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L’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio 7.1 Riferimenti normativi sull'approccio ingegneristico 7.2 Metodologia su cui si basa l'approccio ingegneristico 1 Ing. Enrico Cinalli - CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 “Competente è colui che ha commesso, in un campo ristretto, tutti gli errori che si possono fare”. Niels Bohr Nobel 1922

L’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio · antincendio 7.1 Riferimenti normativi sull'approccio ingegneristico 7.2 Metodologia su cui si basa l'approccio ingegneristico

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Page 1: L’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio · antincendio 7.1 Riferimenti normativi sull'approccio ingegneristico 7.2 Metodologia su cui si basa l'approccio ingegneristico

L’approccio ingegneristicoalla sicurezza antincendio

7.1 Riferimenti normativi sull'approccio ingegneristico

7.2 Metodologia su cui si basa l'approccio ingegneristico

1Ing. Enrico Cinalli - CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7

“Competente è colui che ha commesso, in un campo ristretto,

tutti gli errori che si possono fare”.

Niels Bohr – Nobel 1922

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L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO -PREMESSE

• L’ingegneria della sicurezza antincendio è una disciplinacomplessa, che affronta con metodi scientifici il problemadella scelta delle misure di sicurezza più adeguate efinalizzate alla protezione delle persone, dei beni edell'ambiente dagli effetti dell’incendio.

• Essa è stata definita per la prima volta in modo ufficialecon il documento ISO (International Standard Organization)TR 13387 (Fire Safety Engineering).

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 2

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È possibile trovare terminologie diverse nei vari documenti.

Approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio

Ingegneria della sicurezza antincendio

Metodo prestazionale

Fire Safety Engineering (FSE)

Progettazione antincendio prestazionale

Approccio ingegneristico

Approccio Performance Based

Approccio prestazionale

Progettazione prestazionale … ecc.

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L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO -SINONIMI

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La definizione della ISO TR 13387

• La metodologia prestazionale (perfomance-based design)è definita dal documento ISO/TR 13387 come:

“L’applicazione di principi ingegneristici, di regole e digiudizi esperti basati sulla valutazione scientifica delfenomeno della combustione, degli effetti dell’incendio edel comportamento umano, finalizzati alla tutela della vitaumana, alla protezione dei beni e dell’ambiente, allaquantificazione dei rischi d’incendio e dei relativi effettinonché alla valutazione analitica delle misure di protezioneottimali, necessarie a limitare, entro livelli prestabiliti, leconseguenze dell’incendio”.

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La definizione del «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Riassumendo:Le soluzioni progettuali del «Codice» (D.M. 3.8.2015)

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Soluzioni CONFORMI

Soluzioni ALTERNATIVE

Soluzioni IN DEROGA

Il progettista NON E’ OBBILGATO a

fornire ulteriori valutazioni tecniche per

dimostrare il raggiungimento del livello

di prestazione.

Il progettista E’ TENUTO A DIMOSTRARE il

raggiungimento del livello di prestazione.

L’impiego di soluzioni alternative è

ammesso solo per attività con valutazione

del progetto - par. G.2.6 (metodi ordinari).

Solo se non è possibile applicare soluzioni

conformi o alternative. Il progettista E’

TENUTO A DIMOSTRARE il raggiungimento

del livello di prestazione secondo i metodi

del par. G.2.7 (metodi avanzati).

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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Sempre nel «Codice» (D.M. 3 agosto 2015)

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ISO TR 13387

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Obiettivi della sicurezza in caso di incendio

Il requisito n.2 (“sicurezza in caso di incendio”) della Direttiva89/106/CEE (detta anche “Direttiva prodotti da costruzione”)prevede che le costruzioni devono essere progettate e costruitein modo tale che, nel caso di sviluppo di un incendio:

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La progettazione secondo il «Codice» (D.M. 3.8.2015)

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Par. G.1.5

Progettazione antincendio di

attività normata

Applicazione della Regola

Tecnica Verticale

Applicazione o attribuzione livelli

di prestazione alle misure

antincendio

Selezione delle

SOLUZIONI

CONFORMI

Selezione delle

SOLUZIONI

ALTERNATIVE

Progettazione antincendio di

attività non normata

VALUTAZIONE DEL RISCHIO

DI INCENDIO

Attribuzione dei livelli di

prestazione alle misure

antincendio

Selezione delle

SOLUZIONI

ALTERNATIVE

Selezione delle

SOLUZIONI

CONFORMI

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Approccio Prescrittivo vs Approccio ingegneristico

• Analisi con incendi naturali

• La valutazione del rischio è effettuata dal progettista

• Non sono imposte a priori specifiche misure da adottare ma il progettista, a seguito della valutazione del rischio, definisce lo scopo e l’obiettivo da conseguire individuando e quantificando il livello di prestazione necessario.L’effetto di ogni misura viene quantificato e valutato con l’uso di modelli di calcolo validati al fine di verificare che le misure adottate soddisfano il livello di prestazione individuato per lo specifico obiettivo da conseguire (soglie di temperatura, visibilità, altezza dello strato libero da fumo, ecc. …).

• Nota:Il metodo quantitativo dell’approccio ingegneristico non deve necessariamente riguardare tutti gli aspetti antincendio ma può riferirsi anche e solo alla problematica dell’evacuazione delle persone, oppure all’estrazione dei fumi e gas caldi, oppure alla sicurezza strutturale anche se occorre valutare che la rispondenza di uno specifico aspetto sia «compatibile» con gli altri.

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 16

• Analisi con incendi nominali

• La valutazione del rischio è effettuata dal legislatore

• Le norme impongono il rispetto di requisiti minimi di sicurezza attraverso l’adozione di specifiche misure prescrittive

• Nell’approccio tradizionale i calcoli (utilizzati nell’approccio ingegneristico» sono sostituiti dal Legislatore da valutazioni convenzionali, che si adattano genericamente (a vantaggio della sicurezza) a varie tipologie di attività senza particolari distinzioni.

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Approccio Prescrittivo vs Approccio ingegneristico

• Richiedono maggiori competenze (sia per i progettisti che per i verificatori)

• L’analisi è più mirata, consente di ottenere risultati più aderenti alla realtà consentendo di superare i vincoli e limitazioni talvolta imposti dalla norma prescrittiva.

• Possono, in alcuni casi, comportare minori costi di adeguamento e/o realizzazione delle opere

• Maggiori oneri per la progettazione

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 17

• Semplice da utilizzare (sia per i progettisti che per i verificatori)

• Possono avere, (soprattutto per opere complesse, innovative, edifici storici, ecc.) notevoli vincoli e limitazioni

• Possono, in alcuni casi, comportare maggiori costi di adeguamento e/o realizzazione delle opere

• Contenuti oneri di progettazione

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Approccio Prescrittivo vs Approccio ingegneristico

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• Riassumendo …

• A differenza delle norme prescrittive che si basano su un approccio storico - empirico(vantaggi di semplicità ma scarsa flessibilità), la F.S.E. si fonda su un approccio di tiposcientifico - predittivo.

• Si utilizzano modelli di calcolo valutando i risultati rispetto a soglie prestazionali(temperatura, visibilità, ...) per vari scenari.

• Per ogni misura si può quantificare l’effetto, con un maggiore controllo del rapportorischi/misure di sicurezza.

• Le soluzioni sono fondate su valutazioni scientifiche dell’incendio e del comportamentoumano, con riferimento a obiettivi prefissati.

• Si può utilizzare sia in fase di pre-flashover (salvaguardia della vita umana) sia dipost-flashover (stabilità strutturale).

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In Italia la metodologia prestazionale è stata introdotta sostanzialmente con i seguenti due decreti:

1. D.M. 9 maggio 2007(Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio)

• Lettera Circolare n. 4921 del 17.07.2007(Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica – primi indirizzi applicativi al D.M. 9 maggio 2007)

• Lettera Circolare prot. n. DCPST/427 del 31 marzo 2008(Approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio – Trasmissione delle linee guida per l’approvazione dei progetti e della scheda rilevamento dati predisposte dall’Osservatorio).

2. D.M. 3 agosto 2015 (« Codice di prevenzione incendi»)(Sezione M – Metodologia per l’ingegneria della sicurezza antincendio)

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 19

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Campi di possibile applicazione dei due decretiper la progettazione con la F.S.E.

1. D.M. 9 maggio 2007

nel caso di attività non regolate daspecifiche disposizioni antincendio(in alternativa al D.M. 10 marzo 1998)

in caso di deroga (si ricorda che la procedura di

deroga è attuabile anche per attività non soggette,purché dotate di specifiche regole tecniche di

prevenzione incendi)

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 20

2. D.M. 3 agosto 2015 (« Codice di prevenzione incendi»)

Att. 9, 14, 27÷40, 42÷47, 50÷54, 56÷57, 63÷64, 68 (alberghi), 70, 71 (uffici), 75 (ma, per ora

non alle autorimesse), 76 di cui al D.P.R. 151/2011

(Cioè in pratica a: Officine…; Impianti …; Stabilimenti …;

Laboratori …; Depositi …; Falegnamerie; Attività industriali e artigianali …. che non sono regolate da specifiche disposizioni

antincendio)

in entrambi i casi a firma di «Professionista Antincendio»

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 21

Il decreto 9 maggio 2007 (”direttive per l’attuazione dell’approccioingegneristico alla sicurezza antincendio”), emanato a brevissimadistanza temporale dagli altri due rilevanti decreti riguardanti laresistenza al fuoco (DM 16 febbraio 2007 e DM 9 marzo 2007), segnaindubbiamente un passo epocale nell’attività nazionale di prevenzionedegli incendi.

Esso introduce, per la prima volta in Italia, il cosiddetto “approccioingegneristico” alla sicurezza antincendio delineando aspetticompletamente nuovi rispetto al vecchio metodo di tipo prescrittivo,fino ad allora adottato dal legislatore.

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1. D.M. 9 maggio 2007 – Struttura del decreto

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 22

D.M. 9 maggio 2007

8 articoli:stabiliscono le procedure per adottare

l’approccio ingegneristico alla sicurezza

antincendio

1 allegato tecnico:suddiviso in cinque punti che indicano

il processo di valutazione e progettazione

nell’ambito dell’approccio ingegneristico

alla sicurezza antincendio (FSE)

art. 1: Oggetto

art. 2: Campo di applicazione

art. 3: Domanda parere di conformità sul progetto

art. 4: Domanda di deroga

art. 5: Dichiarazione di inizio attività

art. 6: Sistema gestione sicurezza antincendio

art. 7: Osservatorio per l’approccio ingegneristico

art. 8: Disposizioni finali

1. Definizioni

2. Generalità

3. Analisi Preliminare (I FASE)

4. Analisi Quantitativa (II FASE)

5. Sistema di Gestione della Sicurezza

Antincendio (SGSA)

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 23

L’articolo 1 indica gli obiettivi generali che il testo regolamentare si prefiggeovvero quelli connessi alla definizione degli aspetti procedurali, ai criteri divalutazione del rischio e alla progettazione delle conseguenti misurecompensative attraverso le metodologie offerte dalla Fire Engineering.

L’articolo 2 fissa, tuttavia, lo specifico campo di applicazione del decretoindividuando, come destinatari dell’applicazione delle nuove metodologie, gliinsediamenti di tipo complesso o a tecnologia avanzata e gli edifici di particolarerilevanza architettonica e/o costruttiva, ivi compresi quelli pregevoli per arte ostoria o ubicati in ambiti urbanistici di particolare specificità.Stabilisce inoltre la possibilità di applicazione del nuovo metodo innanzituttoalle attività che non sono attualmente provviste di specifiche disposizioniantincendio, estendendo la medesima possibilità anche alle attività provviste dinorma specifica di prevenzione incendi, nell’ambito però dei procedimenti dideroga previsti dai regolamenti nazionali.

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• Lettera Circolare n. 4921 del 17.07.2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 24

Una prima importante, e forse utile, precisazione a tale articolo è stata offertasuccessivamente attraverso la lettera circolare n. 4921 del 17.07.2007 delladirezione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica.Con tale precisazione si indica, in altri termini, che la nuova metodologia puòanche essere applicata ad attività diverse da quelle specificamente richiamatedall’art. 2.Tuttavia l’applicazione del metodo prestazionale dovrebbe essere indirizzato aquelle tipologie di attività per le quali esso è maggiormente adatto (attivitàcomplesse), anche in relazione al nuovo obbligo, introdotto dal decreto,connesso alla elaborazione di apposito documento contenente il cosiddetto“programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio(SGSA)” (di cui dopo si dirà), documento tipico delle attività a rischio di incidenterilevante.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 25

Tra gli aspetti puramente procedurali, previsti dall’art. 3 all’art. 6, chepure costituiscono una parte importante e certamente nuova, sia per iprogettisti che per gli stessi Comandi provinciali VV.F., si evidenzia l’art.6. quello più significativo e relativo al sistema di gestione della sicurezzaantincendio.

Infatti, per la progettazione antincendio eseguita mediante l’approccioingegneristico, viene ritenuta necessaria dal decreto l’elaborazione di undocumento contenente il programma per l’attuazione del sistema digestione della sicurezza antincendio (denominato SGSA), in relazione alfatto che le scelte e le ipotesi poste a base del progetto costituisconovincoli e limitazioni imprescindibili per l’esercizio dell’attività.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 26

Lo stesso decreto prevede una maggiore attenzione su tale aspetto anche daparte dell’autorità deputata al rilascio del CPI.Infatti, viene stabilito che l’attuazione del sistema di gestione della sicurezzaantincendio è soggetta a verifiche periodiche da parte del personale del Corponazionale dei vigili del fuoco.La prima verifica del SGSA avverrà in concomitanza con il sopralluogo finalizzatoal rilascio delcertificato di prevenzione incendi mentre le verifiche successive avrannocadenza pari alla validità del certificato di prevenzione incendi e, in ogni caso,non superiore a sei anni.Proprio in relazione alla importanza che il decreto intende riporre

sull’aspetto connesso alla gestione della sicurezza, il medesimo atto

regolamentare stabilisce che, nel caso in cui l’esito della verifica del SGSA

rilevi la mancanza dei requisiti previsti, il comando VV.F. sospende la validità

del certificato di prevenzione incendi e provvede a darne comunicazione

all’interessato, al sindaco, al prefetto e alle altre autorità competenti ai fini

dei provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 27

Ma, ben cosciente delle grandi novità introdotte per la prima volta inItalia, il decreto ritiene necessario attivare un apposito organismo diosservazione denominato “Osservatorio per l’approccio ingegneristicoalla sicurezza antincendio” il quale opererà nell’ambito della direzionecentrale per la prevenzione e la sicurezza (art. 7).

Tale osservatorio ha come principale obiettivo quello di favorire lamassima integrazione tra tutti i soggetti chiamati all’attuazione delledisposizioni inerenti l’approccio ingegneristico alla sicurezzaantincendio, espletando a tale proposito attività di monitoraggio,adottando misure tese ad uniformare le modalità attuativedell’approccio prestazionale al procedimento di prevenzione incendi.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 28

Esaminiamo a questo punto l’allegato che costituisce la parte “tecnica” dell’articolato, ovvero la

parte dedicata al cosiddetto “Processo di valutazione e progettazione nell’ambito dell’approccioingegneristico alla sicurezza antincendio”, allegato nel quale vengono inizialmente introdotte alcunedefinizioni “chiave” appartenenti a tale nuova metodologia, tra le quali:

curva di rilascio termico (Heat Release Rate - HRR): energia termica emessa da un focolare

o da un incendio per unità di tempo (W)

incendio di progetto: descrizione quantitativa di un focolare previsto all’interno di uno

scenario di incendio

livelli di prestazione: criteri di tipo quantitativo e qualitativo rispetto ai quali si può svolgere

una valutazione di sicurezza

processo prestazionale: processo finalizzato a raggiungere obiettivi e livelli di prestazione

specifici

scenario di incendio: descrizione qualitativa dell'evoluzione di un incendio che individua gli

eventi chiave che lo caratterizzano e che lo differenziano dagli altri incendi. Di solito può

comprendere le seguenti fasi: innesco, crescita, incendio pienamente sviluppato,

decadimento. Deve inoltre definire l’ambiente nel quale si sviluppa l’incendio di progetto ed

i sistemi che possono avere impatto sulla sua evoluzione, come ad esempio eventuali

impianti di protezione attiva

scenario di incendio di progetto: specifico scenario di incendio per il quale viene svolta

l’analisi utilizzando l’approccio ingegneristico.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 29

L’allegato distingue in modo esplicito due fasi:

1. 1^ Fase che coincide con la cosiddetta analisi preliminare.

2. 2^ Fase che corrisponde all’analisi quantitativa.

e implicitamente una «terza fase» che potremo definire «Fase gestionale»indicata come:

3. IL SGSA (Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio) indica lemodalità per garantire il mantenimento delle misure di protezione previstee quelle di gestione di eventuali modifiche, compresa la pianificazionedelle emergenze e la sicurezza delle squadre di soccorso.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 30

1^ FASE – ANALISI PRELIMINARELa prima fase progettuale coincidente con l’analisi preliminare costituirà l’elemento fondamentaleper la successiva quantificazione degli effetti dell’incendio.Tale fase deve identificare e documentare almeno i seguenti punti:

• eventuali vincoli progettuali derivanti da previsioni normative o da esigenze peculiari dell’attività;

• individuazione dei pericoli di incendio connessi con la destinazione d’uso prevista;

• descrizione delle condizioni ambientali per l’individuazione dei dati necessari per la valutazionedegli effetti che si potrebbero produrre;

• analisi delle caratteristiche degli occupanti in relazione alla tipologia di edificio ed alladestinazione d’uso prevista.

