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La valutazione delle famiglie affidatarie Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali

La valutazione delle famiglie affidatarie€¦ · conoscere e valutare le famiglie accoglienti 2. individuare alcuni strumenti appropriati alla conoscenza delle famiglie e un percorso

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La valutazionedelle famiglie affidatarie

Materiali del corso per operatori delle reti di famiglie e operatori dei servizi sociali

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Pubblicazione realizzata dalla Cabina di Regiadel progetto “Familynet - Una rete per l’affi do”

www.familynet mantova.it

Impaginazione e stampa in proprio.

Ottobre 2012

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La valutazionedelle famiglie affidatarieMateriali del corso per operatori delle reti di

famiglie e operatori dei servizi sociali

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PresentazioneLa conoscenza e la valutazione delle famiglie è un momento fondamentale per l’avvio di un affido familiare. E’ di estrema importanza capire se le risorse messe in campo dalle famiglie disponibili, integrate con la professionalità dei servizi sociali, possano rappresentare una significativa risposta ai bisogni dei minori in situazioni di disagio, tenendo conto che non sempre l’affido familiare è la strada migliore per risolvere i casi di minori in difficoltà.

Gli obiettivi del corso di formazione:

Uno dei momenti importanti per l’avvio di un affido e più in generale di un’accoglienza famigliare, è la fase di conoscenza e valutazione delle famiglie che offrono la loro disponibilità all’accoglienza, dopo essere state incontrate nel corso di un’iniziativa di sensibilizzazione.

Gli obiettivi che si è posto questo percorso formativo sono i seguenti:

1. avere un quadro di riferimento teorico condiviso su cosa significhi conoscere e valutare le famiglie accoglienti

2. individuare alcuni strumenti appropriati alla conoscenza delle famiglie e un percorso adatto a tale fine

3. definire una modalità di collaborazione tra le reti di famiglie e gli operatori.

La finalità generale è quella che nel territorio mantovano si strutturi una prassi di lavoro condivisa tra tutti i soggetti coinvolti nell’affido e nella solidarietà familiare.

I contenuti del corso:

· Il quadro teorico di riferimento: un’idea di genitorialità ; che cosa intendiamo per conoscenza e valutazione delle famiglie affidatarie; quali sono gli obiettivi del processo di conoscenza e valutazione; che cosa vogliamo conoscere e valutare.

· Praticare la valutazione con le famiglie accoglienti: i “passi da fare”; gli strumenti che possiamo utilizzare.

· Chi-fa-cosa: Il ruolo dei servizi dell’Ente Pubblico; Il ruolo delle reti di famiglie; Un’ipotesi di modello di collaborazione.

Il metodo:

Il percorso si è articolato in tre incontri in cui gli esperti hanno utilizzeranno una metodologia attiva, alternando relazioni frontali, lavori di gruppo ed esercitazioni, a partire dalle esperienze dei partecipanti.

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Il progetto FamilyNet nasce dalla condivisione di idee, passioni, creatività ed esperienze di diverse persone, gruppi ed enti che hanno a cuore il benessere della comunità e il suo futuro.

Per questo l’associazione di volontariato Solidarietà Educativa, le Cooperative Sociali TanteTinte e Arché, la Provincia di Mantova, i Piani di Zona di Asola, Guidizzolo, Mantova, Ostiglia, Suzzara e Viadana, l’ASL e la Fondazione Cariplo hanno creduto in questo progetto e oggi ne sono i protagonisti.

Tra gli obiettivi chiave del progetto vi è quello di creare nuove reti di famiglie aperte all’accoglienza, sensibilizzando la comunità sui problemi dei minori in stato di bisogno e facendole conoscere l’opportunità dell’affido famigliare.

Il progetto intende valorizzare le competenze delle famiglie restituendo loro un ruolo attivo nell’esperienza dell’affido e offrendo loro l’occasione per stabilire sinergie con i Servizi Sociali.

Il progetto FamilyNet vuole anche prendersi cura di queste famiglie, con percorsi di affiancamento e di formazione, perché esse possano essere sempre di più una risorsa educativa all’interno della comunità.

La rete che si intende costituire è dunque espressione della libera aggregazione di famiglie che diventano soggetti sociali che collaborano al benessere della collettività, attrezzati per agire con competenza nell’ambito dei servizi di tutela dei minori.

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Il quadro teoricodi riferimento

Marco TuggiaPedagogista, formatore, consulente pedagogicoComponente del gruppo LabRIEF(Laboratorio di Ricerca e Formazione in Educazione Familiare diretto dalla prof. ssa P. Milani) Università di Padova

1. Introduzione al percorso

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Obiettivi e contenuti

Lo scopo di questi incontri è tentare percorsi, in tema di valutazione delle famiglie, che non siano “preconfezionati” ma che siano l’esito, anche faticoso ed impegnativo, del confronto fra diversi punti di vista. I relatori porteranno esperienze e contenuti già strutturati come stimolo e preparazione per quello che poi i partecipanti dovranno elaborare. Il modello che ne uscirà sarà il “modello di Mantova” che terrà comunque conto di una cornice normativa e di esperienze che stabiliscono qualche riferimento.Su questo tema attualmente non c’è molto materiale disponibile. Ci sono molte esperienze e molta prassi di utilizzo di strumenti per la valutazione delle famiglie in situazioni di disagio, ma sulle modalità con cui questo possa essere adattato e trasferito all’analisi delle famiglie affidatarie c’è soltanto qualche tentativo isolato.

Obiettivi specifici

• cercare di avere un quadro di riferimento teorico e mantenere il più possibile una coerenza fra gli strumenti e il quadro teorico su cui si basa la costruzione degli strumenti che verrà proposta. Prima di affermare che uno strumento funziona, bisogna essere convinti dei presupposti da cui si parte. (primo incontro)

• proposta di alcuni strumenti di valutazione sperimentati e prova concreta tramite simulazione operatori/famiglie affidatarie (secondo incontro)

• perfezionare il modello, già in parte costruito lo scorso anno, di collaborazione reti/servizi per definire “chi fa cosa” (terzo incontro)

Metodo e struttura

Si alterneranno momenti di interventi teorici dei relatori a lavoro di gruppo per costruire insieme il percorso della valutazione.

2. Un'idea di genitorialità

Esercitazione di partenza:

Viene chiesto agli operatori presenti (che sono anche genitori): Cosa vorresti che ti venisse chiesto dal Servizio Sociale per raccontare come sei come genitore?

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Alcune affermazioni:

-Equilibrio: trovare stabilità intra-familiare, nella relazione moglie/marito conciliare la coppia sposata e la coppia genitoriale-Condivisione: condividere determinate impostazioni di vita-Amore: dimensione affettiva espressa in casa-Riuscire a superare le difficoltà e concentrarsi sulle cose positive della famiglia per superare quelli negativi-Individualità: ogni individuo esprime le proprie esigenze-Contatti con la comunità in cui si vive: dimensione sociale dell’affido-Capacità di mettersi in gioco-Ammettere di non essere la famiglia del “Mulino Bianco”, perfetta. Ho difetti e difficoltà come famiglia, ma, se c’è bisogno, ci sono e non sono sola, ho una famiglia allargata oltre alla coppia, che sostiene la scelta dell’affido.-Coinvolgimento e disponibilità dei figli naturali e aspetti irrinunciabili della famiglia

Intervento di Marco Tuggia

Solitamente la genitorialità è considerata come una dimensione relazionale monodimensionale. Questo consente agli operatori sociali di valutare le famiglie in termini molto semplici: vi sono quindi adulti che o sono adeguati o sono inadeguati ad essere e a fare i genitori. Lo stesso rischia di valere per le famiglie affidatarie: la domanda che implicitamente accompagna i processi di valutazione di queste famiglie potrebbe essere così sintetizzata: “Questa famiglia è adatta a fare la famiglia affidataria o no?”.Se questo tipo di valutazione venisse applicato nei confronti della nostra famiglia sicuramente ci indigneremmo: non accetteremmo mai di essere etichettati in modo negativo solo perché qualcosa non va o non sta funzionando o non abbiamo o non siamo capaci di fare. Chi accetterebbe, infatti, di essere considerato un genitore inadeguato perché non si è andati ai colloqui con gli insegnanti durante il quadrimestre? Inizieremmo ad elencare tutte le cose che quotidianamente abbiamo fatto per nostro figlio: siamo attenti alla sua igiene personale, alla sua alimentazione, alle relazioni che ha con i coetanei, a dargli la giusta “dose di coccole” e così via.

L'attenzione alla nostra realtà ci fa immediatamente evidenziare che la genitorialità non è per niente un'unica funzione, bensì è multi dimensionale, si esprime cioè attraverso l'esercizio di molte funzioni educative. Ciò significa che i genitori si occupano e si preoccupano che i loro figli crescano in

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maniera equilibrata e apprendano delle competenze adeguate all'interno di un insieme articolato di aree. Ne consegue che una carenza di una di queste funzioni non produce necessariamente il fallimento dell'intera capacità genitorialità.

Il secondo elemento che poniamo a fondamento della nostra idea di genitorialità è che, pur essendovi un'importante componete biologica, la genitorialità per gli umani è un comportamento influenzato fortemente dagli apprendimenti. Di conseguenza, ogni famiglia ha dei margini di sviluppo e di miglioramento della propria capacità genitoriale, che dipendono anche dalle circostanze ambientali in cui si esercita. Ciò vale chiaramente anche per l'espressione della genitorialità sociale e quindi per l'essere famiglia affidataria.Quando andiamo a valutare una potenziale famiglia affidataria non fotografiamo solo quello che c'è in quel momento, ma quello che quei genitori possono esprimere anche grazie al supporto che noi siamo in grado di offrire.

3. Che cosa intendiamo per conoscenza e valutazione delle famiglie affidatarie e quali sono gli obiettivi di questo processo

Per rispondere a questa domanda, facciamo riferimento ad alcuni documenti (v. file documenti di riferimento).

