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La Via Crucis delle famiglie Michela e Ferruccio Berghi, Patrizia e Antonio Geminiani, Maria Teresa e Francesco Pederiva, Luisa e Renzo Rossi, animatori di pastorale familiare della diocesi di Trento, hanno preparato la Via Crucis di questa settimana che incrocia la sensibilità delle famiglie e che, all’approssimarsi della Settimana Santa, lascia già intravedere la Luce del Risorto. Le stazioni sono illustrate dalle opere dell’artista trentino Silvio Bottes, frate minore classe 1921: sculture in bronzo o pietra con diversa collocazione, dal Nord Italia al Canada (fotografie di Davide Turrini).

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La Via Crucis delle famiglie

Michela e Ferruccio Berghi, Patrizia e Antonio Geminiani, Maria Teresa e Francesco

Pederiva, Luisa e Renzo Rossi, animatori di pastorale familiare della diocesi di Trento,

hanno preparato la Via Crucis di questa settimana che incrocia la sensibilità delle

famiglie e che, all’approssimarsi della Settimana Santa, lascia già intravedere la Luce

del Risorto.

Le stazioni sono illustrate dalle opere dell’artista trentino Silvio Bottes, frate minore

classe 1921: sculture in bronzo o pietra con diversa collocazione, dal Nord Italia al

Canada (fotografie di Davide Turrini).

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I. Gesù nell’Orto degli Ulivi, Gesù

arrestato e condannato

Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi

qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire

paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e

vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile,

passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te:

allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi

venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a

vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è

pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole.

Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e

non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite

pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato

nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino»

(Marco 14, 32-42).

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“Restate qui e vegliate”. Anche a noi Cristo chiede di vegliare in preghiera per non

entrare in tentazione, ma anche di agire per contrastare le condizioni di precarietà in cui

vivono i nostri fratelli, i malati, gli anziani, i poveri, gli immigrati e le fasce più deboli

della nostra società che maggiormente patiscono gli effetti della crisi economica.

E Cristo ci chiede anche di non restare indifferenti, di non addormentarci, di fronte ad

un’altra forma di povertà, quella generata dalle fragilità morali e spirituali. E la cifra del

nostro agire nei confronti di questa povertà, come ci insegna Papa Francesco con

l’indizione del Giubileo straordinario che si aprirà il prossimo 8 dicembre, non può che

essere la Misericordia perché «la strada della Chiesa è quella di non condannare

eternamente nessuno, ma di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la

chiedono con cuore sincero».

Signore, aiutaci a comprendere che «la misericordia non è solo un atteggiamento

pastorale, ma è la stessa sostanza del Vangelo» e mantienici fedeli non solo a parole,

quanto nelle azioni concrete.

Signore, aiutaci a condividere le fragilità e le ferite delle famiglie che incontriamo e a

leggerle come luogo in cui si manifesta e agisce la misericordia di Dio.

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II. Gesù è caricato della Croce

Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: “Ecco il

vostro re!”. Ma quelli gridarono: “Via! Via! Crocifiggilo!”. Disse loro Pilato:

“Metterò in croce il vostro re?”. Risposero i capi dei sacerdoti: “Non abbiamo altro re

che Cesare”. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed

egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota

(Giovanni 19,14-17)

Questa vicenda si ripete ancora nella storia della Chiesa e dell’umanità: è il corpo di

Cristo a essere colpito e ferito, di nuovo. Ma quella gente, quelle donne non siamo forse

anche noi, oggi? Anche noi ci siamo nascosti per paura, dimenticando di essere suoi

discepoli. Anche noi sposi con le nostre famiglie abbiamo contribuito a caricarlo di un

peso inumano. Ogni volta che non ci siamo amati, quando ci siamo attribuiti la colpa

l’uno dell’altro, quando non ci siamo perdonati, quando non abbiamo ricominciato a

volerci bene. Quando abbiamo dimenticato le sue parole: “Qualunque cosa avrete fatto a

uno di questi piccoli l’avete fatta a me”.

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Signore, fa’ che il tuo amore ci accompagni sempre, anche nelle prove della vita. Aiuta

tutte quelle famiglie che nel mondo soffrono per la scarsità di cibo e risorse, per quelle

costrette a migrare a causa di conflitti o eventi naturali

Signore, aiutaci, nonostante tutte le fragilità umane, a non perdere la fede, a portare le

croci che incontriamo nella nostra vita con la certezza che ci sei accanto

Signore, ascolta la preghiera dei genitori che vedono i figli allontanarsi dal Giusto

Sentiero, fa’ sì che le famiglie più fragili e minacciate trovino conforto e forza

guardando la tua croce.

