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La rivoluzione a Venezia 1848 1849 - consiglioveneto.it · di Venezia, della Fondazione Querini Stampalia, del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, della Collezione

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150° UNITÀ D’ITALIA

DIARIO degli AVVENIMENTI

MARZO 1848-AGOSTO 1849

la rivoluzionea venezia

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marzinottod
Timbro
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Consiglio regionale del Veneto Segreteria Regionale per gli Affari generali, giuridici e legislativi Dirigente Stefano Amadi Unità complessa studi, documentazione e biblioteca Dirigente Claudio Giulio Rizzato Testo e grafica a cura di Daniela Marzinotto Staff Unità complessa studi, documentazione e biblioteca Riproduzione a cura del Centro Stampa del Consiglio regionale del Veneto Si ringrazia per la concessione d’uso delle immagini: Fondazione Musei Civici Veneziani Fondazione Querini Stampalia, Venezia Collezione privata, Rovigo Museo del Risorgimento e della Resistenza, Vicenza © Consiglio regionale del Veneto E’ vietata la riproduzione delle immagini Immagine di sfondo in copertina: Carlo Zatti. Ritratto di Daniele Manin investito dei pieni poteri 1849. Venezia, Museo Correr

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Luigi Querena. Veduta di Venezia - Piazza S. Marco il 22 marzo 1848. Venezia, Museo Correr

La rivoluzione a Venezia, diario degli avvenimenti -marzo 1848 agosto 1849

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Introduzione Nell’ambito delle iniziative del Consiglio regionale del Veneto volte alla celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia, abbiamo ritenuto interessante, tra i diversi contributi offerti dalla nostra struttura, raccontare in un diario gli avvenimenti di Venezia dal marzo 1848 all’agosto 1849. La Biblioteca dispone, infatti, di due volumi:

Fatti di Venezia, Piemonte e Roma. Fatti di Venezia degli anni 1848-1849. Venezia, Co’ tipi di Gio. Cecchini, 1850

Memoriale Veneto storico politico 1848-49. Pietro Contarini. Venezia, Melchiorre Fontana Editore, 1874

pubblicati pochi anni dopo la caduta della Repubblica veneta, che espongono, giorno per giorno, i fatti avvenuti durante la Rivoluzione e l’assedio di Venezia. Ci siamo basati su questi due testi scritti in lingua italiana arcaica, che hanno presentato, a volte, difficoltà di lettura per una corretta traduzione, per raccontare quanto è avvenuto a Venezia e nelle province venete in relazione anche agli accadimenti che avevano luogo nelle altre province italiane o negli altri Stati europei. Il risultato è una pubblicazione che illustra i fatti arricchita dalla riproduzione autorizzata dei meravigliosi dipinti, documenti e oggetti, di proprietà dei Musei civici di Venezia, della Fondazione Querini Stampalia, del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza, della Collezione privata di Rovigo e da alcune foto dei luoghi in Venezia che ricordano i due maggiori protagonisti di quel periodo, Daniele Manin e Niccolò Tommaseo.

Claudio Giulio Rizzato Daniela Marzinotto

Gennaio 2012

La rivoluzione a Venezia, diario degli avvenimenti -marzo 1848 agosto 1849

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Indice

1. Antefatto pag. 6 2. 1848 – La Rivoluzione a Venezia pag. 7 3. Il governo provvisorio pag. 11 4. La rivoluzione in terraferma pag. 11 5. Richiesta di adesione al Regno di Sardegna pag. 16 6. Fusione di Venezia con il Regno di Sardegna pag. 22 7. L’armistizio di Salasco e le conseguenze per Venezia pag. 24 8. La Dittatura di Manin pag. 24 9. Il governo dittatoriale a tre pag 24 10. L’aiuto a Venezia delle province italiane e degli altri Stati pag. 25 11. Le sortite da Venezia pag. 29 12. 1849 - Un anno dall’arresto di Manin e Tommaseo pag. 35 13. Assemblea dei rappresentanti dello Stato veneto pag. 36 14. Manin eletto Presidente dell’Assemblea pag. 39 15. Resistere ad ogni costo pag. 40 16. L’attacco alla città pag. 43 17. Il colera e il bombardamento di Venezia pag. 53 18. Venezia allo stremo pag. 57 19. La resa pag. 60

Fonti (testo) pag. 67 Fonte (parte delle immagini) Mostra 28 ottobre 2011 – 7 gennaio 2012 presso Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto: La differenza repubblicana - Volti e luoghi del 1848-49 a Venezia e nel Veneto.

La rivoluzione a Venezia, diario degli avvenimenti -marzo 1848 agosto 1849

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Napoleone Nani, Manin e Tommaseo liberati dal carcere sono portati in trionfo in piazza San Marco, particolare.Venezia, Fondazione Querini Stampalia

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1. ANTEFATTO Nell’anno 1847 Venezia è occupata ed oppressa dagli Austriaci. Daniele Manin e Niccolò Tommaseo, chiedono, in occasione di conferenze o con istanze e petizioni, al governo austriaco, nuovi ordinamenti politici e nuove franchigie. Manin, partecipando al IX Congresso degli scienziati italiani che ha luogo nel mese di settembre e che vede la presenza di ben 1.500 studiosi, si guadagna la definizione, che gli attribuisce la polizia austriaca, di pericoloso campione degli interessi nazionali. Tommaseo, da parte sua, tra le tante iniziative volte all’allentamento dei dettati liberticidi, in una petizione, chiede la mitigazione delle disposizioni sulla censura. Le richieste sono respinte e i due vengono incarcerati il 18 gennaio 1848. Da quel momento l’agitazione legale finisce per lasciare il posto ad un’agitazione rivoluzionaria, in analogia con quanto sta avvenendo negli altri Stati. Il governatore militare Zicky trasmette a Radetzky rapporti sempre più preoccupanti sulla situazione della città. Intanto cresce il numero degli uomini senza pane e senza lavoro e la direzione dell’Arsenale rifiuta agli operai un aumento delle paghe. Il 25 febbraio 1848 il governo pubblica la norma del Giudizio Statario (per la condanna alla pena di morte immediata e senza appello , né ricorso in grazia, per i casi di tumulto e di rivolta) in considerazione dello stato in cui si trova il regno lombardo veneto. Qualunque azione poteva essere giudicata colpevole: come portare certi colori o cantare certe canzoni.

Napoleone Nani, Manin e Tommaseo liberati dal carcere sono portati in trionfo in piazza San Marco.Venezia, Fondazione Querini Stampalia

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1848 2. LA RIVOLUZIONE A VENEZIA 16 marzo Giunge la notizia della rivoluzione di Vienna. 17 marzo A Venezia il popolo in fermento, rinfrancato dalla notizia dell’insurrezione

a Vienna, chiede la liberazione di Manin e Tommaseo alle grida di “Vogliamo e subito!” ma il governatore esita ad acconsentirvi: il popolo si reca allora nelle Prigioni sul Rio della Paglia liberando i prigionieri politici e portando a spalla, in trionfo, in Piazza San Marco, Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. Si formano assembramenti. I soldati austriaci schierati in Piazza attendono un pretesto per scagliarsi sulla folla e ritenendo di essere stati oltraggiati dalle grida e da qualche colpo di pietra si precipitano nel mezzo minacciando gli insorti con le baionette. Alcuni veneziani rimangono feriti, uno resta soffocato nella calca.

Litografia Kier. 17 marzo 1848. Daniele Manin e Niccolò Tommaseo liberati dalle carceri per volere del Popolo e portati da questo in trionfo, litografia colorata. Venezia, Museo Correr

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Litografia Kier. 17 marzo 1848. I tre colori nazionali italiani coraggiosamente innalzati dal Popolo Veneziano durante ancora il dispotismo austriaco, litografia colorata. Venezia, Museo Correr

Litografia Kier. 18 marzo 1848. Coraggio dimostrato dai Veneziani contro le truppe austriache che occupavano la piazza di San Marco, litografia colorata. Venezia, Museo Correr

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18 marzo Il popolo giunge in piazza con fare minaccioso ma disarmato, espone bandiere tricolori, ognuno appende al petto la coccarda italiana. Nell’irritazione crescente alcuni smuovono le pietre dal selciato e le lanciano verso i soldati austriaci. I soldati inveiscono contro il popolo, scaricano i fucili contro gli inermi, cinque muoiono e parecchi rimangono feriti. Il popolo fugge fremendo e chiedendo armi, alcuni cominciano a toglierle ai soldati. Più tardi il podestà Correr, seguito dal Corpo municipale si reca dal governatore e chiede la formazione di una Guardia civica temporanea. Il governatore impaurito vi acconsente.

19/20 marzo Giornate dedicate all’ordinamento della Guardia civica. 21 marzo Gli operai dell’Arsenale si ammutinano contro il colonnello Marinovich. 22 marzo Marinovich viene ucciso dagli operai. Manin riesce ad impadronirsi

dell'Arsenale con l'aiuto degli operai e degli ufficiali. Anche i reparti della fanteria-marina e dell'artiglieria passano agli insorti, che possono disporre di un ingente quantitativo di armi e munizioni. Carlo Alberto Radaelli, in accordo con Manin, alla testa di un gruppo di Guardie civiche, prende il controllo della Gran guardia austriaca di piazza San Marco, mentre altri insorti occupano gli ingressi del Palazzo del governo. I soldati gettati i pomponi giallo-neri vi sostituiscono la coccarda tricolore, esempio che viene seguito da tutti i soldati italiani presenti a Venezia. A questo punto anche gli uomini del municipio, che fino a quel momento avrebbero tentato una mediazione con le autorità austriache, si schierano con gli insorti e invitano il governatore a cedere loro il potere. La capitolazione, in cui si dichiara la cessazione del governo civile e militare che al momento viene assunto dai deputati, è firmata dal governatore militare, conte Zichy. La notizia della capitolazione è annunciata dai deputati stessi al popolo che subito diffonde per la città al grido di Viva Venezia! Viva l’Italia! Alle 14 convengono in piazza circa 2000 guardie civiche per assistere alla benedizione del vessillo tricolore. Manin, facendo rilevare come Venezia sia solo una delle repubbliche dal cui complesso l’unità italiana deve sorgere, al grido di “Viva l’Italia!” ripetuto con entusiamo dalla folla, conclude il suo intervento proponendo quali parole guida della Repubblica ordine e moderazione. I deputati che avevano stipulato la capitolazione con i due governatori austriaci così si esprimono:Cittadini! La vittoria è nostra e senza sangue. Il governo austriaco civile e militare è decaduto. Gloria alla nostra brava guardia civica! I sottoscritti vostri concittadini hanno stipulato il trattato formale. Un governo provvisorio sarà istituito, e frattanto per le necessità del momento i sottoscritti contraenti hanno dovuto istantaneamente assumerlo. Il trattato viene pubblicato oggi stesso in un apposito supplemento della nostra gazzetta. Viva Venezia! Viva l’Italia! La capitolazione prevede la cessazione del governo civile e militare, l’abbandono della città e dei Forti da parte delle truppe austriache con partenza per Trieste, restando a Venezia le truppe italiane, il materiale da guerra e tutte le casse. Il nuovo governo avrebbe provveduto al trasporto delle truppe. A garanzia del trattato il comandante Zichy sarebbe stato l’ultimo a lasciare Venezia. Di notte sventola sul forte di Marghera il vessillo dell’indipendenza italiana, posto dalla Guardia civica di Mestre, impadronitasi con un colpo di mano della Fortezza, delle munizioni e delle artiglierie. La sera di quella gloriosa giornata in tutta la città il popolo grida Viva San Marco!. Evento più grande, insperato, non registrò forse mai nei suoi annali la storia. Senza sangue, in mezzo ai più gelosi rigori, a tiranna prepotenza di schiere, si conquistò una città, meraviglia del mondo, si liberarono gli oppressi dal giogo: l’ingegno vinse, si stese a piè la potenza, il coraggio dominò la forza, la parola spezzò alle baionette la punta.

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Litografia Kier. 22 marzo 1848. Daniele Manin proclama la Repubblica Veneta, litografia colorata. Venezia, Museo Correr

Tricolore con Leone di San Marco e data 1848, issato sulla lunetta XII di Forte Marghera. Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

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3. IL GOVERNO PROVVISORIO

23 marzo Il comandante della Guardia civica Angelo Mengaldo istituisce un

governo provvisorio a capo del quale viene nominato in qualità di Presidente Daniele Manin. La sua nomina e quella dei componenti del governo è confermata per acclamazione da parte della civica e del popolo. Nella notte i Chioggiotti, scoperto che il comandante austriaco aveva ordinato di aprire il fuoco contro la loro città, occupano il Castel San Felice e i Forti adiacenti. A Rovigo, Treviso e a Udine cessa il governo civile e militare austriaco e viene istituito un governo provvisorio. Il governo provvisorio della Repubblica veneta: 1) pubblica l’elenco delle persone che sono state incaricate delle funzioni governative. Daniele Manin, Niccolò Tommaseo, Jacopo Castelli, Francesco Camerata, Francesco Solera, Antonio Paolucci, Pietro Paleocapa, Leone Pincherle, Angelo Toffoli; 2) assicura garanzie agli stranieri che vivono in città; 3) adotta a figli della Repubblica i figli di Eugenio Zen, morto durante gli avvenimenti del 18 marzo in Piazza san Marco. I comuni di San Donà di Piave e di Cavarzere inviano l’atto di adesione alla Repubblica veneta.

4. LA RIVOLUZIONE IN TERRAFERMA 24 marzo Giunge la notizia della liberazione di Milano nel medesimo giorno (22

marzo) Anche Padova viene liberata dagli austriaci e aderisce alla Repubblica veneta. Lo stesso avviene per Treviso e Udine. Per decreto del governo è restituito agli imputati per qualunque responsabilità penale il diritto naturale alla difesa. Vengono posti in libertà i detenuti per opinioni politiche.

