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G.I.O.T. 2000;26:135-142 135 L’approccio anteriore retroperitoneale al rachide lombosacrale Anterior retroperitoneal approach to the lumbosacral spine RIASSUNTO Gli Autori descrivono l’approccio anteriore retroperitoneale al rachide lombosacra- le. La crescente consapevolezza dell’importanza biomeccanica della colonna disco- somatica anteriore ha spinto il chirurgo ortopedico alla ricerca di nuove strade per giungere direttamente ai somi vertebrali. La tecnica descritta permette l’approccio al soma di L5 ed ai dischi L4-L5 ed L5-S1 risultando di facile apprendimento, poco invasiva e logicamente preferibile rispetto al classico approccio transperitoneale con- servandone le stesse possibilità operative. Piccole accortezze tecniche permettono di evitare lesioni peritoneali, nervose e soprattutto dei grossi vasi addominali. È stato possibile eseguire con tale tecnica due riduzioni ed artrodesi per spondilolistesi di grado 3-4, una somatectomia di L5 per malattia tumorale, dodici protesizzazioni discali: tre al livello L4-L5, sei al livello L5-S1 e tre ad entrambi i livelli con buona possibilità operativa. L’assenza di apertura del sacco peritoneale, le minime perdite ematiche sono l’ulteriore aspetto che permette agli Autori di considerare questa tec- nica come valida e preferibile alternativa rispetto all’approccio transperitoneale. INTRODUZIONE L’importanza biomeccanica della colonna anteriore disco-somatica del rachide, quale struttura portante, ha reso consapevole il chirurgo di dover agire direttamente su di essa in tutte quelle patologie (traumatiche, degenerative, neoplastiche) che ne minino l’integrità. Da qui l’interesse crescente del chirurgo ortopedico per quegli accessi chirurgici diretti ai somi vertebrali, sino a pochi anni fa quasi ignorati, per- ché ritenuti troppo invasivi, pericolosi, e quindi lasciati come privilegio per pochi. Scopo del nostro lavoro è quello di descrivere uno degli accessi meno noti, ma che consideriamo invece di estrema utilità, per l’approccio anteriore del rachide lomba- re basso e della cerniera lombosacrale: si tratta dell’approccio anteriore condotto per- via retroperitoneale 1 2 11 . Normalmente la via usata per visualizzare tale livello è la ben più nota e praticata via transperitoneale, che, largamente usata e ben descritta prevede la doppia apertura del sacco peritoneale, previo spostamento viscerale e mobilizzazione del sigma, per poter evidenziare i vasi iliaci e quindi il rachide. Stesse possibilità chirurgiche, ma a parer nostro minor invasività, oltre a maggior facilità operativa, lo offre l’accesso qui descritto che in altri Paesi gode di una buona diffusione, a parere nostro, come vedremo, giustificata 4 5 . G. Gioia D. Mandelli F. Randelli Divisione di Ortopedia, IRCCS, Ospedale San Raffaele, Milano. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Giuseppe Gioia, Divisione di Ortopedia, IRCCS Ospedale San Raffaele, 20132 Milano Tel. 02-26437835 giuseppe. [email protected]

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G.I.O.T. 2000;26:135-142

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L’approccio anteriore retroperitoneale al rachide lombosacrale

Anterior retroperitoneal approach to the lumbosacral spine

RIASSUNTO

Gli Autori descrivono l’approccio anteriore retroperitoneale al rachide lombosacra-le. La crescente consapevolezza dell’importanza biomeccanica della colonna disco-somatica anteriore ha spinto il chirurgo ortopedico alla ricerca di nuove strade pergiungere direttamente ai somi vertebrali. La tecnica descritta permette l’approccio alsoma di L5 ed ai dischi L4-L5 ed L5-S1 risultando di facile apprendimento, pocoinvasiva e logicamente preferibile rispetto al classico approccio transperitoneale con-servandone le stesse possibilità operative. Piccole accortezze tecniche permettono dievitare lesioni peritoneali, nervose e soprattutto dei grossi vasi addominali. È statopossibile eseguire con tale tecnica due riduzioni ed artrodesi per spondilolistesi digrado 3-4, una somatectomia di L5 per malattia tumorale, dodici protesizzazionidiscali: tre al livello L4-L5, sei al livello L5-S1 e tre ad entrambi i livelli con buonapossibilità operativa. L’assenza di apertura del sacco peritoneale, le minime perditeematiche sono l’ulteriore aspetto che permette agli Autori di considerare questa tec-nica come valida e preferibile alternativa rispetto all’approccio transperitoneale.

