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Chirurgia generale seguendo il programma (Riassunto fatto da Giorgio Sforza) L’esofago L’esofago è un organo muscolare cavo di circa 30 cm di lunghezza che si estende dalla cartilagine cricoide fino allo stomaco. Può essere distinto in tre porzioni: - Cervicale - Toracica - Addominale La vascolarizzazione dell’esofago è assicurata da piccole arterie che originano dall’arteria tiroidea inferiore, dalla carotide comune, dalle arterie cervicali, bronchiali e direttamente dall’aorta toracica. L’esofago risulta costituito da diverse tonache: - La mucosa - La sottomucosa - La tonaca muscolare - La tonaca sierosa Diagnostica Abbiamo vari tipi di esami diagnostici: L’esame radiologico con mezzo di contrasto: esame effettuato con bario o Gastrografin, rappresenta l’esame standard. Consente di valutare la sede ed il calibro esofageo evidenziando eventuali restringimenti, dilatazioni o estroflessioni. Se eseguito posizionando il paziente in posizione Trendelemburg evidenzia un eventuale patologia da reflusso o un’ernia iatale. Esofagoscopia: eseguita con strumento flessibile, rappresenta una presidio diagnostico insostituibile. Di fronte ad una lesione neoplastica permette l’esecuzione di una biopsia con successiva diagnosi istologica. Ecoendoscopia: si tratta di un esame ecografico. Manometria esofagea: valuta attraverso un catetere perfuso con acqua, inserito per via naso- gastrica, la variazione di pressione esofagea nei diversi segmenti. Ph-metria esofagea: la pH-metria nelle 24 ore è il gold standard nella diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo. Se i valori del pH sono inferiori a 4 vengono interpretati come un reflusso gastrico acido. Le malattie funzionali dell’esofago Le malattie funzionali sono patologie benigne caratterizzate da disordini di tipo motorio a carico del corpo e/o degli sfinteri dell’esofago. Possono essere primitive o secondarie a patologie sistemiche come la sclerodermia, il diabete mellito, malattia di Chagas. L’ Acalasia L’acalasia è il disordine motorio esofageo più conosciuto e consiste nella completa assenza di peristalsi a livello del corpo esofageo associata a mancato rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore all’atto deglutitorio. La storia clinica del paziente affetto da acalasia è caratterizzata da un progressivo incremento della sintomatologia. Il sintomo predominante e anche più precoce è la disfagia. Con l’avanzare della malattia la disfagia diventa mista: per i liquidi e per i solidi. La diagnostica L’esame radiologico con bario evidenzia un esofago atonico, dilatato. Nella fasi più avanzate della malattia può apparire molto dilatato, quindi un megaesofago. Infine, come in tutti i disordini motori, l’esame manometrico è fondamentale per confermare la diagnosi evidenziando l’assenza di peristalsi efficace.

La mucosa...Sintomatologia I sintomi tipici della mRGE sono la pirosi retrosternale ed il rigurgito acido o amaro più frequentemente post-prandiale o in posizione supina. Esistono

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Page 1: La mucosa...Sintomatologia I sintomi tipici della mRGE sono la pirosi retrosternale ed il rigurgito acido o amaro più frequentemente post-prandiale o in posizione supina. Esistono

Chirurgia generale seguendo il programma (Riassunto fatto da Giorgio Sforza) L’esofago L’esofago è un organo muscolare cavo di circa 30 cm di lunghezza che si estende dalla cartilagine cricoide fino allo stomaco. Può essere distinto in tre porzioni:

- Cervicale - Toracica - Addominale

La vascolarizzazione dell’esofago è assicurata da piccole arterie che originano dall’arteria tiroidea inferiore, dalla carotide comune, dalle arterie cervicali, bronchiali e direttamente dall’aorta toracica. L’esofago risulta costituito da diverse tonache:

- La mucosa - La sottomucosa - La tonaca muscolare - La tonaca sierosa

Diagnostica Abbiamo vari tipi di esami diagnostici:

• L’esame radiologico con mezzo di contrasto: esame effettuato con bario o Gastrografin, rappresenta l’esame standard. Consente di valutare la sede ed il calibro esofageo evidenziando eventuali restringimenti, dilatazioni o estroflessioni. Se eseguito posizionando il paziente in posizione Trendelemburg evidenzia un eventuale patologia da reflusso o un’ernia iatale.

• Esofagoscopia: eseguita con strumento flessibile, rappresenta una presidio diagnostico insostituibile. Di fronte ad una lesione neoplastica permette l’esecuzione di una biopsia con successiva diagnosi istologica.

• Ecoendoscopia: si tratta di un esame ecografico.

• Manometria esofagea: valuta attraverso un catetere perfuso con acqua, inserito per via naso-gastrica, la variazione di pressione esofagea nei diversi segmenti.

• Ph-metria esofagea: la pH-metria nelle 24 ore è il gold standard nella diagnosi della malattia da reflusso gastroesofageo. Se i valori del pH sono inferiori a 4 vengono interpretati come un reflusso gastrico acido.