25 marzo Vicenza viene sgomberata dagli austriaci e si costituisce un governo provvisorio, come pure a Belluno che aderisce alla Repubblica. Si invitano i soldati ad arruolarsi al nuovo Corpo di guardie mobili cittadine.

26 marzo Viene soppressa la tassa personale. Il comune di Portogruaro aderisce alla Repubblica 27 marzo Si stabilisce la bandiera della Repubblica veneta. Essa deve essere

composta da tre colori: verde, bianco e rosso. Il verde al bastone, il bianco nel mezzo, il rosso pendente. In alto in campo bianco, fasciato dai tre colori, il Leone giallo. Coi i tre colori, comuni a tutte le bandiere odierne d’Italia si professa la comunione italiana. il Leone è simbolo speciale di una delle Italiane famiglie. Si decreta l’istituzione di dieci battaglioni della Guardia civica mobile. Viene istituita la Guardia civica stazionaria: sono chiamati tutti i cittadini dai 18 ai 55 anni.

A Feltre si forma un governo provvisorio che aderisce alla Repubblica 28 marzo Si istituisce un Comitato di difesa. Si riduce di un terzo il prezzo del sale.

Castelfranco spedisce l’atto di adesione alla Repubblica, come pure Montagnana attraverso l’invio di due deputati, Vicenza aderisce alla Repubblica veneta, con atto solenne.

29 marzo Tutti i cittadini delle province unite alla Repubblica Veneta sono dichiarati uguali nei diritti civili e politici qualunque sia la loro confessione religiosa.

31 marzo Nella caserma di San Francesco della Vigna viene rinvenuto un mortaio e un obusiero (obice) montati sopra fusti di ferro e poggiati a piattaforma diretti precisamente verso il campanile di San Marco, ciò sembra dimostrare che gli austriaci avessero in animo di colpire Venezia. Carlo Alberto giunto a Lodi con il suo stato maggiore trasmette agli italiani della Lombardia, della Venezia, di Piacenza e Reggio un proclama in cui così si esprime: Io vengo tra voi alla testa del mio esercito, secondando così i più intimi impulsi del mio cuore: io vengo tra voi non

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curando di prestabilire alcun patto: vengo solo per compiere la grand’opera dal vostro stupendo valore così felicemente incominciata. Venezia invia soldati ed armi alla difesa del Friuli.

1 aprile Il governo stabilisce che la coccarda nazionale sarà composta da tre colori: verde nel centro, rosso al di fuori e bianco nel mezzo e abolisce il bollo sui giornali. Chioggia spedisce atto formale di adesione alla Repubblica veneta. A Verona e a Belluno intanto la popolazione esercita atti di ribellione.

2 aprile Movimenti e azioni anche a Camposampiero, Udine, Padova e Treviso. 3 aprile I cittadini in possesso di armi sono invitati a consegnarle dietro

compenso. Si forma un Corpo di 200 soldati di cavalleria regolare, mediante arruolamento volontario. A Feltre si raccoglie un gruppo di cento giovani volontari. Proclama in Verona del maresciallo Radetzky rivolto a tutti i cittadini fatta eccezione per le guardie civiche, per la consegna delle armi entro 24 ore, conseguenza in caso di disobbedienza, la pena di morte. Secondo proclama di Radetzky dichiara Verona in stato d’assedio e impone un prestito di tre milioni.

4 aprile A Venezia il governo abolisce la pena di arresto per contravvenzione di finanza e pone in libertà gli individui già condannati per questi motivi.

5 aprile Gli ebrei sono invitati dal loro rabbino-maggiore a prestarsi nelle funzioni di Guardia civica anche di sabato. Parte la prima crociata (truppe composte da volontari) veneziana che si dirige a Palmanova.

6 aprile Si decreta che tutti gli impiegati che partono per la crociata conservino i loro gradi e i loro averi e si autorizzano i comuni a far fronte alle spese occorrenti al mantenimento ed alloggiamento delle truppe di permanenza o passaggio nelle rispettive località, e quelli che non avessero mezzi, a chiederli ad altri comuni o anche a privati.

8 aprile Parte la seconda crociata veneta verso il Tirolo, con oltre cinquecento uomini. A Montebello gli austriaci si scontrano con un corpo di volontari. Sono padovani, trevigiani e lombardi, per la maggior parte studenti, danno prova di grande coraggio ma alla fine sono costretti a ritirarsi. Si contano perdite da entrambe le parti. Battaglia in prossimità di Peschiera con la perdita per gli austriaci di circa 2500 uomini fra morti, feriti e prigionieri. Dopo tale vittoria le truppe piemontesi e lombarde si spingono fin quasi sotto il tiro di cannone delle mura di Verona dove Radetzky fa dirigere i cannoni contro la città.

9 aprile Tumulti in Piazza San Marco. Il numero 13 del giornale intitolato Libero Italiano è dato alle fiamme per aver usato parole di diffidenza nei confronti di Re Carlo Alberto e del generale Durando in relazione alla loro lentezza nelle operazioni di guerra.

10 aprile Prima adunanza della Consulta di Stato in Venezia. La Consulta ha creato al suo interno una Giunta permanente per l’esame delle petizioni. Giunge a Palmanova il Corpo dei crociati veneziani insieme ad un altro Corpo proveniente da Udine.

11 aprile A Castelnuovo vengono trucidati gli abitanti e saccheggiato e bruciato il paese. Il console di Sua Maestà, Re di Sardegna, informa del riconoscimento ufficiale del governo veneto da parte del Piemonte.

12 aprile Vicino a Verona nel corso di una battaglia tra Piemontesi e Austriaci questi ultimi sono costretti alla ritirata con gravi perdite. A Venezia, in risposta all’istanza di alcune cittadine, volendo queste dar dimostrazione di patriottismo e di emancipazione, il Comando della Guardia civica accorda la costituzione di un battaglione femminile (non armato). Il ruolo al quale le donne sono destinate riguarda l’organizzazione dell’assistenza e dell’equipaggiamento delle truppe. Immediatamente si pubblicano volantini con l’invito alle donne ad occuparsi dell’educazione morale dei figli anziché portare il fucile. In realtà le donne già da tempo combattevano ma non ufficialmente.

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14 aprile Il governo invita i cittadini ad offerte generose destinando a favore dei poveri i pegni depositati presso il monte di pietà al di sotto di lire 4. Moltissime donne povere offrono suppellettili e matrone si recano di casa in casa a raccogliere le offerte delle famiglie; altre questuano nelle vie e sono cospicue le somme ottenute tanto che per qualche tempo si può provvedere alle necessità senza ricorrere ai prestiti del municipio, che in seguito diventeranno indispensabili. Tutti i beni posseduti da Francesco V già duca di Modena posti nelle province della Repubblica veneta sono sequestrati a vantaggio dello Stato di Modena. Il generale Alberto La Marmora giunge a Venezia a prestare la sua opera nell’armata della Repubblica.

17 aprile I crociati da Palmanova si spingono fino a Visco paese di confine illirico e posizione occupata dai soldati austriaci. Azzardano l’attacco ma sono costretti presto alla ritirata. Alcuni volontari tra i quali il pittore Caffi cadono prigionieri ma quest’ultimo dopo una serie di vicissitudini trova scampo e salvezza.

19 aprile Gli israeliti di Venezia tributano anch’essi nel loro maggior tempio solenni esequie agli italiani morti per la causa. Anche la città di Lonigo aderisce alla Repubblica.

20 aprile A Verona nuove disposizioni prevedono il divieto di uscire dalle porte della città e l’uso del cannocchiale; 300 cannoni sono puntati a minacciare la città. I cittadini devono ritirarsi alle 23 nelle loro case, pena la fucilazione. 170 studenti napoletani sbarcano dal Po a Polesella armati di fucile e spada diretti verso Padova.

22 aprile Udine si arrende agli austriaci per capitolazione senza il consenso del popolo.

26 aprile I volontari padovani e veneti che avevano occupato Bevilacqua sono costretti ad abbandonarla e gli austriaci, come già era avvenuto a Castelnuovo, portano incendi e distruzione. Istituito il Corpo di volontari denominato Bandiera e Moro per servire gratuitamente nella città e nei Forti, l’ordinamento è semplice e democratico, i gradi non danno diritto a diversità di trattamento. La maggiore età è fissata a 21 anni.

28 aprile Il generale Durando giunge a Padova con 6.000 uomini dirigendosi poi verso Treviso. Il suo corpo conta 17.000 uomini.

29 aprile Pier Fortunato Calvi inviato da Daniele Manin allo scopo di organizzare la difesa del Cadore, insieme agli abitanti di quella regione, respinge gli austriaci. I preti sono in testa ai drappelli e si contano 500 donne armate di forche.

30 aprile Battaglia a Pastrengo che viene abbandonata dagli austriaci. 2 maggio Al Comitato di difesa è sostituito un Comitato di guerra al cui Presidente

sono delegate le funzioni di ministro della guerra. 3 maggio Trieste pubblica il blocco di Venezia per mare. Verso le coste di Chioggia

si avvicina una fregata austriaca diretta verso Porto Levante, tutta la popolazione di Chioggia e Pellestrina accorre in difesa facendo allontanare il nemico. Dodici bellunesi fanno fronte a 150 croati sul monte Froscon e li respingono fino alla metà del monte.

4 maggio Belluno dopo aver tenuto testa per tre giorni agli austriaci è costretta ad accoglierli senza capitolazione

5 maggio Padre Gavazzi arringa la folla in Piazza San Marco ottenendo copiose offerte per la guerra. Carlo Alberto tenta un attacco verso Verona ma è costretto a ritirarsi nel quartier generale di Sommacampagna.

8 maggio Battaglia a Cornuda tra austriaci e pontifici che hanno la peggio a causa del mancato appoggio promesso dal generale Durando.

9 maggio Padre Gavazzi predica in Padova e chiede al popolo di offrire armi e denaro nella piazza dei Signori che viene denominata piazza Pio IX. Il padre Ugo Bassi interviene in Piazza San Marco ottenendo offerte in denaro e armi.

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Vincenzo Giacomelli. Offerte alla patria, giugno 1848. Rovigo, Collezione privata

12 maggio Il generale Giacomo Antonini è nominato comandante della città e Fortezza di Venezia. Gli austriaci attaccano Treviso, dove i veneti fanno tre sortite causando grave danno al nemico che si ritira verso Conegliano.

13/14 maggio Gli austriaci tentano un attacco a Palmanova venendo ingannati dagli abitanti che gridano capitolazione e costretti alla ritirata lasciano 950 morti sul campo. Giunge a Venezia un Corpo di volontari siciliani comandati dal colonnello Giuseppe La Masa. Il governo decreta un prestito di 10 milioni di lire con l’interesse del cinque per cento. Il prestito sarà rifondibile in sei anni. Verrà ripartito tra le province non occupate dal nemico.

Giunge in porto la flotta napoletana tra il tuono del cannone, il suono delle campane e la banda musicale della Guardia civica. La flotta napoletana si compone di cinque fregate a vapore, due fregate a vela ed un brik. La flotta austriaca si allontana.

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Luigi Querena. L’arrivo delle truppe napoletane. Museo Correr, Venezia 17/18 maggio I veneziani dopo l’arrivo della flotta napoletana riprendono vigore e

ricercano armi per accorrere in difesa di Treviso. I generali però non condividono l’entusiasmo del popolo perché disprezzano i volontari e richiedono truppe militari regolari.

19 maggio Pervenuta la notizia che Milano si è fusa con lo Stato sardo molti cittadini veneti presentano un indirizzo al governo perché pubblichi una legge elettorale e convochi entro un mese l’Assemblea costituente per Venezia e per tutte le province che ancora non si fossero unite al Piemonte, temendo che l’esempio di Milano possa influire sulle province venete. Re Carlo Alberto dichiara che non abbandonerà la guerra fin tanto che non caccerà gli austriaci fuori dal territorio italiano, e nei confronti delle Venezie assicura che vinta Verona la Venezia è libera e quindi è necessario rivolgere ogni sforzo per liberarla.

20 maggio Viene costituito un Corpo di riserva di Guardia civica stazionaria composta da operai, domestici, ecc. Con le elemosine ottenute da padre Torniello si istituisce una compagnia di bersaglieri.

21 maggio Gli austriaci tentano un assalto a Vicenza dove arriva il generale Durando con le sue truppe. Prima del suo arrivo erano giunti il presidente Manin e il ministro Tommaseo che si erano portati personalmente all’assalto conducendo con loro un migliaio di militi. Gli austriaci abbandonano l’idea della conquista ripiegando su Verona.

22 maggio Arriva a Venezia la flotta sarda dirigendosi verso Trieste. La flotta austriaca si allontana.

23 maggio Viene aperto un arruolamento volontario di milizie. La durata sarà di tre anni per la fanteria e di sei per cavalleria e artiglieria.

24 maggio Durante la notte gli austriaci con 16000 uomini e 42 pezzi di cannone tentano un altro assalto a Vicenza ma il nemico viene respinto a tre miglia dalla città dopo un combattimento durato 15 ore. 2000 bombe colpiscono la città. Il nemico perde tra morti, feriti e prigionieri 3000

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uomini. 80 volontari veneziani attaccano una caserma di Cittadella facendo 100 prigionieri.

28 maggio I cadorini vengono attaccati dagli austriaci ma respingono con coraggio l’assalto lasciandone circa mille morti sul campo.

30 maggio Battaglia a Goito. La cavalleria piemontese, pur in netta inferiorità numerica di uomini e armi, ha la meglio sugli austriaci che subiscono circa 3.000 morti.

5. RICHIESTA DI ADESIONE AL REGNO DI SARDEGNA 31 maggio Le province di Padova, Rovigo, Treviso e Vicenza intimano, pena la

minaccia di distacco dalla Repubblica veneta, al governo provvisorio di Venezia, di prendere una decisione entro tre giorni, sulla fusione con il Piemonte in un solo Stato. Ciò provoca malumore tra veneziani e si manifesta la contrapposizione tra due partiti: repubblicani e “albertisti”. Questi ultimi ritengono che la Repubblica di Venezia sia un ostacolo all’unione italiana.