INTRODUZIONE

L’importanza biomeccanica della colonna anteriore disco-somatica del rachide,quale struttura portante, ha reso consapevole il chirurgo di dover agire direttamentesu di essa in tutte quelle patologie (traumatiche, degenerative, neoplastiche) che neminino l’integrità. Da qui l’interesse crescente del chirurgo ortopedico per quegliaccessi chirurgici diretti ai somi vertebrali, sino a pochi anni fa quasi ignorati, per-ché ritenuti troppo invasivi, pericolosi, e quindi lasciati come privilegio per pochi.Scopo del nostro lavoro è quello di descrivere uno degli accessi meno noti, ma checonsideriamo invece di estrema utilità, per l’approccio anteriore del rachide lomba-re basso e della cerniera lombosacrale: si tratta dell’approccio anteriore condotto per-via retroperitoneale 1 2 11.Normalmente la via usata per visualizzare tale livello è la ben più nota e praticata viatransperitoneale, che, largamente usata e ben descritta prevede la doppia apertura delsacco peritoneale, previo spostamento viscerale e mobilizzazione del sigma, perpoter evidenziare i vasi iliaci e quindi il rachide.Stesse possibilità chirurgiche, ma a parer nostro minor invasività, oltre a maggiorfacilità operativa, lo offre l’accesso qui descritto che in altri Paesi gode di una buonadiffusione, a parere nostro, come vedremo, giustificata 4 5.

G. GioiaD. MandelliF. RandelliDivisione di Ortopedia, IRCCS,Ospedale San Raffaele, Milano.Indirizzo per la corrispondenza:Dott. Giuseppe Gioia, Divisionedi Ortopedia, IRCCS OspedaleSan Raffaele, 20132 MilanoTel. 02-26437835giuseppe. [email protected]

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ANATOMIA CHIRURGICA

Prima di descrivere la tecnica chirurgica vera e propriariteniamo fondamentale ricordare alcune nozioni di ana-tomia topografica indispensabili per poter eseguire insicurezza l’accesso menzionato: tali nozioni riguardano laparete anteriore ed antero laterale dell’addome.Come noto la parete anteriore dell’addome è costituita daimuscoli retti destro e sinistro, mentre lateralmente è for-mata dai muscoli obliquo esterno, interno e trasverso:occorre ricordare che proprio questi muscoli fornisconole fasce di rivestimento dei retti, in modo differente, inposizione sovra e latero ombelicale, o in posizione piùdistale rispetto all’ombelico.In particolare in posizione sovra e latero ombelicale, ilmuscolo obliquo esterno con la sua aponeurosi forma lafascia superficiale dei muscoli retti, il trasverso ne formala fascia profonda, mentre l’obliquo interno, sdoppia lasua fascia rivestendo anch’esso sia la parete anteriore chela posteriore dei retti (Fig. 1a).Circa 8 centimetri sotto all’ombelico, invece, tutti e tre imuscoli, obliquo esterno, obliquo interno e trasverso, for-niscono la sola fascia anteriore dei retti, mentre la fasciaposteriore è formata dalla sola fascia trasversalis (fasciaprofonda del muscolo trasverso): il punto in cui le apo-neurosi degli obliqui e del trasverso passano anterior-mente ai retti è denominata linea semicircolare diDouglas. Sotto tale linea, che ha una posizione variabileda individuo ad individuo, la fascia posteriore dei retti èquindi formata solo dalla fascia profonda del trasverso,cioè dalla fascia trasversalis 10 (Fig. 1b). Ne consegue cheal di sopra della linea semicircolare, per eseguire unoscollamento del sacco, una volta separate le fibre del retto

occorrerà incidere la sua fascia posteriore formata dalfoglietto posteriore dell’aponeurosi del muscolo obliquointerno e dalla aponeurosi del tersverso, mentre sotto lalinea semicircolare sarà sufficiente sezionare la fascia tra-sversalis.

