93
L’Oratorio Di Castro Cento anni di ebraismo a Roma (1914-2014) a cura di Claudio Procaccia

L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

  • Upload
    others

  • View
    2

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

L’Oratorio Di CastroCento anni di ebraismo a Roma(1914-2014)a cura di Claudio Procaccia

Page 2: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

©Proprietà letteraria riservata

Gangemi Editore spaPiazza San Pantaleo 4, Romawww.gangemied i tore . i t

Nessuna parte di questapubblicazione può esserememorizzata, fotocopiata ocomunque riprodotta senzale dovute autorizzazioni.

ISBN 978-88-492-2900-5

In copertina: Aròn Ha-Kodesh dell’Oratorio Di Castro (foto P. Lauda)

Questo volume è stato pubblicatograzie al contributo di:

Page 3: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

L’ORATORIO DI CASTRO

Cento anni di ebraismo a Roma (1914-2014)

a cura di Claudio Procaccia

Page 4: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

Ferma restando la responsabilità unica del curatore nella redazione dei testi finali, si ringazia:

Amedeo Spagnoletto per la traslitterazione, Gabriella Yael Franzone e Giuliana PipernoBeer per la correzione delle bozze, Irit Levi per la revisione cromatica, AssociazioneDaniela Di Castro – Amici Del Museo Ebraico Di Roma per il finanziamento stanziato, Pio Lauda, Donato Moscati e Martina Sermoneta per le foto originali

Page 5: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

Indice

PRESENTAZIONE 7Riccardo Pacifici

PREFAZIONE 9Riccardo Shmuel Di Segni

INTRODUZIONE 10Gianni Ascarelli

CAP. 1 IL “TEMPIO DI VIA BALBO” E LA COMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014). LINEE DI SINTESI E SPUNTI DI RIFLESSIONE 13Claudio Procaccia

1.1 dall’emancipazione alla Prima guerra mondiale (1870-1918) 13

1.2 Gli ebrei di Roma ed il fascismo. Gli anni del consenso (1922-1937) 17

1.3 Le leggi razziali, le persecuzioni nazifasciste e la guerra (1938-1945) 18

1. 4 Dalla Ricostruzione al “miracolo economico” (1945-1965) 19

1.5 Le grandi trasformazioni dalla seconda metà degli anni Sessanta a oggi 22

CAP. 2 L’ORATORIO DI CASTRO. STORIA E ARCHITETTURA DI UNA SINAGOGA (1914 – 2014) 29Sara Cava e Sergio Amedeo Terracina

2.1 Introduzione 29

2.2 Analisi urbanistica 30

2.3 Il lascito Di Castro 32

2.4 L’edificio 35

2.5 Le trasformazioni 47

2.6 Il Tempio ashkenazita 49

2.7 Il centro sociale 53

Appendice A. Le imprese esecutrici 54

Appendice B. Documentazione grafica 57

Page 6: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

CAP. 3 NON SOLO SINAGOGA. BREVE STORIA SOCIALE E CULTURALE DELL’EDIFICIO 63DI VIA BALBO.Giuliana Piperno Beer

3.1 Dopo il 1870 63

3.2 La nascita dell’Oratorio Di Castro 64

3.3 Dal primo dopoguerra al periodo della seconda Guerra Mondiale 66

3.4 La liberazione e i soldati della “Brigata Ebraica” 68

3.5 Gli anni ‘50 71

3.6 Gli anni ’60 e il Kadima 75

3.7 Le ultime modifiche 77

3.8 Persone e vicende nell’Oratorio Di Castro 80

CAP. 4 LE VICENDE DELL’EDIFICIO DI VIA BALBO NELLE PAROLE DI COLORO

CHE L’HANNO VISSUTO 83Silvia Haia Antonucci

4.1 Introduzione 83

4.2 le interviste 87

CAP 5. TRADIZIONI CULTURALI, MEMORIE E OGGETTI LITURGICI DELL’ORATORIO

DI CASTRO 169

5.1 Rito romano e rito sefardita: La Benedizione al Sovrano. Una “strana” usanza nell’Oratorio Di Castro 169Abramo Alberto Piattelli

5.2 Raccontare colori e storie degli ebrei romani di via Cesare Balbo. Le vetrate di Aldo Di Castro 171Georges de Canino

5.3 Oggetti liturgici dell’Oratorio Di Castro. 179Olga Melasecchi

INDICE DEI NOMI 190

Page 7: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

83

4.1 Introduzione

L’Oratorio Di Castro è una sinagogaimportante nella comunità ebraica diRoma. È il terzo Tempio – dopo la si-nagoga maggiore e quella di rito sefar-dita1 – costruito dopo la fine delghetto2. È lontano dal luogo “classico”degli ebrei – l’area dell’ex ghetto – conlo scopo di accogliere anche coloro chesi erano allontanati sia dall’osservanzadei precetti, sia fisicamente dai luoghidove solitamente abitavano i membridella Comunità. Si trova all’interno diun edificio dove hanno coesistito luo-ghi di culto (due sinagoghe, una di ritoItaliano e una askenazita, dove si al-ternano tre diversi modi di pregare:italiano, askenazita, sefardita-tripo-lino) e tanti uffici, associazioni (dopola Seconda guerra mondiale, vi fucreato l’ufficio per gli immigrati, poi leScuole ebraiche, e varie associazionigiovanili – il Kadima, il Centro Giova-

nile Ebraico (CGE) – e sale in cui svol-gere conferenze, riunioni, cerimonie,feste)3. Tante storie, emozioni, amori, scontrivi sono stati al suo interno: se le suemura potessero parlare, raccontereb-bero anche i cambiamenti architetto-nici subiti dall’immobile4, insommauna lunga storia che attraversa il ‘900e fornisce interessanti elementi sullacomunità ebraica di Roma e sui rap-porti tra questa e la Capitale. Per rac-contare tutto ciò, si è scelto diintervistare un numero di persone –non particolarmente ampio, ma signi-ficativo qualitativamente – che hanno“vissuto” l’edificio di via Balbo e cheportano dentro di loro le storie lì acca-dute, perché, come ha affermato An-gelo Moscati: “via Balbo rimane nelcuore, non c’è niente da fare”. Tutt’oggi continua a non essere sem-plice trattare le “fonti orali” nella lorofunzione di apporto importante alla ri-

1 Gli ebrei seguono riti differenti, i principali sono “sefardita” (da “Sefarad”, in ebr. “Spagna”) e “aske-nazita” (da “Askenaz”, in ebr. “Germania”), praticati dagli ebrei che, dopo la distruzione del Tempiodi Gerusalemme da parte del generale romano Tito nel 70, andarono, rispettivamente, nei paesi dellapenisola Iberica e del Nord Africa, e nell’area del Nord-Est Europa. Esiste un altro rito, quello “ita-liano”, che trae origine dai primi ebrei che giunsero a Roma nel II sec. a.e.c. (ovvero a.C.). 2 Il ghetto fu istitutito da Papa Paolo IV Carafa e durò dal 1555 al 1870.3 Cfr. G. PIPERNO BEER, infra.4 Cfr. S. CAVA, infra.

Cap. 4 Le vicende dell’edificio di via Balbo nelle parole di coloro

che l’hanno vissutoSilvia Haia Antonucci

Page 8: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

84

costruzione storica5, pur con tutti iproblemi insiti in esse, come la fallacitàdella memoria e il modo spesso nonfluido degli intervistati di trasmetterei propri ricordi, che a volte reca uncerto imbarazzo a loro stessi nel rileg-gerne la trascrizione. Eppure, credo siainnegabile, anche per un lettore pocopratico di tale materia, che il contri-buto della fonte orale sia qualcosa diinsostituibile, di importante, che i do-cumenti non possono certo fornire6, eche trasmette, attraverso il suo mododi proporre le testimonianze così comesono state concesse, un notevole incen-tivo alla divulgazione di argomenti chealtrimenti rischierebbero di restarechiusi entro il mondo dei soli esperti. Atale riguardo Alessandro Portelli ha af-fermato: “La storia orale svolge unruolo educativo cruciale […]. La storiaè spesso percepita, in contesti scolasticitradizionali, come una materia inutile

e astratta che si occupa di passatimorti e persone scomparse. La storiaorale aiuta a sentire che la storia ac-cade a persone come noi, a individui co-muni, in contesti familiari e quotidiani,e così dà forma in modi molto concretie tangibili a quello che diventiamo ealle nostre esperienze”7.Le vicende narrate in questo contri-buto raccontano le storie di coloro chehanno avuto un ruolo ufficiale all’in-terno del Tempio italiano – i rabbiniEnzo Di Castro, che vi frequentò anchela scuola media, e Pino Arbib, i quali,dal 1953 a oggi, hanno vissuto tutti icambiamenti occorsi al suo interno, ar-chitettonici, di atmosfera, nel rito,nella tipologia dei frequentatori dellatefillà8 – e quindi le testimonianze diAngelo Moscati (prima shammash9 epoi parnas10 dal 1958 al 2000) e di Ario-dante (Armando) Vitali (shammash dal1981 al 1990).

Silvia Haia Antonucci

5 “Senza l’apporto della memoria, individuale, o rielaborata in forma corale, come nel caso del libro diDebenedetti, la storia smarrisce la capacità di penetrare negli stati d’animo e nei sentimenti che gui-darono le scelte, a volte drammatiche, di chi si trovò a vivere situazioni estreme: così la storiografiaperde l’anima. D’altronde oggi, la storiografia, con la sua attitudine a un metodo “scientifico”, e il ri-spetto dei canoni della verificabilità, si presenta come la migliore alleata della memoria, contro i suoi“assassini” e gli “Eichmann di carta”. È giunto quindi il momento che la passata contrapposizione trastoria e memoria venga meno, perché la storia raccolga il testimone di chi fino a oggi ha parlato, e lamemoria rimanga sempre viva e operante nelle coscienze” G. RIGANO, “16 ottobre 1943: accadono aRoma cose incredibili” in Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, a cura di S.H. Anto-nucci, C. Procaccia, G. Rigano, G. Spizzichino, Milano, Guerini e Associati, 2006, p. 73.6 “Il documento scritto non rappresenta mai, da solo, tutta la realtà… gli sfuggono i contatti personali…registra solo il risultato finale […] Anche per quanto riguarda i documenti diplomatici l’intervista oralefatta a chi abbia concretamente e personalmente partecipato, in posizione di particolare responsabi-lità, alla determinazione di certi sviluppi internazionali può costituire, quindi, uno strumento impor-tante di più compiuta conoscenza della viva realtà del momento. L’immediatezza e la stessa emotivitàdel ricordo, anche con le inevitabili connotazioni personali, possono aiutarci a stabilire il rapporto giu-sto con il passato e con il vissuto”. C. GUAZZARONI, I documenti diplomatici del tempo presente e la loropreparazione, in L’intervista strumento di documentazione: giornalismo, antropologia, storia orale,Atti del Convegno svoltosi a Roma dal 5 al 7 maggio 1986 presso l’Auditorium della Discoteca di Statowww.icbsa.it/getFile.php?id=1347, pp. 130-133, p. 133.7 A. PORTELLI, Storia orale come scuola, in La memoria che resiste, a cura di D. Celetti ed E. Novello,“Memoria/Memorie. Materiali di storia”, n. 1, Verona, Cierre Edizioni, 2006, pp. 15-16.8 Plur. tefillot. Preghiera.9 Colui che si occupa della sinagoga.10 Amministratore della sinagoga

Page 9: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

85

Abbiamo voluto incontrare anche i fre-quentatori, non solo dell’Oratorio DiCastro, a partire dai coniugi Fioren-tino, Emma Alatri e Gino, testimonidelle vicende dell’edificio fin dal 1926,e soprattutto della rinascita della co-munità dopo la Seconda guerra mon-diale; e Laura Supino, architetto efrequentatrice del Tempio fin dal 1938.Abbiamo contattato anche Mirna Del-l’Ariccia Ascoli, nipote di un altro Rab-bino del Tempio di via Balbo, MarcoVivanti, la quale, fin dagli anni ’50, ac-compagnava il nonno in questo luogoper lei fonte di fascino e curiosità. Inol-tre, abbiamo ascoltato due persone chehanno vissuto alcuni tra i più signifi-cativi cambiamenti architettonici del-l’edificio, come Fiorella Di Castro –sposata nel 1968 all’architetto Mar-cello Di Castro che, insieme al padreAngelo, realizzò il Tempo askenazita,il Centro Rauchmann ed eseguì alcuni

interventi nell’Oratorio Di Castro – eSilvio, figlio di Aldo Di Castro che rea-lizzò le vetrate dell’oratorio. Infine, ab-biamo incontrato Leone Paserman,Presidente dell’Agudat Askenazim11

dal 1972 a oggi.Dalle loro testimonianze – trascritte fe-delmente, secondo le tecniche della sto-ria orale12 con lo scopo di comunicarenon solo informazioni, ma anche emo-zioni e sensazioni attraverso il modo diesprimersi degli intervistati – emergeun interessante spaccato della storiadella comunità ebraica di Roma.Spicca in tutti una grande passione e vo-lontà di mantenere e aumentare la fun-zionalità dell’oratorio; lo sforzo diosservare le condizioni dettate dal te-stamento Di Castro che prevedeval’apertura in determinati giorni e quindila necessità di avere un minian13, anchea costo di procurarlo andando in giro perRoma con la macchina a prendere qual-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

11 Associazione degli Askenaziti.12 Cfr. C. BERMANI, Introduzione alla storia orale. Storia, conservazione delle fonti e problemi di me-todo, voll. I-II, Odradek, CS, 2008; T.L. CHARLTON, L.E. MYERS, R. SHARPLESS, History of Oral History.Foundations and Methodology, Walnut Creek, Altamira Press, 2007; Oral History Interview Guidelines,Washington, United States Holocaust Memorial Museum, 2009; B.W. SOMMER, M. K. QUINLAN, The OralHistory Manual, Walnut Creek, Altamira Press, 2002; C. STOKES BROWN, Like it was. A Complete Guideto Writing Oral History, New York, Teachers & Writers Collaborative, 1988. Cfr. anche S.H. ANTONUCCI,Gli archivi e le fonti orali: l’esperienza dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER),in Le Leggi razziali e la persecuzione degli ebrei a Roma, 1938-1945, a cura di, S.H. Antonucci, P.M.Ferrara, M. Folin, M.I. Venzo, pubblicazione On-line (2013), Interviewing people who have suffered se-rious traumas: experience with Shoah survivors in Atti del XVI Convegno Internazionale di StoriaOrale “Tra passato e futuro: storia orale, memoria e significato”, organizzato dall’Associazione Inter-nazionale di Storia Orale a Praga-11 luglio 2010 (DVD); S.H. ANTONUCCI, L’utilizzo delle fonti oralinelle ricerche dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER), in «Memoria/Memorie.Materiali di storia. Fonti orali e ricerca storica», Atti del I Convegno nazionale di Storia Orale, (2009),2-3, pp. 15-19 (http://www.centrostudiluccini.it/pubblicazioni/memoriamemorie/2-3/1-Haia.pdf); La pu-nizione che diventò salvezza. Il salvataggio della famiglia Sonnino durante la Shoha ad opera del Prof.Giuseppe Caronia, a cura di S.H. Antonucci e M. Ferrara, Udine, Forun Editrice Universitaria, 2014(a cui è allegato il DVD di S.H. ANTONUCCI e M. FERRARA, Non dovevamo essere qui, documentario rea-lizzato dall’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma e dall’Associazione Culturale “Le CinqueScole”, Roma, società DocLab); S.H. ANTONUCCI, P.M. FERRARA, G.Y. FRANZONE, “Orgoglioso di essere ita-liano”. La straordinaria vicenda della famiglia Pisetzky salvata a Leonessa (Terzone-RI), documenta-rio realizzato dall’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, Roma, società DocLab, 2013.13 Plur. minianim. Gruppo di 10 uomini ebrei adulti (che hanno più di 13 anni), ovvero il numero mi-nimo necessario per poter effettuare la preghiera pubblica.

Page 10: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

86

che “volontario” che a volte veniva ad-dirittura pagato; l’incontro con gli ebreilibici con il conseguente timore dellosnaturamento dell’originario rito ita-liano; gli sforzi per raggiungere con lorola convivenza; l’impegno dei rabbini nel-l’introdurre novità nel rito che invo-gliassero a frequentare le preghiereevitando il disappunto nei frequentatori“tradizionalisti”; un crescendo nell’os-servanza dei riti e una volontà di atti-rare sempre più persone con iniziativeche coinvolgessero bambini e adulti.Gli elementi interessanti sollecitatidagli intervistati sono davvero tanti:ne citiamo qui solo alcuni. Riguardoagli usi religiosi, mentre Enzo Di Ca-stro ricorda la paura per le reazioni al-l’introduzione di novità provenienti daIsraele all’interno della cerimonia diSimkhat Torà14, Fiorella Di Castro af-ferma: “Ricordo poi la cerimonia diSimkhat Torà che è particolarmentebella, «bellissima»”. Altrettanto bellis-sima era per Mirna Dell’Ariccia Ascolila lavorazione delle azzime: “Un ri-cordo legato anche a Pesakh15 è la pre-parazione dei Shimurim16: quello erauna cosa bellissima perché il giornoche veniva dedicato alla preparazionedi questi, venivano chiamati tutti i rab-bini della Comunità, i quali si vesti-vano con il loro manto, facevano loro

gli Shimurim cantando intorno al ta-volo, cioè lavoravano e cantavano edera una cosa veramente bella da ve-dersi, coinvolgente, oltre che molto al-legra”. Circa l’osservanza delletradizioni, Pino Arbib ne cita una cherisale addirittura al periodo del ghetto:“la Mazzà dell’‘Eruv”17. Compaiono poi riferimenti a fatti storiciche hanno segnalo la storia della comu-nità ebraica di Roma e di Israele, comela marcia spontanea da via Balbo al-l’Arco di Tito per la proclamazione delloStato di Israele nel 1948 narrata daEmma Alatri Fiorentino, e poi i timoricirca la visita di Sadat a Gerusalemmenel 197718 e l’attentato al Tempio Mag-giore nel 198219. Molto interessante è ladescrizione fatta da Gino Fiorentino delsuo rapporto con alcuni “soldati pale-stinesi”, il cui impegno fu fondamentalenel risollevare la comunità ebraica diRoma dopo la Shoà.La descrizione narrata da quasi tuttigli intervistati è di un’atmosfera acco-gliente, calda, che faceva percepire ilTempio come casa propria, affezionan-dosi a esso, e proprio per questo motivosi fronteggiarono al suo interno con-trasti per eventuali cambiamenti daapportare, come quello per le nuove ve-trate per le finestre del’Oratorio Di Ca-stro.

Silvia Haia Antonucci

14 Lett. “Gioia della Torà”. Festa autunnale durante la quale si conclude la lettura annuale dellaTorà.15 Pesakh è la festa che celebra l’uscita degli ebrei dall’Egitto, in ricordo del fatto che gli ebrei, essendousciti di corsa dall’Egitto, non ebbero il tempo di far lievitare il pane.16 Il pane azzimo che viene cotto con particolare cura affinché non vi sia nessuna traccia di lievitazionee viene usato durante lo speciale pasto (Seder) di Pesakh in ricordo del sacrificio che era effettuato alTempio di Gerusalemme.17 Cfr.l’intervista a Pino Arbib, infra.18 Cfr. l’intervista a Enzo Di Castro, infra.19 Cfr.l’intervista a Enzo Di Castro, infra.

Page 11: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

87

E colpisce anche la generosità, più voltesottolineata, dei suoi frequentatori. Atale riguardo Ariodante (Armando) Vitaliafferma: “Se penso a via Balbo la primacosa che mi viene in mente, devo dire,quando c’era qualcuno che aveva biso-gno, che aveva bisogno veramente, subitola gente donava: questa è la cosa piùbella”. Mentre Emma Alatri Fiorentinodichiara: “Se penso a via Balbo, la primacosa che mi viene in mente è il 6 giugno,quando sono andata a via Balbo, perchéstavo per ritornare alla vita: eravamo tal-mente depressi e malinconici”, ma alloraancora non si sapeva delle deportazioni,la cui notizia filtrò lentamente choccandola maggior parte delle persone, ignare diquello che era successo. In ultimo, è bene sottolineare come siafrequente, quando si trattano le fontiorali, il fatto di riscontrare ripetizioninell’intervista, lì dove l’intervistatovuole sottolineare un determinato con-cetto, come a esempio Angelo Moscatiparlando delle condizioni del Testa-mento Di Castro: “[L’oratorio] dovevafunzionare, tutte tutte tutte le sere”;mentre Ariodante (Armando) Vitali piùvolte ripete la frase: “A me è sempre pia-ciuto il contatto col Sefer”, riferendosi al

suo lavoro di shammash al Tempio di viaBalbo; invece, Mirna Dell’Ariccia Ascolici offre un ricordo personale di quandoera piccola: “Di Lidia e Letizia Sabbadiniper esempio ricordo, quando erano bam-bine, le loro trecce: hanno sempre avutodei capelli bellissimi, biondi e portavanoqueste trecce lunghe lunghe lunghe lun-ghe che erano un po’ l’ammirazione el’invidia di tutte noi bambine”.

4.2 Le interviste

EEnzo Di Castro (khazan20, manhig21,rabbino dell’Oratorio Di Castro)22

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Allora, andiamo molto indietro neltempo, perché il mio incontro con l’edi-ficio di via Balbo è avvenuto nel 1953,cioè quando fu aperta la scuola media,che ancora non era parificata. Però peri primi 2 / 3 anni era una frequenza sol-tanto per la scuola media – scolastica –poi, successivamente, egli anni ’55-’56,cominciò una frequenza saltuaria, so-prattutto il Sabato sera23 in quanto co-minciarono le attività del Benè Akiva24

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

20 Plur. khazanim. Cantore della sinagoga.21 Rabbino responsabile della sinagoga.22 Intervista effettuata presso l’ASCER, il 20/01/2014 (ore 10-11), da S.H. Antonucci (ASCER) e da S.Cava (DiBAC); trascrizione a cura di S.H. Antonucci.23 Nella tradizione ebraica il giorno inizia al tramonto e finisce alla sera (infatti, nel libro della Genesi,in riferimento all’opera di creazione del Signore svolta il primo giorno, è scritto: “E fu sera e fu mat-tina, il primo giorno”). La giornata dedicata al Signore è il Sabato (Shabbat, plur. Shabbatot) duranteil quale non si lavora e si svolgono preghiere particolari. Alla fine di tale giorno si riprendono le nor-mali attività che si svolgono durante la settimana.24 Lett. “Figli di Akiva” (Akiva ben Joseph , nato a Lod nel 40 e morto a Tiberiade nel 137, grande au-torità della tradizione ebraica). Movimento giovanile ebraico sionista fondato nel 1929 da YechielEliash, esponente del partito operaio Apoel HaMizrachi. Gli ideali trasmessi si basano sul pensiero dirav Kook, già Rabbino Capo d’Israele per cui è fondamentale lo studio della Torà (“insegnamento”. De-signa l’intero patrimonio dell’ebraismo, e in particolare indica i 5 libri del Pentateuco: Genesi, Esodo,Levitico, Numeri, Deuteronomio) e la sua applicazione.

Page 12: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

88

nei locali qui [della Comunità Ebraicadi Roma, n.d.a.], dove adesso c’è ilMuseo [Ebraico, n.d.a.], ma ci vede-vamo il Sabato pomeriggio anche alTempio25 di via Balbo ché c’era ungruppo – Sabbadini, Piperno, ecc. –ché, frequentando il Tempio, era piùsemplice incontrarci lì. Poi, intornoalla fine degli anni ’50, quando ci fu ri-conosciuta – a me e ad altri 2 colleghi,il Rabbino Settimio Gattegna z.l.26 e ildott. Aldo Piperno che adesso è diven-tato Presidente dell’Ospedale [Israeli-tico, n.d.a.]27 – ci fu data, ci fu concessadalla Comunità una borsa di studio e ame fu detto di dare una mano, come sidice, di collaborare con i rabbini che of-ficiavano a via Balbo e da quel mo-mento ho cominciato a frequentareassiduamente e regolarmente il Tem-pio di via Balbo, l’Oratorio Di Castro,che non ha niente a che vedere con ilmio cognome, con la mia famiglia,anche se qualche volta, scherzando, hodetto: “È mio”. Quindi, i primi anni inborsa di studio, poi, una volta assuntoin Comunità con funzione di khazan e

di insegnante delle Scuole ebraiche, al-lora cominciai a frequentarlo, cioè ilmio incarico fu proprio quello di kha-zan ufficiale all’Oratorio Di Castro, al-l’inizio, ma per poco tempo perché poiandò in pensione il Rabbino Vivanti, ilManhig, poi il posto fu preso da Morè28

Moshè29, che tra l’altro è stato anche ilmio insegnante nelle scuole e, da quelmomento, per oltre 30 anni, sono ri-masto all’Oratorio Di Castro come rab-bino. Dopo alcuni anni il Morè Moshè,per questioni di salute, lasciò, e rimasiio, prima con Aldo Piperno, poi ancheAldo Piperno lasciò e si trasferì primain Israele e poi in America, e rimasipraticamente solo, aiutato saltuaria-mente da uno o dall’altro nelle fun-zioni sabbatiche e dei Mo‘adim30. Inquel periodo c’erano dei problemi diminian, specialmente le sere feriali;l’Oratorio Di Castro funziona di mat-tina soltanto Sabato, feste, nel Capomese, Rosh Chodesh e nei due anni-versari dei donatori, Grazia Di Castroe Salvatore Di Castro. Per cui, fintantoche l’Ospizio, gli Invalidi31, come si

Silvia Haia Antonucci

25 Solitamente il Tempio per antonomasia è quello di Gerusalemme, distrutto nel 70 dal generale ro-mano Tito, mentre i luoghi di studio e poi di culto ebraici costruiti dopo di esso, sono le sinagoghe. ARoma è invalso l’uso di chiamare le sinagoghe, Templi, probabilmente proprio a causa di quel legameparticolare che lega Roma a Gerusalemme (i primi ebrei che giunsero a Roma, nel II a.e.c., provenivanodirettamente da Gerusalemme e si narra che, per questo, il rito romano è quello più vicino al rito ge-rosolimitano).26 Zichronò Livrachà, “il suo ricordo sia in benedizione”: espressione ebraica che si accompagna ci-tando colui che è defunto.27 Al tempo dell’intervista il Presidente era Aldo Piperno, da maggio 2014 è stato sostituito da La-wrence Y. Kay. L’Ospedale Israelitico è un ospedale classificato, ovvero pur essendo privato, ovveroappartenente a ente religioso, fornisce servizi pubblici. Cfr. AA.VV. Dalle confraternite all’OspedaleIsraelitico di Roma. L’assistenza sanitaria della comunità ebraica della Capitale dall’emancipa-zione ai giorni nostri, a cura di S.H. Antonucci, C. Procaccia, G. Spizzichino, dattiloscritto.28 Plur. m. morim; f. morà, plur. f. morot. Insegnante.29 Rav Mario Sed.30 Sing. Mo‘ed. Feste solenni ebraiche.31 La Casa di Riposo ebraica. Cfr. Dalle confraternite all’Ospedale Israelitico di Roma. L’assistenza sa-nitaria, cit.32 L’area che era, durante il periodo del ghetto, piazza Giudia fuori ghetto, e che oggi fa parte di via di

Page 13: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

89

chiamava allora, era qui all’Isola Tibe-rina, allora venivano 3 / 4 persone, 3 /4 uomini per fare minian e la stessacosa per le sere feriali, tra l’altro c’eraGuglielmo Sabbadini z.l. che tutte lesere, quasi tutte le sere, veniva qui in“Piazza”32, con la macchina, ne pren-deva due o tre, li portava a via Balboper fare minian. Parzialmente questoproblema si risolse dopo il ’67-’68,quando ci fu la cacciata degli ebrei li-bici33: dato che molte di queste famigliedurante l’estate, negli anni precedentila cacciata, venivano a Roma e incon-travano i loro famigliari, figli, fratelli,che si erano trasferiti in Israele nel ’48e nel ‘56, quindi abitavano negli alber-ghi di zona e anche quando, dopo lacacciata, vennero a Roma, una buonaparte frequentava assiduamente ilTempio di via Balbo, sia i giorni ferialiche Sabato e i Mo‘adim. E poi, la crea-zione del Beth El e del Beth Shmuel34,ha tolto un po’ di queste persone, però,diciamo che i problemi di minian inqualche modo furono risolti, perché co-munque sia le mattine quando si fa-ceva tefillà, sia la sera, per non parlaredei Shabbatot e Mo‘adim, il minian eraquasi sempre assicurato. Dicevo cheper alcuni anni sono stato un khazan,poi, in “mancanza di attori” – perchéMorè Moshè era andato via, poi pur-troppo è morto, Aldo Piperno si era

trasferito – rimasto solo, dopo un po’ ditempo fui nominato, dal rabbino [Capodi Roma Elio, n.d.a.] Toaff, fui nomi-nato manhig del Tempio e quindi co-minciai a dirigere in prima persona leattività del Tempio. Quali erano queste attività? Al Tempiodi via Balbo siamo stati i primi a isti-tuire due cose fondamentali: la prima,alla fine della tefillà del Sabato mat-tina, ci fermavamo – eravamo sempreun numero abbastanza consistente – eci alternavamo nello svolgere lezioni,commenti della parashà35 o delle festi-vità, ecc. E questo fu molto gradito ecredo che ancora oggi continui questaattività perché è stata una cosa moltoimportante. Ci tengo a precisare chesiamo stati i primi, anche i primi asvolgere – questo già prima della mianomina a manhig – a svolgere le dera-shot, cioè i commenti della parashà ilvenerdì sera, che prima non si facevaperché fino a quel momento era unaprerogativa del Rabbino Capo che la fa-ceva al Tempio Maggiore, o nelle occa-sioni in cui veniva. Poi ricevemmoanche il nulla osta del Rabbino Capoperché era una cosa importante, so-prattutto era importante perché venneaccettata in modo completo dal pub-blico. L’altra cosa era quella che il Sa-bato mattina, prima ancora checominciassimo a fermarci per fare

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Portico d’Ottavia, è chiamata, per antonomasia, “Piazza”.33 Gli ebrei residenti nei paesi arabi furono cacciati nel 1948, quando fu ricostituito lo Stato di Israelee poi a seguito dei conflitti in cui fu coinvolto Israele, in particolare dopo la Guerra dei 6 Giorni (1967).Cfr. F. Coen, Israele: quarant’anni di storia, Milano, CDE 1994.34 Lett. “Casa del Signore” e “Casa di Shmuel”. Nomi dati alle sinagoghe degli ebrei provenienti da Tri-poli.35 Plur. parashot. Porzioni in cui è divisa la lettura della Torà che si svolge nell’arco di un anno.36 Complesso delle regole tradizionali ebraiche.

Page 14: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

90

quelle lezioni di cui parlavo prima, usa-vamo fare una cosa che non era moltovalida per l’Halakhà36, cioè ci recavamoin una latteria in via Napoli – che an-cora oggi esiste, era molto “legata” connoi – consumavamo una piccola cola-zione, logicamente senza pagare, peròera qualche cosa che non si dovevafare37, e difatti cominciammo – e questaè la novità che portammo per primi neiTempli della Comunità di Roma – a or-ganizzare un piccolo Kiddush38 alla finedella tefillà. Quindi, finita la tefillà si fa-ceva il Kiddush, e poi si mangiava deidolcetti, qualche cosa, e poi, chi voleva,rientrava al Tempio e facevamo questelezioni per chi aveva piacere di assi-sterci. L’altra iniziativa che presi in-sieme a Marco Zarfati – che adesso, daparecchi anni, è medico in Israele – èquella di portare delle innovazioni allacerimonia del Chatan Torà39, del Sim-khat Torà, cioè fare un misto tra quelloche era la tradizione a Roma e quelloche, invece, era come si svolgeva la ce-rimonia in Erez Israel40 e penso anchein altre comunità. Non nascondo che ilprimo anno avevo una paura, propriouna paura, che la cosa non fosse accet-

tata da parte delle persone più anzianeche frequentavano il Tempio, e, invece,ebbe un grande successo, tant’è veroche è continuata ed è stata ripresaanche in altri Templi della Comunità diRoma. E poi, fino a qualche anno fa,fino a qualche decennio fa, la Sukkà41

del Tempio, la Sukkà pubblica del Tem-pio, veniva fatta in quel cortile doveprima era la scuola, poi il Kadima42e poiadesso è un locale adibito per vari ser-vizi ed era una Sukkà molto limitata. Aun certo punto chiedemmo alla Comu-nità di farci fare la Sukkà più grande,diciamo una via di mezzo tra quella chefacevamo in quel cortiletto e quella delTempio Maggiore, con i tubi Innocentisu al terrazzo, dove mi pare ci sia ri-masta fissa. E cominciammo a faredelle attività per i bambini, una fre-quenza non solo dei bambini, molto nu-merosa, ma anche dei genitori, masoprattutto dei nonni, anche perché,facendo attività pomeridiana, i geni-tori spesso dovevano lavorare. E riu-scì in modo eccezionale. E poi, manomano, andando avanti col tempo, fa-cemmo anche attività nelle varie cir-costanze, soprattutto Purim43, Tu

Silvia Haia Antonucci

37 Durante il Sabbato – Shabbat – la giornata dedicata al Signore, non si usa il denaro e, anche se nonsi paga in quel giorno, si corre il rischio che qualche altro ebreo, vedendo la persona consumare qual-cosa al bar, creda che stia usando il denaro.38 Plur. Kiddushim. Cerimonia della santificazione del vino.39 Lett. “Sposo della Torà”. Titolo della tradizione ebraica dato a chi in sinagoga ha l’onore di leggerel’ultima parte della Torà.40 Terra di Israele.41 Plur. Sukkot. Capanna che viene costruita, sia in proprietà private sia nel giardino della sinagoga,durante la festa di Sukkot durante la quale si ricorda il periodo di 40 anni nel quale gli ebrei risedet-tero in tende nel deserto, prima di poter entrare in Erez Israel.42 Associazione giovanile ebraica.43 Festa durante la quale si ricorda il primo tentativo di sterminio del popolo ebraico sventato dalla re-gina Ester, nel V-IV sec. a.e.c., da parte del re di Persia Achashwerosh-Assuero (Serse II figlio di Arta-serse I, V sec.-423 a.e.c., oppure Artaserse II figlio di Dario II, 436-358 a.e.c.) su incitazione del malvagioConsigliere Aman.44 Capodanno degli alberi. L’albero, e in generale la natura, è un elemento fondamentale nella tradizione

Page 15: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

91

Bishvat44, Khanukkà45, ecc. e appuntoabbiamo fatto cose sempre gradite aifrequentatori. La mia attività ufficial-mente si è conclusa alla fine del 1990,quando sono andato in pensione, ma,mi fu richiesto – e io accettai volentieri– di continuare a svolgere attività il Sa-bato e Mo‘adim, cosa che ho fatto per 3/ 4 anni ancora, poi, sia perché mi chia-marono a svolgere un po’ di attività adAncona, sia perché successivamente michiamarono per istituire il TempioBeth Shalom46, allora dovetti, a malin-cuore, lasciare questa attività, volonta-ria fra le altre cose. Poi qualche voltaci sono andato ma, un po’ l’età, un po’la distanza, mi ha bloccato un pochet-tino. C’è stata anche una cosa estre-mamente importante: per chi va alTempio e guarda su, al soffitto, vededei disegni nuovi, rispetto a quelli dellepareti, perché questo? Adesso non ri-cordo l’anno, perché una mattina diHosh‘anà Rabbà47, cadde dal soffittoun bel pezzo di intonaco – fortunata-mente non andò addosso a nessuno,ma sfiorò alcune persone – per cui gliingegneri della Comunità, i dirigentidella Comunità, pensarono di risolvere

il problema buttando giù tutto l’into-naco e fra questo furono buttati giùanche gli intonaci dei riquadri dei di-segni, ce ne è rimasto uno soltanto,quello giù in fondo, sopra l’Aròn Ha-Kodesh48, poiché, appunto, doveva ser-vire come “modello” per eventualirifacimenti. Dopo qualche hannol’hanno rifatto ma anche a occhio dinon esperti si vede che sono una cosadiversa. Un’altra cosa che istituii io,per ragioni pratiche, fu quella di creareun piccolo matroneo, giù nei locali delTempio, nel reparto degli uomini. Per-ché questo? Perché c’era una necessitàoggettiva: c’erano alcune donne an-ziane – cito due per tutte, la signoraSabbadini che era molto anziana e lasignora Silvia Vivanti, la moglie delRabbino Vivanti – che non potevanofare le scale, e allora si mettevano giùin fondo. Cominciarono le proteste dialcuni non frequentatori del Tempioitaliano, ma frequentatori del Tempioaskenazita, dicendo che le donne dove-vano stare in un posto riservato: lo sa-pevamo benissimo, però c’era da tenerpresente che erano delle donne an-ziane, avevano dei problemi di salute,