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III. Gesù cade sotto la Croce

Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come

uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna

stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e

noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.

Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità (Isaia 53,3-5).

Gesù cade sotto il peso della croce. E si rialza. Cade ancora e ancora. E ogni volta si

rialza. Anche in molte famiglie il peso delle croci sembra eccessivo. La morte di un

figlio, la disabilità di un bambino o di un anziano, la perdita del lavoro,

un’incomprensione profonda che travolge i legami… ma anche tutte le crisi della società

feriscono le famiglie e le fanno talvolta cadere: le raccomandazioni, le tangenti, le mafie,

la droga, i furti, le disonestà (che se le denunci perdi il posto)…

Quando siamo a terra, sotto il peso di queste o simili croci, sappiamo di non essere soli,

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perché “egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. Il nostro

Dio conosce dal di dentro l’esperienza della caduta. E ci dà, con la forza dell’esempio, il

coraggio di rialzarci. Sapendolo Risorto, cioè vivo, sappiamo che la croce non ha

l’ultima parola.

Signore, non ti chiediamo di evitarci le cadute, ma donaci la forza di rialzarci sempre.

Aiutaci ad essere fattivamente vicini a chi è a terra assumendo su di noi il peso delle

loro fatiche.

Signore aiutaci a non rifugiarci nelle comodità delle nostre case, ma a riservare tempo

ed energie anche per chi è immigrato, carcerato, disoccupato o solo.

Signore, fa che la porta del nostro cuore e della nostra casa resti aperta alle necessità

dei fratelli malati. Rendici attenti verso le tante forme di povertà spirituali, aiutaci a

saper condividere un tratto di strada con quanti non hanno una famiglia, ad essere

sensibili verso il dolore delle madri tentate di abortire il loro figlio per disperazione.

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IV. Gesù incontra la Madre, la

Veronica e le altre donne

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la

risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una

spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Luca 2,34-

35).

Sguardi che si incrociano e si comprendono. Maria sa chi è suo Figlio, sa qual è la sua

missione, sa di essere madre, ma anche figlia. Lo vede soffrire, per tutti gli uomini, di

ieri, oggi e domani e condivide la sua sofferenza come ogni madre. Come Cristo patisce

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per far soffrire sua madre, ma la deve coinvolgere. Per noi famiglie, il suo incontro con

la madre, lì sulla via del Calvario, è un avvenimento vivissimo: Gesù si è staccato da

Maria, modello del silenzio più straziante, perché noi avessimo una madre sempre

disponibile e presente.

E quanto ci è vicina nei momenti difficili! Quante volte abbiamo raccomandato a lei i

nostri figli, l’abbiamo supplicata di intervenire per la loro salute fisica e ancor di più per

una protezione morale! Quante volte Maria ci ha ascoltato carica di amore materno e ha

condiviso con noi la sofferenza per un figlio! Una crisi adolescenziale, una sbandata

giovanile, il fallimento di un rapporto matrimoniale, la perdita del lavoro, una malattia:

inadeguati e impotenti ci siamo affidati a lei in silenzio.

Signore, aiutaci a stare vicini ai nostri figli quando soffrono e spesso le parole non

servono più, aiutaci a credere che quanto è stato seminato un giorno porterà frutto, a

restare fedeli al compito che ci hai affidato.

Signore, aiutaci a riconoscere onestamente le nostre responsabilità, a rimediare ai

nostri errori, senza perdere mai la speranza nel tuo amore di Padre.

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V. Gesù muore in croce

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di

Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo

che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo:

“Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la

Scrittura, disse: “Ho sete”. Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una

spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo

aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito

(Giovanni 17, 25-30).

L’esperienza della morte di un figlio è estremamente lacerante per una madre: tutto

sembra sconvolto, come l’ordine stesso della vita. Tra le pieghe della disperazione di

Maria ai piedi della croce si riconoscono le mamme dei 43 studenti messicani trucidati

dai narcotrafficanti o quelle dei 21 cristiani copti uccisi in Libia. Anche la mamma di

Mohammad Ismail giovane palestinese ucciso da un terrorista-bambino mostra lo stesso

dolore immenso o quelle mamme di Haltern am See che piangono i loro figli scomparsi

nel disastro aereo.

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“Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?” è la muta domanda di tutte coloro che

hanno la sventura, a causa di violenza, malattia, incidenti o anche per la mancanza di

cibo nei paesi poveri, di sopravvivere al figlio diletto.