Da questo ricaviamo alcune indicazioni:

1. Proponiamo di sostituire il termine conoscenza con quello di valutazione, per differenziare nettamente quanto viene fatto con la famiglia affidataria da altre attività di carattere più prettamente valutativo/diagnostico.

2. Nel processo dell’affido familiare, la valutazione infatti è sempre relazionale: il servizio aiuta la famiglia affidataria a rendersi consapevole di quali siano le caratteristiche da mettere in gioco nel percorso dell’affido, favorendo un atteggiamento autoriflessivo, non ingenuo, che permetta a se stessa innanzitutto di valutare se è effettivamente disponibile al compito non immaginato o idealizzato, ma al compito reale dell’affido, così come delineato durante il percorso formativo. In questo senso la valutazione può essere

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desiderata dalle famiglie stesse per capire meglio qual è la loro situazione attuale rispetto ad un possibile percorso di affido familiare

3. Ma per raggiungere questi obiettivi, è necessario mettersi nell’ottica che il processo della valutazione è circolare, dinamico e continuo.Ciò significa che non si valuta un oggetto esterno, in un dato momento (è idonea o no quella famiglia?), ma una realtà viva che, nella sua possibilità di evoluzione, può mettere in campo delle risorse in funzione di ciò che l’ambiente esterno le mette o meno a disposizione.Si valuta cioè se, attraverso la formazione, il sostegno costante, l’inserimento in reti di supporto, quella famiglia può collaborare positivamente a un progetto con il servizio, rendendosi idonea, non in assoluto, ma in quel frangente, per quel bambino o ragazzo, in quella situazione.Si valuta la famiglia unitamente alla capacità degli operatori di formare e sostenere quella famiglia, quindi non la famiglia in sé, ma la relazione fra la famiglia e tutto il sistema relazionale che il servizio mette in moto. Ci sono famiglie che in un territorio non potrebbero sostenere un progetto di affido, mentre potrebbero sostenerlo in un altro territorio che mette a disposizione risorse, strumenti più ricchi e diversificati, soprattutto formazione e sostegni adeguati rispetto al compito. Ci sono famiglie che potrebbero rivelarsi inizialmente poco adeguate, ma che proprio attraverso il percorso di valutazione, grazie al lavoro di esplicitazione e chiarimento soprattutto delle proprie motivazioni, possono diventare, nel tempo, delle buone risorse. La famiglia è una realtà viva che, nel processo di valutazione, cresce insieme agli operatori, per questo talvolta può essere opportuno allungare i tempi di questa fase e, talvolta, anche ripetere la valutazione in un secondo momento.

La domanda: “Quali sono le famiglie idonee all’affido?”, va quindi tradotta nelle domande seguenti:

• “Cosa facciamo noi in questo territorio perché più famiglie siano idonee all’affido?”;

• “Come non “usare” le famiglie affidatarie, ma costruire un’esperienza che sia sostenibile e che quindi serva a quel singolo bambino o ragazzo?”;

• “Come possiamo orientare nella giusta direzione la disponibilità, la spinta motivazionale delle famiglie, rendendole adatte al progetto che scegliamo per loro?”;

• “Quali sono i saperi e le competenze di questa famiglia che possono essere valorizzati in un certo progetto?”.

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4. Che cosa vogliamo conoscere

Esercitazione: • lettura insieme de “Il Pentolino di Antonino”1 con immagini power point• lavoro di gruppo: quali sono le caratteristiche possedute da Margherita

che aiutano Antonino? • Condivisione in assemblea

Gruppo1• Si è rivista in lui o ha adottato la strategia del pentolino per avvicinarsi

a lui per aiutarlo?• Non è necessario essere specialisti: normalità• Si mette in gioco e si interessa all'altro: desiderio di conoscerlo• Lo accetta così com'è: questo permette un cambiamento in Antonino:

il suo modo di vedere il pentolino.• Alla fine lo lascia andare.

Gruppo2• Capacità di accoglienza, ascolto, empatia• Valorizza il pentolino• Creatività nell'affrontare la situazione• Vede le cose da un punto di vista diverso• Svela il proprio pentolino• Riesce a dare un senso al pentolino• Perseveranza nell'affrontare il problema• Costruisce il sacchetto che contiene

Gruppo3• Capacità empatica: ha notato i punti forti sia di Antonino sia del

pentolino• Si “accorge” di Antonino: lo vede con occhi che altri non vedono• Da conferma• Spiega come usare il pentolino diversamente e valorizza il punto

debole, aiutando così ad accettarlo• Dona la sacca per contenere il pentolino che diventa una possibilità in

più: dona strumenti per farcela da solo

Gruppo4• Si mette a misura del bambino• Non lo giudica• Capacità “razionale” di affrontare la situazione• Valorizza il “difetto”: vede l'aspetto positivo del pentolino

1 Isabelle Carrier, Il pentolino di Antonino, Kite Edizioni, Piazzola sul Brenta (PD), 2011

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• Condivide con lui il problema• Capacità di separarsi

Gruppo5• Prima si accorge di lui: sapere osservare, vedere• Si “abbassa al suo livello”, senza confondersi e perdere il ruolo

educativo• Cambia l'ottica senza imporla• Insegna diversi modi di usare il pentolino• I cambiamenti di colore: Antonino porta con sé quello che ha via via

imparato

Intervento di Marco Tuggia

All’interno del rapporto di partenariato con la famiglia affidataria, lo scopo del percorso di conoscenza è quindi quello di capire insieme quali siano le risorse del nucleo, i vincoli, le competenze e i saperi che può mettere in campo.

Negli incontri con la singola famiglia, gli operatori non devono dunque essere preoccupati di effettuare una “radiografia ad alta definizione” della famiglia, ma piuttosto di sondare il clima familiare e cercare di com-prenderne il funzionamento.

Quando parliamo di “saperi delle famiglie” ci riferiamo alle specifiche modalità con cui una famiglia vive all’interno delle seguenti quattro aree, sinteticamente descritte in questa tabella:

Area della quotidianità

Ogni famiglia ha un modo particolare di entrare in relazione con le varie dimensioni del quotidiano.Qui si impara ad attribuire un certo valore e una certa importanza alle cose. Si impara a prendersi cura della cose, degli oggetti propri e degli altri. Si impara a gestire il tempo e a stare nello spazio, si impara a vivere i tempi della veglia e del riposo, della parola e del silenzio. Qui si vive un certo stile di vita anche in rapporto ad una certa e data economia familiare.

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Area delle relazioni

intrafamiliari

Ogni famiglia ha una specifica modalità di organizzare le proprie relazioni. Così pure le relazioni genitori – figli sono ispirate da una particolare pedagogia familiare in parte esplicita e in parte implicita.Di conseguenza i membri della famiglia vivono esperienze di accettazione, accoglienza e affetto, ma anche di gestione e risoluzione di problemi e conflitti. In famiglia si impara ad amare, ma anche a convivere con la diversità e con la differenza, con il maschile e il femminile, con il paterno e il materno, con la regola e con la libertà. Qui si impara a dipendere e al contempo ad essere autonomi. Il tutto all’interno di relazioni personali, faccia a faccia.

Area delle relazioni

extrafamiliari

Ogni famiglia ha uno specifico modo di entrare in relazione con il mondo e in particolare con il proprio territorio.Qui si fanno le prove di un certo modo di gestire i tempi di vita, gli spazi, le risorse e i limiti. Si impara a chiedere e domandare aiuto. Si impara a pensare e vedere in un certo modo il mondo. Si impara un certo modo di dividere e condividere ciò che c’è all’interno della famiglia. Si impara a gestire quindi il dentro e il fuori della famiglia, i suoi confini, la sua permeabilità, le sue connessioni con il mondo.

Area dei valori e del progetto di vita

Tutta questa “sapienza” di vita quotidiana trova ispirazione all’interno di una certa gerarchia di valori che da forma ad un progetto di vita familiare, più o meno consapevole e coerente. Tale progetto è offerto dai membri adulti ai più piccoli come specchio per la propria ricerca personale, come strumento per la costruzione della propria identità.Questi valori educativi, religiosi, sociali, ecc. diventano parte integrante dei processi motivazionali che ispirano i comportamenti e le scelte.

“Conoscere” una famiglia affidataria significa dotarsi di strumenti per conoscere questi saperi e per capire se essi sono “compatibili” con le particolari esigenze e i saperi di specifici bambini, adolescenti e delle loro famiglie.

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Possiamo darci alcuni ambiti da esplorare che solitamente sono cruciali nell'affido familiare:

• la territorialità ovvero il luogo di residenza e l’adeguatezza dello spazio abitativo; • alcune caratteristiche specifiche, qual ad esempio: i figli, l'età, il tipo e orari di lavoro, i ritmi di vita, l'organizzazione quotidiana;• il pieno consenso di tutti i membri della famiglia al progetto di affido;• la motivazione, ossia il desiderio di realizzare un affido familiare e non una adozione:con l’affido le famiglie non cercano di soddisfare il loro desiderio di genitorialità, ma attraverso il buon uso di esso desiderano aiutare, per un certo periodo di tempo, un bambino a tornare nella sua famiglia di origine;• la disponibilità ad accettare il bambino o il ragazzo accolto per ciò che è, con la sua storia, le sue abitudini, nella sua diversità, senza volerlo conformare alle proprie: il rispetto della sua individualità;• la disponibilità ad accettare la famiglia di origine del bambino o ragazzo per ciò che è, nella sua diversità, a conoscerla e a relazionarsi con essa nelle forme e nei tempi indicati nel Progetto quadro: capacità di collocarsi in una posizione non antagonistica, ma di pieno rispetto per la diversità;• la disponibilità concreta di tempo;• oltre che il ritenere che per loro è il momento adeguato di accogliere un bambino a casa propria.

