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La voce della Comunità Notiziario Parrocchiale di S. Giuseppe - Dalmine Natale 2016 UN BACIO AL RE CHE NASCE

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1La voce della Comunità • Pasqua 2013

La vocedella Comunità Notiziario Parrocchiale di S. Giuseppe - Dalmine Natale 2016

UN BACIO AL RE CHE NASCE

2 La voce della Comunità • Natale 2016

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mar

ioIL SOLE NUOVO CHE SORGE

PREGHIERA DELLA FAMIGLIAPER LA FESTA DI NATALE

O Dio onnipotente e Padre misericordioso, noi ti ringraziamo, in questo giorno di Natale, per aver mandato il Figlio tuo unigenito a salvarci dal peccato e a conquistarci alla tua paternità.Per l’infinito amore che spinse il tuo Figliolo a farsi come uno dei nostribambini ti preghiamo:benedici questa nostra famiglia perché sia sempre Chiesa domestica dove risuonino le parole buone che allietano e consolano.Benedici il nostro lavoro e le nostre iniziative per un domani migliore pieno di serenità e di pace.Infondi coraggio e serenità nei giorni della prova; dona pazienza, capacità di dialogo e concordia nelle cose di ogni giorno.Dona alla nostra mensa il pane quotidiano; rafforza in noi il desiderio del pane soprannaturale che è il Corpo e il Sangue del tuo Figlio.Allontana da noi ogni tentazione di egoismo e di superbia, di infedeltà e di discordia.Fa che proviamo sempre la gioia di essere noi l’uno per l’altro e di essere assieme aperti a tutti i nostri fratelli.Aumenta in noi la chiarezza della fede, la certezza della speranza, l’ardore della carità.Amen.

EDITORIALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 3 UN BACIO AL RE CHE NASCE E DÀ LA VITA PER AMORE . . . . . . . . . . . . . . pag. 4RINNOVARE LA CATECHESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7LUOGO DI COMUNIONE E DI CORRESPONSABILITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10IL ROSARIO, PREGHIERA SEMPLICE E POTENTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11L’ANFORA ROTTA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 14I SACRAMENTI, FORZA DELLA CHIESA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 21LA FESTA DEI SANTI E LA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI . . pag. 22LA RIFORMA DEI VICARIATI E LA CORRESPONSABILITÀ DEI LAICI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 24BGIORNATA DELLA CARITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 29CENTRO DI PRIMO ASCOLTO CARITAS PARROCCHIALI DI DALMINE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 30I GRUPPI DI CATECHISMO 2016-2017 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 32SCUOLA INFANZIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37CHIESA MISSIONARIA, TESTIMONE DI MISERICORDIA. . . . . . . . . . . . . . . . pag. 41UN SALUTO PER NATALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 42UNA SOLA COSA DOVETE DOMANDARE A NOSTRO SIGNORE:DI AMARLO E RINGRAZIARLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 43

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. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48POESIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 50CALENDARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 52ANAGRAFE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 54

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Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto come sole che sorge. Ogni mattina la chiesa pre-

ga con il cantico del Benedictus. In particolare nell’attesa del Natale queste parole mettono in rilievo il dono inaudito che sorpassa ogni no-stro desiderio.Il tempo di avvento è un tempo di desiderio. Le parole chiave, risuonate nelle domeniche di Dicembre sono: attesa, pazienza, vigilanza, fi-ducia, gioia, meraviglia… ed il filo rosso che le unisce è proprio il desiderio.Massimo Recalcati afferma: “Il desiderio umano è sempre desiderio d’altro, di altri oggetti, inquietu-dine: quello che ho non è mai sufficiente, non e mai abbastanza. Il desiderio e come ipnotizzato dal nuo-vo. Il discorso del capitalista sfrutta potentemente l’ipnosi del nuovo. Il discorso in cui tutti noi siamo inscritti oggi enfatizza il potere seduttivo del nuovo: la nuova sensazione, la nuova esperienza, il nuovo oggetto tecnologico, il cambio di partner... La sirena del nuovo tocca un punto della struttura del desi-derio, cioè che il desiderio umano non si accontenta mai, tende sempre all’al di là di ciò che ha. Diceva già Lucrezio: “Noi siamo un vaso forato”, possiamo mettere dentro tutto quello che vogliamo, ma il buco del vaso non si chiude. (M. Recalcati, La forza del desiderio, 2013).Nel Natale contempliamo il Dono nuovo dell’Incarnazione, il Sole nuovo che sorge. Gesù ha la pretesa di essere accolto come la Novità che realizza il nostro desiderio d’altro. Essere contenti significa essere appagati, soddi-sfatti nei propri desideri. Esattamente come la conclusione a lieto fine di una favola: “E visse-ro felici e contenti”.Ma nella vita, si sa, non tutti e non sempre si e contenti. C’è sempre il desiderio di altro.Spesso i genitori dicono ai figli: non siete mai contenti. E questo significa che nulla soddisfa pienamente il nostro desiderio.Proprio qui si nasconde la tentazione di cam-biare, tentazione che ha il volto del desiderio

IL SOLE NUOVO CHE SORGEEditoriale

di qualcosa di nuovo, sempre, per forza, pena l’essere scontenti, appunto.Tuttavia è anche bello quando si dice: io non mi accontento. Che significa: so che posso di più, so che c’è di meglio. Allora non acconten-tarsi tiene aperta la vita ad una costante ricerca, ad una tensione verso il meglio, ad una nuova alba.Gesù che nasce ci faccia essere contenti, senza accontentarci. Non perché non ci basta come siamo, non perché siamo ingrati, non perché vogliamo cambiare a tutti i costi. Ma per tende-re al meglio. Il Signore metta nel nostro cuore quella sana inquietudine che ci faccia speri-mentare che il meglio è la comunione con Lui, che si e incarnato per rendere piena la nostra gioia. Il profeta Isaia rivolge al Signore questa bellis-sima preghiera, che potrebbe essere la nostra invocazione natalizia: “Signore, noi speriamo in te; al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il no-stro desiderio”. Il desiderio del nuovo sole che ci dia luce, vita e calore.Buon Natale

Don Roberto

4 La voce della Comunità • Natale 2016

La scena della Natività è interpretata da Sie-ger Köder, pittore tedesco ancora vivente, con una forte sottolineatura del rapporto

tra Maria, la madre, e Gesù bambino; tra il Re che nasce e il Re che muore per dare la vita al suo popolo e a tutta l’umanità. La composizio-ne, infatti, è caratterizzata dal tenero e forte ba-cio, che la Madre stampa sulla guancia di Gesù bambino, sollevato dalle sue braccia. La scena è ricca di altre figure, tutte significative: Il profeta:

la sua figura emerge dal basso. Indossa il tallit, lo scialle della preghiera nella tradizione ebrai-ca. Contempla la scena e anche noi lo facciamo con lui, cercando di fare nostri i suoi sentimenti. Ci piace vedere in questa figura il profeta Isaia, che annuncia la nascita dell’Emmanuele da una Vergine (cfr. Is 7,14), o che parla del «Servo sof-ferente», trafitto per i nostri peccati ed eliminato dalla faccia della terra, per guarirci e salvarci, (cfr. Is 52,4-8). Isaia ha annunciato, con la venu-ta del Messia, un’epoca di giustizia e di pace. Ascoltiamo le sue parole: Un germoglio spun-terà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglie-rà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di cono-scenza e di timore del Signore. Giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello … (Isa-ia 11,1-2.4-6). La primavera messianica: attorno alla figura del profeta, Köder dipinge dei fiori. È la primavera che la nascita del Messia porta con sé; è la vita che trionfa! Là dove ci sono persone disposte ad accogliere il Figlio di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, la vita fiorisce di nuo-vo e l’amore di Dio si manifesta in gesti gratuiti di benevolenza e di solidarietà. Giuseppe: il pa-dre legale di Gesù, nella sua semplicità, dorme; sembra assente, estraneo rispetto alla profonda e intensa relazione di Maria con il Figlio appena nato! Forse il pittore vuole anticipare l’assenza di Giuseppe sotto la croce. Ma il sonno di Giu-seppe ha un altro significato; ci ricorda i sogni at-traverso i quali conosce la volontà di Dio, come deve comportarsi e che cosa deve fare!Il suo volto infatti è rivolto verso l’alto, per ri-chiamarci il mistero di Dio che si è compiuto nel Bambino, appena nato, e per invitarci ad ascol-tare e a ubbidire con prontezza alla volontà di Dio, anche quando è difficile da capire e da vi-vere! Leggiamo nel Vangelo di Matteo (1,20-23)

UN BACIO AL RE CHE NASCE E DÀ LA VITA PER AMOREVenite, adoriamo!

5La voce della Comunità • Natale 2016

A Giuseppe apparve in sogno un angelo del Si-gnore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dal-lo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Una bam-bina infreddolita: nella scena non ci sono pastori o magi. Köder ha dipinto una bambina infreddo-lita, che si avvicina alla Madre e al Figlio, avvolta in una sciarpa, che nei colori riprende quelli del profeta. Ha le mani giunte e contempla l’evento dell’Incarnazione. La sua figura si staglia sul cie-lo buio ferito dal chiarore della stella; rappresen-ta l’umanità per la quale il Figlio di Dio si è fatto uomo. Maria, la madre dell’Emmanuele: solleva tra le braccia il Bambino, così come abbiamo sot-tolineato all’inizio, e, in uno slancio di amore, imprime sulla sua guancia un bacio. È un gesto di adorazione. Adorare significa proprio questo: portare alla bocca (ad-os), dare un bacio. L’ado-razione coinvolge tutta la persona: cuore, mente, corpo, volontà. Nella tradizione ebraica il bacio significa respirare insieme. È il respiro della vita di Dio che diventa nostro e la nostra vita si con-segna a Dio. Noi che contempliamo: non siamo nella scena, siamo fuori scena, ma ci è chiesto di guardare attentamente. La scena è ripresa dal basso, per evidenziare i pali che sostengono il soffitto della stalla, simili a tante croci.Il Bambino che nasce è il Re-Messia, destinato a riscattare Israele, ma anche a salvare tutta l’u-manità. Così san Paolo annuncia la salvezza di cui Gesù Cristo è il portatore: È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mon-dani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità. (Lettera a Tito 2,11-14) Concludiamo con una preghiera: Signore Dio, ogni giorno tu bussi alle porte delle nostre case. Tu conosci la vita dell’uomo, le sue fatiche, le sue paure, e de-sideri camminare con noi, consolarci e donarci speranza. Vogliamo lasciarti entrare nel nostro cuore. Continua a visitarci con il tuo amore, a re-galarci gioia e fiducia, ad offrirci perdono e pace. Amen.

I Re Magi È un’opera d’arte contemporanea del 1925 che fornisce molti spunti per un’attenta riflessione e contemplare un grande mistero. L’autore è Ko-der, un sacerdote tedesco ordinato nel 1971 che ha vissuto la prigionia della II guerra mondiale con molto dolore. Nelle sue opere presenta, in modo particolare l’Antico e il Nuovo Testamen-to ma non ama rappresentare la figura di Cristo e quando lo fa, lo mette comunque in secondo pia-no. È sempre nella posizione di colui che guarda, quasi a creare una sorta di invisibile-visibile. E così anche in questa opera Koder non mette Cri-sto in primo piano ma rappresenta la sua rega-lità facendo parlare i Magi venuti dall’Oriente.

Il Sapiente raffigurato sulla sinistra piega il vol-to in modo del tutto innaturale e questo perché è intento ad osservare la stella che è in cielo, la quale viene da Oriente, così come riportato in Nm 24,17. Io lo vedo, ma non ora, io lo con-templo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set. La stella è, nell’antico Oriente, segno di un dio, e di conseguenza di un re divinizzato; anche nell’an-tica lingua della Mesopotamia per indicare la divinità e la stella venivano usate le medesime parole. i Sapienti non sono seduti su dei sassi o su un qualsiasi sedile. L’autore li ha raffigurati su delle colonne, per giunta rotte. Questo perché si riferiva ad Am 9,11: “In quel giorno rialzerò la

Nota biografica: Sieger Köder nasce il 3 gennaio 1925 a Wasseralfingen, in Germania, dove termina i suoi studi. Durante la seconda guerra mondiale è mandato in Fran-cia come soldato di frontiera ed è fatto prigioniero. Tor-nato dalla prigionia, frequenta la scuola dell’Accademia dell’arte di Stoccarda e quindi studia filologia inglese all’università di Tubinga (come parte della sua formazio-ne di insegnante). Dopo 12 anni d’insegnamento di arte e di attività come artista, Köder intraprende gli studi te-ologici per il sacerdozio e, nel 1971, viene ordinato pre-te cattolico. Dal 1975 al 1995, padre Köder esercita il suo ministero come parroco della parrocchia in Hohenberg e Rosenberg e oggi vive in pensione ad Ellwangen, non lontano da Stoccarda. Gli anni del suo ministero di prete sono fra i più fecondi di ispirazione per le opere d’arte. C’è completa sinergia fra il Köder sacerdote e l’artista. Usa le sue pitture come Gesù usava le sue parabole. “Ri-vela” la profondità del messaggio cristiano attraverso metafore, spargendo luce e colore sulla vita e sulla storia umana. L’arte di Köder è caricata pesantemente della sua esperienza personale di guerra durante il periodo Nazi-sta e il periodo dell’Olocausto.

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capanna di Davide, che è caduta; ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine, la ricostruirò come ai tempi antichi”. Questo passo messianico indi-ca la restaurazione del Regno di Davide e quindi profetizza la venuta del Messia.

Ad una prima osservazione i sapienti hanno in mano dei fogli, ma l’uomo di centro sembra ave-re in mano una cartina geografica o meglio an-cora una carta delle stelle servita per un orienta-mento durante il viaggio, anche perché era risa-puto che essi conoscevano l’astronomia. Questi sapienti vengono raffigurati in un luogo deserto, e così la stella rappresenta per loro l’unico pun-to di riferimento. Ma è interessante invece sot-tolineare che l’uomo di destra ha il Rotolo della Legge. Oltre ad un orientamento geografico i magi hanno seguito un orientamento spiritua-

le, biblico. Questo a significare che il loro non era un semplice viaggio, ma probabilmente essi stessi avevano quella consapevolezza che il loro era un vero Pellegrinaggio – unico nel suo gene-re – verso la grotta di Betlemme. Anche l’uomo di destra ha un’espressione molto stupita, anche lui è intento a guardare la stella.

Il presepe di GreccioKoder vuole richiamare il presepe di Greccio re-alizzato da San Francesco nella notte di Natale del 1223. Nell’immagine infatti si può intravede-re il Santo vicino al Bambino Gesù, presente sia sotto forma di un bambino sia sotto le specie eu-caristiche, così come descritto nelle Fonti France-scane. Una notte illuminata nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illumina tutti i giorni e tutti i tempi. Tutti i presenti guardano verso Gesù, uomini e animali intenti nell’adora-zione del Figlio di Dio.

7La voce della Comunità • Natale 2016

Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium scrive che «non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre

chiese ed è necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria». Questo compito con-tinua ad essere la fonte delle maggiori gioie per la Chiesa: «Vi sarà gioia nel cielo per un solo pec-catore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».Ogni inizio di un nuovo anno catechistico met-te in evidenza la grande risorsa della comunità cristiana che con consapevolezza e generoso im-pegno, nelle persone di adulti disponibili per il servizio della catechesi, intraprende un nuovo cammino. Ma mette anche in evidenza la neces-sità di una continua riforma per un’evangelizza-zione sempre più autentica.Il dibattito sulla riforma della catechesi riguarda l’intera proposta dell’iniziazione cristiana dei ra-gazzi. Questa riforma ci spinge a cercare un mo-dello catechistico nuovo rispetto al modello tra-dizionale.

Che cos’è l’iniziazione cristiana?Il documento della CEI sulla catechesi “Incontria-mo Gesù, orientamenti per la catechesi in Italia” del 2014 afferma: L’iniziazione cristiana è «l’attivi-tà che qualifica l’esprimersi proprio della Chiesa nel suo essere inviata a generare alla fede e a realizzare se stessa come madre» Essa si rivolge a ragazzi, gio-vani e adulti e riguarda il passaggio delle persone ad una nuova identità, nei loro punti di riferimento e nei loro obiettivi, per aiutare a pensare e vivere come di-scepoli di Cristo. L’iniziazione cristiana è un cammino diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza dei discepoli del Signore. «Il credente compie un apprendistato glo-bale della vita cristiana e si impegna a una scelta di fede e a vivere come figlio di Dio ed è assimilato, con il battesimo, la confermazione e l’eucaristia, al mistero pasquale di Cristo nella Chiesa».

