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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA TESI DI LAUREA L’ANALISI DELLA POSTMODERNITA NELL’OPERA DI ZYGMUNT BAUMAN Relatore: Ch.mo Prof. Italo Sciuto Laureando:

L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

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Page 1: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI VERONA

FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA

TESI DI LAUREA

L’ANALISI DELLA POSTMODERNITA

NELL’OPERA DI ZYGMUNT BAUMAN

Relatore:

Ch.mo Prof. Italo Sciuto

Laureando:

Damiano Formaggio

Matr. N. FI001499

Anno Accademico

Page 2: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

2004 - 2005

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Ai miei genitori

Ringraziamenti

Desidero ringraziare innanzitutto il Professor Italo Sciuto, per avermi introdotto alla

conoscenza dell’opera di Zygmunt Bauman e per la costante disponibilità e

sollecitudine con cui ha guidato il mio lavoro. Ringrazio poi i miei genitori, per l’aiuto

ed i consigli che mi hanno fornito durante il periodo universitario, i famigliari, tutti gli

amici e quanti mi sono stati vicino.

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Page 5: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

INDICE

INTRODUZIONE.............................................................................................................1

CAPITOLO 1LA MODERNITÀ LIQUIDA, OVVERO LA POSTMODERNITÀNELL’ANALISI DI ZYGMUNT BAUMAN.................................................................11

CAPITOLO 2L’INDIVIDUALIZZAZIONE, L’IDENTITÁ E LE NUOVE FORMEDI RELAZIONI...............................................................................................................15

CAPITOLO 3IL CONSUMO................................................................................................................25

CAPITOLO 4L’ETICA E LA MORALE POSTMODERNE...............................................................31

CAPITOLO 5LA FIGURA DEL PELLEGRINO NELLA MODERNITÀ E I SUOI SUCCESSORI NELLA POSTMODERNITÀ: IL FLANEUR, IL VAGABONDO, IL TURISTA ED IL GIOCATORE................................................35

CAPITOLO 6LO STRANIERO............................................................................................................41

CAPITOLO 7IL RUOLO DELLA POLITICA NELLA POSTMODERNITÁ....................................47

CAPITOLO 8 LE DIVERSE FORME DELL’INCERTEZZA POSTMODERNA..............................55

CAPITOLO 9LA RELIGIONE NELLA POSTMODERNITÀ E LA DECOSTRUZIONE POSTMODERNA DELL’IMMORTALITÀ..................................................................65

CAPITOLO 10LE CITTÀ POSTMODERNE.........................................................................................81

CAPITOLO 11IL CORPO E LA BELLEZZA NELLA POSTMODERNITÀ.......................................95

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CAPITOLO 12IL RUOLO DELL’ARTE NELLA POSTMODERNITÀ.............................................109

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CAPITOLO 13LA PEDAGOGIA E L’ISTRUZIONE POSTMODERNE...........................................121

CONCLUSIONE...........................................................................................................127

BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................133

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INTRODUZIONE

Ho scelto di analizzare la tematica della postmodernità all’interno delle opere di

Zygmunt Bauman per diversi motivi. Innanzitutto, per un mio interesse nei confronti

delle problematiche sociali. Inoltre, già dalle prime occasioni in cui ho studiato tale

autore, ho ritenuto interessanti le questioni analizzate e ne ho riscontrate molte nella

realtà attuale. Per questi motivi, ritengo che le opere di Bauman siano utili per una

comprensione di tale realtà, dal momento che forniscono una efficace e dettagliata

analisi della postmodernità.

Dopo una lettura dei libri e di alcuni articoli dell’autore, e di libri riguardanti la

posizione dei suoi interpreti principali, ho privilegiato per la mia ricerca l’ultima parte

della produzione di Bauman, quella che si inserisce tra l’ultima parte degli anni ’80 del

XX secolo e i primi anni del XXI secolo, dal momento che risulta più attinente alla

tematica postmoderna. Così, ho cercato di determinare quali fossero le categorie

interpretative e le tematiche principali esposte da Bauman che potessero esprimere

questo periodo storico e di individuarle all’interno delle opere, in modo da confrontare

le differenti posizioni oppure le affinità emergenti.

E’ risultata, quindi, una serie di problemi che riguardano molti aspetti della

postmodernità. Innanzitutto, è rilevante il mutamento della concezione dell’identità

all’interno della postmodernità la quale, da condizione definitiva e raggiunta dopo una

serie di scelte, diviene mutevole e pronta ad essere dismessa quando si profilino delle

opportunità migliori, fornite pure dal mercato dei consumi. Anche le relazioni

interpersonali mutano, diventando passibili di interruzione e scioglimento con facilità.

Un aspetto della società che influenza l’intero mondo postmoderno è quello del

consumo, e ciò è testimoniato dal fatto che il passaggio dalla modernità alla

postmodernità è stato interpretato, tra le altre spiegazioni, come il passaggio da una

società di produttori ad una società di consumatori. Ecco, così, che i consumatori

postmoderni vengono in varie opere definiti da Bauman come “collezionisti di

esperienze”.

Ho ritenuto utile, poi, analizzare alcune figure proposte da Bauman, ovverosia il

pellegrino per quanto riguarda la modernità, ed il flaneur, il vagabondo, il turista ed il

giocatore per quanto riguarda la postmodernità. Trattando le figure riguardanti la

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postmodernità, sopratutto, sono emerse le conseguenze di alcuni comportamenti sugli

atteggiamenti morali e politici degli individui, conseguenze che si concretizzano in una

assenza di responsabilità nei confronti dell’Altro.

Un altro degli atteggiamenti più rilevanti per la comprensione della

postmodernità è quello che viene attuato nei confronti dello straniero. Tale

atteggiamento è profondamente ambivalente dal momento che, essendo la

postmodernità un’epoca in cui le differenze sono considerate positivamente e come

portatrici di arricchimento culturale, lo straniero è sia desiderato per le innovazioni che

può fornire, sia temuto ed isolato per i possibili pericoli di cui è portatore per la

sicurezza individuale. In quest’ultimo caso, come afferma Bauman, lo straniero è “ante

portas”, ossia isolato nei nuovi ghetti che caratterizzano le città postmoderne. Esso,

proprio per questa ambivalenza, diviene così un “Giano bifronte”.

Da tale analisi risulta anche la descrizione delle città postmoderne, caratterizzate

da una ricerca indomita di un senso di comunità, e da una sorveglianza con ogni mezzo

per la protezione personale. Le città postmoderne sono, inoltre, caratterizzate da svariati

luoghi pubblici ma non civili, nei quali l’interazione tra le persone diviene irrilevante. A

parere di Bauman, la ricerca della comunità tradizionale è destinata a rimanere senza un

esito, poiché le città postmoderne possono essere solo dei surrogati di tale comunità.

Un’altra caratteristica riguardante gli individui postmoderni è il loro distacco

dalla politica, considerato spesso in maniera negativa. Tale distacco è spiegato da

Bauman con il fatto che, mentre il potere è sempre più globale ed extraterritoriale, la

politica rimane ancorata a livello locale e spesso non riesce a risolvere le problematiche

riguardanti il nuovo mondo postmoderno. Emerge, così, un questione aperta proposta da

Bauman, ovverosia una riprogettazione ed un ripopolamento dell’agorà, cioè di quegli

spazi pubblici/privati in cui si possano prendere decisioni influenti sulla collettività. Ciò

potrebbe consistere anche in un’elevazione delle forze politiche a livello globale.

Nella società postmoderna è onnipresente l’incertezza causata da vari aspetti, tra

cui le condizioni precarie di vita e di lavoro e le nuove pragmatiche delle relazioni

interpersonali. Tale incertezza si riflette anche nelle concezione del corpo,

contemporaneamente recettore di sensazioni e da tenere sotto controllo contro possibili

minacce. Dalla problematica del corpo emerge un’altra questione aperta, ossia le nuove

frontiere dell’ingegneria genetica e le loro conseguenze nel futuro.

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La postmodernità, inoltre, comporta un diverso atteggiamento verso il sacro e la

trascendenza. Infatti, l’immortalità viene decostruita attraverso una serie di esperienze a

cui tutti possono accedere, come la notorietà momentanea, l’appartenenza a comunità

transitorie che possano fornire sicurezza o gli eventi artistici non duraturi. Tale fatto

porta con sé un’altra questione aperta, dal momento che questa è la prima epoca a

privilegiare l’effimero piuttosto che il duraturo, e le conseguenze di tale processo si

potranno verificare solo in futuro.

Ho analizzato le posizioni di alcuni tra i principali interpreti di Zygmunt

Bauman, ovverosia quella di Keith Tester all’interno della introduzione dell’opera di

Bauman Società, etica, politica. Conversazioni con Zygmunt Bauman, quella di Peter

Beilharz all’interno della sua opera Zygmunt Bauman. Dialectic of Modernity, e quella

di Dennis Smith all’interno della sua opera Zygmunt Bauman. Prophet of

Postmodernity. Queste tre posizioni sono importanti per diversi motivi.

Tester e Beilharz sono accomunati dal fatto che pongono la produzione di

Zygmunt Bauman in contrasto con i grandi sistemi, il primo affermando che Bauman

considera la sociologia come riguardante l’esperienza umana nella sua interezza, il

secondo sostenendo che l’opera di Bauman è differente dai sistemi di Jurgen Habermas

o di Michel Foucault. Inoltre, sia Tester che Beilharz concordano nel ritenere importante

il richiamo di Bauman all’incertezza ed all’ambivalenza presenti all’interno della vita

sociale.

Per quanto riguarda le influenze di diversi autori su Bauman, Tester rileva quelle

di Gramsci e Simmel, mentre secondo Beilharz Bauman è rappresentante della teoria

critica ed erede della Scuola di Francoforte. La posizione di Beilharz è poi importante

perché sottolinea il distacco operato da Bauman nei confronti di Martin Heidegger e, per

contro, la sua vicinanza sia ad allievi del filosofo tedesco, come Hannah Arendt ed

Emmanuel Levinas, sia ad un altro importante autore come Max Weber. La posizione di

Smith è, invece, completamente diversa da quelle considerate, dal momento che Smith

ritiene importante per la produzione di Bauman la sua biografia, e la mette direttamente

in connessione con l’assimilazione da parte di Bauman dell’esperienza postmoderna.

Analizzando in dettaglio tali posizioni, si nota che Keith Tester all’interno della

introduzione dell’opera di Bauman Società, etica, politica. Conversazioni con Zygmunt

Bauman, tratta prima della vita dell’autore, poi delle sue opere ed infine delle

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motivazioni che lo spingono a trattare la postmodernità. Innanzitutto, Tester compie un

riferimento alla posizione di Dennis Smith, con la quale più avanti si porrà in contrasto,

e lo fa citando la biografia di Bauman pubblicata dallo stesso Smith, nella quale

quest’ultimo, dopo avere affermato che Bauman è uno dei più interessanti ed influenti

commentatori della nostra condizione umana, sostiene che i libri ed i saggi di Bauman

sono significativi per comprendere la natura del mondo in cui viviamo perché egli ha

vissuto tutte le caratteristiche principali del presente.

Tester espone, quindi, un breve riassunto della vita di Bauman. Egli nacque nel

1925 in una famiglia polacca priva di mezzi, con la quale fuggì in Unione Sovietica nel

1939, al momento dell’invasione nazista della Polonia. Dopo essersi arruolato

nell’esercito polacco ed avere combattuto sul fronte russo, intraprese la carriera

accademica nei primi anni Cinquanta e insegnò presso l’Università di Varsavia fino al

1968, quando le autorità comuniste, durante una campagna antisemita, lo esiliarono. Nel

1971 divenne docente di Sociologia all’Università di Leeds, dove rimase fino al

pensionamento, avvenuto nel 1990.

Tester passa poi a trattare le opere di Bauman. A suo parere, si potrebbe

affermare che, ad esempio, le figure del vagabondo e del turista, presenti nei libri di

Bauman sulla postmodernità, potrebbero riflettere le sue esperienze di esilio forzato.

Oppure, si potrebbe ricondurre il suo impegno nel nome di una morale solida ed

indipendente dalle volontà personali al desiderio di trovare nuove forme di radicamento

in un mondo dominato dalla vita organizzata per le esperienze del turista. Tuttavia,

Tester si pone in una posizione polemica rispetto a tutto ciò, e sostiene che ricondurre

gli interessi di Bauman a questioni biografiche, come fa Smith, comporta alcuni

problemi.

Innanzitutto, sostenendo che la produzione di Bauman è semplicemente una

conseguenza delle sue esperienze personali, bisognerebbe affermare la stessa cosa per

chiunque altro. In secondo luogo, non si comprende quello che questo sociologo

propone. Tester compie, a proposito di ciò, un’importante citazione di Peter Beilharz,

secondo la quale Bauman non è propenso a raccontare la storia della sua vita. Questo

atteggiamento si fonda sulle motivazioni morali e sociologiche descritte da Richard

Sennet all’interno di Il declino dell’uomo pubblico. In tale opera Sennet sostiene che la

cultura contemporanea ha eroso la vita pubblica ad un punto tale che il confine tra

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privato e pubblico non esiste più. Prova di ciò sono, ad esempio, i talk show televisivi o

le biografie create apposta per il mercato. Secondo Sennet, tale tipo di cultura segna la

fine della vita pubblica, e tutto ciò è presenti anche nella trattazione di Bauman riguardo

alla postmodernità. Il rifiuto di Bauman di parlare della sua biografia è, quindi, il rifiuto

di prendere parte a tale meccanismo culturale. Afferma Tester: <<Bauman rifugge la

dimensione autobiografica in modo che sia invece possibile sostenere e praticare la vita

pubblica, l’unico tipo di vita che possa costituire il fondamento di una politica

rispettosa e dai saldi principi>>1.

E’ dunque evidente, secondo Tester, che la pratica sociale richiede di non

fondarsi sulla biografia e di considerare qualcosa di più importante sul piano pubblico.

Tale argomentazione è anche connessa agli argomenti morali che ricorrono nelle opere

di Bauman sulla postmodernità, secondo i quali il punto è vivere per l’altro. Un’altra

rilevante affermazione di Tester è quella secondo la quale Bauman è un individuo

privato che esorta a partecipare alla vita pubblica.

Egli passa poi ad affrontare la produzione di Bauman. A parere di Tester,

Bauman sintetizza quello che accade e quello che è importante riguardo la

contemporaneità e lo offre al pubblico dibattito. Qui si trova anche il punto più

importante per quanto riguarda l’analisi di Tester, ovverosia l’affermazione per cui lo

stesso Bauman non è un costruttore di sistemi. Bauman, infatti, ritiene che la sociologia

catturi ed abbracci l’esperienza umana nella sua interezza; l’esperienza umana non tiene

in considerazione i confini tra la sfera sociale, politica o economica, e la stessa cosa fa

la sociologia. Egli sostiene, così, che i confini interdisciplinari debbano essere ignorati a

vantaggio di una conoscenza più completa e pertinente del mondo sociale.

Questa posizione di Tester riguardo alla produzione di Bauman è espressa

chiaramente nell’affermazione per cui quella di Bauman è una sociologia all’insegna

dell’eclettismo e dell’universalità. Tester mostra che, secondo Bauman, si ha bisogno di

una sociologia mutevole per comprendere la mutevolezza della vita umana. Inoltre,

Bauman intende dimostrare che esiste un’alternativa a quanto oggi sembra naturale,

ovvio, inevitabile. Tale interesse, come si è già considerato, è conseguente all’influenza

esercitata su Bauman da due autori: Antonio Gramsci e Georg Simmel.

1 Zygmunt Bauman, Keith Tester, Società, etica, politica. Conversazioni con Zygmunt Bauman, Cortina, Milano, 2002, pag. 4.

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L’opera di Gramsci ha fatto comprendere a Bauman che gli esseri umani

possiedono in sé la capacità di creare il mondo, e che il “senso comune” promosso dalle

strutture dell’ordine costituito è l’unico motivo per cui nessuno utilizza tale potenziale.

Gramsci gli ha mostrato che i fatti possono cambiare e che esistono alternative. In

questo senso, la cultura diviene espressione della consapevolezza dell’esistenza di

un’alternativa.

D’altro canto, Simmel ha mostrato a Bauman che l’ambivalenza e l’incertezza

sono l’essenza di quella vita sociale di cui la sociologia cattura il flusso. Tester ritiene

essere conseguenza di ciò il fatto che Bauman non si interessi della sociologia

americana parsoniana e post – parsoniana, la quale insiste sul problema dell’ordine.

Bauman obietterebbe che questo non è tanto una questione di categorie sociologiche,

quanto un problema politico e materiale per gli uomini. Bauman fa, nella descrizione

operata da Tester, una sociologia eclettica per dimostrare che il mondo può essere

diverso da quello che è e che esiste un’alternativa.

L’analisi di Tester è poi rilevante quando si sofferma sulle motivazioni per cui

Bauman fa quello che fa. Tester, infatti, sostiene che secondo Bauman le questioni

morali non possono essere ridotte a volontà personali, a posizioni ed esperienze di

gruppi specifici o a procedure metodologiche, ma nemmeno possono essere analizzate

movendo da qualcosa di più fondamentale. La moralità, a parere di Bauman, riguarda

l’impegno verso l’altro. Egli lega la pratica della sociologia a valori che appartengono

ad altri campi oltre che alla sociologia stessa e che si rivolgono a tutti gli uomini.

Bauman è motivato da tutto ciò. Tester conclude affermando che il lavoro di Bauman è

guidato da un grande impegno verso l’umanità.

Importante per la comprensione della produzione di Bauman è l’opera di Peter

Beilharz Zygmunt Bauman. Dialectic of Modernity. Nella prefazione, Beilharz afferma

che Bauman è spesso riconosciuto come il maggiore rappresentante sociologico per

quanto riguarda l’analisi della postmodernità. Inoltre, a parere di Beilharz, l’opera di

Bauman è estesa e varia e, come si è già considerato, nega la natura sistemica o la

traiettoria relativamente chiara che caratterizza altri autori come Jurgen Habermas o

Michel Foucault. Si nota qui la vicinanza tra la posizione di Beilharz e quella di Tester.

L’interesse dell’opera di Bauman è, secondo Beilharz, dovuto ad una combinazione di

comprensione sociologica e di capacità personale. Il suo approccio non è quello del

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sociologo professionale, ed il suo esempio classico è Simmel, non Durkheim. Beilharz,

nell’affermare l’influenza di Simmel su Bauman, si pone ancora nella stessa posizione

di Tester.

La conclusione di Zygmunt Bauman. Dialectic of Modernity è importante perché

in essa Beilharz propone un confronto tra Bauman ed altri autori. Beilharz afferma che

Bauman è, tra le altre cose, un messaggero culturale tra noi ed i suoi pari, e tra noi ed i

classici della teoria sociale. Il campo più vasto in cui si inserisce è, come si è già

considerato, principalmente quella che ancora oggi viene chiamata teoria critica, la

quale comincia con Marx e prosegue attraverso le opere della Scuola di Francoforte ed i

suoi percorsi paralleli francesi, rappresentante dei quali è Foucault. Beilharz rileva che

poiché la teoria critica, nel senso principale, è una critica della modernità, di

conseguenza anche il lavoro di Bauman è necessariamente un contributo a tale critica.

La struttura e l’ordine sono tra le caratteristiche fondamentali della modernità, e,

a parere di Beilharz, vengono sottoposte da Bauman ad una critica. Tuttavia, egli rimane

ambivalente, piuttosto che in una posizione negativa, rispetto al mondo che viene

generato. La nostra, come Beilharz afferma anche nel titolo di tale opera, è una

dialettica della modernità. La modernità ed il modernismo si scontrano con

l’ambivalenza, ed anzi la favoriscono; la moderna volontà di controllo è profondamente

superstiziosa, ed in questo senso la modernità rimane tradizionalista piuttosto che

pienamente moderna.

Un altro punto di rilievo dell’analisi di Beilharz è quello nel quale si tratta del

rapporto tra Bauman ed il postmoderno, ed in cui lo stesso Beilharz mostra come, a

parere di Bauman, il postmoderno potrebbe espandere lo spazio disponibile per

l’ambivalenza. Non si tratta del fatto che la modernità non possa sopportare la

differenza, o l’ambivalenza. Piuttosto, il problema è che l’alta modernità combina la

volontà politica ed i mezzi tecnologici per rafforzare il conformismo, almeno

apparentemente. L’opinione di Bauman, esposta da Beilharz, è che gli esseri umani

sono ambivalenti, almeno sufficientemente incerti da rimanere aperti nei confronti del

mondo, sia per valutare le diverse tradizioni, sia per rimanere aperti alla possibilità del

cambiamento. L’ambivalenza umana è, quindi, la precondizione del cambiamento

sociale. Si nota anche in questo caso una vicinanza tra la posizione di Beilharz e quella

di Tester.

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Gli uomini rimangono, così, creature della propria creazione collettiva. La

seconda natura, concezione proposta da Hegel e sviluppata da Marx, diviene, attraverso

la teoria critica, qualcosa di simile alla storia o al sociale. Secondo Beilharz, in questo

caso si può notare come Bauman sia un mediatore ed alla stessa maniera un innovatore.

Beilharz opera, in questo caso, un richiamo diretto a Marx, il quale mostra in passaggi

sparsi nella Ideologia Germanica e nei Grundrisse come il nuovo problema che egli

chiama capitalismo (e che noi chiamiamo modernità) naturalizzi se stesso. L’attività

capitalista, infatti, universalizza se stessa reinventando la storia come la storia del

capitalismo e dell’individualismo, e non lasciando uno spazio pubblico nel quale i

cittadini possano cercare da dove derivino la proprietà privata o altre caratteristiche

moderne.

Negli anni Settanta del Novecento, continua Beilharz, i marxisti risposero a tale

problematica principalmente nei termini della ideologia critica. Il problema per quanto

riguarda la modernità era dunque costituito dal fatto che il capitalismo riproduceva se

stesso tramite l’ideologia. Beilharz cita in seguito anche Theodor Adorno, il quale nella

Dialettica Negativa sostenne che l’ideologia non è sovrapposta all’essenza della società,

bensì ne fa parte.

Rilevante nell’analisi di Beilharz è il rapporto, da lui esposto, tra Bauman ed

Heidegger. Come spiega Beilharz, Bauman proclama chiaramente la sua distanza da

Heidegger. Ciò è testimoniato dal fatto che, nonostante la presenza di alcuni motivi

apparentemente heideggeriani nell’opera di Bauman, l’Heidegger da lui trattato è

mediato dal brillante, ma spesso critico, lavoro degli allievi dello stesso Heidegger,

ovverosia Hans Jonas, Hannah Arendt, Emmanuel Levinas ed Herbert Marcuse.

La stima di Bauman per Arendt è notevole, per il fatto che la filosofa tedesca

mantiene sia la classica dedizione nei confronti della politica, sia l’entusiasmo

repubblicano per le forma democratiche di partecipazione politica. Il rapporto tra

Bauman e Levinas, a parere di Beilharz, si può invece notare sopratutto nell’opera Le

sfide dell’etica.

Fondamentale è il richiamo operato da Beilharz al rapporto tra Bauman e Max

Weber, il quale, nell’opera L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, discute del

“mantello leggero” che i moderni fabbricano per se stessi e del modo in cui esso diventa

una struttura dura come l’acciaio, la stahlhartes Gehause, tradotta da Talcott Parsons

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come la “gabbia di ferro”. La struttura di Weber è simile a quella di un carapace, che

protegge, se non insularizza, i moderni. Tale concetto è ripreso da Bauman in molte sue

opere riguardanti la postmodernità.

Beilharz conclude affermando che non c’è vita senza istituzioni, ma quello che

spesso viene dimenticato è che fare queste istituzioni è un’attività, non solo un risultato.

Questo, a parere di Beilharz, è un messaggio che ci viene tramandato da Bauman, il

quale incita ad interpretare come e cosa intorno a noi sia da valutare, ed a criticare cosa

ci sia di distruttivo, dal momento che nella contemporaneità tale sfida della condizione

umana è fondamentale

Il terzo interprete di Bauman, Dennis Smith, spiega il valore della sua opera

all’interno di Zygmunt Bauman. Prophet of Postmodernity. Già il titolo risulta

significativo, dal momento che Smith chiama Bauman “profeta della postmodernità”.

Innanzitutto, Smith compie un breve excursus storico per spiegare l’origine del dibattito

sulla postmodernità e per inquadrare storicamente la posizione di Bauman, ed afferma

che nel ventesimo secolo il centro di gravità per la modernità si è spostato. Utilizzando

una metafora, Smith sostiene che in Europa ciò fu paragonabile ad un terremoto che

durante le due guerre mondiali diede enormi scosse al continente, e sviluppò alcune

scosse successive. Una di queste scosse eliminò il blocco Sovietico, l’ultimo dei grandi

imperi europei, il quale collassò negli anni successivi al 1989. Questo terremoto in

Europa ha dato vita al dibattito sul postmoderno.

Si nota ora la caratteristica fondamentale dell’analisi di Smith riguardo a

Bauman, ovverosia il porre l’accento sulla dimensione biografica dell’autore. Smith,

infatti, ritiene che la teorizzazione di Bauman sul postmoderno sia importante perché

egli assimilò l’esperienza del postmoderno molti anni prima che diventasse un

argomento diffuso.

Per avvalorare tale proposta, egli espone alcune caratteristiche della biografia di

Bauman, il quale mentre in un primo tempo aveva creduto fortemente nella promessa

della modernità socialista, successivamente fu dolorosamente disilluso rispetto alla

capacità delle istituzioni polacche e dell'Europa dell’Est di realizzare tale promessa.

Venne, così, destituito dal potere comunista, dalla Polonia e dal diretto coinvolgimento

con l’esperimento socialista statale. Lui e la sua famiglia si confrontarono con la sfida

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disorientante dell’adattamento al capitalismo occidentale, e tutto ciò accadde a Bauman

prima del 1970.

Quando la tematica della postmodernità si diffuse durante gli anni ’80 del

Novecento, continua Smith, Bauman riuscì a parlare ai suoi colleghi intellettuali

occidentali nei termini della loro esperienza di disillusione e disorientamento. Egli è,

quindi, in grado di fornire tale insegnamento agli uomini ed alle donne postmoderni, e

ritiene che siamo entrati in una nuova epoca, portata avanti dalla ristrutturazione della

modernità e dalla mutata attitudine nei suoi confronti.

Smith espone quindi alcune caratteristiche della postmodernità, la quale è la

condizione umana arrivata dopo che gli individui hanno smesso di credere alle grandi

promesse delle moderne ideologie: dopo che hanno rifiutato di accettare, ad esempio, il

fatto che il socialismo avrebbe portato uguaglianza e libertà, il fascismo purificato la

società, la democrazia dato potere alle persone e le scienze fornito al genere umano la

possibilità di assoggettare la natura al suo volere. Bauman, conclude Smith, vuole

comprendere le caratteristiche essenziali degli uomini e delle donne postmoderni e

trovare il senso dei mondi sociali in cui essi si trovano. Si nota quindi che la posizione

di Smith, proprio perché si concentra sopratutto sulla biografia di Bauman, è molto

diversa da quelle esposte in precedenza.

In conclusione, ho riscontrato nell’analisi della postmodernità operata da

Bauman una capacità da parte dell’autore di fornire differenti spunti riguardo le

problematiche o le situazioni postmoderne, e non una mera critica nei loro confronti.

Inoltre, tale analisi porta a comprendere quali siano le cause del “disagio” della

postmodernità e, in certi casi, quali possano essere le soluzioni attuabili.

Risulta essere importante, per la comprensione del passaggio dalla modernità

alla postmodernità, la descrizione delle figure del pellegrino, del flaneur, del

vagabondo, del turista e del giocatore, dal momento che esprime caratteristiche

fondamentali degli individui postmoderni. La ricerca di Bauman offre così

interpretazioni nei confronti di argomenti contemporanei molto dibattuti come, ad

esempio, la precarizzazione delle condizioni di vita, l’incertezza diffusa, il consumo,

l’atteggiamento nei confronti del corpo o la preoccupazione per la sicurezza personale,

di cui fornisce un’indagine completa ed efficace.

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CAPITOLO 1

LA MODERNITÀ LIQUIDA, OVVERO LA POSTMODERNITÀ

NELL’ANALISI DI ZYGMUNT BAUMAN

Il concetto di postmodernità ricorre molto spesso nella produzione di Bauman

dalla fine degli anni ’80 e viene analizzato considerando molti suoi aspetti. Per

cominciare è interessante prendere in considerazione alcune definizioni generali. Una

significativa definizione è fornita in Società, etica, politica: <<”L’epoca della

postmodernità” è l'epoca in cui la posizione postmoderna è arrivata a conoscere se

stessa, e “conoscere se stessa” significa essere consapevole che il compito fondamentale

non ha limiti e non potrà mai raggiungere il punto finale; che, in altre parole, il

“progetto della modernità” non solo è incompiuto ma costitutivamente incompiuto e che

tale incompiutezza è l’essenza dell’era moderna>>2. La postmodernità risulta essere così

<<la modernità meno le sue illusioni>> 3. Più avanti nella stessa opera Bauman fornisce

altre caratteristiche del concetto quando afferma che l’epoca postmoderna non può

essere visualizzata come una freccia, dato che manca della punta, cioè della direzione

caratterizzante la modernità. Quest’ultima inoltre sradicava gli individui dai loro

ambienti prodotti dall’ancien régime per riradicarli in nuove strutture, mentre la

postmodernità sradica senza riradicamento. In La decadenza degli intellettuali emerge

un’altra peculiarità della postmodernità, ovverosia un’autoconsapevolezza del termine

della modernità. Quest’ultima può così essere considerata retrospettivamente nei suoi

vari aspetti, come la sicurezza e la superiorità rispetto a forme di vita alternative,

considerate “primitive”.

“Postmodernità” inoltre non va confusa con “postmodernismo”. Bauman opera

una netta distinzione dei due concetti all’interno di Una nuova condizione umana:

<<Nel mio vocabolario intendo per “postmodernità” un tipo di società (o, se si

preferisce, un tipo di condizione umana); mentre considero il “postmodernismo” una

Weltanschaunng, una visione del mondo, una strategia cognitiva che può – anche se

non necessariamente – derivare da una “condizione postmoderna”>>4. La postmodernità

risulta inoltre essere una condizione ambivalente, poiché è moderna nelle sue ambizioni

2 Zygmunt Bauman, Keith Tester, Società, etica, politica. Conversazioni con Zygmunt Bauman, Cortina, Milano, 2002, p.80.3 Ivi, p.81.4 Zygmunt Bauman, Una nuova condizione umana, Vita e Pensiero, Milano, 2003, p. 39.

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Page 19: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

e nel suo modus operandi mirante ad una modernizzazione perpetua, ma disillusa

rispetto all’illusione moderna secondo cui la fine del percorso è prossima o almeno

possibile.

Tornando a Società, etica, politica, in essa Bauman prende le distanze dalla

postmodernità intesa come “termine ombrello” per indicare le trasformazioni della

società attuale. Egli infatti confuta sia la parola postmodernità, poiché implica la fine

della modernità mentre cerchiamo ancora di modernizzare ciò che ci sta intorno, sia

alcune espressioni coniate da diversi autori, come la “tarda modernità” di Anthony

Giddens o la “seconda modernità” di Ulrich Beck, entrambe imprecise e fuorvianti.

Ecco così la sua proposta: modernità liquida, che indica allo stesso modo continuità

(fusione, sradicamento) e discontinuità (non solidificazione della massa fusa, mancanza

di riradicamento).

Per approfondire tale proposta di Bauman può essere utile considerare l’opera

che da essa trae il nome, Modernità liquida. Qui l’autore spiega come questa fase della

modernità possa essere così definita citando una definizione dell’Encyclopaedia

Britannica, secondo la quale la “fluidità” è lo stato dei liquidi e dei gas. Essi, a

differenza dei corpi solidi, producono un continuo mutamento di forma; inoltre

viaggiano con molta facilità. Questo fa sì che secondo Bauman la “fluidità” o la

“liquidità” possano essere considerate metafore dell’attuale nuova fase della modernità.

Sotto certi aspetti la modernità può essere definita già dall’inizio come un “processo di

liquefazione”, nel senso di un radicale mutamento volto alla costruzione di un nuovo

ordine.

Ciò ad esempio si può notare in un passo del Manifesto del Partito comunista,

nel quale l’espressione “fondere i corpi solidi” è usata per indicare il cambiamento di

una società ritenuta troppo statica. Scopo di tutto ciò era la fondazione di nuovi e più

duraturi corpi solidi da sostituire a quelli premoderni, ormai già in dissoluzione. Le

prime usanze da eliminare erano le varie fedeltà alla tradizione, rappresentate dai diritti

e dai doveri consuetudinari. Si venne così a formare un nuovo ordine di tipo

essenzialmente economico, esente da condizionamenti di tipo politico o etico. Max

Weber e Karl Marx tra gli altri descrissero tale svolta. Quest’ordine non fu tuttavia

ottenuto tramite un dominio dittatoriale, bensì fu il risultato dell’abbattimento degli

ostacoli ritenuti limitanti la libertà individuale. Esso comporta anche conseguenze nella

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Page 20: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

contemporaneità, quali deregolamentazione, liberalizzazione, “flessibilità”, apertura dei

mercati finanziari ecc. Passando a quella che Bauman definisce come modernità liquida,

si considera che in essa i corpi solidi destinati all’eliminazione sono i legami che

trasformano le scelte individuali in progetti collettivi, ossia i modelli di coordinamento

politico. Nella fase precedente della modernità, il modello eliminato venne sostituito da

quello delle classi, strutture sociali che stabilivano la gamma dei progetti di vita. Nella

modernità attuale invece i modelli di riferimento non sono più “dati”, ma vengono

assegnati all’autocostruzione delle persone secondo un modello individualizzato.

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Page 21: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 2

L’INDIVIDUALIZZAZIONE, L’IDENTITÁ

E LE NUOVE FORME DI RELAZIONI

Il processo di individualizzazione costituisce uno dei mutamenti principali che

coinvolgono la società all’interno della postmodernità. Bauman in Modernità liquida la

definisce in tale maniera: <<il processo di “individualizzazione” consiste nel

trasformare l’”identità” umana da una “cosa data” in un “compito” e nell’accollare ai

singoli attori la responsabilità di assolvere tale compito nonché delle conseguenze

(anche collaterali) delle loro azioni>>5.

Tale processo tuttavia non è solamente una caratteristica della postmodernità, dal

momento che fu presente anche agli inizi della società moderna. Una distinzione tra i

due differenti fenomeni è presente all’interno di La società individualizzata, in cui

Bauman sostiene che il marchio di fabbrica della società moderna consiste proprio

nell’assegnare lo status di individui ai suoi componenti. Questa attribuzione si ripete

quotidianamente, tanto quanto le attività degli individui consistono nel rinegoziare la

rete di coinvolgimenti reciproci chiamata “società”. L’individualizzazione

contemporanea assume però dei connotati ben diversi da quella verificatasi nell’epoca

moderna, epoca caratterizzata dall’emancipazione degli esseri umani dalle dipendenze

della comunità. A tale proposito Bauman si avvicina ad un’opera del sociologo tedesco

Ulrich Beck, cioè La società del rischio. Verso una seconda modernità, all’interno

della quale l’individualizzazione è presentata come storia corrente e aperta, senza una

determinazione preordinata, cui invece si sostituisce una logica incostante. La diversità

principale tra i processi delle due epoche consiste nel fatto che gli individui della

modernità classica, “sradicati” dalle precedenti appartenenze comunitarie, dispiegavano

i nuovi poteri acquisiti nella ricerca di un “ri-radicamento” principalmente nel modello

descritto qui in precedenza della divisione in classi, mentre un tale “ri-radicamento” è

del tutto assente nella postmodernità. Un punto in comune tra i due processi consiste

invece nel fatto che entrambi sono per gli individui un destino e non una scelta.

L’individualizzazione postmoderna può essere rappresentata ad esempio dal

fatto che ciò che viene detto agli uomini ed alle donne postmoderni è che se si

5 Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma - Bari, 2002, p. 23.

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Page 22: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

ammalano è perché non hanno seguito degli appropriati corsi salutistici, oppure se sono

disoccupati è perché non sono riusciti ad ottenere le competenze necessarie. Essi si

comportano così come se tale fosse la realtà delle cose. Bauman cita a sostegno di tale

argomento un’efficace sentenza di Beck: <<la condotta di vita diventa la soluzione

biografica delle contraddizioni sistemiche>>6. Rischi e contraddizioni prodotti

socialmente devono essere risolti individualmente. Risulta così esserci un divario

crescente tra l’individualità come destino e l’individualità come capacità pratica di

autoaffermazione, ovvero, nella terminologia di Beck, tra l’individuo “individualizzato”

e l’”individuazione”.