In tale fase occorrerà quindi

A. Identificare gli obiettivi di sicurezza da perseguire;

B. Individuare i livelli di prestazione che rappresentano gli indici a cui riferirsi per il raggiungimentodegli obiettivi fissati;

C. Individuare gli scenari di incendio.

L’analisi preliminare dovrà poi essere raccolta in un sommario tecnico, firmato congiuntamente dal progettista e daltitolare dell’attività, ove è sintetizzato il processo seguito.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 31

A. Identificare gli obiettivi di sicurezza da perseguire:

in conformità alle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi ed in relazione alle specificheesigenze dell’attività in esame, ivi compresa la sicurezza delle squadre di soccorso.

Un riferimento utile per la fissazione degli obiettivi generali può bene esser rappresentato dalladirettiva prodotti da costruzione o, meglio, dal connesso documento interpretativon. 2 «sicurezza in caso di incendio».

Gli obiettivi devono quindi essere intesi come essenziali punti di partenza o di riferimento perstabilire i famosi “livelli di prestazione”.

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1. D.M. 9 maggio 2007

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 32

B. Individuazione dei livelli di prestazione:

È una delle parti più importanti e delicate dell’articolato poiché è qui che il progettista indica, inrelazione all’esigenza di soddisfare gli obiettivi generali di sicurezza prima individuati, i parametrisignificativi di riferimento ai quali successivamente attribuire la prestazione attesa (livello diprestazione).

L’allegato offre, in via generale, anche alcuni esempi di tali parametri ovvero:• le temperature massime dei gas;• i livelli di visibilità;• i livelli di esposizione termica per le persone o per i materiali;• ecc…

E’ chiaro che, perché i parametri prescelti assumano la veste di “prestazioni”, occorrerà quantificarneil livello e pertanto lo stesso progettista dovrà definire i valori numerici dei medesimi rispetto ai qualiverificare i risultati attesi dal progetto, dovrà in definitiva stabilire i cosiddetti livelli o limiti ditolleranza.

Per effettuare tale operazione lo stesso allegato suggerisce di desumere tali valori “…dalla letteraturatecnica condivisa tra cui vengono citate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la norma ISO/TR13387, la norma BS 7974, il decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 9 maggio 2001”.

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1. D.M. 9 maggio 2007

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In particolare, si segnala che, per quanto attiene lo studio del comportamentoumano in caso di incendio, con particolare riferimento ai modelli o processi dievacuazione in caso di incendio e ai parametri limiti o tollerabili per quantoattiene le dosi di esposizione al calore (convettivo + radiativo), leconcentrazioni di gas irritanti, le dosi di gas asfissianti, la visibilità ecc., unbuon contributo tecnico sull’argomento, comunque ancora in via di sviluppo insede internazionale, è specificatamente rappresentato dalla ISO/TR 13387 –parte 8 (“Life safety engineering – Part 8: Life safety – Occupant behaviour,location and condition”) e dalla connessa Draft Technical Specification ISO/DTS13571 (“Life threat from fires – Guidance on the estimation of time availablefor escape using fire data”).

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C. Individuazione degli scenari di incendio di progettoIl decreto offre la possibilità di utilizzare i due decreti oggi in vigore ossia il decreto del ministrodell’Interno 4 maggio 1998 (oggi abrogato e sostituito da D.M. 7 agosto 2012) e il decreto delministro dell’Interno 10 marzo 1998, i quali permettono la definizione degli scenari d’incendio, intesiquali proiezioni dei possibili eventi di incendio.

Comunque lo stesso decreto ritiene di precisare che nel processo di individuazione degli scenari diincendio di progetto, devono essere valutati gli incendi realisticamente ipotizzabili nelle condizioni diesercizio previste, scegliendo i più gravosi per lo sviluppo e la propagazione dell’incendio.

A tal fine risultano determinanti, secondo il decreto: lo stato, tipo ed il quantitativo del combustibile, la configurazione e posizione del combustibile, il tasso di crescita del fuoco e picco della potenza termica rilasciata (HRR max), il tasso di sviluppo dei prodotti della combustione, le caratteristiche dell’edificio, le condizioni delle persone presenti (affollamento, stato psico-fisico, presenza di disabili, ecc.).

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2^ FASE – ANALISI QUANTITATIVANella seconda fase dell’iter progettuale in cui si affronterà il vero e proprio calcolo (analisiquantitativa), si passerà a quantificare gli effetti dell’incendio prescelto in relazione agli obiettiviassunti, confrontando i risultati ottenuti con i livelli di prestazione già individuati e concludendoquindi il progetto da sottoporre a definitiva approvazione da parte del Comando VV.F.Tale analisi di tipo numerico (quantitativo) andrà eseguita con l’uso di appositi modelli i qualidovranno fornire i parametri essenziali ai fini della verifica prestazionale.Ai fini della valutazione di elementi essenziali come lo sviluppo dell’incendio e delle sue possibiliconseguenze nonché le possibili condizioni di esodo corrispondenti alla situazione di incendioprescelto, l’approccio progettuale da seguire in tale fase, quindi, consiste innanzitutto nella scelta deimodelli da applicare al caso in esame.

Una volta selezionato il modello, si passerà alla sua applicazione al caso in esame al fine di ottenereuna serie di parametri numerici utili per descrivere l’evoluzione dell’incendio e consentire così losviluppo della progettazione/verifica con riferimento ai livelli di prestazione prefissati.

Il decreto nulla dice su questi parametri numerici che dovranno descrivere l’incendio, ma indica ildocumento interpretativo per il requisito essenziale n. 2 “Sicurezza in caso d’incendio” della direttivaprodotti da costruzione 89/106/CEE come possibile riferimento per la loro individuazione.Analizzeremo brevemente, a tale proposito, cosa riferisce lo stesso citato Documento Interpretativo(punto 2.3 ID 2).

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3. IL SGSAIl decreto richiede che venga prodotto già in fase di «esame progetto» il documento relativo alSistema di Gestione della Sicurezza Antincendio (SGSA).

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APPROCCIO INGEGNERISTICO DELLA SICUREZZA ANTINCENDIOL’Ingegneria della sicurezza antincendio applica principi di ingegneria per valutare il livello di sicurezza necessario e perprogettare e calcolare le conseguenti misure di sicurezza. In materia di sicurezza antincendio delle opere da costruzione, glistrumenti dell’ingegneria possono essere usati in diverse maniere:

a) per determinare i dati di base sulle modalità di sviluppo e propagazione nelle opere dell’incendio e deisuoi effluenti, ovvero: calcolo dello sviluppo dell’incendio nei locali; calcolo della propagazione dell’incendio all’interno o all’esterno degli edifici al di là del locale di

origine; valutazione del movimento degli effluenti dell’incendio nelle opere e negli edifici

b) per valutare le azioni ovvero: esposizione al calore e agli effluenti dell’incendio di persone e cose; azione meccanica sulle strutture edilizie e/o opere

c) per valutare la prestazione dei prodotti da costruzione esposti al fuoco, ad esempio: caratteristiche di incendi in corso di sviluppo, quali infiammabilità, propagazione della fiamma,

tasso di emanazione di calore, produzione di fumo e gas tossici; resistenza delle strutture attaccate dall’incendio in termini di capacità portante e di funzione

separatoriad) per valutare la rivelazione, l’attivazione, l’eliminazione, segnatamente a:

tempi di attivazione dei sistemi di controllo, sistemi di eliminazione, squadre antincendio,occupanti;

effetto dei sistemi di controllo dell’incendio e del fumo (compresi agenti estinguenti); valutazione dei tempi di rivelazione in funzione della natura e della ubicazione dei rivelatori di

incendio/fumo; interazione tra dispositivi di eliminazione ed altri dispositivi di sicurezza

e) per valutare e progettare disposizioni di evacuazione e di soccorso”.

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APPROCCIO INGEGNERISTICO DELLA SICUREZZA ANTINCENDIOCome si vede, la materia appare alquanto difficile e complessa, poiché il documento europeo toccasvariate tipologie di valutazioni (con corrispondenti numerosi parametri significativi), connesse allapossibile applicazione dei metodi dell’ingegneria, tutte evidentemente importanti ai fini della sicurezzaantincendio.E osserviamo anche che, per alcune di tali valutazioni intese come strumento dell’ingegneria antincendio,la modellizzazione è tuttora in via di sviluppo per la valutazione del comportamento umano in caso diincendio ovvero per la valutazione e/o previsione dei processi di evacuazione in situazioni di incendio).Pensiamo altresì alla delicatezza di alcuni parametri iniziali o di base utili agli stessi modelli per ladescrizione numerica dell’incendio (ad es. il fattore HRR – tasso di rilascio di energia).Occorre a questo punto anche porre in evidenza che le stesse ISO/TR indicate dal decreto come possibilestrumento per la fissazione dei parametri prestazionali, non costituiscono ancora norme internazionali, ma,come facilmente deducibile dalla loro lettura, essi costituiscono rapporti tecnici proposti dall’appositocomitato (ISO/TC 92), in relazione alla attualità e importanza del problema, su argomenti ancora in via disviluppo ovvero su argomenti, come la sicurezza in caso di incendio, per i quali non è immediatamentepossibile definire una norma internazionale.Ed è anche per tale motivo, forse, che lo stesso Documento Interpretativo n. 2 cui si fa riferimentonel decreto, precisa che: “Per un approccio ingegneristico bisogna conoscere le proprietà rilevantidei prodotti e disporre di calcoli e procedure progettuali convalidate, su base riconosciuta e armonizzata”.Occorre anche osservare che il documento interpretativo di cui si parla, inquadrato nell’ambito delladirettiva prodotti da costruzione (CPD 89/ 106/CEE), seppure di natura strategica ai fini della sicurezzaantincendio, appare principalmente rivolto ai prodotti poiché esso nasce come strumento di connessione odi collegamento tra il requisito essenziale “Sicurezza in caso di incendio” e le cosiddette normearmonizzate riferite ai prodotti, al fine di rendere “concreto”, come dice la stessa direttiva, il requisitoessenziale stesso.

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Infine il decreto indica quale deve essere la «Documentazione di Progetto» quando lo stesso viene

condotto con l’approccio ingegneristico. Si veda tabella allegata (Z1)

COSA SI DEVE PORTARE AL COMANDO VV.F.?E’ una parte molto significativa dell’allegato in quanto si cerca di unire quelle che sono le proceduredi prevenzione incendi dei Comandi VV.F. con l’aspetto tecnico-formale o, meglio, di presentazionedegli elaborati da parte dei tecnici, elaborati redatti secondo la metodologia della fire engineering.

Viene quindi stabilito che la Documentazione comprenda, oltre che quella di cui all’allegato D.M. 7agosto 2012, ulteriore documentazione sia con riferimento alla fase preliminare o di analisiqualitativa del progetto che alla fase di analisi quantitativa.

Il decreto è estremamente dettagliato in tale parte e prevede che:1. relativamente alla fase preliminare (I fase), la documentazione sia rappresentata dal

sommario tecnico, firmato congiuntamente dal progettista e dal titolare dell’attività, ove è

sintetizzato il processo seguito per individuare gli scenari di incendio di progetto ed i livelli

di prestazione;

2. per quanto attiene la fase di analisi quantitativa (II fase), la documentazione sia

rappresentata da elaborati riguardanti la presentazione dei risultati.

In particolare il decreto indica elaborati quali i disegni e/o schemi grafici e/o immagini attraverso cuipresentare in maniera chiara e inequivocabile i principali parametri di interesse per l’analisi svolta.

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COSA SI DEVE PORTARE AL COMANDO VV.F.?Di tali grandezze, inoltre, unitamente ai diagrammi e agli schemi grafici, devono essere chiaramenteevidenziati i valori numerici nei punti significativi ai fini della valutazione dell’andamento deifenomeni connessi allo sviluppo dell’incendio.

Ma il decreto non si ferma qui e richiede, infine, di fornire indicazioni e giustificazioni sui modelliutilizzati, sui parametri e valori associati, sulla origine e caratteristiche dei codici di calcolo (ivi inclusele indicazioni sulla riconosciuta affidabilità degli stessi codici), sul confronto fra risultati e livelli diprestazione.

Ancora per quanto attiene il Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio (SGSA), inteso daldecreto come strumento documentale necessario ai fini della implementazione della metodologiaprestazionale, l’atto regolamentare precisa che la documentazione relativa, sottoposta all’esamedell’organo di controllo fin dalla fase di approvazione del progetto, dovrà basarsi sull’individuazionedelle misure di protezione, eseguita sulla base di scenari di incendio valutati ad hoc.

L’SGSA richiede, inoltre, un attento mantenimento nel tempo di tutti i parametri posti alla base dellascelta sia degli scenari che dei progetti.Il sistema di gestione della sicurezza antincendio è, in sostanza, un documento o, meglio, unostrumento, che potrà anche cambiare nel corso della vita di esercizio dell’attività, ma esso dovràsempre essere tale da garantire alla attività il medesimo livello di sicurezza inizialmente determinatoovvero tale da non ridurre le prestazioni attese e stabilite nel progetto.

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COSA SI DEVE PORTARE AL COMANDO VV.F.?

Ed è quindi per tale motivo che lo stesso documento (SGSA) sarà inizialmente approvato eperiodicamente controllato dal Comando VV.F., anche in relazione ad un corrispondente programmadi attuazione o realizzazione delle misure protettive da adottare.

Concludendo:Si tratta di un decreto complesso e articolato, da adoperare con attenzione ecompetenza, anche in relazione ai necessari ulteriori processi formativi daimplementare.

Questo decreto ha segnato un indubbio salto culturale in un tema così difficile datrattare quale è la progettazione antincendio con i metodi dell’ingegneria ed è statoprecursore di uno sviluppo più organico e approfondito che si è concretizzato con il D.M.3 agosto 2015 (noto come «Codice di Prevenzione Incendi»).

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

L’allegato I al decreto 3 agosto 2015 descrive nella Sezione M (Metodi), suddivisa in treparti, la metodologia dell’approccio ingegneristico della sicurezza antincendio detta«progettazione antincendio prestazionale» ed in particolare descrive dettagliatamente:

1. Parte M.1

1) la Fase 1^: Analisi Preliminare

2) la Fase 2^: Analisi Quantitativa

3) La Documentazione di Progetto

4) Il Sommario Tecnico

5) La Relazione Tecnica

6) La Gestione della Sicurezza Antincendio

7) I criteri di scelta e d’uso dei modelli e dei codici di calcolo

2. Parte M.2

8) Scenari di incendio per la progettazione prestazionale

3. Parte M.3

9) Salvaguardia della vita con la progettazione prestazionale

M1

M2

M3

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

1. Parte M.1Nel capitolo M1 è descritta la metodologia di progettazione dell'ingegneria della

sicurezza antincendio (o progettazione antincendio prestazionale) che si compone di

2 Fasi ciascuna costituita da sotto-fasi come schematizzato in figura

Fase 1Necessaria per definire i rischi da contrastare

e, di conseguenza, i criteri oggettivi di

quantificazione degli stessi necessari per la

successiva analisi numerica.

Fase 2Necessaria per effettuare le verifiche di

sicurezza degli scenari individuati nella fase

preliminare.

M1

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

1.1 - Definizione del progetto(scopo della progettazione)

1.2 - Identificazione degli obiettivi di sicurezza antincendio

1.3 - Definizione dellesoglie di prestazione

1.4 – Individuazione degli scenari di incendio di progetto

Fase 2

2.1 – Elaborazione delle soluzioni progettuali

2.2 – Valutazione delle soluzioni progettuali

2.3 – Selezione delle soluzioni progettuali idonee

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

1.1 - Definizione del progetto(scopo della progettazione)

1.2 - Identificazione degli obiettivi di sicurezza antincendio

1.3 - Definizione dellesoglie di prestazione

1.4 – Individuazione degli scenari di incendio di progetto

1.1 Identificare e documentare almeno i seguenti aspetti:

a. destinazione d'uso dell'attività;

b. finalità della progettazione antincendio prestazionale;

c. eventuali vincoli progettuali derivanti da previsioni

normative o da esigenze peculiari dell'attività;

d. pericoli di incendio connessi con la destinazione d'uso

prevista;

e. condizioni al contorno per l'individuazione dei dati

necessari per la valutazione degli effetti che si

potrebbero produrre;

f. caratteristiche degli occupanti in relazione alla

tipologia di edificio ed alla destinazione d'uso prevista.

M1

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 46

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

1.1 - Definizione del progetto(scopo della progettazione)

1.2 - Identificazione degli obiettivi di sicurezza antincendio

1.3 - Definizione dellesoglie di prestazione

1.4 – Individuazione degli scenari di incendio di progetto

1.2 Specificare:

a. gli obiettivi di sicurezza antincendio, tra quelli previsti nel

presente documento, in relazione alle specifiche esigenze

dell'attività in esame ed alle finalità della progettazione;

b. anche qualitativamente, ad esempio, il livello di

salvaguardia dell'incolumità degli occupanti, il massimo

danno tollerabile all'attività ed al suo contenuto, la

continuità d'esercizio a seguito di un evento incidentale

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

1.1 - Definizione del progetto(scopo della progettazione)

1.2 - Identificazione degli obiettivi di sicurezza antincendio

1.3 - Definizione dellesoglie di prestazione

1.4 – Individuazione degli scenari di incendio di progetto

a. Tradurre gli obiettivi antincendio in soglie di prestazione di tipo

quantitativo e qualitativo rispetto alle quali si svolgere la

valutazione oggettiva di sicurezza antincendio.

b. Si rendono quindi quantitativi gli effetti termici sulle strutture,

la propagazione dell'incendio, i danni agli occupanti, ai beni ed

all'ambiente.

c. Tali soglie devono poter essere utilizzate nella seconda fase

della progettazione per discriminare in modo oggettivo le

soluzioni progettuali che soddisfano gli obiettivi antincendio da

quelle che invece non raggiungono le prestazioni richieste.

d. Ai fini della progettazione per la salvaguardia della vita si

stabiliscono le soglie di prestazione per la vita (life safety

criteria). Si tratta delle soglie impiegate per definire

l'incapacitazione degli occupanti esposti al fuoco ed ai suoi

prodotti. (Nel capitolo M.3 sono riportati esempi di valori

numerici utilizzabili per tali progettazioni).

e. Per definizione, gli occupanti raggiungono l'incapacitazione

quando diventano inabili a mettersi al sicuro autonomamente.