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

ebraica. Cfr. Tu Bishvat: cfr. http://www.archivio-torah.it/libretti/seder_tubishvat.pdf. Per quanto riguardal’impegno della tradizione ebraica nel rispetto della natura, cfr. http://www.morasha.it/alefdac/alef-dac_26_27.html, http://www.kklitalia.it/ e l’articolo di rav Elio Toaff, I rapporti uomo-natura nella filosofiae nella tradizione ebraiche in http://www.ucei.it/giornatadellacultura/default.asp?cat=2&cattitle=ebrai-smo_e_natura&pag=22&pagtitle=i_rapporti_uomo_natura_nella_filosofia_e_nella_tradizione_ebrai-che_di_elio_toaff.45 Festa che ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme (25 Kislev 165 a.e.c.) da parte deiZeloti – i difensori dell’ortodossia ebraica – dopo la profanazione da parte dei Siri (25 Kislev 168 a.e.c.):fu trovata spenta la Menorà (plur. Menorot), il candelabro a 7 bracci simbolo della presenza divina, esolo una piccola ampolla d’olio che sarebbe dovuta durare un giorno, invece rimase accesa per 8 giorni,ovvero il tempo necessario a produrre altro olio. Durante tale festa si usa accendere un candelabro a9 bracci, la Khanukkià (8 luci in ricordo del miracolo e una che serve a accendere le altre).46 Lett. “Casa di pace”.47 L’ultimo giorno di Sukkot.48 Lett. “Armadio santo”. L’armadio in cui sono custoditi i rotoli della Torà.49 Lo Shabbat è il giorno dedicato al Signore durante il quale l’uomo sospende la sua attività creatrice

Page 16: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

92

per cui, quando fu creato l’attualeTempio askenazita, trovammo la solu-zione: la grata. E allora, chiesto il per-messo al Rabbino Capo e alle altreautorità amministrative della Comu-nità, feci fare questo angolo riservatoalle donne anziane e, infatti, misi uncartello che lì potevano starci soltantole donne anziane che avevano probleminel salire le scale. Poi so, ho vistoanche che attualmente hanno creatol’ascensore di Shabbat49, quando sonoandato via, già non frequentavo più,poi hanno fatto degli ulteriori lavori sual Kadima.Per quanto riguarda il rito di SimkhatTorà a cui accennavo prima, innanzi-tutto, mentre prima il giro dei Sefa-rim50 veniva fatto sotto la tevà51, cioècome credo che facciano al TempioGrande, cioè un giro molto piccolo, evennero fatti 7 giri, per cui cercavamodi allestire più Sifre’ Torà possibile perconsentire a più persone possibile diavere il piacere di fare il giro52. Alloraquell’anno, insieme a Marco Zarfati,decidemmo di fare una cosa molto sem-plice, niente di eccezionale: innanzi-

tutto di allargare il giro, quindi spo-stammo le panche a metà del Tempio,facemmo un passaggio più largo e al-ternavamo un giro con le hakkafot ro-mane, con il minhag53 romano e il girosuccessivo veniva fatto con canti israe-liani, canti ebraici tradizionali. E, inquesto modo, abbiamo consentito pra-ticamente a tutti i presenti al Tempio,di godere di questa gioia ed era questoche un pochino mi preoccupava laprima volta che l’abbiamo fatto, bal-lando, perché specialmente le duedonne più anziane [che ho citatoprima, n.d.a.], avevo timore [che pro-testassero, n.d.a.] – ce ne era un’altrache era la discendente dei donatori delTempio, la signora Di Castro Ancona –che, invece, ci lodò per questa decisioneche abbiamo preso, portando proprio lagioia, la felicità della partecipazione aquesta festa, allargata non solo ai pa-renti e agli amici dei due khatanim54,ma a tutti i presenti del Tempio. Ancheagli altri Templi adesso fanno questa“doppia” cerimonia: siamo stati noi gliiniziatori, non c’è niente di particolare,però abbiamo dato il “la” anche agli

Silvia Haia Antonucci

e riconosce che l’unico creatore dell’universo è Dio. Per questo si evita di “creare”, come, a esempio,attivare un congegno elettrico come accendere una luce o una macchina o spingere un pulsante per farmuovere un ascensore. Poiché i riti ebraici hanno lo scopo di innalzare l’anima al Signore, non certodi creare difficoltà agli uomini, è evidente che questo non può penalizzare chi, a esempio, abita in ungrattacielo o chi non può salire le scale: per questo i Maestri della tradizione ebraica hanno introdottol’uso dell’ascensore per lo Shabbat, ovvero un ascensore che automaticamente, quindi senza necessitàda parte dell’uomo di spingere alcun pulsante, si ferma a ogni piano.50 Sing. Sefer o Sefer Torà; plur. Sefarim o Sifre’ Torà. Rotolo di pergamena, che si legge in sinagoga,su cui è scritta la Torà.51 Luogo della sinagoga da cui si legge la preghiera.52 La sera di Simkhat Torà, si usa prendere tutti i rotoli della Torà e, con canti e balli, effettuare 7 giriintorno alla tevà (hakkafot).53 Plur. minhagim. Rito.54 Sing. Khatan. Lett. “Sposi”, ovvero il Khatan Torà e il Khatan Bereshit. Il primo è colui che leggela porzione finale della lettura annuale della Torà. Il Khatan Bereshit (“Sposo dell’inizio”), legge, in-vece, la prima porzione della Torà.55 Disegni realizzati da Aldo Di Castro. Cfr. l’intervista a Silvio Di Castro, infra.

Page 17: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

93

altri Templi che hanno ripreso quelloche si faceva a via Balbo. Devo aggiun-gere il problema collegato ai lavori chesono stati fatti al soffitto del Tempio.Le [vecchie, n.d.a] finestre del Tempioerano un obbrobrio perché, tra le altrecose, erano fatte con riquadri di vetropraticamente uno diverso dal’altro,non si chiudevano bene. C’è stata l’ini-ziativa da parte di Ever Haggiag ilquale ha donato le finestre con i dise-gni55, come sono adesso, e anche i ban-chi. I banchi oggi non sono quellitradizionali, la maggior parte sta inGalleria delle donne, qualcuno è statoportato al Tempio spagnolo56, qualcunoal Tempio dei Giovani57. Quella dellevetrate fu un’iniziativa un po’ avver-sata dall’architetto Marcello Di Castro,dalla moglie58 e da altre persone che,non so perché, non ho mai capito il mo-tivo per cui hanno avversato in modoabbastanza forte questa donazionedelle finestre, anche perché richia-mano oggetti sacri.

Come è cambiata l’atmosfera nel Tem-pio da quando lei ha cominciato a fre-quentarlo, a oggi?I primi tempi c’era un po’ quella cheera l’atmosfera dei Templi, cioè: “zitti”,

“buoni”, “attenti a come uno simuove”. Poi, gradatamente è diventatoqualcosa di vivo, di partecipazioneanche attiva da parte del pubblico, tan-t’è vero che – anche questa è una cosaimportante – mentre prima anche leparti della tefillà più semplici – potevaessere l’haftarà59 o le zemirot60 – eranosempre ed esclusivamente per i rabbini,poi, da un certo periodo, quindi quandoc’e stato questo, diciamo, avvicina-mento da parte del pubblico alle atti-vità del Tempio, c’è stata anche unapartecipazione più attiva, più assidua,per quanto riguarda le tefillot. Tant’èvero che, specialmente finché ci sonostato io – specialmente il giorno di Kip-pur61 che per come si svolge qui aRoma, è un po’ pesante per un singoloRabbino62 – c’è stato l’aiuto molto im-portante da parte di alcuni del pub-blico, sempre, logicamente shomerShabbat63, non il primo che capita comepoteva succedere prima. Si è creato, ecredo che ancora esiste, un’atmosferadi collaborazione, di amicizia e di atti-vità anche fuori del Tempio, semprecollegata alle attività del Tempio.

Nel Tempio, oltre alla tefillà, sono av-venute altre celebrazioni?

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

56 Il Tempio che si trova nei sotterranei dell’edificio del Tempio Maggiore.57 Tempio che si trova all’Isola Tiberina, chiamato anche Oratorio Panzieri-Fatucci. Il primo è il nomedel Rabbino che officiò lì durante la Seconda guerra mondiale e il secondo è uno degli uccisi alle FosseArdeatine (24/03/1944).58 Cfr. l’intervista a Fiorella Di Castro, infra.59 Brano tratto dai Profeti che va letto in sinagoga dopo la lettura della parashà.60 Poema liturgico cantato in sinagoga.61 Giorno di digiuno in cui ci si pente dei peccati commessi contro il Signore.62 La preghiera si protrae per tutto il giorno e un solo Rabbino non riuscirebbe a dirla tutta stando adigiuno.63 Osservante dello Shabbat.64 L’edificio in Lungotevere Sanzio che fu costruito su progetto di Costa e Armanni in stile eclettico;

Page 18: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

94

Quando c’è stato, nel 1977, la chiusuradel Tempio grande, ci fu il problemaper celebrare i matrimoni. Il TempioMaggiore chiuse per due anni per re-stauro, tant’è vero che il Sabato, la te-fillà dello Shabbat la facevano al salonedella scuola media, la vecchia scuolamedia64, e mentre la mattina, neigiorni feriali, e la sera, giù, al Tempiospagnolo, la prima tefillà era alle 7 epoi cominciava la seconda tefillà,quella del Tempio grande, quella ita-liana. In quel periodo già io stavo al-l’Ufficio Rabbinico, mi era stato datol’incarico all’Ufficio Rabbinico e chie-devamo appunto alle famiglie, aglisposi, dove volevano fare il matrimo-nio. All’inizio ci fu un po’ di ostilità acelebrare il matrimonio a via Balbo, al-l’Oratorio Di Castro. Mi dissero – nonso in base a che cosa – che a via Balbosposavano le vedove. Sinceramentenon ho mai saputo una cosa del genere,può darsi pure che una vedova che si èrisposata abbia sposato a via Balbo, masposare a un Tempio o sposare a unaltro, non cambia niente. Comincia-rono pochissimi matrimoni a essere ce-lebrati a via Balbo e poi le famiglieriscontrarono che la cosa era piaciuta.Perché? Perché c’era più vicinanza tragli sposi e gli invitati, non c’è, come c’èal Tempio grande, il fatto che la tevàsta in alto e il pubblico sta in basso, malì stanno tutti sullo stesso piano e c’è

una partecipazione più viva e la stessacosa per i bar mizvà o bat mizvà65: ini-zialmente erano un po’ restii a veniresu al Tempio di via Balbo ma, una voltacominciato, con il “passa parola” dellefamiglie: “Ma no, si sta bene, si sta piùvicino”, anche perché quando leggonoil “foglietto”66 – a parte che oggi, grazieal Cielo, specialmente i maschi leggonoun pezzettino o tutta la parashà – peròal Tempio Grande proprio nella strut-tura, come è fatto, la voce si disperde especialmente le donne sentono poco oniente, invece a via Balbo la cosa è di-versa perché, essendo più basso e piùvicini, le mamme, le nonne, le zie, lesorelle, etc., sentivano anche quandoleggevano il “foglietto”. Un’altra cosache ho fatto fare, non in modo fisso,perché erano le bambine ad accettaredi farlo – e questo lo avevo visto farein un beth ha-knesset67 in Israele, aGerusalemme – e lo riportai a Roma, avia Balbo: di far leggere un breve com-mento della parashà, o dell’haftarà, oqualcosa che andasse bene per loShabbat, per la cerimonia, alle bam-bine che facevano il bat mizvà. Unacosa per cui ho dato il “la”, quando unbar mizvà o un bat mizvà si svolge-vano a via Balbo, io avevo preso l’abi-tudine che al fratello più piccolo o, senon aveva un fratello più piccolo, alcugino, un parente prossimo, facevoleggere l’haftarà, la insegnavo, quindi,

Silvia Haia Antonucci

fu distrutto nel 1957 e sostituito da un palazzo più grande, in stile contemporaneo. 65 Lett “figlio” e “figlia del precetto”. La maggiorità religiosa per i ragazzi (13 anni) e per le ragazze(12 anni).66 Foglio dato dall’Ufficio Rabbinico al bar o bat mizvà in cui sono scritte alcune preghiere da recitareprima della benedizione del Rabbino.67 Plur. batte’ ha-knesset. Lett “Casa della riunione”. Sinagoga.68 Rabbino e neuropsichiatra infantile, professore ordinario all’Università La Sapienza di Roma.

Page 19: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

95

mentre il bar mizvà leggeva la parashà,un fratello o un cugino o un amico, leg-geva la haftarà e questo dava più so-lennità, più piacere soprattutto aigenitori, ai nonni, rispetto a quello chefaceva soltanto il bar mizvà. Quandoc’ero io, era normale svolgere i bar ebat mizvà al Tempio di via Balbo, lemie figlie l’hanno fatto lì e la mia figliaRoberta che è sposata, ha preteso disposarsi a via Balbo perché era il suoTempio. Mio figlio Mauro ha sposato alTempio grande. Io, invece, non ho po-tuto sposare a via Balbo perché,avendo sposato nel mese d’agosto,quindi con personale rabbinico ridotto,non l’ho potuto fare perché subito dopodi me c’era un altro matrimonio,quindi non c’era il tempo materiale perspostarsi da un posto all’altro. NelTempio di via Balbo abbiamo fattoanche dei cicli di lezioni in mezzo allasettimana – partecipava anche GavrielLevi68 – su tutti gli argomenti ebraici, avolte sulla parashà, a volte sul pensieroebraico, ecc. Un’altra cosa che, non sose lo rifanno attualmente, special-mente a Shavuot69, finita la tefillà, sifaceva un pranzo di Shavuot per chivoleva partecipare. Non mi ricordoaltre cose.

Si ricorda altri cambiamenti significa-tivi per quanto riguarda l’arredo delTempio?Fintanto che ci sono stato io – e pensoanche oggi – quelle rare volte che sonoandato [al Tempio di via Balbo, n.d.a.],fanno forse qualche cosa in più, non didiverso, il minhag è italiano, romano,Scola Nuova70, è rimasto tale e quale,mentre l’indirizzo del Tempio grande èScola Tempio. Il primo Sefer Torà do-nato, non nuovo, fu da parte della nonnadella moglie del Rabbino Capo Di Segni,la madre della suocera, che era sposatacon Arnaldo Sabbadini, non era nuovo,lo andò a prendere Alberto Sermoneta –che all’epoca faceva il khazan e oggi èRabbino Capo di Bologna – lo andò aprendere a Parma ed era un Sefer Toràcon la scrittura proprio italiana, romana,e poi, successivamente, sono stati donatialtri Sifre’ Torà dagli Arbib, gli Haggiag. Quando uscivano tutti i Sefarim,quindi la sera di Kippur e a SimkhatTorà, non avevamo argenteria suffi-ciente per tutti, allora mi venneun’idea, copiata poi dal Tempio spa-gnolo, di far fare a Gianni Zarfati –quello che chiamano “Bruciaferro”71

che adesso si è trasferito in Israele, cheallora aveva un laboratorio a [via,

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

69 Lett. “Settimane”. Festa in cui si celebra il dono della Torà al popolo di Israele nel 2449 del calen-dario ebraico (1311 a.e.c. ca.) e quindi, la promulgazione dei 10 Comandamenti.70 Gli ebrei del ghetto di Roma (1555-1870) erano suddivisi in cinque sinagoghe, anche chiamate Scuoleo Scole, a seconda del tipo di rito osservato: le Scuole Catalana e Castigliana seguivano il rito sefardita,quelle Tempio, Nuova e Siciliana, il rito italiano.71 Le omonimie erano molto frequenti nella comunità ebraica di Roma, quindi era uso comune, sin dalperiodo del ghetto, di assegnare dei soprannomi. A riprova dell’uso acquisito da tutti di utilizzare i so-prannomi è la Nota degli alunni della scuola elementare che risale al 1861 – cfr. Archivio Storico dellaComunità Ebraica di Roma (d’ora in poi ASCER), Archivio Medievale e Moderno (d’ora in poi AMM),Fondo Compagnia Talmud Torah (d’ora in poi FCTT), 3Aa, fasc. 6 – in cui, accanto alla colonna “Co-gnome e nome” ne appare un’altra intitolata “Soprannome”.

Page 20: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

96

n.d.a.] S. Ambrogio – di fargli fare conl’argento delle Corone e dei Rimmo-nim72, in modo da avere tutti i Sifre’Torà con l’argenteria. E poi è stata do-nata la “staffa” – è stata la prima a es-sere donata, quando c’era ancora MorèMoshè – che serve quando si apre ilSefer Torà e si legge, per tenerlofermo73. E poi, negli anni successivi,sono stati donati varie parokhet74, davari persone, una che mi ricordo fuquella verde-bordeaux con il fondo delTempio, lo abbiamo fatto fare in ricordodella signora Ancona, che era una per-sona che veniva frequentemente, fre-quentava assiduamente il Tempio, nonmancava mai fintanto che non si è am-malata e poi, purtroppo, è morta, erasempre presente. Precedentementequello sull’azzurrino, lo stesso tipo distoffa, era stato donato dal parnas di al-lora, Angelo Di Castro, che era il nonno

di Angelo Di Castro, il chirurgodel[l’Ospedale, n.d.a.] S. Camillo. Poi soche gli Arbib hanno donato qualchecosa e altri, adesso non me lo ricordo.Gli arredi sono rimasti quelli originari,al di là delle panche di cui ho già par-lato.Come già detto, la cadenza della tefillàall’inizio era tutte le sere, la mattinano, ed è tutt’ora così.

Si ricorda episodi particolari avvenutinel Tempio?Un ricordo spiacevole fu la mattina del9 ottobre 198275: era abitudine delRabbino Capo, di rav Toaff, l’ultimogiorno dei Mo‘adim, per Sukkot, era lamattina di Sheminì Atzeret76 – mentrela mattina di Simkhat Torà stava quial Tempio Maggiore per rispetto deikhatanim del Tempio Maggiore – equella mattina, appunto venne, venne

Silvia Haia Antonucci

72 Sing. rimmon. Lett. “melograno”. Decorazione che serve a coprire la parte superiore del bastonescoperta intorno a cui è arrotolata la pergamena con sopra scritta la Torà.73 La “staffa” si aggancia alla parte superiore scoperta del bastone intorno a cui è arrotolata la perga-mena ove è scritta la Torà, in modo tale che la pergamena stia ferma durante la lettura.74 Plur. Parochiot. Tenda posta di fronte all’Aròn Ha-Kodesh.75 Il 9 ottobre 1982, al termine della funzione di Sheminì Atzeret, durante la quale si svolge la bene-dizione dei bambini, alcuni terroristi palestinesi effettuarono, fuori dalla sinagoga, un attentato nelquale 37 persone rimasero gravemente ferite e un bambino di 2 anni, Stefano Gaj Tachè, perse lavita: da allora sono presenti 24 ore su 24 forze dell’ordine ai 4 angoli dell’edificio. Uno dei terroristi,Osama Abdel Al Zomar, individuato e arrestato in Grecia e poi scarcerato poiché considerato un mi-litante della resistenza palestinese e non un terrorista, fuggì in Libia. Si segnala che nel MuseoEbraico è esposto un libro di preghiera con alcuni fori: proprio il giorno dell’attentato, l’ebreo romanoNereo Musante stava uscendo dal Tempio con in tasca tale libro che lo protesse dalle schegge prodottedalle bombe.Il 3 ottobre 2008 sul quotidiano israeliano Yediot Aharonot fu pubblicata una intervista del corri-spondente dall’Italia Menachem Ganz a Francesco Cossiga, ex Ministro dell’Interno e poi Presidentedella Repubblica, in cui Cossiga rivelava che sarebbe stato firmato un accordo segreto tra Italia e ter-rorismo palestinese quando era Presidente del Consiglio Aldo Moro: i servizi segreti italiani avrebberochiuso gli occhi sulle attività logistiche e economiche dei terroristi palestinesi in Italia, in cambio di unasorta di immunità dagli attentati, che non comprendeva però i cittadini ebrei. In realtà il cosiddetto“Lodo Moro” era noto da tempo, ma nessun politico italiano aveva ammesso con tanta dovizia di par-ticolari la vicenda. Cfr. A. MARZANO e G. SCHWARZ, Attentato alla sinagoga. Roma, 9 ottobre 1982. Ilconflitto israelo-palestinese e l’Italia, Roma, Viella, 2013.76 Chiusura del ciclo delle feste autunnali; dopo i 70 sacrifici effettuati durante la festa di Sukkot alTempio di Gerusalemme per benedire le 70 nazioni del mondo, si ricorda il sacrificio che sottolineavail rapporto particolare fra Dio e Israele.

Page 21: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

97

su come tutte le altre volte e, appenafinita tefillà, fummo avvisati dell’at-tentato che c’era stato. Si presentò laPolizia che lo invitò a salire in mac-china per essere portato via e lui nonvoleva nel modo più assoluto perchéoltre a essere Mo‘ed era anche Shab-bat, era Sabato e mi ricordo che lo pre-sero di forza e lo misero in macchina enessuno mi toglie dalla testa – tantianni sono passati – ma sono convintoche l’attentato era contro di lui, noncontro il Tempio o contro i frequenta-tori, ma quando hanno visto che sta-vano chiudendo il portone e Toaff nonusciva allora – “Non siamo venuti in-vano” – hanno preso e hanno sparato,ma era diretto contro di lui e fu portatoin sicurezza casa. Un’altra cosa nonpiacevole che ricordo fu il Sabatoquando Sadat andò a Gerusalemme77:tra gli assidui del Tempio di via Balboc’era un tripolino78 che non era diquelli che erano venuti nel ’68 [’67,n.d.a.], ma era venuto addirittura nel’4879 e che praticamente era un po’“fuori di testa” per un motivo ben pre-ciso: perché a Tripoli gli ammazzaronomadre e padre davanti agli occhi, luiera poco più di un giovanotto, non erané adulto né bambino. Quella sera ri-

cordo che io avevo servizio, Sabato seraavevo il servizio, e, finita la tefillà, ri-tardai a tornare a casa e andai giù doveadesso c’è il Tempio askenazita, c’erala casa del portiere, per vedere in tele-visione, appunto, la cerimonia. Finitala tefillà, questo qui cominciò a girareintorno alle panche urlando proprio:“No, no, non ci deve andare! Voi non loconoscete! Voi non sapete! Non ci deveandare!”. E c’era allora il padre di PinoArbib, Shalom Arbib, che nel frat-tempo era diventato parnas del Tem-pio che a distanza mi faceva segni diassenso dicendo che aveva ragione,aveva ragione. Cercavamo tutti e due,sia io sia il signor Arbib, cercavamo dicalmarlo, sono passati tanti anni ma cel’ho davanti agli occhi come se fosse ac-caduto cinque minuti fa, questa figurache si agitava in questo modo quasi di-sumano, però c’è da capirlo.Non mi ricordo di personaggi noti ve-nuti a via Balbo.In conclusione, vorrei fare un augurio– non è polemica – ma ho visto chestanno un po’ “tripolinizzando” ilTempio, è vero che una buona parte deifrequentatori sono tripolini, però èanche vero che quel Tempio è nato – ecredo che sia proprio come lascito,

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

77 Il 19 novembre 1977 Sadat è il primo leader arabo che si reca in visita ufficiale in Israele: tenne uncolloquio con Menachem Begin, Primo Ministro israeliano, e un discorso presso la Knesset (il Parla-mento). Fu ucciso il 6 ottobre 1981 durante una parata al Cairo, per mano di Khalid al-Islambul, com-ponente del gruppo Al-jihad.78 Così sono definiti in generale gli ebrei provenienti dalla Libia, principalmente da Tripoli, ma ancheda Bengasi, che fuggirono a seguito dei pogrom successivi alla ricostituzione dello Stato di Israele e allaGuerra dei 6 Giorni. Si tratta di ebrei sefarditi che, nelle preghiere, seguono un tipo particolare di rito,detto, appunto “tripolino”. Cfr. V. MAGIAR, E venne la notte, Firenze, La Giuntina, 2003.79 Il 29 novembre 1947 la Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì l’ado-zione del piano di partizione della Palestina mandataria tra arabi ed ebrei. Quando gli inglesi lascia-rono l’area, il 14 maggio 1948, gli ebrei proclamarono la ricostituzione dello Stato di Israele. A seguitodi ciò, Israele fu attaccata da Libano, Siria, Giordania, Egitto e Irak e molti ebrei che abitavano neipaesi arabi subirono aggressioni e furono uccisi.

Page 22: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

98

come testamento – [con lo scopo, n.d.a]di mantenerlo secondo quella che è latradizione romana; ben vengano – per-ché anche io le ho fatte – le innova-zioni, portare delle novità, ma diciamoche il mio augurio è che il nucleo ri-manga quello romano.La maggior parte della mia vita l’hopassata lì, sia come studente, sia comeallievo khazan. Ho due ricordi familiaridi via Balbo: io quando ho sposato, sonoandato ad abitare a viale dei QuattroVenti, per cui il Sabato mattina da vialedei Quattro Venti, arrivare qui [all’edi-ficio del Tempio Maggiore, n.d.a] eratutta in discesa, ma arrivare a viaBalbo, cominciava la salita; viceversa,quando tornavo a casa da via Balbo erain discesa ma dopo ricominciava la sa-lita, per cui era molto pesante. Ma lacosa che ricordo più pesante delle altreè quando da viale dei Quattro Venti misono trasferito a via Matteucci, di fiancoagli ex Mercati Generali: il venerdì serad’estate con l’ora legale, arrivavo a casae i figli logicamente dormivano, miamadre buttata sul divano da una parte,mia moglie dall’altra, per cui, invece diessere una cena gioiosa, calma, tran-quilla, era una cena un po’ frettolosaperché già il Tempio finiva tardi – per-ché in quel periodo rav Toaff non avevaancora “fermato” l’orario del venerdìsera alle 880 – poi, quando lo fermò alle8, fu meglio. [I problemi erano, n.d.a.]sia l’ora tarda, sia la faccenda dell’at-

tentato ché misero il controllo, e non sipoteva più stare fuori del Tempio cin-que minuti a chiacchierare, anche a ri-dere e scherzare, quindi fuoridell’ufficialità delle funzioni, perché cimandavano via, giustamente, non è chefacessero le cose per “cattiveria” o altro,c’erano problemi di sicurezza.Un altro cambiamento in funzione delTempio fu quello di togliere le porte avetro, quella interna del portone, emetterci quelle blindate perché il por-tone si apre all’interno, quindi non po-tevano tenere il portone chiuso, perchéin caso di evacuazione, a Roma si dice,“facevamo la morte del sorcio”: con ifondi del Tempio facemmo costruire leporte che ci sono attualmente conl’apertura “antipanico”, per il cui por-tone rimane aperto e in caso di neces-sità, se la gente deve scappare, la portaa vetri si apre.La sicurezza all’esterno prima dell’at-tentato c’era solo a Rosh Ha-Shanà eKippur, ora c’è fissa. Eravamo abba-stanza tranquilli, anche perché proprioattaccati al Ministero degli Interni.Ci sono mai stati problemi con i vicini?Per quel che ne so io, no. Ci sono statidei problemi, fortunatamente moltorelativi, perché dall’albergo che c’èadesso – prima era una pensione diterza categoria – ogni tanto, special-mente di Sabato e d’estate quando letefillot sono cantate e si sta con le fi-nestre aperte, sentivamo arrivare qual-

Silvia Haia Antonucci

80 L’orario di inizio della preghiera serale è all’ora del tramonto, ed è, quindi, variabile. D’estate il tra-monto avviene tardi e quindi rientrare a casa dopo la preghiera voleva dire fare piuttosto tardi e co-stringere la famiglia ad aspettare per cenare tutti insieme. Per ovviare a questo disagio, il RabbinoCapo di Roma, allora rav Elio Toaff, decise che d’estate, nel caso in cui la preghiera serale dovesse es-sere officiata dopo le 20, fosse iniziata sempre alle 20.

Page 23: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

99

che sassolino sulle finestre81 ed è statouno dei motivi per cui, dopo che eranostate messe delle finestre nuove, sonostati messi dei condizionatori, in modoche d’estate le finestre rimanesserochiuse e ci fosse però un po’ d’aria fre-sca con i condizionatori.

Cosa ricorda del miqvè?È sempre stato lì. Non era gestito danoi del Tempio, è sempre stato gestitodall’Ufficio Rabbinico. Ogni tantohanno fatto dei lavori di restauro.C’è stato un problema di halakhà perquanto riguarda il miqvè: la donna chefa la tevilà82 non deve essere sotto gliocchi di tutti, lo deve sapere soltantoil marito83, e quindi c’era un problemadi orario che è stato portato avanti peranni. Credo che adesso sia stato ri-solto, ma capitava che allora, quellepoche donne – perché la maggior parteandava al Tempio grande, ma c’eranoalcune donne che andavano a viaBalbo – a un certo punto si vedevaapertamente cosa andavano a fare equesto ci ha creato un pochino di di-vergenze con chi era al momento almiqvè: l’appuntamento doveva esseredato quando la gente era andata via.

Ricorda cambiamenti di uso dell’edifi-cio?All’inizio, quando lo frequentavo, c’era

la scuola, poi per un periodo sono statifatti dei lavori, hanno ricostruito lascuola elementare, anche al palazzod’angolo in via Depretis che adesso èdella statistica84. I lavori di cambia-mento ci sono stati quando è andatavia la scuola media che si è trasferita aLungotevere Sanzio e fu creato il lo-cale del Kadima; l’altro cambiamentofu quando tolsero il forno delle maz-zot85, da via Balbo fu portato a via Ve-ronese e fu fatto il Tempio askenazita.Io facevo le mazzot a via Veronese, nona via Balbo, a via Balbo facevamo gliShimurim, e purtroppo poi a Romanon si sono più fatte, anche quello èandato perso. Anche il forno era ge-stito dalla Comunità, dall’Ufficio Rab-binico.

Il rifacimento del soffitto differisce solonei colori o anche la simbologia è di-versa?La simbologia è la stessa, ma si vedechiaramente che nei colori è diversodall’originale. Se ne occupò la ditta chestava già facendo dei lavori al Tempiogrande. Furono rifatte anche le paretidel Tempio di via Balbo.Ci fu a un certo punto la richiesta dicreare un’uscita di sicurezza, l’alloraarchitetto Marcello Di Castro z.l.venne cento volte per fare le misura-zioni e io consigliai di fare questa aper-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

81 Sia la preghiera sia la lettura della Torà è cantata e, in particolare, sono famosi i canti di rito italianoper la loro bella melodia.82 Il bagno rituale purificatore che è effettuato nel miqvè, una piscina con acqua piovana.83 Le donne, dopo il periodo mestruale e passati 7 giorni senza alcuna perdita, fanno la tevilà e solo dopodi essa possono riprendere i normali rapporti coniugali con il marito: si tratta ovviamente di fatti chedevono riguardare solamente marito e moglie.84 Istituto Nazionale di Statistica, via Cesare Balbo 16.85 Sing. Mazzà. Pane azzimo che è consumato durante la settimana di Pesakh.

Page 24: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

100

tura a una delle finestre di mezzo allaparete – dove c’era solo da tagliare laparte in basso – ma non c’è statoniente da fare, l’ha fatta oltre quellache è la cameretta dove ci spogliamonoi, ci vestiamo86, ma, in caso di ne-cessità, è una “uscita di sicurezza” chedà tutt’altro che “sicurezza”, perchéc’è da superare uno scalino, un bancodove normalmente ci si mette sedutoil Rabbino Capo, poi il passaggio si re-stringe.

JJosef (Pino) Arbib (manhig del-l’Oratorio Di Castro)87

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Nel 1967 siamo venuti a Roma, quandoavevo 12 anni. Ho fatto il bar mizvà avia Balbo e dal bar mizvà in poi ho co-minciato a fare il khazan sempre lì.Angelo Moscati è stato prima portiere,poi è stato shammash, poi è stato par-nas: per i fatti precedenti al ’67 è lui lamemoria storica di via Balbo.Il primo ingresso a via Balbo è statauna cosa un po’ strana perché venivoda una situazione un po’ difficile88,quindi, entrati a via Balbo, per noi erauna cosa bellissima. Mi ricordo che era

gremito il Tempio, tutte le sere c’erauna marea di gente, proprio perchéabitavano tutti lì intorno. L’acco-glienza è stata subito cordiale.Quando io sono arrivato c’era il Tem-pio, la casa del portiere – che era la fa-miglia Caimi – il forno delle azzime e ilmiqvè, poi sopra c’era il Tempio [il ma-troneo, n.d.a.] e di sopra ancora c’erail centro giovanile.

Nel corso degli anni c’è stato un cam-biamento di “tipologia” dei fedeli?All’inizio c’erano molti tripolini. La cosaimportante è che di Shabbat c’era il mi-nian regolarmente, invece i giorni ferialic’erano i “minianisti” che erano 5 per-sone, venivano pagati per fare minian,quindi non c’era proprio gente, mentredi Shabbat c’erano i soliti frequentatoriche erano più numerosi. Ricordo un ber-sagliere che era uno dei “minianisti” cheraccontava tutte le sue storie da bersa-gliere. Il venerdì sera quasi sempre c’eraun bar mizvà, quindi era il “Tempio deibar mizvà” perché non esistevano tuttigli altri Templi, quindi o allo spagnolo oa via Balbo e quindi ogni venerdì serac’era un bar mizvà anche se il Sabatomattina venivano qui [al Tempio Mag-giore, n.d.a.]89; qua il venerdì sera nonlo facevano perché devi avere una voce

Silvia Haia Antonucci

86 I rabbini a Roma indossano una tunica particolare per recitare la preghiera. Si tratta di un’usanza,non di un obbligo, infatti, a esempio, l’attuale Rabbino Capo di Roma, Riccardo Shmuel Di Segni, nonla segue.87 Intervista effettuata presso l’Ufficio Rabbinico della CER, il 21/10/2013 (ore 10-11), da S.H. Anto-nucci (ASCER) e da S. Cava (DiBAC); trascrizione a cura di S.H. Antonucci.88 L’intervistato si riferisce all’esodo degli ebrei dalla Libia che avvenne repentinamente senza dar lorola possibilità di portare con sé i propri averi e gli effetti personali.89 La cerimonia del bar mizvà prevedere che il Sabato mattina il ragazzo legga parte della parashà, sitratta, quindi, di un momento particolarmente solenne e la cornice del Tempio Maggiore sembrava piùadatta a un momento così importante. Alla fine della preghiera, sia il bar sia la bat mizvà ricevono labenedizione dal Rabbino Capo.

Page 25: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

101

particolare [per farti sentire, n.d.a.]90,quindi facevano leggere soltanto lachiamata della mattina e basta. In-vece, l’affluenza dei giorni festivi eraancora più dello Shabbat quindi vedevidelle facce nuove e delle facce che nonavevi visto prima. Francamentec’erano pure dei cognomi che non sisentono più, purtroppo. Allora il Tem-pio era gremito, partecipavano tutti.Al Tempio “festivo” c’erano tuttiquelli che abitavano nella zona “gna-cir”91, nelle sere feriali, invece, nonc’era più nessuno [di loro, n.d.a.]; diShabbat, venivano soltanto i “fedelis-simi”. I turisti ci sono sempre statiperché la zona è la zona Stazione-viaNazionale: prima si notavano menoperché il turista va sempre al TempioCentrale, adesso si notano molto dipiù, c’è molta più affluenza.Hanno frequentato il Tempio famiglieimportanti della comunità92 come iSabbadini che sono sempre stati, di-ciamo, il “motore” di via Balbo: uno deiSabbadini veniva in “Piazza” a pren-dere minian con la macchina e li por-tava a via Balbo, poi li riportavaindietro. Venivano anche gli Zevi93.

È sempre stato un Tempio attivo ognigiorno per la tefillà?Dal ’67, che io prego lì, nel primo pe-riodo era pienissimo perché i tripolinierano molto abituati a frequentare letefillot, adesso un po’ meno. Frequen-tavamo lì, ma sempre con il rito ita-liano, non è stato mai cambiato il rito.Quindi il primo periodo, siccome tutti itripolini abitavano in pensioni intornoa quella zona, venivano tutti lì, poi,man mano che si trasferivano – chi apiazza Bologna, chi partiva, ecc. – cisono stati problemi di minian perchénon c’era più quell’affluenza. Primache arrivassimo noi [gli ebrei tripolini,n.d.a.], c’è sempre stato il problema delminian e sia prima di noi che dopo ilnostro arrivo, ci sono stati dei “minia-nisti” che venivano pagati mensil-mente per fare il minian. Questoperché sul testamento94 era una condi-zione che quel Tempio doveva funzio-nare tutti i giorni.