Una diretta conseguenza dell’individualizzazione è poi il disinteresse verso la

cittadinanza e la pratica politica in generale. Bauman si riferisce particolarmente a

Tocqueville, secondo il quale rendere liberi può significare rendere indifferenti, e

l’individuo è il peggior nemico del cittadino. Infatti l’individuo tende ad essere

indifferente rispetto al “bene comune”, giacché ciò che gli individui possono fare

legandosi gli uni agli altri è una limitazione della loro libertà personale. Inoltre a causa

dell’individualizzazione gli interessi degli individui in quanto tali riempiono lo spazio

pubblico proclamandosene i soli legittimi occupanti. Rifacendosi al precedente tema del

“ri - radicamento”, è improbabile che le persone individualizzate possano ri – radicarsi

nel corpo repubblicano della cittadinanza.

All’interno di Società, etica, politica Bauman propone invece una precisa

descrizione di cosa s’intende per “individuo”. Il processo della trasformazione delle

persone in individui è operato dalla società, la quale per fare ciò allenta i vincoli che

ostacolavano i movimenti umani ed emancipa dalle costrizioni. Tuttavia tale processo

consiste innanzitutto nel porre il “divenire” prima dell’”essere”, poiché <<un individuo

è una creatura la cui condizione è la somma, la conseguenza o la ricompensa di una vita

di lavoro. Gli individui sono ciò che sono diventati, ciascuno è il risultato delle proprie

scelte e dei propri interessi>>7. Più avanti all’interno della stessa opera viene proposta

un’altra definizione di “individualizzazione”, secondo la quale essa <<consiste

nell’”eliminare” una a una tutte le reti di sicurezza intessute socialmente>>8. Emerge

6 Zygmunt Bauman, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, Il Mulino, Bologna, 2001, p. 64.7 Zygmunt Bauman, Keith Tester, Società, etica, politica. Conversazioni con Zygmunt Bauman, cit., p. 109. 8 Ivi, p. 157.

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Page 23: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

inoltre ancora il disinteresse verso la politica, concretizzato dall’incapacità degli

individui di condividere le azioni sofferte individualmente dagli altri e di riproporle in

una causa comune. Tali individui infatti non ritengono che le loro probabilità di

sopravvivenza, o ancora meglio una soluzione definitiva, traggano vantaggio da

un’ipotetica unione delle forze, giustificando quindi il sacrificio richiesto da una causa

comune.

Per introdurre la tematica dell’identità può essere utile considerare un accenno

compiuto da Bauman alla propria biografia, presente in Intervista sull’identità. Prima di

tutto egli afferma che l’appartenenza e l’identità non sono assicurate da una garanzia a

vita, bensì sono per lo più negoziabili e revocabili. I fattori fondamentali per entrambe

sono infatti le proprie decisioni e le azioni che si intraprendono. Non si considera infatti

l’”avere un’identità” finché il proprio destino rimane un destino di appartenenza, ovvero

una condizione senza alternative. Quindi egli compie il riferimento biografico,

sostenendo di non avere dedicato attenzione al discorso dell’identità prima del 1968,

quando venne messo in dubbio pubblicamente il suo essere polacco, dal momento che

gli fu negata la cittadinanza polacca. Emerge in questa maniera uno degli aspetti

importanti per la definizione dell’identità: la nazionalità. Tuttavia al disordine del

mondo della nostra epoca, costituito da frammenti scarsamente coordinati, corrisponde

un altro aspetto problematico per la definizione dell’identità, cioè il fatto che le nostre

vite individuali sono frammentate in una serie di episodi mal collegati tra loro. Più

avanti l’identità è proposta come uno scopo, un obiettivo, piuttosto che come un fattore

predefinito. E’ qualcosa che va inventato piuttosto che scoperto, oppure selezionato tra

offerte alternative; qualcosa per cui è necessario lottare e che poi va protetto con altre

lotte. Oggi inoltre l’incombenza di trovare e costruire un’identità, e di realizzare questo

compito singolarmente o a piccoli gruppi, piuttosto che congiuntamente, è lasciato ai

singoli uomini e donne. Non risulta quindi utile chiedere indicazioni ai padri spirituali

della sociologia come Weber, Durkheim o Simmel riguardo ad una questione, l’identità

appunto, che non figurava tra le problematiche della loro epoca. L’identità è invece oggi

una delle questioni all’ordine del giorno.

Sempre all’interno della stessa opera Benedetto Vecchi, il quale compie

l’“intervista” in questione a Bauman, propone una nuova allegoria per l’identità. Egli

sostiene infatti che con la globalizzazione le biografie diventano puzzle, il problema dei

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Page 24: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

quali non sono i singoli pezzi, bensì il modo in cui si incastrano; nasce così il concetto

di “identità-puzzle”. Bauman ritiene però che questa allegoria è solo parzialmente

valida. Infatti l’immagine finale di tale “identità-puzzle” non è fornita in anticipo,

quindi non si può riconoscere l’esattezza del lavoro svolto con i singoli pezzi che si

posseggono. Mentre la soluzione dei puzzle è così orientata all’obbiettivo e si basa su

una razionalità strumentale, nel caso dell’identità è orientata ai mezzi e si basa su una

razionalità finale, dal momento che si parte da una quantità di pezzi di cui si è in

possesso e si cerca di sistemarli.

Tutto ciò rappresenta però una situazione tipicamente postmoderna. Infatti

quando la modernità sostituì i ceti premoderni (che determinavano l’identità in base alla

nascita) con le classi, le identità sono diventate dei compiti che i singoli individui

dovevano realizzare. Bauman cita a proposito una sentenza di Jean-Paul Sartre: <<Per

essere borghesi non è sufficiente nascere borghesi, si deve vivere l’intera vita da

borghesi>>9. Ogni classe possedeva così i suoi percorsi di carriera in una traiettoria ben

definita. Tale sostituzione dei ceti con le classi venne accompagnata da una nuova

fiducia nei confronti della società, e sopratutto nell’affidabilità delle sue istituzioni.

Tuttavia, nell’attuale passaggio dalla fase “solida” alla fase “fluida” della modernità,

anche le strutture e le istituzioni sociali subiscono una “liquefazione”, perdendo così in

durata assieme ad autorità politiche, istituzioni economiche e carriere lavorative . La

società, per utilizzare una metafora, non è più un intransigente arbitro delle azioni

umane, bensì sembra essere un impassibile ed evasivo giocatore di poker. Bauman

propone come figura di riferimento per tale insieme di processi la figura di Don

Giovanni, così come viene raffigurato da Molière, Mozart o Kierkegaard. Don Giovanni

ritiene infatti che il piacere dell’amore sia costituito dal cambiamento, mentre il suo

segreto per le conquiste consiste nel finire rapidamente e ripartire da un altro inizio. Egli

colleziona sensazioni, emozioni.

Per concludere l’allegoria dell’identità-puzzle, Bauman afferma che utilizzare i

pezzi per ottenere una totalità coerente chiamata identità non è la preoccupazione dei

contemporanei, poiché un’identità di questo tipo sarebbe una limitazione alla libertà di

scegliere, e quindi una ricetta per l’inflessibilità, tanto condannata dalla modernità

liquida.

9 Zygmunt Bauman, Intervista sull’identità, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 57.

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Page 25: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Altri spunti per l’identità vengono offerti da La società individualizzata. In tale

opera il passaggio del problema dell’identità dalla modernità alla postmodernità viene

esemplificato dalla figura moderna del pellegrino e da quella postmoderna del

vagabondo. Il primo infatti si domandava come arrivare a destinazione, mentre il

secondo si pone il problema di quale destinazione scegliere. L’identità diviene così una

questione di scelta, e può venire cambiata al momento di un’offerta più adatta. Bauman

fa riferimento a tale proposito ad un’osservazione di Christopher Lasch, per cui le

<<identità>> che si cercano oggi sono quelle che possono <<essere indossate e poi

scartate come un abito>>10.

Emerge poi una nuova importante tematica, ovvero il rapporto tra identità e

comunità. L’identità è infatti tenuta in una così grande considerazione nella

postmodernità proprio dal momento che è un surrogato della comunità, cioè di quella

“casa naturale” non più disponibile nel mondo individualizzato e globalizzato. La

precarietà della costruzione solitaria dell’identità spinge coloro che la intraprendono ad

unirsi quindi ad altri individui con lo stesso compito, in modo tale da formare delle

“comunità di appiglio”. Così, invece che parlare di identità, ereditate o acquisite,

sarebbe più utile parlare di un processo di identificazione.

All’interno di Il teatro dell’immortalità, Bauman propone per l’identità nella

postmodernità due alternative. O essa viene imposta da una posizione sociale senza

possibilità di scelta, assomigliando così ad una gabbia o ad una prigione; o è qualcosa

da valutare e scegliere liberamente. D’altro canto scegliendo la seconda alternativa la

vita è trasformata in una caccia continua all’identità individuale o collettiva, in cui il

solo contenuto dell’identità diviene il diritto a scegliere un’identità; tale diritto si

manifesta anche nel rinunciare ad un’identità poco appetibile e nell’assumere

un’identità momentaneamente raccomandata.

Il rapporto tra identità e consumo è invece approfondito all’interno di Lavoro,

consumismo e nuove povertà. Dato che le mode culturali si diffondono tanto

velocemente quanto impiegano a svanire, risulta più utile assumere identità provvisorie,

senza immedesimarsi troppo nel ruolo prescelto e pronti ad abbandonarlo non appena si

scelga di impersonarne uno nuovo. Bauman, per descrivere il fatto che la maggior parte

10 Zygmunt Bauman, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, cit., p. 187.

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Page 26: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

degli individui tende ad assumere più di una identità nel corso della vita, disfandosi

volta per volta delle vecchie abitudini, propone così la formula di “identità al plurale”.

Egli arriva poi a sostenere che probabilmente il termine stesso di “identità” è

diventato inutile, poiché occulta più di quanto illumini l’esperienza di vita comune, dal

momento che le preoccupazioni per il proprio ruolo sociale sono in genere alimentate

dal timore di identificarsi troppo in esso, col rischio di non potersene distaccare se

necessario. Ed è proprio qui che entra in gioco il mercato ed il consumo. Infatti il

desiderio di possedere un’identità ed il timore di soddisfarlo producono un’ambivalenza

subito sfruttata dal mercato, il quale con il suo carattere in continuo mutamento diventa

il luogo ideale per superare quelle contraddizioni. Le identità si affiancano così ai beni

di consumo, divenendo qualcosa che bisogna acquisire e possedere, ma solo

temporaneamente. In questa maniera non risulta necessario alcun meccanismo di

regolamentazione normativa o di controllo del mercato stesso, poiché tale controllo

limiterebbe la libertà di scelta e porterebbe così ad una riduzione del ruolo del

consumatore, producendo un grave danno per una società in cui il mercato assume una

così grande importanza.

Uno dei mutamenti maggiori nell’epoca della modernità liquida è costituito dalle

relazioni sociali, che vengano considerate sotto forma di relazioni familiari/parentali, di

amicizia oppure sentimentali. Cominciando dall’analisi svolta da Bauman all’interno di

Intervista sull’identità, egli tiene a sottolineare che noi siamo prima di tutto consumatori

all’interno di una società di consumatori, e che di conseguenza l’uso/logorio delle

relazioni umane assomiglia sempre più a quello dei beni di consumo. Per quanto

riguarda l’amicizia, secondo molti analisti essa ricoprirà un ruolo fondamentale

all’interno della nostra società individualizzata, poiché rappresenta l’archetipo della

relazione sociale per scelta. Tuttavia a parere di Bauman la realtà tardo-moderna risulta

meno lineare, dal momento che tutte le relazioni diventano una problematica ambigua:

il prezzo da pagare per una relazione è infatti la rinuncia almeno parziale

all’indipendenza.

Tutto ciò porta così a <<rapporti ad avvio istantaneo, consumo rapido e

smaltimento su richiesta>>11, i quali posseggono però un bagaglio di effetti collaterali,

dato che la velocità di consumo e la possibilità di rifiuto sono opzioni a disposizione di

11 Zygmunt Bauman, Intervista sull’identità, cit., p. 91.

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Page 27: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

entrambi i partner. Se infatti ai nostri giorni si parla sopratutto di “reti”, “connessioni” o

“relazioni”, ciò significa che le reti strettamente intrecciate, le connessioni salde e sicure

e le relazioni a tutto tondo sono terminate. Naturalmente la tecnologia viene in soccorso:

basti considerare l’apporto del telefono cellulare. Tuttavia quello di cui si sente

maggiormente la mancanza è il sistema di protezione che le reti di parentela, amicizia o

fratellanza fornivano concretamente. Sequele episodiche di mini interazioni

sostituiscono così sempre più le relazioni famigliari. Nonostante l’apporto del mercato

consumistico, i beni di consumo non possono trasformarsi in quel tipo di relazioni che

ispirano la nostra ricerca. I succedanei consumistici offrono comunque dei vantaggi:

essi promettono infatti la libertà dalle trattative e dai compromessi, ovvero dalle

concessioni e dagli accordi che prima o poi i legami richiedono. Inoltre i venditori

garantiscono una rapida e frequente sostituzione della merce. In conclusione, gli oggetti

di consumo rappresentano il punto massimo di non definitività e di revocabilità delle

scelte, facendo in tal modo sembrare che il controllo sia nelle nostre mani.

La tematica delle “reti” e delle “connessioni” è presente anche all’interno della

Prefazione ad Amore liquido. A differenza delle “relazioni”, delle “parentele” o delle

“partnership”, che si fondano sul reciproco impegno, il termine “rete” indica un contesto

in cui è possibile con pari facilità entrare e uscire, implicando momenti di relazione

intervallati a periodi di non frequentazione. Le connessioni sono inoltre adatte ad uno

scenario liquido-moderno all’interno del quale si presume che le possibilità sentimentali

si susseguano a ritmo crescente. Tuttavia la facilità del disimpegno e l’interruzione su

richiesta dei rapporti non riduce i rischi, li distribuisce solamente in modo diverso.

Ritornando a Intervista sull’identità, in tale opera Bauman esplicita un’altra

delle caratteristiche che coinvolgono le relazioni nella postmodernità, ovvero il fatto che

sono allo stesso tempo oggetto di attrazione e apprensione, desiderio e paura. La

maggior parte delle persone è infatti incerta sulle relazioni “senza impegno” descritte in

precedenza. Per rendere questa situazione, egli cita alcuni passi di Erich Fromm: <<La

soddisfazione nell’amore individuale non può essere raggiunta senza la capacità di

amare il prossimo con umiltà, fede e coraggio (...) in una cultura in cui queste qualità

scarseggino, il raggiungimento della capacità di amare è destinato a rimanere una

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Page 28: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

conquista rara>>12. Amare significa infatti anche instaurare un rapporto con un’altra

persona dotata di libertà di scelta e di volontà di seguire la scelta analoghe alle proprie.

Il paradosso consiste così nel fatto che il cercare l’amore per trovare soccorso,

sicurezza, incolumità, porta a trovare conflitti ed incertezze generati dall’amore stesso,

con l’aggravante costituita dal fatto che gli strumenti antirischio che la società dei

consumi ha portato a dare per scontati, come le riparazioni veloci o le garanzie di

risarcimento, nell’amore sono assenti. Di conseguenza si diventa inclini ad appiattire le

relazioni alla “modalità consumistica”, cioè a cercare il valore principale del consumo,

la soddisfazione istantanea. Bauman cita a proposito il concetto di “amore confluente”

di Anthony Giddens, una relazione che dura appunto solo fino a che dura la

soddisfazione che essa porta ai due partner. Bauman però contesta a Giddens il fatto che

quest’ultimo considera tutto ciò come liberatorio, poiché ora i partner sono liberi di

cercare soddisfazione da qualche altra parte se non riescono ad ottenerla dalla relazione

precedente. Secondo Bauman, Giddens non si rende conto che è la stessa disponibilità

di una facile via d’uscita a rappresentare un ostacolo alla realizzazione dell’amore. Ciò

infatti non rende probabile la realizzazione o la durata di un impegno a lungo termine.

Non è poi da trascurare l’apporto fornito dagli esperti-consulenti, una delle

istituzioni atte all’educazione dei consumatori, insieme alla pubblicità in ogni sua forma

o alle riviste tematiche. Essi infatti generalmente sconsigliano l’impegno in una

relazione, e sopratutto quello a lungo termine, dal momento che preclude altre

possibilità forse più appaganti. Ciò si scontra però con il fatto che il nocciolo

dell’identità può formarsi solo in riferimento ai legami che connettono le persone ed alla

affidabilità e stabilità duratura di questi legami.

I concetti di Giddens di relazione pura e amore convergente vengono ripresi

all’interno di Le sfide dell’etica, e per spiegarli Bauman cita un passo dello stesso

Giddens in cui la relazione pura è descritta come <<una situazione nella quale una

relazione sociale viene costituita in virtù dei vantaggi che ciascuna delle parti può trarre

dal rapporto continuativo con l’altro. Una relazione pura si mantiene stabile fin tanto

che entrambe le parti ritengono di trarne sufficienti benefici come per giustificarne la

continuità. (...) L’amore convergente è amore attivo, contingente...>>13. Nessuna delle

12 Erich Fromm, L’arte di amare, Mondadori, Milano, 1963, cit. in Zygmunt Bauman, Intervista sull’identità, cit., p. 104.13 Zygmunt Bauman, Le sfide dell’etica, Feltrinelli, Milano, 1996, p. 110.

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Page 29: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

due definizioni fa riferimento a motivi morali o valori etici; d’altronde una delle

caratteristiche distintive dell’intimità postmoderna è proprio la tendenza a liberarsi di

quei vincoli morali che contemporaneamente motivano e limitano la relazione amorosa

io-tu.

Bauman propone in seguito un paragone tra l’esperienza postmoderna

dell’intimità e la scienza. Come infatti quest’ultima ha stabilito la propria identità

mediante la messa al bando dei termini teleologici, così l’intimità postmoderna deriva la

propria identità dall’eliminazione dei doveri e degli obblighi morali. Essa inoltre è una

riproduzione del concetto platonico di philia (una relazione che racchiude in sé ciò che

noi intendiamo per amore e amicizia), il quale presupponeva che un oggetto d’affetto

adeguato dovesse essere utile al soggetto dell’affetto, nel senso che avrebbe dovuto

fornirgli ciò di cui avesse avuto bisogno. Bauman definisce tutto ciò “fluttuazione

dell’amore”, sostenendo che la relazione pura è un’intimità de-eticizzata e liberata dai

vincoli del dovere morale, cioè dall’atto costitutivo dell’essere morale, la responsabilità

dell’Altro. La forma postmoderna dell’intimità rifiuta quindi la consequenzialità

dell’amore, e con essa le responsabilità che ne derivano.

Le relazioni pure e l’amore convergente sono poi vissuti come fuggevoli, per

quanto alla fine possano rivelarsi duraturi, e tale fuggevolezza ha come conseguenza

principale il fatto che l’essere-insieme dei partner non è “cumulativo”, bensì si compie

pienamente in ognuno dei momenti di intimità. Ciò porta ad una ambivalenza nella

fluttuazione, costituita dal combinare la promessa della libertà con l’insicurezza.

L’interesse della fluttuazione consiste tuttavia nella possibilità di ognuno dei partner di

porre termine alla relazione, e quindi di proclamare la scarsa importanza morale di tale

atto, insieme con la scarsa importanza morale dell’Altro. Bauman rileva però che da tali

forme di relazione l’io non esce assolutamente vincente, dal momento che la negazione

della consequenzialità è un doppio inganno: è infatti una finta consolazione per il

partner abbandonato e un’autoillusione per quello che abbandona. Egli conclude così

affermando che la fluttuazione elimina il legame tra stabilità e assenza di libertà,

impedendo però all’amore di sondare quelle profondità in cui altrimenti si

immergerebbe.

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CAPITOLO 3

IL CONSUMO

All’interno di Voglia di comunità Bauman fa risalire la nascita della società dei

consumi all’incirca nell’ultimo quarto del secolo scorso, quando la teoria del valore del

lavoro di Menger/Ricardo/Marx/Mill fu sostituita da quella dell’utilità marginale di

Menger/Jevons/Walras; quando si disse cioè che quello che conferisce valore alle cose

non è l’autosacrificio necessario per ottenerle (come sostenne Simmel), bensì un

desiderio di soddisfacimento. Da quel momento in poi il surplus di valore sarebbe stato

ottenuto tramite la manipolazione del surplus di desiderio.

Tuttavia l'attuale società dei consumi possiede caratteristiche ben specifiche.

Come Bauman, infatti, sostiene in Dentro la globalizzazione, la società dei consumi non

implica solo il fatto che gli appartenenti ad essa consumano. Essa è invece tale nello

stesso senso in cui la società moderna nella sua fase di fondazione, industriale, era una

società della produzione. Tale differenza di priorità tra i due stadi della modernità

determina una grande differenza pratica per ogni aspetto della società, della cultura e

della vita individuale. Il consumatore di una società di consumatori è infatti totalmente

differente dal consumatore di una società precedente. Innanzitutto nulla dovrebbe essere

abbracciato dal consumatore in maniera definitiva; poi la sua soddisfazione dovrebbe

essere istantanea, in un duplice senso: i beni dovrebbero soddisfare nell’immediato, e la

soddisfazione dovrebbe cessare nel periodo dedicato al consumo. Tutto ciò si può

sintetizzare nel fatto che la società dei consumi riguarda piuttosto il dimenticare che non

l’imparare, ed ottiene tale risultato invertendo il rapporto tra i bisogni ed il loro

soddisfacimento: la promessa della soddisfazione precede infatti il bisogno che si

promette di soddisfare, e sarà sempre in quantità maggiore rispetto ai bisogni effettivi.

Lo scopo del consumo, secondo Bauman, non è tanto la voglia di acquisire ed

accumulare ricchezze, bensì quella di provare nuove esperienze. Una società dei

consumi di tale specie necessita di consumatori che vogliano essere sedotti, anche se

questo comportamento in realtà si manifesta come un libero esercizio della volontà. I

consumatori infatti possono rifiutare le scelte a disposizione, tranne una: la scelta di

scegliere tra quelle. Le conseguenze di tale fenomeno sono notevoli. Il mondo infatti è

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Page 31: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

stato trasformato in ogni sua dimensione – economica, politica o personale – secondo il

modello del mercato del consumo, e come tale è sempre pronto ad adeguarsi ad esso.

L’attività dello shopping, come viene mostrato in Modernità liquida, non

riguarda solamente i beni di consumo, bensì anche la ricerca di nuovi e migliori esempi

e stili di vita. La lista delle attività concernenti lo shopping arriva così a non terminare

mai; tuttavia il modo si dissociarsi da esso non vi figura. Bauman contesta inoltre anche

il ruolo della regolamentazione del desiderio per lo shopping, che collega il consumo

all’espressione della propria personalità; il desiderio è ormai superato dalla liberazione

del capriccio, in un capovolgimento del rapporto tra principio di realtà e principio di

piacere, a favore di quest’ultimo.

In una società dei consumi il condividere l’attività del consumo rappresenta la

conditio sine qua non della libertà individuale, tanto che l’articolo prodotto in massa è

lo strumento della differenziazione dell’individuo. Tuttavia la mobilità e la flessibilità

che caratterizzano lo stile di vita in cui il consumo ha un ruolo importante non sono

tanto veicoli di emancipazione, quanto strumenti di ridistribuzione delle libertà. E per

queste conseguenze all’interno della società sono sia desiderate che evitate.

Il rapporto tra consumo e incertezza è approfondito all’interno di La società

dell’incertezza. La privatizzazione della gestione dell’incertezza trova riscontro nel

mercato che serve a gestire il consumo privato, le cui proposte vengono accolte e scelte

liberamente. Tale libertà offerta dal mercato consiste nella non considerazione delle

responsabilità e delle conseguenze, e nella vita intesa come una serie di episodi che non

producono esiti durevoli.

La decadenza degli intellettuali propone invece una raccolta di punti riguardanti

la cultura consumistica. Quello principale consiste nella capacità del mercato di rendere

il consumatore dipendente da esso, dal momento che le nuove merci rendono più facili

alcuni compiti, ma in seguito fanno in modo che altri compiti non possano essere

realizzati se non tramite l’acquisto di altre merci. Spesso tale fatto è stato definito come

la creazione del mercato di bisogni “artificiali”, ma secondo Bauman tale nozione non è

del tutto valida, poiché ad esempio l’utilizzo dei mezzi di trasporto è necessario data la

pianta delle città contemporanee.

La dipendenza dal mercato deriva anche dalla distruzione delle capacità sociali

nella gestione dei rapporti, causata dalla precarietà dei legami temporanei. Ecco così

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l’utilità del mercato, sia esso rappresentato da beni, consigli di consulenti o anche da

agenzie di viaggio per dirigersi in posti inconsueti che possano aiutare a risolvere i

problemi consueti. Poiché tuttavia i beni promettono più di quanto siano in grado di

fornire, nuove e migliori promesse devono sostituire le precedenti. Il ruolo dei nuovi

prodotti consiste così nel rendere obsoleti quelli di ieri e nel fare dimenticare le

promesse non mantenute. Bauman si serve di una citazione di Baudrillard, secondo cui

la moda <<realizza un compromesso tra la necessità di innovare e quella di non

cambiare nulla nell’ordinamento di fondo>>, per poi sostenere egli stesso che <<la

moda sembra essere il meccanismo attraverso il quale l’”ordinamento di fondo” (la

dipendenza dal mercato) è mantenuta attraverso una catena senza fine d’innovazioni: è

proprio la perpetuità delle innovazioni che rende i loro singoli (e inevitabili) fallimenti

irrilevanti e innocui per l’ordinamento>>14.

La cultura consumistica crea inoltre il proprio mondo autonomo ed

autosufficiente, all’interno del quale i personaggi si susseguono a vicenda, mentre

alcuni “supergrandi” sono preservati per incarnare la sua stessa continuità. Di

conseguenza anche l’informazione politica deve adeguarsi alla struttura consumistica,

per cui il notiziario diviene una catena senza determinazione dell’informazione che

segue da parte di quella che precede. Tale cultura possiede inoltre delle conseguenze nel

modo di dominio per l’integrazione sociale, e per esplicare tale mutamento Bauman si

serve di alcune proposte di Pierre Bourdieu, secondo le quali il nuovo modo di dominio

sostituisce la seduzione alla repressione, la pubblicità all’autorità e la creazione di

bisogni alla imposizione di norme. In tale maniera la condotta degli individui è resa

gestibile e presumibile.

Un ulteriore confronto tra la società moderna e quella postmoderna, per quanto

riguarda lavoro e consumo, è presente all’interno di La società sotto assedio. Bauman

utilizza a tale proposito alcuni passi di Max Weber, secondo cui lo spirito del

capitalismo si trovò a dovere combattere contro il tradizionalismo, dal momento che il

lavoratore tradizionale non desidera guadagnare di più ma solo vivere com’è abituato a

fare e guadagnare quanto necessario a tale fine. Tuttavia la capacità produttiva di una

macchina industriale andava sfruttata al massimo, e così il lavoro, per uguagliare tale

14 Zygmunt Bauman, La decadenza degli intellettuali: da legislatori a interpreti, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, p. 188.

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Page 33: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

capacità, doveva essere eseguito come un fine a sé stante, una vocazione. La lotta

parallela che deve combattere il capitalismo contemporaneo è invece quella contro il

“consumatore tradizionale”, cioè una persona che agisce come se i beni di consumo

siano atti a soddisfare i bisogni.

Nella modernità il problema si risolse trasformando il lavoro in un’attività

autotelica, fine a se stessa, mentre il consumo era considerato solo un onere, un prezzo

da pagare per accrescere la produttività industriale. Nella postmodernità è invece

proprio il consumo ad essere trasformato in attività autotelica, fino a diventare una

vocazione, mentre il lavoro produttivo assume un ruolo strumentale. Quest’ultimo

inoltre deve possedere alcune caratteristiche del consumo, facendo in modo ad esempio

che in certi casi il luogo di lavoro venga abolito ed al contempo invada gli spazi del

non-lavoro.

Più avanti è approfondito il mutato rapporto tra principio di realtà e principio di

piacere all’interno del consumismo postmoderno. Bauman cita l’espressone di Freud

secondo cui il principio di realtà era il limite imposto al principio di piacere. Mentre

nella modernità i due principi erano in reciproca contrapposizione, nella postmodernità

essi divengono alleati, tanto che il piacere è trasformato nel pilastro della realtà e la

ricerca del piacere è divenuta il principale strumento di preservazione del modello. La

società dei consumi ha così arruolato il principio di piacere al servizio del principio di

realtà. Ciò però ha come conseguenza il fatto che la precarietà della vita proposta dal

mercato consumistico è stata trasformata in sostenitrice dell’ordine sociale, attraverso la

sostituzione della politica di regolamentazione normativa con la “politica di

precarizzazione”.

Questa tematica viene formulata all’interno di Lavoro, consumismo e nuove

povertà come sostituzione dell’etica del lavoro, che premia quello ben svolto, con

l’estetica del consumo. Bauman a questo proposito pone un paragone con le scuole

filosofiche platonica e aristotelica, secondo il quale mentre la società dei produttori è

per sua natura platonica, ovverosia dedita alle regole ed ai modelli ultimi, quella dei

consumatori è aristotelica, cioè pragmatica e basata sulla “phronesi”, cioè su regole

pratiche. Per gli adepti di tale estetica del consumo il mondo diventa un insieme di

sensazioni, di Erlebnisse, ossia di “esperienze vissute”, tanto che anche il lavoro è

giudicato in base a criteri estetici.

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Page 34: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Infine, all’interno di La libertà viene esposto il legame tra il mercato

consumistico e la politica. Il primo è considerato un’uscita istituzionalizzata dalla

seconda, oppure un’attrattiva che dovrebbe incoraggiare i consumatori ad abbandonare

gli ordinamenti politici e burocratici. Le persone sono ad esempio disilluse

dall’inaffidabilità del servizio sanitario o di istruzione, e quindi optano per le strutture

private. Di conseguenza però più sono quelli che escono dall’ambito del politico, meno

capacità di ottenere i propri diritti e di migliorare i servizi pubblici rimane in chi non

può permettersi l’”uscita”. In tal modo prosegue il deterioramento delle strutture statali.

Il paradosso della politica nell’era del consumo consiste così nel fatto che chi può avere

influenza sulle decisioni politiche non ha stimoli per farlo, e chi ne dipende

maggiormente non ha risorse per influenzarle.

Gli individui che nella società dei consumi vivono in una condizione di povertà

per disoccupazione cronica, lavori saltuari o perché vivono nell’area disertata dal

capitale vengono definiti da Bauman consumatori incompiuti. Il loro “difetto” consiste

nella presunta inadeguatezza ad esercitare la propria libertà individuale. La povertà

diviene così una condizione sociale.

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Page 35: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 4

L’ETICA E LA MORALE POSTMODERNE

La trattazione compiuta da Bauman dell’etica e della morale postmoderne è

molto vasta e particolareggiata, ma in un’opera principalmente, Le sfide dell’etica, egli

considera i punti principali dell’argomento. Innanzitutto la morale postmoderna tratta

una serie di problemi affrontati dagli uomini e dalle donne del mondo postmoderno che

sono nuovi, sconosciuti o ignorati dalle generazioni passate, o vecchi, che però hanno

assunto forme nuove. Sul piano della vita quotidiana si possono considerare i problemi

morali derivanti dalle attuali relazioni di coppia, oppure la molteplicità delle

“tradizioni” in lotta per conquistarsi l’autorità necessaria per guidare la condotta

individuale, benché non si possa attuare una gerarchia universale di valori e regole. E’

presente inoltre il contesto globale della vita contemporanea, con i rischi

incommensurabili derivanti dall’intreccio di obiettivi parziali e unilaterali.

Bauman propone quindi l’asserto principale della prospettiva postmoderna,

secondo il quale nell’esito del processo in cui l’età moderna ha raggiunto la propria

autocritica, il “postmoderno” appunto, si è affacciata la possibilità di una comprensione

del tutto nuova dei fenomeni morali. A tale proposito afferma: <<Ritengo che la novità

dell’approccio postmoderno all’etica consista non tanto nell’abbandono delle

preoccupazioni morali tipicamente moderne, quanto nel rifiuto dei modi tipicamente

moderni di affrontarne i problemi morali (cioè la risposta alle sfide morali con una

regolamentazione coercitiva nella prassi politica, e la ricerca filosofica degli assoluti,

degli universali e dei fondamenti nella teoria)>>15. Le grandi tematiche dell’etica, come

i diritti umani, la giustizia sociale, la sincronizzazione di condotta individuale e bene

comune sono così ancora attuali, anche se devono essere affrontati in modo nuovo.

In seguito vengono esposte le caratteristiche principali dell’etica moderna, nella

quale l’aspetto “morale” è stato accantonato come aspetto dell’agire umano relativo alla

distinzione tra “giusto” e “sbagliato”. La libera volontà poteva solo significare la

violazione dei comandamenti di Dio, e ciò che deviava dalla consuetudine era

considerato una tale violazione. Tutto ciò mutò con l’allentarsi della presa della

tradizione e con l’ampliarsi dei contesti indipendenti in cui si svolgeva la vita degli

15 Zygmunt Bauman, Le sfide dell’etica, cit., p. 10.

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Page 36: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

uomini, ovverosia con la collocazione degli uomini stessi nella posizione di individui,

dotati di identità non ancora attribuite e per la costruzione delle quali era necessario

compiere delle scelte.

Per quanto riguarda la postmodernità, il “post” non va inteso in senso

cronologico, cioè nel senso di una rimozione e ricollocazione della modernità, ma in

quanto implica che gli sforzi compiuti dalla modernità sono stati fuorviati, e che sarà la

stessa modernità a dimostrare la non realizzazione dei suoi obiettivi. Un codice etico

infallibile, universale e saldamente fondato, non si troverà mai, dal momento che una

morale non aporetica, non ambivalente e un’etica universale e oggettivamente fondata è

impossibile sul piano pratico.

Bauman espone poi i contrassegni della condizione morale analizzati secondo la

prospettiva postmoderna.

1 – Le affermazioni “Gli uomini sono fondamentalmente buoni, e per agire

secondo la loro natura hanno bisogno soltanto di essere aiutati”, e “Gli uomini sono

fondamentalmente cattivi, e bisogna impedire che agiscano in base ai loro impulsi”,

sono sbagliate, dal momento che gli uomini sono moralmente ambivalenti. Tutti gli

ordinamenti sociali sfruttano tale ambivalenza come materiale da costruzione, cercando

però di eliminare il fatto stesso che si tratta di un’ambivalenza. Questi sforzi o sono

inefficaci, o causano un inasprimento del male, poiché un codice etico coerente non può

essere adatto alla condizione ambivalente della morale.

2 – I fenomeni morali, precedendo la considerazione dello scopo ed il calcolo

dei guadagni e delle perdite, non si adattano allo schema “mezzi - fini” o ad una

spiegazione nei termini dell’utilità che rendono nei confronti del soggetto morale.

Poiché inoltre non sono regolari e costanti, non possono essere rappresentati come

“guidati da regole”, e di conseguenza non possono esaurirsi in un “codice etico”. L’etica

segue infatti il modello della Legge, definendo le azioni “proprie” o “improprie”, ma

questo presupposto non considera ciò che è morale nella morale, e sposta i fenomeni

morali dall’autonomia personale all’eteronomia basata sul potere.

3 – La morale è sempre aporetica, poiché solo poche scelte, e per di più in

genere quelle di minore importanza, non sono ambigue. Ciò si concretizza sia nel fatto

che la maggior parte delle scelte morali è compiuta tra impulsi contraddittori, sia nel

fatto che ogni impulso morale, se tradotto in azione, produce conseguenze immorali. Ad

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Page 37: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

esempio l’impulso a prendersi cura dell’Altro, se portato all’estremo, produce la

distruzione della sua autonomia. L’incertezza è così destinata ad accompagnare sempre

l’io morale.

4 – La morale non è universalizzabile. Bauman precisa però che tale

affermazione non avvalora il relativismo morale, espresso nella concezione secondo cui

qualsiasi morale è solo un costume locale e temporaneo, la quale a suo parere propone

una concezione nichilistica della morale. Essa piuttosto intende porsi in contrasto con la

versione dell’universalismo morale che nell’era moderna si tramutava in una campagna

per attenuare le differenze di giudizio morale. L’effetto complessivo di quegli sforzi

infatti non è tanto l’”universalizzazione della morale”, quanto l’incanalamento delle

capacità morali verso obiettivi socialmente determinati che possono comprendere fini

immorali.

5 – L’autonomia dell’io morale è avversata da ogni totalità sociale tesa

all’uniformità, dal momento che è considerata come fonte di anarchia all’interno

dell’ordine. Gli impulsi morali tuttavia sono importanti perché forniscono la materia

prima della socialità e dell’impegno nei confronti degli altri. L’ambivalenza è quindi

presente anche all’interno della gestione sociale della morale, poiché coloro che guidano

la società devono mantenere l’io morale nella forma desiderata, affinché da un lato non

cresca troppo, e dall’altro non si spenga la sua vitalità.

6 – La responsabilità morale, ovvero essere per l’Altro prima di poter essere con

l’Altro, è un punto di partenza e non un prodotto della società. Essa precede ogni

coinvolgimento con l’Altro, e quindi non possiede alcun fondamento.