Le caratteristiche del modello tradizionaleIn una recente relazione il direttore dell’Ufficio Catechistico diocesano, don Andrea Mangili, ha

RINNOVARE LA CATECHESIL’apertura del nuovo anno catechistico

ci sprona a trovare nuove vie per evangelizzare

presentato questa fotografia per descrivere il mo-dello catechistico tradizionale che viene proposto nelle parrocchie della nostra diocesi.

l’ l’iniziazione cristiana si compie in circa 7 anni di cammino; (prima confessione situata nel 2-3 anno; prima comunione situata nel 3-4 anno, cresima celebrata in 1-2 media);

l’impostazione è sul gruppo classe scolastica (detta la norma l’età dei ragazzi e la classe sco-lastica frequentata); la catechesi inizia in prima primaria, a volte in seconda con un cammino meno intenso in prima.

la catechesi è settimanale (da ottobre a maggio) guidata da un catechista (di solito donna);

i progetti catechistici non sempre ci sono; se ci sono, sono diversi da parrocchia a parrocchia; e quindi all’interno dello stesso vicariato non vi è uniformità ne dei cammini, ne delle celebra-zioni dei sacramenti;

La catechesi coinvolge più del 90% dei bambi-ni (anche se l’immigrazione e i non battezzati crescono): ancora alta richiesta di sacramenti; la situazione sta però cambiando rapidamente e in alcune zone della diocesi le percentuali va-riano sensibilmente. Si va sempre più verso la presenza di ragazzi non battezzati o battezzati ma non frequentanti l’iniziazione cristiana;

8 La voce della Comunità • Natale 2016

l’abbandono al termine del percorso di l’inizia-zione cristiana è di circa il 50% subito dopo la cresima e via via negli anni;

la catechesi rimane fortemente caratterizza-ta da un impianto e una modalità scolastica (anche il vocabolario che si usa lo dice: classe, aula, scheda, anno, lezione….) che viene defi-nita faticosa dai catechisti e anche dai preti: ci si rende conto che questo modello non regge più;

vi è ormai un abbandono pressoché totale dei catechismi: di certo non li usano i ragazzi, poco vi si riferiscono i catechisti che spesso non co-noscono il Progetto Catechistico Italiano e la sua struttura;

i catechisti sono sempre meno formati e sem-pre meno reperibili: all’inizio dell’anno man-cano molti e spesso si ‘accalappia’ qualcuno all’ultimo e per caso;

la formazione che si propone ai catechisti è sporadica o di stampo teologico (ricalca la scuola di teologia con corsi specifici su alcune tematiche). Questo ha creato negli anni cate-chisti preparatissimi ma incapaci dal punto di vista metodologico o catechisti che tendono a replicare con i ragazzi il modello formativo a cui partecipano;

il coinvolgimento dei genitori avviene attra-verso alcuni momenti formativi a loro dedi-cati (incontri, ritiro, riunioni): in alcuni casi in maniera costante negli anni; in altri casi solo in occasione dei sacramenti. E’ coinvolto l’80 per cento di essi (con percentuali diverse in dioce-si), la tendenza è quella di un calo generale.

Questioni aperte - andrebbe maggiormente evitata la scolarizza-

zione e il cammino scandito dalla classe sco-lastica (aule, anno, banchi, cartellette, registro presenze, interrogazioni, compiti a casa).

- andrebbe impostato il cammino sugli anni del-la catechesi e non legare alla celebrazione dei sacramenti a una precisa età: si tratta di portare di più la logica del cammino personalizzato;

- lavorare su un progetto catechistico parroc-chiale: è necessario comprendere in cosa con-sista il cammino dell’iniziazione cristiana che si propone: di quali tappe vive, con quali con-tenuti, con quali attori, con quali esperienze si-gnificative, come procede e si sviluppa. Sareb-be un lavoro non solo dei singoli catechisti o del gruppo catechisti, ma anche del consiglio dell’oratorio, del consiglio pastorale;

- Il ruolo dell’anno liturgico: la prima scuola di catechesi. Vi è un riferimento esplicito in alcu-ni cammini in atto in alcune parrocchie. Si po-trebbe continuare a valorizzare l’anno liturgico nelle sue tappe, nei suoi riti e negli stessi brani della Parola della liturgia che possono diventa-re riferimento nella catechesi. Anche perché da questo punto di vista si potrebbe convergere tra la partecipazione alla catechesi e alla cele-brazione eucaristica domenicale (anche se da molti è disatteso questo momento);

- investire maggiormente nella formazione dei catechisti, superando anche il modello scolasti-co e della semplice conferenza;

- continuare e aumentare il coinvolgimento dei genitori (anche se è un cammino faticoso che ri-chiede tempo ed energie da mettere in campo);

- maggiore unitarietà tra catechesi, liturgia e carità: per un vero cammino integrato e di ap-prendistato globale della vita cristiana. Qui

9La voce della Comunità • Natale 2016

diventano decisive le esperienze che sono vi-ste come altro dalla catechesi ma che in realtà sono un completamento, un’altra opportunità di educazione alla fede. Il ruolo dell’oratorio e delle sue numerose proposte fa sì che si possa considerare iniziazione cristiana l’intera vita e le numerose proposte oratoriane.

Alcuni punti fermi da attuare nell’iniziazione cristiana Il documento della CEI “Incontriamo Gesù, orientamenti per la catechesi in Italia” suggerisce alcune linee da considerare e da attuare:

L’importanza di un cammino globale e integra-to, fatto di ascolto della Parola e di introduzione alla dottrina cristiana, di celebrazione della Gra-zia, di condivisione della fraternità ecclesiale, di testimonianza di vita e di carità come elemento fondante e fondamentale del cammino d’inizia-zione cristiana attuato dall’intera comunità.

Il rilievo decisivo di ciò che precede e segue il tempo del catecumenato, ossia rispettivamente la prima evangelizzazione e la mistagogia. Cia-scuna delle tappe del cammino è scandita da una propria e specifica trasmissione della Paro-

la: il primo annuncio, la catechesi organica e sistematica, la celebra-zione dei sacramenti dell’iniziazione, la ca-techesi mistagogica.

I passaggi da un tem-po all’altro non pos-sono dipendere solo dall’età del candidato o dalla durata crono-logica del percorso. Si incoraggia un discer-nimento che rispetta e promuove la libera e piena rispondenza del soggetto.

10 La voce della Comunità • Natale 2016

Domenica 6 Novembre è stato presentato, nella messa delle 10.00, il nuovo Consiglio della Comunità. Ai membri del Consiglio

sono state rivolte tre domande: - Volete assumere l’impegno di far crescere la

Parrocchia con il vostro consiglio?- Volete maturare una chiara coscienza ecclesia-

le, uno stile di comunicazione fraterna e di sin-cera ricerca per convergere sul piano pastorale parrocchiale?

- Volete lasciarvi formare per una sempre più profonda conoscenza della vita pastorale e per una sempre più solida mentalità di fede.

Dopo aver invocato il dono dello Spirito Santo è stato loro conferito il mandato per i prossimi anni.

Il compito affidato al Consiglio è fondamental-mente riassumibile nel seguente testo di riferi-mento del Sinodo Diocesano del 2007.L’elaborazione del piano pastorale parrocchiale si attua attraverso il confronto aperto per ricercare il cammino suggerito dallo Spirito Santo alla comunità, nelle sue concrete situazioni storiche. La ricerca deve riferirsi a tutti gli ambiti della vita parrocchiale, in particolare deve riguardare le decisioni fondamentali per l’evan-gelizzazione continua dei praticanti e dei non prati-canti, l’educazione alla fede delle nuove generazioni, l’analisi delle povertà economiche, morali e sociali, il dialogo con la società, l’ascolto degli interrogativi che provengono dal territorio, l’elaborazione delle risposte

LUOGO DI COMUNIONE E DI CORRESPONSABILITÀ

più opportune. La ricerca, sempre illuminata dall’a-scolto della Parola, deve avere presente il cammino della Chiesa universale e della Chiesa diocesana ed es-sere attenta alle persone e ai diversi ambienti di vita, come la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro, il mon-do della sofferenza. L’elaborazione del piano pastorale parrocchiale comporta un’analisi seria del territorio e della vita della parrocchia, guidata dal discernimento evangelico, al fine di: - determinare le priorità o urgenze da tenere presenti, perché ogni scelta pastorale orienti la comunità verso le mete stabilite; - individuare le ricchezze presenti nelle persone, nelle tradizioni e nelle strutture, e il modo di coinvolgerle e utilizzarle; - determinare le tappe intermedie e le verifiche da com-piere periodicamente, per correggere, precisare e arric-chire il cammino da percorrere. Il programma pastorale annuale, nel quadro del piano pastorale parrocchiale, si propone di rendere concreto per la parrocchia il programma pastorale diocesano, attraverso la scelta delle mete possibili e degli obiet-tivi più urgenti, mantenendo la memoria dei passi già compiuti, valutando le risorse umane, i tempi e i mezzi disponibili. Già dai primi incontri i membri del Consiglio hanno iniziato a lavorare, consapevoli della ne-cessità di lasciarsi formare per il compito così de-licato ed importante loro affidato.

Il nuovo Consiglio Pastorale della Comunità

11La voce della Comunità • Natale 2016

Il rosario è una preghiera talmente legata alla fede nell’incarnazione che può dirsi nasca da essa, tanto da far esclamare a Newman: «Il rosa-rio è il credo fatto preghiera». Gli elementi teolo-gici su cui è fondato il rosario sono:

Preghiera evangelicaDal vangelo vengono desunte sia le preghiere, sia la formulazione dei misteri: il Padre nostro, preghiera insegnata da Gesù; l’Ave Maria, che combina il saluto dell’angelo con l’elogio di Eli-sabetta; il Gloria al Padre, che è lo sviluppo della

formula trinitaria pronunciata da Gesù quando inviò i discepoli nel mondo (Mt 28,19); il conte-nuto dei misteri, che in sintesi ci presenta le tap-pe fondamentali del mistero di Cristo, incarna-zione, passione e gloria.

Preghiera cristocentricaL’interminabile lode che il rosario tributa a Ma-ria ha il suo fondamento in Gesù, a cui ogni lode termina. Le lodi rivolte a lei vogliono soltanto proclamare e difendere con ogni severità la fede in Gesù come Dio e come uomo. Ogni Ave det-ta in sua eterna memoria ci ricorda che c’è stato uno il quale, per quanto beato in eterno, non di-sdegnò, per amore dei peccatori, il corpo della Vergine. Lodando Maria, in effetti non si fa altro che proclamare ed annunciare in continuità la grazia per la quale ella è genitrice di Dio, in de-finitiva annunciare e proclamare l’incarnazione del Figlio di Dio. L’Ave Maria è lode incessante a Cristo, e Cristo rimane l›oggetto centrale del rosario perché nei misteri gaudiosi è pregato nella sua vita nascosta, in quelli dolorosi nella sua passione e morte, ed in quelli gloriosi nella sua esaltazione partecipata alla madre e alla chiesa.

Preghiera ecclesialeLa chiesa è il popolo dei chiamati alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo. Il rosario offre la conoscenza di Gesù Cristo ed il suo mistero di salvezza e ne sollecita da parte nostra l’adesione umile e grata. Nello sviluppo di questa preghie-ra la finalità rimane l’atto di fede che vissuto con Maria è segno più evidente di ecclesialità giac-ché «ella è congiunta nella stirpe di Adamo con tutti gli uomini bisognosi di salvezza, anzi è ve-ramente la madre delle membra di Cristo, per-ché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli nella chiesa, i quali di quel capo sono le mem-bra» (LG 53).

IL ROSARIO, PREGHIERA SEMPLICE E POTENTE

La Festa patronale della Madonna Regina del Santo Rosarioè stata preparata con le riflessioni che ci hanno aiutato a riscoprire

il significato del Rosario e ci hanno condotto a rinnovare la nostra fiducia nella Madre di Misericordia

12 La voce della Comunità • Natale 2016

Preghiera sempliceNella sua evoluzione storica il rosario è giunto ad una essenzialità che ne traduce la semplicità di struttura. Porta chi lo prega al centro stesso del mistero cristiano, ai dati fondamentali della fede, attraverso le preghiere più universalmente conosciute; Pater, Ave, Gloria. È la preghiera dei poveri, non solo perché è praticabile dagli umili ma soprattutto perché insegna l’itinerario verso la semplicità e povertà di spirito.

Preghiera contemplativaContemplazione non è la sola applicazione della nostra intelligenza su di un determinato argo-mento che fa riflettere, ma è la capacità di posare lo sguardo innamorato e riconoscente su tutto ciò che ci circonda in un atteggiamento di ascolto, di apertura e di assenso. Contempliamo il sorgere del sole, i fiori, le gioie e i drammi degli uomini... Il rosario è scuola di contemplazione perché ci abitua a guardare, di volta in volta, un episodio della vita del Salvatore in un atteggiamento che produce gioia, sofferenza ed esaltazione sempli-ce e profonda che nutre il cuore e l’intelligenza.

Preghiera catecheticaOltre che preghiera è anche un metodo sempli-ce e popolare di predicazione e di presentazione della fede stessa. È una forma privilegiata di pe-dagogia e di catechesi e, come tutte le opere ispi-rate, unisce all’assoluta semplicità e trasparenza il valore enorme della riproposizione del kéryg-ma che viene donato come unica salvezza. È un predicare che sollecita l’assenso dell’uomo come l’annuncio dell’angelo sollecitò l’assenso di Ma-ria. Guida l’animo verso l’assimilazione dei mi-steri e delle verità evangeliche di cui è pregno.

Preghiera creativaCi porta continuamente a mettere in relazione, a verificare i nostri sentimenti sui sentimenti di Cristo, il nostro agire sul suo agire, il nostro pen-sare sul pensare di lui, Signore della vita e mae-stro dell’esistenza. In questo continuo confronto cadono le scorie della vita e si attua una purifica-zione che rende disponibili alla volontà di Dio. È forse un caso che i grandi missionari e gli artefici di profonde riforme nella chiesa erano persone che pregavano con il rosario (Cottolengo, don Bosco, don Orione, papa Giovanni XXIII, ecc.)?

13La voce della Comunità • Natale 2016

Salve Regina Le voci supplicanti degli uomini e delle donne ricorrono a Lei, perché lei può tutto. La sua regalità le deriva dalla regalità del Figlio, che ora siede alla destra di Dio. Madre di misericordia La invochiamo come madre. È il nome più importante da collocare accanto a Maria, più importante ancora di quello di Vergine, di Immacolata, di Regina, di Assunta. È una madre con il cuore segnato dalla compassione per i suoi figli. Ella è la madre di Colui che è misericordia. Lei che ci ottiene il perdono dei peccati e le grazie necessarie.

Vita, dolcezza, speranza nostra Maria è la vita perché ha portato in grembo Colui che è la vita e lo ha donato a tutti noi. È la dolcezza perché Gesù è la dolcezza. È la speranza perché porta a noi Colui che è la speranza. Il suo amore per noi e per il Figlio ci rende certi che ci donerà sempre il Figlio.

A te ricorriamo, esuli, figli di Eva. A te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrimeLa sguardo della preghiera da Maria si rivolge ora agli uomini, a noi. E ci considera sotto due aspetti: figli di Eva ed esuli. Figli di Eva, cioè segnati dal peccato originale e quindi dai peccati. Siamo segnati da mille ferite, deboli, fiaccati, disorientati, come “pecore senza pastore”, lontani dal vero e dal bene, lontani dalla patria e perciò esuli. Valle di lacrime, così è chiamato questo mondo, questa vita. Le lacrime sono la caratteristica più emergente di questa vita: lacrime di angoscia, di paura, lacrime di chi è lasciato, maltrattato, deriso, colpito, violentato, lacrime di chi non ha più nessuno, di chi ha fame, di chi ha freddo, di chi ha subito ingiustizia. Le lacrime diventano invocazione di liberazione, di riscatto. Su dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi i tuoi occhi pieni di misericordia La preghiera si rivolge poi a Maria chiamandola: avvocata. Maria interviene in nostro favore. Come in ogni buona famiglia, la mamma supplica il padre di non essere troppo duro con i figli. Tira fuori dal padre quel lato misericordioso che egli ha già dentro di sé, ma che l’affetto della madre per i figli fa risaltare. Mostraci, dopo questo esilio, Gesù, frutto benedetto del tuo ventre, O clemente, o pia, o dolce ver-gine Maria.C’è un punto a cui tende tutta la preghiera, come una freccia scoccata verso il suo obiettivo: mostrarci Gesù. La Salve Regina è come una invocazione a Maria affinché ci mostri Gesù. Maria da sempre è vista dal popolo come colei che porta a Gesù, che indica Gesù, che rivela Gesù. Come lo ha generato un tempo, frutto benedetto del suo ventre, così ora lo genera in chi lo domanda, per farci uscire dal nostro esilio.

