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Il monastero di San Damiano a Borgo Valsugana, foto Gianni Zotta, e le sorelle clarisse. A destra, suor Anastasia nel giorno della professione solenne Mi ha colpita la dimensione del silenzio, vissuto come dono, scandito dai tempi della preghiera, mista di azione e contemplazione, in un rapporto dialogico e di fiducia con Gesù Cristo che si allarga all’intera umanità. La relazione profonda col Padre ci apre alla carità e spalanca il cuore ai fratelli. Come rispondi a chi pensa che la vita monastica sia monotona e isolata dal mondo? Oh no! È vissuta in pienezza, nella semplicità dei gesti quotidiani, nella fraternità e condivisione; alla liturgia delle ore si alternano momenti ricreativi e di lavoro, come la cura dell’orto, il ricamo di una toga o altri paramenti per l’altare, l’ascolto di chi cerca conforto... il mondo lo portiamo dentro di noi, nel silenzio delle nostre preghiere. Come ha reagito la famiglia alla tua scelta radicale? Ho custodito la mia vocazione per un lungo periodo prima di comunicarla alle mie sorelle - mamma e papà non ci sono più - provocando in loro un turbamento iniziale, preoccupate per una scelta così radicale in età tardiva. Ma poi hanno capito che la mia era una decisione consapevole. E le tue amicizie? Sono rimaste sconcertate, c’è chi ha perfino scommesso che avrei resistito al massimo 9 mesi, chi ha cercato di dissuadermi in ogni modo, convincendomi che fossi vittima di un lavaggio di cervello oppure in fuga dalla realtà, qualcuno si è pure arrabbiato... E tu? Come reagivi? Con serenità. Da allora sono passati 9 anni, sono ancora qui, crescendo passo dopo passo verso Cristo con le mie consorelle. E alcune amiche del passato vengono a trovarmi. Non avverti mai il peso delle rinunce? Certo, il cammino di discernimento ha comportato delle sofferenze, la fatica di passare dalla vita caotica al silenzio, ma giorno dopo giorno impari a vivere la clausura come un dono e come risposta di amore, la rinuncia del superfluo per arrivare all’essenziale, che per noi monache è Dio. Cosa ti manca della tua vita di prima? La quotidianità degli affetti familiari e le escursioni in montagna, ascoltare il suono di un torrente, l’essere immersa nella natura che è una forma di preghiera e di riconciliazione. Dal giorno della consacrazione puoi già fare una sorta di “bilancio”? In verità sarei ancora in luna di miele... ( arrossisce con dolcezza, ndr ). Dopo il “sì per sempre”, come accade nel matrimonio, sento crescere un forte e incondizionato senso di responsabilità e fedeltà. Nella comunità, poi, mi sento più coinvolta ed integrata. Attese? Non ho attese. Il mio presente e futuro è in comunione con Dio, con le mie consorelle siamo qui per pregare e attendere che questo futuro avvenga nei migliori dei modi. Le aspettative le nutro nei confronti del mondo e nelle preghiere affinché siano incisive, fosse anche per un solo essere umano. Perché, secondo te, le vocazioni sono in calo? La società è complessa, competitiva, corre veloce, la vita è piena di impegni e distrazioni, tutto è a portata di mano, troppi file nella testa a cui attingere. Per cui in questa frenesia si rimane in superficie, diventa faticoso, fa paura mettersi in ascolto di se stessi. Bisogna invece avere coraggio di dire dei “no”, nel silenzio risvegliare le nostre coscienze. Che visione del mondo esterno c’è dentro il convento? Non abbiamo la televisione, ma leggiamo i giornali. Ci colpiscono la sofferenza di chi scappa da guerre e miseria, la crisi economica, la precarietà del lavoro dei giovani... Personalmente provo un senso di impotenza, colmata dall’enorme forza della preghiera vissuta come amore e apertura verso Cristo, ma anche dalla buona volontà di tanta gente, volontari, associazioni. Che cosa ci insegna oggi l’esperienza di san Francesco e, quindi, della sorella Chiara? La necessità di tornare alla semplicità, che non significa privarsi di tutto o di di dover fare esperienze mistiche, ma di recuperare il contatto con l’umanità e non quello che gira intorno ad essa. Oggi prevalgono lo scoramento, l’insicurezza, l’indifferenza, troppe porte chiuse. E chi bussa alla porta del monastero? Adulti, famiglie, ragazzi in preparazione per la comunione o la cresima. Un desiderio li accomuna: quello di essere ascoltati. La grata non divide, anzi, permette di esporsi, di far conoscere quella parte intima che difficilmente si confida ad altri, è un incontro di cuori. La tua esperienza cosa può dire ad un giovane alla ricerca di un senso nella propria