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L’ARCHITETTURA DI SCALA. TRASFORMAZIONE DI PROCESSO E COMPLESSITÀ URBANA. l’Isola della ex Montecatini -Rovereto CONTROLLO

L’ARCHITETTURA DI SCALA. TRASFORMAZIONE DI PROCESSO E COMPLESSITÀ URBANA

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L’Isola della ex Montecatini – Rovereto - 2012 Cultura, Creatività, Innovazione e Sostenibilità sono le protagoniste di un dibattito sul futuro di quest’area

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L’ARCHITETTURA DI SCALA. TRASFORMAZIONE DI PROCESSO E COMPLESSITÀ URBANA.l’Isola della ex Montecatini -Rovereto

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L’ARCHITETTURA DI SCALA. TRASFORMAZIONE DI PROCESSO E COMPLESSITÀ URBANA.l’Isola della ex Montecatini - RoveretoWorkshop internazionale di progettazionea cura di Elisa Beordo

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con il sostegno di:

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SOMMARIO

00 Prefazione Trentino Sviluppo 01 Ass. all’Industria Alessandro Olivi 02 L’immaginario futuro della Montecatini 03 A DESTINAZIONE/ WS di progettazione Premessa caso studio_LA RIGENERAIONE DEL TEMPO Intenti progettuali le linee guida il Tempo 04 Sperimentazione Didattica EX MONTECATINI/WS di progettazione UNITN Premessa 1_il raumplan loosiano 2_un progetto di suolo 3_somewhere over the rainbow 4_atelier per designers/sarti 5_l’avventura tra i livelli 6_occasione/permanenza 7_nella casa di un gigante 8_uno zigurrat 9_note nella partitura strutturale 10_l’ateleir di Platone 11_da un sasso all’altro 12_privato vs pubblico 13_le ragnatele 14_la memoria della”fabbrica” 15_l’uomo e la natura 16_meta factory 17_una macchina per il tempo 18_una membrana permeabile 19_il modulor 05 PartecipantiBOZZA DI CONTROLLO

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Acqua, aria, energia elettrica, alluminio. Un’isola di metallo, l’ha definita qual-cuno. La Montecatini di Mori, nel tempo divenuta Alumetal, ha segnato nel bene e nel male oltre cinquant’anni di storia industriale di questo lembo di terra. Dall’avvio della produzione, nel 1928, alla chiusura dello stabilimento, nel 1983.Una vicenda che incrocia Tecnofin Strutture Spa, “antenata” dell’attuale Tren-tino Sviluppo, nella seconda metà degli anni Ottanta, allorché la Provincia au-tonoma di Trento decise di acquisire il compendio per renderne possibile una seconda, terza vita.La posizione strategica lungo l’asta dell’Adige, vicino all’autostrada del Bren-nero, rende l’edificio di particolare interesse per una nuova destinazione che, nella salvaguardia del territorio e nel rispetto degli elementi storico-culturali e ambientali, possa trasformarla in un portale sul Trentino, capace di suscita-re attrazione, promuovere l’economia, in una parola portare nuovo lavoro tra quelle mura.La stessa storia di Trentino Sviluppo è legata in modo viscerale a progetti di riqualificazione industriale. Non a caso il Polo Tecnologico di Rovereto, sede dell’agenzia di sviluppo, affonda le sue radici nell’area dello storico stabili-mento Pirelli. E la prima Green Innovation Factory trentina avrà il volto della Manifattura Tabacchi di Borgo Sacco, recuperata come laboratorio di ricerca e produzione nel campo delle tecnologie verdi, dopo un secolo e mezzo trascor-so tra sigari e tabacco.Di una nuova vita della Montecatini si parla ormai da 25 anni. Si sono presen-tate e discusse molte idee, anche innovative e coraggiose. Nel frattempo si è avviata la bonifica e si sono poste le basi per un recupero urbanistico del sito.Sembra paradossale ma proprio oggi, in un momento non facile per l’econo-mia, dove fare impresa può sembrare un azzardo, serve invece dare un segnale forte e chiaro: la Montecatini può e deve tornare a respirare. Abbiamo ancora bisogno di quelle mura cariche di storia e di duro lavoro. Il nostro futuro atten-de di dipanarsi tra quei canali che un tempo portavano luce ed energia.Un tempo erano i forni ad elettrolisi per la produzione dell’alluminio. Domani vogliamo che sia un crogiolo dove si fondono innovazione, sostenibilità am-bientale e lavoro.Questo quaderno lancia un sasso nel canale della Montecatini. Le idee non mancano, in attesa di prendere forma.

Diego Laner, presidente Trentino Sviluppo Spa

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L’isola della ex Montecatini rappresenta un’area strategica per tutto il Tren-tino. Sull’asse principale che collega la nostra Provincia a nord e a sud, è un monumento di archeologica industriale e un patrimonio di tutta la nostra co-munità che va valorizzato.Finalmente, dopo anni di stagnazione - grazie all’impegno e al lavoro del Co-mune di Mori e della Provincia - potendo operare in un contesto libero dai vincoli che fino ad oggi ne avevano frenato i progetti di recupero si sono crea-te le condizioni affinché il dibattito sul futuro di quest’area diventi concreto e stringente. Senza limitazioni o veti, ma con una priorità assoluta: creare valore per il territorio. Le visioni prospettiche e le competenze provenienti dall’ambiente accademico - per definizione luogo di incontro e di contaminazione tra saperi – contribu-iscono ad un disegno urbanistico che deve fare di quell’area un tassello della riqualificazione innovativa che caratterizza altri compendi strategici della Val-lagarina e sui quali la Provincia sta investendo molto: Manifattura, Meccatro-nica e Casotte. Il pluralismo di idee di cui gli studenti e il mondo dell’Università sono portatori ha arricchito negli anni tutta la comunità trentina. L’incontro tra il territorio e il protagonismo dei giovani ha contribuito a fare della nostra Provincia un labo-ratorio virtuoso di autogoverno e una fucina di innovazione. Queste esperienze sono quindi iniziative importanti rispetto alle quali costrui-re un’interlocuzione proficua e un confronto costante.