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14 La voce della Comunità • Natale 2016

Due giorni prima di morire, Gesù fu invitato nella casa di Simone il lebbroso per un ban-chetto. C’era anche una donna che aveva con

se un vaso di alabastro pieno di nardo, un olio profu-mato preziosissimo. La donna ruppe il vaso per un-gere i piedi di Gesù e il profumo si diffuse in tutta la casa. Al rimprovero di Giuda per lo spreco del profu-mato olio prezioso, seguirono le parole di Gesù che sottolineano la profezia di quel gesto in riferimento alla sua morte, sepoltura e risurrezione.La rottura del vaso annuncia la rottura del suo corpo sulla croce e il profumo è il dono dello Spirito Santo diffuso in tutto il mondo. Questa è l’immagine con la quale abbiamo accom-pagnato i ragazzi di terza media nel passaggio verso l’adolescenza, una stagione della vita affascinante e delicata, nella quale si “rinasce” con il compito di co-

struirsi un’identitá e di giudicare da sè il valore delle cose, distinguendo ciò che vale. Come ogni nascita bisogna mettere in conto la sofferenza, la fatica. L’anfora rotta rappresenta il passaggio: si rompe con l’età della fanciullezza e si cerca di rimettere insieme i pezzi per una “nuova” nascita. Lo Spirito Santo ri-cevuto nel Battesimo e confermato in pienezza nella Cresima è all’opera nella vita di ogni cristiano che “rompe” con una visione chiusa della vita e della fede.Nel mese di maggio i ragazzi di terza media saranno richiamati per la professione della fede: in quell’oc-casione porteranno il pezzo di anfora che si sono portati a casa e cercheremo di ricostruire l’anfora. Nell’Antico Testamento, quando si stabiliva un patto di allenanza, i due contraendi rompevano un’anfo-ra in due pezzi e ne trattenevano un pezzo ciascuno. Ogni anno, per rinnovare l’alleanza, riportavano il

L’ANFORA ROTTAIl progetto educativo degli adolescenti

15La voce della Comunità • Natale 2016

proprio pezzo e ricomponevano l’anfora. Il simbolo indica la volontá di prestare fede ad una promessa.

Sappiamo quanto sia difficile oggi accompagnare la crescita degli adolescenti. Le molteplici ragioni di questa fatica sono state og-getto di una profonda verifica da parte degli animato-ri, che hanno voluto convocare i genitori per una con-divisione del progetto educativo degli adolescenti.Il più grande cambiamento consiste nello slegare la presenza dell’adolescente alla classe anagrafica: i ra-gazzi non sono più divisi per classi ma per fasce.Sono stati loro stessi, attraverso le loro scelte e alcune costatazioni a suggerire agli animatori questo cam-biamento. In particolare:- la partecipazione al gruppo legata solo ed esclusi-

vamente alla presenza degli amici. Più di una volta abbiamo visto alcuni adolescenti abbandonare il percorso perché gli amici erano più o meno grandi di un anno.

- la naturalezza con cui vivevano esperienze di lavo-ro e confronto durante il CRE.

Al CRE i ragazzi non sono divisi per età ma sono mescolati tra loro nelle diverse squadre. In quell’e-sperienza l’appartenenza al gruppo non interessa.

Questo ci ha fatto pensare a come aiutare i ragazzi a non chiudersi nel loro gruppetto ma ad essere aperti all’incontro con altri adolescenti.Da quest’anno, stiamo sperimentando l’appartenenza a fasce d’età e non a classi che ciclicamente cambie-ranno. Sono così suddivisi:- 3 media: - ado1 e 2- ado 3 e 4- giovanissimiNella progettazione del percorso cerchiamo di tenere presente i seguenti aspetti:• AGGREGATIVO farli stare bene insieme e farli

sentire protagonisti della vita in Oratorio• CULTURALE stimolare il desiderio di confrontar-

si con gli altri, partendo dall’esperienza concreta dello scambio di opinioni con i coetanei;

• attenzione al SERVIZIO ciascuna fascia ha degli obbiettivi precisi rispetto a questo aspetto

• CATECHISTICO confronto con il Vangelo con la figura di Gesù;

• SPIRITUALE far capire loro che è importante cre-scere anche nei sentimenti e nell’anima.

I cammini degli adolescenti si articolano secondo queste tre modalità: • L’INCONTRO in cui si privilegia il confronto sul

tema che accompagna l’anno, catechesi, testimo-nianze ecc…

• LA LITURGIA con momenti condivisi (es. Messe

solo per Ado e Giovani in san Giorgio, confessio-ni, il ritiro avvento e quaresimale, triduo pasquale ecc…).

• LA VITA con la proposta di alcuni momenti aggre-gativi particolari (es. uscite, gioco, campi invernale ed estivo, convivenza, carnevale, Cre, esperienze di servizio e altre proposte da vivere insieme).

Ogni fascia è accompagnata da un’equipe di animato-ri composta da giovani e da adulti. Per ciascuna fascia è stato steso un piccolo progetto educativo.

UN VIAGGIO DA RAGAZZI: andata e ritorno con gli ado di 3 media

• DA DOVE PARTIAMO Con la cresima si considera concluso il percorso

di iniziazione cristiana. Inizia dunque l’iniziazione alla VITA CRISTIANA. Se è vero che il percorso sacramentale è concluso, è altrettanto vero che si apre tutto lo spazio alla vita quotidiana.

Cosa farne di un percorso durato diversi anni? E’ soltanto un bagaglio chiuso da portare senza farsi

16 La voce della Comunità • Natale 2016

più alcuna domanda? Cosa significa realizzare ciò che gli anni di catechismo hanno raccontato ai ra-gazzi? E la vicenda del Risorto, cosa ha a che fare con la vita di ciascuno?

• CON CHI PARTIAMO Queste domande rimandano alla storia di ciascu-

no: per questo decidiamo di aiutare i ragazzi a mi-surarsi con se stessi in questa fase di passaggio. I preadolescenti portano dentro una grande doman-da di attenzione e di ascolto. Questa età è carat-terizzata da un profondo cambiamento fisico e da una nuova presa di coscienza del sé. Sono pas-saggi importanti: l’azione educativa con i ragazzi chiede di prendere sul serio la loro vita, di acco-gliere i loro interessi, le loro domande e le loro singolarità.

Questa età rappresenta un primo momento di assi-milazione e assunzione di quanto è stato loro offer-to negli anni precedenti. Ciò comporta una valoriz-zazione del loro protagonismo, senza dimenticare che la loro giovane età richiede ancora un solido accompagnamento da parte degli educatori.

• PER DOVE PARTIAMO Il viaggio ci porterà ad approfondire alcune temati-

che:a) IN VIAGGIO CON IL MIO CORPO E LA

MIA UNICITA’ sviluppo del tema dell’identità e dell’unicità

che ci rende irripetibili; dei desideri che abi-tano i ragazzi; dei talenti e delle doti che pos-siedono e poco conoscono; di ciò che si muove dentro di loro: emozioni, paure, sentimenti …; di un corpo che cambia e che crea legami e ralazioni: amicizie ….

b) IN VIAGGIO, MA NON DA SOLI: L’AMICO, IL GRUPPO E LA FAMIGLIA

sviluppo del tema del dono dell’amico e dell’importanze del gruppo.

Particolare attenzione all’aspetto aggregativo (cercare di mantenere il gruppo) e al coninvol-gimento dei genitori

c) IN VIAGGIO PER CRESCERE e dopo le medie? come le nostre scelte deter-

minano il futuro Adesione al progetto di educazione e promo-

zione DI STILI DI VITA SANI: “Mi ri-guarda?” conosce per scegliere, alcool,

sostanze illegali, fumo. “Non t’azzardare” contrasto al gioco patolo-

gicod) il RITO DI PASSAGGIO all’inizio dell’anno

e la PROFESSIONE DI FEDE a fine anno• IL VIAGGIOa) ATTENZIONE AGGREGATIVA Lavorare per darsi un’identità, una fisiono-

mia precisa, che possa generare desiderio di APPARTENENZA da parte dei ragazzi. Il pas-saggio dalla cresima al gruppo ado, chiede che il ragazzo aderisca alla proposta, decida di starci, accettando di camminare con gli altri. Ciò è possi-bile nella misura in cui vive una bella esperienza, sperimentando il rispetto e l’accoglienza.

Durante l’anno i ragazzi sono chiamati a scegliere la scuola superiore che avrà importanti conseguen-ze nella vita dei ragazzi: in positivo, vengono get-tate le basi per l’adulto di domani; in negativo in quanto le scelte sbagliate introducono i ragazzi in percorsi dispersivi. Diventa decisivo allora educare i ragazzi a compiere delle scelte, orientandone le motivazione.

b) PROFESSIONE DI FEDE Dal punto di vista della fede, il ragazzo è tentato di

abbandonare il cammino. La PROFESSIONE DI FEDE posta qui, rappresenta un’occasione perché, anche se in modo adeguato alla loro età, il ragazzo che entra nell’adolescenza, esprime la propria scel-ta illuminata dalla fede.

17La voce della Comunità • Natale 2016

Sperimentandosi capaci di fare cose buone e belle, i ragazzi si aprono al senso di Dio e arrivano poi negli anni dell’adolescenza a porsi domande sul mistero di Dio.

ABITARE L’ORATORIO:COME VIVO L’ORATORIO DA

ADOLESCENTE CAMMINO per ADO 1 – 2

E’ ormai finita l’età in cui tutti mi consideravano “piccolo”; sono entrato in quella fase che gli adul-ti chiamano adolescenza. Non ho capito esattamente cosa sia, ma mi accorgo che qualcosa sta cambiando, dentro e fuori di me. Frequento una scuola diversa, più impegnativa: nella mia classe non ho più gli amici del paese e dell’oratorio, ma compagni nuovi, molto diversi l’uno dall’altro per modo di vestire, parlare, comportarsi, per scelte e abitudini.Molti di loro per esempio non sanno nemmeno cosa sia l’Oratorio e quando mi capita di parlarne, qual-cuno mi ascolta, qualcuno mi prende in giro o se ne va via.Mi dicono che sto diventando ribelle e testardo; forse è vero: mi accorgo che tutto ciò che ho fatto fino ad oggi mi sta stretto, lo contesto e vorrei liberarneme; mi accorgo di avere ormai le mie idee, di non accet-tare imposizioni, di non voler continuare a fare cose che non significano niente per me. Il mio rapporto con i genitori sta diventando più difficile.

CORTILEFrequentare l’oratorio è diventata una mia scelta: quando voglio ci vado, quando non mi va, no. I moti-

vi per cui mi reco in oratorio sono tanti: alcune volte perché voglio partecipare a qualche iniziativa, altre perché c’è una proposta proprio per me e che mi attira particolarmente, altre semplicemente perché ci sono i miei amici con i quali passare un po’ di tempo. Alcuni compagni d’infanzia non frequentano più l’o-ratorio mentre altri hanno fatto dell’oratorio la propria “casa” in quanto è il luogo in cui vanno ogni giorno per incontrare gli amici. In questa casa mi capita di incontrare anche gli animatori, con i quali ho un bel rapporto e spesso mi confronto sulle cose quotidiane della mia vita. L’oratorio mi propone anche esperienze aggregative come gite fuori porta di uno o due giorni, campi in-vernali ed estivi. Si ha la possibilità di passare più giorni lontano da casa, di stare con gli altri e di con-frontarci su tematiche significative per la nostra età. L’opportunità non è però colta da tutti e molti non vi aderiscono.

SALA GIOCHI A volte vado in oratorio solo per fare sport, per gio-care e magari faccio un salto al bar. Qui mi trovo ad affrontare le regole che limitano la mia libertà: mi piacerebbe fare quello che voglio, ma non sempre mi è concesso, proprio come in casa mia. Non capisco perché il campo di calcio è di tutti e devo lasciare spa-zio perché tutti possano giocare; non capisco perché ci siano degli orari di apertura e chiusura e non posso scavalcare il cancello ed entrare in ogni momento; in sala giochi devo rispettare e trattare con cura i gio-chi e i materiali che utilizzo; inoltre mi si dice che non devo dire parolacce e non offendere le persone. Eppure anche io quando sarò animatore dovrò cercare

18 La voce della Comunità • Natale 2016

di abituare i ragazzi al rispetto delle persone, delle cose e delle regole. Pertanto la stessa cosa dovrei far-la io, ma faccio fatica: sono in contraddizone, lo so.

AULA Quest’anno ho ripreso ad andare al gruppo, anche se vado quando ne ho voglia. Mi sono accorto però che alcune cose sono cambiate anche nella catechesi ri-spetto a prima: il gruppo si è ridotto di numero e la presenza è incostante; poi gli educatori ci fanno lavo-rare in modo diverso, ci coinvolgono di più, ci fanno dialogare e confrontare attorno al tema proposto. Da un lato tutto questo mi piace molto, perché mi sento protagonista della mia crescita e non più un conte-nitore da riempire, dall’altro le tematiche non sem-pre suscitano il mio interesse. E poi non è così facile aprirsi agli altri, dire ciò che penso ma soprattutto non è facile ascoltarsi e rispettare le idee altrui.Alcune volte sono nati confronti sui nostri stili di vita, anche riguardo all’affettività: io però non amo molto questi tipi di discussione, anche se mi aiutano a riflettere.Mi accorgo di essere altalenante: alcune volte provo entusiasmo, altre demotivazione.

CAPPELLINA Al di là di tutto mi colpisce e mi affascina il fatto che Gesù era una persona controcorrente, libera, contra-ria all’obbedienza delle leggi solo perché le impone qualcuno; insomma sto scoprendo che Gesù non era poi così diverso da me, e questo mi affascina molto di lui. Resta sempre più importante per me la scoperta di un Dio che è innanzitutto uomo come me e che ama ogni persona. In questo personale cammino di fede l’oratorio mi propone dei momenti particolari da vivere anche fuori dall’oratorio, nei quali ho l’oppor-tunità di conoscere meglio Dio, di parlare con Lui, di confrontarmi con il Vangelo, di fare silenzio dentro di me; sono momenti molti belli e significativi anche se impegnativi e faticosi, ma che lasciano il segno. La Messa però resta sempre un peso: non capisco perché ci devo andare, non capisco neppure perché mi devo confessare. Insomma la mia fede un po’ vacilla anche se Gesù mi affascina.

TEATRO In oratorio però non è più solo il tempo di partecipare a iniziative che gli altri organizzano per me. Ora an-che io do’ del mio, anche io mi impegno a pensare, conoscere e realizzare qualche attività. A volte mi impegno nell’animazione ai più piccoli, altre volte in feste particolari come il carnevale e la festa di don Bosco. E’ bello perché conosco le abilità dei miei compagni e scopro anche le mie.In estate mi viene chiesto un impegno molto più in-tenso, fare l’animatore al CRE. Questa attività richie-

de per prima cosa la partecipazione ad alcuni incontri di formazione, nei quali imparo gli stili e i valori con cui stare con i ragazzi. Durante il CRE passo quasi tutta la giornata in oratorio, sia per organizzare sia per proporre. E’ un esperienza bellissima e in que-sto mese sento l’oratorio come la mia casa, una casa grande e accogliente, in cui vivo insieme a tanti ra-gazzi e amici e con essi lavoro, parlo, scherzo, litigo, discuto, faccio la pace, prego e anche mangio. Questa esperienza mi aiuta ad imparare a lavorare insieme per realizzare qualcosa di bello. Alla fine però sono molto stanco e a volte preferisco restarmene a casa.