vita? Di continuare a cercare, è l’unico modo per trovare qualcosa mentre se ne sta cercando un’altra, come è capitato a me. Dio ci sorprenderà! È Lui che cerca noi, è paziente nell’attesa che si apra la porta per entrare. l 4 febbraio 2018 vita trentina 3 LA TERZA IL 2 FEBBRAIO IN DUOMO E NELLE VARIE COMUNITÀ Festa della vita consacrata col Vescovo V enerdì 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore al tempio, ricorre la giornata mondiale della Vita consacrata istituita da Giovanni Paolo II per richiamare l’importanza della Vita consacrata: al- le ore 16 in Cattedrale l’Arcivescovo Lauro presiederà la celebrazione con religiosi e religiose ringraziando per il dono della Consacrazione. In ogni zona pastorale si or- ganizza in questi giorni un momento di preghiera o di ri- flessione o vengono proposte alcune testimonianze di consacrati/e. “Le opere caritative – osserva il delegato vescovile per la vita consacrata padre Giancarlo Girardi - - sono l’aspetto tangibile dell’impegno dei consacrati nel ri- cercare costantemente il Volto di Dio che è contemplato nella preghiera e nel mondo umano di tante persone povere. La Vita consacrata è però non nell’ordine del “fare”, ma nell’ordine dell’ ”essere”: cioè nella sua forza di manifestare la presenza del Regno di Dio, nel manife- stare il cammino della vita verso le cose ultime che ci abitano, nel manifestare orizzonti più ampi e aperti al- l’eternità”. Nella diocesi di Trento i religiosi residenti sono 233 (nel 2.000 erano 372; nel 2010 erano 312). Le comunità re- ligiose maschili sono 33 (nel 2.000 erano 49; nel 2010 erano 40), gli Istituti religiosi maschili operanti in Dio- cesi sono 19 (nel 2.000 erano 21; nel 2010 erano 21). Ad oggi le religiose sono 388 (nel 2.000 erano 746; nel 2010 erano 543). Le comunità religiose femminili pre- senti in diocesi sono 39 (nel 2.000 erano 82; nel 2010 erano 51. 38 sono gli Istituti religiosi femminili (nel 2.000 erano 38; nel 2010 30). È doveroso segnalare la presenza anche di 9 Istituti secolari e 10 Associazioni e i 208 consacrati/e trentini attivi in 59 Paesi diversi. “Sia- mo riconoscenti al Signore – osserva padre Giancarlo – la Vita consacrata nella nostra diocesi si esprime con ancora una notevole presenza di religiosi/e, più altre forme di consacrazione. Da un punto di vista umano preoccupa il calo di nuove vocazioni e l’inalzamento del- l’età media dei religiosi e religiose; da un punto di vista della fede non viene meno la consapevolezza che la Vi- ta consacrata non verrà meno nella Chiesa. Potranno venire meno alcune istituzioni, alcuni gruppi di consa- crazione, ma il carisma della consacrazione non potrà mai estinguersi”. O ltre la grata del parlatorio, il calore di un sorriso e la storia di una conversione autentica. Mai Sonia Zampieri avrebbe immaginato di diventare suora a 41 anni, meno ancora di entrare in un convento di clausura. Da operaia alla Luxottica per vent’anni, con la passione per il teatro e i viaggi, cresciuta non credente “ma in costante ricerca di qualcosa che le mancava”, oggi la 51enne bellunese è suor Anastasia. Nome che significa risurrezione, “rinata a nuova vita”. Alla vigilia della Giornata mondiale per la Vita consacrata, dentro il silenzio del monastero di San Damiano di Borgo Valsugana, ci racconta (con il “tu” della semplicità) il cammino spirituale che l’ha portata lo scorso 8 dicembre a pronunciare il suo “sì, per sempre” nell’Ordine delle Clarisse. Nulla di casuale. La scintilla scocca con la scomparsa, per un male incurabile, di suo fratello Virgilio. “Un uomo di grande fede che ha vissuto il dolore della malattia senza alcun lamento – ricorda con commozione - ero accanto al suo capezzale morente, quando all’improvviso ho percepito, come folgorata, il mistero della salvezza, che la vita e la morte senza Gesù Cristo non hanno alcun senso. Ho sentito crescere in me forza, pace, serenità per affrontare il lutto con fede e speranza”. Affiancata da don Francesco, caro amico del fratello, suor Anastasia inizia così il suo percorso sulle orme della vita di Gesù, riscoprendo il dono della fede smarrita nell’incessante inquietudine, che fino ad allora l’aveva condotta altrove. Perché hai sposato proprio il carisma delle Clarisse? “Giorno dopo giorno impari a vivere la clausura come un dono e come risposta di amore, la rinuncia del superfluo per arrivare all’essenziale” di Antonella Carlin Per la festa della Vita Consacrata a colloquio con suor Anastasia, 51 anni: da non credente una costante ricerca l’ha portata alla professione nelle Clarisse