Le malattie funzionali dell’esofago Le malattie funzionali sono patologie benigne caratterizzate da disordini di tipo motorio a carico del corpo e/o degli sfinteri dell’esofago. Possono essere primitive o secondarie a patologie sistemiche come la sclerodermia, il diabete mellito, malattia di Chagas. L’ Acalasia L’acalasia è il disordine motorio esofageo più conosciuto e consiste nella completa assenza di peristalsi a livello del corpo esofageo associata a mancato rilasciamento dello sfintere esofageo inferiore all’atto deglutitorio. La storia clinica del paziente affetto da acalasia è caratterizzata da un progressivo incremento della sintomatologia. Il sintomo predominante e anche più precoce è la disfagia. Con l’avanzare della malattia la disfagia diventa mista: per i liquidi e per i solidi. La diagnostica L’esame radiologico con bario evidenzia un esofago atonico, dilatato. Nella fasi più avanzate della malattia può apparire molto dilatato, quindi un megaesofago. Infine, come in tutti i disordini motori, l’esame manometrico è fondamentale per confermare la diagnosi evidenziando l’assenza di peristalsi efficace.

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La terapia Il trattamento è di tipo endoscopico o chirurgico. La terapia medica utilizza i calcio antagonisti, che dovrebbero portare ad un rilassamento dello sfintere esofageo inferiore. Il trattamento endoscopico utilizza la dilatazione pneumatica mediante palloncino a livello dell’esofago distale. Attualmente la migliore terapia è quella chirurgica che consiste nella miotomia esofagea extramucosa, eseguita sugli ultimi 7 cm dell’esofago e allungata per 2 cm alla muscolatura gastrica. Diverticoli esofagei I diverticoli esofagei sono delle estroflessioni sacciformi della parete esofagea e sono solitamente una patologia acquisita. In base alla loro localizzazione si distinguono in faringo-esofagei (diverticolo di Zenker), iuxta-bronchiali ed epifrenici. I diverticoli da pulsione trovano la loro genesi in un aumento della pressione endoesofagea che facilita una graduale estroflessione della mucosa esofagea attraverso una zona di minore resistenza della componente muscolare della parete Diverticolo di Zenker Il diverticolo di Zenker è quello che più frequentemente giunge all’osservazione del medico. Il sintomo principale è la disfagia cervicale solitamente mista, sia per i solidi che per i liquidi. Tra le complicanze oltre alla rara diverticolite e perforazione, possono comparire dei sintomi di tipo respiratorio secondari ad inalazione di materiale presente nel diverticolo. La diagnostica La diagnosi di diverticolo di Zenker si avvale principalmente dell’esame radiologico con bario. L’esame endoscopico può invece causare perforazione. Terapia Il diverticolo faringo-esofageo deve essere trattato solamente quando sintomatico. La terapia classica consiste nella diverticulectomia chirurgica associata a miotomia della muscolatura sottostante. Diverticolo Iuxta-bronchiale Il diverticolo del terzo medio esofageo è spesso asintomatico. Quando sintomatico, il paziente riferisce disfagia, dolore toracico, rigurgito. Diagnosi e terapia uguale a quello precedente. Diverticolo epifrenico Si tratta di un diverticolo localizzato nel tratto inferiore dell’esofago al di sopra del diaframma. È sempre un diverticolo da pulsione come lo Zenker. Sintomi: disfagia, rigurgito, sintomi da reflusso gastro-esofageo. In caso di sospetta malattia da reflusso è necessario eseguire sempre la manometria e pH-metria. La terapia chirurgica consiste nella diverticulectomia con miotomia. Neoplasie maligne Il cancro dell’esofago rimane una delle neoplasie con peggiore prognosi a distanza. La neoplasia maligna esofagea può essere squamocellulare, quando origina dall’epitelio squamoso, oppure un adenocarcinoma, se è secondaria ad una degenerazione dell’epitelio cilindrico con metaplasia intestinale (esofago di Barrett). Alcuni modelli di oncogenesi: lo sviluppo del carcinoma squamoso, per esempio, vedrebbe nell’esofagite cronica e nelle successive fasi di atrofia e displasia le tappe della sua insorgenza. Nell’adenocarcinoma, invece, la metaplasia intestinale