L’adolescente trova nell’oratorio una delle tante pos-sibili proposte per la sua età: alcuni lo riconoscono come un luogo di appartenenza e di aggregazione con i loro amici e con persone con cui stanno bene insieme e nel quale riescono a esprimere le loro ca-pacità o hanno la possibilità di trovare proposte ri-creative-educative che li coinvolgono; altri ne usufru-iscono solo per alcune proposte che esso offre (spor-tive e di informalità, soprattutto il bar e il cortile). Pertanto la presenza nell’arco dell’età adolescenziale è molto variabile: si alternano momenti di presenza assidua a lunghi periodi di assenza o presenza saltua-ria. Ciò è dovuta agli interessi volubili e alla vivacità che caratterizza questa età. Per l’oratorio un obiettivo fondamentale è aiutarli a passare dall’essere oggetto delle proposte a diventarne il soggetto proponente e responsabile, con tutte le fatiche e le incapacità ini-ziali e in itinere. Ciò impegna a fondo l’oratorio nel cammino di formazione dell’adolescente. A tale pro-posito l’oratorio ritiene importante affiancare a questi ragazzi figure adulte significative che indirizzino il cammino, che sappiano testimoniare e aiutare senza invadere la libertà dei ragazzi stessi e siano attenti alle loro domande e ai loro bisogni.

In oratorio trovi sempre qualcuno che aspetta qualcuno!

19La voce della Comunità • Natale 2016

GRATUITA –MENTECAMMINO DI SERVIZIO E

CONDIVISIONEADO 3 – 4

Il percorso proposto ruota attorno alla parola SERVIZIO. Può un ragazzo di 16/17 anni iniziare a pensare alla propria vita in un ottica di servizio?

IL GRUPPO … non fine a se stessoIl cammino formativo non si sviluppa in forma soli-taria, ma all’interno di una rete di relazioni. In que-sta rete i ragazzi possono sperimentare la bellezza di un’appartenenza e il dono di sé nella relazione con l’altro. La scelta del gruppo quindi, oltre che naturale in quanto esso è uno dei mondi vitali dei ragazzi, è dovuta al riconoscimento che esso è il luogo in cui il ragazzo può sperimentare quella relazione autentica e profonda con l’altro. L’esperienza del gruppo allora non può essere intesa come un’esperienza che si ag-giunge alle tante occasioni e agli impegni della vita dei ragazzi, ma è l’occasione per far sintesi di tutte le esperienze della vita. Nel gruppo i ragazzi dovrebbero fare vera esperienza di condivisione e di servizio ai fratelli.EDUCARE AL SERVIZIOIl rapporto tra oratorio e la logica del servizio è dupli-ce: anzitutto vive del servizio di molti, ma l’oratorio deve guidare al servizio, educare cioè ad un modo di concepire la vita come dono e non come possesso.Il percorso proposto vuole creare le condizioni perché gli ado possano fare esperienze gioiose del dono di sé, vuole proporre gesti e azioni concrete, anche pic-cole, ma inserite in un orizzonte più grande: condurre l’adolescente, passo dopo passo, a pensare alla pro-

pria vita come dono bello di sé a qualcuno.Le iniziative e le proposte non possono essere ridotte ad un gesto ma devono far parte di un percorso che arriva a toccare il cuore delle persone: di chi lo com-pie, di chi è raggiunto da quel gesto di bene, di chi deve sapere che attorno a sé ci sono ragazzi che nel loro cammino di formazione non fanno solo del “vo-lontariato” ma stanno imparando a vivere la carità.

SERVIZIO ANIMATO DALLA CARITA’La carità non è una buona azione se non riesce a cam-biare la mia vita e quella di chi cammina con me (amici, genitori, ado, ecc).L’inno alla Carità evidenzia che ciò che è importante non è dato dalla eccezionalità delle cose che si fanno o da quanto si fa, ma piuttosto da un modo di relazio-narsi che qualifica la nostra persona. La carità aiuta a superare le divisioni che si possono creare all’interno del gruppo (l’intolleranza nei confronti di chi è diver-so, le divisioni, i conflitti, ecc..)“La carità crea comunione perché cerca gli altri, ogni altro, nella diversità delle situazioni personali di vita. Lo cerca perché sa di averne bisogno, prima ancora che per aiutarlo. La carità è comunione per-ché lascia esprimere in noi la realtà di Dio-Amore; perché trova Dio nell’altro e accoglie nell’altro un fratello; perché condivide sentimenti, beni, speranze, progetti e aiuta a scoprire che nessuno è soltanto un povero, ognuno è un dono e una risorsa.”Il povero è colui con il quale Gesù si è identificato: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Dopo tutto, ciò che resta sono le relazioni con ogni bi-sognoso che abbiamo incontrato nel nostro cammino,

20 La voce della Comunità • Natale 2016

a partire da noi stessi.In oratorio, nel gruppo adolescenti, in famiglia, a scuola, incontriamo fragilità, debolezze, fatiche.

In queste situazioni sapiamo salutare, sorridere, dire grazie e chiedere scusa?

SERVIZIO PROGETTATOa) Cosa progettiamo? Cosa gettiamo in avanti perché

un idea possa diventare realtà?- Incontro con una delle comunità di don Chino

Pezzoli: condividere con i giovani della comunità, alcune ore della domenica pomeriggio attraverso il gioco, la merenda, l’incontro con don Chino, i giovani e noi su temi quali mancanze, dipendenze, libertà, promozione della vita, e conclusione con la cena.

- Progetto “UNA FETTA DI TEMPO” pensato per aiutare i ragazzi ad imparare a guardarsi attorno, ad andare oltre le loro abitudine, a scegliere ed essere responsabili e fedeli a iniziative che li aiutano a toccare con mano i bisogni, la vita e le vite degli altri.

Si propongono agli adolescenti piccoli servizi sul territorio di Dalmine: Bussola, Oratorio, Casa S. Giuseppe, ……..

- ESPERIENZA RESIDENZIALEo Alcuni giorni a Roma dalle Suore di Madre

Teresa di Calcutta o Per gli adolescenti di 4 sup partecipazione al

Corso per animatori a Mezzoldo

b) Come progettiamo? • Il primo passo è quello di OSSERVARE. Osservare chi c’è attorno a noi. Osservare non è il

semplice vedere ma chiede: delle soste, di fermarci, quindi chiede del tempo;

non si può osservare velocemente, di fretta.di essere interrogati da ciò che si è visto, vissuto,

quindi di pensare, di farsi domande e di tentare di rispondere.

di essere con altri e non soli, e quindi il confronto, la disponibilità a confrontarsi con altri.

• Il secondo passo è quello di INCONTRARE. Una volta osservato ci è chiesto di fare un passo

verso, di andare incontro, di conoscere e di valo-rizzare quello che si è incontrato. Si cresce nella misura in cui incontriamo gli altri e valorizziamo tutto il bene che c’è. L’incontro però ci provoca, è capace di metterci in discussione, ci stimola ad andare avanti e a non fermarci.

- Il terzo passo è quello dell’AGIRE INSIEME. Mettersi in moto, assumersi responsabilità ed agi-

re. Un agire che va fatto insieme, che chiede la ca-pacità di lavorare con altri

21La voce della Comunità • Natale 2016

La presentazione alla comunità dei ragazzi che riceveranno i sacramenti nel tempo pasquale è sempre un momento emozio-

nante, per i ragazzi innanzitutto che crescono e vivono incontri con il Signore sempre più impor-tanti, per i loro genitori che colgono i frutti di questa crescita, e per tutta la comunità che è spi-ritualmente arricchita dalla forza dei sacramenti.I sacramenti sono gli strumenti della nostra san-tificazione, i mezzi che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli per garantire la sua presenza in mezzo a loro fino alla fine dei tempi.Tuttavia, dal momento che i sacramenti non sono riti magici, è necessario che la partecipazione dei fedeli sia sempre più consapevole.Per questo motivo, nel cammino dell’iniziazione Cristiana, la preparazione e la celebrazione dei sacramenti occupa un posto centrale.I contenuti dei cammini dell’Iniziazione Cristia-na presenti nel progetto della Catechesi italiana costituiscono gli obiettivi stessi che nei gruppi cerchiamo di raggiungere. In estrema sintesi lo schema del cammino di ogni gruppo ha come tappe principali la celebrazione dei Sacramenti. La seconda elementare è un anno dedicato al cammino del cristiano che vive da figlio di Dio: dal Battesimo, alla vita segnata dalla testimo-nianza e dal peccato, alla buona notizia del per-dono (le parabole della misericordia) e al sacra-mento della Confessione. La terza elementare è un anno dedicato all’Eu-carestia con le tematiche dei banchetti di Gesù, del racconto della passione morte e resurrezio-ne, con la tematica del dono e del servizio, con il riferimento alla celebrazione eucaristica.

La quarta e la quinta elementare costituiscono un biennio dedicato alla vita morale con i temi dei comandamenti, del comandamento nuovo e delle beatitudini; con l’analisi dei sacramenti, segni di grazia. La prima e la seconda media sono un biennio de-dicato alla Chiesa, alla testimonianza cristiana; alla tematica dello Spirito Santo che è in noi, alla celebrazione della Confermazione.

Trasversale negli anni del catechismo è l’obietti-vo dell’educazione alla preghiera vissuta come momento importante dell’incontro catechistico, specie in alcuni tempi forti dell’Anno liturgico, e ovviamente la partecipazione alla messa.

Domenica 30 ottobre i ragazzi di seconda ele-mentare, di terza elementare e di seconda me-dia, che rispettivamente si preparano a ricevere la Prima Confessione, la Prima Comunione e la Cresima, sono stati chiamati per nome e sono stati presentati. La comunità si è assunta impli-citamente l’impegno a pregare per loro durante quest’anno e ad accompagnarli con l’esempio, nelle parole e nei fatti.Al termine della messa i genitori sono stati in-trattenuti per una riflessione relativa all’impe-gno assunto e alla necessità di una partecipazio-ne sempre più attenta. L’incontro si è concluso con il pranzo condiviso tra le famiglie.

I SACRAMENTI, FORZA DELLA CHIESAI nostri ragazzi, chiamati per nome, si sono presentati alla comunità

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Noi oggi abbiamo ascoltato il brano di Vangelo che non solo è considerato la carta fondamentale della religione cristiana, ma che contiene anche – come vedremo – un preciso riferimento alla Ri-surrezione. E a questo proposito possiamo ricor-dare una poesia che Eugenio Montale ha com-posto alla morte della moglie che egli chiamava affettuosamente “la Mosca”: “Avevamo studiato per l’aldilà / un fischio, un segno di riconoscimento. Mi provo a modularlo nella speranza / che tutti siamo morti senza saperlo.” Non sappiamo fino a che punto il poeta credesse nella Risurrezione, ma certamente le sue parole esprimono un barlume di speranza in mezzo allo straziante dolore. E se i nostri cari che riposano in questo cimitero potessero raccontarci le loro storie, direbbero di giornate di dolore, di spe-ranze, di terapie e di sconfitte, fino al momen-to supremo, bene espresso su qualche orologio d’epoca: “tutte le ore feriscono, l’ultima uccide”. Già, perché, nonostante il progresso, a nessuno è consentito di restare per sempre al di qua dell’ul-tima soglia. Lo dice chiaramente l’antico poeta Sofocle in quello che probabilmente è l’elogio più alto del progresso nella storia. “Molte sono le cose formidabili – ma nulla è più formidabile dell’essere umano...”. Così nel primo stàsimo del

Abbiamo da poco concluso la proclama-zione della parola di Dio nella festa di Ognissanti in questo luogo che è la se-

conda città di Dalmine, dove centinaia di nostri fratelli e sorelle riposano in attesa della Risur-rezione. Il primo pensiero riconoscente va alle persone che si prendono cura dei nostri defun-ti. Lo scrittore don Cesare Angelini comincia il “Dialogo con il sepoltore”, ringraziandolo per il suo pietoso ufficio. È una preghiera, la sua, in li-nea con il rispetto dovuto agli uomini e alle don-ne che Dio ha chiamato a Sé, rispetto richiamato recentemente dal documento “Ad Resurgendum cum Christo”, redatto dalla Congregazione per la dottrina della Fede e approvato da Papa Fran-cesco lo scorso 18 marzo. Il progresso di una cit-tà si vede non soltanto nella tenuta delle strade, dei marciapiedi, delle piste ciclabili o dei parchi pubblici, ma anche dalla cura di questo luogo. E chi tratta con i nostri cari non ha nulla da spar-tire con i beffardi becchini del V Atto dell’Amle-to, che si lanciano i teschi, vantandosi di essere i costruttori di case più durevoli, perché arrivano fino al giorno del Giudizio.

LA FESTA DEI SANTI E LA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTILa riflessione di don Sergio Pagani, parroco di Guzzanica, nella memoria dei nostri cari

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coro dell’Antigone. E dopo avere elencato le più ardue conquiste, conclude amaramente: “Solo dalla morte l’uomo non troverà scampo, anche se ha escogitato rimedi per mali incurabili”. Dicevamo prima che il brano delle Beatitudini apre uno squarcio sulla Risurrezione. Gli stu-diosi delle Sacre Scritture ci hanno chiarito il motivo di diverse espressioni in forma passiva che compaiono specialmente nel Nuovo Testa-mento: si tratta del cosiddetto “passivo divino” o “passivo teologico”. Per evitare di pronunciare il nome di Dio, si ricorreva a queste forme: tutti capivano i termini della questione, senza dover pronunciare il nome di Dio. Oggi per noi è quasi

un giochetto, perché basta aggiungere il com-plemento di agente. “Beati quelli che piangono, perché saranno consolati”: da Chi? “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché sa-ranno saziati”: da Chi? E così via. Sul frontone di alcuni cimiteri troviamo scrit-to: MEMENTO. È un monito, come quello che si usava in occasione dei trionfi di antichi con-dottieri e di cui rimane traccia nel cerimoniale dell’incoronazione del papa (“così passa la glo-ria di questo mondo”). Ma è anche una preghie-ra. “Ricordati di noi”. Non solo oggi che è la fe-sta di Ognissanti, ma sempre, fino al giorno del Suo ritorno.

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essere circa 60/70, si potrebbero costituire 3 fra-ternità di circa 20 presbiteri, che continuerebbero a vivere nelle rispettive parrocchie, ma costruen-do tra loro delle relazioni attraverso una serie di appuntamenti per favorire la familiarità); inol-tre i moderatori con il vicario costituirebbero la giunta presbiterale vicariale.Perché tutto questo? Sicuramente fatiche e debo-lezze ci saranno anche dopo la riforma, ma essa è un’opportunità per rilanciare questa forma di Chiesa partendo dalla sua vocazione al territorio e per reagire al ripiegamento in atto all’interno della comunità cristiana; la vocazione territoria-le implica che il territorio va preso in seria con-siderazione, non solo nella dimensione territo-riale-istituzionale, ma anche come espressione concreta dei mondi vitali (imprese, associazio-ni, servizi organizzati, ecc.) in cui le persone si muovono. Il territorio ci interpella, ci sono tante questioni aperte, a partire da sanità e scuola, ma noi ci siamo chiusi all’interno; invece, su queste questioni si gioca la vocazione laicale e ogni lai-co ha delle competenze da spendere; si è punta-to principalmente sull’allargare la ministerialità dei laici all’interno della Chiesa, ma occorre che abbia invece maggior spazio quella vissuta come laico nella società, che rappresenta una concreta declinazione della missione della Chiesa di an-nunciare il Vangelo.Quando? Ci siamo dati 2 anni per riflettere, lavo-rare, discutere la proposta e poi a settembre 2018