Le competenze e i saperi della famiglia affidataria che sono normalmente sollecitati in un progetto di affido familiare sono:

• la capacità di farsi aiutare nei momenti critici: la disponibilità ad essere sostenuti e accompagnati nel progetto di affido per poter superare le eventuali difficoltà che insorgeranno;• la capacità di tessere relazioni e di poter usufruire di una buona rete sociale ;• la capacità di essere flessibili, di accogliere l’imprevisto, il senso del divenire; • la competenza affettiva: capacità di voler bene, di costruire attaccamenti leggeri e di far evolvere il legame di attaccamento e di modulare con attenzione la dinamica attaccamento-separazione;• capacità di regolazione del proprio stile educativo (e dei propri principi ideologici e religiosi) in relazione ai bisogni e alle caratteristiche di quel bambino o ragazzo e di quella famiglia di origine;

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• capacità di stare dentro ad un progetto e quindi di agire secondo degli obiettivi e delle priorità, non che di coordinarsi con l'intervento degli altri;• capacità di attesa, di sopportare i tempi lunghi delle dinamiche educative e dei progetti sociali, di reagire agli imprevisti, di essere flessibile, di fronteggiare in modo positivo i conflitti;• capacità di empatia e di “gestione” del dolore: capacità di accettare e gestire la separazione.

5. Bibliografia di riferimento

• Bronfenbrenner U., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 1986

• Carrier I., Il pentolino di Antonino, Kite Edizioni. Libro abbinato con: Ius M. e Milani P. (a cura di), Educazione, pentolini e resilienza, Kite Edizioni, Piazzola sul Brenta (PD), 2012

• CNCA, Rotatorie sociali. Pensieri ed esperienze delle reti di famiglie aperte del CNCA, Comunità Edizioni, Roma, 2010

• Pozzi C. e Tuggia M., I confini del contributo delle famiglie aperte all'accoglienza, Animazione sociale n° 5, 2005

• Provincia di Mantova, Reti di famiglie affidatarie nel sistema di servizi per minori. Quaderno 12, Mantova, 2011

• Regione del Veneto, Linee guida 2008 per i servizi sociali e sociosanitari. L'affido familiare in Veneto, 2008

• Regione Lombardia, “Linee guida per l’affidamento familiare (art. 2 l. 149/2001)”, D.g.r. 24 maggio 2011 - n. IX/1772

• Tuggia M., Sostenere i genitori affidatari attraverso le reti di famiglie, in Legami, reti e parole di famiglie che si mettono in gioco, a cura di P. Milani, inserto “Per costruire insieme genitorialità” di Animazione Sociale, n° 11, Torino, Gruppo Abele, 2009

• Tuggia M. (a cura di), Il sasso nello stagno. L’esperienza e le buone prassi delle reti familiari del CNCA Veneto, M. Tuggia (a cura di ), Comunità Edizioni, 2005

• Isabelle Carrier, “Il Pentolino di Antonino”, Kite edizioni, Padova, 2011

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6. Alcuni documenti di riferimento

Bozza linee guida nazionali per l'Affidamento Familiare

113 Famiglia affidatariaLa famiglia affidataria è una risorsa costitutivamente prioritaria in ogni progetto di affido. Per diventare affidatari non esistono vincoli a priori, né è necessario possedere specifici requisiti oggettivi (età, istruzione, reddito). Possono diventarlo famiglie, preferibilmente con figli minorenni, ed anche persone singole, valutate dai Servizi in grado di svolgere un progetto di affidamento o di affiancamento solidale concordato con i Servizi stessi e che scelgano di accogliere un bambino o eventualmente dei fratelli.

321 Percorso di conoscenza degli affidatariAl termine della formazione e prima di cimentarsi direttamente con l’affidamento è necessario che gli operatori abbiano la possibilità di conoscere meglio e più direttamente la persona o la famiglia che si è resa disponibile attraverso alcune specifiche azioni. Si preferisce utilizzare il termine conoscenza a quello di valutazione, per differenziare nettamente quanto viene fatto con la famiglia affidataria da altre attività di carattere più prettamente valutativo/diagnostico. Motivazione. Nel caso dell’affidamento familiare il processo di conoscenza non porta a dare una “patente” di idoneità alla persona o alla famiglia, ma ha soprattutto lo scopo di capire insieme quali siano le risorse del nucleo, i vincoli, le competenze e i saperi che può mettere in campo. Non esiste in astratto una buona famiglia affidataria, ma una famiglia che, caso per caso, con le sue particolari competenze, può essere adatta per un progetto di affidamento con un determinato bambino.

Raccomandazione 321.1 Prevedere una fase di “conoscenza” delle persone che si candidano all’affidamento familiare al fine di poter attuare un intervento mirato al bisogno del bambino e della sua famiglia, e a rilevare il vantaggio evolutivo del suo futuro ingresso nel nucleo affidatario.

• Azione/Indicazione operativa 1. Viene realizzato un percorso di conoscenza e un’indagine psicosociale sui candidati affidatari rispetto a diverse aree:

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- le dinamiche familiari, i valori di riferimento, le esperienze pregresse, gli stili e le competenze educative, le motivazioni all’affidamento etc.; - gli elementi rilevanti della storia individuale e familiare, della storia dei figli naturali, con specifica attenzione alla capacità di costruire legami e permettere le separazioni; - le relazioni con l’esterno, il legame con il territorio e l’inserimento nelle reti di prossimità, l’estensione della rete familiare e amicale.

• Azione/Indicazione operativa 2. La fase di conoscenza comprende alcuni incontri individuali (affidatari-operatori), almeno una visita domiciliare, e, in conclusione, una restituzione alla famiglia nella quale vengono condivisi i contenuti emersi e viene proposto un primo orientamento alla scelta.

Da “Linee guida per l’affidamento familiare (art. 2 l. 149/2001)”

D.g.r. 24 maggio 2011 - n. IX/1772Regione Lombardia

Cap. III: I SOGGETTI CHE COLLABORANO ALLA REALIZZAZIONE DEL SISTEMA DELL'AFFIDO E LE LORO RESPONSABILITA'

Gli Enti Locali e le Asl

1) promozione dell’affido dove i Servizi hanno il compito di:– provvedere al reperimento, alla conoscenza, formazione e selezione delle famiglie disponibili all’affido;– raccogliere le richieste di affido e procedere al miglior abbinamento possibile minore-famiglia;

2) attivazione dell’intervento di affido dove i Servizi hanno il compito di:conoscere ed individuare la famiglia affidataria più idonea al

minore;

Cap. II: IL SENSO DELL'AFFIDO FAMILIARELe associazioni familiari/reti familiari e gli enti del terzo settore che prestano attività di formazione e sostegno nel campo degli affidamenti familiari

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possono essere coinvolte dall’equipe di regia del progetto quadro anche nella fase di selezione della famiglia.

Cap IV: LA REALIZZAZIONE DEL PERCORSO DI AFFIDAMENTOIl Servizio titolare promuove e sostiene un percorso di conoscenza con le famiglie e le persone che esprimono un interesse all’affido familiare, finalizzato ad accompagnare le famiglie stesse ad una scelta di accoglienza informata e consapevole.Il percorso di conoscenza prevede, in un primo momento un ciclo di incontri informativi e di approfondimento delle tematiche relative all’affido familiare realizzati, anche in collaborazione con le associazioni/reti familiari, in gruppo, in un secondo momento incontri di conoscenza individualizzati con la famiglia o la persona.

Conoscenza/valutazione delle nuove famiglie affidatarie“Reti di famiglie affidatarie nel sistema di servizi per minori”

Provincia di Mantova - Quaderno 12

CONOSCENZA1. Definizione

La conoscenza è una raccolta di dati sulla famiglia ed è un passaggio che avviene subito dopo l’attività di sensibilizzazione. Intesa come “conoscenza finalizzata” della famiglia, è di competenza del servizio sociale che si avvale del contributo della Rete.

2. L’obiettivoAvere informazioni su famiglie disponibili a farsi coinvolgere in iniziative a sostegno di minori e famiglie in difficoltà.

3. Gli aspetti e i momenti che devono essere curati con particolare attenzione

È fondamentale:• curare le modalità di accoglienza della Famiglia Affidataria da parte sei Servizi• non trasmettere giudizi• comunicare la disponibilità all’ascolto

4. Gli strumenti reputati necessariPossono essere utilizzate schede di raccolta dati anagrafici oltre a colloqui e visite domiciliari.

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Necessario il raccordo con la Rete di Famiglia Affidataria che può avere una conoscenza più informale della famiglia, ma più legata alla vita sua quotidiana.

5. La migliore organizzazione tra servizi dell’Ente Pubblico, del Terzo Settore e Reti di famiglie per realizzare bene questa attività.

Per avere una migliore conoscenza è necessaria una stretta collaborazione tra i vari enti coinvolti. A questo riguardo, la Rete potrebbe essere un mezzo informale di conoscenza delle famiglie, perché ha l’opportunità di incontrarle in modo costante, nei loro cambiamenti che avvengono nel corso del tempo e può in tal modo aiutare il servizio sociale nella sua attività di valutazione accompagnando la famiglia verso la definizione di una disponibilità in linea con le proprie caratteristiche e competenze familiari.

VALUTAZIONE1. Definizione

La valutazione è un approfondimento della conoscenza della famiglia affidataria attraverso l’uso di strumenti professionali che mettano in rilievo i suoi punti di forza e di debolezza. Segue il momento della conoscenza ed è più strutturata. È di competenza del servizio sociale che si avvale del contributo della Rete.

2. L’obiettivoL’obiettivo è avere elementi di conoscenza della potenziale Famiglia Affidataria in ordine al fatto che questa possa costituire una risorsa, con modalità da verificare e definire al momento di un suo eventuale coinvolgimento, entro un progetto di Affido Familiare. L’obiettivo non è dare un giudizio di valore sulla famiglia, ma indagare se e in che termini la famiglia individuata può essere risorsa per situazioni di minori per cui è necessario l’Affido Familiare.