7 – Bauman ritorna infine sul fatto che l’analisi dei fenomeni morali nella

prospettiva postmoderna non rivela il relativismo della morale. Egli sostiene che sono

invece le società moderne ad essere affette da provincialismo morale, benché in

apparenza promuovano l’etica universale. La prospettiva postmoderna mostra infatti che

la relatività dei codici etici e delle pratiche morali che essi raccomandano è il risultato

della provincialità politicamente favorita di codici etici che pretendono di essere

universali, e non della condizione morale “non codificata” che essi condannano come

provinciale. Sono quindi i codici etici a possedere un relativismo, mentre la prospettiva

postmoderna ha raggiunto la condizione morale comune che precede tutti gli effetti

diversificanti dell’amministrazione sociale della capacità morale.

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Page 38: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 5

LA FIGURA DEL PELLEGRINO NELLA MODERNITÀ E I SUOI

SUCCESSORI NELLA POSTMODERNITÀ: IL FLANEUR, IL

VAGABONDO, IL TURISTA ED IL GIOCATORE

Per meglio spiegare il passaggio dalla modernità alla postmodernità, Bauman

utilizza figure che caratterizzano tali periodi, rispettivamente il pellegrino per la

modernità, il flaneur, il vagabondo, il turista ed il giocatore per la postmodernità.

Cominciando dall’analisi del pellegrino compiuta all’interno di La società

dell’incertezza, Bauman spiega che tale figura non è stata un’invenzione moderna, dal

momento che era presente già agli albori del Cristianesimo; la modernità tuttavia le ha

dato una svolta. Sant’Agostino sosteneva che la Vera città dei Santi era in Paradiso,

mentre sulla terra i Cristiani vagabondavano in pellegrinaggio nel tempo, cercando il

regno dell’eternità. Per i pellegrini nel tempo la verità è quindi altrove, ed il vero luogo

è ad una certa distanza; inoltre solo le strade hanno un senso, poiché le case

rappresentano una tentazione per il riposo e portano a dimenticarsi della destinazione.

Anche le strade tuttavia possono distogliere dal giusto cammino. Così la lontananza

dalle città, il deserto, diventa per gli eremiti medievali l’archetipo della vera libertà,

della vicinanza a Dio. Il loro pellegrinaggio verso Dio era un esercizio di

autocostruzione.

Nella modernità si verificò un fatto nuovo, narratoci da Max Weber, che venne

compiuto dai protestanti. Essi infatti divennero pellegrini all’interno del mondo,

intraprendendo il pellegrinaggio senza abbandonare la casa. Ciò poteva verificarsi

perché avevano fatto in modo che il deserto si estendesse ai paesi ed alle soglie di casa,

dal momento che le caratteristiche dell’ambiente pre – moderno venivano cancellate.

Bauman cita a proposito Richard Sennet, il quale sostiene che il protestante, la figura

modello dell’uomo moderno, era tentato dalla solitudine, dalla freddezza e

dall’impersonalità. Il pellegrinaggio nella modernità non è più quindi una scelta del

modo di vivere: esso diventa il modo per dare un significato al cammino nel deserto,

dirigendosi verso una meta.

Questo “dare significato” è inteso da Bauman come “costruzione dell’identità”,

ed il pellegrino ed il mondo-deserto in cui cammina acquistano significato insieme. In

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Page 39: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

questo processo sia il significato che la costruzione dell’identità possono esistere in

quanto progetti, ed è la distanza che permette ad essi di esistere. Essa può inoltre essere

definita in altri termini come insoddisfazione e denigrazione del qui e ora. Il tempo

moderno del vivere verso il progetto era così direzionale, ed il pellegrino moderno

doveva scegliere il suo punto d’arrivo abbastanza giovane. Il differimento della

gratificazione forniva l’energia necessaria per la costruzione dell’identità, assieme alla

fiducia che il mondo avrebbe ripagato i risparmi con gli interessi. Il mondo dei

pellegrini – dei costruttori di identità – deve essere ordinato e determinato, e le tracce ed

i documenti devono rimanere in esso per sempre.

Passando alla postmodernità, Bauman considera che il suo mondo tuttavia non è

più ospitale verso i pellegrini. Questi ultimi si sono infatti dati da fare per costruire un

mondo flessibile, in cui l'identità possa essere costruita secondo la propria volontà.

Tuttavia, trasformando lo spazio circostante in deserto, si sono accorti che esso non

trattiene più i segni: il vero problema non è più come costruire un’identità, bensì come

mantenerla. Come si è già considerato in precedenza, le identità postmoderne possono

essere infatti adottate e scartate come i prodotti di consumo. Ciò fa in modo che la vita

come pellegrinaggio diventi difficilmente praticabile come strategia, e con poche

probabilità di essere scelta. Nella postmodernità perde così importanza il legarsi a ad un

luogo, ad una vocazione o a progetti, poiché i lavori che durano una vita sono scomparsi

e le nuove professioni che durano solo un periodo difficilmente possono essere

considerate le vocazioni weberiane. Oltre a ciò si può considerare anche l’impatto delle

nuove forme di relazioni sulla precarietà della vita postmoderna.

Ecco quindi che Bauman propone le quattro figure postmoderne: il flaneur, il

vagabondo, il turista ed il giocatore, i quali presi insieme offrono la metafora di una

nuova strategia generata dal non volere essere legati a qualcosa. Come anche la figura

del pellegrino per la modernità, tali figure erano presenti prima della postmodernità;

tuttavia quest’ultima ha dato loro una nuova importanza per due motivi. Primo: gli stili

un tempo praticati da persone marginali in periodi e luoghi marginali, sono ora praticati

dalla maggioranza, in ogni età ed in luoghi centrali. Secondo: nonostante siano in

quattro, ogni tipo trasmette solo una parte della storia.

La prima di queste figure, il flaneur, è stata analizzata da vari autori, tra i quali

Bauman menziona Baudelaire, Benjamin e Simmel. L’analisi di quest’ultimo è presente

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Page 40: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

all’interno di Intervista sull’identità, e mostra i flaneurs cittadini come distaccati dai

drammi delle strade urbane e non alla ricerca di una comunità con cui potersi

identificare. Tornando a La società dell’incertezza, Bauman espone prima l’analisi di

Baudelaire, il quale definì Costantin Guys “pittore della vita moderna” perché dipingeva

scene di vita cittadine secondo la concezione del bighellone, il flaneur appunto; in

seguito propone la trasformazione, operata da Benjamin, del flaneur in figura centrale e

simbolica della città moderna. Bighellonare assume così il significato di considerare la

realtà umana come una serie di episodi senza conseguenze, protagonisti dei quali sono

le vite delle persone. Di conseguenza, ciò che il pellegrino faceva non veniva nemmeno

preso in considerazione dal flaneur.

Nella postmodernità il bighellonare ha assunto una grande importanza, basti

valutare ad esempio la diffusione degli shopping malls, cioè dei centri commerciali

dove si cammina e si fanno acquisti, i quali hanno fornito un’ulteriore elevazione dello

stile di vita del flaneur. Bauman cita inoltre la concezione di Henning Bech di telecittà,

ovvero la città come ricovero del flaneur, purificata da tutto ciò che può essere ritenuto

non opportuno, in modo tale che rimanga solo l’aspetto più invitante.

Più avanti lo stesso autore viene ripreso nel suo prendere ad esempio Charlotte

Bronte, la quale nel passeggiare per Londra provava ebbrezza, piacere ed estasi di

libertà. Bauman afferma in seguito: <<La superficialità, l’appiattimento delle emozioni

e del tempo, lo smontaggio del flusso temporale in frammenti sconnessi, erano i piaceri

intensi di solito attribuiti al flaneur solitario...; quell’appiattimento e quella superficialità

sono ora alla portata della maggior parte (se non di tutti!) degli abitanti della...città>>16.

Tale separazione del valore dell’uso/piacere da ogni impegno/coinvolgimento

che riguardi amore, onore ed obbedienza secondo Bauman è il principale meccanismo

della versione postmoderna del processo di adiaforizzazione, cioè dello spogliare le

relazioni umane di ogni significanza morale, esentandole dalla valutazione etica e

rendendole moralmente irrilevanti. Il processo che conduce alla adiaforia si innesca ogni

volta che la relazione non coinvolge la persona in modo globale, cioè quando la

caratteristica della relazione è un aspetto dell’Altro. La vita di città è quindi una vita

moralmente povera e libera di essere assoggettata a criteri non morali. Le relazioni

16 Zygmunt Bauman, La società dell’incertezza, Il Mulino, Bologna, 1999, p. 90.

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Page 41: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

urbane, sostenute da una scelta volontaria, diventano anonime e non coinvolgenti,

secondo lo spirito del consumismo.

Sempre all’interno di La società dell’incertezza è presente l’analisi della seconda

figura della postmodernità, il vagabondo. Esso, come le figure precedentemente

affrontate, era presente pure nella modernità con aspetti differenti. Era infatti il flagello

della prima modernità, il motivo per cui governanti e filosofi ordinavano e fornivano

norme. Il vagabondo era senza padroni, e proprio per questo motivo veniva temuto e

combattuto; inoltre, a differenza del pellegrino, non aveva destinazione. Per il

vagabondo ogni posto è un luogo di sosta ed egli non sa quanto vi rimarrà; è infatti

spinto alle spalle dalle speranze frustrate, e tirato in avanti da quelle non verificate.

Ovunque vada egli è così un estraneo.

La postmodernità modifica questa situazione. Infatti il vagabondo moderno

vagava attraverso luoghi organizzati, non riusciva a sistemarsi in nessun posto;

costituiva insomma una minoranza. Nella postmodernità invece sono rimasti pochi

luoghi organizzati: i posti di lavoro scompaiono, le abilità di ciascuno interessano meno,

l’esperienza professionale diventa un inconveniente e le reti di relazioni si disfano. Ora

il vagabondo è tale non per la sua riluttanza a sistemarsi, ma appunto per la scarsità di

luoghi organizzati.

Il turista, la terza figura della postmodernità, nella modernità era solito occupare

i margini dell’azione propriamente sociale, mentre oggi si è spostato verso il centro. Le

affinità tra il turista ed il vagabondo sono due: entrambi sono in movimento, e dovunque

vadano non sono mai del posto. Tuttavia vi sono anche delle differenze fondamentali.

In primo luogo il turista si muove seguendo uno scopo, costituito dal provare

una nuova esperienza, a condizione che questa nuova esperienza possa essere

abbandonata quando si voglia. Egli sceglie gli elementi in cui gettarsi in base a quanto

particolari, ma anche innocui, essi sono. Il mondo del turista è interamente strutturato in

base a criteri estetici; diversamente dalla vita del vagabondo, realtà dure e rigide non vi

interferiscono.

In secondo luogo il turista ha una casa. Infatti è necessario che per lui vi sia un

luogo dove rifugiarsi quando l’attuale avventura è terminata. Tale casa possiede tuttavia

un ruolo ambivalente, poiché se è la sua serenità che spinge il turista a fare nuove

avventure, questa stessa serenità che rende piacevole quella ricerca. Inoltre se la

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Page 42: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

condotta da turista diviene un modo di vita, risulta difficoltoso distinguere quale tra i

posti visitati sia la casa. Il bisogno della casa diventa quindi compresente alla paura di

legarsi ad essa.

Il rapporto tra vagabondi e turisti è approfondito all’interno di Dentro la

globalizzazione. Emerge qui che mentre i turisti si muovono perché trovano il mondo

alla loro portata (globale) attraente, i vagabondi perché trovano il mondo alla loro

portata (locale) inospitale; mentre i primi viaggiano perché lo vogliono, i secondi perché

non hanno altra scelta attuabile. La globalizzazione è volta a soddisfare i desideri del

turista, ma il suo effetto collaterale è la trasformazione di molte persone in vagabondi.

Conseguentemente a ciò, a livello politico la pressione per abbattere le ultime barriere al

libero movimento di denaro, merci ed informazioni viene accompagnata dalla spinta a

erigere nuovi muri (le leggi “sull’immigrazione” o sulla “nazionalità”) che blocchino i

movimenti di quanti vengono sradicati.

Il vagabondo arriva quindi a diventare l’incubo del turista, non per ciò che il

vagabondo è, ma per ciò che il turista potrebbe diventare. Mentre infatti il turista chiede

l’esilio o l’incarcerazione di vagabondi, mendicanti o barboni, cerca in tal modo di

esorcizzare le proprie paure. Un mondo senza vagabondi è l’utopia del mondo dei

turisti, e grazie a questa utopia agisce la politica volta a diffondere la “legge e l’ordine”,

a criminalizzare la povertà e ad attaccare il parassitismo. Tuttavia la vita del turista

perderebbe molta della sua attrattiva se non ci fosse la vita dei vagabondi come

alternativa. Infatti, nonostante l’apparenza, la vita del turista possiede varie

caratteristiche difficoltose, come l’incertezza che caratterizza qualsiasi scelta ed i rischi

connessi ad ogni decisione. Inoltre la possibilità di scegliere perde molto del suo fascino

quando scegliere diventa obbligatorio, e ciò succede anche all’avventura quando la vita

si trasforma in una serie di avventure. Tali preoccupazioni vengono accantonate proprio

quando la vita da vagabondo si presenta come alternativa.

Per la quarta figura della postmodernità, il giocatore, è utile considerare

nuovamente La società dell’incertezza. All’interno del mondo del gioco non esistono né

l’inevitabilità né gli accidenti; ciò che più importa è quanto bene uno gioca la propria

mano. Anche il “colpo di fortuna”, o di sfortuna, spartisce la condizione di non

necessità e non accidentalità delle mosse del giocatore. Inoltre nel gioco il mondo stesso

è un giocatore con le proprie mosse, e diventano quindi importanti il rischio come la

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Page 43: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

valutazione delle mosse. Ogni partita, nel mondo - come - gioco, possiede le proprie

regole e le proprie convenzioni, viene giocata come se in precedenza non se ne fossero

giocate altre, e in modo da non lasciare conseguenze sulle successive. Per fare ciò il

fatto che si tratta di un gioco deve essere sempre presente, anche se tuttavia lo scopo è

vincere.

Riassumendo i tratti riguardanti i quattro tipi postmoderni, Bauman afferma che

i più significativi tra essi sono gli effetti sugli atteggiamenti morali e politici delle

persone, e indirettamente sullo status della moralità e della politica nel contesto

postmoderno. Sono infatti le strategie di vita postmoderne, piuttosto che il modo

burocratico di gestire i processi sociali, i fattori principali che danno forma alla

situazione morale degli uomini e delle donne postmoderne. Tutte e quattro le strategie di

vita considerate rendono i rapporti umani frammentari e discontinui, promuovono una

distanza tra l’individuo e l’Altro, e considerano l’Altro come un oggetto di valutazione

estetica, non morale, non portando quindi ad una responsabilità verso di esso.

L’incapacità politica degli uomini e delle donne postmoderne ha la stessa origine

dell’incapacità morale. Infatti la distanza estetica sceglie come i suoi punti di

riferimento gli attributi del soggetto che distanzia, come l’interesse o la soddisfazione.

Bauman cita poi alcune frasi di Jean-Francoise Lyotard: <<gli oggetti e i contenuti sono

diventati indifferenti. L’unica domanda riguarda il loro essere “interessanti”>>;

<<l’emancipazione non è più posta come alternativa alla realtà>>17. Bauman, a

proposito di quest’ultima affermazione, sostiene che gli oggetti non vengono più

considerati come tali da avere bisogno di un miglioramento; se non soddisfano vengono

presto abbandonati.

Il compito del cittadino postmoderno diventa così quello di condurre una vita

piacevole, anche se ciò non significa che sia una vita totalmente felice. Ogni volta infatti

che irrompono fattori fuori dalla portata dell’individuo, come la chiusura di un ospedale

o di una scuola, le esplosioni momentanee di azioni solidali non alterano i tratti dei

rapporti postmoderni, cioè la frammentarietà e la discontinuità.

17 Ivi, p. 51.

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Page 44: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 6

LO STRANIERO

La figura dello straniero è affrontata da Bauman sopratutto ancora all’interno di

La società dell’incertezza, e più precisamente nei capitoli La produzione e

l’annullamento dello straniero e Lo straniero rivisitato e rivisitante. Per prima cosa

Bauman definisce straniero chi non si adatta alle mappe cognitive, morali o estetiche del

mondo, ed in tale maniera sconvolge i modelli di comportamento stabiliti e costituisce

un ostacolo alla realizzazione di un benessere generale. Successivamente egli afferma

che tutte le società producono stranieri, anche se con caratteristiche differenti.

Anche qui, come per le figure delineate precedentemente, è utile operare una

distinzione tra modernità e postmodernità. Per quanto riguarda la prima, in essa lo stato

era percepito come la fonte ed il garante di una vita ordinata; in questo senso lo

straniero era chi non si adeguava a tale ordine. Per combattere la guerra contro lo

straniero venivano impiegate due strategie, e qui Bauman, come anche in altre sue

opere, cita una concezione di Lévi – Strauss. La prima strategia era antropofagica, e

consisteva nell’annullare gli stranieri “divorandoli”, per poi renderli una copia perfetta

di se stessi. Questa era una strategia di assimilazione, che rendeva simile il dissimile ed

eliminava le tradizioni culturali. La seconda strategia era antropoemica, e consisteva

nell’espellere gli stranieri dal mondo ordinato. Questa era una strategia di esclusione, e

faceva in modo di confinare gli stranieri all’interno di ghetti o addirittura di eliminarli

fisicamente. Nella società moderna l’annullamento culturale e/o fisico degli stranieri era

insomma un atto di distruzione creativa, di demolizione e ricostruzione; la loro presenza

era definita come temporanea.

Per descrivere la situazione dello straniero nella postmodernità, Bauman si

riallaccia al tema dell’identità. Quest’ultima infatti, come si è già notato, nella

postmodernità assume una posizione particolare, dal momento che mentre farsi

un’identità è un’esigenza sentita, avere un’identità si rivela uno svantaggio perché limita

il percorso esistenziale. Bauman cita qui Purezza e pericolo di Mary Douglas,

un’antropologa inglese, la quale nota che ciò che percepiamo come non pulito è

un’anomalia che turba il sistema; facendo ciò ella aggiunge una prospettiva sociologica

all’analisi compiuta da Sartre del “vischioso”, una situazione in cui una persona è

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Page 45: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

coinvolta e compromessa e per la quale la stessa persona non è più padrone. Il vischioso

insomma limita la libertà.

Lo straniero è detestato come lo è la vischiosità e per gli stessi motivi. Afferma

Bauman: <<meno gli individui sono in grado di controllare le loro vite e le loro identità,

più essi percepiranno gli altri come vischiosi, e cercheranno in modo più frenetico di

districarsi, di staccarsi dagli stranieri...>>18. La percezione dello straniero cambia così a

seconda del tipo di popolazione; per i cittadini ricchi, ad esempio, gli stranieri sono

gradevoli individui che possono essere retribuiti per il tipo di servizi che offrono, come

ristoranti o negozi etnici. Tali stranieri non possono mai mettere in discussione la libertà

del consumatore. La rivolta contro lo straniero proviene invece da altre zone della città,

quelle più povere. Proprio perché agli abitanti di tale zone viene privata la libertà di

scelta, poiché non possiedono i mezzi necessari, essi reagiscono difendendo il territorio

con rituali e atteggiamenti come rivolte o abbigliamenti particolari. Essi reagiscono in

modo aggressivo proprio come per liberarsi da un elemento vischioso. Ecco così che

ogni parte rappresenta per l’altra lo straniero. La paura del vischioso degli individui

senza potere viene inoltre spesso strumentalizzata da chi invece il potere lo detiene.

La differenza principale che distingue lo straniero nella modernità rispetto alla

postmodernità consiste nel fatto che mentre gli stranieri moderni erano destinati

all’annullamento, gli stranieri postmoderni sono voluti proprio in quanto tali. Le loro

abilità sono infatti ritenute utili in quanto straniere. Bauman sostiene infatti che per

molti versi la nostra è l’epoca dell’eterofilia, dal momento che per i recettori di

sensazioni ed i collezionisti di esperienze la differenza è un privilegio. Gli individui

postmoderni hanno bisogno degli stranieri perché, in quanto culturalmente plasmati,

senza di essi perderebbero notevoli possibilità di emancipazione. Si tratta quindi di

trovare il metodo per convivere con l’alterità tutti i giorni.

Nella postmodernità inoltre, in discordanza con la modernità, sia la destra che la

sinistra sono concordi nel riconoscere il valore della differenza, e nell’affermare che il

modo migliore di convivere con gli stranieri consiste nel tenere le distanze e mantenere

le differenze. Per fare ciò la sinistra si richiama al concetto di “comunità”, ritenuta un

nuovo processo di autodeterminazione in cui i diversi gruppi etnici si riappropriano del

18 Ivi, p. 70.

3

Page 46: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

loro potere. Tuttavia a parere di Bauman questo metodo non è del tutto valido, poiché in

questa maniera l’integrazione perde valore.

La situazione postmoderna non incrementa così il volume della libertà

individuale, bensì la redistribuisce secondo una modalità polarizzata; proprio tale

polarizzazione fa sì che rimanga la dualità dello status socialmente prodotto degli

stranieri, per il quale essi o sono considerati utili e fonti di esperienze gradevoli, o

“vischiosi”. Ciò accade perché la polarizzazione della libertà e della ricchezza frena un

autentico diritto all’individualità.

Bauman poi continua a spiegare le caratteristiche dello straniero introducendo un

nuovo tema, quello della città. Egli inizia elencando i punti principali dello stile di vita

di città:

- considerare più destinazioni tra cui scegliere;

- avere l’esigenza di selezionare le mete più rilevanti;

- muoversi in uno spazio popolato da altri con esigenze simili alle nostre.

La distanza tra ciò che occorre sapere per praticare la vita di città e ciò che si sa,

è definita come l’elemento di “stranezza” negli sconosciuti; questa distanza definisce

quindi gli altri come “stranieri”. La vita in città è in tale modo realizzata da stranieri tra

stranieri, e la distanza assume un ruolo ambivalente, poiché è sia il luogo del pericolo

che quello della libertà.

Il segreto per ottenere la felicità nella vita di città consiste nel sapere vivere bene

la propria esperienza, ed allo stesso tempo eliminare la minaccia proveniente dalla

condizione degli altri stranieri. I due obiettivi sono tra loro in contraddizione: poiché

infatti in città ciascuno è straniero, ogni vincolo imposto a questa condizione di

straniero limita sia una ipotetica minaccia che la libertà. I diversi progetti delle città

ideali hanno così cercato di sacrificare quel poco di libertà necessario a rendere

l’incertezza sopportabile.

Bauman propone in seguito due strategie per convivere con gli stranieri. La

prima consiste nel ridurre o nell’eliminare il carattere imprevedibile del comportamento

degli stranieri; la seconda nell’allontanare i movimenti degli estranei, in modo da non

doversi più preoccupare di loro. A tali strategie si affiancano delle altre, anche se

marginali, come quella di focalizzare l’avversione per l’insicurezza su una determinata

categoria di stranieri, siano essi immigrati, nomadi ecc.

3

Page 47: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Tutte le moderne utopie di progettazione urbanistica hanno seguito la prima

delle strategie proposte. L’architettura attirava tale attenzione dal momento che era

diffusa la credenza che per gli esseri umani la configurazione del mondo in cui vivevano

aveva una grande influenza sulle loro azioni; ecco così che la progettazione della città

diventava una guerra al carattere indefinito ed indeterminato degli estranei. La

pianificazione della città messa in atto dalle utopie urbanistiche riguardava

l’eliminazione di ciò che di strano vi era nell’estraneo, o addirittura dell’estraneo stesso.

Bauman, a proposito di questa pianificazione delle città moderne, cita alcuni

passi di Richard Sennet, il quale individua nello schema a griglia rettangolare

l’espressione della città come ambiente di vita uniforme. Tale schema sostituì agli

antichi centri storici una serie di incroci anonimi e ripetitivi. Per quanto riguarda le città

americane, ad esempio, Chicago presentava una serie di ostacoli naturali, come fiumi,

che non vennero neanche presi in considerazione dai progettisti; invece i villaggi che

costeggiavano Manhattan nel diciannovesimo secolo vennero inghiottiti, più che

incorporati, dal nuovo progetto urbano.

Tuttavia non si ottenne affatto lo scopo desiderato. La griglia si trasformò infatti

in una matrice di nuova eterogeneità, uno schema in cui i nuovi abitanti si dividevano il

territorio a modo loro. I nuovo sociologi della vita urbana furono così costretti a

tracciare sulla regolare mappa di Chicago delle nuove tracce che non si confacevano

affatto ad essa. Le città risultanti da tutto ciò furono aggregati di aree distinte e

differenziate, caratterizzate oltre che da differenti abitanti, anche dal tipo di estranei che

le visitavano. La libertà di movimento all’interno della città è così divenuta il principale

fattore di stratificazione.

Si presenta così la seconda delle strategie proposta da Bauman per la convivenza

con gli stranieri, nella quale la posizione sociale si connota per la misura in cui è

possibile ignorare la loro presenza. Naturalmente tale strategia è praticabile solo da

pochi cittadini, i quali possono eludere le cosiddette no go areas, ovverosia le aree ad

accesso vietato. Le arterie di grande traffico e le auto “a prova di ladro” permettono di

svolgere meglio tale compito e di evitare le zone con determinati stranieri.

La vita di città assuma insomma significati differenti per persone differenti, ed a

parere di Bauman è utile considerare questo fatto per evitare di descrivere sempre

l’esperienza della vita urbana secondo la prospettiva postmoderna e “democratica”.

4

Page 48: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Egli popone in seguito una nuova figura di straniero, quello “ante portas”, alla

porta. Per fare ciò inizialmente cita un’analisi di Phil Cohen dedicata allo sciovinismo

ed al razzismo contemporaneo, secondo la quale tutte le xenofobie etniche o razziste che

interpretano lo straniero come nemico assumono come metafora ispiratrice la

concezione della “dimora sicura”. Tale concezione trasforma ciò che è all’esterno come

una zona piena di pericoli, ed è un’utopia di un luogo dai confini sicuri e protetti, in cui

le “persone non familiari” diventano nemici assoluti. La vita di città rende inoltre

sempre più desiderabile una “dimora sicura”. Tale rimedio è però solo ipotizzabile e non

realizzabile.

Secondo questa concezione lo straniero è appunto sempre “ante portas”, alla

porta, e questa porta diventa concepibile solo quando uno straniero tenta di introdursi

abusivamente, o di invadere il territorio. Tale straniero è molto differente da quello che

popola lo scenario urbano di cui si è trattato in precedenza. Egli infatti è privato di

quell’ambivalenza che rende la moltitudine delle strade delle città fonte di esperienze

gradevoli per il cittadino postmoderno. Bauman definisce in tale maniera i due tipi di

stranieri: <<se lo straniero del flaneur è la sedimentazione del desiderio per la

versatilità proteiforme, lo straniero immaginato dal “difensore della casa” è il

precipitato della fobia del molteplice>>19. La realtà versatile e molteplice delle città

contemporanee propone entrambe le tipologie. Questa desiderata dimora/rifugio, sia che

venga rimpianta nel passato o proiettata nel futuro, rimane così sempre una dimora

ipotizzata.

In conclusione all’analisi sullo straniero all’interno di La società dell’incertezza,

Bauman definisce lo stesso straniero “Giano bifronte”. La città è un luogo in cui si

mischiano opportunità e minaccia, in un’ambivalenza permanente che la modernità non

è riuscita ad eliminare. Egli cita poi Jonathan Friedman, secondo cui un’offerta culturale

variegata e spesso contraddittoria, in genere allontanata dall’identità moderna, sembra

avere condizionato molto quella postmoderna. Tale diffusione provoca una scoperta di

nuove esperienze, assieme alla paura dello sconosciuto. La città postmoderna insomma

tiene insieme il giusto per un’identità multiforme e svincolata con il desiderio di una

“dimora” e di una “comunità”. Bauman cita anche Dean MacCannel, secondo il quale il

19 Ivi, p. 94.

4

Page 49: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

problema centrale della postmodernità sarà quello di creare surrogati delle comunità, o

comunque di generare un “senso” della comunità.

L’ambiguità esperienziale della città postmoderna condiziona così l’ambivalenza

postmoderna dello straniero, il quale appunto ha due facce: una che promette

gratificazione senza alcun patto di lealtà, l’altra portatrice di un mistero minaccioso.

Secondo le parole di Bauman: <<La fobia della eterogeneità e il piacere per la

promiscuità combattono una battaglia che non può avere vincitori>>20.

20 Ivi, p. 97.

4

Page 50: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 7

IL RUOLO DELLA POLITICA NELLA POSTMODERNITÁ

Bauman tratta il distacco della politica da parte degli uomini e delle donne

postmoderni in varie opere, tra cui La società sotto assedio. In tale opera egli afferma

che mentre è comune deplorare il cinismo, il nichilismo e l’indifferenza verso grandi

progetti esistenziali degli individui postmoderni, non si tiene adeguatamente in

considerazione il fatto che questo atteggiamento è una risposta ad un mondo in cui si

considera il futuro come una minaccia. Secondo Bauman, che riprende una proposta di

Pierre Bourdieu, tale mondo si può definire il prodotto di una economia politica

dell’incertezza.

Il principale veicolo di tale economia è la fuga del potere dalla politica, tollerata

e favorita dai governi attraverso le politiche della deregolamentazione e della

privatizzazione. Per quanto riguarda il risultato di tutto ciò Bauman cita poi Manuel

Castells, il quale afferma che ne nasce un mondo in cui il potere è sempre più globale ed

extraterritoriale, mentre la politica rimane locale e territoriale. Le società si trovano così

a dipendere dai movimenti della finanza mondiale, e non riescono ad intervenire in

situazioni quali la contrazione dei mercati del lavoro, la povertà crescente o i problemi

ambientali.

Il risultato è la perdita della “presa sul presente”, che a sua volta porta

all’indebolimento della volontà politica e allo scetticismo riguardo alla possibilità di

cambiare attivamente la condizione umana. A tutto ciò si aggiunge il fatto che le

soluzioni che di solito vengono proposte sono un aumento della deregolamentazione e

della flessibilità ed il rifiuto di ogni interferenza. Bauman a proposito di ciò cita

Cornelius Castoradis, secondo il quale il problema principale della nostra società è il

fatto che ha smesso di farsi domande. In tale maniera le persone accettano la non

possibilità di cambiare le condizioni della propria esistenza, e la società cessa di essere

autonoma, cioè di definire e gestire se stessa, divenendo eteronoma, eterodiretta.

Citando ancora Castoradis, si entra in un’”epoca di conformismo universalizzato”.

Bauman espone in seguito una proposta per la difesa della democrazia nella

società individualizzata. Egli inizia con un analisi della storia della democrazia

moderna, l’inizio della quale è fatto risalire da vari storici al rifiuto di consentire la

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Page 51: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

tassazione senza il consenso dei tassati. Era qui in gioco la difesa di un principio, quello

del suddito come cittadino appartenente ad un corpo politico.

Il successo della democrazia nella realizzazione di una società autonoma

dipende secondo Bauman dall’equilibrio tra libertà e sicurezza. La forza della

democrazia si attenua infatti quando vi è carenza di libertà o di sicurezza, e la storia

politica della modernità può essere interpretata come una modalità di raggiungimento

dell’equilibrio tra le due parti. Tale ricerca è in corso tuttora, e rappresenta la condicio

sine qua non del conseguimento dell’autonomia da parte della società.

In questo caso vi è però una differenza tra modernità e postmodernità. Mentre

nella prima infatti il principale pericolo per la democrazia è stato individuato nelle

limitazioni imposte alla libertà dell’uomo dal controllo delle istituzioni preposte alla

“sicurezza collettiva”, nella seconda la democrazia è minacciata dal versante opposto,

poiché è la sicurezza garantita dalla collettività ad essere sempre più abbandonata.

Mentre il deficit di libertà ha come risultato una incapacità di farsi valere, il deficit di

sicurezza produce invece l’incapacità di considerare una causa comune per la quale

migliorare la società. L’esito dei due processi è tuttavia simile, e consiste in un

indebolimento delle capacità democratiche e in una fuga dalla politica e dalla

cittadinanza responsabile.

Secondo Bauman è necessario fare qualcosa per rafforzare la capacità di

autogoverno del corpo politico attuale, e per fare in modo che gli individui riassumano

le attività di una cittadinanza responsabile. A livello “macro”, ciò dovrebbe

concretizzarsi in una elevazione delle forze politiche a quel livello globale in cui sono

situati i poteri che realmente contano nella postmodernità. Questo è ostacolato da una

sorta di nodo gordiano: infatti per limitare i poteri globali incontrollati occorre una

nuova forza politica globale, ma è proprio il fatto che i poteri globali rimangono

incontrollati che frena la formazione di forze politiche globali. Dalla soluzione di questo

problema dipendono secondo Bauman il futuro della repubblica e della democrazia.

Alcune caratteristiche di una politica che estenda le proprie influenze a livello

globale sono descritte all’interno di Società, etica, politica. Bauman afferma che spesso

la natura imprevista di certe conseguenze sconvolgenti, a livello ad esempio

ambientale, dipende da un processo decisionale di natura politica. Lo scopo delle lotte

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Page 52: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

per il potere è infatti costituito anche dal decidere quali sono i fini “legittimi” di

un’azione dai suoi effetti collaterali.

I mezzi crescono infatti ad un livello sempre crescente, e così le conseguenze

delle azioni. Ma tali mezzi tendono anche a polarizzarsi, aumentando così gli squilibri

all’interno del genere umano. Per gestire tutto ciò è necessaria secondo Bauman una

politica con un sistema giuridico che tuteli i diritti umani. Un altro problema derivante

dall’allontanamento degli effetti delle azioni è costituito dalla globalizzazione della

responsabilità, che si traduca in un’effettiva modifica di alcuni comportamenti. Il

risultato più frequente delle campagne mediatiche che mostrano gli squilibri a livello

mondiale è infatti una successione di “carnevali della pietà”, di esplosioni di

compassione. Tuttavia essi non sono attrezzati a formare un legame morale efficace,

permanente e solidamente istituzionalizzato, dal momento che non mostrano le vere

cause dei problemi, ovvero ad esempio i mezzi di sussistenza distrutti dal libero

commercio o le inimicizie tribali promosse ed alimentate dall’industria delle armi.

All’interno di La società sotto assedio sono esposte le due principali reazioni

politiche alla globalizzazione. La prima coincide con il comunitarismo, il quale,

cercando di risollevare un’ideale di comunità, mira ad un’uniformità di identità che

possa portare la desiderata sicurezza, eliminando diversità e molteplicità. Secondo

Bauman però tale reazione può rivelarsi pericolosa, perché il comunitarismo, da lui

chiamato anche “tribalismo”, può in casi estremi anche trasformarsi in pulizia etnica e

ghettizzazione.

Inoltre a parere di Bauman è improbabile che il comunitarismo mitighi le

sofferenze che promette di curare, dal momento che anziché contenere le forze della

globalizzazione, la frammentazione politica ed il frantumarsi della solidarietà che il

comunitarismo è capace di generare portano solo ad un dominio maggiore delle forze

globali.

Le risposte della seconda categoria intendono invece assoggettare le forze

economiche ad un controllo democratico (etico, politico e culturale), ma secondo

Bauman ciò è difficile da realizzare. Egli torna così a ripetere che una risposta alla

globalizzazione non può che essere globale, in quanto distinta da “internazionale” o

“interstatale”.

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Page 53: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Tornando a La società individualizzata, si nota che in essa emerge una delle

proposte più importanti per quanto riguarda l’analisi di Bauman della politica nella

postmodernità: quella dell’agorà. Egli inizia proponendo la descrizione a riguardo di

Aristotele, il quale distingueva l’oikos, il territorio privato e familiare, dall’ekklesìa, il

luogo proprio alla politica in cui vengono prese le decisioni pubbliche. Esiste però una

terza area, l’agorà appunto, nella quale il pubblico ed il privato si incontrano e decidono

la modalità per una coabitazione.

L’agorà è lo spazio della democrazia, all’interno del quale si svolge la

traduzione tra oikos ed ekklesìa. In ciò consiste infatti il compito della democrazia, la

quale è però esposta ad una duplice minaccia: l’impotenza dell’ekklesìa, cioè dei

pubblici poteri, a mettere in pratica ciò che promulgano, e la crisi del passaggio

dall’ekklesìa all’oikos, cioè dalle questioni pubbliche ai problemi privati. Per quanto

riguarda la prima minaccia, come si è già descritto prima la politica rimane sempre più

ancorata a livello locale, mentre il potere vero e proprio è sempre più globale ed

extraterritoriale. Questo è testimoniato ad esempio dai fallimenti registrati dalle unioni

di stati sovrani per risolvere determinate questioni, oppure dall’impossibilità di

raggiungere una presa di posizione comune su temi fondamentali come l’ingegneria

genetica o la clonazione. Un altro caso rappresentativo è costituito dalla guerra nell’ex

Jugoslavia, la quale ha mostrato l’irrilevanza della sovranità statale e delle Nazioni

Unite, che proprio su tale sovranità si basavano.