TECNICA CHIRURGICA

Il paziente è posizionato supino su tavolo ortopedico.L’incisione cutanea può essere longitudinale paramediana(con tale incisione è possibile esporre tutto il tratto lom-bare basso ed il promontorio) oppure trasversale, più este-tica (con tale tipo di incisione è possibile lavorare solo suL5 ed S1) (Fig. 2).La lunghezza del taglio è attorno agli 8/10 cm per lavora-re su di un livello. I1 controllo scopico pre operatoriofacilita, durante la fase di apprendistato, la centratura deltaglio, permettendo così di sfruttare al meglio lo stesso aseconda dell’atto chirurgico programmato.Incisione del sottocute con elettrobisturi sino ad eviden-ziare la fascia superficiale del muscolo retto anterioresinistro: la fascia superficiale ed il ventre muscolare ven-gono incisi a tutto spessore sino alla fascia profonda cheuna volta incisa cautamente permette di trovare il piano diclivaggio con il sacco peritoneale, formato da tessuto cel-lulare lasso chiamato preperitoneale.Con dei tamponi e con il dito si scolla il sacco peritonea-le dalla fascia trasversalis dietro il m. retto di sinistra sinoa portarsi verso la parete laterale del sacco: visualizzati ivasi epigastrici lateralmente ad essi è possibile trovare deimesi peritoneali che vengono sezionati permettendo diaggirare il sacco che viene progressivamente caricato sudi una valva e trazionato verso destra: approfondendosicon dei tamponi si evidenzia lo psoas sinistro nascostodal grasso retroperitoneale. Trazionando ulteriormente eprogressivamente il sacco peritoneale verso destra lo

Fig. 1a. Sezione orizzontale passante in posizione latero ombelicale. La fascia anteriore deiretti è costituita dalla aponeurosi del muscolo obliquo esterno e dal foglietto ante-riore dell’aponeurosi del muscolo obliquo interno. La fascia posteriore dei retti ècostituita dalla fascia anteriore della aponeurosi del muscolo obliquo interno e dallaaponeurosi del trasverso (fascia trasversalis).

Fig. 1b. Caudalmente all’ombelico (circa 6 cm). La fascia anteriore dei retti è formata dal-l’aponeurosi del muscolo obliquo esterno ed interno (con entrambi i foglietti) chesi uniscono a formare l’arcata di Douglas, mentre la fascia posteriore dei retti è cos-tituita dalla sola fascia del trasverso.1) aponeurosi m. obiquo esterno; 2) aponeurosi m. obliquo interno; 3) aponeurosim trasverso; 4) fascia anteriore dei mm. retti; 5) fascia posteriore dei mm. retti; 6)fascia trasversalis; 7) peritoneo.

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psoas sinistro viene evidenziato così come i vasi iliaci:l’uretere sinistro resta adeso alla faccia profonda del peri-toneo. L’ultima trazione verso destra del sacco consentela visione dei vasi iliaci destri e dello psoas destro: a que-

sto punto a seconda del gesto chirurgico da compiere siprocede con l’isolamento delle strutture vertebrali.Descriviamo qui separatamente gli atti necessari peresporre le strutture accessibili con questo tipo di accesso.

Isolamento del Disco L5-S1Visualizzato lo psoas sinistro si palpano e si evidenzianoi vasi iliaci sinistri, si sposta delicatamente il sacco versodestra, caricato su di una valva, sino a vedere i vasi iliacidestri e lo psoas destro. Con un dito viene palpato attra-verso un sottile strato di grasso, il disco L5-S1, bendistinguibile per la sua consistenza: solo dopo averlosicuramente identificato è possibile isolarlo con un picco-lo tampone tra i due grossi vasi iliaci. Importante è evi-denziare i vasi sacrali medi che vanno legati e sezionati,e particolare attenzione al plesso pre sacrale che va rico-nosciuto e risparmiato.Sospingendo delicatamente i vasi iliaci destri e sinistri,lateralizzandoli si dispone di una ottima visione deldisco. L’infissione di quattro chiodi di Steinmann di dia-metro 2,5 millimetri facilita il lavoro in sicurezza suldisco (Fig. 3).