LA TERZA 3 - clarisseborgovalsugana.it · anni, sono ancora qui, crescendo passo dopo passo verso Cristo con le mie consorelle. E alcune amiche del passato vengono a trovarmi. Non

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Il monastero di San Damiano a Borgo Valsugana, fotoGianni Zotta, e le sorelleclarisse. A destra, suor Anastasia nel giorno della professione solenne

Mi ha colpita la dimensione del silenzio,vissuto come dono, scandito dai tempidella preghiera, mista di azione econtemplazione, in un rapportodialogico e di fiducia con Gesù Cristo chesi allarga all’intera umanità. Larelazione profonda col Padre ci apre allacarità e spalanca il cuore ai fratelli.Come rispondi a chi pensa che la vitamonastica sia monotona e isolata dalmondo?Oh no! È vissuta in pienezza, nellasemplicità dei gesti quotidiani, nellafraternità e condivisione; alla liturgiadelle ore si alternano momenti ricreativie di lavoro, come la cura dell’orto, ilricamo di una toga o altri paramenti perl’altare, l’ascolto di chi cerca conforto...il mondo lo portiamo dentro di noi, nelsilenzio delle nostre preghiere.Come ha reagito la famiglia alla tuascelta radicale?Ho custodito la mia vocazione per unlungo periodo prima di comunicarla allemie sorelle - mamma e papà non ci sonopiù - provocando in loro un turbamentoiniziale, preoccupate per una scelta così