A tale condizione segue, in breve tempo, il decesso del

soggetto.

f. Il capitolo S.2 del «Codice» definisce le soglie di prestazione

per le progettazioni la cui finalità sia il mantenimento della

capacità portante di tutta o parte di un'opera da costruzione.

M1

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 48

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

1.1 - Definizione del progetto(scopo della progettazione)

1.2 - Identificazione degli obiettivi di sicurezza antincendio

1.3 - Definizione dellesoglie di prestazione

1.4 – Individuazione degli scenari di incendio di progetto

a. Gli scenari di incendio rappresentano la

schematizzazione degli eventi che possono

ragionevolmente verificarsi nell'attività in relazione

alle caratteristiche del focolare, dell'edificio e degli

occupanti.

b. La procedura di identificazione, selezione e

quantificazione degli scenari di incendio di progetto è

descritta nel capitolo M.2.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 1

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Il sommario tecnico deve contenere:

a. indicazione del responsabile dell'attività;

b. individuazione del responsabile della progettazione

antincendio generale;

c. individuazione dei professionisti antincendio che

utilizzano l'ingegneria della sicurezza antincendio e che

definiscono le specifiche misure di gestione della

sicurezza antincendio, qualora diversi dal responsabile

della progettazione antincendio generale;

d. le finalità per le quali è applicato il metodo

prestazionale (es. analisi dei campi termici, della

diffusione dei fumi e verifica delle vie di esodo,

valutazione dei tempi di esodo, valutazione della

capacità portante delle strutture, protezione di beni o

ambiente in caso d'incendio, continuità di esercizio

dell'attività). Devono essere chiaramente evidenziati gli

aspetti della progettazione antincendio esclusi dalla

progettazione prestazionale.

Il sommario tecnico deve essere firmato dal responsabile

dell'attività e da tutti i soggetti coinvolti nella progettazione.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 2

2.1 – Elaborazione delle soluzioni progettuali

2.2 – Valutazione delle soluzioni progettuali

2.3 – Selezione delle soluzioni progettuali idonee

a. Elaborare una o più soluzioni progettuali per l'attività,

congruenti con le finalità già definite al precedente

punto 1.3 (soglie di prestazione) da sottoporre alla

successiva verifica di soddisfacimento degli obiettivi di

sicurezza antincendio.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 2

2.1 – Elaborazione delle soluzioni progettuali

2.2 – Valutazione delle soluzioni progettuali

2.3 – Selezione delle soluzioni progettuali idonee

a. Calcolare gli effetti che gli scenari d'incendio di

progetto determinerebbero nell'attività per ciascuna

soluzione progettuale elaborata nella fase precedente.

b. A tal fine il professionista antincendio impiega un

modello di calcolo analitico o numerico: l'applicazione

del modello fornisce i risultati quantitativi che

consentono di descrivere l'evoluzione dell'incendio e

dei suoi effetti sulle strutture, sugli occupanti o

sull'ambiente, secondo le finalità della progettazione.

c. La modellazione degli effetti dell'incendio consente di

calcolare gli effetti dei singoli scenari per ciascuna

soluzione progettuale.

d. I risultati della modellazione sono utilizzati per la

verifica del rispetto delle soglie di prestazione per le

soluzioni progettuali per ciascuno scenario d'incendio

di progetto.

e. Le soluzioni progettuali che non rispettano tutte le

soglie di prestazione per ogni scenario di incendio di

progetto devono essere scartate.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 2

2.1 – Elaborazione delle soluzioni progettuali

2.2 – Valutazione delle soluzioni progettuali

2.3 – Selezione delle soluzioni progettuali idonee

Il professionista antincendio seleziona la soluzione

progettuale finale tra quelle che sono state verificate

positivamente rispetto agli scenari di incendio di progetto.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Fase 2

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LA RELAZIONE TECNICA:

1. Nella relazione tecnica devono risultare le soluzioni progettuali agli scenari di incendio di progetto.

2. L'esito dell'analisi deve essere sintetizzato con tabelle, disegni, schemi grafici, immagini, …;

3. Nello specifico si devono fornire le seguenti indicazioni:

a. modelli di calcolo utilizzati …;

b. parametri e valori associati …;

c. origine, caratteristiche ed idoneità dei codici di calcolo impiegati…;

d. confronto fra risultati della modellazione e soglie di prestazione …;

4. Devono essere resi disponibili i tabulati relativi al calcolo e i relativi dati di input.

Nota: La documentazione deve assicurare che tutti i soggetti

interessati comprendano le limitazioni imposte all'attività in

relazione alla soluzione progettuale egarantire la realizzazione

corretta e il mantenimento nel tempo delle scelte concordate.

PROGRAMMA G.S.A.

1. Esplicitare le specifiche misure di gestione della sicurezza antincendio (GSA) che sono state assunte

quali ipotesi e limitazioni d'esercizio.

2. Le suddette misure devono essere limitate agli aspetti trattati nella progettazione prestazionale,…;

3. Le specifiche misure di gestione della sicurezza antincendio sono sottoposte a verifiche periodiche …;

da parte del responsabile dell'attività secondo le cadenze temporali già definite nel progetto.

4. Nell'ambito del programma per l'attuazione della gestione della sicurezza antincendio devono essere

valutati ed esplicitati i provvedimenti presi relativamente ai seguenti punti:

a. organizzazione del personale; b. identificazione e valutazione dei pericoli derivanti dall'attività; c.

controllo operativo; d. gestione delle modifiche; e. pianificazione di emergenza; f. sicurezza delle squadre di

soccorso; g. controllo delle prestazioni; h. manutenzione dei sistemi di protezione; i. controllo e revisione.M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Criteri di scelta e d'uso dei modelli e dei codici di calcolo

1. Il professionista antincendio può optare tra i modelli di

calcolo che le conoscenze tecniche di settore mettono a

disposizione, sulla base di valutazioni inerenti la

complessità del progetto.

2. Il professionista antincendio che adotta modelli di calcolo

sofisticati, deve possedere una particolare competenza nel

loro utilizzo, nonché un'approfondita conoscenza sia dei

fondamenti teorici che ne sono alla base che della

dinamica dell'incendio.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Criteri di scelta e d'uso dei modelli e dei codici di calcolo

Nella relazione tecnica è specificato:- tipo di codice adottato, autori, versione, documentazione, …;

- criterio di scelta del modello di calcolo impiegato.

Deve essere indicato che il codice di calcolo è:- impiegato nel suo campo di applicazione;

- validato per applicazioni analoghe.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

I modelli e dei codici di calcolo più frequentemente utilizzati

A. MODELLI ANALITICI (o semplificati)

B. MODELLI NUMERICI (o avanzati): simulazione incendio a zone per ambienti confinati (CFAST, Ozone).

simulazione incendio di campo (CFX, FDS, Fluent).

simulazione dell’esodo (FDS+EVAC).

analisi termostrutturale (Abaqus, Adina, Ansys, Diana, Safir, Strauss).

Nel campo di applicazione, i modelli analitici garantiscono stime accurate dieffetti dell’incendio (es. tempo di flashover).Per analisi più complesse con interazioni dipendenti dal tempo di più processifisici e chimici si ricorre a modelli numerici.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Differenti modelli possono essere utilizzati contemporaneamente

Modello a zone per valutare preliminarmente le

condizioni di maggiore criticità, per poi approfondire

con modelli di campo.

Modelli specifici, es. per la valutazione del tempo di

attivazione di un impianto, per poi inserire i dati in

modelli di campo.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

MODELLI SEMPLIFICATI – Le curve parametriche

Le curve parametriche (presenti per esempio negli Eurocodici) sono

la più semplice rappresentazione dell’andamento delle

temperature medie dei prodotti della combustione in

ambiente confinato.

La loro determinazione è basata sulla conoscenza dei

seguenti parametri:

geometria del compartimento

fattore di ventilazione

inerzia termica delle pareti

carico di incendio.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

MODELLI DI SIMULAZIONE DI INCENDIO

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

MODELLI SPERIMENTALI

I metodi sperimentali comprendono riproduzioni in

scala reale o ridotta dello scenario del fenomeno da

studiare.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

MODELLI NUMERICI

I modelli numerici si dividono in due classi:

stocastici e deterministiciI modelli stocastici o probabilistici trattano lo

sviluppo dell’incendio come una successione di

eventi.

Si stabiliscono leggi matematiche che

governano la transizione da un evento all’altro

(per esempio dall’ignizione alla combustione

stabilizzata); sulla base di analisi di dati

sperimentali, dell’analisi storica di incidenti

realmente avvenuti, nonché sulla base delle

relazioni matematiche scelte (corrette in modo

da tenere conto dei dati a disposizione)

vengono assegnati dei valori probabilistici a

ciascun evento o stato coinvolto nello sviluppo

di un incendio (tipicamente questi metodi sono

usati per rappresentare esplosioni di gas o di

polveri).

I modelli deterministici, invece, rappresentano i

processi che accompagnano lo sviluppo

dell’incendio in un locale, mettendo in relazione

espressioni matematiche basate sulla fisica e sulla

chimica del fenomeno con i dati ottenuti da

sperimentazioni condotte su incendi naturali.

Proprio questo aspetto deve portare a ricordare che

i modelli hanno dei limiti, legati a loro volta ai limiti

delle osservazioni che hanno condotto alla

definizione degli algoritmi di calcolo.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

I MODELLI DETERMINISTICI

I modelli deterministici si suddividono in

Modelli di Campo e Modelli a ZonaI modelli di campo sono modelli termodinamici e

fluidodinamici generali per incendi e fumi. I modelli

numerici implementati in software commerciali di

fluidodinamica computazionale (Computational

Fluid Dynamic - CFD) costituiscono una tra le più

raffinate possibilità di simulazione di incendio

attualmente disponibile

La caratteristica di questi modelli è che viene

descritto l’andamento temporale delle grandezze

macroscopiche in un dato punto dello spazio (cella).

La CFD consente di pervenire al calcolo dei campi

vettoriali di velocità e scalari di temperatura e

concentrazione.

Il compartimento viene diviso in una griglia

tridimensionale di piccoli volumi (celle). Il modello

calcola le condizioni fisiche in ciascun volume come

una funzione del tempo.

I modelli a zona, sono modelli termodinamici.

Simulano lo sviluppo di un incendio in ambienti

confinati risolvendo separatamente le

equazioni differenziali di conservazione

dell’energia termica, della massa e della

quantità di moto ipotizzando che l’ambiente in

cui progredisce la combustione sia diviso in

regioni distinte (zone) all’interno delle

quali la temperatura, la densità e la pressione

siano uniformi ma variabili nel tempo

Questi modelli sono di una buona utilità,

sia per la facilità di utilizzo che per

l’attendibilità dei risultati in determinate

situazioni.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Modelli a Zone

Un modello a zone simula la dinamica di un incendio in ambiente confinato,risolvendo le equazioni di conservazione di massa e energia relativamente ad unnumero basso di zone macroscopiche (di norma 2 zone omogenee).

1. Zona superiore: dove sono presenti i prodotti della combustione (fumi egas caldi).

2. Zona inferiore: libera da fumo e più fresca di quella superiore.

All’interno di ciascun volume temperatura e altre proprietà sono

spazialmente uniformi ma variabili nel tempo.

Il rapporto di altezza tra le 2 zone cambia con lo sviluppo dell'incendio.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Modelli a Zone

I modelli a zone stimano in funzione del tempo:

temperature (medie) dello strato inferiore e superiore; posizione dell'interfaccia tra le zone; concentrazione di ossigeno; concentrazione di ossido di carbonio; visibilità; flusso in entrata e uscita da aperture verso l'esterno o altri locali.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Modelli a Zone

Si applicano, in genere, ad ambienti con geometria semplice(regolare e compatta), anche se collegati tra di loro e conaperture.Non idonei per ambienti stretti e lunghi poiché non è soddisfattal’ipotesi di uniformità spaziale delle proprietà termodinamiche inciascuna zona.Non idonei per sistemi complessi poiché non dotati di modello dicombustione e di turbolenza, fenomeni che possono condizionarescambi termici convettivi e radianti, propagazione di fumi e gas,interazione fluidodinamica con le pareti.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Modelli a Zone

I dati di input sono molto di meno rispetto ai modelli di campo.Sono necessari dati sulla geometria del compartimento e sullatipologia delle aperture (interne ed esterne).È necessaria la conoscenza delle proprietà termiche delle paretidi confine del compartimento per stimare la dispersione delcalore attraverso muri, soffitto, solai, ecc.Devono essere forniti, come input, caratteristiche del focolaioiniziale (HRR), degli oggetti nell’ambiente e degli eventuali“target”.

Es. di modelli di zona validati in ambito scientifico:- CFAST (Nist - http://www.cfast.nist.gov)

- OZONE (Università di Liegi).

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

Modelli di Campo

Rappresentano l’ambiente nel modo più adeguato allenecessità.Stimano l'incendio per via numerica, dividendo lo spazio in unnumero elevato di celle, risolvendo le equazioni di conservazionedi massa, energia, ecc. all'interno di ciascuno di essi, attraverso imetodi degli elementi finiti.

Possono simulare anche spazi non compartimentati, come plume(pennacchio di fiamme e gas caldi) e camini.Richiedono molto tempo di calcolo.I risultati sono molto più dettagliati dei modelli a zone.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

IL PIÙ USATO MODELLO DI CAMPO

FDS

Il software Fire Dynamic Simulator (FDS) è stato sviluppato dalla Fire Research

Division presso il Building and Fire Research Laboratory (BFRL) del National

Institute of Science and Technology (NIST) [1, 2, 12].

FDS è un programma che permette la modellazione di:

trasmissione a bassa velocità di calore e prodotti di combustione dal fuoco

trasmissione di calore per irraggiamento e convezione tra gas e superfici solide

pirolisi

diffusione della fiamma e crescita dell’incendio

sprinkler, rilevatori di calore e di fumo.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

IL MODELLO DI CAMPO più utilizzato

FDS

FDS è in grado di fornire come dati di uscita i valori delle seguenti variabili

scalari e vettoriali a prefissati intervalli di tempo:

temperatura, velocità e concentrazione dei gas

concentrazione dei prodotti di combustione

visibilità e pressione

tempo di attivazione di erogatori sprinkler e di rivelatori di calore o di fumo

flussi di massa e di energia.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

IL PIÙ USATO MODELLO DI CAMPO

FDS

I valori ottenuti vengono valutati in ogni cella: tipicamente un modello FDS

è costituito da centinaia di migliaia di celle e migliaia di intervalli

temporali. Gli andamenti nel tempo delle grandezze in singoli punti dello

spazio o quantità come la potenza termica rilasciata sono salvati in file di

estensione .csv utilizzabili in programmi di elaborazione dati.

FDS è in grado di simulare gli incendi, a partire dalla condizione iniziale di

ignizione: il modello di campo esprime tutta la sua potenzialità

nell’analisi dei parametri di controllo del fuoco principalmente nelle

condizioni di pre-flashover, mentre l’accuratezza dei risultati tende

generalmente a ridursi nelle condizioni di post - flashover.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

ANALISI DELLA SENSIBILITÀ

Il Codice sottolinea la necessità, nell'applicazione pratica di un modello

numerico di simulazione degli incendi, di eseguire l'analisi di sensibilità dei

risultati in dipendenza della variazione dei parametri di input, atteso che i

risultati delle simulazioni sono sensibili sia ai parametri fisici che numerici.

In particolare i risultati dell'analisi non devono risultare significativamente

dipendenti dalle dimensioni della griglia di calcolo.

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

ANALISI DELLA SENSIBILITÀ

Importante problema da affrontare per l'implementazione di un problema

di simulazione, è la definizione dunque della dimensione media della cella

di discretizzazione (computational grid): a tale scopo si osservi che tale

dimensione è legata ad un importante parametro indicativo della bontà

della risoluzione di griglia ovverosia il diametro caratteristico del fuoco

dato dalla seguente relazione:

𝐷∗ =𝑄

𝜌∞ ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇∞ ∙ 𝑔

25

𝐷∗

𝑄

𝜌∞

𝑐𝑝

𝑇∞

: diametro caratteristico del fuoco [m]

: heat release rate totale [kW]

: densità a temperatura ambiente [kg/m3]

: calore specifico del gas [kJ/kgK]

: temperatura ambiente[K]

M1

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

ANALISI DELLA SENSIBILITÀ

In un problema di simulazione dell'evoluzione dinamica di un incendio,

l'accuratezza di risoluzione è evidenziata dal rapporto (D*/d); in letteratura

scientifica si consiglia di adottare un valore di d come segue:

0.1 D* < d < 0.4 D*

e di eseguire consequenzialmente l'analisi di sensibilità in tale range di valori.

𝐷∗ =𝑄

𝜌∞ ∙ 𝑐𝑝 ∙ 𝑇∞ ∙ 𝑔

25

𝐷∗

𝑄

𝜌∞

𝑐𝑝

𝑇∞

= 2,24 [m]

: 8300 [kW]

: 1,2 [kg/m3]

: 1,0 [kJ/kgK]

: 293 [K] (pari a circa 20 °C)

Per esempio posto:

Si ottiene:

La dimensione media della cella di discretizzazionedeve essere compresa entro il seguente range:

0,1 ∙ 𝐷∗ < 𝛿 < 0,4 ∙ 𝐷∗

cioè:

0,224 < 𝛿 < 0,896

𝑔 : 9,81 [m/sec2]

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 74

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

Gli scenari d'incendio rappresentano la descrizione dettagliata degli eventi

che possono ragionevolmente verificarsi in relazione a tre aspetti

fondamentali:

a. caratteristiche dell'incendio;

b. caratteristiche dell'attività;

c. caratteristiche degli occupanti.

