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- 1 - l’INFINITAMENTE COMPLESSO Nel 1980, Douglas Hofstadter vinceva il Premio Pulitzer per il best seller “Gödel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante”. Il figlio del Premio Nobel per la fisica Robert Hofstadter (1915-1990) aveva avuto l’intuizione geniale di proporre un approccio squisitamente creativo sulle origini del pensiero umano. Attraverso dei paragoni incrociati fra discipline tanto diverse come la matematica, l’architettura e la musica, Hofstadter era riuscito a delucidare alcuni meccanismi basilari della formazione della conoscenza e, persino, della coscienza. Nel libro “Micro e macro. Viaggio avventuroso tra atomi e galassie” che Il Mulino ha deciso di pubblicare quest’anno, il matematico Werner Kinnebrock non ha sicuramente avuto la presunzione di uguagliare il classico dell’accademico newyorchese, ma ha comunque offerto un’opera scientifica, gradevolmente accessibile che, pagina dopo pagina, conduce il lettore a porsi domande fondamentali sulla percezione che l’uomo ha dell’universo e sul posto che l’uomo stesso occupa nell’universo. Il matematico tedesco non è sconosciuto al pubblico italiano. Nel 2013, in “Dove va il tempo che passa? Fisica, filosofia e vita quotidiana”, Kinnebrock partiva della domanda rivolta da Albert Einstein (1879-1955) a Kurt Gödel (1906-1978), per analizzare le ultime scoperte della cosmologia moderna, attraverso la lente interpretativa di grandi pensatori – come Aurelio Agostino (354-430) – e di eminenti artisti – come Luís de Góngora y Aragote (1561-1627). In dieci accattivanti capitoli, il divulgatore tedesco riusciva a dimostrare come teologi, filosofi, artisti e scienziati avevano tutti contribuito a rispondere al dilemma che tormentava proprio il Doctor Gratiae : «Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio» («Cos’e quindi il tempo? Lo so, quando nessuno me lo chiede; ma, non saprei spiegarlo se qualcuno me lo chiedesse»; cfr. Confessiones XI, 14). In “Micro e macro”, Kinnebrock stuzzica e cattura e l’attenzione il lettore, anche quello non avvezzo agli scritti scientifici, spiegando con parole concise e precise alcuni strabilianti realtà che caratterizzano la natura, dall’infinitamente grande – le stelle e i pianeti – all’infinitamente piccolo – gli atomi e le particelle. Sulla materia oscura, per fare un esempio, Kinnebrock invita ad accettare che, benché essa non sia mai stata sperimentalmente osservata, non sarebbe possibile difendere i presenti modelli sull’evoluzione del cosmo senza postularne l’esistenza. Sull’inconcepibile grandezza del numero di molecole che costituiscono ogni oggetto, per prendere un altro esempio, egli indica come i lavori del chimico Amedeo Avogadro (1776-1856) e del fisico Johann Josef Loschmidt (1821-1895) dimostrano che se ogni molecola contenuta in una semplice boccata d’aria dal volume inferiore a quello di una comune lattina di bevanda analcolica fosse grande come una piccola sfera di due centimetri, si potrebbe ricoprire così tante volte l’intera superfice della Repubblica Federale di Germania da raggiungere un’altezza superiore ai mille metri. Grazie a aneddoti rivelatori come questi, quello che il lettore apprende sono fatti essenziali senza i quali la percezione della realtà che lo circonda risulterebbe profondamente distorta. Il divulgatore tedesco riesce quindi a illustrare una paradossale verità che il

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Page 1: l’INFINITAMENTE COMPLESSO...Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante”. Il figlio del Premio Nobel per la fisica Robert Hofstadter (1915-1990) aveva avuto l’intuizione geniale

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l ’ INFINITAMENTE COMPLESSO

Nel 1980, Douglas Hofstadter v inceva i l Premio Pul i tzer per i l best sel ler “Gödel,Escher, Bach: un’eterna ghir landa br i l lante”. I l f ig l io del Premio Nobel per la f is icaRobert Hofstadter (1915-1990) aveva avuto l ’ intuiz ione geniale di proporre un approcciosquis i tamente creat ivo sul le or ig in i del pensiero umano. Attraverso dei paragoni incrociat if ra discipl ine tanto diverse come la matemat ica, l ’archi tet tura e la musica, Hofstadterera r iusci to a delucidare alcuni meccanismi basi lar i del la formazione del la conoscenza e,persino, del la coscienza.

Nel l ibro “Micro e macro. Viaggio avventuroso tra atomi e galassie” che I l Mul ino ha decisodi pubbl icare quest ’anno, i l matemat ico Werner Kinnebrock non ha sicuramente avutola presunzione di uguagl iare i l c lassico del l ’accademico newyorchese, ma ha comunqueofferto un’opera scient i f ica, gradevolmente accessibi le che, pagina dopo pagina, conducei l let tore a porsi domande fondamental i sul la percezione che l ’uomo ha del l ’universo e sulposto che l ’uomo stesso occupa nel l ’universo.

I l matemat ico tedesco non è sconosciuto al pubbl ico i ta l iano. Nel 2013, in “Dove va i ltempo che passa? Fis ica, f i losof ia e v i ta quot id iana”, Kinnebrock part iva del la domandarivol ta da Albert Einstein (1879-1955) a Kurt Gödel (1906-1978), per anal izzare le ul t imescoperte del la cosmologia moderna, at t raverso la lente interpretat iva di grandi pensator i –come Aurel io Agost ino (354-430) – e di eminent i ar t is t i – come Luís de Góngora y Aragote(1561-1627). In dieci accatt ivant i capi to l i , i l d ivulgatore tedesco r iusciva a dimostrarecome teologi , f i losof i , ar t is t i e scienziat i avevano tut t i contr ibui to a r ispondere al d i lemmache tormentava propr io i l Doctor Grat iae : «Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat ,scio; s i quaerent i expl icare vel im, nescio» («Cos’e quindi i l tempo? Lo so, quando nessunome lo chiede; ma, non saprei spiegar lo se qualcuno me lo chiedesse»; cfr . ConfessionesXI, 14).