Il vicario don Mauro introduce la serata, che si inserisce nel confronto avviato dal vescovo con i Vicariati nella prospettiva di una loro ri-

forma, ringraziando sia il vescovo Francesco per l’attenzione verso il nostro Vicariato (uno dei pri-mi ad essere incontrato) sia i numerosi presenti all’incontro, presenza che testimonia passione e sensibilità per questa esperienza di Chiesa.Dopo un breve momento di preghiera, prende la parola il vescovo che saluta e ringrazia per la risposta all’invito di condividere un itinerario/progetto che va a toccare quella forma della vita della Chiesa sul territorio che prende il nome di Vicariato: la condivisione è proprio l’aspet-to più importante di questo percorso, che sarà guidato per quest’anno da tre schede di lavoro, alle quali se ne aggiungeranno due per i preti sulle fraternità presbiterali. Il vescovo intende accompagnare il cammino di tutti i 28 vicariati attraverso incontri come quello di stasera, che si colloca all’inizio del percorso; fra un anno ve ne sarà un altro e a quel punto si tratterà di vedere come tirare le fila. La riflessione proposta dal vescovo è quindi sta-ta scandita da alcune domande.Che cosa è il Vicariato territoriale? Viene man-tenuto il nome Vicariato, ma si allargano i con-fini attuali per ridurne il numero; il Consiglio presbiterale vicariale e il Consiglio pastorale vicariale (quest’ultimo peraltro non istituito in circa la metà degli attuali Vicariati) concludono la loro missione per lasciare il posto (secondo la proposta di oggi) ad un unico Consiglio pastora-le territoriale presieduto dal vicario territoriale (che attualmente viene eletto da tutti i presbiteri e nominato dal vescovo, mentre nell’attuale ipo-tesi di lavoro verrebbe nominato dal vescovo); del nuovo Consiglio farebbero parte inoltre i 5 responsabili laici degli ambiti definiti dal Conve-gno della Chiesa italiana a Verona, 1 rappresen-tante per parrocchia e i moderatori delle frater-nità presbiterali (considerato che nei nuovi Vica-riati, di maggiori dimensioni, i preti potrebbero

LA RIFORMA DEI VICARIATI E LA CORRESPONSABILITÀ DEI LAICIVenerdì 11 Novembre nella nostra parrocchiale incontro del vescovo Francesco con il Consiglio pastorale vicariale

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si vedrà cosa partirà.Dove? Sul territorio degli attuali Vicariati, ma anche in Curia, la cui organizzazione dovrà prendere le misure rispetto ai nuovi Vicariati: la riforma porterà a ridisegnare anche il volto della Diocesi.Le schede che accompagnano il percorso pro-pongono prima del materiale di riflessione e poi, nell’ultima facciata, degli interrogativi su cui la-vorare.Terminato l’intervento del vescovo si apre lo spazio per osservazioni e domande dei presenti, precedute da un intervento di Don Cristiano Re, che ricorda che lo scorso anno il Consiglio pasto-rale vicariale ha fatto un bel percorso su lavoro e cittadinanza e alcune istanze sono confluite nel documento presentato al vescovo in occasione della visita vicariale; quel percorso è coerente con la proposta che ci fa ora il vescovo; le schede saranno oggetto del lavoro delle prossime riu-nioni; conclude invitando ad approfittare della presenza del vescovo per esprimere fatiche, per-plessità, paure.Questi gli interventi con le risposte del vescovo.In quello che è stato detto si ritrova l’invito di Evangelii Gaudium ad avere una disposizione permanente alla missione vissuta in concreto nella realtà dove si vive; si tratta di un discorso vasto e impegnativo, per cui ci si sente piccoli in questo compito e si spera di essere all’altezza.È vero che è stato fatto un bel percorso, però ri-spetto a quanto è stato detto, qualcosa sfugge, perché sembra che il Consiglio pastorale territo-riale sia più “limitato”; inoltre, come trasmette-re in parrocchia il bel lavoro che viene fatto nel Vicariato? Il vescovo chiarisce che il Vicariato

Dalmine-Stezzano già corrisponde in gran par-te alla proposta di riforma; per quanto riguarda la condivisione che si avrà nel nuovo Consiglio, ribadisce che esso sarà composto dal vicario ter-ritoriale, dai laici responsabili dei 5 ambiti, dai moderatori delle fraternità presbiterali costituite nel vicariato, dal segretario e da un rappresen-tante per parrocchia; sui rapporti Diocesi-Vica-riato-Parrocchia, il vescovo ricorda che da sem-pre ci sono delle difficoltà (è più semplice il per-corso contrario, ad esempio portare la propria esperienza parrocchiale nel Consiglio vicariale) e con un Vicariato più grande potrebbero anche aumentare; occorre perciò ridefinire i ruoli delle tre realtà, con la parrocchia che assume maggior-mente la dimensione relazionale tra le persone; il Vicariato incide sulla vita delle parrocchie se fa proposte e iniziative significative, ma non per una mera sommatoria di numeri, che saranno sempre inferiori a quelli delle singole realtà.I giovani sembrano esclusi dal nuovo Consiglio pastorale territoriale. Il vescovo chiarisce che non si è ancora arrivati a definire anche questi aspetti sulla rappresentatività, tuttavia poiché si parla di ambiti e mondi vitali, la Chiesa dovreb-be essere in grado di interloquire con le varie re-altà, compresi i giovani.Positiva la prese di coscienza collettiva per ca-pire dove andare; occorre rimotivarsi su come essere cristiani in questa società; vi è difficoltà a mettere insieme le piccole realtà delle singole parrocchie; è necessario investire sui giovani per non avere una Chiesa vecchia. Il vescovo in pro-posito afferma di aver presente l’esperienza del-le unità vicariali del nostro Vicariato, che ritiene buona, perché va nella stessa direzione della ri-

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forma proposta e può aiutare a gestire la chance, ma anche il limite rappresentato dalle maggiori dimensioni; tra Vicariato e Parrocchie vi sono già iniziative in cui si cammina insieme e che a volte nascono dal basso e del resto la collaborazione tra le Parrocchie vicine è sempre avvenuta.Cambia la prospettiva di essere Chiesa, perché il vicario territoriale sarà il rappresentante del ve-scovo sul territorio: sarà ancora parroco? Come saranno poi i rapporti tra gli ambiti e gli Uffici di Curia? Il vescovo precisa innanzitutto che al-cuni spazi di questa riforma sono ancora da ri-empire. Attualmente la Curia è composta da 15 Uffici di carattere pastorale, che rappresentano un vantaggio dal lato delle competenze, ma fa-voriscono la frammentazione che non è in linea con il Vangelo, che fa unità della persona; questa organizzazione dovrà necessariamente cambia-re in relazione ai 5 ambiti per recuperare un po’ dell’unità evangelica. Per quanto riguarda la fi-gura del vicario, il vescovo lascia aperta la pos-sibilità che sia un vicario episcopale e membro del Consiglio episcopale; tendenzialmente avrà anche una parrocchia, considerato che le frater-nità presbiterali lo sgraveranno di una parte dei compiti che ha l’attuale vicario; tuttavia, occorre ricordarsi che si continua a chiedere un allegge-rimento, ma poi si continua ad aggiungere; per essere significativi è invece necessario che alcu-ne cose non si facciano più.Effettivamente occorre ottimizzare le iniziative, evitando doppioni ed unendo le forze per rispar-miare energie. Il vescovo aggiunge che eliminare alcune proposte è un’operazione impossibile se fatta a tavolino, mentre se si fanno delle scelte condivise, qualcosa si riesce ad abbandonare, pur con resistenze e sofferenze.Preoccupa meno la ridefinizione tra i vari livel-li e più l’investire sulla cura della sintonia tra gli stessi rispetto a come siamo ora come Par-rocchie, per evitare il rischio della schizofrenia; è vero che ci si è “ritirati” perché le parrocchie sono state centripete, cercando di tirare dentro tutto e tutti; prima di cambiare occorre perciò connettere la riforma con l’ordinario, perché si propone una figura diversa di Chiesa che non può essere data per scontata. Il vescovo ritiene questo un grande tema e apprezza l’immagine della cura, che passa attraverso una forte assun-zione di responsabilità da parte dei laici, non nel senso di ritagliarsi uno spazio di potere nella co-munità, ma di svolgere il proprio ruolo nella fa-miglia e nella società; il cambiamento proposto serve a mettere in moto una serie di riflessioni;

il vescovo non immagina una Chiesa di èlite, ma la nostra Chiesa come è e ricorda ai presenti che sono portatori di questa vocazione laicale che deve avere più riconoscimento nella Chiesa.Questa proposta di riforma è lo sbocco del per-corso fatto dall’attuale Consiglio pastorale vi-cariale, la logica conseguenza della domanda: ora che ci siamo formati e confrontati come pos-siamo incidere sulla Chiesa? O si va in questa direzione o il Vicariato non ha senso; noi laici siamo presenti nella società e possiamo trasmet-tere qualcosa, ma abbiamo bisogno del supporto della Chiesa e dei presbiteri; bello poter parteci-pare a questo lavoro di riflessione dove niente è definitivo e si possono portare nuove idee. Il ve-scovo ritiene che al termine di ogni giornata non ci si debba chiedere se si è lavorato tanto, ma il senso di tutto il lavoro fatto; con la lettera circo-lare ha invitato a passare dalla logica produttiva (realizzare un prodotto da vendere a dei clienti) alla logica evangelica, che è generativa, perché l’esito è la vita; ogni generazione nasce da un in-contro, per cui occorre recuperare la dimensione relazionale in famiglia e nella comunità; non si deve perdere tempo in fantasie, ma rivalutare alcune forme evangeliche per essere di nuovo generativi.È possibile dire che qualcuno si colloca fuori dal Vangelo? Come essere cristiani fino in fondo?

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Per il vescovo occorre distinguere: un conto sono le dinamiche interne alla comunità (ad esempio la questione dell’accesso all’Eucaristia); ci sono poi le situazioni di frontiera, come l’oratorio, che è una casa aperta a tutti, ma non vuota, perché ha una sua proposta e l’accoglienza non è solo creare uno spazio a disposizione di tutti; infine, ci sono i cristiani che vivono dentro la storia; qui la mediazione è inevitabile e necessaria, occorre

RAGIONI, FINALITÀ E CARATTERISTICHE DELLA RIFORMA DEI VICARIATI

OCCORRE PARTIRE... DALLA CONSTATAZIONE CHE: • è presente una diffusa stanchezza a riguardo dell’attuale configurazione della vita del Vicariato Locale; • si coglie una diffusa confusione sulle finalità del Vicariato Locale (perché esiste? esiste per chi? esiste per fare che cosa?); • si riscontra un’evidente disomogeneità, sia quantitativa che qualitativa (a riguardo della conformazione dei territori, del numero delle persone, del tipo di attività pastorali, del legame e delle relazioni con il territorio di appartenenza); • inoltre la situazione di fatto evidenzia che: – in molti Vicariati Locali da tempo manca il Consiglio Pastorale Vicariale. Di fatto il solo ‘luogo’, il solo soggetto pastorale attivo è il Consiglio Presbiterale Vicariale; – in diversi Vicariati Locali mancano i sacerdoti giovani incaricati di svolgere il ruolo di direttori degli oratori parrocchiali e di animatori della pastorale giovanile; – il presbiterio vicariale non ha in atto alcuna forma strutturata, in modo impegnativo e continuativo (c’è chi vi partecipa in modo convinto e continuato; chi è saltuariamente o sistematicamente assente; vi sono forme minime di fraternità presbiterale e/o assenza di alcuna forma di fraternità presbiterale continuativa, …); – la visita vicariale evidenzia una scarsa relazione, un insufficiente rapporto tra comunità cristiana e il territorio di appartenenza; – la maggior parte dei rappresentanti dei Vicariati Locali nel Consiglio Pastorale Diocesano sono stati indicati, con modalità diverse; faticano a trovare le modalità attraverso le quali essere ponte tra la vita del Vicariato Locale e il Consiglio Pastorale Diocesano e viceversa;– i singoli Vicariati Locali sono sempre più autoreferenziali e hanno smarrito la loro vocazione iniziale poiché: non c’è o è scarso il rapporto con il territorio; non è pensata e promossa una pastorale che privilegi gli ambiti e le sinergie ‘in uscita’; non è attenzionata in modo strutturato e non è promossa in modo altrettanto convinto e continuativo la corresponsabilità dei laici; – i referenti pastorali vicariali dei singoli uffici diocesani rischiano di essere in numero considerevole perché frastagliati su numerose pastorali e più sulla carta che nel ruolo effettivo sia nel Vicariato che nella sinergia con il livello diocesano.

CHE ‘FARE … PER AVVIARE’ UNA REVISIONE DEI VICARIATI? La quinta visita vicariale sta attenzionando in modo importante il territorio come il luogo privilegiato della presenza della chiesa nella storia. Questo esige che nella revisione dei vicariati si tengano presenti due livelli di esigenze : • quello più strettamente pastorale (vicariato territoriale) che necessita di una configurazione territoriale e di una proposta pastorale più ampia; • e quella più strettamente presbiterale (fraternità presbiterale) che ha bisogno di una proposta di vita più fraterna, più comunionale, più di attenzione e cura, più di accompagnamento della vita e del servizio che il presbitero è chiamato a sviluppare dentro l’impegnativo cambiamento che è in atto nel nostro tempo;

far bene il proprio mestiere seguendone le re-gole, condividere nelle relazioni i propri valori, qualche volta dando una testimonianza parti-colare; qualcuno effettivamente in tutto questo può collocarsi fuori da una prospettiva cristiana.Il Vescovo ha consegnato, al termine dell’incon-tro, una scheda perché si possa approfondire la riflessione da lui proposta con il Consiglio Vica-riale dei laici e i sacerdoti.

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IL VICARIATO TERRITORIALE • Il Vicariato Territoriale va considerato prevalentemente in termini di pastorale: l’individuazione, nel proprio territorio, delle presenze e delle attività da privilegiare in termini di cammino pastorale condiviso: famiglia, scuola, oratorio, lavoro, salute, carità-assistenza, cultura, … e una responsabilizzazione e una più diffusa ministerialità dei mondi laicali. • La proposta presenta una revisione molto radicale rispetto a quelle dei decenni precedenti. Occorrerà trovare il modo di favorire un maggior equilibrio tra la vita pastorale e la vita delle fraternità presbiterali. È questa un’opportunità che come presbiterio va compresa, va assunta convintamente e va governata nel modo migliore per accompagnare l’impegnativo cambiamento. Andranno pertanto tenuti presenti: • i punti forza di tale proposta: viene messa in atto una maggiore attenzione al territorio; c’è un invito ad assumere una modalità di presenza segnata da maggiore attenzione alla missionarietà; si evidenzia una valorizzazione della presenza dei laici con una proposta di ministerialità diffusa; si pone al centro dell’attenzione in modo più strutturato il vissuto e il cammino di vita dei presbiteri; • i punti di criticità di tale proposta: come armonizzare tutto l’impegno e la fatica della vita pastorale e i momenti e le proposte di vita di fraternità presbiterale; va fatta chiarezza a riguardo dei nuovi ruoli, delle persone coinvolte e degli organismi pastorali e presbiterali che saranno necessari per la costruzione e realizzazione di questa proposta; andranno studiati nella modalità più funzionale i rapporti tra gli Uffici diocesani e la proposta di una pastorale costruita attorno agli ‘ambiti di vita’; va individuata la modalità per un coinvolgimento dei presbiteri che da tempo non prendono parte o prendono parte saltuariamente alla vita del vicariato e alla fraternità presbiterale.

COME SI CONFIGURANO I DIVERSI SOGGETTI PASTORALI A PARTIRE DALLA RIFORMA DEI VICARIATI ?

La PARROCCHIA • ‘luogo’ della: Parola, Eucaristia, Fraternità/Comunione • ‘luogo’ della cura, della presa in carico prioritaria delle relazioni, della vita dei cristiani che compongono la comunità dei credenti, nella sua ordinarietà caratterizzata dai vari momenti della vita della comunità.

L’UNITA’ PASTORALE • ‘luogo’ della formazione, del coordinamento, del servizio pastorale • ‘luogo’ della presa in carico prioritaria del servizio pastorale degli animatori e operatori pastorali (le figure pastorali: catechisti, animatori della liturgia, animatori e operatori della carità) • ‘luogo’ dell’attenzione anche dei bisogni del territorio di tipo: educativo, sportivo, scolastico, caritativo, assistenziale, familiare, lavorativo, abitativo, …

Il VICARIATO TERRITORIALE • Priorità data al territorio in tutta la sua complessità (società, istituzioni, ambiti di vita, …) • Chiesa a servizio di tutta questa complessità • Luogo della ministerialità laicale diffusa in tutte le sue espressioni: testimonianza diffusa, servizio pastorale, servizio sociale-culturale-pubblico-civico, …

LA DIOCESI • ‘Luogo’ di discernimento e di cura di alcune priorità a seconda dei territori con la preoccupazione di stare a servizio di un accompagnamento di alcuni ‘processi’ più che ossessiva presenza in tutti i contesti: famiglia, lavoro-casa-ambiente, vita buona-carità-salute, cultura-beni culturali-comunicazione, ...

La FRATERNITA’ PRESBITERALE • La Fraternità presbiterale diventa il ‘luogo’ della relazione, dell’ascolto e dell’accompagnamento reciproco, della comunione, della preghiera, della condivisione spirituale e pastorale.

