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N. 34 - 02 Novembre 2008 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 53 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 6 E’ ritornato alla Casa del Padre p. Giovanni Sciacchitano Girgenti Acque: I nodi vengono al pettine 2 di Marilisa Della Monica Favara: in chiesa si prega per gli amministratori 4 3 Celebrato il convegno missionario diocesano di Valerio Landri di Franco Pullara di Alfonso Tortorici VITA ECCLESIALE PROVINCIA CULTURA CITTA’ I morti ci chiamano alla vita Novembre, il “mese dei morti”, così viene definito nella tradizio- ne popolare. Dalle nostre parti molte belle tradizioni sono andate in fran- tumi, ma le folle che assiepano i cimiteri in questi giorni non ven- gono meno. Il due novembre la vita sembra fermarsi davanti al mistero della morte. Per quanto vacilli la fede nell’immortalità e nella vita eterna, il dramma della morte non viene riassorbi- to nella normalità della vita di chi resta. Una nota stonata dobbiamo pur registrarla: il tentativo di svuotare di senso la commemo- razione dei fedeli defunti e l’ap- piattimento e la banalizzazione collettiva del tema della morte e del dolore umano da parte del fenomeno commerciale che ha preso piede anche dalle nostre parti: Halloween. Ogni anno si ripropone il solito dilemma: Halloween si, Halloween no? Su all’argomento molto si è scritto e detto, il punto è che esi- ste il rischio reale che zucche e fantasmi facciano passare inos- servate le due feste religiose che arrivano subito dopo, Ognis- santi e la Commemorazione dei defunti. Ma chiediamoci: è giusto scaricare tutta le responsabilità su Halloween? Quanti genitori portano i bambini al cimitero il 2 novembre con un fiore per i defunti ed elevano una preghie- ra per loro? É paradossale, ci facciamo mille remore mentali a parlare di morte ai nostri figli (“poveretti si impressionano”) e quando qualcun’altro lo fa al nostro posto per vendere zucche, scheletri e teschi, anziché farci un serio esame di coscienza ne rimaniamo scandalizzati. Nulla come il morire è mae- stro di vita. Agli occhi della fede cristiana il 2 novembre diviene il giorno prezioso per approfondi- re il senso della vita. Le persone che ci hanno preceduto nel cam- mino della vita ci richiamano a due aspetti fondamentali: che tutto dobbiamo misurare e or- ganizzare sui valori eterni e che con la morte si farà chiaro il giu- dizio di Dio sulla nostra vita. La visita al cimitero, le pre- ghiere, sono occasioni preziose per riscoprire il senso della vita oltre la morte. Spiegare questo ai nostri ra- gazzi è senz’altro più faticoso e aleatorio, tuttavia si può anche immaginare che risulti alla lun- ga produttivo. Oppure anche noi abbiamo paura di una zucca vuota? Carmelo Petrone In occasione della riapertura della Cattedrale di Agrigento - che avverrà il 23 novembre alla presenza del Segretario di Stato Vaticano Card. Tarcisio Berto- ne - dopo i lavori di restauro, sarà offerta, a quanti vogliono, la possibilità di riflettere sulla storia, sulle opere e sull’imma- gine dell’insigne monumento e della Chiesa Madre della nostra Arcidiocesi. Al fine di poter meglio comprendere il valore della veneranda fabbrica, dei la- vori succedutisi nel tempo e del- le opere in essa contenute è stata realizzata la mostra didattica ed illustrativa “La Cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammirare, per contemplare” . L’inaugurazione, a cui l’Ar- civescovo invita tutta l’Arci- diocesi, avverrà lunedì 3 no- vembre 2008, solennità di san Libertino, martire e primo vescovo di Agrigento, alle ore 18.00 nel Palazzo Arcivesco- vile. La mostra sarà visitabile ogni giorno, escluso il venerdì e la domenica, dalle ore 9.30 alle ore 12.30 con ingresso dalla Curia Arcivescovile, dal 4 novembre al 24 dicembre 2008. LA MOSTRA La Cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammirare, per contemplare L’amministratore delegato di Girgenti Acque finalmente ha chiesto di parlare, ha chie- sto alla stampa agrigentina di ascoltare le sue ragioni e dunque quelle della società che rappresenta e che dal 13 marzo 2003 gestisce il Servizio Idrico Integrato. Ci saremmo aspettati dei chiarimenti precisi sulla questione volture, nuovi contratti, emergenza idrica ed invece, non ci stiamo capendo più niente. Dopo avere ascol- tato il geom Giuffrida siamo più confusi che altro, della no- stra situazione attuale adesso non comprendiamo più su chi ricada la colpa di tutto il caos che stiamo vivendo: Girgenti Acque? ATO Idrico? Vecchi gestori del servizio? Tutti e tre questi soggetti hanno sicura- mente delle responsabilità ben precise ma che si confondono ed intersecano tra di loro, in un miscuglio tale da non permet- terne più l’addebito concreto ad uno di essi; di certo vi è una cosa: degli errori, delle man- canze, delle inadempienze, Marilisa Della Monica continua a pagina 2 IN EVIDENZA L’Amministratore delegato di Girgenti Acque incontra la stampa posizione I n questi giorni il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, ha scritto ai nostri rappresentanti a Palazzo d’Orleans ed a Palazzo dei Normanni per avere chiarimenti in merito ai tagli program- mati dal piano di rientro sanitario, su cifre da lui avute tramite un’inchiesta giornalistica. Per avere chiarimenti e meglio comprendere la situazione che realmente si verrà a creare e che vedrà in- teressata la nostra provincia abbiamo chiesto a Giuseppe Roccaro, presidente del Tribunale per i diritti del malato (TDM) di Agrigento, di aiutarci, dati alla mano, di far chiarezza sull’intera vicenda. Come vede la presa di posizione del sindaco Zambuto nei confronti dei tagli derivanti dal piano di rientro della spesa sanitaria in Sicilia che riguardano anche la nostra provincia? Certamente è apprezzabile che il Sindaco Zambuto abbia iniziato ad occuparsi dei pro- blemi sanitari che riguardano i cittadini di Agri- gento . E fa bene anche a chiedere chiarimenti e rassicurazioni a chi di competenza, non soltanto sui posti letto da tagliare, ma anche su tutti i ser- vizi territoriali, che a nostro parere, sono la vera emergenza, anche se la stampa su questo settore raramente accende i riflettori. Ma in effetti questi tagli quali settori tocche- ranno? Premetto che “Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato” ritiene che qualsiasi taglio ai servizi sanitari sia sempre qualche cosa che verrà meno ai cittadini. Nello specifico, per quanto ri- guarda la riduzione dei posti letto per acuti, nelle strutture ospedaliere ricadenti nella nostra provin- cia, i dati in nostro possesso, che sono i dati uffi- ciali ricavati dai documenti dell’Assessorato alla sanità, non corrispondono a quelli che il Sindaco ha appreso dagli organi di stampa. Ldp continua a pagina 5 SANITA’ intervista con Roccaro (TDM) sul piano di rientro sanitario regionale Errata corrige Per un errore di impagi- nazione lo scorso numero (erroneamente numerato 34) del 26.10.08 leggasi 33. Tagli, sempre tagli fortissimamente tagli « Oltre ai posti letto la vera emergenza sono i servizi territoriali da attivare a servizio dei cittadini»

L'Amico del Popolo

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edizione del 2 novembre 2008

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Page 1: L'Amico del Popolo

N. 34 - 02 Novembre 2008Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 53

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

6

E’ ritornato alla Casa del Padre p. Giovanni

Sciacchitano

Girgenti Acque: I nodi vengono al

pettine

2di Marilisa Della Monica

Favara: in chiesa si prega per gli amministratori

43

Celebrato il convegno missionario diocesano

di Valerio Landri di Franco Pullara di Alfonso Tortorici

VITA ECCLESIALEPROVINCIACULTURACITTA’I morti ci chiamano alla vita

Novembre, il “mese dei morti”, così viene defi nito nella tradizio-ne popolare.

Dalle nostre parti molte belle tradizioni sono andate in fran-tumi, ma le folle che assiepano i cimiteri in questi giorni non ven-gono meno. Il due novembre la vita sembra fermarsi davanti al mistero della morte. Per quanto vacilli la fede nell’immortalità e nella vita eterna, il dramma della morte non viene riassorbi-to nella normalità della vita di chi resta.

Una nota stonata dobbiamo pur registrarla: il tentativo di svuotare di senso la commemo-razione dei fedeli defunti e l’ap-piattimento e la banalizzazione collettiva del tema della morte e del dolore umano da parte del fenomeno commerciale che ha preso piede anche dalle nostre parti: Halloween. Ogni anno si ripropone il solito dilemma: Halloween si, Halloween no?

Su all’argomento molto si è scritto e detto, il punto è che esi-ste il rischio reale che zucche e fantasmi facciano passare inos-servate le due feste religiose che arrivano subito dopo, Ognis-santi e la Commemorazione dei defunti.

Ma chiediamoci: è giusto scaricare tutta le responsabilità su Halloween? Quanti genitori portano i bambini al cimitero il 2 novembre con un fi ore per i defunti ed elevano una preghie-ra per loro? É paradossale, ci facciamo mille remore mentali a parlare di morte ai nostri fi gli (“poveretti si impressionano”) e quando qualcun’altro lo fa al nostro posto per vendere zucche, scheletri e teschi, anziché farci un serio esame di coscienza ne rimaniamo scandalizzati.

Nulla come il morire è mae-stro di vita. Agli occhi della fede cristiana il 2 novembre diviene il giorno prezioso per approfondi-re il senso della vita. Le persone che ci hanno preceduto nel cam-mino della vita ci richiamano a due aspetti fondamentali: che tutto dobbiamo misurare e or-ganizzare sui valori eterni e che con la morte si farà chiaro il giu-dizio di Dio sulla nostra vita.

La visita al cimitero, le pre-ghiere, sono occasioni preziose per riscoprire il senso della vita oltre la morte.

Spiegare questo ai nostri ra-gazzi è senz’altro più faticoso e aleatorio, tuttavia si può anche immaginare che risulti alla lun-ga produttivo.

Oppure anche noi abbiamo paura di una zucca vuota?

Carmelo Petrone

In occasione della riapertura della Cattedrale di Agrigento - che avverrà il 23 novembre alla presenza del Segretario di Stato Vaticano Card. Tarcisio Berto-ne - dopo i lavori di restauro, sarà off erta, a quanti vogliono, la possibilità di rifl ettere sulla storia, sulle opere e sull’imma-gine dell’insigne monumento e della Chiesa Madre della nostra Arcidiocesi. Al fi ne di poter meglio comprendere il valore della veneranda fabbrica, dei la-vori succedutisi nel tempo e del-le opere in essa contenute è stata realizzata la mostra didattica ed

illustrativa “La Cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammirare, per contemplare”.

L’inaugurazione, a cui l’Ar-civescovo invita tutta l’Arci-diocesi, avverrà lunedì 3 no-vembre 2008, solennità di san Libertino, martire e primo vescovo di Agrigento, alle ore 18.00 nel Palazzo Arcivesco-vile. La mostra sarà visitabile ogni giorno, escluso il venerdì e la domenica, dalle ore 9.30 alle ore 12.30 con ingresso dalla Curia Arcivescovile, dal 4 novembre al 24 dicembre 2008.

◆ LA MOSTRALa Cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammirare, per contemplare

L’amministratore delegato di Girgenti Acque fi nalmente ha chiesto di parlare, ha chie-sto alla stampa agrigentina di ascoltare le sue ragioni e dunque quelle della società che rappresenta e che dal 13 marzo 2003 gestisce il Servizio Idrico Integrato. Ci saremmo aspettati dei chiarimenti precisi sulla questione volture, nuovi contratti, emergenza idrica ed invece, non ci stiamo capendo più niente. Dopo avere ascol-tato il geom Giuff rida siamo più confusi che altro, della no-stra situazione attuale adesso non comprendiamo più su chi ricada la colpa di tutto il caos che stiamo vivendo: Girgenti

Acque? ATO Idrico? Vecchi gestori del servizio? Tutti e tre questi soggetti hanno sicura-mente delle responsabilità ben precise ma che si confondono ed intersecano tra di loro, in un miscuglio tale da non permet-terne più l’addebito concreto ad uno di essi; di certo vi è una cosa: degli errori, delle man-canze, delle inadempienze,

Marilisa Della Monicacontinua a pagina 2

◆ IN EVIDENZAL’Amministratore delegato di Girgenti Acque incontra la stampa posizione

In questi giorni il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, ha scritto ai nostri rappresentanti

a Palazzo d’Orleans ed a Palazzo dei Normanni per avere chiarimenti in merito ai tagli program-mati dal piano di rientro sanitario, su cifre da lui avute tramite un’inchiesta giornalistica. Per avere chiarimenti e meglio comprendere la situazione che realmente si verrà a creare e che vedrà in-teressata la nostra provincia abbiamo chiesto a Giuseppe Roccaro, presidente del Tribunale per i diritti del malato (TDM) di Agrigento, di aiutarci, dati alla mano, di far chiarezza sull’intera vicenda.