In “Micro e macro”, Kinnebrock stuzzica e cat tura e l ’at tenzione i l let tore, anche quel lonon avvezzo agl i scr i t t i sc ient i f ic i , spiegando con parole concise e precise alcunistrabi l iant i real tà che carat ter izzano la natura, dal l ’ inf in i tamente grande – le stel le ei p ianet i – al l ’ inf in i tamente piccolo – gl i atomi e le part icel le. Sul la mater ia oscura,per fare un esempio, Kinnebrock invi ta ad accettare che, benché essa non sia maistata sper imentalmente osservata, non sarebbe possibi le di fendere i present i model l isul l ’evoluzione del cosmo senza postularne l ’esistenza. Sul l ’ inconcepibi le grandezza delnumero di molecole che cost i tu iscono ogni oggetto, per prendere un al t ro esempio, egl iindica come i lavor i del chimico Amedeo Avogadro (1776-1856) e del f is ico JohannJosef Loschmidt (1821-1895) dimostrano che se ogni molecola contenuta in una sempl iceboccata d’ar ia dal volume infer iore a quel lo di una comune lat t ina di bevanda analcol icafosse grande come una piccola sfera di due cent imetr i , s i potrebbe r icopr i re così tantevol te l ’ intera superf ice del la Repubbl ica Federale di Germania da raggiungere un’al tezzasuper iore ai mi l le metr i .

Grazie a aneddot i r ivelator i come quest i , quel lo che i l let tore apprende sono fat t i essenzial isenza i qual i la percezione del la real tà che lo c i rconda r isul terebbe profondamentedistorta. I l d ivulgatore tedesco r iesce quindi a i l lustrare una paradossale ver i tà che i l

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grande esperto di geometr ia f rat ta le (quel la che, contrar iamente a quel la eucl idea, megl iorappresenta le forme che si r iscontrano in natura) Benoît Mandelbrot (1924-2010) avevaavvert i to, ossia: che i l creato è una «sorprendente combinazione di estrema sempl ic i tà edi impressionante complessi tà».

Forse, è questo i l contr ibuto più intr igante del l ’u l t imo lavoro del matemat ico tedesco,quel lo di af fermare che sono veramente t roppi i fenomeni che sfuggono al la nostrarappresentazione, eccessivamente condiz ionata dai nostr i concett i l imi tat i d i spazio edi tempo calcolat i nel le sempl ic i , anzi sempl ic ist iche, misure di metr i e minut i . Lepart icel le elementar i possono inf luenzarsi a v icenda nei loro l ivel l i d i energia e nel la lorolocal izzazioni r ispett ive, nonostante s i t rovano a distanza di anni luce l ’una dal l ’a l t ra. If iocchi d i neve, cost i tuendosi con la cr istal l izzazione di mi l iardi e di mi l iardi d i molecoled’acqua – per questo è stat ist icamente impossibi le t rovare due esattamente ugual i –intorno a corpuscol i microscopic i d i polvere, r iescono a racchiudere al loro interno cosìtanta ar ia da fare diventare la neve un ef f icacissimo isolante termico, senza i l quale, lepiante e gl i a lber i gelerebbero. L ’acqua, contrar iamente al le al t re sostanze come l ’a lcool ,raggiunge i l suo punto di densi tà massima sopra e non sotto i l suo punto di congelamento(precisamente a +4° gradi Cels ius come lo at testa i l fat to che un cubetto di g iacchiogal leggia in un bicchiere d’acqua, mentre un cubetto di etanolo congelato a –115° gradiaf fonda nel l ’etanolo l iquido); da questa pecul iar i tà qual i tà del le molecole H2O dipendel ’equi l ibr io c l imat ico del p ianeta, v isto che se l ’acqua al lo stato sol ido fosse più densadel l ’acqua al lo stato l iquido, i l ghiaccio negl i oceani s i inabisserebbe, stravolgendo i lb i lanciamento del le corrent i marine.

A pensarci bene, dunque, i l l ibro di Werner Kinnebrock impone lo sforzo di non cercaredi « incasel lare in concezioni r idut t ive» ciò che sfugge al la comprensione. Sotto questoaspetto, esso rappresenta una r iconferma del l ’ammonimento di Blaise Pascal (1623-1662):«Car enf in qu’est-ce que l ’homme dans la nature? Un néant à l ’égard de l ’ inf in i , un toutà l ’égard du néant…». I l f i losofo-matemat ico di Clermont-Ferrand non si era sbagl iato:l ’ incolmabi le distanza che separa l ’uomo dal la grandezza del le galassie e dal la piccolezzadel le part icel le subatomiche, non solo dimostra che è un nul la r ispetto al l ’ inf into e un tut tor ispetto al nul la, ma è anche la prova che i l f ine del le cose e i l loro pr incipio r imangono perlu i un mistero, poiché egl i è ugualmente incapace di capire i l «nul la da cui è stato t rat to el ’ inf into dal quale è inghiot t i to» (cfr . Pensées XV, Transi t ions, 199-72 H. Disproport ion del ’homme. 9. - Voi là où nous mènent les connaissances naturel les ) .

Pubbl icato in L'Osservatore Romano , N. 269, 2015.