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Domenica 13 novembre 2016 si è celebra-ta la giornata della Carità. I parroci del-le nostre sette parrocchie, hanno deciso

di devolvere le offerte raccolte nelle messe di questa domenica al CPAeC, mentre le Caritas parrocchiali si sono prodigate a proporre even-ti, sempre per la raccolta fondi da destinare al centro.Nel pomeriggio dalle 15 alle 18 il CPAeC ha in-vitato la cittadinanza di Dalmine a partecipare all’Open – day iniziato con un concerto nella chiesa di S. Andrea del Coro A.N.A. Penne Nere di Almè diretto dal Maestro Donato Talia che generosamente hanno partecipato gratuitamen-te per la raccolta fondi da destinare alle famiglie in difficoltà di Dalmine. La folta partecipazione da parte delle persone presenti è stata premiata da un concerto emozionante. Finito il concerto don Claudio presidente del CPAeC, ha premia-to con una pergamena don Antonio Zucchelli, promotore dell’apertura della Caritas a Dalmine nell’ ottobre del 1990; Lino Cavagna coordinato-re dal 1990 al giugno 2012; Domenico Consonni e Alessandro Beretta coordinatori dal luglio 2012 al giugno 2015 e attuali operatori del CPAeC. Ci si è spostati poi alla sede del centro dove c’e-rano presenti alcune realtà che collaborano con noi: L’associazione Il Porto, Il negozio La Cosa Giusta, la C.R.I. Inoltre erano presenti Vasco e Gloria due ragazzi che frequentano l’ S.T.D. La

GIORNATA DELLA CARITÀ

Bussola che nel loro laboratorio di falegnameria hanno preparato cinque quadri che hanno do-nato al CPAeC. Salendo le scale che portano all’ entrata del cen-tro sono state messe delle fotografie e uno scrit-to sulla storia dei primi anni dell’apertura della Caritas e alcune dell’apertura del CPAeC. Le foto delle varie attività che il CPAeC ha fat-to, come l’inaugurazione, le visite delle classi dei ragazzi, il ritiro spirituale degli operatori del CPAeC sono state proiettate e hanno riscosso un bel successo.Molte persone sono venute a visitare il centro, alcuni non sapevano dell’esistenza e altri non sapevano cosa facesse esattamente il centro, così hanno avuto l’occasione di visitarlo e di avere delle delucidazioni da parte degli operatori.Come in ogni festa non poteva mancare il buffet, preparato nella sala equipe, mentre all’esterno c’erano caldarroste, pane e salamelle.Concludendo possiamo dire che è stata una gioia vedere tante persone sia al concerto che a visita-re il centro, ma ancora di più ringraziarle perché la raccolta fatta è stata di € 515,00.= Ricordiamo che il centro è aperto a chi volesse saperne di più o a farne parte come operatore volontario.Grazie a tutte le persone che hanno reso possibi-le questa bellissima giornata di sensibilizzazione della “Carità”.

Celebrata Domenica 13 Novembre nelle parrocchie di Dalmine

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Tabella 1 – Persone ascoltate single Uomini Donne TotaleItaliani 14 9 23 Stranieri 10 6 16 Totale 24 15 39

Tabella 1 - Persone ascoltate che hanno famiglia Uomini Donne TotaleItaliani 7 17 24 Stranieri 12 27 39 Totale 19 44 63

Tabella 1 - Persone ascoltate in totale Uomini Donne TotaleItaliani 21 26 47 Stranieri 22 33 55 Totale 43 59 102 Tabella 14 - Macrovoci dei bisogni rilevati Italiani Stranieri Totale

Problematiche abitative 14 24 38 Detenzione e giustizia 2 - 2 Dipendenze 4 1 5 Problemi familiari 26 9 35 Handicap disabilità 5 1 6 Problemi di istruzione 1 3 4 Problemi di occupazione/lavoro 28 42 70 Povertà/problemi economici 42 53 95 Altri problemi 8 - 8 Problemi di salute 26 11 37

Anno 2016 Pacchi consegnati =Nuclei famigliari

TotalePersone

Gennaio 24 68Febbraio 32 82Marzo 34 97Aprile 40 115

Maggio 41 113Giugno 40 116Luglio 45 126

Settembre 45 126Ottobre 47 150 Totale 348 993

Quali sono queste povertà1. Mancanza di lavoro2. Problema abitativo(perdita di casa, casa inadeguata, sfratti, case all’asta)3. Reddito insufficiente (pensionati, lavoratori a chia-mata)4. Problematiche relazionali (solitudine, abbandono, separazioni, conflitti famigliari)Richieste di aiuto 1. Pacchi viveri e indumenti2. Richiesta di pagamento di bollette, affitti, spese me-diche3. Richiesta di sostegno psicologico4. Richiesta di orientamento per sussidi e altro. Come abbiamo risposto 1. Pacchi alimentari. 2. Orientamento e accompagnamento presso le istitu-zioni e enti vari. 3. Attivato due borse lavoro con pagamento in voucher4. Sedute con la psicologa5. Ascolto costante per monitorare la situazione della persona/famiglia

CENTRO DI PRIMO ASCOLTOCARITAS PARROCCHIALI DI DALMINEStatistica dal 9 dicembre 2015 all’ 8 novembre 2016

Quando si leggono i nu-meri di una statistica re-stiamo un po’ distacca-tati , dopotutto sono dei numeri. Quello che noi vorremmo far passare è che questi numeri che voi

andrete a leggere, per noi operatori del centro sono dei visi, delle persone con le quali ci sia-mo relazionati. Provate a visionare i risultati di questa statistica pensando di avere davanti a voi delle persone e non semplicemente dei numeri. Allora forse capirete la povertà che questi nostri concittadini stanno vivendo.

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Prendersi cura come “comunità”Per poter essere di aiuto e contrasto alla povertà dob-biamo essere una comunità che si prende cura dell’al-tro, rispolverare e rendere fattibile anche nel nostro presente “il bene comune”come stile di vita. Non lasciamoci guidare dall’egoismo che ci fa chiudere il cuore e la mente. Pensiamo invece:“Se fossimo noi, la nostra famiglia, i nostri figli a vivere questa povertà ??!!”Fare rete con le realtà del territorio è fondamentale, bisogna uscire dal credere di potercela fare da soli, dobbiamo collaborare con le istituzioni, le aziende, i cittadini, le associazioni, per trovare insieme il modo di contrastare concretamente questa realtà di povertà. Il CPAeC per il futuro:Il progetto Buon Samaritano in accordo con i servi-zi sociali: il cibo che non viene distribuito nelle mense scolastiche verrà messo a disposizione del CPAeC per le famiglie indigenti. (Servono volontari. Si chiederà ai negozianti, i ristoratori (che accetteranno) di poter donare al centro gli alimenti per le famiglie. CRI: con la collaborazione della CRI faremo delle rac-colte ai supermercati in date che faremo sapere.Il Porto: corsi di italiano e accompagnamento di al-cune persone che si stanno seguendo insieme.La Cosa Giusta: per i vestitiServizi Sociali: collaborazione costante

Collaborazione con i CPAeC dell’ambito di Dal-mine (17 comuni):sono presenti 10 CPAeC nell’ambito, con la Caritas diocesana è stato fatto un primo incontro per capire e vedere come muoverci, siamo tutti concordi che dob-biamo mettere insieme le energie per poter dare rispo-ste incisive alla povertà. Il CPAeC potrebbe fare anche di più di quello che sta mettendo in campo con i suoi 23 volontari, ma ser-vono persone che diano il loro tempo, ognuno quello che può. Anche le 2 ore a settimana sono preziose.

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I GRUPPI DI CATECHISMO 2016-2017

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Un titolo d’effetto, con parole importanti, cariche di vita, che ci invitano ad imparare a vive-re a co-lori!Pensando ad una vita a colori, noi educatrici del Nido e della sezione Primavera abbiamo riflettu-to su come solo le emozioni sono in grado di di-pingere ogni esperienza. La visione del film “Inside out” ci ha spronate a riconoscere le tante sfumature emotive pre-senti in ogni piccolo o grande momento. Il pensiero si è rivolto ai bambini, a come loro le vivono, a come le riconosco e a come vengono aiutati da noi adulti in questa scoperta.Ogni giorno siamo pervasi da un’infinità di emo-zioni, dobbiamo solo ricominciare a parlar-ne, a lasciarle uscire…proprio come fa un bambino. Le esperienze e i laboratori, del percorso annua-le, sono pensati per far vivere al bambino ogni emozione, per saperla ascoltare ed imparare a riconoscerla in un contesto educativo accogliente e di accompagnamento.I protagonisti del film “Inside out” ac-compagne-ranno la scoperta di ogni emozione legando a sè dei laboratori tematici per i bambini del nido e della sezione primavera.

Le educatrici

Vivere a colori: emozioni in gioco!

Festa dell ’accoglienza

scuola materna

“LO SPORT SIA SANA COMPETIZIONE, PARTECIPA-ZIONE GIOIOSA E DISINTERESSATA.”

Papa Francesco

Prendendo spunto da questa frase del nostro Pontefice abbiamo organizzato la festa dell’ac-coglienza di domenica 16 ottobre, presso l’ora-torio di Sabbio. Ci siamo ritrovati per trascorre-re una giornata tutti insieme, come una grande famiglia. Dopo che i bambini hanno cantato la canzone dell’amicizia e dopo aver pranzato in compagnia, il pomeriggio è stato dedicato allo “sport, all’educazione ed all’accoglienza”. L’e-ducazione è il fil rouge che unisce scuola e fa-miglia, ponendo al centro il bambino; e così abbiamo deciso di unire questi due mondi che appartengono alla vita di ogni bimbo utilizzando alcune regole, le quali sono state concretizzate per mezzo di semplici giochi che coinvolgessero l’intera famiglia.1^regola: “ Le regole vanno ascoltate in silenzio, da tutti, anche dai genitori. Si possono fare do-mande solo alzando la mano ed aspettando il pro-prio turno.”Nel primo gioco ci è dunque servito il silenzio

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per ascoltare ed indovinare la canzone riprodot-ta: la famiglia più veloce doveva correre a suona-re il campanello e in caso di risposta corretta si aggiudicava un timbro.2^ regola. “ In qualsiasi gioco si deve accogliere anche chi è più piccolo o sa giocare meno bene di noi, perché il vero scopo non è vincere a qualunque costo, ma stare insieme con spirito di collaborazio-ne e unità”.Accogliere i più piccoli… e come mettere in atto questa regola se non attraverso una diverten-tissima versione del gioco di bandierina, in cui i genitori dovevano prendere in groppa i figli e cer-care di far prendere loro la bandierina quando veniva chiamato il colore della sezione di appar-tenenza? 3^ regola: “ Tutto quello che abbiamo portato per giocare insieme appartiene a tutti e quindi va usato con rispetto e riaffidato agli animatori alla fine del gioco”.E qui ci siamo sbizzarriti con un percorso in cui genitori e bambini dovevano tenere il pallone pancia contro pancia senza farlo cadere.4^regola: “ Anche quando si perde, bisogna gioire con chi ha vinto e non abbattersi mai.”È quindi giunto il turno della classica corsa con i sacchi, in cui l’obiettivo era appunto quello di di-vertirsi insieme, indipendentemente dal risultato.5^ regola: “ Serve sempre usare un linguaggio ri-spettoso”.Votato dai genitori come gioco più divertente, consisteva nel provare a ripetere velocemente lo scioglilingua “Li vuoi quei kiwi? Quali kiwi?”. Vi sembra facile?! Provare per credere… diverti-mento assicurato!!!6^ regola: “ Se durante il gioco ci dovessero essere dei problemi o qualche disguido, la regola è rivol-gersi ad un animatore, il cui giudizio sul momento è insindacabile”.In questo gioco ogni famiglia costruiva un aereo-planino di carta e i bambini dovevano farlo volare in uno dei buchi del pannello di “Inside out”.7^ regola: “ I rifiuti si gettano nel cestino”.Rifiuti che si sono trasformati in palline da tennis con cui fare canestro nel cestino.8^ regola: “ Si partecipa non per vincere a qualun-que costo, ma per stare insieme con gioia”.Altro gioco che ha scatenato l’ilarità dei presen-ti, poiché i bambini dovevano prendere i trave-stimenti dalla valigia di Bing Bong e portarli alla mamma o al papà, i quali dovevano indossarli. Si aggiudicava il punto la famiglia che era riuscita ad indossare il maggior numero di travestimenti.9^ regola: “ Le squadre vengono scelte dagli ani-matori in modo insindacabile”. Il gioco finale ha fatto trovare una dolce sorpresa

a tutti i bambini, infilando le mani senza guardare negli “occhi “ del nostro amico Bing Bong e ro-vistando tra i materiali presenti fino a trovare il lecca lecca.

La giornata trascorsa è stata intensa, ricca di emozioni e divertimento, e vogliamo concludere con le parole di una mamma, che ha colto l’o-biettivo in pieno che la scuola conferisce a questa festa dell’accoglienza: “ Oggi ho assolutamente capito il senso della parola comunità, perchè mi sono sentita parte di una comunità”.Auguriamo quindi un cammino in quest’anno sco-lastico a tutta la comunità della San Filippo Neri!

Un particolare ringraziamento va a Don Massimo Fratus, parroco di Sabbio, che ci ha ospitato con tanta cordialità.Abbiamo ricevuto da lui e dalla sua comunità un’accoglienza davvero squisita: abbiamo avuto a nostra disposizione tutto l’oratorio e la generosi-tà dei volontari che operano per le attività parroc-chiali di Sabbio.Abbiamo “sentito” la sua attenzione alla scuola e alle numerose famiglie che hanno riempito tutti gli spazi insieme con i bambini che si sono molto divertiti.È stata davvero una grande occasione non solo di divertimento, di serenità e di gioia, ma anche di affiatamento tra grandi e piccoli: si sa che i bambini sono spontanei, ma anche i grandi hanno avuto l’occasione per familiarizzare e costruire una “comunità momentanea” davvero vivace e partecipata.

Grazie ancora, Don Massimo, da parte mia e da tutti i partecipanti

Suor Ignazia Serra

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Quale migliore meta può avere un viaggio che prende il via dalla Scuola dell’Infanzia “San Filip-po Neri” di Dalmine (via Vittorio Veneto, 1), se non quella della fantasia?! Proprio così! L’anno scolastico 2016/17 è ormai iniziato e avrà per protagonisti, oltre agli indi-scussi bambini, alcuni simpatici e colorati per-sonaggi che ci accompagneranno nella nuova avventura fuori e dentro di noi: Gioia, Disgusto, Rabbia, Tristezza e Paura… verranno a trovarci dopo l’amico Bing Bong, per dare tinte diverse ai nostri giorni. Perché, si sa, le emozioni sono il colore e il sapore della vita, ma per un picco-lo che si affaccia al mondo delle relazioni, non è facile dare loro un nome, serve la nostra mano per aiutarlo ad esprimerle e conoscerle, incre-mentando quelle abilità socioemotive ed affettive che, insieme a quelle cognitive, costituiscono le premesse di un armonico sviluppo psicologico e di una serena vita con gli altri.