Come vede la presa di posizione del sindaco Zambuto nei confronti dei tagli derivanti dal piano di rientro della spesa sanitaria in Sicilia che riguardano anche la nostra provincia?

Certamente è apprezzabile che il Sindaco Zambuto abbia iniziato ad occuparsi dei pro-blemi sanitari che riguardano i cittadini di Agri-gento . E fa bene anche a chiedere chiarimenti e rassicurazioni a chi di competenza, non soltanto sui posti letto da tagliare, ma anche su tutti i ser-vizi territoriali, che a nostro parere, sono la vera emergenza, anche se la stampa su questo settore raramente accende i rifl ettori.

Ma in eff etti questi tagli quali settori tocche-ranno?

Premetto che “Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato” ritiene che qualsiasi taglio ai servizi sanitari sia sempre qualche cosa che verrà meno ai cittadini. Nello specifi co, per quanto ri-

guarda la riduzione dei posti letto per acuti, nelle strutture ospedaliere ricadenti nella nostra provin-cia, i dati in nostro possesso, che sono i dati uffi -ciali ricavati dai documenti dell’Assessorato alla sanità, non corrispondono a quelli che il Sindaco ha appreso dagli organi di stampa.

Ldpcontinua a pagina 5

SANITA’ intervista con Roccaro (TDM) sul piano di rientro sanitario regionale

Errata corrige Per un errore di impagi-

nazione lo scorso numero (erroneamente numerato 34) del 26.10.08 leggasi 33.

In questi giorni il sindaco di Agrigento, Marco In questi giorni il sindaco di Agrigento, Marco I

Tagli, sempre tagli fortissimamente tagli

« Oltre ai posti letto la vera emergenza sono i servizi territoriali

da attivare a servizio dei cittadini»

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2 L’Amico del Popolo2 Novembre 2008Città

SCUOLA-MUSEO ARCHEOLOGICO Firmato protocollo d’intesa

É stato presentato nei giorni scorsi un pro-getto al quale prenderanno parte gli studenti del Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento” Si tratta di un accordo concluso con il museo archeologico regionale San Nicola che preve-de una serie di incontri, lezioni e visite guidate attraverso la storia archeologica e classica della nostra città. A presentare il progetto, che i ra-gazzi seguiranno lungo tutto l’anno scolastico, sono stati il dirigente scolastico del liceo, Car-melo Vetro e il direttore del Museo agrigentino, Giuseppe Castellana che ha sottolineato come l’obiettivo sia quello di promuovere un’azione di sinergia intesa a valorizzare la nostra cono-scenza e il patrimonio archeologico. Le lezioni al museo serviranno ad integrare quanto stu-diato dai libri dai ragazzi.

VIABILITÁ Prolungata l’intedizione nella Via Atenea

Nuova disposizione del traffi co per la via Atenea che rimarrà interdetta al traffi co vei-colare fi no alle 2 del mattino. Lo ha disposto il sindaco, Marco Zambuto, con un’apposita or-dinanza fi rmata d’intesa con l’assessore al ramo, Franco Iacono. Il provvedimento, che di fatto prolunga fi no a notte inoltrata l’isola pedonale, riguarderà soltanto il sabato. In via Atenea po-tranno accedere solo i mezzi di soccorso, quelli autorizzati e i mezzi pubblici. L’ordinanza è sta-ta fi rmata per motivi di sicurezza, visto il gran-de affl usso di gente che il sabato sera si riversa nel salotto buono della città dei templi.

SINDACATI La CGIL elegge una donna

Mariella Lo Bello è la nuova segretaria gene-rale della Camera del lavoro di Agrigento. L’ha eletta il direttivo con 71 voti a favore, 5 contra-ri, 3 astenuti. Succede a Piero Mangione ed è la prima donna in Sicilia ad essere chiamata al vertice di una Camera del lavoro provincia-le. Nata ad Agrigento 52 anni fa, la neoeletta ha alle spalle una lunga attività nella Cgil. Nei primi anni ‘80 si è impegnata sul fronte della solidarietà e dei diritti degli immigrati, poi ha lavorato alle Poste a Palermo. Mariella Lo Bel-lo è anche stata segretaria generale della Filpt agrigentina, e componente della segreteria re-gionale della Slc, il sindacato dei lavoratori del-la comunicazione. Successivamente, segretaria confederale ad Agrigento e, per ultimo, segre-taria generale dello Spi, sindacato pensionati, provinciale. Succede, come detto, a Piero Man-gione che si è dimesso nei mesi scorsi e che è stato nominato segretario generale agrigentino dello Spi.

POLIAMBULATORIO Attivata chirurgia vascolare

L’unità operativa di chirurgia vascolare è fi -nalmente una realtà. La struttura servirà alla prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie vascolari e tromboemboliche. Il bacino di uten-ti interessati a queste cure è molto ampio. Oltre ad un numero elevato di interventi venosi, la chirurgia vascolare può vantare una casistica importante di interventi arteriosi, sia per pato-logie aneurismatiche, che carotidee ed ostrutti-ve degli arti inferiori. Le malattie cardiovasco-lari da tempo non colpiscono solo gli anziani, ma anche molti giovani. Con questa struttura il paziente trova un punto di riferimento e di informazione grazie a cui ricevere le migliori cure se è aff etto da una patologia minore. E’ prevista per il prossimo futuro la collaborazio-ne con l’Ospedale San Giovanni di Dio.

In Breve

la Settimana di Eugenio Cairone

... e io pago!GIRGENTI ACQUE Conferenza stampa chiarifi catrice dell’Amministratore Delegato

Quando c’è di mezzo la salute, dovrebbe essere sponta-neo prendere posizione senza guardare in faccia nessuno.Nè gli amici di partito né tanto meno chi amico non lo è, e lo dimostra.

Sarebbe onesto, invece, ricordarsi della gente che ha bisogno e che potrebbe avere bisogno anche di quel po-sto…. “tagliato” per risanare.

Ma risanare cosa? Alla gente che ha bisogno, non interessa se i conti della

Regione sono in rosso. A tutti interessa solo avere assicurata l’assistenza per la

quale si è già pagato anche caro e si continua a pagare. Cosi facendo non si arriva proprio da nessuna parte.Piuttosto, egregi signori, vi trascinate dietro la maledi-

zione della povera gente che non vi rendete aff atto conto di quanto sia penalizzata in tema di assistenza sanitaria.

Abbiate la delicatezza e il buon senso di rivedere le car-

te, pensando ai bisognosi.

IL DECRETO GELMINIIl Senato lo ha approvato ed è stata subito rivolta.La mobilitazione ha attraversato l’Italia secondo uno

stile che credevamo non dovesse più tornare.Invece è tornato ed è tornata la paura dei petardi e dei

fumogeni e dei taff erugli scoppiati un po’ ovunque. Chiediamo al Ministro, se era proprio inevitabile che

tutto questo accadesse. Una cosa sicura è che tra gli studenti che legittimamen-

te esprimono il proprio dissenso, legittimo e sacrosanto, c’è la mano dei soliti facinorosi, provocatori nel nome di una violenza sempre più gratuita.

Quando si sfasciano i negozi e ci si scaglia contro la polizia, non è certo legittima protesta. E’ soltanto delin-quenza.

«Se avranno l’acqua addio voti»Nel settembre 1999 fui trasferito da Palermo ad

Agrigento, accettai il nuovo incarico con entusia-smo, infatti positive erano state le notizie fornitemi da un mio confratello, padre Salvatore Giammus-so, che ad Agrigento aveva vissuto tempi eroici tra gli ultimi anni della seconda guerra mondiale e quelli della nascita della democrazia. Non passaro-no, però, quindici giorni dal mio arrivo che entrai in crisi: non riuscivo a terminare una frase o ad esprimere un giudizio che subito venivo letteral-mente assalito. A questo mio stato contribuì anche il passaggio da una attività esasperante al fare nul-la. Mi sentivo di stare in un altro mondo. Eppure non ero venuto dalla Svezia o dalla Norvegia, ero arrivato dopo una lunga esperienza di parroco nei quartieri CEP e Uditore di Palermo.

Non gettai la spugna e, come è mio costume, cercai di capire la situazione ed ebbi una buona ispirazione leggere tutte le novelle di Pirandello le quali mi aiutarono a capire l’animodell’agrigenti-

no.Una sera fui invitato da quello che mi sembrava

un vero amico a una “cena elettorale”. Mi trovai a tavola con un senatore ed alcuni ex deputati de-mocristiani, tra i quali un’ex sindaco della città. Durante la cena a tutti i presenti fu chiesto un pa-rere sulla politica e sulla situazione della Provincia, quando fu il mio turno parlai della rettitudine di amministrare la cosa pubblica. Poi uscimmo fuori e la conversazione assunse un carattere familiare. Mi trovai a conversare a tu per tu con l’ex deputato regionale ed ex sindaco, quando la conversazione cadde sul problema “acqua’”, problema annoso e incancrenito, che ha prostrato e prostra ancorala città. Mi raccontò questa storiella, cui protagoni-sta, forse, fu lui stesso.

Ai tempi della DC, quando si veniva eletti con risultato bulgaro, fu messo in lista un giovane viva-ce laureato in legge, che conseguì un ottimo risul-tato elettorale. Allora pieno di entusiasmo andò a

trovare il suo “padrone”, che era presidente del-la Regione Sicilia e gli disse: «Onorevole, ora dobbiamo risolvere il

problema dell’acqua». L’onorevole si fece serissimo e lo guardò con una certa suffi cienza, dicendogli: «Che sei scemo? Se noi diamo l’acqua agli agrigen-tini non ci voteranno più».

In realtà l’acqua data con il contagocce ha mo-dellato la vita degli agrigentini in un determinato modo. Infatti l’acqua è lo strumento, che tiene in stato di soggezione la cittadinanza. La distribuzio-ne con turni variabili dai dieci o quindici giorni, condiziona la loro vita, poiché con la paura che possa fi nire, la si usa con molta parsimonia.

Con il passare dei decenni questa situazione ha educato la gente ad adattarsi alla sudditanza, facendo permanere la distinzione di casta tra i cosiddetti “civili”, che posseggono tutti i diritti, e la massa dei cittadini che ha tutti i doveri e se riceve quello che gli spetta lo riceve per grazia. Questo stato di cose ha portato la città negli ultimi posti delle classifi che nazionali, poiché si sta nella situa-zione di quando i pochi pensavano e decidevano mentre i molti dovevano ubbidire. Questa suddi-tanza ha condizionato l’agrigentino a ragionare in un modo tutto proprio, che spesse volte si rende incomprensibile ad altri.

Giuseppe Russo

AGRIGENTO città delle emergenze

Ritrovato!

É stato ritrovato nella via Contrada Piattaforma (prose-cuzione via Mattarella dopo via Quartararo direzione Favara) un marciapiede. Dei baldi operai nella mattina del 29 ottobre hanno ripor-tato alla luce questo manu-fatto entrato nei ricordi degli abitanti della zona. Il ritrova-mento è stato reso possibile grazie ai lavori di decespu-gliamento che hanno inte-ressato nei giorni scorsi la suddetta arteria cittadina. All’ente che ha reso possibi-le tale ritrovamento vanno le più sentite felicitazioni da parte dei tanti studenti-pedoni che quotidianamente rischiavano la vita.

sale

scendeChi ha chiuso la Panoramica.Chi vive al Villaggio Mosè, Cannatello, Fiume Naro, San Leone per raggiungere la città può avvalersi, dalla Rortonda Giunone, di tre arterie: Viale Alberato (tra qualche giorno lì ci scappa-rà il morto); Panoramica dei Templi e SS 115. Da qualche giorno la Panoramica è stata chiusa per problemi di stabilità della casa dema-niale “Tamburello” di pro-prietà dell’ente Parco, ubi-cata sulla suddetta arteria e sono ricominciati i problemi di viabilità, se solitamente per raggiungere il centro cit-tadini bastano 15-20 minuti adesso 30 sono più probabi-li. La cittadinanza ringrazia.

(continua dalla prima) degli sca-rica barile quelli che ne stanno pagando le conseguenze sono gli utenti- cittadini. Di certo vi è anche la sicurezza che Girgenti Acque pos-siede nel compiere le proprie azioni e la conferma la si ha quando chie-diamo della situazione riguardante le volture, le parole che l’AD utilizza non riescono a sortire l’eff etto voluto: il dire che esse vengono eff ettuate soltanto in casi davvero particolari e necessari mentre per tutti gli altri casi si attende il regolamento non è una risposta realmente aff ermativa o negativa è l’ammissione di un potere discrezionale che permette loro (Gir-genti Acque) di decidere quali siano i casi passibili di voltura o meno. Ma tutto questo perché accade? Perché da sei mesi giace su una scrivania una bozza di regolamento presentata da Girgenti Acque e che ancora at-tende di essere visionata ed approva-ta dall’ATO idrico; e durante l’attesa? Nell’attesa, sulla carta Girgenti acque ha l’obbligo di applicare i regolamen-ti dei precedenti gestori, ma come sappiamo, questo non accade e chi dovrebbe controllare e far applicare gli articoli della convenzione stipu-lata a tutela dell’utente, non fa nulla, si lamenta grida allo scandalo, chie-de una legge speciale per l’emergen-za idrica, fa lo sciopero della fame, quando dimentica che forse c’è un regolamento che se venisse approva-to migliorerebbe la situazione e non di poco, di molti cittadini.