Oltre al Testamento dei Di Castro, cisono altri documenti, a sua cono-scenza, importanti, per la storia di que-sta sinagoga?

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

90 Il venerdì sera spesso il bar mizvà legge la preghiera. Al Tempio Maggiore l’acustica è pessima equindi sarebbe stato molto difficile per tutti, soprattutto per le donne nel matroneo, sentire la suavoce.91 Espressione in giudaico-romanesco che vuol dire “benestante”. Il giudaico-romanesco è il dialetto par-lato dagli ebrei a Roma, prodotto della fusione tra ebraico e dialetto romanesco. Cfr. S. DE BENEDETTISTOW, Testimonianze dal vivo: la lingua degli ebrei romani negli atti dei notai ebrei fra Cinque e Sei-cento, in «La Rassegna Mensile di Israel», vol. LXVII (gennaio-agosto 2001), 1-2, pp. 373-410.92 Benefattori della Comunità Ebraica di Roma.93 Tra i personaggi più noti della famiglia Zevi: Bruno (Roma 22/01/1918-Roma 09/01/2000), ar-chitetto, urbanista e politico, noto soprattutto come storico e critico d’architettura; Tullia Calabi(Milano 02/02/1919-Roma 22/01/2011), moglie di Bruno, giornalista e scrittrice; Fausto Zevi (1938),archeologo e storico dell’arte, allievo di Ranuccio Bianchi Bandinelli; e Luca, architetto e urbani-sta.94 ASCER, Archivio Contemporaneo (d’ora in poi AC), Fondo Comunità Israelitica di Roma (d’ora inpoi FCIR), AD 216, Costruzione oratorio via Balbo 1911-1913, Testamento di Grazia Pontecorvo vedovadi Salvatore Di Castro, 13/05/1909 (minuta e copia).

Page 26: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

102

Che io sappia no.

All’entrata, davanti al Tempio, c’è unafontana sulla destra, ci risulta che siastato rimaneggiato.Sì, la fontana per il lavaggio dellemani95 era più piccola, c’era soltantoun piccolo marmo intorno; poi, siccomeera sempre bagnato il muro, quindi erasempre rovinato tutto intorno, quindisi è pensato di ingrandire questomarmo. Se ne è occupato un privatoche ha fatto fare quel marmo con unascritta in ebraico.

Nella sala grande, l’androceo, ci risultache vi sia una storia legata alle panche.Sì, le panche erano molto belle e ancheun po’ scomode: le prime 3 file di pan-che erano come quelle del TempioMaggiore, quindi erano eleganti, com-plete, ect., mentre le altre file erano piùper “poveracci”, tra virgolette, eranoquelle semplici tipo quelle che stavanoal matroneo, solo panche per sedersi,senza cassetto, senza leggio; e poic’erano le finestre che erano dei fine-stroni normali dell’epoca. Il sig. EverHaggiag con l’aiuto di un donatoreamericano che si chiamava Fleishman,ha fatto di sua iniziativa – e poi è scop-piata un po’ una polemica – ha fatto disua iniziativa, ha ordinato queste pan-che, che ci sono attualmente, in Israelee le ha fatte fare al Kibbuz Lavì chesono specializzati, hanno una falegna-

meria che è specializzata per arredi diBatte’ Ha-Knesset. Le panche sono distile moderno. Quelle vecchie sonostate poi distribuite tra il Tempio spa-gnolo e il Tempio dei Giovani. E poi hacommissionato al pittore Aldo Di Ca-stro96 le vetrate che ci sono attual-mente. Le finestre sono state smontate– non so che fine abbiano fatto – e poihanno montato le vetrate che si vedonoadesso. C’è stata una disputa, ungruppo non voleva le vetrate nuove, ungruppo sì, ci sono state le “manifesta-zioni” tra virgolette, lettere; c’è statapure una lettera che è circolata in queigiorni con un po’ di firme, contro le ve-trate. Siamo nell’82. L’altra cosa – ma non so dire gli anni –durante un Hosha‘anà Rabbà: è crol-lato un pezzo d’intonato dal soffitto esono venuti architetti, ingegneri – nonso se c’erano pure i vigili del fuoco op-pure no – e hanno deciso di toglieretutto l’intonaco che c’era, quello vec-chio, e rifarlo tutto nuovo. Natural-mente l’intonaco era tutto affrescato,in qualche modo, bene o male, e hannotolto tutti gli affreschi che c’erano.Quindi hanno tolto tutto l’intonato ehanno lasciato soltanto uno come “ri-cordo” di come era originariamenteche è quello sopra l’Hekhal97, e hannorifatto tutto l’intonaco nuovo e hannocercato di riprodurre lo stesso motivoche c’è sopra l’Hekhal in alcuni riqua-dri e altri li hanno lasciati bianchi. Poi,

Silvia Haia Antonucci

95 Netilat Iadaim, let. “sollevazione delle mani”. Rito del lavaggio delle mani che viene effettuato tuttele mattine dopo essersi svegliati, prima dei pasti principali, di Sabato, nei giorni di festa solenne eprima di entrare in sinagoga.96 Cfr. l’intervista a Silvio Di Castro, infra.97 Sopra l’Aròn Ha-Kodesh.

Page 27: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

103

in un secondo tempo, hanno aggiuntodelle riproduzioni di figure che giàstanno lì: la Menorà, hanno riprodottosul soffitto i Dieci Comandamenti ehanno riprodotto dei motivi che stannosulle pareti, ma non ricordo se hannorifatto altre cose. Il maghen David98 alcentro è stato riprodotto, ma non èuguale a quello che c’era.

Nella sala grande c’è una balaustra.Sì, la balaustra è stata fatta in un se-condo tempo perché ci sono semprestate delle signore che non potevano sa-lire, o anziane, non potevano fare lescale e quindi si mettevano sedute lì equesta cosa è stata criticata da tutti glistranieri che venivano99: “Com’è que-sto?”, e quindi è stata fatta questa ba-laustra riprendendo lo stesso motivo chec’è su in galleria: in magazzino al Tem-pio Maggiore ce ne erano 2, una è statapresa ed è stata messa lì. E’ stato fattoun muretto e poi è stata messa la grigliacome c’è sopra [in galleria, n.d.a.].

La bimà100 ha subito dei cambiamenti?La bimà era più piccola ed è stata al-largata “rubando” un po’ della salagrande. Era molto più piccola, ed èstato rifatto il pavimento perché il pa-vimento si era rovinato perché qual-cuno per fare pulizie ci aveva buttatodell’acido muriatico o qualcosa del ge-nere. È stato rifatto solo il pavimentodella tevà, non tutto quanto. La balau-

stra è di legno, è rimasta quella origi-nale, soltanto che il pavimento è statorifatto tutto in marmo ed è stato allar-gato.

Altri arredi non originali che sono pre-senti ora nel Tempio?È stata fatta l’uscita di sicurezza.

In fondo a sinistra, dove ci sono le 2“stanzette”?Sì, quelle sono originali, l’unica cosache non è originale è la porta che c’è asinistra: al posto della porta a sinistrac’era il pulpito dove anticamente par-lava il rav. Quello è stato tolto da lìperché è stata fatta l’uscita di sicu-rezza.

Per quanto riguarda l’esterno, la fac-ciata, il portone è quello originale?Che io sappia sì, non è mai stato cam-biato, ma è stata aggiunta la secondaporta.

Ci parli del miqvè.In una città, se non c’è miqvè, non cipuò essere una comunità ebraica. Ilmiqvè, che io sappia, è sempre esistito,è sempre stato lì. L’abbiamo rifatto al-meno un paio di volte tutto nuovo e at-tualmente si sta preparando un altroprogetto per rifarlo perché natural-mente con l’umidità – è nel sottoterra,quindi nel chiuso – è soggetto a rovi-narsi.

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

98 Stella di Davide a 6 punte.99 Nelle sinagoghe ortodosse, durante la preghiera, uomini e donne siedono separatamente per non di-strarsi.100 Luogo della sinagoga da cui si legge la preghiera.

Page 28: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

104

Ci parli degli altri locali di sotto: ilforno delle mazzot, il Tempio askena-zita, il Centro Rauchman.Il Tempio askenazita non esisteva per-ché stava in via Depretis: prima era invia Cavour, è stato spostato a via De-pretis al secondo piano, e poi è arrivatoa via Balbo. Al posto del Tempio aske-nazita c’era il forno delle mazzot – nonso se c’era una canna fumaria, noncredo – e c’era, al posto del CentroRauchman101, la casa del portiere. Ilforno stava dalla parte di via Balbo,non stava nella parte interna. Tutti glianni lavorava normalmente: inizia-vano a Purim e finivano a Pesakh: eraun mese, un mese e mezzo di lavoro,facevano tutta la lavorazione di Pe-sakh, quindi le mazzot e, la settimanaprima di Pesakh, facevano gli shimu-rim. Andavamo tutti quelli del CollegioRabbinico, andavamo lì insieme a ravToaff e si faceva la mazzà shemurà e lamazzà dell’‘eruv102. Poi è stato tolto ilforno ed è stato costruito il Tempiodegli askenaziti, e la casa del portiere è

diventato il Centro Rauchman. Lo spa-zio è stato ristrutturato dagli architettiAngelo e Marcello Di Castro103. C’èstato un periodo che alcuni spazi sonostati utilizzati dai Chabad104 per fare ilTalmud Torà105 a scuola, però è duratopoco.

Nell’edificio c’è stata, durante laguerra, anche la scuola ebraica.C’era al terzo piano che erano tutteaule, erano tutte delle aule con un cor-ridoio centrale.

Poi c’è stato il progetto dell’ing. Terra-cina che ha un po’ modificato deglispazi. Prima di questa trasformazione,c’erano state altre modifiche impor-tanti legate all’edificio o usi partico-lari?Gli usi sì, perché prima c’erano tuttequeste aule delle scuole, poi, quandohanno tolto le scuole da lì, queste aulevenivano utilizzate per i giovani che siriunivano lì, non ricordo il nome deigruppi, ricordo poi il Kadima, il CGE106.

Silvia Haia Antonucci

101 Centro di Cultura Ebraica gestito dal gruppo degli askenaziti.102 Mazzà grande che si mette una volta l’anno nel Tempio, durante i giorni di Pesakh, in modo tale chesia visibile dai fedeli. Serviva al tempo del ghetto (1555-1870) per permettere il trasporto degli oggettiall’interno del recinto durante i giorni di festa solenne. È rimasta come tradizione anche se non c’è piùil perimetro del ghetto che permetteva tale attività; si usa esporre una mazza dell’eruv al Tempio Mag-giore, a quello spagnolo che si trova nell’edificio del Tempio Maggiore e a quello di via Balbo.103 Cfr. l’intervista a Fiorella Di Castro, infra.104 Il gruppo ebraico ortodosso Chabad-Lubavitch è un movimento internazionale, dedicato ad aiutareuomini, donne e bambini di tutte le età, con ahavàt israèl, amore incondizionato, a esplorare le proprieorigini, a essere fieri del proprio ebraismo, ognuno al suo passo e al suo ritmo senza distinzione di li-vello di osservanza, classe sociale e livello di educazione. Chabad è un acronimo di khokhmà (saggezza),Binà (comprensione), Da‘at (conoscenza). Il movimento fu fondato nel tardo XVIII secolo da ShneurZalman di Liadi. Lubavitch è l’unica branca esistente di una famiglia di gruppi chassidici conosciuti untempo collettivamente come Movimento Chabad che prese il nome da Lyubavichi, la città russa che gliservì da base per più d’un secolo. Nell’ambito dell’Ebraismo ortodosso, Chabad-Lubavitch è uno dei piùgrandi movimenti religiosi dell’ebraismo chassidico e ha il suo centro principale nel quartiere di CrownHeights a Brooklyn.105 Studio della Torà.106 Centro Giovanile Ebraico, gestito dalla Comunità Ebraica di Roma.

Page 29: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

105

E poi, cosa molto importante, era uncentro di accoglienza per i vari profu-ghi tripolini, poi profughi polacchi, poiprofughi russi, tutti profughi che pas-savano da Roma107. Il Joint108 usava deilocali qui per assisterli, per accoglierli,ne sono passati “di tutti i colori”. Eranouffici: i profughi venivano smistati lì,chi doveva partire, chi doveva andarein America, chi doveva andare inIsraele: il Joint aveva fatto un punto diraccolta e mi ricordo che a volte distri-buivano pure pacchi di cibo. Parliamodagli anni ’68-’69 in poi, qui c’è statosempre un continuo via vai.I locali del Kadima-CGE sono staticambiati almeno 3 volte: la prima voltac’erano le aule, poi sono state abbat-tute un po’ di pareti e hanno fatto unsalone grande e poi hanno ristruttu-rato tutto facendo il palcoscenico infondo e tutta la sala, e poi è stato toltotutto quanto ed è la sala che vediamoadesso.

AAngelo Moscati (shammash e parnaspresso l’Oratorio Di Castro)109

Quali sono i suoi primi ricordi riguardol’edificio di via Balbo?Sono entrato al Tempio di via Balbo: furichiesto uno shammash, io ero in Ca-

nadà, mi mandarono a chiamare. Miofratello Pellegrino è anche lui unoshammash del Tempio Maggiore e fecegli esami per me; io venni, fui assuntocome shammash e cominciai il lavoro.Stavo in Canadà perché ero tropporicco! Emigrante con moglie e duefigli, perché la situazione era moltomolto critica: facevo il venditore am-bulante senza una licenza, ogni giornosequestri, ogni giorno camere di sicu-rezza a Roma, proprio a Roma. Equando questo non era più sopporta-bile – con moglie e due figli vivevamoin via Sant’Ambrogio, era un pianoterreno – decidemmo di partire per ilCanadà. Lì poi mi ammalai e dopo dueanni siamo tornati, dopo la richiesta diquesto shammash, ritornammo aRoma e prendemmo servizio su via Ce-sare Balbo. Ero contento di tornare,nel bisogno, tornammo giù al Tempiodi via Balbo, ci dettero un sottosuolocon abitazione e in questo sottosuoloc’era una camera dentro l’altra – io,mia moglie, Enrica Sermoneta, incintacon due bambini, Cesare e Letizia –non riscaldata ché si moriva dalfreddo. Piano piano, chiedemmo difare qualcos’altro, ma purtroppo nonc’era caso che si potesse far niente edovemmo adattarci insomma, e andareavanti così.

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

107 Dalla Seconda guerra mondiale in poi, Roma, e alcune cittadine vicine, come a esempio Ladispoli, èstato luogo di passaggio per i profughi, ebrei e non, provenienti da vari paesi. Dopo la Shoà nei pressidi Roma vi erano alcune akhsharot (sing. akhsharà), ovvero centri agricoli in cui si insegnava l’ebraicoe rudimenti di agricoltura per preparare coloro che volevano emigrare in Israele.108 L’American Jewish Joint Distribution Commettee (Joint o JDC), la più grande organizzazioneebraica di assistenza umanitaria del mondo. Fondata nel 1914, oggi porta aiuti a 71 paesi, compresoIsraele.109 Intervista effettuata presso l’ASCER, il 25/02/2014 (ore 10-11) da S.H. Antonucci (ASCER); tra-scrizione a cura di S. Cava.

Page 30: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

106

Dopodichè cominciammo il servizio,non c’era quasi mai minian; tutte lesere, non c’era quasi mai, di mattinanon funzionava, per niente affatto.Quello che ricordo io è che c’era un do-cumento in cui si diceva che la famigliaDi Castro – quello che ha lasciato, Sal-vatore Di Castro con la moglie [Grazia,n.d.a.] – dissero che avrebbero lasciatoun documento in cui si attestava che seil Tempio non funzionasse tutti igiorni, quelli che c’erano [gli eredi,n.d.a.] che rimanevano potevano ri-prendersi tutto questo ambiente delTempio di via Balbo. Doveva funzio-nare, tutte tutte tutte le sere, e funzio-nava anche a Rosh Khodesh, lamattina di ogni mese di Rosh Khodesh.Col Maestro Vivanti, allora rabbino delTempio, si decise di chiamare gli an-ziani che erano qui, all’Isoletta [laCasa di riposo ebraica all’Isola Tibe-rina, n.d.a.]. Chiamarono cinque o seidi questi vecchietti che venivano unavolta al mese quando era Rosh Kho-desh, gli davano due soldi, penso, pro-prio due soldi, questi venivano,facevano il minian, e questo era l’ini-zio di quello che ricordo molto bene io.Siamo nel ’58. L’edificio era costituito da miqvè, fornoazzime, galleria delle donne, scuola: c’èstato un periodo che funzionava comescuola dalle elementari fino a una solaclasse di liceo: era frequentato dai figlidei Sabbadini, qualche Piperno, misembra.Un giorno, quando che noi facevamo le

azzime al Tempio giù [al piano infe-riore, n.d.a.], noi eravamo proprio vi-cini, attaccati al forno, saltòdirettamente il forno, incendiò proprioil forno. Io con moglie e tre figli – per-ché poi è arrivato Marco che era ilterzo figlio – avemmo tanta di quellapaura che volevamo lasciare perdere,volevamo andare via perché era impos-sibile viverci. Smantellarono il forno ene hanno fatto un Tempio per gli aske-naziti: cioè il laboratorio dove si face-vano le azzime fu smantellato, con ilprogetto dell’architetto [Angelo, n.d.a.]Di Castro110, fecero il Tempio per gliaskenaziti.Poi mi ricordo, al Tempio di via Balbol’intonaco di sopra, del soffitto, caddeun pezzettino piccolo di intonaco: ilPresidente della Comunità – non mi ri-cordo adesso come si chiamava – diedel’ordine di buttare tutto quanto giù,quei bei disegni che c’erano, meravi-gliosi. Il Presidente era convinto cheera pericoloso, e tutti i disegni [furonobuttati, n.d.a] giù, rimase solo un dise-gno, quello originale.Cominciarono a frequentarlo la fami-glia di Calò Prospero. Questi guardava,guardava: per lui era vuoto quel Tem-pio guardando su, in alto [il soffitto,n.d.a.] e dice: “Ma [è rimasto, n.d.a.]solo un disegno [originale, n.d.a.]?”.Gli raccontai io tutto il fatto, come erasuccesso e dice: “Facciamo una cosa,adesso facciamo una raccolta; io daròpiù che posso e prenderò un grande pit-tore che lavorava a Parigi” – non so se

Silvia Haia Antonucci

110 Cfr. l’intervista a Fiorella Di Castro, infra.

Page 31: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

107

ha lavorato a Parigi proprio a quella fa-mosa Chiesa di Notre Dame, faceva ivetri – questo fu chiamato e cominciòsulla base dei disegni antichi, lui co-minciò a lavorare. Sennonché vedendoche in alcuni angoli rimaneva vuoto,lui ha cominciato a mettere la Menorà,insomma oggi è un “museo”. Ci sonostati anche lì dei contestatori che dice-vano che era meglio se fosse rimastocon un solo disegno che vedere tuttiquei disegni, tra questi, mi dispiacedirlo c’era anche, come contestatore DiCastro che era il Presidente della Co-munità, Sandro Di Castro, poi si è cal-mato.Dopo ci fu anche questo: visto che noi[al Tempio, n.d.a.] avevamo dei vetrifatti come se si entrava dentro a un“carcere” invece che dentro al Tempio,proprio brutti, Haggiag decise e fecefare dei vetri tipo Chagall111, bellissimi,da questo [Aldo, n.d.a.] Di Castro112 cheaveva un grande progetto, e li fece.Anche là ci furono dei contestatori. Simisero proprio a picchettare fuori delTempio a dare i dovuti biglietti in cui sidiceva che dovevano smantellare dinuovo perché non era bello che stavanoquei vetri così.Anche la famiglia Sabbadini, ancheloro contribuirono molto con tante of-ferte a far sì che dentro il Tempio – fa-ceva gran freddo, proprio freddo,freddo, freddo – cominciarono a met-

tere delle stufette elettriche, ma perònon erano sufficienti, e tutte le donnee gli uomini si lamentavano, poche per-sone ma faceva troppo freddo! Alloraanche gli Haggiag, anche loro, fecerofare i riscaldamenti, proprio originali,che andavano sia per l’estate che perl’inverno [i condizionatori, n.d.a.]. Sono stati rifatti anche i pavimenti su,alla galleria delle donne, sempre permerito degli Haggiag. Furono rifattitutti gli arredi del Tempio, cioè varibanchetti, tutta roba nuova e alcunepanche le abbiamo lasciate al TempioMaggiore. Poi gli Arbib: Vito Arbib, davanti al-l’Aròn Ha-Kodesh, ha allargato perchénon poteva salire ché era così stretto.Anche lui ha contribuito molto, VitoArbib, è stato davvero bravo, ma bravo,bravo, bravo. Questo è per tutto quello che riguardail Tempio.Adesso vorrei dire che quando funzio-nava la scuola, io dovevo stare attentosia al Tempio, sia alla scuola: mi met-tevo sul portone, ero attento perchéentravano questi ragazzi e bambini chela mattina venivano alle otto e finivanoalle due, li portavano con il pullman113.L’asilo era gestito dalla sig.ra Pintomentre chi era a scuola era la Mieli.Nella scuola c’erano elementari e unasola classe di liceo. Anche qui forse vi-dero che non era sufficiente e non era

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

111 Marc Chagall (Vitebsk 07/07/1887-Saint-Paul-de-Vence 28/03/1985), pittore russo naturalizzato fran-cese Il suo vero nome era Moishe Segal; il suo nome russo era Mark Zacharovi Šagalov, abbreviato inŠagal (Chagall, secondo la trascrizione francese).112 Cfr. l’intervista a Silvio Di Castro, infra.113 A Roma esiste solo una scuola ebraica, privata e parificata, quindi gli studenti che la frequentanovengono da tutta la città, per questo motivo è stato organizzato un servizio di pullman.

Page 32: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

108

adeguata per scuola e tutti quei ragazziricominciarono ad andare alla “Po-lacco”114. Questo è per la scuola.

Come erano i rapporti tra il Tempioitaliano e il Tempio askenazita e lascuola? È andato sempre bene. Ma il Tempioaskenazita è stato fatto quando lascuola è andata via perché sennò nonsi poteva fare. Poi su alla scuola è statofatto il Kadima, l’organizzazione deigiovani: ma non è durata, furono spesitanti soldi, ma anche lì non durò tanto,poi non so cosa successe dopo di me. Poi le terrazze che sono state semprerifatte dalle famiglie Calò e Sabbadini.Specialmente l’ultima terrazza, laprincipale è venuta una meraviglia: cisi fa la Sukkà, ci si fanno anche là i ri-cevimenti Insomma si accontenta unpo’ tutti: [al Tempio, n.d.a.] fanno ritotripolino e rito italiano, ci “abitiamo”tutti insieme.

Episodi particolari accaduti nel Tem-pio?No, ringraziando Dio, per niente af-fatto. Mi ricordo che c’era allora ilmaestro Marco Vivanti, c’era CesareTagliacozzo, Avraham Piattelli e quelloche stava all’Orfanotrofio115, MorrisHabib, mi sembra che si chiamava;c’erano quattro khazanim più Vivanti.Funzionava nei giorni di Shabbat e diMoed, ma nelle sere feriali c’era sol-tanto un khazan; a volte si faceva mi-nian, a volte non si faceva.

Voglio dire meglio che io sono statoshammash dal ’58 fino al ’66, comeimpiegato, poi ho continuato perchéfacevo il parnas fino al ’90 mi sem-bra, ma anche di più, fino al 2000, epoi basta. Però, non è che ero pagatodopo il ’66, era tutta una cosa volon-taria, perché venni ad abitare qui, in“Piazza”. Sono stato poi trasferito davia Balbo a via Agostino Depretis, cheè un altro lascito dei Di Castro,adesso quel palazzo grandissimo èstato dato all’ISTAT, ci dissero chestava per cadere, e ci mandaronotutti via, invece l’hanno affittato, daquel tempo lì è rimasta sempre la sta-tistica.Devo dire un altro particolare: primadi morire, Di Castro Salvatore, avevalasciato una buona fortuna alla Chiesadi Santa Maria Maggiore. Un nostrorabbino – me lo raccontava Vivanti,questo – prima che morisse, andò dalui, da questo Salvatore Di Castro e glidisse: “Tu che hai aiutato tanto quellaChiesa, pensa anche per noi! Ci vor-rebbe qualcosa perché qui ci sonomolti ebrei che abitano da questeparti.” A quell’epoca c’erano fior fioredi ebrei che abitavano lì, all’internodella statistica ci lavoravano e avreb-bero potuto fare minian tutti i giorni aquesto Tempio; mi sembra che fosse ilrabbino Perugia che contattò Salva-tore Di Castro che lasciò così il Tem-pio di via Balbo e via AgostinoDepretis.

Silvia Haia Antonucci

114 La scuola ebraica che era allora in Lungotevere Sanzio, oggi è in via Portico d’Ottavia.115 L’Istituto Pitigliani si trova in via Arco de’ Tolomei, oggi è un centro culturale ebraico.

Page 33: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

109

Com’ era l’atmosfera al Tempio di viaBalbo quando lei ha cominciato a lavo-rarci?Era molto “giù”, “giù”, “giù”, vera-mente “giù”, ormai l’élite degli ebreiprima di me era quasi tutti scomparsi,non c’era più nessuno: i vari Sonnino,adesso tanti sono pure in Israele e nonmi ricordo i loro nomi; prima di mequesta gente qua dice che frequentavamolto bene il Tempio. I Sabbadini sonosempre stati al Tempio; GuglielmoSabbadini, quando mancava minian,benché lui era anziano, prendeva lamacchina, veniva giù al[l’area dell’ex,n.d.a.] ghetto e prendeva alcuni vec-chietti e li portava a via Balbo per fareminian: questo era Guglielmo Sabba-dini. Erano i tre che frequentavano piùdi tutti: erano Guglielmo, Arnaldo ePaolo; senza di loro non si sarebbe maifatto veramente minian, mai, mai.Questo per quanto riguarda le sere fe-riali. Il Sabato – ringraziando il Cielo –c’erano i tripolini. Quando sono arri-vati i tripolini ha cominciato a funzio-nare molto meglio il Tempio perchévenivano e mi ricordo che si facevanoanche due minian: uno sempre con ilrito degli italiani e l’altro sempre conil rito sefardita perché erano propriotanti, nel ’66 mi sembra che sono arri-vati.Poi magari quando sono andati apiazza Bologna abbiamo ricominciatodi nuovo; però adesso con l’avvento dirav Hazan116 che ha aperto questo

altro Tempio giù di sotto dagli askena-ziti, i tripolini frequentano tutte lemattine giù il Tempio degli askenaziti:funziona sempre, via Balbo no, sol-tanto Rosh Chodesh, Shabbat e iMo‘adim.L’atmosfera era molto buona, vera-mente molto buona e tutti desidera-vano contribuire per fare semprevedere quel Tempio in buono stato per-ché veramente sono stati fatti tanti la-vori, ma tanti tanti, perché dal soffittofino a tutte quelle vetrate, quei vetriche sembrava di stare in un “carcere”,bruttissimi. Anche lì c’è chi ha conte-stato: “Non è bello, non lasciarequelli”, poi non hanno più parlato,hanno visto che le cose so’ andate per ilverso suo. Prima che morisse Di Ca-stro, siccome i vetri cominciavano adandare un po’ in deperimento, allorami disse a me: “Moscati, fammi unagentilezza. So che voi potete fare qual-cosa, cerca di rimediare queste cinque-cento mila lire e mettiamo di nuovo aposto i vetri”. Ringraziando Iddio,prima che lui morì io, dietro richiesta,feci una raccolta giù al Tempio di viaBalbo e rimediammo questi soldi, malui, poverino, non ha potuto vederequesto perché morì, ma però è statofatto secondo il suo desiderio. Nel corso degli anni, certo, un po’ di“battibecchi” c’erano! Il rito dei tripo-lini è differente dal nostro, si dovevastare attenti, quando si pregava, nellamaniera in cui dicevano loro, a un

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

116 Rav Yitzchak Hazan e sua moglie Sarah gestiscono da oltre trent’anni la sede romana del movi-mento Chabad-Lubavitch. Ai Hazan si sono aggiunte altre giovani coppie: rav Ronnie e Sterna Cana-rutto, rav Shalom e Chana Hazan, rav Menachem e Rivkie Lazar e rav Aharon Fabio e Zelda Leotardi.

Page 34: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

110

certo momento si è dovuto anche dargliragione, perché noi non eravamo così“culturali” nel fatto della religione,loro erano più “culturali”, forse eranopiù religiosi, però dopo di questo, tuttele cose sono andate per il verso suo esono andate bene. Anche con il forno è stata fatta unagrande mizvà117, quando che i libici an-cora erano giù [in Libia, n.d.a.], simandavano tanti quintali di azzime. Silavorava la notte al forno delle azzimee si mandava un quantitativo di azzimein Libia e loro erano ben contenti di ri-cevere queste azzime e chi faceva tuttolì era un certo, noi lo chiamavamo “ZioNicola”, che era il direttore di questoforno per le azzime e anche l’inforna-tore.Si facevano le pulizie, lo shammash fa-ceva tutte le cose, non è come oggi chec’è la “Fulgida”118! Facevo tutto io, io emia moglie, mia moglie che facevatutto il venerdì sera e il Sabato mat-tina; faceva da shammash alla galleriadelle donne, non veniva retribuita dinulla e non è stato bello, lo ha fatto pertanti anni.Il volontariato mio è durato tanti anni,grazie a Dio, senza percepire nessunostipendio. Poi mi trasferii in via Na-poli, ci sono stato più di 25 anni, 30anni, in una palazzina dell’Ospedale

Israelitico. Eravamo ad abitare io, gliArbib e non mi ricordo il nome, eraconsigliere dell’Ospedale; poi la palaz-zina fu venduta e ci mandarono via evenni ad abitare in “Piazza”. Dopo, dalì ho lasciato perdere del tutto perchéabitavo in “Piazza”, farla a piedi,quando piove, non era possibile.

Sono state fatte altre celebrazioni al-l’interno del Tempio al di là della pre-ghiera?Sì, si facevano dei Limud119, quando cen’era bisogno, poi matrimoni. Si face-vano i matrimoni però tra gente cheera divorziata, che non voleva farlo alTempio grande e sposavano al Tempiodi via Balbo. Milot120 si sono fatte, sì,funzionava molto bene il Tempio,anche se non c’era tanta gente.Poi è entrato in funzione il Kadima,hanno fatto la sala dei rinfreschi,anche questo è andato molto bene. Io èmolto tempo che manco, non so oggicome vada avanti.Mi ricordo Aldo Piperno che ha sposatouna Sabbadini; ma poteva essere ogniquattro o cinque anni un matrimoniodi divorziati, ma erano molto pochi. C’èstato anche un matrimonio di depor-tati: Giuseppe Di Porto e sua moglie,Marisa Di Porto.Quando Pitigliani frequentava, come

Silvia Haia Antonucci

117 Plur. mizvot. Precetto comandato dal Signore.118 Società che offre servizi di pulizia per aziende, privati e opere monumentali, attiva fin dal 1904 equindi diventata, nel linguaggio comune, l’“azienda di pulizie” per eccellenza.119 Lett. “studio”. Cerimonia in ricordo di una persona scomparsa, durante la quale si studiano partidella Torà.120 Sing. milà. Circoncisione che viene effettuata al bambino dopo 8 giorni dalla nascita; rappresentail patto tra l’ebreo e il Signore. Si tratta di una pratica che viene svolta non solo per motivi religiosi,ma anche per risolvere dei problemi fisici o per prevenire malattie. Cfr. B.J. MORRIS e J.N. KRIEGER,Does Male Circumcision Affect Sexual Function, Sensitivity, or Satisfaction? A Systematic Review, in«Journal of Sexual Medicine», (Novembre 2013), Vol. 10, Issue 11, pp. 2644-2657.

Page 35: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

111

Presidente della Comunità, molte cosesono cambiate anche a via Balbo: c’erapiù rispetto, sui servizi dei khazanim,dei rabbini: tante volte, non che diser-tavano, ma si diceva: “Che si viene a fa’a via Balbo quando non c’è minian e ilTempio funziona con due o tre per-sone?”. Ma con Pitigliani, anche sec’era una persona sola, il Tempio do-veva funzionare. Il Tempio ha semprefunzionato, però alcuni si distaccavanoun po’: “Ma che veniamo a fa’?”, lochiamavano la “prima linea” come inguerra! Con l’avvento di Pitigliani poihanno fatto le lezioni a via Balbo, èstata una persona proprio che fre-quentava via Balbo, prima ancora diessere Presidente della Comunità, malui ha messo a posto tante cose. Primaeravamo una comunità che vivevamodi elemosina, con l’avvento di Piti-gliani siamo stati “messi a posto”, ave-vamo l’INPS, avevamo tutto quello checi serviva, le malattie [pagate, n.d.a.],prima andavamo via senza neanche uncentesimo [di liquidazione, n.d.a.]. È meravigliosa per me via Balbo, nonsi dimentica mai, è come il primoamore, non si dimentica mai! Io ci sonoancora affezionato e quando posso,anche benché a ottantasei anni, io civado. Non voglio “portare avanti” mestesso, ma, dico, quello che ho fatto peril Tempio di via Balbo, quelle pochepersone che sono state affianco con me,

possono testimoniare, cominciando daPino Arbib, che mi hanno fatto dei re-gali prima che io lasciassi il Tempio divia Balbo. Molta gente si raccomandaancora oggi perché vada al Tempio divia Balbo: purtroppo è la distanza; digiorno di Rosh Chodesh che si puòprendere l’auto121, ci vado volentieri.I primi tempi, poi, ho frequentatoanche il Tempio askenazita con ravHazan, fino a che ho abitato in“Piazza”, tutte le mattine andavo alTempio di via Balbo, proprio tutte,tutte le mattine. Lo facevo ben volen-tieri, soltanto mi disturbava quandopioveva perché sono religioso e nonpossiamo portare niente122. Mi mancavia Balbo, manca tanto tanto tanto ame e a mia moglie. L’atmosfera è vera-mente molto bella. Tutti i miei figlihanno fatto il bar mizvà là, il ChatanTorà sempre a via Balbo e mio figlioMarco ci ha fatto la milà. In effetti, trail brutto e il bello, via Balbo rimane nelcuore, non c’è niente da fare, è un belTempio, bellissimo. Più volte è stato restaurato quel Tem-pio di via Balbo, anche all’esterno, dal-l’architetto Angelo Di Castro e da suofiglio Marcello123. Hanno rimesso aposto i Dieci Comandamenti che sonoal di fuori del Tempio, tutta la facciatache cadeva proprio a pezzi, sempre l’ar-chitetto Di Castro, questo me lo ri-cordo bene e alcuni lavori sono stati

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

121 Il Capo Mese non è una festa solenne, quindi non valgono le regole già enunciate per lo Shabbat.122 Durante lo Shabbat, giorno dedicato al Signore, si evita ogni azione che possa rappresentare un “la-voro” tra cui anche l’atto del trasportare. In particolare, non si deve aprire l’ombrello in quanto que-sto rappresenterebbe una “barriera” tra l’uomo e il cielo dove risiede il Signore, quindi si usa ripararsidall’eventuale pioggia con impermeabili.123 Cfr. l’intervista a Fiorella Di Castro, infra.

Page 36: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

112

fatti dal figlio Marcello al Tempio aske-nazita.

Avete mai avuto problemi con i vicini? Mai, anzi, c’erano dei portieri vicino alTempio nostro che venivano il Sabatoad accendere luci, a spegnere le luci124.Si poteva fare a quell’epoca e noi lo fa-cevamo. Era gente molto per bene, ve-ramente per bene.

Problemi di antisemitismo?Niente, niente. Ho ricevuto delle let-tere che ci avrebbero ucciso me, miamoglie e miei figli, negli anni Sessanta.C’era Aldo Sonnino che organizzò deiragazzi come shomerim125, ma duròpoco e queste lettere terminarono rin-graziando Iddio. Le lettere arrivavanoproprio al Tempio di via Balbo: “Vi uc-cideremo tutti” e cose oltraggiose, cimettevano paura, eppure noi abbiamoresistito, erano solo minacce, grazie aDio.La signora Sabbadini, moglie di Paolo,mi chiamò all’Ospedale dicendomi:“Moscati, senti, quando io sarò via daquesto mondo, la mia casa in via Balbonumero 35, desidero lasciarla al rab-bino che verrà a via Balbo”, ma non c’èstato nessun rabbino ufficiale. Dopo lamorte della signora Emilia purtroppoquesta casa è rimasta vuota, e oggi ci

vive un goi126. Ma ringraziamo sempreDio benedetto.