Provincia Autonoma di Trento - Assessore all’Industria artigianato e commercio Alessandro Olivi

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L’IMMAGINARIO FUTURO DELLA MONTECATINIProf. Arch. JUAN MANUEL PALERM SALAZAR

appunti_

La ricerca, la sperimentazione non risolve il problema sociale, ma ha il compi-to di trasformare la realtà in un PENSIEROla CULTURA come desiderio da costruireIMMAGINAZIONE come pensiero unito alla conoscenza, alla tecnologia e alla composizionel’immagionario è molto di più di uno spazio vuotoqual è il senso dello spazio oggi nell’architettura?qual è l’immaginario futuro della Montecatini?

rif_Pierre Huyghe, un artista francese che opera attraverso l’uso di diversi me-dia, dal film e video fino ad interventi nello spazio pubblico. Ha vinto il premio Hugo Boss nel 2002 con il video “Les Grands Ensembles” (2001). This is not a time for dreaming, 2004. Per l’artista francese Pierre Huyghe l’arte è narrazio-ne che, tradotta in film e installazioni, attinge ai soggetti più disparati, tra i suoi punti di riferimento troviamo però anche l’architettura moderna. Ed è proprio da quest’ultima che prende le mosse la sua creazione più recente, un omaggio a Le Corbusier .L’installazione, creata all’interno dell’unica opera americana di ‘Corbu’, il Carpenter Center for the Visual Arts di Harvard, offre anche l’oc-casione per celebrare i quarant’anni dell’edificio esplorando la relazione tra il suo passato e il suo presente. Per ripercorrerne la storia, Huyghe mette in scena un bizzarro teatro di burattini: 20 minuti per raccontare il progetto, l’incarico e le fasi di costruzione, mentre personaggi come Le Corbusier e altri protagonisti dell’epoca si mescolano a figure contemporanee, tra cui l’artista stesso. Pierre ci racconta che nell’opera di LC mancava qualcosa; gli hanno tolto l’immaginario. quello che oggi ci rimane sono solo metri quadri.

La proposta è di rileggere con gli elementi del paesaggio questo “artefatto” e i suoi protagonisti e di chiederci quale ruolo può avere oggi come capacità di modificare il territorio.Quale idea di attrattività?

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Pierre Huyghe - Carpenter Center for the Visual Arts - This is not a time for dreaming, 2004

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A DESTINAZIONE/ WS di progettazioneVilla Brandolini, Pieve di Soligo (TV)

nell’ambito di Festival della Città Impresa 2012 5^edizioneLa Fabbrica delle idee. Cultura, creatività, innovazione e sostenibi-lità per la competitività dei territori e delle imprese. ideato, promosso e sostenuto da Fondazione Fabbri, Osservatorio Sperimentale dell’Alta Marca Trevigiana, Paesagirea cura di Centro Studi USINE

con la partecipazione di: Cibic Workshop, Università di Camerino, Università degli Stdui di Trieste, Università IUAV Venezia, Università degli studi di Napoli, Università ULPG Canarias e Università degli studi di Trento, Università di Cata-nia, Polotecnico di Milano, Università “Mediterranea” Reggio Calabria;

con la collaborazione ed il patrocinio di: Comuni del Territorio, Comune di Pie-ve di Soligo, Comune di Conegliano, Comune di San Pietro di Feletto, Comu-ne di Valdobbiadene, Confartigianato Marca Trevigiana, Provincia di Venezia, Trentino Sviluppo;

Fondazione Fabbri e Centro Studi Usine promuovono una nuova riflessione su alcuni ambiti territoriali del Nordest che negli ultimi anni hanno visto erodersi la propria splendibilità dal punto di vista urbano ed economico, quindi sociale e turistico, ma che possono trovare nuovo vigore nel contesto della candidatura “Venezia e Nordest Capitale Europeo della Cultura 2019”.

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foto di Nico Covre

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L’anno in corso, il 2012, vede già insinuarsi il reflusso dell’onda della crisi generata nel 2011, talchè emergono a Nordest un forte disorientamento ter-ritoriale, domande senza risposta certa e definizioni confuse. Inanzitutto il Paesaggio, evocato per nobilitare un percorso di indagine senza prove certe, diviene spesso sinonimo di ambiente e territorio. Eppure nulla dovrebbe es-sere maneggiato con cura quanto il Paesaggio, che secondo la Convenzione Europea in vigore rappresenta il più alto elemento di sintesi di un processo virtuoso tra progetto, cultura e comunità. Il Paesaggio non è il villaggio con le casine ma lo straordinario meccanismo sociale ed economico che si rappre-senta in quelle casine. Non è la campagna coltivata ma la relazione che passa tra il contadino e i suoi mezzi di lavoro. C’è poi chi evoca un assoluto eccesso di metri cubi (soprattutto residenziali) e chi un mantenimento della domanda di capannonni ricollocati rispetto ai nuovi corridoi della mobilità. Chi assoluto stallo degli investimenti e chi l’ottimismo tipico dei momenti pioneri.Quindi, come funzionerà d’ora in poi il modello d’uso dei suoli? Quale la taglia giusta degli interventi urbani? Abbiamo i giusti strumenti per interpretare i bi-sogni, le vocazioni e le inclinazioni del mercato immobiliare? Potranno nascere nuove destinazioni?Serve un valido percorso indiziario per avere certezze delle prove ed una cosa appare ormai certa: è necessario e statuario elaborare nuove forme program-mariche, capaci di generare domanda e di fare reload con i milioni di metri cubi presenti. Vanno re-inventate le “destinazioni”, cioè i pezzi di territorio che assumono senso e quindi valore, sapendo che non si può essere violenti e can-cellare i segno di riflessione, ma nemmeno essere rinunciatari. Il reflusso in corso è quindi un ottimo attivatore. Ha reso evidente che non è sufficiente rac-contare le bellezze di un territorio per renderlo destinazione, ma è necessario dargli una nuova vocazione di senso, magari a partire dai moltissimi “paesaggi del rifiuto” rappresentati da aree produttive giovani e già dismesse. Le politi-che di riuso rappresentano la giusta risposta alle istanze di conservazione che si levano dai territori ed all’affermarsi di nuovi linguaggi sulla scena proget-tuale. E’ evidente che si deve aprire una nuova stagione: ecco l’occasione di un nuovo workshop, il giusto rimbalzo culturale per riflessioni più avanzate in materia di Paesaggio.