3. Gli aspetti e i momenti che devono essere curati con particolare attenzione

Nel momento della valutazione, è necessario chiarire alla famiglia quale sia il motivo dei procedimenti attuati per la conoscenza e la valutazione oltre che il ruolo dell’operatore nell’analisi della situazione rispetto ai dati raccolti. Deve essere esplicitato alla potenziale Famiglia Affidataria la metodologia che i Servizi sociali utilizzano, non dimenticando il rispetto per la famiglia nella sua realtà e totalità.La valutazione può essere più completa se fatta da un’équipe composta da più figure professionali che tiene conto del contributo che la Rete può dare rispetto alla sua conoscenza della famiglia.

4. Gli strumenti reputati necessari

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Per la valutazione possono essere utilizzati strumenti strutturati quali test di vario genere, genogramma, oltre a visita domiciliare e colloqui mirati. Potrebbe essere utile disporre di una griglia di valutazione delle Famiglia Affidataria.Poiché la condizione di ogni famiglia può variare nel tempo, la sua valutazione va considerata come elemento da aggiornare periodicamente anche con l’aiuto della Rete.

5. Che cosa manca per realizzare bene questa attivitàAttualmente i punti critici rispetto a questa attività sono:

• mancanza di un’équipe di valutazione e del servizio che la possa gestire• mancanza di un ampio confronto tra operatori, una formazione specifica e linee guida per una corretta valutazione• mancanza di una griglia di valutazione condivisa

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Praticare la “valutazione” con le famiglie accoglienti

Ombretta ZanonPsicologa e psicoterapeutaComponente del gruppo LabRIEF(Laboratorio di Ricerca e Formazione in Educazione Familiare diretto dalla prof. ssa P. Milani) Università di Padova

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FILASTROCCA DEI FIGLI DEL MONDO

Tu figlio di chi sei? Son figlio di due stelle Nel cielo ce n'è tante ma le mie son le più belle Tu figlio di chi sei? Del sole e della luna Non splendono mai insieme: cala l'altro e sorge una Tu figlio di chi sei? Son figlio del villaggio Dieci madri, venti padri, cento cuori di coraggio Tu figlio di chi sei? Di un grande albero solo Ma così alto e forte che da lui io spicco il volo Tu figlio di chi sei? Di un amore, di un viale Di un bue e di un asinello, di un dio, di un ospedale Il nostro nome è uomini, siamo figli e figliastri Di altri figli degli uomini, della terra e degli astri

Bruno Tognolini

Linee Guida per l’affidamento familiare Regione Lombardia D.g.r. 24 maggio 2011

“Nel momento in cui una famiglia o una persona singola dichiara la propria disponibilità all’affidamento di uno o più minori, l’équipe affidi avvia un PERCORSO DI CONOSCENZA INDIVIDUALIZZATO, comprensivo anche di VISITA DOMICILIARE.Il Servizio titolare promuove e sostiene un PERCORSO DI CONOSCENZA con le famiglie e le persone che esprimono un interesse all’affido familiare, finalizzato ad accompagnare le famiglie stesse ad una SCELTA DI ACCOGLIENZA INFORMATA E CONSAPEVOLE.Il percorso di conoscenza prevede, in un primo momento un CICLO DI INCONTRI INFORMATIVI e di approfondimento delle tematiche relative all’affido familiare realizzati, anche in collaborazione con le associazioni/reti familiari, IN GRUPPO, in un secondo momento INCONTRI DI CONOSCENZA INDIVIDUALIZZATI con la famiglia o la persona”.

LE FAMIGLIE CON I SERVIZI VERSO L’AFFIDO: CONOSCERE E CONOSCERSI PER SCEGLIERE IN MANIERA INFORMATA E CONSAPEVOLE

“Gli operatori sociali sono chiamati a valutare attentamente le famiglie che si candidano all’esperienza di affido, allo scopo di riconoscere le MOTIVAZIONI

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sottostanti alla loro richiesta di accogliere un minore e le FANTASIE che la animano, nonché di individuare le RISORSE che quel sistema familiare possiede per far fronte alle difficoltà che l’affido presenta (...)Obiettivo dell’iter valutativo dovrebbe essere, pertanto, quello di farlo emergere [il bisogno] passando dalla fase della presentazione di disponibilità (“ci piacerebbe”) alla CONSAPEVOLEZZA DELLA DISPONIBILITÀ (“siamo pronti a”)”.

Cassibba e Elia, 2007, pp. 61-76.

“Le famiglie affidatarie, pur dimostrando con la loro scelta di avere a disposizione risorse di accoglienza e di lealtà nei confronti della famiglia e della società, rivelano anche dei bisogni che necessitano di una DECRIPTAZIONE e di un ACCOMPAGNAMENTO che le aiuti a non “gettarsi” nel rischio, ma ad “aprirsi” ad esso IN MANIERA CRITICA E CONSAPEVOLE”.

Greco e Iafrate, 2001, p. 121.

“CONOSCERE” VS “VALUTARE” LE FAMIGLIE AFFIDATARIE: ALCUNE PREMESSE TEORICHE

Lo scopo del percorso di CONOSCENZA è quello di CAPIRE INSIEME QUALI SIANO LE RISORSE DELLA FAMIGLIA, I VINCOLI, LE COMPETENZE E I SAPERI che può mettere in campo in questo momento del suo ciclo di vita al suo interno e che può reperire nel suo contesto di appartenenza:“Quali sono i saperi e le competenze di questa famiglia, al suo interno e nelle sue relazioni con l’esterno, che possono essere valorizzati in un certo progetto?”

Cosa vogliamo conoscere insieme?

AREE DELLA VITA FAMILIARE

• area della quotidianità• area delle relazioni

intrafamiliari• area delle relazioni

extrafamiliari• area dei valori e del

progetto di vita

DIMENSIONI

• le dinamiche familiari • i valori di riferimento• le esperienze pregresse • gli stili e le competenze educative• le motivazioni all’affidamento• gli elementi rilevanti della storia individuale

e familiare, della storia dei figli naturali, con specifica attenzione alla capacità di co-struire legami e permettere le separazioni

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• le relazioni con l’esterno, il legame con il territorio e l’inserimento nelle reti di prossimi-tà, l’estensione della rete familiare e ami-cale

I “saperi” delle famiglie

- COMPETENZA AFFETTIVA: capacità di comunicare con i bambini e i ra-gazzi, di ascoltare, di rispondere ai loro bisogni in maniera positiva;

- CAPACITÀ DI REGOLAZIONE DEL PROPRIO STILE EDUCATIVO in relazio-ne ai bisogni e alle caratteristiche di quel bambino o ragazzo e di quella famiglia di origine;

- CAPACITÀ DI EMPATIA E DI “GESTIONE” DEL DOLORE: capacità di ac-cettare e gestire la separazione;

- LA CAPACITÀ DI ESSERE FLESSIBILI, di accogliere l’imprevisto, la capaci-tà di farsi aiutare nei momenti critici;

- LA CAPACITÀ DI TESSERE RELAZIONI NELLA COMUNITÀ DI APPARTENEN-ZA e di poter usufruire di una buona rete parentale e informale;

- CAPACITÀ DI STARE DENTRO AD UN PROGETTO e quindi di agire secon-do degli obiettivi e delle priorità, nonché di coordinarsi con l'intervento degli altri.

Aree di funzionamento familiare

• Attaccamento (Bowlby, 1984)/affettività/intimità (Wynne, 1984): evi-dente nella qualità del coinvolgimento e nell’espressività delle emozio-ni, rende l’interazione familiare piacevole e rassicurante per gli indivi-dui.

• Comunicazione: permette agli individui di condividere i significati dell’esperienza e di orientarsi verso obiettivi comuni.

• Problem solving/Negoziazione dei conflitti: confronto tra individui diffe-renti tra di loro.

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• Struttura organizzativa delle relazioni/confini (Minuchin, 1976) e diffe-renziazione (Bowen, 1979): prevede la definizioni di ruoli intergenerazio-nali e facilita la costruzione di aspettative su quanto può accadere nei diversi contesti dell’interazione familiare.

• Copioni familiari (Byng Hall, 1998)/miti familiari (Reiss, 1991): rappresen-tano un riferimento ideale o a volte normativo per regolare i rapporti familiari.

Il modello epigenetico dello sviluppo (Wynne, 1984)

Fasi del ciclo di vita familiare (Mcgoldrick e Carter, 1982) e “compiti di sviluppo normativi”:

“Occorre far riferimento al compito evolutivo che la famiglia si trova ad affrontare nel momento in cui offre la sua disponibilità e alle strategie di coping che ha attivato per fronteggiare le difficoltà che possono eventualmente emergere”

Cassibba e Elia, 2007, p. 73.

• generatività (Erikson, 1967)

• accudimento dei figli piccoli

• crescita e autonomia dei figli

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Fasi del ciclo di vita familiare e “compiti di sviluppo paranormativi”

• trasformazione o crisi del rapporto di coppia

• difficoltà di relazione con i figli

• lutto

La genitorialità come insieme di funzioni:

• funzione protettiva

• funzione affettiva

• funzione regolativa

• funzione normativa

• funzione predittiva

• funzione significante

• funzione rappresentativa e comunicativa Volpini, 2011, p. 18.

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I predittori del benessere dei minori in affido

Greco e Iafrate, 2001, p. 129.

“Se dunque per il ragazzo è importante esprimere il suo DESIDERIO DI INCLUSIONE al nucleo affidatario, segnale – probabilmente – di una sua recuperata fiducia nei legami fammi familiari, non necessariamente ciò deve trovare una corrispondenza con un DESIDERIO DI INGLOBAMENTO da parte degli affidatari, desiderio che non sembra, al contrario, legato al benessere dei ragazzi.

