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L'albero della vita. Giulia Bertoli ITAS –Scalcerle- IIIC Sono anni che vivo qui e ho assistito ad un vero e proprio cambiamento del territorio. Nacqui intorno agli anni '50 e insieme a me nacquero tanti piccoli alberelli che poi con il tempo sono cresciuti con me; vivevamo tranquilli,eravamo in tanti e la cosa più bella volete sapere qual'era ? C'era un'aria profumata,fresca..alla mattina presto si sentiva il cinguettio dei Passerotti sui miei rami e i picchi facevano il solletico alla mia corteccia e su quelle dei miei vicini, il sole sorgeva riscaldando a poco a poco l'aria fredda della notte e gli animali uscivano dalle loro tane dopo ore di sonno. Il cielo poi,era splendido : non c'era una nuvola e tutto era limpido nelle giornate di sole. Pioveva abbastanza frequentemente, scendeva una pioggerellina leggera, che si posava su di noi accarezzandoci. Con l'andare degli anni tutto è cambiato. Tutto è iniziato intorno agli anni '90 con la costruzione di una piccola zona industriale nelle vicinanze del boschetto dove io mi trovo : si è cominciato tagliando un gran numero di alberi per far spazio alle costruzioni per poi finire con creare delle fabbriche che continuamente buttano fuori un'enorme nuvola di fumo da due enormi inceneritori rendendo così l'aria a dir poco irrespirabile e poi sono subentrate le piogge acide, che ci procurano moti danni,. Dovete sapere però anche che qualche anno dopo proprio qui,dietro alle mie radici, è stato allestito un piccolo spazio per la raccolta di rifiuti che molte volte sono tossici. Qualche decina di metri più in là ,alla mia sinistra,scorre un piccolo ruscello; una volta gli animali si fermavano sulla riva per dissetarsi un po’ o per fare il bagno ma ora,come si può vedere, le acque sono di un colore grigiastro e sparsi qua e là ci sono rifiuti di ogni genere abbandonati dall'uomo qualche chilometro indietro e poi trasportati dal corso del fiumiciattolo . I pesci quindi sono tutti morti. Per noi alberi la vita diventa con gli anni sempre più difficoltosa, io ho bisogno della luce del sole per far si che le mie foglie liberino ossigeno attraverso la fotosintesi, ma i raggi del sole risultano anch'essi di un colore giallastro,scolorito.. Giusto qualche giorno fa,qualche uomo,non sapendo come divertirsi,ha

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L'albero della vita. Giulia Bertoli ITAS –Scalcerle- IIIC

Sono anni che vivo qui e ho assistito ad un vero e proprio cambiamento del territorio.Nacqui intorno agli anni '50 e insieme a me nacquero tanti piccoli alberelli che poi con il tempo sono cresciuti con me; vivevamo tranquilli,eravamo in tanti e la cosa più bella volete sapere qual'era ? C'era un'aria profumata,fresca..alla mattina presto si sentiva il cinguettio dei Passerotti sui miei rami e i picchi facevano il solletico alla mia corteccia e su quelle dei miei vicini, il sole sorgeva riscaldando a poco a poco l'aria fredda della notte e gli animali uscivano dalle loro tane dopo ore di sonno.Il cielo poi,era splendido : non c'era una nuvola e tutto era limpido nelle giornate di sole. Pioveva abbastanza frequentemente, scendeva una pioggerellina leggera, che si posava su di noi accarezzandoci.Con l'andare degli anni tutto è cambiato. Tutto è iniziato intorno agli anni '90 con la costruzione di una piccola zona industriale nelle vicinanze del boschetto dove io mi trovo : si è cominciato tagliando un gran numero di alberi per far spazio alle costruzioni per poi finire con creare delle fabbriche che continuamente buttano fuori un'enorme nuvola di fumo da due enormi inceneritori rendendo così l'aria a dir poco irrespirabile e poi sono subentrate le piogge acide, che ci procurano moti danni,.Dovete sapere però anche che qualche anno dopo proprio qui,dietro alle mie radici, è stato allestito un piccolo spazio per la raccolta di rifiuti che molte volte sono tossici.Qualche decina di metri più in là ,alla mia sinistra,scorre un piccolo ruscello; una volta gli animali si fermavano sulla riva per dissetarsi un po’ o per fare il bagno ma ora,come si può vedere, le acque sono di un colore grigiastro e sparsi qua e là ci sono rifiuti di ogni genere abbandonati dall'uomo qualche chilometro indietro e poi trasportati dal corso del fiumiciattolo . I pesci quindi sono tutti morti.Per noi alberi la vita diventa con gli anni sempre più difficoltosa, io ho bisogno della luce del sole per far si che le mie foglie liberino ossigeno attraverso la fotosintesi, ma i raggi del sole risultano anch'essi di un colore giallastro,scolorito..Giusto qualche giorno fa,qualche uomo,non sapendo come divertirsi,ha dato fuoco ad un piccolo alberello qui vicino a me e,devo dire,che per poco non ci ho lasciato le foglie pure io.Durante le belle giornate passano di qui un gran numero di turisti e se devo dirla tutta sono veramente maleducati: stappano radici, ascoltano musica a tutto volume disturbando la quiete della natura,abbandonano rifiuti qua e là …Qualche miglia da qui poi,deve esserci una grande città..si sentono rumori di clacson,motori che ruggiscono e da lìproviene un'aria a dir poco inquinata.Nel 2002 è stata costruita una imponente centrale elettrica non pensando però ai danni che questa avrebbe poi portato a tutta la natura che la circonda perché le onde elettromagnetiche sono molto nocive sia all'uomo che a noi.La situazione sta peggiorando e non è possibile andare avanti così in quanto con il passare degli anni l'aria sarà sempre più inquinata, gli animali non avranno più vita e noi poveri alberi saremo tagliati o moriremo soffocati da quest'aria.L’'altro giorno ascoltavo poi uno dei tanti discorsi che i turisti fanno passando da queste parti e dicevano che giù in città c'è un forte spreco di acqua e energia elettrica da parte delle famiglie e delle imprese; ma non mi arriva mai notizia della costruzione di tecnologie e impianti che permettano di risparmiare e di vivere in un ambiente più pulito e circondato da una sana e viva natura.

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La Rivoluzione Verde. Il Signor Martini lavorava presso la Cassa di Risparmio come ragioniere ormai da molti anni. Ogni mattina si svegliava alle sette, faceva una buona colazione e scendeva le scale del condominio diretto ai garage interrati dove teneva la sua auto. Trovare parcheggio era molto difficile, rubava tempo prezioso al ragioniere e il traffico di Roma lo rendeva spesso nervoso, ma non amava usare i sovraffollati mezzi pubblici e in fin dei conti alla sua auto ci teneva. Per questo motivo quando un lunedì, dopo svariati tentativi, rifiutò di accendersi, il signor Martini si sentì perso. Era in ritardo, portava una pesante ventiquattrore, era ancora stressato dal pranzo a casa dei suoceri del giorno precedente e già malediceva l’inizio di una nuova, lunghissima settimana. “Serve una mano?” pronunciò qualcuno fuori dal finestrino. Era l’avvocato Dari, vicino di casa di Martini, che da anni gli rivolgeva solo un formale “Buongiorno” la mattina, nel garage appunto. Il Signor Dari l’aveva osservato mentre tentava invano di mettere in moto l’auto e, dal momento che era in anticipo quel giorno, aveva deciso di offrirgli un passaggio. Era un gesto cortese da parte sua e gli pareva doveroso farlo, pensando che un guasto sarebbe potuto capitare anche a lui. Salirono così nell’auto del signor Dari, e per spezzare il ghiaccio decisero che era opportuno conoscersi meglio. Il caso vuole che lo studio legale fosse vicino alla banca. I due uomini presero l’abitudine di andare a lavoro insieme, avendo più o meno gli stessi orari e molte altre cose in comune, dalla squadra di calcio preferita all’opinione politica. Spesso si incontravano nella pausa pranzo nello stesso bar, per parlare dei fatti della cronaca quotidiana, della finanza, delle famiglie e per fumare una sigaretta assieme. Sarebbe stato carino organizzare una cena con le rispettive mogli e figli, pensavano.Un giorno notarono al tavolo vicino al loro un volto che entrambi conoscevano, perché era quello di un loro vicino di appartamento.“Ma quello non è per caso il signor Pesotti, il commercialista che abita al terzo piano?”“Si è proprio lui, lo incrocio tutte le mattine mentre scendo le scale. Potrebbe pranzare con noi, ogni tanto. In fondo sono quasi dieci anni che ci salutiamo tutte le benedette mattine.”. Anche il signor Pesotti si unì al gruppo. Lavorava ad un solo isolato dalla banca in cui lavorava il signor Martini. Ben presto cominciarono ad utilizzare una sola macchina per andare lavoro. L’auto del signor Dari era di medie dimensioni, pratica e soprattutto poteva circolare anche durante i giorni di limitazione del traffico, poiché funzionava a metano. Ovviamente dividevano le spese del trasporto, ma al signor Dari non dispiaceva condividere la sua auto e avrebbe fatto volentieri a meno dei soldi dei suoi nuovi amici. Poteva parlare apertamente con loro e lamentarsi dei colleghi senza sentirsi a disagio, dal momento che avevano differenti occupazioni.Organizzò una cena informale a casa sua, cosicché le mogli e i figli potessero conoscersi. La signora Angela aveva preparato una cena deliziosa, tanto che le mogli degli amici di suo marito si complimentarono per la sua cucina, le chiesero le ricette e soprattutto dove andava a fare la spesa. Lei, che era maestra alle scuole elementari e madre di un bel bambino di 10 anni di nome Matteo, tra il lavoro, la famiglia e le pulizie, non aveva molto tempo per fare la spesa in centri commerciali troppo lontani e preferiva i piccoli negozi del quartiere. Le altre due donne la capivano perfettamente, poiché erano entrambe mogli, madri, ma soprattutto lavoratrici. “Per esempio, per i prodotti alimentari vado sempre da Biogreen, avete presente? È un negozio abbastanza piccolo e poco conosciuto, ma è davvero ben fornito e ci si trovano prodotti particolari: biologici, equo solidali, ecc… C’è anche un reparto dedicato ai soli prodotti locali, fabbricati in aziende appena fuori Roma e sempre sciolti, senza alcun imballaggio, così da evitare rifiuti inutili. La frutta e la verdura sono coltivate senza uso di pesticidi, il che mi rende più tranquilla. I prezzi sono solo leggermente più alti del normale, perché non molta gente va a fare la spesa lì. In ogni caso lo trovo più comodo di molti grandi supermercati e mi sento meglio sapendo che ciò che compro non ha danneggiato troppo l’ambiente.”.