Claudio Bertorelli, presidente Centro studi USINEBOZZA DI CONTROLLO

foto di Nico Covre

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GRUPPO DI LAVORO

Prof. Arch. Juan Mnauel Palerm SalazarArch. Elisa BeordoArch. Claudio LorenziArch. Marco ColettiArch. Antonio di MaroDesigner Claudio Di Palma

LA RIGENERAZIONE DEL TEMPOl’Isola della ex Montecatini -Rovereto

CASO STUDIO

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-Collocato lungo la sponda destra del fiume Adige nel punto in cui il versante assume una rapida pendenza, chiudendo la valle a sud del territorio comunale di Mori, il complesso industriale della ex-Montecatini, per dimensione e arti-colazione dei manufatti edilizi, interrelazione tra volumi, opere idrauliche ed elementi infrastrutturali, rappresenta un episodio unico non solo nella realtà produttiva trentina di ogni tempo, ma nello stesso quadro figurativo locale.”Un tenace rimodellamento del territorio”. Accanto alla centrale, l’artificializzazio-ne del territorio si traduce in un complesso piano di ridisegno del suolo che prevede la creazione di argini in rilevato, il tracciamento di canali, la costruzio-ne dei fabbricati. Con i grandi corpi longitudinali delle sale forni perpendicolari all’edificio della centrale, lo stabilimento sfrutta nel modo più logico l’angusta lingua di terra determinata dal monte retrostante e dall’ansa dell’Adige.

Il complesso ex Montecatini pone ora il problema del suo riuso in relazione non solo alle esigenze della pianificazione provinciale ma anche in relazione agli aspetti culturali e sociali legati alla trasformazione di un insediamento indu-striale che fa parte del paesaggio figurativo e della memoria storica dell’intera comunità della Vallagarina.-

La logica territoriale dell’isola, garantita da una stretta interrelazione fra pa-esaggio naturale ed elementi costruiti, è condivisibile, quella che non è com-prensibile è la logica del suo impianto. L’unica regola che si percepisce è che tutti i corpi edilizi destinati alla produzione, in primo luogo le sale forni, si sono attestati lungo il fiume, sottolineando il legame fra l’alimentazione idraulica e il funzionamento della centrale, seguendo un processo di trasformazione chis-sà troppo preciso, incurante del contesto in cui si è inserito. la proporzione delle MACCHINE, dei grandi forni, con cui l’uomo convivvea.una testimoninanza degli operai dell’epoca diceva: “vago a la montecatini”, “NO NO! Te te cosi le buele (ti cuoci le budella) !” d’altro canto cosa si poteva fare: BISOGNAVA MANGIARE””

Quale rapporto tra gli oggeti costruiti e il suolo oggi?Quale forma proporre per capire il sistema territoriale esistente?BOZZA DI CONTROLLO

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LINEE GUIDA

1_ DEMATERIALIZZAZIONE assoluta degli elementi aggiuntivi togliere gli edifici superflui e gli ele-menti aggiuntivi della struttura, la-sciare lo scheletro

2_ RESTITUZIONE dell’ACQUA

3_INSERIMENTO di un ELEMENTO DI CONNESSIONE, da noi denomiinato ALBERO, una struttura nuova che si vincola con il territorio, un sistema di percorsi che con le sue ramificazioni va a connettersi e abbracciare ogni elemento dell’area alle diverse quote

4_la scelta di una HALL come punto di riferimento chiaroun NUCLEO CENTRALE dell’OPERA-ZIONE una PIAZZA CENTRALE con un siste-ma di percorsi e terrazze che colle-ghino le diverse quote degli edifici

5_ un OFFERTA POSSIBILE dove acco-gliere le PIU’ SVARIATE DESTINAZIO-NI: neve e ghiaccio d’inverno per una pista di pattinaggio; concerti e spet-tacoli d’inverno; attrezzature sportive d’inverno; pesca; casse di mele; can-tina di vino; floricoltura....BOZZA DI CONTROLLO

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LA RIGENERAZIONE DEL TEMPO

Pensare a un progetto capace di PORPORRE IL TEMPO COME UN VALORE AGGIUNTO Affrontando la fabbrica con assoluta incoscienza, senza CONTAMI-NARLA ed essere CONTAMINATI: guardandola con distacco.Non è un contenitore da riempire ma è necessario trovare il suo NUOVO RUO-LO, un NUOVO SCENARIO diverso da come è sempre statoQuale cambiamento innescare rispetto al passato?Cosa succede adesso li?

RESTITUIRE UNA STORIARIPROPORRE IL FUTURO, per ripensare un possibile TEMPO ORIGINARIO

Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume;è una tigre che mi divora, ma io sono la tigre;è un fuoco che mi consuma,ma io sono il fuoco. il mondo, disgraziatamente, è reale;io, disgraziatamente, sono Borges.