Ivi, p. 126

“la reciproca accettazione tra le due famiglie o, almeno, la posizione non ostile degli affidatari facilitano nel minore quella posizione integrativa dei due legami che a propria volta condizione per costruire un’immagine interna più positiva di famiglia. Per il bambino si tratta infatti di integrare nella relazione attuale i vissuti precedenti e, in modo complementare, di introiettare progressivamente modalità relazionali diverse che vadano a rafforzare la qualità dei modelli interni di relazione (…) L’affido dunque sembra raggiungere lo scopo di migliorare a lungo termine il benessere del bambino, se questi è in grado di affrontare il conflitto di lealtà per tentare di trovarvi delle soluzioni”.

Ivi, pp. 175-176.

“L’esperienza clinica e la ricerca mostrano come le carenze sul registro accuditivo solitamente non intacchino la dimensione della appartenenza reciproca: questo è il motivo per cui i bambini in affido mantengono intatto anche dopo molti anni il senso di appartenenza alla famiglia di origine,

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anche a fronte di evidenti incapacità o di comportamenti disturbanti o lesivi da parte dei genitori naturali. In fatti il minore in affido può viversi come ‘figlio’ della famiglia affidataria, godendo della dimensione di cura offertagli nella situazione di affido, pur continuando a viversi come ‘figlio’ della propria famiglia di origine, alla quale è legato per l’appartenenza biologica che rimanda immediatamente anche all’appartenenza storico-paradigmatica. (…)“Abitudini, tradizioni, mentalità e stili di vita che provengono dalla storia intergenerazionale del nucleo di origine continuano, per la maggior parte dei minori, a costituire il più importante e naturale punto di riferimento. La speranza di aiutarli a costruire una capacità critica sugli aspetti deboli o negativi dell’orizzonte della famiglia naturale poggia, come sappiamo, sul rispetto di questo legame, per il minore imprescindibile. Qualsiasi posizione di attacco al legame primario verso la propria “stirpe” esita infatti in un attacco all’identità stessa del minore e nell’impresa difensiva di idealizzare il proprio nucleo naturale da parte del bambino. Alla famiglia affidataria, dunque, è richiesto il compito di ‘proteggere’ l’appartenenza del minore in affido alla sua famiglia di origine, aiutandolo a recuperare quello che di positivo viene non solo dai suoi genitori naturali, ma anche dai parenti e dalle generazioni che li hanno preceduti, sul piano concreto o almeno sul piano simbolico: in ultima istanza, almeno il dono della vita. (…) La ‘castità del desiderio verso i figli’, di cui parla Dolto, ossia ‘la capacità di amarli rimanendo liberi dal bisogno e dal desiderio di possederli’ si declina allora per i genitori affidatari nella capacità di svolgere uno degli essenziali compiti genitoriali – quello accuditivo-educativo – rimanendo liberi dal bisogno di inglobare il bambino in un’appartenenza totale”.

Ivi, pp. 195-196.

Dalla “valutazione” alla “conoscenza”: quale idea di famiglia adeguata?

• non “famiglie normali” vs “famiglie problematiche”, ma continuum agio-disagio nelle famiglie:

“La ricerca sulle famiglie reperite al di fuori di contesti clinici ha messo in evidenza che non esistono famiglie in difficoltà, o problematiche, e famiglie senza difficoltà, o prive di disagio. Le famiglie si distribuiscono lungo un continuum che va da un disagio connesso a gravi problemi psicopatologici a un disagio associato alle difficoltà che fisiologicamente esse incontrano nel far fronte alle loro complesse funzioni” .

Fruggeri, 2011, p. 33.

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• approccio processuale e sistemico nella conoscenza del funziona-mento familiare:

“Sulla base di tutte queste ricerche, oggi è possibile affermare che l’esito adattivo dei processi familiari dipende:- non tanto dall’assenza di conflitti, bensì dal modo in cui i conflitti ven-

gono negoziati all’interno del gruppo;- non tanto dall’assenza di disagio e sofferenza, ma da come disagi e

sofferenza vengono affrontati;- non tanto da modelli normativi, ma dalle modalità specifiche con cui

ogni famiglia utilizza le proprie risorse per adempiere alle proprie funzio-ni. (…) Dall’ormai ricca letteratura sull’argomento emerge come i fat-tori che incidono sull’esito di questi processi siano: il tipo di evento da fronteggiare o il tipo di compito da assolvere; le condizioni interne alle famiglie e le risorse che esse riescono ad attivare; i rapporti con il con-testo sociale e la qualità del sostegno formale e informale disponibili”

Ivi, pp. 34-36.

• concezione evolutivo/processuale della crescita e rappresentazione del “ben-essere” delle famiglie non come condizione statica e immo-dificabile, ma come “capacità reattiva” :

“(…) per il fatto di discendere da condizioni relazionali costantemente in evoluzione e mai definitivamente acquisite, in quanto dipendenti da un ciclo di vita (quello individuale e quello familiare, che a sua volta intreccia cicli di vita individuali) che richiede il costante superamento di eventi critici, attraverso la mobilitazione di risorse, alla ricerca di sempre nuove forme relazionali adattive e soddisfacenti per le mutate condizioni di crescita”.

Mazzoleni, 2004, p. 22. “CONOSCERE” una famiglia affidataria significa quindi dotarsi di STRUMENTI per conoscere i suoi SAPERI ATTUALI E POTENZIALI e per capire INSIEME se essi sono “compatibili” con le particolari esigenze e possibilità di cambiamento di specifici bambini o adolescenti e delle loro famiglie.

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IL PERCORSO DI CONOSCENZA

Gli strumenti

Con quali motivazioni e obiettivi nella scelta e nell’utilizzo?

• MEDIATORI DELLA RELAZIONE CON LA FAMIGLIA: costruzione di un’inte-razione paritaria nei saperi e di facilitazione dei processi di autonarra-zione attraverso codici differenziati (oltre a quello verbale).

• ESPLORAZIONE/EMERSIONE DI RISORSE: gli strumenti non sono mai “neu-tri”, per cui è possibile che non emergano delle potenzialità della fami-glia non tanto perché non sono presenti, quanto perché non abbiamo messo a disposizione dei canali di comunicazione che ne facilitano la “scoperta” e l’esplicitazione.

• AUTOVALUTAZIONE: individuazione, riflessione ed espressione sulle pro-prie risorse e i propri limiti in questo specifica fase del ciclo di vita fami-liare e in questo specifico contesto comunitario e sociale.

IL PERCORSO DI CONOSCENZA SI CONNOTA QUINDI “NATURALMENTE” PER GLI OPERATORI COME INTERVENTO DI SOSTEGNO E PER LA FAMIGLIA COME OPPORTUNITA’ FORMATIVA.

Con quali fasi e modalità nella loro applicazione?

• TRASPARENZA: con la famiglia che si candida all’esperienza di affido vanno condivisi in maniera esplicita e personalizzata gli obiettivi, le fasi, i criteri e i risultati della “valutazione”; per questi moment vanno pro-grammati e dedicati adeguato tempo ed attenzione.

• PARTECIPAZIONE: il percorso di conoscenza non avviene sulla famiglia, ma con la famiglia, che è e rimane la prima titolare della sua storia e la maggiore esperta della sua situazione relazionale al suo interno e con l’esterno.

• “TRIANGOLAZIONE”: nessuno strumento da solo offre una rappresenta-zione completa della famiglia, per cui è opportuno utilizzare strumenti multipli e differenziati in maniera integrata e multiprospettica.

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• RESTITUZIONE: la famiglia è aiutata nell’autovalutazione delle sue risorse e nei suoi limiti attuali per decidere in maniera informata, consapevole e soprattutto partecipata se e come in questo momento del suo ciclo di vita ha la possibilità di diventare risorsa per altre famiglie.

Quali strumenti utilizzare? Quali criteri espliciti adottare nella loro individuazione?

Una “categorizzazione” possibile per la conoscenza delle dimensioni strutturali e di funzionamento della famiglia:

• DI TIPO CLICNICO: per la costruzione di un profilo diagnostico

• DI TIPO PSICOLOGICO: per la conoscenza e per l’autoconoscenza

• DI TIPO EDUCATIVO: per orientare il cambiamento da parte della fami-glia stessa e per l’intervento.

Quali dimensioni della vita familiare esplorare insieme?

“Un buon grado di coesione all’interno della coppia, la capacità di essere flessibili e di utilizzare il supporto della rete sociale sono elementi considerati predittori affidabili di una buona genitorialità”

Di Blasio, 2005, p. 86.

• Relazioni tra i membri della famiglia: genitori-figliQualità della cura fisica ed emotiva dei genitori per rispondere ai bisogni e alle capacità dei bambini.

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- TRIANGOLO DEL BAMBINO

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- KIT DELLA GENITORIALITA’ (SEZIONE: “QUALITA’ DEL BAMBINO”).

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◊ Relazioni tra i membri della famiglia: genitori e figli e coppia di genitori

Coesione: espressione dell’affettività e modalità di comunicazione tra genitori e figli e tra genitori

DISEGNO DELLA FAMIGLIA

KIT DELLA GENITORIALITA’ (SEZIONE: “PIACERI CONDIVISI”)

FACES III

MATERIALI EDUCATIVI

FACES III*

Il FACES III (Family Adaptability and Cohesion Evaluation Scale o Scala per la Valutazione della Coesione e dell’Adattabilità Familiari, Olson, 1995; Galimberti e Farina, 1992) è uno strumento self-report, formato da 20 item, per l’esplorazione della dimensione della COESIONE (i legami affettivi familiari) e la dimensione dell’ADATTABILITA’ (la capacità di cambiamento).Secondo Olson, un funzionamento familiare adeguato coincide con livelli intermedi di entrambe queste variabili relazionali, nel presupposto che i sistemi debbono bilanciare i livelli di distanza e vicinanza in relazione alla coesione, nonché i livelli di stabilità e cambiamento in relazione all’adattabilità (equilibrio tra processi morfostatici e morfogenetici), in relazione ai cambiamenti evolutivi lungo il suo ciclo di vita.Per la coesione sono presenti 2 item per cinque aree, che dscrivono il legame emotivo, il sostegno reciproco, la cooperazione, i confini familiari, gli interessi comuni e le amicizie; per l’adattabilità sono presenti 2 item per le aree di controllo, di potere e di disciplina, e 4 item per l’area dei ruoli e delle regole. Lo strumento è presentato sia nella versione reale (famiglia percepita) sia in quella ideale (famiglia desiderata).Si tratta quindi di un’autoriflessione sulle modalità di rapporto e funzionamento del gruppo familiare, al fine di misurare la percezione che ne hanno i vari componenti: un punteggio alto esprime un alto grado di coesione e di adattabilità, mentre un punteggio basso esprime un basso grado delle due dimensioni. L’autore consiglia comunque di considerare la fase evolutiva che la famiglia sta attraversando per comprendere l’adeguatezza del tipo di funzionamento rilevato.