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Le signore Daniela e Lucia erano un po’ scettiche all’inizio: pagare di più in tempi di crisi finanziaria sembrava assurdo, soprattutto perché loro non avevano tempo di pensare a salvare anche il mondo, con tutto quello che avevano da fare! Ma quando la signora Angela affermò che l’intera cena era preparata con i prodotti comprati al Biogreen, decisero di provare almeno una volta. Ne furono entusiaste e cancellarono ogni pregiudizio. Il negozietto era veramente colmo di ogni genere d’alimento, e tutto sembrava più sano e più buono.. Inoltre quello che spendevano in più lo risparmiavano sul costo della benzina, infatti quell’angolo di paradiso biologico era facilmente raggiungibile a piedi. Ci si impiegava pochi minuti, un risparmio di tempo assai vantaggioso. Le tre donne si videro più volte, o durante le cene tra famiglie che ormai erano diventate frequenti, oppure dopo il lavoro, per chiacchierare e bere una tazza di caffè ( ovviamente equo solidale). Era strano non essersi mai conosciute in tutti quegli anni, e ora che erano amiche avevano scoperto quanto simili erano le loro vite! In genere lasciavano che i figli giocassero insieme mentre loro parlavano. I bambini avevano tra i dieci e gli undici anni, si erano già visti a scuola e nel giardino del condominio e si erano conosciuti quando i loro genitori avevano cominciato a frequentarsi. Fu così che Matteo, Barbara e Francesco diventarono amici e trascorsero molti pomeriggi a giocare ai videogiochi oppure nel piccolo cortile a pallone. Non era affatto facile giocare in così poco spazio, ma non potevano andare al parco del quartiere perché erano ancora troppo piccoli. Avevano provato più volte a convincere gli adulti a lasciarli andare, ma non c’era stato verso e allora continuavano a giocare in casa, ripromettendosi che sarebbero andati al parco appena fossero stati grandi abbastanza. Un giorno nella scuola elementare che frequentavano circolarono dei volantini. Si trattava di un’attività ecologica organizzata dalla parrocchia e da un gruppo di volontari, il cui obbiettivo primario era migliorare l’aspetto del parco, da qualche tempo un po’ lasciato a se stesso. Erano già stata realizzata la maggior parte dei lavori ed ora chiedeva alle famiglie di passare una o più domeniche a dare una mano. Bastava che ciascuno portasse una pianta, o anche solo un piccolo fiore e lo piantasse in una delle nuove aiuole che erano ancora spoglie per contribuire all’abbellimento del parco pubblico. Il resto della giornata si passava in famiglia, rilassandosi e facendo un picnic all’ora di pranzo. C’erano tavolini e panchine per gli adulti e attività ricreative per bambini e ragazzi. Una sola condizione veniva posta: prima di uscire di casa alla mattina era d’obbligo spegnere tutte le lampadine e chiudere bene tutti i rubinetti di casa. La domenica sarebbe diventata un giorno di risparmio, relax e divertimento per tutta la famiglia.I tre bambini erano entusiasti all’idea di partecipare e proposero la partecipazione alle “Domeniche Verdi” ai propri genitori, che accettarono pensando che una cosa del genere ci voleva proprio per rilassarsi al fine settimana. Decisero così di passare la giornata tutte le tre famiglie insieme e di fare un gigantesco picnic sull’erba. Quella domenica non c’era molta gente nel parco, infatti erano poche le persone che avevano aderito all’iniziativa.. Ma Matteo Dari si accorse di come era bello il parco rinnovato e si accorse anche della gente che dalle finestre dei palazzi vicini guardava le famiglie divertirsi in mezzo al verde. La domenica successiva c’era il doppio della gente della precedente. Il numero di persone crebbe man mano che le settimane passavano, e le -Domeniche Verdi- ben presto diventarono frequenti in ogni spazio verde della capitale e ciò significò migliaia di lampadine lasciate a riposo per almeno dodici ore alla settimana, migliaia di litri risparmiati per almeno un giorno.Diventarono cinque le persone che utilizzavano l’auto del signor Dari e quelle di molti suoi colleghi e vicini Le donne fecero un’ottima pubblicità al negozio Biogreen, il cui gestore aumentò notevolmente gli incassi e l’anno dopo comprò anche il negozio a fianco.I bambini giocarono a pallone ogni pomeriggio possibile, nel parco reso più bello e più sicuro, essendo frequentato sempre più spesso da famiglie. La “rivoluzione verde” era appena cominciata.

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Sorgato Egles Viola III C

TUTTO SCOMPARSO IN UN ISTANTE

Ricordo molto bene le mie giornate di prima. Ero abituato a svegliarmi presto la mattina per poter assaporare le prime luci dell'alba, il profumo della natura e specialmente per mangiare le foglie più verdi appena cresciute. La mia vita non era nulla di più facile; vivevo di serenità e pace, tutto era perfetto: avevo vecchi e nuovi amici, una casa nella quale vivere e tanto cibo. Tutto cominciò a cambiare in una mattina d'ottobre, quando mi svegliai a causa di assurdi rumori provenienti dal giardino di casa mia. Le creature che noi piccoli insetti chiamavamo uomini avevano piantato sul suolo strani paletti rossi e bianchi, ma quando uscii di casa per andare a lavoro, ad attendermi non c'erano solo loro, bensì altri giganteschi camion che stavano di fronte a me ostruendo la luce del sole. Ero preoccupato perchè quello stesso giorno avrei dovuto lavorare fino all'orario di cena senza poter avere alcuna notizia su ciò che stava accadendo, e sapevo che tornato a casa avrei visto ben poco per colpa del buio. Il giorno dopo la luce del sole non penetrava nemmeno dalla mia finestra. Un'immensa parete bianca era stata costruita sulla soglia della mia porta, i gas di scarico non facevano altro che entrare nelle nostre case e inquinare le nostre trachee. I giorni passavano e tutta la mia specie si ammalava sempre più. I camion rimanevano in moto dall'alba alla sera, le urla degli uomini disturbavano me e tutto il vicinato in tal modo da non poterci nemmeno riposare. Il mio lavoro mi teneva occupato gran parte della giornata ma il ritorno a casa era sempre più sgradevole alla vista di quelle nuove mura bianche quasi fossero state costruite per fare un dispetto a noi. Sapevamo che non c'era nulla da fare, eravamo troppo deboli, poco numerosi e specialmente troppo piccoli per lottare contro tutto ciò. Il cibo non era più commestibile per il fertilizzante che veniva spruzzato sopra, i raggi del sole non scaldavano nemmeno più le nostre case. Ogni giornata era uguale ad ogni altra, sempre immersa nell'oscurità, e ci lasciava così una sola via d'uscita: il trasferimento. Ora mi ritrovo sul ramo di un albero ripensando che siamo tutti dei gran vigliacchi per non aver nemmeno provato a lottare, ma poi ci ripenso e scopro che sarebbe stata una battaglia già persa in partenza.Formenton Greta

NOTIZIE DAL FUTURO“S.O.S. SALVIAMO IL MONDO” è il titolo scritto a caratteri cubitali sulla prima pagina di uno dei quotidiani più importanti e più letto d’Italia. La pubblicazione speciale della domenica riserva un fascicolo intero allegato al giornale con questo titolo :” UN MONDO DA SALVARE” e più in basso:”Ecco come abbiamo ridotto l’ecosistema terra!”.Silvia stava tornando a casa da un convegno e, passando di fronte ad un’edicola, ha notato un gran numero di persone che aspettavano di comprare una copia del giornale più discusso del momento perché quel giorno era stato pubblicato un inserto speciale sull’ambiente.Spinta dalla curiosità, anche Silvia ha acquistato il giornale e ha letto qualche articolo prima di salire in macchina. Forse il caso o forse un sentimento inconscio l’ha spinta a leggere due articoli sui rifiuti e sull’effetto serra: tutte cose già note che venivano ripetute per l’ennesima volta con termini sempre più catastrofici.

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Ignorando gli altri articoli, ha ripreso la strada verso casa dove la aspettavano Fabio e i ragazzi Lucia e Stefano.Lucia era la figlia maggiore ed aveva compiuto da poco diciassette anni, per cui aveva una vita piuttosto impegnata tra lo studio che il liceo artistico a cui era iscritta le comportava, lo sport e gli amici. Nonostante ciò riusciva a trovare il tempo per rappresentare in importanti assemblee il gruppo ecologista della quale faceva parte assieme ad alcuni compagni di scuola. Era una ragazza sempre impegnata e molto attenta ai problemi della natura perché, uno dei suoi passatempi preferiti, era trascorrere le giornate all’aria aperta è ritrarre nel suo album da disegno tutti gli aspetti più belli, le situazioni più particolari e le caratteristiche uniche del paesaggio naturale. Poteva permettersi questa passione perché abitava in una casa poco lontana da un paesino pittoresco nella pianura toscana, dalla quale si poteva godere una visuale stupenda dell’ambiente perchè nel piccolo paese in cui viveva non era ancora arrivato il periodo di cementificazione e ”urbanizzazione a tappeto” che aveva coinvolto i paesi più grossi non molto lontani.Sotto lo stesso tetto viveva il fratello di Lucia, Stefano, un bambino di dieci anni il cui unico interesse era la tecnologia; possedeva e collezionava qualsiasi tipo di oggetto elettronico: dai videogiochi a dischi per il computer, a giocattoli strani che inventava e costruiva da solo tra una partita e l’altra al computer o alla play station. Lui, a differenza di Lucia, passava le giornate davanti la televisione o al pc e senza interruzioni riusciva a completare tutti i livelli di un gioco ogni giorno . Lucia lo rimproverava continuamente perché lasciando accesi tutti quegli apparecchi consumava moltissima corrente elettrica e inquinava con la quantità immensa di onde elettromagnetiche che venivano emesse dai marchingegni che usava.Stefano, però sembrava non sentire nemmeno i rimproveri della sorella e, quando Lucia iniziava a spigare gli effetti che portano l’inquinamento elettromagnetico e l’uso eccessivo della corrente, rispondeva seccato che lui non poteva certo causare tutti quei disastri.Quando Silvia è rientrata in casa, Lucia e Stefano erano nel mezzo di una di queste accese discussioni ed è toccato a lei risolvere la situazione, come ogni volta.La sera, finché Silvia stava preparando la cena, Lucia ha notato un giornale sopra il divano e, attratta dal titolo, ha iniziato a sfogliarlo e ha notato che vi erano molte informazioni interessanti che le sarebbero potute essere utili nelle riunioni con il gruppo degli ecologisti. Ha strappato le pagine che più le interessavano e si è chiusa in camera per trovare altro materiale da portare all’incontro del giorno seguente.Nel frattempo a Stefano era capitato in mano il fascicolo che era allegato al giornale e l’ha guardato in maniera non molto interessata, solo per capire cosa fosse. Mentre sfogliava le pagine, però la sua attenzione è stata attirata da un paio di immagini fatte a computer che rappresentavano alcune zone della terra tra settant’ anni circa: raffiguravano immense aree coperte da un deserto arido e completamente secco e affianco c’era una didascalia che diceva:” La mancanza di acqua ha trasformato un parco naturale in una distesa di terra secca e sabbia”.Poi girando pagina ha trovato dei dati che riportavano i consumi di acqua, la quantità di rifiuti prodotti, le varie fonti di inquinamento nella maggior parte dei paesi sviluppati, rimanendo piuttosto perplesso. Non avrebbe mai pensato, infatti, che gli uomini potessero inquinare così tanto l’ambiente in cui vivono.Durante la cena Stefano, con grande sorpresa di Lucia, ha chiesto improvvisamente:” Voi sapete quale sarà il destino del mondo se l’uomo continua a rovinarlo così? E’ proprio vero quello che dicono i giornali sul futuro della terra?”. Lucia era ben contenta di quella domanda ed era già pronta a rispondere, ma Silvia ha esclamato prima che potesse aprir bocca :” Non succederà niente al mondo, gli scienziati troveranno di sicuro un modo di salvarlo prima di provocare catastrofi e mi sembra eccessivo allarmare così le persone annunciando simili danni!”

