta di una metropolitana circo-lare capace di collegare i rioni residenzia-li come Soccavo e Traiano alla cittadella universitaria e alla rete della Cumana di Fuorigrotta. Una connessione tra periferia e metropoli. Parte l’appalto nel 2000, affi-dato alla Giustino Costruzioni, e si apre il

cantiere. Nel 2001 la proposta è consegna-ta alla Regione. Nel 2003 cambia qualcosa: il progetto originale è messo da parte, e arriva per decorare la stazione, rendendola artistica, su richiesta di Eduardo Cicelyn consulente della Regione Campania, il grande disegno di Kapoor, rompendo così gli schemi: un’opera di ingegneria civile è affidata a uno scultore. Non più ornamen-ti artistici in un’opera strutturale, ma la metropolitana stessa si trasforma in opera

d’arte. Un’idea rivoluzionaria in campo di costruzioni funzionali a una città. Al fianco dell’artista c’è l’archistar inglese Amanda Levete affascinata dall’idea che “l’arte possa diventare architettura”. Sono così trascorsi 5 anni dalla decisione del ministero. Tra affidamenti e leggi specia-li del Governo adottate perché ci si ritrova in zona a rischio bradisismo, consulenze d’oro e incarichi ulteriori e prestigiosi alla stessa Giustino, vanno via altri anni. Di opere per il momento ancora infinite. O meglio pronte ma nel cantiere navale olan-dese della Central Staal. Un paradosso. Il

servizio è necessario, i soldi sono stati ero-gati e spesi, ma la linea7 viaggia per l’Euro-pa, con i suoi componenti divisi tra Napoli e l’Olanda. Intanto la Procura indaga: biso-gna far chiarezza sulla faraonica impresa costata 350 milioni di euro, oggi cattedra-le nel deserto. Un’inchiesta conoscitiva su costi e benefici di progetti non ancora andati in porto riguardo al tanto discusso Metrò dell’Arte. L’ultima data come da tabella di marcia per

l’inaugurazione della sola Mon-te Sant’Angelo è giugno 2012. Ma quasi sicuramente, consi-derando il procedere dei lavori, slitterà ancora. La bocca gigante, ovvero la stazione disegnata da Kapoor con un gioco di spazi pieni e vuoti di ferro, creata per inghiottire i passeggeri diretti dal suolo ai binari, è pronta, pro-fumatamente pagata. Nonostan-te questo ai napoletani sembra non essere data la possibilità di vederla dal vivo.La ditta Giustino, che dovrebbe procedere al lavoro di assem-blamento, completando l’opera, non riceve da svariati mesi le tranche di soldi richiesti alla Re-gione Campania. Cosa è succes-

so ai finanziamenti? Sono serviti soltanto per i primi tre lotti Monte Sant’Angelo-Soccavo, Monte Sant’Angelo-Parco San Paolo e Parco San Paolo - via Terracina. Insomma il progetto negli anni ha ripor-tato un aumento dei costi, senza che que-sti fossero coperti finanziariamente. Dalla Regione arriva un’altra boccata d’ossigeno, per tenere in vita il moribondo futuro dei trasporti: i soldi saranno assegnati alla ditta ed entro il 2013 si aprirà la stazione. Ancora un anno. Forse ancora un’illusione per confermare quanto diceva Jean Bau-drillard: “L’arte contemporanea specula sul senso di colpa di quelli che non la com-prendono”.

M7, aspettando KapoorTredici anni di lavori ma la stazione di Monte Sant’Angelo ancora non è stata completata

Entro il 2013 è prevista la consegna dell’arte-metrò per l’UniversitàLa struttura d’ingresso dello scultore anglo-indiano è ancora in Olanda

Un progetto lungo 13 anni, è la storia di Monte Sant’Angelo Kapoor.È il 28 ottobre 1999, quando il ministero dei Trasporti approva con il decreto numero 232 “l’esecuzione delle opere relative alla tratta Soccavo-Monte San t’Angelo”. In questa data si viene a conoscenza che il sistema regiona-le avrà una nuova linea, la M7. L’11 maggio del 2000 viene firmato il contratto d’appalto. Ad aggiudicarselo è la Giustino costruzioni Spa, al termine di una gara internazionale. Il 20 aprile, nel frattempo del 2000 era sta-to addirittura aperto il cantiere. Il ministero, poco dopo l’inizio dei lavori, comunica di non avere fondi a sufficienza per il progetto. Nel 2001 la devolution trasferisce le compe-tenze dal Governo alla Regione Campania, che deicide di varare il sistema metropolita-no regionale. Nel 2003 entra in scena Anish