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* La presentazione dei materiali relativi agli strumenti è tratta da: Mazzoni S., Tafà M. (a cura di) (2007), L’intersoggettività nella famiglia. Procedure multimetodo per l’osservazione e la valutazione delle relazioni familiari, Milano, Angeli.

• Relazioni tra i membri della famiglia:

- ADATTABILITÀ e FLESSIBILITÀ nei confronti degli imprevisti

- FRONTEGGIAMENTO DELLE SITUAZIONI DIFFICILI e strategie di COPING

COMMUNICATION PATTERNS QUESTIONNAIRE (CPQ)

MATERIALI EDUCATIVI

• Il supporto della rete sociale:

risorse formali e informali nella famiglia allargata, nel sistema amicale e nella comunità di appartenenza e modalità di richiesta di aiuto

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GENOGRAMMA

ECOMAPPE

TEST DELLA DOPPIA LUNA

DISEGNO SIMBOLICO DELLO SPAZIO DI VITA FAMILIARE

MATERIALI EDUCATIVI

ECOMAPPA

E’ uno strumento carta e matita (Hartman, 1975, 1978) in cui viene rappresentata graficamente la mappa delle “risorse relazionali” a disposizione della famiglia e dei suoi singoli componenti. In particolare, ciò che l’operatore o il familiare stesso cercano di rappresentare è il “flusso delle risorse”, vale a dire il tipo di risorsa che la persona intervistata trae dalla relazione che sta indicando o il tipo di risorsa che lui stesso fornisce agli altri.Il modello ecologico dello sviluppo (Bronfrenbrenner, 1986, 2010) offre una cornice teorica entro la quale leggere ed interpretare l’ecomappa come uno strumento che descrive sia la quantità delle relazioni significative per l’individuo, sia la loro qualità in termini di intensità delle relazioni e conflittualità; inoltre precisa l’organizzazione delle relazioni all’interno della famiglia stessa.L’ecomappa permette quindi di rilevare immediatamente a colpo d’occhi le risorse disponibili sulle quali contare, quelle inesistenti che potrebbero essere attivate ed anche quelle conflittuali sulle quali è opportuno intervenire.

IstruzioniAll’intervistato viene presentato un foglio A4 dove già sono disegnati dei cerchi vuoti nei quali possono essere indicati, intorno ad un cerchio posto nel mezzo del foglio, diversi sistemi relazionali di riferimento. Il cerchio centrale più grande racchiude la famiglia o gli eventuali conviventi di chi disegna l’ecomappa; gli altri cerchi più piccoli rappresentano i vari sistemi con cui egli entra in relazione e che quindi vengono a costituire il suo contesto allargato; si possono naturalmente aggiungere altri cerchi oltre a quelli già preparati sul foglio.

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Qualora esistano relazioni fra i vari gruppi o sistemi che sono stati indicati nei cerchi, si possono connettere i relativi cerchi tra di loro e si può indicare la natura dei legami disegnando diversi tipi di linee:

LA DOPPIA LUNA

Due sono i concetti di particolare importanza per la comprensione dei presupposti di base dello strumento “la doppia luna” (Greco, 1999): il primo è

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quello di appartenenza, il secondo, strettamente connesso al primo, è il concetto di confine. In tutte le situazioni in cui la persona percepisce di far parte di due nuclei familiari, di avere legami significativi con membri di due famiglie, tali da farlo sentire parte sia dell’una che dell’altra, si parla infatti di una duplice (o multipla) appartenenza. Per comprendere meglio le esperienze e i vissuti di doppia appartenenza è indispensabile fare riferimento al concetto di confine nella sua valenza dinamica e del tutto priva di staticità (Scabini, 2001; Greco e Iafrate, 2001). Tale strumento è stato creato partendo dal presupposto che la rappresentazione di “una sola famiglia” può risultare insufficiente se si vuole indagare sul conflitto di lealtà/appartenenza (Boszormenyi-Nagy e Spark, 1983) che il soggetto sperimenta nei casi (adozione, affido, separazione coniugale, restituzione familiare) in cui sente di far parte di più nuclei simultaneamente.

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FAMILY LIFE SPACEIL DISEGNO SIMBOLICO DELLO SPAZIO DI VITA FAMILIARE

Il disegno simbolico dello spazio di vita familiare (ideato da D. Mostwin nel 1980 e rivisto successivamente da autori italiani negli anni Novanta) si ispira teoricamente alla teoria del campo di K. Lewin, alla teoria generale dei sistemi e all’interazionismo simbolico di G.H. Mead.E’ una tecnica grafico-proiettiva che diventa strumento di comunicazione, vale a dire che aiuta a svelare alle persone stesse che vivono l’interazione familiare le loro dinamiche anche latenti, che spesso diventano manifeste nell’azione.Può essere proposto un utilizzo familiare o diadico oppure individuale.In relazione ad un particolare evento, si può chiedere di rappresentare, oltre al presente, anche il passato o il futuro

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FIVE MINUTE SPEECH SAMPLERACCONTO CAMPIONE DI CINQUE MINUTI

In cinque minuti la persona descrive una persona con la quale ha un legame intimo (il figlio o il genitore a seconda dell’obiettivo).Il FMSS indaga le relazioni intergenerazionali a livello diadico (si chiede all’intervistato di parlare di una persona per volta) e viene adottato nell’ambito di una procedura multimetodo o di una valutazione clinica.

AREE DI ESPLORAZIONE DELLO STRUMENTO:• EMOTIVITA’ ESPRESSA

• STILE DI ATTACCAMENTO

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ALTRI STRUMENTI EDUCATIVI

Da completare anche con i figli:

- LO STEMMA FAMILIARE Ai genitori viene consegnato un foglio diviso in quattro parti e viene chiesto di disegnare (o eventualmente scrivere) lo “stemma” della propria famiglia, indicando la più grande forza, la più grande debolezza, il motto e il desiderio della famiglia.

- IL DISEGNO DELL’”OGGETTO FAMIGLIA”Si invitano i partecipanti a disegnare (o a costruire) un oggetto che rappresenti la famiglia nella propria esperienza.

- IL DISEGNO DE “LA FAMIGLIA IN AZIONE”Si chiede ai genitori di disegnare “la famiglia mentre sta facendo qualcosa”

- L’ALBERO GENEALOGICO

Iafrate, Rosnati, 2007, pp. 94-98.

STRUMENTI EDUCATIVI PER INDIVIDUARE E RINFORZARE LE COMPETENZE GENITORIALI

IL KIT “SOSTENERE LA GENITORIALITA. STRUMENTI PER RINFORZARE LE COMPETENZE EDUCATIVE’”

di Laviguer S., Coutu S., Dubeau D., Erickson, Trento, 2011, Edizione italiana a cura di P. Milani, S. Serbati e M. Ius.

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Premessa

“La filosofia che ispira il kit assume come elementi centrali il punto di vista del genitore, la visione positiva che egli ha del proprio figlio e di se stesso, l’espressione del suo legame con il bambino, le sue competenze genitoriali e i suoi stili educativi, le risorse del bambino e quelle presenti nel contesto in cui il genitore vive.In sintesi, questo approccio è basato sulle ‘risorse di resilienza, specificamente sulle competenze relazionali e educative del genitore, oltre che sulle risorse della famiglia e della sua rete sociale’. Allontanandosi da un modello troppo centrato sulle carenze genitoriali delle famiglie in situazione di difficoltà o vulnerabilità, si tratta innanzitutto di saper riconoscere e poi di rafforzare i fattori di protezione e le competenze presenti in seno alle famiglie. Il concetto di resilienza dei genitori si riferisce qui alla loro capacità di far fronte alle avversità e riuscire così a compensare i fattori di rischio che minacciano l’esercizio del loro ruolo, ed eventualmente anche lo sviluppo del bambino” (p. 15).

Obiettivo

Dare voce ai genitori, in un atteggiamento improntato al rispetto della loro esperienza e della loro visione.“Il Kit è uno strumento di intervento, non di valutazione delle competenze genitoriali, che ha come obiettivo quello di sostenere l’espressione e la riflessività del genitore sui differenti temi e aspetti della sua esperienza. I materiali, tuttavia, se utilizzati nei diversi momenti del percorso e/o presa in carico anche a lungo termine, possono aiutare il genitore a prendere coscienza dei cambiamenti e dell’evoluzione che ha compiuto nel suo tempo, ad esempio da quando ha affrontato per la prima volta con l’operatore la tematica in questione” (p. 38). Contenuti

I materiali sono adattabili a tutti i genitori con figli da 0 a 11 anni che:1. vivono una situazione di “normalità”, ma desiderano confrontarsi con

altri genitori e operatori per svolgere al meglio il compito dell’educa-zione dei propri figli;

2. vivono una situazione di rischio o di grande vulnerabilità;3. presentano difficoltà specifiche (es.: deficit intellettivo);4. hanno un figlio con difficoltà specifiche (es.: disabilità).