La globalizzazione ha poi mostrato un altro aspetto della politica, ovvero la

disponibilità da parte di quest’ultima di spalancare le porte al libero movimento dei

capitali finanziari e commerciali, e nel rendere ospitale il proprio paese minimizzando le

regole e massimizzando la flessibilità del lavoro e dei mercati finanziari. In pratica

l’ekklesìa usa il proprio potere per rinunciarvi. Inoltre la maggioranza delle persone non

si attende grandi risultati da parte delle ekklesìai, dal momento che è consapevole degli

scarsi mezzi che hanno a disposizione.

Per quanto riguarda la seconda minaccia, ovvero il riempimento dell’agorà da

parte del privato, l’oikos, di ciò sono responsabili i mezzi di comunicazione mediante ad

esempio i talk show. Il privato in questa maniera ha invaso gli spazi che dovevano

appartenere al pubblico, ma non per interagire con esso. Infatti, nonostante l’esposizione

pubblica, il privato mantiene, se non rafforza, il suo carattere e le sue peculiarità. Il

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Page 54: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

dilemma per la democrazia è così costituito dal fatto che l’impotenza pratica delle

istituzioni pubbliche rende meno attraenti le posizioni comuni, mentre la minore

capacità di portare le questioni private in quelle pubbliche semplifica l’operato delle

forze globali, le quali alimentano tale incapacità e si servono dei suoi risultati.

La tematica dell’agorà è ripresa in più punti di La solitudine del cittadino

globale. Bauman qui sostiene che all’interno dell’agorà si possono mettere in pratica

alcune concezioni come “bene pubblico”, “società giusta” o “valori condivisi”. Tuttavia

di questi spazi privati/pubblici oggi ne sono rimasti ben pochi. Una delle caratteristiche

della società postmoderna, per la precarietà con cui molte persone conducono le proprie

vite, è resa secondo Bauman dal termine tedesco Unsicherheit, il quale racchiude vari

significati tra cui incertezza, insicurezza esistenziale e assenza di garanzie di sicurezza

per la propria persona, precarietà. Queste afflizioni rappresentano un enorme

impedimento ai rimedi collettivi, poiché le persone che si sentono insicure tendono a

non assumersi i rischi che l’azione collettiva comporta.

Quello che in genere le istituzioni politiche fanno è il convogliare questi vari

aspetti verso l’unica componente della sicurezza personale. Vi è però un paradosso

insito in questo fatto: infatti mentre un intervento efficace per mitigare l’insicurezza

richiede un’azione comune, gran parte delle misure adottate per la sicurezza personale

producono divisione, poiché allontanano le persone. Questa è una delle ragioni

principali per cui la richiesta di spazi privati/pubblici è così scarsa, e anche quella per

cui i pochi spazi rimasti di questo tipo non sono frequentati.

All’interno di Modernità liquida Bauman sostiene che il compito della politica è

quello di trasformare gli individui de iure in individui de facto, ossia in individui

padroni del proprio destino e capaci di compiere le scelte che realmente desiderano.

Tale divario tra individui de iure e de facto è prodotto proprio dallo svuotamento di cui

si è trattato dello spazio pubblico/privato delle agorà, svuotamento causato

dall’invasione del privato nel pubblico. Inoltre i principi prediletti dalle autorità

costituite sono oggi la fuga, il distacco ed il disimpegno, ed in questa maniera gli

individui vengono spogliati della cittadinanza e delle loro capacità di cittadini. Tuttavia

a parere di Bauman l’individuo de iure non può trasformarsi in un individuo de facto

senza prima essere divenuto un cittadino; ecco perché è ancora una volta necessario

riprogettare e ripopolare l’agorà.

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Page 55: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Tale proposta dell’agorà è ridimensionata da Mauro Magatti, autore della

prefazione di Una nuova condizione umana e interlocutore di Bauman nella stessa

opera. Proprio in questa prefazione Magatti afferma che Bauman non riduce la

democrazia ad un insieme di regole, forme e procedure, bensì la ritiene sostenuta da una

condivisione da parte dei cittadini di un insieme di valori e di modi di vita che la

rendono possibile. Egli continua esponendo l’analisi di Bauman del cittadino globale, il

quale è spinto a cercare di risolvere da solo le diverse problematiche: ecco così che

l’individualizzazione si risolve in mera atomizzazione. Tale condizione avvantaggia le

élites mobili, le quali non devono rendere conto, mentre peggiora la condizione di chi,

ancorato ad in territorio, subisce delle decisioni.

La crisi dell’agorà è un modo per interpretare questa trasformazione. Dato che la

vita sociale legata agli stati nazionali, assieme alle precedenti forme di sovranità, non è

più presente, l’agire politico non si pone più in maniera diretta nei confronti di questa

vita sociale, e proprio questo è il fondamento della sua crisi. L’agorà ricompone invece

la diversità delle identità e degli interessi. Un’ulteriore problematica è costituita dal

mutamento dei mezzi di informazione, che dal controllo pubblico sono passati a

dipendere da forze economiche e commerciali. Anche questo processo porta ad un

indebolimento dell’agorà, dal momento che comprime gli spazi di discussione e di

confronto.

A proposito di ciò Magatti mostra come Bauman introduca una nuova

concezione, quella di “spazio estetico”, riguardante uno spazio non ordinato e con

riferimenti contraddittori. Dietro tale apparente libertà dello spazio estetico si

nascondono però nuove forme di omologazione, che impediscono di affrontare i

problemi contemporanei. Lo spazio estetico rappresenta un ulteriore fattore di

indebolimento dell’agorà, e porta a quella che Bauman definisce “adiaforizzazione”,

ovvero alla perdita del senso morale nell’età contemporanea. Ciò spiega quel senso di

apatia che caratterizza l’Io globale. A parere di Magatti Bauman si pone qui come erede

della Scuola di Francoforte, e ricorda alcune analisi della società contemporanea

compiute da Eric Fromm.

Vi sono tuttavia dei segni di reazione all’indebolimento dello spirito

democratico, come i movimenti sociali sorti negli ultimi anni o le occasioni in cui

l’opinione pubblica si riunisce; tuttavia secondo Bauman le difficoltà rimangono per

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Page 56: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

due ragioni. La prima è che si tratta di reazioni disorganizzate; la seconda è che rimane

una sproporzione tra le dinamiche fondamentali della nostra epoca e la capacità

d’azione sociale che si verifica.

E qui si presenta il ridimensionamento operato da Magatti per quanto riguarda

l’agorà. Egli espone prima la tesi di Bauman, cioè quella di ricreare istituzioni che

operino a livello globale e che riportino in equilibrio la dimensione individuale con la

vita sociale contemporanea, poi afferma che la costruzione di queste istituzioni rimane

difficile per due ragioni. La prima ha a che fare con la crisi motivazionale che i sistemi

democratici contemporanei devono affrontare, la quale fa sì che sia difficile passare

direttamente alle istituzioni globali, lontanissime dai singoli individui. La seconda ha a

che fare con la difficile realizzabilità del progetto, dal momento che mancano le

condizioni minime. Inoltre una sfera pubblica globale risulta difficile per le enormi

differenze culturali e per le difficoltà tecniche.

Secondo Magatti, una soluzione alla problematica esposta da Bauman potrebbe

essere quella di proporre una trasformazione degli stati nazionali sia in senso verticale,

cioè con l’introduzione di governi a livello globale, sia in senso orizzontale, favorendo

la partecipazione di gruppi e associazioni che propongano un modello decentrato ed

articolato.

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Page 57: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 8

LE DIVERSE FORME DELL’INCERTEZZA POSTMODERNA

Il tema già considerato della Unsicherheit è ripreso da Bauman all’interno di La

solitudine del cittadino globale. Egli, innanzitutto, analizza Il disagio della civiltà di

Sigmund Freud, all’interno del quale Freud stesso sosteneva che la civiltà occidentale,

moderna, è uno scambio di valori ugualmente essenziali. La civiltà reca infatti in dono

la sicurezza, una condizione esente dai pericoli che derivano dalla natura, dal proprio

corpo e dalle altre persone. In cambio, tuttavia, essa pone restrizioni alla libertà

individuale. I malesseri ed i comportamenti devianti più comuni, asserisce Freud,

derivano appunto da questo sacrificio della libertà individuale.

Bauman propone invece una tesi opposta a quella freudiana, in questo caso

riferendosi però alla postmodernità. Egli afferma, infatti, che i problemi ed i malesseri

più comuni al giorno d’oggi derivano sempre da uno scambio, ma in questo caso è la

sicurezza ad essere sacrificata rispetto ad una libertà individuale di scelta ed espressione

in continua espansione. Riguardo a quella sicurezza promessa dalla società moderna,

Freud utilizza il termine Sicherheit, il quale sintetizza a parere di Bauman tre termini

inglesi: security (sicurezza esistenziale), certainty (certezza) e safety (sicurezza

personale, incolumità). Bauman in seguito analizza questi tre termini.

Sicurezza esistenziale. Qualunque cosa sia stata conseguita rimarrà in nostro

possesso; qualunque obiettivo sia stato raggiunto manterrà il suo valore; il mondo è

stabile ed affidabile, così come lo sono le abitudini e le abilità acquisite.

Certezza. Poiché conosciamo le distinzioni che ci aiutano nella vita quotidiana,

abbiamo la convinzione di essere nel giusto.

Sicurezza personale. Purché ci comportiamo nella maniera giusta, nessun grande

pericolo minaccia il nostro corpo, i nostri beni, la famiglia e la casa.

Le tre componenti della Sicherheit sono le condizioni della sicurezza di sé e

della fiducia in sé; l’assenza di una delle tre produce il dissolversi di una tale situazione,

portando quindi ad un’ansia e alla tendenza a cercare qualcuno da incolpare. Tale ansia,

inoltre, è generica, dal momento che risulta difficile definire se il senso di paura derivi

dalla scarsa sicurezza, dalle minacce alla certezza o dalla scarsa incolumità. Diviene

quindi evidente che le incertezze del nostro tempo sono costruite su misura, come

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Page 58: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Bauman afferma citando un’espressione di Antony Giddens, per cui vivere

nell’incertezza ci appare un modo di vivere. Bauman, rifacendosi ai tre termini

considerati precedentemente, analizza ora dettagliatamente come la situazione si sia

capovolta nella postmodernità.

Per quanto riguarda il primo termine, nella postmodernità si verifica una

mancanza di sicurezza. Bauman descrive la situazione attuale del lavoro, sempre più

precario e instabile, e per fare ciò cita anche l’economista francese Jean-Paul Fitoussi,

secondo il quale il volume globale di lavoro disponibile sta diminuendo; un problema,

questo, strutturale, connesso al passaggio del controllo economico dalle istituzioni di

governo alle forze del mercato. Inoltre, come si è già considerato, mentre il capitale è

globale la politica rimane ancorata a livello locale. La globalizzazione è quindi qualcosa

che ci capita per ragioni che forse arriviamo a conoscere, ma che non possiamo

controllare.

L’insicurezza delle condizioni di vita, insieme con l’assenza di una valida

istituzione che controlli tutto ciò, arreca un danno alla politica di vita, come è

testimoniato dalla già descritta situazione dell’identità postmoderna. Bauman cita in

seguito Kenneth J. Gergen il quale, per la definizione della precarietà lavorativa, conia

l’espressione di “plasticità”: infatti, spostandosi da un posto di lavoro all’altro o

considerando i cambiamenti all’interno del proprio posto di lavoro, l’individuo subisce

una sfida di differenti richieste comportamentali, per le quali è celebrata la versatilità.

Bauman si pone poi a confronto con Niklas Luhmann per il quale, data la

molteplicità dei ruoli che svolgiamo e dei contesti in cui li svolgiamo, ciascuno di noi è

ovunque “parzialmente dislocato”. Bauman modifica però tale affermazione sostenendo

che, date le molteplici opportunità in concorrenza tra loro, siamo tutti “parzialmente

deprivati”, dal momento che la nostra condizione viene misurata dalle infinite

possibilità tentatrici e non sperimentate che si presentano in ogni parte. Tutto ciò porta

ad una insicurezza endemica. Nelle parole di Bauman: <<al cuore della politica di vita

troviamo un desiderio forte e inestinguibile di sicurezza, ma agire in base a quel

desiderio rende maggiormente insicuri, e sempre più profondamente insicuri>>21.

Nel tentativo di sfuggire a questa insicurezza non si può più ricorre alla

conformità della vox populi, giacché non si può più contare sulla inoppugnabilità delle

21 Zygmunt Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2000, pag. 31.

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Page 59: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

sue asserzioni. Anche l’altra via di fuga, consistente nell’aggregazione di tutti coloro

che sono compartecipi e coinvolti, è a parere di Bauman impraticabile. Indifferenza ed

irritazione, infatti, sono caratteristiche comuni, ma l’attuale genere di insicurezza non è

il materiale di cui sono fatte le cause comuni, le posizioni unitarie e l’azione solidale.

Per quanto riguarda il secondo dei tre termini, la certezza, anch’essa risulta

carente nella postmodernità. Bauman cita a proposito un passo della pagina economica

dell‘”International Herald Tribune”, secondo cui l’adozione della moneta unica

nell’Unione europea avrebbe provocato per i paesi europei non facenti parte

dell’Unione un ridimensionamento complessivo ed un aumento della disoccupazione.

I fautori della liberalizzazione mondiale dei movimenti del capitale non parlano

infatti di certezza; i loro motti sono “trasparenza” (nel senso di un mondo che non pone

ostacoli agli operatori di mercato) e “flessibilità” (nel senso che nulla se non la

valutazione degli effetti economici può porre limiti alle decisioni degli operatori di

mercato). Trasparenza e flessibilità ridistribuiscono le certezze derivanti dalle azioni,

dal momento che promettono maggiore certezza per i “globali” per scelta, e maggiore

incertezza per i “locali” per necessità. Si verifica così una polarizzazione tra e dentro la

società, per la quale l’incertezza relativa all’esito delle azioni viene aggravata, a parere

di Bauman, da una “metaincertezza”: l’incertezza sul grado di certezza che può essere

rivendicata come propria.

L’incertezza non è, tuttavia, una condizione prettamente postmoderna; essa era

infatti presente anche nelle epoche precedenti. La vera novità consiste nell’abolizione

delle istituzioni destinate a limitare il grado di incertezza, ed a impedire la ricerca di

nuove soluzioni che consentano un suo controllo. Infatti, le istituzioni elogiano come le

forze neoliberali il libero movimento del mercato, causa prima dell’incertezza

esistenziale, cioè dell’incertezza come condizione naturale dell’uomo.

Bauman, a proposito di ciò, cita Pierre Bourdieu, secondo cui nella

postmodernità vengono rimossi uno dopo l’altro tutti gli ostacoli alla libera circolazione

del capitale: gli stati-nazione; i gruppi di lavoro, con l’individualizzazione dei compensi

e delle carriere sulla base delle competenze individuali, e quindi con la conseguente

atomizzazione dei dipendenti; i collettivi di difesa dei diritti dei lavoratori: sindacati,

associazioni, cooperative; e la famiglia che, in seguito alla ristrutturazione dei mercati

per fasce d’età, ha perso gran parte del controllo sul consumo.

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Page 60: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Tutto ciò ha come conseguenza la precarizzazione delle condizioni di vita delle

persone, tramite i contratti a termine, la spinta alla competizione tra rami e settori della

stessa azienda o la minaccia costante del licenziamento a tutti i livelli della gerarchia.

Bauman riprende ad esempio di tutto ciò la dichiarazione di Margaret Thatcher secondo

cui non esisteva un qualcosa come la società.

In conclusione egli afferma che il mercato prospera sull’incertezza (chiamata di

volta in volta competitività, deregolamentazione, flessibilità ecc.) e ne produce sempre

di più per la propria sopravvivenza. L’unica uguaglianza favorita dal mercato è quindi

una condizione identica di incertezza esistenziale, condivisa tanto dai vincitori, sempre

“fino a ulteriore avviso”, quanto dai vinti.

Per quanto riguarda il terzo termine, l’incolumità, secondo Bauman essa nella

postmodernità è a rischio. Per spiegare ciò egli compie una breve digressione sulla

scoperta da parte degli esseri umani della mortalità. La creatività culturale umana, di

fronte a questa scoperta, ha messo in atto diverse strategie, e le principali sono quella

eteronoma e quella eteronoma/autonoma, secondo la terminologia di Cornelius

Castoradis. La prima è quella posta in atto dalla religione, la quale propone un’eternità

che segue la vita degli individui. La seconda si è invece verificata con l’avvento della

modernità, quando le garanzie offerte dalla strategia religiosa eteronoma entrarono in

contrasto con una vita mutevole ed instabile. Tale strategia insisteva ancora

sull’inserimento di ogni vita individuale in una catena dell’essere, ma era allo stesso

tempo autonoma, poiché insisteva sull’origine umana della totalità in questione.

Due furono le totalità che si adattarono a questa strategia: la nazione e la

famiglia. Per quanto riguarda la nazione, essa ha saputo coniugare durevolezza e

transitorietà, e ha fatto sì che si verificasse la ricerca per mescolare comunità e

tradizioni organizzate su base locale, per trasformarle in entità sovralocali.

L’appartenenza nazionale aveva il vantaggio di essere a disposizione di tutti, senza

distinzione, e necessitava conformismo, rispetto delle regole ed osservanza dei limiti.

La famiglia esibisce ancora più chiaramente della nazione la dialettica moderna

tra transitorietà e durevolezza. Con l’avvento della modernità, la centralità della

famiglia nella vita individuale venne democratizzata, trasformandosi in un precetto

culturale rivolto a tutti gli individui, indipendentemente dalla presenza di un patrimonio

ereditario.

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Page 61: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Bauman passa in seguito a descrivere la situazione, ben diversa, della

postmodernità. Oggi, infatti, queste totalità stanno andando in pezzi e non sono più

immuni da rischi, e contemporaneamente la loro capacità di attribuire senso sta

svanendo. Inoltre, la comunità è vulnerabile, erratica e di breve durata. La sovranità

politica degli stati, ad esempio, non è più un riparo sicuro per le nazioni poiché i

fondamenti su cui si fondava la sua autosufficienza economica, culturale e militare sono

stati eliminati uno dopo l’altro. La comunità nazionale ha quindi perso la funzione di

attribuire senso.

La famiglia si trova in una condizione altrettanto sfavorevole, per la facilità con

cui si forma e si disgrega. Bauman precisa però che ciò non significa che gli individui

postmoderni che hanno scelto l’isolamento abbiano perso l’entusiasmo per qualunque

cosa che non duri più a lungo del loro appagamento individuale; piuttosto essi, isolati

per volere della situazione generale, trovano nel loro mondo pochi o nessun elemento

che potrebbe rendere la loro passione realistica, e pochi ripari per la loro fiducia nella

longevità.

Bauman propone quindi la sua tesi per quanto riguarda la strategia presente nella

postmodernità, ovverosia quella autonoma. Essa, a suo parere, è concretizzata

nell’ossessione attuale per il corpo, per il suo benessere, la sua capacità di difendersi, la

sua integrità, ossessione intrecciata con la vigilanza contro minacce ai danni di

quell’integrità. “Autonomo” significa in questo caso autosufficiente o autoreferenziale.

Egli afferma: <<Poiché la prospettiva di costruire una comunità veramente duratura ed

extratemporale sta sfumando e appare sempre più incerta, le riserve attualmente

inutilizzate di energia continua generata dall’insicurezza endemica dell’esistenza umana

vengono trasferite nel regno dell’io (...)>>22. Ciò si concretizza nella difesa dagli

alimenti avvelenati, dalle sostanze ingrassanti o dai regimi di vita insani.

Bauman fa riferimento, a questo proposito, alle ricerche di Decca Aitkenhead

sugli incontri di Weight Watchers e di simili associazioni in Gran Bretagna, i quali sono

più di seimila a settimana. Aitkenhead nota che quello che nessuno degli appartenenti a

questi gruppi chiede è di smettere di preoccuparsi per il peso, e Bauman sostiene che ciò

non è assolutamente semplice, poiché l’aspetto essenziale della preoccupazione per il

peso è appunto il fatto che non si può fare a meno di preoccuparsi di esso. Infatti, a

22 Ivi, pag. 50.

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Page 62: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

parere di Bauman, gli individui postmoderni devono avere qualcosa che essi ritengano

alla loro portata e sotto il oro controllo di cui preoccuparsi

Il grasso è un campione ben scelto, in quanto dirige la propria attenzione sul

corpo. Esiste però una domanda di preoccupazioni sostitutive sempre nuove, tutte

collegate alla difesa del corpo. I pericoli che si combattono sono infatti generalmente

provenienti dall’esterno del corpo. La preoccupazione ossessiva per il corpo risulta

insomma essere un ricettacolo delle paure generate dalla privatizzazione della precarietà

dell’esistenza.

Bauman propone in seguito un paragone tra il popolo dei Weight Watchers e le

comunità. I membri di tali associazioni, infatti, si recano regolarmente alle riunioni,

partecipano ai rituali settimanali e accettano le stesse norma comportamentali. Ma la

somiglianza con la comunità modello, secondo Bauman, finisce qui. La “comunità” dei

Weight Watchers, infatti, riproduce collettivamente quegli interessi che per loro natura

possono essere gestiti solo individualmente: è quindi una comunità “non più grande

della somma delle sue parti”. Gli appartenenti, dopo ogni incontro, sono ancora più

convinti che qualsiasi miglioramento della loro condizione dipenda solo da loro. Il caso

del grasso dimostra quindi che, una volta privatizzato ed affidato alle capacità

individuali il compito di affrontare la precarietà dell’esistenza, le paure individuali non

possono essere convogliate in una causa comune.

La sola forma di comunità che si verifica in queste situazioni è definita da

Bauman “comunità-attaccapanni” o “comunità-piolo”: un gruppo che si costituisce

mediante la ricerca di un piolo al quale appendere le paure di molti individui. A volte

emergono altre problematiche che mostrano una causa comune più credibile, cioè un

problema che possa essere risolto con un agire collettivo. Tali problematiche possono

nascondere le vere afflizioni e preoccupazioni, e vengono pubblicizzate come minacce

per il benessere pubblico: ad esempio un riciclaggio di sostanze velenose nelle

vicinanze o la creazione di un campo nomadi. Esse possono generare però solo

aggregati fugaci ed effimeri, incapaci di rimandare ad una reale “comunità”.

Bauman propone in seguito una sorta di compendio di ciò che riguarda

l’incertezza postmoderna. Egli sostiene che, sia nel caso della precarietà privatizzata,

che in quello dell’incertezza o dell’insicurezza, gli individui non possono fare molto per

modificare tali situazioni, dal momento che non sanno dove dimorino le minacce in

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Page 63: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

questione. Tale atteggiamento a parere di Bauman non è ingiustificato, poiché gli

individui non possono fare molto se l’impresa per cui lavorano ha deciso un ulteriore

ridimensionamento, oppure se il loro know-how viene svalutato e la domanda di

mercato per le loro capacità si esaurisce. Assume così significato il rifugio in pratiche

quali, ad esempio, l’astrologia, la chiromanzia o i biglietti della lotteria.

Il trasferimento dell’ansia dall’insicurezza globale alla sicurezza personale,

mediante “legge e ordine”, può essere inoltre spiegato in vari modi. Le minacce alla

sicurezza personale hanno il vantaggio di essere materiali e tangibili, e possono essere

affrontate con una relativa facilità. Siamo, quindi, oggi di fronte ad una sorta di

“sovraccarico di sicurezza personale”, per descrivere il quale Bauman cita Ronald

Hitzler, che afferma che la nuova strategia di sopravvivenza urbana dell’individuo è

costituita dall’isolarsi tramite sistemi di sicurezza, allarmi e varie serrature.

Poi, per la distinzione già affrontata tra potere globale e politica locale, è

comprensibile che tali autorità politiche locali non possano fare molto per attutire

l’incertezza globale. Addirittura analizzando le promesse elettorali dei politici di

aumentare le flessibilità del lavoro favorendo il liberismo o creando condizioni

favorevoli per i capitali stranieri, si possono cogliere i segni di una maggiore insicurezza

ed incertezza. I poteri statali locali si spostano allora nell’ambito della sicurezza della

collettività, chiudendo le frontiere ai migranti, inasprendo le norme sul diritto d’asilo ed

espellendo gli stranieri indesiderati.

Bauman, per quanto riguarda tale xenofobia, si serve di un esempio proposto da

Phil Cohen riguardante i giovani londinesi. Egli parla di un intervistato alla ricerca di

una definizione di “britannicità” che includesse se stesso ed escludesse una categoria

cospicua di persone di diverse razze. Cohen spiega questa determinazione col fatto che

tale costruzione aiutava il giovane a sentirsi parte di qualcosa di più grande di lui.

In conclusione Bauman afferma: <<Oggi, il crimine non è più stigmatizzato e

condannato in quanto violazione della norma, ma in quanto minaccia alla sicurezza

personale. (...) E’ palese la tendenza universale a “trasferire tutti gli affari pubblici

nell’ambito della giustizia penale”: a criminalizzare tutti i problemi sociali, e in

particolare quei problemi che sono giudicati, o che possono essere costruiti, come

minacce alla sicurezza della persona, del suo corpo e dei suoi beni>>23. Per fare un

23 Ivi, pag. 59.

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Page 64: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

esempio, un’indagine condotta dalla televisione pubblica nel 1997 mostrava come i

danesi fossero più preoccupati per la presenza degli stranieri che per la crescente

disoccupazione, il degrado dell’ambiente o altri problemi.

Passando all’analisi compiuta da Bauman all’interno di La società

dell’incertezza riguardo a tale argomento, egli afferma che il clima attuale di assedio

della paura, espressione coniata da Marcus Doel e David Clarke, è causato da vari

aspetti, tra cui un mondo che non sembra possedere possibilità di decisione e controllo o

il non potere più calcolare le conseguenze delle azioni in base alle abitudini conseguite.

Bauman propone quattro fattori principali responsabili di tale situazione.

1) Il nuovo disordine mondiale. Egli afferma che dopo mezzo secolo di

suddivisioni nette, confini naturali e strategie politiche, il mondo è diventato privo di

ogni struttura. Inoltre i conflitti civili sono dilaganti nelle aree meno sviluppate del

mondo. Il “secondo mondo” non c’è più, dal momento che i principali paesi che ne

facevano parte si sono risvegliati “nel tunnel alla fine della luce”, secondo l’espressione

di Claus Offe. Ma, con la fine del secondo mondo, anche il “terzo mondo” esce dalla

scena politica mondiale. Il risultato attuale è che circa venti paesi ricchi, ma preoccupati

ed insicuri, si confrontano con il resto del mondo, che da un lato non rispetta più le loro

definizioni di progresso e felicità, dall’altro è sempre più dipendente da loro per

conservare una possibilità di felicità o di sopravvivenza.

2) La deregulation universale. La priorità accordata alla competizione di mercato,

la libertà garantita al capitale ed alla finanza a scapito di tutte le altre libertà e lo

smantellamento delle reti sociali di fiducia costruite collettivamente, hanno portato

avanti il processo di polarizzazione. La disuguaglianza tra continenti, nazioni e

all’interno della società ha raggiunto proporzioni che la società moderna, con la sua

capacità di autoregolazione e autocorrezione, sembrava avere superato per sempre. Ciò

porta alla grande diffusione di individui senza fissa dimora, esclusi dal mercato del

lavoro o al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, a causa della nuova situazione del

mercato lavorativo, i mezzi di sostentamento, la posizione sociale ed il riconoscimento

delle capacità possono svanire.

3) Le reti di protezione, tradizionalmente messe a disposizione dai rapporti

familiari o dalle reti di vicinato, hanno subito una perdita considerevole d’importanza.

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Page 65: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Parte della responsabilità è da attribuire alla già descritta nuova pragmatica delle

relazioni interpersonali, dominate dallo spirito del consumismo.

4) Bauman cita ora David Bennet, per il quale l’incertezza radicale riguardante i

mondi sociali e materiali in cui abitiamo e le modalità di azione politica è quella che

l’industria dell’immagine ci propone. Infatti, il messaggio veicolato dai media culturali

(e facilmente fruibile dai ricettori sulla base della loro esperienza personale, sostenuta

dal principio della libertà del consumatore), propone un mondo in cui ogni cosa può

accadere, ogni azione può essere intrapresa, anche se magari non definitivamente. In

questo tipo di mondo, quindi, poche cose rimangono solide ed affidabili. A ciò si

ricollega il già descritto nuovo tipo di identità, da Bauman qui definito identità a

palinsesto. Quindi, le posizioni che nella vecchia modalità di esperienza sostenevano il

significato del mondo, nella nuova modalità esperienziale perdono molto del loro

significato. Bauman si riferisce qui a Baudrillard, il quale parla di una implosione delle

opposizioni creatrici di senso. A ciò si aggiunge anche la nuova concezione dello

straniero.

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Page 66: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 9

LA RELIGIONE NELLA POSTMODERNITÀ E LA DECOSTRUZIONE

POSTMODERNA DELL’IMMORTALITÀ

Bauman propone una dettagliata analisi del ruolo della religione nella

postmodernità all’interno di Il disagio della postmodernità. Egli inizia citando una

concezione di Anthony Giddens, secondo la quale la nostra vita quotidiana è in uno

stato chiamato sicurezza ontologica, ossia nella convinzione dell’affidabilità delle

persone e delle cose e in una fiducia nella solidità del mondo confermata dalla

prevedibilità delle routine quotidiane. L’antitesi della fiducia ontologica è invece

l’angoscia esistenziale. Quando, in conformità al moderno spirito utilitario, si chiede

alle chiese di ogni fede di indicare le necessità umane alle quali provvedono, esse

rispondono che i loro servizi sono indispensabili all’uomo a causa del suo bisogno di

trovare una risposta alle domande fondamentali sul fine del mondo e sul destino umano.

A parere di Bauman, anche le chiese, come tutti i fornitori di beni e di servizi,

dovrebbero cominciare ad estendere i bisogni che i servizi da esse forniti devono

soddisfare, e in tal modo rendere indispensabile la propria funzione.

Bauman, a proposito del potere pastorale che la chiesa cristiana ha elaborato,

cita Michel Foucault, il quale sostiene che tutte le tecniche cristiane di confessione e di

guida spirituale hanno come scopo una svalutazione della vita terrena in confronto a

quella eterna. Così, per suscitare nelle persone il bisogno di un pastore, occorre suscitare

in esse la speranza della salvezza, inducendole a preoccuparsi della propria redenzione.

Le chiese, in questo modo, hanno fatto ciò che era in loro potere per impregnare di

timore per la propria impotenza la vita umana, e per porre agli uomini fini che non

potranno mai raggiungere da soli, rendendo la paura della propria non autosufficienza il

tema conduttore delle loro azioni.

Tuttavia, non tutte le strategie dello stare nel mondo sono di natura religiosa. In

particolare, la formula moderna dell’esistenza umana si è basata su una strategia del

tutto opposta, consistente nel fatto che gli esseri umani sono gli unici a cui è toccato in

sorte di occuparsi e di risolvere i problemi del mondo in cui vivono. Ma ancora più

essenziale del presupposto era l’effetto pratico della strategia, cioè che gli uomini

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Page 67: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

devono occuparsi solo delle cose che è in loro potere risolvere. Ciò si risolse nel rifiuto

di occuparsi di problemi privi di significato pratico.

Bauman riprende una proposta di John Carrol, riguardante la rivoluzione

moderna, chiamata “umanesimo”. Quest’ultimo è considerato un periodo in cui la

posizione centrale occupata dall’uomo porta come conseguenza il fatto che esso dovesse

rappresentare il punto di Archimede, attorno al quale tutto ruotava. Secondo Bauman

tale descrizione necessita di alcune precisazioni. Infatti, in questo mondo che gli

umanisti intendevano creare a misura d’uomo, non tutto doveva essere soggetto alla

volontà umana: era quest’ultima che doveva rivolgersi solo a questioni che potevano

essere controllate dall’uomo al fine di aumentare la propria felicità. La concezione

umanistica aveva così trasformato la proposta di Protagora sull’”uomo misura di tutte le

cose” in un precetto pratico.

Di conseguenza, nell’elenco redatto da Carrol su ciò che, secondo gli umanisti,

l’uomo poteva raggiungere secondo la propria volontà, manca il fulcro di ogni

concezione religiosa: la vita eterna. L’umanesimo esaminava, infatti, non tanto la

possibilità di diventare qualunque cosa si desiderasse, quanto il desiderare solo cose alla

portata delle possibilità umane. L’entusiasmo degli umanisti fu quindi un segno del

collasso dell’ordine premoderno e dell’emergere del nuovo ordine moderno, diverso dal

precedente per il fatto di essere stabilito: non un ordine considerato indiscutibile perché

indipendente dalla volontà umana, ma un ordine che andava verificato su progetti

costruttivi. In questo processo la religione era di scarsa utilità.

Bauman prende poi in considerazione una proposta di Alan Touraine sugli

impieghi della religione, i quali sarebbero di tre tipi.

Primo: comportamenti di dipendenza dell’uomo in rapporto ad un ordine

considerato come immutabile ed inconfutabile. Proprio una routine del genere venne

infranta con l’avvento della modernità.

Secondo: la congregazione religiosa può svolgere il ruolo di rendere sicuri i muri

tra le differenti categorie sociali. Con l’avvento delle condizioni moderne, tuttavia, la

struttura sociale rigida è stata erosa e, quindi, il concetto religioso del “concatenarsi di

esistenze prestabilite” contrastava con l’esperienza quotidiana. Bauman qui si pone in

opposizione a Touraine, poiché sostiene che il restringersi del ruolo della religione non

era dovuto tanto al fenomeno della “scristianizzazione”, come egli suggerisce, quanto

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Page 68: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

alla profonde trasformazioni delle condizioni di vita e dei compiti esistenziali, che

causavano un divario tra l’interpretazione religiosa del mondo e l’esperienza quotidiana

degli individui.

Il terzo impiego della religione viene indicato da Touraine come il timore del

destino umano. Anche questa funzione subisce un progressivo isolamento rispetto

all’insieme della vita umana; ecco così che le religione diviene attività orientata e non

regolata, frutto di scelte personali.

Bauman considera poi il processo moderno che coinvolse la religione una

rivoluzione antiescatologica. Per prima cosa egli tratta della modalità premoderna del

vivere in timore di Dio, la quale focalizzò l’attenzione sulla mortalità, sulla penitenza,

sulla redenzione e sulla salvezza ultraterrena al punto di creare nel tardo Medioevo una

“cultura del peccato e della paura”, come Bauman la definisce utilizzando un’analisi di

Jean Delumeau. L’insistenza sul macabro si iscrisse quindi in una logica volta ad

insinuare nell’uomo cristiano il senso di colpa, orientandone la vita verso una salvezza

oltremondana. Tutto ciò produsse però effetti contrari alle intenzioni degli ecclesiastici.

Il primo di questi effetti fu il compiacimento fine a se stesso per gli spettacoli di dolore,

culminanti in scene di torture, esecuzioni capitali e massacri.

La modernità smontò l’imponente edificio che la Chiesa aveva costruito durante

il suo lungo regno soffocando la fascinazione per la vita oltremondana, appuntando

l’attenzione sulla vita “qui e ora”, riorganizzando il corso dell’esistenza umana attorno a

narrazioni dai contenuti terreni e tentando di neutralizzare la paura della mortalità. Tale

effetto fu ottenuto grazie a tre strategie.

Prima strategia: come tutto nella vita moderna, anche i processi connessi alla

mortalità sono stati sottoposti ad una divisione del lavoro e sono diventati un settore per

specialisti, come medici, suore di carità o altri professionisti.

Seconda strategia: come nel caso di altri “interi”, la mortalità è stata

parcellizzata in una serie di “pericoli per la vita”.

Terza strategia: la mortalità è diventata un evento vissuto in forma privata e

segreta, anche se oggi la televisione e tutti gli altri mass media la propongono

quotidianamente. Essa ha quindi subito una specie di declassamento, scendendo al

livello di un evento quotidiano e manifestandosi in una serie di fatti privi della

tradizionale irrevocabilità.

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Bauman passa ora ad affrontare la nuova situazione postmoderna. Egli inizia

affermando che la vita degli uomini e delle donne premoderni conteneva un numero

relativamente basso di fattori mutevoli ed incerti. L’unica incertezza che si notava era

quella esistenziale, cioè l’incertezza ontologica, fattore che andava a vantaggio della

narrazione escatologica. Tutto ciò cambia nella postmodernità. Ora, come si è già

considerato in precedenza, a riempirsi di incertezze è la vita di ogni persona. Gli

ostacoli alla possibilità di comprendere il mondo all’interno delle biografie individuali

sono un prodotto dell’uomo, testimonianti non tanto la debolezza umana, quanto

l’umana onnipotenza. La non autosufficienza ed il bisogno di una guida che ne derivano

hanno subito una sorta di privatizzazione: non riguardano più il genere umano in

generale, ma ogni singola persona.