Kapoor, contattato dal consulente regionale Eduardo Cicelyn e l’opera è a buon punto. Il 28 ottobre dello stesso anno l’artista illustra come immagina la sua stazione. Il 27 febbra-io 2004 la giunta regionale della Campania decide con la delibera numero 362 di affida-re ad Anish Kapoor l’ideazione artistica della stazione. Il 5 aprile 2004 la delibera regio-nale viene pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Campania, così da acquisire l’opera al patrimonio regionale Il 29 novembre 2004 l’artista firma il con-tratto. A luglio 2005 il progetto è pronto, ma per realizzarlo bisogna aspettare un Com-missario di Governo che arriva a dicembre 2006. La fase esecutiva inizia a marzo 2007.A gennaio 2011 la Procura avvia un’inchie-sta sul cantiere, intanto in Olanda presso la Central Staal è stata completata l’opera di Kapoor. Giugno 2012 doveva essere il mese della consegna della metropolitana alla città. Ma il mancato pagamento alla ditta fa slittare nuovamente l’inaugurazione.

e.f.

Le tappe dell’opera

La chiamavano Direttissima. Collegava “velocemente” Roma a Napoli sin dall’inizio del 900. Funzionava ed era il mezzo preferito dei professionisti. Oggi si chiama Metropolitana e in molti tentano di evitarla. Ha aggiornato il nome ma non il ser-vizio: stazioni vecchie, barriere architettoniche, orari da inven-tare quotidianamente. Sono soltanto alcuni degli elementi con cui fare i conti se si ha voglia, o si necessita, di un viaggio da Pozzuoli verso Gianturco, o viceversa. Il servizio gestito da Tre-nitalia dovrebbe garantire tempi di percorrenza da un’estremi-tà all’altra della traiettoria (16 km urbani) in pochissimo tempo. Secondo il sito istituzionale appena 22 minuti. Ma la realtà ma-nifesta un dato diverso: chi si mette in viaggio da un capolinea all’altro non impiega meno di un’ora. Se tutto va bene. Infatti se ci si imbatte in coincidenze con treni regionali, le attese si allungano in modo non calcolabile. A quel punto si può anche dire addio ai propri appuntamenti. La gente sale, ci si ammassa nei vagoni. Tutto questo lungo undici fermate, spoglie e spor-che, abitate da senzatetto e tossicodipendenti. Le scale mobili,

quando sono presenti, quasi sempre non funzionano. E ancora gli ascensori assenti, i tabelloni luminosi per gli orari mai ag-giornati e nessuna sorveglianza. La situazione peggiora se il viaggio è nei giorni festivi, quando diminuiscono le corse e il biglietto addirittura non si fa. Quasi in nessuna fermata. Le biglietterie esistono soltanto in pochi punti delle Ferrovie dello Stato presenti lungo la tratta. Per stazioni come Pozzuoli, Quarto, Gianturco, ci sono le edicole, chiuse quando è festivo. E a quel punto che si fa? Il control-lore o il capotreno invitano a salire ugualmente. Così il viaggio continua in quei treni vecchi e scricchiolan-ti. In attesa di raggiungere la propria destinazione e dimenticare velocemente il viaggio della speranza.

e.f.

Il viaggio infinito sull’ex Direttissima, un’ora tra fermate fantasma e degrado

Il tunnel d’ingresso della stazioneIn basso: la fermata di Quarto

L’entrata della stazione ultimata

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“Sfruttare i naturali dislivelli e recuperare gli itinerari delle antiche pedamentine con l’ausilio di scale mobili e tapis roulant. Napoli è una città obliqua”. L’ha sempre vista così Michele Cennamo, architetto e docente dell’Università Fe-derico II, la sua Partenope, l’affascinante metropoli abbar-bicata sul ciglio di un vulcano e dall’urbanistica complessa.“Per migliorare la viabilità, gli urbanisti hanno sempre preferito costruire sulle monoquote per collegare la città da est a ovest – dice –. Per esempio Corso Vittorio Emanuele è una sorta di tangenziale ottocentesca”.A metà degli anni Ottanta Cennamo tenta di trasformare la sua visione utopistica in un progetto urbano. Il suo so-gno è quello di pensare soluzioni urbanistiche che segua-no la linea del territorio cittadino senza stravolgerlo. “La città obliqua” è il nome del suo progetto per una mobilità napoletana sostenibile. L’intento è di realizzare percorsi assistiti affiancando alle vecchie gradinate del sedicesimo secolo una tecnologia di risalita meccanica. L’idea nasce all’università, per risolvere i problemi di spostamento dei suoi studenti. “Alcuni di loro dal quartiere Vomero rag-giungevano a piedi via Monteoliveto, sede della facoltà di Architettura – racconta il professore con un pizzico di com-mozione –. Scendere non era faticoso ma, anche per un ragazzo risalire di sera da Montecalvario alla zona collinare