AAriodante (Armando) Vitali(shammash presso l’Oratorio Di Ca-stro)127

A quando risale la prima volta in cui èstato a via Balbo?Sono arrivato a Roma nel 1981, prove-nendo dalla Comunità Ebraica di Man-tova, ho iniziato subito come shammashal Tempio di via Balbo sino, mi pare, aluglio del 1990. Quindi il periodo è que-sto qui: son questi 9 anni e mezzocirca.

Come era l’atmosfera appena arrivato?Cosa si ricorda di quel periodo?Quando sono arrivato mi hanno distri-buito subito il lavoro e ho avuto un po’di contrasti, anche per colpa mia. Iosono la persona più disordinata di que-sto mondo, per cui, avendo un khazanche era più che ordinato, quindi ciscontravamo su questo. Però devo direche questa esperienza di 9 anni tuttosommato è abbastanza positiva perchéprima di tutto stavo a contatto con ilSefer, quindi è la cosa secondo me piùimportante. Ci sono stati anche periodi abbastanza

Silvia Haia Antonucci

124 Un tempo, poiché, come già detto, di Shabbat si sospende l’attività creatrice dell’uomo e quindi nonsi accendono e spengono le luci, vi era l’uso di chiamare non ebrei per effettuare tale azione. Oggi esi-stono timer appositi che possono essere regolati in anticipo e quindi non richiedono l’intervento umanodurante il loro funzionamento.125 Persone che vigilano sulla sicurezza.126 Plur. goim. Termine che deriva dall’ebraico goim, “genti”, e che, nel suo significato estensivo, indicai non ebrei. 127 Intervista effettuata presso l’ASCER, il 09/04/2014 (ore 15-16), da S.H. Antonucci (ASCER), tra-scrizione a cura di G. Piperno Beer.

Page 37: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

113

brutti. Ricordo, per esempio, quando cifu, purtroppo l’attentato, il 9 di otto-bre, in data italiana, non in quellaebraica, chiaramente, in cui c’era ilRabbino Capo che doveva dare la Be-rakhà128, il Rabbino Capo Elio Toaff,perché c’era la tradizione, questo nel1982, che il Rabbino Capo veniva nelgiorno di Sheminì Azzeret. Per cui ar-rivò una chiamata dal Tempio Mag-giore, dalla Comunità, di quello chestava succedendo: abbiamo chiuso dicorsa quel Tempio, siamo arrivati, iodico che ci abbiamo impiegato 5 mi-nuti, di corsa, ad arrivare da via Balbo,per cercare di dare un po’ un aiuto allepersone che purtroppo erano rimasteferite. Stavo lì e devo dire, se parlo a li-vello personale, quando ci sono questecose, reagisco in maniera bella, posi-tiva, forse in maniera fredda: sono ar-rivato subito al Fatebenefratelli129,perché la prima comunicazione era chetanti feriti erano al Fatebenefratelli;nello stesso tempo è arrivato un elicot-tero – si vede in un filmato RAI – e ab-biamo caricato il bambino, Gadiel, ilfratello del bambino che poverino èmorto, l’abbiamo caricato sull’elicot-tero. Dopo di che, visto che erano tuttiun po’, non “imbambolati”, ma, comedire, un po’ choccati, dato che io rea-givo sempre in maniera fredda, chiesial dottore il nome dei feriti e scrissi, hoscritto l’elenco delle persone ferite e

quando arrivò alla comunicazione diStefano Taché, non son riuscito a scri-vere la parola “deceduto”. Questa forseè l’esperienza più forte che io ho avuto.Comunque al Tempio di via Balbo misono trovato subito a mio agio, a parteil discorso disordine, o il rapporto conquesto rabbino, il rapporto all’inizioera un pochettino freddo, ma c’era undiscorso di conoscenza. Quel Tempioallora era frequentato dalla crème dela crème, perché c’erano gli Haggiag,c’erano gli Arbib, c’era anche Johanna,Johanna Arbib130, allora era una ra-gazzina, questa gente di alto livelloeconomico, tripolini, e con loro ho sem-pre avuto un rapporto abbastanzabuono, non voglio dire ottimo, però erabuono, il rapporto che deve tenere loshammah – e lo shammash non è loschiavo del Tempio – il ruolo delloshammash è tenere le relazioni, un po’di public relation tra il pubblico e i rab-banim131, e ha la responsabilità, dopo ilparnas, del Tempio. Io ho avuto dellemancanze nei confronti di quel Tem-pio, perché ripeto il discorso del disor-dine, però nel rapporto con la gente eraabbastanza buono, abbastanza nor-male. Poi devo ricordare una cosa, in bene: ilvenerdì sera con me c’era un ragazzino– avrà avuto allora 2-3 anni, 4 anni – egirava con me per il Tempio e mi chie-deva le cose: “Cosa è questo? Cosa bi-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

128 Plur. Berakhot. Benedizione.129 Ospedale classificato, come l’Ospedale Israelitico, che, pur essendo privato, ovvero appartenente aente religioso, fornisce servizi pubblici; si trova sull’Isola Tiberina, a pochi passi dal Tempio Maggiore.130 Johanna Arbib Perugia oggi è Presedente del Consiglio Mondiale del Keren Hayesod, associazioneche supporta l’integrazione degli immigrati in Israele oltre che l’educazione e l’assistenza dei ragazziin difficoltà e la sicurezza di tutti gli abitanti d’Israele nelle zone a rischio.131 Sing. rav. Rabbini.

Page 38: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

114

sogna dire? Cosa bisogna fare?”, era unragazzino che disgraziatamente, la fa-miglia non aveva grandi mezzi, per cuiquando io chiedevo ad alcune personeil vestiario, senza fare il nome del bam-bino, della famiglia, ricevevo di tutto,e questo per me è una cosa meravi-gliosa. Di queste persone cerco semprel’aspetto positivo, mai quello negativo,e devo dire anche questo rabbino sicomportava abbastanza bene su que-sto. Facevamo anche delle feste, lefeste di Khanukkà, per tutte le grandifestività c’erano sempre i bambini chevenivano al Tempio. Questo è il ricordopiù bello che io ho avuto. Ricordi di responsabilità: ce ne hoavuta tanta, e a volte forse anche a ri-schio, non dico della vita, ma che mi fa-cessero qualche cosa, perché quandoc’erano le grandi festività io dovevoprendere l’argenteria dal Museo[Ebraico di Roma, n.d.a.], con la mac-china mia, dal Museo e portarla in viaBalbo. E siccome in via Balbo non c’eramai posto per la macchina, dovevo por-tarla sempre lontano. Per cui, ognivolta dovevo prendere un pezzo: co-prirlo, portarlo al Tempio e così via,finché a un certo punto mi sono purearrabbiato con la Comunità: “Almenodatemi una persona che stia lì a con-trollo”, la macchina mia non è unamacchina della Polizia, che è blindata,non lo è per niente. E così mi hannodato un aiuto.Mi ricordo anche di una cosa: quandoc’era a esempio la festa di Sukkot, la

festa delle Capanne, si faceva la Sukkàsopra al terrazzo di via Balbo, pensoche l’abbiano continuata anche dopoche io sono andato via, sicuramente, sifacevano delle belle feste, erano moltoorganizzate, fatte molto molto bene.Ogni tanto veniva anche il morè Nello,morè Nello Pavoncello, qualche volta,non sempre; allora questo rabbino concui discutevo spesso, Pino Arbib, si cal-mava un pochettino, naturalmente ilmorè Nello era il mio “angelo custode”.

Ti ricordi qualche episodio particolaresuccesso a via Balbo?Di particolare a via Balbo mi ricordo ilmomento che sono arrivati i russi.C’era come una specie di ufficio sopradove c’era una volta il Kadima, tra l’al-tro c’era anche il Kadima. Al II pianoc’era una specie di bar dove a un certopunto c’era il CGE, allora si chiamavaCGE-Centro Giovanile [Ebraico,n.d.a.], per cui si riunivano una volta odue la settimana, si chiamava Kadimauna volta. Tante volte ho fatto anchedelle riunioni prima che venissi aRoma, come consigliere della FGEI132.Lì si facevano delle riunioni, dellechiacchierate. Il Kadima era una cosaricreativa, per i giovani: si faceva ditutto, dalla chiacchierata, al cinema, sifaceva tutto. Nel Kadima – ancora con-tinuo a chiamarlo Kadima – c’è stato ilperiodo dei russi che passavano di là evenivano distribuiti una parte inIsraele, una parte verso l’America.L’emigrazione veniva smistata proprio

Silvia Haia Antonucci

132 Federazione Giovanile Ebraica Italiana.

Page 39: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

115

lì al Kadima; c’erano alcuni che eranoisraeliani, altri americani, credo, nonne sono sicuro, perché se un russo vo-leva andare in Israele andava inIsraele, se voleva andare in Americaandava in America, era una zona dismistamento; erano degli uffici e lismistavano, non so per quanto tempo,saranno stati un paio di mesi, 2 o 3mesi, credo, era nei locali del Ka-dima, credo che fosse sotto l’egidadella Sochnut133. Non ho mai parlatocon i russi. Mi ricordo di gente cheaveva una grande volontà di andare co-munque o in un posto o nell’altro, sisentiva che avevano questo grande de-siderio di cambiare. Vedevo delle faccemolto intelligenti, non so se erano tuttiebrei, ho dei dubbi su questo, però devodire delle facce di persone intelligenti,tanto è vero che sotto il comunismo –dittatura, tutto quello che vuoi – peròfavorivano le università. Era gentepreparata. Ma si vedeva in loro anche ilsegno della dittatura che hanno subito,che è stata molto forte; quello che èstato il comunismo è stato come il fa-scismo, non è che sia stato diverso omigliore; ma uguale, identico. E vedevi

in loro la sofferenza, la vedevi anchenel vestiario: gente che veniva fuoridalla Russia e avevano dei vestiti chenoi avevamo 50 anni prima. Ecco io hoquesto ricordo dei russi.

Ricorda qualche episodio particolareche è successo a via Balbo?Un episodio particolare è successo: ilSabato pomeriggio tra Minchà eArvit134 veniva sempre una persona,era un sarto, non mi ricordo il nome,però, secondo me era omosessuale –ognuno è quello che è, non ha impor-tanza – e faceva delle offerte al Tem-pio; una volta mi disse: “Armando,vorrei salire a Sefer135”. Io a questopunto chiedo al rabbino: “Può salire aSefer?”, mi ha detto: “No, perché èomosessuale”. A quel punto mi sono unpo’ arrabbiato e ho detto: “Sentite unattimo, ma voi ricevete le offerte datutti, e poi non avete nessuna provache una persona sia omosessuale”. Lìmi sono arrabbiato in difesa di questapersona: “Se voi non accettate una per-sona a Sefer, non la dovete accettareper niente dentro il Tempio. Decidetevoi, ve la vedete voi con K”B136”. A quel

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

133 Esistente fin dal 1923, l’Agenzia Ebraica – durante il mandato britannico, “Agenzia Ebraica per laPalestina” – fu l’organismo creato per agevolare l’immigrazione degli ebrei in Palestina prima della Di-chiarazione d’indipendenza del 1948. Oggi è diventata “Agenzia Ebraica per Israele” o Sochnut (Agen-zia) o JAFI (dall’acronimo inglese Jewish Agency for Israel) e si occupa prevalentemente di coloro chevogliono fare l’alià (lett. “salita”, plur. aliot) ovvero l’immigrazione in Israele.134 Preghiera, rispettivamente, del pomeriggio e della sera.135 Espressione che indica la partecipazione alla lettura della Torà in sinagoga, effettuata da un Rab-bino (oggi, purtroppo, poche persone sono in grado di leggerla da soli, è quindi necessario l’aiuto di unapersona esperta). La “salita a Sefer” è considerata un grande onore per la persona che la compie e so-litamente questi fa, nei giorni seguenti, un’offerta alla sinagoga in segno di riconoscenza.136 Kadosh Barukh Hu, lett. “Santo Benedetto Egli sia”. Espressione che indica il Signore. Gli ebrei nonnominano mai il nome del Signore – per estremo rispetto vi è anche l’uso di scrivere Dio in modo nonesteso –; tale nome, comunque, è oggi sconosciuto. Infatti, l’ebraico si scrive solo con le consonanti,senza vocali, questo significa che, se si deve leggere una frase in ebraico, si è aiutati dal senso delle pa-role, ma, se si trova un nome proprio, lo si può leggere solo se già si conosce la sua vocalizzazione. Ilnome di Dio “non poteva essere pronunciato che una volta l’anno, nel Tempio di Gerusalemme, da

Page 40: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

116

punto lo hanno chiamato a Sefer. Que-sto è uno degli episodi un po’ partico-lari. Quando era l’anniversario dei Di Ca-stro, io dovevo sistemare i lampadari:ci son due lampadari al Tempio chesono intitolati al nome dei due Di Ca-stro che hanno offerto il Tempio137 – etra l’altro si diceva che se il Tempionon funzionava anche una sera, tuttodoveva essere restituito alla famiglia –quando c’era l’anniversario veniva tan-tissima gente e io dovevo tirare giùquesti due lampadari, lucidarli perbene, perché era anche giusto. E’ unacosa bella che a me piaceva e mi piacetuttora. Siccome quando si doveva pre-parare per la parashà bisognava chia-mare il rabbino, tante volte il rabbinonon aveva tempo o era impegnato inaltre cose, o non poteva, la parashà lasistemavo io. Ecco, a me è sempre pia-ciuto il contatto col Sefer, quindi lacosa bella che io ricordo è proprio que-sta. Se c’era qualche parola che nonandava bene138, lo andavo a chiamaredirettamente. C’è una tecnica, di ap-poggiare la mano, se senti un ruvido,vuol dire che lì la parola è saltata.

Non ho mai fatto il khazan, perché – equi mi dispiace doverlo dire – siccomeritengono gli altri che io abbia unabella voce, ma non mi facevano maidire né Arvit, né Shakhrit139; pazienza,tanto lo faccio adesso alla Casa di Ri-poso [Ebraica, n.d.a.].Purtroppo quello che rovina o può ro-vinare le parole scritte sul Sefer sonole mappot140, che hanno quei bordi. Ilbordo della mappà ha delle rifiniturein argento, arrotolato o srotolato sipossono rovinare le parole, tanto piùche quelli sono Sefarim antichi. Ri-peto, la cosa bella era quella del con-tatto diretto con il Sefer. A via Balboerano 5 di sopra, mi pare, sono passati26 anni. via Balbo ha sempre avuto deiparokhet, dei Parokhiot molto belli,specialmente quello di Shavuot cheper me è il più bello che c’è a Roma;non solo c’era il parokhet, ma c’eraanche la vestitura della tevà e la vesti-tura della balaustra, era molto moltobello, veniva addobbato molto benesempre per i Mo‘adim. Vedere quelTempio, quando era Shavuot, è unTempio bellissimo, un Tempio addob-bato di fiori, è veramente bello, vera-

Silvia Haia Antonucci

parte del sommo sacerdote, il giorno del Grande perdono. Dopo la distruzione del Tempio, nell’anno 70,la vera pronuncia del Tetragramma è andata perduta, senza possibilità che sia ritrovata con certezza”A. CHOURAQUI, Il pensiero ebraico, Brescia, Queriniana, 1989, p. 11. In ebraico non esistono regole fissesecondo le quali una vocale va sempre sotto una certa consonante; è, quindi, evidente che il nome diDio può essere letto in tanti modi e non è possibile sapere quale sia quello giusto. Altre tradizioni re-ligiose lo hanno vocalizzato, ma questa scelta non è stata fatta propria dall’ebraismo secondo il quale,quando nella lettura della Torà si incontra il nome di Dio, esso deve essere letto con la parola ebraicache vuol dire “Signore” (Ado-nai).137 Salvatore e Grazia Di Castro.138 Il rotolo della Torà scritto su pergamena per la lettura in sinagoga non deve avere imperfezioni ederrori nelle lettere, quindi va controllato spesso da persona esperta. Se si accerta che non è possibileripararlo, questo viene seppellito nella cosiddetta ghenizà. Famosa è la ghenizà del Cairo in cui, gra-zie al clima secco, si sono conservati molti documenti importanti della liturgia ebraica (XI-XIII sec.).139 Preghiera della mattina.140 Sing. mappà. Striscia di stoffa che serve a tenere unite le due parti del rotolo della Torà quandoquesto è chiuso.

Page 41: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

117

mente merita, solamente vedere que-sta balaustra con questa coperturasopra, di fiori, tutti ricamati, ma moltobelli, con tutti i fiori sulla balaustrastessa, è veramente bello. Qualche volta abbiamo fatto anchedelle milot, mi pare; dava anche unsenso di allegria, come lo dava anche,ripeto, nella festa di Shavuot.

Nei 9 anni e mezzo in cui è stato a viaBalbo, è cambiata l’atmosfera che vi sirespira?No, ripeto, a parte i primi mesi, il primomese, poi è rimasto tutto molto moltolineare, di rispetto soprattutto, e quelloè importante, non posso dire che era-vamo amici, ma il rapporto con buono.

Si ricorda di cambiamenti di arredonell’interno del Tempio, oppure pro-prio cambiamenti nella tefillà?No. È stato tutto molto lineare

A via Balbo adesso si svolgono anchematrimoni, bar e bat mizvà?Allora ce n’erano pochi di matrimoni,3 o 4 al massimo, 5, non di più. Non sodire se era un Tempio, per questo caso,di “seconda categoria” rispetto al Tem-pio Maggiore, questo non lo so dire. UnTempio per me rimane un Tempio ebasta. I bar mizvà si facevano, i matri-moni un po’ meno. Come parnas ri-cordo che c’era Angelo Moscati.Poi è successo che il discorso di viaBalbo si era “incancrenito” un pochet-tino con questo rabbino, per cui io cer-

cavo “aria nuova”. Devo dire che nel’90, grazie ad Adolfo Perugia, che al-lora era un Consigliere dell’Ospedale[Israelitico, n.d.a.], mi ha chiamatol’Ospedale Israelitico e devo dire, lì horicevuto tante soddisfazioni, perché la-vorare con delle persone che purtropposono indigenti o che purtroppo stannoanche per morire, e lavorare anche inCasa di Riposo, quando stava all’Ospe-dale, devo dire che ho dato forse il me-glio di me stesso e mi ha spronato astudiare ancora di più sulla tefillà e sulSefer, con tutti gli errori che eventual-mente posso ancora fare. All’Ospedaledovevo “curare” i malati nel senso “spi-rituale”, anche perché io faccio fede auna massima dei Padri, i Pirkè Avot,che dice che quando si entra nellastanza di un malato, devi entrare conun volto sorridente, perché avrai su testesso un 60esimo della sua malattia,chiaramente non la malattia vera e pro-pria, però basta un sorriso, e basta cheun malato ti accenna un sorrisino inoino, per cui lui in quel momento nonpensa al dolore. Facevamo Tempio al-l’Ospedale, anche se tante volte nonc’era minian; poi si facevano delle feste:devo dire che Ziva Fisher è stata vera-mente una direttrice eccezionale suquesto, e lì ho dato tutto me stesso, cosache non davo, per certi aspetti, in viaBalbo. Sto facendo ancora il khazan. Miha spronato anche studiare un po’ dipiù sulla Torà e sui pensieri che diconoalcuni maestri, sia antichi, sia moderni.Al momento studio molto su Sforno141,

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

141 Ovadià Sforno (Cesena 1470 o 1475-Bologna 1550) rabbino e commentatore della Torà.

Page 42: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

118

che non è facile, non è una cosa sem-plice. Poi studio molto quel libretto chefece il nonno di Riccardo Pacifici, Pen-sieri sulla Torà o Discorsi sulla Torà142,ché quello è molto bello, all’apparenzaè semplice, ma molto all’apparenza.Se penso a via Balbo la prima cosa chemi viene in mente, devo dire, quandoc’era qualcuno che aveva bisogno, cheaveva bisogno veramente, subito lagente donava: questa è la cosa piùbella. E devo dire di quel rabbino, dicui devo dire non solo i difetti, maanche i pregi, subito Pino Arbib era ilprimo che contribuiva a dare qualchecosa o in vestiti o altro, specialmenteper i bambini che avevano bisogno.Questa per me è la cosa più bella di viaBalbo. Non sono tutte cose negative, cisono anche cose positive.

EEmma Alatri Fiorentino (frequen-tatrice dell’Oratorio Di Castro fin dal1926)143

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Ho cominciato a frequentare via Balboda quando sono nata perché i miei ge-nitori andavano al Tempio di via Balbo.In più, in quello dove oggi c’è un salone,c’era un appartamento, nel quale vivevail prof. Dante Lattes144 con la figlia Linapoi sposata Luzzatto. Siccome noi le

prime nozioni di ebraico le abbiamoavute da Lina Luzzatto, la figlia delprof. Lattes, frequentavamo via Balbo,poi loro si sono trasferiti a via Treviso enoi andavamo una volta la settimana al-ternativamente da Lina Luzzatto a farel’ebraico e dal prof. Gino Da Fano a farestoria ebraica. Quando loro si sono tra-sferiti da via Balbo, l’appartamento èstato disabitato per alcuni anni, poi èstato trasformato: c’è stata anche unasuccursale della scuola “Vittorio Po-lacco” a via Balbo e prima della Polaccoc’è stato l’Istituto tecnico per ragionieri,quando c’era la scuola ebraica a Lungo-tevere Sanzio, ché non bastava lo spa-zio, una parte della scuola era statadislocata a via Balbo. Riguardo alla suc-cursale della scuola “Polacco” nella sededi via Balbo, ricordo che era stato orga-nizzato un servizio di trasporto perbambini, c’era un carabiniere dentroche controllava. La scuola “Polacco” c’èstata per parecchio tempo, però adessonon me lo ricordo per quanto, non glieloso dire con precisione.Abbiamo sempre frequentato via Balbocome Tempio e come Centro giovanile.Per fortuna le nostre famiglie, quellamia e quella di mio marito Gino Fio-rentino, frequentavano tutte e due viaBalbo, questa è stata una grande for-tuna; galeotto fu il Centro giovanile.Non frequentavamo molto il Tempio,sinceramente, le distanze erano tante,

Silvia Haia Antonucci

142 R. PACIFICI, Discorsi sulla Torà, Edizione www.torah.it. Pacifici, nonno dell’attuale, omonimo, Pre-sidente della Comunità ebraica di Roma, è stato Rabbino Capo di Genova ed è morto con la moglie adAuschwitz.143 Intervista effettuata presso la sua abitazione, il 09/04/2014 (ore 11-12), da S.H. Antonucci (ASCER);trascrizione a cura di S.H. Antonucci.144 Dante Lattes (Pitigliano 13/09/1876-Dolo 19/11/1965) fu rabbino, pubblicista e politico.

Page 43: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

119

però ebraicamente noi frequentavamoLa Ronda che era un’organizzazionecreata da Lea Cassuto che aveva orga-nizzato per le bambine delle riunioni acasa Luzzatto a piazza Indipendenza.Riuniva le bambine ebree, soprattuttole figlie delle consigliere dell’ADEI145,mia madre non era consigliera, erasocia dell’ADEI. C’era il giornalel’Israel dei ragazzi dove lavorava unacerta Carla che oggi vive in Israele, alquale noi mensilmente spedivamo dellelettere e lei, che noi chiamavamo BatZwì, ci rispondeva. Per tutte le festefrequentavamo il Tempio di via Balbo,tramite l’ADEI, facevamo tutte le festeebraiche tra Lea Cassuto, la corrispon-denza con Bat Zwì, noi eravamo i“Rondinini”. Quando era Purim facevamo tuttequante queste feste sempre nell’am-bito dell’ADEI, parlo degli anni ’30; miricordo i vestiti fatti con la carta cre-spa e i ferri da calza, erano tutti fatti

di carta, fatti dalle nostre mamme.C’erano due recite per Purim, una deigrandi e una dei piccoli, io ero inquella dei piccoli. I casi della vita: conmio marito, che era nella recita deigrandi, abbiamo recitato lo stessogiorno.Via Balbo prima era un edificio un po’vuoto, poi, dopo la liberazione, è statoun edificio pieno di vita, pieno di gioia.Io sono stata in convento fino a marzodel ’44, poi siamo andati in una casaprivata. Il 4 giugno io ho preso la cir-colare rossa, perché eravamo nascostia via Po, da piazza Quadrata fino al Pa-lazzo degli Esami e sono andata aNotre Dame de Sion146 che è un con-vento che sta a via Garibaldi dove sta-vano nascoste tutte le mie amiche,anche le mie zie, Ida, Nella e Ada Ot-tolenghi. Il giorno 4 giugno sono arri-vati gli Americani a Roma. Dalla partedi viale 30 Aprile, via Nicola Fabriziall’incrocio con via Dandolo, c’è il

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

145 L’Associazione Donne Ebree Italiane (ADEI-WIZO) è una libera associazione senza scopo di lucro –con sede centrale a Milano e con sezioni nelle città italiane in cui esistono Comunità ebraiche – che sioccupa dell’assistenza ai bisognosi, in particolare bambini e donne in difficoltà; è stata fondata nel1927. Fa parte della WIZO (Women International Zionist Organization) che, in Israele, è il primo par-tner per l’assistenza e l’istruzione e si occupa di strutture quali asili, centri per anziani, centri per ledonne maltrattate, scuole di ogni tipo, aiuto alle famiglie indigenti e assistenza ospedaliera.146 Le “Religiose di Nostra Signora di Sion” (Religieuses de Notre-Dame de Sion) sono un istituto re-ligioso femminile di diritto pontificio: le suore di questa congregazione pospongono al loro nome lasigla N.D.S. La congregazione venne fondata da Théodore Marie Ratisbonne (1802-1884): nato a Stra-sburgo da una famiglia di banchieri ebrei, si era convertito al cattolicesimo nel 1827 e nel 1830 era di-venuto sacerdote. Nel 1843, a Parigi, Ratisbonne aprì una scuola gestita dalle prime due religiose: lacongregazione venne intitolata a Nostra Signora di Sion (Sion, ovvero città della Pace, era uno deinomi biblici di Gerusalemme, e “figlia di Sion” era uno dei titoli mariani). L’istituto ricevette il pon-tificio decreto di lode l’8 settembre 1863 e venne approvato definitivamente dalla Santa Sede il 14 di-cembre 1874. Durante la Seconda guerra mondiale diede asilo a vari ebrei. Nel 1955 la congregazioneha aperto a Parigi un “Centro di Studi e Informazione su Israele”. Dopo la promulgazione della costi-tuzione Nostra aetate da parte del Concilio Vaticano II (1965), con il sostegno del cardinale AugustinBea e di padre Cornelius Rijk, promosse la costituzione del Service International de DocumentationJudéo-Chrétienne (SIDIC), con sede a Roma, che, dal 1966 fino al suo scioglimento nel 2009, ha svoltoun ruolo di primo piano a livello internazionale nella definizione dei nuovi rapporti tra Chiesa catto-lica ed ebraismo. Le Religiose di Nostra Signora di Sion hanno oggi come fine principale la promozionedel dialogo interreligioso tra cattolici ed ebrei, ortodossi e musulmani; si dedicano all’istruzione, allacatechesi e ad altre opere di assistenza sociale e sanitaria.

Page 44: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

120

Kennedy147. Quello era un brefotrofioall’epoca, io mi ricordo che la nottepiangevo perché sentivo che portavanoi bambini d’inverno nella ruota e li la-sciavano, noi avevamo le finestre dellacamera da quella parte; io mi ricordoche ero disperata, mi è rimasto im-presso proprio come un “marchio”. Perciò il 4 giugno io sono tornata alconvento dove avevo le amiche e i pa-renti e su viale 30 Aprile – che è quellastrada che fatta un po’ a serpente, chefinisce su a Porta S. Pancrazio – c’eraun cancelletto che era delle suore, ilcancelletto era aperto e questi soldatiamericani erano tutti stesi sul marcia-piede coi barattoli con pasta e fagioliche l’offrivano a tutti quanti: m’è ri-masto impresso perché veramente erauna scena particolare. Poi, con la cir-colare rossa sono ritornata a casa, il 5s’è sparsa un po’ la voce – un “tam-tam” di bocca in bocca, perché i tele-foni non funzionavano – che c’eraquesta riunione a via Balbo e il 6 conmia sorella Elisa siamo andate a viaBalbo e lì è cominciata la nostra nuovavita. Io ho frequentato giugno e parte di lu-glio; gli ultimi giorni di luglio, fino al 4agosto, non sono andata perché il Prov-veditorato ha emanato una legge chetutti i perseguitati politici e razzialiche non avevano potuto frequentare lascuola, potevano fare gli esami con lasessione speciale dei perseguitati poli-tici e razziali. Io perciò il 4 agosto del’44 ho dato gli esami del diploma ma-

gistrale e ho preso il diploma di mae-stra. Prima di me c’era un partigiano,io mi ricordo ancora questa commis-sione che c’erano 6 persone, 2 o 3 eranofasciste, si vedeva chiaramente. Cosìho preso questo diploma e ho comin-ciato la mia attività, di insegnante noperché non c’erano molti posti allascuola ebraica, con tutto che parecchiinsegnanti erano stati deportati, maeravamo in tanti, ho cominciato a farele prime supplenze, però seguitavo re-golarmente ad andare a via Balbo, doveveramente ho dato tutta me stessa. Tempo fa hanno fatto una cerimoniaalla scuola a piazza Mazzini dove misono diplomata e m’hanno dato il fogliodella scuola e c’è scritto “Sessione1944”, non c’è scritto “Sessione spe-ciale perseguitati politici e razziali”: iosono tornata all’Istituto perché volevoche ce lo scrivessero e mi hanno dettoche non risultava da nessuna parte. Inquella sessione c’erano anche ex parti-giani, reduci di guerra. Poi, dopo cheho dato questo esame, sono tornata avia Balbo, facevo la madrikhà148 deglizofim. I primi zofim sono nati a viaBalbo, noi – mio marito e io – abbiamofatto i madrikhim preparati dai khaia-lim, dai soldati della Brigata Ebraica;gli zofim sono come gli “esploratori”.Noi abbiamo fatto questa esperienza,eravamo divisi in classi: il pomeriggiostudiavamo con i soldati della BrigataEbraica: ci hanno insegnato i pogrom,ci hanno insegnato tutte le persecu-zioni, tutta la storia, abbiamo ripassato

Silvia Haia Antonucci

147 Liceo scientifico statale John Fitzgerald Kennedy.148 Capo-gruppo.

Page 45: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

121

tutte le festività ebraiche e la mattinastavamo con questi bambini, li face-vamo giocare, li portavamo a passeggioe poi imparavano anche l’ebraico, lastoria ebraica. Mangiavamo a via Balboe sotto avevamo le cucine dove cucina-vamo, ci alternavamo noi ragazzi,sotto, dove c’era il forno delle azzime efacevamo questi grandi raduni conquesti soldati. C’era veramente – come posso dire –un brio, una grande gioia di vita ancheperché, dopo 9 mesi di persecuzioni,non c’eravamo resi conto poi delle de-portazioni, la cosa è venuta mano amano, è cominciato a tornare qualchereduce dai campi di concentramento.Io mi ricordo l’arrivo di Tosca Taglia-cozzo, la madre di Sergio Tagliacozzo –il Serghei, come lo chiamavano –quando è arrivata a via Balbo, lei è ve-nuta passando delle peripezie assurdee quando è arrivata non ha più trovatoi figli: mi ricordo la sua disperazione,perché li avevano portati in Israele iparenti, lo zio, lei perciò dopo li ha rag-giunti, ma mi ricordo quel giorno checi ha raccontato come era arrivata,come aveva attraversato le montagne,che voleva ritrovare questi 4 figli e lasua disperazione, però anche la sua –con tutto che aveva patito tanto – lasua gioia di vita: per me è stato vera-mente un esempio lampante. Poi è an-data in Israele a riprendersi i figli. Mi

ricordo anche il ritorno di un certo Ca-viglia, io già facevo le supplenze allascuola ebraica, quando venne è statoun momento così emozionante, vennea cercare la figlia. Sono stati dei mo-menti travolgenti proprio, emozionantiè poco, l’abbiamo vissuti tutti in primapersona. E a via Balbo sul terrazzo, non quellogrande in alto, all’altezza diciamo delsalone c’è un piccolo terrazzo, lì balla-vamo la Hora149. Eravamo in tanti, ab-biamo veramente vissuto in primapersona tutti quanti questi mesi –come posso dire – gioiosi, però nonc’eravamo resi conto ancora tanto dellepersecuzioni perché quella è avvenutagradualmente. Avevamo saputo chec’era stata questa sparatoria a via Ar-deatina150, non si sapeva bene. Mi ri-cordo il giorno che Piero Di Nepi hasaputo che il dr. Ascarelli151 aveva ri-trovato il cadavere del padre AlbertoDi Nepi alle Fosse Ardeatine: la dispe-razione di Piero che batteva la testacontro il muro nella mazkirut, nella se-greteria; sono cose che restano. Noi, durante l’estate, sempre nel ’44,alla Borghesiana abbiamo fatto il primocampeggio degli zofim, andando in unavilla diroccata, senza porte e finestre,con i giacigli con la paglia per terra, noiindossavamo i vestiti che ci avevanodato i soldati, quelli col pantalone al gi-nocchio e larghi, all’inglese. Non c’era il

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

149 Ballo effettuato in circolo.150 Eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto il 24 marzo 1944, in cui i nazisti uccisero 335 italiani (tracui 76 ebrei) per rappresaglia a seguito dell’attentato effettuato dalla Resistenza a via Rasella che, ilgiorno prima, aveva causato l’uccisione di 33 soldati nazisti.151 Attilio Ascarelli è stato il medico che effettuò la riesumazione delle vittime delle Fosse Ardeatine.Cfr. M. CONTU, M. CINGOLANI, C. TASCA, I Martiri Ardeatini. Carte inedite 1944-1945. In onore di Atti-lio Ascarelli a 50 anni dalla scomparsa, Cagliari, AM&D Edizioni, 2012.

Page 46: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

122

gabinetto, allora avevamo fatto dellebuche nel terreno e con le tende dei sol-dati avevamo chiuso, c’era quello per imaschi e quello per le femmine. Mi ri-cordo che una notte ci hanno rubato latenda e mi ricordo l’urlo di tutti questiragazzi: “Ci hanno rubato il maqom152!,Ci hanno rubato il maqom!” e tutti a ri-cercare le tende da riportare là. A pocadistanza avevano creato l’akhsharà e sichiamava l’akhsharà laNeghev. Ab-biamo passato due settimane con tuttiquesti bambini piccoli, eravamo un po’incoscienti, io avevo 18 anni, ma i 18anni di allora non sono neanche i 10 dioggi, eravamo proprio “gnoccoloni”, iodevo essere sincera, io in particolare, ioavevo avuto proprio un’educazionedell’‘800: “non devi mai parlare”, “devisempre stare zitta”, “devi aspettare”.Terribile! Poi è tutto cambiato. Al-l’epoca si viveva nelle famiglie patriar-cali, noi vivevamo padre, AristideAngelo, madre, Ester Ottolenghi, miasorella Elisa, io – 4 persone – 3 sorelledi mia madre, Ida, Nella e Ada, un fra-tello di mia madre Ugo – 8 – mio cuginoElia Kopciowski, che è stato RabbinoMaggiore a Milano, era figlio di una so-rella di mio padre ed era rimasto orfanoe viveva con noi – eravamo 9 – in piùdue donne – 11 – all’epoca si vivevatutti insieme, io ero la più piccola, nonpotevo parlare mai, noi a 14 anni cena-vamo alle 7 e andavamo a letto, menomale adesso è tutto cambiato, grazie aDio!

Ci racconti qualcosa in più circa la Bri-gata Ebraica.Circa l’attività della Brigata Ebraica avia Balbo, ricordo che hanno dato tuttoquello che potevano sia come sovven-zioni alimentari, sia come partecipazionepersonale, perché loro insegnavanol’ebraico, ci organizzavano le feste, in-somma, praticamente hanno riaperto lascuola, il Tempio grande e quello di viaBalbo, quindi le tre cose essenziali del-l’ebraismo romano. Era una cosa ricca di spontaneità, diamore, di entusiasmo, c’era l’entusia-smo che non c’è più. Con i soldati dellaBrigata Ebraica andavamo a fare i cori,li dirigeva Josef. Qualche anno fa lui èvenuto a Roma e ci ha cercati, era conla moglie che era di Lucca, Na’omiHasson.Ho conosciuto mio marito proprio il 6giugno del ’44, quest’anno sono 70anni, bella resistenza, eh? Una bellaresistenza! Ci siamo poi sposati nel ’52perché lui ha perso prima il padre Al-fredo e poi la madre, Jole Sonnino, per-ciò ha fatto [la Facoltà di, n.d.a.]ingegneria e nello stesso tempo ha la-vorato, io ho fatto le supplenze, però cisiamo tranquillamente aspettati.