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Lucia è rimasta senza parole dopo l’intervento della madre e si è ritirata in camera urlando: “ Non voglio avere nulla a che fare con chi pensa queste cose!!!”Stefano invece si era tranquillizzato perché anche lui credeva che fossero eccessivi i termini che venivano usati e non credeva fosse possibile che solo settant’anni dopo un parco si sarebbe trasformato in deserto per la mancanza di acqua, in fondo:” Come può finire l’acqua? Ce n’è così tanta!” Lucia non riusciva a dormire, era rimasta troppo male per quello che le aveva detto sua madre e continuava a pensare a come far capire a chi pensava che l’uomo non stesse rovinando il mondo che si sbagliava. I titoli ad effetto dei giornali e le immagini virtuali non bastavano, ci voleva qualcosa di più, qualcosa di scioccante che avrebbe finalmente attirato l’attenzione sul problema…Stefano, dopo cena, era tornato a giocare al computer a “ VIAGGIO NEL FUTURO”, una lotta contro gli alieni che invaderanno la terra. Era riuscito a superare il decimo livello e gliene mancava uno solo per concludere il gioco battendo il suo record di livelli al giorno, quando il computer si è spento..“ Non ci posso credere!!! Che cosa è successo? Non è possibile stavo per finire il gioco!” Dopo una decina di minuti passati a lamentarsi e ad arrabbiarsi con il computer, lo schermo si era illuminato di nuovo, ma non rispondeva ai comandi del mouse; subito dopo è apparso un foglio, una e-mail si era aperta improvvisamente davanti agli occhi di Stefano e diceva:

Ciao amico! 5 maggio 2070

Mi chiamo Marco, ho nove anni e voglio raccontarti della mia vita.Il mio papà dice che alla mia età era tutto diverso, ma io non ci credo. Dice che c’erano molti alberi nei parchi, che le casa avevano dei bei giardini e che si poteva addirittura stare sotto la doccia per ore o farsi dei lunghi bagni caldi!Io ho sempre usato asciugamani inumiditi e olii per pulire la pelle, come è possibile che sia vero? Il mio papà ha compiuto quarant’anni, ma ha già problemi di reni perché beve poca acqua, come me e la mamma.La mamma mi raccontava che quando era giovane aveva dei bellissimi capelli lunghi, ora invece dobbiamo rasarci per tenerci puliti senza usare l’acqua. Il cibo che mangio è una polverina sintetica senza sapore e la mamma mi ha detto che lei mangiava un piatto buonissimo che si chiamava “pizza”,che adesso non possiamo più mangiare.I vestiti che usiamo sono usa e getta, le immondizie sono aumentate a dismisura e le fogne non funzionano più perché non c’è più acqua.Anche la pelle delle persone è cambiata, infatti una ragazza di vent’anni ha la pelle di una di quaranta a causa della disidratazione e i raggi ultravioletti provocano delle piaghe anche sulla mia pelle.Gli scienziati stanno studiando, ma l’acqua non si può creare.A scuola studiamo che una volta c’erano molti cartelli con scritto:”Risparmia l’acqua”, “Pensa al futuro”, ma nessuno ci faceva caso perché non credevano fosse possibile!Invece adesso i fiumi, i laghi, i torrenti, le lagune sono contaminati dai rifiuti o senza acqua per sempre.L’acqua è usata come moneta ed è molto più preziosa dei soldi o dei diamanti.Non piove nemmeno più e, le poche volte che succede, è pericoloso perché è un pioggia acida che brucia tutto e non si può bere.A me piace farmi raccontare del tempo in cui mamma e papà erano giovani perché mi descrivono dei boschi bellissimi, della pioggia che cadeva e non bruciava le piante, dei fiori colorati, dei bagni nei fiumi che facevano, delle gite al lago per pescare, di tutta l’acqua che potevano bere e di come stavano bene.Poi quando chiedo come ha fatto a finire mi rispondono tristi che è anche colpa loro perché non hanno fatto attenzione a non sprecarla.

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La mamma mi ha detto che le piacerebbe tornare indietro per avvisare tutti gli uomini che le previsioni sono vere e per insegnare loro a risolvere il problema prima che sia troppo tardi.Spero che qualcuno possa leggere questa lettera e aiutare a cambiare il futuro in cui sono io e in cui sarà lui.Ti saluto. Il tuo amico dal futuro, Marco. “

Stefano era sconvolto, non capiva cosa stesse succedendo ed è corso a chiamare Silvia, che è rimasta tanto sbalordita quanto incredula di fronte a quella lettera.Improvvisamente il computer si è riacceso e la pagina con la lettera era scomparsa.Inizialmente mamma e figlio non volevano credere ai loro occhi, ma dopo lo shock hanno dedotto che non poteva essere stata una strana allucinazione e quindi hanno iniziato a credere a ciò che aveva detto loro Marco fosse vero e provenisse dal futuro.Quel giorno ha segnato profondamente la vita di Stefano e Silvia, perché da quel momento Stefano ha smesso di usare computer e play station tutto il giorno e ha cercato nuovi passatempi meno dispendiosi di energia inquinante, mentre Silvia è entrata a far parte del gruppo ecologista di Lucia, aiutandola nelle ricerche, promuovendo e pubblicizzando uno stile di vita migliore mirato ad un risparmio di risorse idriche e ad una diminuzione di consumo di rifiuti.In breve tempo l’atteggiamento della famiglia aveva contagiato anche i vicini di casa e tutti gli amici degli amici, formando così un intero paese che mirava a “salvare “ una piccola parte di mondo.“Finalmente il qualcosa di scioccante era arrivato, ed aveva funzionato!!!Ce l’ho fatta!”

POLATO CLAUDIA

Gli gnomi e la discarica

Nel bosco vicino alla città di Alberoverde c’è un piccolo villaggio dove vivono parecchi gnomi da tre generazioni ormai.Essi si aiutano a vicenda: gli gnomi più giovani vanno a raccogliere la legna per il fuoco, le gnome badano agli gnometti e preparano i pasti, gli gnomi più anziani invece, si dedicano alla caccia.Tuttavia da qualche anno il loro stile di vita è bruscamente cambiato a causa della realizzazione abusiva di un centro di raccolta per i rifiuti della vicina città.Questa discarica si trova proprio a ridosso del bosco ed ha provocato cambiamenti notevoli non solo agli gnomi ma anche all’ambiente circostante e a tutti gli esseri viventi che lo abitano.L’unico spazio verde senza arbusti e alberi, dove d’estate gli gnomi andavano a prendere il sole, è ora invaso da sacchetti d’immondizia, copertoni e batterie di automobili, sedie e addirittura vecchie lavatrici, frigoriferi, scaldabagni e fornelli. L’aria poi è diventata irrespirabile a causa del forte odore di rifiuti umidi e di erba tagliata e abbandonata all’interno di grandi sacchetti di plastica dove fermenta.Ci sono poi delle lamiere nelle quali è presente l’amianto e del materiale per costruzione ricco di eternit, entrambi sono pericolosi per l’incolumità dell’uomo e degli esseri viventi.Tutti gli gnomi che popolano il bosco sono molto preoccupati per la loro salute e perquella anche se lepri cervi e scoiattoli sono già scappati perché non sopportavano più la situazione nella quale erano costretti a vivere e molti altri animali li imiteranno presto; diverse piante sono morte perché l’aria è diventata per loro un veleno e presto molte altre moriranno se non verranno attuati miglioramenti.

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Gli gnomi, stanchi della situazione sono partiti per andare in città e hanno parlato al sindaco e ai cittadini; dopo aver discusso sono giunti ad una conclusione: gli uomini si impegneranno a rispettare l’ambiente in cui vivono e la raccolta differenziata, inoltre, il sindaco ha promesso loro che lo spazio dove ora si trovano depositati i rifiuti presto bonificato.Gli gnomi soddisfatti sono tornati nelle loro casette nel bosco fiduciosi nella buona volontà degli uomini.Sofia Conte

EMERGENZA RIFIUTIJake camminava a stento tra la spazzatura.Ormai non c’ era più spazio nel suo giardino e, come nel suo, anche in tutti quelli dei suoi vicini.Ogni angolo della città era sommerso da rifiuti di tutti i tipi, dei generi più svariati: dai computer inutilizzati, alle riviste, fino alle bucce di banana. Ormai Jake non sapeva nemmeno dove buttare i resti dell’involucro della sua colazione in quella afosa giornata di luglio.La sua memoria lo portava a qualche anno prima, quando la città era ancora curata e pulita, ma già allora si presentavano le prime avvisaglie del cambiamento: molti esperti raccomandavano alle famiglie di fare la raccolta differenziata e di non sprecare energia, ma ciò non serviva a nulla perché nessuno dava loro ascolto, le persone erano troppo impegnate nel loro lavoro e troppo distratte per vedere ciò che accadeva intorno a loro.Un giorno a casa di Jake e in tutte le altre case della città di Londra arrivò una lettera da parte del sindaco, nella quale, deluso del comportamento tenuto dai suoi cittadini, li informava che la discarica comunale sarebbe stata chiusa in pochi giorni perché troppo piena e perché le regole della raccolta differenziata non erano state rispettate dalla popolazione.I rifiuti stavano diventando davvero troppi e tutti i telegiornali davano notizie terrificanti sull’ inquinamento globale che, secondo le stime degli esperti, si stava innalzando di ora in ora e che non poteva più essere tenuto sotto controllo.Tutti gli stati del mondo erano in pericolo: dalla Germania alla Spagna fino alle super potenze Usa e Giappone, per non parlare della Cina che era ormai sepolta dalle immondizie da molti mesi. Jake,con il torsolo di mela in mano,ripensava a tutto ciò, camminando per le strade di Londra, dove tutto era deserto. Non vi erano più bambini che correvano in bicicletta o manager in ritardo ai loro appuntamenti. Nulla. Solo Jake e gli innumerevoli rifiuti.Continuava a camminare tra la spazzatura e intanto pensava, pensava a come si era potuti arrivare a questo punto, a quanto poco sarebbe bastato per saper vedere un po’ più in la del proprio naso, non occupandosi solo dei propri problemi ma di quelli dell’ umanità intera.Sarebbe bastato puntare sulle nuove tecnologie o semplicemente utilizzare meglio ciò che la natura già ci donava, come il sole, l’ acqua e il vento, tutte fonti di energia naturali.Sarebbe bastato imitare gli animali, pensava Jake, come aveva visto in un programma televisivo sull’ ambiente, nel quale spiegavano che un mollusco, l’ Haliotis Tuberculata, riesce a creare un rivestimento di madreperla due volte più resistente delle migliori ceramiche create dagli uomini.“Perché non siamo riusciti a prendere esempio da esso per creare materiali resistenti per rinforzare auto o aerei invece di produrre tante sostanze chimiche inquinanti?” Pensava.Probabilmente sarebbero stati sufficienti dei pannelli solari o dei fotovoltaici sopra ciascuna casa, per risparmiare energia e diminuire le emissioni di gas.Jake continuava a pensare che sarebbe veramente bastato poco per evitare la catastrofe: osservare la natura e copiarla nella sua perfezione.Ad un tratto lo distolse dalle sue riflessioni un tuono.

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Jake guardava in alto, osservava il cielo cupo,da troppo tempo senza sole, la fonte di vita della vegetazione, che era ormai rinsecchita e scomparsa dalla città. Stava iniziando a piovere. Avrebbe dovuto correre più veloce che poteva, correre dentro casa, per non ritrovarsi il corpo pieno di ustioni, a causa delle piogge acide che da qualche anno cadevano sulla sua città.Ma Jake non voleva più correre, Jake era stufo.Era stanco di quella situazione e delle persone che avevano causato quel disastro pensando solo ad arricchirsi, distruggendo quel mondo che apparteneva anche a lui.Ormai però era troppo tardi per agire, quel mondo non esisteva più. Jake decise di rimanere lì, sotto la pioggia, con l’ingombrante involucro della sua colazione in mano.