3 giugno Il governo provvisorio a seguito della dichiarazione delle province venete del 31 maggio convoca per il 18 giugno l’Assemblea dei deputati al fine di deliberare in merito alla richiesta formulata e inoltre sulla conferma o sostituzione dei membri del governo provvisorio.

4 giugno Gli austriaci vengono battuti alle porte grandi del Sile. 5 giugno Un indirizzo firmato da migliaia di cittadini per la richiesta di aiuto alla

Francia è consegnato al governo. Bassano viene rioccupata dagli austriaci. 9 giugno Giunge a Rovigo il generale Guglielmo Pepe preceduto dall’artiglieria

napoletana. Tutti gli altri Corpi dell’esercito napoletano, ubbidendo agli ordini del Re, ritornano indietro.

10 giugno L’esercito austriaco guidato da Radetzky attacca Vicenza e dopo ore di assedio, strenua difesa da parte dei vicentini e ingenti perdite umane da entrambe le parti, quando i cannoni austriaci vengono diretti contro la città, il generale Durando è costretto ad esporre bandiera bianca. Radetzky, riconoscendo l’eroica difesa, non può negare ai vinti una onorevole capitolazione che permette loro di lasciare la città con gli onori militari impegnandosi il generale Durando per sé e per i suoi soldati ad esimersi, per tre mesi, da ogni azione ai danni dell’Austria. La caduta di Vicenza aggrava i sospetti sul generale Durando sull’efficacia della sua azione nella difesa della città.

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F.lli Adam. Vicenza, 10 giugno 1848. Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

F.lli Adam. Ordine di attacco alla città di Vicenza autografo di Radetzky (7 giugno 1848). Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

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F.lli Adam. La Rotonda. Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

F.lli Adam. La Capitolazione 11 giugno 1848. Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

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11 giugno Gli austriaci a Vicenza non rispettano gli accordi presi dal generale Radetzky e saccheggiano la città e i borghi, profanando anche la chiesa del monte, maltrattando e minacciando di morte i frati. Su ordine del Re di Napoli, la flotta napoletana abbandona Venezia tra urla e fischi dei veneti e dei sardi, per ritornare a Napoli.

12 giugno A seguito dell’entrata degli austriaci in Cadore, dell’occupazione di Bassano e della presa di Vicenza, il Comitato centrale veneto della guerra decide di concentrare le forze di Padova e Treviso a difesa delle estese fortificazioni di Venezia: punto nevralgico di sostegno della causa dell’indipendenza italiana.

13 giugno I militi italiani (circa 6.000) lasciano Padova e si dirigono a Venezia. Gli austriaci temendo l’inganno esitano ad entrare nella città vuota, il popolo si sente abbandonato, i magistrati e le persone agiate si trasferiscono a Venezia. Treviso sostiene un forte attacco. Il fedmaresciallo Radetzky lasciate poche truppe nelle città conquistate si dirige con il suo esercito verso Verona. Arriva a Venezia il battaglione scelto lombardo che viene spedito alla difesa dei Forti. Il governo veneto interpella il Re Carlo Alberto chiedendo se l’Italia sia in grado di difendersi da sola in relazione all’istanza prodotta da un gran numero di sottoscrizioni (v.5 giugno) per invocare l’aiuto della Francia.

14 giugno Treviso non obbedisce agli ordini ricevuti (cioè che le truppe delle province si concentrassero a Venezia, v.12 giugno) e così hanno inizio i bombardamenti. I cittadini chiedono ai comandanti la capitolazione che viene proposta dal generale austriaco, e infine, trovato un accordo, firmata. La perdita di Treviso è molto sentita: in quella città si trova l’unica fabbrica di polvere da sparo dello Stato veneto.

15 giugno Il governo dichiara sospesa l’Assemblea che doveva avere luogo il 18 giugno. Giunge il generale Pepe con la frazione dell’esercito napoletano e viene nominato generale in capo alle truppe di terra che si trovano nel Veneto. Egli passa in rivista in Piazza San Marco, tra gli applausi del popolo, tutte le truppe alleate ivi raccolte. Il generale Antonini riassume il comando della città e Fortezza di Venezia.

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Luigi Querena. Rivista delle truppe in Piazza San Marco. Venezia, Museo Correr 18 giugno Gli austriaci occupano Mestre e quindi Venezia non è più accessibile da

terra. 19 giugno Venezia chiede a tutte le città italiane aiuti in denaro e armi. Gli austriaci

tentano un attacco alla città dai lati di Marghera e Fusina che viene respinto.

21 giugno L’Assemblea convocata per il 18 giugno viene spostata al 3 luglio. 23 giugno Attacco degli austriaci alla linea di Fusina che provoca ai veneti due

vittime e la perdita di due cannoni. 24 giugno Palmanova si arrende agli austriaci per capitolazione ottenendo un certo

numero di garanzie. 29 giugno Il governo decreta il conio di monete in argento da 5 lire. Nella parte

anteriore porteranno la scritta: Repubblica veneta 22 marzo 1848 ed il leone al centro. Nella parte posteriore Unione italiana e all’interno una corona formata da due rami: Lire 5, al di sotto la lettera V. Un Corpo di 1.200 guardie civiche radunate in campo di Marte dal partito albertista fa una dimostrazione a favore della fusione di Venezia con il Piemonte tanto da provocare disordini e clamori e qualcuno grida, perfino, Morte a Manin e a Tommaseo!. Manin spiega al popolo che bisogna attendere la decisione dell’Assemblea convocata per il 3 luglio. Intanto la marina veneta si è formalmente dichiarata per l’unione con il Piemonte.

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Vincenzo Giacomelli. Offerte alla patria, giugno 1848, particolare. Rovigo, Collezione privata

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6. FUSIONE DI VENEZIA CON IL REGNO DI SARDEGNA 3 luglio Si apre nel pomeriggio l’Assemblea nazionale nella sala del Maggior

Consiglio. Presenti solo 133 deputati su 193 anche perché molti di essi non possono recarsi a Venezia essendo le loro città occupate dagli austriaci. Il Presidente Manin relaziona sugli avvenimenti occorsi dal 22 marzo a quel giorno, svolte le operazioni preliminari l’Assemblea si scioglie per riprendere i lavori il giorno successivo.

4 luglio Riprendono i lavori dell’Assemblea. I ministri relazionano sulle azioni svolte. Lo stato delle finanze è illustrato dalla relazione del ministro Camerata. Il ministro Tommaseo dissuade dalla immediata fusione con il Piemonte, essendo dell’opinione che sia meglio astenersi da prendere una decisione in merito. Il ministro Paleocapa invece, di opinione opposta, ottiene il consenso della grande maggioranza dei presenti. Infine il voto vede il seguente risultato: 127 voti a favore, 6 contrari alla proposta di immediata fusione di Venezia negli stati Sardi colla Lombardia e alle stesse condizioni della medesima.

5 luglio L’Assemblea è ancora convocata per assumere la decisione di conferma o sostituzione dei ministri. Manin sarebbe certamente confermato a Presidente se non si esprimesse in senso contrario. Essendo egli repubblicano non reputa possibile assumere alcun incarico in uno Stato monarchico. Viene eletto presidente del governo provvisorio l’avvocato Jacopo Castelli. Quindi la Repubblica proclamata il 22 marzo decade. Tutto avviene in modo tranquillo, nessun disordine: repubblicani e albertisti sono concordi nell’unire le forze per combattere il nemico.

6 luglio La flotta sarda riceve istruzioni dal Re di limitarsi ad un blocco di osservazione nei confronti della flotta navale austriaca per eventuali tentativi ostili che dovessero manifestarsi nei confronti di Venezia.

7/8 luglio Alcuni incaricati partono per Torino per le negoziazioni relative alle deliberazioni approvate dall’Assemblea il 4 luglio. Sortita da Brondolo verso Cavanella d’Adige di 1.200 uomini per una ricognizione sul campo nemico. Si scopre che gli austriaci hanno occupato un Forte nel quale si ritirano alla vista degli italiani. Segue un combattimento che però costringe gli italiani alla ritirata non disponendo di forze sufficienti per attaccare il Forte.

9 luglio Giunge a Venezia il decreto della Camera torinese per l’immediata unione al Piemonte della Lombardia e delle province di Treviso, Padova, Vicenza, Rovigo. Brillante sortita dei veneti dal Forte di Marghera verso Mestre da cui ritornano con un ricco bottino di armi e munizioni. Anche Chioggia prende in considerazione l’unione con il Piemonte.

11 luglio Il generale Antonini volendo trasferirsi ad altra destinazione lascia il comando della città al generale Pepe.

14 luglio Fra il maresciallo Welden e il governo provvisorio veneto si stipula una convenzione per lo scambio degli ostaggi e per la partenza da Venezia di quelle famiglie che volessero rimpatriare.

15 luglio A Padova un decreto del maresciallo Welden condanna alla fucilazione chiunque occulti un’arma o manifesti tendenze rivoluzionarie con discorsi scritti ed emblemi.

16 luglio Si istituisce una commissione per assistere gli esuli delle altre province che abbisognano di soccorso.

17 luglio Si istituisce un Consiglio di Vigilanza presso la Prefettura centrale d’ordine pubblico.

19 luglio Ai fini di provvedere alla deficienze finanziarie il governo decreta una trattenuta proporzionale del 5 sino al 50 per cento sugli stipendi e pensioni pubbliche che superano Lire 1800. Trattenuta da compensarsi a

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suo tempo. Decreta inoltre un prestito sugli effetti d’oro e d’argento con facoltà di riscatto in denaro.

20 luglio Sortita a Mestre dal Forte di Marghera. I veneziani per assicurare una miglior difesa del Forte di Marghera pensano di abbattere la casa di guardia sulla strada ferrata che proteggeva le operazioni dei nemici. Intervengono due compagnie di napoletani protetti dall’artiglieria veneta e l’operazione ha successo pur con notevole impiego di uomini e qualche ferito.

21 luglio Si apre l’iscrizione ad un Corpo volontario di bersaglieri per la difesa dei Forti.

23 luglio Giunge a Venezia un battaglione piemontese a completamento dei tre battaglioni che Carlo Alberto ha destinato alla difesa della città.

24/25/26 luglio Sortita dei veneti da Brondolo con recupero dell’avamposto di Ca’ Pasqua. Si istituisce una banca pubblica di sconto, di deposito e di conti correnti. Gli azionisti saranno sottoscrittori volontari o tassati. Fin dal secolo XII Venezia, prima in Europa, istituiva una Banca mediante un prestito forzato. Il Corpo degli artiglieri intitolato Bandiera e Moro del Forte di Marghera celebra l’anniversario della morte dei fratelli Bandiera e di Moro, uccisi a Cosenza il 25 luglio 1844.

27 luglio Welden chiede al governo la resa di Venezia a seguito della fuga di Carlo Alberto verso Milano dopo la battaglia di Custoza: il governo risponde negativamente.

28/29 luglio Gli austriaci tentano un attacco dalla parte di Fusina: spingono in mare tre zattere cariche di materiale incendiario ma due vengono intercettate dai veneti prima della loro esplosione e la terza scoppia senza conseguenze.

30/31 luglio Carlo Alberto perde posizioni in Lombardia, costretto alla ritirata soprattutto a causa dell’incapacità dei suoi generali. Anche a Venezia si diffonde un clima di delusione e si spera nella Francia.

2 agosto Il governo provvisorio decreta che entro 24 ore devono lasciare la città tutti coloro che non appartengono alle province venete e che non possono giustificare la loro presenza in città. L’armata italiana aveva perso in tre giorni ciò che aveva conquistato in tre mesi e cioè le posizioni dell’Adige e del Mincio. Tali avvenimenti procurano nei veneziani grande costernazione. Una Società di 250 persone si raduna nel casinò dei Cento allo scopo di esaminare la gravissima situazione che richiedeva l’intervento e l’ausilio di tutta la cittadinanza e con un indirizzo al governo chiede l’istituzione di un Comitato di difesa sull’esempio delle altre città. Ma il governo volendo agire di propria iniziativa non aderisce.

4/5 agosto A Milano il nemico è alle porte e tutti corrono a costruire barricate e a partecipare alla strenua difesa della città, ma il 5 agosto si viene a sapere che nella notte un generale piemontese aveva chiesto la capitolazione in quanto la resistenza era stata giudicata inutile per mancanza di viveri e di denari. La popolazione disperata è furente, grida al tradimento e abbandona la città lasciando case e averi. Il Re lascia la città durante la notte.

6 agosto Il governo pubblica i due atti legislativi con i quali viene accettata l’unione di Venezia con il Piemonte. Con tali atti, fino all’apertura del parlamento comune successivo alla Costituente, sono garantite la libertà di stampa, il diritto di associazione, l’istituzione della Guardia nazionale. Il governo provvisorio cessa le sue funzioni e il Re nomina tre commissari straordinari: il generale Vittorio Colli, il cav. Luigi Cibrario e Jacopo Castelli presidente del governo veneto. Radetzky entra a Milano pacificamente con 30 mila uomini.

7 agosto Parata in piazza, con scarsa partecipazione del popolo, dove si innalza sugli stendardi di San Marco la bandiera tricolore con lo scudo dei

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Savoia. I tre commissari prendono possesso, in nome del Re, della città e della provincia di Venezia.

7. L’ARMISTIZIO DI SALASCO E LE CONSEGUENZE PER VENEZIA 9 agosto A Milano viene firmato l’armistizio denominato “di Salasco” tra il

tenente-maresciallo Hess per l’Austria e il generale Salasco per il Regno di Sardegna che pone fine alla prima fase della prima guerra d’indipendenza italiana e che contempla, tra l’altro, il ritiro da Venezia delle forze militari piemontesi con queste parole: la convenzione si estende a Venezia e alla terraferma veneziana: evacuazione della città, dei forti e dei porti per parte delle truppe e della flotta sarda che ritorneranno negli Stati sardi.