Jorge Luis BorgesLa nuova confutazione del tempo

Cosa succede nei dodici mesi dell’anno? quali gli scenari possibili nelle quat-tro stagioni? quali le luci e le atmosfere nelle diverse ore del giorno? BOZZA DI CONTROLLO

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FEBBRAIO h. 12.00 2

GENNAIO h. 6.00 1 MARZO h. 18.00 3

APRILE h. 24.00 4

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MAGGIO h. 6.00 5

AGOSTO h. 24.00 8

LUGLIO h. 18.00 7

GIUGNO h. 12.00 6

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SETTEMBRE h. 6.00 9

OTTOMBRE h. 12.00 10

NOVEMBRE h. 18.00 11

DICEMBRE h. 24.00 12

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EX MONTECATINI/ WS di progettazionesperimentazione didattica a.a.2011/2012all’interno del corso di Architettura e composizione architettonica 3 con Laboratorio ProgettualeFacoltà di Ingegneria - Univeristà degli studi di Trento

L’arcHitettUra di scaLa. trasFormazione di processo e compLessitÀ UrBana.STAFF DOCENTE

Prof. Arch. Juan Mnauel Palerm SalazarArch. Elisa BeordoArch. Claudio LorenziArch. Giorgio Campolongo

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L’ARCHITETTURA DI SCALA. TRASFORMAZIONE DI PROCESSO E COMPLES-SITÀ URBANA.

Il Programma del Laboratorio “WORKSHOP” per l’anno accademico 2011-2012 della Univesita di Trento si basa sullo sviluppo di un esercizio progettuale si-tuato in STABILIMENTO ALUMETAL MONTECATINI A ROVERETO; lungo il fiu-me ADIGE e la autostrade del Brennero. Un ambito urbano lineare, tra citta ecampagna, nel quale la trasversalità spaziale e volumetrica dell’area di studio sarà decisiva nella concezione dell’esercizio. Si collocherà in questo ambito l’area del Progetto, la cui caratteristica di “sistema urbano lineare” è definita da una “Fascia” o Nastro, come cornice o spazio di riferimento, con i suoi limiti e margini urbani specifici (ACQUA-TERRA).Questa condizione di trasversalità, definita fondamentalmente dalla sua [Se-zione] e dalla sua risposta planimetrica e spaziale, è quindi la caratteristica necessaria, da studiare e verificare nello sviluppo e concezione del progetto, ed anche per l’adempimento degli obbiettivi docenti dell’esercizio.L’esercizio si articola partendo da un “Sistema” di organizzazione, basato sul Progetto per l’Ospedale di Venezia di Le Corbusier e il Carpenter Center ne-gli Stati Uniti a partire della “Metamorfosi” formale e spaziale di esso, dalla considerazione “astratta” ed interpretativa della proposta studiata da L.C e la cultura architettonica critica basata su questo sistema organizzativo. Gli al-lievi, partendo da queste premesse, svilupperanno le risposte morfologiche, funzionali e spaziali più adatte ad un programma definito come ABITARE IN CONTATTO CON LA TERRA: Spazi in una struttura di transizione, vincolando il suddetto programma alla capacità d’accesso ed alla mobilità del Sistema Li-neare come pure al necessario collocamento di alloggi, servizi ed attrezzature.

OBBIETTIVI

a) Esaminare il luogo, la forma urbana ed il paesaggio come sistema articolato in una situazione “limite” che introduca l’allievo alla riflessione sulla relazione città-natura-progetto. - Senso della dimensione “scalare”, la sua geometria e proporzione.BOZZA DI CONTROLLO

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- Forme di organizzazione volumetrica, spaziale e funzionale e la loro vinco lazione ad un sistema architettonico predeterminato (H. VEN.LC e la sua me-tamorfosi nel processo del progetto).- Strutture di transizione, spazi intermedi “fra” nuovi spazi di relazione, scam-bio (serramenti, spessori, corporeità). - Studio del piano supporto (topologico). La posizione.b) Conoscenza ed utilizzazione tecnica degli strumenti della geometria (piana e spaziale) e del concetto di Abitare nello spazio di Svago della Cultura e del Transito. Centro Sperimentale di Educazione e Ricerca Universitaria per 500 studenti , 100 ricercatori, 100 cultori della materia, 25 professionisti e 50 pro-fessori per il Festival dell’Architettura del Paesaggio.

Le variabili ed i modelli spaziali, funzionali, formali e costruttivi verranno af-frontati partendo dagli strumenti progettuali propri della consapevolezza del-la diversità del linguaggio architettonico, e per questa ragione gli strumenti derivati dalla geometria, il tipo e la tecnica si sforzeranno d’impostare una posizione critica e concettuale nel processo del Progetto, che confrontata con le considerazioni del “luogo”, delinearanno le attrezzature da sviluppare come generatori della forma. Il “luogo” e le forme urbane vengono impostate da una strategia operativa e come argomento del progetto; la comprensione di questi elementi che configurano la città, forniranno modelli progettuali, creando una gerarchia dei principi e degli obbiettivi che offrono una risposta al progetto.In questo senso la dimensione “SCALARE” del progetto annuncierà la corni-ce di riferimento dell’area d’azione e verificherà in modo specifico per questo livello, la relazione fra tipo edificatorio e morfologia urbana, come substrato della morfogenesi del progetto d’architettura (tema specifico del Workshop).Lo studio della forma architettonica e della proiezione di essa costituisce un “campo” di studi inerente al contenuto del corso, nel quale si specificano due ambiti di riflessione paralleli: a) Quello che partendo dall’esame della forma urbana, del paesaggio,… della città, stabilisce elementi di dialogo interpretativi come proposte del processo stesso del progetto; e b) La conoscenza ed utiliz-zazione delle tecniche e degli strumenti progettuali coerenti con gli obbiettivi, argomenti e programmi dell’enunciato dell’esercizio. In questo modo la mor-fogenesi agisce come un dispositivo che regola l’azione del progetto, come posizione critica partendo da questi due ambiti.BOZZA DI CONTROLLO