Ricorda cambiamenti nelle tefillot onegli arredi del Tempio?Non ricordo cambiamenti né nelle te-fillot né negli arredi. Però voglio direche da via Balbo partivano le piùgrandi manifestazioni ebraiche. Mi ri-cordo, non in ordine cronologico: ’48,

Silvia Haia Antonucci

152 Termine che, in giudaico-romanesco, vuol dire “luogo”, ma anche “gabinetto”. Di contro, un’altraaccezione lo identifica come “Il Luogo” per eccellenza, ovvero il Signore.

Page 47: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

123

la proclamazione dello Stato diIsraele: ci siamo mossi tutti quanti dimattina – quando s’è saputo – tuttiincolonnati con le bandiere da viaBalbo fino all’Arco di Tito, siamo pas-sati sotto l’Arco di Tito, perché qui aRoma c’era una superstizione: gliebrei non passavano mai sotto l’Arcodi Tito153; c’era Prato154 che allora eraRabbino Capo di Roma, c’era SettimioSorani155. La moglie di Settimio Sorani dopo laLiberazione, siccome a piazza Polic’era il Centro dei Soldati ebrei, nonc’era la bandiera, lei allora prese, unanotte, un lenzuolo con le cravatte dellebambine della scuola elementare, ci hafatto queste due strisce e ci ha fatto labandiera che era esposta a piazza Poli:ci si arrangiava all’epoca.

Si ricorda altre cerimonie che si svol-gevano al Tempio di via Balbo, oltrealla preghiera?A via Balbo, oltre alla preghiera, nonricordo né matrimoni né maggiorità, si

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Manifestazione all’Arco di Tito, 14 maggio 1948(Archivio privato Alatri-Fiorentino)

153 L’Arco di Tito fu costruito per celebrare la vittoria del generale romano Tito sulla Terra di Israele,quindi, una tradizione romana affermava che gli ebrei non avrebbero dovuto passarci sotto finché nonfosse stato ricostituito lo Stato di Israele.154 Rav David Prato (1852-1951) fu Gran Rabbino di Alessandria d’Egitto (1927-1936), Direttore delCollegio Rabbinico italiano e Rabbino Capo a Roma (1937-1938; 1945-1951).155 Settimio Sorani (Roma 09/12/1899-Firenze 29/07/1982) è stato Presidente della sezione romanadella DELASEM. “La ‘DELASEM’ procede dal ‘Comitato per l’Assistenza agli Emigranti Ebrei’creato in Milano nel 1934 con agenzie in tutta l’Italia, che cessò di esistere il 15 agosto 1940. LaDELASEM ha sezioni dipendenti nelle 10 città d’Italia e sottosezioni in numerose città più piccole.La DELASEM dà aiuto temporaneo ai profughi ebrei, siano o non siano essi italiani. In Roma, l’as-sistenza è esplicata da un ‘Ufficio ricerche e informazioni’ che promuove l’emigrazione; da un am-bulatorio medico, un magazzino viveri, un magazzino vestiario, una mensa, un albergo, un circoloe una cooperativa. I fondi sono forniti dal Comitato Misto Americano Distribuzione Soccorsi checollabora con la DELASEM”: con queste parole la “Guida degli enti assistenziali di Roma” (otto-bre 1945), compilata in italiano e inglese dal Comitato Centrale per l’Assistenza, descrive l’attivitàdella DELASEM (ASCER, AC, FCIR, Miscellanea, Enti assistenziali, 1942-1952, busta AD068).Cfr. S. SORANI, L’assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1947). Contributo alla storia della“Delasem”, Carucci, Roma 1983. Cfr. anche S.H. ANTONUCCI, The Activities of the DELASEM in theDocuments of the Historical Archives of the Jewish Community of Rome, in corso di pubblica-zione.

Page 48: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

124

andava tutti al Tempio grande, nonsono mica tanti anni che ci si svolgono.I nostri figli, Luca, Daniele e Andrea,hanno fatto il bar mizvà al TempioMaggiore, alcuni nostri nipoti a viaBalbo. Alfonso Di Nola gli ha fatto ri-fare a Luca, uno dei nostri figli, ungiorno feriale, la cerimonia a via Balboe lo ha ripreso con la telecamera, gli hafatto rileggere la parashà.Se penso a via Balbo, la prima cosa chemi viene in mente è il 6 giugno, quandosono andata a via Balbo, perché stavoper ritornare alla vita: eravamo tal-mente depressi e malinconici. Ma poisono andata a via Balbo e ho ritrovatotutta quella gioventù! Perché tanti sonostati deportati ma quel giorno, quandoio sono arrivata a via Balbo, era gremitodi gente, ho ritrovato vecchi compagnidi scuola, vecchi amici, nuovi amici poiperché abbiamo fatto tante amicizie e hoanche conosciuto il mio futuro marito. Èstato anche dato il nome ebraico a chinon lo aveva, noi già lo avevamo: miomarito è Ia‘aqov, io sono Sara, è il miosecondo nome. La parentesi di via Balboè stata veramente una parentesi pienadi gioia di vivere proprio, andavamo lì lamattina e tornavamo la sera. Io abitavoa piazza Cavour, andavo a piedi a viaBalbo, mica c’erano gli auto. Io mi ri-

cordo che andavo a piedi a piazza di Spa-gna, io andavo con Italia Ascarelli,quella che vive a Nezzer Sereni [inIsraele, n.d.a.] che ha 97 anni, e mi in-contravo a piazza di Spagna con Laura eSara Milano che venivano dal Flaminio,poi facevamo da piazza di Spagna, ilTraforo e andavamo a via Balbo, e lasera ritornavamo a piedi, eravamo pienedi energie, eravamo giovani. Molti diquelli che erano venuti in prima battutanell’entusiasmo del momento, dopo sisono riallontanati, poi abbiamo comin-ciato a lavorare più o meno tutti.Ricapitolando, sono entrata alla scuolaebraica facendo delle supplenze nell’ot-tobre del ’44 – un anno – poi sono an-data via perché non c’era posto e holavorato un anno – dal ’47 al ’48 – alKeren Kayemeth156, mi chiamavano la“Primula rossa”157 perché non resistevoa fare l’impiegata. Poi – all’epoca sichiedeva il permesso ai genitori – hochiesto il permesso ai genitori di tor-nare alla scuola ebraica, sono tornata,ho cominciato a fare le supplenze, nel’49-’50, stavamo a Lungotevere Sanzio,era il vecchio edificio, nel ’57 fu demo-lito, a fianco c’erano gli asili e purequelli sono stati demoliti e ricostruiti.Nel ’52 sono entrata di ruolo. I soldatihanno dato delle sovvenzioni alla

Silvia Haia Antonucci

156 Il Keren Kayemeth Leisrael, associazione no profit fondata nel 1901, si occupa dello sviluppo, dellabonifica e del rimboschimento della Terra d’Israele.157 La primula rossa (The Scarlet Pimpernel) è un ciclo di romanzi scritti dalla baronessa Emma Orczye pubblicati in fascicoli agli inizi del ‘900. Il primo romanzo (La primula rossa) uscì in volume nel 1905.Le vicende del ciclo sono ambientate nel periodo della rivoluzione francese: giunge in Francia una fi-gura misteriosa che si adopera per il benessere e la salvezza dei nobili e firma le sue imprese con unostemma molto particolare: un piccolo fiore scarlatto; per questo motivo è ormai conosciuto da tutticome la Primula Rossa. Nessuno può immaginare che dietro la maschera del valoroso e impavido eroe,si nasconda la figura del nobile damerino inglese sir Percy Blakeney. Per l’impossibilità di catturarlo,per antonomasia la “primula rossa” è il simbolo di colui che non si lascia “imprigionare” da nulla e nes-suno.

Page 49: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

125

scuola ebraica fino a un certo periodo.Eravamo tutti pieni di entusiasmo, da-vamo tutto senza chiedere niente, ab-biamo fatto questo lavoro senza essereassolutamente pagati, davamo perscontato che era un volontariato, maera un volontariato ricco di entusiasmo.Quello che ci tengo a precisare è che neimesi che ci sono stati i soldati, non me loricordo fino a quando sono rimasti, eraun fervore di vita, di gioia, era propriopiena attività, era – come posso dire –erano delle giornate gioiose, sarà cheuscivamo dalla guerra e ci bastava unniente! Partecipavano alle attività di viaBalbo Italia Ascarelli che oggi si chiamaMargalit e vive a Netzer Sereni, c’eranoGiorgio Piperno e Letizia Di Castro chepoi sono emigrati subito in Israele e vi-vono a Sde Eliahu; poi c’era Ilana Has-son che vive a Ruhama o Degania, uno diquesti kibuzim158, molta gente è poi emi-grata in Israele. Poi sono sbocciati matri-moni tra soldati di Palestina e ragazzeitaliane, Na’omi Hasson che ha sposatoJosef era una che frequentava via Balbocome noi, e poi la sorella Mazal sposòEliezer Halevì, Ilana, la terza delle sorelleHasson, ha sposato Guglielmo Heller.

GGino Fiorentino (frequentatore del-l’Oratorio Di Castro fin dal 1930)159

A quando risalgono i suoi primi ricordidi via Balbo?Abbiamo frequentato l’Oratorio Di Ca-

stro da prima della Seconda guerramondiale, perché siccome a casa miac’era sempre il rifiuto della confusionee della folla, allora andavamo a viaBalbo, anzi, dirò di più, siccome noi,Fiorentino, siamo di Scola Catalana,andavamo da principio alla Scola Spa-gnola, cioè dove pregavano secondo ilrito spagnolo, per diversi anni; io mi ri-cordo che – bambino – andavo lì in-sieme a mio padre, e a quell’epoca lapreghiera la facevano nel salone dellascuola “Polacco” che era un vecchio edi-ficio che poi fu demolito e ricostruitoalla moderna, e andavamo lì a sentirele preghiere secondo il rito spagnolo. Poi, che cosa è successo? Siamo andatial Tempio Maggiore e poi ci siamo di-rottati su via Balbo dove c’era più tran-quillità, c’era meno folla, si riusciva aseguire le preghiere perché altrimential Tempio Maggiore non si capivaniente e così abbiamo cominciato a fre-quentare via Balbo, quindi parlo deglianni ’30 quando io cominciavo a essere“grandetto” – 7/8 anni, 10 – e abbiamosempre frequentato via Balbo fino allaGuerra, poi è successo quello che è suc-cesso e, dopo la Guerra, di nuovo siamotornati a frequentare via Balbo. Tra l’altro, quando sono tornato e sonoarrivati gli Alleati, mi giunse notiziaattraverso quella che all’epoca si chia-mava Radio Fante, cioè bocca a bocca,mi giunse notizia che a via Balbo ave-vano aperto un Centro giovanileebraico. Io naturalmente, il giorno 6 di

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

158 Sing. kibbuz. È una forma associativa volontaria di lavoratori dello Stato di Israele, basata su re-gole egualitarie e sul concetto di proprietà comune.159 Intervista effettuata presso la sua abitazione, il 09/04/2014 (ore 11-12) da S.H. Antonucci (ASCER);trascrizione a cura di S.H. Antonucci.

Page 50: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

126

giugno del ’44, sono andato a via Balboa vedere cos’era questo Centro giova-nile ebraico e lì ho trovato i soldati, cheerano gli ebrei di Palestina160 ches’erano arruolati con l’VIII Armata in-glese – che chiamavamo a quell’epoca i“soldati palestinesi” – e che erano statiloro che avevano aperto questo CentroGiovanile Ebraico dove, a onor delvero, i giovani romani sono accorsi inmassa, non tutti, ma tanti. Così ab-biamo cominciato a frequentare questoCentro dove questi soldati oltre alle at-tività ricreative, facevano anche dellelezioni di lingua ebraica, di storia, ditradizioni, di Mizwot e tutte questecose, e abbiamo trascorso lì diversimesi. Io poi personalmente mi sono do-vuto allontanare perché dovevo prose-guire gli studi che non avevo ancoraultimati e comunque saltuariamente ciandavo ancora quando me lo permet-teva il mio impegno con lo studio. E poiin seguito, quando le cose sono tornate,diciamo, alla normalità, chiamiamolacosì, abbiamo continuato a frequentarevia Balbo. Inoltre il mio primo figlio,Luca, ha sposato a via Balbo.L’atmosfera al Tempio all’inizio era digrande raccoglimento perché lì c’eramolta gente che aveva piacere di se-guire e quindi non c’era confusioneperché la maggior parte dei presentiseguivano le preghiere. Alcuni ci capi-vano qualche cosa, altri no, comunque

le seguivano. Poi si è sempre mante-nuta un’atmosfera, diciamo così, fami-liare, perché noi pian pianino ci siconosceva tutti, perché i frequentatorierano sempre gli stessi e così siamo ar-rivati fino a ora sempre frequentandovia Balbo nelle grandi solennità, RoshHa-Shanà, Kippur, Pesakh, Sukkot.Ogni volta che c’è una festa impor-tante andiamo lì.Per quanto riguarda i frequentatori,c’è stato l’avvicendamento delle gene-razioni, perché a quell’epoca c’eranogli uomini “grandi” di quando io erogiovincello, e i giovani, e poi pian pia-nino i “grandi” sparivano e venivanoalla ribalta i più giovani, i figli loro.Quando furono cacciati dalla Libia, ar-rivarono parecchi tripolini, però moltopresto si sono fatti delle sinagogheloro, perché loro hanno un rituale,chiamiamolo così, un rito un po’ di-verso dal nostro, e, dirò che loro parte-cipano molto, perché fuori d’Italia gliebrei conoscevano l’ebraico molto me-glio degli ebrei che vivevano in Italia.

Ricorda qualche episodio particolareavvenuto al Tempio?Non ricordo episodi particolari avve-nuti nel Tempio di via Balbo. So chenell’immediato dopoguerra, subitoancora nell’estate del ’44, i “soldatipalestinesi” avevano attivato lì den-tro – perché nel seminterrato c’era il

Silvia Haia Antonucci

160 Secondo quanto riporta il prof. Alberto J. Soggin, il toponimo “Palestina”, legato alla popolazionedei Filistei, si incontra per la prima volta nelle fonti classiche in Erodoto (V sec. a.e.c.), ma è introdottocome nome ufficiale della regione dai Romani solo dopo gli avvenimenti del 132-135, contrapponendoloprogrammaticamente a quello di Iudea (tradizionalmente usato fino a quel momento), nell’ambito diuna serie di interventi repressivi contro gli ebrei, in A.J. SOGGIN, Storia d’Israele, Brescia, Paideia Edi-trice, 1984, p. 23.

Page 51: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

127

forno delle azzime – una mensa, per-ché – siccome noi in Italia morivamotranquillamente di fame, loro ave-vano delle provviste, chiamiamolecosì – molto spesso abbiamo mangiatolì. Lì eravamo maschi e femmine,tutti insieme, dai 10 ai 25 anni. Le no-stre ragazze fecero – con la farina deisoldati e l’uovo in polvere – la pastaall’uovo: non le dico quello che è ve-nuto fuori! E la mangiammo e c’eraun soldato che stava seduto vicino ame che a un certo punto ne trovò unalunga lunga e disse: “Questo è unamaccherone tre metri longa”! Questonell’estate del ’44, perché tra giugno,luglio, e anche agosto, abbiamo vis-suto praticamente lì. All’epoca, subito dopo l’arrivo degli al-leati, i trasporti pubblici erano disa-strati perché ancora sotto l’occupazionetedesca avevano funzionato un po’, mapoi dopo, invece, ci fu il blocco com-pleto per diversi giorni e poi ripreserogradualmente percorsi ridotti, alle 5del pomeriggio si chiudeva l’eserciziodei trasporti pubblici, e quindi io an-davo in bicicletta a via Balbo. Il primogiorno ci sono andato a piedi. Anzi, aquesto proposito, ricordo un episodio:io abitavo in Prati, quando sono arri-vato a via del Tritone, quasi quasi mimettevo a piangere, perché all’angolodi Palazzo Poli al I primo piano c’era ilMoadon haHayal haIvrì, che alcuni‘soldati palestinesi’ avevano aperto peri soldati ebrei che si trovavano a Romae c’era fuori una bandiera che quasitoccava la strada. Poi mia moglie mi haraccontato che quella bandiera erastata cucita durante la notte dalla mo-

glie di un certo Settimio Sorani che al-l’epoca era il capo della DELASEM,con delle lenzuola bianche e le strisceazzurre, compreso il Maghen David,che erano state fatte con le cravatte discuola delle bambine ebree. Era unastriscia di tessuto azzurro, era una spe-cie di satin, o roba del genere, che le ra-gazze portavano; a quell’epoca a scuolasi portava la cravatta, i ragazzi ave-vano il grembiule blu e al colletto lacravatta bianca, le ragazze, invece,avevano il grembiule bianco con la cra-vatta azzurra, proprio l’azzurro cheserviva per la bandiera ebraica. Poi hoproseguito per la strada e sono arrivatoa via Balbo. Anzi, sull’angolo di viaBalbo con via Panisperna, c’era unlampione e io vidi due soldati piuttostopiccoli di statura arrampicati su que-sto lampione, stavano fissando un car-tello e c’era una freccia e sopra c’erascritto: Jewish Synagogue [“Sinagogaebraica” in inglese, n.d.a.]: era il Tem-pio di via Balbo, anzi l’oratorio, perchési chiamava così, l’Oratorio di viaBalbo. Vidi i due soldatini e natural-mente mi commossi, perché dopo novemesi di “fuggi-fuggi”, trovare illustrataal popolo la sinagoga ebraica non erauna cosa che vedevamo facilmente. Idue soldati facevano parte di quelgruppo i quali erano poi in genere degliinsegnanti nella vita civile, quel di-staccamento lì era formato da inse-gnanti perché lo scopo era appunto divenire a insegnare qualche cosa a que-sti “poveri” ebrei ignoranti di Roma.Poi io ho scoperto una cosa, l’ho sco-perta a posteriori, perché io quando hosposato, portando via le mie cose dalla

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 52: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

128

casa materna, ho trovato due quadernidi quando io avevo 8 e 9 anni, due qua-derni di ebraico, perché io a 8/9 anniavevo imparato a scrivere corsivo e atradurre dall’ebraico con la famosa enon mai abbastanza lodata morà Ma-rino, Teresa Marino, morà Tirza, edico: “Ecco perché ero così bravo coisoldati nell’ebraico!”, perché in fondoda qualche parte era nascosto quelloche avevo studiato da bambino.Quando gli alleati sono arrivati stavo a

Roma perché fino ai primi di aprileeravamo stati nelle campagne intornoa Velletri, nascosti, in vigne varie diamici di famiglia, siccome all’avvici-narsi del fronte c’era un’altra famigliaamica che si era nascosta poco distanteda noi, e cominciarono a dire: “Ma qui,adesso, quando si sfonda il fronte, aCassino, qua ci passa la battaglia e noici troveremo in mezzo alla battaglia”,allora decidemmo di venire a Roma emia madre Jole Sonnino si ricordò di

Silvia Haia Antonucci

Preparazione per la riapertura Tempio Maggiore dopo la Seconda guerra mondiale, 8 giugno 1944(Archivio privato Alatri-Fiorentino)

Page 53: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

129

quella sua amica Delia Melia, lachiamò, e quella ci ha ospitati. Natu-ralmente facevamo la spesa e noi con-tribuivamo, qualche volta la andava afare mio padre che era l’unico che cir-colava della famiglia, qualche volta lafaceva la padrona di casa, insomma ledavamo una mano perché non è chequesta signora nuotasse nell’oro, macomunque, poveretta, a braccia aperteci ha accolto. Quindi noi stavamo nellaparte nord di Roma, vicino a piazzaVerbano, vicinissimo a piazza Verbano,e invece gli Alleati sono entrati da sud,da via Appia, tant’è vero che lì dovestavo io non ci sono arrivati il giorno 4,perché sono arrivati il pomeriggio e sisono fermati a un certo punto, il restodi Roma l’hanno occupato il giornosuccessivo, il 5. E noi vedemmo veniresu per la strada, dalle finestre di que-sta casa, per la strada che stava lìsotto, due colonne di soldati americani,una a destra e l’altra a sinistra dellastrada, buoni buoni, pian pianino, ve-nivano in su e sono stati i primi Alleatiche abbiamo visto. E poi, non le dico,le strade di Roma, che fino al giornoprecedente erano state deserte, pienedi gente, una festa! Eravamo tutti fra-telli, si incontrava chiunque, che tunon lo conoscevi, ma era come se in-contrassi un parente perché eravamousciti da quell’oppressione incredibilee dal rischio elevato. E così abbiamo ri-preso la nostra strada, noi, che con

tutte le virgolette necessarie, siamostati “fortunati” perché ci abbiamo“cavato la pelle” da quell’avventura,abbiamo ripreso la nostra vita e pianpianino siamo tornati alla normalità. Nel frattempo era arrivato questo“tam-tam” dell’apertura del Centrogiovanile ebraico e sono andato su, e lìdentro ci ho trovato quella che sarebbediventata mia moglie Emma Alatri,con sua sorella Elisa. Emma, tra l’al-tro, era stata compagna di classe di miasorella Mara alle Scuole medie israeli-tiche, però io non la conoscevo perché,siccome loro erano più giovani di me,quando venivano a casa mia a studiarecon mia sorella, io mi chiudevo in ca-mera mia e neanche le vedevo. Tant’èvero che allora, quando sono entratonella stanza dove stavano sedute in-torno a un tavolo insieme ad altri, lei ela sorella, io chiesi: “Chi è la compagnadi scuola di mia sorella?” e lei disse“Sono io”. Avevo 21 anni.I “soldati palestinesi” sono stati a viaBalbo fino all’autunno del ’44 e poi na-turalmente l’esercito li spostò. Poi, nelsettembre del ’44, fu creata la BrigataEbraica per cui la Sochnut aveva tanto“brigato” per ottenerla e gli inglesi nonvolevano. Invece, poi, nel settembre del’44 fu creata la Brigata Ebraica161,unità combattente, mentre prima que-sti ebrei erano sempre stati tenuti neiservizi mai nelle unità combattenti, ehanno combattuto in Italia settentrio-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

161 La Brigata Ebraica (Jewish Infantry Brigade Group) fu una formazione militare alleata, creata nel1944 e inquadrata nell’esercito britannico, che operò durante la Seconda guerra mondiale. Cfr. La Bri-gata ebraica in Italia 1943-1945. Attraverso il Mediterraneo per la libertà. Manifesti, fotografie, docu-menti in mostra alla Cascina Farsetti di Villa Doria Pamphili, Roma 13-29 giugno 2003, a cura di G.Piattelli e B. Migliau, Roma, Litos, 2003.

Page 54: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

130

nale e anche in Germania fino alla finedella guerra che è arrivata poi nellaprimavera del ’45.Tra i soldati della Brigata Ebraica, eroparticolarmente amico di un certoJosef, che si chiamava all’epoca Ster-nlicht perché era nativo di Vienna, ilquale aveva un fratello gemello e luidiceva: “Il mio fratellissimo”, che poiha sposato una ragazza, diciamo ita-liana, che faceva di cognome Hasson es’è preso il cognome della mogliequando sono andati in Israele e stannoancora lì, ci vivono. Aveva una culturamusicale straordinaria, aveva organiz-zato un coro di uomini e donne, bassi,tenori, soprani e contralti, così un po’ad orecchio, non aveva un diplomamusicale, però aveva un orecchio fan-tastico e una cultura musicale vastis-sima e noi, mia moglie e io, facevamoparte del coro. Ricordo particolar-mente Josef, ma anche Eliahu, di cuinon ricordo il cognome: anche conEliahu avevamo una buona amicizia;poi c’era un certo Zwi Ancori che eraun maestro insuperabile, del quale hotutt’ora notizie, è un bel vecchiettoormai, che era molto bravo nell’inse-gnamento e poi, siccome eravamo in 2particolarmente bravi nell’ebraico,fummo affidati a un maestro di origineyemenita che non mi ricordo come sichiamasse, ma era un maestro con la“m” maiuscola. Ma noi siamo arrivatia leggere l’ebraico senza i puntini etraducevamo, tutti e due, questo miocarissimo amico e io, eravamo propriola “punta di diamante” di tutta la sco-laresca.

Ha notato cambiamenti nella tefillà nelcorso del tempo?Per quanto riguarda la tefillà al Tem-pio di via Balbo, è sempre quella, perquel che mi ricordo io, del famoso Rab-bino Vivanti che è stato il “parroco” divia Balbo per non so quanti decenni,che è morto più anziano di me e ha of-ficiato fino a tarda età. Poi fu, non dicorimpiazzato, ma soprattutto anche du-rante l’occupazione tedesca, lì avevaofficiato rav Panzieri, David IzhakPanzieri, che fu un eroe perché lui di-ceva tefillà tutti i santi giorni con i te-deschi a casa, è stato davvero eroico,era un omino piccolino, fragile ma haavuto un coraggio da leoni. Ha offi-ciato anche al Tempio dei Giovani, alTempio dell’Isola Tiberina che era al-l’epoca l’oratorio dei vecchietti perchéall’Isola Tiberina c’era la Casa di ri-poso dei vecchi ebrei, oltretutto indi-genti, e lì avevano questa sala dovedicevano la tefillà perché questi poverivecchietti non potevano far tantastrada e pure lì Panzieri ha officiato,ai suoi tempi.

Ricorda dei cambiamenti nell’arredodel Tempio?Per quanto riguarda l’arredo del Tem-pio di via Balbo, ci furono cambiamentiperché io ricordo le sedie di paglia: da-vanti c’erano 2 o 3 file di banchi similia quelli del Tempio Maggiore e dietrovarie file, parecchie, erano con le sediedi paglia. Pian pianino sono state so-stituite, poi sono stati aumentati i ban-chi, oggi sono tutti banchi.Al Tempio di via Balbo si fa anche unaSukkà, la fanno in terrazza, insomma

Silvia Haia Antonucci

Page 55: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

131

c’è sempre qualcosa a via Balbo per lefeste perché purtroppo nei giorni fe-riali è difficile fare minian.

Si svolgevano altre cerimonie al Tem-pio di via Balbo, altre alla tefillà?All’inizio non molti sposavano a viaBalbo sia perché era considerato unTempio “minore”, sia perché non c’eral’organo; noi purtroppo abbiamo eredi-tato dai cattolici l’uso dell’organo per-ché io non credo che molte sinagogheavessero l’organo, specialmente in Mit-teleuropa dove, invece, c’avevano deicantori meravigliosi, khazanim cheerano veramente dei cantanti tipo Tea-tro dell’Opera. Capitò a Roma, subitoprima della guerra, uno che era di ori-gine polacca e aveva una voce straordi-naria, mi ricordo ancora come sichiamava di cognome, era un certo Bot-chaski, credo che a Roma se lo ricordinotutti quelli che hanno una certa età.Da “grandi grandi” ci abbiamo anchefatto dei lavori, delle indagini sullastruttura di questo edificio per vederese si poteva in qualche modo ovviare acerti inconvenienti e abbiamo scopertodelle cose da far rizzare i capelli. Hofatto queste indagini con mio figlioLuca, il primo figlio, che è ingegnerepure lui, e che è specializzato proprionel restauro cioè la ristrutturazionevera, quella delle opere portanti. L’edi-ficio comunque sta lì dal 1914, quandoi signori Di Castro, di cui c’è la lapidenell’atrio, decisero – erano dei signori

ricchi senza prole – di fare quest’ora-torio perché molti ebrei, dopo l’aper-tura del ghetto, si trasferirono inquella zona, intorno alla stazione Ter-mini e allora: “Perché ‘sti poveretti sidevono fare tutta questa camminatafino al Lungotevere? Facciamogli unoratorio pure per loro in maniera chece l’hanno vicino a casa”.

LLaura Supino (frequentatrice del-l’Oratorio Di Castro fin dal 1938)162

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Allora, come famiglia noi si viveva aRoma, però mio padre – si chiamavaPaolo ed era ufficiale – era stato tra-sferito a Firenze, e quindi prima di es-sere trasferiti ero troppo piccola perricordarmi qualcosa – sono nata nel’30 – siamo tornati a Roma nel ‘38,quando papà ha dovuto lasciare il ser-vizio per le Leggi razziali163 e allora ab-biamo cominciato a frequentare ilTempio di via Balbo che era un po’ ilTempio della nostra zona: tutte levarie famiglie ebraiche che vivevanointorno al quartiere Salario, Trieste,ecc, si andava lì. Me lo ricordo come unposto un po’ triste allora, franca-mente, soprattutto la parte delledonne: ora è molto allargato come se-dili. Era, invece, molto affollato e so-prattutto non era molto ben tenuto,devo essere sincera, non c’era l’atten-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

162 Intervista effettuata presso l’ASCER, il 15/01/2014 (ore 15-16) da S.H. Antonucci (ASCER) e da S.Cava (DiBAC); trascrizione a cura di S. Cava.163 Cfr. AA.VV., Le Leggi razziali, cit.

Page 56: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

132

zione che c’è ora per i luoghi comuni-tari, però noi si andava per le feste ein quel periodo io andavo alle scuolepubbliche per i bambini ebrei quindinon andavo alla scuola media lì. Nonso quindi in che anno sia stata orga-nizzata la scuola media a via Balbo,non me lo ricordo, quando io ci sonoarrivata nel ‘40 c’era la scuola mediae ho visto il cambiamento perché qual-che volta prima, quando sia andava insinagoga, noi bambini si saliva magarianche nei piani di sopra quindi, mi ri-cordavo degli spazi abbastanza aperti,e invece poi la scuola media ha creatole aule con queste separazioni. Lascuola media era al di sopra della partedelle donne: dove c’è stato in seguito ilCGE. Il mio ricordo della scuola mediasono delle classi piuttosto piccole, unpo’ anguste diciamo, non erano comenelle scuole statali dove eravamo statiprima della scuola media, però i ban-chi erano dei banchi regolari, l’inse-gnamento era un insegnamentoregolare, i professori erano moltobravi. Io ho ricordo di qualcuno, in-tanto ricordo la Romanelli che poi èstata deportata, è stata un’insegnantedi matematica favolosa; mi dispiace dinon ricordarmi l’insegnante di lettere,non so perché, mentre mi ricordo l’in-segnante di disegno che era Irma Levi,favolosa anche lei. Mia madre, EmmaEsdra, era pittrice quindi un po’ di at-tenzione per il disegno c’era già a casa;però con Irma Levi ho avuto veramentedelle basi che mi hanno fatto molto ap-prezzare tutto quello che era il disegno,l’arte ecc. L’ambiente della scuola, no,era molto semplice, molto semplice.

Mi ricordo che quando si arrivava dacasa per andare a scuola eravamo sem-pre in gruppo perché durante quel pe-riodo i nostri genitori ci avevanoinsegnato a stare un po’ tutti insiemequando si faceva la strada per andare ascuola, qualche piccolo inconvenientelo abbiamo avuto ugualmente perchéogni tanto qualcuno lungo la strada sa-peva che eravamo i ragazzi della scuolaebraica e quindi ci prendevano a maleparole, però si andava sempre in grup-petto, quelli che abitavano in una certazona si andava a piedi quindi era giàuna bella traversata da casa nostra a lì,e fuori c’era la polizia, questo è ovvio,abbastanza scorbutica però ogni tantoqualche piccolo sorriso usciva pure. Ecco questi sono i ricordi per le classi epoi oggi mi sono ricordata che nellascuola lì di via Balbo mancava la pale-stra perché noi dovevamo andare al Pi-tigliani o alla scuola media delLungotevere, non mi ricordo dove, soche di nuovo per fare un’ora di ginna-stica, non mi ricordo nemmeno se erauna volta alla settimana, dovevamofare questa traversata di Roma che al-lora era veramente una traversata.Altri ricordi per quello che è il periododella scuola: erano classi miste, questosì, ragazzi e ragazze insieme. Non mi ricordo in particolare altrecose, mentre mi ricordo che c’è statal’interruzione dell’ottobre ’43 a causadel periodo dell’occupazione nazista equindi non c’è stato l’anno scolasticoebraico, avendo dovuto vivere in unmodo abbastanza pericoloso diciamo, epoi però subito, a giugno ‘44, via Balboè stata riaperta e sono andata alle le-

Silvia Haia Antonucci

Page 57: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

133

zioni dell’ulpan164 di ebraico, impa-rando l’ebraico in un modo completa-mente diverso perché devo dire chenella scuola media che avevo frequen-tato – prima e seconda media ho fre-quentato – ci insegnavano l’ebraico –aleph aleph aleph beth beth beth – leparole ripetute cinquantamila volte se-condo i metodi antichi e come è comin-ciato l’insegnamento dell’ulpan, invece,fu tutto diverso: era la Brigata Ebraicache mandava i suoi istruttori, uno erail fratello di Carla Falk, era soldatonella Brigata Ebraica e insegnava, ioc’ho ancora il blocchetto con le sue le-zioni, perché appunto conservo tutto.E quindi abbiamo cominciato sia a farele lezioni di ebraico parlando diretta-mente subito così, appunto, con il me-todo ulpan, una conversazioneelementare, ma abbiamo imparato su-bito a scrivere, subito, il corsivo, cheinvece nella scuola media ufficiale,“rabbinica” diciamo, il corsivo non eraconsiderato per niente, quindi c’è statoquesto cambiamento interessante dalmio punto di vista. Io ormai avevo 14anni quindi apprezzavo queste cose,c’erano anche i balli naturalmente eper un anno, credo, di essere andata.Poi avevo la scuola, il ginnasio, moltoimpegnativo e andavo contemporanea-mente al British165, avendo detto cheavevo 18 anni quando non ce l’avevo,perché se no non sarei potuta andare,per cui le mie giornate erano piene e hosmesso di andare a via Balbo. Dopodi-ché son tornata – e questo è l’ultimo ri-

cordo che ho, a parte il fatto che sontornata per la sinagoga ma non per fre-quentare i piani alti – quando, non miricordo se c’era il CGE o qualche altraassociazione ebraica, mi hanno chia-mata per parlare della posizione delledonne nell’ebraismo; c’era, se non misbaglio, Lia Tagliacozzo e un’altra per-sona da parte invece del gruppo di viaPadova [tripolini, n.d.a.] quindi c’eranole posizioni più rigorose e più apertesecondo i vari punti di vista. Ecco,quella è l’ultima volta che sono andatanei piani alti. Poi continuo ad andareogni tanto lì nella sinagoga, però devodire che mi mette molta tristezza, per-ché siccome andavo sempre lì con miamadre, da quando non c’è più miamadre, preferisco venire qui [al Tem-pio Maggiore, n.d.a.], anche se il cam-mino è più lungo, proprio perchél’ambiente per me è pieno di certi ri-cordi.Il primo ricordo dell’edificio di viaBalbo era quando si andava in sina-goga prima che io andassi via da scuolanel ‘39-‘40. Nel ‘38-‘39 era un am-biente un po’ scuro, triste, forse perchéera già cominciata la guerra – alloraera già il ‘40 – e la luce era tenutamolto bassa e quindi ho un ricordo“polveroso” della situazione. Quandosiamo tornati da Firenze avevo 9 o 10anni. Prima di andare a Firenze mi ri-cordo che forse ci sono andata perchéera molto vicina alla casa del nonnoche era a piazza Esquilino: quindi,quando si veniva a Roma, si andava a

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

164 Corso intensivo di lingua ebraica.165 The British Institute, nota scuola di inglese.

Page 58: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

134

casa a piazza Esquilino e allora, sicu-ramente, ma non ho un ricordo parti-colare, ho solo questa idea della polveree del buio. Quindi nel ‘39 frequentavoil Tempio, poi la scuola media dal ‘41-‘42, 42-‘43 fino a giugno, e poi nel ’43,da ottobre, la scuola non c’è stata.Mentre andavo alla scuola media con-tinuavo anche ad andare al Tempio.Anche mia madre era molto affezio-nata perché anche lei aveva tutte le sueamiche là, quindi c’era sempre questariunione e io avevo tutte le mie compa-gne di scuola, quindi, quando si andavain sinagoga veramente ci si ritrovavatutti, un po’ più che qua [al TempioMaggiore, n.d.a.], perché via Balbo èstato sempre il Tempio della mia fami-glia.