Isolamento del Disco L4-L5La posizione dei vasi iliaci è solitamente quella rappre-sentata dalla Fig. 4. I vasi iliaci sinistri attraversano obli-quamente il soma di L5 ed il disco L4-L5 per portarsi alcarrefour poco sopra il disco L4-L5. Particolare delica-tezza è richiesta in questa fase dell’intervento.Visualizzato lo psoas sinistro, i vasi iliaci sinistri vengo-no delicatamente mobilizzati ed abbassati verso destra eprotetti da una valva sino ad offrire una buona luce suldisco: isolato quest’ultimo si procede alla infissione dei 4chiodi per poter lavorare con comodità e sicurezza (Fig.4). Attenzione particolare bisogna riservare alla vena ilia-ca che, fragile, viene sospinta ed abbassata a destra sulsoma di L5. Per facilitare la manovra non è infrequente lanecessità di legare e sezionare la IV vena lombare sinistra

Fig. 2. Incisioni cutanee. Il disegno illustra le due possibili incisioni che permettono l’isola-mento del rachide lombo sacrale per via retroperitoneale. L’incisione verticale per-mette l’approccio dei livelli L4-S1, mentre la orizzontale è consigliabile per l’approc-cio del solo spazio L5-S1.

Fig. 3. Campo operatorio a livello L5-S1.1) disco L5-S1; 2) vena iliaca sinistra; 3) arteria iliaca sinistra; 4) vena iliaca destra;5) arteria iliaca destra; 6) vasi sacrali medi legati e sezionati; 7) m. psoas sinistro; 8)chiodi di Steinman (diametro 2,5 mm); 9) spatola di retrazione del sacco peritoneale.

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per aumentare la possibilità di mobilizzazione della venailiaca stessa. Se ciò risultasse impossibile occorre proteg-gere la vena procedendo all’atto chirurgico sopra e sottodi essa con estrema prudenza.

Isolamento del Corpo di L5Con l’approccio retroperitoneale è possibile anche espor-re il corpo di L5 in modo non dissimile a quanto normal-mente praticato con l’approccio transperitoneale: rispettoall’isolamento dei solo dischi è richiesta una maggior pre-parazione dei vasi iliaci per la loro mobilizzazione. Ènecessario legare e sezionare i vasi sacrali medi.Attenzione va posta alla vena iliaca sinistra che incrociail soma di L5; se possibile questa va delicatamente mobi-lizzata e sospinta verso l’alto od il basso a seconda dellearealtà anatomica. Ovvia anche la delicatezza nel mobiliz-zare il nervo ipogastrico superiore.

SuturaUltimato l’atto chirurgico necessario, è indispensabileuno scrupoloso controllo dell’emostasi. Rilasciato ilsacco peritoneale, la fascia profonda del retto, il muscolostesso e la sua fascia superficiale vengono suturati in con-tinuo con filo a lento riassorbimento tipo Vicril 0.Occorre prestare attenzione a non ledere il sacco perito-neale ed il suo contenuto passando l’ago. Si ricorda che alivello distale delle incisioni per il livello L5-S1 la fasciaprofonda del retto è rappresentata dalla sola fascia tra-sversalis sottile per cui il muscolo viene suturato con lasua sola fascia superficiale.Un drenaggio è, secondo il nostro parere, importante, inquanto permette il monitoraggio di una sede profonda emal valutabile clinicamente: noi usiamo un semplice dre-naggio a caduta ritenendo quello in aspirazione, fonte diinutili perdite ematiche.

Decorso post-operatorioAntibiotico terapia ed eparina a basso peso molecolaresono somministrate per 48 ore dopo l’intervento. Usiamosempre il catetere vescicale anche per interventi minoricome la protesizzazione discale per evitare che un impre-visto allungamento dell’atto chirurgico possa rappresen-tare un problema di monitoraggio del paziente. Il catetereviene rimosso la mattina successiva all’intervento.

COMPLICAZIONI CHIRURGICHE

Riteniamo utile riassumere qui i principali incidenti pos-sibili in tale chirurgia.– Lesioni peritoneali: rappresentano una complicanzaminore che può sopraggiungere nelle prime fasi dell’in-tervento cercando il clivaggio tra la fascia posteriore deiretti ed il peritoneo. Tale piano di clivaggio è costituito datessuto connettivale lasso in quantità variabile a secondadelle condizioni dell’individuo, sino ad essere talmentescarso da rappresentare uno spazio virtuale. Si ricorda cheil peritoneo anteriore è estremamente fragile al contrariodi quello laterale e posteriore decisamente più robusto:

Fig. 4. Campo operatorio a livello L4-L5.1) soma di L4; 2) disco L4-L5; 3) soma di L5; 4) anulus inciso e tenuto divaricato dafili di sospensione; 5) vena iliaca sinistra; 6) arteria iliaca sinistra; 7) m. psoas si-nistro; 8) chiodi di Steinman (diametro 2,5 mm.) usati per divaricare le strutturevascolari e muscolari; 9) spatola di retrazione del sacco peritoneale.