diventava difficoltoso. In quel periodo avevo conosciuto un produttore svizzero di scale mobili e così mi venne l’intu-izione”.Il programma è quello di mettere rapidamente in comu-nicazione la zona costiera della città a quella collinare con percorsi pedonali mobili integrati a un sistema di par-cheggi per le automobili all’inizio e alla fine del tragitto. In occasione dei mondiali di calcio ‘90 assegnati all’Italia, Napoli e il suo stadio San Paolo ospiteranno alcune partite. Arriva l’occasione. La città ha bisogno di infrastrutture per la mobilità. Così l’idea prende forma, senza però arriva-re a completa realizzazione. “C’erano i progetti, gli studi di fattibilità ambientale - rivela -. E il piano economico lo stilai con il professor Ennio Forte, docente di Economia dei trasporti alla Federico II. Ma non se ne fece più nulla. Si è preferito puntare sul potenziamento delle linee della metropolitana”.Tra i sostenitori del progetto c’è anche Edoardo Bennato, discepolo e amico del professore. Il cantautore e architetto bagnolese si innamora dell’idea e nel suo album “Ok Ita-lia” del 1987 incide un pezzo dal titolo “La città obliqua”: un inno a Napoli in cui la mobilità sostenibile può diventa-re ponte tra passato e futuro.

l. b.

di Livianna Bubbico

Il sistema dei trasporti alternativi a Napoli è una contraddizione: c’è ma non funziona. Eppure ci sarebbero tutte le carte in regola per una mobilità sostenibile. Ascensori e scale mobili permetterebbero ai napoleta-ni di spostarsi rapidamente dal centro alla zona collinare abbattendo così gli ostacoli di una città di mare addossata sulle pendici del Vesuvio. A funzionare, invece, è solo il siste-ma delle quattro funicolari: una tecnologia “vecchia” di centoventitre anni e perfetta-mente efficiente. “I sistemi di accelerazione pedonale sono impianti che funzionano meglio nelle zone ad alta densità di popolazione. Napoli è un’ottima candidata a questo tipo di traspor-ti alternativi”. È l’opinione di Massimo Pica Ciamarra, docente di Progettazione architet-tonica presso l’Università Federico II e di-rettore del Carré Bleu, feuille internationale d’architecture di Parigi. “Nella nostra città si è sviluppato molto il trasporto ferroviario interrato. Questo sarebbe dovuto essere af-fiancato da infrastrutture di accelerazione pedonale come scale mobili e tapis roulant. – continua il professor Pica Ciamarra – Le fermate della metropolitana potevano diven-tare interscambi serviti da parcheggi e scale mobili per collegare velocemente fermate di linee differenti. Invece questi sistemi di tra-sporto sono stati progettati singolarmente e non come una rete organica. L’unica strada sarebbe programmare nella logica dell’inte-grazione tra urbanistica, costruzione degli edifici e morfologia del territorio”. Tre sono gli ascensori gestiti dalla Anm,

Azienda napoletana per la mobilità: quello di Acton che collega Piazza del Plebiscito con via Ferdinando Acton, quello della Sa-nità che collega il corso Ame-deo di Savoia con l’omonimo Rione e l’ascensore Chiaia che collega via Nicotera alla via dello shopping. Le scale mobili restano un miraggio nella città partenopea. Sono aperte solo quelle di via Mor-ghen, di proprietà comunale e gestite da Metronapoli s.p.a. Quando sono funzionanti rendono più agevole la circo-lazione pedonale nella zona di San Martino, alla sommità del quartiere Vomero, colle-gando in soli 5 minuti le due funicolari più frequentate. Tutta un’altra storia per le scale mobili di Parco Venta-glieri. L’impianto è stato pro-gettato e realizzato attraverso la riqualificazione della città programmata dopo il terre-moto del ‘80. Le scale si tro-vano al centro del parco e sono state pensate per collegare interscambio di Montesanto, cuore del quartiere Tarsia e capolinea del-la linea Cumana, di quella Curcumflegrea nonché dell’omonima funicolare, con Corso Vittorio Emanuele e via Salvator Rosa all’al-tezza della fermata della metro linea 1. Nel 2004 l’impianto si ferma. Le rampe sono mal funzionanti e non vengono riaper-te perché è scaduto il contratto di gestione. Un’associazione di quartiere, il Forum Tar-