Nel capitolo M2 è descritta, per gli scenari di progetto, la procedura di:

1. Identificazione dei possibili scenari d'incendio che possono svilupparsi nell'attività,

da cui dipende l'esito dell'intera valutazione secondo il metodo prestazionale

2. Selezione degli scenari d'incendio di progetto tra tutti i possibili scenari d'incendio

identificati

3. Quantificazione degli scenari d'incendio di progetto selezionati

Vengono inoltre fornite indicazioni per eseguire la verifica del

raggiungimento degli obiettivi di sicurezza antincendio per le attività.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

IDENTIFICAZIONE dei possibili scenari – 1° PASSO

Si devono considerare tutte le condizioni di esercizio ragionevolmente

prevedibili. Per individuare gli scenari d'incendio il professionista

antincendio sviluppa uno specifico albero degli eventi.

Cause Eventi iniziatori Albero degli eventi Conseguenze

Tecniche(macchine/impianti)

Materiali

Umane -

Organizzative

Cortocircuiti

Surriscaldamenti/attriti

P6 D6

Misure di prevenzione

che riducono la probabilità di innesco

Misure di protezione

che riducono l’entità dei danni

Valutazione dei

Rischi (PxD)

S1

S2

S3

S4

S5

S6

P5 D5

P4 D4

P3 D3

P2 D2

P1 D1

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 76

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

IDENTIFICAZIONE dei possibili scenari – 1° PASSO

Ogni scenario d'incendio identificato deve essere descritto in relazione alle

3 caratteristiche fondamentali:

Attività Occupanti Incendio

Analisi storica: può guidare nell’individuazione degli scenari e fornire indicazioni

quantitative utili per rendersi conto degli ordini di grandezza attesi.

Altra fonte di informazione può essere il web, con attenta verifica

dell’attendibilità delle fonti.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

SELEZIONE degli scenari di progetto – 2° PASSO

Nel 1^ passo si identifica un elevato numero di scenari d'incendio.

Lo scopo 2^ passo è quello di selezionare un sottoinsieme di scenari di

progetto tra i più gravosi e credibili , per alleggerire la successiva verifica

da trattare nei calcoli.

Il professionista antincendio esplicita i motivi che portano a escluderne

alcuni dalla successiva analisi quantitativa.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

SELEZIONE degli scenari di progetto – 2° PASSO

Il professionista antincendio esplicita i motivi che portano a escluderne

alcuni scenari dalla successiva analisi quantitativa in funzione degli

obiettivi che intende raggiungere.

Ad esempio, se si intende principalmente perseguire la salvaguardia degli occupanti durante la

fase di esodo, possono essere selezionati scenari come quelli di seguito indicati:

a) un incendio di breve durata e con crescita veloce, che è accompagnato da elevata produzione

di fumo e gas di combustione (ad esempio, l'incendio di un mobile imbottito), risulta più

critico di uno che rilascia maggiore potenza termica, ma che ha una crescita lenta e dura più

a lungo, anche se quest'ultimo sollecita termicamente in modo più severo gli elementi

costruttivi presenti;

b) un incendio di limitate dimensioni, che però si sviluppa in prossimità delle vie di esodo di un

locale ad alta densità di affollamento, può risultare più pericoloso di uno che emette una

maggiore potenza termica, ma che si origina in un ambiente confinato e che si trova lontano

dalle zone dove è prevista la presenza di occupanti.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

QUANTIFICAZIONE degli scenari di progetto selezionati – 3° PASSO

Il professionista antincendio traduce la descrizione qualitativa degli

scenari d'incendio di progetto, elaborata nel primo passo, in dati numerici

di input appropriati per la metodologia di calcolo scelta per la verifica delle

ipotesi progettuali.

I dati di input devono essere specificati per le seguenti caratteristiche:

3.1 attività

3.2 occupanti

3.3 incendio

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 84

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

QUANTIFICAZIONE degli scenari di progetto selezionati – 3.1 Attività

Le caratteristiche dell'attività influenzano:

Esodo degli occupanti,

Sviluppo dell'incendio,

Diffusione dei prodotti della combustione.

In base all'obiettivo, la descrizione dell’attività comprenderà:

Caratteristiche architettoniche e strutturali

Impiantistica

Aspetti gestionali e operativi

Fattori ambientali che influenzano le prestazioni antincendio.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

QUANTIFICAZIONE degli scenari di progetto selezionati – 3.2 Occupanti

In base all'obiettivo, il professionista antincendio descrive le condizioni

delle persone presenti, che possono influenzare comportamento e risposta

nell'incendio.

Affollamento

Categoria occupanti (Lavoratori, visitatori; anziani; malati; disabili, ecc)

Stato psico-fisico

Grado di familiarità degli occupanti con l’ambiente

Stato di veglia/sonno.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

QUANTIFICAZIONE degli scenari di progetto selezionati – 3.3 Incendio

La descrizione consiste nella caratterizzazione quantitativa del focolare

come sorgente di energia termica e prodotti della combustione, secondo:

localizzazione del focolare;

tipologia di focolare: covante o con fiamma;

quantità, qualità e distribuzione spaziale del combustibile;

fonti d'innesco;

curva RHR (rate of heat released) o HRR (Heat Release Rate), potenza

termica prodotta dal focolare nel tempo RHR(t);

prodotti della combustione considerati (es. CO e particolato).

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

QUANTIFICAZIONE degli scenari di progetto selezionati

FOCOLARE PREDEFINITOQualora si intenda

omettere le

valutazioni in

merito alla

descrizione

quantitativa del

focolare possono

essere impiegati i

focolari predefiniti

utilizzando i valori

dei parametri di cui

alla tabella M.2-2.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

DURATA DEGLI SCENARI DI PROGETTO

Deve essere descritta tutta la sequenza di evoluzione dell'incendio, a

partire dall'evento iniziatore per un intervallo di tempo che dipende dagli

obiettivi di sicurezza da raggiungere come riportato in tabella:

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

STIMA DELLA CURVA RHR(t)

L'RHR(t) può essere utilizzata per:

a. costruire le curve naturali con un modello di incendio numerico

avanzato per la valutazione della capacità portante in condizioni

d'incendio delle opere da costruzione;

b. valutare la portata di fumo emessa durante l'incendio per la

progettazione dei sistemi SEFC.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di propagazione

𝑅𝐻𝑅 𝑡 = 1000 ∙𝑡

𝑡𝛼

2

𝑡𝛼 : 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑛𝑒𝑐𝑒𝑠𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑎𝑓𝑓𝑖𝑛𝑐ℎè 𝑙𝑎 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑐𝑎𝑟𝑖𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎𝑡𝑎 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑎 1000 𝑘𝑊

𝑝𝑒𝑟 𝑡 < 𝑡𝐴

𝐼𝑙 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒕𝜶 𝑝𝑢ò 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝒅𝒆𝒔𝒖𝒏𝒕𝒐 𝑑𝑎𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑎𝑝𝑝. 𝐸 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑬𝒖𝒓𝒐𝒄𝒐𝒅𝒊𝒄𝒆 𝟏, 𝑼𝑵𝑰 𝑬𝑵 𝟏𝟗𝟗𝟏 − 𝟏 − 𝟐

𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑻𝒂𝒃𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑮. 𝟑 − 𝟐 𝒅𝒆𝒍 "𝑪𝒐𝒅𝒊𝒄𝒆"

𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒, 𝑛𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑡𝑖𝑝𝑜𝑙𝑔𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎 𝑝𝑒𝑠𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑢𝑑𝑑𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑖.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di propagazione

𝑰𝒍 𝒗𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒕𝜶 𝑝𝑢ò 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝒅𝒆𝒔𝒖𝒏𝒕𝒐 𝑑𝑎𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑎𝑝𝑝. 𝐸 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝐸𝑢𝑟𝑜𝑐𝑜𝑑𝑖𝑐𝑒 1, 𝑈𝑁𝐼 𝐸𝑁 1991 − 1 − 2

𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑇𝑎𝑏𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐺. 3 − 2 𝑑𝑒𝑙 "𝐶𝑜𝑑𝑖𝑐𝑒"

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di propagazione

𝑺𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒑𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒕𝒊 𝒊𝒎𝒑𝒊𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒐 𝒐 𝒆𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒂𝒖𝒕𝒐𝒎𝒂𝒕𝒊𝒄𝒂

𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑖 𝑠𝑢𝑝𝑝𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑧𝑧𝑖 𝑎𝑙 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙

𝑡𝐴 = 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 ∙𝑡𝛼

2

1000

𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 𝑑𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑎𝑣𝑎 𝑡𝐴:

Vediamo quindi come ricavare 𝑖𝑙 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥

𝑛𝑒𝑐𝑒𝑠𝑠𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑡𝐴:

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di propagazione

𝑃𝑒𝑟 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑣𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑑𝑢𝑒 𝑚𝑜𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑖𝑛𝑡𝑖 𝑎 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎 𝑠𝑒

𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 è 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒎𝒃𝒖𝒔𝒕𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆.

𝐼𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒎𝒃𝒖𝒔𝒕𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆

𝐼𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆

U𝑛 𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑒 "𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙

𝑐𝑜𝑚𝑏𝑢𝑠𝑡𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒« se vi è una elevata

𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑏𝑢𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒, 𝑐𝑖𝑜è 𝑢𝑛𝑎

elevata superficie di ventilazione o nel

𝑐𝑎𝑠𝑜 𝑙𝑖𝑚𝑖𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖 𝑎𝑙𝑙′𝑎𝑝𝑒𝑟𝑡𝑜.

U𝑛 𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑒 "𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎

𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒" se vi è una limitata

𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑏𝑢𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒, 𝑐𝑜𝑚𝑒

nel caso di locali con ventilazione

𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑟𝑖𝑎.

𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑢𝑛 𝑝𝑎𝑟𝑎𝑚𝑒𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 "fattore di ventilazione" 𝑶 𝑐ℎ𝑒 ci consente di𝑣𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑒 𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑑𝑖𝑜 è 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑜𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑛𝑜.

𝑆𝑒 𝑶 < 𝟎, 𝟎𝟔 ÷ 𝟎, 𝟎𝟕 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 è 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒.

𝑽𝒆𝒅𝒓𝒆𝒎𝒐 𝒄𝒉𝒆

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di propagazione

𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥𝐼𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜

𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍 𝒄𝒐𝒎𝒃𝒖𝒔𝒕𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆𝐼𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜

𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆

𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 = 𝑅𝐻𝑅𝑓 ∙ 𝐴𝑓

𝑐𝑜𝑛:

Potenza termica massima per unità di superficie desunta da Eurocodice UNI EN 1991-1-2 o dalla letteratura tecnica [kW/m2]

𝑅𝐻𝑅𝑓

𝐴𝑓 Superficie lorda del compartimento nel caso di distribuzione uniforme del carico di incendio, oppure superficie lorda effettivamente occupata dal combustibile oppure area operativa [m2]

𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 = 0,1 ∙ 𝑚 ∙ 𝐻𝑢 ∙ 𝐴𝑣 ∙ ℎ𝑒𝑞

𝑐𝑜𝑛:

𝑚 = ቊ0,81,0

per il legno e materiali cellolosiciper altri materiali

𝐻𝑢 = 17500 𝑘𝐽/𝑚2

𝐴𝑣 = Area totale delle superfici di ventilazione verticale (porte e finestre) [m2]

ℎ𝑒𝑞 =σ𝑖(𝐴𝑣,𝑖∙ ℎ𝑖)

𝐴𝑣

Altezza equivalentedelle superfici diventilazione verticale [m]

Av,i : area apertura i-esimahi : altezza apertura i-esima

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) – Il fattore di ventilazione

𝐼𝑙 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒍𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 è 𝑑𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑔𝑢𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒:

𝑶 =𝐴𝑣 ∙ ℎ𝑒𝑞

𝐴𝑡

𝐴𝑡 = Area totale delle superfici del compartimento (pareti, pavimento e soffitto) [m2]

ℎ𝑒𝑞 =σ𝑖(𝐴𝑣,𝑖∙ ℎ𝑖)

𝐴𝑣

Altezza equivalente delle superfici di ventilazione verticale [m]

Av,i : area apertura i-esima

hi : altezza apertura i-esima

𝐴𝑣 = Area totale delle superfici di ventilazione verticale (porte e finestre) [m2]

dove:

[m0,5]

𝑆𝑒 𝑶 < 𝟎, 𝟎𝟔 ÷ 𝟎, 𝟎𝟕 𝑎𝑙𝑙𝑜𝑟𝑎 𝑙′𝑖𝑛𝑐𝑒𝑛𝑑𝑖𝑜 è 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜𝑙𝑙𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑖𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒.

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 97

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di incendio stazionario

𝑅𝐻𝑅 𝑡 = 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥

𝑡𝐵 = 𝑡𝐴 +

0,7 ∙ 𝑞𝑓 ∙ 𝐴𝑓 −13 ∙

1000𝑡𝛼

2 ∙ 𝑡𝑎3

𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥

𝑝𝑒𝑟 𝑡𝐴 ≤ 𝑡 < 𝑡𝐵

𝑐𝑜𝑛:

Questo perché si considera che la fase di incendio stazionario termina quando il 70% della energia termica inizialmente disponibile (qf · Af) è stata rilasciata nel compartimento.

𝐴𝑓 = Superficie lorda del compartimento nel caso di distribuzione uniforme del carico di incendio, oppure superficie lorda effettivamente occupata dal combustibile oppure area operativa [m2]

𝑞𝑓 = Carico di incendio specifico [KJ/m2]

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 98

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Fase di decadimento incendio

𝑅𝐻𝑅 𝑡 = 𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥 ∙𝑡𝐶 − 𝑡

𝑡𝐶 − 𝑡𝐵

𝑡𝐶 = 𝑡𝐵 +2 ∙ 0,3 ∙ 𝑞𝑓 ∙ 𝐴𝑓

𝑅𝐻𝑅𝑚𝑎𝑥

𝑝𝑒𝑟 𝑡𝐵 ≤ 𝑡 ≤ 𝑡𝐶

𝑐𝑜𝑛:

Questo perché nella fase di decadimento dell’incendio viene rilasciato il 30% della energia termica inizialmente disponibile (qf · Af).

𝐴𝑓 = Superficie lorda del compartimento nel caso di distribuzione uniforme del carico di incendio, oppure superficie lorda effettivamente occupata dal combustibile oppure area operativa [m2]

𝑞𝑓 = Carico di incendio specifico [KJ/m2]

Dalla curva RHR(t) si può ricavare anche la velocità di combustione del materiale: mc(t) in kg/sec.

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 99

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

Effetto dei sistemi automatici di controllo dell'incendio

Con sistemi di controllo

dell'incendio automatici

(es. sprinkler), RHR(t)

non raggiunge RHRmax,

che avrebbe potuto

raggiungere in base a

combustibile e ambiente.

RHR può essere assunto costante, pari a RHR(tx) raggiunto all’istante tx di

entrata in funzione dell’impianto.

Il valore permane per un tempo pari alla durata di alimentazione prevista,

entro cui si presume che l’incendio controllato venga estinto con

l’intervento manuale.

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 100

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

Effetto dei sistemi automatici di controllo dell'incendio

Se nell'attività sono

previsti sistemi automatici

di estinzione completa

dell’incendio

(es. sprinkler ESFR -

early suppression fast response,

water mist, ecc.), il loro effetto

deve essere valutato

caso per caso in relazione

alla loro efficacia ed

all'affidabilità di funzionamento.

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 101

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

Effetto dell’intervento manuale di controllo dell'incendio

A differenza

dell’attivazione

dei sistemi automatici,

l’intervento manuale

effettuato dalle squadre

antincendio non può

essere considerato in fase

progettuale ai fini della

modifica dell'andamento

della curva RHR(t).

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 102

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Osservazioni

Qualora la definizione della fase di propagazione della curva RHR(t) basata esclusivamente

sul tempo caratteristico ta fosse ritenuta non rappresentativa della reale evoluzione

dell'incendio, il professionista antincendio può valutare le possibilità che l'incendio si propaghi

dagli oggetti già coinvolti dalle fiamme ad altri elementi combustibili, per mezzo di

un'appropriata valutazione del rischio di incendio. Tale valutazione deve essere giustificata

durante l'analisi quantitativa. Un esempio di tale approccio è chiaramente affrontato nelle

NFPA 92 e NFPA 555.

I materiali combustibili sono stati, a seguito di osservazioni sperimentali, suddivisi in 3 classi:

1. MATERIALI FACILMENTE ACCENDIBILI: si infiammano se investiti da flussi termici di ~ 10 kW/m2

(tappeti, giornali tendaggi, ecc.)

2. MATERIALI NORMALMENTE ACCENDIBILI: si infiammano se investiti da flussi termici di ~ 20 kW/m2

(poltrone, materassi, mobili imbottiti, ecc.)

3. MATERIALI DIFFICILMENTE ACCENDIBILI: si infiammano se investiti da flussi termici di ~ 40 kW/m2

(legno, plastiche termoindurenti di spessore > 1,2 cm, ecc.)