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occorre molta cautela nella fase iniziale dello scollamen-to peritoneale dalla fascia posteriore dei retti. In caso diinvolontaria lesione del peritoneo occorre riparane imme-diatamente la breccia con del sottile filo riassorbibileprima di continuare lo scollamento per impedire che lapiccola breccia iniziale possa ampliarsi con fuoriuscitadelle anse che verrebbero ad ostacolare la via d’accesso.– Lesioni vascolari: è questa la complicanza intraoperato-ria più temuta. Il pericolo è rappresentato dall’asse veno-so, più fragile dell’arterioso: il rischio è maggiore nell’ap-proccio del soma di L5 e del disco L4-L5 in cui normal-mente i vasi iliaci comuni, arteria e vena, incrociano talearea. Una cauta mobilizzazione preventiva, l’eventualelegatura e sezione della IV vena lombare e la conoscenzadelle strutture vascolari venose è la miglior prevenzione 6:in caso di lesione vascolare questa va ovviamente riparataprevio clampaggio del vaso interessato per cui durante taliaccessi sono indispensabili la disponibilità di ferri vasco-

lari e di un aspiratore efficiente.– Lesioni nervose: una delle complicanze più temute èquella della lesione del plesso ipogastrico, causa possibi-le di eiaculazione retrograda nel maschio. A seconda dellasua conformazione, tale struttura può avere consistenzacordoniforme (nervo ipogastrico), oppure distribuzioneretiforme (plesso ipogastrico): dal momento che una voltalesa, la struttura nervosa non può essere riparata, l’unicaavvertenza sarà quella della sua identificazione, e, qualo-ra fosse necessario, quella di una delicata mobilizzazione.Ulteriore precauzione è quella di evitare l’uso dell’elet-trocoagulatore, a favore del tamponamento delicato su uneventuale emorragia proveniente dai tessuti prevertebrali,intervenuta durante il loro scollamento.– Lesioni ureterali: con tale approccio possono riguarda-re il solo uretere sinistro. Dal momento che l’uretere restaadeso alla faccia posteriore del sacco peritoneale la sualesione diretta è poco probabile. Molta attenzione vaposta invece con la spatola di divaricazione del peritoneo,che entra in contatto con l’uretere stesso.– Chiodi di Steinman: è indiscussa la loro utilità per poterlavorare su un campo ampio e libero. Particolare atten-zione va posta nella loro infissione ma soprattutto allaloro rimozione. Durante la rimozione i vasi vanno assolu-tamente protetti per evitare i rischi di una loro lesione.L’uso di chiodi di grande diametro è, a parer nostro,ingiustificato a causa del sanguinamento dopo la lororimozione. Chiodi del diametro di 2,5 mm rappresentanoun ottimo compromesso. Alla loro rimozione usiamo ceraper chiudere il tramite osseo ed evitare inutili sanguina-menti.

CASISTICA

Con l’approccio proposto abbiamo condotto 12 interventi:– una riduzione artrodesi di una spondilolistesi di 4°

grado;– una somatectomia subtotale di L5 per una metastasi

tiroide;– una artrodesi L5-S1 per una spondilolistesi di 3° grado

(Fig. 5);

Fig. 5. Spondilodesi anteriore e posteriore per spondilolistesi di IV grado. L’approccio al discoL5-S1 ha consentito la messa in situ dell’innesto armato. L’approccio del disco L4-L5ha consentito l’infissione della vite L5-S1 con obliquità tale da annullare le forze ditaglio.

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– nove approcci per protesizzazioni discali, tre al livelloL4-L5, tre al livello L5-S1, tre ad entrambi gli ultimidue dischi lombari (Figg. 6a, b).

RISULTATI

Esula dal compito prefissatoci il presentare l’analisi deirisultati clinici ottenuti nella casistica esaminata. LeFigure 4 e 5 confermano comunque la buona possibilitàoperativa ottenuta sia nella semplice protesizzazionediscale che nella più impegnativa artrodesi per spondilo-listesi.