sia, denuncia in una lettera al quotidiano La Repubblica l’accaduto. Nell’ottobre dello stesso anno la Giunta Iervolino annuncia

che la gestione passerà a Metrona-poli. Ma le scale restano più chiuse che aperte. Riaprono nel gennaio del 2005 per stopparsi nuovamente poche settimane dopo. L’impianto non è a norma. Ci sono infiltrazioni d’acqua. Alla fine dello stesso anno si bloccano ancora per un guasto al quadro elettrico. Il Comune decide di stanziare nuovi fondi per la ri-qualificazione. I lavori partono nel

2006 e l’inaugurazione è prevista per l’esta-te 2007. Nel 2011 finalmente le scale vedono la luce ma restano comunque chiuse. Al suo in-sediamento il sindaco Luigi De Magistris, ha annunciato che l’impianto verrà riaper-to nell’aprile di questo anno. Si attendono buone notizie. Sul versante del trasporto con veicoli condi-visi la città resta indietro. Il car sharing è per i napoletani un illustre sconosciuto. Milano, Roma, Firenze hanno già un servizio di auto pubbliche in condivisione. E la rossa Bolo-gna è prima in classifica per il miglior rap-porto auto pubbliche utenti. I veicoli sono a basso impatto ambientale e possono circola-re anche nelle zone a traffico limitato. Il Comune di Napoli ha pensato un servizio di car pooling – modalità di trasporto con auto private in condivisione. I veicoli euro 2 e euro 3 che hanno a bordo almeno tre pas-seggeri sono in deroga alle limitazioni della circolazione ai fini del miglioramento delle condizioni ambientali. Qualcosa si muove anche a Palazzo San Giacomo.

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inchiostro n. 4 - 2012TRASPORTI

ALTERNATIVI FERMO

IL CAR SHARING

Le scale “immobili” di NapoliPartenope non sale in alto

La mobilità sostenibile partenopea è lontana dagli standard delle altre metropoli italiane

L’architetto Pica Ciamarra: “Necessario integrare urbanistica e territorio”

“La città obliqua”, il sogno di Cennamo

Ennio Cascetta, classe 1953, docente di Piani-ficazione dei sistemi di trasporto alla Federico II e per 10 anni assessore regionale ai Trasporti nelle giunte Bassolino, gli abbiamo chiesto un commento sui sistemi di mobilità alternativi. Qual è l’attenzione delle istituzioni nei confron-ti dei sistemi alternativi a Napoli?“Poca attenzione, tantissimi progetti proposti negli anni quasi nessuna realizzazione“Quali sarebbero i sistemi aconvenzionali più adatti alla nostra città?“Ovviamente scale mobili e sistemi a fune. In particolare ricordo la funivia “dei due musei”, progetto preliminare redatto dalla Regione Cam-pania di intesa con il Comune di Napoli e inseri-to nei progetti UE per il centro città. Un progetto di grande importanza che avrebbe messo in rete il parco ed il museo di Capodimonte, oggi sot-toutilizzati, con il resto della città. Non se ne è saputo più nulla anche per reazioni a mio avviso ideologiche di parte della così detta cultura na-poletana. In altre città del mondo, come Bar-cellona, questi sono sistemi di trasporto molto utilizzati, ma a Napoli non si può toccare nulla”Il Metrò del Mare potrebbe diventare un servizio strutturato per tutto l’anno?“Il metrò del mare è stato soppresso già da un anno perché ritenuto non strategico. A mio av-viso è stato un errore ma comunque sarebbe un servizio che, per ragioni meteo e di domanda, si giustificherebbe solo nei mesi estivi”Potrebbe illustrarci una sua idea per il migliora-mento dei trasporti alternativi a Napoli?“Della funivia dei due musei ho già detto. Pen-so che avrebbe anche senso un collegamento funiviario tra Posillipo e la Nuova Bagnoli pro-posta già nel Piano Comunale dei Trasporti di Napoli; recupero delle scale della pedamentina; scale mobili; Bike-sharing e car-sharing in tut-te le città europee, a Napoli si dovrebbe almeno sperimentare” l.b.