Bauman si serve a proposito di una citazione di Arnold Gehlen, il quale già nel

1957 affermava: <<un numero sempre minore di persone agisce in base a propri criteri

orientativi interni (...) Ma perché sono sempre meno? E’ chiaro: perché è sempre più

difficile abbracciare intellettualmente l’atmosfera economica, politica e sociale e

assumere un atteggiamento morale nei suoi confronti, dato che essa cambia con una

velocità vertiginosa (...) In un mondo dove accadono cose del genere, nessun criterio

orientativo riconosciuto affidabile dall’uomo trova quel minimo di appoggio esterno

senza il quale esso non può sopravvivere>>24. Ciò trova una corrispondenza nel

fenomeno già affrontato della nascita dell’identità, la quale secondo Bauman è la più

importante scoperta dell’epoca moderna per quanto riguarda le conseguenze esistenziali.

Per “nascita dell’identità” egli intende l’instaurarsi di una situazione dove d’ora in poi

saranno le capacità individuali ed il potere di giudicare a decidere quale tra le forme di

esistenza individuale si debba realizzare, e in quale misura le scelte individuali debbano

colmare il vuoto lasciato dai criteri orientativi esistenti in precedenza.

L’incertezza degli uomini e delle donne postmoderni viene da essi affrontata

attraverso l’aiuto delle consulenze, le quali hanno subito una grande crescita in questo

periodo, spesso sostituendo le spiegazioni trascendenti. Ciò è incrementato anche dal

fatto che nella società postmoderna gli individui sono formati sul modello del

ricercatore di esperienze, invece che su quello dell’operaio/soldato imperante durante

24 Arnold Gehlen, L’uomo nell’era della tecnica: problemi socio-psicologici della civiltà industriale, SugarCo, Milano, 1984, cit. in Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, Bruno Mondadori, Milano, 2002, pag. 214.

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l’epoca moderna. Infatti, i criteri con cui si valutano i ricercatori di esperienze ed i

collezionisti di sensazioni sfuggono ad ogni quantificazione, rendendo così impossibile

il paragone tra individui ed una loro valutazione obiettiva; tale circostanza rende

continuo il bisogno di esperti e di consulenti.

Bauman cita in seguito Abraham H. Maslow, il quale nota che i casi di

rivelazioni ed estasi nelle vite dei santi ed in seguito sperimentate, anche se in modo più

attenuato, da schiere di fedeli, possono essere intese come esperienze umane estreme ma

del tutto normali. Maslow continua affermando che la religione organizzata può essere

considerata lo sforzo di trasmettere esperienze estreme a chi non le può vivere. Bauman,

tuttavia, si pone in una posizione polemica rispetto a tali affermazioni. Egli ritiene,

infatti, che Maslow si serva di concetti tipicamente postmoderni per reinterpretare a

posteriori esperienze sperimentate da persone che non disponevano delle definizioni

teoriche necessarie a descriverle, poiché vennero create molto più tardi. Agli abitanti del

mondo postmoderno, infatti, pare sensato riconoscere nell’estasi descritta come

religiosa un antecedente delle sensazioni che i precetti dell’”economia libidinaria”

dominanti nella cultura postmoderna impongono loro di ricercare. Il punto è, a parere di

Bauman, se sia lecito accettare il procedimento inverso, ovverosia interpretare come

religiose le esperienze dei postmoderni collezionisti di sensazioni.

Bauman propone ora la sua ipotesi: <<intensificando la richiesta di “esperienze

estreme”, la cultura postmoderna ha sganciato tali esperienze dagli interessi e dalle cure

religiose e ne ha al contempo privatizzato la ricerca, affidando principalmente a

istituzioni non religiose i servizi indispensabili alla ricerca stessa. (...) La strategia

postmoderna delle “esperienze totali” si differenzia dalla strategia religiosa nel senso

che non solo non predica più l’insufficienza dell’uomo, ponendo lo stato ideale al di là

delle sue possibilità, ma incita al pieno sviluppo delle risorse psichiche e fisiche

dell’individuo celebrando l’infinità del potenziale umano e la realtà delle esperienze più

allettanti>>25.

Le organizzazioni religiose che ripetono argomenti sull’insufficienza dell’uomo

non sono le più adatte a trasmettere le “esperienze estreme”; così chiunque sostituisca

gli organi ecclesiastici in questo ruolo dovrà, secondo Bauman, in primo luogo indurre

la gente non solo a desiderare di raggiungere tali esperienze, ma anche a considerarle il

25 Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, cit., pag. 218.

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punto di confronto per una vita riuscita. In secondo luogo, dovrà separare il sogno

dell’esperienza estrema dalle pratiche di autorinuncia religiosa, associandolo invece al

desiderio di beni materiali ed al gioire del consumismo. I modelli ed i profeti delle

esperienze estreme sono insomma rappresentati dall’élite consumista.

Inoltre, in modo più o meno esplicito, le pubblicità suggeriscono una variante

postmoderna della trascendenza, secondo la quale arrivati ad un certo punto l’aumento

quantitativo di sensazioni produrrà un cambiamento qualitativo, provocando delle

esperienze non solo relativamente più piacevoli ed interessanti, ma anche totalmente

nuove. In ciò il consumatore postmoderno può essere aiutato da beni e servizi “meta -

esperienziali”, i quali hanno il compito di sviluppare le capacità fisiche e psichiche per

renderle più adatte a svolgere i compiti richiesti.

Bauman nota però che la somiglianza tra queste istituzioni di

autoperfezionamento e le istituzioni religiose è solo superficiale. Infatti, tali movimenti

sono espressione della grande diffusione attuale di consulenze, con l’unica differenza

che essi non aiutano nel compiere scelte i consumatori postmoderni “già pronti”, ma si

applicano a fornire ai loro clienti le doti consumiste di base, a sviluppare la capacità di

scegliere, ed a preparare gli individui ad una vita impostata sulle scelte. Essi così

affermano, contrariamente alle religioni organizzate, che l’uomo è autosufficiente, o che

comunque può diventare tale grazie all’aiuto di specialisti.

Esiste tuttavia anche una forma di religione postmoderna, generata dalle

contraddizioni interne della vita postmoderna, ed è rappresentata, a parere di Bauman,

dal fondamentalismo o integralismo. Quest’ultimo è un fenomeno del tutto

contemporaneo e postmoderno, il quale ha assimilato e posto al proprio servizio le

scoperte tecniche della modernità. Esso cerca di goderne le conseguenze positive senza

pagare il prezzo che molti altri accettano giudicandolo inevitabile, ovverosia le

responsabilità individuali per le proprie scelte e per le loro conseguenze.

I responsabili degli odierni fondamentalismi sono i poveri della

contemporaneità, cioè coloro che sono stati esclusi dal meccanismo consumistico: i

consumisti imperfetti. Gli ambienti deprivati sono così un fertile terreno per le diagnosi

fondamentaliste ed una riserva di reclutamento per i movimenti fondamentalisti. Si

tratta, infatti, di movimenti adatti alle sofferenze dell’uomo postmoderno. Al pari delle

altre religioni, il fondamentalismo proclama l’insufficienza dell’ uomo; qui però si tratta

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dell’insufficienza dell’uomo in quanto consumatore. L’esperienza in questione è quella

della libertà postmoderna di scelta, la quale dimostra appunto la nostra insufficienza,

con la differenza che, contrariamente a quanto facevano gli insegnamenti ecclesiastici

tradizionali, non denuncia l’impotenza del genere umano, ma la debolezza

dell’individuo contrapposta all’onnipotenza della specie umana in sé.

Analizzato in tale maniera, il fondamentalismo svela le paure nascoste degli

uomini e delle donne postmoderni. Esso, inoltre, si limita a portare alle sue radicali

conseguenze il culto dell’expertise, cioè della consulenza e dell’autoaddestramento,

praticato sotto la guida di specialisti a tutti i livelli della cultura postmoderna. Il

fondamentalismo seduce perché promette ai suoi convertiti di liberarli dalla libertà,

proponendo un precetto incondizionatamente giusto. Esso risulta quindi essere un

rimedio radicale contro il flagello della società consumista postmoderna basata sul

mercato.

Il fondamentalismo religioso appartiene al gruppo delle soluzioni totalitarie o

quasi–totalitarie, al quale appartengono oggi i fondamentalismi etnici, razziali e tribali,

tutti costituiti in opposizione allo stato secolare ed alla categoria di cittadinanza; tali

fondamentalismi si differenziano dai loro predecessori, come il fascismo o il

comunismo, per il fatto che questi ultimi erano interamente moderni nel loro appello al

potere legislativo ed alle soluzioni garantite dal potere statale. Nella sua versione

fondamentalista, la religione non è una questione personale, privatizzata come tutte le

altre scelte individuali e praticata in privato, ma qualcosa che stabilisce le leggi che

regolano ogni sfera, scaricando la responsabilità dal singolo individuo.

All’interno di Intervista sull’identità Bauman analizza il nuovo atteggiamento

postmoderno nei confronti del sacro. Egli sostiene che il sacro è un concetto dibattuto e

sul quale è difficile trovare un accordo. Propone quindi una teoria del filosofo russo del

secolo scorso Michail Bachtin, la quale descrive la “paura cosmica”, un’emozione

umana, generata dall’ultraterrena, inumana, magnificenza dell’universo. E’ un universo

le cui intenzioni sono sconosciute: la “paura cosmica” è dunque, nella spiegazione di

Bauman, il terrore dell’ignoto, dell’incertezza. E’ anche il terrore dell’impotenza, di cui

l’incertezza è uno dei fattori costitutivi. Bauman arriva così ad affermare che il sacro è il

riflesso di questa esperienza di impotenza.

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Page 73: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Nell’analisi di Bachtin, la paura cosmica viene utilizzata da tutti i sistemi

religiosi. L’immagine di Dio è, quindi, plasmata sul modello della familiare emozione

di paura e di vulnerabilità che si prova di fronte ad un’incertezza. Per quanto riguarda il

sacro nella modernità, esso non è stato del tutto annullato, poiché la ricerca di prove che

“Dio non esiste” o “Dio è morto” è stata lasciata solo alle frange più radicali. Ciò che la

cultura moderna ha fatto è stato, invece, rendere Dio irrilevante per gli affari umani

sulla terra. Questa strategia ha condotto a grandi risultati nella scienza e nella

tecnologia, ma ha avuto anche ben altre conseguenze sulla vita degli esseri umani.

L’autorità del sacro, ed in generale l’interesse per l’eternità e per i valori eterni, sono

state le prime vittime di tutto ciò.

La strategia moderna consiste nello sminuzzare le grandi questioni trascendenti

il potere umano in questioni più piccole a portata dell’uomo. Le grandi questioni, in

questa maniera, vengono tolte dall’elenco delle preoccupazioni. Ad esempio, il valore

della durevolezza è nettamente svalutato dalla velocità del cambiamento: in tale maniera

“vecchio” o “durevole” diventano sinonimi di “superato”. La regola del “rinvio della

gratificazione”, nella postmodernità, non sembra più un consiglio assennato come

appariva all’epoca di Max Weber. Le cose, infatti, vengono consumate subito, prima

che il loro potenziale di gratificazione svanisca come di sicuro farà presto. A parere di

Bauman, questa è la sfida più grande che il sacro abbia affrontato nel corso della sua

storia.

Ciò deve addebitarsi al fatto che siamo stati addestrati a smettere di preoccuparci

di cose che apparentemente rimangono al di là del nostro potere, ed a focalizzare la

nostra energia sui compiti alla nostra individuale portata, competenza e capacità di

consumo. Tutto questo si concretizza anche nel fatto che chiediamo che le cose e le

tematiche, prima di ottenere il nostro interesse, ci spieghino perché dovrebbero

meritarlo, ed esse possono farlo offrendoci una prova convincente della loro utilità.

Secondo Bauman, è troppo presto per dire cosa gli uomini potrebbero scoprire o in

quale condizione potrebbero trovarsi vivendo in una tale situazione.

Anche in quest’opera Bauman riprende la tematica del fondamentalismo,

approfondendone altre caratteristiche. Egli inizia affermando che tutte e tre le grandi

religioni – cristianesimo, islam ed ebraismo – hanno i loro fondamentalismi, ed avanza

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Page 74: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

l’ipotesi che il fondamentalismo religioso contemporaneo sia l’effetto combinato di due

sviluppi in parte collegati ed in parte separati tra loro.

Uno di questi sviluppi è l’erosione del solido canone che tiene insieme la

congregazione dei fedeli: i suoi margini si fanno, infatti, sempre meno precisi e le

commettiture si allentano. Le sette, che le Chiese considerano giustamente la maggiore

minaccia alla loro unità, si moltiplicano, e le Chiese ripiegano su posizioni di assedio o

di controriforma.

Un altro sviluppo può essere ricondotto alla già affrontata modalità di vita

postmoderna, per la quale si diventa sceglitori involontari/compulsivi in un ambiente

sociale deregolamentato, frammentato ed incontrollabile. La vita di uno sceglitore,

nonostante i suoi numerosi vantaggi, è una vita insicura che porta ad una mancanza di

fiducia nelle cose ed in sé. Il fondamentalismo, anche quello religioso, offre appunto

quella fiducia di cui si sente la mancanza, e fa ciò invalidando preventivamente tutte le

proposte concorrenti e rifiutando un dibattito con i dissenzienti e gli “eretici”. In questa

maniera, esso instilla la sensazione di certezza ed offre un codice di comportamento

semplice.

Certe varietà di Chiese fondamentaliste sono particolarmente attraenti per quelle

popolazioni svantaggiate ed impoverite che Bauman definisce consumisti imperfetti,

come, ad esempio, i Musulmani Neri negli Stati Uniti o la sinagoga orientale in Israele,

la quale raccoglie gli immigrati sefarditi in un paese governato dagli askenaziti. Per

queste persone, le congregazioni fondamentaliste forniscono un riparo che non trovano

altrove, e raccolgono i compiti ed i doveri abbandonati dallo Stato sociale in ritirata.

Esse promettono, inoltre, di difendere i fedeli dalle “identità” conferite, stereotipanti e

stigmatizzanti imposte dalla modernità liquida. In conclusione, il fondamentalismo

(anche quello religioso) non è solo un fenomeno religioso, ed attinge la sua forza da

diverse fonti. Esso va quindi inquadrato nel contesto della nuova ineguaglianza globale

e della ingiustizia che regna nello spazio globale.

La tematica della decostruzione postmoderna dell’immortalità è affrontata da

Bauman principalmente all’interno di Il teatro dell’immortalità. Innanzitutto egli

sottolinea che la modernità ha portato ad una decomposizione dell’eternità, poiché i

progetti moderni hanno decostruito la beatitudine finale in una sequela di piccoli

benefici di cui si può trarre gratificazione in breve periodo. Poi, riprendendo una

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Page 75: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

proposta di Lyotard, Bauman afferma che il modo moderno di vivere verso un progetto

è stato oggi del tutto abbandonato, e per fare ciò è stato sufficiente accettare che la

beatitudine promessa un tempo dal futuro – libertà, democrazia, uguaglianza, ricchezza,

sicurezza ecc. – è arrivata. Nella società nata alla fine dell’epoca moderna è così la

beatitudine ad essere decostruita in un contenitore pieno di soddisfazioni sempre a

portata di mano.

In epoca pre–postmoderna si è avuta in una filosofia orientata al progetto un

appropriato correlato della vita orientata al progetto. Ciò si nota, infatti, nell’assonanza

tra il progetto sociale (storico) dei filosofi moderni, ed il progetto individuale

(biografico) degli uomini e delle donne moderni. I progetti fornivano così un

significato. Bauman propone ancora una volta la concezione moderna dell’identità, la

quale, sia che appartenesse alla persona o ala società, era qualcosa costruita e da

costruirsi livello per livello. La storia, in questo modo, si muoveva dallo stato selvaggio

alla barbarie e dalla barbarie alla civiltà. Dall’altro lato, l’identità costruita dalla

biografia progrediva lungo la linea della carriera professionale.

Bauman riprende ora la concezione di “integrazione spaziale” di André Leroi-

Gourhan, secondo la quale nell’esperienza di vita in un habitat tradizionale si poteva

passare da un luogo all’altro soltanto seguendo un cammino continuo ed ininterrotto.

Ogni cosa che si faceva all’interno di tale cammino aveva così una sua importanza. A

tale proposito Bauman si trova anche d’accordo con Max Weber, il quale affermava che

il protestantesimo, con il suo “pellegrinaggio della vita” in cui ogni viaggio o sosta

contava in quanto avvicinamento alla meta agognata, era in armonia con la modernità in

un modo in cui il cattolicesimo non avrebbe mai potuto essere.

Più avanti egli afferma che nel mondo postmoderno il presente non lega il futuro

più di quanto esso stesso non sia legato al proprio passato; in tale maniera la vita diventa

una successione di determinazioni che si autoelidono. Quello che il presente può offrire

lo offre ora. Così, come si è già considerato, la competenze che si acquisiscono oggi

saranno del tutto inadeguate e non porteranno lontano nel mondo nuovo della tecnologia

e dello know–how di domani; alla stessa maniera il lavoro e la carriera ottenuti

potrebbero svanire in futuro. A ciò si aggiungano anche le nuove forme di relazioni.

Viene proposta in seguito un’analisi di ciò che si intende per “fare la storia”

nelle varie epoche. Ciò significa assumere una qualche importanza per degli eventi o

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Page 76: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

delle azioni. Nell’universo postmoderno vissuto come sequenza di episodi, ogni evento

ed ogni attore possono, a parere di Bauman, fare la storia.

Nel mondo premoderno a fare la storia erano i re, i signori della guerra ed i papi:

la storia diveniva quindi una cronaca di dinastie. Questo concetto di storia venne mutato

dalla pratica dei cronachisti, gli scribi. Fu solo con la modernità, però, che il monopolio

del fare la storia fu del tutto infranto e che il diritto di eventi e attori ad entrarne a fare

parte divenne l’oggetto di una contesa avente come oggetto, appunto, la storicità. Il

contenuto della storia arrivò così a comprendere capi eletti, assemblee legislative, folle

popolari e classi e movimenti di massa. La specializzazione funzionale e la divisione

istituzionale del lavoro significarono così anche una pluralità di storie autonome ed il

radicale allargamento delle occasioni per fare la storia.

La democratizzazione del fare la storia significò, per prima cosa, un

allentamento delle condizioni che una volta condizionavano le possibilità individuali di

accedere all’immortalità. In questo modo, più diventava universalmente disponibile, più

il fare la storia perdeva la sua capacità di conferire distinzione. Il significato della storia

(distinto dalla “non storicità”: la massa anonima, le nazioni non storiche, ecc.) risiedeva

infatti nella sua selettività: fare la storia era un privilegio che occorreva ereditare o

guadagnarsi.

Per quanto riguarda il fare la storia nella postmodernità, oggi si tengono

registrazioni ufficiali di molte aree di attività per opera di agenzie. Ad esempio, il gioco

più postmoderno, ovverosia il quiz, è uno spettacolo pubblico dell’universale ed

istantanea recuperabilità degli eventi passati. La democratizzazione dell’immortalità si

manifesta quindi nel livellamento retrospettivo del valore degli eventi, siano essi

riguardanti la politica, lo sport, lo spettacolo o altre tematiche. Come nelle altre

dimensioni dell’uguaglianza, questa nuova “uguaglianza dell’immortalità” è

un’uguaglianza di opportunità. L’assegnazione è gestita da una nuova professione di

mediatori, come pubblicitari, critici, galleristi, editori, programmatori di mass media e

redattori di giornali. Alla stessa maniera, i loro clienti possono appartenere alle più

differenti categorie, ed essere quindi politici o terroristi, scrittori o cantanti, magnati o

criminali.

Bauman tratta più avanti dei beneficiari e delle vittime della nuova strategia

postmoderna di sopravvivenza messa in atto dalla medicina. Essa possiede, infatti, una

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Page 77: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

valenza stratificatrice. In ogni epoca le strategie di sopravvivenza sono state generatrici

di disuguaglianza sociale. I tentativi di seguire la strategia moderna di sopravvivenza,

ossia di decostruire la morte, continuano tutt’oggi, per cui le conseguenze stratificatrici

tendono ad accentuarsi. Bauman cita a proposito Kenneth L. Vaux, per il quale l’ironia

crudele della storia consiste nel fatto che man mano che l’uomo impara ad accrescere il

proprio benessere attraverso la scienza, il numero delle persone che godono di tali

benefici si fa sempre più ridotto. La condizione per la sopravvivenza offerta dalla

medicina contemporanea è così un rifiuto della solidarietà, e dà come risultato la

decostruzione della socialità.

Emerge, inoltre, un altro aspetto provocato da questa strategia postmoderna di

decostruzione dell’immortalità, ovverosia il valore senza precedenti attribuito ora alla

“qualità della vita”. Ciò si concretizza nel fatto che nessun momento insoddisfacente

può essere giustificato sulla base della sua utilità per qualche futura realizzazione,

mentre la vita è suddivisa in una successione di “adesso”, ciascuno egualmente

meritevole di essere vissuto. Bauman sostiene, così, che la disuguaglianza delle

opportunità di vita cerca la sua compensazione nel nuovo spirito egualitario dei

momenti della vita stessa.

Tale concezione della vita ha anche delle conseguenze, come si è già

considerato, per le nuove identità postmoderne, nelle quali grande importanza hanno i

meccanismi pubblicitari. In questo caso gli esperti pubblicitari hanno colmato il vuoto

lasciato dalle identità prefabbricate e dai “progetti di vita”, e hanno fatto ciò proponendo

un’autorità che non richiede un’obbedienza a suo nome, ma che al contrario non sembra

imporre in alcun modo l’obbedienza e che dà al comando l’aspetto dell’incentivo. Il

fattore principale con cui viene costruito questo tipo di autorità è la fiducia, ma non si

può confidare a lungo che i beneficiari della fiducia mantengano le loro promesse,

poiché le stesse scelte vengono svalutate dopo poco tempo. Da qui nasce il rapporto

continuo tra autonomia ed eteronomia, tra libertà e dipendenza, tra scelta e resa ai must

imposti dalla società.

Bauman affronta poi un altro argomento: le comunità postmoderne. La vita

posteriore alla decostruzione dell’immortalità, infatti, è colma di tentativi di costruire le

collettività come rifugi della rassicurazione. Le comunità postmoderne, tuttavia, non

hanno nulla a che fare con quelle moderne, costituite ad esempio da gerarchie clericali,

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Page 78: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

eserciti o consigli degli anziani; esse sono comunque potenti. La facoltà di

rassicurazione che le comunità postmoderne esercitano proviene, infatti, dalla fede nelle

loro maggiore durevolezza rispetto al momento transitorio, sul quale ci si aspetta che

imprimano un nuovo significato. Esse assorbono ed esprimono quella trascendenza che

è stata estirpata e, in tale maniera, strappano questa funzione sostitutrice alla scienza;

quest’ultima in epoca moderna era deputata a provvedere alla rassicurazione surrogata

mediante la decostruzione della mortalità con l’accumulazione di conoscenze a

riguardo. Le comunità postmoderne sono isomorfe al presente che sono chiamate a

servire, mentre la loro autorità non deriva dal passato né dal futuro garantito, ma dalla

loro notorietà corrente, cioè nell’essere di moda o nel contare più seguaci degli altri

concorrenti.

La comunità postmoderna, inoltre, differisce radicalmente da quella forma di

comunità sperimentata dagli hippy, i quali, secondo Bauman, erano precursori della

condizione postmoderna. Gli hippy si prefiggevano di fare della loro comunità qualcosa

di reale, il prodotto della reciprocità, di tenerla assieme attraverso i rapporti

interpersonali. Gli appartenenti alle comunità postmoderne, invece, possono solo

credere nel carattere collettivo delle comunità stesse; quella collettività è perciò

indicativa di un bisogno sedimentato. Nelle parole di Bauman: <<La socialità della

comunità postmoderna non richiede socievolezza, la sua vicinanza non richiede

interazione, la sua unità non richiede integrazione>>26. Alcuni esempi di queste

comunità postmoderne sono il tribalismo, i festival musicali o le folle che riempiono gli

eventi sportivi. Tribù, mode e culti hanno così il compito di riparare il danno inferto alla

sicurezza.

La minore importanza attribuita dalla postmodernità alla nazione ed alla

famiglia è ripresa da Bauman all’interno di La società individualizzata. Ora, le strade

verso l’immortalità un tempo riservate a pochi eletti sono piene di persone che vogliono

guadagnarvi l’accesso. Inoltre molto spesso viene venduta l’”esperienza”

dell’immortalità anziché la cosa in sé, come succede anche per molti altri tipi di

“esperienze” che oggi vengono offerti, ad esempio, in parchi tematici o in strutture

simili.

26 Zygmunt Bauman, Il teatro dell’immortalità. Mortalità, immortalità e altre strategie di vita, Il Mulino, Bologna, 1995, pag. 257.

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Page 79: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Al posto della fama è oggi subentrata la notorietà, la quale è un oggetto di

consumo e non un oeuvre, cioè qualcosa che si produce con laboriosità. Come tutti gli

oggetti di consumo, tale notorietà deve fornire un godimento pronto e rapidamente

esauribile. Nella corsa alla notorietà, coloro che un tempo erano i soli che si potevano

disputare la fama – scienziati, artisti, inventori, capi politici – non hanno alcun

vantaggio nei confronti di personaggi del mondo dello spettacolo, come cantanti o

attori. Il successo di ciascuno si misura, infatti, secondo indici quantitativi. Ciò si

ripercuote anche sul modo in cui la loro attività è percepita.

Bauman considera in seguito la già affrontata tematica del corpo, il quale,

essendo sia strumento di benefici che oggetto di difesa da parte nostra, è, a suo parere,

la causa principale delle più comuni problematiche della postmodernità. Egli propone,

inoltre, un riferimento alla storia artistica per spiegare altri aspetti della decostruzione

postmoderna dell’immortalità. Le opere d’arte che oggi vengono considerate

maggiormente sono quelle che fanno della caducità e della contingenza la modalità

stessa della loro esistenza. Esse manifestano quindi disprezzo o indifferenza per

l’immortalità. Spesso, ad esempio, le installazioni assemblate in occasione di una

mostra saranno smantellate il giorno stesso in cui la mostra chiuderà.

Una modalità assai diffusa nel mondo artistico postmoderno è costituita

dall’evento, il quale è ciò che accade una volta sola e non sarà mai ripetuto nella stessa

forma e nella stessa sequenza. In ciò esso si differenzia dalla rappresentazione teatrale,

la quale continua ad andare sul palcoscenico per lunghi periodi. Persino artisti illustri

come Picasso o Matisse devono farsi largo nel presente attraverso spettacoli e battage,

dal momento che le folle sono attirate dall’episodicità e dalla brevità dell’evento.

Bauman cita in seguito un’analisi di Michael Thompson sul ruolo del duraturo e

dell’effimero nella storia sociale. Tale analisi dimostra il nesso tra durevolezza e

privilegio sociale e tra caducità e privazione sociale. I potenti di ogni epoca si

circondavano di oggetti durevoli ed indistruttibili, lasciando ai poveri gli oggetti che

non possedevano tali caratteristiche. Secondo Bauman, la nostra è probabilmente la

prima epoca che ha capovolto tale relazione. Infatti, la nuova élite mobile ed

extraterritoriale non si interessa dei beni materiali, e promuove un rifiuto

dell’attaccamento agli oggetti e la facilità ad abbandonarli una volta che la loro novità si

sia esaurita.

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Page 80: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

In conclusione, Bauman afferma che <<La nostra è la prima cultura della storia a

non privilegiare la durata e a ridurre l’esistenza ad una serie di episodi vissuti con

l’intenzione di scongiurare le loro conseguenze durature e di evitare impegni stringenti

che renderebbero vincolanti tali conseguenze>>27. Egli precisa che quella in cui ci

troviamo oggi non è una “crisi culturale”, bensì che siamo giunti in un territorio in cui

gli esseri umani non hanno mai abitato, un territorio che la cultura umana del passato

considerava inabitabile, ed in cui la trascendenza non è più ambita. Le conseguenze a

lungo termine si potranno considerare in futuro.

27 Zygmunt Bauman, La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, cit., pag. 311.

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Page 81: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 10

LE CITTÀ POSTMODERNE

Anche le città nella postmodernità assumono caratteristiche differenti rispetto a

quelle possedute in precedenza. Bauman analizza tale tematica, oltre che in altre opere,

in Modernità liquida. Qui egli prende ad esempio George Hazeldon, un architetto di

origine britannica residente in Sudafrica, il quale intende costruire una città diversa da

tutte le altre. Nei progetti di Hazeldon, tale città assomiglia ad una versione aggiornata

della cittadella medievale, protetta da spesse mura e fossati ed isolata dai rischi e dai

pericoli del mondo esterno. Essa è, così, qualcosa di simile a Mont Saint-Michel, che è

sia monastero sia fortezza inaccessibile.

Heritage Park, la città che Hazeldon intende costruire su circa duecento ettari di

terreno vicino a Città del Capo, sarà totalmente inaccessibile e difesa da cancelli elettrici

con corrente ad alta tensione, sorveglianza alle vie d’accesso, palizzate e guardie. A

parere di Hazeldon, lo scopo di tutto ciò è creare una comunità, e per ottenerlo egli

prende a modello la comunità londinese della sua infanzia, la quale garantiva sicurezza.

La differenza tra la comunità del passato e quella ricreata da Heritage Park è che tutto

quanto la prima otteneva in modo semplice e pragmatico, grazie ai suoi appartenenti che

si conoscevano e facevano affidamento gli uni sugli altri, nella nuova comunità è

affidato a sorveglianze ed a guardie armate.

Nella postmodernità è cresciuta di molto la preoccupazione per la sicurezza,

tanto che la presunta onnipresenza dei cosiddetti malintenzionati è divenuta un fattore

molto presente, e la paura di esserne vittime un fenomeno generalizzato. Bauman cita a

proposito di ciò Sharon Zukin, la quale descrive il nuovo aspetto acquisito dagli spazi

pubblici di Los Angeles, rimodellati dalle preoccupazioni di sicurezza dei residenti, con

polizia e sorveglianza ovunque. Secondo la Zukin, gli anni Sessanta e Settanta del

Novecento sono stati uno spartiacque nell’istituzionalizzazione della paura urbana.

Elettori ed élite avrebbero potuto scegliere di approvare politiche statali volte ad

eliminare la povertà, mentre hanno scelto di procurarsi la protezione alimentando il

boom dell’industria della sicurezza privata. La Zukin sostiene, inoltre, che uno dei

pericoli maggiori provocati dalla politica della paura quotidiana è che il timore delle

strade insicure tiene le persone lontane dagli spazi pubblici. I principali elementi

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Page 82: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

dell’attuale processo di evoluzione della vita urbana sono così, a parere di Bauman, la

comunità definita da confini rigidamente controllati anziché dal proprio contenuto, e la

difesa della stessa comunità intesa come assoldare guardiani armati.

Bauman cita ora una definizione di città proposta da Richard Sennet, secondo la

quale la città è <<un insediamento umano in cui è probabile che individui estranei si

incontrino>>28. Nelle città gli estranei si incontrano nel modo che è a loro consono,

ovverosia il loro incontro è privo di un passato, e spesso è anche senza un futuro. A tale

fine un ambiente urbano deve essere “costumato”, cioè dotato di spazi che la gente

possa condividere, e rappresentabile come un bene comune.

Le città odierne presentano vari luoghi definiti come “spazi pubblici”. Essi sono

di genere e dimensioni diverse, ma appartengono quasi tutti a due categorie, ciascuna

delle quali si differenzia dal modello di spazio civile per due caratteristiche. La prima

delle due categorie di spazio urbano pubblico, e tuttavia non civile, è rappresentata, ad

esempio, da La Défense, un enorme piazzale situato a Parigi sulla riva destra della

Senna. Tale luogo si manifesta innanzitutto come inospitale. I grattacieli che ne fanno

parte costituiscono un insieme di edifici imperiosi ed impervi, circondati da poche

panchine e da pochi alberi, mentre gruppi di persone entrano ed escono dalle uscite

della metropolitana per dirigersi verso i palazzi.

La seconda categoria di spazio pubblico e non civile mira a servire i

consumatori, o piuttosto a trasformare il residente urbano in consumatore. Gli spazi di

consumo sono, ad esempio, i centri commerciali o le sale da esibizione, e servono

unicamente a favorire il consumo, come si è già affrontato.

Bauman propone, in seguito, quattro categorie di spazi pubblici all’interno delle

città postmoderne: i luoghi emici, i luoghi fagici, i nonluoghi e gli spazi vuoti. Egli

inizia, però, riprendendo la descrizione degli spazi di consumo. Qualunque cosa possa

accadere all’interno di essi, non ha alcuna importanza sulla vita quotidiana che scorre

nella città al di fuori. I viaggi nei luoghi i consumo differiscono poi dai Carnevali di

Michail Bachtin, i quali trasformavano la città per alcuni giorni. Infatti, il tempio del

consumo può trovarsi fisicamente in città, ma non ne fa parte; ciò che lo rende diverso è

un tipo di vita che la quotidianità non presenta. Esso è anche uno spazio purificato, in

28 Richard Sennet, The Fall of Public Man: On the Social Psychology of Capitalism, New York, 1978, pp. 39 sgg.,cit. in Zygmunt Bauman, Modernità liquida, cit., pag. 103.

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Page 83: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

cui le differenze interne vengono addomesticate. Nelle parole di Bauman: <<I luoghi di

shopping/consumo offrono ciò che nessuna “realtà reale” esterna può dare: un equilibrio

pressoché perfetto tra libertà e sicurezza>>29. All’interno dei loro templi gli

acquirenti/consumatori possono trovare, inoltre, un sentimento di appartenenza ad una

comunità, la quale viene ad essere un’aggregazione fatta di pura e semplice

uguaglianza. Tale comunità, poi, non richiede nessuna contrattazione.

Bauman riprende in seguito le già citate due strategie di Lévi-Strauss per

convivere con lo straniero, ovverosia quella antropoemica e quella antropofagica. La

prima, come si è già considerato, consisteva nel vietare con lo straniero qualsiasi

rapporto sociale o commercium; le sue versioni attuali sono i ghetti urbani, l’accesso

selettivo agli spazi, fino ad arrivare alle forme estreme come l’incarcerazione, la

deportazione o la soppressione fisica. La seconda strategia consiste, invece,

nell’”ingerire” i corpi estranei in modo da renderli identici e non più distinguibili dal

corpo che li ingerisce. Tale strategia è rappresentata da crociate culturali, guerre a

costumi, calendari, culti o dialetti locali. Afferma Bauman: <<Se la prima categoria

mirava all’esilio o alla distruzione degli altri, la seconda puntava all’annullamento o

distruzione della loro diversità>>30.

Ed ecco che si presentano le quattro categorie di spazi pubblici. Bauman

dimostra la similitudine tra la dicotomia delle strategie di Lévi-Strauss e quella delle

due odierne categorie di spazi pubblici non civili. La Défense di Parigi, insieme ad altri

tipi di “spazi di interdizione”, secondo la definizione di Steven Flusty, è

un’interpretazione architettonica della strategia “emica”, mentre gli spazi di consumo

rappresentano la strategia “fagica”.

La terza categoria è rappresentata da quelli che Marc Augé definisce i

“nonluoghi”. Questi ultimi condividono alcune caratteristiche della prima categoria, dal

momento che scoraggiano l’intenzione di insediarvisi. Tuttavia, a differenza della

Défense, il cui unico scopo è essere attraversata, o degli altri spazi di interdizione, i

nonluoghi accettano l’inevitabilità di una loro frequentazione o di un loro soggiorno da

parte di elementi estranei, e dunque fanno il possibile per rendere la loro presenza

29 Zygmunt Bauman, Modernità liquida, cit., pag. 109.30 Ivi, pag. 112.

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Page 84: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

irrilevante sotto il profilo sociale. Esempi di tali nonluoghi sono gli aeroporti, le

autostrade o le stanze d’albergo.

Della quarta categoria fanno parte i cosiddetti “spazi vuoti”, cioè quei luoghi,

secondo la definizione, ripresa da Bauman, di Jerzy Kociatkiewicz e Monika Kostera, ai

quali non viene attribuito nessun significato. Essi sono luoghi non colonizzati, i posti

“restanti” dopo che è terminata l’opera di strutturazione degli spazi più appetibili. Per

esemplificare tali spazi vuoti, Bauman prende ad esempio un suo viaggio compiuto in

una città non specificata dell’Europa meridionale, all’arrivo del quale venne a prenderlo

una docente. Tale docente avvisò che il tragitto per raggiungere l’albergo sarebbe stato

abbastanza lungo, poiché si sarebbero dovute attraversare le trafficate vie del centro

cittadino. Per il ritorno all’aeroporto Bauman si servì di un taxi, e notò come il tempo di

percorrenze fosse notevolmente diminuito, poiché il tassista passò per una serie di

quartieri fatiscenti. Questo fatto mostra la diversità delle mappe cittadine varianti a

seconda delle persone, mappe che, perché abbiano senso, devono escludere determinate

aree delle città come prive di senso.