Cosa ricorda del periodo delle Leggirazziali?Posso dire una cosa particolare, primaero forse troppo piccola per avere unavita ebraica molto chiara: nella mia fa-miglia si era osservanti fino a un certopunto: il Kippur, il fatto di non man-giare determinate cose però niente dipiù. Con le Leggi razziali, ovviamente,è tornato l’atteggiamento di essere piùebrei ancora di quello che già ci senti-vamo in ogni caso. Era anche un mododi farsi rispettare, perché volevamo farparte di un certo gruppo; molti hannorinunciato e se ne sono andati. Infattii migliori amici di famiglia dicevano:“convertitevi”, anche a mio padre; miopadre era offesissimo quando qualcunogli diceva qualcosa di questo genereperché poi la cosa strana era che miopadre era un ufficiale, però, quando

era a casa, la sera, e si chiudeva in ca-mera per le preghiere, nessuno lo do-veva disturbare, quindi c’eraquest’atteggiamento un po’ contra-stante. Quello che è importante, è che,come ho cominciato ad andare allascuola elementare che era pubblica – iol’ho scritto anche in una relazione cheho mandato allo Yad Vashem – ho ca-pito che c’era un’altra religione, ma ioprima non lo sapevo che c’era un’“altra religione” e l’“altra religione”erano i cattolici, non se ne parlava incasa, poi non c’era la televisione, radio,etc., per cui non c’era la diffusionedelle notizie come c’è ora. A ogni modo,l’attenzione per come dovevamo viverei nostri genitori ce l’hanno subito im-posta dopo le Leggi razziali anche seeravamo piccoli, e io ero la più grandedei miei fratelli, quindi i miei genitorihanno subito detto: “Quando si va ascuola, devi anche guardare quello chefanno i tuoi fratelli”, quindi avevo unpo’ la responsabilità, perché, per esem-pio, quando si andava a scuola ancoraalle elementari, andavo alla “Pesta-lozzi”, la sezione ebraica, qualcuno incerti punti delle strade pensava di po-terci prendere a parolacce, sapevanochi eravamo, anche lontano dalla “Pe-stalozzi”, ma ormai sapevano che il no-stro gruppetto passava e c’avevanoinsegnato a stare buoni, calmi, a farefinta di niente e ogni tanto si cambiavala strada. Queste cose sapevamo chedovevamo farle perché si viveva in unacondizione di difficoltà. Devo dire che noi andavamo al Tempiosoprattutto per le feste, le feste tutte,non se ne saltava una; il venerdì sera

Silvia Haia Antonucci

Page 59: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

135

non me lo ricordo, il Sabato mattinaqualche volta, ma non molto frequen-temente perché, col fatto della di-stanza e che eravamo piccoli, forseandava mia madre, ma noi bambinipiccoli non ci portava sempre per ilfatto che doveva andare a piedi ché ladistanza era tanta. A un certo mo-mento qualcuno ha deciso che non do-vevamo passare sotto quel passaggetto,non so se è una cappella o che cos’è, avia Balbo per venire da via AgostinoDepretis – ora è chiuso da una cancel-lata, prima si passava – e qualcuno unbel giorno ha messo un cartello – manoi abbiamo svicolato, non l’ho nem-meno letto – che gli ebrei non dove-vano passare da quel punto. Tuttepiccole cose che erano però pesanti inogni caso. Il Tempio di via Balbo era un po’ unagrande famiglia, perché ci siamo ritro-vati, prima delle Leggi razziali non sifrequentavano molte famiglie ebraichese non i nostri parenti, avevamo cu-gini, nonni, zii, ecc. e, invece, lì alloraeffettivamente, un po’ per forza di coseun po’ perché era meglio stare tra dinoi, veramente ci siamo ritrovati. Poi èrimasto, il bello è questo, perché in re-altà questo fatto di appartenere alla si-nagoga è rimasto anche dopo; ripeto ioho continuato ad andare a via Balbofino a quando c’è stata mia madre, poiho preferito cambiare però ci vado ognitanto. Mia madre è morta nel 1999,dunque recentemente. Torniamo a quando sono tornata a viaBalbo dopo l’occupazione nazista:qualcuno mancava perché era statodeportato, la mia compagna di banco

è stata deportata e quella era una cosache mi ha colpito in un modo terribileperché, per quanto ragazzini, uno sichiede: “ma era come me!”, non si ca-pisce, è la domanda “sciocca”, solitache ci facciamo sempre. Quando siamotornati a studiare l’ebraico a via Balbodopo la guerra, no, non eravamo glistessi della classe, ci s’andava ma nonera più lo stesso gruppo anche perchéqualcuno nel frattempo si era trasfe-rito, no, no, non era più lo stessogruppo, eravamo pochissimi. Annidopo sono andata a due o tre riunionidel CGE perché mi avevano chiamata,ma non mi ricordo se era sul CGE oqualche altra associazione ebraica.Abbiamo avuto delle riunioni per par-lare anche di ecologia, di rispetto dellanatura vista dal punto di vistaebraico, questo è stato un altro argo-mento che mi ricordo abbiamo trat-tato, avevo preparato, ma questo perle associazioni così, a livello di con-versazioni tutti in cerchio. Dopo laguerra non ho frequentato molto l’edi-ficio di via Balbo, solo il Tempio conmia mamma. Sarò andata nel giro diquattro cinque anni, due o tre volte,non di più perché, quando poi ho co-minciato architettura, abbiamo la fre-quenza tutto il giorno tutti i giorni,non si poteva più fare niente, hosmesso lo sport, ho smesso tuttoquello che facevo prima.

Si ricorda episodi particolari avvenutinell’edificio?Diciamo che quando c’erano le riu-nioni per le preghiere, alla fine igruppi dei parenti, gli amici, ecc. erano

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 60: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

136

sempre molto “caciaroni”, allora c’eramagari qualcuno che faceva lo “spiri-toso”, però non mi ricordo delle storieparticolari. L’atmosfera è stata tran-quilla. Diciamo che recentemente a uncerto momento, 10 o 15 anni fa, c’èstato un periodo di “chiusura” conmolto più controllo più sicurezza ecc.,ora mi sembra che sia un po’ allentatoperché forse, grazie al Cielo, c’è menopericolo. Qualche volta la sicurezzaera un po’ rude anche con noi che sta-vamo sempre lì tutte le volte, sem-brava che si arrivasse dalla “luna”. Èuna sinagoga molto tranquilla, devodire, una sinagoga un po’ familiare.Ora, per esempio, io sono andata a[llasinagoga di, n.d.a.] via Padova, unavolta o due, non mi ci ritrovo, non c’èniente da fare, eppure le preghieresono le stesse e le tradizioni sono lestesse, ma non conosco le personecome invece quando vado a via Balbo etrovo tutti quelli che conosco.

Come è cambiata l’atmosfera al Tem-pio nel corso degli anni?C’è stato il cambiamento di tuttol’ebraismo romano: chi è osservante èosservante, c’è qualcuno che si disin-teressa, prima era tutto un po’ piùlaico, diciamo, per lo meno nella miafamiglia ma anche molti degli amiciche erano lì a via Balbo, non so quantofrequentassero prima francamente,non so se qualchedun’altro ha avutola stessa impressione. C’è maggiorereligiosità adesso, almeno chi fre-quenta, poi, che ci siano quelli che nonvengono per niente, è un’altra cosa; soanche di qualche persona che conte-

stava e poi alla fine piano piano tornasui suoi passi. Quest’atmosfera acco-gliente e familiare c’è sempre stata.

Si ricorda di cambiamenti significativinell’arredo del Tempio?La differenza tra prima e dopo il re-stauro l’ho vista bene. Per esempio edeffettivamente la parte delle donne oraè molto più areata, è ben illuminata, èben messa.Il soffitto, visto da parte dalla galleriadelle donne, il soffitto come è ora è tal-mente più luminoso, più colorato, piùbello. L’unica cosa che mi dispiace èche non riesco a ricordarmi come erail soffitto prima. Adesso è più lumi-noso perché prima era decorato, maera più monotono, diciamo mono-tono,ecco, o forse era semplicemente più“polveroso”; il restauro ha fatto moltobene anche per quanto riguarda le ve-trate: effettivamente, prima c’eranodelle finestre semplici. Trovo che sonomolto belle e anzi – ecco un’osserva-zione che potrei fare dal punto di vistaestetico – finalmente qualcosa che fa-ceva capire fin dall’esterno che lì c’erauna sinagoga! Perché prima era unedificio qualsiasi, a parte il timpanocon le Tavole della Legge, se non misbaglio – ho sempre qualche dubbio suimiei ricordi – però a me è piaciutamolto l’idea che fossero fatte quelle ve-trate perché dava un minimo di carat-teristica senza essere invadente versol’esterno, senza essere prepotente dalpunto di vista ebraico, era una decora-zione di grande livello perché devo direche [Aldo, n.d.a.] Di Castro per le ve-trate mi piaceva molto, non per tutto il

Silvia Haia Antonucci

Page 61: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

137

resto, per alcune cose del resto sì, nonper tutto, ma le vetrate, anche quelledella sinagoga dell’Isola Tiberina [ilTempio dei Giovani, n.d.a.] sonomolto belle. Quindi ho molto apprez-zato quando hanno fatto quelle ve-trate, so che c’erano state discussioni,ma io credo che ci siano discussioni suvari argomenti – esco un attimo dal-l’argomento – in una comunità, è soloperché la gente vuole partecipare e al-lora è un modo per far sentire la pro-pria voce, non sempre apposta inmodo negativo, però farsi sentire edare il proprio giudizio: è un modo dipartecipazione anche quello, bisognanon solo trovarlo come critica, mapensare che possa essere talvoltafatta per sentirsi parte di una comu-nità. Quelle vetrate mi sono piaciutesubito.Siccome mio padre è morto presto, pre-sto, insomma non tanto ma grazie alCielo, però non veniva molto frequen-temente al Tempio e mio fratello Giu-lio non era a Roma, quindi io hofrequentato solo la parte delle donne.Mi sembra abbiano fatto dei cambia-menti nell’Aròn, qualche parokhet,prima c’erano invece delle cose moltosemplici: anche questa è un‘impres-sione molto a posteriori, non mi ri-cordo che la decorazione mi facesse uneffetto particolare, mentre ricordo be-nissimo quella della sinagoga grande,ma la confusione era troppa. A viaBalbo c’era un ambiente un po’ piùtranquillo del Tempio Maggiore, piùintimo per cui se uno va in sinagoga

per pregare lì si riesce a pregare effet-tivamente.

Ha notato qualche cambiamento, nelcorso degli anni, nella tefillà?No, no, no, no. I rabbini, invece, sonocambiati, ora sono molto più attenti,più attivi. È successo molti molti annifa: credo che qualcuno abbia fattoqualche errore nell’aprire il libro dipreghiera nella pagina che non eraquella giusta allora si è sentito il mor-morio nella sala, allora noi abbiamosentito che c’era qualcosa da su [dalmatroneo, n.d.a.], ci siamo sporte, nonavevamo ancora sentito l’errore nellibro, poi, dopo, mi è stato raccontatoquando sono uscita. Credo che orasiano molto più attenti, più “hala-khici”166.

Si ricorda se nel Tempio, oltre alla te-fillà, si facevano altre attività?Non me lo ricordo. Tutte le lezionidella scuola erano nella scuola e tuttele riunioni delle associazioni giovanilierano all’ultimo piano. Se ci sono statedelle riunioni di studio sulla Torà,erano per uomini. Per molti anni io an-davo alle feste, ma una volta diventataadulta, col fatto che dovevo lavorare,una cosa e l’altra, il lavoro, la famiglia,non sono più andata: so che non è unagiustificazione.

Vorrei il suo giudizio come architettosull’edificio, sulla sua interrelazionecon gli altri palazzi nel quartiere.Io farei un’osservazione di qualcosa

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

166 Attenti a osservare le regole ebraiche.

Page 62: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

138

che mi disturba, perché l’edificio in séè molto ben studiato nel continuodella facciata, è ben inserito senza es-sere prepotente, oggi io lo farei un po’più evidente come edificio di sinagoga,però va bene anche in quel modo.Quello che mi disturba, ora non so sein questi ultimi anni c’è stato un cam-biamento, è che a sinistra, prima diarrivare c’è un albergo e quest’albergoè un po’ troppo luminoso, imbandie-rato e quindi è “prepotente” rispettoalla sinagoga. Poi mi disturbavamolto, alla fine di Kippur, l’assaltoalla pizzeria lì all’angolo che certa-mente non è kasher167 oltretutto. manon so se ancora continua perchénegli ultimi dieci anni non sono an-data più a via Balbo se non una voltasola e non era Kippur.La gente che lo frequenta non sono gli“ultraortodossi” di piazza Bologna [i“Lubavitch”, n.d.a.], ci sono delle per-sone ortodosse però non è l’ambienteortodosso in toto come in altre sinago-ghe, è un ambiente un pochino piùebraico-italiano, molto omogeneo. Eraquesto il bello, perché è molto fami-liare, se vai lì trovi tutti, ci conosciamotutti: siamo stati compagni di scuola, ifigli si conoscono ecc. La situazione èun po’ controllata, io lì gli shamma-shim che facciano qualche storia non liho mai visti.

MMirna Dell ’Ariccia Ascol i (fre-quentatrice dell’Oratorio Di Castro dal1950 e nipote del rabbino Marco Vi-vanti)168

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Quando esattamente ho cominciato afrequentare via Balbo non lo ricordo.Diciamo che io sono entrata in questoedificio da quando ero piccola piccola.Mio nonno, il rabbino Marco Vivantiera il responsabile, il manhig di questoTempio e io vivevo a casa con lui, lacasa non lontana da qui, comprata ap-posta da mio nonno proprio perché vi-cina a via Balbo e mi capitava a volte –lui veniva qua tutti i pomeriggi perchéc’erano chiaramente Minkhà e ‘Arvitche si facevano all’ora giusta, noncome adesso che viene posticipata alleotto e un quarto – quindi mi capitavaspesso, insieme a mio fratello Manlio,di accompagnarlo. Quindi non c’è stataun’occasione particolare, né mi ricordoquando è stata la prima volta. Ho peròdei ricordi, non so a quando esatta-mente risalgono: io ho 66 anni, diciamoche sono 66 anni che frequento questoTempio. I ricordi miei risalgono agliinizi degli anni ’50, i primi ricordi deldopoguerra. Ricordo anche mia madre, Enrica Del-l’Ariccia, mia nonna, Silvia TerracinaVivanti, che spessissimo facevano acasa le fasce per i Sefarim, era una cosacontinua, si donavano per ogni piccola

Silvia Haia Antonucci

167 Kasher – o Kosher, secondo la pronuncia askenazita – lett. “adatto”, “permesso”. Termine ebraicoindicante che il cibo è stato preparato in accordo alle regole alimentari ebraiche.168 Intervista effettuata presso l’Oratorio Di Castro, il 27/01/2014 (ore 15-17) da S.H. Antonucci(ASCER); trascrizione a cura di S.H. Antonucci.

Page 63: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

139

occasione ed anche io mi ricordo diaver fatto qualche mappà dipinta dame, non so se esistono ancora. Poi ri-cordo che, da bambina, quando la te-fillà di Shabbat mattina finiva, avevol’abitudine di andare dietro la tendadell’Aròn e di fare le mie preghiere pri-vate, ma oggi penso che non sarebbepiù consentito169.

Ci racconti dei cambiamenti che ha su-bito il Tempio.Questo Tempio prima era diverso, este-ticamente era diverso, sono state ap-portate tante modifiche, non sempreconsiderate delle migliorie, in realtà.Se vogliamo parlare delle modifiche diquesto Tempio, per esempio, rispetto acome me lo ricordo io, com’era quandoero bambina: l’illuminazione, perchénon c’erano questi faretti posti sotto lelunette, per cui c’era una luce più sof-fusa, sicuramente più intima per certiaspetti, coinvolgente, e poi non c’eranole vetrate, c’erano dei bei vetri auten-tici dell’epoca, com’erano fatti al-l’epoca, come non c’erano nemmeno ivetri colorati sopra, quelli nelle lu-nette, e anche il soffitto era diverso,perché il soffitto era tutto come l’ul-timo quadrato sopra la tevà, e soloquello centrale aveva un motivo di-verso con un maghen David inserito inun campo azzurro. È noto il motivo percui è stato rifatto: perché [l’intonaco,n.d.a.] cadde durante le hakkafot diHoshanà Rabbà, il giorno precedentel’attentato. Il giorno precedente l’at-

tentato cadde, di Hoshanà Rabbà, unpezzo da sopra, e questa cosa fu vissutain maniera emotivamente male datanti di noi. Poi per tanti anni è rima-sto così e alla fine sono stati rifatti que-sti soffitti in maniera diversa e anchequi ci sono state parecchie polemicheperché c’era chi voleva che tornasse aessere come un tempo e, invece, sonostati fatti ispirandosi alle altre Meno-rot che appaiono sulla parete di fondo,come pure i decori al lato della parteoriginale richiamano quelli delle pa-reti. Però, insomma, c’è questo oro cheforse è un po’ troppo violento, ecces-sivo, c’è stata un’abbondanza di oro unpo’ in tutto, anche nelle decorazioni la-terali, e lo stesso le vetrate, anchequelle fonte di grosse discussioni, dilotte addirittura perché c’era chi vo-leva mantenere le cose originali. Le ve-trate prese di per sé sono bellissime,ma i colori qui sono troppo forti. Un’altra lotta fu per le panche, perchéqui c’erano le stesse panche che ci sonoal Tempio Maggiore e, invece, poi, a uncerto momento, fu deciso di sostituirlecon queste più moderne, senza dubbiopiù comode, ma forse meno adatte. AlTempio grande – come lo chiamiamoqui a Roma – sono state tutte ristrut-turate, qui, invece, sono state abban-donate a se stesse. Anche la tevà era diversa, è stata am-pliata, è stata portata più avanti, in-fatti, si può vedere, seguendo il disegnodel pavimento, era meno larga, menoprofonda.

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

169 Le bambine, quando superano i 12 anni, sono considerate maggiorenni dal punto di vista religiosoe quindi, per evitare distrazioni durante la preghiera, non la recitano insieme agli uomini.

Page 64: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

140

Non c’erano questi due armadi lateraliche sono stati fatti, penso, negli anni’80, non mi ricordo esattamentequando; posso dire che mi fu chiesto difare il campione per le scritte poste inalto e, in effetti, feci io la scritta a“mano libera” e poi il falegname l’harealizzata: sono brani tratti da pre-ghiere, fu rav Enzo Di Castro, alloramanhig del Tempio che, quando fu de-ciso di fabbricare questi due armadiper tenere le cose utili, mi chiese discrivere questi brani. Un’altra cosa chemi è venuta in mente poco fa, avvici-nandomi alla tevà è che i quadrettidove ci sono le scritte di quale parashàe di quale haftarà si legge, quelli purea suo tempo li feci io perché ho a casaancora degli stampini che mi regalòmio nonno il giorno prima di morire di-cendomi questa frase: “A me non ser-vono più, usali tu”, quindi sonoparticolarmente legata a queste cose. Prima, entrando qui, quando non sierano ancora accesi i faretti, mi sonoricordata che c’era quest’illumina-zione, così come la ricordo io da piccolae mi è tornato in mente di quando ve-nivo qui, per esempio, il pomeriggio,dopo la tefillà: mio nonno era anchesofer170 e quindi controllava i Sefarimsempre se mancava qualcosa e passa-vamo delle ore, io e mio fratello, ma-gari un po’ giocando, un po’ guardandoincuriositi, un po’ stando vicini a lui

che ci spiegava, ci raccontava. Quindi,diciamo che via Balbo è per me unqualche cosa che mi appartiene, è partedi me. Non so perché, quando ho spo-sato, non ho sposato qui a via Balbo,forse non si usava, noi abbiamo spo-sato al Tempio Maggiore, ma poi quiabbiamo fatto le Nozze d’argento e i 40anni171.Tante cose erano diverse, anche il pul-pito era dalla parte opposta – è statospostato lì quando è stata fatta l’uscitadi sicurezza – e mi ricordo, forse i pri-

Silvia Haia Antonucci

170 Colui che scrive la Torà sul rotolo di pergamena o altri documenti della tradizione ebraica come laKetubbà (il contratto matrimoniale; plur. Ketubbot), il Ghet (il divorzio), i Tefillin o filatteri (perga-mena con versi della Torà chiusa in due scatoline di pelle che l’ebreo osservante pone sul braccio sini-stro e sulla testa durante la preghiera del mattino, così come indicato nella stessa Torà).171 La cerimonia, caratteristica della tradizione romana, consiste in una particolare benedizione datadal rabbino alla coppia.

Nozze d’argento di Maurizio Ascoli e MirnaDell’Ariccia all’Oratorio Di Castro, 1995 (Archivioprivato Dell’Ariccia-Ascoli)

Page 65: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

141

missimi anni, qualche derashà172,anche se allora non si chiamava pro-prio così, fatta appunto da lì: si sali-vano gli scalini e si sentiva bene,l’acustica non è mai stata un gran che,sicuramente migliore del Tempio Mag-giore, però, insomma, sì, si sentivaforse meglio che non adesso dalla tevà. Venivo sempre qui di Shabbat, diMo‘ed, Chanukkà, Purim. Un’altracosa che è cambiata e che prima perChanukkà prendevamo una Chanuk-kià del Museo, adesso ne è stata fattauna più piccola, ma ugualmente bella.

Dalla parte delle donne è stato modifi-cato il pavimento, è stato messo un li-noleum, ma non ricordo come fosseprima. Le lampade del matroneo sonoin stile Liberty, sono molto belle.Anche per questo andava rispettato lostile originario nelle ristrutturazioni:non sempre si è voluto capire il motivodella critica e questa cosa è stata presacosì, come “puntiglio”. Un’altra cosache c’è da dire di questo Tempio è chele donne non vengono più, non c’è pro-prio più nessuno di Shabbat, ci sonopochi libri a disposizione delle donne, i

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

172 Lezione.

Nozze d’argento di Maurizio Ascoli e Mirna Dell’Ariccia all’Oratorio Di Castro, 1995 (Archivio privatoDell’Ariccia-Ascoli)

Page 66: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

142

quadretti173 ci stanno ma so’ vuoti: ètutto nel dimenticatoio, fa passar la vo-glia di venirci.

Altri ricordi personali di frequenta-zione dell’edificio?Un altro momento di cui mi ricordo èche naturalmente qui ho fatto il batmizvà. Una volta divenuta adulta – ioho insegnato alla scuola elementare

per 30 anni – c’è stato un periodo, al-cuni anni in cui, per far sì che ci fosseun maggiore collegamento fra ciò chesi studiava a scuola e poi quello che erala vita pratica, portavo qua [al Tempiodi via Balbo, n.d.a.] i bambini dellaclasse. Non a caso in questo Tempioancora adesso il venerdì sera si cantaAdon ‘Olam, proprio perché, siccomeera uno dei canti che imparavano ascuola, e perché non rimanesse “così”,solo nella teoria, allora questi bambini– c’era allora rav Umberto Piperno cheseguiva molto questa cosa – venivanotutti questi bambini in prima fila, ecantavano questi canti di Shabbat cheimparavano a scuola. E lo stesso fe-steggiavano qui Purim, Tu Bishvat;abbiamo fatto, non proprio delle recite,ma insomma qualche cosa, ripeto, perportare nel Tempio quello che si stu-diava a scuola e viceversa. Tante volte mi capita di incontrarequalche ex alunno che ancora si ri-corda di queste cose, qualche volte ca-pitava che mi portavo pure qualcuno apranzo. Ecco, questa cosa in qualchemodo mi ricorda – torno col pensieroancora più dietro, quando io ero bam-bina – che qui c’erano come rabbini,oltre mio nonno, c’era Cesare Taglia-cozzo e Morris Habbib, stava al Piti-gliani – una volta si chiamavaOrfanotrofio Pitigliani – e portava quai ragazzi che si mettevano tutti nellaprima fila da una parte e facevano il“coro dei ragazzi” al Tempio, il ve-nerdì sera e Sabato mattina. E poi, via

Silvia Haia Antonucci

173 I quadri in cui è inserito un foglio con l’indicazione della parashà e della haftarà lette durante quellasettimana.

Festa di Purim sulla terrazza dell’edificiodell’Oratorio Di Castro: Mirna Dell’Aricciamascherata da Regina Ester insieme alla MoràRossi, 1952 (Archivio privato Dell’Ariccia-Ascoli)

Page 67: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

143

via, mi ricordo, col passar del tempo,dopo nonno, Morè Moshè, Moshè Sed,e poi si sono alternati rav AvrahamPiattelli, Enzo Di Castro e Aldo Pi-perno. Quando ero ancora più piccola,mi ricordo rav Haim Vittorio DellaRocca giovane giovane; io mi ricordoMarco Veneziani, che adesso frequentail Tempio Beth Michael, anche lui gio-vane giovane, erano appena fidanzati.Sono ricordi legati non solo a questoambiente [il Tempio di via Balbo,n.d.a.] ma a tutto l’edificio, anchesotto: quando io ero piccola, come por-tiere del Tempio e anche faceva fun-zione di shammash, c’era AngeloTerracina, cognato di mio nonno, cioè,mi spiego meglio: Elvira Vivanti, so-rella di mio nonno e Angelo Terracina,fratello di mia nonna, si erano sposatia loro volta ed erano loro che stavanolì, già in realtà [faceva tale lavoro,n.d.a.] il mio bisnonno, Shabbatai Vi-vanti che è morto a 92 anni e io mi ri-cordo che abitava qui sotto. Semprevenendo con i miei nonni, loro anda-vano giù e mi ricordo di pomeriggi tra-scorsi in quest’appartamento doveadesso c’è il Tempio askenazita. Al piano di sotto, la cucina della casadel portiere sta ancora nel posto origi-nario. Oggi non so assolutamente ri-trovarmici nel posto dove c’è il Tempioaskenazita perché è cambiato total-mente. Quello che c’è attualmente è ilsecondo Tempio askenazita perché al-l’inizio era qua, poi si è spostato a viaDepretis e poi è ritornato qui ma hannorifatto tutto. Quando si è riaperta lascuola “Polacco”, lì dove c’era la scuolain via Depretis, si è trasferito il Tempio

askenazita e di fronte c’era un appar-tamento dove negli ultimi anni dellasua vita ha vissuto mio nonno, la partedove c’è il balconcino, lì c’era il Tempioaskenazita. Adesso il Tempio askena-zita in via Balbo è diventato il “regno”di rav Hazan, ma stranamente è fre-quentato da tutti tripolini.Un ricordo che ho, legato a quello, èalla fine di Kippur, quando sotto si of-friva ai khazanim – a coloro che in-somma avevano portato avanti letefillot di Kippur – un benché minimodi che rifocillarsi. Altro ricordo è chegiù, oltre a questo appartamento, c’erail forno delle mazzot. Il forno dellemazzot era dove è il matroneo del Tem-pio askenazita adesso. Cominciava afunzionare da qualche mese prima diPesakh, si facevano le famose “mazzotromane”, quelle a strisce, un po’ piùdure e poi c’erano quelle all’olio, che,invece, erano friabili, buone. E mi ri-cordavo che venivo spesso giù a vederela lavorazione di queste mazzot perchévenivano controllate a mano una a unae se poco poco avevano una bolla oqualcosa chiaramente che non andava,venivano scartate perché non conside-rate kasher. Un ricordo legato anche aPesakh è la preparazione dei shimu-rim: quello era una cosa bellissima per-ché il giorno che veniva dedicato allapreparazione di questi, venivano chia-mati tutti i rabbini della Comunità, iquali si vestivano con il loro manto, fa-cevano loro gli shimurim cantando in-torno al tavolo, cioè lavoravano ecantavano ed era una cosa veramentebella da vedersi, coinvolgente, oltre chemolto allegra.

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 68: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

144

Legato al forno delle mazzot della Co-munità di Roma, c’è anche il ricordodella scuola: sopra c’erano le Scuole,ma quando era il periodo in cui si lavo-ravano le mazzot e quindi i forni eranoaccesi, ogni tanto c’era l’allarme che ilforno stava per esplodere e quindi leclassi dovevano essere evacuate velo-cemente e si andava “a spasso” per viaBalbo. Qualche volta è successo pureche usciva del fumo dal forno: chiun-que ha frequentato le scuole qui inquel periodo, si ricorda questa cosa,ma, insieme al fumo, si spargeva ancheun profumo, era una cosa eccezio-nale174! Siamo negli anni ’50-’60. Io hofrequentato qui dall’asilo alla terzamedia – la scuola elementare, solo perdue anni, si era trasferita a via Ago-stino Depretis – se no ho fatto tutte lemie scuole qua. Io ho cominciato ad an-dare nel ’53 in prima elementare, aiprimi anni ’50 andavo all’asilo.

Chi erano i frequentatori del Tempio divia Balbo in passato?Per quanto riguarda le persone che fre-quentavano questo Tempio – a parte lamia famiglia – la famiglia emblematicadi questo Tempio è la famiglia Sabba-dini: i fratelli Sabbadini, Guglielmo,Arnaldo, Paolo, l’hanno frequentatosempre, fino alla loro morte. RicordoGuglielmo e Linda Sabbadini, i geni-tori di Letizia Sabbadini, la moglie diAvraham Piatteli. Ho visto nascere

degli amori qua, per esempio, fra ravPiattelli e Letizia, Aldo Piperno eLidia. Di Lidia e Letizia Sabbadini peresempio ricordo, quando erano bam-bine, le loro trecce: hanno sempreavuto dei capelli bellissimi, biondi eportavano queste trecce lunghe lunghelunghe lunghe che erano un po’ l’am-mirazione e l’invidia di tutte noi bam-bine. Quando era mo‘ed e c’era laBerakhà, si riuniva questa grande fa-miglia sotto il talled175 del padre o delnonno: la famiglia Sabbadini era nu-merosa e venivano tutti. E poi c’eranoi Della Seta, i Fornari, gli Zevi, gliArtom, i Levi, la famiglia di GavrielLevi, i Piperno, gli Haggiag, i Sonnino,i Camerini, i Di Castro architetti natu-ralmente, c’erano dei Mieli che abita-vano a Frascati – se ricordo bene – cheperò venivano soprattutto a Sukkot,venivano qui e questo era il “Tempio difamiglia”. Dei Fornari non ricordo sec’era anche Salvatore Fornari176, ilprimo direttore del Museo Ebraico diRoma, ma probabilmente c’era perchélui era anche in qualche modo impa-rentato con la famiglia Sabbadini: la fi-glia di Fornari, quella che fu uccisa,Vittoria177, era sposata con il figlio dellasignora Sabbadini, Emilia, quella che èmorta l’estate scorsa a 105 anni, la so-rella di Guglielmo. Sotto c’è stato il Tempio askenazita:non appena la grossa comunità aske-nazita è venuta a Roma, ha costituito il

Silvia Haia Antonucci

174 L’accezione del termine “eccezionale” in questo contesto vuol dire qualcosa di estremamente buono.175 Manto che solitamente l’ebreo religioso indossa durante la preghiera mattutina.176 Cfr. S.H. ANTONUCCI, Un amore Capitale. Salvatore Fornari e Roma, Padova, Esedra editrice, 2014.177 Vittoria Fornari Di Castro, uccisa nel 1974 durante una rapina avvenuta in un noto ristorante ro-mano.

Page 69: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

145

Tempio che non era così come è adesso.Però mi ricordo io tante, tantissime fa-miglie askenazite, i Rathaus, i Klein, iSinger, i Bilgorai, gli Izsak, i Rau-chman, i Lazar, i Tennenbaum che ave-vano anche un ristorante, il primoristorante kosher/kasher a via Cavour.Frequentavano tutti questo Tempio ederano molto uniti fra loro, poi, pur-troppo, con i figli, invece, si sono persitutti; hanno sempre fatto gruppo a sé,ma c’era un certo scambio, soprattuttoera bello a Simkhat Torà perché furonoloro i primi a portare la simkhà, cioè cisi andava giù o addirittura su, perchési faceva sul terrazzo sopra, i balli coni Sefarim, qui era una cosa completa-mente sconosciuta ed era una cerimo-nia molto composta. Oggi ormaiabbiamo importato questa cosa e lausiamo fare anche noi, ma quando eropiccola era una cosa assolutamenteestranea: uscivano sempre tutti i Sefa-rim, si facevano i giri, si cantava, perònon c’erano assolutamente questi balli.Poi piano piano, imparando da loro, loabbiamo fatto anche in questo Tempioche è sempre stato un po’ all’avan-guardia, soprattutto quando nonc’erano gli altri, questo era il Tempiofrequentato dai Bené Akiva, per cui igiovani venivano qui, se c’era una no-vità, avveniva a questo Tempio, nonc’erano tutti gli altri Templi, esistevail Tempio Maggiore, il Tempio spa-gnolo e questo. E c’è stato un lungo pe-

riodo, per esempio, in cui SimkhatTorà era molto sentito: era strapienoquesto Tempio perché si faceva simkhàanche fra le donne, nel senso che siscendeva giù, senza mischiarsi [con gliuomini, n.d.a.], però le donne scende-vano e ballavano, poi a un certo mo-mento, invece, non si fece più178.Ovviamente lo facevamo senza Sefer,questo è qualcosa che si fa in Israele,l’ho fatto anche io, in una sinagoga or-todossa, con minianim separati ovvia-mente: viene consegnato un Sefer alledonne a parte, così come la mattina diSimkhàt Torà viene consegnato unSefer in un ambiente a parte e tutte ledonne hanno la chiamata a Sefer; devodire che è molto coinvolgente. Quindi,qui sotto c’era questa simkhà, vera-mente era molto sentita, infatti ci si ve-niva apposta a questo Tempio; poi, aun certo momento, fu detto che nonera più possibile farlo, che non erabene e siamo tornate “dietro lesbarre”179.

Come è cambiata l’atmosfera al Tem-pio?Sicuramente c’è stato un cambiamentosostanziale, è cambiata tantissimo, pervari motivi. Una volta, tanto per co-minciare, qui intorno c’erano tantis-simi negozi di ebrei e anche nella zonadi piazza Vittorio e quindi c’eranomolti più romani che frequentavano ilTempio. È cambiato poi con l’avvento

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

178 La regola ebraica tende a separare uomini e donne durante la preghiera per favorire la concentra-zione.179 L’intervistata intende qui che le donne sono tornate a essere separate dagli uomini durante la pre-ghiera, dietro la mehizà, ovvero una barriera divisoria.

Page 70: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

146

dei tripolini, sebbene poi siano scesigiù da rav Hazan che è venuto in un se-condo momento, nel momento in cuiparlavo prima degli askenaziti, i “Lu-bavitch” non c’erano, non si sapevanemmeno chi fossero. L’essere fre-quentato da tripolini ha fatto sì chequalche piccola cosa fosse cambiataanche nel minhag, anche perché pianopiano sono diventati loro i maggiorifrequentatori del Tempio. Oggi ci sonopiù tripolini che romani, a meno chenon ci sia un bar mizvà, un bat mizvà,un matrimonio, il Tempio è frequen-tato da pochissime persone oggi, que-sto è dovuto anche al fatto che si sonoaperti molti più Templi e molte per-sone non abitano più qua intorno. Quiè stato cambiato l’orario per far sì chesi possa raggiungere i dieci uomini diminian la sera, ma non sempre si fa, ecomunque sono prevalentemente tri-polini quelli che vengono. È semprestato un po’ difficile: io mi ricordo,quando ero piccola, che c’erano i cosid-detti “minianisti”, cioè le persone chevenivano pagate apposta perché fre-quentassero tutte le sere. Questo Tem-pio per lascito deve essere aperto tuttele sere e in determinate date180. Tantefamiglie purtroppo non ci sono più,come spesso è accaduto, i figli si sonoallontanati, magari hanno cambiatozona, e quindi è tutto cambiato. Primac’era più coinvolgimento, ci sono statidei periodi, a esempio quando è tornato

rav Sierra da Torino e ha cominciato afrequentare questo Tempio perché luiabitava a piazza Vittorio, e poi rav Pi-perno, Umberto, prima di andare inAmerica, frequentava questo Tempio,e quindi ciascuno di loro poi portavadietro di sé alcune persone. Certo, ri-spetto alle persone che ricordo ioquando ero bambina, si può dire chenon c’è quasi più nessuno: della fami-glia Sabbadini è rimasto un esponente,mi pare Umberto che viene il Sabatomattina. Tornano, magari, per iMo‘adim, qualcuno si affaccia a RoshHa-Shanà, Kippur. Questo Tempio èstato frequentato, tra l’altro, mai daun ambiente troppo popolare, proprioperché fuori zona, era frequentato dafamiglie esterne a quella che era la“Piazza”. Il Tempio è cambiato tantis-simo, non c’è più nessuno, ora è tuttaun’altra storia.