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INDICAZIONI WS

La riconversione dell’insediamento della ex Montecatini in un Centro Speri-mentale di Educazione e Ricerca Universitaria, pensato per: 500 studenti , 100 ricercatori, 100 cultori della materia, 25 professionisti e 50 professori ospiti del Festival dell’Architettura del Paesaggio.

nelle seguenti pagine i lavori svolti dagli studenti contenenti:

_ la planimetria generale dell’intera “isola” che accoglie il complesso della ex-montecatini alumetal_ la planimetria riferita al solo complesso, nei suoi due distinti sviluppi: la morfologia del suolo e l’attacco a terra degli edifici_ la sezione tipo, approfondimento di ogni gruppo di un modulo dello stabilimento A_il plastico in SC 1:50 della sezione tipoBOZZA DI CONTROLLO

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OROGRAFIA

ATTACCO A TERRA

1_IL RAUMPLAN LOOSIANOMirco Chiozzini, Lorenzo Genuin, Davide Santoni, Davide Zanon

L’oggetto del workshop implica diverse scale d’in-tervento, dal progetto d’area all’approfondimento architettonico, oltre che una riflessione sul rap-porto tra gli edifici ed il contesto, sui temi dell’ac-qua e dell’orografia come promotori dell’unitarietà dell’intero piano. Focalizzando l’attenzione sullo stabilimento og-getto di studio, l’intervento prevede la rimozione di parte dei tamponamenti in laterizio e la conserva-zione dello scheletro cementizio. All’interno, la pre-esistente scansione di vuoti rettangolari nel primo solaio ha rappresentato il modulo su cui organiz-zare la disposizione di una serie di padiglioni che si rapportano trasversalmente alla passerella cen-trale. Ciascun padiglione è pensato per accogliere un gruppo di lavoro composto da quattro progettisti e per assolvere le funzioni abitative e professionali necessarie per partecipare agli eventi culturali or-ganizzati nel complesso. La strategia adottata nella progettazione di ciascuna unità nasce dalla volon-tà di preservare l’esistente ed interagire con esso reinterpretandone l’assetto in modo da valorizzar-lo. Ogni volume mantiene una sostanziale indipen-denza dall’ossatura dello stabilimento, evidenziata dall’uso di materiali leggeri e traslucidi. A tal fine si è cercato di rielaborare il Raumplan loosiano defi-nendo ciascuno spazio in base ad una diversa quo-ta e gerarchizzandolo attraverso l’altezza dell’in-terpiano, variabile in funzione della destinazione d’uso. E’ stata definita una scansione verticale de-gli spazi individuando una fascia a livello inferiore che accoglie le funzioni abitative, una intermedia di carattere pubblico concepita come un’estensione della galleria espositiva comune e una sommitale destinata all’attività professionale. Al culmine del percorso ascensionale interno si trova il pensatoio, uno spazio intimo per la riflessione personale risol-to come un volume opaco diviso in celle individuali che si affacciano sull’esterno.

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OROGRAFIA

ATTACCO A TERRA

2_UN PROGETTO DI SUOLOJacopo Franchini, Antonio Pintimalli, Giovanni Toniato, Klevis Xheka

Lo studio realizzato sull’ex area industriale Monte-catini di Mori muove soprattutto nella direzione del progetto di suolo, ovvero si concentra sull’orografia del territorio a cui cerca di dare un disegno omoge-neo. Vengono così a delinearsi delle grandi terraz-ze che possono diventare il fulcro della rinata vita nell’area e punto di incontro per lavoratori e visi-tatori. Attraverso brevi scalinate poste al limite dei terrazzamenti ad est si può scendere fino all’Adige e percorrere la sua riva in una passeggiata fino all’A-rea Ex Casotte.Nel progetto risulta infatti importan-te ritrovare il rapporto con il fiume ed il canale, che diventano elementi di paesaggio fondamentali nella composizione. Ogni atelier, studiato per la vita di un gruppo di 4-5 persone, risulta composto da studio, zona relax, giardino e spazio espositivo. Per favorire il confron-to tra i ricercatori, i diversi livelli saranno collegati da lunghe passeggiate che permettono di vedere il lavoro altrui, discutere, godere del paesaggio. Un paesaggio che in diverse situazioni al piano terra entra nell’edificio, diventandone parte integrante

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OROGRAFIA

ATTACCO A TERRA

3_SOMEWHERE OVER THE RAINBOWMarco Berton, Paola Brugnara, Giorgia Merzi, Elisabetta Ottaviani