Irene Bonetti

Bob era un cane molto vivace, rincorreva allegramente i bambini che andavano a scuola.Ogni giorno, alla stessa ora, usciva di casa per la solita passeggiata mattutina; era conosciuto e ben voluto da tutti, soprattutto dal suo padrone.Il signor Attilio era un arzillo vecchietto sulla settantina, senza figli e vedovo ormai da cinque anni. Bob era per lui la cosa più importante, un amico buono e fedele, che un giorno gli aveva persino salvato la vita. Il fatto risaliva ad una torrida mattina di agosto in cui non si muoveva neanche un filo d’erba e l’aria era irrespirabile. Il cane pronto sulla porta con il guinzaglio in bocca, visto che il padrone non scendeva, era salì nella sua camera. Lo trovò disteso a terra dolorante, così, senza esitazioni, corse direttamente dal vicino abbaiando insistentemente. I soccorsi furono tempestivi, Attilio venne portato d’urgenza all’ospedale e riuscì a riprendersi dall’attacco di cuore.I due vivevano in una bella casa con un grande giardino adornato da roseti e piante di ogni tipo e dietro ad essa c’era la grande passione di Attilio: l’orto. L’uomo dedicava gran parte della giornata al giardinaggio e soprattutto alla coltivazione di frutta e verdura di vario genere; teneva molto all’alimentazione, soprattutto dopo l’infarto che lo aveva colpito.Il suo orto confinava con quello del signor Ruggero, suo amico, ma storico rivale.La competizione fra i due risaliva ancora ai tempi della scuola quando Ruggero eccelleva sempre in tutte le materia, arrivava primo in tutte le gare e aveva sempre la ragazza più bella; Attilio invece si doveva sempre accontentare di essere secondo in tutto.Con gli anni però la loro rivalità si era attenuata, tutti e due avevano ottenuto successo nel lavoro e si erano sposati felicemente. C’era una cosa però che tormentava l’animo di Attilio…Tutti i giorni quando andava nel suo orto e guardava quello del vicino, gli prendeva una tale rabbia che si metteva a parlare da solo: “E’ possibile che lui debba sempre ottenere i migliori risultati?!? Anch’io sono qui tutti i giorni a lavorare duramente; come mai i suoi pomodori sono molto più grossi e rossi dei miei?...Le sue fragole hanno un aspetto e un colore che sembrano uscite da una tela di un dipinto?...I suoi peperoni sono grossi quanto una palla da baseball?...mah, sarà!... però devo dire che la mia frutta e verdura non avranno un bell’aspetto, ma sono certamente di ottima qualità e di questo ne sono fiero! Vieni Bob, torniamo a casa che è ora di pranzo!”. Ma il cane che stava giocherellando avanti e indietro tra un orto e l’altro non ubbidì, perché fu attirato dalle voci di alcuni bambini che come ogni giorno a quell’ora tornavano da scuola. “Ciao Bob” dissero i piccoli “Hai fatto il bravo oggi?”-e come al solito gli lanciarono un biscotto.

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Il cane tutto felice corse a mettere in salvo il premio; il nascondiglio segreto era una buca che aveva scavato nell’orto di Ruggero, nella quale c’era anche un osso che aveva trovato il giorno prima.Nel frattempo Attilio si accorse che il cane non lo aveva seguito, allora la sua voce si fece più forte: “Bob, dove sei? Vieni a casa che è ora di pranzo!!”. Ma non ottenendo risposta uscì di casa a cercarlo e si accorse che l’animale era intento a nascondere qualcosa nell’orto di Ruggero. Allora si arrabbiò ulteriormente e urlò: “Guai a te se non torni subito a casa!...smettila di giocare sempre lì, altrimenti rovini le fragole e Ruggero si arrabbierà con me!!”. Il cane dopo l’ennesimo richiamo finalmente ubbidì.La mattina seguente Attilio dormiva beatamente nel suo letto quando all’improvviso qualcuno cominciò a suonare incessantemente il campanello. L’uomo si svegliò bruscamente, guardò la sveglia e notò che erano già le nove. Scendendo precipitosamente le scale pensò come mai Bob quella mattina non lo avesse svegliato, come era solito fare ogni giorno alle sette.Finalmente aprì la porta e si trovò davanti Ruggero ansimante che lo informava di aver trovato nel suo orto Bob disteso a terra e privo di sensi. A quella notizia Attilio sentì una tremenda fitta al cuore e un brivido di paura lo pervase.Uscì di casa come un fulmine, senza scarpe e in pigiama.Arrivato sul posto trovò il cane che giaceva vicino alla buca dove lo aveva visto giocare il giorno prima. Lo prese in braccio e si accorse che respirava ancora, così lo caricò in macchina e corse dal veterinario del paese. Durante il tragitto gli diceva insistentemente: “Ti prego…non mollare, non mi lasciare proprio adesso! Abbiamo condiviso tanti bei momenti insieme, non posso vivere senza di te!”.Giunti a destinazione il cane fu portato in una stanza.I minuti trascorsi in sala d’attesa per Attilio sembravano non finire mai e l’ansia aumentava quasi a fargli mancare il respiro.Ad un certo punto da una porta uscì il veterinario che con aria serena e soddisfatta disse: “E’stata dura, ma il suo cane è salvo! Ancora pochi minuti e sarebbe morto…”“Ma cosa è successo?” chiese Attilio.“Avvelenamento…” rispose il veterinario.“Cosa? Ma sta scherzando!”“No, Non ho nessuna voglia di scherzare!” rispose l’uomo “anzi sono molto arrabbiato!”“Oh, mi scusi dottore, ma mi sembra una cosa così assurda. Curo personalmente il cibo del mio cane e posso assicurarle che mangia prodotti di ottima qualità.”“Ciò non toglie che il suo cane è stato avvelenato, e le dirò di più…avvelenato da fitofarmaci!” ribadì il veterinario.“…ma io non uso pesticidi!” disse Attilio.“Lei no…ma la fragola che Bob ha ingerito, era altamente contaminata!”Dopo quelle parole i pensieri di Attilio si aggrovigliarono e la sua mente si mise in fermento cominciando a macinare come se fosse un frullatore. Dopo un po’ però tutti i pezzi del puzzle trovarono il loro posto. Molte sue domande cominciarono ad avere delle risposte… “Ora capisco qual’era il segreto di quel dannato… ottenere prodotti meravigliosi a scapito della salute delle persone…ma gli farò rimpiangere di essere nato…!”.Attilio tornò a casa con il suo cane e il loro vicino, ormai acerrimo nemico, fu denunciato alle autorità competenti.

Bernabei Elisa

RACCONTO SULL’AMBIENTE

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Elisa era una ragazza di 17 anni,bassa mora e un po’paffutella,amava l’ambiente ma non il genere di ambiente presente nella sua città: c’era sempre molto traffico,molto smog e immondizia ovunque. Ciò che la teneva veramente legata alla sua città era la sua famiglia,suo padre e sua madre che però erano ormai troppo anziani per preoccuparsi dei problemi dell’ ambiente che li circondava e cambiare abitudini. All’ età di circa 23 anni Elisa si laureò e finalmente poté fare ciò che più le piaceva: era stata incaricata da un’ associazione di girare nelle scuole superiori della sua città e parlare del settimo obiettivo ovvero della sostenibilità ambientale. Cercava di interagire con gli studenti cercando di far capire loro che qualcosa si sarebbe dovuto fare e fu così: una classe di un istituto linguistico prese in mano la situazione e impose alle altre classi una”severa” raccolta differenziata. Ogni mese alcuni ragazzi andavano nelle altre classi per controllare che l’impegno preso fosse rispettato,altrimenti la classe veniva segnalata. Elisa era molto soddisfatta e felice del suo lavoro perché capiva di fare qualcosa di buono. Una mattina decise di andare dal sindaco per chiedergli di poter organizzare una riunione nella quale lei stessa avrebbe parlato ai suoi concittadini riguardo il settimo obiettivo, il sindaco fissò l’incontro per il giorno seguente. Elisa passò l’intera notte a studiare il discorso che avrebbe dovuto fare per essere il più convincente possibile,ma sfortunatamente non fu così: infatti le persone presenti alla riunione se ne andarono sostenendo che ciò che diceva Elisa era inutile e che ciò in cui lei credeva e portava avanti non sarebbe mai stato condiviso da nessuno. Delusa e avvilita ritornò a casa dove raccontò quello che le era successo a sua madre che le suggerì di trascorrere un lungo periodo di tempo lontano dalla sua città Elisa riuscì a trovare un lavoro che sarebbe durato due anni in Oceania. Non le sembrò vero,appena arrivò,vedere prati verdi incontaminati! Il tempo passò molto velocemente e arrivò presto l’ora di tornare a casa; aveva molta paura che la situazione nella sua città fosse degenerata. Arrivata in aeroporto ad accoglierla c’erano i suoi genitori che sembravano più felici che mai e anche lei lo fu quando vide come era cambiata la sua città: c’erano pannelli solari suii tetti delle case , bidoni della spazzatura in ogni angolo….. Non furono solo queste le novità, infatti ogni domenica c’era il blocco delle auto e gli abitanti erano costretti a spostarsi o a piedi o in bicicletta. A Elisa non sembrava vero, cominciò a piangere di gioia e pensò:” Tutto questo anche per merito mio!”. Baldin Annachiara

PRESA DI COSCIENZA

Quando Sara vide la famiglia che l’avrebbe ospitata per le seguenti tre settimane sentì una vampata di calore percorrerle tutto il corpo, non poteva credere di dover trascorrere il tempo con una famiglia che era venuta a prenderla in una di quelle macchine, che come unico scopo, hanno quello di inquinare l’ambiente.Sara era una ragazza di origini brasiliane che, spinta soprattutto dalla sua famiglia, aveva deciso di partecipare a una vacanza studio in Florida per migliorare il suo inglese e per provare e conoscere gli usi e i costumi di una cultura diversa dalla sua.Di piccola statura, con capelli folti e neri, occhi marrone scuro e carnagione tipicamente brasiliana, Sara aveva la capacità di incantare la gente ed era anticonformista, animalista e vegetariana; inoltre le premeva particolarmente che ognuno avesse cura dell’ambiente.La famiglia ospitante era tutto ciò che Sara non avrebbe voluto incontrare: abitazione esageratamente grande, piscina nel retro, rispetto per l’ambiente inesistente.Il padre della famiglia le aveva subito fatto molta paura, la precoce calvizie e lo sguardo di superiorità le avevano fatto intuire che le tre settimane seguenti non sarebbero state affatto piacevoli.

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I primi scontri arrivarono subito sin dai primi giorni per le cose più semplici come la raccolta differenziata che la famiglia riteneva inutile, lo spreco di acqua per avere un giardino impeccabile e per ostinarsi a far partire la lavastoviglie e la lavatrice a carico quasi vuoto. Scontri che si concludevano sempre con la rassegnazione di Sara, per le difficoltà che trovava nell’esporre le sue validi ragioni in una lingua che non era la sua, e la soddisfazione del padre della famiglia che mai si sarebbe potuto permettere di farsi mettere i piedi in testa da una ragazza di 19 anni.Il totale menefreghismo da parte di quel signore per tutto ciò che riguardava il rispetto dell’ambiente faceva stare male Sara che cercava di fare di tutto per convincere almeno il resto della famiglia a fare il primo passo. La moglie però era succube del marito e faceva tutto ciò che le veniva detto di fare; in quanto a Spencer, il figlio di 12 anni, sembrava che l’unica cosa di cui gli importasse fossero i videogiochi e il suo amato cane che era la sola passione che aveva in comune con Sara.I giorni passavano e Sara non condivideva nemmeno uno degli atteggiamenti di quella famiglia, voleva tornare a casa perché per la prima volta era convinta che non si potesse fare davvero nulla per fargli in qualche modo cambiare idea. Le sue lamentele facevano solo ridere il padre che per dispetto si impegnava a sprecare ancora di più in casa, lasciando accese le luci in tutte le stanze e lasciando scorrere l’acqua a vuoto.Un giorno era anche andata a visitare l’industria, il cui proprietario era il padre della sua famiglia ospitante e aveva scoperto che venivano emesse sostanze altamente inquinanti e che i rifiuti nocivi non venivano smaltiti nella maniera più corretta.Quello stesso pomeriggio la madre aveva deciso di portare Sara e il figlio al lago poco distante dall’industria sperando che quella ragazzina, a parer suo sfrontata e a volte anche un po’ maleducata, potesse trascorrere un pomeriggio in mezzo alla sua amata natura.Sara infatti per la prima volta non pensò a tutto ciò che di sbagliato c’era in quella famiglia ma trascorse del tempo con quel ragazzino che all’apparenza non le era sembrato poi così sveglio, ma che adesso si stava rivelando una persona brillante e molto sensibile. Giocarono con il cane, parlarono dei reciproci interessi e respirarono un po’ di aria che all’apparenza sembrava pulita.La sera in casa non regnava la solita tensione e Sara riuscì finalmente a dormire sogni tranquilli, almeno fino al mattino dopo.Il giorno seguente, infatti, fu la prima a svegliarsi e a trovare il cane accasciato sul pavimento tutto tremante e, disperata, chiamò aiuto.La madre si precipitò immediatamente al pian terreno e vedendo il cane in quello stato si affrettò a caricarlo in macchina con l’aiuto della ragazza e a portarlo frettolosamente dal veterinario.Il veterinario fece mille domande perché temeva che qualcuno potesse averlo avvelenato ma le presenti affermarono di essere state solo al lago il pomeriggio precedente.Per il cane non vi era speranza di vita e bisognava sopprimerlo, la madre era terrorizzata all’idea di doverlo dire al figlio così si offrì la ragazza che velocemente tornò a casa a prenderlo per potergli dare la possibilità di dirgli addio.Durante il tragitto dalla casa alla clinica del veterinario Sara, con le parole più dolci e sincere che aveva saputo trovare, diede la triste notizia al ragazzino che si ammutolì limitandosi a fissare dritto nel vuoto mentre le lacrime gli rigavano le guance paffute.Una volta arrivati Spencer si precipitò nella stanza dove era stato riposto l’amato cane e si lasciò in un pianto disperato abbracciando quel corpo ormai quasi privo di vita.I giorni seguenti furono dei giorni difficili e nella casa si respirava un’aria triste e per Sara lo sguardo cupo del ragazzino era diventato insostenibile, così decise di andare a fondo alla causa della morte del cane e con suo stupore scoprì che l’avvelenamento del cane era stato dovuto agli scarichi di sostanze di rifiuto nocive che proprio l’industria del padre di Spencer riversava periodicamente nel lago che era diventato causa della morte di molti animali.