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(Barrett) a livello dell’esofago distale, probabilmente secondaria all’azione lesiva di reflusso acido e alcalino (biliare) sulla mucosa esofagea, sarebbe la prima fase della trasformazione neoplastica. Esistono dei fattori di rischio come: l’abuso di alcolici, fumo di sigaretta, carenze alimentari di alcune vitamine, assunzione di bevande e cibi molto caldi. Nel paziente con Barrett la possibilità di insorgenza della neoplasia è 30 volte maggiore. Altre forme di neoplasie maligne sono: i melanomi, i linfomi e i sarcomi. La diffusione della malattia avviene per contiguità agli organi vicini (tiroide, trachea, aorta, bronco sinistro, pleura, polmone) e per via ematogena in particolare a livello epatico, polmonare, cerebrale e osseo. Sintomatologia Il sintomo principale del cancro dell’esofago è la disfagia. Questa insorge solitamente quando il tumore ha invaso i 2/3 del lume esofageo. Altri sintomi correlati all’ostruzione neoplastica sono: il rigurgito, la scialorrea, il singhiozzo, l’alitosi, calo ponderale. Diagnostica La diagnosi del carcinoma esofageo si basa su una serie di esami strumentali la cui esecuzione è finalizzata a fornire la conferma della diagnosi clinica ed ad effettuare la stadiazione della malattia. L’esame endoscopico è l’esame fondamentale per la diagnosi. La TC toraco-addominale permette di procedere alla stadiazione della neoplasia evidenziandolo eventuali infiltrazioni di organi contigui al tratto di esofago sede della neoplasia. La stadiazione comprende inoltre l’esecuzione di un’ecografia del collo per la ricerca di linfoadenomegalie cervicali, la broncoscopia, in particolare nei tumori del terzo medio esofageo. La TC cerebrale e la scintigrafia ossea vengono solitamente eseguite in pazienti con sintomi specifici che possono far sospettare lesioni ripetitive in questi distretti. Terapia La terapia del cancro dell’esofago può essere radicale o palliativa in rapporto allo stadio della malattia e alle condizioni generali del paziente. La terapia radicale è chirurgica e consiste in un’ampia resezione esofagea associata ad una linfoadenectomia loco-regionale. La scelta tra le due possibilità si basa fondamentalmente sulla sede della neoplasia e sulle condizioni generali del paziente: condizioni scadenti cardio-respiratorie fanno propendere per un intervento a torace chiuso. Tra le complicanze post-operatorie più frequenti troviamo le fistole in sede anastomotica e le infezioni polmonari. Il trattamento chirurgico può essere anticipato o seguito da una chemio-radioterapia La malattia da reflusso gastro-esofageo Il reflusso gastro-esofageo consiste nel passaggio di materiale gastrico e/o duodenale dallo stomaco in esofago. Questo è un evento fisiologico quando avviene raramente. Si parla invece di malattia da reflusso gastro-esofageo (mRGE), quando il passaggio di materiale nocivo dallo stomaco all’esofago si associa a sintomi e/o lesioni della mucosa esofagea. La mRGE è causata dall’azione lesiva di sostanza quali l’acido cloridrico e la pepsina, presenti nel secreto gastrico, ma anche da alcuni componenti della bile che vengono a contatto frequentemente e per periodi di tempo troppo lunghi con la mucosa esofagea. A livello gastro-esofageo esiste una barriera di protezione identificabile nello sfintere esofageo inferiore che protegge, come una valvola, l’esofago dal reflusso. Proprio la perdita di competenza di questo sfintere è la causa della mRGE.

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Sintomatologia I sintomi tipici della mRGE sono la pirosi retrosternale ed il rigurgito acido o amaro più frequentemente post-prandiale o in posizione supina. Esistono inoltre alcuni sintomi atipici quali la tosse, l’asma bronchiale. Infine la disfagia o il calo ponderale possono indicare complicanze del reflusso come un’ulcera o una stenosi esofagea. L’esofagite può evolvere in metaplasia portando quindi ad un quadro di esofago di Barrett. Diagnostica La diagnosi di mRGE è inizialmente basata sui sintomi descritti dal paziente sui quali spesso si instaura la prima terapia medica. L’esame endoscopico, esofagogastroduodenoscopia, permette di evidenziare eventuali lesioni della mucosa. Durante l’endoscopia è possibile inoltre eseguire delle biopsie per un esame istologico. L’indagine radiologica con mezzo di contrasto permette di evidenziare in posizione di Trendelemburg la presenza di reflusso. La pH-metria è attualmente il gold standard nella diagnosi del reflusso acido e trova indicazione in un ristretto numero di pazienti in cui i sintomi non sono associati a lesione endoscopiche. Terapia La terapia della mRGE deve essere modulata in rapporto all’intensità e alla frequenza dei sintomi ed al grado di esofagite, eventualmente presente. Nei casi più lievi è possibile controllare la sintomatologia con alcune norme igenico-dietetiche. La terapia medica si avvale di farmaci che hanno la funzione di inibire o tamponare la secrezione acida a cui spesso si associano dei procinetici con lo scopo di migliorare la clearance esofagea e lo svuotamento gastrico. Il trattamento chirurgico è solitamente indicato in soggetti che non rispondono alla terapia medica o che hanno difficoltà ad assumerla in maniera continua. L’intervento chirurgico consiste nel ricostruire una barriera pressoria, a livello dello sfintere inferiore, mediante la confezione di una plastica antireflusso. Questa indica il cerchiaggio, totale o parziale, dell’esofago addominale utilizzando il fondo gastrico. Ernia iatale Con il termine ernia iatale si indica il passaggio di una parte di stomaco in mediastino attraverso lo iato esofageo. È possibile classificare le ernie iatali in:

- Ernia da scivolamento - Ernia paraesofagea - Ernia mista

L’ernia da scivolamento, detta anche di I° tipo, implica il passaggio dalla giunzione esofago-gastrica in torace, mentre in quella paraesofagea o di II° tipo la giunzione rimane in addome mentre è il fondo gastrico che si impegna attraverso lo iato. Nella forma mista o di III° tipo si viene ad avere una combinazione tra i due tipi di migrazione precedenti. L’ernia iatale, quando presente, può essere del tutto asintomatica ed essere quindi un reperto occasionale. L’ernia da scivolamento rappresenta l’80-90% di tutte le forme e, se sintomatica, si associa a sintomi da mRGE. Nell’ernia paraesofagea, la sintomatologia, quando presente, è caratterizzata da dolore epigastrico o retrosternale, dispepsia ma anche disfagia nel caso di grosse ernie che comprimono l’esofago toracico.