Bauman sostiene quindi che <<L’elemento distintivo dei “luoghi pubblici ma

non civili” – tutte e quattro le categorie di luoghi elencate in precedenza – è

l’irrilevanza dell’interazione>>31. Essi permettono di non avere niente a che fare con gli

estranei che circolano, però non possono impedire l’incontro con l’estraneo. Ecco

perché il liberarsi della compagnia degli estranei appare una prospettiva migliore, più

sicura. Questa soluzione può apparire preferibile, ma certamente non è immune da

pericoli. Bauman riprende ancora Richard Sennet, il quale afferma che negli ultimi

vent’anni le città americane sono cresciute in modo tale che le aree etniche sono

divenute relativamente omogenee; egli collega poi questo fatto alla paura dell’estraneo,

cresciuta nella misura in cui tali comunità etniche sono state isolate.

A parere di Bauman, l’incapacità di fare fronte alla pluralità degli esseri umani si

perpetua da sé: quanto sono più forti i tentativi di promuovere l’omogeneità e di

eliminare la differenza, tanto più difficile è convivere con gli estranei. Il progetto di

sfuggire alla varietà urbana e di trovare rifugio nell’uniformità comunitaria è quindi

autoperpetuantesi. Infatti, la ricerca della sicurezza in un’identità comune, anziché in un

accordo su comuni interessi, diventa il modo più sensato di procedere in un mondo in

31 Ivi, pag. 116.

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Page 85: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

cui la negoziazione degli interessi comuni non viene praticata, e le concezioni di “bene

comune” o di “buona società” non vengono prese in considerazione. Tuttavia, i timori

legati all’identità ed alla sua difesa dalla contaminazione rendono la concezione di

interessi comuni negoziati ancora meno perseguibile e probabile.

Bauman cita nuovamente Sharon Zukin, la quale afferma che il venire meno

della proposta di un destino comune ha rafforzato la diffusione della cultura, intesa

però, nel significato americano, come “etnicità”. Ciò si concretizza nell’operare una

separazione territoriale e, poiché lo scopo della separazione territoriale è l’omogeneità

di chi occupa quel territorio, l’”etnicità” risulta essere la migliore delle identità.

L’omogeneità che si presume caratterizzi i gruppi etnici è eteronoma, ovverosia

non è un prodotto dell’uomo. Inoltre, altre presunte comunità sono sempre pronte a

denigrare la nozione stessa di etnicità e a inventarsi proprie radici, tradizioni, storia

comune e futuro comune. Bauman sostiene che anche l’attuale avatar del comunitarismo

è una risposta alla reale crisi di “spazio pubblico”, e dunque di politica, la quale ha la

sua naturale origine proprio nello spazio pubblico.

Da tale discorso Bauman prende spunto per proporre una nuova analisi della

politica, la quale è sempre più ridotta ad una serie di confessioni pubbliche, mentre la

questione della credibilità delle persone pubbliche si sta sempre più sostituendo

all’analisi di cosa dovrebbe essere l’arte della politica. Lo spettacolo postmoderno della

politica, come gli altri spettacoli pubblicamente rappresentati, si trasforma così in un

messaggio della priorità dell’identità sugli interessi. Allora, come afferma Sennet,

preservare la comunità diventa un fine in sé.

Il tentativo di tenere a distanza l’altro, l’estraneo, diventa la risposta più

utilizzata all’incertezza radicale derivante dai nuovi legami sociali. Tale tentativo si

trasforma nella politica della separazione etnica, ed in particolare nella difesa contro

l’afflusso di estranei. Nelle parole di Bauman: <<si tratta (...) di una patologia dello

spazio pubblico risultante in una patologia della politica>>32. Uno dei pochi compiti che

i governi attuali svolgono è, quindi, quello di costituire un fronte unito contro gli

immigrati, il quale promette di fare il possibile per accorpare gli individui postmoderni

in una “comunità nazionale”. Ritornando alla descrizione di Heritage Park, Bauman

32 Ivi, pag. 122.

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Page 86: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

afferma che la desiderata purezza della sua comunità può essere conquistata solo

mediante il disimpegno e lo scioglimento di qualsiasi legame.

All’interno di Amore liquido, Bauman affronta nuovamente la descrizione degli

spazi di interdizione, ma prima di fare ciò prende San Paolo del Brasile, nella

descrizione di Teresa Caldeira, come esempio delle nuove città postmoderne. Essa è la

seconda città del Brasile, dinamica ed in espansione, e viene descritta in questa maniera:

<<San Paolo è oggi una città piena di muri. Ovunque sono state costruite barriere

fisiche – intorno a case, edifici residenziali, parchi, piazze, complessi per ufficio e

scuole (...) Una nuova estetica della sicurezza modella tutti i tipi di costruzione e

impone una nuova logica della sorveglianza e della distanza (...)>>33.

Chi se lo può permettere si compra un residence in un condominio, il quale

diventa una sorta di eremo: fisicamente dentro la città, ma socialmente e spiritualmente

fuori. Le comunità chiuse di questo tipo diventano, così, mondi separati. Tutt’intorno al

condominio vengono situati recinti e muri, guardie armate agli ingressi e una gamma di

strumenti e servizi per tenere lontane le persone indesiderate. I residenti dei condomini,

in questo modo, si pongono fuori dalla pericolosa vita di città, e dentro la zona di

sicurezza. Alla stessa maniera, però, essi chiudono tutti gli altri fuori dai luoghi sicuri

che intendono difendere, e dentro i quartieri pericolosi che tentano di isolare. Il recinto

separa, così, il ghetto volontario dei ricchi e potenti dai numerosi ghetti coatti dei

poveri.

Bauman precisa che a San Paolo la tendenza segregazionista ed esclusionista si

manifesta nella sua forma estrema, ma il suo impatto è riscontrabile, in forma minore, in

quasi tutte le grandi metropoli. Paradossalmente, infatti, le città originariamente

costruite per dare sicurezza ai loro abitanti, sono oggi spesso associate al pericolo. La

presenza di pericoli, reali o presunti, alla sicurezza personale e dei propri beni sta

diventando uno dei principali elementi di valutazione nella scelta del posto in cui

abitare, così com’è arrivata al primo posto nelle strategie di commercializzazione degli

immobili. Infatti, come si è già considerato, l’incertezza del futuro, la precarietà della

propria condizione sociale e l’incertezza esistenziale tipiche della condizione

postmoderna tendono ad essere convogliate verso questioni di sicurezza personale. Ciò

33 Teresa Caldeira, Fortified enclaves: the new urban segregation, in Public Culture, 1996, pp. 303 – 328, cit. in Zygmunt Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Roma - Bari, 2004, pag. 148.

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Page 87: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

si concretizza, quindi, negli impulsi segregazionisti/esclusivisti che conducono a guerre

per lo spazio urbano.

Ecco che Bauman riprende la tematica degli spazi di interdizione, proposta dal

critico architettonico/urbanistico americano Steven Flusty. Secondo Flusty, il

conformarsi alla guerra per lo spazio urbano, ed in particolare l’inventare modalità per

tenere distanti i presunti avversari, costituisce l’elemento sempre più diffuso di

innovazione architettonica e di sviluppo urbano nelle città americane. Le nuove

costruzioni sono appunto gli <<spazi di interdizione>> - << progettati per intercettare,

respingere o filtrare i potenziali utenti>>34. Nelle parole di Bauman: <<Il fine dichiarato

degli “spazi di interdizione” è dividere, segregare ed escludere, non quello di costruire

ponti, passaggi facili e punti di ritrovo, di facilitare la comunicazione e di avvicinare tra

loro, in qualunque altro modo, gli abitanti della città>>35.

Le invenzioni architettonico/urbanistiche descritte da Flusty sono, a parere di

Bauman, gli equivalenti tecnologicamente aggiornati dei fossati attorno ai castelli e

delle cinte murarie attorno alle città d’epoca premoderna. Tuttavia, vi è una differenza:

mentre nelle città premoderne quei mezzi servivano per difendere gli abitanti dal

nemico esterno, nella postmodernità gli spazi di interdizione sono costruiti per tenere

isolati i residenti della città e per difenderli gli uni dagli altri, poiché è stato loro affidato

lo status di avversari. Tra questi spazi vi sono lo “spazio sdrucciolevole” (uno spazio

impossibile da raggiungere per via di sentieri troppo contorti o assenti); lo “spazio

frastagliato” (spazio che non può essere confortevolmente occupato, difeso da utensili);

e lo “spazio presidiato” (spazio monitorato da parte di pattuglie e/o tecnologie di

controllo collegate a stazioni di sicurezza).

Lo scopo di tali spazi di interdizione è quello di porre enclave extraterritoriali al

di fuori dell’area urbana, ed erigere delle fortezze dentro le quali questi appartenenti

all’élite globale extraterritoriale possano abitare in isolamento dalla città. Bauman

conclude, così, affermando che <<Nel paesaggio della città gli “spazi di interdizione”

diventano pietre miliari della disintegrazione del modo di vita locale, condiviso,

comunitario>>36.

34 Steven Flusty, Building paranoia, in Nan Elin (a cura di), Architecture of Fear, Princeton Architectural Press, Princeton, NJ, 1997, pp. 48 – 52, cit. in Zygmunt Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, cit., pag. 151. 35 Zygmunt Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, cit., pag. 151.36 Ivi, pag. 152.

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Page 88: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Tale tematica è ripresa da Bauman all’interno di Dentro la globalizzazione. Qui

egli fa nuovamente riferimento a Richard Sennet, il quale è stato, a suo parere, il primo

analista della vita urbana contemporanea a testimoniare l’incipiente “caduta dell’uomo

pubblico”. Sennet, molti anni fa, aveva notato la continua erosione dello spazio

pubblico urbano e la fuga degli abitanti dalle poche agorà rimaste all’interno delle città.

Più recentemente, egli parla degli sconvolgimenti che si provocano nelle vite delle

persone per realizzare piani astratti di sviluppo o di rinnovamento urbani. Nei casi in cui

si sono attuati piani del genere, i tentativi di “omogeneizzare” lo spazio urbano o di

renderlo “funzionale” si sono tradotti nella disintegrazione delle reti protettive che i

legami umani creano, con conseguenze come solitudine ed analfabetismo morale

nell’affrontare scelte autonome e responsabili.

Infatti, in un ambiente concepito come artificiale, destinato ad assicurare

l’anonimato e la specializzazione funzionale dello spazio urbano, gli abitanti delle città

devono affrontare un notevole problema d’identità. La monotonia dello spazio costruito

artificialmente li priva dell’opportunità di dare un senso alle cose, e quindi delle

conoscenze necessarie a risolvere le diverse problematiche. Lo spazio progettato alla

perfezione si rivela, secondo Bauman, un terreno non proficuo per il senso di

responsabilità umana, la quale è a sua volta la fondamentale condizione della moralità

nei rapporti umani. Di conseguenze, l’eticità non cresce assolutamente in uno spazio

privo di sorprese, ambivalenze o conflitti, poiché solo coloro che riescono ad agire in

una situazione di ambivalenze ed incertezze, nate dalla diversità e dalla varietà, possono

affrontare le proprie responsabilità.

Afferma Bauman: <<L’esperienza delle città americane analizzata da Sennet

mette in luce regole quasi universali: il sospetto verso gli altri, l’intolleranza per la

diversità, l’ostilità per gli estranei e la pretesa di separarsene e di bandirli, e la

preoccupazione isterica, paranoica, per “la legge e l’ordine” sono fattori che tendono ad

acutizzarsi nelle comunità locali più uniformi, che praticano con più durezza la

segregazione razziale, etnica e di classe, insomma in quelle più omogenee>>37. Infatti,

in una località di situazioni omogenee è molto difficili acquisire quelle capacità e quelle

abilità necessarie per affrontare le diversità e le incertezze.

37 Zygmunt Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma – Bari, 2001, pag. 54.

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Page 89: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Bauman torna a ripetere, facendo anche riferimento a Nan Elin, che la città,

costruita in origine per ragioni di sicurezza, cioè per proteggere i cittadini dal nemico

esterno, oggi viene associata più al pericolo che alla sicurezza. Nell’età postmoderna il

fattore paura è sicuramente cresciuto, come sta a testimoniare il numero sempre

maggiore di sistemi di sicurezza, delle comunità “recintate” e “sicure” per ogni gruppo

di età e di reddito, oltre ai segnali di pericolo diffusi dai mass media.

Così, come si è già considerato, le paure urbane contemporanee, a differenza di

quelle che portarono originariamente alla costruzione delle città, riguardano innanzitutto

il nemico che è all’interno. Sostiene Bauman: <<Questo tipo di paure porta a

preoccuparsi meno dell’integrità e della solidità della città nel suo complesso – cioè

come forma di proprietà collettiva e collettiva garanzia delle condizioni di sicurezza

individuale – che non dell’isolamento e della “fortificazione” del proprio ambito

privato, casa e annessi, all’interno della città>>38. Ciò è testimoniato ad esempio dai

quartieri controllati da guardie, dagli spazi pubblici sorvegliati ad accesso riservato e

dalle guardie armate ai cancelli, i quali sono tutti mezzi di sicurezza che riguardano quei

cittadini con cui non si vuole avere a che fare.

Un’ulteriore caratterizzazione delle città postmoderne è fornita da Bauman

all’interno di Voglia di comunità, dove egli compie una descrizione dei ghetti. Per fare

ciò prende a riferimento una definizione di Loic Wacquant, secondo la quale il ghetto è

“una combinazione di limitazione spaziale e chiusura sociale: potremmo dire che il

fenomeno del ghetto riesce a essere, al tempo stesso, geografico e sociale, mischiando la

prossimità/distanza fisica con la prossimità/distanza morale (nella terminologia di

Durkheim, esso unisce densità morale e densità fisica)>>39.

Tuttavia, Bauman compie una precisazione: i fenomeni di limitazione e di

chiusura, a suo parere, significherebbero poco se non fossero accompagnati da un terzo

elemento, ovverosia l’omogeneità di chi è all’interno rispetto all’eterogeneità di chi è

all’esterno. In tutta la storia del ghetto, compreso quello odierno archetipico dei neri

americani, questo terzo elemento è stato alimentato dalla divisione etnico – razziale, ed

assume una forma simile nei “ghetti di immigrati” presenti nelle città europee ed

americane. Infatti, solo la divisione etnico – razziale dà alla contrapposizione

38 Ivi, pag. 55.39 Zygmunt Bauman, Voglia di comunità, Laterza, Roma – Bari, 2001, pag. 113.

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Page 90: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

omogeneità/eterogeneità la capacità di fornire ai muri del ghetto quella durabilità di cui

hanno bisogno.

Una categoria speciale di ghetti è rappresentata dai cosiddetti “ghetti volontari”,

i quali, ovviamente, non sono ghetti nel senso proprio del termine, dal momento che

sono abitati da residenti volontari. La differenza principale tra i ghetti volontari e quelli

reali consiste nel fatto che mentre i ghetti reali sono luoghi dai quali non si può uscire (e

qui Bauman cita nuovamente Wacquant, il quale spiega che i residenti dei ghetti neri

americani non possono certo entrare nei quartieri bianchi limitrofi, in quanto verrebbero

inseguiti, fermati e vessati dalla polizia), scopo principale dei ghetti volontari è, invece,

vietare l’ingresso agli estranei e fare sì che i loro residenti siano liberi di uscirne a

proprio piacimento.

Naturalmente, le persone che desiderano abitare nei ghetti volontari per il

privilegio del “confinamento spaziale e della chiusura sociale” giustificano

l’investimento descrivendo ciò che accade all’esterno come estremamente pericoloso,

proprio come potrebbe essere per gli involontari abitanti dei ghetti reali. Così,

paradossalmente, i ghetti reali significano privazione della libertà, mentre i ghetti

volontari intendono servire la causa della libertà. Il loro effetto si è già preso in

considerazione, ed è il fatto che quanto più sicuri gli abitanti dei ghetti volontari si

sentono all’interno di essi, tanto più minacciosa appare loro la situazione all’esterno.

Così, una caratteristica comune ai ghetti reali e a quelli volontari è la capacità di fare sì

che il loro isolamenti si autoperpetui.

Nelle parole di Bauman: <<Incanalare le emozioni generate dall’incertezza

esistenziale nella frenetica ricerca della “sicurezza nella comunità” produce gli stessi

effetti di tutte le altre profezie che si autorealizzano: una volta avviato, tale processo

tende a sostanziare le sue motivazioni originarie e a produrre sempre nuovi “validi

motivi” e giustificazioni a loro difesa. In breve, aggiunge a posteriori nuove e più

convincenti prove a sostegno dei motivi che l’avevano scatenato e del suo perpetuarsi.

Alla fine, questo stesso perpetuarsi finisce col diventare la prova intrinseca della propria

validità e correttezza, l’unica prova di cui abbia ormai bisogno>>40.

Tuttavia, Bauman avverte che non bisogna lasciarsi ingannare dall’apparente

omogeneità degli impulsi alla “sicurezza nella comunità”, dal momento che essa

40 Ivi, pag. 114 – 115.

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Page 91: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

nasconde profonde differenze nelle condizioni di vita sociale. Egli, a proposito di ciò, fa

riferimento a Max Weber, il quale sostiene che esistono molte differenze tra l’indossare

una “mantellina” e ritrovarsi rinchiusi in una gabbia di ferro. Chi indossa la mantellina

può trovarla confortevole, ma ciò che la rende così piacevole è la certezza di potersene

liberare quando se ne abbia voglia. E’ la situazione senza alternative da “vietato uscire”

che caratterizza, invece, l’abitante del ghetto, la quale fa sentire la “sicurezza

dell’uguaglianza” come una opprimente gabbia di ferro.

Bauman, in seguito, cita ancora Loic Wacquant, che ha rilevato il meccanismo

istituzionale della segregazione e dell’ aggregazione risultante in un livello

notevolmente più alto di frustrazione e povertà nel ghetto. I ghetti reali non sono tutti

uguali, e per dimostrare ciò vengono poste a confronto le situazioni dei ghetti dei neri

americani con le banlieues o cités francesi, le ex aree operaie ad alto tasso di

immigrazione. I ghetti dei neri americani rappresentano la sedimentazione di una doppia

forma di rifiuto – classe e razza – e proprio la razza garantisce ai residenti il fatto che

rimarranno in questi ghetti. Dall’altro lato, le banlieues presentano una popolazione

razzialmente mista in cui i ragazzi si spostano anche nelle ricche aree borghesi della

città o nei centri commerciali.

Tuttavia, sia gli uni che gli altri vengono classificati come abitanti un’area

ritenuta una “discarica” per persone povere, famiglie operaie immiserite e gruppi di

individui marginali. Il meccanismo comune della segregazione e dell’esclusione ha,

così, caratteristiche comuni: essere poveri in una società ricca significa avere lo status di

una anomalia sociale ed essere privati del controllo sulla propria rappresentanza

collettiva. Sia gli abitanti dei ghetti americani che quelli delle banlieues francesi

subiscono una spoliazione simbolica, in modo tale da diventare dei reietti della società.

La ghettizzazione diventa, in questa maniera, parte organica di un meccanismo

già considerato, ovvero quello di rimozione dei poveri messo in moto nell’epoca

postmoderna, nella quale i poveri non servono più come “esercito di riserva dei

produttori” e sono diventati consumatori incompiuti. La ghettizzazione, inoltre,

accompagna ed integra la criminalizzazione della povertà, e ciò è testimoniato dal fatto

che vi è un continuo scambio di popolazione tra i ghetti ed i penitenziari, ciascuno dei

quali serve come bacino di alimentazione per l’altro. In un mondo in cui mobilità e

facilità di spostamento sono divenuti i fattori principali di stratificazione sociale, tale

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Page 92: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

strategia è lo strumento di definitiva esclusione e degradazione, utilizzato per inserire le

classi inferiori ed i poveri in una sottoclasse, una categoria esclusa dal sistema di classi.

Bauman fa poi riferimento ad un’altra analisi di Wacquant, nella quale

quest’ultimo rileva il nesso tra criminalizzazione della povertà e istituzionalizzazione

della condizione di precarietà generata dal lavoro “flessibile”. Lo Stato, avendo abdicato

al proprio ruolo di legislatore per le relazioni di lavoro ed alla sua funzione economica,

ricorre ad una strategia “penitenziaria” (questa è la definizione di Neil Christie, ripresa

da Bauman, per la politica penale basata sopratutto sulla detenzione carceraria) come

mezzo per riconciliare i poveri alla loro nuova condizione.

Secondo Bauman, le carceri sono ghetti dotati di mura, mentre i ghetti sono

carceri senza mura. L’unica funzione che la consumatrice società liquido – moderna ha

concesso di svolgere alle persone costrette ad abitare in questi posti è quella di aiutare

gli altri a sopportare la condizione di vita precaria, dal momento che le alternative sono

le abitazioni – ghetto o i penitenziari di Stato.

Bauman sviluppa poi un’altra tematica, ossia il rapporto tra ghetto e comunità,

iniziando subito col dire che il ghetto non crea una comunità. Infatti, il condividere una

vita del genere non trasforma quegli abitanti in “fratelli”, ma, al contrario, fomenta il

disprezzo reciproco e non alimenta una condizione di rispetto. Inoltre, anche se gli

odierni luoghi di segregazione hanno ereditato il nome dai ghetti tardomedievali, tra essi

vi sono alcune differenze. Bauman cita nuovamente Wacquant, il quale sostiene che

mentre il ghetto nella sua forma originaria agiva in parte da protezione contro

l’esclusione razziale, l’iperghetto ha perso il proprio ruolo positivo di difesa collettiva e

si è trasformato in una macchina la cui unica funzione è quella della segregazione

sociale.

Nei ghetti contemporanei non si può creare una difesa collettiva, poiché

l’esperienza del ghetto distrugge ogni senso di solidarietà e di fiducia ancora prima che

esse possano svilupparsi. Il ghetto, invece che essere fonte di sentimenti comunitari, è,

quindi, un laboratorio di disintegrazione sociale, atomizzazione ed anomia. Infatti, per

guadagnare una dignità e riaffermare la legittimità del proprio status, i residenti delle

diverse forme di ghetto, siano essi quelli americani o quelli delle banlieues, tendono a

porre l’attenzione sulla loro rettitudine morale in quanto individui (o appartenenti ad

una famiglia) e a denunciare quanti si approfittano immeritatamente dei programmi

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Page 93: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

sociali. Essi cercano, così, di acquistare valore svalutando il loro quartiere ed i loro

vicini, e si impegnano a perseguire strategie di distinzione e di distacco sociale che

contribuiscono a minare la coesione sociale. Tutto ciò dimostra che ghetto significa

impossibilità di creare una comunità.

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Page 94: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 11

IL CORPO E LA BELLEZZA NELLA POSTMODERNITÀ

Il confronto tra la concezione del corpo nella modernità e quella nella

postmodernità, assieme al passaggio dalla nozione di salute a quella di fitness, sono

analizzati da Bauman sopratutto all’interno di La società dell’incertezza. Innanzitutto,

Bauman esplica le caratteristiche del corpo moderno. Quest’ultimo, il corpo del

lavoratore/soldato, era regolamentato e diretto da forze esterne, come accadeva nella

catena di montaggio di Taylor nella quale era costretto a compiere movimenti stabiliti

da condizioni ambientali progettate dall’uomo. L’unico contributo richiesto al fisico era

l’essere in grado di provvedere alle forze indispensabili per rispondere agli stimoli. Tale

capacità si definiva “salute”, mentre “malattia” significava “incapacità”. Il dispendio

necessario a salvaguardare la salute e ad allontanare la malattia si riduceva ad un

problema di alimentazione, ovverosia alla quantità di cibo sufficiente a fornire l’energia

richiesta. Eccedere in questa quantità era considerato un lusso, uno spreco.

Tutto ciò muta radicalmente nella modernità liquida. Il punto attorno al quale

ruota il mutamento postmoderno riguardante il corpo è costituito dal fatto che oggi il

corpo stesso è considerato principalmente un corpo che consuma, e la misura della sua

buona condizione sta proprio nel consumare ciò che la società dei consumi ha da offrire.

Afferma Bauman: <<Il corpo postmoderno è prima di tutto un recettore di sensazioni:

assorbe e assimila esperienze, e la sua attitudine e capacità ad essere stimolato lo

trasforma in uno strumento di piacere. La presenza di una tale attitudine/capacità è

chiamata “benessere” (fitness)>>41.

Non è tanto la performance fisica che conta, quanto la qualità delle sensazioni

ricevute. Poiché, però, l’intensità di tutto ciò non è misurabile come nella performance,

un effetto di tale mutamento è la svalutazione della nozione, un tempo basilare, di

“normalità”. La medicina moderna, infatti, intendeva tracciare una linea di

demarcazione tra salute e malattia e, quindi, stabilire la distinzione tra normale ed

anormale era divenuto il suo impegno principale. Passando alla postmodernità, Bauman

rileva che ogni esercizio di fitness, per quanto soddisfacente, anticipa sempre un

presagio di un malessere latente costituito dalla perdita del piacere atteso. La ricerca

41 Zygmunt Bauman, La società dell’incertezza, cit., pag. 113.

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Page 95: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

della perfetta forma fisica è, in questa maniera, afflitta da un inquietudine difficile da

evitare. Le cure mantengono la loro desiderabilità fintanto che sono ricercate, ma

vengono svalutate al momento della loro applicazione, dovendo poi essere sostituite da

ulteriori rimedi.

Un’altra differenza tra le concezioni del corpo moderna e postmoderna è

costituita dal fatto che, mentre l’esercizio fisico del lavoratore/soldato tendeva ad unire

gli intenti, le autoesercitazioni del recettore di sensazioni li divide e li separa. Bauman

ritiene che, ad esempio, la proposta del National Health Service fosse una conseguenza

naturale del modo in cui il concetto di salute è socialmente costruito, poiché i servizi

nazionali erano concepiti per prendersi cura della norma e dell’anormalità. Invece, un

National Fitness Service sarebbe solamente una contraddizione. Nell’epoca in cui

l’interesse per il benessere diventa prioritario rispetto alla preoccupazione per la salute,

inoltre, anche la presenza di un “servizio nazionale per la salute pubblica” sembra meno

ovvia di quanto lo fosse in precedenza.

Il corpo è diventato una proprietà privata, ed è compito del proprietario averne

cura. Come si è già considerato, Bauman ritiene che questo esito della “privatizzazione

del corpo” e delle agenzie di produzione sociale del corpo sia la rappresentazione più

efficace dell’ambivalenza postmoderna. Egli fornisce nuove spiegazioni per tale

affermazione. Innanzitutto, ciò fornisce alla cultura postmoderna la sua energia e la sua

continua pulsione al movimento. In secondo luogo, costituisce un motivo cruciale per

l’inquietudine della stessa cultura postmoderna, con il suo ritmo di mode, desideri e

paure. Bauman propone, quindi, un’efficace metafora, secondo la quale la creatività

della cultura postmoderna può essere paragonata ad una matita con gomma incorporata ,

la quale cancella ciò che scrive e quindi non riesce a fermare il suo continuo

movimento.

L’ambivalenza primaria assume poi diverse forme. Una delle forme cruciali, a

parere di Bauman, è l’ambiguità aporetica tra la fobia del mutevole e la fobia del

definitivo, cioè tra la paura di non giungere mai alla mèta più elevata e la paura di

riuscire a raggiungerla. La paura del mutevole e quella del definitivo si sostengono e si

nutrono a vicenda.

Egli espone, in seguito, la situazione postmoderna del “corpo sotto assedio”.

L’ambivalenza generata dal progetto del “Corpo ideale” rende il compito di delimitare i

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Page 96: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

confini del corpo (un compito che appare permeato di ambiguità in ogni epoca, come

Bauman sostiene citando ancora una volta Mary Douglas) particolarmente assillante. La

maggior parte delle sensazioni che il corpo del “collezionista di piaceri” può ricevere

richiede stimoli provenienti dal mondo esterno, e tale interazione con il mondo esterno

influenza il controllo individuale sul benessere fisico. Infatti, lo scambio con il mondo

esterno, finalizzato alla ricerca di sensazioni, si tramuta in una potenziale minaccia per

il benessere e quest’ultimo, a sua volta, è la condizione che garantisce la capacità del

corpo di recepire le sensazioni.

Per esemplificare la condizione di questa ricerca del operata dagli individui

postmoderni per il proprio corpo, Bauman rileva che ci sono due categorie di libri

sempre in testa alle classifiche di quelli più venduti: i manuali di cucina e i libri delle

diete. I primi sono in maggioranza collezioni di ricette sempre più sofisticate, esotiche e

ricercate, e sono sempre accompagnati dalla loro controparte, i libri sulle diete.

Nella modernità l’ideale di perfezione del corpo era influenzato dallo stile

armonico del Rinascimento, ispirato dal principio della moderazione e dell’equilibrio.

Anche le scienze sociali definivano i bisogni umani come impulso a placare e rimuovere

le tensioni, e la soddisfazione dei bisogni come una condizione priva di tensioni. Al

contrario, a parere di Bauman, la pratica postmoderna dell’esercizio fisico risulta una

costruzione in stile gotico, composta di elementi ridondanti e tenuta insieme da un

bilanciamento delle pressioni e delle tensioni. Il problema non è, quindi, come evitare le

tensioni, bensì come passare dall’una all’altra in modo armonico.

Oltre a ciò, l’individuo che è proprietario del corpo ne possiede anche la

custodia. La difficoltà di questo compito, aggravata anche dalla sua ambiguità, genera

quella che Bauman definisce “mentalità da assedio”, secondo la quale il corpo ed il suo

benessere sono minacciati da ogni parte. Tuttavia, non è possibile rendere le proprie

difese impenetrabili, proprio perché lo scambio con il mondo esterno è desiderato: il suo

livello di intensità rappresenta uno degli scopi primari del “mantenersi in forma”. Ecco,

così, che si forma una condizione di assedio permanente, destinato a durare per tutta la

vita.

Una delle conseguenze di tutto ciò è il fatto che la mentalità dell’assedio si

traduce, di tanto in tanto, in brevi e forti esplosioni di panico. Bauman precisa che in

varie epoche il pericolo di avvelenamento era sospettato in vari generi di cibo, e la

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Page 97: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

presenza di effetti patogeni era ipotizzata in determinate attività fisiche. Tuttavia,

tipicamente postmoderna risulta essere l’accumulazioni di tali sospetti in sporadiche

lotte di protesta contro certi prodotti alimentari, o in campagne di sensibilizzazione

verso certi modi di agire poco salutari. Afferma Bauman: <<L’impegno profuso nelle

lotte di protesta e sensibilizzazione genera un sentimento confortante e

temporaneamente rassicurante: “il nemico alle porte” è stato sconfitto e non occorre più

preoccuparsi. Poiché l’insostenibile ideale del benessere non può mai essere raggiunto

(per non parlare dell’impossibilità di realizzare il sogno dell’immortalità, la cui versione

postmoderna, o piuttosto la sua dissimulazione, è proprio il “mantenere il fisico in

perfetta forma”) nessuna campagna e nessuna lotta è in grado di ottenere risultati

definitivi>>42.

Bauman, più avanti nella stessa opera, espone le differenti funzioni possedute

dalla biologia nei contesti moderno e postmoderno. Per quanto riguarda la modernità, in

essa un caso descritto come biologicamente determinato era considerato fuori da ogni

possibilità umana di intervento. Tale formula stava a significare un individuo immune

da modifiche e correzioni perseguite tramite l’educazione e la persuasione: se non si

riusciva a porre rimedio a tale situazione, l’unica soluzione era considerata la

separazione dell’individuo “difettoso” da quelli “regolari”. L’argomentazione biologica

sta, a parere di Bauman, al polo opposto della speranza liberale di conformare gli esseri

umani ad una società equilibrata tramite la rieducazione.

La biologia occupava, perciò, fin dall’inizio un posto contrastato ed impregnato

di controversie di genere ideologico e politico. Alla biologia, ed alle biotecnologie ad

essa collegate, veniva assegnato lo status speciale di alter ego della trasformazione

culturale che stava alla base del processo moderno, la quale possedeva al suo interno

una notevole ambivalenza.

Ma questo era solo uno dei differenti status attribuiti alla biologia. Un altro dei

motivi era rappresentato, come si è già considerato, dagli sforzi moderni di decostruire

la mortalità in una grande quantità di malattie e infermità, mutazioni patologiche e

disturbi, che potevano essere singolarmente affrontati e risolti. La vita moderna, come

afferma Bauman citando Daniel Pick, portava con sé una serie di minacce e

preoccupazioni mai affrontate in precedenza. La percezione che i pericoli imminenti

42 Ivi, pag. 120 – 121.

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Page 98: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

fossero numerosi era essa stessa una conseguenza del nuovo stato di incertezza. Ecco

perché la diffusa concezione di dégénérescence non fu mai ridotta con successo ad un

assioma o ad una teoria. Essa, piuttosto, fu un termine definito più volte nel passaggio

dalle scienze umane alla narrativa, ai commenti socio – politici. Non vi era, quindi,

nessun referente stabile che avesse attinenza con la concezione di “degenerazione”.

Le scienze biologiche e le tecnologie si unirono per portare avanti due strategie

mutuamente complementari: il miglioramento della salute e l’eliminazione della

malattia. Le scelte di vita, per chi aveva la possibilità di scegliere, erano medicalizzate,

preselezionate e controllate da una serie di conoscenze di carattere medico. Il

proprietario del corpo si era, così, trasformato in manager, supervisore ed operatore, e la

professione medica si offriva di aiutarlo a svolgere tali funzioni mediante strumenti

tecnologici. Bauman cita a proposito di tale processo la definizione di

“industrializzazione del corpo” proposta da Lion Tiger. Nelle parole di Bauman: <<La

libertà di controllare il proprio corpo e di manipolare le sue reazioni cresceva insieme

alla dipendenza dalla tecnologia e dai suoi mezzi; il potere dell’individuo era

strettamente intrecciato alla dipendenza dalle indicazioni degli esperti e alla necessità di

consumare prodotti tecnologici>>43.

La guerra contro la malattia, o meglio contro quella cattiva – salute a cui si

riferisce il termine “degenerazione”, era un complemento indispensabile per la

costruzione e la salvaguardia della salute. La professione medica era determinata a

dimostrare che ogni malattia aveva la sua causa, e che, attraverso la sua identificazione

ed eliminazione, poteva essere debellata. La strategia utilizzata a tale fine era

identificare il nemico, descriverlo o etichettarlo e isolarlo. Bauman, citando un passo di

Stephan L. Chorover, afferma che <<la logica intrinseca della strategia era una “cornice

sociobiologica” su cui “si fondavano in fondo le giustificazioni dei genocidi>>44. Il

programma di sterminio nazista era, infatti, un’estensione delle concezioni

sociobiologiche e delle dottrine eugenetiche che si erano diffuse in tutte le parti del

mondo moderno prima del Terzo Reich.

L’eliminazione dei portatori di infermità diveniva un’esperienza di riscatto e di

liberazione, non un gesto distruttivo ma costruttivo, un servizio reso alla causa della

43 Ivi, pag. 136.44 S.L. Chorover, From Genesis to Genocide: the Meaning of Human Nature and the Power of Behaviour Control, Cambridge, Mass., MIT Press, 1979, pp. 109, 80 – 81, cit. in Zygmunt Bauman, La società dell’incertezza, cit., pag. 137.

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Page 99: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

salute e del benessere della nazione. Bauman cita a proposito la sequenza di Raoul

Hilberg che inizia con “definizione”, procede attraverso “segregazione”, “isolamento” e

“deportazione” e termina con l’Olocausto; a suo parere essa può riferirsi sia

all’Olocausto, sia al combattimento, sperimentato precedentemente, contro batteri, virus

e sostanze contaminanti. Non è chiaro se il ruolo che la biologia e le tecnologie

associate hanno assunto nel processo della modernità possa avere condotto al genocidio,

ma la possibilità che una tale conseguenza si verificasse era certamente radicata in quel

ruolo, così come era stato definito e voluto dalla società moderna. In questa maniera, la

biologia ed i suoi sviluppi bio – tecnologici dovevano offrire il proprio contenuto alla

modernità, ma nello stesso contesto essa rivelò la sua potenzialità disastrosa.

Bauman passa, quindi, ad affrontare il ruolo assunto dalla biologia all’interno del

contesto postmoderno. In quest’epoca di privatizzazione del controllo dei confini, la

collocazione della biologia non risulta più rassicurante di quanto lo fosse nell’epoca

moderna. Come nella modernità, anche ora si è preoccupati della cura dell’igiene, ed

intenti a rilevare nuove sostanze nocive da isolare ed allontanare. Ma gli sforzi sono

indirizzati in una serie di direzioni dispersive e contraddittorie, cosicché ogni conquista

dell’igiene può essere paradossalmente interpretata come produzione di nuove sostanze

tossiche e nuovi pericoli. Bauman cita a proposito Hans Jonas, secondo il quale lo stesso

impulso che ci ha dotato delle capacità che devono ora essere regolate da norme ha per

complementarietà eroso i fondamenti da cui le norme dovrebbero derivare.