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L’adorato animale si era dissetato più volte con l’acqua di quel lago quel fatidico pomeriggio e la colpa di tutto ciò era quindi da attribuire al padre che non eseguiva i giusto controlli o che, probabilmente, aveva dato l’ordine che le sostanze nocive fossero gettate in quelle acque.Quando Sara, con parole cariche di rabbia, disse ciò che aveva scoperto alla famiglia, creò una forte tensione fra il padre e il figlio, mentre la madre cercava una soluzione che potesse riunirli.Il figlio si chiudeva ogni giorno di più in se stesso, il padre, all’apparenza così orgoglioso e superficiale, risentiva molto della mancanza di un rapporto con il figlio e per dimostrargli quanto fosse dispiaciuto, e quanto si sentisse in colpa, decise di far si che venissero eseguiti gli adeguati controlli all’industria per fare in modo che rispettasse tutte le norme stabilite dalla legge per evitare un ulteriore inquinamento della terra.Spencer, pur apprezzando molto il gesto del padre, volle sfruttare del tutto il senso di colpa del padre facendo in modo che tutte le lamentele e i consigli di Sara venissero ascoltati.Pur dovendo mettere da parte tutto il suo orgoglio, il padre tanto temuto dalla ragazza brasiliana si rivelò più disponibile del previsto ed esaudì ogni richiesta promettendo di cercare di cominciare una nuova vita già dal giorno seguente.Nel frattempo erano trascorse tre settimane ed era arrivato per Sara il momento di ritornare in Brasile consapevole che quella esperienza l’aveva fatta crescere molto, dandole la possibilità di mettersi in discussione, più di quanto non facesse già prima.Nelle settimane seguenti Spencer fu puntuale nel mandarle settimanalmente gli aggiornamenti sui progressi del padre: la novità della raccolta differenziata, l’installazione di pannelli solari per risparmiare energia cercando inoltre di limitare gli sprechi, la riduzione di notevole quantità d’acqua consumata quotidianamente ed altri piccoli cambiamenti che avevano fatto prendere coscienza all’intera famiglia di quanto poco sarebbe bastato per vivere negli stessi identici comfort rispettando l’ambiente e rispettando quindi anche loro stessi.

Elena Maragotto CL. III C

UN MONDO NUOVO

Luca prese l’ultima valigia dal lettoe si avviò verso la cucina,baciò sua madre e uscì sbattendo la porta.Era la prima volta dopo quasi dieci anni che decideva di ritornare,nel luogo in cui era cresciuto ,a ripercorrere ogni istante della sua infanzia.Questo era sicuramente il momento giusto per rilassarsi,per lasciarsi alle spalle la realtà quotidiana e tutte quelle mattine d’inverno immerse nella nebbia e, anche se si trattava di pochi giorni il soggiorno nella piccola cittadina di campagna sarebbe stato proficuo:avrebbe rivisto i suoi vecchi amici,sarebbe stato a contatto con la natura e soprattutto avrebbe respirato un’aria più sana rispetto a quella di città.I pensieri e i ricordi che attraversavano la mente di Luca lo distoglievano dalla guida ,rendendola distratta e pericolosa.Arrivai verso sera ,ebbi subito una strana sensazione ,come se mi trovassi in un posto sconosciuto.Le pallide luci delle finestre delle case sparivano rapide ,risucchiate dal grigio gorgo della nebbia che avvolgeva la campagna.Mi soffermai ad osservare il paesaggio per quanto possibile:tra i rami spogli degli alberi ,ora che la nebbia s’era ridotta a piccoli fiocchi vaganti nell’aria ,vidi il luccicare della luna e ciò mi confortò.Alla mattina,purtroppo tutto mi fu più chiaro:davanti a me si ergeva un imponente industria ,là dove in passato la natura cresceva rigogliosa ora gas inquinanti e cemento facevano da padroni,inoltre altri più piccoli edifici troneggiavano in lontananza danneggiando completamente il paesaggio.Gli alberi che prima caratterizzavano il giardino di molte case ora si riducevano a un groviglio di rami sgocciolanti.Là dove un tempo un tempo scorreva il fiume ora non vi era che il lento passaggio di acque torbide ,inquinate dalle industrie circostanti.Lo spettacolo che il paesaggio era irreale e sconvolgente al punto che l’ immaginazione

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non avrebbe mai descrivere con esattezza.Una folata d’aria gelida mi investì e mi riportò alla realtà.Ciò che vedevo era frutto di squlibri ambientali che si erano verificati a causa dell’aumento dell’insediamento umano e lo sviluppo di attivatà economiche.L’inquinamento atmosferico ,dovuto all’impiego di combustibili fossili e industrie rendevano l’ atmosfera colma di gas nocivi che si trasformavano in piogge acide:il terreno stenta a nutrire la vegetazione ,i corsi d’ acquahanno visto ridurre alcune specie animali e vagetali ,la salute dell’ uomo è compromessa .In quel momento nessuno avrebbe cambiato il corso degli eventi ,non mi rimaneva che darmi da fare:”Un giorno cabierò questa situazione “ mi dissi.Forse fu allora che mi venne la curiosità verso lo studio di nuove tecnologie che considerassero il risparmio energetico e l’ utilizzo delle fonti rinnovabili .Quando mi iscrissi all’università ,presi conoscenza di innumerevoli innovazioni che erano state apportate in questo campo :impianti fotovoltaici capaci di trasformare direttamente l’energia solare in energia elettrica , impianti solari termici ,minieolici.Incominciai a provare moltissima ammirazione per coloro che si erano dedicati a delle finalità sociali,nell’ interesse di tutti e che nel loro piccolo avevano contribuito a rendere più consapevoli e responsabili ;ora ciò che speravo e che mi avrebbe reso felice era un giorno di riuscire a far parte di questo gruppo anche io.

..................dopo sette anni...............

“STUDENTE UNIVERSITARIO STUPISCE IL MONDO .PROGETTATA PRIMA CITTA’ ESCLUSIVAMENTE ECOLOGICA.” Diana Maria Barone

John e Sarah, giovane coppia americana, decidono di affrontare un viaggio in India per le vacanze estive. La loro permanenza si rivelerà tutt’altro che fuori luogo, essi infatti saranno protagonisti di un’avventura satura di complicazioni.

John è un uomo sulla quarantina, laureato in scienze e insegnante di chimica in un liceo, Sarah è una studiosa dell’ambiente, in particolare esperta per la salvaguardia di questo.La coppia decide di recarsi in India per una vacanza di due settimane. Il loro non è un viaggio di tipo sedentario, ma prevede visite di diverse città, per questo vengono catapultati da una realtà all’altra.I primi giorni soggiornano a Bangalore, una delle città più ricche del paese e uno dei maggiori poli tecnologici per la presenza di alcuni centri di ricerca.Grazie ad una guida turistica hanno modo di avere una panoramica della città e in seguito anche di altre località del paese.Segue infatti la visita a Bombay, importante centro portuale, questa infatti è sede dei principali scali delle navi europee. E’ ricca di industrie ed è uno dei maggiori centri urbani asiatici.Alla periferia di Bombay sorgono invece molte baraccopoli che visitano affrettatamente,grazie alle quali John e Sarah hanno la conferma di come sia diversa l’India da un luogo all’altro anche vicini.Il viaggio segue poi per Calcutta, i cui sobborghi sono stipati di baracche e le condizioni di vita drammatiche per la povertà. Qui la situazione si stravolge e la loro vacanza assume un aspetto più complicato. La guida turistica accompagna John e Sarah a vedere questa parte totalmente differente dalla Bombay metropoli, ma più somigliante alla sua periferia.Passando nei pressi del fiume Gange la guida spiega loro che è un bene sacro per la popolazione indiana induista, è infatti una fonte di rigenerazione e di purificazione per l’anima.Loro però rimangono allarmati da ciò che si presenta davanti ai loro occhi: migliaia di donne che lavavano i panni in quel fiume,altrettanti bambini che facevano il bagno in quelle acque putride, di colore del fango, nelle quali, più di cento città vi riversano milioni di litri di scarichi al giorno tra cui rifiuti

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organici e inquinamento industriale. Questa immagine non ha potuto che sconvolgerli e far sorgere il desiderio di un aiuto per migliorare l’ambiente.I procedimenti furono piuttosto lunghi e laboriosi, ma grazie alla loro esperienza in materia, John e Sarah riuscirono a contattare le industrie e diversi centri di smaltimento, ma solo uno di questi garantì la disponibilità.Intanto John e Sarah dovettero tornare in America perché la loro “vacanza” era giunta al termine, ma furono contattati dalla guida alla quale avevano lasciato i propri recapiti. Dopo una settimana arrivarono le prime cisterne per il trasporto dei rifiuti industriali verso i centri di smaltimento e da quel momento sulle rive del Gange, che arriva a Calcutta, qualcosa iniziò a cambiare.Nel frattempo John e Sarah ebbero un figlio, per questo tornarono in India solo dopo qualche anno e verificarono di persona come il loro intervento avesse migliorato le condizioni igieniche del fiume. Giulia Zocca

Racconto breve

Titolo: “Futuro prossimo”

Lucy, come ogni mattina, prima di andare a scuola, controllava il livello dell’ossigeno sulla sua

bomboletta rosa. Erano diversi anni ormai che i ragazzi del villaggio andavano a scuola indossando i

respiratori: il livello di inquinamento raggiunto non permetteva una soluzione diversa. Per Lucy e per

tutti gli altri era normale, era sempre stato così. Tutte le case erano dotate di impianti per filtrare l’aria e

le porte erano sempre doppie per permettere di uscire ed entrare senza contaminare l’aria all’interno.

Un velo grigio quando non pioveva impediva di vedere il sole ed il cielo azzurro, che un po’ più su

doveva esserci. Camminando lungo il marciapiede, Lucy si concentrava sulla musica che ascoltava

attraverso gli auricolari; del resto il paesaggio non offriva molto. L’erba dei prati aveva un colore

giallastro, gli alberi, quelli che ancora rimanevano, avevano poche foglie, quasi morte: la primavera

durava forse un giorno. Per il resto dell’anno la stagione era unica, un po’ autunno, un po’ inverno. La

vita di Lucy trascorreva per la maggior parte all’interno degli edifici, all’aperto solo lo stretto

necessario. Il mare, il sole, il cielo, i loro colori più belli li poteva vedere sul grande schermo televisivo

appeso alla parete, peccato però che ogni volta apparisse la parola fine.