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Diagnostica La diagnosi strumentale dell’ernia iatale si basa sull’esecuzione della radiografia delle prime vie digerenti con bario. Questo esame permette di classificare il tipo di ernia ed evidenziarne le dimensioni. L’iter diagnostico è completato dall’endoscopia per la diagnosi di un’eventuale esofagite e dai test funzionali (manometria e pH-metria). Terapia Nei pazienti sintomatici la terapia è sempre chirurgica e consiste nella riduzione in addome dello stomaco erniato in torace con iatoplastica ed eventuale gastropessia. Lo stomaco Lo stomaco, organo cavo, di forma incurvata è lungo circa 25 cm ed è localizzato principalmente nell’ipocondrio di sinistra tra l’esofago e il duodeno. Macroscopicamente lo stomaco presenta una faccia anteriore, una posteriore e due margini, il sinistro e il destro. È completamente ricoperto da peritoneo. Lo stomaco può essere anatomicamente suddiviso in:

- Fondo: posto superiormente e a sinistra della giunzione esofago-gastrica; - Cardias: che corrisponde alla giunzione esofago-gastrica; - Corpo: interposto tra fondo e antro; - Antro-Piloro: situato tra l’incisione angolare della piccola curvatura ed il duodeno;

La parete gastrica è costituita dall’interno all’esterno da una tonaca mucosa e da una muscolare. In base alla loro localizzazione le ghiandole gastriche si suddividono in:

- Ghiandole cardiali - Ghiandole gastriche: che producono muco, pepsinogeno e HCL. - Ghiandole piloriche: sono presenti anche le cellule G che producono gastrina.

La muscolatura dello stomaco è costituita da tre strati concentrici. A livello del piloro lo strato circolare si ispessisce a formare un anello muscolare che agisce come sfintere; all’esterno lo stomaco è rivestito in toto dalla sierosa peritoneale. Le funzioni fondamentali dello stomaco sono:

- Di serbatoio per gli alimenti ingeriti; - Di progressione del bolo alimentare attraverso la sua attività motoria; - Di inizio dell’attività digestiva delle proteine e dei carboidrati mediante l’HCL e la pepsina; - Di secrezione ormonale: gastrina, VIP, bombesina; - Di assorbimento: acqua, alcool etilico, farmaci; - Di produzione del fattore intrinseco.

Diagnostica Esame radiologico con mezzo di contrasto radiopaco. È utile per evidenziare lesioni che modificano la morfologia, il disegno delle pliche, la motilità e il tempo di svuotamento dello stomaco. Sensibile per le lesioni ulcerative e per identificare neoplasie benigne e maligne. Gastroscopia Permette di studiare il primo tratto delle vie digerenti in maniera semplice e rapida. L’endoscopia gastrica consente di diagnosticare qualsiasi tipo di lesione organica sia benigna (ulcera) sia maligna nelle forme più iniziali. Permette inoltre di eseguire delle biopsie per un esame istologico delle lesioni sospette.

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Eco-endoscopia Consiste in un esame ecografico eseguito per via endoscopica. Utilissimo per le lesioni neoplastiche e l’interessamento linfonodale periviscerale. TC toraco-addominale ed Ecografia addominale Ulcera peptica L’ulcera peptica è una lesione, ad evoluzione cronica, della mucosa gastroenterica dovuta all’azione lesiva del secreto cloridropeptico. In fase acuta presenta tessuto di granulazione con una zona di emorragia; in fase cronica prevale il tessuto fibroso cicatriziale con un indurimento dei margini. Le sedi più frequenti dell’ulcera sono la prima e seconda porzione del duodeno e il corpo o l’altro dello stomaco. L’eziopatogenesi dell’ulcera peptica si identifica in uno squilibrio tra fattori lesivi e protettivi della mucosa gastroenterica. Nel duodeno l’ulcera si forma per un eccesso di agenti lesivi, mentre nello stomaco sono quelli protettivi a diminuire. Tra i fattori lesivi il ruolo fondamentale è ricoperto dalla secrezione di acido cloridrico e pepsinogeno, ma anche l’assunzione di farmaci gastrolesivi come i FANS. L’infezione da Helicobacter pylori rappresenta, insieme alla secrezione acida, la causa più frequente di ulcera peptica sia duodenale che gastrica. Sintomatologia Il dolore epigastrico crampiforme è il sintomo fondamentale sia nell’esordio acuto della malattia sia nella sua cronicità. Il dolore è continuo, sordo di intensità variabile associato a pirosi specie nell’insorgenza acuta. L’insorgenza del dolore è precoce dopo i pasti nel caso dell’ulcera gastrica, dopo alcune ore in caso di quella duodenale. L’ulcera peptica può andare incontro a complicanze che possono anche rappresentare il quadro clinico di esordio della malattia. L’emorragia è una complicanza che compare nel 15-20% dei portatori di ulcera peptica. Il sanguinamento è solitamente dovuto all’erosione di rami parietali dello stomaco. Le emorragie più gravi si evidenziano clinicamente con l’ematemesi, più tardivamente con la melena. In caso di sanguinamento importante il paziente presenterà segni dello shock emorragico. La perforazione dell’ulcera può essere coperta o libera in peritoneo. Il quadro clinico della perforazione libera è quello della peritonite acuta. Il dolore tende quindi a diffondersi a tutto l’addome e soprattutto alla fossa iliaca di destra. Si associa vomito. Compaiono febbre e leucocitosi, aumento della frequenza cardiaca, contrazione della diuresi. La palpazione è assai dolorosa, la peristalsi è assente, l’alvo è chiuso a feci e gas. Diagnostica La diagnosi dell’ulcera gastrica in elezione si basa sul quadro clinico, l’esame radiologico con mezzo di contrasto delle prime vie digerenti e l’esame endoscopico. La gastroduodenoscopia è in realtà l’esame da preferirsi, permettendo una diagnosi macroscopica della lesione e la possibilità di un prelievo bioptico per una diagnosi differenziale con il carcinoma ed accertare l’eventuale infezione da Helicobacter Pylori. In regime di urgenza, in caso di sospetta emorragia la diagnosi e il primo trattamento sono endoscopici. Quando invece c’è il sospetto di una perforazione, è indicato eseguire la radiografia diretta dell’addome. Terapia Il trattamento dell’ulcera non complicata si avvale della terapia medica e del rispetto di norme dietetiche. La terapia farmacologica si fonda sugli antiacidi, gli antisecretivi, i protettori di membrana. Riescono a guarire oltre il 70% delle ulcere duodenali. In caso di fallimento della terapia medica può essere indicato il trattamento chirurgico. La vagotomia. La terapia chirurgica è necessaria in presenza di un evento perforativo. L’atto chirurgico consiste nella raffia della sede di perforazione.