radicale in età tardiva. Ma poihanno capito che la mia erauna decisione consapevole.E le tue amicizie?Sono rimastesconcertate, c’è chiha perfinoscommesso cheavrei resistito almassimo 9 mesi,chi ha cercato didissuadermi inogni modo,convincendomi chefossi vittima di unlavaggio di cervellooppure in fuga dallarealtà, qualcuno si èpure arrabbiato...E tu? Come reagivi?Con serenità. Da allora sono passati 9anni, sono ancora qui, crescendo passodopo passo verso Cristo con le mieconsorelle. E alcune amiche del passatovengono a trovarmi.Non avverti mai il peso delle rinunce?Certo, il cammino di discernimento hacomportato delle sofferenze, la fatica dipassare dalla vita caotica al silenzio, magiorno dopo giorno impari a vivere laclausura come un dono e come rispostadi amore, la rinuncia del superfluo perarrivare all’essenziale, che per noimonache è Dio.Cosa ti manca della tua vita di prima?La quotidianità degli affetti familiari e leescursioni in montagna, ascoltare ilsuono di un torrente, l’essere immersanella natura che è una forma dipreghiera e di riconciliazione.Dal giorno della consacrazione puoi giàfare una sorta di “bilancio”?In verità sarei ancora in luna di miele...(arrossisce con dolcezza, ndr). Dopo il “sìper sempre”, come accade nelmatrimonio, sento crescere un forte eincondizionato senso di responsabilità efedeltà. Nella comunità, poi, mi sentopiù coinvolta ed integrata.Attese?Non ho attese. Il mio presente e futuro è

in comunione con Dio, con le mieconsorelle siamo qui per pregare eattendere che questo futuro avvenga neimigliori dei modi. Le aspettative le nutronei confronti del mondo e nellepreghiere affinché siano incisive, fosseanche per un solo essere umano.Perché, secondo te, le vocazioni sonoin calo?La società è complessa, competitiva,corre veloce, la vita è piena di impegni edistrazioni, tutto è a portatadi mano, troppi file nella testa a cuiattingere. Per cui in questa frenesia sirimane in superficie, diventa faticoso, fa

paura mettersi in ascolto di sestessi. Bisogna invece avere

coraggio di dire dei “no”, nelsilenzio risvegliare le nostrecoscienze.Che visione del mondo

esterno c’è dentro ilconvento?

Non abbiamo latelevisione, maleggiamo i giornali.Ci colpiscono lasofferenza di chiscappa da guerree miseria, la crisieconomica, laprecarietà dellavoro deigiovani...Personalmenteprovo un sensodi impotenza,

colmatadall’enorme forzadella preghiera

vissuta come amore e apertura versoCristo, ma anche dalla buona volontà ditanta gente, volontari, associazioni.Che cosa ci insegna oggi l’esperienza disan Francesco e, quindi, della sorellaChiara?La necessità di tornare alla semplicità,che non significa privarsi di tutto o di didover fare esperienze mistiche, ma direcuperare il contatto con l’umanità enon quello che gira intorno ad essa. Oggiprevalgono lo scoramento, l’insicurezza,l’indifferenza, troppe porte chiuse.E chi bussa alla porta del monastero?Adulti, famiglie, ragazzi in preparazioneper la comunione o la cresima. Undesiderio li accomuna: quello di essereascoltati. La grata non divide, anzi,permette di esporsi, di far conoscerequella parte intima che difficilmente siconfida ad altri, è un incontro di cuori.La tua esperienza cosa può dire ad ungiovane alla ricerca di un senso nellapropria vita?Di continuare a cercare, è l’unico modoper trovare qualcosa mentre se ne stacercando un’altra, come è capitato a me.Dio ci sorprenderà! È Lui che cerca noi, èpaziente nell’attesa che si apra la portaper entrare.

4 febbraio 2018

vita trentina3LA TERZA

IL 2 FEBBRAIO IN DUOMO E NELLE VARIE COMUNITÀ

Festa della vita consacrata col VescovoV enerdì 2 febbraio, festa della Presentazione del

Signore al tempio, ricorre la giornata mondialedella Vita consacrata istituita da Giovanni Paolo