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 103

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

COSTRUZIONE DELLA CURVA RHR(t) - Osservazioni

Per ciascuna delle 3 classi la Norma NFPA 555 propone, per distanze fino a 120 cm, una

specifica espressione di RHRmin in funzione della distanza D espressa in metri dal materiale

che inizia a bruciare:

1. MATERIALI FACILMENTE ACCENDIBILI: RHRmin = 30 · 10 (D+0,08)/0,89

2. MATERIALI NORMALMENTE ACCENDIBILI: RHRmin = 30 · (D+0,5)/0,019

3. MATERIALI DIFFICILMENTE ACCENDIBILI: RHRmin = 30 · (D+0,02)/0,0092

La curva RHR può essere così ricostruita nel seguente modo:

a. ipotizzare il materiale combustibile iniziatore dell'incendio;

b. valutare la sequenza con la quale i diversi elementi combustibili presenti nell'ambiente

vengono coinvolti dalla propagazione dell'incendio;

c. calcolare la curva RHR(t) complessiva, per somma dei contributi nel tempo dei singoli

materiali. Le curve RHR(t) di molte tipologie di materiali combustibili presenti negli

edifici civili possono essere facilmente reperite in letteratura.

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 104

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

ESEMPIO:Costruiamo le curve RHR(t) nel caso riportato in figura secondo i casi (scenari) riassunti nella successiva tabella (si veda allegato).

Page 105: L’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio · antincendio 7.1 Riferimenti normativi sull'approccio ingegneristico 7.2 Metodologia su cui si basa l'approccio ingegneristico

2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 105

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SCENARI DI INCENDIO PER LA F.S.E.

M2

ESEMPIO:

Allegato (Z2)

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2. D.M. 3 agosto 2015 – «IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI»

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 106

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

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Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 107

METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Lo studio dell’esodo è molto complesso in quanto governato

dall’interazione dell’occupante con l’edificio e l’incendio.

Le regole tecniche di prevenzione incendi trattano l’esodo in funzione di

elementi fisico-geometrici (layout, moduli d’uscita, …), trascurando le

componenti comportamentali e le modalità con cui le persone prendono

decisioni, percepiscono i rischi, ecc.

La progettazione prestazionale dell’esodo tiene conto degli aspetti

comportamentali, fisico-geometrici (layout, sistema d’esodo, ecc.) e

ambientali (presenza degli effetti avversi dell’incendio).

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Criterio ideale: La progettazione ideale dovrebbe assicurare agli

occupanti di raggiungere un luogo sicuro senza accorgersi

degli effetti dell'incendio.

Non sempre è applicabile, in particolare per gli occupanti che si

trovano nel compartimento di primo innesco dell'incendio.

Per cercare di ottemperare al «criterio ideale», la norma introduce il

Criterio ASET > RSET: la progettazione prestazionale del sistema di vie

d'esodo consiste sostanzialmente nel calcolo e

nel confronto tra i seguenti due intervalli di

tempo:

a. ASET, tempo disponibile per l'esodo (available safe escape time)

b. RSET, tempo richiesto per l'esodo (required safe escape time)

La differenza (ASET – RSET) = Tmarg rappresenta il margine di sicurezza.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

La differenza (ASET – RSET) rappresenta il margine di sicurezza (tmarg)

Nel confronto tra diverse soluzioni progettuali, il professionista antincendio rende massimo il

margine di sicurezza in relazione alle ipotesi assunte, al fine di considerare l'incertezza nel

calcolo dei tempi di ASET ed RSET.

𝒕𝒎𝒂𝒓𝒈 ≥ 𝑹𝑺𝑬𝑻 𝑐𝑖𝑜è 𝑨𝑺𝑬𝑻 ≥ 𝟐 ∙ 𝑹𝑺𝑬𝑻

𝒕𝒎𝒂𝒓𝒈 ≥ 𝟎, 𝟏 ∙ 𝑹𝑺𝑬𝑻

𝐺𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑠𝑖 𝑎𝑠𝑠𝑢𝑚𝑒:

𝐶𝑜𝑛 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 è 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡𝑜:

𝑀𝑎 𝑑𝑒𝑣𝑒 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑟𝑒: 𝒕𝒎𝒂𝒓𝒈 ≥ 𝟑𝟎 𝒔𝒆𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASETASET, rappresenta il tempo a disposizione degli occupanti per mettersi in salvo e dipende

strettamente dalle interazioni nel sistema incendio-edificio-occupanti: l'incendio si innesca, si

propaga e diffonde nell'edificio i suoi prodotti, fumi e calore.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

Calcolo di ASET

L'edificio resiste all'incendio per mezzo delle misure protettive attive e passive:

impianti antincendio, compartimentazioni, sistemi di controllo di fumo e calore.

Gli occupanti sono esposti agli effetti dell'incendio in relazione alla attività che svolgono, alla

loro posizione iniziale, al loro percorso nell'edificio ed alla condizione fisica e psicologica.

Il sistema è complesso poiché ciascun occupante possiede un proprio valore di ASET.

Tale complessità viene risolta dal professionista antincendio con considerazioni statistiche,

con modelli di calcolo numerici o assumendo le ipotesi semplificative.

Sono ammessi dalle norme 2 metodi di calcolo di ASET :

a) Metodo di calcolo avanzato;

b) Metodo di calcolo semplificato.

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M3

Calcolo di ASET

Schematicamente i 2 metodi di calcolo di ASET «valutano» quanto segue:

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

a.2 gas irritanti → (Modello dei gas irritanti)

a.3 calore → (Modello del calore)

a.4 visibilità → (Modello della visibilità)

b) Metodo di calcolo semplificato (ISO/TR 16738):

b.1 altezza fumi > 2,00 m

b.2 temperatura fumi < 200 °C

Il calcolo richiede la stima delle concentrazioni di prodotti tossici, irritanti, temperature, densità del fumo e loro variazione nel tempo, in genere elaborata con modelli di calcolo fluidodinamici.

Ciò assicura l’esodo in ambiente con irraggiamento dai fumi < 2,5 kW/m2 .Il professionista antincendio deve accertare che si verifichi la formazione dello strato di fumi caldi superiore.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

Tale modello impiega il concetto di F.E.D. definito come il rapporto tra la dose inalata e la dosedi gas che determina effetti incapacitanti in un soggetto «medio».

La composizione dei gas di combustione varia in relazione ai costituenti chimici del combustibile,alla temperatura raggiunta durante l'incendio (in relazione alle reazioni chimiche che possonoverificarsi a tale temperatura) ed alla concentrazione di ossigeno presente nell'ambiente; tali gascomprendono l'anidride carbonica (CO2) e il monossido di carbonio (CO) in quanto la quasitotalità dei combustibili contiene carbonio ed altri prodotti, come HCl, HCN, NO2, NH3, SO2, ecc.,che possono tutti recare danni all'organismo umano perché sono in grado di produrre effettiasfissianti o irritanti.L'azione delle sostanze asfissianti può condurre una persona alla condizione di inabilitazione(inibizione delle iniziative personali per la sopravvivenza e, quindi, si verificano delle condizionipsicofisiche che producono l'incapacità di attuare l'esodo da un locale).Sono gas asfissianti, il monossido di carbonio, l'acido cianidrico e l'anidride carbonica (anche

l'azoto ed i gas inerti sono gas asfissianti).

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

L'effetto prodotto sul corpo umano da una sostanza tossica generalmente è funzionedella concentrazione c(t) e dall'intervallo di tempo nel quale agisce. Il danno subito dalcorpo umano dipende dalla dose D di sostanza tossica che nell’intervallo di tempotempo Dt si è accumulata nell'organismo e nel caso che la concentrazione c(t) simantenga costante e pari a C nel tempo, è:

D = C · Dt

A determinati valori di dose corrispondono specifici effetti (mal di testa, condizione diinabilitazione, ecc.) quindi è necessario conoscere le concentrazioni delle variesostanze presenti nell'ambiente all'altezza media delle vie respiratorie e come essevariano durante il tempo di esposizione.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

La concentrazione delle sostanze tossiche nell'aria è generalmente espressa in mg/m3 di aria o inparti per milione (1 ppm = 1 ml/l). Tali valori della concentrazione sono tra loro legati dallaseguente espressione:

dove, M è la massa molare della sostanza tossica espresso in g/mol e 24,465 l è il volumeoccupato da una mole di gas alla temperatura di 25 °C (a 0° C tale volume è di 22,414 l) ed allapressione di 101325 Pa.

𝑚𝑔

𝑚3=

𝑀 ∙ 𝑝𝑝𝑚

24,45

Ad esempio: una concentrazione volumetrica di monossido di carbonio (MCO = 28 g/mol)pari a 1000 ppm corrisponde a:

28∙1000

24,465≅1145 mg/m3 (cfr sito per conversione:

http://www.aresok.org/npg/nioshdbs/calc.htm)

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

Nel corso di un incendio nell'ambiente, in aggiunta alla diminuzione di ossigeno ed alla presenzadi anidride carbonica e monossido di carbonio, può anche riscontrarsi la presenza di acidocianidrico e di altre sostanze irritanti; pertanto, è utile conoscere l'effetto combinato che talisostanze possono produrre nell'organismo umano.Generalmente, bisogna aspettarsi che il monossido di carbonio e l'acido cianidrico siaccumuleranno nel corpo umano con velocità maggiore a causa dell'effetto di iperventilazioneindotto dall'anidride carbonica; inoltre, la riduzione nell'ambiente di ossigeno e la presenzadell'acido cianidrico amplificheranno l'effetto asfissiante del monossido di carbonio (è statonotato che l'effetto asfissiante provocato dall'acido cianidrico, in prima approssimazione, sisomma a quello del monossido di carbonio).Da un punto di vista qualitativo, rispetto alla situazione nella quale il monossido di carbonio agivasingolarmente, si hanno, quindi, riduzioni significative del tempo necessario a provocaredeterminati effetti nocivi nell'organismo umano.

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Calcolo di

ASET

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASETa) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

In considerazione del fatto che l'effetto provocato dall'azione nociva dei prodotti dellacombustione è graduale e legato ai tempi di esposizione, il calcolo deve essere eseguito

utilizzando il metodo della «Fractional Effective Dose» (F.E.D.), nel quale la dose tossica attribuitaad una determinato gas generato in un incendio viene espressa come una frazione della dosetotale necessaria a provocare un determinato effetto in una persona; in tale circostanza, secondoquanto indicato dalla norma ISO 13571, la F.E.D. può calcolarsi, per esposizioni di breve durata,con la seguente espressione:

𝐹. 𝐸. 𝐷. =

𝑖=1

𝑛

න𝑡1

𝑡2 𝑐𝑖(𝑡)

(𝐶 ∙ 𝑡)𝑖∙ 𝑑𝑡 =

𝐶𝐶𝑂

35000+

𝑒𝐶𝐻𝐶𝑁

43

220+ … ∙ ∆𝑇

L’incertezza nell’uso della formula è del 35%.Ad esempio, la dose incapacitante per il CO è 35.000 ppm · min;Il soggetto è incapacitato (FED = 1) se esposto a:• 3.500 ppm di CO x 10 min• 7.000 ppm di CO x 5 minIn entrambi i casi la sua FED è pari a 1 ed il suo ASET per il CO è pari rispettivamente a 5 o 10 minuti in funzione della concentrazione.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

Nella «Fractional Effective Dose» (F.E.D.), data dalla seguente espressione:

CCO e CHCN indicano rispettivamente le concentrazioni volumetriche medie, espresse in ppm, del

monossido di carbonio e dell'acido cianidrico nel breve intervallo di tempo DT di esposizionevalutato in min., mentre 35000 e 220 rappresentano i relativi valori di dose, calcolati in ppm·min,che sono ritenuti in grado di provocare la condizione di inabilitazione di una persona.

Nell’espressione ci(t) rappresenta la concentrazione dell'i-esimo gas in ppm che si libera

nell'incendio e (C ·t)i la dose della specie gassosa i-esima in grado di produrre gli specifici effettisulle persone presenti espressa in ppm·min.

𝐹. 𝐸. 𝐷. =

𝑖=1

𝑛

න𝑡1

𝑡2 𝑐𝑖(𝑡)

(𝐶 ∙ 𝑡)𝑖∙ 𝑑𝑡 =

𝐶𝐶𝑂

35000+

𝑒𝐶𝐻𝐶𝑁

43

220+ … ∙ ∆𝑇

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

La «Fractional Effective Dose» (F.E.D.) indica, quindi, la dose di gas assorbita durante un tempo Tdefinito di esposizione rapportata alla dose dello stesso gas che provoca nello stesso tempo undeterminato l’effetto di inabilitazione sulla persona media esposta.

In altre parole, la F.E.D. indica il rapporto fra la dose di esposizione assorbita da una persona, cheè sottoposta all'azione dei prodotti della combustione, durante la fase di esodo da un edificioincendiato e quella massima ammissibile (si tratta di una frazione della dose di intollerabilità checoincide con quella mediamente necessaria a provocare l'inabilitazione di una persona e che,quindi, non consentirebbe ad essa di raggiungere da sola un luogo sicuro).

𝑣𝐶𝑂2 = 𝑒𝐶𝐶𝑂2

5

Per tener conto della concentrazione volumetrica media dell'anidride carbonica presente nell'ariainalata e quindi dell'effetto iperventilante che essa provoca il F.E.D. deve essere moltiplicato per ilfattore vCO2 dato dalla seguente espressione:

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

È, pertanto, necessario, per procedere alla valutazione della F.E.D., conoscere durante l'evoluzionedell'incendio la variazione nel tempo della concentrazione volumetrica delle varie sostanzetossiche che si riscontra all'altezza media delle vie respiratorie di una persona e, quindi, risultaimportante l'adozione di sofisticati ed affidabili modelli d'incendio numerici avanzati.

E’ infine importante sottolineare che le norme ISO 13571 e BS PD 7974-6 considerano accettabile(limite di soglia), durante la fase di esodo da un edificio incendiato, tenuto conto delle ipotesi edapprossimazioni insite nei modelli di calcolo, nonché della diversa resistenza delle persone aglieffetti nocivi delle sostanze tossiche una esposizione dell'organismo umano al fumo ed ai gas dicombustione per la quale il valore della F.E.D. per la condizione di inabilitazione sia inferiore a 0,30(a tale valore mediamente corrisponde una percentuale dell'11,4% di persone che non sono ingrado di effettuare autonomamente la fase di evacuazione); inoltre, viene specificato che, qualorale persone presenti nell'edificio siano in precarie condizioni fisiche (ad esempio, nel caso diospedali, case di ricovero per anziani, bambini, ecc.), il suddetto valore limite della F.E.D. dovrebbeessere inferiore a 0,10 (che significa incapacitare 1,1% dei soggetti esposti).

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.1 gas tossici → (Modello dei gas tossici)

ESEMPIO

Esempio (Allegato Z3)

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.2 gas irritanti → (Modello dei gas irritanti)

l modello dei gas irritanti impiega, analogamente a quello dei gas tossici il concetto di FEC,(Fractional Effective Concentration).La FEC è definita come il rapporto tra la concentrazione di un gas irritante disponibile perinalazione e la concentrazione dello stesso gas che determina effetti incapacitanti sul soggettomedio esposto. Anche per il FEC si utilizzano gli stessi valori limite del FED.

L’incertezza nell’uso della formula è del 50%.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.2 gas irritanti → (Modello dei gas irritanti)

Al fine di semplificare l'analisi, qualora negli scenari di incendio di progetto non siano identificatinel focolare materiali combustibili suscettibili di costituire specifica sorgente di gas irritanti (es.sostanze o miscele pericolose, cavi elettrici in quantità significative...) la verifica del modello deigas irritanti può essere omessa.

Il modello proposto dalla norma 180 13571 per i gas irritanti è puramente additivo degli effetticonsiderati istantanei e diretti dei gas irritanti; la valutazione del rischio viene svolta facendoriferimento alle loro concentrazioni frazionarie, anziché alle dosi frazionarie.I gas irritanti, infatti, provocano effetti direttamente al primo contatto con la parte alta del trattorespiratorio; da questo la scelta di fare riferimento alle concentrazioni frazionarie anziché alle dosifrazionarie.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.3 calore → (Modello del calore)

Per il modello del calore irraggiato e convettivo la norma propone un approccio, basato sulla F.E.D.,simile a quello dei gas tossici. L'equazione proposta è la seguente:

I valori di tIrad e tIconv sono i tempi di incapacitazione per calore radiante e calore convettivo possono essere calcolati con altrerelazioni in funzione della condizione di abbigliamento dei soggetti, reperibili nella norma ISO 13571.

𝑋𝐹𝐸𝐷 =

𝑡1

𝑡21

𝑡𝐼𝑟𝑎𝑑+

1

𝑡𝐼𝑐𝑜𝑛𝑣∙ ∆𝑇

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

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M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.3 calore → (Modello del calore)

La verifica del modello del calore può essere semplificata assumendo conservativamente leseguenti soglie di prestazione:

a. irraggiamento sugli occupanti < 2,5 kW/m2;b. temperatura ambiente sugli occupanti < 60°C.

Tali valori corrispondono ad un ASET > 30 minuti per qualsiasi condizione di abbigliamento.

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASET

a) Metodo di calcolo avanzato (ISO 13571):

a.4 visibilità → (Modello di visibilità)

Il modello dell'oscuramento della visibilità da fumo è basato sul concetto del minimo contrastopercettibile, cioè la minima differenza di luminosità visibile tra un oggetto e lo sfondo.Per legare il valore della visibilità L alla massa volumica dei fumi rsmoke si ricorre alla seguentecorrelazione sperimentale, applicata ad ogni punto del dominio di calcolo:

L = C/(s·rsmoke) [m]dove:L visibilità [m]C costante adimensionale pari a 3 per cartellonistica di esodo riflettente non illuminata

oppure pari a 8 per cartellonistica retroilluminatas coefficiente massico di estinzione della luce pari a 10 m2/g [m2/g]rsmoke massa volumica dei fumi [g/m3], fornita dal codici di calcolo fluidodinamico

Grazie a questa correlazione, i codici di calcolo fluidodinamico restituiscono direttamente larsmoke e calcolano la visibilità L per ogni punto degli ambienti simulati.