Sempre nella lunga conversazione con il geom. Giuff rida scopriamo il motivo per cui i vecchi contatori in

nostro possesso debbano essere so-stituiti: quelli che abbiamo nelle no-stre case non sono a norma di legge. Cioè il comune ci ha fatto acquistare, montare ed utilizzare, in tutti questi anni dei contatori sprovvisti della au-torizzazione CEE, e dunque nel nuo-vo regime Girgenti Acque nel quale le regole devono essere rispettate al cento per cento (è una società privata non dobbiamo dimenticarlo, ed ogni danno alle casse non è bene accet-to) i vecchi contatori devono essere assolutamente sostituiti. Per quanto riguarda l’emergenza idrica Girgenti Acque spiega di non poter far niente, lei gestisce e distribuisce l’acqua che altri le forniscono e se l’acqua manca negli invasi, ormai a secco, cosa deve distribuire? È come voler creare un vestito con della stoff a che, in que-sto caso è davvero molto ma molto poca. Altra nota dolente, la conse-gna da parte delle amministrazioni locali, degli impianti e qui compren-diamo come molti amministratori abbiano la faccia tosta di lamentarsi quando sono loro stessi la causa del proprio male. Se infatti il comune di Agrigento ha consegnato gli impianti nel marzo dello scorso anno, vi sono stati altri, come il comune di Licata che lo hanno fatto soltanto lo scorso 13 ottobre; tutto questo non ha fatto altro che causare un rallentamento in quello che doveva esser il lavoro di ricognizione ed accertamento della rete idrica da parte di Girgenti che adesso si trova ad avere aff rontare problemi dei quali non conosce gli aspetti più profondi.

Dopo di ciò, Giuff rida ha tenuto

anche una lezione di fi sica idrau-lica; ciò che rallenta fortemente la distribuzione idrica nella città di Agrigento è la presenza di vasche di accumulo, nemiche indiscusse di una rete idrica che voglia funziona-re; infatti, fi n quanto queste non si riempiono, la pressione dell’acqua nella condotta è minore e dunque si verifi ca una maggiore diffi coltà nella distribuzione dell’acqua anche nella stessa strada. E la domanda sorge spontanea ma se io non ho la possibilità di avere l’acqua tutti i gior-ni come faccio per avere una riserva del liquido primario? Certamente, come siamo noi soliti agrigentini a volte esageriamo se pensiamo che è stata ritrovata una vasca di accumu-lo acqua che serviva per riserva di un appartamento con una capacità di ben 400 metri cubi di acqua, cifra notevole se raff rontata alla capienza del serbatoio di Naro la cui capienza è di 300 metri cubi.

A conclusione dell’incontro la pri-ma sensazione che proviamo è una grande amarezza. Anche questa vol-ta, come ai tempi del generale Jucci, siamo stati bacchettati sulle mani, è stato portato alla luce come ne-gli anni passati i vari uffi ci idrici dei comuni oggi dell’ATO, abbiano lavo-rato, di come fosse possibile omet-tere o dimenticare di presentare la documentazione richiesta per legge: esistenza catastale della struttura da allacciare alla condotta idrica; perizia giurata se la costruzione antecedente al 1977 per accertarne le condizioni dell’impianto; concessione edilizia. E noi eravamo avvezzi a quel costume;

adesso ditemi cosa si può risponde-re a chi aff erma che segue le regole imposte dalla legge e non un sistema di tipo clientelare? Tirando le som-me cosa è venuto fuori da questo incontro? Che gli errori commessi nel passato dai nostri amministra-tori lentamente stanno venendo alla luce proprio grazie a quel privato sul quale si sono scagliati con rabbia. Che quello che viene chiesto adesso è un rispetto delle regole al quale noi non siamo stati abituati da chi ge-stiva il servizio in precedenza. Che se ci sono problemi nel volturare le utenze è dovuto anche all’immo-bilismo di un ATO che da oltre sei mesi deve ancora esprimersi sulla bozza di regolamento presentata da Girgenti Acque. Ma anche Girgenti ha le sue responsabilità, prima fra tutte la poca chiarezza nei rapporti con l’utenza, sia per quanto riguarda semplici chiarimenti che le modi-fi che contrattuali. Da quello che si è compreso e che sia ATO che Gir-genti Acque hanno delle colpe che si stanno riversando come un fi ume in piena sui cittadini.

Marilisa Della Monica

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Cultura 3L’Amico del Popolo2 Novembre 2008

L’inizio della predicazioneL’incontro con il Risorto sulla via di Damasco, il si-

lenzio, il deserto, il confronto con quanti avevano visto e sentito il Maestro, il fedele accostarsi alla tradizione… sono i passi necessari che Paolo ha dovuto compiere prima di iniziare ad annunciare il Vangelo. Sono passati quasi dieci anni da quell’incontro che ha sconvolto tutto il sistema di pensiero e di vita dell’Apostolo: i tempi ades-so sono maturi per uscire nelle piazze e iniziare l’avven-tura della missione. L’occasione è quasi casuale (in realtà nulla avviene a caso nel progetto di Dio!). La Chiesa di Gerusalemme, mentre pensa a come portare Cristo ad Antiochia di Pisidia, si ricorda di quel tale Saulo che era stato un agguerrito persecutore e che, sulla via di Da-masco era stato folgorato dal Risorto. La comunità apo-stolica incarica Barnaba di passare da Tarso (dove nel frattempo Paolo si era ritirato) e di farsi accompagnare da colui di cui tutti avevano paura. I due apostoli arri-vano ad Antiochia e subito Paolo, con coraggio ed entu-siasmo, inizia a prestare voce, forza e vita a Colui che lo aveva conquistato. Lo fa con una semplicità disarmante, quasi a ricordarci che essere missionari e testimoni del Risorto non è aff atto diffi cile… è quanto di più sponta-neo e naturale ci possa accadere se veramente abbiamo il cuore pieno del Datore di ogni bene.

Stando al racconto di At 13 Paolo entra nella sinago-ga per prendere parte alla lettura ed alla spiegazione di alcuni brani dell’AT e quando ha la possibilità di inter-venire si rivolge ai presenti con espressioni puntuali in grado di evidenziare la novità che è entrata nella storia; e così, dopo un riepilogo delle fasi salienti della storia della salvezza (elezione del popolo, esodo, deserto, dono della terra, giudici, monarchia, Davide) arriva a Cristo, compimento di ogni promessa: «…dalla discendenza di Davide, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un Salvatore, Gesù» (At 13,23); e della vita di Gesù racconta i passaggi salienti: la predicazione preparatoria del Bat-tista, la vita pubblica, la condanna a morte sotto Ponzio Pilato, la risurrezione. L’ultimo passaggio è quello che lo riguarda più da vicino (ed insieme con lui tutta la comu-nità cristiana): «E noi vi annunciamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro fi gli… Vi sia noto che per opera di Lui vi viene annunziata la remissione dei peccati e che per lui chiunque crede riceve la giustifi cazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustifi cati mediante la legge di Mosè» (At 13,32.38-39). In poche battute l’es-senziale: l’intervento di Dio a favore del popolo eletto, il compimento delle promesse nel Figlio, l’annuncio della buona novella (Vangelo) ad opera della Chiesa, il perdo-no dei peccati, la salvezza.

Questo è il Kerigma che, da qui in avanti, ogni comu-nità credente sentirà il bisogno di porre al centro della propria vita e a fondamento di ogni annuncio ben co-sciente che esso è il tesoro da custodire, da raccontare e da consegnare ad ogni persona perché creda e perché credendo abbia la vita eterna. Questa prima esperienza di annuncio paolino accompagnerà costantemente la vita dell’apostolo che da una parte all’altra del mondo allora conosciuto annuncerà «Cristo e questi crocifi sso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per colo-ro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,23-24). La lettura degli scritti paolini è un esercizio non di in-dottrinamento ma di accostamento alla sorgente fresca della Parola che salva e libera e sarebbe opportuno che ogni cristiano sentisse il bisogno di riscoprire in quelle pagine il cibo solido che sostanzia ogni fatica. L’anno del-l’ascolto e la riscoperta del kerigma paolino… due piedi che camminano nell’unica direzione: ci verifi chiamo e ci ascoltiamo all’interno delle nostre comunità non per dirci quanto siamo bravi ma per capire come possiamo fare per annunciare con entusiasmo il Vangelo e per fare in modo che ogni persona del nostro territorio sia mes-sa nelle condizioni di accoglierlo nella propria esistenza ricca e contraddittoria. E mentre avviamo l’ascolto ci piace immaginare e sognare con quanto slancio – alla fi ne – sentiremo il bisogno di abitare case e piazze per dire a tutti che Lui è morto ed è risorto per noi ed in Lui abbiamo vita piena e felice.

È con vivo piacere che presento il testo “La vo-cazione della città” di Sal-vatore Pezzino.

Nel panorama dell’in-formazione agrigentina, Salvatore Pezzino non necessita di presentazioni ed in questa sede, vorrei sottolineare due aspetti compresenti nella comu-nicazione che contrad-distingue la sua penna: un’informazione che cer-ca di coniugare la bellez-za e la fatica del territorio con la bellezza e la fatica

del paese e, in questi tempi diffi cili e confusi, lo sforzo di comunicare speranza, nella città, nella politica, nelle situazioni di fragilità, di emargina-zione, di solitudine…

Un percorso, culturale e professionale, che esi-ge un continuo scavo dentro se stessi, un continuo dialogo interiore tra fede e ragione, un continuo ascolto della coscienza, per mettere in comunica-zione l’attimo con l’eternità, il frammento con l’in-sieme, il provvisorio con il defi nitivo.

Il testo raccoglie i “corsivi” scritti dal 2007 al

2008 su www.agrigentonotizie.it, portale di informazione on-line della città di Agrigen-to.

Brevi commenti sulla realtà agrigentina, scritti “senza peli sulla tastiera”, attorno ad argomenti di attualità in una realtà diffi cile come Agrigento dove, il temporaneo divie-ne permanente, l’eccezione la regola, il par-ticolare universale.

In queste pagine colgo l’impegno a leggere la città come luogo primario, in senso fi sico e simbolico, della convivenza in cui misurare diffi -coltà e prospettive di partecipazione, in una logica ispirata ai principi di sussidiarietà e solidarietà.

L’attualità viene letta richiamando la memoria a cogliere il frammento, senza strapparlo dall’insie-me, a valorizzare l’esperienza del territorio in un dialogo-confronto con la dimensione nazionale, europea e mondiale.

Ma è soprattutto la “questione antropologica”, la questione della verità sull’uomo, a porre a Salvato-re Pezzino le richiesta più esigenti considerato il dibattito culturale, le scelte politiche, le iniziative legislative, le conquiste tecnologiche e scientifi che ed i fenomeni sociali di questo tempo.

Di fronte a questi temi si raff orza la convinzione che non si può essere giornalisti senza continuare a lavorare su se stessi, senza assumersi la respon-

sabilità del pensare e la fatica dello sperimentare linguaggi nuovi, ma non riduttivi, del messaggio, senza sentirsi liberi nell’appartenenza.

I lettori potranno notare che la raccolta dei cor-sivi è preceduta da una parte che raccoglie la ti-mida iniziativa, cominciata ma non completata, di una rifl essione attorno al Qoelet che Salvatore ha voluto mettere quasi come introduzione e chiave di lettura dei suoi corsivi.

Perché Qoelet? Perché è un testo della Sacra Scrittura che invita a confrontarci con i temi di senso dell’esistenza umana con un pregio ulterio-re: Qoelet dà un nome preciso ai problemi che co-stellano la nostra esistenza, non ha timore di chia-marli per nome e di guardarli in faccia, aff rontarli e parlarne con una analisi realistica e schietta.

Carmelo Petrone

appunti Sarà presentato il

prossimo 6 novembre alle ore 17.30 presso il Teatro della Posta vecchia (Salita Giambertoni, 13) il libro di Carlo Vulpio “Roba Nostra”. Interverrano oltre all’autore Gaetano Gaziano e Cateri-na Busetta. Introduce Ame-deo Bruccoleri.

Il centro polivalente per i servizi socio-culturali, a Campobello di Licata, in via Trieste, ospita la mostra de-dicata alle attività di ricerca archeologica del progetto Kalat a cura dell’omonimo centro. In vetrina pannelli fotografi ci che illustrano i risultati delle ultime campa-gne archeologiche.

Fino al 31 ottobre, su ini-ziativa della Lega Italiana per la lotta contri i tumori, il Castello Chiaramontano di Favara sarà illuminato da un fascio di luce rosa. L’iniziati-va ha la fi nalità di ricordare che ottobre è il mese della prevenzione dei tumori al seno nell’ambito del proget-to Nastro rosa.