Le scale mobili di via Morghen

L’opinione di Ennio Cascetta

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inchiostro n. 4 - 2012 LA CITTÀ

“CICLABILE” IL PROGETTO

20 KM DI PISTA

Napoli, vita dura per i ciclistiStrade dissestate e automobilisti distratti: solo l’1% della popolazione cittadina va in bicicletta

Il capoluogo campano arriva ultimo in Italiaper i servizi agli appassionati delle due ruotedi Antonio S. Lanzillotta

Dati alla mano, a Napoli soltanto una persona su cento si sposta su due ruote. Difficile viabilità, scarsa manutenzione delle strade, paura degli incidenti: tutti fenomeni correlati alla complicata realtà cittadina. Meglio di Roma, Palermo e Genova, che detengono il record negativo di spostamenti (zero spostamenti su cento), ma co-munque al di sotto della media nazionale: Torino ha il 2%, Milano il 4%, Firenze il 7 %, Verona il 9% e Padova il 17%.Legambiente, in collaborazione con la Fiab (Federazione Italiana Amici della Bicicletta), stila una classifica sulle città italiane più attente alle infrastrutture ciclistiche cittadine. Lo studio non si basa soltanto sulla presenza o meno di piste ci-clabili, ma prende in considerazione diversi aspetti: presenza biciplan, ufficio biciclette, segnaletica direzionale, contrasto furti, piano riciclo biciclette, cicloparcheggi di interscambio, bicistazioni. Napoli non se la passa bene, ma una premessa è d’obbligo: non è la sola mela marcia nel cesto. In tutta la Penisola (con alcune eccezioni) la situazione delle infrastrutture ciclistiche è problematica.Secondo la Commissione Europea, infatti, l’Italia è al primo posto nella black list: a fronte di una rete ciclabile prevista di 12mila Km, soltanto il 10% è stata realizzata. Strano ma vero, in Italia, per ogni abitante, ci sono 0,44 biciclette. Poco. Secondo il rapporto annuale dell’Istat (dati 2010), in Italia cir-colano 0,57 auto per ogni abitante. Lattanti compresi. Più di mezza auto per abitante. E a Napoli? La situazione è disarmante. Nella classifica redat-ta da Legambiente sull’indice di “ciclabilità”, la città è ultima. Zero in classifica. Di piste ciclabili, a Napoli, nemmeno l’om-bra. La situazione è difficile. Drastica. Buche, segnaletica inesi-stente e troppe strade pericolose sono all’ordine del giorno. La scarsa presenza dei ciclisti è dovuta alla preoccupazione che l’uso della bicicletta, in una città dove non si tutela l’inco-lumità del ciclista, possa rivelarsi molto pericoloso. A Napoli, poi, c’è di più: ai ciclisti è precluso (eccetto nei gior-ni festivi e dietro pagamento di un supplemento) anche il tra-sporto della bici sui mezzi pubblici; dalla Circumvesuviana alla metropolitana (funicolare esclusa) è vietato trasportare il proprio velocipede.Servirebbero carrozze adibite appositamente al trasporto dei bicicli che al momento non ci sono; tassativamente vietato l’uso delle scale mobili, dei montascale, delle scale fisse e dei tapis roulant. E allora, come si fa? Si carica in spalla la propria bici e si pro-cede a piedi. Con le difficoltà del momento: salite, intemperie,

traffico, incroci pericolosi.Sul territorio nazionale troviamo alcune realtà positive. Se-condo Legambiente, nella classifica degli spostamenti in bici-cletta, Bolzano è al primo posto. Con il 29% degli spostamen-ti, detiene la maglia rosa. Subito dopo segue Mestre, con il 20%. Città medie che hanno trovato una giusta integrazione tra un alto spostamento su due ruote e una bassa percentuale di auto in circolazione.La situazione delle grandi città, invece, è agli antipodi.Solamente Padova e Venezia superano i 10 metri di pista ci-clabile ogni 100 abitanti; purtuttavia sono sempre al di sotto della media europea. In Germania, per esempio, viaggiano oltre 67 milioni di bici. A Berlino, nello specifico, le bici sono 128 per ogni 100 nuclei familiari. In più, la prima potenza eu-ropea, sta potenziando le piste ciclabili esistenti: investirà due milioni di euro per costruire ampi parcheggi per i velocipedi con agganci a catena contro i furti. Altri esempi? In Danimarca, secondo la comunità Europea, sono stati realizzati tutti i 3665 km previsti; in Gran Bretagna il 50% dei 16000Km in cantiere. Le sole città europee di Hel-sinki (1500 Km di piste ciclabili), Stoccolma e Hannover (750 Km ciascuna) hanno più piste ciclabili di tutti i capoluoghi italiani.Eppure passi in avanti l’Italia ne ha fatti. Dal 2000 a oggi, infatti, si è assistito a un incremento del 300% delle piste ci-clabili esistenti.E a Napoli sembra che il vento stia cambiando. La città si pre-para a rilanciare il territorio investendo sulla mobilità sosteni-bile. Da poco (lo scorso 19 gennaio) il Comune ha inaugurato il progetto per la realizzazione del percorso ciclabile. Lungo circa 20 chilometri, abbraccerà buona parte del territorio par-tenopeo. Si parte dalla “Porta del parco”, a Bagnoli, passando per alcune zone strategiche (Mergellina, Castel dell’Ovo, Piaz-za Plebiscito, Via Chiaia, Via Duomo, Piazza Dante, Centro Antico), e si arriverà sino a Piazza Garibaldi. Il percorso si integrerà con la pista ciclabile prevista nel progetto del parco Urbano da parte di Bagnolifutura.Progetto realizzabile? Il Comune è ottimista. “È solo l’inizio di una riqualificazione di tutto il territorio. L’istituzione di un percorso ciclabile porterà a una migliore vivibilità”, si legge dal sito del Comune. In questo senso l’istituzione di diverse zone Ztl è un buon inizio.Il 12 marzo, poi, il Comune ha sottoscritto l’appello “Salviamo i ciclisti”; la petizione internazionale, promossa dal Times, della campagna “Cities fit for cycling”.Alcuni passi sono stati fatti. Il progetto della pista ciclabile è meritorio sebbene allo stato embrionale. La speranza è che i nostri corridori arrivino a fine tappa senza forare le ruote.