Giulia Sabbion

Il mio nome è Lola e sto per raccontarvi una storia vissuta in prima persona.Questa storia inizia nel 1990 in un giorno di pioggia,in una piccola casa di lamiera nella grande baraccopoli di Rio.Il primo ricordo che ho di Juan è di quando eravamo da soli in quella stanza buia ed il rumore del suo pianto era più debole delle gocce sul tetto di lamiera.Juan crebbe con me nella baraccopoli. Era un bambino riccio con due grandi occhi neri; faceva amicizia con tutti passava le giornate a giocare a palla vicino ai rigagnoli della baraccopoli.Un giorno venne un signore inglese a parlare alle madri e ci disse che non dovevamo fare giocare i nostri bambini lungo quei fiumiciattoli perché l’acqua era inquinata e pericolosa. Noi gli rispondemmo

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che non c’era nessun altro posto dove lasciare i nostri figli mentre eravamo alla discarica per cercare qualcosa da poter mangiare.Quando Juan ebbe 10 anni venne un signore americano a reclutare persone disposte a lavorare nella parte della discarica appena aperta. La paga era bassa ma Juan volle comunque andare per essere anche lui d’aiuto alla famiglia.Dopo qualche anno Juan si era fatto un bel ragazzo ,era forse rimasto un po’ più basso degli altri e aveva spesso delle macchie sulla pelle.Un giorno,me lo ricordo perché c’era un sole stupendo, Juan cominciò a tossire. All’ inizio nessuno se ne preoccupò perché molti di noi tossivano a causa del lavoro in discarica, ma la tosse di Juan incominciò a preoccuparmi quando cominciò a sputare sangue.Dopo qualche tempo andai a cercare l’inglese per chiedergli se poteva venire a visitare mio figlio. Quando venne Juan era a letto con delle macchie rosse sul viso, fradicio per la febbre, ormai incapace di alzarsi dal letto. La faccia del signore aveva assunto un espressione preoccupata,e senza troppe esitazioni mi disse che avrebbe dovuto portarlo in un ospedale di Emergency.Arrivati all’ospedale mi accorsi che c’erano molti altri ragazzi, che lavoravano con Juan, ricoverati con gli stessi sintomi. Per ognuno di loro la diagnosi fu terribile:tumore ai polmoni.Mi dissero che Juan era allo stadio terminale e gli restavano solo poche settimane di vita accompagnate da atroci dolori. In quel momento la non riuscivo a rendermi conto di quello che stava succedendo. Appena ebbi realizzato la paura mi avvolse. La paura si trasformo presto in rabbia accecante e mille domande mi tormentavano. La più frequente era “Perché è successo?”, non riuscivo a capire l’origine di questa malattia.Decisi di rivolgermi al signore inglese , che mi chiese di raccontargli un po’ le giornate di Juan. Iniziai a spiegargli più o meno cosa facesse mio figlio durante la giornata, il suo lavoro alla discarica. Mi spiego che nella parte nuova della discarica veniva effettuato lo smaltimento di rifiuti sconosciuti ma sicuramente tossici. Questa era la causa della malattia e delle sofferenze che non avevano colpito solo me, ma anche altre famiglie.Mio figlio morì il 10 settembre 2004 , era un giorno di pioggia e nella stanza dell’ ospedale da campo eravamo rimasti io e lui da soli. Come la prima volta .Dal 2005 ha iniziato a combattere per insegnare alle madri quali fossero le fonti d’inquinamento e come tenerle lontane dai bambiniIL VIRUS

 

Sono malato. Ogni giorno che passa è un’ inesorabile sofferenza.

E pensare che quando ero giovane stavo così bene… Me li ricordo ancora quei giorni…

Eravamo io e mia sorella, eravamo tanto spensierati e giocavamo sempre al girotondo, scherzavamo insieme, passavamo tutti i giorni con la nostra famiglia e i nostri parenti, nostro padre ci rendeva sempre orgogliosi di lui, era il migliore. Un giorno mi disse: “Tu da grande diventerai il più importante membro della famiglia!” , io ero troppo piccolo per comprendere appieno il significato delle sue parole.

Passarono tanti anni, ormai ero diventato grande e forte, ogni cellula del mio corpo compiva il ciclo della vita, nasceva e moriva, ma alcune a volte evolvevano e si moltiplicavano a dismisura creando grandi agglomerati che viaggiavano in continuazione, scontrandosi con i loro simili per cercare di

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sopravvivere finché non trovavano un luogo nel mio corpo adatto ad evolversi e a moltiplicarsi ulteriormente.

All’inizio pensavo che non fosse niente di grave, che non dovevo preoccuparmi di niente, ma col passare degli anni questo “virus” ricoprì completamente tutto il mio corpo e, come una sanguisuga, lentamente iniziava a risucchiarmi la vita con qualsiasi mezzo. Fino ad oggi.

Il suo processo d’ evoluzione non è ancora terminato, ma ho capito che questo “virus” è letale per chiunque. Le mie difese ormai sono ridotte al minimo e altre cellule del mio organismo tentano inutilmente di fermare la diffusione di questo “ virus” che ormai ha creato in me diverse gravi malattie. In tutti questi anni ho cercato di studiare questo “virus” , sconosciuto per chiunque, ho tentato di capire qual è il suo scopo, il perché si nutra del mio corpo, ma senza ottenere risposta.

Una sola cosa è certa: se qualcuno non mi aiuterà a fermarlo, questo mi sottrarrà ogni briciola di speranza per la mia sopravvivenza. Ho dato un nome a questo “virus”, l’ho chiamato UOMO.  

Marco Zuccato    UN INCUBO INDIMENTICABILE

Simon lavora in un laboratorio scientifico che si occupa di analizzare la qualità dell’acqua di tutta Francia. Oltre che per il suo lavoro lui si interessa all’acqua anche come risorsa sempre meno disponibile in alcune zone del pianeta. Una sera torna a casa dal laboratorio, cena con la moglie Pauline e mentre sta guardando la televisione si addormenta sul divano.                                           Nel sogno vede se stesso al lavoro, l’anno è il 2080 e lui è molto indaffarato a studiare dei documenti, dei grafici…, è piuttosto agitato perché si sta rendendo conto che ormai le risorse idriche sono realmente destinate ad esaurirsi.  Per lui non è una novità, ma in seguito allo scioglimento di alcuni ghiacciai, l’acqua che essi hanno prodotto, insieme a quella delle sorgenti e di altre fonti si pensava potesse rimediare al periodo di aridità che aveva colpito gran parte dei continenti. Ormai la popolazione sempre più numerosa richiede sempre maggiori quantità d’acqua e le piogge non arrivavano. E’ il periodo più scarso di precipitazioni degli ultimi duecento anni e sembra intenzionato a durare a lungo. Simon cerca, ragiona, parla con i colleghi degli altri paesi, soprattutto con quelli il cui paese ha importanti risorse idriche come la Siberia ed il nord America; ma è molto difficile ottenere informazioni perché  i capi di stato hanno dato ordine di mantenere la maggiore riservatezza possibile sull’argomento in modo tale da non causare una fuga di notizie che si potrebbe concludere con l’allarme della popolazione.                     Passano degli anni, ora è il 2150 e Simon vede  altri scienziati, stanno ancora discutendo a riguardo dell’insufficienza di acqua: ormai le precipitazioni sono diventate sempre più rare ed ai poli ormai i ghiacci sono quasi spariti.                                                                                                        

 Il problema è drammatico anche se i governi tentano di nasconderne la gravità. La popolazione deve diminuire i consumi e sono state diffuse norme da rispettare per risparmiare acqua. I paesi più

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avanzati sono comunque quelli che risentono meno dell’emergenza, a contrario dei paesi più poveri che sono rimasti con risorse idriche quasi inesistenti o non hanno abbastanza ricchezza per permettersi l’acquisto dell’acqua. Infatti essa ha raggiunto prezzi molto alti, molto più del petrolio.  Il tempo passa ancora, si arriva al 2300, ormai l’emergenza è dichiarata, tutti sanno che non c’è più molto tempo per risolvere la questione. A questo punto poche altre generazioni saranno in grado di vivere sulla terra. La situazione è tragica ovunque, i paesi più poveri e quelli con un clima più caldo sono disabitati. La popolazione che ha potuto permetterselo è migrata  in massa nei paesi  vicini ai poli ed i paesi più ricchi e sviluppati hanno ideato nuovi metodi per purificare l’acqua e si sono appropriati di quella disponibile scatenando inevitabili guerre e violenze.                                           Tantissime specie animali si sono estinte, soprattutto quelle acquatiche ma anche altre. Chimici e scienziati continuano a mandare satelliti in altri pianeti per verificare la possibile presenza d’acqua ma sembra non esserci soluzione, ormai non si parla d’altro ed il panico è diffuso.                                                                                                                                                                                                                                     

 

Bum! Simon si sveglia di colpo, ansima ed è molto agitato, non riesce a credere di aver fatto un sogno così complesso e drammatico, lentamente si tranquillizza e pensa che in fondo lui vive nel 2000 e che una catastrofe simile non potrà accadere. Quindi va al lavandino a riempirsi un bicchiere d’acqua , se lo gusta fino in fondo come non ha mai fatto promette a se stesso che nel suo piccolo farà di tutto affinché il suo incubo non diventi realtà.

Beatrice Zambon

DISCARICA“Hai quasi finito.” continuavo a pensare “Hai quasi finito.”I tasti della tastiera del mio PC ormai erano pieni delle mie impronte e le mie mani erano rosse, così sfinite che se avessero potuto parlare mi avrebbero supplicato di smettere di scrivere.“Hai quasi finito.”Mancava ancora qualche facciata per finire la mia tesi, ma l’avrei continuata nei giorni seguenti, avevo tempo ancora due settimane prima dell’esame. Quella volta consisteva nei danni che l’ambiente subisce da parte dell’uomo: d’altronde, nella facoltà di scienze naturali, a pochi mesi dalla tesi di laurea, possono dirti di fare l’esame su tutto quello che hai fatto nel corso dei tuoi quasi cinque anni di università: non è facile farlo su un argomento che hai fatto tre anni prima, all’inizio del tuo secondo anno, però devi, purtroppo.In quel pomeriggio di metà marzo c’era solo una piccola nuvola in quel cielo azzurro e illuminato dallo splendere del Sole, quindi, dopo che ebbi finito di scrivere, decisi di godermi la giornata andando a passeggiare tra il verde e i parchi di Genova portando con me una penna