I materiali sono costituiti da immagini, liste di esempi, una griglia di domande e una griglia di risposte. Possono essere utilizzati sia in contesto individuale e familiare sia in contesto di gruppo.

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SONO RAGGRUPPATI INTORNO A 7 TEMATICHE, ciascuna contraddistinta da un diverso colore:

1. QUALITA’ DEL BAMBINO (giallo) per le fasce di età: 2-5 e 6-11 anni;2. COMPETENZE GENITORIALI (blu) per le fasce di età: 0-8 mesi, 9-24 mesi, 2-5 anni e 6-11 anni, con due versioni: madre e padre;3. PIACERI CONDIVISI (rosso) per le fasce di età: 0-2, 2-5 e 6-11 anni;4. ATTIVITA’ PER RICARICARSI (verde);5. SOSTEGNO DELLA RETE SOCIALE (marrone) presentato tramite uno schema;6. PREOCCUPAZIONE DEI GENITORI (viola) con una lista di esempi concreti;7. DIFFICOLTA’ INCONTRATE ED EVOLUZIONE GENITORIALE (arancione) con una lista di esempi concreti.

Per concludere …..

“La famiglia affidataria non è:

• una famiglia perfetta;

• una famiglia ideale;

• una famiglia senza conflitti;

• una famiglia senza paure;

• una famiglia senza urli e litigi;

• una famiglia che non ha bisogno di aiuto;

• una famiglia dove tutti si amano, in particolare mamma e papà

che sono una coppia perfetta;

• una famiglia finta;

• una famiglia virtuale.

... Né santi, né folli...”

Linee Guida per l’Affido Regione del Veneto

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Riferimenti bibliografici

Bastianoni P., Taurino A. (a cura di) (2007), Famiglie e genitorialità oggi. Nuovi significati e prospettive, Milano, Unicopli.Cassibba R., Elia L. (2007), L’affidamento familiare. Dalla valutazione all’intervento, Roma, Carocci.Demetrio D. (1997), Il gioco della vita. Kit autobiografico, Milano, Guerini e Associati.Di Blasio P. (2005), Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze genitoriali, Milano, Unicopli.Fruggeri L. (2011), Le famiglie chiedono aiuto. Rappresentazioni e modelli d’intervento nei servizi territoriali, in Bastianoni P., Taurino A., Zullo F. (a cura di), Genitorialità complesse. Interventi di rete a sostegno dei sistemi familiari in crisi, Milano, Unicopli.Greco O., Iafrate R. (2001), Figli al confine. Una ricerca multimetodo sull’affidamento familiare, Angeli, Milano. Greco O. (2006), Il lavoro clinico con le famiglie complesse. Il test della doppia luna nella ricerca e nella terapia, Milano, Angeli.Iafrate R., Rosnati R. (2007), Riconoscersi genitori. I Percorsi di Promozione e Arricchimento del Legame Genitoriale, Trento, Erickson. Mazzoleni C. (2004), Empowerment familiare. Il lavoro psicosociale integrato per promuovere benessere e competenze, Trento, Erickson.Mazzoni S., Tafà M. (a cura di)(2007), L’intersoggettività nella famiglia. Procedure multimetodo per l’osservazione e la valutazione delle relazioni familari, Milano, Angeli.Milani P. (a cura di) (2001), Manuale di educazione familiare. Ricerca, intervento, formazione, Trento, Erickson.Ordine degli Psicologi della Regione Emilia-Romagna (a cura di) (2009), Buone pratiche per la valutazione della genitorialità: raccomandazione per gli psicologi, Bologna, Pendragon.Regione del Veneto, Linee guida 2008 per i servizi sociali e sociosanitari. L'affido familiare in Veneto, 2008.Regione Lombardia, “Linee guida per l’affidamento familiare (art. 2 l. 149/2001)”, D.g.r. 24 maggio 2011 - n. IX/1772.Sunderland M. (1997), Disegnare le emozioni. Espressione grafica e conoscenza di sé, Trento, Erickson.Sunderland M. (2011), Disegnare le relazioni. Espressione grafica e conoscenza degli altri, Trento, Erickson.Volpini L. (2011), Valutare le competenze genitoriali. Teorie e tecniche, Roma, Carocci.

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Chi-fa-cosa

Marco TuggiaPedagogista, formatore, consulente pedagogicoComponente del gruppo LabRIEF(Laboratorio di Ricerca e Formazione in Educazione Familiare diretto dalla prof. ssa P. Milani) Università di Padova

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Chi-fa-cosa: verso progettazioni comuniGli obiettivi che abbiamo in questo terzo incontro sono di definire:

• Il ruolo dei servizi dell'Ente Pubblico• Il ruolo delle reti di famiglie• Un'ipotesi di modello di collaborazione

A. Che cosa ci dicono i documenti di riferimento

Partiamo anche oggi dalle indicazioni fornite dai documenti che abbiamo:

DOCUMENTI DI RIFERIMENTO

B. Le questioni da affrontare

Vi presento ora 4 questioni che è necessario affrontare. In realtà si tratta di quattro modi di affontare lo stesso argomento e quindi il risultato delle risposte che si riusciranno a formulare non devono contraddirsi. Ogni conclusione a cui si arriva deve essere coerente con le altre ossia non deve entrare in contraddizione con esse.

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Bozza linee guida nazionali per l'Affidamento Familiare

Possono diventarlo famiglie, preferibilmente con figli minorenni, ed anche persone singole, valutate dai Servizi in grado di svolgere un progetto di affidamento o di affiancamento solidale concordato con i Servizi stessi e che scelgano di accogliere un bambino o eventualmente dei fratelli.

Linee guida per l’affidamento familiare- Regione Lombardia

I Servizi hanno il compito di conoscere ed individuare la famiglia affidataria più idonea al minore;Le associazioni familiari/reti familiari e gli enti del terzo settore che prestano attività di formazione e sostegno nel campo degli affidamenti familiari possono essere coinvolte dall’equipe di regia del progetto quadro anche nella fase di selezione della famiglia.

Indicazioni emerse dalla formazione dello scorso anno

È’ di competenza del servizio sociale che si avvale del contributo della Rete.La valutazione può essere più completa se fatta da un’équipe composta da più figure professionali che tiene conto del contributo che la Rete può dare rispetto alla sua conoscenza della famiglia.Poiché la condizione di ogni famiglia può variare nel tempo, la sua valutazione va considerata come elemento da aggiornare periodicamente anche con l’aiuto della Rete.Mancanza di un’équipe di valutazione e del servizio che la possa gestire

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1° questione

Proviamo a sciogliere questa questione posta sottoforma di sillogismo “spinto”:

E' riconosciuto da tutti che è compito del Servizio occuparsi della conoscenza delle famiglie affidatarie

ma il Servizio non dispone di un'èquipe che possa gestire questa funzione

ergo: il compito non si può svolgere?

2° questione

La famiglia che entra in una rete, si “affida alla rete” e questa, ovviamente, non può non sentirsi responsabile di quanto avviene alla famiglia, anche per quegli aspetti di cui non è responsabile direttamente.Rispetto al ruolo delle Reti di famiglie, nei documenti che abbiamo esaminato sono usati dei verbi che in realtà non riescono a definire con chiarezza qual è il reale contributo delle Reti:

possono essere coinvolte tiene conto del contributo con l'aiuto

Ma qual è il reale contributo ossia, quali funzioni vogliamo attribuire alle Reti?

3° questione

I documenti ci suggeriscono di assumere un modello integrato tra Servizi e Reti/associazione, ma non specifica di che tipo.In sintesi noi abbiamo di fronte la possibilità di scegliere tra modelli diversi e in base a questo vi sono delle chiare ricadute operative:

Servizi EP Reti

Modello esclusivo Compito esclusivo Inviano le famiglie di loro conoscenza

Modello opportunistico Compito esclusivo Fonte di informazione

Modello cooperativo Compito prevalente Riconoscimento di un ruolo in alcune parti del processo

Modello di co-gestione Compito integratoQual è il modello che vogliamo scegliere per Mantova?

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4° questione

Proponiamo un'ipotesi dei passi da fare per realizzare il percorso di conoscenza. Una volta condivisi che questi potrebbero essere effettivamente le principali tappe, si dovrà stabilire quali sono i compiti specifici di ciascuno e se vi sono altre modalità di interazione tra il Servizio e la Rete:

Compito Servizio EP

Altra formula Compito Rete

N° x incontro individuali/coppia

1 visita domiciliare

1 incontro d'èquipe

1 incontro finale di restituzione

Abbinamento

Aggiornamento situazione familiare (per famiglie già conosciute in attesa)

C. Lavoro di gruppo

• Si costituiscono 4 gruppi di lavoro “misti”• Ogni gruppo deve eleggere un verbalizzatore e un portavoce• Compito del gruppo: affrontare le 4 questioni• La dinamica seguirà la seguente scaletta:

1° fase 45'1° step 10'PAUSA 20'2° fase 30'2° step 10'3° fase 30'3° step 10'4° fase 20'

Agli step, il portavoce va in uno degli altri 3 gruppi, a rotazione, e va presentare cosa il proprio gruppo a fino a quel momento elaborato.Poi ritorna nel gruppo e l'attività ricomincia fino a conclusione dell'attività della 4° fase.