“Non è pericoloso andare in bici in città. Sono le auto che sono pericolose per il ciclista”.Alfredo Bellini da cinque anni ha rinunciato all’auto per spostarsi a Napoli e usa questa massima come filosofia di vita.Da casa a lavoro, dalla spesa quotidiana all’uscita il sabato sera, sale su due ruote e gira per la città. Certo, non è uno tra i tanti. Un piccolo luccichio in una città oscurata dallo smog. Eppure, dalle sue parole, sembra che qualcosa stia cambiando. “Dopo cinque anni noto differenze sostanzia-li – dice –. Prima notavo pochissime persone come me. Adesso altra gente si sta rendendo conto che l’auto, sia per i costi della benzina sia per il benessere personale, non si può più utilizzare”. Definirlo un appassionato è un eufemismo. “Difficilmente rinuncerei alla mia bici”, dice. Arriva su due ruote. Si ferma e richiude il velocipede su se stesso. Sembra un pacco. Elettrico, ha anche la pedalata as-sistita. “È nato per quelli che si domandano come possano affrontare le salite senza arrivare sudati a lavoro”. Tutti i giorni Alfredo si divincola nel traffico per arrivare a

lavoro. “La bicicletta ti permette di spostarsi in modo più efficace”.È il mezzo ideale: si arriva prima, meglio, con un buon umore e fa bene al benessere personale. E poi, non meno importante, si risparmiano soldi. Alfredo è la testimonianza vivente che a Napoli una mo-bilità diversa è realizzabile. Con difficoltà. Certo. Ma non impossibile. La sua passione non è fine a se stessa. A differenza di altri, da anni gestisce un sito (www.bicizen.it), in cui condivide la sua esperienza; consiglia i principianti, risponde alle do-mande che frenano le persone a prendere confidenza con il mondo delle due ruote. È consapevole delle difficoltà ma non si arrende. Andare in bicicletta può essere pericoloso. Il problema è reale. Ma non deve essere un deterrente. Così come non deve esserlo la pista ciclabile. “Il percorso ciclabile è un inizio. Ma non deve essere isolato. Non è la panacea di tutti i mali – dice – . È la città che deve cambiare. La pista cicla-bile non è la soluzione. C’è bisogno di un cambiamento culturale”.

Una politica sistemica dei trasporti di una città, zone pedonali protette, ztl più larghe, limitare la velocità delle auto: tutte proposte che devono integrarsi con la pista ciclabile. Possibile? Alfredo non dispera: “Nei Paesi scan-dinavi lo fanno. A Napoli sarebbe più facile”.L’ora è tarda. Ci salutiamo. Riapre la bici ma nel frattempo alcuni passanti lo fermano. “Cos’è ?” Gli chiedono di mostrarla. Il nuovo desta sempre inte-resse. Pensiamo:“Si fermerà per altro tempo”? No. Pochi minuti. È tardi. Sale in sella e parte. Arriverà a casa prima di noi

a.s.l.