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di ASETb) Metodo di calcolo semplificato (ISO 16738):

b.1 altezza fumi > 2,00 m

b.2 temperatura fumi < 200 °CLa ISO/TR 16738 prevede la possibilità di utilizzare l'ipotesi semplificativa della esposizione zero(zero exposure). Invece di procedere alla verifica di tutti i modelli precedentemente elencati, ilprofessionista antincendio impiega le soglie di prestazione, molto conservative:

b.1 altezza minima dei fumi stratificati dal piano di calpestio pari a 2 m, al di sotto delquale permanga lo strato d'aria indisturbata e

b.2 temperatura media dello strato di fumi caldi non superiore a 200°C.

Questi criteri permettono agli occupanti la fuga in aria indisturbata, non inquinata dai prodottidella combustione, ed un valore dell'irraggiamento dai fumi cui sono esposti inferiore a2,5 kW/m2: sono dunque automaticamente soddisfatti tutti i modelli precedenti.È infatti sufficiente valutare analiticamente o con modelli numerici a zone o di campo l'altezzadello strato dei fumi pre-flashover nell'edificio. Il metodo di calcolo semplificato è applicabile,solo se la potenza del focolare rapportata alla geometria dell'ambiente è sufficiente a garantirela formazione dello strato di fumi caldi superiore. Esempio (Allegato Z3)

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

Calcolo di RSET

RSET = tdet + ta + tpre + ttra

M3

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

Calcolo di RSET

RSET è calcolato tra l'innesco dell'incendio ed il momento in cui gli occupanti dell'edificioraggiungono un luogo sicuro. Anche RSET dipende dalle interazioni del sistema incendio-edificio-occupanti: la fuga degli occupanti è fortemente condizionata dalle geometrie dell'edificio ed èrallentata dagli effetti dell'incendio. Il documento di riferimento per RSET è la ISO/TR 16738.RSET è determinato da varie componenti:tdet tempo di rivelazione (detection)ta tempo di allarme generaletpre il tempo di pre-movimento (pre-travel activity time, PTAT)ttra il tempo di movimento (travel)

RSET = tdet + ta + tpre + ttra

Al fine del calcolo di RSET il professionista antincendio deve sviluppare lo scenariocomportamentale di progetto più appropriato per il caso specifico, perché l'attività di pre-movimento e le velocità dell'esodo dipendono dalla tipologia di popolazione considerata e dallemodalità d'impiego dell'edificio.I parametri possono variare notevolmente se gli occupanti sono svegli ed hanno familiarità con l'edificio, come inun edificio scolastico, o dormono e non conoscono la struttura, come in una struttura alberghiera.Come già indicato per ASET, ciascun occupante possiede un proprio valore anche di RSET.

M3

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Calcolo di RSET

Tempo necessario al sistema di rivelazione automatico per accorgersi dell'incendio. Dipende dal tipo disistema di rivelazione e dallo scenario d’incendio. È calcolato analiticamente o con appositamodellizzazione numerica degli scenari d'incendio e del sistema di rivelazione.

tdet

Tempo che intercorre tra la rivelazione dell'incendio e la diffusione dell'informazione agli occupanti. È pari a zero, se la rivelazione attiva direttamente l'allarme. È pari al ritardo valutato dal professionista antincendio, se la rivelazione allerta una centrale di

gestione dell'emergenza che verifica l'evento ed attiva poi l'allarme manuale.

ta

È composto dal tempo di riconoscimento (recognition) e di risposta (response). Durante il tempo di riconoscimento gli occupanti continuano le attività che stavano svolgendo,

finché riconoscono l'esigenza di rispondere all'allarme. Nel tempo di risposta gli occupanti cessano le loro attività normali e si dedicano ad attività legate

all'emergenza.

tpre

Tempo impiegato dagli occupanti per raggiungere un luogo sicuro dal termine delle attività di pre-movimento. Dipende da: distanza degli occupanti o gruppi di essi dalle vie d'esodo; velocità d'esodo, che dipendono dalla tipologia degli occupanti e loro interazioni con ambiente e effetti dell'incendio;vie d'esodo (geometria, dimensioni, dislivelli, ostacoli).

ttra

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M3

Tdet

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Ta

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Tpre

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M3

Tpre

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Tpre

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M3

Tpre

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M3

Ttra

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Ttra

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M3

Ttra

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

TtraIL COMPORTAMENTO UMANO IN CASO DIINCENDIO

1. Le persone prima di rispondere ad un allarme vogliono “definire” e “capire” lasituazione ambientale;2. Per questo motivo aspettano indicatori ambientali (odore di fumo, urla di una persona,un collega che gli impone di uscire.…);3. Le persone tendono a credere che la probabilità che ad un allarme corrisponda unincendio e che questo possa rappresentare un rischio per loro è estremamente bassa;4. Si instaura il fenomeno del “milling” (girovagare a vuoto come un mulino);5. Le persone tendono ad avere comportamenti gregari (effetto gregge);6. L’interazione tra le persone nella fase di evacuazione che provoca stress emotivo, ansia, preoccupazione per la sopravvivenza, tende a diventare solo fisica (accalcamento, persone che cadono e vengono calpestate….);7. Alcune persone cercano di soddisfare i propri bisogni altre prestare soccorso;8. La maggior parte delle persone tende ad uscire seguendo il percorso di ingresso;9. Più l’ambiente è familiare e più le persone indugiano nel recuperare effetti personali;

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Ttra

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Criterio ASET > RSET

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Soglie di prestazione per la salvaguardia della vita

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Soglie di prestazione per la salvaguardia della vita

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SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Soglie di prestazione per la salvaguardia della vita

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METODOLOGIA PER L’INGEGNERIA DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

SALVAGUARDIA DELLA VITA CON LA F.S.E.

M3

Riassumendo

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Bibliografia

• D.M. 3 agosto 2015 – Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi ai sensi dell’articolo 15 del D.L.vo 139/06

• DM 9 maggio 2007 - Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio

• Lettera Circolare prot. n. 4921 del 17 luglio 2007 Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio -D.M. 9 maggio 2007 - Primi indirizzi applicativi.

• Lettera Circolare prot. n. DCPST/427 del 31 marzo 2008 - Approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio – Trasmissione delle linee guida per l’approvazione dei progetti e della scheda rilevamento dati predisposte dall’Osservatorio.Scheda Rilevamento Dati - Linee guida per la valutazione dei progetti

• Codice di prevenzione incendi commentato – Fabio Dattilo e Cosimo Pulito – Epc editore

• Slides «Fire safety engineering - Approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio» – Ing. Giuseppe Biffarella

• «Approccio Ingegneristico alla Sicurezza Antincendio» – A. La Malfa e S. La Malfa – Ed. Legislazione Tecnica

• «L’ingegneria della sicurezza antincendio e il processo prestazionale» – S. Marsella e L. Nassi – EPC Libri

• «Problemi pratici risolti – Approccio Ingegneristico» – A. La Malfa e S. La Malfa - Ed. Legislazione Tecnica

• Slides «Fire safety engineering - Approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio» – Ing. Mauro Malizia

• «Esempi di Progettazione Antincendio» - A. La Malfa – S. La Malfa – V. Vanzini – R. La Malfa - Ed. Legislazione Tecnica

• Articoli vari pubblicati sulla rivista mensile «Antincendio» – Editrice EPC

• Articolo pubblicato sulla rivista ufficiale dei Vigili del Fuoco «Obiettivo Sicurezza»– L’Angolo Tecnico» di Lamberto Mazziotti

Ing. Enrico Cinalli CORSO SPECIALIZZAZIONE PREVENZIONE INCENDI - Modulo 7 151

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L’approccio ingegneristicoalla sicurezza antincendio

Grazie per l’attenzione

Ing. Enrico Cinalli

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L’approccio ingegneristicoalla sicurezza antincendio

Allegati

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Ing.EnricoCinalli pag.1 di2

ELENCO DOCUMENTAZIONE MINIMA FASE 1 – ESAME PROGETTO (D.M. 7 AGOSTO 2012)

DOCUMETAZIONE MINIMA RELATIVA AD ATTIVITÀNON REGOLATE DA SPECIFICHE DISPOSIZIONI ANTINCENDIO

A.2.1

RE

LA

ZIO

NE

TE

CN

ICA

(R)

a. Destinazione d’uso (generale e particolare)

b. Sostanze pericolose e loro modalità di stoccaggio

c. Carico di incendio nei vari compartimenti

d. Impianti di processo

e. Lavorazioni

f. Macchine, apparecchiature ed attrezzi

g. Movimentazioni interne

h. Impianti tecnologici di servizio

i. Aree a rischio specifico

j. Condizioni di accessibilità e viabilità

k. Lay-out aziendale (distanziamenti, separazioni, isolamento)

l. Caratteristiche degli edifici (tipologia edilizia, geometria, volumetria, superfici, altezza, pianiinterrati, articolazione planovolumetrica, compartimentazione, ecc.)

m. Aerazione (ventilazione)

n. Affollamento degli ambienti, con particolare riferimento alla presenza di persone con ridotte odimpedite capacità motorie o sensoriali

o. Vie di esodo

p. Valutazione qualitativa del rischio incendio

q. Compensazione del rischio incendio (strategia antincendio)

r. Gestione dell’emergenza

A.2.2

EL

AB

OR

AT

IG

RA

FIC

I(E

)

a. Planimetria generale in scala (da 1:2.000 a 1:200), a seconda delle dimensionidell’insediamento, dalla quale risultino: l’ubicazione delle attività; le condizioni di accessibilità all’area e di viabilità al contorno, gli accessi pedonali e carrabili; le distanze di sicurezza esterne; le risorse idriche della zona (idranti esterni, acquedotti e riserve idriche); gli impianti tecnologici esterni (cabine elettriche, elettrodotti, rete gas, impianti di

distribuzione gas tecnici); l’ubicazione degli elementi e dei dispositivi caratteristici del funzionamento degli impianti di

protezione antincendio e degli organi di manovra in emergenza degli impianti tecnologici; quanto altro ritenuto utile per una descrizione complessiva dell’attività ai fini antincendio,

del contesto territoriale in cui l’attività si inserisce ed ogni altro utile riferimento per lesquadre di soccorso in caso di intervento;

b. Piante in scala da 1:50 a 1:200, a seconda della dimensione dell’edificio o locale dell’attività,relative a ciascun piano, recanti l’indicazione degli elementi caratterizzanti il rischio di incendioe le misure di sicurezza e protezione riportate nella relazione tecnica quali, in particolare: la destinazione d’uso ai fini antincendio di ogni locale con indicazione delle sostanze pericolose presenti, dei macchinari ed impianti esistenti e rilevanti ai fini antincendio; l’indicazione dei percorsi di esodo, con il verso di apertura delle porte, i corridoi, i vani

scala, gli ascensori, nonché le relative dimensioni; le attrezzature mobili di estinzione e gli impianti di protezione antincendio; l’illuminazione di sicurezza;

c. Sezioni ed eventuali prospetti degli edifici, in scala adeguata.DOCUMETAZIONE MINIMA RELATIVA AD ATTIVITÀ

REGOLATE DA SPECIFICHE DISPOSIZIONI ANTINCENDIO

A.2.3 RLa relazione tecnica può limitarsi a dimostrare l’osservanza delle specifiche disposizioni tecniche diprevenzione incendi.

A.2.4 E Gli elaborati grafici comprendono i medesimi elementi richiesti al punto A.2.2

NotaIn caso di modifiche di attività esistenti, gli elaborati grafici relativi alla planimetria generale devono riguardare l’intero complesso,mentre la restante documentazione potrà essere limitata alla sola parte oggetto degli interventi di modifica.

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Ing.EnricoCinalli pag.2 di2

Se progettazione con approccio ingegneristico (D.M. 9 maggio 2007) integrare la suddetta documentazione con:

Fase 1 Fase preliminareSommario tecnico ove è sintetizzato il processo seguito per individuare gli scenari diincendio di progetto ed i livelli di prestazione.

Fase 2 Fase quantitativa

Presentazione dei risultati in modo che questi riassumano, in una sintesi completaed efficace, il comportamento del sistema per quel particolare tipo di analisi.

L’esito dell’elaborazione deve essere sintetizzato in disegni e/o schemi grafici e/oimmagini che presentino in maniera chiara e inequivocabile i principali parametri diinteresse per l’analisi svolta.

Di tali grandezze, unitamente ai diagrammi e agli schemi grafici, devono esserechiaramente evidenziati i valori numerici nei punti significativi ai fini della valutazionedell’andamento dei fenomeni connessi allo sviluppo dell’incendio, in relazione allaverifica delle condizioni di sicurezza necessarie.

Nello specifico si devono fornire le seguenti indicazioni: Modelli utilizzati: il progettista deve fornire elementi a sostegno della scelta

del modello utilizzato affinché sia dimostrata la coerenza delle scelte operatecon lo scenario di incendio di progetto adottato.

Parametri e valori associati: la scelta iniziale dei valori da assegnare aiparametri alla base dei modelli di calcolo, deve essere giustificata in modoadeguato, facendo specifico riferimento alla letteratura tecnica condivisa o aprove sperimentali.

Origine e caratteristiche dei codici di calcolo: devono essere forniteindicazioni in merito all’origine ed alle caratteristiche dei codici di calcoloutilizzati con riferimento alla denominazione, all’autore o distributore, allaversione e alle validazioni sperimentali. Deve essere altresì fornita idoneadocumentazione sull’inquadramento teorico della metodologia di calcolo e sullasua traduzione numerica nonché indicazioni riguardanti la riconosciutaaffidabilità dei codici.

Confronto fra risultati e livelli di prestazione: in funzione della metodologiaadottata per effettuare le valutazioni relative allo scenario di incendioconsiderato, devono essere adeguatamente illustrati tutti gli elementi checonsentono di verificare il rispetto dei livelli di prestazione indicati nell’analisipreliminare, al fine di evidenziare l’adeguatezza delle misure di protezione chesi intendono adottare.

SGSA “Fase gestionale”

Documento relativo al Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio presentatoche richiamando l’attenzione al rispetto delle limitazioni ipotizzate nel progetto,evidenzi le modalità di mantenimento delle misure di protezione previste e dellagestione di eventuali modifiche.Nel SGSA devono essere valutati ed esplicitati i provvedimenti presi relativamente aiseguenti punti: organizzazione del personale; identificazione e valutazione dei pericoli derivanti dall’attività; controllo operativo; gestione delle modifiche; pianificazione di emergenza; sicurezza delle squadre di soccorso; controllo delle prestazioni; manutenzione dei sistemi di protezione; controllo e revisione.

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ESEMPIO

Materiali CASO 1 CASO 2 CASO 3

Materiale 1

10000 kg

H1 =20 MJ/kg

m1 =0,8

Af = 182 m2

t = 300 sec.

raria1 = 5,1 garia/gcomb

Si assume:

carico uniformemente distribuito

Af= 700 m2

H = media pesata tra H1 e H2 H = 35790 MJ/kg

qf 1085,71 MJ/m2

m = media pesata tra m1 e m2

m = 0,96

t = media pesata tra tett = 182 sec.

raria = media pesata tra raria1 e raria2

raria = 13 garia/gcomb

Accensione Materiale 1

propagazione al Materiale 2

“normalmente accendibile”

(secondo NFPA 555)

Accensione Materiale 2

propagazione al Materiale 1

“normalmente accendibile”

(secondo NFPA 555)

Materiale 2

15000 kg

H2 =40 MJ/kg

m2 = 1

Af = 156 m2

t = 150 sec.

raria2 = 14,6 garia/gcomb

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Comp. N. 1

A = 700,00 mq (superficie in pianta del compartimento)

dq1 = 1,20

A < 500 A ≥ 10000

1,00 2,00

dq2 = 1,00

dq2

I 0,80

II 1,00

III 1,20

II

dn = 0,6800

Gestione

della

sicurezza

Controllo

fumi e

calore

Rivelaz. e

allarme

incendio

Operatività

antincendio

protezione

interna

interna ed

esterna

ad acqua o

schiuma e

protezione

interna

altro tipo e

protezione

interna

ad acqua o

schiuma e

protezione

esterna

altro tipo e

protezione

esterna

almeno di

Livello II

almeno di

Livello II

almeno di

Livello III

almeno

di

Livello IV

0,90 0,80 0,54 0,72 0,48 0,64 0,90 0,90 0,85 0,81

dq1 dq2 dq3 dq4 dq5 dq6 dq7 dq8 dq9 dq10

NO SI NO NO NO NO NO NO SI NO

1,00 0,80 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 1,00 0,85 1,00

N. U.M. Q.tà MJ/U.M. m y Tot. [MJ]

1 kg 10000 20,00 0,80 1,00 160000,00

2 kg 15000 40,00 1,00 1,00 600000,00

3

4

5

6

7

89

101112131415

Totale = 760000,00

qf = 1085,71 MJ/mq (valore nominale del carico di incendio specifico di progetto) pari a: 62,04 Kg/mq

Presenza di strutture portanti in legno : NO superficie lignea esposta al fuoco: mq

velocità di carbonizzazione del tipo di legno: mm/min

densità del legno in esame: kg/mc

Livello di conformità di riferimento : LIVELLO III tempo di esposizione di : 60 min

la quantità di legno che partecipa all'incendio nel sopra indicato intervallo di tempo è pari a : 0,00 kg

che, rapportata alla superficie del compartimento, è pari a: 0,00 MJ/mq qf,legno

qf,d = 885,94 MJ/mq (carico di incendio specifico di progetto) pari a: 50,63 Kg/mq

La classe di riferimento del compartimento per la conformità al livello III è pari a : 60

Materiale 1

Materiale 2

Sulla base della tabella sopra riportata la classe di rischio del compartimento in esame è la

Impianto conforme

UNI 10779

con protezione:

Sistema di controllo ed estinzione automatico

(conforme al Livello di prestazione IV)

Descrizione

Classe di rischio

Aree a basso rischio di incendio in termini di probabilità di innesco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità

di controllo dell’incendio da parte delle squadre di emergenza.