Un anno con Paoloa cura di Baldo Reina

La vocazione della cittàEDITORIA Il nuovo libro di Salvatore Pezzino

È stato ricevuto da Mons. Montenegro, il giovane regista Salvatore Presti, autore del fi lm-documen-tario “Luce verticale”, sul giudice Rosario Livatino. Presti era accompagnato da Ida Abate, che fu inse-gnante di Livatino durante gli anni del liceo, e dal gior-nalista Enzo Gallo parente del giudice e componente dell’Associazione culturale “Tecnopolis” di Canicattì. Il fi lm, girato due anni fa, presenta la fi gura del giudi-ce canicattinese attraverso le testimonianze di coloro che l’hanno conosciuto da vicino: i colleghi Luigi D’Angelo e Salvatore Car-dinale, i compagni di clas-se, i docenti del liceo. Lo scorso anno ha ricevuto un importante riconoscimen-to al festival internazionale “Religion today”.

Ascoltare il mondoOTTOBRE MISSIONARIO Convegno Diocesano

Venerdì 24 ottobre si è tenu-to il Convegno Missionario

Diocesano dal tema “Ascoltare il mondo con il cuore di Cristo”.

Ad aprire i lavori è stato P. Giulio Albanese, direttore del-la rivista missionaria “Popoli e missione” con una relazione su: “La missione della Chiesa oggi”. Dopo aver presentato per grandi linee la situazione mondiale e il grande divario tra Nord e Sud del mondo, padre Giulio ha tracciato i punti irrinunciabili dell’anima-zione missionaria nelle comunità ecclesiali: la preghiera come base di ogni apostolato; l’informazione per conoscere realmente i fatti e dare voce a chi non ha voce; la

coscienza critica per esprimere un giudizio alla luce del Vangelo e degli insegnamenti magisteriali; l’educazione alla mondialità as-sumendo uno stile di vita umile, povero e crocifi sso che si rende consapevole del comune destino umano e si fa carico della salvezza universale senza assumere posi-zioni di superiorità sugli altri po-poli e culture; la pastorale voca-zionale per rilanciare la missione fi no agli estremi confi ni della ter-ra; un linguaggio che si aff ranca dalla politica, dalla burocrazia, da un intellettualismo sterile e che in semplicità comunichi la sostanza del vangelo.

All’intervento di P. Albanese hanno fatto seguito quelli prove-nienti dal mondo laico e cristiano, per esprimere la propria parteci-pazione alle sorti del mondo e per interpellare la Chiesa cattolica. Il racconto di Abdurahman Za-mony, dell’Etiopia ed il suo esodo dalla terra natia per giungere in una terra che, lo ha accolto ma lo ha lasciato nella sua solitudine esistenziale a causa della man-canza della famiglia. Roberto Va-nadia, che ha dato voce ai poveri,

vittime di sopru-si e di privazione della dignità. Gaetano Siracu-sa che ha testi-moniato come nel suo desiderio di approssimarsi agli ultimi abbia trovato tanti cristiani che condi-videvano il suo stesso impegno. Alberto Todaro, che ha espresso il sogno di una Chiesa profetica, che in dialogo con tutti, credenti e non, si metta in strada come il Buon Samaritano del vangelo.

A conclusione la relazione di Mons. Montenegro, Vescovo di Agrigento, il quale ha ricordato come la Chiesa debba off rire un modello di società alternativa, ca-ratterizzata dalla gratuità, in cui i poveri non siano tenuti lontani da un atteggiamento paternalistico, che si limita all’elemosina ma non si coinvolge più di tanto.

«Occorre fare nostro il sogno di Dio - ha detto mons. Montenegro - una comunione che si concre-tizza in una comunità evangelica in cui ciascuno ami e sia amato. Per questo progetto occorre una

Chiesa in ascolto, che sappia guardare oltre, gli altri, l’Altro; una Chiesa che sappia impegna-re il cuore, il quale prima di ra-gionare ci fa sentire e amare ciò che è giusto e batte fortemente per realizzarlo».

Padre Franco ha evidenziato come occorra che ognuno fac-cia la propria parte, piuttosto che perdersi in sterili critiche, sappia guardare il mondo con simpatia e mettersi in strada. La Missione non è qualcosa da fare ma un atto d’amore. Una Chiesa che non ha slancio missionario è povera d’amore. La Chiesa oggi deve stare in strada deve pianta-re la tenda di Dio per accogliere e incontrare l’uomo ferito e in cerca di senso e off rirgli il ristoro della fraternità.

Valerio Landri

La Cattedrale di Agrigento per conoscere, per contemplare, per ammirare

Lunedì 3 novembre, ore 18.00Palazzo Arcivescovile - Agrigento

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4 L’Amico del Popolo2 Novembre 2008Provincia

«Ti preghiamo per la nostra città» FAVARA In parrocchia si prega per l’Amministrazione Comunale

Il 27 ottobre è ritornata alla casa del Padre la Sig.ra

Gerlanda CapraroVed. Cardinale

mamma del diac. Pasquale Cardinale.Alla famiglia le più sentite condoglianze da parte della nostra redazione.

LUTTO

LAMPEDUSA A rischio il laboratorio di analisi

Arriva un grido d’allarme per problemi che riguar-derebbero l’unico laboratorio di analisi. Le cause, in-fatti, sono riconducibili ai tagli eff ettuati nel campo sanitario che potrebbero causare la chiusura del pre-sidio. «I tagli che la Regione ha previsto in materia di sanità- scrivein una nota il sindaco De Rubeis -stanno letteralmente aff ossando anche il laboratorio dell’isola che è in perdita economica già da tempo. Oltre venti-duemila gli euro persi per il 2007 e per l’anno in corso non si prevede nulla di buono». A dire dei responsa-bili del Centro di analisi, infatti, la stagione che sta per arrivare non sembra essere tutta “rose e fi ori”. «Non ho parole- continua il primo cittadino -sembra che la regione Sicilia voglia rifarsi di tutti i soldi persi ne-gli ultimi decenni togliendo anche i servizi essenziali dalle nostre isole. Il direttore Iacolino aveva promesso d’interessarsi personalmente per risolvere il proble-ma laboratorio di analisi a Lampedusa, ma ad oggi, a quanto sembra, nulla si è mosso. Il Centro da domani avrebbe dovuto chiudere e se ciò non accadrà è solo perchè ho assicurato ai responsabili del laboratorio un interessamento di tutta l’Amministrazione comunale alla questione».

PORTO EMPEDOCLE Ritornano i cannoni

Saranno collocati nella Torre Carlo V, i due cannoni ottocenteschi che attualmente si trovano nella “Sala Cannoniera” della Rocca Paolina, a Perugia. Durante una cerimonia nella quale è stato fi rmato dai sindaci dei due Comuni interessati, Renato Locchi e Caloge-ro Firetto, un protocollo d’intesa sulla modalità della restituzione, è stata ricostruita la singolare vicenda dei due cannoni alla presenza di Giuseppe Agozzino, l’ar-tefi ce dell’“asportazione’’, come lui stesso l’ha defi nita. Abbandonati nella zona portuale di Porto Empedo-cle e usati come bitte, i cannoni furono “asportati” da Agozzino, per anni direttore dell’azienda di turismo del comprensorio perugino, nato a Porto Empedocle ma perugino d’adozione che, a proprie spese, agli inizi degli anni cinquanta del secolo scorso, li fece traspor-tare e restaurare per poi depositarli alla Sala Canno-niera della Rocca Paolina e lasciarli in custodia alla municipalità perugina.Lì sarebbero probabilmente rimasti, continuando a rappresentare per i perugini un falso storico, se durante un’intervista televisiva lo scrittore Andrea Camilleri, anche lui di Porto Empe-docle, non avesse raccontato di quei vecchi cannoni borbonici usati come bitte.

CASTELTERMINI Partito il centro di raccolta mobile

In occasione del 380° anniversario della fondazione di Casteltermini, il sindaco Nuccio Sapia, l’ammini-strazione comunale e il comitato organizzatore, invi-tano le scuole a un concorso per immortalare questo importante anniversario, creando una cartolina-ri-cordo, che celebrerà l’anniversario ed anche il logo dell’evento. A tal fi ne ci si potrà avvalere di qualsiasi forma di rappresentazione visiva. L’obiettivo è quello di esprimere, grafi camente, un particolare che pos-sa esaltare l’anima del paese. I concorrenti dovranno presentare le loro opere entro e non oltre il 31 gennaio 2008.

Brevi provincia

Protocollo per il restauroCon un protocollo d’intesa sottoscritto tra

il sindaco di Cammarata, Vito Mangiapane e l’Arciprete don Mario Albanese, sarà proba-bilmente salvata dal rischio di crollo l’antica chiesa San Giacomo. La convenzione prevede la cessione temporanea per 25 anni dell’edifi -cio, di proprietà della Parrocchia San Nicolò di Bari di Cammarata, al Comune. Quest’ultimo si farà carico di reperire i fi nanziamenti neces-sari per il suo restauro con l’obiettivo fi nale di riutilizzarlo per attività sociali e culturali.

«Abbiamo voluto inserire questo intervento – ha dichiarato il sindaco – in un progetto di risanamento e riqualifi cazione del quartiere denominato “Gianguarna” nella parte bassa dell’abitato. Questa zona mantiene anco-ra integre le caratteristiche urbanistiche del centro stori-co, di conseguenza il restauro di questa opera arricchirà il patrimonio del nostro paese poiché si tratta di una testi-monianza oltre che religiosa anche di un monumento di grande rilevanza architettoni-ca. La chiesa attuale dedicata ai Santi Giacomo e Giovanni, fu riedifi cata nel ‘700 su una precedente già esistente nel ‘500. Secondo la tradizione essa sorge sopra una antica moschea araba, ed è proba-bile in quanto San Giacomo Apostolo era considerato il protettore dei Cristiani con-tro i “mori”. É in disuso da

circa cinquant’anni, e a causa del suo abbandono oggi ri-versa in pessime condizioni. In essa vi erano custodite le statue dei Santi titolari, ed alcune pregevoli tele, oggi conservate nella chiesa dell’Annunziata. Si spe-ra dopo il restauro di riportare queste opere d’arte nella originaria sede.

RAFFADALI Progetto dell’Amministrazione Comunale

Puntare sulla raccolta diff erenziata coinvolgendo le scuole. Questo il progetto pilota che l’Ammini-strazione comunale di Raff adali ha presentato all’Ato Gesa Ag 2, che ha già dato parere favorevole. L’obiet-tivo dell’iniziativa è quello di ridurre le salate bollette Tarsu.

«Se avessimo avuto - dichiara soddisfatto il sin-daco Silvio Cuff aro - suffi cienti risorse fi nanziarie a disposizione saremmo intervenuti direttamente noi, attraverso il bilancio comunale, per alleggerire il peso fi scale a carico dei nostri contribuenti. Purtrop-po siamo chiamati, invece, ad escogitare nuove idee, facendo leva sulla raccolta diff erenziata, divenuta ormai indispensabile, per trovare soluzioni adegua-te che vadano incontro alle esigenze della gente. Il progetto – aggiunge il sindaco – ha una doppia fi -nalità: una di tipo culturale, destinata a sensibilizzare le nuove generazioni sul tema dell’ambiente, l’altra destinata ad incidere positivamente sui bilanci delle

famiglie». Il progetto prevede ogni mattina la presenza, davanti agli edifi ci scolastici del paese, che sono tre, di operatori ecologici del comune che preleveran-

no la carta, il vetro, il cartone, la plastica, l’alluminio, che gli alunni porteranno da casa. Il materiale rac-colto verrà incamerato, i responsabili del servizio an-noteranno su un apposito registro il peso dei rifi uti che ciascun ragazzo conferirà. A questo punto tutto il materiale accumulato sarà accatastato nel centro di raccolta comunale di contrada “Sgarano”, per essere poi venduto agli operatori della fi liera, evitando così il pagamento del conferimento di questi prodotti nelle discariche autorizzate.

«Avremo - continua il sindaco Cuff aro - un mi-nor costo da versare alla ditta che gestisce la disca-rica, circa il 30 percento in meno a tonnellata, dal momento che conferiremo solo rifi uti umidi. Tutta questa operazione è evidente che produrrà un net-to benefi cio economico per il Comune e, quindi, per l’intera comunità raff adalese».

Tornando alle scuole, il ricavato della vendita dei prodotti verrà spalmato proporzionalmente al “monte di raccolta diff erenziata” prodotto da ogni singolo alunno. Così i loro genitori, ma anche tutte le altre famiglie raff adalesi, che faranno la diff eren-ziata depositando il materiale nei locali dell’ex ma-cello, riceveranno un buono sconto che consentirà la decurtazione dal costo della bolletta della somma accreditata.

Differenziata: se ne parla nelle scuole

CAMMARATA La Chiesa S.Giacomo concessa al comune per 25 anni

D’Orsi nomina Macedonio

Si è insediato il nuovo asses-sore al Territorio ed Ambiente, Pietro Macedonio. Subentra nella carica al dimissionario Vincenzo Giambrone che fi n dalla costituzione della Giunta D’Orsi era stato designato asses-sore. Nella foto il Presidente del-la Provincia Regionale di Agri-gento il passaggio di consegne tra l’on. Vincenzo Giambrone ed il dott. Pietro Macedonio.