10 agosto Brillante azione dei veneziani al Forte di Marghera dove gli austriaci riportano danni.

8. LA DITTATTURA DI MANIN 11 agosto I commissari vengono informati dagli austriaci che due giorni prima è

stato firmato l’armistizio di Salasco e il popolo infuriato grida: Abbasso il governo regio! Abbasso i commissari! Viva Manin! I commissari preoccupati chiamano Manin, il quale riesce a calmare il popolo. I commissari cessano le loro funzioni. Manin annuncia che il 13 agosto sarà convocata l’Assemblea per nominare il nuovo governo e che fino a quella data avocherà a sé ogni potere. Manin fa chiamare a raccolta la Guardia nazionale e 700 uomini si offrono volontari per la difesa dei Forti. Nella stessa notte si danno le disposizioni più urgenti per la difesa esterna e per la sicurezza della città. Niccolò Tommaseo intanto parte per la Francia per chiedere soccorso. Un altro cambiamento avviene a Venezia senza spargimento di sangue.

12 agosto L’ammiraglio sardo assicura di non aver avuto alcun ordine di ritirarsi con la flotta che infatti rimane nelle acque di Venezia.

9. IL GOVERNO DITTATORIALE A TRE 13 agosto Si riunisce l’Assemblea dei deputati. Viene stabilito di nominare un

governo dittatoriale d’emergenza a tre: Manin, il contrammiraglio Graziani e il colonnello Cavedalis. Il governo resta in carica fino a che sussisterà una situazione di pericolo per la patria e l’Assemblea sarà convocata ogniqualvolta anche uno solo dei tre nominati lo ritenesse necessario.

14/15 agosto E’ soppresso il Consiglio di vigilanza sostituito da un Comitato di pubblica vigilanza, soppresso anche il Comitato di guerra a cui è sostituito un Consiglio di difesa che deve provvedere a tutto ciò che concerne la difesa di Venezia, dirigere e verificare l’esatta e pronta esecuzione delle disposizioni che fossero emanate. Gli austriaci intimano la resa di Osoppo al comandante, il quale dichiara di prendere ordini soltanto da Venezia. Peschiera si arrende e le truppe piemontesi si ritirano con gli onori militari. Gli austriaci non consentono di asportare l’artiglieria sostenendo che lo faranno solo dopo la resa di Venezia. Toscana, Piemonte ed il Papa si ritirano egoisticamente nei loro rispettivi Stati e Venezia resta sola a combattere il nemico.

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10. L’AIUTO A VENEZIA DELLE PROVINCE ITALIANE E DEGLI ALTRI STATI 16 agosto Il governo ordina la consegna degli ori e argenti entro 48 ore

assicurando una indennità del 15% del valore degli oggetti, pena la confisca e l’arresto. (v.19 luglio)

17 agosto Si procede ad organizzare la difesa della città e il Comando in capo delle truppe nello Stato ordina la divisione in legioni di tutti i Corpi sia regolari che irregolari.

18 agosto La città viene circondata da un cordone di barche presidiate, onde impedire la comunicazione fra l’esterno e l’interno. Non si accordano passaporti di uscita da Venezia se non in casi eccezionali, su espressa concessione del Governo.

20 agosto Il generale Rizzardi viene destinato al comando del reparto di Chioggia ed adiacenze, punto più importante e forse più minacciato dell’estuario.

21 agosto Si ordina che nessuna barca possa uscire da Venezia se non via Chioggia o Burano. Si istituisce un Circolo italiano che si raccoglie ogni sera in pubblica adunanza.

22 agosto Tommaseo incontra il ministro francese Bastide il quale lo assicura sull’aiuto che la Francia fornirà a Venezia. (qualche legno francese da guerra apparirebbe presto nelle acque di Venezia).

27 agosto A Venezia vengono raccolti letti, pagliericci, materassi, lenzuola, coperte, fornite dalle famiglie allo scopo di allestire gli ospedali militari e le caserme. Oltre a ciò si forniscono anche oggetti di vestiario.

28 agosto Carlo Alberto pubblica un proclama con il quale espone il suo desiderio di riprendere la guerra concluso l’armistizio.

29 agosto Tutti gli sguardi degli italiani sono rivolti verso la città di Venezia, dove si conserva l’indipendenza. Il governo fa un appello al patriottismo italiano perché siano inviati soccorsi a sostegno della nazione.

31 agosto Il governo apre un prestito nazionale di dieci milioni di lire, somma che verrà impiegata per sostenere l’insurrezione delle province lombardo-venete e la difesa di Venezia. Il prestito è diviso in 20.000 azioni di lire 500 ciascuna fruttanti il 5%. Il debito è assunto e garantito dalle province lombardo-venete. Sono assegnati in cauzione del prestito il Palazzo Ducale di Venezia con tutti i capolavori d’arte e quadri che lo adornano e le Procuratie nuove di San Marco.

1 settembre Giunge a Venezia una compagnia di volontari anconetani. A Milano le condizioni peggiorano, la città è nello squallore, Radetzky ha fatto portar via i capolavori d’arte spogliando le pinacoteche e le biblioteche. La maggior parte dei cittadini è fuggita in Piemonte, Svizzera, Francia e Inghilterra. I palazzi di Milano sono deserti.

2 settembre A Venezia il governo invia una circolare ai parroci affinchè raccolgano nelle chiese offerte per i bisogni della patria, da versare ogni lunedì fino alla fine della guerra, alla cassa centrale.

5 settembre La flotta sarda in attuazione dei patti dell’armistizio di Salasco, imbarca, per disporsi alla partenza, anche i militi di terra che erano stati mandati da Carlo Alberto.

7/8 settembre Il giorno 7 si sente tuonare ripetutamente il cannone di Marghera: i veneti tentano di distruggere le batterie che gli austriaci stanno costruendo. Giunge un battello francese portando la notizia che l’Austria accetta la mediazione della Francia e dell’Inghilterra per la pacificazione dell’Italia.

10 settembre Rivista di quattro battaglioni della Guardia civica in piazza San Marco. Manin parla alla popolazione lodando il coraggio e i sacrifici che sta facendo per la conquista della libertà. Elogia la sollecitudine con la quale il popolo è accorso per organizzare la difesa. Apprezza la generosità con la quale i cittadini di ogni classe partecipano al rimpinguamento delle finanze, sottolineando che nessuna città d’Europa, in proporzione, ha fatto tanto quanto i veneziani in termini di elargizioni in denaro. Assicura

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che i veneziani non sono soli perché possono contare sull’aiuto di due grandi potenze. Nella Gazzetta di Firenze del 7 settembre è comparsa la notizia ripresa da Marsiglia secondo cui 10.000 francesi sarebbero pronti a partire in soccorso di Venezia.

11 settembre Arriva a Venezia un vapore da guerra francese ed una fregata americana. Giungono anche volontari pontifici che avevano combattuto a Vicenza. Il governo francese dà disposizioni al console affinchè intervenga contro qualunque ostilità fosse commessa dall’Austria nei confronti di Venezia.

16 settembre Giungono a Venezia due battaglioni composti da giovani volontari pontifici e veneti che combatterono a Cornuda e alla Rotonda e che avevano passato tre mesi di esilio forzato in seguito alla capitolazione di Vicenza e Treviso.

17 settembre A Milano i cittadini continuano ad abbandonare la città che è diventata una grande caserma austriaca. I palazzi, le chiese, sono occupati dai soldati. I cannoni sulle mura del castello sono rivolti verso la città.

19 settembre Viene creata la moneta patriottica cioè il governo dà corso ai biglietti emessi e garantiti dalla banca. Corrispondono ad un nuovo prestito di tre milioni di lire. Giunge notizia di conferma di una dichiarazione del giorno 8 (v.8 settembre) del ministro francese Bastide nella quale afferma che l’Austria ha accettato, come anche l’altra parte guerreggiante, la Sardegna, la mediazione anglo-francese.

20/21 settembre Nelle province venete si rinnova la volontà insurrezionale. La consulta lombarda presenta al Re del Piemonte ed alle potenze mediatrici una memoria sulle condizioni miserabili in cui si trova la Lombardia, nella quale si nota Non è esagerazione affermare che nella Lombardia all’impero delle leggi è sostituito l’arbitrio. Nelle città di Milano e Brescia è stata promulgata la legge marziale, che viene applicata anche per futili motivi. A Venezia ha luogo la seduta degli abitanti lombardi rifugiati a Venezia. All’unanimità si delibera l’adesione dei lombardi a costituire un’unica assemblea con i profughi veneti.

22 settembre Giungono nel porto un vascello e una fregata da guerra francesi. L’Austria si mostra pronta alla guerra, non così il governo piemontese.

23 settembre La flotta austriaca è in vista di Venezia. 24 settembre Verso sera i veneziani respingono dalle postazioni avanzate del Forte

“O” un rilevante attacco degli austriaci. Giunge notizia da La Gazzetta di Milano che a giudizio di Vienna la mediazione anglo-francese (accettata da Vienna) non può che riferirsi alle parti effettivamente belligeranti, vale a dire l’Austria e la Sardegna e che il Gabinetto di Vienna, in ragione di questo principio, avrebbe rifiutato la richiesta del Sig. Lacour, inviato francese al ministro Wessemberg, affinchè venisse esteso alla piazza di Venezia l’armistizio firmato da Carlo Alberto.

27/28/29 settembre I veneziani manifestano preoccupazione perché realizzano di non poter contare sull’aiuto di Francia e Inghilterra.

30 settembre Il vapore francese Océan trasporta a Venezia una deputazione della città di Ancona incaricata di portare al generale Ferrari il primo prodotto delle offerte cittadine di Roma e di Ancona costituito da 80 militi volontari lombardi, indumenti, armi. Venezia attende con pazienza il soccorso delle altre città. Gli inviati della Repubblica veneziana si rivolgono a tutte le città d’Italia. Si stima che Venezia per difendere la sua bandiera e mantenere l’indipendenza necessiti di una somma mensile di 3 milioni di franchi.

1/2/3 ottobre Durante una riunione del Circolo Italiano in cui si discute degli interessi della patria, un militare (capitano Mordini) critica il governo lamentando la vanificazione dello slancio di origine rivoluzionaria del 22 marzo che da Venezia doveva spargersi in tutta Italia e propone che il governo convochi una nuova Assemblea della quale i veneti e i lombardi possano essere elettori ed eleggibili al fine di dichiarare la nascita di un governo

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lombardo veneto. I dittatori allontanano l’oratore e alcuni membri della presidenza del Circolo dalla città, e proibiscono ai militari di partecipare ai cosiddetti Circoli in cui si dibattono argomenti di politica e di guerra. Viene convocata per l’11 ottobre l’Assemblea dei deputati allo scopo di eleggere un Comitato che tratti delle condizioni politiche ed eventualmente nominare un nuovo governo qualora si ritenesse cessato il pericolo urgente che aveva indotto a conferire la dittatura.

6/7 ottobre Giungono notizie che le trattative delle potenze mediatrici per la pacificazione dell’Italia procedono con maggior vigore anche se da quanto trapela le risoluzioni del Gabinetto viennese non consentono di ottenere l’indipendenza assoluta del lombardo-veneto.

8 ottobre Attacco da parte degli austriaci al Forte di Osoppo. Gli abitanti si ritirano nella fortezza ma pochissimi sono i sopravvissuti.

9/10 ottobre Arriva a Venezia la notizia che il 6 ottobre è scoppiata una nuova rivoluzione a Vienna originata dal manifesto con il quale l’Imperatore scioglieva la Camera Ungarica. A Vienna si odono le grida: Viva L’Italia! Viva Venezia!

11 ottobre L’Assemblea dei deputati nella seduta che si svolge in questa data ritiene sussistente il pericolo che esisteva nel momento in cui si conferì la dittatura, che pertanto veniva riconfermata con le stesse persone ed esclude l’ipotesi di istituire un Comitato apposito per trattare le condizioni politiche, conferendone l’incarico al governo salva la ratifica del trattato da parte dell’Assemblea. Viene deliberato l’aiuto alle famiglie superstiti di Osoppo. Lo stesso giorno una deputazione di Osoppo offre la sottomissione del villaggio agli austriaci.

12 ottobre Il governo impone un nuovo prestito di due milioni di lire che 150 ditte verseranno in denaro o in vaglia pagabili nella seconda metà dell’anno 1849. Giunge da Ravenna il primo battaglione veneto Italia Libera comandato dal capitano Luigi Meneghetti composto da 231 trevigiani senz’armi.

13/14 ottobre Osoppo si arrende per capitolazione. La perdita di Osoppo è dolorosissima per l’orgoglio nazionale. Intanto a Padova, Udine, Vicenza, Treviso avvengono, ad opera degli austriaci, numerosi atti di vandalismo: distrutti gli altari, saccheggiate le case, perforati dalle baionette i dipinti.

19 ottobre Il generale Pepe fa dono al governo di tutti gli emolumenti ed indennizzi che gli erano dovuti.

20/21 ottobre I veneziani lamentano scarso aiuto da parte delle altre città.

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Marco Fontana. Guglielmo Pepe. Venezia, Museo Correr

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11. LE SORTITE DA VENEZIA 22 ottobre Brillante sortita dal forte de’ Tre Porti del battaglione dei “Cacciatori del

Sile”: una schiera di 400 uomini si imbarca alle Fondamente Nuove per operare una sortita. Sbarcati al Cavallino sorprendono i circa 300 austriaci di quel presidio, li costringono ad abbandonare la posizione e portano in laguna un bottino costituito da armi, munizioni e viveri. Il Cavallino è uno dei due punti estremi del naturale arco di difesa della laguna, una posizione fortissima nella circostante terraferma.

23 ottobre Si forma una legione ungherese di tutti i militi e cittadini di quella nazione che si trovano a Venezia o che vi concorressero per esservi ascritti. Il generale Pepe passa in rivista il battaglione dei “Cacciatori del Sile” che ha combattuto con tanto onore la battaglia del Cavallino.