Aree a moderato rischio di incendio in termini di probabilità d’innesco, velocità di propagazione di un incendio e

possibilità di controllo dell’incendio stesso da parte delle squadre di emergenza.

Aree ad alto rischio di incendio in termini di probabilità d’innesco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di

controllo dell’incendio da parte delle squadre di emergenza.

500 ≤ A < 1000 1000 ≤ A < 2500 2500 ≤ A < 5000 5000 ≤ A < 10000

1,20 1,40 1,60 1,80

CALCOLO DEL CARICO DI INCENDIO SPECIFICO DI PROGETTO ANALITICO

Descrizione compartimento: Deposito materie prime (CASO 1)

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

Av,i Av,i·hi

tipo n° b h hdav n°∙bi∙hi n°∙bi∙hi2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

2 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,52

3 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,71

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Numero totale aperture: 8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

Compartimento N. 1 (CASO 1)

700,00

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 1)

2. DETERMINAZIONE DEI VALORI DI RHRmax , tA, tB E tC

2.1 Tipologia del materiale combustibile: 1

2.2 Fattore di partecipazione alla combustione: m = 0,98

2.3 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.4 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 182 sec. [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.5 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0302 KJ/s3 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.6 Superficie in pianta occupata dal combustibile: Af = 700,00 m2

2.7 Potenza termica massima rilasciata al m2: RHRf = 81,16 kW/m

2 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.8 RHRmax: RHRmax = 56813,70 kW

2.9 Istante di inizio della fase stazionaria: tA = 1371,82 sec.

2.10 Carico di incendio specifico di progetto: qf = 1085710,00 KJ/m2

2.11 Istante di fine della fase stazionaria: tB = 10278,45 sec.

2.12 Istante di fine dell'incendio: tC = 18304,65 sec.

3. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' DI COMBUSTIONE DEL MATERIALE

3.1 Potere calorifico H del materiale 37647 kJ/kg

3.2 Massa totale combustibile 20187,45 kg

medio-veloce

Materiale 1 + Materiale 2

0,0

10000,0

20000,0

30000,0

40000,0

50000,0

60000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0 20000,0

RHR1(t) [kW]

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 1)

Dividendo la curva RHR(t) per H si ricava la velocità di combustione del materiale vc(t).

Quindi integrando la curva vc(t) si ricava la massa di materiale bruciata mc(t).

I due grafici sono di seguito riportati.

4. DETERMINAZIONE DELLA MASSA D'ARIA NECESSARIA ALLA COMBUSTIONE

4.1 raria = 13,00 garia/gcomb rO2 = 3,03 gO2/gcomb

Essendo il volume d'aria nel compartimento : 3850 m3 si evince che:

L'ARIA NEL COMPARTIMENTO E' INSUFFICIENTE ALLA COMBUSTIONE COMPLETA DEL MATERIALE

0,00000

0,20000

0,40000

0,60000

0,80000

1,00000

1,20000

1,40000

1,60000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0 20000,0

vc(t) [kg/sec]

0,00000

5000,00000

10000,00000

15000,00000

20000,00000

25000,00000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0 20000,0

mc(t) [kg]

0,00000

50000,00000

100000,00000

150000,00000

200000,00000

250000,00000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0 20000,0

Varia(t) [m3]

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

Av,i Av,i·hi

tipo n° b h hdav n°∙bi∙hi n°∙bi∙hi2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

2 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,52

3 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,71

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Numero totale aperture: 8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

Compartimento N. 1 (CASO 2)

700,00

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Via Fiera, 7 - 23032 Bormio - SO pag. 1

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 2)

2. DETERMINAZIONE DEI VALORI DI RHRmax , tA, tB E tC

2.1 Tipologia del materiale combustibile: 1

2.2 Fattore di partecipazione alla combustione: m = 0,8

2.3 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.4 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 300 sec. [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.5 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0111 KJ/s3 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.6 Superficie in pianta occupata dal combustibile: Af = 182,00 m2

2.7 Potenza termica massima rilasciata al m2: RHRf = 254,83 kW/m

2 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.8 RHRmax: RHRmax = 46378,53 kW

2.9 Istante di inizio della fase stazionaria: tA = 2043,05 sec.

2.10 Carico di incendio specifico di progetto: qf = 879120,00 KJ/m2

2.11 Istante di fine della fase stazionaria: tB = 3776,94 sec.

2.12 Istante di fine dell'incendio: tC = 5846,87 sec.

3. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' DI COMBUSTIONE DEL MATERIALE

3.1 Potere calorifico H del materiale 20000 kJ/kg

3.2 Massa totale combustibile 7999,99 kg

Materiale 1

medio

0,0

5000,0

10000,0

15000,0

20000,0

25000,0

30000,0

35000,0

40000,0

45000,0

50000,0

0,0 1000,0 2000,0 3000,0 4000,0 5000,0 6000,0 7000,0

RHR1(t) [kW]

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 2)

Dividendo la curva RHR(t) per H si ricava la velocità di combustione del materiale vc(t).

Quindi integrando la curva vc(t) si ricava la massa di materiale bruciata mc(t).

I due grafici sono di seguito riportati.

4. DETERMINAZIONE DELLA MASSA D'ARIA NECESSARIA ALLA COMBUSTIONE

4.1 raria = 5,10 garia/gcomb rO2 = 1,19 gO2/gcomb

Essendo il volume d'aria nel compartimento : 3850 m3 si evince che:

L'ARIA NEL COMPARTIMENTO E' INSUFFICIENTE ALLA COMBUSTIONE COMPLETA DEL MATERIALE

0,00000

0,50000

1,00000

1,50000

2,00000

2,50000

0,0 1000,0 2000,0 3000,0 4000,0 5000,0 6000,0 7000,0

vc(t) [kg/sec]

0,00000

1000,00000

2000,00000

3000,00000

4000,00000

5000,00000

6000,00000

7000,00000

8000,00000

9000,00000

0,0 1000,0 2000,0 3000,0 4000,0 5000,0 6000,0 7000,0

mc(t) [kg]

0,00000

5000,00000

10000,00000

15000,00000

20000,00000

25000,00000

30000,00000

35000,00000

0,0 1000,0 2000,0 3000,0 4000,0 5000,0 6000,0 7000,0

Varia(t) [m3]

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Via Fiera, 7 - 23032 Bormio - SO pag. 3

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

Av,i Av,i·hi

tipo n° b h hdav n°∙bi∙hi n°∙bi∙hi2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

2 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,52

3 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,71

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Numero totale aperture: 8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

2. DETERMINAZIONE DEI VALORI DI RHRmax , tA, tB E tC

2.1 Tipologia del materiale combustibile n.2: 1,2 m

2.1.a Accendibilità: Flusso termicomin = 20 kW/m2

2.2 Fattore di partecipazione alla combustione: m = 1

RHR che il materiale 1 deve rilasciare per incendiare il materiale 2: RHRmin,acc = 1973,7 kW

2.3 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.4 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 150 sec. [Rif. UNI EN 1991-1-2]

veloce

normalmente accendibile

distante dal mat. 1:materiale 2

Compartimento N. 1 (CASO 2)

700,00

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2.5 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0444 KJ/s3 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.6 Superficie in pianta occupata dal combustibile: Af = 156,00 m2

2.7 Potenza termica massima rilasciata al m2: RHRf = 371,62 kW/m

2 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.8 RHRmax: RHRmax = 57973,16 kW

2.9 Istante di inizio della fase stazionaria: tA = 1142,10 sec.

2.10 Carico di incendio specifico di progetto: qf = 3846150,00 KJ/m2

2.11 Istante di fine della fase stazionaria: tB = 8006,13 sec.

2.12 Istante di fine dell'incendio: tC = 14215,89 sec.

Tempo minimo necessario alla ignizione del 2^ materiale da parte del 1^ : Dt ≈ 421 sec

3. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' DI COMBUSTIONE DEL MATERIALE

3.1 Potere calorifico H del materiale 40000 kJ/kg

3.2 Massa totale combustibile 14999,99 kg

-10000,0

0,0

10000,0

20000,0

30000,0

40000,0

50000,0

60000,0

70000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0

RHR2(t) [kW]

0,0

20000,0

40000,0

60000,0

80000,0

100000,0

120000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0 18000,0

RHR1+2(t) [kW]

Studio Tecnico Ass.to CINALLI-ZAPPA

Via Fiera, 7 - 23032 Bormio - SO pag. 2

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

Av,i Av,i·hi

tipo n° b h hdav n°∙bi∙hi n°∙bi∙hi2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

2 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,52

3 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,71

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Numero totale aperture: 8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

Compartimento N. 1 (CASO 3)

700,00

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 3)

2. DETERMINAZIONE DEI VALORI DI RHRmax , tA, tB E tC

2.1 Tipologia del materiale combustibile: 2

2.2 Fattore di partecipazione alla combustione: m = 1

2.3 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.4 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 150 sec. [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.5 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0444 KJ/s3 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.6 Superficie in pianta occupata dal combustibile: Af = 156,00 m2

2.7 Potenza termica massima rilasciata al m2: RHRf = 371,62 kW/m

2 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.8 RHRmax: RHRmax = 57973,16 kW

2.9 Istante di inizio della fase stazionaria: tA = 1142,10 sec.

2.10 Carico di incendio specifico di progetto: qf = 3846150,00 KJ/m2

2.11 Istante di fine della fase stazionaria: tB = 8006,13 sec.

2.12 Istante di fine dell'incendio: tC = 14215,89 sec.

3. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' DI COMBUSTIONE DEL MATERIALE

3.1 Potere calorifico H del materiale 40000 kJ/kg

3.2 Massa totale combustibile 14999,99 kg

veloce

Materiale 2

0,0

10000,0

20000,0

30000,0

40000,0

50000,0

60000,0

70000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

RHR1(t) [kW]

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME: Compartimento N. 1 (CASO 3)

Dividendo la curva RHR(t) per H si ricava la velocità di combustione del materiale vc(t).

Quindi integrando la curva vc(t) si ricava la massa di materiale bruciata mc(t).

I due grafici sono di seguito riportati.

4. DETERMINAZIONE DELLA MASSA D'ARIA NECESSARIA ALLA COMBUSTIONE

4.1 raria = 14,60 garia/gcomb rO2 = 3,40 gO2/gcomb

Essendo il volume d'aria nel compartimento : 3850 m3 si evince che:

L'ARIA NEL COMPARTIMENTO E' INSUFFICIENTE ALLA COMBUSTIONE COMPLETA DEL MATERIALE

0,00000

0,20000

0,40000

0,60000

0,80000

1,00000

1,20000

1,40000

1,60000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

vc(t) [kg/sec]

0,00000

2000,00000

4000,00000

6000,00000

8000,00000

10000,00000

12000,00000

14000,00000

16000,00000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

mc(t) [kg]

0,00000

50000,00000

100000,00000

150000,00000

200000,00000

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

Varia(t) [m3]

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STIMA DELLA CURVA RHR ALLEGATO M.2.6

0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

Av,i Av,i·hi

tipo n° b h hdav n°∙bi∙hi n°∙bi∙hi2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

2 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,52

3 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,71

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

Numero totale aperture: 8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

2. DETERMINAZIONE DEI VALORI DI RHRmax , tA, tB E tC

2.1 Tipologia del materiale combustibile n.2: 1,2 m

2.1.a Accendibilità: Flusso termicomin = 20 kW/m2

2.2 Fattore di partecipazione alla combustione: m = 0,8

RHR che il materiale 1 deve rilasciare per incendiare il materiale 2: RHRmin,acc = 1973,7 kW

2.3 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.4 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 150 sec. [Rif. UNI EN 1991-1-2]

Compartimento N. 1 (CASO 3)

700,00

veloce

normalmente accendibile

distante dal mat. 1:materiale 2

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2.5 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0444 KJ/s3 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.6 Superficie in pianta occupata dal combustibile: Af = 182,00 m2

2.7 Potenza termica massima rilasciata al m2: RHRf = 254,83 kW/m

2 [Rif. UNI EN 1991-1-2]

2.8 RHRmax: RHRmax = 46378,53 kW

2.9 Istante di inizio della fase stazionaria: tA = 1021,53 sec.

2.10 Carico di incendio specifico di progetto: qf = 879120,00 KJ/m2

2.11 Istante di fine della fase stazionaria: tB = 3095,93 sec.

2.12 Istante di fine dell'incendio: tC = 5165,85 sec.

Tempo minimo necessario alla ignizione del 2^ materiale da parte del 1^ : Dt ≈ 210 sec

3. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' DI COMBUSTIONE DEL MATERIALE

3.1 Potere calorifico H del materiale 20000 kJ/kg

3.2 Massa totale combustibile 7999,99 kg

-10000,0

0,0

10000,0

20000,0

30000,0

40000,0

50000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

RHR2(t) [kW]

0,0

20000,0

40000,0

60000,0

80000,0

100000,0

120000,0

0,0 2000,0 4000,0 6000,0 8000,0 10000,0 12000,0 14000,0 16000,0

RHR1+2(t) [kW]

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Relazione tecnica di prevenzione incendi ALLEGATO HF

Rev. 00 Febbraio 2017 ESEMPIO CASO 1 S.R.L. – Bormio - SO

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ALLEGATO HF - DETERMINAZIONE DELL’ALTEZZA LIBERA DA FUMO AL VARIARE DEL TEMPO

Per la determinazione della variazione dell’altezza libera da fumo durante l’incendio per il compartimento riportato nella

seguente tabella:

Compartimento Descrizione Note

Compartimento N. 1 Deposito materie primeSi veda l’allegato relativo al calcolo del

carico di incendio

si è proceduto con la determinazione della variazione nel tempo della potenza termica totale rilasciata da un eventuale

incendio: curva RHR(t).

A tal fine si è determinato il “fattore di ventilazione” cosi definito:

� =���ℎ��

��[��,�]

Dove:

�� = ∑ ��ℎ�� [��] ℎ�� =∑ ������

∑ ����[�] �� = 2 �

�� 0 00 �� 00 0 ��

� �

������

� [��]

Dopo aver verificato se lo sviluppo dell’incendio è controllato dalla ventilazione1 (O< 0,06÷0,07) o dal combustibile èstata assegnata, da valori desunti dalla letteratura e dalla Norma UNI 1991-1-2, la tipologia di crescita ed il relativo valoredel tempo tα (tempo di sviluppo della potenza di 1 MW) e quindi della costante α che ne regola lo sviluppo:

� =1.000

���

���

���

Si è quindi proceduto a verificare se fosse o meno possibile il verificarsi del flashover: il flashover è possibile solo sel’incendio rilascia un valore probabile minimo ���� che si può calcolare con l’espressione di Walton e Thomascontenuta nella NFPA 555

���� = 7,8�� + 378��������ℎ������

dove:

ℎ������ è la differenza tra il punto più alto e quello più basso fra tutte le aperture di ventilazione:

������� = ������� ℎ������

- dove ������� è la larghezza, in metri, di un’apertura equivalente, ai fini del flashover, calcolata

imponendo che il fattore di ventilazione del locale in cui sia presente solo tale apertura sia parialla somma dei fattori di ventilazione delle singole aperture realmente presenti che hannodimensioni generiche �����,� e ℎ����,�.

1 Un incendio è controllato dalla ventilazione quando durante la fase di sviluppo la massa d’aria che può penetrare nel locale è minima rispetto alla

superficie del combustibile presente (tale tipologia è quella che maggiormente si riscontra in ambienti chiusi).

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STUDIO TECNICO ASSOCIATO CINALLI - ZAPPA pag. 2Via Fiera, 7 – 23032 Bormio – SO

������� =

∑ �����, ��ℎ����, ���

�ℎ����, ���

[�]

������� = ������� ℎ������ [��]

�� è la differenza tra la superficie totale del compartimento �� e l’area �������

�� = �� − ������� [��]

Determinato il valore di ���� risolvendo l’equazione ���� = � ��� si è determinato l’istante di tempo tF in cui si

manifesterà il flashover.

L’integrale ∫ ��� (�)�����

rappresenta l’energia rilasciata dall’incendio al tempo �� ed indica la minima energia di cui

deve essere dotato il compartimento affinché il combustibile giunga a flashover:

�� = � ��� (�)����

= � � ∙ ������

L’energia totale presente nel compartimento di superficie S, è stata determinata mediante il calcolo del carico di incendiospecifico qf [MJ/kg] assumendo � = 17,5��/��.

�� ��� =��

�� [��]

���� = �� ���� [��]

Se ���� ≫ �� il flashover potrà essere raggiunto e l’incendio potrà rilasciare in ambiente il valore massimo e costantedella potenza termica ������ .