La modernità si è sempre connotata per un eccesso di mezzi rispetto ai fini,

mentre nell’epoca postmoderna i mezzi sono gli unici strumenti di potere rimasti sul

campo abbandonato dai fini. Infatti, come si è già considerato, oggi le capacità

potenziali sono globali, ma la loro realizzazione è lasciata all’iniziativa individuale, per

cui mezzi e strumenti dalle conseguenze generali sono utilizzati sulla base di scopi

programmati e stabiliti in privato. Bauman cita un passo di Jonathan Raban, secondo cui

nella ricerca del sé scomparso il corpo fisico diventa un simbolo centrale e diventa

oggetto di una premurosa cura. Ecco perché l’esercizio fisico, si tratti di jogging,

aerobica, yoga o maratona, è divenuto così praticato. Altrettanto diffusa è la

preoccupazione per le ultime novità della cura del corpo e per i pericoli più recenti alla

salute; questo dimostra, a parere di Bauman, la dipendenza postmoderna dalle bio –

tecno – scienze.

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Page 100: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

L’impatto della biologia e delle tecnoscienze correlate non si ferma alla

colonizzazione della vita privata. Infatti, la maggioranza della politica postmoderna è

un’estensione della preoccupazione per il corpo, una cura del corpo attraverso altri

mezzi. L’azione comune è, dunque, una battaglia contro un rischio consolidato ed

assodato per la salute. Il consolidamento implica cercare delle cause precise ad alcuni

mali, come, ad esempio, un’impresa ritenuta più inquinante di altre, oppure attribuire la

colpa ad una categoria di persone con determinate caratteristiche: forestieri, viaggiatori,

o persone che sono sia forestieri che viaggiatori, come gli zingari, oggetto privilegiato

delle paure diffuse sullo sporco, la corruzione morale, il contagio.

Attorno alla battaglia contro i rischi consolidati per la salute sorgono movimenti

politici che fanno assegnamento solo sul loro zelo alimentato dalla paura e, per questo

motivo, non agiscono influentemente sulla società se non con azioni limitate ma molto

spettacolari. I loro attivisti sono in genere gli elementi più instabili e marginali della

società. Anche se le loro schiere non sono numerose, questi attivisti agiscono come

avanguardie per un insieme di gruppi e di individui molto più esteso.

Bauman tratta in seguito del discusso tema dell’ingegneria genetica. Esistono,

infatti, anche gli strumenti per modellare i corpi che la bio – tecno – scienza mette a

disposizione. Testimonianza di ciò è il fatto che nella nostra parte di mondo i bambini

nel grembo delle loro madri sono ritenuti estensioni del corpo materno, e come tali di

dominio privato. L’ingegneria genetica si basa anche sull’assunto che anche i genitori

sono nel loro diritto quando decidono quale tipo di bambini desiderano mettere al

mondo.

A parere di Bauman, almeno in teoria questa situazione crea due possibilità

complementari. La prima è rivolta a quella minoranza che si può permettere di

“modificare secondo le proprie esigenze” la prole. La seconda, invece, si rivolge alla

maggioranza che non ha i mezzi e le risorse per avvalersi di tale ambito di medicina.

Come in altri casi, le conquiste individuali dell’élite verranno replicate

nell’impersonalità collettiva delle politiche di massa. E’ conseguente allora, secondo

Bauman, la tentazione di esercitare pressioni politiche al fine di obbligare le istituzioni

per la salute nazionale a purificare la nazione futura dalle contaminazioni e la premura

ostentata dai partititi politici di legiferare ciò che la nazione chiede.

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Page 101: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Ciò che si riteneva il risultato del destino potrebbe, così, diventare una scelta, dal

momento che, nell’attuale mondo multiculturale, la questione della razza viene

affrontata per la prima volta dopo averla trasformata da mito politico (o costrutto

culturale) a realtà biologica. Conclude Bauman: <<La dissoluzione dell’ordine socio –

politico che ha permesso alle bio – tecno – scienze di assumere la loro ben nota e

sinistra tendenza genocida, ha cancellato alcuni pericoli dall’ordine del giorno, o

almeno ha reso improbabile la loro replica nell’epoca della postmodernità. Ma i nuovi

tempi e i nuovi assetti socio – politici, hanno procurato nuovi rischi – per ora solo intuiti

e inesplorati. (...) Il problema di come impedire loro di trasformarsi in realtà,

configurerà probabilmente il contenuto dell’agenda politica del futuro>>45.

Il mutamento che la concezione della bellezza ha subito nella postmodernità è

affrontato da Bauman all’interno dell’articolo Bellezza: ovvero un sogno da cui

abbiamo paura di svegliarci. Prima di affrontare tale argomento, egli compie una

digressione sulle tradizionali concezioni filosofiche riguardanti la bellezza, ed inizia

affermando che desiderio e piacere sono gemelli, ovverosia si definiscono

reciprocamente. Infatti, ciò che desidero dev’essere un piacere ed il piacere, a sua volta,

è ciò che desidero. A proposito di ciò Bauman cita un passo della Critica del giudizio di

Immanuel Kant, secondo il quale il piacevole è connesso al sentimento di piacere o

dispiacere.

Ma altrettanto vale per il “buono” ed il “bello”, poiché ogni qualvolta che

vogliamo riferire una situazione di piacere, usiamo generalmente una di questi tre

termini. Tale abitudine, a parere di Kant, è sbagliata. I tre nomi del piacere dovrebbero

essere tenuti separati, dal momento che ognuno si riferisce ad un modo differente per

arrivare al piacere stesso e a sue caratteristiche diverse. Nelle parole di Kant, citate da

Bauman: <<Ognuno chiama piacevole ciò che lo diletta; bello ciò che gli piace

senz’altro, buono ciò che apprezza, approva, vale a dire ciò cui dà un valore

oggettivo>>46.

Tuttavia, secondo Bauman, sappiamo in cosa consistano esperienze come quelle

di “piacere”, “diletto”, “bellezza”, “bontà”, “felicità” o “amore” solo fintanto che non ci

viene chiesto di definirle. L’Estetica per secoli ha cercato di coniare una concezione di

45 Zygmunt Bauman, La società dell’incertezza, cit., pag. 147. 46 I. Kant, Critica del giudizio, traduzione di A. Gargiulo rivista da V. Verra, Laterza, Bari, 1970, pp. 46 e segg., cit. in Zygmunt Bauman, Bellezza: ovvero un sogno da cui abbiamo paura di svegliarci, C.P.E. – Centro Programmazione Editoriale, 2003, pag. 4.

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Page 102: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

bellezza alla quale tutti darebbero il proprio assenso. Per l’amore, come per la bellezza

o ogni altro tipo di piacere, ciò che dà piacere a me può essere assolutamente spiacevole

ad un altro e viceversa.

Tornando a Kant, Bauman afferma che il filosofo tedesco riteneva che

l’esperienza della bellezza non fosse, però, come qualsiasi altro piacere, ossia come i

piaceri puramente soggettivi esperiti solo privatamente. Questi ultimi riguardavano,

invece, il piacevole, del quale Kant, citato da Bauman, afferma: <<Per ciò che riguarda

il piacevole, ognuno riconosce che il giudizio che egli fonda su di un sentimento

particolare, e col quale dichiara che un oggetto gli piace, non ha valore se non per la sua

persona (...)>>47. Kant proibisce, invece, l’uso del termine “bello” se qualcosa piace

semplicemente solo a chi se ne giova, mentre tale termine può essere attribuito a

qualcosa o qualcuno solo se possiamo pretendere dagli altri lo stesso piacere che noi

proviamo per la presenza del “bell’oggetto”.

La questione, tuttavia, non finisce qui. Infatti, Bauman riferisce come Kant

spieghi che non si può dare alcuna regola secondo la quale ognuno sarebbe obbligato a

riconoscere bella qualche cosa. Sarebbe pertanto appropriato affermare che la

supposizione di universalità implicata dai giudizi di tipo estetico si riferisce non tanto

alle qualità degli oggetti sottoposti a giudizio, ma a chi ha espresso il giudizio su tali

oggetti. La supposizione di universalità significa in questo caso aspettativa di un

eventuale accordo universale. Nelle altre questioni relative ad esperienze di piacere,

d’altro canto, non ci si preoccupa di accordi universali; basta solo che tali esperienze

siano nostre, erlebnisse esperite privatamente, soggettivamente. Il giudizio estetico è,

pertanto, un invito sempre valido alla conversazione e, come Bauman sostiene

riprendendo Kant, anche se non si possiede l’ideale del bello, si cerca sempre di

produrlo.

Bauman espone, in seguito, i riferimenti più spesso utilizzati nel dibattito intorno

al “bello”, ossia l’armonia, la proporzione, la simmetria, l’ordine ed altri affini. Tutti

convergevano verso l’ideale formulato da Leon Battista Alberti, cioè l’ideale di uno

stato nel quale ogni cambiamento può essere solo un cambiamento per il peggio, stato

cui Alberti dette il nome di perfezione. La bellezza, in questo caso, è perfezione. Molti

47 I. Kant, Critica del giudizio, cit., pp. 46 e segg., cit. in Zygmunt Bauman, Bellezza: ovvero un sogno da cui abbiamo paura di svegliarci, cit., pag. 7.

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Page 103: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

grandi artisti hanno cercato di evocare tale stato di perfezione, e tra gli altri Bauman

menziona Mondrian, Matisse, Arp o Rothko. Quando un oggetto ha acquisito una forma

“perfetta”, ogni cambiamento futuro è indesiderabile e sconsigliabile.

Successivamente viene fornita da Bauman una definizione di “ideale”, secondo

la quale esso è la parte di mondo che sopravanza la nostra esperienza vissuta. Gli ideali

ci guidano in territori inesplorati e per i quali non esistono mappe. La “bellezza” è,

appunto, uno degli ideali che ci guidano al di là del mondo già esistente. Il suo valore

risiede nel suo potere di guida, e se mai si arrivasse al punto segnato dall’ideale di

bellezza, essa perderebbe il suo potere, ed il viaggio arriverebbe al termine. Non ci

sarebbe più nulla da trasgredire o da trascendere. Di conseguenza, si definiscono “belle”

molte cose, ma di nessuna cosa che si definisce in questo modo si può dire che non

possa conoscere un progresso. Ecco perché la “perfezione” è sempre un “non ancora”.

Tuttavia, tale situazione del “lavoro incompiuto” non possiede solo lati positivi.

Bauman passa ora alla analisi della contemporaneità e mostra ancora una volta

alcuni tratti della condizione postmoderna, il principale dei quali è, come si è

considerato, l’incertezza. Egli cita il sociologo Alberto Meucci, secondo il quale si è

afflitti dalla fragilità del presente, la quale richiede solido fondamento dove non ne

esiste alcuno. Quando si contempla il cambiamento, si è in una condizione tra desiderio

e timore, aspettativa ed incertezza. A ciò si riferisce anche il rischio di Ulrich Beck. La

scelta, oggi, è divenuta un destino.

Viene precisato da Bauman che la condizione della scelta ha riguardato gli

uomini da sempre, e quindi non è specificamente di proprietà della modernità liquida.

Tuttavia, la necessità di compiere quotidianamente delle scelte in condizioni di

incertezza, con i timori di rischi ignoti pronti a colpire gli uomini, non è mai stata

percepita così diffusamente come adesso. Egli afferma: <<Ciò che separa l’agonia

contemporanea della scelta dai disagi che hanno tormentato l’homo eligens in ogni

epoca è che oggi non esistono regole chiare e obiettivi affidabili, universalmente

approvati, capaci di liberare completamente, o almeno in parte, chi sceglie dalla

responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni. Non esistono sistemi di

orientamento affidabili né criteri infallibili>>48.

48 Zygmunt Bauman, Bellezza: ovvero un sogno da cui abbiamo paura di svegliarci, cit., pag. 13.

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Page 104: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Per esemplificare ciò Bauman tratta ancora della odierna situazione lavorativa,

caratterizzata tra gli altri aspetti da aziende che durano brevi periodi di tempo. Egli fa

quindi riferimento ad una sentenza di Robert Louis Stevenson, secondo la quale

viaggiare con speranza è meglio che arrivare, e sostiene che essa non è mai stata così

adatta ad un’epoca come lo è per la modernità liquida, nella quale “come fare” è più

importante rispetto a “cosa fare”. Elemento distintivo dell’attuale politica della vita, e

attributo di una “buona condotta” nella postmodernità, risulta impedire che ciò che si fa

divenga un’abitudine, non farsi vincolare dalle eredità del passato, respingere gli

insegnamenti del passato e abbandonare le competenze con facilità. Per quanto riguarda

la cultura della modernità liquida, essa non è più una cultura dell’apprendimento e

dell’accumulazione, come le culture che vengono descritte da storici ed etnografi. E’,

invece, una cultura del disimpegno e della discontinuità.

Emerge qui la tematica della bellezza postmoderna. In questo tipo di cultura, e

nelle strategie di politica della vita che essa approva e promuove, non vi è più lo spazio

precedente per gli ideali. Né c’è spazio per un ideale di perfezione che derivi la sua

desiderabilità dal fatto di porre fine alla scelta, al cambiamento, al progresso. Bauman

precisa che tale ideale può esistere nel mondo degli uomini e delle donne della

modernità liquida solo come sogno. Ecco perché la bellezza, nel suo significato

ortodosso di ideale, non è nella postmodernità in una buona condizione.

Per essere ammessi a quella che Bauman, riprendendo George Steiner, definisce

“cultura dell’azzardo”, si deve essere onnivori, provare tutto ciò che viene offerto ed

evitare di essere stabili nelle proprie selezioni. Respingere il nuovo è diventato segno di

cattivo gusto, tanto quanto la fedeltà al vecchio. Anche il significato della “bellezza”,

quindi, subisce un notevole cambiamento. Negli attuali usi del termine i filosofi non

riconoscerebbero le concezioni da loro stabilite, e sopratutto non vi troverebbero il

legale tra bellezza ed eternità, tra valore estetico e durevolezza. Nonostante le dispute

esposte in precedenza, infatti, tutti i filosofi hanno concordato che la bellezza si eleva al

di sopra dei desideri individuali. Essi non vi ritroverebbero nemmeno la pretesa di

“validità universale” che, a loro giudizio, era attributo indispensabile di ogni giudizio

estetico. La cultura dell’azzardo ha pertanto rimosso questi due aspetti dagli usi attuali

del termine “bellezza”.

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Page 105: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Il mercato dei consumi ed i modelli di condotta che esso richiede si adattano a

tale cultura dell’azzardo, la quale, a sua volta, si adatta alle indicazioni del mercato.

Entrambi, in questa maniera, si alimentano a vicenda. Il mercato dei consumi, inoltre,

offre prodotti rivolti al consumo immediato ed il cui valore estetico, eterno ed

“oggettivo” non è considerato aspetto di cui preoccuparsi. Il luogo proprio della

bellezza diviene, quindi, la moda attuale. Nelle parole di Bauman: <<Il mercato

possiede la stupefacente capacità di imporre alle scelte dei consumatori, ostentatamente

individualistiche e quindi potenzialmente casuali e sparse, un modello regolare, per

quanto di breve durata, senza il quale essi si sentirebbero completamente disorientati e

perduti>>49.

Così, solo la quantità può salvare dal caos. La bellezza arriva a risiedere, ad

esempio, negli alti ritorni delle vendite, nei record cinematografici o discografici, negli

indici televisivi e massmediatici. Perfino gli Antichi Maestri, la cui reputazione si

suppone non sia scalfibile grazie alle prove superate nel corso dei secoli, non possono

sottrarsi alle nuove regole postmoderne. Come in tutti gli altri casi, la bellezza non

risiede nella qualità delle loro tele, ma nella qualità, quantitativamente misurata,

dell’evento.

Bauman riassume tutto ciò in una sentenza ossimorica: <<L’unico attributo

permanente del bello è l’impermanenza>> e continua affermando: <<Nella nostra

società della modernità liquida la bellezza è andata incontro al medesimo destino subìto

da tutti gli altri ideali che in passato hanno alimentato l’irrequietezza e lo spirito di

ribellione. La ricerca di armonia totale e di durata eterna è stata riscritta, puramente e

semplicemente, nei termini di un impegno frutto di cattivi consigli. I valori sono tali fin

tanto che si prestano al consumo istantaneo e sul posto. I valori sono attributi di

esperienze momentanee. Così è la bellezza>>50.

Come conclusione viene proposta da Bauman una citazione da Il disagio della

civiltà di Sygmund Freud, secondo la quale bellezza, pulizia ed ordine occupano un

posto particolare tra i requisiti di civiltà. Bauman nota che tutti e tre gli obiettivi

proposti da Freud come “obiettivi di civiltà” sono orizzonti del processo di

49 Ivi, pag. 18.50 Ivi, pag. 19.

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Page 106: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

civilizzazione, e sostiene che sarebbe meno fuorviante riferirsi a estetizzazione

(beautification), purificazione e ordinamento.

Ciò si spiega poiché oggi appare palese che il “processo di civilizzazione” non è

una fase transitoria e limitata nel processo conducente alla civiltà, ma ne rappresenta,

invece, l’autentica sostanza. Infatti, a parere di Bauman, la proposta di una civiltà che

abbia raggiunto l’obiettivo di civilizzarsi (che abbia posto un termine al lavoro di

pulizia, di ordinamento e di ricerca della bellezza) è incongruente.

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Page 107: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 12

IL RUOLO DELL’ARTE NELLA POSTMODERNITÀ

Bauman, all’interno di Il disagio della postmodernità, descrive diversi aspetti

riguardanti il ruolo dell’arte nella postmodernità. Innanzitutto egli afferma che la

postmodernità porta con sé l’impossibilità dell’avanguardia e, per spiegare questa

argomentazione, compie una digressione sul significato del termine”avanguardia”. Tale

termine (in senso letterale: guardia anteriore) può riferirsi ad un reparto avanzato che

precede il resto dell’esercito, ma al solo scopo di aprirgli la strada. Ciò che conferisce

all’avamposto la sua frontalità è il presupposto che dietro a lui verranno gli altri. La

concezione di “avanguardia” trae, dunque, il suo significato dal presupposto di uno

spazio e tempo ordinati, e di una fondamentale coordinazione tra i due ordini.

E’ proprio per questo motivo che, secondo Bauman, non ha senso nel mondo

postmoderno trattare di “avanguardia”. Infatti, il mondo postmoderno è un mondo pieno

di movimento, ma di un movimento disordinato. A proposito di ciò egli cita una

sentenza di Leonard B. Meyer del 1967, il quale segnalava che l’arte moderna si trovava

in uno stato di “stabile mobilità” o di “stasi mobile”; i suoi frammenti non stanno mai

fermi, ma è un’agitazione senza sistema o logica, nella quale i moti delle particelle non

si sommano. In seguito Bauman propone una metafora di Jurij Lotman, secondo la

quale invece di un’energia concentrata nella corrente di un torrente alpino, cha scava

nella roccia il letto dove scorreranno le acque, qui si ha un’energia sparpagliata,

l’energia di un campo minato dove avvengono esplosioni qui e là.

L’arte di fine secolo viveva il suo essere innovativa come una posizione

d’avanguardia grazie al modernismo, movimento che credeva nelle promesse e nelle

speranze proposte dalla modernità, e che accettava senza riserve i valori, tra i quali vi

era il progresso, che la civiltà moderna aveva posto in cima alla graduatoria. Bauman

espone un inventario, redatto da Stefan Morawski, delle caratteristiche che

accomunavano le frazioni dell’avanguardia artistica: tutte erano guidate da uno spirito

pionieristico, disprezzavano l’arte del passato, erano inclini ad agire collettivamente

fondando partiti e consideravano l’arte stessa come un avamposto del progresso sociale.

I maggiori rappresentanti dell’antitradizionalismo moderno traevano ispirazione

dalla scienza e dalla tecnica: gli impressionisti dall’ottica antinewtoniana, i cubisti

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Page 108: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

dall’anticartesiana teoria della relatività, i surrealisti dalla psicoanalisi, i futuristi dalle

catene di montaggio delle fabbriche. Senza la civiltà moderna, i modernisti non erano

nemmeno concepibili. I modernisti aspiravano ad educare gli individui a loro parere

arretrati, ma veniva considerata deprecabile l’eventualità che tale lezione si rivelasse

inaspettatamente facile per gli allievi. Il paradosso dell’avanguardia è quindi, a parere di

Bauman, quello di accogliere il successo come una dimostrazione di sconfitta, e la

sconfitta come riprova della bontà della propria causa. La paura del consenso del volgo

genera una ricerca di forme artistiche sempre nuove e più difficili da recepire.

Il mercato impiegò poco tempo per individuare le chance stratificatorie dell’arte

“incomprensibile”, e Bauman cita a proposito di ciò Peter Burger, per il quale il colpo

principale all’avanguardia è stato inferto dal successo commerciale, cioè

dall’incorporazione dell’arte d’avanguardia da parte del mercato artistico. Il paradosso

dell’avanguardia ha reso l’arte moderna un simbolo di distinzione.

Ma tutto ciò arrivò ad un punto di svolta. Il limite dell’epopea avanguardista,

come sostiene Umberto Eco citato da Bauman, è stata la tela vuota o carbonizzata, il

disegno di De Kooning cancellato con la gomma da Rauschenberg, la galleria deserta al

vernissage di Yves Klein, il foglio di carta senza niente sopra. Il limite dell’arte come

rivoluzione è stato, insomma, l’autodistruzione. A parere di Bauman, l’avanguardia si è

rivelata moderna nelle intenzioni, ma postmoderna nei risultati.

Egli passa quindi a trattare dell’arte nella postmodernità. In questo periodo tutti

gli stili, vecchi e nuovi, devono ottenere il proprio diritto di esistere con gli stessi mezzi,

soggiacendo alle leggi che governano l’insieme delle produzioni artistiche calcolate,

secondo la definizione di George Steiner citata da Bauman, per produrre il massimo

effetto possibile e subito dopo sparire. Infatti, in un mercato sovraccarico il compito più

difficile è quello di attirare l’attenzione del cliente, però è necessario anche fare posto a

nuove merci da sottoporre. Quindi, in tale situazione dove regna la concorrenza, non vi

è posto per una unione come poteva essere quella rappresentata dall’avanguardia. La

forza stratificatrice che una volta ha portato al trionfo/disfatta dell’avanguardia è oggi

posseduta non tanto dall’opera d’arte, ma dal luogo in cui la si è acquistata e dal prezzo

pagato per possederla. Ecco che le opere d’arte assumono lo stesso valore degli status

symbol del mercato. La postmodernità per quanto riguarda l’arte è dunque, secondo

Bauman, l’era della postavanguardia.

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Page 109: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

L’avanguardia ha vissuto la propria creatività come un’attività rivoluzionaria, e

ciò è testimoniato dal coinvolgimento della maggior parte dei suoi artisti in moti politici

rivoluzionari, di sinistra o di destra, nei quali essi riconoscevano affinità e comunanza di

intenti. L’arte di oggi, invece, si interessa poco della realtà. Essa, in questo senso,

condivide la sorte della cultura postmoderna che, secondo la definizione di Jean

Baudrillard, è la cultura della simulazione e non della rappresentazione. L’arte diventa

così una delle tante possibilità della realtà.

Sostiene Bauman: <<L’arte postmoderna ha acquisito un’indipendenza dalla

realtà non – artistica quale i suoi predecessori neanche sognavano. Ma tale libertà senza

precedenti è stata pagata con la rinunzia al sogno di indicare la strada al mondo>>51.

Egli precisa che non si tratta del fatto che l’arte abbia perso la sua effettiva o supposta

“utilità sociale”. Bauman cita a proposito di ciò Schoenberg, il quale ha radicalizzato il

motto di Gautier “l’arte per l’arte”, sostenendo che niente di ciò che è utile può essere

arte.

A parere di Bauman, neanche questo postulato radicale afferra la situazione

dell’arte nel contesto postmoderno, dove la stessa concezione di “utilità sociale” perde

ogni senso, in quanto sul terreno dove opera l’arte non è chiaro che cosa possa portare

vantaggio e che cosa danno alla vita sociale. Come dice Baudrillard, ripreso ancora da

Bauman, oggi la grandezza dell’arte si misura dalla sua diffusione: più grande è l’opera,

maggiore è il numero delle persone che ne fruiscono. Andy Warhol incarnò tale

situazione nella sua arte, inventando tecniche che eliminavano la concezione di

originalità mentre producevano solo copie. Importante era non che cosa si copiasse, ma

quante copie se ne vendessero.

Bauman tratta, in seguito, dell’eventuale significato dell’arte postmoderna. Egli

inizia citando un incontro, avvenuto nel 1983, tra due conoscitori e sperimentatori della

cultura moderna, Michel Foucault e Pierre Boulez, in cui si discuteva del senso della

nuova musica e della sua ricezione da parte del pubblico. Foucault sostenne che ormai

non era più possibile discutere di un rapporto della cultura moderna con la musica in

quanto tale, ma al massimo di una tolleranza nei confronti del pluralismo musicale.

Veniva riconosciuto il diritto di esistere a qualsiasi tipo di musica, e tale diritto veniva

considerato un segno di equivalenza.

51 Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, cit., pag. 112.

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Page 110: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Boulez da una parte si trovava d’accordo rispetto a questa posizione, dall’altra

aggiunse che essa, per quanto liberatoria nelle sue intenzioni, finiva suo malgrado per

consolidare le mura dei ghetti, dando alla gente la consolazione di visitare ogni tanto i

ghetti altrui. Boulez, inoltre, aggiungeva che mentre nella musica classica o romantica

esistono schemi, generalmente riconosciuti, che si possono seguire indipendentemente

dalle caratteristiche particolari di una data opera, questi riferimenti che offrivano un

appiglio sicuro sono gradualmente scomparsi dalla musica “seria”.

A parere di Bauman, per quanto riguarda l’arte contemporanea si nota che ogni

artista, spesso in ogni sua opera successiva, cerca di costituire un suo linguaggio

privato, con la speranza di farne una lingua di comunicazione ed uno strumento per

intendersi. Egli cita in seguito Jean – Francois Lyotard, per il quale l’artista

postmoderno cerca di fare dell’inesprimibile un elemento del quadro. Tale ricerca

comporta delle conseguenze. Infatti, lo scrittore e l’artista postmoderno si trovano nella

situazione del filosofo: l’opera creata non segue nessuna regola prestabilita e non può

essere giudicata in base a categorie prestabilite, dal momento che le regole e le categorie

sono appunto ciò che l’opera stessa ricerca. Le regole che hanno determinato il sorgere

di un’opera si possono scoprire – ammesso che siano scopribili – solo ex post facto. Tali

regole, inoltre, non dipendono da norme precedenti e non vincolano le future

attribuzioni di significato.

L’attività dell’artista postmoderno consiste, così, in una ricerca per mostrare

l’ineffabile, ma anche nel dimostrare indirettamente (attraverso il rifiuto dei significati

tradizionalmente convalidati) che non esiste una sola forma. Bauman precisa che già

l’arte moderna aveva accantonato fin dal primo momento le regole ed i simboli ereditati,

cercando nuovi codici e nuove tecniche creative. Facendo ciò, tuttavia, l’arte moderna

non metteva in discussione che il compito dell’arte fosse la rappresentazione della

realtà.

Nella modernità liquida, invece, l’arte assume un atteggiamento di indifferenza

nei confronti della problematica della rappresentazione. La verità che l’arte esprime non

è presente nella realtà non – artistica o pre – artistica, in attesa che la si sveli e che le si

fornisca un’espressione artistica. Eliminato, dunque, il giudizio della “verità del reale”,

l’artista rivendica il medesimo status del resto dell’umanità.

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Page 111: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Afferma Bauman: <<Così dunque l’arte e la realtà non artistica si incontrano

sullo stesso piano, volta a volta come fonti o come portatrici di significati; (...) In questo

mondo, ogni significato ha esclusivamente uno status di proposta, di invito alla

discussione, al contrasto, alla formulazione di interpretazioni alternative. Nessuno dei

significati proposti ambisce a diventare il senso definitivo, e nessuno di essi lo diventa.

(...) Si potrebbe dire che il senso dell’arte postmoderna consiste nello stimolare il

processo della creazione di senso e nel prevenire il pericolo che esso venga frenato; nel

sensibilizzare all’innata polifonia dei significati>>52. Il senso dell’arte postmoderna

consiste così nell’impedire che le tendenze artistiche divengano dei canoni che

blocchino l’afflusso di nuove possibilità.

Tale caratteristica, a parere di Bauman, fa dell’arte postmoderna una forza

diversiva rispetto alla realtà esistente, sebbene vari autori, tra cui Habermas, la accusino

di conservatorismo. Habermas, infatti, utilizza come metro della qualità della vita

l’ordine e l’accordo generali, mentre l’arte postmoderna non crede assolutamente nella

speranza di mettere fine ai dissidi e di instaurare un accordo generale. Quando metro

della qualità della vita diviene la libertà, anziché l’ordine e l’accordo generale, l’arte

postmoderna merita testimonianze di approvazione.

Si tratta, quindi, della mancanza di metodi accettati ed affidabili per costituire

nuovi significati e di mezzi per esprimerli che siano riconoscibili a tutti. La pratica

generata dall’azione dell’artista postmoderno non esiste come “fatto sociale”, né

tantomeno come “valore estetico”. Si può considerare il futuro con fiducia solo quando

il passato possiede un’autorità rispettata dalla contemporaneità. Ma non essendo questa

una caratteristica della modernità liquida, agli artisti rimane solo una possibilità: la

sperimentazione.

Bauman cita, a proposito di ciò, una proposta della massima filosofa dell’arte

polacca, Anna Zeidler – Janiszewska, secondo la quale tale sperimentazione, che è il

destino dell’artista odierno, condivide la sorte dei significati, dei modi d’espressione e

dei metodi creativi: destabilizza e ribalta radicalmente tutti i concetti di sperimentazione

istituzionalmente ereditati. Il compito dell’arte postmoderna, come una volta quello

dell’arte moderna, continua ad essere un’opposizione contro il mondo esterno che si

esprime nel rimuovere il consenso e nell’allargare sperimentalmente le possibilità della

52 Ivi, pag. 118.

10

Page 112: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

politica culturale vigente. Tuttavia, alla speranza di una futura riconciliazione si è

sostituita una definitiva differenziazione.

Sostiene Bauman: <<In sostanza, l’”avanguardismo” dei modernisti consisteva

nel tracciare piste che portassero a un “nuovo e migliorato” consenso, mentre invece

l’”avanguardismo” degli artisti postmoderni si esprime non solo nello scalzare il

precostituito consenso che risaliva a quei tempi, ma anche nel minare la stessa

possibilità di un qualsiasi canone universale e quindi automaticamente

imbarazzante>>53.

Bauman cita ora Michel Foucault, il quale ha distinto due varianti di strategia

critica, e quindi potenzialmente liberatoria. Foucault sostiene, infatti, che ci si può

schierare dalla parte di una filosofia critica che si ponga come filosofia analitica della

verità in quanto tale, oppure dalla parte di una strategia critica che assuma la forma

dell’ontologia del contesto odierno. A parere di Bauman, gli artisti postmoderni si

trovano dentro le correnti di entrambe le strategie. Per avvalorare tale tesi, egli mostra

qualche esempio tratto dalla manifestazione Artscape intrapresa per opera di Jaukkuri e

realizzata da scultori da lei scelti in un territorio della provincia di Norland, nella

Norvegia settentrionale.

Bauman inizia trattando di un gruppo di blocchi rocciosi sparpagliati da Tony

Cragg in mezzo al paesaggio del golfo di Bodo. L’artista ha perforato ogni blocco

utilizzando dei trapani, formando passaggi che si intersecano in ogni direzione.

All’interno del blocco roccioso si forma così un paesaggio con forme simili a catene

montuose, valli, gole e viottoli che si inerpicano intorno ai pendii. Secondo Bauman, ciò

rappresenta il paesaggio dentro l’arte e il paesaggio fuori dall’arte e, in questo modo,

l’ontologia della verità e l’ontologia del contesto si sono incontrate. Si pongono a

confronto, così, due verità: quella del mondo e quella dell’opera.

Come altro esempio, Bauman propone Quattro esposizioni di Gediminas

Urbonas, scolpite nel fianco di una montagna vicino a Saltdal. Per tale opera sono stati

collocati quattro recipienti, in tre dei quali è presente un oggetto, mentre il quarto è

vuoto. Secondo Bauman, è proprio quest’ultimo recipiente a svelare il senso degli altri

tre, dal momento che ora lo spettatore è indotto a ritenere che gli altri oggetti fanno

derivare il loro senso dal fatto di essere esposti. Anche qui l’ontologia della verità e

53 Ivi, pagg. 121 – 122.

10

Page 113: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

quella del contesto si incontrano. Conclude Bauman: <<Il senso dell’arte postmoderna

(...) sta nello spalancare davanti all’arte la porta del senso>>54.

Più avanti sempre all’interno di Il disagio della postmodernità, Bauman pone un

confronto tra la verità della scienza e quella dell’arte. Egli, a proposito di ciò, cita

Richard Rorty, la cui opera è interpretata da Bauman come l’affermazione che la

narrazione liberal – progressista (whig) della storia (che rappresenta la storia come un

percorso dall’errore verso la verità) è stata concepita dai cosiddetti “preti ascetici”.

Rorty, attingendo a Milan Kundera, tratta, infatti, delle opere dei teologi e dei filosofi

come opere il cui fine è fornire una situazione dotata di senso all’esistenza umana.

Tali opere appartenevano sia a coloro che si schieravano dalla parte dell’utopia

del progresso, sia ai loro oppositori in quanto autori di moderne distopie: per esempio

Adorno, Horkheimer o Heidegger, il quale riduceva la storia della civiltà ad un’ascesa

della tecnologia sospinta dalla brama di potere, ascesa che lasciava dietro di sé un

deserto morale.

Alla volontà di tali preti ascetici di mostrare in questa maniera la storia della

civiltà occidentale, Rorty oppone una differente concezione di essa, la quale riconosce

che sono accaduti i fatti descritti dai filosofi ascetici, ma non solo quelli. Egli ritiene che

la cultura occidentale sia effettivamente razzista ed imperialista, ma anche allarmata dal

fatto di esserlo altrettanto quanto di essere eurocentrica ed intollerante. Secondo Rorty,

oggi è sopratutto questo secondo aspetto della civiltà occidentale ad emergere.

Egli, rifacendosi ancora a Milan Kundera, sostiene che tale aspetto è emerso nel

romanzo, o nella finzione letteraria. A parere di Bauman, se questa affermazione di

Kundera/Rorty corrisponde a verità, ci si trova di fronte ad un paradosso: la verità della

civiltà occidentale, della modernità, trova la sua espressione nelle opere di fiction.

Afferma Kundera, citato da Bauman: <<Il Settecento non è solo il secolo di Rousseau,

di Voltaire, di Holbach, ma anche (e forse sopratutto!) il secolo di Fielding, di Sterne, di

Goethe, di Laclos>>55.

Afferma Bauman in seguito: <<Da questo ruolo attribuito da Kundera all’arte e

accettato da Rorty, consegue che la vocazione della finzione artistica è stata, ed è, il

servire da ironico e irriverente contraltare alla cultura scientifico – tecnologica della

54 Ivi, pag. 124.55 M. Kundera, L’arte del romanzo, Adelphi, Milano, 1988, pp. 221 – 222, cit. in Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, cit., p. 147.

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Page 114: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

modernità, questa cultura della passione ordinatrice, delle divisioni nette, della severa

disciplina e della linda univocità>>56. Nella modernità l’arte diventa, così, una lezione

di convivenza con l’ambivalenza, una prova di tolleranza nei confronti di fenomeni non

classificati ed un invito a riconciliarsi con le differenti verità.

Bauman esamina ora una diversa e quasi opposta opinione sulla finzione

artistica, espressa da Umberto Eco all’interno di Sei passeggiate nei boschi narrativi.

Secondo Eco, i romanzi propongono un mondo in cui la nozione di verità non può

essere messa in discussione, mentre il mondo reale sembra un luogo più vario.

Indipendentemente dal fatto che accettiamo la verità del romanzo o quella del mondo, in

entrambi i casi dobbiamo accettare un gruppo di premesse. Tuttavia, le premesse che si

accettano per essere certi della storia di un romanzo sono poche, semplici ed

incontestabili, mentre per stabilire la verità delle cose nel mondo reale è necessario

prendere una serie di decisioni circa il grado di fiducia da accordare a certe informazioni

e da negare ad altre. Nei romanzi, a parere di Eco, si cerca quella sicurezza e quella

certezza che il mondo non fornisce.

Così, più profonda è l’incertezza che affligge il mondo reale, più alto è il valore

di certezza del romanzo. Bauman ritiene anche che Eco accetterebbe di rovesciare tale

rapporto: più il mondo reale è condizionato da effettive o presunte certezze, maggiore

risulta la desiderabilità del romanzo. A parere di Bauman, dunque, le due opinioni di

Kundera ed Eco non contrastano tra loro, bensì si completano. Insieme esse sono in

grado di spiegare i rapporti tra arte, mondo e certezza.

Inoltre, Bauman ritiene che tale differenza tra i due autori si possa spiegare

meglio con la differenza tra le esperienze generazionali piuttosto che con i contrasti tra

scuole filosofiche. Attraverso la teoria del romanzo di Kundera emerge l’esperienza di

una generazione cresciuta nel conteso dello stato totalitario. Fu proprio lo stato

totalitario, infatti, a conferire una capacità emancipatrice e liberatoria al romanzo.