27 ottobre Il generale in capo riceve l’ordine dai triumviri di una sortita a Mestre. Il battaglione diviso in tre colonne sferra l’attacco vincente che produce 587 prigionieri, 150 morti, otto cannoni compresi quelli di Fusina, 3 furgoni, grande quantità di munizioni, otto cavalli, la cassa militare, bauli ed altri oggetti. Grave anche la perdita dei veneti con circa 80 morti e molti feriti. Nonostante qualche traditore avesse avvisato gli austriaci dell’organizzazione della sortita, la vittoria è veneta. Anche per questa ragione, il felice risultato, da attribuire ai volontari veneti e di altre regioni italiane, produce grande esultanza.

29 ottobre In piazza San Marco ha luogo la rivista delle truppe che hanno partecipato alla sortita di Mestre del 27. Applausi al generale Pepe e a Manin.

3 novembre Muore, in conseguenza delle ferite riportate durante l’attacco di Mestre, il valoroso volontario e poeta napoletano, Alessandro Poerio.

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Lapide in ricordo di Alessandro Poerio. Venezia, Bocca di Piazza. Foto Daniela Marzinotto

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6 novembre Il Comune assume la garanzia del debito del Governo verso i cittadini

che concessero i prestiti di cinque milioni sui quali è fondata la carta patriottica in circolazione.

7 novembre I veneziani continuano a partecipare alle offerte per la patria. La Società di Pie donne raccoglie materiale di medicazione, biancheria, materassi ecc., a favore dei feriti della sortita di Mestre. Perfino nella classe miserabile dei barcaioli dei traghetti, padre Torniello riesce a raccogliere qualche centinaia di lire per offrirle al governo.

Fratelli Vianelli. Maddalena Montalban Comello. Venezia, Museo Correr

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Teresa Manin e Maddalena Montalban Comello. Appello alle donne veneziane per raccogliere fondi. Luglio 1849. Venezia, Biblioteca Museo Correr

8 novembre Le notizie che giungono da Vienna non sono confortanti. La città ha dovuto cedere alle truppe austriache. In ogni caso si spera ancora per la Costituente Italiana acclamata da molte parti e di cui erano stati proposti due progetti (Torino e Firenze).

9/10 novembre La mediazione franco-inglese non produce grandi risultati e intanto le province venete vengono distrutte dalla rabbia austriaca.

11 novembre Si viene a formare una legione dei militi che appartenevano al presidio di Palmanova e Osoppo e dei soldati dell’alto e basso Friuli che si sottrassero agli austriaci.

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12/13/14 novembre Il nuovo ministero toscano spedisce una circolare ai prefetti con la quale raccomanda di raccogliere denaro ed oggetti preziosi per sostenere la guerra in Venezia.

15/16 novembre Il governo impone un nuovo prestito forzoso di 1 milione di lire a carico di alcune ditte diverse da quelle che contribuirono il 19 settembre e il 12 ottobre. Un indirizzo viene rivolto al governo provvisorio affinchè aderisca alla Costituente italiana proposta dal ministero toscano. Giungono moltissimi giovani da varie parti della terraferma per arruolarsi nell’esercito che difende la causa italiana a Venezia.

17 novembre Nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo viene inaugurata la celebrazione dell’anniversario di solenni esequie per le vittime della lotta per l’indipendenza. Sulla porta della chiesa si legge: Novembre 1848. A tutti i martiri della libertà e indipendenza italiana il popolo queste solenni esequie perpetuamente rinnovabili.

18 novembre I commissari inviati dal governo in molte città italiane per lo smercio delle cartelle del prestito nazionale ritornano con frutti molto scarsi. A Roma intanto il popolo proclama un governo provvisorio.

22 novembre Il governo decreta una sovrimposta di 12 milioni di lire a carico di tutti gli immobili compresi nei comuni ora soggetti al governo veneto. La sovrimposta verrà pagata mediante un’addizionale di 25 cent all’anno per ogni lira di estimo e sarà divisa in rate semestrali a partire dal 31 marzo 1849. Per ottenere la pronta disponibilità della somma il governo cede tale sovrimposta al comune di Venezia, il quale si impegna a corrispondere l’importo complessivo mediante l’emissione di altrettanta carta monetata. Si dà corso dal 1 dicembre alla carta moneta denominata Moneta del comune di Venezia.

24 novembre Il papa fugge da Roma. 25/26 novembre Nella notte circa 200 austriaci approfittano della nebbia per tentare una

sorpresa al forte “O”. Il colpo non riesce. 27 novembre Il governo decreta il conio di una moneta d’argento a memoria dell’11

agosto. (ritorno all’Indipendenza). 28/29 novembre La famiglia Reale di Napoli, tutti i ministri di Stato, i ministri di Spagna e

Francia accreditati a Napoli si recano a Gaeta a rendere omaggio al Papa. Il governo decreta che la data del 1 dicembre, anniversario del giorno in cui fu stretta la Lega lombarda, sia celebrata come festa nazionale (nel 1167 i patti della Lega delle città lombarde contro Federico Barbarossa).

1 dicembre Si svolgono le celebrazioni della festa nazionale. Dopo la funzione religiosa Manin viene acclamato e spiega che nel solennizzare la memoria delle azioni della Lega lombarda si vuole sottolineare il grande insegnamento che se ne trae: il popolo soltanto se unito riuscirà a vincere il nemico.

2 dicembre Da Roma giungono notizie dell’assassinio del ministro Rossi e il governo ordina che i 5.000 pontifici militanti in Venezia ritornino alla loro patria per difenderla. Alcune signore veneziane organizzano una sottoscrizione allo scopo di erigere sul Forte di Marghera un monumento che ricordi il brillante fatto di Mestre (27 ottobre). L’Imperatore Ferdinando I d’Austria abdica in favore dell’arciduca Francesco Giuseppe il quale tra le sue titolazioni pone quella di Re della Lombardia e della Venezia.

9 dicembre Vengono istituite due nuove legioni di fanteria: “Cacciatori delle Alpi” e “Dalmato – Istriana”.

10 dicembre Scontro ai Forti di Marghera con gli austriaci costretti a ritirarsi. 13/14 dicembre La mediazione è finalmente accettata dall’Austria e si delibera che le

conferenze si aprano immediatamente a Bruxelles. 17 dicembre Il Circolo italiano, a nome del popolo veneziano, fa dono in segno di

fratellanza ai militi pontifici in partenza, di una bandiera, affinchè sia portata in Campidoglio.

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24 dicembre Il governo istituisce un’Assemblea permanente dei rappresentanti dello Stato di Venezia la quale avrà mandato per decidere su qualsiasi argomento che si riferisca alle condizioni di Venezia. L’Assemblea sarà composta da rappresentanti eletti con suffragio universale diretto a maggioranza relativa e con voto segreto; la rappresentanza avrà per base la popolazione e verrà nominato un rappresentante per ogni 1500 abitanti; le elezioni si faranno per circondari elettorali.

Luigi Querena. Venezia con la neve. Campo San Giovanni e Paolo. Venezia, Museo Correr

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1849

12. UN ANNO DALL’ARRESTO DI MANIN E TOMMASEO

1/2 gennaio Giungono notizie di vittorie degli ungheresi sugli austriaci. il progetto delle conferenze di Bruxelles sembra tramontato. Si mormora che se le mediazioni fossero cessate le ostilità sarebbero riprese. A Venezia si sta organizzando un esercito di tutto rispetto e se Toscana e Romagna avessero mandato degli aiuti l’armata sarebbe stata in grado di affrontare il nemico. Il parlamento piemontese delibera di assegnare un sussidio a Venezia di 600000 franchi mensili, senza riserve fusionistiche o riguardi dinastici e municipali. La Prefettura dichiara che, in considerazione delle condizioni eccezionali in cui si trova la città, non sono permesse le maschere di carnevale.

3 gennaio A Treviso gli austriaci stanno fabbricando dei palloni aerostatici che intendono indirizzare verso Venezia sopra la quale dovrebbero far cadere razzi e fuochi.

9 gennaio Viene istituita una nuova legione denominata “Euganea” comprendente militi e cittadini delle province di Padova, Vicenza e Rovigo. Giungono a Venezia giovani che fuggono dalla terra natale per sottrarsi alla coscrizione degli austriaci.

10 gennaio Elogio del generale G. Pepe ai volontari della compagnia Bandiera e Moro.

17 gennaio Le congregazioni provinciali del Veneto, all’infuori di Rovigo, si rifiutano di eleggere il deputato per Vienna. Come pure quelle della Lombardia fatta eccezione per Sondrio.

18 gennaio Una banda musicale e una folla di cittadini si recano sotto le finestre di Manin per rendergli omaggio in ricordo dell’anniversario del suo arresto e di quello di Tommaseo da parte della polizia austriaca.

19 gennaio Gli austriaci temono una sortita da Venezia: lungo tutta la linea della strada ferrata pongono segnali telegrafici tenuti d’occhio dai militi; la notte usano segnali di fuoco.

29/ 30/ 31 gennaio Sono promosse sottoscrizioni per offrire alla patria una offerta settimanale o mensile. La promessa di assegnazione di 600 mila lire al mese fatta dalla Camera dei deputati degli Stati sardi sembra svanire, come quella del milione promesso da Genova. L’immensa quantità di voti conseguita da Manin in tutti i circondari, in occasione delle elezioni dei deputati dell’Assemblea veneta, testimoniano la grande stima che la popolazione nutre nei suoi confronti.

4 febbraio I cittadini svizzeri domiciliati in Venezia sottoscrivono un’istanza al Consiglio nazionale del loro Paese che chiede di non perseguitare gli emigrati italiani con falsi pretesti. Viene inaugurato il forte Manin prima denominato forte O oppure Eau.

5 febbraio In questa data si apre la prima seduta della Costituente romana proclamata a Roma nei giorni precedenti e destinata a diventare Costituente Italiana.

8 febbraio Nella chiesa di San Zaccaria si celebra la messa funebre per i due cittadini coraggiosi che l’8 febbraio 1848 caddero in Padova colpiti dalle baionette austriache. Tale avvenimento segnò l’inizio della rivoluzione nelle province venete.

9 febbraio L’Assemblea costituente romana pubblica un decreto con il quale dichiara che il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato romano, al Pontefice è assicurata l’indipendenza nell’esercizio della sua potestà spirituale.

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13 febbraio Verso sera le società dette Circolo italiano e Circolo popolare, precedute dalle rispettive bandiere si recano con gran concorso di folla in piazza San Marco al fine di dimostrare la propria gioia per la solenne promulgazione del principio repubblicano sul Campidoglio. Si alternano i Viva alla Repubblica Romana, alla Costituente italiana, all’ Italia libera ed una, alla Repubblica italiana, all’Unione della flotta italiana, alla guerra a Roma, a Genova. Giunge Manin che arringa la folla e propone Viva alla perseveranza!. A Padova si pubblica un proclama di Haynau, con cui sono sottoposti al giudizio Statario ed alla pronta fucilazione tutti coloro che venissero trovati fuori della linea del blocco di Venezia con viveri ed altri generi, con lettere e spedizioni di denaro destinato a Venezia, come pure chiunque nasconda armi.

13. ASSEMBLEA DEI RAPPRESENTANTI DELLO STATO VENETO 15 febbraio Apertura dell’Assemblea dei rappresentanti dello Stato veneto che si

radunano nella chiesa di San Marco per assistere alla messa. Successivamente si trasferiscono in Palazzo Ducale dove Manin relaziona sugli avvenimenti dei mesi precedenti. Si apre un dibattito sul significato da attribuirsi al termine cittadinanza, adoperato dalla legge elettorale. Tommaseo fa accettare l’interpretazione più aperta e quindi si potranno esercitare tutti i diritti della cittadinanza veneta senza rinunciare a quella delle altre parti l’Italia.

16 febbraio Seconda seduta dell’Assemblea veneta. Si propongono alcuni articoli del regolamento. Viene eletto a presidente Tommaseo che rinuncia per problemi di salute. In seconda votazione è nominato l’Avv. Calucci.

17 febbraio L’Assemblea veneta dopo aver stabilito che per effetto della sua costituzione la dittatura sarebbe cessata, approva la seguente determinazione: L’assemblea conferisce il potere esecutivo ai rappresentanti Manin, Graziani e Cavedalis con poteri straordinari, per quanto riguarda la difesa dello Stato, esclusa la facoltà di prorogare o sciogliere l’Assemblea. Un decreto di Carlo Alberto autorizza il governo piemontese a sborsare alla città di Venezia un sussidio mensile di lire 600.000 fino alla cessazione della guerra.

22 febbraio Nel corso di una seduta dell’Assemblea veneta Manin espone i rapporti avuti dal governo con la Francia e con gli altri Stati d’Italia. Accenna all’invio di Tommaseo a Parigi. Relaziona sulle motivazioni addotte dalla Francia per motivare il diniego alla richiesta di intervento armato da parte del governo veneto: il rifiuto sarebbe determinato dall’avversione mostrata dagli italiani per l’intervento.

23 febbraio Tra le somme che giornalmente vengono spedite a soccorso di Venezia, il console generale sardo invia L.938.221, parte di una somma che gli italiani domiciliati in Perù hanno destinato a beneficio della causa italiana e che il Re Carlo Alberto ha disposto venga inviata a Venezia, in quanto la città rappresenta il forte inespugnabile in cui è compendiata la salute italiana.

26 febbraio Nella riunione dell’Assemblea tenutasi in questa data Manin relaziona sullo stato delle finanze che sono, grazie anche all’aiuto degli altri Stati italiani, molto floride. Nello stesso giorno il popolo indignato per la mancanza di piccola moneta, recatosi presso vari cambia valute con pietre e bastoni, rompe alcune vetrine, costringendo a chiudere gli esercizi. Successivamente viene emanato un decreto che proibisce l’aggio sulle monete di rame. Pervengono aiuti economici anche dal governo della Toscana.