Signore, fa sì che nel cuore di queste madri riesca a far breccia la percezione che i loro

figli vivono nel futuro di Dio destinati a cieli nuovi e terre nuove, che l’amore del Padre

verso i loro cari defunti è più forte della morte e che in questo trovino consolazione

dalle lacrime.

Signore, aiutaci ad accogliere nell’abbraccio della comunità quanti sperimentano

momenti difficili, a portare i pesi gli uni degli altri, ad esprimere la nostra solidarietà, a

indicare che ogni croce diventa alba di risurrezione.

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VI. Gesù viene deposto dalla Croce e

sepolto

Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli

non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città

della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di

Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro

scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della

Parasceve e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù

dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto

il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno

di sabato osservarono il riposo come era prescritto (Luca 23, 50-56).

Sono tanti i figli che non hanno avuto sepoltura, tanti i padri e le madri che non hanno

potuto vegliare il corpo straziato dei figli, né pregare su una tomba in terra consacrata.

A 100 anni dalla Grande Guerra il ricordo va innanzitutto alle famiglie di quei figli –

talvolta ragazzi 18enni – a quelle degli internati nei campi di concentramento o dei

caduti della follia del Novecento e dei tanti conflitti oggi sparsi nel mondo, molti dei

quali dimenticati.

Occhi senza più lacrime, mani che stringono l’ultima lettera: il ricordo dei volti si fa

sbiadito, più spesso la mente ritorna ai giochi di bambini, ma solo una certezza sorregge

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gli anni che avanzano privi di una tomba su cui pregare: quella fede incrollabile che

l’attesa del Sabato Santo è solo un passaggio verso la Vita che non finisce.

Signore, accogli nella tua pace le tante vittime della violenza che ancora funesta il

mondo, ma ti chiediamo anche di vegliare sulle troppe “tombe” spesso nascoste

all’interno delle famiglie. Là dove sembra venir meno ogni speranza di risurrezione,

infondi la forza di continuare il cammino, riallacciare un dialogo interrotto, riprendere

coraggio per il futuro.

Signore, ti preghiamo per quanti faticano a rialzarsi, per chi non accetta la sofferenza,

per quanti, feriti, hanno perduto ogni desiderio di vita: aiutaci ad individuare parole e

gesti per indicare che il tuo amore per loro non viene mai meno.

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VII. “Non è qui, è risorto”

Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro,

portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata

rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si

domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in

abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli

dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto” (Luca

24, 1-6).

La morte non poteva aveva l’ultima parola. Il buio della tomba ha lasciato il posto alla

Luce.

E sono tante le piccole luci che rischiarano la vita delle famiglie, tanti i gesti d’amore tra

le pareti domestiche come nella comunità, tante le forme di solidarietà che donano

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sapore ai giorni e rischiarano talvolta il buio della solitudine, tanti i germi di

Risurrezione che talvolta sollevano dalla fatica del vivere.

Non sempre le lacrime lasciano il posto alla gioia – il dolore è troppo grande – ma la

sofferenza, se condivisa, si allevia un po’. La Speranza si fa strada anche tra le nubi più

oscure perché la certezza di un Amore che non viene mai meno è la forza che guida il

cammino.

Donaci Signore la capacità di condividere i pesi e le fatiche, il dono di portare un

raggio della tua Luce, di pronunciare una parola di speranza, di sostare talvolta in

silenzio quando tutto è stato detto, di percorrere un tratto di strada insieme ai fratelli in

difficoltà.

Aiutaci Signore a saper scoprire quanta Luce della tua Resurrezione è penetrata

all’interno delle famiglie e a trovare il modo per diffonderla perché ai nostri figli non

manchi il coraggio di compiere scelte di bene e nella comunità non si spenga mai la

speranza.

Resta con noi, Signore, e con tutte le famiglie del mondo, soprattutto quelle lontane più

povere e vulnerabili, riempi le nostre case della tua presenza affinché le gioie e i dolori,

le speranze e le attese di ogni famiglia siano illuminate dalla tua Luce.

Amen.

Famiglie Trento

Patrizia Sartori (infermiera) e Antonio Geminiani (direttore provinciale) hanno 3 figli e 1 bimba in affido.

Michela Giacomoni (bibliotecaria) e Ferruccio Berghi (informatico) hanno 2 figli. Maria Teresa Pontara

(insegnante e giornalista) e Francesco Pederiva (docente universitario) hanno 3 figli. Luisa Calliari (medico)

e Renzo Rossi (tecnico di radiologia) hanno 2 ragazzi in affido.