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e un blocchetto per appunti semmai avessi trovato qualcosa su cui lavorare per la mia relazione.Quel giorno stranamente la fortuna era dalla mia parte. Stavo camminando da circa dieci minuti quando nel parco notai un cumulo di rifiuti, una specie di mini discarica che se lasciata lì avrebbe danneggiato la flora che la circondava: finalmente qualcosa su cui fare delle ricerche e da fermare. Avevo meno di due settimane (dovrò pur avere qualche giorno per studiarmi la tesi) e anche se non era molto ero convinta che ci sarei riuscita, avevo (e ho) molta fiducia in me stessa: ho sempre amato le sfide.Iniziai ad appuntarmi la zona, la quantità e il tipo di rifiuti, poi da lontano sentii due tizi parlare e mi nascosi dietro alla “discarica” per ascoltare cosa dicevano e vedere se in qualche modo erano coinvolti nella faccenda.-Ormai questi rifiuti sono troppi.- disse il primo: alto, magro, moro e fortemente (almeno così appariva) sicuro di sé. -Dovremmo trovare un altro posto dove metterli.--Finché c’è spazio li mettiamo qua, poi vedremo.- disse l’altro: un filo più basso, moro chiaro (verso il castano), anche lui magro e molto (più dell’altro) sicuro di sé. –Non ho nessuna intenzione di cambiare posto se non serve, Mike.-Bingo.Adoro quando raggiungo il mio scopo! :-)Iniziai subito a trascrivere ogni cosa che dicevano i due, ogni singola parola era importante per la mia ricerca. Alla fine della conversazione li seguii lungo il sentiero adiacente al parco e giunsi ad una casetta dove erano parcheggiate tre macchine, mi stupii di vederne così tante davanti a una casa grande, in metri quadri, circa poco più di un appartamento. Restai lì nascosta fra gli alberi fino alle otto circa (avevo passato due ore e mezzo di spionaggio continuo) e scoprii che ci abitavano otto persone, da circa un mese. Ma non potevano usare due macchine?!! O prenderne una e gli altri tre che avanzavano viaggiavano in bici?! Non erano mica lontani dal centro.I giorni successivi tornai là, feci l’analisi di quanta energia producevano al giorno, ecc. Mi divertivo, soprattutto con sfide come questa dove dovevo lottare per vincere, e infatti non era per niente facile. Ero spedita, niente e nessuno mi poteva fermare. O almeno così credevo.Il sabato dopo andai in centro per divertirmi un po’ con Marco, Silvia e Fabio, i miei amici di sempre: hanno la stessa mia età, siamo stati in classe insieme dalla prima elementare alla terza media. Li adoro.Marco è alto, biondo, ha gli occhi marroni e un forte senso dell’umorismo, riesce sempre a tirare su tutti quando sono tristi. Ha quel “non so che” di particolare che nei momenti più impensabili ti coinvolge in una risata liberatoria, e dopo stai subito meglio: è eccezionale, in tutti i sensi. Studia criminologia, ha voti molto alti, infatti in quello che fa, se gli piace, dà il massimo e mette tutto sé stesso; aspira ad entrare all’FBI (o “se proprio proprio non ci riesce, alla CIA”: punta in basso il ragazzo). Il suo programma preferito? Veronica Mars ovviamente. Se “per sbaglio” gli chiedi: “Visto che ti piace risolvere i crimini, il telefilm che ti piace di più è Veronica Mars?” lui ti liquida con un “Of course, non c’è neanche da chiedere.” Bel tipetto.Silvia è la mia amica storica: bassa, bionda, magra da impazzire (beata lei: ha un metabolismo che tra poco è più veloce perfino della luce) ed è gentile, forse troppo (in poche parole: è il classico filo di pane): in passato è capitato che le persone si approfittassero di lei. Bleah! Mi viene il voltastomaco pensare che esiste ancora gente così. Studia pedagogia e, caso strano, anche i suoi voti sono più alti della media. è sempre stata molto studiosa, ci tiene ad avere una “condotta impeccabile”, come dice lei. Vuole laurearsi con 110 e, dopo due anni di specializzazione, lavorare come maestra d’asilo: adora i bambini, le mettono allegria. Ogni tanto mi è capitato di pensarci e devo ammettere che è vero: riescono a farti dimenticare tutti i

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tuoi problemi per un attimo; per un istante tutto gira intorno a te e al modo in cui vivi, per un istante la tua vita va a gonfie vele. Programma preferito? Una mamma per amica, come carattere e modo di fare si rispecchia in Rory perfettamente.Fabio invece è il suo contrario: alto, magro, occhi azzurri, sguardo da duro, è il classico “fighetto di città”. Non so neanche come faccia, lui si diverte così: discoteche, spritz, ragazze e chi più ne ha più ne metta. Però sotto sotto è un ragazzo simpatico, disponibile e con un cuore d’oro: è sempre pronto a darti una mano, non importa dove sei, lui corre e ti aiuta, mette sempre prima gli altri e poi sé stesso. è testardo e determinato e se dice che farà una cosa, la fa, e per giunta con successo. Ama lo sport: calcio prima di tutto, pallacanestro, tennis e pallanuoto sono quelli che adora di più. Programma preferito? 15 Love, gli piacerebbe diventare come i protagonisti e andare in una scuola di tennis. Guarda molto anche Blue water high, non ha mai fatto surf, ma è una delle cose che si è riprogrammato di fare dopo l’università e guardare questo telefilm è un modo per impararlo e per appassionarsi a questo sport. Studia filosofia, lo so è difficile da credere per un tipo così: si è sempre interessato alla vita e da dove tutto ha avuto luogo, da dove viene la nostra anima, che fine fa quando moriamo e via discorrendo. Non si impegna molto, anche perché non ha la minima voglia di mettersi lì e studiare, però (come tutti) quando c’è un argomento che gli interessa parte in quarta e studia a manetta e ottiene risultati eccellenti. Ha bisogno di appassionarsi a ciò che fa.Stetti via fino alle sette. Quando tornai a casa, mi accorsi che la porta non era chiusa a chiave (strano, io non la lascio mai aperta), corsi dentro per vedere se fossi stata derubata e trovai tutto sottosopra. Le ante dei mobili erano tutte aperte e i cassetti tutti sfasati. Controllai, non mi pareva avessero rubato qualcosa. Salii le scale e andai al piano di sopra. Controllai anche lì: niente, niente, niente. Per ultimo guardai nel portariviste dove avevo tutti i documenti e, appena mi resi conto, dalla mia bocca si levò un “Cazzo!”. L’unica cosa che mi avevano rubato era il blocco delle fotocopie della mia tesi. Non ci voleva. Andai in camera mia, accesi il computer sperando di avere ancora il file originale salvato lì ma non lo trovai; aprii il programma di ricerca, digitai “tutti i file e le cartelle” e scrissi “esame”, il nome con cui avevo salvato la relazione. Dopo trenta secondi buoni di ricerca, le mie speranze svanirono quando lessi “Ricerca completata. Non è stata individuata alcuna voce.”. Me l’avevano cancellato, brutti bastardi! Se scoprivo chi era stato, quella persona era morta e sepolta! Ripresi la calma, cliccai “cestino”, ma, come immaginavo, me l’avevano svuotato: mi trovai la cartella completamente vuota.Fortunatamente non mi persi d’animo: 3371520567.-Marco, ci sei? Ho un problema.-Arrivò lì dopo cinque minuti della fine della chiamata. Sapeva tutto, al telefono gli avevo spiegato ogni singolo dettaglio non tralasciando nulla.-Eccomi! Hai idea di chi possa essere stato?--Credo quelli della casa vicino al parco, ma non ne sono sicura. Con la mia tesi non rischiavo di danneggiare nessuno, a parte loro. Però, non potevo mica lasciarli fare e permettere loro di distruggere il pianeta.--Ok. Andiamo lì e vediamo se ci sono e cerchiamo di recuperarla?--Certo, anche se credo che se ne siano andati, se sono stati loro sanno anche che conoscevo dove abitavano.--Facciamo un tentativo.-Uscimmo in fretta e furia e procedemmo verso il parco dove avevo visto i rifiuti circa una settimana prima (il martedì precedente per la precisione). Erano ancora là: ovviamente, anche se se ne fossero andati non si sarebbero degnati di spostarli. Percorremmo il sentiero fino a

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giungere alla casa: fuori non c’era nessuno, neanche le macchine. Entrammo, ma non c’era niente, solo alcuni mobili. Maledizione!Ora avevo due conferme:A. Erano stati loro.B. Si erano trasferiti.E una domanda: dove?-Sono rovinata.--No, non ancora. Nelle tue ricerche avevi trovato qualcosa che ci può aiutare?--Non lo so, controllo.- e tirai fuori il mio blocchetto dove mi ero annotata tutto. Per fortuna l’avevo portato con me quel pomeriggio, altrimenti mi avrebbero rubato anche quello e sarei rimasta a mani vuote. E invece era al sicuro nella mia borsa.-Eccoli!--Mucho bien chica.--Ma a cosa potrebbero servire?--Il mio professore mi ha insegnato che puoi trovare un indizio su tutto, per quello al telefono ti ho chiesto di raccontarmi anche i particolari, ogni cosa è importante.--Se lo dici tu...D’accordo, iniziamo.-Scorsi i fogli per vedere se ci fosse qualcosa che mi poteva servire. Controllai tutto ciò che avevo scritto. Frase per frase, parola per parola. Dopo circa un minuto mi fermai e iniziai a leggere:-“Giovedì 17 marzo. Oggi è successa una cosa strana: cinque delle persone che abitano qui sono state via per tutta la giornata, dalle 10 del mattino alle 7 di sera. Che avranno fatto in nove ore? Altro particolare: non sono andati via in macchina come usano fare di solito. Non che mi dispiaccia, però non penso che l’abbiamo fatto per non inquinare. Un’altra cosa insolita è che gli altri verso mezzogiorno hanno attraversato il bosco arrivando ad un nucleo di rifugi dove vivevano altre persone: non erano molte, ma anche lì c’era una massa di rifiuti piuttosto grande. L’erba era tutta danneggiata e gli alberi si stavano consumando, e non mi pareva fossero recenti. Quello che mi ha colpito maggiormente è che abbiano fatto un giro dell’oca per raggiungere il posto, infatti al ritorno hanno fatto un’altra strada e ci hanno messo dieci minuti contro i venti dell’andata.” Dovessi vedere che roba, era anche peggio di quello che c’è ai giardini, altro che mini discarica. Probabilmente sono lì da più tempo degli altri.--Sì, probabile. Puoi portarmi là?--Certo, la strada me la ricordo.-Prima di proseguire il nostro viaggio tornammo in città perché Marco aveva un “certo languorino”, così ci fermammo in un ristorante e mangiammo una pizza: lui prese una diavola, io invece volli mantenermi sul leggero e presi una vegetariana.Alle 21:00 pagammo e continuammo il nostro “tour”. Dopotutto avevamo fatto bene a fermarci a cenare perché col buoi era più facile non essere visti. Giungemmo lì in venti minuti e aspettammo, nascosti fra gli alberi e i cespugli, che qualcuno uscisse dalle casette e, sorpresa delle sorprese, erano là tutti e otto, più le persone che già ci abitavano. Credo che facendo quel lungo giro per arrivare al ruscello (subito dopo il bosco e lo spiazzo dove c’erano i rifugi scorreva un tranquillo ruscello), volessero confondermi e far sì che mi perdessi e pensavano di esserci ruìiusciti.Il tempo era ottimo: era scuro ma non troppo, la luce della luna illuminava quel tanto che bastava perché i nostri quattro occhi vedessero senza essere scoperti; non c’era nebbia, di conseguenza si vedeva benissimo anche da lontano e non faceva molto freddo (freschino più che altro), si sentiva quella brezza che a contatto con la mia pelle mi fece rabbrividire per due secondi. Il classico clima primaverile serale.

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Verso le 23:30 salirono sulle macchine (ce n’era una in più, doveva essere degli altri ragazzi) e partirono: forse stavano andando in discoteca, d’altronde era sabato sera. Aspettammo che anche l’ultima macchina si allontanasse dal vialetto per andare verso le casette a cercare quella maledetta tesi. Setacciammo ogni parte di esse, ma non trovammo nulla. Poi Marco mi chiese:-Puoi tirare fuori il tuo blocco, per favore?--Sì, a che ti serve?--Ora vedi.-Lo presi dalla borsa e glielo diedi.-No...no...no...ah ah!- disse sfogliando le pagine e contemporaneamente dando un’occhiata a ognuna mentre le girava.-Che hai trovato?--La tua salvezza. Toh.- e me lo porse.Lo afferrai e lessi:-“Martedì 15 marzo. è il primo giorno di ricerche. Prima ho visto quattro degli otto ragazzi che abitano qui, uscire da una delle macchine (una Audi A4: ma dove trovano i soldi??!) e trasportare un baule rosso bordò e oro nel retro della casa.” Ah.--Prova a vedere se questo baule è qui, altrimenti ritorniamo alla casetta della nonna di Cappuccetto Rosso.--Spiritoso.--Zitta e cerca.--Sissignore.- dissi portando la mia mano destra alla fronte imitando il gesto dei soldati.Guardammo dietro ogni “capanna” ma non c’era traccia di esso. Poi mi venne un’idea e tirai fuori un “Va a vedere dietro i cespugli, quelli di fronte al retro dei rifugi.”-Oh yes. Ma perché? Pensi sia là?-Tu guarda.-Dopo un minuto, ritornò tutto ricoperto di piante e urlò (ancora lontano):-Avevi ragione! è qua dietro! Vieni a darmi una mano!-Chiamammo Fabio e Silvia, dicemmo loro di venire là in macchina e spiegammo loro la strada. Non ci misero molto. Appena arrivati ci aiutarono a caricare il baule nel bagagliaio e, con un martello che trovammo nella Mercedes di Fabio(non chiedete, non ho la minima idea del perché fosse là), rompemmo il lucchetto. Erano lì: tutti i miei fogli!!! Finalmente!!! E non solo quelli: all’interno infatti intravidi anche dei rami e delle piante rovinati. Mi venne un’idea: come prove sarebbero stati perfetti per incastrarli. Geniale.Mentre andavamo in Questura spiegammo a loro tutta la situazione.-Che amarezza.- disse Fabio disgustato da quello che era accaduto.-Per fortuna ora è finita.- aggiunse Silvia. E lo era.Avevamo vinto: i dodici ragazzi erano in libertà vigilata; li costringevano a pulire il disastro che avevano combinato. Dovettero lavorare per settimane.Il giorno prima dell’esame andai con gli altri a fare una passeggiata al parco per schiarirmi un po’ le idee prima del grande evento. Passando davanti a loro mi venne da dire:-Questo sì che è karma.-Uno di loro mi fece una smorfia; ma ormai, non m’importava più.