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28 febbraio Nel corso dell’Assemblea veneta viene data lettura dell’indirizzo dei Circoli italiano e popolare che propongono di attaccare il nemico con frequenti sortite e tale indirizzo viene rimesso all’esame della commissione di guerra e marina.

1 marzo Si svolge la nona seduta dell’Assemblea. Dopo l’approvazione del regolamento si passa all’elezione dei cinque rappresentanti che devono presentare una lista di nomi da essi reputati idonei a comporre ognuna delle quattro commissioni permanenti: Guerra e marina; Finanza, arti e commercio; Legislazione civile e penale; Amministrazione interna, culto, istruzione e beneficenza.

2 marzo Si istituisce un corpo di Guardia civica marittima di 128 unità tratte dalla classe de remiganti e da destinarsi in caso di bisogno a sussidio delle barche armate nell’estuario. Gli austriaci si fortificano sul Tagliamento, ma ancor di più sul Piave con grandi quantità di munizioni da guerra.

3/4 marzo Si riunisce l’Assemblea per formulare le deliberazioni relative alla forma di governo dichiarandosi pronti i triumviri a cedere l’autorità di cui sono investiti a quelle persone che fossero designate dai rappresentanti del popolo. Tommaseo legge il rapporto inerente alla sua missione presso la Repubblica francese nel quale sono spiegate le ragioni per le quali la Francia non abbia prestato a Venezia ed alla causa dell’indipendenza italiana quel valido soccorso che ci si aspettava. Il governo fatto appello alla carità cittadina incarica una commissione di promuovere un cambio di carta moneta contro moneta metallica, onde formare un fondo con il quale permutare a prezzi di convenienza la carta agli importatori dei viveri. La commissione raccoglie 450.000 lire a cui il governo determina di aggiungervi altre 15.000. L’Assemblea romana ha votato nella seduta svoltasi in questa data, per acclamazione, un sussidio a Venezia di 100.000 scudi in buoni dello Stato.

5 marzo Dimostrazione popolare a favore di Manin: si era sparsa voce che parte dell’Assemblea volesse cambiare il governo sostituendo ai triumviri soggetti che avrebbero ceduto all’Austria. Il deputato Avesani propone per urgenza che la dittatura venga confermata con gli stessi triumviri. Ma i rappresentanti dell’Assemblea, per niente intimoriti dalle grida che si odono fino all’interno della sala, rifiutano l’urgenza della proposta e si riservano di prenderla in esame in una diversa data. Manin riesce ancora una volta a calmare la folla con le parole: Se mi amate e se siete italiani, sgomberate.

6 marzo L’Assemblea è di nuovo convocata. Manin sollecita i rappresentanti a formare un nuovo governo ricordando il carattere provvisorio della dittatura.

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Carlo Zatti. Ritratto di Daniele Manin investito dei pieni poteri 1849. Museo Correr, Venezia

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14. MANIN PRESIDENTE ELETTO DALL’ASSEMBLEA 7 marzo L’Assemblea adotta un decreto con 103 voti su 110 votanti che dichiara

Manin capo del potere esecutivo con il titolo di presidente, riservando a sé il potere costituente e legislativo ma delegando a Manin ampi poteri per la difesa interna ed esterna del Paese.

10 marzo Manin costituisce il governo in sei dipartimenti. 11/12 marzo Giungono notizie negative sul congresso di Bruxelles: l’Austria, infatti,

pretendeva, prima di prendere parte alle conferenze, che fosse sottoscritto un primo protocollo, che doveva dichiarare la conservazione dei trattati del 1815. A Milano un proclama di Radetzky dichiara quali delitti ricadano sotto la pena di morte, tra questi la diffusione di cattive notizie della guerra. A Milano Radetzky appresa la notizia che Carlo Alberto ha rotto l’armistizio (Salasco), impartisce l’ordine di chiudere le porte della città vietando a chiunque l’ingresso e l’uscita.

14 marzo Seduta dell’Assemblea veneta. Su proposta di Manin si decreta che il giorno 22 marzo sia celebrato come festa nazionale in ricordo dell’anniversario dell’espulsione degli austriaci.

15 marzo Seduta dell’Assemblea veneta. Il vice presidente comunica che l’Assemblea, conseguentemente all’arrivo di un dispaccio portato da un corriere da Torino che comunicava la disdetta dell’armistizio, la ripresa delle ostilità ed invitava lo stesso governo a cooperare efficacemente sui campi veneti e lombardi, è sospesa per 15 giorni e si ordina a tutti i militi di recarsi nelle rispettive postazioni. La seduta è tolta al grido di Viva la guerra! Arrivano una parte dei 100.000 scudi che Roma ha donato a Venezia.

16 marzo La polizia di Padova pubblica un avviso secondo cui saranno arrestati e messi a disposizione del comando militare tutti coloro i quali portassero cappelli di foggia patriottica alla Ernani, alla Puritana e alla Calabrese ed inoltre cordoni di spago, servibili per catene d’orologio.

17 marzo Anniversario della prima delle cinque giornate della rivoluzione di Venezia. Manin ricorda in Piazza i fatti avvenuti nel corso del 1848 e invita la popolazione a prepararsi ad un grande impegno.

19 marzo Il generale Guglielmo Pepe accompagnato da gente festante parte con il suo stato maggiore da Venezia verso Chioggia per trasferirvi il suo quartier generale.

21 marzo Gli austriaci entrano in Piemonte grazie anche alla difesa debole e discutibile dei generali Chrzanowski e Ramorino.

22 marzo Festa nazionale in ricordo degli avvenimenti del 1848. La città è parata a festa con un’infinità di bandiere e drappi tricolori. Tommaseo promuove con un manifesto l’istituzione di una Società della fratellanza dei popoli.

23 marzo Sconfitta di Carlo Alberto a Mortara e ritiro dei Piemontesi a Novara. Il Re abdica a favore del figlio Vittorio Emanuele cui affida il comando in capo dell’esercito e parte alla volta della Francia.

26 marzo Armistizio concordato il 24 marzo e sottoscritto in questa data a Novara da Radetzky e Vittorio Emanuele nonché da Chrzanowski maggiore generale dell’esercito sardo.

27 marzo A Torino si leggono le condizioni dell’armistizio tra cui il ritiro della flotta da Venezia e l’occupazione della Fortezza di Alessandria da parte delle forze austriache insieme a quelle piemontesi.

29 marzo L’Assemblea veneta dopo aver dichiarata la validità delle elezioni di alcuni rappresentanti passa alla nomina del nuovo presidente: Minotto.

31 marzo A Torino per decreto Reale la Camera dei deputati è sciolta. 1 aprile Brescia viene attaccata dagli austriaci con un bilancio di un migliaio di

vittime tra i cittadini ma anche di 1.500 morti tra gli stessi austriaci. Il piroscafo da guerra sardo il Goito giunto ad Ancona porta un messaggio del viceammiraglio Albini al governo provvisorio datato 31 marzo in cui

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si annuncia l’abdicazione del Re Carlo Alberto in favore di Vittorio Emanuele e si esprime positivamente non avere alcuna altra notizia ufficiale.

15. RESISTERE AD OGNI COSTO 2 aprile L’Assemblea veneta raccolta in comitato segreto decreta che Venezia

resisterà all’austriaco ad ogni costo. A tale scopo Manin viene investito di poteri illimitati. Egli uscito dall’Assemblea recandosi nella residenza del governo, annuncia al popolo radunato in piazza la deliberazione assunta e viene applaudito. La folla ripete commossa: Ad ogni costo! Genova insorta innalza la bandiera italiana e depone quella dei Savoia.

Luigi Querena. Veduta di Venezia - Piazza S. Marco il 22 marzo 1848, particolare. Venezia, Museo Correr

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Venezia resisterà all’Austriaco ad ogni costo. Decreto dell’Assemblea dei rappresentanti dello Stato di Venezia, 2 aprile 1849. Venezia, Museo Correr.

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3 aprile Il generale Pepe in seguito alla decisione dell’Assemblea di limitarsi alla difesa della laguna, riprende il comando immediato della città, della Fortezza e di tutte le truppe del presidio. Vittorio Emanuele dichiara Genova in stato d’assedio.

4/5 aprile Il presidente del governo invia una comunicazione ai ministri degli affari esteri dell’Inghilterra e della Francia con la quale invoca un intervento conseguente alla funzione di mediazione svolta. Giunge da Ancona a Venezia con un piroscafo il vice-ammiraglio Albini.

7/8 aprile I veneziani si consolano con le notizie dell’Ungheria dove gli austriaci sono stati battuti e i russi respinti con gravi perdite. L’armata ungarica è considerevole, conta ben 23 generali.

9 aprile In seguito al decreto di resistenza (v.2 aprile) il Governo impone un nuovo prestito. Tutte le ditte che in occasione delle precedenti iniziative assunte dal governo della medesima natura furono tassate per lire 24.000 o più, sono obbligate a prestare al governo una somma uguale a quella della prima tassazione. Le ditte che debbono subire il prestito sono circa quaranta e la somma richiesta supera i 3.000.000 di lire. Torino in quattro mesi ha inviato soltanto un dodicesimo della somma promessa.

10 aprile Genova non resiste al bombardamento e cede alle truppe del Re. 11/12/13 aprile Il gabinetto austriaco ha scelto Verona come centro delle trattative di

pace da stabilirsi con il Re di Sardegna in conformità all’armistizio di Novara. Brescia viene divisa dagli austriaci in quattro comuni.

15 aprile Le modifiche all’armistizio di Novara chieste dal governo piemontese non sono accettate dall’Austria.

16 aprile Giunge lettera dall’inviato veneto a Parigi, Pasini, con la quale assicura che il governo francese si adopererà a favore di Venezia attraverso apposite note ai rappresentanti austriaci affinchè siano sospese le ostilità e inoltre che lo stesso governo sarebbe sul punto di accordarsi con il Gabinetto britannico allo scopo di trattare diplomaticamente a favore di Venezia.

17/18/19 aprile A Palermo il popolo insorge, i componenti del governo e del Parlamento fuggono, e i rappresentanti del municipio approfittano della confusione per imbarcarsi su un piroscafo francese recandosi dal Re di Napoli per offrire la sottomissione della città di Palermo.

24 aprile Truppe austriache entrano in Alessandria. Il governo veneto apre un arruolamento volontario per l’armamento straordinario della marina, allo scopo di difendere Venezia dal blocco del mare. In un articolo nell’Allgemeine Zeitung in data 21 aprile si legge che il Corpo di assedio sotto il comando del fedmaresciallo Haynau deve tenersi pronto davanti a Venezia lungo l’orlo della laguna. Le forze di cui si compone assommano a 25.000 uomini. I primi lavori sono terminati e le piogge ininterrotte, come pure l’allagamento dell’Osellino, hanno reso così molle il terreno che le trincee non potranno essere aperte che il primo maggio. Il Forte di Marghera con tre cinte e con molti fossi d’acqua è ben provvisto di artiglierie e conta una numerosissima guarnigione. Le vicine isole di San Giuliano e San Secondo sono pure molto ben preparate alla difesa.

25 aprile Festa del patrono e rivista di truppe in piazza. A Civitavecchia sbarcano truppe francesi. Sono 11.000 uomini comandati dal generale Oudinot. Il municipio protesta contro l’invasione francese.

30 aprile Mestre è colma di truppe austriache e di carri di munizioni. Si tratta del Corpo di riserva comandato dal generale Haynau che intende conquistare i Forti. L’esercito francese giunge sotto le mura di Roma ma viene respinto

1/2/3 maggio I veneziani si preparano a sostenere gli attacchi dei nemici a Marghera. Intanto i napoletani hanno occupato Terracina, Velletri, Frosinone e marciano verso Roma.

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J. Adam. I comandi austriaci osservano dalla Torre di Mestre il bombardamento di Venezia (4 maggio 1849). Venezia, Museo Correr.

16. L’ATTACCO ALLA CITTÀ 4 maggio Gli austriaci che lavorano da giorni intorno alle opere di fortificazione e

di attacco contro Marghera scoprono cinque batterie e fulminano quei Forti con razzi e bombe. Dopo due ore di attacco mandano ai veneziani un parlamentario con la proposta di resa e la promessa di perdono che viene respinta da Manin, il quale si fa forza ricordando l’opera di mediazione in corso in favore di Venezia presso l’Austria, di Francia ed Inghilterra; quindi si riprende il fuoco fino a sera. I veneziani non sono intimoriti anzi si recano numerosi nelle zone prospicienti Marghera ad ammirare lo spettacolo delle parabole descritte dalle bombe e dai razzi.

5/6 maggio Gli austriaci si avvicinano e attaccano nuovamente il forte di Marghera ma vengono ricacciati indietro dai cannoni dei veneziani. Radetzky nella risposta che invia a Manin fa presente che il suo sovrano non permette l’ingerenza di potenze straniere in aiuto ai sudditi ribelli e di quanto sia illusoria e vana la speranza del governo veneto, destinata soltanto ad ingannare i poveri abitanti. Dichiara che da quel momento cessa ogni ulteriore carteggio e deplora che Venezia debba subire le sorti della guerra.

7/8 maggio Dal Forte di Marghera vengono spediti due picchetti, uno sulla strada ferrata e l’altro sul canale di Mestre per controllare i lavori che gli austriaci stanno eseguendo. Nella notte cinquecento veneti escono dalla Fortezza per una ricognizione. Si spingono fino al trinceramento austriaco e scoprono che i lavori vanno a rilento a causa del terreno

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molle che cede sotto il peso dei cannoni. Dopo un’ora di fuoco i veneti si ritirano protetti dai cannoni della Fortezza.