Creare un nuovo contatto con la natura, generare spazi di unione in ambiti individuali, cercare nuo-ve prospettive. Queste sono state le principali linee guida del progetto.Lo spazio esterno, caratterizzato dal contatto con l’acqua, dalla presenza di grandi edifici comunicanti fra di loro e da diversi livelli di quota, ci ha molto ispirati. Il primo pensiero è stato di uno spazio dove le tracce sotterranee ritornassero a galla e l’aspet-to naturale più evidente- l’ acqua- fosse celebrato. Per cui abbiamo agito con segni nel terreno, aper-ture che fanno notare il passaggio dell’acqua verso il fiume Adige, e con gradinate che fungessero da scalinata per una cascata d’acqua. Le diverse quote di costruzione ci hanno permesso di costruire colle-gamenti, come passerelle, che potessero rendere il complesso come un unico edificio collegato da una promenade. Il complesso diventa per noi uno spa-zio dove poter lavorare, vivere e anche esprimere la propria arte; a questo proposito sono state proget-tate gradonate che si rapportano con il grande di-slivello fra la strada e il complesso e che sono spazi di esposizione esterni, liberi e usufruibili anche per avere una nuova vista del contesto. Alcuni di questi spazi, in particolare quello che fa da confine con la strada, diventano spazi abitativi, in cui i gradoni si trasformano in piccole celle, collegate fra di loro, ma nello stesso tempo che propongono uno spazio di riflessione e distacco da tutto il complesso.Per l’atelier le nostre prerogative sono state: uno spazio totalmente comune che prevede anche am-bienti che possono essere usufruiti singolarmente. La suddivisione in verticale dello spazio cerca di di-stribuire le varie funzioni, lasciando libera e flessi-bile l’area in pianta; al primo piano troviamo gli uffi-ci, lo spazio comune per lavorare e per consultarsi, al secondo e al terzo spazi espositivi.Lo spazio lavo-rativo s’ispira a una storia che dà bambini ci ha af-fascinato: “L’ascensore di cristallo”, che costituisce un nuovo modo per spostarsi verticalmente, anche verso posti fantastici.

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OROGRAFIA

ATTACCO A TERRA

4_ATELIER PER DESIGNERS/SARTIBugallo Erika, Iriazabal Ane, Kobzar Kateryna, Ruiz Na-iara

L’architettura industriale ha modificato la morfolo-gia del terreno come meglio le conveniva, l’uso e la funzione per il quale era destinata la fabbrica era l’unica cosa che interessava ai committenti nel momento in cui si realizzò il progetto. La nostra proposta consiste nel recuperare questa parte di montagna che fu scavata, questa forma della na-tura organica. l’idea si riassume nel concetto in cui la montagna involve al complesso della fabbrica, recuperi il suo spazio, lasciando passaggi perché il visitatore possa percorrerlo. L’accesso a questa “isola” si realizzerà da una delle sue estremità, dove tanto i visitatori come i lavoratori potranno la-sciare i propri veicoli e camminare fino ad arrivare al nuovo nuclueo industriale. Una volta lì, il percor-so esistente seguirà mantenendo la sua funzione, incrementato da alcuni elementi urbani quali piazze e rampe per facilitare e potenziare il valore del luo-go. Aproffittando poi del desiderio di una delle com-ponenti del gruppo di essere una stilista di moda, abbiamo pensato di dedicarle il modulo all’interno della fabbrica. L’accesso a questo “taller” avviene da un ingresso superiore che permette di vedere come si lavora al suo interno. Un punto di vista pri-vilegiato. All’interno del “taller”, eleggiamo l’ele-mento del tavolo, come elemento più caratteristico di un sarto o di uno stilista di moda. Un grande tavo-lo intorno al quale si possa realizzare tutta l’attività. Per poter archiviare tutti i disegni e le opere create era necessario un “guardaroba”, che potesse alle volte avere carattere espositivo, da qui la scelta di utilizzare il pian terreno della fabbrica per questo tipo di intervento. In questo modo, la struttura ori-ginale della fabbrica rimarrà intaccata e tanto i la-voratori come i visitatori potranno osservarla insie-me ai disegni creati nel “taller”. Tutto questo spazio espositivo rimarrà avvolto in una “pecera de vitrio”, in modo che si potrà camminare e contemporane-amente ammirare i disegni. A servizio del tallet, ci saranno dei cubi di acciaio nei quali poter lavorare e concentrarsi a una scala umana.

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5_L’AVVENTURA TRA I LIVELLIConte Giulia, Metrini AnnaGiulia, Sgaramella Gaia

E all’improvviso, tra calcinacci e barre arrugginite, mi compare davanti il magico castello. Mi ci av-venturo all’interno, con l’unico obbiettivo, scalando vari livelli e affrontando svariati ostacoli, di arrivare alla sommità e salvare Daisy. Attraverso un labirin-to di tronchi in cemento, che si intrecciano tra loro lasciando strettissimi varchi e bassi sottopassi. Con difficoltà raggiungo piattaforme estese e pianeg-gianti, ma ricche di insidie. Per raggiungere il livello successivo scorgo delle rampe di risalita, ben na-scoste e insidiose. Queste si continuano a muovere, alternandosi tra loro e variando ogni volta posizione. Sono costretto a saltare e lanciarmi nel vuoto. For-tunatamente riesco a raggiungere la piattaforma più stabile. Qui lo spazio è molto esteso, con del-le buche impervie al centro, da dove osservo i due livelli sottostanti rischiando di precipitare nel vuo-to. Tramite corde che scendono dall’alto, oltrepas-so i precipizi. Ma questa zona ti fa perdere il senso dell’orientamento, quindi giro per molto tempo fino a quando non scorgo due vani sospesi nel vuoto e a parecchi metri dal suolo. Per raggiungerli ci sono due rampe scivolose e ripide. Raggiunto il livello più stabile mi trovo davanti a bivi e incroci che mi por-tano verso destinazioni ignote. decido di seguire un percorso particolarmente ripido. Giunto nella cima di questo scorgo un muro insormontabile. Sto per tornare indietro, quando per caso scopro ch posso, senza troppa fatica, penetrarlo. All’interno vi sono varie stanze completamente chiuse e uguali tra loro, con pareti semitrasparenti attraverso le quali è possibile intravedere delle inquietanti ombre che si muovono all’esterno. Finalmente scorgo una via d’uscita e riesco ad uscire da questo labirinto. Cor-ro lungo la strada e arrivato alla sommità mi ritrovo immerso in una fitta foresta di piante carnivore e piene di rovi, che mi rendono difficoltoso il passag-gio. In lontananza sento le urla di Daisy mi fanno capire la strada da seguire. Vedo una parete ripida, Arrivato finalmente alla sommità, raggiungo Daisy e con lei me ne vado felice dal castello, che mi ha portato via molte forze e molto tempo.