Utilizzando l’espressione (E.6) della norma UNI EN 1991-1-2 (incendio controllato dalla ventilazione) ed assumendo, avantaggio della sicurezza, un fattore di partecipazione alla combustione m pari a 1 si è ricavata:

������ = 0,1 �� ���ℎ�� [��]

Essendo ������ = �̇�, ���� è agevole determinare la velocità massima di combustione:

�̇�, ��� =������

����

��

Il tempo necessario per raggiungere il livello di potenza massima vale:

�� = �������

�= �

������ ���

1.000

L’energia liberata dall’incendio al tempo �� vale:

�� = ∫ ��� (�)�����

= ∫ � ∙ �������

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STUDIO TECNICO ASSOCIATO CINALLI - ZAPPA pag. 3Via Fiera, 7 – 23032 Bormio – SO

cui corrisponde un quantitativo di combustibile bruciato:

�� � =���

[��]

Al tempo �� si suppone che sia bruciato il 70% della massa�� presente nel compartimento (UNI EN 1991-1-2), pertanto:

∫ ��������

�+ �̇�, ��� (�� − ��) = 0,7 ��

da cui:

�� = �� +0,7 ��

�̇�,���

−∫ ��������

�̇�,��� �

Nell’intervallo di tempo (�� − ��) la quantità di combustibile bruciato vale:

�� ��� =������(�� − ��)

�[��]

Il tempo �� di fine incendio si determina facilmente imponendo che l’area del triangolo B, ��, C sia pari all’energia residuadisponibile 0,3 ��� :

������(�� − ��)

2= 0,3 ���

Ne consegue che:

�� =0,6 ��� + ��������

������

Nell’intervallo di tempo �� − �� la massa di combustibile bruciato vale:

�� ��� =������(�� − ��)

2 �[��]

La massa di aria complessiva, necessaria per la combustione ammonta a:

����� = �����, ����� ∙ [��]

corrispondente ad un volume d’aria, a 20°C:

����� =����� ∙ 10� ∙ 8,314 ∙ ��

28,8 ∙ 101,225 ∙ 10�= 119.217,26 ��

La quantità di combustibile bruciato dopo x minuti (se x > tA) è pari a:

�� � ��� =∫ ��������

�+ �̇�, ���(60� − ��) [��].

Con i dati come sopra ricavati si è provveduto a determinare quindi la curva RHR(t) e la potenza termica massimarilasciata per unità di superficie RHRS:

���� =������

����

���

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Relazione tecnica di prevenzione incendi ALLEGATO HF

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STUDIO TECNICO ASSOCIATO CINALLI - ZAPPA pag. 4Via Fiera, 7 – 23032 Bormio – SO

Si è quindi proceduto a determinare la variazione nel tempo della superficie massima di pavimento che può essereinteressata dall'incendio dall'istante iniziale fino all'istante tA , valutabile mediante la seguente equazione:

����(�) =���(�)

����[��]

Si è quindi proceduto valutando la variazione della temperatura nel tempo all’interno del compartimento mediante lacurva parametrica pubblicata nel Bollettino Ufficiale del Consiglio Nazionale delle Ricerchen. 37 del 25.07.1973:

��(�) = ���� ∙ ��

����� �

(���

����)

[�]

con:

���� =�

� ����� = � + � (1 − ��� �) �(��� �)

dove: i coefficienti a, b, c, d, m ed n sono stati ricavati dalla tabella allegata allo stesso Bollettino Ufficiale del ConsiglioNazionale delle Ricerche n. 37 del 25.07.1973 assumendo la tipologia dell’edificio di tipo E (50% delle pareti in cls, 30%in cls o muratura ed il restante 20% in pannelli isolanti).

Utilizzando le seguenti espressioni sperimentali indicate dal NIST:

A) ��(�) = 0,124 ∙ ���(�)�,��� ∙ �(�)�,��� valida se Y(t) ≥ 0,2 RHR(t)0,4

B) ��(�) = 0,026 ∙ ���(�)�,���� ∙ �(�)�,��� valida se 0,08 RHR(t)0,4 ≤ Y(t) ≤ 0,2 RHR(t)0,4

C) ��(�) = 0,011 ∙ ���(�)�,��� ∙ �(�)�,���� valida se Y(t) < 0,08 RHR(t)0,4

ed integrando quindi in modo iterativo per intervalli di tempo molto piccoli (t2 – t1) (2 secondi) supponendo che nelperiodo (t2 – t1) l’altezza Y dal pavimento libera da fumo e gas di combustione rimanga costante e pari al valore cheaveva al tempo t1 di inizio dell’intervallo si ottiene che l’altezza Y(t) varia nel modo seguente:

�(�) = � −��(����)

dove:

Y(t) ed H (altezza locale) sono espressi in metri;

A (superficie in pianta) è espressa in m2;

Vg(ti-1) (volume totale di fumo e gas di combustione) è espresso in m3.

I risultati sono riportati nelle pagine seguenti

Bormio, 24/02/2017

Il ProfessionistaIng. Enrico Cinalli

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0. COMPARTIMENTO IN ESAME:

1. DETERMINAZIONE DEL FATTORE DI VENTILAZIONE (O)

1.1 Dimensioni del compartimento (m) L1 L2 H

20,00 35,00 5,50

1.2 Superficie in pianta del compartimento: S = m2

1.3 Dimensioni (b,h) aperture di ventilazione (m):

progr. n° b h hdav n° b h n° b h2

1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,042 1 3,00 2,20 0,00 6,60 14,523 1 1,80 2,20 0,00 3,96 8,714 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,005 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,006 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,007 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,008 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,009 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,0011 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,0012 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,0013 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,0014 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 23,21 47,27

1.4 At = 2005,00 m2

1.5 Av = 23,21 m2

1.6 heq = 2,04 m

1.7 O = 0,0165 m0,5 - Essendo < 0,07 lo sviluppo dell'incendio è controllato dalla ventilazione

2. DETERMINAZIONE DEL POSSIBILE FLASHOVER

2.1 Sviluppo dell'incendio nella sua fase di crescita: [Rif. UNI 1991-1-2]

2.2 Tempo di sviluppo della potenza di 1 MW: ta = 182 sec. [Rif. UNI 1991-1-2]

2.3 Costante che ne regola lo sviluppo: a = 0,0302 KJ/s3 [Rif. UNI 1991-1-2]

2.4 Altezza del punto più alto tra tutte le aperture di ventilazione: hmax = 3,20 m

2.5 Altezza del punto più basso tra tutte le aperture di ventilazione: hmin = 0,00 m

2.6 Altezza apertura equivalente: hVequiv = 3,20 m

2.7 Larghezza apertura equivalente: WVequiv = 5,78 m

2.8 Superficie apertura equivalente: AVequiv = 18,51 m

2.9 Differenza tra At e AVequiv: AT = 1986,49 m2

2.10 Potenza necessaria al raggiungimento del flashover: RHRF = 28,01 MW [Rif. NFPA 555]

Nel caso di compartimenti a pianta non rettangolare, L1, L2 ed H equivalgono ai lati del

parallelepipedo che meglio approssima tale compartimento.

Compartimento N. 1 (Deposito) - CASO 1

700,00

medio-veloce

Studio Tecnico Ass.to CINALLI-ZAPPA

Via Fiera, 7 - 23032 Bormio - SO pag. 1

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3. DETERMINAZIONE DEL TEMPO IN CUI SI MANIFESTERA' IL FLASH-OVER

3.1 Il flashover si manifesterà al tempo tF per il quale RHRF = atF2 e quindi a tF = 963,20 sec.

pari a : 16,05 min.

4. DETERMINAZIONE DELLA ENERGIA MINIMA PER IL RAGGIUNGIMENTO DEL FLASH-OVER

4.1 Energia minima di cui deve essere dotato il compartimento affinchè il combustibile giuga a flashover:

EF = MJ

4.2 Assunto quale carico di incendio specifico: qf = MJ/m2

H = MJ/kg

mT = kg

Etot = MJ

pari a Etot = kJ

Poiché: Etot > EF

5. DETERMINAZIONE DELLA POTENZA TERMICA MASSIMA E COSTANTE RILASCIABILE DOPO IL FLASH-OVER

5.1 Assumendo un valore di partecipazione alla combustione: m = 0,98

si ottiene: RHRmax = 122,22 MW [Rif. UNI 1991-1-2]

5.2 La potenza massima areica assume quindi il valore: RHRmax f = kW/m2

6. DETERMINAZIONE DELLA VELOCITA' MASSIMA DI COMBUSTIONE

6.1 La velocità massima di combustione sarà pari a: vc max = kg/sec

7. DETERMINAZIONE DEL TEMPO NECESSARIO PER RAGGIUNGERE LA POTENZA MASSIMA

7.1 Il tempo necessario per raggiungere il livello di potenza massima vale:

tA = sec.

pari a : min.

8. ENERGIA LIBERATA DALL'INCENDIO AL TEMPO tA E QUANTITATIVO DI COMBUSTIBILE BRUCIATO

8.1 L'energia liberata dall'incendio al tempo tA vale: EA = kJ

8.2 Il quantitativo di combustibile bruciato al tempo tA è: mA = kg

9. DETERMINAZIONE DEL TEMPO tB DI INIZIO DECRESCITA DELL'INCENDIO E DI FINE INCENDIO tC

9.1 Il tempo tB, ricavato imponendo che sia bruciato il 70% del combustibile, è pari a:

tB = sec.

pari a : min.

9.2 Nell'intervallo (tB - tA) la quantità di combustibile bruciato vale: mBA = kg

2012,07

8992,58

81972501,82

20187,45

33,53

174,60

759997,00

allora il flashover potrà essere raggiunto e l'incendio rilascierà in ambiente il valore massimo e costante della potenza termica

RHRmax.

759997000

1085,71

37,65

2177,40

5887,00

98,12

12579,93

3,25

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9.3 L'istante di fine incendio, per esaurimento combustibile, è pari a:

tC = sec.

pari a : min.

9.4 Nell'intervallo (tC - tB) la quantità di combustibile bruciato vale: mCB = kg

10. DETERMINAZIONE DEL VOLUME D'ARIA NECESSARIO ALL'INTERA COMBUSTIONE

10.1 La massa d'aria necessaria per l'intera combustione, alla pressione atmosferica, ammonta a:

raria,comb. = 13,00

maria = kg

che corrispondono, alla temperatura di 20 °Ced alla pressione atmosferica 760 mm di Hg (101225 Pa)

ad un volume d'aria: Varia = m3

pari a circa 57 volte il volume del compartimento.

11. DETERMINAZIONE DELLA CURVA RHR(t)

11.1 Dati i seguenti valori, come sopra ricavati:

t [sec] t [min] RHR(t)

tO = 0 0,00 0 MW

ta = 182 3,03 1 MW

tA = 963,20 16,05 122,22 MW Punto A

tB = 5887,00 98,12 122,22 MW Punto B

tC = 9617,94 160,30 0 MW Punto C

Si ricava la seguente curva RHR(t) [RHR espresso in MW e t espresso in minuti]

(per motivi di visualizzazione il grafico riportato è fuori scala)

12. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA CURVA RHR(t)

Totale

20187

262437

219404

3,25 --> 0 - - -

160,30

5430,12

262437

219404

9617,94

160,30

vC [kg/sec]

t [minuti]

C-BB-AA

2177,40

28306,17

23664,69

3,25

33,53

Grandezza

mCOMB [kg] 5430,12

70591,55

59016,36

160,30

12579,93

163539,15

136722,93

3,25

98,12

mARIA [kg]

VARIA [m3]

Punto A Punto B

0,00

20,00

40,00

60,00

80,00

100,00

120,00

140,00

0,00 10,70 21,40 64,46 106,71 148,17

Punto C

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La quantità di combustibile bruciato dopo 15,00 minuti è pari a: kg

cui corrisponde un volume d'aria necessario alla combustione pari a: m3

13. DETERMINAZIONE DELLA POTENZA TERMICA MASSIMA RILASCIATA PER UNITA' DI SUPERFICIE

RHRS = 174,60 kW/m2

14. VARIAZIONE NEL TEMPO DELLA SUPERFICIE MASSIMA DI PAVIMENTO INTERESSATA DALL'INCENDIO

Ainc(t) = RHR(t)/RHRS

15. VARIAZIONE NEL TEMPO DELLA TEMPERATURA ALL'INTERNO DEL COMPARTIMENTO

15.1 Fissati i seguenti valori, come sopra ricavati:

qf = 1085,71 MJ/m2 pari a 259,48 Mcal/m2

O = 0,017 m0,5

e considerati i coefficienti: a, b, c, d, m, n secondo quanto riportato nella segunete tabella:

Edificio a b c d m nA 1800 250 692 17 0,13 0,67B 1800 250 623 11 0,14 0,38C 1800 250 933 70 0,04 0,43D 1800 250 633 26 0,13 0,70

E 1800 250 685 26 0,14 0,91Valori sperimentali validi in compartimenti senza considerare le aperture a soffitto

A - Edificio con pareti in muratura o similiB - Edificio con pareti in calcestruzzoC - Edificio con pareti in calcestruzzo leggero o con materiale isolante analogoD - Edificio con il 50% delle pareti in calcestruzzo leggero o muratura e 50% in cls leggeroE - Edificio con il 50% delle pareti in cls leggero, il 30% in cls o muratura e il resto in pannelli isolanti

Individuata la tipologia del compartimento: Edificio di tipo: C

La variazione nel tempo della superficie massima di pavimento che può essere interessata dall'incendio dall'istante iniziale fino

all'istante tA è valutabile mediante la seguente equazione:

194,86

2117,83

-200,00

0,00

200,00

400,00

600,00

800,00

0,00 5,35 10,70 16,05

Ainc(t) [m2] t [min]

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I coefficienti, individuati dalla tabella precedente, sono quindi: a = 1800b = 250c = 933d = 70

m = 0,04

n = 0,43

Con tali dati si ricava il seguente andamento nel tempo (minuti) della temperatura Tg(t) espresso in °C:

Nel grafico sopra riportato la linea tratteggiata è quella della "curva di incendio standard".

Il valore massimo sperimentale raggiungibile è pari a: Tmax, sperim = 1017,83 °C

16. VARIAZIONE NEL TEMPO DEL DIAMETRO EQUIVALENTE DELLA BASE DELLA FIAMMA

16.1 Applicando la formula: si ha: Df(t) = 0,01484 t

l'andamento dall'istante iniziale fino all'istante t= 20 minuti è il seguente:

Tale andamento ricavato sperimentalmente viene valutato con errore massimo del 10%-15% calcolato peraltro

non tenendo conto delle proprietà termiche (dissipative) delle pareti.

0,00

200,00

400,00

600,00

800,00

1000,00

1200,00

1400,00

1600,00

0 300 600 900 1200 1500 1800 2100 2400

Tg(t) [°C] Tg(t) [°C] ISO 834

0,00

200,00

400,00

600,00

800,00

1000,00

1200,00

1400,00

0,00 240,00 480,00 720,00 960,00 1200,00

Df(t) [m] t [minuti]

ttRHR

1273,9(t)D

2gS

f ⋅⋅

=

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17. VARIAZIONE NEL TEMPO DELL'ALTEZZA DAL PAVIMENTO LIBERA DA FUMO E GAS DI COMBUSTIONE

17.1

C progr. n° b h hdav n° b h n° b h2

0,6 1 6 1,11 1,90 1,10 12,65 24,04

0,65 2 1 3,00 2,20 0,00 0,00 0,00

0,65 3 1 1,80 2,20 0,00 0,00 0,00

4 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

5 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

6 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

7 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

9 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

10 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

11 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

12 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

13 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

14 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

15 0 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

8 12,65 24,04

A) mg = 0,124 ∙ RHR(t) 0,242 ∙ Y(t) 1,895 se Y ≥ 0,2∙RHR0,4

B) mg = 0,026 ∙ RHR(t) 0,6364 ∙ Y(t) 0,909 se 0,08∙RHR0,4 ≤ Y ≤ 0,2∙RHR0,4

C) mg = 0,011 ∙ RHR(t) 0,566 ∙ Y(t) 0,7736 se Y < 0,08∙RHR0,4

Procedendo con intervalli (t2 - t1) pari a 2 secondi ed integrando l'espressione A o B o C

si ottiene il seguente andamento:

E' opportuno effettuare anche il confronto con la variazione dell'altezza libera da fumo in assenza di aperure

aperte.

Aperta / Chiusa

aperta

aperta

aperta

E' interessante calcolare l'altezza dal pavimento libera da fumo e gas di combustione ed in particolare il valore

dell'altezza dal pavimento libera da fumo e gas di combustione in presenza delle seguenti aperture di ventilazione:

Per calcolare la portata massica di fumo e dei gas di combustione prodotti durante l'evoluzione dell'incendio

verranno utilizzate le seguenti espressioni:

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

5,00

6,00

0 200 400 600 800 1000 1200 1400

[secondi]

Y(t) senza aperture [m]

Y (t) con aperture [m]

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CALCOLO DEL TEMPO LIMITE DI ESPOSIZIONE AI GAS TOSSICI CON IL METODO DELLA F.E.D.

Concentrazione volumetriche medie durante l'incendio:

Sostanze tossiche C Limiti di inabilità Dose inalata al min.

- monossido di carbonio : CO 1000 ppm 35000 ppm∙min 0,02857

- acido cianidrico : HCN 60 ppm 220 ppm∙min 0,01835

Tot= 0,04692

- anidride carbonica : CO2 22000 ppm pari al 2,20 %

- fattore moltiplicativo (iperventilazione dovuta alla CO2) : VCO2 = 1,55271

- F.E.D. al variare del tempo: F.E.D. (t) = 0,07285 t

- Tempo di inabilità completa (corrsispondente a F.E.D. =1) : 13,7 min

- il tempo necessario per inalare una F.E.D. pari a 0,3 è di : 4,1 min

- il tempo necessario per inalare una F.E.D. pari a 0,1 è di : 1,4 min

- Nel caso in esame il imite della F.E.D. consentito: 0,30 è ragguinto a t= 4,1 min.

- Altri valori dopo 4,1 min

- attività respiratoria : 32,0 l/min (normalmente pari a 20 l/min)

- accumulo di concentrazione di carbossiemoglobina (COHb) nel sangue : 5,61%

- Valori dei tempi di esposizione per l'inabilità completa con le suddette concentrazioni volumetriche:

- inabilità completa dovuta alla sola presenza di anidride carbonica : t= 152 min

- inabilità completa dovuta alla sola presenza di acido cianidrico : t= 55 min

- inabilità completa dovuta alla sola presenza di monossido di carbonio : t= 35 min

- L'inabilità completa dovuta alla carenza di O 2 è raggiunta molto dopo l'inabilità dovuta al CO .

0,000

0,200

0,400

0,600

0,800

1,000

1,200

0 2 4 6 8 10 12 14 16

F.E.D. (t)