Si ricorda se al Tempio si sono svoltealtre attività oltre alla tefillà?Che io ricordo, all’interno del Tempio,no. A meno che sporadicamente puòesserci stato un limud o qualcosa delgenere, ma in maniera sistematica, peresempio un corso di lezioni, che ricordiio, no. Adesso, il Sabato pomeriggio c’èsempre la Seudà Shelishit181 con lostudio e adesso il martedì sera si riu-niscono per studiare. Forse il venerdì,durante il periodo invernale ché si fi-nisce presto la tefillà, qualche shiu-

Silvia Haia Antonucci

180 Cfr. ASCER, AC, FCIR, AD 216, Costruzione oratorio via Balbo 1911-1913, Testamento di GraziaPontecorvo vedova di Salvatore Di Castro, 13/05/1909 (minuta e copia).181 Lett. “terzo pasto” dello Shabbat (i primi due sono quello del venerdì sera e quello del Sabato mat-tina) che comprende anche un momento di studio della Torà e viene effettuato il pomeriggio del Sabato.182 Lezioni.

Page 71: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

147

rim182, qualche corso dopo, ma nientedi sistematico, di organico.Quali sono i suoi ricordi circa l’utilizzodei piani superiori al Tempio?Al posto dell’ascensore che c’è oggi alpiano terra, c’era un bagno grande,anche al primo piano c’era un bagnogrande.Sopra ci sono state le scuole, allorac’era dall’asilo, le elementari, le mediee anche le prime classi del liceo. Per quanto riguarda la scuola, al se-condo piano, nell’attuale sala grande,sulla destra, con le finestre che dannosul cortile e non su via Balbo, c’eral’Asilo, poi c’era un corridoio e dall’al-tra parte, le aule: le ricordo tantograndi ma a guardare adesso la sala,non lo sembrano; più o meno corri-spondevano alle travi di legno che an-cora ci sono sul soffitto. In una classedove insegnava mia madre c’eranotanti studenti, lei aveva le classi dop-pie, III e IV, IV e V. Dove oggi sono ibagni, c’era l’aula costruita in più alposto del terrazzo. Ancora oggi sullaparte di terrazzo rimanente si fa lasukkà: si possono vedere le strutturepermanenti. La sala adesso è una bellasala per conferenze, sala per banchetti,ci si fanno limud, adesso hanno messoanche il riscaldamento. Al tempo delKadima, e anche dopo, si facevanotante conferenze qua, ci si riuniva traragazzi anche per parlare dei nostriproblemi, conferenze anche con perso-naggi importanti, questa sala adesso èmigliorata. Nel terrazzo che prima era più grande,veniva costruita la sukkà, di cui ho unbellissimo ricordo perché allora la

sukkà veniva fatta esclusivamente dirami di alloro per cui entrando si sen-tiva un profumo che ti avvolgeva ed eraqualcosa di veramente eccezionale, eragrande, il doppio di quello che è adesso.Fu diviso a metà l’anno in cui io hofatto la seconda elementare: siccomeerano insufficienti le aule, su metà ter-razzo fu costruita questa ulteriore auladove appunto io ho fatto la seconda ele-mentare. Io avevo già frequentato l’asilo che fuvoluto dalla moglie di rav Toaff e damia madre, Enrica Vivanti Dell’Aricciache ha insegnato alle Scuole elemen-tari dal ’33 fino all’‘84, furono le dueideatrici di questo asilo. Lei, insieme adaltre insegnanti, volle questa sezionedella scuola di via Balbo, in un certosenso proprio per raccogliere quell’am-biente che era lontano dalla scuola. Allavecchia scuola “Polacco” – quella che èstata buttata giù negli anni ’50 – c’eranotre sezioni. Poi fu aperta la quarta se-zione, ricordo nei suoi racconti, che an-dava proprio “porta a porta” dallefamiglie che erano lontane, nel senso cheerano fuori dell’ambiente, per convincerea mandare i figli alla scuola ebraica e ineffetti questa sezione era frequentataprevalentemente da un ambiente bor-ghese medio-alto. C’era anche il serviziodi pullman per le scuole. Mi ricordo cheall’asilo avevo un’insegnante che si chia-mava Rossi di cognome, era piccolina, epoi c’è stata per anni la maestra AlbaPinto. E dopo ci sono state le classi ele-mentari, fino alle classi delle medie cheperò non era parificata e quindi biso-gnava andare a fare gli esami esterni. Poile classi furono insufficienti, tant’è vero

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 72: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

148

che per alcuni anni fu preso in affitto ilsecondo piano del palazzo dell’Istat,quello che sta su via Agostino Depretis elì fu spostata la scuola e lì ho fatto la IV ela V elementare, qui [nell’edificio di viaBalbo, n.d.a.] erano rimaste solo l’asilo ele medie, e poi, sempre alle medie, sonotornata qua. Nel frattempo a Lungote-vere Sanzio stavano facendo i lavori allascuola Vittorio Polacco che si era trasfe-rita tutta in via dei Villini. Quando fufatto il nuovo edificio, fu unificato il tuttoe cessò di esserci questa sezione staccataa via Balbo e rimasero solo le medie.L’edificio delle medie “Angelo Sacerdoti”è successivo a quello della scuola ele-mentare, di pochi anni, però ci sono statidei momenti in cui c’erano le scuolemedie qui e le elementari lì, saranno statidue o tre anni, non di più. A quei tempicredo che la scuola media neanche avesseun nome, gli fu dato quando fu unificata

là [nell’edificio in Lungotevere Sanzio,n.d.a.]. Qualche altro episodio particolare acca-duto a via Balbo?Quando cessarono di esserci le scuole qui,il locale, mi pare nel 1966, fu dato al Ka-dima, che era l’allora Centro GiovanileEbraico. Prima la sede del Kadima si tro-vava a via del Gesù, e poi, invece, fu spo-stato qua e mi ricordo, appunto, che ciimbiancammo da soli le pareti. Adessonon mi ricordo in quale occasione furonobuttate giù le pareti divisorie, quelle cheerano le classi, e furono messi i pali, unaspecie di tubi Innocenti grandi grandi chefacevano da sostegno. Mi ricordo, a un certo momento, che fa-cemmo gli scuri tutti in arancione. Cisono stati degli scontri anche interni, cifurono delle “intimidazioni”, ma non attidi antisemitismo dall’esterno; bisognaconsiderare anche che di fronte abbiamoil Ministero degli Interni, l’area è piutto-sto sorvegliata. Certo, una volta non c’erala sorveglianza tutti i giorni, come alTempio Maggiore. Il giorno dell’attentatorav Toaff si trovava qua e mi ricordo ilmomento in cui qualcuno venne ad avvi-sarlo e lui sbiancò e subito scappò via, poisi sparse la voce, alcuni di noi andaronoal Maggiore per vedere quello che erasuccesso. Era un uso quello che l’ultimogiorno di Mo‘ed, rav Rashì183 venisse quia via Balbo.

A cosa è dovuto, secondo lei, questogrosso cambiamento di atmosfera, più innegativo che in positivo, che lei ha perce-pito nel Tempio di via Balbo?

Silvia Haia Antonucci

Ketubbà di Michael e Paola Ascoli decorata da MirnaDell’Ariccia con la raffigurazione di un particolaredella decorazione dell’Oratorio Di Castro (Archivioprivato Dell’Ariccia-Ascoli)

183 Rabbino Capo.

Page 73: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

149

Oggi è frequentato da altre famiglie cheprima non c’erano. Si tratta di un allon-tanamento generale, ma ci sono anchestati casi di ‘aliot, molte famiglie sono an-date in Israele, a partire dalla mia, miofiglio Michael. I Sierra, i Fornari, sonoandati in Israele, gli Zevi, se vengono,vengono a questo Tempio, ma loro nonsono stati mai frequentatori assidui.Quando è Rosh Ha-Shanà e Kippur si ri-vive quell’atmosfera, tornano alcunedelle antiche famiglie, ma poi si sono“persi”, molti si sono allontanati, si sonoassimilati, altri hanno cambiato abita-zione e si sono avvicinati ad altri Templi.Non è stato possibile mantenere il rap-porto con le scuole perché si diceva che sei bambini con i genitori e i nonni veni-vano al Tempio magari, per venire, pren-devano la macchina di Shabbat e quindinon si poteva. Invece era bello, era coin-volgente, perché si faceva poi la mes-sibà184 per loro qua fuori, quindi c’eraanche una maniera di coinvolgere le fa-miglie a preparare il tutto: piano piano lacosa si è persa. All’inizio ho detto che questo Tempio miappartiene, in qualche modo fa parte dime: quando mio figlio si è sposato hofatto la Ketubbà – io decoro Ketubbot – eper la sua Ketubbà ho scelto di fare l‘af-fresco che sta sul fondo e anche quando siè laureato ingegnere, gli abbiamo rega-lato una Meghillat Ester185 che pure hodecorato e, affinché in qualche modo viaBalbo fosse presente, ho rifatto la lam-

pada del Ner Tamid186, presente nella pa-gina delle Berakhot, perché in qualchemodo, insomma, via Balbo è sempre le-gata alla nostra famiglia, ma probabil-mente anche questa cosa si perderàperché mio figlio ha fatto l’‘Alià e quindinon sta più a Roma

FFiorella Di Castro (frequentatrice del-l’Oratorio Di Castro dal 1968 e mogliedell’architetto Marcello Di Castro, checon il padre Angelo ha realizzato ilTempo askenazita, il Centro Rauchman ealcuni interventi nell’oratorio di viaBalbo)187

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Meghillat Ester decorata da Mirna Dell’Ariccia con laraffigurazione del Ner Tamid dell’Oratorio Di Castro(Archivio privato Dell’Ariccia-Ascoli)

184 Festa.185 Il Rotolo di Ester che viene letto durante la festa di Purim.186 Luce perpetua che simboleggia la presenza divina nella sinagoga.187 Intervista effettuata presso la sua abitazione, il 06/03/2014 (ore 11-12), da S.H. Antonucci (ASCER);trascrizione a cura di S.H. Antonucci.

Page 74: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

150

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Ci sono andata da quando ho sposatoMarcello Di Castro che è un frequenta-tore come tutti i Sabbadini. Mio maritoera imparentato con i Sabbadini, era fi-glio di Emilia Sabbadini, quella che hacompiuto 105 anni l’altr’anno e abbiamofatto una festa. Io, prima, effettivamenteandavo al Tempio Maggiore perché mistava più comodo. Io ho sposato nel ’68,ho cominciato a frequentare il Tempio divia Balbo, ho seguito mio marito nei la-vori che ha fatto, anche io sono archi-tetto, quindi, con piacere abbiamopartecipato alla rigenerazione del Tem-pio di via Balbo. Mio marito era partico-larmente legato dall’infanzia a questoTempio anche per il nome che portava,essendo un Di Castro, anche se non le-gato alla famiglia che ha acquistato l’edi-ficio per farne una sinagoga. Mio marito,insieme al padre Angelo, ha fatto il Tem-pio askenazita, ha trasformato l’abita-zione del guardiano nel Tempioaskenazita che tutt’ora funziona. Poi halavorato anche per l’uscita di sicurezza equindi è stato praticamente uno degli ar-tefici della rigenerazione del Tempio divia Balbo, con Haggiag che ha offertoqueste panche: io onestamente devo direche preferivo quelle originali che sono an-date a finire su dalle donne [nel matro-neo, n.d.a.], che portano una certa“confusione”, era meglio farle nuove perle donne perché erano veramente rovi-nare, mentre lasciare quelle originali cheerano bellissime, in noce massiccia, alpiano terreno. Infatti quel mogano scuro[delle panche nuove, n.d.a.] non è adatto,preferivamo tutti le panche originali.

Così come mio marito non è riuscito anon far mettere quelle bellissime vetrate,ma eccessivamente colorate per l’am-biente di culto e per come era stato im-maginato, secondo noi – secondo l’arch.Di Castro e l’arch. Foà – stonano anchese bellissime, sono belle come vetrate manon andavano in quel Tempio, ma non cisiamo riusciti, perché in Comunità cistanno sempre delle persone che deci-dono di più. Lo voglio ripetere, perché asuo tempo io mi sono battuta, insieme amio marito, affinché non si montasseroquelle vetrate, ma trovassero un’altra po-sizione. Ci siamo battuti, ma non ci siamoriusciti.

Com’era l’atmosfera quando ha comin-ciato a frequentare il Tempio di viaBalbo?Sono stata accolta bene, mi sono sempretrovata molto bene con tutto l’ambienteperché chi frequentava il Tempio di viaBalbo era proprio legato al Tempio, èovvio. Quindi, io appena sono entrata, mihanno accolta bene, mi sono sentita amio agio, non ho più sentito la mancanzadel Tempio Maggiore che invece è freddo.Quello era un ambiente caldo, quello chevolevamo continuare a mantenere e nonci siamo riusciti. Nel corso degli anni l’at-mosfera è cambiata, non so perché. Misento sempre a mio agio; continuo ad an-dare lì ma forse c’è un pochino più difreddezza. I tempi cambiano, le genera-zioni sono diverse, adesso ci stanno piùgiovani, più persone che magari sentonodiversamente l’ebraismo, non so dire per-ché, sento che effettivamente adesso sisente un po’ di meno quel calore che hosentito appena entrata.

Silvia Haia Antonucci

Page 75: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

151

Ha percepito qualche cambiamento al-l’interno del rito?No, io non me ne sono accorta.

Si ricorda di cerimonie particolari che visono state a via Balbo, oltre alla pre-ghiera?I matrimoni, i bar mizvà, le feste, ma nonricordo niente di particolare. All’inizio,come tutti i conservatori ebrei, sposarsisignificava fare la cerimonia al TempioMaggiore, però adesso non è più così,adesso ce ne sono tanti di matrimoni avia Balbo. Di maggiorità religiose ce nesono molte, molte di più, credo, a viaBalbo che al Tempio Maggiore, perchéper fare una cerimonia un po’ “calda”, èmeglio andare a via Balbo, non c’è dub-bio. C’è un bar mizvà quasi ogni setti-mana.Via Balbo è stato il Tempio della mia fa-miglia, dei miei figli e di mio marito so-prattutto. Io non ho sposato a via Balbo,ma tutti e due i miei figli, Ariela e Da-niele, hanno fatto la maggiorità a viaBalbo. È una cosa bella perché ci si sentein famiglia. Io, quando ho fatto la mag-giorità di tutti e due i miei figli, l’ho fattain un ambiente che mi piaceva, caloroso,insomma, tutti partecipavano alla miagioia: questo uno lo sente veramente, nonè che non ce se ne accorge. Invece, alTempio Maggiore c’è sempre più fred-dezza, ma anche se lì ci si incontra piùspesso con tutte quelle grandi cerimonieche si fanno al Tempio Maggiore e ci sirincontra un po’ tutti, anche quelli chenon frequentano via Balbo, però, in-somma, la differenza c’è e si sente. Miafiglia sta in Israele, frequenta via Balboquando viene qui, mio figlio ha tante cose

da fare, ha due gemelli, no, non fre-quenta. Nelle feste solenni sì, Pasqua,Kippur, Rosh Ha-Shanà: è un Di Castropure lui – caspita! – è importante, sichiama la sinagoga Di Castro, non è unasinagoga qualunque, si chiama l’Orato-rio Di Castro. Mio figlio è legatissimo avia Balbo, appena può, lui va, anche se èimpegnatissimo.Ricordo poi la cerimonia di Simkhat Toràche è particolarmente bella, bellissima:mio suocero ci andava sempre. Chi lavoranon sempre riesce ad andare a questefeste bellissime che sono invece impor-tanti. C’è calore e coinvolgimento nelTempio.

Cos’altro ricorda circa i cambiamenti al-l’interno del Tempio di via Balbo?Il rinnovamento s’è fatto quando miomarito è riuscito a ottenere il finanzia-mento per il Tempio di via Balbo a cui eramolto legato; non so come ha fatto, maha avuto un finanziamento, perché la Co-munità non aveva i soldi, un finanzia-mento cospicuo per poter rifare lafacciata, l’uscita di sicurezza, ha rimessoa posto i pavimenti ché volevano mettercila moquette e per fortuna ci siamo riu-sciti. Quella è l’unica cosa che siamo riu-sciti, a ritrovare le piastrelle originali dasostituire a quelle rotte e abbiamo evitatoche ci andasse la moquette, perché ci to-glieva quel senso di vetustà che piace pro-prio perché è nato così, non volevamostravolgere tutta l’atmosfera che c’è sem-pre stata al Tempio di via Balbo.

Che lei sappia, ci sono rapporti con ilTempio askenazita?Sì, tutto sommato sì, è tutto in armonia,

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 76: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

152

non ci sono problemi tra askenaziti, ita-liani e tripolini. E mio marito, avendocreato il Tempio askenazita e anche ilCentro Rauchman, lui andava spessogiù, al Tempio askenazita a sentire lepreghiere. Questo è bello: che un ita-liano vada a sentire le preghiere al Tem-pio askenazita, vuol dire che c’è unasintonia.

È a conoscenza di problemi con i vicini?No, nel complesso anche lì, non ho mainotato atti di antisemitismo, non credoche ce ne siano stati, perché la gente ètranquilla, i frequentatori di via Balbonon erano degli “esibizionisti”, andavanotranquilli a dire le loro preghiere e se neuscivano; non credo c’è stato mai un an-tisemitismo evidente.

Dal punto di vista architettonico, comevede questa sinagoga, la terza dopo ilghetto, inserita all’interno degli edifici divia Balbo?La trovo positiva, si è inserita senza ru-more, senza frastuono, sia come Tempio,sia come frequentatori. Mi sembra chesia stata da parte dei Di Castro un’ideaeccellente perché, oltre alle zone vicine,prende tutta la fascia [di frequentatori,n.d.a.] della via Appia: è stata un’ottimaidea e un’ottima iniziativa.

Sulla base della sua esperienza da archi-tetto, c’è qualcosa che cambierebbe nelTempio di via Balbo al di là delle vetratee delle panche?Penso che sta bene, certo non è che sia

architettonicamente una bellezza, è unedificio decoroso, con la sua identità,senza strafare niente; se un passante oun turista passa di lì, non si accorge chec’è una sinagoga e questo è positivo se-condo me, si integra bene nella strada.

SSilvio Di Castro (frequentatore del-l’Oratorio Di Castro fin dal 1970 e figliodi Aldo Di Castro che realizzò le vetratedel Tempio di via Balbo)188

Quando ha cominciato a frequentarel’edificio di via Balbo?Ho cominciato a frequentarlo fin da bam-bino, proprio perché sono cresciuto conquesta “forza” della famiglia Di Castro,perché la famiglia Di Castro è una fami-glia antica a Roma. Non ci andavamospessissimo perché noi siamo semprestati frequentatori del Tempio grande,però, con il fatto che un parente, un an-tenato era stato colui il quale aveva par-tecipato nella costruzione, nell’avermesso i soldi per la costruzione e la rea-lizzazione del Tempio di via Balbo – perquesto si chiama Oratorio Di Castro –perciò papà ci portava sia a me sia a miasorella molte volte al Tempio di viaBalbo. Tant’è vero che fin da bambino midiceva sempre: “Quando entrerai di mi-nian, entrerai di minian al Tempio di viaBalbo”. E naturalmente ho un ricordobellissimo perché un anno indietro, mi ri-cordo la preparazione per il minian, perandare su in tevà, me la fece Pino Arbibe da lì nacque un rapporto con Pino che

Silvia Haia Antonucci

188 Intervista effettuata presso l’ASCER, il 10/04/2014 (ore 10-11), da S.H. Antonucci (ASCER); tra-scrizione a cura di S.H. Antonucci.

Page 77: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

153

va avanti, sostanzialmente ho 48 anni,sono entrato di minian che avevo 13anni, perciò parliamo di trentacinqueanni di rapporto: un rapporto bellissimo.Tant’è vero che due anni fa, ho chiesto dipoter dire l’haftarà – era a cavallo conl’anno ebraico della morte di papà – per-ciò ho voluto dirla lì, perché certamente lìmi dà tante emozioni e tanti ricordi diquando andavo al Tempio con lui, diquando sono entrato di minian, diquando nelle varie manifestazioni dellaGiornata della Cultura sia io sia mia so-rella Sandra abbiamo fatto un po’ da “Ci-cerone”, abbiamo raccontato quelle chesono le opere che sono all’interno delTempio di via Balbo e anche del Tempiodell’Isola Tiberina; anche lì ci sono le ve-trate e altre opere di papà. Ho ricordi cer-tamente molto belli ma in tutte le cose cisono anche i brutti ricordi. Ma parliamoprima di quelli belli: mi ricordo perfetta-mente che a papà arrivò la lettera che glidava l’incarico di realizzare le vetrate peril Tempio di via Balbo: fu una grandegioia, una grande festa. Poi papà si emo-zionava molto facilmente, ma lì era rea-lizzare un pochino quello che era il suoessere ebreo, l’amore per l’arte, la suabravura, la sua capacità perché certa-mente questo era il motivo per cui la Co-munità Ebraica gli affidava questa cosamolto molto importante, perciò possiamoimmaginare qual era un po’ l’emozione,la gratitudine, l’ebraismo che entravadentro e poi vedendo le vetrate ci si rendeconto. È stato trovato un sponsor, natu-ralmente, che fu Haggiag che sponso-

rizzò completamente le opere. Sottolineoa dirlo con piacere: papà negli anni èstato molto bravo sia come pittore maanche come mercante d’arte perciò avevarealizzato anche una serie di guadagni le-gati alla compravendita di opere e certa-mente questo lo aveva messo nellecondizioni sia, per quanto riguarda viaBalbo, ma poi certamente per quanto ri-guarda l’Isola Tiberina, di non percepireuna lira - all’epoca erano lire - perciò, gra-zie naturalmente ai cugini antiquari dellefamiglie Di Castro, cominciò l’avventuradella realizzazione di questa opera. Papà andò da Giuliani189 – che sono con-siderati tra i migliori maestri vetrai che cisono a Roma e in Italia – per quella cheera tutta la parte naturalmente del vetro,e poi andò da un altro artigiano per larealizzazione di tutto quello che era me-tallo, sia nella parte di piombo che ser-viva a Giuliani e poi tutta quella parteche era della struttura che doveva reg-gere le vetrate. Chi le ha viste, chi avrà ilpiacere di vederle, vede che sono dei pan-nelli – ogni vetrata ha quattro pannelli equesti quattro pannelli sono costruiti conpiccoli pezzi – mentre, invece, basta ve-dere le vetrate di una chiesa o altre ve-trate all’interno di musei: sono dei pezziinteri, mentre invece quelli sono tutti pic-coli pezzi dove molti sono disegnati di-rettamente, poi messi naturalmente afuoco, dove su molti si possono vedere leimpronte digitali perché molto era oltreche disegnato, anche lavorato a manodall’artista. E perciò mi ricordo miopadre che lavorava nello studio: noi abi-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

189 Antica bottega artigiana fondata nel 1900. Cfr. http://www.vetrategiuliani.com/

Page 78: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

154

tavamo alle Medaglie d’Oro, al IV pianoc’era l’abitazione e al III piano c’eraun’altra abitazione ma era adibita allostudio di mio padre. E per queste opereaveva cominciato perciò con tutti i boz-zetti, con tutti i disegni che ancora con-serviamo gelosamente: dei grandi foglibianchi e cominciava perciò con il ges-setto nero a disegnare, a buttare giù leidee e nel momento in cui aveva trovatoe deciso il soggetto, poi naturalmente,come fanno tutti i pittori, passare la ma-tita sul gessetto e lì tirare fuori quelli chesarebbero stati i disegni definitivi per larealizzazione dell’opera. Mi ricordo perfettamente che comincia-rono anche le prime battaglie per quelliche erano i frequentatori del Tempio chevedevano “deturpare” il Tempio di viaBalbo con delle opere che non sarebberogradite ai frequentatori e ai parenti deifrequentatori. E là cominciò una vera epropria guerra. Mi ricordo addirittura lamattina dell’inaugurazione, dove c’era ilcarissimo amico Cesare Terracina – notoe grande critico d’arte, storico dell’arte echi più ne ha più ne metta – il carissimoamico di papà, Georges De Canino –grande artista, grande persona, personadi una sensibilità, di una umanità e diuna cultura non indifferente – FiammaNirenstein e i vertici naturalmente dellaComunità. Ricordo perfettamente perchénel ’91 piccolo non ero, avevo 23 anni,avevo mia moglie che era incinta del mioprimo figlio che poi si sarebbe chiamatocome mio padre. Mi ricordo che ci fu unvolantinaggio proprio contro le vetrate e

ricordo che dopo breve tempo mio padrefu anche chiamato addirittura dallaGuardia di Finanza perché accusato diaver preso dei soldi per la realizzazionedi queste opere. Poi naturalmente, dopovari incontri con il maresciallo dellaGuardia di Finanza, tutto fu chiarito.Papà ebbe un grande dispiacere – e lì co-minciò ad avere problemi con il cuore, poisi è ripreso decisamente bene – poiché lìvi fu una “segnalazione”, non faccio nomiperché sennò si farebbe della “lashonaragn”190, ma io credo sempre che K”B [ilSanto Benedetto n.d.a.] vede tutto. Moltidi questi che erano contrari alla realizza-zione è perché non erano stati coinvolti,tra virgolette, “economicamente” nellarealizzazione. Perciò cominciò questaguerra spietata, come capita in tutte le si-tuazioni dove possono girare e girano deisoldi. La Guardia di Finanza venne sol-lecitata, fu mandata proprio la Guardiadi Finanza, ma la sponsorizzazione diquesta opera era stata una sponsorizza-zione alla luce del sole da parte di Hag-giag che non aveva certamente problemi.Mi ricordo perfettamente che la realizza-zione delle vetrate costò oltre i 100 mi-lioni, furono inaugurate nel ’91, anno chenon potrò dimenticarmi mai perché èl’anno in cui è nato mio figlio, il mio pri-mogenito. Mi ricordo ancora quelle scene, conservoancora uno di quei tristi volantini. Matristi per quale motivo? Prima cosa per-ché andavano contro un correligionario,uno perché andavano contro poi sostan-zialmente a delle opere donate da un’ar-

Silvia Haia Antonucci

190 Lashon ha-ra‘, ovvero la maldicenza, pronunciata in giudaico-romanesco; è uno dei peccati più gravidella tradizione ebraica.

Page 79: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

155

tista e credo poi, l’arte è estremamenteoggettiva e soggettiva, un quadro puòpiacere e può far rabbrividire, l’occhioumano nel momento in cui vede, mandadegli input al sistema nervoso e a quelpunto uno può provare delle emozioni.Ho avuto la fortuna fin da piccolo diavere un padre artista, un padre dallagrande sensibilità che mi ha fatto girarequasi tutti i musei del mondo e ho con-tinuato naturalmente anche senza di luied ho avuto la fortuna di trovare unacompagna che ama l’arte. Mi ricordo aParigi, specialmente quando lui si è cu-rato per cinque anni lì, nelle varie giteche abbiamo fatto, le spiegazioni e ancheemozionarsi di fronte a un quadro. Nonmi potrò mai scordare di fronte a unquadro famoso di Monet191 – adesso nonmi ricordo il titolo – si emozionò perchési vede chiaramente – un po’ voluta-mente, un po’ perché naturalmente iquadri degli impressionisti veramentetirano fuori nel quadro un pochinoquello che l’artista ha fatto – ovvero sivede che il pittore sostanzialmente nonriusciva a disegnare una mano, cioè sivede questa mano corretta e lui si emo-zionò perché si immedesimava in quelloche stava provando in quel momentol’artista. Perciò il dolore che mio padre ricevette esubì da quella situazione [dell’opposi-zione alla vetrate, n.d.a.] fu effettiva-mente molto forte. Io ero giovane, avevo23 anni e mi ricordo che mi fermarononel non riuscire a scontrarmi con le per-sone che stavano manifestando [contromio padre, n.d.a.] che erano veramente

“quattro gatti”, erano “quattro gatti”però il dolore proprio provocato per ilfatto che invece di dire: “Grazie”, se èstato scelto, se i disegni, i bozzetti, lebozze erano state decise e scelte, certa-mente, c’era un motivo. Non seguivopasso passo tutto perché svolgevo delleattività, però mi ricordo perfettamentequel periodo. Il ricordo di via Balbo è che sono entratodi minian, che ci andavo con papà, i pa-renti di papà, e questo mi permette anchedi ricordare dei cugini che non ci sonopiù, degli zii che non ci sono più e ognianno c’è mio cugino, Angelo Di Castro –ci sono andato una volta sola anche sesono stato sempre invitato – o prima diKippur o prima di Rosh Ha-Shanà, devecambiare tutte le candele dentro al Tem-pio: è una tradizione che è stata traman-data dai discendenti dei Di Castro.

Qualche altro episodio particolare avve-nuto nel Tempio?Non mi ricordo di essere stato a matri-moni a via Balbo. Devo dire che ho co-minciato ad andare a via Balbo nella seradi Tish‘à Be-Av perché, fa caldo, c’è l’ariacondizionata ma anche lì l’atmosfera èun po’ cupa. Sono due anni che sincera-mente ritorno al Tempio grande perché,come per dire, il fatto che sia una gior-nata di sofferenza e ci sia l’aria condizio-nata sì, è una grande comodità, però,certamente se ne può fare a meno. Per-ciò altre manifestazioni, certamente miricordo – parliamo di parecchi anni fa –quando si organizzavano quelle serateper i single per un periodo, naturalmente

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

191 Claude Oscar Monet (Parigi 14/11/1840-Giverny 06/12/1926), pittore, padre dell’Impressionismo.

Page 80: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

156

dopo la mia separazione che sono statosingle, si frequentavano delle serate doveci stava un’organizzazione giovanile. Poi,recentemente, ci sono andato per fre-quentare delle conferenze, delle manife-stazioni nella parte nuova al [II piano,n.d.a.] che è molto molto bella. Perquanto riguarda al Tempio, mi ricordosemplicemente le varie funzioni. Il bello èche ogni volta che vado, non mi sentocome un frequentatore, cioè di casa, madevo dire che ogni volta che sono andatosia il parnas sia il rav mi ha sempre man-dato la mizvà [la partecipazione direttaalla lettura del Sefer Torà sulla tevà,n.d.a.]. Sono quelle cose che fanno pia-cere, vivo come una sorta di straniero cheritorna a casa.

Dal bar mizvà in poi ha sentito un cam-biamento di atmosfera nel Tempio?Ho sentito un cambiamento di atmosferanel Tempio: come se nella riqualifica-zione della struttura, ci fosse anche unariqualificazione “spirituale”, perciò unamaggiore attenzione, perciò i devarTorà192, le spiegazioni, i commenti, uncrescendo della religiosità, questo natu-ralmente il merito credo, penso, sia diPino Arbib e poi da parte del parnas, deifrequentatori, quelli che hanno comin-ciato a frequentarlo perché molti fre-quentatori di via Balbo non erano moltomolto religiosi che io ricordo, poi ognunoha la propria religiosità, però era belloperché mi ricordo, a esempio, quelli cheavevano negozio a via Nazionale o vive-vano dalle parti di via Nazionale, ave-vano il Tempio dove potevano andare il

Sabato mattina. Purtroppo ogni tantoleggo che si ha difficoltà molte volte a fareminian, questo dipende naturalmenteche prima c’erano prima tre o quattrobeth ha-knesset, oggi ne abbiamo sedicibeth ha-knesset, in realtà sarebberoanche vuoti ma in realtà bisogna anchedire che negli anni – io ricordo chec’erano quatro o cinque compresa via Pa-dova ma la gente era sempre la stessa –negli anni sono aumentati i Templi maper fortuna sono aumentate anche le fre-quentazioni, è aumentata la religiosità.

Si ricorda altri cambiamenti nell’arredodel Tempio di via Balbo?Altri cambiamenti nell’arredo, perquanto riguarda le panche, certamente.Io sono cresciuto nell’antico, vengo dauna famiglia di antiquari, ho visto moltiTempli in Europa, per me un Tempiodeve essere antico. Anche le vetratehanno dei disegni che rappresentano iSefer che volano, altra simbologiaebraica. Mentre, invece, per l’arreda-mento poi è normale che a quel punto bi-sogna anche fare i conti con quello che èl’aspetto economico ma, indipendente-mente è un bene moderno, cioè chi l’haarredato certamente ha rispettato tuttauna serie di caratteristiche. La cosa bellaè la pavimentazione perché quella è unapavimentazione originale con tutta unaserie di materiali che oggi come oggi nonesistono più.

Suo padre ha realizzato nel Tempio di viaBalbo altre opere oltre alle vetrate?Papà nel Tempio ha fatto solo le vetrate,

Silvia Haia Antonucci

192 Lezione sulla Torà.

Page 81: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

157

a via Balbo, mentre all’Isola Tiberina, alTempio dei Giovani ha fatto più cose: laMehizà che separa uomini e donne tuttain ottone e poi le vetrate e ha donato alTempio molti quadri tra oli e pastelli acera.

Come ha vissuto essere figlio di un artistaelogiato ma anche criticato?Sono sempre stato cresciuto con un so-prannome, “pittore”, molti amici michiamano “Silvio pittore”, è buffoquando vedi memorizzato sul telefonodegli amici “Silvio pittore”. Certamentenon era da tutti perché se andiamo a ve-dere gli artisti nella nostra comunità nelmondo della musica o nel mondo dellapittura, nel canto – perché certamenteanche quella è un’arte – siamo pochi, per-ciò mi sentivo certamente importante percerti aspetti e certamente era importanteavere un padre che stava realizzandoun’opera così imponente, perché credoche sia un’opera molto importante. Mi ri-cordo una frase di papà, in quel periodolui addirittura, tramite l’Ambasciata,fece in modo che si stabilisse che se qual-cuno avesse continuato [a criticarle,n.d.a] o ci fosse stato qualcuno che avessevoluto toglierle, distruggerle, il compitopoi sostanzialmente era quello – a nostrespese naturalmente – di ricomprarle e dimandarle in Israele, perché certamente,perché sicuramente ci sarebbe stato qual-cuno che le avrebbe ricevute a bracciaaperte. Ripeto che voglio ricordare esclusiva-mente le cose belle perché se entro nellecose brutte... Negli anni sono state fattetante cose, il Centro di Cultura Ebraicaoggi dà un contributo non indifferente, il

Pitigliani oggi con le sue manifestazionidà un contributo importante per tutto ciòche gira nel mondo della cultura, mi ri-cordo in quegli anni, l’arte, la cultura,non se ne parlava. Io mi sentivo impor-tante, mi piaceva, però mi rendevo contodi essere in qualche modo “diverso” per-ché è vero che da una parte venivo da unafamiglia di commercianti, mia madre èuna “bottegaia” come commerciante,come la maggior parte di noi, però dal-l’altra parte avevo questa cosa che mirendevo conto che non aveva nessuno deimiei amici, il fatto di frequentare deimusei, parlare di pittura, ascoltare mu-sica classica. Sono cresciuto tra il “sacro”e il “profano”, tra il negozio dellamamma e il mondo dell’arte di papà e miscontravo con quella che era la realtà deigiovani perché non se ne parlava ma nonsono mai stato emarginato o preso ingiro, molti amici erano incuriositi. Sapevo di avere un padre bravo e l’at-tacco che ha subito l’ho vissuto tutto. Misono sposato a 22 anni, lui ha avuto l’in-carico due o tre anni prima, mi ricordoperfettamente, sono sempre stato moltopiù attaccato a mio padre che non a miamadre, sarà perché sono stato cresciutocon questa cosa che mio padre voleva ilprimogenito maschio. L’ho vissuta siasotto il profilo personale perché vedevo lesofferenze di un padre, c’era una conte-stazione di pochi, ma quei pochi dicevanodi essere i frequentatori del Tempio. Miopadre ricevette la lettera di incarico daToaff che aveva grande stima per papà epoi a livello generale – papà era un intro-verso, papà era molto spigoloso – noncredo che gli abbiano dato l’incarico per“simpatia”, ma gli è stato dato l’incarico

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

Page 82: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

158

perché gli era stata riconosciuta la capa-cità e la possibilità di realizzare qualcosadi estremamente bello all’interno delTempio di via Balbo. Ricordo vagamentele vetrate che c’erano prima, con delleforme geometriche. Papà ci si è preso unamalattia per una persona in particolare;ho avuto la fortuna di avere un padrecome il mio, con la sua sensibilità, dovel’odio, ne conosco poco effettivamente ilsignificato come sentimento, ma conquella persona è diverso.Ma comunque il ricordo è molto bellodelle vetrate, il ricordo è molto bello delTempio, il ricordo è molto bello di tuttoquello che è girato intorno. Se Dio vuole,farò l’‘alià e questa è una delle cose chemi pesa lasciare di Roma, le cose che papàha realizzato, anche se – se Dio vuole –farò avanti e indietro tra Roma e Israele.