Alfredo Bellini: “Io che da cinque anni per muovermi in città scelgo sempre la mia bici”

Indice 0-100 che valuta con punteggio la presenza di segnaletica direzionale, biciclette, bike sharing. Fonte dei dati in grafica: Legambiente

Alfredo Bellini

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di Eleonora Tedesco

Indossa il cappotto, rigorosamente nero sull’immancabile dolcevita in versione invernale, poi infila le mani nelle ta-sche dei pantaloni e lascia che il soprabito gli scivoli dietro la schiena. Così, petto in fuori, l’editore assume il piglio e le movenze del pugile e si prepara per la sua passeggiata.Non ama i mezzi pubblici Tullio Pironti, cammina soltanto a piedi, e, se proprio è costretto dalle distanze, prende un taxi. “La metropolitana è triste e i pullman sono sempre af-follati e devi sempre stare attento ai borseggiatori”, spiega mentre attraversa Port’Alba. “Camminare fa bene, come di-cono tutti i medici, e, soprattutto mi aiuta a pensare”. Così, tra una passeggiata verso il mare a Mergellina e “un’arram-picata” fino al Vomero, Tullio Pironti, negli anni, ha sbro-gliato la matassa dei suoi pensieri e ha seguito le suggestioni delle sue idee.

“Signor Tullio Buona sera”, “Tullio ciao” è come una colon-na sonora costante delle sue passeggiate. Basta camminare per pochi metri, subito fuori dal suo feudo, in Piazza Dante, trasformato in una galleria d’arte, e inizia il coro dei saluti. Incontra due donne, alle quali risponde compiaciuto, poi c’è un ragazzo in Piazza del Gesù, quindi è la volta del tabaccaio all’angolo di Via San Sebastiano, poi del cameriere di Piazza San Domenico. “Lo vedi quante donne ancora mi salutano”, fa notare gongolando. “Questo è il bello di camminare a pie-di – continua a spiegare soddisfatto - “non sai mai in chi potrai imbatterti, ma hai tutto il tempo per scoprire che un incontro fortuito può essere fonte d’ispirazione”.

Oppure basta, semplicemente, guardare le persone che passano per capire cosa ac-cade, quali sono gli umori e le aspettative , come cambia la città e con lei i napole-tani. “Vedo i ragazzi intristiti, così come Napoli: è come se non fossero felici. Sono pensierosi, assorti, non hanno voglia o forse non riescono a credere nella possi-bilità di poterlo essere”. Un mondo questo che, secondo l’editore boxer si può trovare soltanto attraversan-do la città a piedi. “Quando ero pugile” racconta con il solito misto di fierezza e malinconia di quando rievoca quei tem-pi - uscivo tutte le mattine per correre e allenarmi, adesso che ho più di 70 anni – colpo di tosse perché le sigarette sono immancabili – mi godo le strade e i vicoli, e ancora continuo a stupirmi passeggian-do, della bellezza di certi scorci e dell’ab-bandono di certe zone”.Se le distanze sono troppo lunghe, si con-cede un viaggio in “tassì”. Gli autisti dello stazionamento di Piazza Dante lo cono-scono bene e sanno che, durante il tragit-to, può capitare che Pironti decida di dare un passaggio a qualche sconosciuto che ha la fortuna di trovarsi nel posto giusto e di dover andare nella stessa direzione. La corsa è gratis. In tanti anni trascorsi evitando mezzi pubblici e attese alle pensiline, Tullio Pironti ricorda una passeggiata, in particolare, con la sua amica di sempre Fernanda Pivano. Erano sul lungomare di Mergellina, lei, settantenne, aggrappata al suo braccio cam-mina con i capelli al vento, lui, spavaldo e sorridente, come sempre con le mani nelle tasche del pantalone e il cappotto a lasciare scoperto il petto. C’è un disegno, appeso all’ingresso della casa editrice, che conserva e restituisce bene quel mo-mento e il rapporto esclusivo che c’era tra di loro. “Lei mi

chiese: vogliamo avere dei figli? Io le risposi che ero pronto - spiega -. Scherzava così, aveva 70 anni, non avrebbe mai potuto, era soltanto il suo modo, unico, per dirmi quanto fosse legata a me”. Racconta della sua poetessa che ora “dorme sulla collina” e il pugile che è sempre vigile in lui cede ai colpi della com-mozione.