Il progetto di quest’anno quindi, e anche per i prossimi tre in modo diverso (come vuole la nuova riforma della Buona Scuola), si pone l’o-biettivo di lavorare sulla competenza emotiva, di predisporre situazioni che permettano ai bambini di esprimere emozioni, “viverle”, riconoscerle e comprenderle!Ecco allora che dopo un “open day” in cui i più piccoli hanno avuto un assaggio delle varie emo-zioni nelle aule adibite a tema, a settembre sia loro sia i veterani, hanno trovato ad accoglierli

Tutti a bordo... destinazione fantasiascuola materna

il simpatico Bing Bong, l’amico immaginario di una bambina di nome Riley, entrambi già visti da qualcuno sul grande schermo. Ma il nostro compito, come ormai da alcuni anni, è riscattare il ruolo dei modelli massmediali: il film da cui abbiamo tratto i protagonisti da far conoscere ai bambini infatti, verrà proposto alle famiglie, solo al termine del percorso, mentre gli stessi personaggi verranno usati da veicoli per sviluppare appunto, l’intelligenza emotiva; ben venga allora chi saprà aspettare (e scoprirete che nell’attesa c’è gioia…), fantasticando e giocando col proprio amico immaginario, facendo lavora-re la propria creatività e usando quell’elefante, anche un po’ gatto e un po’ zucchero filato… per giocare e farsi ispirare! Giunti ad ottobre, quel che conta alla fine è che, insieme a lui, i bambini abbiano imparato a muoversi in modo sufficien-temente sicuro e sereno nell’ambiente, instaura-to e rafforzato relazioni co nuovi compagni e in-segnante e attivato atteggiamenti di esplorazione e curiosità per la scoperta dell’ambientescuola, vissuto ormai come familiare e piacevole.E’ tempo allora di aprire nuovamente la valigia di Bing Bong con le sorprese che ci ha portato Tristezza: adesso si può parlare delle vacanze finite o dei genitori che vanno a lavorare, ricor-dando che, anche se il nostro cuoricino era triste,

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tale emozione è servita a gioire dell’abbraccio nel pomeriggio, della telefonata all’amico lontano…!Infatti Tristezza ha portato il suo autoritratto da colorare, immagini delle regole e libri a tema: utilizzare materiali blu di vario tipo per colorare il personaggio è stato tutt’altro che noioso, riper-correre le regole è stato utile a capire come po-ter evitare di divenire tristi e le letture ci hanno insegnato qualche antidoto alla tristezza; una in particolare, ha avuto come protagonista il papero Consolino, di cui abbiamo realizzato tanti lavoret-ti correlati, col quale si è cantato e fatto conosce-re anche ai nostri “nonni speciali”. Chi sono? Ah già, dimenticavamo, quest’anno il Comune di Dalmine, ha chiesto alla nostra scuola di far in-contrare volontaripensionati e bambini. Il proget-to “Due stagioni della vita a confronto: bambini e adulti camminano insieme…”, ha l’obiettivo di mettere a confronto due esperienze simili, dove adulti e bambini sono protagonisti di esperienze e momenti di vita diversi, ma vicendevolmente ar-ricchenti: per gli adulti questi momenti diventano occasioni per ritrovare il loro passato e la storia della comunità, in quanto diventano testimoni di antiche tradizioni fatte di racconti, profumi e sto-rie, riscoprendo il loro passato di bambini e/o ge-

nitori; dall’altra parte, ai bambini viene data l’op-portunità di avvicinarsi all’adulto avvertito come figura di nonno, stimolandoli a ritmi più lenti e migliorando la loro capacità di concentrazione e apertura verso gli altri. Con forma laboratoria-le, il progetto è stato intrapreso coi bambini più grandi, creando momenti in cui le relazioni tra bambini e adulti mirino all’arricchimento di sé, del proprio mondo formato da immagini diverse, ma uniti dallo stesso punto di partenza e di arrivo. Si continuerà fino alle feste natalizie, scoprendo intanto le altre emozioni, nell’augurio reciproco che queste due generazioni, seppur così distanti anagraficamente, trovino soddisfazione al biso-gno comune di essere ascoltati, coinvolti e grati-ficati, lungo questo viaggio percorso insieme!

Arrivederci… a prestoSuor Ignazia e

tutto il personale della scuola

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CHIESA MISSIONARIA, TESTIMONE DI MISERICORDIA

Nella Giornata Mondiale Missionaria abbiamo ascoltato la testimonianza di Mario Mazzoleni, missionario laico in Bolivia

Ottobre è il mese missionario e la Giornata Missionaria Mondiale, celebrata anche nella nostra parrocchia Domenica 16 Ot-

tobre scorso, è il cuore del mese missionario.È una giornata nella quale si prega perché la chiesa continui ad esprimere la sua tensione missionaria e le parrocchie mostrino il volto solidale attraverso la colletta per le missioni.Per questa occasione abbiamo avuto il piacere di ascoltare la testimonianza di un laico, Mario Mazzoleni, bergamasco da diversi anni missio-nario in Bolivia.Mario ha lasciato il cantiere per aprire un centro rieducativo per ragazzi nei guai con la giustizia a Santa Cruz. Originario di Clusone, oggi è co-ordinatore del centro Forteleza in Bolivia. Mario lavorava in cantiere in alta Valle Seriana. Poi un giorno monsignor Sergio Gualberti, oggi vesco-vo ausiliare di Santa Cruz e originario di Cluso-ne, durante un soggiorno in Bolivia, gli chiede la disponibilità a prendere in mano un centro per ragazzi tra i 12 e i 15 anni che hanno commesso reati e hanno pendenze con la giustizia. Non un carcere minorile ma un luogo dove questi gio-vani possano ricostruire relazioni. «La mia vita – racconta Mario – è cambiata a 42 anni. Ho sem-pre lavorato sui cantieri anche nel settore ammi-nistrativo. Poi vai a capire lo Spirito Santo: da ammassare sacchi di cemento sono passato ad occuparmi del futuro dei giovani in difficoltà». Il centro Forteleza ospita oggi 40 ragazzi: devono scontare fino a cinque anni di prigione per vari reati, da quelli di abuso sessuale (tra i più diffu-si) a furti, uso o spaccio di droga ma anche vio-lenze in famiglia.

La Giornata missionaria mondiale, celebrata nel Giubileo della misericordia, ci ha ricordato Papa Francesco, è una preziosa occasione per ri-cordarci che tutti “siamo tutti invitati ad “uscire”, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a ser-vizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera fami-glia umana”.

La chiesa missionaria si prende cura di ogni uomo e di ogni donna e con la testimonianza della misericordia annuncia a tutti l’amore del Signore.Il nostro Dio è attento, premuroso e fedele, in particolare con i più fragili. La chiesa testimonia il volto misericordioso del padre quando si la-scia coinvolgere in scelte di attenzione, di pre-mura e di fedeltà per gli uomini.Dice ancora Papa Francesco: “Il mandato del Van-gelo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20) non si è esaurito, anzi ci impegna tutti, nei presenti scenari e nelle at-tuali sfide, a sentirci chiamati a una rinnovata “usci-ta” missionaria, come indicavo anche nell’Esortazio-ne apostolica Evangelii gaudium: «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo». E concludendo il suo messaggio per questa giornata il Papa così ci esorta: “Non chiudiamo il cuore nelle nostre preoccupazioni particolari, ma allarghiamolo agli orizzonti di tutta l’umanità”.

42 La voce della Comunità • Natale 2016

UN SALUTO PER NATALECochabamba, Bolivia, 26/11/2016

Cari amici della comunità di San Giuseppe in Dalmine, vi porgo un saluto dalla Boli-via. Porto nel cuore i ricordi della vacanza

estiva vissuta in Italia lo scorso agosto e settem-bre e ringrazio tutte le persone che ho potuto incontrare per l’affetto dimostrato per me e la mia famiglia. Rientrato a Cochabamba, ho ripre-so il mio lavoro di fisioterapista: normalmente la mattina sono impegnato con i ragazzi della casa famiglia di Danilo Gotti, missionario laico bergamasco che vive qui dal 1986. Da circa un anno e mezzo poi, nel pomeriggio lavoro con la “Fundación San Lucas”, un’organizzazione lo-cale che si occupa evangelizzazione per mezzo della salute: il mio compito è quello della riabi-litazione fisica e la stimolazione precoce di bam-bini e bambine con disabilità della periferia della città. A domicilio o appoggiandoci ad ambienti prestati da una parrocchia, riceviamo i bambini accompagnati dai genitori per sessioni di riabi-litazione. Insieme a me lavorano una psicologa, un animatore pastorale ed una dottoressa che si occupa del coordinamento e della ricerca di nuo-vi casi. Un fine settimana al mese raggiungiamo

in ambulanza alcune comunità nella parte semi tropicale della regione: anche lì cerchiamo di re-alizzare un accompagnamento ai bambini con disabilità e alle loro famiglie. Cerco di portare avanti i miei impegni con costanza, raccogliendo ogni giorno difficoltà e soddisfazioni: un bimbo che migliora e torna a sorridere, il grazie di una mamma, ma anche le ferite che si aprono e non vogliono chiudersi, le situazioni che sembrano non voler cambiare… Mi immagino di mettere tutto in una grande cesta da presentare nelle mani di Gesù, magari la domenica alla Messa. In momenti come quello mi sento unito alla mia comunità di origine e rendo grazie per il dono della fede, l’educazione e gli esempi ricevuti. Credo nella forza della preghiera di tanti fratel-li e sorelle, che ci aiuta a dare il meglio di noi ogni giorno. Concludo augurando a ciascuno un sereno Natale. Che Cristo sole di giustizia sorga per noi che crediamo nel suo nome e per tutto il mondo.

Con speranza,Francesco B.

43La voce della Comunità • Natale 2016

Venerdì 23 Settembre, in occasione della memoria liturgica di san Pio da Pietralci-na, abbiamo invitato Padre Marcello Lon-

ghi, Guardiano del Convento di Borgo Palazzo.Dopo l’adorazione e la preghiera del Santo Ro-sario, durante la Messa padre Marcello ha letto e commentato la lettera che Padre Pio ha scritto a Padre Benedetto il 20 novembre 1921.Una lettera che invita a non farsi tanti problemi ma a puntare all’essenziale. Padre Pio si sente totalmente invaso dall’amore di Dio e del prossi-mo con un fuoco interiore che lo consuma.Ecco il testo della lettera.

Carissimo Padre,Gesù sia sempre e tutto vostro e vi assista sempre con la sua vigile grazia e vi faccia santo!Possibile, Padre, che voi non siate mai contento sul conto vostro? Gesù vi predilige tanto, contro ogni stesso vostro demerito, fa scendere a fiumane le grazie su di voi e voi vi lamentate?! Sarebbe tempo di finirla ed incominciare a persuader-vi che siete molto debitore con Nostro Signore e, quin-di, non lamenti e più gratitudine e molto rendimento di grazie. Una sola cosa dovete domandare a Nostro

UNA SOLA COSA DOVETE DOMANDARE A NOSTRO SIGNORE:

DI AMARLO E RINGRAZIARLO

Signore: di amarlo e, per tutto il resto di ringraziarlo.Adesso veniamo a ciò che riguarda me. Confesso, innanzitutto, che per me è una grande di-sgrazia il non sapere esprimere e mettere fuori tutto questo vulcano, che e sempre acceso, che mi brucia e che Gesù ha immesso in questo cuore cosi piccolo.Il tutto si compendia in questo: sono bruciato dall’a-more di Dio e dall’amore del prossimo. Dio, per me è sempre fisso nella mente e stampato nel cuore, mai Lo perdo di vista: mi tocca ammirare la sua bellezza, i suoi sorrisi e i suoi turbamenti, le sue misericordie e le sue vendette, o meglio, i rigori della sua giustizia.Immaginate, poi, con tutta questa privazione di liber-tà propria, con tutto questo logoramento di potenza, sia spirituale che temporale, da quali sentimenti sia divorata la povera anima mia.

La Festa di San Pio da Pietralcina

44 La voce della Comunità • Natale 2016

Credetemi pure, Padre, che le sfuriate che delle volte ho fatto, sono causate proprio da questa dura prigio-nia, chiamiamola pure fortunata. Come è possibile vedere Dio che si contrista per il male e non contristarsi parimenti? Vedere Dio che è sul punto di scaricare i suoi fulmini e, per pararli, al-tro rimedio non vi è se non alzare una mano per trat-tenere il suo braccio e con l’altro rivolgere la gomitata al proprio fratello, per un duplice motivo: che getti via il male e si scosti dal luogo dov’è, perché la mano del Giudice è per scaricarsi su di esso?Credete pure però che in questo momento il mio inter-no resta scosso e nuovamente alterato. Non sento altro se non ciò che vuole Iddio. E in Lui mi sento sempre più riposato, almeno nell’interno sempre; all’esterno, alle volte un po’ scomodo. Per i fratelli poi? Ahimè! Quante volte mi tocca dire a Dio Giudice con Mosè: “perdona a questo popolo o cancellami dal libro del-la vita!”. Che brutta cosa è vivere di cuore! Bisogna morire in tutti i momenti di una morte che non fa mo-

rire se non per vivere morendo e morendo per vivere. Ahimè! Chi mi libererà da questo fuoco divoratore?Pregate, Padre mio, perché venga un torrente d’acqua a refrigerarmi un po’ da queste fiamme divoratrici che in cuore mi bruciano senza alcuna tregua!Beneditemi sempre e raccomandatemi alla Pietà Divi-na come io fo per voi.Padre Pio Capp.no

Al termine della omelia di Padre Marcello abbia-mo raccolto, nell’offertorio, il nostro contributo da devolvere al reparto di Oncologia Pediatrica della Casa Sollievo della Sofferenza.Al termine della Messa, davanti alla statua del Santo abbiamo baciato la Reliquia, e ricevuto la Benedizione solenne. Il rinfresco conclusivo è sempre un momento di fraternità e di amicizia per il Gruppo di preghie-ra che ogni mese si ritrova per mettersi alla scuo-la di Padre Pio.

45La voce della Comunità • Natale 2016

Nelle convulse giornate che seguirono l’annun-cio dell’armistizio dell’8 settembre 1943, a Dal-mine l’ordinato, cadenzato ed apparentemente tranquillo ritmo della vita venne scardinato: ci fu il temuto ingresso in paese di una trentina di soldati tedeschi giunti da Bergamo su due au-tocarri corazzati; immediato fu lo sparpagliarsi silenzioso, nelle campagne, nelle cascine, nelle canoniche e nei boschi lungo le rive del Brem-bo, di numerosi prigionieri evasi dal campo di concentramento di Grumello al Piano, meglio conosciuto come “la Grumellina”.( foto 1 ) Essi

ebbero quasi tutti dalla popolazione viveri, in-dumenti civili e nascondigli, prima di essere ac-compagnati in luoghi più sicuri. Alla “Dalmine” il lavoro subì diverse interruzioni; antifascisti locali compirono azioni di disturbo con il ta-glio della linea telefonica tedesca tra Dalmine e Guzzanica, l’asportazione di cavi elettrici sulla strada provinciale verso Levate, furti di armi e munizioni. Si ebbero, inoltre, manifestazioni di protesta da parte dei lavoratori dalminesi che scatenarono la repressione fascista con numerosi pestaggi e arresti. In quel tristissimo inverno la ferocia dei repubblichini volle dare una impo-nente dimostrazione di forza e la mattina del 25 novembre 1943 si ebbe una retata in grande stile all’interno dello stabilimento. Tutte le vie d’ac-cesso e di uscita al complesso industriale venne-ro bloccate; 300 militi, in pieno assetto di guerra, arrestarono diversi componenti della Commis-sione Interna dopo che erano stati spintonati

nell’ufficio della direzione aziendale e trattenuti a lungo con il viso schiacciato contro il muro e le braccia alzate. Con loro furono arrestati altri la-voratori dei vari reparti e vennero fermati anche alcuni ingegneri “sovversivi”. Tutti furono poi caricati su un pullman e, al suo-no della sirena di mezzogiorno, così che i com-pagni di lavoro li vedessero, scortati da militi armati di tutto punto, furono portati alla que-stura di Bergamo; da lì essi passarono poi alle carceri cittadine. Non essendo però emerso nulla di compromettente a loro carico furono tutti ri-lasciati il 30 novembre, ad eccezione di Antonio Piccardi che, trovato in possesso di un volantino disfattista - come ricorda la figlia signora Silvana Stocchi - fu trattenuto in cella di isolamento fino alla vigilia di Natale.Questa manifestazione di forza e violenza, di-spiegata dal regime in modo plateale, fece scal-pore e provocò un’impressione tale che fu quasi ignorato l’arresto di nove giovani dalminesi av-venuto tra la sera del 23 e l’alba di mercoledì 24 novembre, da parte dei carabinieri del comando germanico. Gli arrestati furono Ernesto Beretta, Piero Ghislandi, Attilio Locatelli, Angelo Moro-ni, Angelo Nava, Celestino Pagani, Renato Riga-monti, Valerio Sisana e Michele Zanoli accusati, oltre che di essere renitenti alla leva, di avere contatti con i partigiani. Questi giovani, classe 1924, avrebbero dovuto presentarsi il 20 settembre a Venezia alla chia-mata per il servizio di leva come marinai. L’8 settembre aveva scompaginato tutto ed essi non se l’erano sentita di rispondere alla chiamata alle armi dei repubblichini; come loro fecero anche altri giovani dalminesi, tanto che alla chiamata alle armi del novembre ’43 risultarono renitenti alla leva 13 ragazzi di Dalmine, 30 di Mariano, 25 di Sforzatica e 18 di Sabbio. Quel mattino del 24 novembre dunque - come mi raccontò in una amichevole e al tempo stes-so sofferta intervista il signor Piero Ghislan-di_- alle cinque e trenta egli venne prelevato da casa sua e portato in caserma “per chiarimenti” come amico dei partigiani, oltre che come tra-ditore della Patria. Lì trovò gli altri arrestati e soprattutto l’amico Celestino Pagani. Quest’ul-timo era l’unico che era sicuramente in contatto

Interessante racconto della Vigilia di Natale del 1943

Interno del campo di concentramento della Grumellina ( L’Eco di Bergamo, 27 gennaio 2012).