Chiara Scalise

RACCONTO

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Maqi è un ragazzo di strada nato in un garage, sopra un telo di plastica, quel giorno non c’era nessuno che assistesse sua madre al parto, tranne suo padre e la zia. L’ospedale era troppo lontano e non avevano i soldi per comprarsi un telefono,vivevano troppo lontani dalla città. Maqi è nato il 15 febbraio 2000,in Mozambico, nell’estremo sud in provincia di Maputo in un giorno di pioggia: l’acqua scrosciava incessantemente nella baracca che avevano come casa,lei urlava dal dolore, lui le stringeva la mano e la zia le infondeva coraggio dicendole di spingere;era madida di sudore,e dopo dieci minuti di urla strazianti che sembravano non finire più ecco il piccolo Maqi era nato!Questo evento strappò un sorriso alle labbra della madre nel vedere che ce l’aveva fatta,per il padre quel giorno fu sicuramente il più bello della sua vita. Dopo che la zia ebbe lavato il piccolo che piangeva lo pose in grembo alla madre che lo cullò e dopo una buona mezzora si addormentò.Il piccolo si svegliò il giorno seguente nel tardo pomeriggio, piangendo. La madre gli preparò del latte in polvere: non ne aveva in seno, era malnutrita, era sopravvissuta al parto, ma sia lei che suo marito sapevano che non sarebbe sopravvissuta a lungo, Stavano entrambi cercando un orfanatrofio dove lasciare il bambino.La settimana seguente la madre era in fin di vita e Maqi fu affidato ad un orfanatrofio vicino alla capitale.Passarono settimane e mesi e Maqi iniziò a pronunciare le prime parole “casa”, “mamma” “papà” indicando i gestori dell’orfanatrofio. Mangiava di gusto e relativamente agli altri bambini dell’orfanatrofio si lamentava poco, ma le condizioni igieniche dell’istituto non erano a norma, molti bambini erano malati di malaria e tifo, non avevano soldi né possibilità per comprare i medicinali che combattessero queste malattie.Il tempo passò e Maqi imparava in fretta ad arrangiarsi ed era un bambino socievole, amava ascoltare le favole e gli piaceva molto disegnare,insomma era un bambino felice.All’età di sei anni Maqi venne adottato da una coppia europea, che viveva nel nord Italia. Ma egli non voleva andarsene da lì, ci si era affezionato, nonostante tutti gli dicessero che era fortunato ad andarsene in Europa, perchè avrebbe avuto cibo assicurato, una casa sicura, avrebbe avuto a disposizione un sacco di apparecchi tecnologici che lì dov’era non se li sarebbe nemmeno sognati. Ma a Maqi tutte queste ricchezze non interessavano,lui stava bene dove stava, con i suoi amici. Purtroppo in quanto minorenne non poteva decidere per sé dunque la settimana seguente prese i bagagli e per la prima volta prese l’aereo con degli sconosciuti che sarebbero stati per molti anni i suoi genitori.Il giorno seguente Maqi era a Venezia, rimase di stucco quando vide tutte quelle case, la città con delle strade così piccole e la totale assenza di alberi, era come se fosse stato catapultato in un altro mondo. Si sentiva solo, ma Elena e Roberto erano rassicuranti nei suoi confronti.La casa era molto più piccola dell’orfanatrofio in cui Maqi era vissuto, ma era molto più pulita, colorata e accogliente. Elena se lo mise quasi subito in braccio quando furono arrivati ma Maqi scese immediatamente e Roberto cercò di distrarlo, di farlo giocare; ma non c’era verso. Maqi si sedette per terra, gli mostrarono la sua stanza e ci rimase fino al giorno seguente.Il mattino seguente si svegliò, fece colazione e venne portato alla scuola elementare,venne accolto e cercò l’amicizia di altri bambini, loro lo coinvolsero, ma con giochi diversi da quelli a cui era abituato, i suoi compagni di giochi non erano disposti a spiegargli niente,così perdeva sempre e finì con l’isolarsi da tutti. I suoi genitori cercavano di renderlo felice, giocavano spesso con lui, ma non reagiva,si chiudeva in sé stesso.Maqi sin da quando aveva 5 anni amava giocare tra gli alberi,nella natura, aveva un profondo rispetto per essa, come amava gli animali e i luoghi in cui vivevano;non sopportava la città, la cementificazione,la quasi assenza di alberi.

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Maqi si ripromise che un giorno sarebbe tornato in Africa e avrebbe lottato contro il degrado ambientale e la cementificazione, avrebbe sostenuto le attività che avevano sostenuto l’economia del suo paese.Superò gli esami di quinta elementare portando come argomento d’esame la sostenibilità ambientale del Mozambico:fu premiato per l’originalità e l’esposizione fu ottima.Le medie furono un passaggio decisivo per lui:ebbe modo di conoscere i suoi nuovi compagni, che si dimostrarono intelligenti, cioè persone con cui riflettere sui grandi temi della vita:chi siamo?da dove veniamo?, in particolare si trovava d’accordo con chiara, la sua compagna di banco, i loro pensieri e le loro riflessioni erano talmente simili che a volte pensavano di essere telepatici: pensavano a quanti danni aveva fatto l’uomo da quando era comparso sulla Terra, come aveva esaurito alcune delle risorse ambientali, quante foreste aveva abbattuto, quante specie animali aveva estinto, aveva commesso degli atroci crimini contrò di sé e contro tutto quello che stava attorno a lui e, al tempo stesso, è la specie più evoluta della Terra, ha permesso l’evoluzione della società.In quegli anni Maqi conobbe gran parte della storia dell’Italia e approfondì le sue conoscenze sul Mozambico, la sua storia, la sua situazione economica, la sua flora e fauna.Maqi prima di scegliere la scuola da frequentare disse ai suoi genitori che aveva intenzione di tornare nel suo paese d’origine, di aiutare il suo paese a superare un’economia di sussistenza, per salvaguardare l’ambiente nel suo paese. Aveva grandi progetti per il suo futuro. Loro acconsentirono ma ad una condizione:l’avrebbero seguito nel suo percorso e sarebbero quindi andati in Mozambico con lui.Maqi frequentò le superiori e il suo desiderio divenne sempre più grande fino a che convinse la sua famiglia a fare una vacanza in Mozambico, accompagnati da una guida. Iniziò un’altra vita per Maqi e riscoprì le sensazioni che aveva provato da bambino. Continuò il suo viaggio e raggiunse il suo obbiettivo da adulto. Valeria Benetazzo

La mia città che cambia MALOSSO ELISAQuando ero bambina la mia città era la più bella di tutta la provincia. Con le sue stradine storiche, i suoi vialetti costeggianti il lungomare con alberi e piante fiorite che d'estate facevano da sfondo alle varie storie delle vite private dei turisti che nel periodo primaverile iniziano la loro corsa per scegliere l'appartamentino più bello da affittare. I miei ricordi di quel posto sono strettamente legati alle corse per il centro tra i negozi, alle brioches calde del fornaio dietro l'angolo di casa mia. Ora, i bambini di oggi non possono più giocare tra le vie del centro storico ne potranno più osservare i passanti camminare sul lungo mare perché ora quella bella città dove sono cresciuta è invasa dai rifiuti. Tutto iniziò tre anni fa, il sindaco di allora terminò la sua carica con successo ed i cittadini non sapendo a chi affidare il nuovo incarico elessero un candidato che prometteva di essere in gamba e di soddisfare le esigenze degli abitanti. Purtroppo non si rivelò così, il nuovo sindaco non mantenne le sue promesse anzi, fece addirittura il contrario: gli alberi costeggianti i vialetti sul lungo mare furono tagliati provocando un grave impatto ambientale. Per quanto riguarda i rifiuti fu abolita la raccolta differenziata perché “troppo costosa” secondo il nuovo primo cittadino. Vennero così rimessi i cassonetti per un unica raccolta per le vie della città che furono ben presto “sazi” visto l'elevato numero di abitanti, i bidoni contenevano di tutto: dal secco, alla plastica, all'umido ed emanavano odori insopportabili. I cittadini iniziarono la propria rivolta senza successo, gli operatori ecologici si rifiutarono di raccogliere tanto squallore e l'immondizia crebbe sempre più. I rifiuti aumentarono e ben presto si arrivò al punto di trovare rifiuti anche nelle strade essendo i cassonetti troppo pochi e troppo pieni; tutti gli abitanti allora iniziarono a rivoltarsi contro questo squallore e come soluzione trovarono quella di

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dar fuoco ai rifiuti. Ne conseguì che la diossina fuori uscita dalla combustione iniziò a provocare gravi danni sulle persone e sulla vegetazione che era rimasta, molte scuole furono chiuse e la gente dovette girare con una mascherina protettiva. Finalmente il sindaco si accorse della situazione e pensò di costruire delle centrali per lo smaltimento dei rifiuti, con l'unico problema che le centrali avrebbero dovuto sorgere in piena città per la mancanza di un luogo davvero adatto. Gli abitanti non accettarono minimamente l'ulteriore umiliazione di vedere la propria città invasa da centrali che avrebbero diminuito ulteriormente la vivibilità del paesaggio ed il primo cittadino, non capendo allora quali fossero le richieste della gente aggiunse nuovi cassonetti ormai inutili perché nemmeno gli operatori ecologici sapevano trovare una soluzione per raccogliere tutti quei rifiuti. La situazione continuò così per due lunghi anni. L'anno successivo iniziarono a manifestarsi problemi ancora più gravi: il turismo non funzionava più. La maggior parte dei visitatori infatti era rimasta disgustata dalla situazione che aveva visto e non volendo ripetere un'esperienza simile, sconsigliavano la visita alla nostra città. La notizia della situazione poco gradevole era passata anche nei notiziari, persino in quelli esteri. Il crollo fu inevitabile: alberghi senza prenotazioni, appartamenti rimasti inaffittati, fallimenti di negozi, ristoranti e villaggi turistici. Dopo questi avvenimenti il sindaco capì i suoi innumerevoli ed enormi errori ai danni della città e decise di dimettersi. Ora, il nuovo sindaco si sta impegnando molto per la raccolta dei rifiuti riammettendo la raccolta differenziata e sgomberando la città ma il lavoro per riparare alla situazione venutasi a creare a causa dell'ex sindaco è ancora molto da fare. Il nuovo primo cittadino si sta impegnando molto sul piano ecologico per rendere vivibile la nostra città come lo era allora, facendo installare anche delle nuove tecnologie come pannelli solari per ricavare l'energia dal sole e centrali apposite per ricavare l'energia dall'idrogeno anziché dal petrolio. Il desiderio di tutti noi cittadini è che la nostra città ritorni come lo era una volta perché i bambini possano tornare a correre tra le vie del centro senza inciampare nei rifiuti e perché sempre più persone continuino a scegliere la nostra cittadina come meta per le loro vacanze.

Elisa Malosso