Nella Chiesa Madre si è prega-to per il superamento della

crisi politica della città. Ha mera-vigliato non pochi fedeli l’iniziati-va del Consiglio Pastorale e della Comunità della Chiesa Madre di Favara quando don Mimmo Zambito, ha invitato a pregare per il sindaco, per consiglieri comunali e per i partiti politici, responsabili del governo di Favara. Li ha sor-

presi non tanto per la preghiera delle quali il grosso centro ne ha tanta necessità, ma per la quasi assoluta assenza di legame tra gli eletti e gli elettori. L’opinione abba-stanza diff usa, retaggio di un nega-tivo passato e di un poco produtti-vo presente, è che si fanno eleggere per i loro interessi piuttosto che per quelli della collettività. Per questa ragione domenica in molti

si saranno chiesti il perché di una preghiera in loro favore. Don Mimmo, dal canto suo, ogni tanto fa, inaspettatamente, fare un’inversione di marcia al locale modo di pensare. Qualche mese addietro, fi ngendo di non ricorda-re e di non sentire bene, ha fatto gridare all’assem-blea dei fedeli il nome del commerciante che aveva subito un attentato inti-

midatorio. Ritornando alla politi-ca, i frutti della sua iniziativa, l’arci-prete li ha raccolti subito. Lo stesso sindaco ne ha parlato in Consiglio comunale e i cittadini hanno, fi nal-mente, acceso l’interesse sulla cosa pubblica in termini, questa volta, costruttivi. Il camino è, comunque, lungo e diffi cile e si può solo pre-gare e sperare. A Favara, la demo-crazia è strana o, per lo meno, sin-golare. I numeri hanno valore fi no ad un certo punto. A volte si deci-de a maggioranza e a volte sono i singoli a imporre la loro volontà su tutti. Molto spesso, dicevamo, gli interessi della città non sono in giuoco. E l’attuale è il mo-mento della spartizione del potere in numeri e deleghe assessoriali. Purtroppo, nel grosso centro agrigentino è l’uomo politico ad essere al centro dell’azione della stessa politica in termini di visibili-

tà e, più precisamente, di potere. Ad una forza spettano due asses-sorati e i lavori pubblici, all’altra tre e il vicesindaco, poco importa se la città è in ginocchio. Giustappunto la posizione buona per pregare e sperare. Con il suo intervento don Mimmo, ovviamente, è andato oltre il pregare, risvegliando e il-luminando la coscienza dei fedeli, soprattutto di quanti si dedicano all’impegno nella vita politica, per-ché le loro azioni siano sempre al servizio della promozione integra-le della persona e del bene comune

Franco Pullara

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Società 5L’Amico del Popolo2 Novembre 2008

DISABILI La denuncia della Caritas diocesana

Cittadini a metà?Da sempre Caritas Italiana rivolge la sua at-

tenzione alle persone “diversamente abili”, i cui diritti, se teoricamente riconosciuti e garanti-ti, spesso non trovano un pratico svolgimento. In tale prospettiva, la Caritas Diocesana di Agrigento propone una rifl essione, che porti ad iniziative concrete, sulla realtà vissuta dai disabili nel terri-torio della nostra diocesi.

Sono trascorsi più di trent’anni dalla creazione degli standard di riferimento per l’eliminazione delle barriere architettoniche, ma al di là dei pur condivisibili interventi del legislatore, qual è, alla prova dei fatti, la qualità della vita di un disabile, con specifi co riferimento al nostro territorio? Non tutti gli edifi ci pubblici, o ad elevata rilevanza pub-blica, sono realmente fruibili da parte di una per-sona che non è in grado di muoversi agevolmente. La legge detta degli standard per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifi ci pubbli-ci e privati: e, nella maggior parte dei casi, queste prescrizioni minime sono rispettate. Ma a questo punto vanno fatte due considerazioni.

La prima è che la legislazione italiana non si può dire all’avanguardia in materia. La secon-da considerazione è che, per garantire ai disabili una qualità della vita pari ad ogni altro cittadino (e dovrebbero averne il diritto!) non basta che le prescrizioni sull’abbattimento delle barriere ar-chitettoniche siano pedissequamente osservate. Magari, nella maggior parte degli uffi ci troveremo gli scivoli per il passaggio delle carrozzelle: ma sa-

rebbe interessante verifi care se, di fatto, l’ipotetico percorso che dovrebbe eff ettuare un disabile per giungere alla stanza che gli interessa sia, o meno, realmente praticabile. Così, pure, diventa irrile-vante che l’edifi cio da raggiungere sia adeguato, se poi i servizi di trasporto pubblico non sono in grado di garantire la fruizione ad una persona co-stretta su una carrozzella. O, ancora, se gli scivoli presenti sul marciapiede sono ostruiti da vetture parcheggiate con distrazione e mancanza di sen-sibilità. É dunque importante che le amministra-zioni pubbliche si misurino con questo problema: non è tollerabile che vi siano persone con “diritto di cittadinanza a metà”. Al di là delle prescrizioni di legge, che vanno comunque rispettate, bisogna fare degli ulteriori passi per garantire alle persone con disabilità una qualità di vita pari a qualsiasi altro cittadino. Occorre partire da un’indagine “sul campo”, volta a verifi care la reale fruibilità de-gli edifi ci e degli ambienti pubblici ed a rilevanza pubblica: non solo quelli che erogano servizi fon-damentali per il cittadino, ma anche quelli desti-nati allo svago ed al tempo libero. Naturalmente, vanno anche presi in considerazione i mezzi di trasporto pubblico, la loro reale idoneità a tra-sportare persone disabili, i percorsi e le fermate. Ed ancora: la presenza degli scivoli sui marciapie-di, l’idoneità del posizionamento, la fruibilità degli stessi.

Abbiamo detto che la nostra legislazione in materia è piuttosto carente. Quindi, per eff et-

tuare un’indagine di questo genere, gli Enti pubblici si potrebbero avvalere dell’aiuto delle associazioni di disabili (e loro familiari) esistenti sul territorio. Chi meglio di loro? Emblematica è la denomina-zione che alcune associazioni di genitori, attivissime sull’in-tero territorio italiano, si sono date: “Dopo di noi”: essa nasce dalla comprensibile preoccu-pazione per il futuro dei loro fi gli, che, allo stato attuale, appare tutt’altro che garantito dagli Enti che dovrebbero oc-cuparsene.

E che dire delle iniziative volte a migliorare la qualità della vita di queste persone? Proprio la Caritas Diocesana aveva avviato, tempo fa, un laboratorio di ceramiche per disabili. Tutto era pronto: ma-teriali, insegnanti, locali ampi e comodi. Ma … mancava l’ascensore per raggiungere questi ultimi. E nessun Ente pubblico è stato in grado di aiutare la Caritas a realizzare il progetto con i fondi necessari. Davve-ro sarebbe stato così diffi cile reperirli?

É tempo di dire basta ad un diritto di cittadi-nanza a metà.

Adele Falcetta Sportello Legale Caritas Diocesana

Cioè?Attualmente

i posti letto in dotazione agli ospedali sono rispettivamen-te: Ospedale di Sciacca n. 289 (posti letto); S. Giovanni di Dio n. 311; P.O.

Ribera n.106; P.O. Licata n. 151; P. O. Canicattì n.158; per un totale di 1015 posti letto. Per quanto concerne le cliniche private i posti letto sono 145. Quindi sommando i posti del pub-blico con quelli del settore privato abbiamo una dotazione di posti letto nella nostra provincia di 1.160 unità attuali e non i 1.666 dichiarati nella sua lettera dal sindaco.

Quanti saranno, allora, i tagli che realmente verranno eff ettuati?

Per il pubblico è prevista la ridu-zione di 223 posti letto, per le cliniche private è prevista la riduzione di 20 posti letto per una riduzione totale prevista di 243 posti letto. Dunque alla nostra provincia in futuro avre-mo 917 posti letto (1160 attuali-243tagliati). Quindi il taglio applicato all’attuale dotazione sarà del 20% e non del 33 %. Inoltre, e questo è mol-to importante, a fronte dei 243 posti in meno previsti per gli acuti, nella nostra provincia verranno istituiti 273 posti letto da destinare a strut-ture per l’assistenza di lunga degenza per ammalati cronici gravi e per ria-bilitazione sempre per ammalati gra-vi. Una struttura da riutilizzare sarà l’ospedale di Ribera .

Tirando le somme questo cosa signifi cherà?

Nella nostra provincia ci saranno 50 posti letto in più, rispetto a quelli soppressi, per un tipo di assistenza di cui c’è molta necessità. Riteniamo che, la soppressione di qualche let-to per acuti in medicina, chirurgia, oculistica o altro, sia sostanzialmente accettabile. Di contro, queste nuove strutture consentiranno di dare ri-sposta adeguata ai cittadini nel caso di “dimissione protetta” dagli ospe-dali.

Cos’è la dimissione protetta?La dimissione protetta è prevista

quando un paziente anziano con va-rie patologie che spesso sono invali-danti, necessita di cure con assistenza infermieristica continua o di riabili-tazione, dopo che è stato stabilizzato in un reparto dell’ospedale, non ha

più necessità di restarvi, per cui viene preso in carico dal servizio di lungo-degenza. Qui sarà seguito dal pro-prio medico di famiglia e assistito da personale infermieristico, e sarà più facile la presenza dei familiari.

Quali sono i dati di richiesta per questo servizio in Sicilia ed in par-ticolare nella nostra provincia?

In Sicilia, c’è richiesta di questo tipo di servizio che purtroppo manca. Infatti è dimostrato dal fatto che gli standard regionali sono mediamen-te di 180 pazienti ricoverati per ogni 1.000 abitanti, mentre in Sicilia sono 249 per ogni 1.000 abitanti, ossia il 36 % in più. Queste strutture (lungo de-genza per malati cronici) hanno inol-tre la caratteristica di una maggiore appropriatezza per l’assistenza di pazienti con determinate patologie, è meglio accettata dai pazienti e questi avranno anche il vantaggio che co-steranno meno alla collettività. Que-sti risparmi potranno essere meglio investiti nell’assistenza domiciliare, per quelle patologie che richiedano un’assistenza, infermieristica o del fi -sioterapista che non hanno carattere di continuità per l’intera giornata.

Qual è la situazione che si trova-no a vivere oggi i cittadini?

Oggi, come cittadini, stiamo par-ticolarmente soff rendo la carenza e la diffi coltà di accesso ai servizi, cer-tamente non per colpa del piano di rientro, stiamo pagando un prezzo altissimo a tanti anni di politica sa-nitaria dissennata; stiamo scontando disfunzioni organizzative e ritardi operativi, che hanno determinato una costante crescita del fabbisogno economico, senza di contro, godere di servizi di qualità, adeguati a sod-disfare i reali bisogni dei cittadini. Ci attende un periodo di transizio-ne diffi cile , che ci deve vedere tutti quanti impegnati nella vigilanza, affi nché quanto previsto nel “piano di rientro di riorganizzazione e di ri-qualifi cazione del nostro sistema sa-nitario siciliano” trovi, in tempi brevi e certi, applicazione di quanto è in programma. Bisogna vigilare che ci sia contestualità degli interventi dei tagli e degli investimenti, per crea-re i servizi sostitutivi che signifi ca, potenziamento delle strutture del territorio, modernizzazione delle tec-nologie diagnostiche, maggiore coin-volgimento e responsabilità, a partire dai medici di famiglia e dai pediatri.

LdP

continua dalla prima

foto Macaluso

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6 L’Amico del Popolo2 Novembre 2008Vita Ecclesiale

Gioia di vivere in seminario Fino agli anni ‘60, diffi cile che si entrasse in Seminario, dopo

i quindici anni, tranne a provenire da altri Istituti Religiosi. A determinare la scelta, molto contribuiva l’infl uenza del contesto spirituale della famiglia (specie i genitori) e il consiglio o, addirit-tura, una buona spinta e l’aiuto, anche economico, da parte del Parroco. Così è stato per i protagonisti della nostra Rubrica, fi no a questa puntata, e così continuerà fi no agli anni del Concilio Va-ticano II.

Già in altri interventi, sul nostro settimanale, si è chiarito come il diff uso senso religioso della vita e la custodia dei valo-ri morali, fosse garanzia di un corretto e profi cuo vivere socia-le. Non si può negare che fosse un tale contesto a promuovere, custodire e proteggere anche le vocazioni religiose. Quando – specie se arrivati in Teologia – inaspettatamente, si lasciava il Seminario, si poteva star sicuri che l’educazione morale e religio-sa appresa nella prima giovinezza, avrebbe portato i suoi frutti, nell’esercizio di una professione, a volte anche prestigiosa.

Nel racconto che il Dott. Alfonso Carlisi fa – scorrendo a

volo d’uccello – della sua vita, dall’infanzia all’attuale vivace quie-scenza dei raggiunti 82 anni, sottolinea la validità di questa pre-messa. Nativo di Alessandria della Rocca, rimane orfano del pa-dre Francesco a sette mesi. Trascorre, tuttavia, un’infanzia felice in seno alla famiglia costituita dalla mamma Maria, che vive con gli zii materni Ignazia e Ciro. Tutti e tre religiosissimi, si preoccu-pano di iscrivere per le elementari, il piccolo Alfonso nell’Istituto “Santa Chiara” di Palermo (Salesiani), e garantirgli, così, un’edu-cazione cristiana.