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inchiostro n. 4 - 2012NAPOLI

SENZA TRASPORTIVIA DUOMO

CHIUDONO I NEGOZI

“Una vita a piedi e in taxi”Una passeggiata con Tullio Pironti, editore ed ex pugile che non ama utilizzare i mezzi pubblici

Dalle corse per allenarsi alle passeggiate per pensare, così il boxeurcon il vizio dei libri racconta la sua lotta contro metropolitana e bus

Gioia dei residenti, ira dei commerciantiZtl: aria pulita e niente rumori al Centro Storico, ma le vendite sono in calo del 40%È il dispositivo della discordia: la Ztl del Centro storico divi-de commercianti e residenti. Chi fa affari tra Piazza Dante, San Biagio dei Librai e via Duomo contesta la scelta forte-mente voluta dal sindaco, mentre chi abita il quartiere ap-prezza e plaude all’iniziativa.“Via Duomo era buia, ora è anche isolata – sostiene arrab-biato Francesco Caruso, titolare di un negozio di scarpe -. Dopo il tramonto questa è terra di nessuno”. I commercianti lamentano anche mancanza di sicurezza e di controllo. “Ci troviamo al confine tra due Municipali-tà – chiarisce Mario Buonomo, proprietario del negozio di abbigliamento Kaori –. E non si riesce a capire a chi spetti il controllo su questa via che da quando non passano più le macchine è diventato il regno dei motorini, con il conse-guente aumento degli scippi”. Anche le vendite sono in net-to calo: “Meno 40 per cento” è il dato offerto da Buonomo. Molti negozi stanno chiudendo. Negli ultimi mesi si sono abbassate tre saracinesche in pochi metri soprattutto perché i fitti dei locali sono alti, non inferiori a 3 mila euro. A questo si aggiunge la difficoltà dei clienti non residenti nel Centro storico di raggiungere i negozi, come conferma Antonio Ri-naldini, gallerista di San Biagio dei Librai. “Non sanno dove parcheggiare e non c’è un servizio di trasporti sostitutivo all’altezza. In questa zona non resta che miseria e isolamen-to”. Il gallerista, figlio di una generazione che da 150 anni

è a San Biagio dei Librai è categorico: “Abbiamo la fame agli occhi”. Secondo i commercianti il progetto dell’ammi-nistrazione comunale è monco: “Zero accoglienza, nessun posto macchina” sentenzia Rinaldi. “Se rilancio deve esser-ci, che sia sostanziale, con una vera isola pedonale” tuona Buonuomo. “Mancano gli arredi urbani, restano i parcheggi

selvaggi, nè si creano occasioni che attraggano gente” insiste Caruso.E se i commercianti non ridono neanche i tassisti se la pas-sano meglio. Le tariffe predeterminate per la Ztl (6 o 8 euro 7 giorni su 7) non sono ancora attive, e gli autisti ne conte-stano l’applicazione anche la notte e nei festivi quando il tas-sametro parte già da 5 euro e 50 centesimi. Così il guadagno di una corsa varierebbe dai 50 centesimi a un massimo 2 euro e 50. Risparmiare il traffico non dispiace, ma mancano i passeggeri. Per i residenti del Centro Storico, Ztl è soprattutto sinoni-mo di ritrovata qualità della vita. A bordo della sua bicicletta a Piazzetta Nilo Salvatore Sguglia che abita poco più avan-ti considera una conquista poter vivere senza il caos delle macchine anche se, ammette, “qualche disagio c’è, ora non posso più invitare a cena nessuno perché non c’è modo di trovare un posto per la macchina”. Piuttosto, aggiunge, “ora bisogna potenziare l’offerta per i turisti e il servizio di tra-sporto con le navette”. Più i pro che i contro anche per Fran-cesco Baldi, residente via di San Gregorio Armeno, che fa notare come la situazione sia migliorata anche dal punto di vista dell’inquinamento acustico. “I commercianti non de-vono lamentarsi, piuttosto si deve far in modo che aumenti-no i turisti”, conclude.

e.t.

Il bello di camminareè che non sai mai in chi potresti imbatterti

Nella foto Tullio Pironti

Nella cartina i confini del dispositivo

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InchiostroAnno XII numero 4 23 marzo 2012www.unisob.na.it/inchiostro

Periodico a cura della Scuoladi giornalismo diretta da Paolo Mielinell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa

Direttore editorialeLucio d’Alessandro

Direttore responsabilePierluigi Camilli

Coordinamento scientificoArturo Lando

Coordinamento redazionaleAlfredo d’Agnese,Carla MannelliAlessandra Origo,Guido Pocobelli Ragosta

CaporedattoreLivianna Bubbico

Capi servizioChristian GargiuloDario Marchetti

In redazioneCiro Cuozzo,Elisabetta Froncillo, Steno Giulianelli, Antonio S. Lanzillotta, Giorgio Laurenti, Antonio Marino,Eleonora Tedesco

SpedizioniVincenzo Crispino, tel. 081.2522278

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