COMPLICANZE

Nella nostra limitata casistica lamentiamo le seguenticomplicanze: un ematoma scrotale in un paziente sotto-posto a protesizzazione del disco L5-S1 in cui non erastato messo a dimora alcun drenaggio. L’ematoma si èrisolto spontaneamente.In una somatectomia di L5 si è verificata una lesionevascolare venosa iliaca di piccole dimensione, immedia-tamente riparata senza reliquati. Tale lesione è stata pro-vocata da un filo di Kirschner che ha leso superficial-mente il vaso: in tale caso la posizione del carrafour eraparticolarmente alta per cui è occorso trazionare moltoverso il basso i vasi iliaci sinistri. Non riteniamo dunqueche la complicanza sia dovuta all’accesso proposto quan-to ad un difetto di manipolazione del vaso.

Fig. 6a. Discopatia L5-S1 sintomatica. Fig. 6b. Protesizzazione del disco L5-S1 con protesi SB Charite III.

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DISCUSSIONE

Illustrato l’accesso anteriore retroperitoneale da noirecentemente praticato, ne vogliamo qui esaminare i van-taggi e gli svantaggi, soprattutto in rapporto al più diffu-so accesso trans peritoneale.Vantaggio fondamentale è a nostro avviso quello di unaminor invasività, non essendo necessaria la doppia aper-tura del peritoneo, e la manipolazione diretta del suo con-tenuto. Conseguenza diretta è la minor incidenza di unileo paralitico transitorio nei giorni successivi all’inter-vento, comune negli interventi che prevedono la manipo-lazione del contenuto peritoneale, permettendo quindiuna più veloce ripresa del paziente. In accordo conOnimus 9 sottolineiamo che con l’assenza di manipola-zione diretta del contenuto intestinale si annulla anche ilrischio, invero basso, di una sua lesione diretta con l’ov-vio pericolo di inquinamento che questa comporta.Ad una minore invasività operativa non corrisponde unaminor possibilità operativa: infatti si gode di una ottimavisualizzazione dei dischi e del soma di L5. Per quantoriguarda il controllo dei grossi vasi, non rileviamo diffe-renze significative a livello L5-S1, mentre al livello supe-riore il minor spazio ottenibile, induce ad una estremaprudenza nella loro preparazione, essendo meno agevoleil controllo di una loro eventuale lesione a causa di unospazio complessivamente meno ampio e soprattutto menoampliabile rispetto all’approccio transperitoneale: ciò tut-tavia non deve essere una limitazione assoluta in quantoè semplicemente richiesta una estrema accortezza nellafase di isolamento dapprima dei vasi e poi del campo pre-scelto per poter praticare l’atto chirurgico richiesto consicurezza.Nessuna differenza rispetto alla via transperitoneale perquanto riguarda il rischio di lesione nervosa sul plessoipogastrico superiore ugualmente identificabile conentrambe le vie. Per concludere vorremmo sottolinearel’importanza della cautela nella fase iniziale dell’inter-vento riguardante l’identificazione del piano preperito-neale per iniziare lo scollamento del sacco: anche se laapertura accidentale di quest’ultimo non rappresenta unacomplicanza temibile, è tuttavia indispensabile una fasedi apprendistato per identificare con sicurezza la fasciaposteriore dei retti, o l’arcata di Douglas ed iniziare loscollamento che in pochi minuti guida il chirurgo al rachi-de, evitando false strade.

CONCLUSIONI

Sino ad oggi l’approccio anteriore alla giunzione lombo-sacrale è condotta dal chirurgo ortopedico per via tran-speritoneale. Tale intervento, considerato giustamente dichirurgia maggiore, può oggi trovare un’alternativa menoinvasiva soprattutto per quanto riguarda la chirurgiadiscale anteriore 3 8 sia essa protesica o per ottenere unasolida spondilodesi intersomatica 7. Sicuramente pocodiffusa nel nostro Paese ed usata spesso solo nella chirur-gia generale pediatrica, l’approccio anteriore retroperito-neale qui descritto offre a nostro avviso numerosi vantag-gi. La tecnica chirurgica risulta di facile apprendimento epermette l’approccio al soma di L4 e L5 ed ai dischi L4-L5 e L5-S1. Non scevro da rischi come le lesioni perito-neali nervose e soprattutto le lesioni dei grossi vasi chepossono essere evitate con alcune accortezze tecniche,l’approccio risulta essere poco invasivo, con nessunrischio di contaminazione da parte del contenuto perito-neale pur permettendo le stesse possibilità operativerispetto all’approccio transperitoneale. Se a tutto questoaggiungiamo le minime perdite ematiche si può facil-mente capire perché questa via abbia trovato presso di noilo status di valida alternativa al più impegnativo approc-cio tradizionale.

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