Tornato a casa, frequenta il primo anno in paese, ma ancor più è presente alla Messa Domenicale, che serve come chieri-chetto e, all’età di 13 anni, accetta il consiglio del Parroco – il dot-to e santo Arc. Cacciatore – di continuare gli studi in Seminario, con grande soddisfazione di mamma e zii.

Lasciamo a lui di proseguire il racconto, dal quale, successi-vamente, trarremo spunto per qualche rifl essione: “Erano i primi giorni dell’Ottobre 1939. L’impatto con l’ambiente del Seminario fu traumatico: non mi rendevo conto del perché un ritmo, spes-so, accelerato di tante attività, tutte svolte dominate dal ‘silenzio’: l’alzata alle cinque di mattina, la preoccupazione di essere sem-pre pronti al suono della campana, la tunica che si impigliava tra i piedi, dormire al buio, con venti compagni e in una camerata, che mi appariva immensa. Stentai non poco ad abituarmi, at-traversando momenti di grande scoramento. Si trattò, tuttavia, solo dei primi mesi. Ben presto, si fece strada nel cuore l’aurora, e quindi apparire e sbocciare il fi ore della gioia di vivere. La gra-duale conoscenza dei compagni, mi permetteva di cogliere, ogni giorno di più, i lati positivi e divertenti del carattere di ognuno di loro. La confi denza con i più congeniali, mi dava gioia e inti-ma sicurezza. Il senso di solitudine scomparve, come d’incanto. Oggi, rimembrando, posso aff ermare che gli anni trascorsi in Seminario mi sorridono ancora nella memoria, richiamandomi esperienze ed emozioni positivamente luminose.

“Come dimenticare l’entusiasmo che mettevo, nell’attività di promuovere ed organizzare il programma di Azione Cattolica (associazione interna sorta in quegli anni), o la soddisfazione che mi dava il potermi dedicare – nei momenti liberi – alla pittura in chiaro-scuro e acquerello, e venire premiato per questa abilità! Indelebile la gioia e l’emozione di aver potuto recitare una mia composizione poetica, alla presenza del Vescovo G.B. Peruzzo, durante l’Accademia annuale per l’apertura dell’anno scolastico, mentre il ‘maestro’ Don Calogero Costanza suonava al pianofor-te l’“Ave Maria” di Schubert; anche gli stessi incarichi alquanto faticosi, riuscivano gratifi canti perchè evidenziavano le mie ca-pacità e la fi ducia che il rigidissimo Rettore, Mons. Jacolino, mi mostrava: redigere e copiare registri e pagelle scolastiche (data la mia buona grafi a), pur raccomandandomi il massimo silenzio. Anche l’essere scelto a leggere (alta voce) durante i pasti di pran-zo e cena, nell’immenso refettorio capiente duecento commen-sali (che fatica), mi dava gioia.

Il vero talismano e fonte della gioia e serenità interiori, era costituito dalle celebrazioni liturgiche e dall’armonia del canto, ma ancora dalla sicurezza e fi ducia che avevo nei confronti dei miei compagni di classe e di camerata. Negli anni di liceo, era-vamo un gruppo molto unito e, direi, incandescente per l’emula-zione che c’era tra noi nell’interessarci allo studio e alla cultura in genere. Li ricordo tutti i compagni più cari: Aronica, Bonanno, Cascioferro, Cavaleri, Di Giovanna, Fiorica, Di Benedetto, Vin-ciguerra (riconoscibili nella foto). Gli innocenti scherzi, le sapide provocazioni e gli umoristici battibecchi (nei tempi consentiti dalla Regola) costituivano un vero alimento capace di stimolare la mente, la fantasia, il sentimento, saldandoci nella solida e vera amicizia che rende un intero gruppo un cuor solo e un’anima sola: ‘tutti per uno, uno per tutti’.”

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano Pirrera

40 anni di arcipreturaNella Chiesa Madre di S. Stefano

Quisquina, gremita di gente, sabato 25 ottobre mons. Antonino Massaro, ha celebrato i 40 anni dedicati al servizio della comunità parrocchiale e della cit-tadina di S. Stefano. Alla celebrazione eucaristica, animata dal coro parroc-chiale e presieduta dall’arcivescovo, mons. Montenegro, hanno partecipato diversi sacerdoti. Al termine della S. Messa il vice sindaco, a nome di tut-ta la cittadinanza, ed il presidente del Consiglio comunale, hanno espresso sentimenti di gratitudine per il prezioso lavoro svolto a favore della comunità, per la continua e concreta attenzione avuta in questi anni per aff rontare, in spirito di collaborazione, i problemi del paese. Il coordinatore del consiglio

pastorale parrocchiale, dott. Messina, con estrema sintesi ha saputo cogliere i tratti caratteristici della vita e dell’attivi-tà sacerdotale di mons. Massaro: «fede-le alla missione, sempre presente nella Chiesa, interamente assorbito dal suo ministero, propenso ad ascoltare tutti, sempre disponibile a ben consigliare, a ben sperare, a rinfrescare lo spirito”.

L’amore per il Signore e per la Chiesa, un grande zelo, il cammino pastorale fatto in sintonia con le indicazioni del-la Diocesi: sono stati questi gli elementi determinanti affi nchè una così lunga permanenza in una comunità non ca-desse nella monotonia e nell’appiatti-mento. Con entusiasmo e costante im-pegno ha costruito una comunità viva, corresponsabile e matura.

Incontri

Organizzati dal Centro Missionario dioce-sano e dai Laici Comboniani di Agrigento, si svolgeranno ogni ultimo venerdì del mese, a partire dal 31 ottobre, alle ore 21.00 presso la Chiesa San Giacomo ad Agrigento degli incontri dal tema “Con la Parola di Dio e con la sua traduzione nel-l’oggi”. Con questi incontri si vuole aprire uno spazio di raccoglimento e di preghie-ra e, nel contempo, di attuare un’analisi critica dei fatti accaduti e dei problemi sociali esistenti. Gli incontri previsti pren-deranno spunto dalla lettura di brani del Vangelo secondo Matteo. Il primo incontro si svolgerà venerdì 31 ottobre alla ore 21.00 ed avrà come argomento “Seguitemi, e seguirono il Maestro”.

Movimenti“Santità e Fraternità” è il tema che que-st’anno il Movimento Pro Sanctitate ha scelto per la Giornata della Santificazione Universale, che sarà celebrata mercoledì 5 novembre alle ore 18.30 presso la Chiesa San Diego di Canicattì. La veglia di preghiera della Giornata della santi-ficazione universale anticipa e da il via ad una serie di incontri di spiritualità, animazione liturgica e cammini formati-vi per tutti, che si terranno con cadenza quindicinale presso il Centro Operativo di Agrigento con sede a Campobello di Licata. Per informazioni: Movimento Pro Sancitate - Via Montalbo, 37 - 92023 Campobello di Licata email: [email protected] tel. 0922/877376.

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S. STEFANO QUISQUINA Festa per mons. Massaro

In occasione dell’anniversario dell’encicli-ca Humanae Vitae di Paolo VI, si è tenuto un convegno per tirare le somme a quarant’anni dalla sua pubblicazione. Il convegno è stato

aperto dalla lettura del messaggio di Bene-detto XVI, messaggio defi nito da qualcuno una “nuova Humanae Vitae”. Nel momento in cui l’enciclica fu pubblicata la maggior parte dei commentatori pensarono che si trattasse solo di una questione di morale coniugale, molto delicata per la vita di tan-ti sposi o di un problema di morale sociale, legato al controllo della natalità di fronte al fantasma della sovrappopolazione. Il per-corso pastorale e dottrinale del magistero in questi quarant’anni sviluppatosi sempre nel

confronto serrato con un ambiente cultu-rale che ha visto radicali trasformazioni del costume e della mentalità, ci ha dimostrato che non si trattava di una questione limita-ta solamente a questi aspetti. Il congresso è stato un’occasione straordinaria di speranza per continuare a rifl ettere e studiare, sotto-lineare come sia necessario aiutare le perso-ne a vivere le virtù, cioè mostrare individui capaci di amarsi con un amore maturo, per agganciare il proprio aratro a una stella.

Marina e Salvatore Piscopo

HUMANAE VITAE La diocesi presente al Congresso

Attualità e profezia di una enciclica

Se n’è andato verso la Casa del Padre, nel tardo pomeriggio di domenica

26 ottobre, sul sottofondo delle melodie mariane che i devoti della Madonna del Rosario cantavano, mentre la processione giungeva all’altezza della chiesa del Car-mine, di cui era Parroco da 44 anni. Don Giovanni Sciacchitano avrebbe compiuto 79 anni il 28 ottobre, due giorni dopo, pro-prio il giorno dei funerali, ed era Sacerdote dal 28 giugno 1952. Uno di quei Sacerdoti che segnano positivamente la storia di una comunità, anche se questa è già illustre per antichità di fondazione e importanza di av-venimenti vissuti. Con le nomine a tempo determinato, e breve per giunta, per le nuo-ve generazioni di presbiteri è ormai quasi impossibile incidere profondamente fi no a plasmare una grossa comunità di fedeli. Cosa che ha potuto fare P. Giovanni, in un ministero così prolungato, ma sempre viva-ce e al passo con i tempi: opera della grazia di Dio, mediata dalla sua virtù sacerdotale, assecondata dalla sua passione per il Van-gelo, dalle sue premure per il popolo da condurre a Cristo e da sostenere nelle sue battaglie civili e sociali.

I primi 12 anni di sacerdozio lo videro all’opera nella città di Favara, impegnato nell’insegnamento nel Seminario Minore – dove è stato tra i primi assistenti alla ria-pertura dopo le vicende belliche – e nella Parrocchia della Grazia, periferia della cit-tà, ora intensamente popolata. Poi fu uno Sciacchitano di nome, Parroco nella città di Sciacca, come gli disse il Vescovo Petralia, nominandolo nel 1964. E fu l’inizio di una bella epoca per la comunità del Carmine, grazie a questo prete illuminato, attento ai problemi della gente, aperto alle manifesta-zioni della cultura e dell’arte, della musica in particolare che coltivò personalmente e che favorì, tra l’altro anche con le belle ini-

ziative degli Amici della Musica.L’amore della sua maturità è stato il cam-

mino neocatecumenale, che ha amato, fatto e proposto con importanti risultati per cir-ca trentacinque anni. Vi si è dedicato anima e corpo, senza risparmiarsi. Quando non si facevano le catechesi nella sua Parrocchia, come ha testimoniato Salvatore Raso, molte volte la sera – dopo una giornata di intenso lavoro – si metteva in macchina per andare ad evangelizzare in altri paesi, anche fuori della provincia agrigentina, per tornare a notte fonda e riprendere il suo servizio in Parrocchia la mattina presto.

Nel contempo sono fi orite in Parrocchia numerose aggregazioni laicali: l’Azione Cattolica, la Conferenza S. Vincenzo de’ Paoli, il Volontariato Vincenziano, il Ter-z’Ordine Carmelitano, la Confraternita del Carmelo, il Gruppo Famiglia, il Gruppo di Preghiera P. Pio, il Movimento Giovanile Freedom, con una privilegiata attenzione alla catechesi e alla liturgia.

La concelebrazione eucaristica per le esequie ha dato la misura della stima e del-l’aff etto di cui godeva: presidente il nostro Arcivescovo Francesco Montenegro ac-compagnato dall’Arcivescovo Luigi Bom-marito, circa 70 concelebranti, le autorità civili, militari e politiche della città, una grande folla di fedeli dentro e fuori la chie-sa.

Toccanti e commosse le testimonianze off erte all’assemblea, a partire dalla sentita e ricca omelia dell’Arcivescovo Montenegro che, pur nella brevità della sua permanenza in diocesi, ha avuto modo di incontrare più volte P. Giovanni, positivamente meravi-gliandosi del suo amore alla vita e della sua volontà di donarsi fi no all’ultimo respiro, pur in presenza di un male che, giorno dopo giorno, lo andava progressivamente devastando, a vista d’occhio. Il coordina-

tore del Consiglio pastorale Francesco Friscia e il respon-sabile del cammino neocate-cumenale Salvatore Raso han-no rac-contato la loro grati-tudine per chi è stato ‘padre e madre’ del loro cammi-no di fede. Il Vicario Foraneo ha espresso la riconoscenza della comunità ecclesiale di Sciacca ed ha evidenziato le virtù cristiane e sacerdotali di P. Giovanni, con il quale viene meno un sicuro punto di riferimento e un prezioso pezzo di memoria della vita ecclesiale: un sacerdote generoso, zelante, discreto, umile, completamente a servizio della comunità (è stato per tre trienni Vi-cario Foraneo, ultimamente Vicario Epi-scopale zonale, Cappellano di Sua Santità, Canonico onorario del Capitolo Cattedrale, Arcidiacono della Collegiata della Chiesa Madre di Sciacca). Il Vice Sindaco Avv. Giuseppe Segreto ha espresso la gratitudi-ne di tutta la città, in particolare per l’azio-ne sociale svolta da P. Sciacchitano. L’Arci-vescovo Carmelo Ferraro si è reso presente con una lettera, letta all’assemblea. Anche il Vescovo Ignazio Zambito ha inviato una lettera ai familiari.