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Neoplasie dello stomaco Il carcinoma gastrico colpisce più frequentemente il sesso maschile con età compresa tra i 50 e i 70 anni. I fattori ambientali sono di due tipi: alimentari e professionali. Il carcinoma gastrico può essere localizzato in tutte le regioni, ma la sede più frequente è la regione antro-pilorica; quella meno frequente è invece la piccola curvatura. Macroscopicamente distinguiamo tra forme vegetanti, ulcerate, infiltrate. Il carcinoma dello stomaco è sotto l’aspetto istologico, più frequentemente un adenocarcinoma. La diffusione neoplastica avviene per continuità, per contiguità, per via transperitoneale, per via linfatica ed ematica. Per contiguità la neoplasia si può diffondere al fegato, al pancreas, al colon trasverso, alla milza e al diaframma. Sintomatologia I sintomi del carcinoma gastrico sono in genere tardivi ed inizialmente aspecifici, comportando in molti casi una diagnosi in uno stadio avanzato della malattia. I primi sintomi sono la dispepsia, la diminuzione dell’appetito fino all’anoressia, il dimagrimento, l’epigrastralgia, l’anemizzazione. Il dolore, quando presente, è simile a quello dell’ulcera peptica da cui però si distingue per la mancanza di periodicità. In altri casi il tumore può manifestarsi con un esordio acuto dovuto ad una complicanza come l’emorragia per rottura di un vaso, l’ostruzione con disfagia o vomito o un quadro di peritonite per perforazione dello stomaco. Diagnostica Nel sospetto di una lesione neoplastica sono indispensabili lo studio endoscopico e radiologico dello stomaco. L’esame radiologico contrastografico con la metodica del doppio contrasto permette di fare diagnosi con un’accuratezza elevata nei casi di neoplasia avanzata. L’esame endoscopico associato all’esecuzione di una biopsia permette di fare una diagnosi certa. La stadiazione della malattia viene completata con la radiografia del torace, l’ecografia o la TC addominale. Terapia La terapia chirurgica del carcinoma avanzato dello stomaco rimane a tutt’oggi la migliore terapia. L’intervento chirurgico consiste nella gastrectomia totale con linfoadenectomia loco-regionale. La terapia chirurgica può essere eseguita in alcuni casi con finalità palliativa. Tra i trattamenti palliativi troviamo la chemioterapia, la radioterapia e alcuni trattamenti endoscopici come la laserterapia. Malattia diverticolare del Colon La malattia diverticolare del colon è una patologia in rapido aumento nei paesi occidentali. I diverticoli sono erniazioni della mucosa e della sottomucosa del colon attraverso lo strato muscolare, a livello delle lacune vascolari ai lati delle tenie antimesenteriche. I diverticoli si localizzano prevalentemente a livello del sigma. Sintomatologia La diverticolosi, malattia non complicata, spesso è asintomatica e la diagnosi occasionale. Talvolta i sintomi sono mascherati da quelli di un colon irritabile: alterazioni dell’alvo con alternanza di stipsi e diarrea, vaghi dolori addominali in fossa iliaca sinistra. La diverticolosi può complicarsi con una flogosi acuta determinando il quadro di diverticolite acuta. Questa è principalmente dovuta al ristagno di feci all’interno del diverticolo con conseguente flogosi. Dolore continuo in fossa iliaca sinistra, nausea, vomito, alterazioni dell’alvo, febbre, leucocitosi, sintomi accentuati a seconda della gravità. Il segno di Blumberg può essere positivo, può essere palpabile una massa dolente e dolorabile. La flogosi erosiva del diverticolo può determinare una emorragia, clinicamente rilevata dalla rettorragia o da una esplorazione digitale del retto. In conseguenza della peridiverticolite si possono dapprima formare delle aderenze con organi cavi cui segue la formazione di fistole: colo-vaginali, colo-rettali, colo-uretrali, colo-ileali e colo-vescicali.