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6_OCCASIONE/PERMANENZACaneppele Valentina, Faccio Nicola, Isalberti Francesco

L’obbiettivo dell’intervento è volto a ridefinire qua-litativamente un’area di notevole rilevanza storica e documentale che mira ad inserirsi nuovamente in una società sempre più attenta alla qualità dello spazio e del paesaggio.La progettazione del suolo in termini di spazialità e fruibilità è partita con il riconoscimento delle differenti quote altimetriche che interessano l’area e con la necessità di riadat-tare uno spazio per la “macchina” a uno spazio per “l’uomo”.Sono stati inseriti dei muri di conteni-mento in quelle zone ove si è ritenuto necessario intervenire con opere di asportazione di terreno. Sono stati inseriti muri ad altezza variabile che, seguendo la linearità dettata dall’edificio, vanno a configurare con rampe naturali ed artificiali dei percorsi a differenti quote. Leggeri sfalsamenti del-le murature configurano delle eccezioni rispetto al parallelismo con l’edificio principale.Lo studio della struttura del fabbricato “A” ha por-tato il gruppo ad escludere qualsiasi intervento di modifica sia strutturale che semantica dell’edificio. È sembrato più coerente dal punto di vista proget-tuale pensare ad una possibile ”occasione” piut-tosto che ad una “permanenza” per conservare ed avvalorare le preesistenze di un passato che è necessario per questi luoghi, ricordare. Il proget-to si sviluppa su quattro livelli e sfrutta dal punto di vista strutturale gli elementi già presenti in loco (elementi di ancoraggio dei macchinari per trafila-tura alluminio). L’idea forte che ha regolato il nostro progettare è stata quella di considerare l’edificio come una “scatola” (scrigno) in cui inserire degli elementi modulari secondo disposizioni variabili in altezza (il modulo degli “spazi” scatolari è stato cal-colato sulla distanza di base tra i supporti in cemen-to armato che reggevano un tempo i macchinari). Il progetto mira a creare uno spazio volto ad ospitare il nostro studio privato e a creare una intersezione tra le necessità di lavoro di gruppo con la vita pub-blica e la collettività.

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7_NELLA CASA DI UN GIGANTEOttavia Bortolazzi, Edhuige Djeuna, Tommaso Materassi, Jacopo Roccabruna

La nostra proposta si relaziona al sito principal-mente con due tattiche di progetto che lavorano a due scale diverse. L’approccio alla scala territoriale è stato attuato con la volontà di legare l’intera area da un disegno omogeneo e coerente che leghi le varie parti con salti di quota ponderati e repentini. L’area allo stato esistente presenta un sito con un livello del suolo che presenta differenze di altitudi-ne maggiori di 10 metri, l’attacco a terra degli edi-fici risulta casuale e si sviluppa indipendentemen-te dal resto del costruito. Il carattere uniformatore che abbiamo voluto introdurre nella nostra logica di intervento è stata quella di trattare i salti di livello come terrazzamenti sul lato ovest dell’area, come “molo concettuale” sul lato est. A scala architettonica il nostro intervento nasce alle impressioni che ci ha suggerito lo stabile. Da subito l’oggetto d’esame ci è sembrato avere più le proporzioni di un quartiere che di un edificio, quindi abbiamo provato a porci una domanda: se esistesse un fruitore capace di relazionarsi con “questa catte-drale” come noi facciamo con i nostri edifici sarebbe sicuramente un gigante; quindi come si adattereb-be una persona comune nella casa di un gigante? La risposta più plausibile che abbiamo trovato è stata quella di vivere dentro i suoi armadi, dove tro-verebbe rapporti antropici; quindi abbiamo pensato di relazionarci a questo modo anche noi, costruen-doci i nostri “armadi”. L’interno dello stabile A quin-di diventa un piccolo quartiere, dove sulla base del modulo preesistente si stagliano a ritmo scostante piccoli edifici di 2 piani che si relazionano con giar-dini interni a patio che funzionano da elementi di leggerezza. La distribuzione verticale è soddisfatta da scale e ascensori posti nella parte centrale del sistema, a cui è destinata la divisione interna, po-tenziata da una seconda fascia di circolazione posta ai lati del sistema per gli spostamenti più importan-ti, dove il fruitore è aiutato da nastri trasportatori per facilitare gli spostamenti sulla grande area.

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8_UNO ZIGURRATBergamin Rosalia-Malacarne Giada-Turozzi Eleonora

Il nostro progetto comincia con una attenta analisi delle caratteristiche geomorfologiche delterritorio, avvalendoci di carte CTB con le curve di livello al dettaglio di 5 m di dislivello.Per intervenire sull’area bisogna intervenire prima di tutto sul territorio stesso: l’assetto del pendio èstato modificato per consentire il corretto utilizzo dell’impianto del Centro di Ricerca,L’intervento all’interno è stato pensato secondo il modello della ‘zigurrat’ ovvero la combinazione diuna serie di volumi in senso decrescente man mano che si raggiunge la sommità dell’edificio.All’interno dei ‘blocchi’ che compongono la ‘zigur-rat’ si svolgono le funzioni ordinarie da ufficiononchè una zona adibita a conferenze e uno spazio espositivo. In particolare quest’ultimo, situato insommità, è perimetrato da una vetrocamera.La parte basamentale dell’edificio, invece, non è stata modificata, preservando l’assetto dei pilastridi base.Il progetto, pensato per uno specifico gabinetto, può essere riprodotto lungo tutto l’edificio.