Dopo Sciacca, anche la città di S. Giovan-ni Gemini – nel cui cimitero sarà tumulata la salma – ha reso onore a questo suo fi glio, con una S. Messa in Chiesa Madre.

Alfonso Tortorici

«Sciacchitano» di nome e di fattoSCIACCA É ritornato alla casa del Padre Giovanni Sciacchitano

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Vita Ecclesiale 7L’Amico del Popolo2 Novembre 2008

a cura di Gino FaragoneCommemorazione dei fedeli defuntiLa morte arriva sempre alla fine, hai tempo per prepararti. Solo poco

«Il Signore

eliminerà la

morte per

sempre»

LA PAROLA

Il metodo dell’ascoltoMONTEVAGO La comunità si prepara a vivere l’anno dell’ascolto

La comunità ecclesiale di Montevago ancora una volta, dopo il Giovaninfe-sta, è in fermento per accogliere appie-no quello che è stato salutato come un evento di grazia. Tutto ha preso il via dall’incontro del Parroco don Giuseppe Morreale, con i due frati sacerdoti p. Sal-vatore Lo Curcio e p. Rosario Merlino presenti a Montevago. Ci si è subito resi conto di trovarsi di fronte all’opportuni-tà di vivere un momento di forte cresci-ta e maturazione ecclesiale, nel comune impegno di ascoltare quanto lo Spirito ha da dirci. Ci siamo sentiti coinvolti e ci siamo lasciati coinvolgere in quello che abbiamo percepito essere un evento dello Spirito Santo per la nostra Chiesa agrigentina e per la nostra comunità locale. Senza perdere tempo è stato riunito il Direttivo del Consiglio Pasto-

rale.In quella sede è stata consegnata la Lettera del Vescovo e sono state rilette e approfondite le indicazioni metodo-logiche per vivere l’anno dell’ascolto. Man mano andavamo avanti nel nostro approfondimento cresceva l’entusiasmo e ci siamo chiesti come fare per coinvol-gere ed impegnare tutti, come ascoltare coloro che solitamente non frequenta-no i nostri ambienti, come avvicinarli perché anche al loro pensiero venisse prestata attenzione e il loro prezioso contributo potesse aiutarci ad una let-tura dei segni dei tempi più integrale e reale. Si è pensato, così, di far pervenire a tutte le famiglie, attraverso la lettera parrocchiale, un invito a rispondere ad un questionario; mentre, per i cosidetti “vicini”, gruppi ecclesiali, associazioni, confraternite etc…, si è considerata l’op-

portunità di un questionario più mira-to. Abbiamo formulato una “bozza di questionario” che raccoglieva domande per le famiglie e per i gruppi ecclesiali; inoltre, per i catechisti, per il gruppo liturgico e per la S. Vincenzo (cateche-si-liturgia-carità). Questa “bozza di questionario” è stata, poi, presentata, discussa, rivista e modifi cata in una se-duta del Consiglio Pastorale, nella qua-le si è stabilito, anche, che le risposte, in busta chiusa, dovranno conservare l’anonimato e che dovranno pervenire entro e non oltre il 23 novembre c.a. A tal fi ne, saranno predisposti due punti di raccolta con delle urne (una in San-tuario e una in Parrocchia).Dopo il 23 novembre, una commissione composta da alcuni membri del Consiglio Pasto-rale, coadiuvata da fratelli professional-

mente com-petenti, dopo aver raccolto e assemblato tut-to il materiale, opererà una sintesi sotto for-ma di Relazione che, approvata dal Consiglio Pastorale, verrà distribuita a tutti una settimana prima dell’ Assemblea Par-rocchiale che si terrà Domenica 14 Dicembre. In quella sede ognuno avrà modo di esprimersi sulla Relazione e potrà richiedere di apportare qualche precisazione o modifi ca. Terminata l’Assemblea, la relazione fi nale sarà inviata alla Forania. E’ stato anche pre-visto un ritorno della suddetta relazio-

ne conclusiva alle famiglie, attraverso “Carta e Penna” il giornalino della Parrocchia curato dai giovani (uno dei frutti del Giovaninfesta!). Ma l’ascolto non fi nisce qui: in Quaresima saranno attivati dodici centri di ascolto in dodici diverse zone del paese. Nostro auspicio è quello che l’ascolto diventi lo stile della Parrocchia e della Comunità intera.

Il Consiglio Pastorale

SINODO La “Parola” e il “Messaggio al popolo di Dio”

Far brillare i valoriIl messaggio al popolo di Dio del Sinodo

dei vescovi – che porta il titolo “La Pa-rola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa” – propone un viaggio spirituale che si svolge in quattro tappe “che dall’eterno e dall’infi nito di Dio conduce fi no alle nostre case e lungo le strade delle nostre città”. Non ho esitazioni a defi nirlo un testo molto bello, ricco e compiuto. Nulla da togliere e nulla da aggiungere. È solo da leggere, meditare, e fi -nalmente mettere in pratica. Se mi permetto qualche annotazione è soltanto per fermare l’attenzione su alcuni aspetti che considero di grande importanza.

“La Parola di Dio – si legge nel testo – precede ed eccede la Bibbia, che pure è ispirata da Dio e contiene la parola divina effi cace... La nostra fede non ha al centro solo un libro, ma una storia di salvezza”. La Scrittura è parola scritta, e dunque fi ssata una volta per tutte, fedelmente trasmis-sibile, capace di ricordare a ogni generazione l’esperienza di Israele, l’insegnamento e la storia di Gesù, l’esperienza che di Lui ebbero i discepoli e le prime comunità cristiane. Per questo la Scrittura è un punto di riferimento irrinunciabile, in ogni tempo. Tuttavia la funzione della parola scritta è di essere utilizzata come strumento per ricreare e sviluppare di nuovo quella vita che in essa si è come sedimentata. Lo scritto ha valore unica-mente se non imprigiona, se accetta il suo umile (e importante) ruolo di “inviare oltre”. È un pas-saggio, non un punto di arrivo. Ciò che importa non è (semplicemente) la Scrittura da capire, ma attraverso la Scrittura capire chi è Dio e qual è la sua presenza nel mondo.

Mi si permetta una seconda sottolineatura, strettamente collegata alla precedente. Si legge sempre nel Messaggio che “ogni lettore, anche il più semplice, deve avere una proporzionata conoscenza del testo sacro ricordando che la Pa-rola è rivestita di parole concrete a cui si piega e adatta per essere udibile e comprensibile all’uma-nità”. Il testo biblico deve essere dunque studiato, decifrato e compreso. Tuttavia è chiaro che per comprendere la Scrittura non basta un itinerario scientifi co, storico e letterario. Occorrono anche regole che chiamerei teologiche e morali. Devo – ad esempio – tener conto dell’unità della Bibbia, della centralità di Gesù Cristo, del suo stretto e inscindibile legame con l’esperienza della Chiesa. Questa è la regola teologica. Ma ci sono anche at-teggiamenti morali: il primo è che bisogna essere disponibili alla conversione.

La Parola di Dio mette in questione (è il suo compito) e solo chi ha il cuore libero e disponibile

fi nisce col comprenderla. Non ci si accosta la Pa-rola per trovare conferma alle nostre posizioni o peggio per trovare argomento contro quelle degli altri. Si va alla Parola anzitutto per discutere noi stessi. E ancora: alla Parola di Dio si deve porre la domanda giusta, cioè la domanda su Dio, sul-l’uomo, sul senso ultimo delle cose. Domande che bisogna dunque possedere, sentire come impor-tanti e prioritarie. Un uomo distratto, superfi ciale, sordo alla domanda profonda sull’esistenza, non è adatto alla lettura della Parola.

Un altro atteggiamento è ancora, se possibile, più impegnativo. È all’interno di una prassi cor-retta (cioè di una prassi in sintonia col Vangelo) che la Parola svela sempre più il suo senso e le sue risonanze anche nuove: “Chi fa la verità viene alla luce” (Gv 3,21). E in eff etti leggere la Bibbia non signifi ca accostare un testo, né una dottrina, ma un’esperienza. Ed è all’interno di una continuità dell’esperienza che il testo biblico si lascia com-prendere.

Mi si permetta anche di sottolineare le poche parole, ma dense e signifi cative, che il Messaggio dedica all’omelia, che ancora oggi per molti cri-stiani è il momento capitale dell’incontro con la Parola. “In questo atto – si legge nel Messaggio – il ministro dovrebbe trasformarsi in profeta”. Il suo linguaggio deve essere “nitido, incisivo e sostanzioso” e deve aprirsi all’attualizzazione. In-sisto: non dunque considerare l’omelia come uno dei tanti doveri pastorali, ma come uno dei princi-pali, a cui dedicare – costi quello che costi – tem-

po, studio e meditazione.Da non sottovalutare anche le poche osserva-

zioni dedicate alla “Lectio divina”. Secondo i padri sinodali, essa è tutta racchiusa in tre domande. La prima: che cosa dice il testo biblico in sé? La se-conda: che cosa dice il testo biblico a noi? La terza: cosa diciamo noi al Signore in risposta alla sua Pa-rola? Tre domande essenziali per un itinerario che non vale solo per la “Lectio divina”, ma per qual-siasi lettura signifi cativa delle Scritture.

Infi ne – e qui la mia insistenza si fa ancora più pressante – si leggano con attenzione le ultime pagine del messaggio. Per esempio dove si procla-ma, quasi a modo di titolo, che la Parola “che esce dalla sua casa, il tempio, si avvia lungo le strade del mondo per incontrare il grande pellegrinaggio che i popoli della terra hanno intrapreso alla ricer-ca della verità”. Mi sembra una frase importante. La Scrittura non separa da questo pellegrinaggio, ma vi fa entrare, come un lievito che la fermenta, come una luce che lo rischiara.

Occorre, come dice sempre il documento, far penetrare la Parola di Dio nella molteplicità delle culture ed esprimerla secondo i loro linguaggi, le loro concezioni, i loro simboli, le loro tradizioni religiose. È così che si fanno brillare i valori che la Parola di Dio off re alle culture, così che ne siano purifi cate e fecondate. In conclusione, la Parola di Dio non allontana dal mondo, non separa, ma apre al dialogo e alla comprensione. Un compito irrinunciabile.

Bruno Maggioni

La liturgia di oggi si apre con il grido lacerante di Giob-be ( Gb 19,1.23-27 ). Egli è ri-masto ormai solo a difendere la sua irreprensibilità. Neppu-re gli amici, che sono accorsi per esprimergli la loro parte-cipazione al dolore per le sfor-tune piombate nella sua casa, credono alla sua integrità e alla sua innocenza. Ma quello che gli pesa di più è il silenzio di Dio, che gli fa sentire la vita ormai un’assurdità. Giobbe esprime qui in modo sorpren-dente la sua fede, che è anche l’ultimo suo appello, perché risulti più chiaramente la sua innocenza.

«Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fi ssassero su un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre si incidessero sulla

roccia!». Giobbe fa fatica a ca-pire come mai davanti a tante disgrazie, ci si possa schierare con Dio piuttosto che pren-dere le difese del perseguitato. La sua sete di giustizia si tra-sforma in sete di perpetuità. Lancia un appello alle future generazioni, perché siano esse a proclamare solennemente la sua innocenza. Le parole non bastano più, non serve neppu-re un’iscrizione funeraria che ricordi la sua vicenda, serve molto di più, un’iscrizione lapidaria, con piombo colato nella roccia, garanzia di vera immortalità, che non lo faccia apparire come un peccatore, così come immaginato dagli amici, falsi e inutili teologi. In questo desiderio di Giobbe, possiamo cogliere l’anelito di ogni uomo, che non vuole morire, che non si rassegna

scomparire nel nulla.

«Io so che il mio redentore è vivo e che ultimo si ergerà sulla polvere...Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro»”. Non è un sem-plice nome quello che Giobbe vuole trasmettere ai posteri, ma la sua fede, la certezza che la morte non spezzerà la sua comunione con Dio. Anzi continuerà a vederlo.

Giobbe aff erma con forza che il suo Dio, il Go’el, pri-ma ancora della sua mor-te si ergerà per difenderlo. Aveva già invocato la terra perché non coprisse il suo sangue lasciandolo gridare, ora invoca il vendicatore del suo sangue nella certezza che è vivo e dunque può entrare in azione per esaudire la sua richiesta.

In questo testo non si trova la dottrina sulla risurrezione dei morti, ma alla luce della ri-velazione successiva compren-diamo che Colui che è la vita, ultimo, si alzerà sulla caducità dei mortali. Gesù nel vangelo ( Gv 6,37-40 ) presenta il Padre come la sorgente ultima della nostra speranza: «Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo gior-no». E’ volontà del Padre che tutti gli uomini abbiano la sua stessa vita e per questo vivano l’esperienza della risurrezione fi nale per essere sempre in co-munione con lui. Tutti gli uo-mini sono affi dati a Gesù ed egli non respinge tutti coloro che gli sono dati dal Padre. Il Dio che ci ha creati è lo stesso Dio che ci redime e non ci ab-

bandona mai.