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D. In assemblea

• Condivisione degli esiti di ciascun gruppo• Eventuale discussione sui nodi critici

GRUPPO N°1 - OSTIGLIA-VIADANA

Due possibili modelli:modello ideale (difficile da concretizzare) distinto da un modello più fattibile concretamente.Il modello ideale non è troppo distante dalla realtà del distretto di Ostiglia. La rete di famiglie attraverso la presenza di un operatore competente, per esempio uno psicologo, potrebbe aver un ruolo attivo nel processo di conoscenza e valutazione della famiglia […] perciò si può parlare di un modello di cogestione, quello che noi abbiamo scelto. In alcune reti c’è un operatore con questo profilo di competenze, in altre reti, ad esempio in associazioni di famiglie, non è detto che ci sia questa figura, per cui ci si dovrebbe orientare sul modello cooperativo.4° questione:i due modelli non si differenziano molto. Per noi “modello cooperativo” vuol dire che Servizi EP hanno un compito prevalente; tuttavia la rete di famiglie ha un ruolo piuttosto ampio nel processo di conoscenza. Per noi modello integrato significa che i servizi e la rete agisco sempre insieme. Ad esempio: un incontro iniziale fatto congiuntamente da un operatore del servizio (ad esempio ass.sociale) e dall’operatore della rete (ad es.psicologo) che conosce già la rete di famiglie perché si è occupato del percorso di sensibilizzazione. Dopo di che ci possono essere, indicativamente, quattro incontri di cui due condotti dal servizio di tutela minori e due dallo psicologo della rete. Non siamo scesi nei particolari degli strumenti. La prima visita domiciliare può essere effettuata insieme dalla coppia di operatori (ass.sociale e psicologo). Questo perché nel nostro distretto stiamo già lavorando su tante situazioni non di affido ma di interventi domiciliari e collaboriamo con gli operatori dei Servizi. Un problema importante riguarda le risorse: lo psicologo che si occupa della sensibilizzazione e supporta la famiglia, in questo momento non ha le risorse per occuparsi anche della conoscenza e valutazione della famiglia. Un altro problema che avevamo rilevato è che il modello funziona se si definisce un protocollo di intesa per stabilire cosa fa l’operatore del servizio e cosa fa l’operatore della rete. Si concorda che la valutazione non dovrebbe essere finalizzata all’idoneità, ma come abbiamo già visto, dovrebbe servire a conoscere i punti di forza e i punti di debolezza della famiglia su cui lavorare e quali sono gli elementi che

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possiamo congiuntamente metterti a disposizione per evolvere in modo positivo.

GRUPPO N°2 - MANTOVA

Premessa: nel nostro gruppo non sono presenti esponenti dei Servizi di Mantova, ci sono esponenti dei Servizi di base che non sono in diretto contatto con la rete di Solidarietà Educativa.Siamo partiti facendo riferimento al concetto di “valutazione” che abbiamo appreso in queste lezioni: non una valutazione in sé della famiglia ma un percorso di conoscenza permette alla famiglia di effettuare un’autovalutazione su sé stessa. In quest’ottica abbiamo innanzitutto considerata come l’equipe deve essere composta: servizi di tutela attivi, rete di famiglie come associazione o meno (ci siamo interrogati se rete deve essere su base volontaria o sotto forma di cooperativa o altro soggetto a finanziamenti esterni). Se si ha la possibilità di essere sostenuti a livello economico, è possibile avere all’interno della rete figure professionali, se si parla di associazione a livello volontario queste figure non sempre sono possibili. Poi, all’interno dell’equipe deve essere prevista la figura di uno psicologo dell’ASL. A questo punto abbiamo scelto il modello: il modello cooperativo. Questo perché i Servizi sono coloro che prenderanno la decisione finale però sempre supportati da tutte quelle che sono le funzioni della rete.Quali le funzioni della rete: la rete deve permettere alla famiglia di riflettere sia su sé stessa sia sul sistema dell’affido nella realtà pratica, quindi è uno spazio che permette un confronto, la possibilità di apprendere dall’esperienza di chi ha già sperimentato l’affido. Si ha un processo di autoconoscenza grazie alla partecipazione all’interno della rete.Per quanto riguarda il quarto punto, abbiamo pensato sempre ad una attività di coordinazione fra i servizi e la rete: sia gli incontri individuali che di coppia dovrebbero essere effettuati da entrambi, in momenti differenti perché le modalità sono diverse. I servizi applicano le procedure da protocollo mentre la rete è più rivolta alla relazione e quindi mostrare alla famiglia l’affido in termini esperienziali e pratici. La visita domiciliare è sempre effettuata da entrambi, in momenti diversi in quanto la rete entra nella famiglia in termini di relazione paritaria mentre il servizio va a valutare la situazione, gli ambienti, le dinamiche familiari; l’incontro di equipe tiene in considerazioni tutti i vari soggetti; la restituzione viene effettuata solo da parte dei servizi; l’abbinamento invece è un compito da svolgere in comune, i servizi, pur essendone titolari, devono tenere conto dell’idea della rete di famiglie; infine l’aggiornamento è compito della rete perché ha la possibilità di mantenere un contatto lungo tutto il percorso.

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GRUPPO N°3 - SUZZARA

Rispetto al modello ci siamo orientati tra il modello cooperativo e il modello di cogestione nel senso che siamo partiti individuando nel servizio il compito prevalente poi però entrando nel merito della discussione ci siamo accorti che la presenza della rete era più incisiva rispetto al modello cooperativo. E’ un modello cooperativo un po’ più “spinto”. Sicuramente la rete fa un lavoro di formazione, approfondimento e monitoraggio dell’affido quando poi si verifica. In questo caso la rete può fornire anche dei supporti “tecnici” come l’educatore o lo psicologo e integrare l’attività del servizio quando non è presente ad esempio in situazioni particolari di emergenza o nel weekend. Rispetto alle varie competenze non siamo entrati nel dettaglio, sicuramente individuiamo dei momenti di cogestione servizi-reti nel contatto diretto con la coppia, proprio per attenuare eventuali percorsi paralleli che rischiavano di essere visti dalla famiglia come un doppione. Ci siamo presi un impegno concreto: un appuntamento per il prossimo 4 maggio per dare concretezza al progetto di affido presente nel piano di zona cercando di realizzare quello che si è detto.

GRUPPO N°4 - GUIDIZZOLO

Crerae un equipe ad hoc prendendo da operatori dei diversi servizi (anche a rotazione). Definite le competenze, anche il ruolo dell’Asl che spesso è incerto. Rispetto alle funzioni della rete: una funzione di sostegno nella fase di valutazione e di sensibilizzazione e di formazione lungo tutto il percorso dell’affido, quindi sostegno prima/durante/dopo. Per quanto riguarda il modello da scegliere, dopo una lunga discussione, siamo rimasti fermi sul fatto che i servizi dal punto di vista legislativo hanno la responsabilità perciò non può essere un modello di cogestione. Chi ha la responsabilità finale è il servizio perciò ha un ruolo esclusivo nella competenza valutativa, se no n altro nella sintesi della valutazione, della decisione finale, però c’è bisogno che non sia l’unico attore. In base alla tabella noi abbiamo aggiunto una fase precedente: incontro preliminare fra servizio che si occupa di affido, rete e famiglia, come presentazione iniziale. Nella fase dall’inizio fino a prima dell’abbinamento possiamo aggiungere un incontro fra i servizi, la rete, i servizi sociali che hanno in carico la situazione che necessita dell’affido (tutela o di base) per presentare la situazione del minore, un orientamento prima dell’abbinamento.Altre fasi:• Incontri di coppia e individuali: 2 + 2 (genitori separati) solo il servizio• Visita domiciliare: 1 servizio+rete e 1 solo servizio• Incontri equipe: equipe variabile nei vari momenti ma sempre presenti psicologo e ass.sociale+ass.sociale FO e ass.sociale FA(del comune di residenza)+ rappresentante della rete

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• Incontro finale: collaborazione fra rete e servizi come incontro preliminare• Abbinamento: i due servizi sociali e al rete• Aggiornamento: compito della rete.

GRUPPO N°5 - ASOLA

Premessa: teniamo dentro il sistema il servizio di base perché la famiglia affidataria deve essere una risorsa per tutto il territorio. Nel distretto di Asola l’operatore di base svolge anche il servizio di tutela .Siamo partiti con il modello cooperativo e di cogestione, ma siamo poi arrivati ad un modello opportunistico al rovescio.Aggiornamento: compito della reteAbbinamento: insieme servizi e reteIncontro finale restituzione: insieme servizi e reteEquipe: insieme servizi e reteVisita domiciliare: attualmente lo fa la rete. Dovrebbe essere condotta insieme con i serviziIncontri individuali e coppia: attualmente lo fa la rete. Dovrebbe essere condotta insieme con i servizi

Intervento di Marco Tuggia

Abbiamo quattro modelli differenti. Vale la pena che, da questo confronto, ogni distretto produca una traccia scritta, non un protocollo ufficiale, ma un’ipotesi di lavoro da sperimentare per un anno e poi ci si ritrovi e si verifichino i risultati. E’ importante essere flessibili e sperimentare, poi il lavoro prodotto può diventare uno strumento istituzionale tramite un protocollo fra rete e servizi. Ogni territorio ha cercato di trovare il suo “assestamento” in base alle risorse di cui dispone. Suggerisco di ricapitolare le cose dette e fissarle in un documento scritto.E’ poi utile che rimanga un coordinamento fra i vari distretti, attraverso il coordinamento fra le varie reti, in modo che gli operatori non si fossilizzino su un unico modello.Concludendo mi sembra che il modello prevalente sia quello cooperativo, più o meno spinto, in relazione anche ai diversi territori e al rapporto con la propria rete di famiglie.

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SOMMARIOPRESENTAZIONE Pag. 4

IL QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO Pag. 6Introduzione al percorso Pag. 7Un'idea di genitorialità Pag. 7Che cosa intendiamo per conoscenza e valutazione delle famiglie affidatarie e quali sono gli obiettivi di questo processo

Pag. 9

Che cosa vogliamo conoscere Pag. 15Bibliografia di riferimento Pag. 15Alcuni documenti di riferimento Pag. 17

PRATICARE LA “VALUTAZIONE” CON LE FAMIGLIE ACCOGLIENTI

Pag. 22

Il percorso di conoscenza Pag. 31Riferimenti bibliografici Pag. 48

CHI-FA-COSA Pag. 49

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