Eco, invece, è il rappresentante di una generazione cresciuta nel “deregolato” e

polifonico mondo postmoderno. In tale contesto, il romanzo può fornire un terreno

solido di fronte alle identità mutevoli ed a storie che non si ancorano nel passato né

continuano nel futuro. Esso, inoltre, può aiutare a trovare significati in un mondo dove

l’attribuzione di senso è divenuta problematica. Bauman precisa che non vi è nulla di

56 Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, cit., pp. 147 – 148.

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Page 115: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

specificamente postmoderno, né nulla di nuovo, nel trovarsi quotidianamente di fronte

alle differenze e di dovere convivere con la loro presenza: né il mondo moderno né

quello premoderno erano omogenei. Tuttavia, gli uomini e le donne premoderni

avevano i loro sistemi per fare fronte alla presenza di così numerose possibilità.

A proposito di ciò, egli prende a riferimento una descrizione, operata da José

Ortega y Gasset, dell’accoglienza offerta dagli abitanti della cittadina spagnola di

Briviesca a Bianca di Navarra nel suo viaggio per andare sposa al figlio del re di Spagna

Giovanni II. In tale corteo sfilarono sia gli artigiani delle varie professioni e

corporazioni, sia, dietro di loro, gli ebrei con la Torah e gli arabi con il Corano. Nella

realtà del quindicesimo secolo gli arabi e gli ebrei avevano, quindi, un rango ed un

posto definito nella pluralità gerarchica del mondo. Poco tempo dopo, cioè alle soglie

del secolo seguente, gli ebrei e gli arabi vennero scacciati dai territori governati dal re

spagnolo. Secondo Ortega y Gasset, tale esilio fu una concezione tipicamente moderna;

era l’uomo moderno, infatti, che riteneva di potere escludere determinate realtà e di

costruire il mondo secondo un proprio programma.

L’uomo premoderno era educato a considerare le differenze e ad accettare le

diversità degli esseri come parte integrante della creazione divina. Tuttavia, aggiunge

Bauman, se di tolleranza si trattava, essa si riduceva al fatto che ognuno si attenesse al

proprio genere e che i generi si mantenessero ad una distanza appropriata l’uno

dall’altro. Un simile modo di convivere con le differenze poteva durare solo finché

esisteva un numero limitato di generi ai quali attenersi, quindi finché non arrivò la

modernità.

Per l’uomo premoderno verità e realtà si fondevano in un unico costrutto:

entrambe erano opera della volontà divina, incarnata nella forma del mondo creato. La

situazione muta nel mondo moderno, descritto da Bauman, utilizzando una definizione

di Ilya Prigogine, come il mondo della “creazione permanente”. Quando il proprio posto

nel mondo diventa un compito individuale, qualcosa da conquistare e da difendere, la

realtà secolare non può più essere considerata come qualcosa di “dato” da un intento

superumano.

Il re Ferdinando, per tornare all’esempio precedente, decretando il bando per i

seguaci di altre fedi, inaugurò una strategia di distruzione creativa che, con maggiore o

minore successo, sarebbe stata applicata in tutto il corso della storia moderna e in ogni

10

Page 116: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

territorio raggiunto dal processo di modernizzazione. Tuttavia, questa o altre battaglie

possono essere state vittoriose ma, secondo Bauman, nel complesso la guerra moderna

contro la differenze e l’omogeneità non si è conclusa con una vittoria.

Egli passa ora ad affrontare la postmodernità, e sostiene che l’aspetto più

specificamente postmoderno, e senza precedenti, del pluralismo del mondo odierno si

trova nelle fragili radici istituzionali delle differenze, e quindi anche nella breve durata

dell’identità delle differenze stesse. Mentre dal periodo del “disancoramento totale” e

nel corso di tutta la moderna epoca dei “progetti di vita” i problemi di identità sono stati

principalmente costituiti dal come costruirsi un’identità e dal come fornirle una forma

socialmente adatta ad essere riconosciuta, gli odierni problemi di identità consistono nel

non considerare un’identità solidamente strutturata e non trasformabile quando il

riconoscimento sociale venga a mancare e compaiano nuove e migliorate proposte

riguardanti l’identità.

Bauman compie ora un passaggio verso il mondo dell’arte, e nota che le

caratteristiche costitutive di ogni arte, tra cui la finzione artistica, sono l’artificiosità e la

derivatività delle esistenze, il condizionamento e la convenzionalità del loro status e la

loro precostituita contingenza. Egli afferma che nelle condizioni postmoderne il mondo

in quanto tale, la realtà, acquista sempre più i tratti tradizionalmente attribuiti al

contesto dell’arte. Infatti, come si è già considerato, il mondo si manifesta sempre più

come un gioco, o piuttosto come una serie di partite episodiche che si succedono in una

successione priva di struttura, senza lasciarsi dietro conseguenze che condizionino le

partite seguenti. Il mondo, nella sua condizione di giocatore, si comporta come tutti gli

altri giocatori, in una situazione in cui si verifica un flusso di eventi né necessari né del

tutto accidentali, come Bauman afferma utilizzando un’espressione di Georges Perec.

In un mondo del genere, l’opera del romanziere perde molto della sua capacità

emancipatoria e redentrice attribuitole da Milan Kundera. Nella modernità, l’arte del

romanzo offriva una valvola di sfogo alle scontentezze descritte da Freud all’interno di

Das Unbehagen in der Kultur, ovverosia ai disadattamenti tipici di una società che offre

ai suoi appartenenti una vita sicura in cambio di una parte della loro libertà. Bauman,

parafrasando il titolo dell’opera freudiana, sostiene che Das Unbehagen in der

Postmoderne, cioè le scontentezze tipiche del mondo postmoderno, trovano la loro

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Page 117: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

origine in una società che offre un’espansione della libertà personale in cambio della

diminuzione della sicurezza individuale.

A parere di Bauman, sono quindi le altre qualità della finzione artistica, quelle

citate da Eco, ad essere adatte alle preoccupazioni del mondo postmoderno, come la

mancanza o l’insufficienza di senso, l’incoerenza delle conseguenze o la fragilità delle

autorità. Tali qualità sono la capacità di semplificare il mondo, il ridurre la realtà a

situazioni comprensibili e rappresentabili ordinatamente ed il presentare il corso degli

eventi in una trama strutturata.

L’arte diviene così una fabbrica di verità, solo che, a differenza della verità che

veniva fornita dalla scienza, questa verità dell’arte nasce assieme ad altre verità. La

verità dell’arte considera positivamente il plurale e non interpreta la presenza di altri

come un ostacolo al proprio senso. Essa sa che ci sono molti sensi e aggiunge ad essi

qualcosa di suo.

In seguito, Bauman cita Jean Baudrillard, secondo il quale nel mondo

postmoderno grande importanza assume la simulazione (simulacrum). La simulazione è

differente dalla finzione, ossia dal fingere qualcosa che possiede attributi che in realtà

non ha, dal momento che il fingere non inficia il principio di realtà, mentre il simulacro

inficia la differenza tra “vero” e “falso”. Bauman espone, quindi, il compito dell’arte

nella postmodernità: <<Oggi è alla finzione artistica che tocca tirare furori la “verità

dell’esistente” dallo specifico nascondiglio postmoderno. Un compito che la finzione

artistica può assolvere mettendo in mostra appunto ciò che la realtà simulante e simulata

tiene nascosto: i meccanismi che eliminano dall’ordine del giorno la distinzione tra vero

e falso rendendo la ricerca di senso un’attività inutile, irrilevante, improduttiva e sempre

meno attraente>>57.

Egli conclude sostenendo che le verità che trovano una collocazione nell’arte

non hanno niente a che fare con quelle moderne. Le verità nate grazie alla finzione

artistica, rinsavite dopo le amare esperienze del moderno meccanismo totalitario,

consapevoli della propria contingenza, non più aspiranti al monopolio e senza

considerare il consenso come la testimonianza del proprio valore, possono aiutare

l’esistenza umana nel risolvere le problematiche poste da una realtà che cerca di essere

57 Ivi, pagg. 155 – 156.

11

Page 118: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

difficile nei confronti dei suoi abitanti e che li scoraggia dal cercare il senso delle

situazioni.

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Page 119: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CAPITOLO 13

LA PEDAGOGIA E L’ISTRUZIONE POSTMODERNE

La pedagogia e l’istruzione postmoderne sono trattate da Bauman all’interno di

Il disagio della postmodernità. Egli inizia citando Margaret Mead la quale, riassumendo

svariate analisi sulle abitudini di popolazioni vicine e lontane, è giunta ad una

conclusione. Secondo tale conclusione, la struttura sociale ed il modo in cui

l’apprendimento è strutturato, cioè il modo in cui l’insegnamento passa da colui che

insegna a colui che apprende, determinano, al di là del contenuto dell’apprendimento,

come possa venire utilizzato e condiviso il bagaglio di conoscenza.

L’autrice, a parere di Bauman, si riferisce qui alla concezione del deutero –

learning (deutero – apprendimento, o apprendimento di secondo grado), forgiato da

Bateson. Infatti, Mead colloca al primo posto nel processo di apprendimento e di

insegnamento il contesto sociale, il modo di trasmettere capacità e conoscenze. Mentre

il contenuto dell’insegnamento, ossia il contenuto di ciò che Bateson chiama il

protolearning (proto – apprendimento, o apprendimento di primo grado) può essere

controllato e pianificato, l’insegnamento di secondo grado è indipendente dalle

conoscenze trasmesse.

Bateson ritiene che l’insegnamento di secondo grado sia molto importante, ed

aggiunge ad esso un apprendimento “di terzo grado”, consistente nell’acquisire la

capacità di modificare l’insieme delle alternative che la persona tratta

nell’apprendimento di secondo grado. Tale apprendimento di terzo grado, secondo

Bateson, può avere anche conseguenze dannose.

A parere di Bauman, gli individui postmoderni necessitano di questo terzo grado

di apprendimento. Infatti, ad essi non è richiesto di cercare un ordine in una situazione

varia, mentre il loro successo dipende dalla loro capacità di liberarsi dai modelli,

piuttosto che dall’acquistarne. Paradossalmente, la consuetudine acquisita durante

l’insegnamento di terzo grado è quella di non utilizzare le consuetudini.

Mead ha tratteggiato il processo di apprendimento come un processo “da – a”.

L’unica condizione a non essere considerata è quella in cui non siano definiti i ruoli

dell’insegnante e dello studente, oppure in cui non si sia stabilito quale siano le

conoscenze degne di essere trasmesse rispetto a quelle evitabili. E’ Cornelius

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Page 120: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Castoradis, citato da Bauman, a descrivere una situazione di tale genere. Castoradis,

dopo avere affermato che la democrazia è una istituzione pedagogica e di continua

autoeducazione dei cittadini, sostiene che nella postmodernità si verifica una situazione

opposta, nella quale sono i mass – media, le pubblicità e gli spettacoli a fornire (o a non

fornire) un’educazione ai cittadini. Ciò può portare, come ultima conseguenza, alla

svalutazione della nozione di cittadinanza com’era intesa nel corso della democrazia

tradizionale.

Bauman espone, quindi, alcuni aspetti dell’esistenza postmoderna a suo avviso

responsabili dei disagi della pedagogia. Egli inizia trattando dell’aprirsi di ogni

ambiente pedagogico e del reciproco mescolarsi degli ambienti. Nel periodo

premoderno e per la maggior parte di quello moderno l’ambiente pedagogico era,

considerando l’”oggetto dell’educazione” ed ogni categoria di oggetti, delineato e

distinto dagli altri.

Infatti, solitamente l’ambiente pedagogico rimaneva nell’ambito del villaggio o

del quartiere cittadino e non vi era una grande quantità di comunicazioni

interambientali. Un’eccezione era rappresentata dai libri, i quali erano però accessibili

solo ad una minoranza. Per la maggior parte delle persone, il prete ed il maestro erano

gli unici fornitori di informazioni extrambientali e di cultura. Ogni programma

educativo poteva, quindi, avere il suo destinatario ed assumere un atteggiamento

monopolistico.

I mezzi di trasmissione di massa cambiarono tutto ciò. Afferma Bauman a

proposito di essi: <<Le pareti divisorie tra le enclaves pedagogiche crollarono, e

assieme a esse sparì la possibilità di dirigere il processo di studio, la scelta pianificata

degli influssi educativi e dei programmi di insegnamento guidato. (...) svanì la

possibilità di controllare efficacemente l’ambiente da educare, quella possibilità che

finora era stata alla base di ogni teoria e strategia pedagogica>>58.

Un esempio della moderna strategia di controllo sociale è rappresentato, secondo

Bauman, dai legislatori della rivoluzionaria Convenzione francese, decisi ad eliminare

tutto ciò che avevano trovato riguardante le leggi. Le varie leggi sull’educazione

nazionale venivano promulgate in continuazione, una più radicale dell’altra. Ciò che in

tale situazione è interessante, a parere di Bauman, è la mancanza di riferimenti rispetto

58 Zygmunt Bauman, Il disagio della postmodernità, cit. pag. 161.

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Page 121: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

al contenuto dell’insegnamento: gli autori delle leggi si occupavano soltanto delle

condizioni in cui tale insegnamento avveniva.

Il progetto educativo nazionale, presentato alla Convenzione da Robespierre,

intendeva, infatti, che tutto ciò che riguardasse gli allievi fosse tenuto in considerazione.

Bauman, riferendosi alla proposta di Bateson, sostiene che agli autori delle leggi

importava soprattutto l’insegnamento di secondo grado, cioè l’influsso educativo di un

ambiente pianificato dove le conoscenze venivano trasmesse, piuttosto che le

conoscenze stesse.

L’ideale concepito per la nazione repubblicana come insieme, e realizzato nella

scuola, si esprimeva sopratutto nella regolamentazione. L’educatore, amministratore

delle regole vigenti, doveva essere anche l’unica fonte delle conoscenze. L’educazione

delle abitudini, la trasmissione delle conoscenze e la produzione delle capacità

confluivano così in un processo gestito dagli insegnanti.

Bauman, citando Jean – Marie Benoist, sostiene che i legislatori della

Convenzione rivoluzionaria volevano attuare un cambiamento totale, avevano un fine

determinato ed erano indifferenti rispetto ai costi. Ma questi principi proposti dalla

Convenzione avrebbero poi guidato quasi tutta la pedagogia moderna. Anche certe loro

scoperte sono rimaste parte del moderno patrimonio: per esempio, il fatto che gli esiti

pedagogici vengono determinati dal sistema nel quale gli individui praticano

l’apprendimento.

Egli passa ora ad analizzare la situazione nella postmodernità, nella quale è

proprio la condizione che regola l’effetto educativo dell’ambiente a non essere fornita.

Nella postmodernità, infatti, la conoscenza è extraterritoriale; le stesse informazioni,

trasmesse nello stesso modo, sono accessibili a tutti, indipendentemente dal luogo di

residenza e dall’appartenenza di gruppo. Sostiene Bauman: <<Le fonti del sapere sono

ovunque e in nessun luogo; in nessun luogo, nel senso che sono venuti a mancare i

luoghi privilegiati provvisti del monopolio della conoscenza affidabile e degna di essere

posseduta; ovunque, nel senso che, in questa mancanza di fonti privilegiate del sapere

(o, in altre parole, di fonti del sapere privilegiato), ogni unità di informazione,

indipendentemente dal contenuto e dalla provenienza, vale quanto le altre >>59.

59 Ivi, pag. 164.

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Page 122: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Bauman torna ora a prendere a riferimento Bateson, il quale, trattando della

pratica dell’educazione moderna, concordò con Mead sul fatto che esiste una

discrepanza tra l’”ingegneria sociale”, cioè la manipolazione delle persone allo scopo di

raggiungere una società programmata, e gli ideali della democrazia, intesa come valore

superiore e responsabilità morale dell’individuo. Infatti, l’oggetto dell’educazione e il

modo in cui essa veniva trasmessa, assieme all’ambiente nel quale veniva trasmessa,

spesso erano differenti.

Scopo stabilito dell’educazione moderna era formare un uomo adatto alla vita

“repubblicana”, come sostenevano i legislatori della Convenzione, o alla vita

“democratica”, come sostenevano quelli che da loro avevano ereditato il potere. Per

vivere in quel mondo, all’uomo veniva insegnata la capacità della libera scelta,

l’assumersi la responsabilità delle proprie azioni ed un atteggiamento propositivo nei

confronti del mondo.

Tuttavia, le esperienze delle circostanze in cui tali insegnamenti si diffondevano

fornivano nozioni opposte. Tali circostanze insegnavano alle persone a schierarsi dalla

parte delle scelte degli uomini di potere, a cedere ad essi le responsabilità e a cercare la

sicurezza nella routine. Da qui, appunto, nasceva la divergenza trattata da Mead e

Bateson.

Secondo Bauman, la situazione pedagogica postmoderna possiede a sua volta

alcune contraddizioni, anche se di genere diverso, le quali sono in rapporto con le aporie

caratterizzanti la società dove si volge l’educazione. La situazione pedagogica globale

postmoderna, infatti, non solo induce alla libertà di giudizio e di scelta, ma la rende

necessaria. Agli uomini ed alle donne postmoderni viene così insegnato di assumere

decisioni sotto la propria responsabilità. D’altro canto, la stessa situazione pedagogica

rende problematico l’approfittare di tale libertà per costituire una personalità

autoguidata ed autoregolata.

Egli torna, più avanti, a trattare delle concezioni di “relazione pura” e di “amore

convergente” proposte da Anthony Giddens, nelle quali assumono importanza

l’”adeguatezza” e l’”efficienza fisica”, due degli ideali sui quali si fonda l’esperienza

del collezionista si sensazioni. Tali relazioni costituiscono, secondo Bauman, una

“spersonalizzazione” delle relazioni interpersonali, ed hanno a che fare con i problemi

affrontati nella postmodernità da insegnanti e da educatori e per i quali operano i

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Page 123: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

pedagogisti. Infatti, tali cambiamenti riguardanti le relazioni rappresentano le

caratteristiche dei cambiamenti postmoderni nel contesto sul quale i pedagogisti non

esercitano la loro attività, contesto che determina il corso e gli effetti

dell’apprendimento di “secondo” e di “terzo” grado. Così la pedagogia, basata

sull’unione tra educazione ed insegnamento, svolge un compito contrario rispetto a

quello fornito dalla società postmoderna e dal mercato.

11

Page 124: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

CONCLUSIONE

In conclusione alla mia ricerca riguardante la postmodernità nell’analisi di

Zygmunt Bauman, espongo quali sono, a mio parere, i punti principali attraverso i quali

si possa comprendere la posizione dell’autore sull’argomento. Essi sono la dimensione

onnipresente dell’incertezza, l’aspetto del consumo e la ricerca della comunità, e

incidono su molti aspetti della vita postmoderna.

Innanzitutto, un ruolo rilevante all’interno della modernità liquida analizzata da

Bauman è assunto dalla dimensione dell’incertezza. Tale dimensione è onnipresente

nelle condizioni di vita e di lavoro degli individui postmoderni, ed in questo caso è

rappresentata dalla precarizzazione e dalle nuove forme di lavoro “flessibile”. Risulta

importante, come figura rappresentativa di tutto ciò, quella proposta da Bauman del

“vagabondo”, il quale è tale a causa della scarsità di luoghi organizzati per favorire

buone condizioni di vita e di lavoro, e perché per lui il mondo locale in cui si trova è

inospitale. Tali condizioni lavorative e di vita fanno sì che, al contrario di quanto

avveniva nella modernità, l’equilibrio tra sicurezza e libertà sia sbilanciato a favore

della seconda.

Qui si inserisce anche l’analisi di Bauman sulle tre dimensioni della sicurezza,

intesa nel senso del termine tedesco Sichereit, le quali vengono a mancare nel passaggio

dalla modernità alla postmodernità. Tali dimensioni sono definite dai termini security

(sicurezza esistenziale), certainty (certezza) e safety (sicurezza personale, incolumità).

Tale incertezza si concretizza anche nel clima di assedio della paura, i cui quattro

fattori responsabili sono il nuovo disordine mondiale, la deregulation universale, la

perdita d’importanza delle reti di protezione tradizionali (ad esempio familiari o di

vicinato) ed i modelli proposti dai media culturali.

L’incertezza, sotto forma di ambivalenza, si inoltra anche in altre problematiche,

come quella dell’identità, la quale viene ad essere temporanea e pronta ad essere

dismessa e, di conseguenza, rende le vite personali frammentate in episodi. Per rendere

questa dimensione postmoderna dell’identità è di valore la proposta di Benedetto

Vecchi, citata da Bauman, dell’”identità–puzzle”, nonostante Bauman distingua in parte

l’identità postmoderna da essa per il fatto che la stessa identità postmoderna, nel

processo della propria costruzione, è orientata dai mezzi che l’individuo possiede e non

11

Page 125: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

ad un obiettivo che egli voglia raggiungere. Inoltre, la precarietà della costruzione

individuale dell’identità spinge gli individui che la praticano ad unirsi mediante

comunità che risultano essere solo surrogati delle comunità tradizionali.

Una forma di incertezza è presente anche all’interno del rapporto con lo

straniero, il quale è alla stessa maniera desiderato, poiché nella postmodernità vengono

enfatizzati l’eterofilia ed il valore delle differenze, e temuto, dal momento che può

portare conseguenze dannose per l’incolumità personale. Si inseriscono qui i riferimenti

di Bauman alle moderne strategie antropofagica ed antropoemica, ovverosia di

assimilazione o di eliminazione degli stranieri, ed alle modalità di convivenza con gli

stranieri, costituite dal ridurre il loro carattere imprevedibile, come ci si proponeva di

operare tramite le moderne utopie di progettazione urbanistica, oppure dall’allontanarli

in zone specifiche delle città, in modo tale da farli diventare quelli che Bauman

definisce stranieri “ante portas”.

Infine, pure la concezione postmoderna del corpo riflette una condizione di

incertezza e di ambivalenza, dal momento che esso è considerato sia recettore di

sensazioni, sia da tenere sotto controllo per via di possibili minacce. Il corpo diventa

così “sotto assedio”. Inoltre, risulta importante il fatto che Bauman colleghi tale

privatizzazione della gestione del corpo all’ambiguità postmoderna tra la fobia del

mutevole e la fobia del definitivo, cioè alla paura di non possedere una méta unita alla

paura di raggiungerla.

In secondo luogo, un altro aspetto che influenza molte situazioni all’interno della

realtà postmoderna è rappresentato dal consumo. La società consumistica postmoderna

produce un’inversione del rapporto tra i bisogni ed il loro soddisfacimento e non

condiziona solamente il consumo di merci, poiché, coma Bauman ci dimostra, l’attività

dello shopping si rivolge anche alla ricerca di nuovi e migliori stili di vita. Tutto ciò si

concretizza in una dipendenza degli individui postmoderni dal mercato. A proposito di

ciò, è rilevante la analisi di Bauman secondo la quale nella realtà postmoderna il

principio di piacere diventa il pilastro della realtà, capovolgimento di una delle

teorizzazioni di Sigmund Freud. Inoltre, il mercato si propone anche come uscita

istituzionalizzata dalla politica, poiché in esso vengono spesso ricercate quelle soluzioni

che le organizzazioni politiche, rimaste ad un livello locale e distanti dal nuovo potere

globale, non riescono a fornire.

11

Page 126: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

Le pragmatiche di comportamento che caratterizzano il consumo, inoltre, si

estendono nuovamente alla concezione dell’identità, dal momento che i modelli

proposti dal mercato divengono fondamentali per quelle che Bauman definisce le

“identità al plurale” postmoderne. Anche il corpo postmoderno recettore di sensazioni è

modellato in base alla proposte del consumo, e prova di ciò è il fatto che, per la

valutazione della sua efficienza, non si utilizza più il termine “salute”, bensì quello

“benessere” (fitness), implicante l’adattabilità del corpo al fine della ricezione delle

sensazioni e delle esperienze fornite dalla società dei consumi.

Aspetti pertinenti al consumo si riscontrano, inoltre, nelle attitudini degli

individui postmoderni verso le relazioni, ed in questo caso è interessante la citazione di

Bauman dei concetti, proposti da Anthony Giddens, di “relazione pura” e di “amore

convergente”, i quali definiscono relazioni facilmente scioglibili ed improntate ai

benefici che se ne possono trarre. Tali relazioni sono racchiuse da termini quali “reti” o

“connessioni”, e testimoniano la ricerca di una soddisfazione simile a quella portata dal

consumo, soddisfazione alla quale gli individui postmoderni sono abituati. Per una loro

migliore gestione, poi, spesso vengono utilizzati gli aiuti forniti dagli esperti –

consulenti, modalità anch’essa che ripropone le pragmatiche consumistiche. Bauman

sottolinea, inoltre, una conseguenza fondamentale di questo tipo di relazioni, ovverosia

la scarsa importanza morale dell’altro, considerato come oggetto di valutazione

mediante determinati parametri.

Una proposta di Bauman originale e degna di nota è quella secondo cui nella

postmodernità il consumo arriva ad influenzare persino l’ambito religioso, dal momento

che i fondamentalisti religiosi appartengono alla schiera dei “consumisti imperfetti”,

ossia agli esclusi dal meccanismo consumistico postmoderno, ai quali le organizzazioni

fondamentaliste offrono una liberazione dalla libertà di scelta, proposta spesso come

uno degli assiomi del mercato. D’altro canto, le “esperienze estreme” generate dal

consumo si pongono in contraddizione rispetto alle organizzazioni religiose che

predicano l’insufficienza dell’uomo.

Anche l’arte postmoderna risente del consumo e del mercato, tanto che Bauman

sostiene che nella postmodernità gli artisti tradizionalmente considerati come

fondamentali perdono importanza rispetto all’evento artistico che li coinvolge, il quale

è, appunto, gestito dal mercato. Inoltre, la bellezza nella sua concezione tradizionale di

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Page 127: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

ideale, la quale implicava stabilità e mirava alla perfezione, nella postmodernità non è

più presente con tali caratteristiche, bensì risiede all’interno delle mode consumistiche e

possiede l’impermanenza tra i suoi attributi principali.

Per descrivere tale presenza diffusa del consumo nella postmodernità divengono,

così, fondamentali le figure, proposte da Bauman, del “flaneur” e del “turista”. Il primo,

da figura marginale descritta da diversi narratori moderni, diventa nella postmodernità

diffuso e rilevante, e considera i nuovi shopping malls (i centri commerciali) e le città

postmoderne luoghi adatti al suo “bighellonare”. Il secondo intende provare le differenti

esperienze proposte dal mercato consumistico, praticando quella libertà di scelta già

considerata in precedenza.

In terzo luogo, la ricerca della comunità accomuna diverse problematiche

postmoderne. Per la comprensione di tale problematica risulta utile l’analisi di Bauman

delle “comunità-piolo”, le quali sono comunità transitorie costruite intorno ad un

interesse che i loro appartenenti momentaneamente condividono, al fine di ricomporre

quell’equilibrio tra libertà e sicurezza che, nella postmodernità, è sbilanciato a favore

della prima. Esempi di tali “comunità-piolo” sono le nuove forme di tribalismo,

costituite dai festival musicali o dalle folle che accorrono per gli eventi sportivi, e le

mode ed i culti che sfociano, ad esempio, nei Weight Watchers citati da Bauman, gruppi

che assumono nuovamente il corpo come oggetto di controllo.

Tuttavia, la comunità è anche cercata all’interno delle città postmoderne, le quali

sono caratterizzate da una forte richiesta di sicurezza personale. Ecco che Bauman cita,

a proposito di ciò, il progetto della città di Heritage Park in Sudafrica composto

dall’architetto George Hazeldon, città modellata, per la stessa ammissione

dell’architetto, sulla comunità londinese della sua infanzia, e protetta con ogni tipo di

mezzo tecnologico contro possibili minacce all’incolumità personale. Bauman, riguardo

a tale tematica, propone anche l’esempio di San Paolo del Brasile.

Di rilievo è anche l’analisi di Bauman delle nuove forme di ghetto presenti in

tali città, i cui abitanti sono ostili e diffidenti gli uni verso gli altri ed in questa maniera,

ancora una volta, non portano alla realizzazione di una comunità. A fianco di questi tipi

di ghetto, modellati in base al principio della divisione etnico–razziale, sussistono anche

i cosiddetti “ghetti volontari”, abitati da individui facoltosi e gestiti in modo tale da

vietare l’ingresso agli estranei. Tutto ciò ha come conseguenze meccanismi di

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Page 128: L'analisi della postmodernità nell'opera di Zygmunt Bauman

criminalizzazione della povertà e di segregazione sociale. Anche gli spazi di consumo,

come, ad esempio, i già citati shopping malls, rappresentano surrogati di comunità,

poiché forniscono ai loro fruitori una appartenenza comune ed una comunanza di

interessi, seppure momentanea e transitoria.

Per questi motivi, l’incertezza, il consumo e la ricerca della comunità sono, a

mio parere, tra gli aspetti principali che costituiscono l’analisi di Zygmunt Bauman

riguardo alla postmodernità. Questa analisi, in un’epoca come quella della

postmodernità in cui le problematiche moderne lasciano il passo ad un nuovo insieme di

questioni, spesso trattate in dibattiti presenti nei principali mass – media e in diverse

pubblicazioni, costituisce una valida modalità di interpretazione e di comprensione di

tale realtà.

12

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— (1997): Unelectable, Irreplaceable Fun. New Statesman & Society, vol. 126, no.

4317, pp. 32.

— (1997): The Camps: Eastern, Western, Modern. Studies in Contemporary Jewry, vol.

13, pp. 30-40.

— (1997): The Age of Arrogance, The Age of Humility. 2B Journal, no. 11-12.

— (1998): Identity–Then, Now, What For? Polish Sociological Review, vol. 3, no. 123,

pp. 205-216.

— (1998): Sociological Enlightenment–For Whom, About What? Dansk Sociologi, vol.

9 (special issue), pp. 43-54.

— (1998): What Prospects of Morality in Times of Uncertainty? Theory, Culture &

Society, vol. 15 no. 1, pp. 11-22.

— (1998): The Holocaust’s Life as a Ghost. Tikkun, vol. 13, no. 4, pp. 33-38.

— (1998): On Postmodern Uses of Sex. Theory, Culture & Society, vol. 15, no. 3- 4, pp.

19-33.

— (1998): On Glocalization: Or Globalization for Some, Localization for Some Others.

Thesis Eleven, no. 54, pp. 37-49.

— (1998): Europe of Strangers. WPTC-98-03.

http://www.transcomm.ox.ac.uk/www.root/working_papers.htm.

— (1998): What Chances of Morality in Times of Uncertainty? Associations, vol. 2, no.

2, pp. 161-173.

— (1998): Postmodern Adventures of Life and Death. In Scamber, Graham & Higgs,

Paul (eds): Modernity, Medicine and Health: Medical Sociology Towards 2000.

London: Routledge, pp. 216-231.

— (1999): On Universal Morality and Moral Universalism. In Lund Christina (ed.):

Development and Rights: Negotiating Justice in Changing Societies. London: Frank

Cass, pp. 7-18.

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— (1999): Critique–Privatized and Disarmed. Zeitschrift für Kritische Theorie, vol. 5,

no. 9, pp. 121-131.

— (1999): The Burning of Popular Fear. New Internationalist, no. 310, pp. 20-24.

— (1999): The World Inhospitable to Levinas. Philosophy Today, vol. 43, no. 2, pp.

151-168.

— (1999): Time and Space Reunited. Framtider International, vol. 9, pp. 9-13.

— (1999): Urban Space Wars: On Destructive Order and Creative Chaos. Citizenship

Studies, vol. 3 no. 2, pp. 173-185

— (1999): Modern Adventures of Procrastination, Parallax, vol. 5, no. 1, pp. 3-6.

— (1999): Modernity as History of Time, Concept of Transformation, vol. 3, no. 2, pp.

229-248.

— (2000): Ethics of Individuals. Canadian Journal of Sociology, vol. 25, no. 1, pp. 83-

96.

— (2000): On Writing: On Writing Sociology, Theory, Culture & Society, vol. 17, no.

1, pp. 79-89.

— (2000): From Our Critics: The Deficiencies of Community, The Responsive

Community: Rights and Responsibilities, vol. 10, no. 3.

— (2000): Social Issues of Law and Order. British Journal of Criminology, nr. 40, pp.

205-221.

— (2000): Am I My Brothers Keeper? European Journal of Social Work, vol. 3, no. 1,

pp. 5-11.

— (2000): What it Means to be Excluded. In Askonas, Peter & Steward, Angus (eds):

Social Inclusion: Posibilities and Tensions, New York, St. Martin’s Press.

— (2000): Urban Battlefields of Time/Space Wars. Politologiske studier, no. 7

— (2000): Does Reading Have a Future? http://www.honco.net/100day/02/20000911-bauman.html — , Vital, David & Bermant, Chaim (1993): At the Crossroad of History: Is there a

Future for the Jewish People? Jewish Quarterly, vol. 40, no. 2.

Articoli in traduzione italiana

__ Da pellegrino a turista, in Rassegna italiana di sociologia, 36 (1), 1995, pp. 3 – 26.

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__ I campi: Oriente, Occidente, Modernità, in Marcello Flores (a cura di): Nazismo,

fascismo, comunismo. Totalitarismi a confronto, Bruno Mondadori, Milano, 1998.

__ Baroni rampanti e contadini sgobboni, in Animazione sociale, (10), 2001, pp. 94 –

96.

__La sociologia di fronte ad una nuova condizione umana, in Studi di sociologia, 40

(4), 2002, pp. 345 – 381.

__ Adorno e la globalizzazione, in Micromega, novembre – dicembre 2003, pp. 62 – 81.

__ Bellezza: ovvero un sogno da cui abbiamo paura di svegliarci, C.P.E. – Centro

Programmazione Editoriale, 2003.

__ La felicità nell’epoca dei piaceri incerti, C.P.E. – Centro Programmazione

Editoriale, 2004.

2) Letteratura critica

__ Peter Beilharz, Zygmunt Bauman: dialectic of modernity, Sage, London, 2000.

__ Peter Beilharz (edited by), Zygmunt Bauman. Four-Volume Set, Sage, London, 2002.

Peter Beilharz (edited by), The Bauman Reader, Blackwell, Oxford, 2000.

__ Alfonso Berardinelli, Gli intellettuali esistono se dicono di non esistere: nota sul

libro di Zygmunt Bauman, in Linea d’ombra. Trimestrale di narrativa, fascicolo A.

1993, n. 81, pp. 9 – 10.

__ Tony Blackshaw, Zygmunt Bauman, Taylor & Francis Ltd., New York, 2005.

__ Paolo Bonetti, La politica degli intellettuali, in Nuova antologia: rivista di lettere,

scienze ed arti, Fascicolo A. 1994, n. 2190.

__ Richard Kilmister, Ian Varcoe: Culture, modernity and revolution: essays in honour

of Zygmunt Bauman, Routledge, London, New York, 1996.

__ Dennis Smith, Zygmunt Bauman: prophet of postmodernity, Polity Press,

Cambridge, 1999.

__ Keith Tester, The social Thought of Zygmunt Bauman, Palgrave Macmillan, New

York, 2004.

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3) Altri testi

__ Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano, 1964.

__ Marc Augé, Nonluoghi, Eleuthera, Milano, 1993.

__ Jean Baudrillard, La società dei consumi. I suoi miti e le sue strutture, Il Mulino,

Bologna, 1976.

__ Ulrich Beck, Che cos’è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società

planetaria, Carocci, Roma, 1999.

__ Ulrich Beck, I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, Il

Mulino, Bologna, 2000.

__ Ulrich Beck, La società cosmopolita. Prospettive dell’epoca postnazionale, Il

Mulino, Bologna, 2003.

__ Angelo Bolaffi, Giacomo Marramao, Frammento e sistema. Il conflitto – mondo da

Sarajevo a Manhattan, Donzelli, Roma, 2001.

__ David B. Clarke, The consumer society and the postmodern city, Routledge, London,

2003.

__ Alessandro Ferrara (a cura di), Comunitarismo e Liberalismo, Editori Riuniti, Roma,

2000.

__ Umberto Galimberti, Psiche e Tecne, Feltrinelli, Milano, 2000.

__ Chiara Giaccardi, Mauro Mafatti, L’Io globale. Dinamiche della società

contemporanea, Laterza, Roma – Bari, 2003.

__ Anthony Giddens, Le conseguenze della modernità, Il Mulino, Bologna, 1994.

__ Hans Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi,

Torino, 1990.

__ Michel Maffesoli, Il tempo delle tribù. Il declino dell’individuo, Armando Edizioni,

Roma, 1988.

__ Jeremy Rifkin, La fine del lavoro, Baldini e Castoldi, Milano, 1995.

__ Amartya Sen, Globalizzazione e libertà, Mondadori, Milano, 2002.

__ Richard Sennet, L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita

personale, Feltrinelli, Milano, 1999.

__ Georg Simmel, Filosofia del denaro, Utet, Torino, 1964.

__ Charles Taylor, Il disagio della modernità, Laterza, Roma – Bari, 1994.

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__ Alain Touraine, La società post industriale, Il Mulino, Bologna, 1970.

__ Gianno Vattimo, La fine della modernità, Garzanti, Milano, 1985.

__ Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Utet, Torino, 1976.

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