9/10/11/12 maggio Gli austriaci sono impegnati a togliere l’acqua dalle parallele allagate dai veneti, purtuttavia aprono un nuovo fuoco da un Fortino costruito presso Campalto. Il 12 prosegue per tutta la notte il fuoco degli austriaci. Giunge risposta negativa sull’esito della mediazione inglese che invita il governo a cedere in modo pacifico. Manin scrive a Lacour, incaricato d’affari della Repubblica francese a Vienna, chiedendo che l’incaricato del governo Pasini ottenga un salvacondotto per recarsi a Vienna a porre in essere le trattative con l’Austria. Si delibera di coniare una medaglia in memoria del decreto del 2 aprile che dovrà avere da un lato il decreto dell’assemblea, dall’altro Venezia in aspetto marziale avente accanto il leone e nella mano sinistra la bandiera tricolore con all’intorno il verso di Dante: “Ogni viltà convien che qui sia morta”.

14 maggio Il governo riceve la risposta al suo indirizzo del 4 aprile dal ministro degli affari esteri francese, i contenuti sono gli stessi di Londra, quindi deludenti.

16 maggio Bologna cede all’assedio austriaco. 17/18/19 maggio Escono dieci delle quaranta imbarcazioni armate allo scopo di difendere

Venezia dal blocco. Gli austriaci aprono il fuoco contro Marghera. A Mestre è visibile un grande incendio prodotto dallo scoppio delle bombe dei veneti. I sudditi esteri sono avvisati di lasciare la città entro il giorno 20 onde evitare le conseguenze del blocco. Il presidente del governo riceve la risposta alla lettera dell’11 maggio del Sig. Lacour, il quale, costernato, spiega che qualsiasi tentativo si è rivelato inutile, che il Gabinetto di Vienna rifiuta di accordare al sig. Pasini il salvacondotto e che, comunque, la sua missione risulterebbe vana, visto che il governo di S. Maestà Imperiale è deciso a non trattare con Venezia.

20/21/22 maggio I veneziani fanno una sortita a Treporti dove si impadroniscono di oltre un centinaio di buoi che erano stati requisiti dagli austriaci. Manin riceve una lettera del governatore d’Ungheria Luigi Kossuth che promette soccorsi a Venezia. Altra sortita il 22 a Brondolo e i veneziani si impossessano di 400 buoi, 4 maiali, 12 cavalli e di altre provvigioni in vino, uova, pollame, ecc.

23 maggio In Piemonte viene fucilato il generale Ramorino reo di aver lasciato libero il passo agli Austriaci (v.21 marzo).

24/25/26 maggio Tre giorni di bombardamenti austriaci e di eroica difesa dei veneziani a Marghera. 120 cannoni sono in attività senza soluzione di continuità. Quando tace il cannone subentra il grandinare delle bombe. Nessuna parte dei Forti veneti rimane intatta e la sera del 26 il governo decreta lo sgombero di Marghera. L’evacuazione, operazione davvero complessa, viene eseguita con ordine e grande abilità. Testimonianza del coraggio veneto le notizie pubblicate sui giornali austriaci dove si legge che nessuna truppa avrebbe potuto resistere tanto. Venezia appare inespugnabile anche se il ponte sulla laguna potrebbe tornarle fatale.

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Ippolito Caffi. Soldati a Venezia, 1849. Venezia, Museo Correr .

Ippolito Caffi. Bombardamento notturno a Marghera, 25 maggio 1849. Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna Cà Pesaro

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27 maggio I veneziani nel ritirarsi dal Forte di San Giuliano lasciano una mina che provoca delle perdite agli austriaci. Si procede alacremente nella demolizione del ponte, i cittadini accorrono al lavoro.

28 maggio Il popolo manifesta in piazza San Marco il proprio malcontento nei confronti del governo che non aveva voluto prima d’ora demolire il ponte sulla laguna. Intanto gli austriaci stanno fortificando la testata dello stesso ponte sul margine della laguna.

29/30 maggio Il cannone veneto tuona dal piazzale in mezzo al gran ponte e dal Forte dell’isola di San Secondo per disturbare i lavori degli austriaci sul ponte e al Forte di San Giuliano.

31 maggio Convocata in comitato segreto l’Assemblea dei rappresentanti del popolo la quale conferma il decreto che prevede la volontà di resistere ad ogni costo. Questa deliberazione nel momento in cui Venezia è attaccata da ogni parte merita il plauso di tutta Europa. Il ministro plenipotenziario De Bruck trovandosi a Mestre desidera conoscere le condizioni che Venezia sarebbe intenzionata a porre per la pacificazione con l’Austria. Manin risponde di essere pronto a intavolare le pratiche occorrenti per addivenire ad un accordo che assicuri una conveniente condizione politica al suo Paese e a tal fine chiede la concessione di regolari salvacondotti a due cittadini che andranno a Milano o in altro luogo per incontrare il ministro.

1/2 giugno Gli austriaci continuano i lavori di fortificazione della testata del ponte. La squadra austriaca di undici legni da guerra si mostra poche miglia distante da Sottomarina. Avvicinatisi i piroscafi nemici alla costa, vengono respinti dal fuoco dei Forti di Caroman, San Felice, Sottomarina e Lombardo. Le pattuglie di cavalleria percorrono tutta la notte la spiaggia di Sottomarina sino a Cà Lino. Gli austriaci concentrano molte forze contro Brondolo punto assai più importante di Marghera affidato al generale Rizzardi. Nonostante la risposta avuta il 31 maggio il ministro austriaco De Bruck invita il governo a mandare a Mestre persona incaricata a conferire con lui e ad esporre le richieste dei veneziani. Il governo chiede il salvacondotto per i cittadini Calucci e Foscolo che si recano a Mestre il giorno 2. La proposta di De Bruck consiste in tre ipotesi: 1) di costituire un Regno lombardo veneto con apposito statuto; 2) di dividerlo in due grandi sezioni; 3) di rendere Venezia una città imperiale con proprio regime municipale assoggettata provvisoriamente a governo militare.

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Illustrazione dal testo Fatti di Venezia degli anni 1848-1849. Venezia 1850

3 giugno Il governo vieta fino a nuove disposizioni le adunanze dei Circoli. Il

risultato dell’incontro con De Bruck viene sottoposto al governo, successivamente i due incaricati chiedono a De Bruck delucidazioni sui principi fondamentali dello statuto medesimo, e sulle guarentigie e l’ordine costituzionale della città e dominio imperiale. La proposta dovrà comunque essere valutata dall’Assemblea.

Illustrazione dal testo Fatti di Venezia degli anni 1848-1849. Venezia 1850

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4/5/6 giugno Attacchi da parte degli austriaci a Brondolo sia per parte di terra che di mare. Energica e coraggiosa la difesa dei veneti. De Bruck risponde fornendo dettagli sulla tre tipologie di soluzione. Il governo detta disposizioni di aiuto a favore delle guardie civiche, militi non giurati e operai che nel combattere o lavorare in difesa della patria hanno subito danni tanto da non poter essere più autosufficienti e così pure aiuti in favore delle vedove o di orfani di coloro che fossero morti combattendo o lavorando in difesa della patria.

Luigi Querena. Scoppio di una mina a San Giuliano. Venezia, Museo Correr 7 giugno Una bomba dei veneziani fa saltare un deposito di esplosivo degli

austriaci a San Giuliano. 9 giugno Calucci e Foscolo fanno presente a De Bruck che il popolo dopo 15 mesi

di libertà costata sofferenze e sangue non accetterebbe mai le soluzioni proposte.

11 giugno De Bruck nella sua risposta insiste nella tesi che l’unica alternativa ormai prossima sia la guerra con la devastazione e la distruzione che porta con se’.

13/14 giugno Gli austriaci fanno fuoco da cinque diverse batterie. Alcune bombe arrivano a colpire il sestiere di Cannaregio senza tuttavia arrecare alcun danno. Alcune famiglie cominciano a sgomberare.

15/16 giugno L’Assemblea dei rappresentanti istituisce una commissione militare a pieni poteri per dare esecuzione al decreto di resistenza. Il fuoco degli austriaci continua e provoca perdite di uomini ai veneziani e danni alle fortificazioni.

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17 giugno In seguito alla seduta dell’Assemblea il presidente del Governo scrive a De Bruck che la stessa ha autorizzato il governo a proseguire con le negoziazioni per poi sottoporre un trattato concreto. Si chiede quindi di ricevere i cittadini incaricati Calucci e Pasini.

19 giugno Incendio alla polveriera nell’isola delle Grazie che provoca una forte esplosione con morti e feriti. Grande sollecitudine da parte dei cittadini e delle truppe accorse a spegnere l’incendio.

20 giugno Il Corpo degli artiglieri volontari Bandiera e Moro viene costituito in Corpo regolare militare mantenendo tuttavia i suoi statuti.

21 giugno I cittadini Calucci e Pasini si recano a Verona convocati da De Bruck. 23 giugno Alcune bombe arrivano a Cannaregio e una casa viene colpita. 25/26/27 giugno Il fuoco continua da entrambe le parti. Muore il valoroso tenente

colonnello napoletano Rossaroll. Intanto dalla Francia giungono cattive notizie: viene soffocato il movimento che voleva proclamare la Repubblica democratica. In tutta Europa e pure a Venezia si alza il grido Maledizione alla Francia! per non aver portato l’aiuto promesso.

28 giugno Il governo decreta una sovrimposta di sei milioni di lire a carico di tutti gli immobili compresi nei comuni ora soggetti al governo veneto.

29 giugno Il popolo si lamenta con la commissione annonaria della qualità del pane che è confezionato con farine guaste e miste a materie estranee a quelle previste, e non contiene una percentuale di segala del 50% come prescritto.

Pezzo di pane dell’assedio di Venezia 1849. Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza

30 giugno L’Assembla si riunisce in comitato segreto per deliberare in merito alla

relazione dei deputati Calucci e Pasini dopo la loro missione a Verona e al termine Manin affacciandosi al balcone così informa il popolo accorso numeroso: L’assemblea dei vostri rappresentanti ha oggi rifiutato tutte le proposte fatte dall’Austria. Gli atti diplomatici a questo affare relativi saranno tosto stampati e pubblicati. L’Europa su ciò farà giustizia. Viva San Marco!.

1 luglio Roma viene sottoposta a bombardamenti costanti provocando perdite ai battaglioni italiani e il comune manda una deputazione al campo francese a trattare la resa.

3 luglio I francesi entrano a Roma al passo di carica e baionetta in canna. 5 luglio L’Assemblea dei rappresentanti veneti nomina una commissione per

sorvegliare l’operato di tutti gli uffici esecutivi sull’annona. 7 luglio Durante la notte gli austriaci fanno alzare un pallone aerostatico dalle

parti di Campalto affinchè l’attenzione si volgesse altrove mentre mandano barche incendiarie sul canale di sinistra, un battaglione approda di soppiatto sotto la batteria veneta di Sant’Antonio, ne scala il parapetto, riuscendo a inchiodare alcuni cannoni e a piantare la bandiera

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austriaca. Accorso dopo pochi istanti il Corpo veneto di riserva riesce a ricacciare indietro gli assalitori. I membri della commissione annonaria accusati dalla pubblica voce di molte irregolarità rinunciano all’incarico e il Governo li sostituisce con altri rappresentanti.

8/9 luglio Nella notte gli austriaci tentano un altro colpo al ponte. Avanzano sopra due zatteroni ed alcune barche, ma vengono scoperti da una ronda veneziana: segue uno scontro a fuoco con vantaggio per i veneti che si impossessano di attrezzi e vettovaglie, facendo ritirare gli austriaci.

10 luglio Riunione dell’Assemblea veneta, Tommaseo suggerisce nuovi provvedimenti riguardanti l’annona. Egli riferisce che ogni giorno molte persone si affollano alle porte dei fornai per avere il pane nero che temono stia per mancare. Gli austriaci valendosi del flusso dell’acqua fanno giungere a Venezia alcune bottiglie contenenti il proclama di Radetzky, il bollettino della caduta di Roma, quello della presa di Raab da parte degli austro-russi, insieme a inviti a capitolare.

12 luglio Gli austriaci fanno un nuovo esperimento: mandano sopra Venezia alcuni palloni incendiari che però non producono alcun danno. Essi sono fatti di una stoffa impenetrabile all’acqua e portando come zavorra un cerchio di legno nel quale sta una bomba di lib. 30. Questa bomba dopo un tempo da determinarsi viene fatta saltar fuori dal cerchio per mezzo della sostanza impellente dei razzi e cade verticalmente a terra dopo che se ne è accesa la spoletta.

13 luglio La commissione annonaria pubblica alcune disposizioni per le notifiche dei commestibili e combustibili tanto da parte dei negozianti che delle famiglie private. Incarica inoltre le commissioni di circondario di sorvegliare sulla salubrità dei cibi, sui pesi e misure dando loro facoltà di infliggere multe.

14 luglio Nuovo incendio nella polveriera dell’isola della Grazia, la fabbrica non subisce gravi danni ma il bilancio dell’incendio è di 11 feriti.

15/16/17 luglio Il popolo lamenta la penuria di farine e specialmente di polenta. Altre lagnanze si alzano per la inazione della marina veneta. L’Assemblea veneta considerando che il mandato degli attuali suoi membri va a cessare il giorno 14 agosto, convoca per il 15 la nuova Assemblea. Si ammettono nuove riforme sulla legge elettorale. Il deputato Tommaseo propone una leva tra i 18 e 30 anni.

18 luglio La commissione consultiva per gli affari annonari dispone che ogni famiglia notifichi al parroco la quantità di farine di cui abbisogna giornalmente. La quantità verrà annotata su un cartellino con il quale si potranno fare gli acquisti sempre nella stessa bottega. Inoltre in varie parrocchie si mettono in funzione i mulini in cui poter macinare gratuitamente il grano.

19 luglio L’Assemblea veneta decreta la mobilizzazione di 1.000 fucilieri civici, annulla tutte le esenzioni e i permessi prima accordati nel servizio nella Guardia civica e chiama a presentarsi di nuovo ogni cittadino dai 18 ai 35 anni. A conforto dei cittadini, si annuncia sui giornali che, a conferma della difficoltà di bombardare Venezia, delle 150 bombe lanciate la notte precedente, ben 146 precipitarono in acqua.