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Diagnostica La diagnosi di malattia diverticolare non complicata spesso è occasionale, con reperto di diverticoli in corso di esami eseguiti per altri motivi. Gli esami più significativi sono il clisma opaco e la colonscopia: con il primo otteniamo informazioni sul numero, sede, forma, dimensione dei diverticoli; con la seconda otteniamo le stesse notizie oltre che la visualizzazione diretta dello stato della mucosa. In fase di acuzie è importante l’esecuzione di una radiografia diretta dell’addome in doppia proiezione. L’ecografia permette di valutare lo spessore della parete del colon, quindi l’edema. La TC addome è sicuramente superiore alla ecografia. Il clisma opaco è invece fondamentale per la valutazione delle stenosi coliche. Terapia La terapia della malattia diverticolare del colon non complicata è basata soprattutto sulla dieta ricca in fibre e sull’uso di antispastici solo durante le crisi di dolore. In caso di malattia complicata, diverticolite, ma in fase iniziale, la terapia sarà medica con digiuno, nutrizione parenterale, antibioticoterapia sistemica e topica. L’intervento chirurgico in urgenza è indicato nei casi complicati. L’intervento consiste in una colostomia. Polipi e poliposi Vengono definiti polipi le neoformazioni vegetanti endoluminali del tratto intestinale, frequenti soprattutto nel colon, di natura neoplastica e non. Polipi non neoplastici

• Polipi amartomatosi: denominati anche polipi giovanili, colpiscono soggetti di età inferiore ai 20 anni. Sono piccoli, spesso peduncolati, multipli, a localizzazione rettale.

• Polipi nella Sindrome di Peutz-Jeghers: sono multipli e di media grandezza.

• Polipi infiammatori: sono costituiti da tessuto linfoide iperplastico e ipertrofico.

• Polipi iperplastici Polipi neoplastici

• Polipi adenomatosi (epiteliali): colpiscono il 10-15% della popolazione adulta. Distinguiamo due variabili: i polipi tubulari e quelli villosi. I primi hanno una minore tendenza alla cancerizzazione. Hanno una superficie irregolare e sono friabili. Istologicamente sono costituiti da espansione della lamina propria rivestita da epitelio ghiandolare ramificato.

Sintomatologia I polipi sono spesso asintomatici, possono manifestarsi con mucorrea e con l’emissione di feci commiste a muco e sangue. Il sanguinamento può però essere indipendente dalla defecazione e può condurre ad una grave anemia secondaria. In certi casi il polipo, se raggiunge dimensioni ragguardevoli (polpo gigante), può essere causa di occlusione. Diagnostica Utile risulta l’esecuzione di un clisma opaco, tuttavia l’esame diagnostico indispensabile è l’endoscopia. Terapia Il trattamento curativo per le lesioni polipoidi neoplastiche è la loro asportazione. Poliposi Esistono diversi tipi di poliposi coliche ereditarie variamente associate con altre manifestazioni patologiche, tumorali e non, tanto da configurare sindromi diverse. La più importante e frequente è la poliposi familiare del colon.

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Poliposi familiare Si tratta di una patologia ereditaria trasmessa per via autosomica dominante, che si caratterizza per la presenza di numerosissimi polipi adenomatosi. I polipi, sessili e peduncolati e di dimensioni varie, possono tappezzare per intero il grosso intestino o soltanto in alcuni segmenti di questo. L’associazione della poliposi familiare ad osteomi, cisti desmoidi ed epidermoidali, prende il nome di Sindrome di Gardner. Sintomatologia La sintomatologia della poliposi familiare riconduce a quella delle neoplasie coliche e dei polipi. Il tenesmo è presente nelle localizzazioni rettali inferiori dei polipi di grosse dimensioni. Diagnostica La diagnosi di poliposi è endoscopica. Bisogna infatti accertare la benignità o meno delle lesioni sospette mediante biopsie multiple. Bisogna studiare la presenza di eventuali secondarismi, nel caso di polipo degenerato, o di altre patologie che possano configurare una sindrome. Terapia Il trattamento è chirurgico e deve essere radicale a causa dell’alto rischio degenerativo. Il morbo di Crohn Con i termini di enterite segmentaria, ileite terminale o MC viene indicato un processo infiammatorio cronico granulomatoso transmurale ad evoluzione sclero-cicatriziale che colpisce soprattutto l’ileo terminale. In circa il 60-75% dei casi la localizzazione è limitata al colon o ileo-colon. Tipiche della malattia sono le frequenti riacutizzazioni e le recidive post-operatorie anche a distanza di tempo. La malattia si può comunque manifestare con diversi quadri: quello in cui prevale la componente infiammatoria, quello in cui predominano le stenosi, quello in cui predominano le fistole. Il tratto colpito appare congesto, ispessito, edematoso, ulcerato. Il lume intestinale è ridotto. Istologicamente la malattia si caratterizza per una flogosi granulomatosa transmurale con profonde fissurazioni. Sintomatologia La malattia si caratterizza per un andamento per lo più cronico. Dolori addominali e diarrea sono i sintomi più frequenti. Febbricola, dimagrimento, astenia. L’ileite acuta simula un’appendicite acuta con dolori violenti in fossa iliaca destra, febbre, vomito. La colite acuta è invece caratterizzata da grave compromissione dello stato generale. Possibile è la perforazione libera, l’enterorragia, la cancerizzazione (se la malattia interessa il colon) ed il megacolon tossico. Diagnostica Si basa su tre aspetti: il quadro clinico, il quadro laboratoristico e il quadro morfologico. Il quadro clinico consente solo una diagnosi di sospetto. Il quadro laboratoristico mostra un aumento degli indici di flogosi. È un quadro di una malattia infiammatoria in fase acuta, di aiuto ma assai poco specifico. Una notevole importanza nella diagnosi spetta alle indagini radiologiche: clisma del tenue e/o clisma opaco. Indispensabile è infine il ricorso all’endoscopia con biopsia quando la sede è raggiungibile. Terapia La terapia è medica nelle forme non complicate, diventa chirurgica in caso di complicanze o dopo il fallimento della terapia farmacologica. Il trattamento medico si basa essenzialmente sui 5-ASA e in modo particolare la mesalazina.