Il giorno della nostra morte, l’ultimo giorno della nostra vita, segna anche la certezza di un incontro, quello con il Pastore che non ha nessuna voglia di perdere nessuna del-le sue pecore, l’incontro con il Dio della vita, l’inizio della vita vera. Accogliendo Colui che viene nel nome del Padre, per strappare gli uomini dal pote-re delle tenebre e della morte, ci giunge un’esistenza nuova, che arriverà pienamente con la risurrezione dei corpi.

Beati noi, se sapremo rico-noscerlo nei fratelli più picco-li, nei poveri, nei forestieri, coi quali si identifi ca. La morte non potrà spaventarci, se ci sostiene la certezza di essere fi gli di Dio, destinati alla gloria eterna.

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8 L’Amico del Popolo2 Novembre 2008Attualità

diario multimedi@le«Pani e cuntintizza»

Caro diario,oggi è una giornata di quelle storte (sono sempre di più),

ed il buongiorno si vede dal mattino: i cento euro che mol-lo a Manuela per la spesa (dovremmo pur mangiare, ogni tanto), in pieno “top” di crisi economica da terza settimana mi sembrano cento milioni, e li saluto con un funebre “ad-dio”; Federica esce per andare a scuola ed ha le lacrime agli occhi, poiché dal primo giorno la stressano per gli esami di terza media, tramutati in un incubo (non scherzo), come se a giugno dovessero andare al Giudizio Universale (sono bambini di 12 anni, cavolo: ma perché vi divertite a terro-rizzarli così? Quale straccio di pedagogia e di umanità ve lo impone?

E poi non lamentatevi se hanno il rigetto dello studio, se vi temono invece di rispettarvi e di amarvi, se odiano la scuola, se sbandano, se scendono in piazza perché non hanno altro modo per rimettervi in riga); io ho l’infl uenza al galoppo e una dura giornata di lavoro che, come al solito, è già in agguato ed anche oggi, ci puoi giurare, mi manderà in “tilt” cervello e stomaco.

Ma non ho alternative: alzo le mani, sventolo bandiera bianca ed esco di casa anch’io. Caff è, giornali, sigari: dieci minuti di quiete (ma non è sicura) prima della tempesta (questa sì è sicura). Ho bisogno di fermarmi, per fare ordine nei miei pensieri. Mi siedo dinanzi alle vetrine dell’Ovies-se, proprio lì dove si mettono gli immigrati. Potessi esporre tutti i miei problemi lì sopra quella lunga striscia di mar-mo, ancora sgombra dalle loro mercanzie, non pretenderei neanche un centesimo: prendeteveli in blocco, off re la Dit-ta.

Ma dubito di trovare clienti: neanche un fesso di quelli giusti abboccherebbe all’amo. Comunque. Mi siedo, accen-do il sigaro, apro il giornale e lo chiudo subito: cerco distra-zioni e mi sbatte dinanzi agli occhi altri problemi, di soldi, di crisi, di guerre, di latrocini, di violenze, più le solite futi-lità ignobili o demenziali, grazie lo stesso, ciao ciao. Resto a fumare guardando non so dove, agitato da mille inquietudi-ni, e mi viene pure la solita paranoia da ipocondria.

Che bella giornata, ragazzi. Giuro che se passa qualcu-no e mi rompe, fi nisce male: ma almeno così mi sfogo ed amen. S’alza una voce alle mie spalle. “Buongiorno, Pro-fessore”. Eccolo qua, ora “facemu ‘a iurnàta”. Ma non è un rompi, anzi. É Gino Pecorilla, un amico carissimo. Lo co-nosciamo tutti, qui ad Agrigento. Gran galantuomo e gen-tiluomo, uno che, malgrado vada per la settantina (o l’ha passata: non ricordo), sembra un ragazzo. Aff abile, “look” sportivo, è più giovane di me che ho solo (solo?) 52 anni. Mi sorride, come sempre. Carattere splendido, persona d’oro, gli vogliamo bene tutti. «Chi si dici?». Mi sgonfi o: «Cum-mattèmu, Gi’, come al solito» (già, come al solito, ma perché nella vita si deve combattere sempre?). «Coraggio, diamo-ci forza, la vita è bella». Già, è bella: peccato che non ce ne accorgiamo quasi mai, cantava quella straordinaria “star” di Shirley Bassey. Gino va di fretta ma si siede, ha capito come sto. Ci ritroviamo a parlare: ma, improvvisamente, di cose belle. Delle soddisfazioni che danno i fi gli.

Della serenità che non è impossibile da trovare, malgrado tutto. Poi si alza, il lavoro chiama anche lui, che non andrà mai in pensione, grazie ad una forza interiore che io, fi gu-rarsi, mi sogno.

Prima di salutarmi, s’illumina. «Sai, quando ero ragazzo, la sera andavo in cucina e trovavo mio padre, grande lavo-ratore, seduto a sbocconcellare qualcosa, distrutto di stan-chezza ma sereno.

E quando gli chiedevo cosa stesse mangiando, inevitabil-mente mi rispondeva: ‘Pani e cuntintizza’…». Mi abbraccia, mi saluta, se ne va, lasciandomi un prezioso dono di sag-gezza e, fi nalmente, un sorriso sulle labbra. Attenderò con ansia stasera, caro diario, per iniziare anch’io a mangiare “pani e cuntintizza”, malgrado tutto, per vivere meglio il “mestiere di vivere”.

Nuccio MulaNella settima di andata del campionato di calcio di Eccellenza è sempre L’Agroe-ricino, squadra della cittadina di Custo-naci in provincia di Trapani, a guidare la classifi ca per il salto di categoria. In chiaro oscuro il comportamento delle agrigenti-ne, dove il solo Licata sembra abbia aver intrapreso la strada giusta per arrivare in alto. Drammatica la situazione dell’Akra-gas che, dopo sette gare giocate, è costretta ad incamerare la quinta sconfi tta rimanere fanalino di coda, con soli due punti all’at-tivo. Il presidente Gioacchino Sferrazza le sta tentando tutte per cercare di venir fuori da questa pericolosa situazione, ma occorre portare ad Agrigento dei giocatori ed un allenatore che sappiano far invertire la rotta ad una squadra alla deriva. Vittorie importanti per Gattopardo e Kamarat che si aggiudicano le gare interne con Ribera e Bagheria. Le due agrigentine con questi successi sia attestano nella parte centrale della classica entrambe a 10 punti.

Nel Campionato di Promozione il Cani-cattì, opposto alla capolista Alcamo perde l’occasione buona per avvicinarsi alla vetta. La squadra dell’uva Italia, infatti si lascia imbrigliare dagli ospiti, che portano a casa un pari prezioso. Il Raff adali, che non na-

sconde ambizioni di primato, gioca bene sul campo del Castellammare, ma man-ca un rigore nella parte fi nale della gara e conquista così un solo punto. Troppo poco per chi punta in alto in un campionato con

la regola dei tre punti. Sciacca a valanga sul Campobello di Licata(5 1), equo pareggio tra Racalmuto e Cianciana; disco rosso per il Pro Favara sul campo di Marsala.

Salvatore Sciascia

Panorama Calcistico

RISULTATI E CLASSIFICA CALCIO DILETTANTISTICO

ECCELLENZA GIR. A ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

Agroericino - Marsala 3-1Campobello - Carini 0-0Licata - Favara 2-0Gattopardo - Ribera 2-1Kamarat - Bagheria 2-1Mazzara - Akragas 3-1Parmonval - Folgore 0-0Villabate - Morreale 2-0

P P

Agroericini 17 Atl. Alcamo 16Mazara 1946 16 Sc Marsala 16Licata 14 Sancataldese 16Campobello 12 Valderice 15S. Villabate 12 Raffadali 13Marsala A.S.D. 10 Castellammare 13Ribera 10 Fulgatore 12Kamarat 10 Canicattì 11

PROMOZIONE GIR. ACanicattì - Alcamo 0-0Castellellammare - Raffadali 0-0Fulgatore - Petrosino 2-0Racalmuto - Cianciana 1-1Sancataldese - Buseto 4-0Marsala - Favara 3-0Sciacca - Campobello 5-1Valderice - Favignana 1-0

Gattopardo 10 Campobello 10Parmonval 8 Sciacca 9C. Bagheria 8 Cianciana 6Forgore S. 8 M.Favignana 6Favara 6 Racalmuto 5Carini 6 Pro Favara 4A. Monreale 4 Petrosino Marsala 3Akragas 2 Buseto 2

SCUOLA Intervista con Luciano Corradini, presidente dell’Associazione italiana docenti universitari

Il timore diffusoQuesta settimana, abbastanza calda per il mondo della scuola , abbiamo incontrato Lu-ciano Corradini, pedagogista, presidente del-l’Associazione italiana docenti universitari, e con lui abbiamo parlato delle modalità e delle motivazioni della protesta studentesca.

Per la prima volta, protestano insieme studenti, docenti e, in qualche caso, anche genitori...

In eff etti questa è una novità della protesta in corso nelle scuole e nel-le università. A fare da piccolissimo detonatore è stato il fatto che il ddl ha recato tra le sue evi-denze il voto in condot-ta, in realtà in qualche modo già presente nel-l’ambito dello Statuto delle studentesse e degli studenti di 10 anni fa, e poi rinnovato con ina-

sprimenti di carattere disciplinare nel 2007, che prevedono la possibilità di sospendere i ragazzi per più di 15 giorni e poi di far per-dere loro l’anno. Uno degli aspetti che può aver insospettito gli studenti è che si tratti di una manovra repressiva, e in questi casi ten-de a scattare la solidarietà. L’aria però era già abbastanza carica: avendo un futuro molto incerto, quando si rischiano di perdere alcu-ni «benefi ci» del presente gli studenti vedo-no minacciato il loro «status» di sicurezza. Il timore più diff uso è che ci siano pochi soldi, e che gli adulti – con l’idea dell’ autonomia che ormai circola da diversi anni – vogliano in realtà privatizzare la scuola. La possibili-tà, inoltre, per le università di trasformarsi in fondazioni, per ricevere quattrini anche dal mercato, ingenera nella popolazione il timore che lo Stato abbandoni le istituzioni pubbliche per valorizzare il privato, lascian-do di fatto gli studenti al loro destino.

È d’accordo con chi aff erma che, se nel 1968 i giovani protestavano contro un’eredità del passato, considerata nega-tiva, oggi protestano contro chi “ruba” loro il futuro?Certamente i giovani di oggi sono stati in gran parte depredati del futuro, perché le nostre generazioni hanno speso anche quello che non avevano: basti pensare al problema del debito pubblico. Di fronte alle

pensioni a ri-schio, al «posto fi sso» diventato un sogno, alla diffi coltà di far-si una famiglia o di godere di una certa tranquillità almeno nel presente le nuove generazioni s’inquieta-no. È anche vero che da noi, anche tra gli in-segnanti, esiste una certa cultura che si culla nell’esistente, piuttosto che tentare le strade di un’innovazione rischiosa: quello che, tut-tavia, colgono soprattutto gli studenti è il se-gnale che, se si attacca l’istituzione educativa pubblica, devono cominciare a temere anche loro, perché si minaccia il loro «status». Per-de rilevanza la scuola pubblica, e così l’unica alternativa sono le scuole all’estero o quelle private.

Il presidente Napolitano ha rivolto un ap-pello alla responsabilità: ci sono ancora, secondo lei, i margini per un “dibattito pubblico” sulla scuola?Il vero punto è che tra la cultura di sinistra più responsabile e quella di destra più illu-minata fi nora non c’è stato un vero incontro: l’abitudine prevalente è ormai soltanto quel-la a delegittimare la parte avversa. Manca, in altre parole, l’autorevolezza suffi ciente di una famiglia – per usare una metafora – che si metta d’accordo sulle priorità, nel fare sacrifi ci, in modo da ristabilire un clima di fi ducia. In altre parole, dovremmo avere maggiore forza politica, il che implica an-che idee suffi cientemente chiare sul da farsi, consapevolezza di rischi e sacrifi ci ma nello

stesso tempo impegno ad andare avanti con coraggio, cercando intese con gli altri. Lo scenario che sembra profi larsi è invece quel-lo di una battaglia politica per portare a ter-mine un’operazione: c’è una sconnessione, insomma, tra il momento politico decisiona-le e le problematiche concrete su cui occorre trovare una soluzione. Governare non vuol dire farsi la propria scuola: sicuramente la riforma della scuola va portata avanti, ma in casi come questi esiste uno «stile» che diven-ta sostanza.

Da dove ripartire?Ad esempio, da una sorta di «alfabetizzazio-ne civile». L’occasione da cogliere potrebbe essere quella dell’introduzione – nelle scuole di ogni ordine e grado – della nuova materia «cittadinanza e Costituzione». È una spe-rimentazione che interessa tutti gli istituti, dalla materna alle superiori, ed è prevista una mobilitazione di tutti gli Uffi ci scolastici, anche attraverso corsi a distanza d’intesa con i costituzionalisti. L’obiettivo è capire come si fa nella scuola a studiare la Costituzione nella prospettiva delle competenze da off ri-re ai ragazzi, sia a livello di conoscenze, sia a livello di atteggiamenti e di motivazioni. La Costituzione non serve solo per dire no al bullismo: è un «tesoro di famiglia» non an-cora abbastanza utilizzato.