20 luglio L’Assemblea veneta decreta una leva di 600 uomini per le necessità della marina. Gli austriaci hanno tolto l’assedio a Brondolo e sgomberate le vicinanze del Brenta dopo aver incendiato tutto ciò che si trovava nei dintorni.

21/22/23 luglio Ricognizione delle truppe venete sulla sponda destra del Brenta. Si trasportano a Brondolo derrate di ogni genere. Gli austriaci si sono ritirati a Sant’Anna dove sono posizionate le prime vedette. Si affiggono sui muri di Venezia proclami stampati e manoscritti per invitare il popolo a chiedere una leva generale dai 18 ai 45 anni per poi fare una sortita e provvedere ai bisogni della città.

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Giovanni Borghesi. Bombardamento di Venezia seguito dal 29 luglio al 22 agosto 1849. Venezia, Museo Correr

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Vincenzo Giacomelli. Bombardamento di Venezia, agosto 1849, particolare. Rovigo, Collezione privata

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17. IL COLERA E IL BOMBARDAMENTO DI VENEZIA 27 luglio Il colera comincia a fare le prime vittime, vengono aperti i canali che

erano stati chiusi dagli austriaci a Brondolo e contemporaneamente si fanno alcuni lavori per render l’aria meno fetida. Dappertutto circolano proclami contro la Francia. Le donne non indossano più cappelli rappresentando la moda francese e vestono soltanto stoffe nazionali. Una sorta di rifiuto nei confronti dei prodotti francesi.

28 luglio Seduta segreta dell’Assemblea in cui il governo fa alcune comunicazioni relative alle condizioni politiche ed economiche del Paese. Manin assicura che la marina veneta farà ogni sforzo per l’approvvigionamento di Venezia.

29 luglio Era convinzione comune che Venezia non potesse essere bombardata se non nella zona di accesso, in quanto si riteneva impossibile avanzare verso la città, disponendo essa della difesa naturale della laguna, culturale dall’arte, infine militare con l’erezione di alcuni Forti lungo il ponte, con un disseminamento di galleggianti armati e con barricate chiudenti tutti i canali. Invece nella notte gli austriaci bersagliano la città con palle scagliate da cannoni disposti dando loro l’elevazione di 45 gradi: i proiettili percorrendo la massima portata arrivano ad una distanza smisurata e cadono all’interno della città piombando con il solo peso naturale sui tetti e sulle muraglie. I due terzi della città sono bombardati. I punti più bersagliati oltre a Cannaregio (San Geremia) sono le Fondamente Nuove, San Fantin, San Samuele, San Barnaba e l’ingresso della Giudecca. Gli abitanti si rifugiano lontano dai luoghi a rischio, peraltro in tutta la notte un solo cittadino viene colpito da una di queste palle, che cadendo, fanno un foro sui masegni e sprofondano. In Piazza San Marco sulla riva degli Schiavoni e a Castello si rifugiano moltissimi abitanti. Viene aperto il Palazzo Ducale, molti trovano ricovero negli anditi e sulle scale. Intanto il colera progredisce orribilmente, la penuria di pane e farine rende la situazione ogni giorno più preoccupante.

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Luigi Querena. La prima notte del bombardamento di Venezia e l’esodo della popolazione verso Castello. Venezia, Museo Correr

Luigi Querena. L’incendio della scuola di San Geremia durante il bombardamento. Venezia, Museo Correr.

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31 luglio Adunanza dell’Assemblea in cui Tommaseo legge il rapporto sui fatti

accaduti. Si propone, quindi, di istituire alcune commissioni per provvedere al ricovero delle famiglie senza tetto, nonchè di vitto e lavoro.

1 agosto Nella notte una sortita dei veneziani dal Forte di Brondolo fa guadagnare un bottino di duecento bovini, cinquanta barche cariche di farina, granturco, patate, vino, legumi e altre derrate, infine bagagli e materiali da guerra.

2 agosto Gli austriaci incendiano Conche. 3 agosto Incessante il grandinare di proiettili sopra tre quarti della città e restano

talvolta colpite le donne, i bambini e i vecchi. Il colera fa nuove vittime. A causa di una petizione presentata all’Assemblea, sottoscritta anche dal Patriarca, cardinale Monico, che aveva lo scopo di chiedere al governo quali motivazioni giustificassero la resistenza ad ogni costo, viste le condizioni in cui ormai si trovava la città, (scarsità di viveri e il colera), la folla, indignata, decide di aggredire il palazzo del prelato. Tumulti scoppiano, quindi, davanti a Palazzo Querini dove una folla inferocita grida A morte il patriarca! e getta nel canale vicino molte suppellettili preziose prelevate all’interno del palazzo. Intanto il Patriarca si è già messo in salvo.

4 agosto A causa della drammatica situazione vengono prorogati gli organi elettivi per l’impossibilità dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti dell’Assemblea veneta.

Luigi Rossi. Sacco del Palazzo Querini nel 1849, particolare. Venezia, Fondazione Querini Stampalia

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Luigi Rossi. Sacco del Palazzo Querini nel 1849. Venezia, Fondazione Querini Stampalia

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Vincenzo Giacomelli. Bombardamento di Venezia, agosto 1849. Rovigo, Collezione privata 18. VENEZIA ALLO STREMO 6 agosto Adunanza dell’Assemblea in comitato segreto. Manin afferma di aver

esaurito ogni suo mezzo per resistere e dichiara ormai impossibile ulteriore azione. L’Assemblea rimette nelle mani di Manin l’assoluta e piena autorità suprema con il seguente decreto: L’assemblea concentra nel Presidente del Governo Manin ogni potere, acciò provvega, come crederà meglio, all’onore ed alla salvezza di Venezia e riserva per se stessa la ratifica per qualsiasi decisione sulle condizioni politiche.

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Luigi Querena. La via Eugenia, ora Garibaldi, all’epoca del contagio. Venezia, Museo Correr. 7 agosto I veneziani sono stremati. Il cibo scarseggia e quello a disposizione è

vera spazzatura. Il colera sta mietendo moltissime vittime. Cadono a centinaia: persone di ogni età, sesso e condizione sociale. Il popolo è stanco, distrutto dall’assedio, dalla fame, dal colera. In serata si chiede di fare una sortita al fine di portare cibo in città e che la flotta si rechi in mare a sciogliere il blocco.

8/9 agosto La flotta veneta salpa facendo indietreggiare quella austriaca. Si sparge la notizia (falsa) che il generale Garibaldi stia per giungere a Venezia. Durante la notte gli austriaci tentano invano un nuovo assalto al ponte.

10 agosto Rientra la flotta veneta. 11 agosto Grandine di proiettili sopra Venezia. Molte bombe cadono innocue

nell’ampiezza della laguna ma non poche finiscono sui tetti. Palle infuocate colpiscono nel cuore della città. Granate e racchette solcano l’aria senza interruzione e non di rado gli edifici prendono fuoco.

12 agosto La flotta veneta riprende il mare. Il governo di concerto con il consiglio comunale decreta una sovrimposta di sei milioni di lire a carico di tutti gli immobili che verrà pagata mediante un’addizionale di 25 centesimi all’anno su ciascuna lira di estimo e sarà divisa in rate trimestrali che cominceranno a decorrere appena saranno interamente pagati i 18 milioni imposti con i decreti 22 novembre 1848 e 28 giugno 1849. Per ottenere la pronta disponibilità della somma il governo cede tale sovrimposta al comune di Venezia che emetterà una somma corrispondente in carta moneta del comune. Radetzky pubblica a Milano un proclama con il quale si permette agli esuli di fare ritorno nelle città del lombardo veneto ad eccezione delle persone che hanno partecipato ad atti insurrezionali i cui nominativi sono indicati in un elenco suddiviso per provincia.

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Elenco degli esuli delle province venete a cui è vietato fare ritorno nelle proprie città. Dal testo Memoriale Veneto storico politico 1848-49. Pietro Contarini. Venezia 1874

E’ consentito anche di chiedere l’autorizzazione ad emigrare. Venezia viene esclusa da queste disposizioni in quanto ancora in stato insurrezionale.

13 agosto La Guardia civica invitata in piazza San Marco è arringata da Manin che, pur nella consapevolezza della gravità della situazione, al fine di salvare l’onore di Venezia, esorta comunque a continuare l’azione così validamente esercitata.

14 agosto Si aprono le Giunte sanitarie in ogni circondario e nuovi ospedali per i cittadini che venissero colpiti dal colera. Giunge la notizia della pace fra l’Austria ed il Piemonte siglata dai ministri plenipotenziari di entrambe le potenze. Radetzky invia un proclama ai veneziani allo scopo di convincerli come tale avvenimento faccia svanire ogni illusione, esortandoli alla resa con la garanzia delle stesse condizioni già offerte.

1. Resa piena intiera ed assoluta. 2. Reddizione immediata di tutti i forti, degli arsenali e dell’intiera

città che verranno occupati dalle mie truppe, alle quali saranno pure da consegnarsi tutti i bastimenti da guerra, in qualunque epoca sieno fabbricati, tutti i pubblici stabilimenti, i materiali da guerra, e tutti gli oggetti di proprietà, del pubblico erario, di qualsiasi sorta.

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3. Consegna di tutte le armi appartenenti allo Stato oppure ai privati.

Concessioni: viene concesso di lasciare Venezia a chi lo desidera per via terra o mare.

15 agosto In questa data si registra il numero massimo di casi di colera. Sono 402,

i morti 270. 18 agosto Manin parla per l’ultima volta al popolo affollato sulla piazza che mostra

grande agitazione. Illustra la gravità della situazione anche in considerazione dell’epidemia di colera che sta decimando la popolazione ma sostiene non essere così disperata da indurre a cedere senza condizioni. Egli afferma che sta negoziando la resa ma che è necessario farlo con calma e dignità.

19/20 agosto Giungono notizie che gli ungheresi sono stati costretti a cedere e a stipulare con l’Austria una convenzione di pace.

19. LA RESA 22 agosto Una commissione veneta si reca al quartier generale austriaco a

Marocco ad offrire la sottomissione dei veneziani chiedendo alcune modifiche all’ultimatum. Il generale austriaco assicura che trasferirà la richiesta a Milano. Si chiede comunque la cessazione dei bombardamenti, richiesta che, pur non essendo nella facoltà del generale aderirvi, infine è accolta.

23 agosto Nel pomeriggio gli artiglieri veneti, tuttavia, aprono il fuoco e gli austriaci provocati riprendono le ostilità. I militi ed i cittadini sono nel pieno dell’agitazione e verso sera si rivolgono a Manin per avere notizie sugli sviluppi della trattativa in corso. Manin assicura che a breve la città sarà informata sugli accordi.

Venezia è immersa in un silenzio profondo e nell’estremo abbattimento. Il popolo atterrito dai continui bombardamenti, oppresso dai patimenti e dal colera si mostra rassegnato. Purtuttavia a Cannaregio, alcuni scontenti indirizzano minacce nei confronti di Manin e alzano, addirittura, qualche moschetto che però non lo colpisce.

24 Agosto Il governo provvisorio emette la seguente dichiarazione: 1) il governo provvisorio cessa dalle sue funzioni; 2) le attribuzioni governative passano al municipio della città di Venezia per tutto il territorio soggetto al governo stesso; 3) l’ordine pubblico, la quiete, la sicurezza delle persone sono raccomandate alla concordia della popolazione al patriottismo della guardia civica ed all’onore dei corpi militari. Il municipio pubblica i nomi dei 40 cittadini che debbono allontanarsi da Venezia nonché il processo verbale di capitolazione e dispone per la partenza delle truppe.

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Verbale dell’accordo per la resa della città del 22 agosto 1849. Dal testo: Fatti di Venezia degli anni 1848-1849. Venezia, Co’ tipi di Gio. Cecchini, 1850

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Commissione governativa Elenco dei 40 proscritti banditi da Venezia dopo la resa della città (24 agosto 1849). Venezia, Museo Correr, Collezione Boldù.

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25 agosto Il municipio, ossia la commissione governativa dispone per la partenza dei civili e delle truppe. Si attende l’arrivo del generale di cavalleria cav. Gorzkowski che prenderà possesso della città di Venezia quale governatore militare e civile. A giorni avrà luogo il solenne ingresso del maresciallo Radetzky.

28 agosto Il generale Gorzkowski prende legale possesso della città.

Messaggio della Municipalità di Venezia a Daniele Manin costretto all’esilio. Dal testo: Storia dello assedio di Venezia negli anni 1848 e 1849. Per C.A.Radaelli. Napoli, dalla Tipografia del Giornale di Napoli, maggio 1865

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Francesco Barzaghi. Monumento a Niccolò Tommaseo. Venezia, Campo Santo Stefano. Sopra: particolare. Foto Daniela Marzinotto

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Luigi Borro. Monumento a Daniele Manin. Venezia, Campo Manin. Sopra: particolare. Foto Daniela Marzinotto

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Tomba di Daniele Manin.Venezia, Piazza San Marco. Sopra: particolare. Foto Daniela Marzinotto

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Fonti

Fatti di Venezia, Piemonte e Roma. Fatti di Venezia degli anni 1848-1849. Venezia, Co’ tipi di Gio. Cecchini, 1850

Memoriale Veneto storico politico 1848-49. Pietro Contarini. Venezia Melchiorre Fontana Editore, 1874

Storia dello assedio di Venezia negli anni 1848 e 1849. Per C.A. Radaelli, Colonnello nell’esercito italiano. Napoli, dalla Tipografia del Giornale di Napoli, maggio 1865

Storia di Venezia – L’Ottocento e il Novecento A cura di Mario Isnenghi e Stuart Woolf Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, 2002

Donne sulla scena pubblica. N.M. Filippini, L. Gazzetta, N. Pannocchia, T. Plebani, M.T. Sega. A cura di Nadia Maria Filippini. Franco Angeli Storia, 2006

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