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A seconda della localizzazione si renderà necessaria una resezione segmentaria dell’ileo o del colon, una resezione ileo-ciecale, una emicolectomia destra o ancora una proctocolectomia totale con ileostomia se la malattia è estesa a tutto il colon o la colectomia totale. La prognosi è legata alla possibilità di recidive post-chirurgiche frequenti nel corso degli anni. Rettocolite ulcerosa Con il termine di rettocolite ulcerosa (RCU) si intende una malattia ulcero-emorragica ad estensione mucosa e sottomucosa che conduce alla formazione di ulcere confluenti. Nella fase di cronicità, il colon diventa rigido e si accorcia. Nella fase cronica prevalgono i fenomeni iperplastici della mucosa superstite con formazione di pseudopolipi. La malattia può interessare solo il retto, oppure il colon sinistro oppure tutto il colon. Sintomatologia Una storia di diarrea muco-sanguinolenta associata a tenesmo rettale ed anemia cronica è quasi la regola. La più frequente e temibile complicanza della RCU è rappresentata dal megacolon tossico. La diagnosi è confermata da una semplice Rx diretta addome. Clisma opaco e colonscopia sono da bandire in questa fase. Per quanto riguarda la storia naturale della RCU sappiamo che dopo il primo attacco la maggior parte dei pazienti risponderà alla terapia medica mentre una minoranza necessiterà immediatamente di intervento chirurgico. Diagnostica Se il sospetto di una RCU deriva da un’attenta raccolta della storia clinica, la certezza può essere ottenuta solo con l’esecuzione di alcuni esami strumentali. Gli esami di laboratorio mostrano solo un aspecifico innalzamento degli indici di flogosi. Indispensabili alla diagnosi sono la radiologia e l’endoscopia. Talora può risultare utile il ricorso ad indagini quali l’ecografia addominale e transrettale, la TC e l’angiografia. Terapia Il trattamento è medico per le forme non complicate, chirurgico qualora la terapia non riesca a controllare la malattia o in presenza di complicanze. L’intervento chirurgico più tradizionale è rappresentato dalla proctocolectomia totale con ileostomia definitiva. Ittero ostruttivo Con il termine di ittero si definisce una colorazione giallastra della cute, delle mucose e delle sclere. Tale colorazione è legata ad una deposizione di bilirubina a livello dei tessuti, in seguito all’aumento della sua concentrazione plasmatica. La bilirubina è un pigmento presente in circolo in concentrazioni generalmente inferiori a 1mg/100ml. La principale fonte di produzione della bilirubina è il catabolismo dell’emoglobina presente nei globuli rossi vecchi. In minor misura essa deriva dall’eritropoiesi inefficace a livello midollare e dal catabolismo del complesso eme presente nei tessuti e nelle proteine. L’ingresso della bilirubina attraverso la membrana epatocitaria è favorito dalla presenza di proteine citoplasmatiche di trasporto. Gli itteri possono essere classificati con modalità diverse. Si parla di ittero pre-epatico, epatico e post-epatico quando la causa della sua insorgenza è localizzata rispettivamente fuori dal fegato, nel fegato o a livello delle vie biliari.