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con elementi della Resistenza in Bergamo già da settembre, quando aveva portato in un nascon-diglio ai piedi del colle della Maresana delle bombe trafugate a Mariano e in centro paese (ISREC, Fondo Alonzi). Da Dalmine tutti furono portati al comando tedesco di Bergamo in via Pi-gnolo, separati, sottoposti a duri interrogatori e trattenuti senza cibo, da mercoledì a sabato. In uno di quei giorni, Piero Ghislandi vide l’amico Celestino Pagani trascinato attraverso il cortile, dopo un interrogatorio: era pesto, sanguinante e incapace di reggersi in piedi. Il sabato furono tutti trasferiti allo scalo della stazione ferroviaria e, assieme a molti altri prigionieri, spediti su un carro bestiame nel campo di concentramento di Gradaro di Mantova (foto 2) dove vennero inu-tilmente richieste notizie sugli arrestati da parte del comune di Dalmine. Qui Piero Ghislandi fu adibito alla pulizia mattutina dei cassoni igieni-ci, e subì ingiurie e gravi percosse dai soldati te-deschi perché non era abbastanza veloce nell’e-seguire i loro ordini, urlati in una lingua che egli non comprendeva.

Il lunedì 20 dicembre, quattrocento prigionieri incolonnati a tre a tre, furono fatti marciare per una quindicina di chilometri sotto una pioggia battente, per raggiungere da Gradaro la stazio-ne di Mantova dove, caricati su un treno, furono deportati in Germania (foto 3 A e 3B). Del grup-po dalminese partirono in tre: Piero Ghislandi, Angelo Nava e Renato Rigamonti1. Il viaggio fu molto duro a causa della sete e della fame: il poco cibo avuto alla partenza durò tre giorni, in-setti di ogni tipo li tormentarono; il freddo e le

1 Celestino Pagani era stato deportato in precedenza; egli però riuscì a fuggire dal campo di detenzione, a rientrare in Italia e ad aggregarsi ad una formazione partigiana fuori regione.

sopraffazioni patite furono indescrivibili. Finalmente il sabato 25 dicembre, Natale 1943, alle ore 16, i tre giovani varcarono il cancello del campo per prigionieri di guerra di Moosburg, lager Bezeichnung M Stammlager VII A (foto 4). Dopo l’umiliante trattamento igienico-sanitario durato ore e riservato ai nuovi arrivati, la festivi-tà fu allietata dal pasto natalizio con crauti e pa-tate, al quale seguì la consegna del “guardaroba per il soggiorno”: un pantalone, una giacca da lavoro, un paio di calze e uno di zoccoli di tipo olandese (foto 5).

Ciò che resta del campo di concentramento del Gradaro di Man-tova.

Documenti della prigionia di P. Ghislandi inviatimi dall’ITS (Service International de Recherches di Bad Arolsen) l’8 febb. 2010.

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Stammlager VII A. Le grandi tende da campo nel lager di Moosburg.

Il pensiero di Piero Ghislandi andò con dolore e nostalgia al semplice Natale di casa sua, profu-mato di muschio del piccolo presepe, di scorze di arancia messe sulla stufa, e caldo della pre-senza di sua madre, nuovamente colpita dopo la morte del papà e ancora più sola nella cura dei figli. Quel giorno egli pensò che neanche il Bam-bino Gesù avrebbe potuto credere che l’umanità fosse stata capace di creare nel mondo un abisso di angherie e di dolore come quello in cui egli era stato catapultato con i suoi amici. Nel periodo di internamento, rimasto fortunosa-mente con Renato Rigamonti per qualche tempo, riuscì a sopravvivere a tutto, anche al bombarda-mento con bombe incendiarie del 18 marzo 1944, che li costrinse, in quel rigido clima continenta-le, a passare le notti sdraiati su di un asse in un grande tendone con tutto il guardaroba addosso: giacca da lavoro, pantaloni e zoccoli (foto 6).

Da Moosburg, alcuni mesi dopo, Piero, come ri-sulta dalla documentazione della sua prigionia, fu inviato al campo di Monaco-Neuaubing (foto 7) a lavorare per dieci ore al giorno presso la dit-ta Dornier-Werke GmbH, una fabbrica di aerei, tra umiliazioni di ogni genere. Finalmente a fine aprile 1945 Piero riuscì a fuggire dal campo, ri-masto senza controlli dopo l’abbandono dei sol-dati tedeschi, e il 1° maggio 1945, si consegnò ai militari americani a Garmisch. Da qui il ritorno in Italia con sosta obbligata a Bolzano per i necessari controlli sanitari e poi il rientro in famiglia con i mezzi messi a disposi-zione dalla Commissione Pontificia. Quel Natale di dolore del 1943 è stato il punto di discrimine della vita di Piero Ghislandi: Natale non fu più un giorno da festeggiare con animo se-reno, ma un incubo impossibile da dimenticare.

Mariella Tosoni

48 La voce della Comunità • Natale 2016

Pulcini

Giovanissimi

Juniores

Allievi

Dilettanti infrasettimanale

Esordienti

49La voce della Comunità • Natale 2016

Basket

Basket femminile

Femminile

Baskin

Dilettanti

50 La voce della Comunità • Natale 2016

Poesie di NataleSalvatore Quasimodo

Il Presepe

Quasimodo osserva attentamente la pace del presepe, che si contrappone invece all’inquietudine degli esseri umani.

Natale. Guardo il presepe scolpito,dove sono i pastori appena giunti

alla povera stalla di Betlemme.Anche i Re Magi nelle lunghe vestisalutano il potente Re del mondo.Pace nella finzione e nel silenzio

delle figure di legno: ecco i vecchidel villaggio e la stella che risplende,

e l’asinello di colore azzurro.Pace nel cuore di Cristo in eterno;

ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.Anche con Cristo e sono venti secoli

il fratello si scaglia sul fratello.Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino

che morirà poi in croce fra due ladri?

Anna Maria CànopiAltro Natale Anna Maria Cànopi è una religiosa italiana, fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, in provincia di Novara. La poesia è un invito, anche in tempo di guerra e di paura, ad attendere Colui che viene. La bellezza interiore di Maria ci dona la speranza.

Altro Natale:culle insanguinatesenza lacrime di madri,pianti sconsolati di famesenza latte, senza pace,senza ninne nanne.

Altro Natalenon con il piccolo presepetra gente semplice, fedele,ma su strade d’asfalto,tra l’urlo dei motorinel brivido della morte violenta.

Altro Natalesenza compassionedove Tu, Dio,vuoi nascere ancoraper amare con cuore d’uomo.

Vieni, non mancare,perché c’è sempre Lei ad aspettartiin mezzo a noi:la Povera,la Vergine,la Madre.

51La voce della Comunità • Natale 2016

Poesie di Natale Giuseppe UngarettiNatale

In questa poesia dedicata al Natale Ungaretti racconta del suo ritorno a casa dal fronte della Prima Guerra Mondiale. E’ tornato a casa in licenza, ma è stanco e non vuole fingere di dimenticare neanche per un po’ le atrocità della guerra, tuffandosi tra la gente e nella città in festa. E’ il Natale del 1916 e Ungaretti è in licenza a Napoli dove, per un po’, abbandona i paesaggi di guerra. Nel poeta però non c’è voglia di festeggiare: Ungaretti invoca solitudine ed il suo stato d’animo viene trasmesso anche dall’assenza di punteggiatura del testo poetico: un discorso unico composto da segmenti brevi che trasmette nel lettore grande forza evocativa.

Non ho vogliadi tuffarmiin un gomitolodi strade

Ho tantastanchezzasulle spalle

Quinon si sentealtroche il caldo buono

Stocon le quattrocaprioledi fumodel focolare

Lasciatemi cosìcome unacosaposatain unangoloe dimenticata

Altro Natalesenza compassionedove Tu, Dio,vuoi nascere ancoraper amare con cuore d’uomo.

Vieni, non mancare,perché c’è sempre Lei ad aspettartiin mezzo a noi:la Povera,la Vergine,la Madre.

52 La voce della Comunità • Natale 2016

DICEMBRE 2016 24 Sab Messa di Mezzanotte nella Natività del Signore25 Dom Natale del Signore 26 Lun Festa di Santo Stefano 31 Sab Messa di ringraziamento – Festa di Capodanno

GENNAIO 20171 Dom Santa Maria madre di Dio - Giornata della Pace ì5 Gio Elevazione Musicale Natalizia con il Coro Idica 6 Ven Solennità dell’Epifania – Benedizione dei bambini 8 Dom Incontro dei genitori della Cresima 9 Lun Equipe educativa dell’Oratorio 10 Mar Ritiro dei ragazzi di seconda media

Incontro interpar dei catechisti di 5 elem - 2 media 11 Mer Ritiro dei ragazzi di prima media 12 Gio Adorazione e Messa Gruppo Padre Pio

Incontro dei catechisti e animatori degli adolescenti 13 Ven Gruppo Missionario 15 Dom Giornata del seminario - Incontro AC

Incontro dei genitori della Prima Comunione Inizio del Corso dei fidanzati

17 Mar Ritiro dei ragazzi di quinta elementare 18 Mer Messa con le Madri Cristiane - Gruppo Liturgico 19 Gio Ritiro dei ragazzi di quarta elementare

Centri di Ascolto del Vangelo 20 Ven Consiglio della Comunità 21 Sab Consiglio pastorale Vicariale 22 Dom Inizio della Festa di san Giovanni Bosco

Incontro dei genitori della Prima Confessione 23 Lun Incontro Caritas parrocchiale 27 Ven Fiaccolata nella Festa di san Giovanni Bosco 29 Dom Festa di san Giovanni Bosco 30 Lun In settimana comunione agli ammalati

FEBBRAIO 2017 3 Ven Primo Venerdì del mese: Adorazione Eucaristica 5 Dom Festa della Vita 6 Lun Equipe educativa dell’Oratorio 7 Mar Ritiro dei ragazzi di terza elementare

Gruppo Liturgico 8 Mer Ritiro dei ragazzi di seconda elementare 9 Gio Adorazione e Messa Gruppo Padre Pio 12 Dom Incontro Genitori Terza Media e Adolescenti 13 Lun Consiglio della Comunità 14 Mar Incontro interparrocchiale degli animatori di 3 media e adolescenti 15 Mer Messa con le Madri Cristiane

Incontro dei catechisti e animatori degli adolescenti 16 Gio Centri di Ascolto del Vangelo 17 Ven Gruppo Missionario

Calendario Pastorale Parrocchiale

53La voce della Comunità • Natale 2016

18 Sab Progetto Preadolescenti 19 Dom Incontro AC 20 Lun Incontro Caritas parrocchiale 25 Sab Consiglio pastorale Vicariale 26 Dom Festa di Carnevale 27 Lun In settimana comunione agli ammalati

MARZO 20171 Mer Mercoledì delle Ceneri 2 Gio Incontro dei catechisti animatori degli adolescenti 3 Ven Primo Venerdì del mese: Adorazione Eucaristica 5 Dom Incontro dei genitori della Cresima 6 Lun Equipe educativa dell’Oratorio 8 Mer Catechesi agli adulti (08.30 – 15.30) 9 Gio Adorazione e Messa Gruppo Padre Pio

Gruppo Liturgico 12 Dom Incontro dei genitori della Prima Comunione 13 Lun 14 Mar Ritiro dei ragazzi di seconda media

Consiglio della Comunità 15 Mer Messa con le Madri Cristiane

Catechesi agli adulti (08.30 – 15.30) 16 Gio Ritiro dei ragazzi di prima media

Centri di Ascolto del Vangelo 17 Ven Gruppo Missionario 18 Sab Concerto di san Giuseppe con la Corale San Giuseppe 19 Dom Festa Patronale di San Giuseppe - Incontro AC 20 Lun ncontro Caritas parrocchiale 21 Mar Ritiro dei ragazzi di quinta elementare 22 Mer Catechesi agli adulti (08.30 – 15.30) 23 Gio Ritiro dei ragazzi di quarta elementare 26 Dom Incontro dei genitori della Prima Confessione 27 Lun Incontro dei catechisti e animatori degli adolescenti 28 Mar Ritiro dei ragazzi di terza elementare 29 Mer Catechesi agli adulti (08.30 – 15.30) 30 Gio Ritiro dei ragazzi di seconda elementare

APRILE 20172 Dom Progetto Preadolescenti 3 Lun Equipe educativa dell’Oratorio 4 Mar Gruppo Liturgico 5 Mer Catechesi agli adulti (08.30 – 15.30) 7 Ven Primo Venerdì del mese: Adorazione Eucaristica

Via crucis interparrocchiale a S. Giuseppe 8 Sab Consiglio pastorale Vicariale 9 Dom Domenica delle Palme 10 Lun In settimana comunione agli ammalati 13 Gio Giovedì Santo 14 Ven Venerdì Santo 15 Sab Sabato santo 16 Dom Domenica di Pasqua 17 Lun Lunedì dell’Angelo – Pellegrinaggio Parrocchiale

54 La voce della Comunità • Natale 2016

ANAGRAFE PARROCCHIALE

Battesimi Arioldi Beatrice Maria di Fabio e Gamba Simona il 23 Ottobre 2016

Pizzaballa Alessandra di Simone e Artemisi Monica il 23 Ottobre 2016Scarpellini Thomas di Andrea e Benaglia Zuleika il 23 Ottobre 2016

Lavetti Iris di Massimo e Tria Lisa il 6 Novembre 2016 Ghislandi Federica di Luca e Belotti Sabrina il 27 Novembre 2016

I nostri cari defunti

Neva Massimo di anni 71

morto il 9 Ottobre 2016

Pagani Ernesto di anni 88

morto il 7 Novembre 2016

Pesenti Teresa Ines di anni 86

morta il 4 Ottobre 2016

Baccalà Angelo di anni 91

morto il 9 Novembre 2016

Di Siena Francesco di anni 83

morto il 1 Novembre 2016

Fassari Rosario di anni 83

morto il 16 Novembre 2016

Ferrari Maddalena Maria di anni 88

morta il 3 Novembre 2016

Previtali Luigi Guido di anni 82

morto il 27 Novembre 2016

Vogliamo ricordarti come eri pensare che ancora vivivogliamo pensare che ancora ci ascolti e come allora sorridi.

I tuoi nipoti Marco e Fabio

55La voce della Comunità • Natale 2016 55

RaccontoSOGNO DI NATALE

di Luigi Pirandello

Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l’impressione d’una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l’anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors’anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi. Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zam-pogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori... E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi al-pestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo: - Buon Natale - e sparivo...Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava qua-si furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita. Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l’immagine di lui m’attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m’arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii. Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d’una luce interiore, sorvolava su un’alta siepe di rovi, che s’allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant’egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo. Dall’irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d’una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell’immenso arco dell’orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide. A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d’una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.- Non dormono... - mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d’odio e d’invidia pronunziate nell’inter-no, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l’impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch’e-ro la sua ombra per terra, non mi disse: - Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.Era una chiesa magnifica, un’immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d’oro alla volta, piena d’una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l’altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d’incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d’argento splendevano a ogni gesto le brusche d’oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:- Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà.- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?- Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l’impressione sul mio capo inchinato, m’avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

56 La voce della Comunità • Pasqua 2014 La voce della Comunità • Pasqua 2013

Don Roberto Belotti ParrocoCasa Parrocchiale via Ozanam 1 Dalmine tel. 035 561079 Don Egidio Gregis tel. 338 7791314

Suore Orsoline di Somasca tel. 035 562132

Casa Accoglienza Anziani tel. 035 0170210

Segreteria Oratorio tel. 3347058741

ORARIO SANTE MESSE

Giorni Festiviore 08.00ore 10.00ore 11.15ore 18.00

Giorni Ferialiore 08.00ore 16.30

LA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPENOTIZIE UTILI

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Sito della parrocchia: www.sangiuseppedalmine.it