II per richiamare l’importanza della Vita consacrata: al-le ore 16 in Cattedrale l’Arcivescovo Lauro presiederà lacelebrazione con religiosi e religiose ringraziando per ildono della Consacrazione. In ogni zona pastorale si or-ganizza in questi giorni un momento di preghiera o di ri-flessione o vengono proposte alcune testimonianze diconsacrati/e.“Le opere caritative – osserva il delegato vescovile perla vita consacrata padre Giancarlo Girardi - - sonol’aspetto tangibile dell’impegno dei consacrati nel ri-cercare costantemente il Volto di Dio che è contemplatonella preghiera e nel mondo umano di tante personepovere. La Vita consacrata è però non nell’ordine del“fare”, ma nell’ordine dell’ ”essere”: cioè nella sua forzadi manifestare la presenza del Regno di Dio, nel manife-stare il cammino della vita verso le cose ultime che ciabitano, nel manifestare orizzonti più ampi e aperti al-l’eternità”.Nella diocesi di Trento i religiosi residenti sono 233 (nel

2.000 erano 372; nel 2010 erano 312). Le comunità re-ligiose maschili sono 33 (nel 2.000 erano 49; nel 2010erano 40), gli Istituti religiosi maschili operanti in Dio-cesi sono 19 (nel 2.000 erano 21; nel 2010 erano 21).Ad oggi le religiose sono 388 (nel 2.000 erano 746; nel2010 erano 543). Le comunità religiose femminili pre-senti in diocesi sono 39 (nel 2.000 erano 82; nel 2010erano 51. 38 sono gli Istituti religiosi femminili (nel2.000 erano 38; nel 2010 30). È doveroso segnalare lapresenza anche di 9 Istituti secolari e 10 Associazioni ei 208 consacrati/e trentini attivi in 59 Paesi diversi. “Sia-mo riconoscenti al Signore – osserva padre Giancarlo –la Vita consacrata nella nostra diocesi si esprime conancora una notevole presenza di religiosi/e, più altreforme di consacrazione. Da un punto di vista umanopreoccupa il calo di nuove vocazioni e l’inalzamento del-l’età media dei religiosi e religiose; da un punto di vistadella fede non viene meno la consapevolezza che la Vi-ta consacrata non verrà meno nella Chiesa. Potrannovenire meno alcune istituzioni, alcuni gruppi di consa-crazione, ma il carisma della consacrazione non potràmai estinguersi”.

O ltre la grata delparlatorio, il calore di unsorriso e la storia di unaconversione autentica.

Mai Sonia Zampieri avrebbeimmaginato di diventare suora a 41anni, meno ancora di entrare in unconvento di clausura. Da operaia allaLuxottica per vent’anni, con lapassione per il teatro e i viaggi,cresciuta non credente “ma incostante ricerca di qualcosa che lemancava”, oggi la 51enne belluneseè suor Anastasia. Nome che significarisurrezione, “rinata a nuova vita”.Alla vigilia della Giornata mondialeper la Vita consacrata, dentro ilsilenzio del monastero di SanDamiano di Borgo Valsugana, ciracconta (con il “tu” dellasemplicità) il cammino spirituale chel’ha portata lo scorso 8 dicembre apronunciare il suo “sì, per sempre”nell’Ordine delle Clarisse. Nulla dicasuale.La scintilla scocca con la scomparsa,per un male incurabile, di suo fratelloVirgilio. “Un uomo di grande fede cheha vissuto il dolore della malattiasenza alcun lamento – ricorda concommozione - ero accanto al suocapezzale morente, quandoall’improvviso ho percepito, comefolgorata, il mistero della salvezza,che la vita e la morte senza GesùCristo non hanno alcun senso. Hosentito crescere in me forza, pace,serenità per affrontare il lutto confede e speranza”.Affiancata da don Francesco, caroamico del fratello, suor Anastasiainizia così il suo percorso sulle ormedella vita di Gesù, riscoprendo ildono della fede smarritanell’incessante inquietudine, chefino ad allora l’aveva condottaaltrove.Perché hai sposato proprio ilcarisma delle Clarisse?

“Giorno dopo giorno impari a vivere la clausura come un dono e come risposta di amore, la rinuncia del superfluo per arrivare all’essenziale”

di Antonella Carlin

Per la festa della Vita Consacrata a colloquio con suor Anastasia, 51 anni: da non credente una costante ricerca l’ha portata alla professione nelle Clarisse