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Si può distinguere anche un ittero emolitico correlato ad un aumento della distruzione dei globuli rossi, un ittero epatocellulare secondario ad una patologia epatica e un ittero ostruttivo o colestatico quando è presente un ostacolo a livello biliare nel deflusso della bile. Nell’ittero pre-epatico o emolitico, si osserva una eccessiva produzione di bilirubina non coniugata in presenza di una normale capacità legante dell’epatocita. Nell’ittero epatico o epatocellulare troviamo invece o un’alterazione della capacità, da parte dell’epatocita di captare la bilirubina indiretta o un deficit della funzione di glucoronazione. Questi due tipi di ittero sono solitamente di interesse medico. L’ittero post-epatico o ostruttivo, dove la bilirubina coniugata trova un ostacolo al suo deflusso, è di interesse chirurgico, definito ittero chirurgico. La presenza di una litiasi del coledoco. Sintomatologia Il paziente con ittero colestatico presenta dei segni clinici tipici, oltre alla colorazione giallastra della cute e delle mucose, il paziente presenta feci acoliche o ipocoliche. Le urine assumono invece una colorazione variabile che va dal color ambra al color marsala. La concentrazione plasmatica della bilirubina in questi pazienti varia in rapporto all’intensità dell’ittero. Un altro indice che può variare in corso di ittero chirurgico è la concentrazione plasmatica delle transaminasi. Diagnostica La valutazione del paziente itterico prosegue con la diagnostica strumentale. L’esame di prima scelta, nella diagnostica di patologie delle vie biliari, è attualmente l’ecografia addominale, metodica non invasiva, con elevata sensibilità e specificità (>90%) e priva di rischi sia per il paziente che per l’operatore. Informazioni dettagliate sulla colecisti e sulle vie biliari. La colangiografia diretta nelle sue due forme PTC ed ERCP. La PTC si esegue per puntura diretta del fegato e delle vie biliari dilatate. La ERCP mediante iniezione del mezzo di contrasto nella papilla di Vater raggiunta con il duodenoscopio. Litiasi della colecisti La litiasi biliare rappresenta attualmente una delle principali cause di malattia nei paesi occidentali, si manifesta dopo il terzo decennio di vita. Colpisce maggiormente il sesso femminile. La classificazione più semplice dei calcoli biliari si basa su un criterio patogenetico. I calcoli di colesterolo rappresentano circa il 70% dei casi. Un aumento sproporzionato del colesterolo rispetto alle normali concentrazioni dei Sali biliari e dei fosfolipidi, porta ad una soprassaturazione della bile in colesterolo. L’obesità, le dislipidemie e le diete ipercaloriche e iperlipidiche sono tutti fattori responsabili di una soprassaturazione della bile in colesterolo. I calcoli di colesterolo possono essere misti o puri. I calcoli misti sono i più frequenti e traggono origine dalla contemporanea precipitazione di colesterolo. I calcoli puri derivano da un’elevata concentrazione biliare di colesterolo. La loro formazione si articola in due fasi: una prima fase di nucleazione nella quale si assiste alla precipitazione del colesterolo su di un nucleo condensante. I calcoli pigmentari sono prevalentemente costituiti da bilirubinato di calcio ed in minima parte da colesterolo e si formano in presenza di un’eccessiva concentrazione biliare di bilirubina non coniugata. A differenza dei calcoli di colesterolo, la formazione dei calcoli pigmentari non richiede la presenza del fattore nucleante. Sintomatologia Nel 50-70% dei casi la litiasi della colecisti è clinicamente asintomatica. Il quadro clinico conclamato è invece dominato dalla colica biliare caratterizzata da un dolore parossistico, in ipocondrio destro e in epigastrio per poi irradiarsi nella regione sottoscapolare destra, associato a vomito. La colecistite acuta è una delle complicanze più frequente della litiasi della colecisti.

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Il quadro clinico della colecistite acuta è caratterizzato da dolore, iperpiressia e contrattura addominale. L’ittero compare invece solo nel 20-30% dei pazienti, caratteristica della colecistite acuta in fase conclamata è la positività del segno di Murphy: la palpazione in corrispondenza dell’ipocondrio destro in fase di inspirazione profonda evoca vivo dolore con arresto dell’atto inspiratorio. Con il termine di colecistite cronica si indicano le comuni infezioni attenuate della colecisti ad evoluzione sclerosante o sclerosuppurativa. Con il termine di idrope della colecisti si definisce una graduale distensione della cistifellea ad opera del liquido siero-mucoso che essa produce e che non può essere convogliato nelle vie biliari a causa di un’ostruzione del dotto cistico o dell’infundibolo. La comparsa dell’idrope è spesso preceduta da una o più crisi dolorose che si risolvono una volta che l’idrope si è costituito. In questa fase permane un senso di dolenzia o di peso in ipocondrio destro. L’idrope può evolvere in empiema caratterizzato dalla comparsa di un processo suppurativo con materiale purulento all’interno della colecisti associato a febbre e leucocitosi. La perforazione della colecisti è un evento raro, porta rapidamente ad un quadro di addome acuto. Poco frequente è anche la formazione di fistole bilio-digestive, tra colecisti e duodeno o un’ansa intestinale che permettono il passaggio di calcoli nell’intestino che possono essere causa di un’ostruzione intestinale. Diagnostica L’esame ecografico è sicuramente l’esame di scelta per la diagnosi della calcolosi della colecisti. L’esame risulta avere un’altra accuratezza diagnostica evidenziando la presenza di calcoli e dando informazioni sullo stato della colecisti. La presenza di un ispessimento delle sue pareti è segno di colecistite mentre una dilatazione dimostra l’instaurarsi di un idrope o di un empiema. L’utilizzo della TC trova indicazione nei casi di una calcolosi della colecisti complicata da un processo suppurativo diffuso o nei rari casi di una diagnosi differenziale con una neoplasia colecistica. Tra gli esami ematochimici particolare attenzione deve essere posta nell’accertamento di un’eventuale leucocitosi tramite l’emocromo e in una valutazione della funzionalità epatica. Terapia L’approccio terapeutico dei pazienti con litiasi della colecisti può essere di tipo medico o di tipo chirurgico. Il paziente con sintomi acuti da colica biliare viene trattato con la somministrazione di antispastici associati ad una terapia antalgica. In caso di flogosi è necessaria terapia antibiotica. Solamente in presenza di un quadro perforativo si interviene chirurgicamente. Neoplasie benigne delle vie biliari Rappresentano il 6% delle neoplasie biliari. L’adenoma, la papillomatosi biliare, il mioblastoma, il leiomioma. Il cistoadenocarcinoma può essere diagnosticato a posteriori solo sulla base dell’esame istologico. La sintomatologia è quella comune a qualsiasi patologia ostruttiva biliare. La diagnostica strumentale utilizza l’ecografia, la TC e l’ERCP.