LLeone Paserman (frequentatore del-l’edificio di via Balbo fin dal 1972, Presi-dente dell’Agudat Askenazim)193

Quando è entrato in contatto con l’edifi-cio di via Balbo?Io sono figlio di genitori polacchi, sononato a Genova e sono arrivato a Romadopo la liberazione, agli inizi del marzo1945, quando siamo riemersi dalla clan-destinità. In quegli anni subito dopo lafine della guerra, a Roma, credo ci fosseroqualche migliaio di ebrei stranieri, o,come la mia famiglia, stranieri che vive-vano in Italia da molti anni, da prima

della guerra, e ancora molti di più eranoinvece ebrei sopravvissuti alla Shoà,ebrei dell’Europa centro-orientale anchedalla ex Jugoslavia, che non erano volutitornare nei paesi d’origine e cercavano diemigrare o verso la Palestina – dico Pale-stina perché era prima della costituzionedello Stato di Israele – oppure verso ipaesi tradizionali dell’immigrazionecome potevano essere gli Stati Uniti el’Australia o il Canadà e forse anche ilSud America. E quindi di fatto io per piùdi dieci o quindici anni, dal ‘45 al ‘60forse, non ho avuto contatti veramentecon la comunità ebraica romana. I primicontatti con la comunità romana li hoavuti quando mi sono iscritto all’Univer-sità194 e quindi nel ’58. Allora in queiprimi dieci anni dopo la fine alla guerra,c’erano a Roma due o tre oratori degliaskenaziti. C’era un oratorio degli aske-naziti molto ortodossi che facevano capoall’Agudat Israel – per quello che ricordoio – poi, forse, ce ne era pure qualcunaltro, e uno degli askenaziti che facevanocapo al Mizrachi: il Mizrachi era anchesionista, l’Agudat Israel non era sionista. L’Agudat Israel aveva un oratorio in viaPalestro – per quello che ricordo io – e ilgruppo del Mizrachi aveva un oratorio avia Principe Amedeo n. 2, vicino a viaBalbo che era in un appartamento diqualche ufficio “palestinese” o Agenziaebraica, ora non so esattamente cosa cifosse. Poi, nel corso di quei dieci anni, moltisono emigrati, dopo la fondazione di

Silvia Haia Antonucci

193 Intervista effettuata presso il suo ufficio (Fondazione Museo della Shoah, onlus), il 15/01/2014 (ore11-12) da S.H. Antonucci (ASCER) e da S. Cava (DiBAC); trascrizione a cura di S. Cava.194 Leone Paserman, ingegnere, è stato Presidente della Comunità Ebraica di Roma dal 2000 al 2008.

Page 83: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

159

Israele era diventata facile e possibilel’emigrazione in massa verso lo Stato diIsraele, si erano anche un po’ anche libe-ralizzati i visti di immigrazione verso gliStati Uniti per cui questa folta comunitàdi ebrei era andata sempre più rimpicco-lendo; chiuse per primo l’oratorio di viaPalestro, quindi quei pochi che erano ri-masti ancora a Roma confluirono nell’al-tro oratorio Mizrachi. A un certo puntochiusero l’ufficio in via Principe Amedeoe ci trasferimmo in un appartamento cheaveva la Federazione Sionistica a viaBalbo 35, il palazzo a fianco al Tempio, enoi facevamo servizio solo Sabato,quando l’ufficio era chiuso, in unastanza, un salone che funzionava da ora-torio, saremo stati lì due o tre anni.Poi si era liberato l’appartamento che eranel palazzo della Comunità Ebraica in viaDepretis, quello che adesso è affittato al-l’ISTAT. Nel frattempo c’era stato l’ac-cordo di Ben Gurion con Adenauer, irisarcimenti della Germania allo Stato diIsraele, si era costituita la Claims Confe-rence195, organizzazione che recuperava irisarcimenti che il governo tedesco di-sponeva agli ebrei sopravvissuti, per cuila Claims Conference si offrì di restau-rare, di sistemare un oratorio per gliebrei askenaziti e quindi la Comunità diRoma mise a disposizione questo appar-tamento di via Depretis, e, con fondi della

Claims Conference, venne adattato unoratorio vero e proprio, cioè non era piùuna stanza in un ufficio, o sopra un uffi-cio, ma era proprio un oratorio con la di-visione del matroneo; era unappartamento, però restaurato conanche del materiale di arredamento cheproveniva dai magazzini, dal sotterraneodella Comunità che era ancora del mate-riale di origine di una delle cinque Scole,la Scola Castigliana. E quindi venne alle-stito questo oratorio di via Depretis cheera all’angolo con via Balbo, credo che siastato fatto nel ’61.Poi più o meno si liberarono tutti gli ap-partamenti del palazzo di via Depretis ela Comunità pensò bene di affittare tuttol’edificio, per cui questo oratorio askena-zita dava fastidio perché impediva di af-fittare tutto lo stabile. In compenso nel’67 era arrivata l’ondata di ebrei libici,tra questi ebrei libici c’era un imprendi-tore che si offrì di spostare il forno delleazzime che si trovava nel seminterrato divia Balbo, e la Comunità gli dette dei lo-cali a via Pozzo Pantaleo, dove poi andò ilMaccabi196; adesso ristrutturato, c’è unaparte dell’ambulatorio dell’OspedaleIsraelitico. Quindi il forno delle azzimevenne trasferito da via Balbo a via diPozzo Pantaleo e questo seminterratodell’edificio di via Balbo si rese disponi-bile, una parte del seminterrato e una

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

195 Dal 1951 la Claims Conference (The Conference on Jewish Material Claims Against Germany) si oc-cupa di risarcire gli ebrei per i beni loro sottratti e tratta aiuti e risarcimenti per le vittime della per-secuzione nazista.196 Maccabi Tel Aviv, società fondata nel 1906. Il Maccabi Tel Aviv B.C., creata nel 1932, è la sezione dipallacanestro della società polisportiva Maccabi Tel Aviv. È una delle squadre più blasonate e presti-giose d’Europa: è infatti il terzo club europeo più vincente della storia assieme alla Pallacanestro Va-rese e al Panathinaikos Atene e dietro al Real Madrid, alla Pallacanestro Cantù e al CSKA Mosca,avendo vinto sei Euroleghe, una Suproleague, una Coppa Intercontinentale e avendo disputato ben 15finali europee.

Page 84: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

160

parte del forno delle azzime, mentre ri-mase a disposizione un piccolo spazio perl’appartamento del custode. Allora la Comunità decise di trasferirel’oratorio askenazita da via Depretis a viaBalbo, quindi venne ristrutturato tutto ilseminterrato, venne ricostruito un miqvèe venne allestito, rifatto tutto questo ora-torio askenazita, questo Tempio askena-zita, che funziona ancora adesso, ilprogetto è dell’arch. Angelo Di Castro inparte anche aiutato dal figlio arch. Mar-cello Di Castro z.l.197 e questo Tempiovenne inaugurato, se non sbaglio, nel1972 con un matrimonio. Cioè vennefatto lo Shabbat Khatan198 al Tempioaskenazita e il giorno dopo fu fatto il ma-trimonio a via Balbo. Me lo ricordo per-ché lo sposo era mio cugino e la sposa eradella famiglia Sabbadini: Valeria Coen,ma la madre era Sabbadini. I Sabbadiniallora erano i “domini”, la famiglia Sab-badini mandava avanti il Tempio di viaBalbo, erano tanti fratelli. E mio cugino èMauro Rathaus.Ho dimenticato una cosa: io, in verità,per tutto un anno ero andato a via Balbo,nel ’56, quando è morto mio padre,quindi andavo tutti i giorni per dire ilKaddish199: quindi dal ’56 al ‘57 io ho fre-quentato il Tempio di via Balbo, però pro-prio perché mi stava più vicino, non sonomai andato al Tempio Maggiore. Questoè un aspetto del confronto con la comu-nità: io per un anno frequentavo la sera

‘Arvit al Tempio di via Balbo e poi di Sa-bato c’era il minian al Tempio askenazitache funzionava solo di Sabato.

Come sono stati rapporti all’inizio, se cisono stati, con gli altri “inquilini” di viaBalbo?Sono stati scarsi, scarsi. Allora gestivanotutto i Sabbadini, con loro non c’era pro-blema. Questo oratorio askenazita haavuto responsabili che si susseguirononel tempo, i primi due responsabili,quando ancora stavamo a via PrincipeAmedeo, uno era stato il sig. Haim Ki-chelmacher e poi l’altro era Shmuel Te-nenbaum che aprì il primo ristorantekasher a Roma a via Cavour che non eraun kasher di cucina giudaico romanescama un kasher di cucina yiddish200 ed eratendenzialmente solo per i turisti e per ivisitatori stranieri. Poi, dopo la loroscomparsa, divenne responsabile GiorgioRauchman, per parecchi anni, che era unsignore molto autorevole e anche autori-tario, imponente, di formazione tedescaanche se credo fosse nato in Polonia, masi era trasferito giovane in Germania, percui era di formazione tedesca. Lui credocomunque sia venuto in Italia prima del’39, come anche Kichelmacher che stavain Italia dagli anni ‘30. Il signor Tenen-baum era sopravvissuto alla Shoà, lui erapolacco; si era salvato, aveva perso sicu-ramente la moglie, poi si era risposato,aveva due figli che si erano salvati e

Silvia Haia Antonucci

197 Cfr. l’intervista a Fiorella Di Castro, infra.198 Lett. il «Sabato dello sposo». Sabato mattina precedente il matrimonio in cui il futuro sposo sale aSefer.199 Preghiera di santificazione del Signore, solitamente recitata in ricordo dei defunti.200 Lingua degli ebrei askenaziti, risultato della fusione di ebraico, tedesco e lingue slave. Prima dellaShoà esisteva letteratura, teatro, cinema, poesia in iddish. Adesso i supersiti sono negli Stati Uniti ein Israele.

Page 85: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

161

anche una figlia che si era salvata; la fi-glia era stata affidata a una famiglia po-lacca durante la Shoà, per cui dopo laguerra ebbero molti problemi per riotte-nere la figlia, di fatto questa figlia nontornò col padre, poi mi pare sia emigratain Sud America; poi anche i due figli, unoha fatto l’‘alià, è andato in Israele e l’al-tro è andato in Sud America, quindi aRoma c’era solo lui e il figlio che è andatoin Israele poi è tornato a Roma, in-somma, una situazione familiare un po’difficile. Dopo il signor Rauchman, che comin-ciava a essere anziano, prese la posizionedi Presidente dell’Agudat AskenazimLeonardo Israelovici, che era di origine,credo, jugoslava. Però erano venuti inItalia... forse erano nel gruppo di ebreiche erano stati arrestati dagli italiani du-rante la guerra, ed erano stati portati inItalia nel ‘41-‘42, dopo che l’Italia avevaoccupato un pezzo della Slovenia e dellaDalmazia, perché Leonardo Israeloviciche era il fratello maggiore, era stato in-ternato a Ferramonti con i genitori; luiera bambino allora. Chi vive ancora è ilfratello, Isacco Israelovici.Noi abbiamo avuto diversi responsabili,rabbini o “quasi rabbini”, al Tempioaskenazita; in effetti l’ultimo rabbino chericordo io è un certo rav Lemberg, unapersona molto in gamba, un rabbino dav-vero molto autorevole, però lui, credo,negli anni ‘50 emigrò negli Stati Uniti.

Poi, da allora, non abbiamo avuto rabbiniper tanti anni ma avevamo solo khaza-nim; non sempre dei khazanim profes-sionali, anche perché, finché era in vitala generazione di mio padre e altre per-sone, erano tutti in grado di fare il kha-zan al Tempio e quindi si alternavanotranquillamente, insomma. Per esempioera tradizione che il giorno della setti-mana in cui cadeva l’anniversario di ge-nitori era il figlio che pregava. Semmai,avevamo una persona più esperta per laqeriat Sefer201, la lettura del Sefer, manon per Shakhrit e Musaf202, non ce neera bisogno. Quindi avevamo avuto comeqorè203 i vari shokhatim204 che si sono al-ternati a Roma. Perché prima abbiamoavuto lo shokhet di Roma, che era uncerto Kahn, se non ricordo male, un ru-meno che era anche lo shokhet della Co-munità. Dopo abbiamo avuto un altroshokhet che non mi ricordo come si chia-mava, che poi morì in un incidente stra-dale, però durò pochi anni. E poi abbiamoavuto lo shokhet Eliahu Ouazana che hafatto il qorè per tanti anni. A un certo punto, nella fine degli anni‘70, io poi per un periodo dal ‘77 all’‘80,per quasi quattro anni sono stato a Lon-dra, ho perso un po’ i contatti, ma in que-gli anni, ’77-’78, è venuto a Roma ravHazan, perché lui venne a Roma quandoci fu la grande ondata di ebrei dalla Rus-sia. Quindi gli ebrei che volevano andarein Israele, partivano da Vienna, e quelli

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

201 Lettura del rotolo della Torà.202 Parte finale della preghiera mattutina per le feste203 Colui che legge la Torà.204 Sing, shochet. Colui che uccide l’animale secondo la tradizione ebraica in modo da rispondere a dueesigenze: che l’animale soffra il meno possibile e che il sangue, simbolo di vita, defluisca quasi total-mente.

Page 86: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

162

che non volevano andare in Israele, ilJoint li mandava a Roma, e a Roma sta-vano da tre a sei mesi. Stavano prima aOstia, poi a Ladispoli, il tempo necessa-rio per ottenere il visto di immigrazione.Allora, in quel periodo le organizzazioniebraiche americane mandarono deglishelikhim205 a Roma a caccia di “adepti”,per cui anche il movimento Chabadmandò rav Hazan. Lui poi doveva farel’insegnante al Tempio tripolino, ricordoche nel ’67 erano arrivati gli ebrei libici.Era già venuto a Milano rav Garelik206, aMilano si era già costituito un gruppoChabad più importante, c’era una comu-nità askenazita più importante, Milano èsempre stata una comunità multietnica.Quindi rav Garelik viene a Roma, chiesea noi se potevamo prendere rav Hazan,aveva due bambini, e abbiamo ingaggiatorav Hazan che da allora è rimasto, èmolto prosperato, ha ingrandito la fami-glia, ha anche avuto altri bambini. Nel’76, quando è morta mia madre, lui nonc’era, di questo sono sicuro. Mentre, in-vece, nel ‘76 c’era ancora quello shokhetche è morto per un incidente, è mortopoco dopo. E quindi con rav Hazan si èpoi consolidato il Tempio askenazitanegli anni, la generazione di mio padre,dei miei genitori stava scomparendo perragioni anagrafiche ovviamente, quindigli Ashkenaziti sono molto diminuiti. Laseconda generazione, la maggior partehanno fatto “matrimonio misto” tra vir-golette come me, come io che ho sposato

una ragazza di Roma, e altri hanno fattoil matrimonio misto vero e proprio, e nonhanno più seguito molto il Tempio aske-nazita. Oggi gli askenaziti veri e propri che fre-quentano il Tempio sono molto pochi,però abbiamo avuto la fortuna di acco-gliere tantissimi libici, perché ce ne è ungruppo abbastanza folto che abita nellazona dell’Esquilino per cui il Tempioaskenazita era molto più comodo che an-dare a[l Tempio di, n.d.a.] via Padova. Percui il gruppo di libici che abitano a via Ca-vour, piazza Vittorio, quella zona lì,hanno cominciato a frequentare il Tem-pio askenazita. Probabilmente ravHazan, che è sempre in cerca di “prose-liti”, è stato più ospitale di quanto non siastato il Tempio di via Balbo, e quindi oggila maggioranza dei frequentatori delTempio askenazita è di origine libica. Il minhag è askenazita, però non è aske-nazita stretto, nel senso che è più di tipoisraeliano-askenazita, nel senso che lapronuncia è quella sefardita, non è aske-nazita, non è “Boruch”, “O-donoi”207, lapronuncia è tipo quella italiana, la pro-nuncia di tipo sefardita, il minhag èaskenazita, salvo qualche volta per qual-che celebrazione, cerimonia interven-gono i libici. Un khazan volontario è Vito Arbib, chegli piace molto, quindi interviene; tipoShabbat scorso si leggeva la Shirat Ha-iam208, per cui l’abbiamo letta alla “tripo-lina” con interludi di altri pezzi, rav

Silvia Haia Antonucci

205 Sing. shaliakh. Lett. “Messaggeri”, ovvero “inviati”.206 Il movimento Chabad-Lubavitch è presente in Italia da oltre cinquant’anni, sotto la direzione diRav Gershon Mendel Garelik.207 Gli askenaziti hanno una pronuncia diversa dell’ebraico rispetto a sefarditi e italiani (a esempio la“a” letta come “o” oppure come “e”; la “t” come “s”).208 La Cantica del Mare recitata da Mosè dopo il passaggio del Mar Rosso (parashà Beshallakh, 15, 1-21).

Page 87: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

163

Hazan è molto tollerante da questopunto di vista, molto più di quanto nonsono, a esempio, al Tempio Maggiore,forse anche al Tempio di via Balbo. Unavolta per Yom Ha-Shoà209, qualche annofa, chiesi: “Bisognerebbe dire El MallèRakhamim”, che noi askenaziti siamoabituati a dire nella preghiera che si faper i defunti, la melodia askenazita è unamelodia veramente importante, non è la“cantilena” dei khazanim romani, e al-lora dissi: “C’è qualcuno che sa dire ElMallè Rakhamim?”, allora c’era rav MinoBahbout che disse: “Io lo so dire”, nonera proprio bravissimo, però era accetta-bile. Io non ero Presidente, ma l’alloraPresidente della Comunità disse: “È l’ul-tima volta che al Tempio viene detta unamelodia non romana!”: c’è questa gelosiadel rito romano della “gnain”210.La grande evoluzione successiva che c’èstata è stata la realizzazione del CentroRauchman. Il Tempio askenazita è statofatto nel ’72, mi pare, invece, il CentroRauchman è stato inaugurato nel ’91,perché nel frattempo il custode era an-dato in pensione, la Comunità decise dinon sostituire il custode, grande errore,secondo me, di non avere un portierefisso a via Balbo, e quindi si era liberatoquesto appartamento del custode, e sidisse: “Benissimo, facciamo il CentroRauchman”. Se vogliamo ricordare i pre-sidenti della Comunità, io credo che,quando è stato fatto il Tempio askena-zita nel ‘72, se non ricordo male il presi-dente della Comunità era Fernando

Piperno, mentre, quando è stato fatto ilCentro Rauchman credo che fosse Ser-gio Frassineti.Il Centro Rauchman è una sala, è statoristrutturato tutto quello che era un ap-partamento ed è stato fatto un grande sa-lone, la cucina più o meno è rimasta lastessa, anzi, allora c’era una sala piùun’altra saletta piccolina, poi è stata but-tata giù, poi con un secondo restauro èstato fatto un grande salone che serveper i ricevimenti e serve come TalmudTorà, per parecchi anni tutte le domeni-che rav Hazan ha fatto Talmud Torà peri bambini al Centro Rauchman, poiadesso non lo fa più al Centro Rauchmanperché lo fa dove ha fatto adesso il nuovoGan ieladim211 vicino a piazza Bologna,che è un locale molto bello, molto grandeper cui lo fanno lì tutte le domeniche. IlCentro è attiguo al Tempio, nel sotterra-neo. Il progetto del Centro Rauchmanl’ha fatto l’architetto Marcello Di Castro.È utilizzato per i Kiddushim; adesso cheè stato restaurato il piano superiore di viaBalbo, magari i Kiddushim più impor-tanti vengono fatti sopra. Il Tempio ita-liano non faceva il Kiddush, lo abbiamointrodotto noi della tradizione askenazitae dopo alcuni anni hanno detto: “Perchénon facciamo anche noi il Kiddush?”. C’ètanta gente che arriva a mezzogiornoquando c’è il Kiddush. I Kiddushim “or-dinari” vengono fatti nell’anticamera delTempio, all’ingresso del Tempio, però seuno vuole fare un Kiddush più impor-tante, e tutti gli anni che era fuori uso il

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

209 Giorno della Commemorazione dei Martiri e degli Eroi dell’Olocausto (27 del mese ebraico di Nis-san).210 Modo particolare del giudaico-romanesco di pronunciare la lettera ebraica “’ain”.211 Asilo.

Page 88: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

164

piano superiore, veniva utilizzato il Cen-tro Rauchman. Poi sono state fatte delleconferenze. All’inaugurazione facemmo un’inaugu-razione veramente molto bella, mi parenel luglio del ’91, con due lezioni su ri-cordi della vita degli ebrei in Ungheria ein Polonia, una fatta da Edith Bruck212,sull’Ungheria e l’altra fatta da AlbertoNirenstein213, il padre di Fiamma Niren-stein214, sulla Polonia e con un concertodi musiche in yiddish: c’era un violinistaisraeliano dell’orchestra dell’Opera diRoma e un musicista di Firenze, del Mag-gio Musicale Fiorentino, molto bravo, percui fu veramente uno spettacolo. Il Cen-tro Rauchman è stato, non totalmente,ma in larga parte autofinanziato dai fre-quentatori del Tempio askenazita chehanno anche messo una targa per ricor-dare tutti i membri del Tempio askena-zita che non erano più in vita. Se nonricordo male credo che ci sia stato ancheun contributo della Comunità Ebraica.Poi, l’anno scorso, abbiamo fatto un pic-colo restauro dell’oratorio, cambiandol’impianto dell’aria condizionata, ripri-stinato l’impianto d’illuminazione se-condo il progetto originale.L’architetto Roberto Veneziani hafatto anche un progetto di restauro delTempio. Perché nel Tempio, come è se-condo la tradizione ebraica, il matro-neo è molto sacrificato, e quindi lui

voleva prendere un pezzetto della salaRauchman e fare anche un matroneodall’altra parte, però non abbiamo isoldi, c’è il progetto, ma non abbiamofatto ancora niente.Adesso c’è anche un progetto di restauroe ampliamento del miqvè, anche lì non cisono i soldi. Il problema finanziario è ve-ramente un problema perché anche noipraticamente abbiamo 15.000 euro dispese all’anno con la Comunità che ci dàun contributo di 1700 euro; erano 2000,poi li hanno ridotti a 1700 euro con laspending review, già dall’anno scorso,anzi da due anni. Quindi ci autofinan-ziamo, la Comunità ha messo i locali,paga la luce e paga le pulizie, e basta. Ciautofinanziamo con le offerte al Tempioquasi esclusivamente dalle famiglie aske-nazite originarie e di visitatori occasio-nali; c’è qualcuno che paga una quotaannuale, ma sono rimasti in pochi. VitoArbib ogni tanto prende e fa dei restauriper sua iniziativa, fa ripulire, ha fatto ri-fare la tevà, bisogna riconoscerlo, è unadelle colonne. Quando io sono rientrato da Londra agliinizi dell’ ‘81, non so se subito, non moltodopo, Leonardo Israelovici, non so perquale motivo, mi disse: “Non ce la facciopiù, prendi tu la responsabilità dell’Agu-dat Askenazim”, forse c’erano stati degliscrezi con Rauchman e così sono diven-tato responsabile e Presidente di questa

Silvia Haia Antonucci

212 Edith Steinschreiber Bruck (Tiszakarád 03/05/1932), scrittrice e poetessa ungherese. Fu imprigio-nata in diversi campi di concentramento nazisti (Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen); sposò il poetae regista Nelo Risi.213 Aron Alberto Nirenstein (1915-2007), combattente nella Brigata Ebraica durante la Seconda guerramondiale in Nord Africa e in Italia (sbarcò a Salerno); aveva lasciato Varsavia nel 1936 ed era stato frai primi pionieri dello Stato di Israele.214 Fiamma Nirenstein (Firenze 18/12/1945), giornalista, scrittrice e politica.

Page 89: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

165

Agudat Askenazim, che è un’associa-zione di fatto ma non ha nessuna vestegiuridica. Noi facciamo parte della Co-munità Ebraica di Roma, le offerte ven-gono girate alla Comunità Ebraica diRoma, sono nel bilancio della Comunità,come offerte per il Tempio askenazita epoi la Comunità le rigira, è come fareun’offerta al Tempio per la Deputa-zione215 o per il Keren Kayemet [Leisrael,n.d.a.].Essere Presidente dell’Agudat Askena-zim non è un grosso impegno, gestisco leofferte che mi arrivano, c’è una signora,Martine Azen Leotardi, che mi aiuta, chefa le ricevute, io faccio il tesoriere; quindilei fa le ricevute provvisorie poi a fineanno la Comunità fa le ricevute defini-tive. E poi, non so come chiamarlo, diamoun sussidio, un contributo, un piccolo so-stegno sia a rav Hazan che a Fabio Leo-tardi che è vice khazan, ma da poco si ètrasferito al nuovo Tempio dei Parioli,più altre piccole spese, perché non ab-biamo altre spese rilevanti, spendiamocirca 15.000 euro l’anno, non è molto. Da qualche anno si è costituito un comi-tato femminile del Tempio askenazita,non so se per iniziativa di mia moglieGiuliana. Organizzano una festa perPurim e una festa per Chanukkà, desti-nate ai giovani soprattutto. Quindi orga-

nizzano queste feste, le hanno fatte sopraal Kadima, sopra in terrazza, insomma civa un sacco di gente, di single: un di-screto successo! Infatti, stanno già pen-sando a cosa fare per Purim, sono alcunesignore: c’è mia moglie, c’è Martine Leo-tardi, c’è Bella Brauner, Foffi Laufer,Ester Klein e Marianna Fertig.

La frequenza della preghiera è aumen-tata nel corso degli anni? Quando, saranno dieci anni, morì il si-gnor Kahlun, libico, che aveva tre figli al-meno e qualche genero, e abitavano nellazona di via Cavour, allora loro organizza-rono il minian la mattina, perché a viaBalbo non c’è il minian la mattina alTempio italiano, c’è solo a Rosh Chodeshe il Sabato, e, quando c’è minian, che nonsempre c’è, la sera. Tanto è vero cheadesso fanno alle otto di sera per ‘Arvitperché vengono quelli che hanno negozionella zona di via Nazionale. Questi figlidel signor Kahlun organizzarono un mi-nian, siccome loro già in famiglia eranomezzo minian, allora organizzarono unminian tutte le mattine a via Balbo chedoveva durare solo l’anno del Kaddish,invece è rimasto: è un minian di rito ita-liano, fatto a via Balbo al Tempio aske-nazita, più piccolo del Tempio grande, iprimi tempi credo che rav Hazan leg-

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

215 Deputazione Ebraica di Assistenza e Servizio Sociale di Roma-Centro Consulenza Familiare, nataa Roma ai primi del ‘900 dopo lo scioglimento delle Confraternite che avevano operato durante ilghetto (1555-1870). L’Università degli Ebrei di Roma, tra il 1882 e il 1885, riorganizzò tutte le Com-pagnie, mantenendo attive quelle principali – Ghemiluth Chasadim, in ebraico, “Opere Pie”, dettaanche Compagnia della Carità e della Morte; Talmud Torà, in ebraico, Studio della Torà, altrimentidetta scuola de’ Putti; ‘Ozer Dalim, in ebraico, “Aiuta i poveri”; Moshav Zeqenim, in ebraico, “Ospi-zio dei vecchi”; Shomer Emunim, in ebraico, “Custodi della fede” – e raggruppò quelle più importantifacendole confluire nella Deputazione Israelitica di Carità, istituzione ancora oggi operante, di cuiesiste un piccolo Fondo presso l’ASCER. Cfr. A. MILANO, Il ghetto di Roma. Illustrazioni storiche,Roma, Staderini, 1964,, p. 237.

Page 90: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

166

gesse il Sefer – lunedì e giovedì216 – e noncredo ci fosse qualcuno che sapesse leg-gere il Sefer, allora lo gestiva Angelo Mo-scati, che prima era lo Shamash di viaBalbo poi, quando era andato in pensioneaveva continuato ad andare a via Balboquando abitava in “Piazza” al Porticod’Ottavia, per cui per alcuni anni gestivaquesto minian tripolino sostanzialmente,tutte le mattine. Però da allora è rimasto,per cui a via Balbo c’è un minian per Sha-khrit tutti i giorni, credo ci sia sempreminian dove vanno molti tripolini,tranne Janek Leipzig Pagani z.l. noncredo ci fossero Askenazim. Per gli aske-naziti era solo il sabato mattina, adesso èaperto tutti i giorni per Shakhrit nelTempio Ashkenzita per iniziativa degliebrei libici, mentre, invece, il Sabato mat-tina c’è il minian askenazita sempre alTempio askenazita; il venerdi sera no,però sopra c’è la tefillà dell’Oratorio DiCastro. Credo che Sabato, quando finisceMusaf, dopo il Kiddush, se rimane mi-nian, si dice Minchà, ‘Arvit no. Io direi che è una convivenza molto cor-diale che è andata aumentando neglianni, non c’è nessun problema.

Come sono i rapporti con altre realtà checi sono state nell’edificio a via Balbo dal1972 a oggi?Il CGE, il Kadima si vedevano la seraquindi non c’è stata necessità di contatti.Certe volte anche noi con matrimoni e barmizvà utilizziamo la sala grande di sopra.Ricordo per il bar mizvà di mio figlio fa-cemmo il Kiddush alla sala di sopra che

era già mezza ripulita e feci rifare il pavi-mento a mie spese. Succede così che que-sti restauri parziali vengono fatti quandoil figlio si sposa e il padre ha fatto ripuliretutto; anche io ho fatto rifare l’impiantoelettrico quando c’è stato il bar mizvà dimio nipote che è venuto dall’America e havoluto fare il bar mizvà a Roma.

Come è cambiata l’atmosfera al Tempioaskenazita nel corso degli anni?C’è stato un cambiamento perché unavolta c’era questa quasi famiglia di aske-naziti anche se non erano tutti polacchi –erano polacchi, ungheresi, qualcheboemo, tedesco – però, veramente, sec’era una festa o una qualunque occa-sione, si invitavano tutti i frequentatoridel Tempio, un matrimonio o un barmizvà, non è che uno sceglieva solo gliamici che frequentava fuori del Tempio,tutti erano invitati al Tempio e anche al-l’albergo. Era una grande famiglia, noneravamo mai molti, ormai eravamotrenta o quaranta famiglie, non è che fos-simo molti di più, e quindi venivano invi-tati tutti. Poi c’era questa possibilità,capacità di molti dei frequentatori di fareanche da khazan. C’era più familiaritàfrancamente, in parte c’è oggi tra i libici,ma meno, anche perché erano tanti,quelli di Bengasi, di Tripoli. Direi però –e questo è merito di rav Hazan – tuttipensano che siano tutti ultra ortodossi,ma per carità: al Tempio italiano prati-camente pregano solo i khazanim, cioèl’haftarà la dice un khazan, non è maiuno del pubblico perché secondo gli ita-

Silvia Haia Antonucci

216 Giorni feriali in cui si legge la Torà in sinagoga.

Page 91: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

167

liani, giustamente, lo fanno fare a chiprega per gli altri, lo shaliakh zibbur217,che deve essere uno shomer mizvot218, èscritto così, ma al Tempio askenazita, searriva uno e dice Musaf non si va a con-trollare se uno è venuto a piedi o in mac-china al Tempio o ha preso il tram. Noiadesso abbiamo tanti turisti, la maggiorparte sono ebrei americani o anche israe-liani abbastanza religiosi, spesso uno diquesti dice Musaf; più difficilmente Sha-khrit: in genere quando si dice Shakhritsi individua se uno è bravo e poi può direMusaf. Però molte volte anche dellanuova generazione, soprattutto tra al-cuni tripolini, sono molto bravi, si prepa-rano, dicono Musaf o anche leggono ilSefer, si può leggere mezza parashà, dueo tre chiamate219, credo che siano tutti or-todossi, ma non sono così sicurissimo,francamente nessuno glielo chiede equindi c’è questo tentativo di coinvolgeretutti nel Tempio. Per esempio, io non so quale è il criteriocon cui vengono fatte le chiamate a Seferal Tempio grande. Rav Hazan tenden-zialmente cerca di coinvolgere i giovani,per cui se non è una particolare occasionein cui si rispetta la tradizione di chiamarei “notabili”, lui cerca di coinvolgere i gio-vani, perché molta gente, gli italiani in-tendo, vengono chiamati a Sefer mentreal Tempio italiano non vengono mai chia-mati. A volte io e rav Hazan decidiamochi chiamare estemporaneamente ten-denzialmente cerchiamo di chiamare i

turisti e poi cerchiamo di coinvolgere igiovani, non di fargli fare tappezzeria perfare minian, al Tempio Maggiore sicura-mente non è così.Mi ricordo che una volta il RabbinoCapo della Romania, Rosen – sarannostati gli anni ’80, quando c’era ancoraCeausescu e la Romania, bisogna dire,fu l’unico dei paesi comunisti che nonruppe le relazioni diplomatiche conIsraele dopo il ’67, tutti i paesi rupperole relazioni diplomatiche tranne Ceau-sescu – lui venne al Tempio e fece un beldiscorso di quanto si stava bene in Ro-mania, che c’erano trenta ristoranti ka-sher, ventisette sinagoghe, ma era unagran balla! Ma il fatto che lui potesseandare all’estero, viaggiare e difenderebene o male la comunità ebraica, facevaanche propaganda comunista, del re-gime. Infatti, quando finì Ceausescu,venne accusato di “collaborazionismo”.Vorrei sottolineare che recentemente èstata restaurata la sala del piano supe-riore, su progetto dell’architetto RobertoVeneziani, mentre il progetto del re-stauro che aveva fatto per il Tempioaskenazita non è stato realizzato, solo inparte; il progetto per la sala di sopra èstato realizzato poiché la struttura del so-laio non era così sicura ed è stato fatto unanche un consolidamento strutturale.Credo che quello che manchi sia l’im-pianto di riscaldamento; adesso mi pareche d’inverno ci mettano due stufe a gas,una cosa molto provvisoria. Il Kadima

Capitolo 4 Le vicende dell’edificio

217 Colui che dice la preghiera pubblica per tutti e quindi fa “uscire d’obbligo”.218 Osservante delle mizvot.219 La “chiamata” è la salita a Sefer: per ogni lettura della parashà in sinagoga, si effettuano più “chia-mate” in modo che il numero maggiore di persone possibile possa godere di questo onore.

Page 92: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

168

era già stato ristrutturato molto bene suprogetto dell’ing. Aldo Terracina, ma lasala data in mano ai giovani senza un cu-stode, i ragazzi si possono anche scate-nare, dopo dieci o venti anni era tuttomolto degradato. Al Kadima non conflui-vano i ragazzi di “Piazza”. A Roma c’èsempre stata questa “frattura” fra la

“Piazza” e la borghesia. Il Kadima eral’ambiente degli studenti non era l’am-biente di “Piazza”, l’ambiente degli stu-denti era tendenzialmente sinistrorso,forse anche critico di Israele, e un giornoci fu un assalto anche violento dei ragazzidi “Piazza” al Kadima; per parecchi anninon è stato ristrutturato.

Silvia Haia Antonucci

Page 93: L’Oratorio Di Castro...Riccardo Pacifici PREFAZIONE 9 Riccardo Shmuel Di Segni INTRODUZIONE 10 Gianni Ascarelli CAP. 1 IL “TEMPIODIVIABALBO” ELACOMUNITÀ EBRAICA DI ROMA (1914-2014)

www.gangemieditore.it

Nel maggio 1909 moriva la signora GraziaPontecorvo, vedova di Salvatore Di Castro, cheaveva deciso di lasciare una cospicua sommaall’Università Israelitica di Roma perchécostruisse una nuova sinagoga.La nascita dell’Oratorio Di Castro (1914)coincideva con la conclusione della Belle époquee con lo scoppio della Prima guerra mondiale,dieci anni dopo l’inaugurazione del TempioMaggiore (1904), simbolo dell’Emancipazionedegli ebrei a Roma.L’Oratorio somiglia alle sinagoghe di molte cittàd’Europa inserite nella trama urbana efrequentate non solo come spazio di preghiera maanche di studio.Oggi il Tempio di via Balbo è una strutturacultuale che accoglie ebrei italiani, libici easkenaziti, a testimonianza della vitalità di unasinagoga sempre al passo con i cambiamenticulturali dell’Età contemporanea.

Nella stessa collana:

1. Giancarlo SpizzichinoLA SCOMPARSA DELLA SESTA

SCOLA

La sinagoga Portaleone

2. Elsa LaurenziLE CATACOMBE EBRAICHE

Gli Ebrei di Roma e le loro tradizioni funerarie

3. Elsa LaurenziJEWISH CATACOMBS

The Jews of Rome:funeral rites and customs

4. Elsa LaurenziLA CATACOMBA EBRAICA

DI VIGNA RANDANINI