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9_NOTE NELLA PARTITURA STRUTTURALEManuela Detomas, Matteo Masè, Alice Pilati, Francesco Pinelli

Il progetto parte ad ampia scala incentrandosi sul rapporto tra il costruito umano generato dallo scavo dentro la montagna e la natura, elemento fondante del sistema dell’Ex Alumetal. La soluzione di conti-nuità tra antropico e naturale viene resa fulcro delle scelte progettuali: un sistema di tagli effettuati nel-la montagna segna con forza il rapporto morfologi-co. Questi costituiscono per mezzo di rampe e muri di contenimento un nuovo sistema di collegamenti tra le diverse parti esterne agli edifici del comples-so. L’idea è quindi quella di chiarire questo rapporto andando a semplificare i segni sul terreno ed allo stesso tempo permettere il passaggio tra le diver-se zone ed i diversi edifici. Una geometria semplice come quella del quadrato viene a collocarsi tra il complesso A e il complesso B ponendoli in un rap-porto dialettico per mezzo di un vuoto, un’assenza ipotizzata come piazza. Il terreno ad est che collega l’attacco a terra dell’edificio A con l’argine dell’Adi-ge viene ad articolarsi su più livelli (altezza media +167 m s.l.m.) con una vasca d’acqua a sud che per-metta di relazionarsi con l’acqua imbrigliata dall’a-gire umano e che torna verso il fiume.La forte orizzontalità di tutti i segni connota compo-sitivamente tutta l’area dandole unità ed indaga il rapporto elementi antropici/segni naturali.Nel rapportarsi con un edificio già costruito e con dimensioni così imponenti si è cercato di compren-derne il senso, il carattere dominante. La partitu-ra strutturale è nella sua regolarità e ripetitività un segno forte che lo va a connotare. All’interno di questa scansione ritmica, quasi musicale, si è volu-to inserire nella sezione di studio un elemento che richiamasse, forte della suggestione dello spartito, una nota, un’eccezione che trovasse nel rapporto di tensione con la preesistenza il suo fondamento. Queste riflessioni si sono articolate nella creazione di tre elementi volumetrici a diversi livelli collegati da una serie di rampe che configurassero una pro-menade architectural attraverso i più di dieci metri di altezza dell’edificio.

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10_L’ATELIER DI PLATONEAndreolli Alessandra, Dall’Agnol Claudia, Dalla Pellegri-na Marta, Viliotti Tatiana

In questo progetto di riabilitazione di una vecchia fabbrica destinata ad uffici e luoghi per la ricerca e lo studio, il principale valore è lo spazio interno. La lettura globale dello spazio si esprime attraver-so l’introduzione del novo progetto, che trova il suo fondamento concettuale nel Mondo delle Cose e delle Idee di platonica memoria. L’esperienza di ricerca e lavoro che si svolgeran-no entro la vecchia fabbrica seguiranno perciò una gerarchia data proprio dall’ascesa verso il Mondo della Idee. Al piano a cui si accede all’atelier, legato alla materia, si manterrà tutta la struttura preesi-stente, che un tempo era funzionale all’attività in-dustriale; rimarrà come palinsesto e base per gli allestimenti e le esposizioni delle Cose prodotte al piano superiore e pensate all’ultimo. È nella pianta alta che c’è la zona privata: dormito-rio, cucina e spazio ricreativo (luoghi dove si colti-vano i pensieri). Nella pianta intermedia c’è lo studio. È da questo spazio, dove si producono gli elaborati materiali che ci si immaginano degli spazi cavi dove ci si sente attirati verso il basso, verso il terreno delle Cose, senza di fatto raggiungerlo. È il caso della libreria ribassata perché il libro è cosa in quanto ogget-to, ma allo stesso tempo i suoi contenuti derivano dal pensiero e dalle Idee. Per questo riceverà luce dall’alto attraverso un foro presente sulla copertu-ra. Ruolo fondamentale nello spazio sarà dato dai col-legamenti, dalle scale, che sono di tipologie diver-se per indicare le diverse forme di percorsi che si possono compiere per passare da un Mondo ad un altro.BOZZA DI CONTROLLO

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11_DA UN SASSO ALL’ALTRODalla Valle Chiara, Pesavento Valeria, Sperotto Giulia

Il tema principale di questo progetto è senza dub-bio il tema dell’acqua, lo interessa innanzitutto morfologicamente: l’edificio dell’ex Montecatini si trova infatti circondato dalle acque, andando a for-mare una specie di “isola”, di cui occupa la parte preponderante. Per quanto riguarda il carattere dell’edificio stesso, esso colpisce per la verità della sua struttura, che emerge in maniera chiarissima appena vi si entra: i pilastri e gli elementi di cemen-to armato si rivelano immediatamente, dando una sensazione di qualcosa che emerge dal terreno e in un certo senso anche dall’acqua. La loro confor-mazione e disposizione ha subito ricordato i fiumi, che vengono oltrepassati saltellando da un sasso all’altro; questo è diventato il concept di ispirazione del progetto stesso, che si basa su due presupposti fondamentali: il recupero del tema dell’acqua all’in-terno dell’edificio e il mantenimento e rafforzamen-to della chiarezza della struttura. Per quanto riguarda l’ ”isola”, il progetto prevede una sistemazione del terreno e dell’argine del fiu-me su vari livelli; principalmente, si prevede l’en-trata dell’acqua al piano terra dell’edificio:. Da qui l’acqua si espande e va a creare un a grande vasca d’acqua, che viene poi fatta convogliare al di fuori dell’edificio. Su questo piano vengono lasciati a vi-sta i pilastri e gli elementi in cemento armato, dove viene fatta appoggiare una sorta di passerella che permette di percorrere la lunghezza dell’intero edi-ficio. Vengono inoltre aggiunti dei piccoli cubi ad al-tezze diverse che, assieme ai pilastrini già esistenti, evocano la figura dei sassi sul fiume; essi costitui-scono il modo principale per attraversare la grande vasca d’acqua. In certi punti inoltre, si appoggiano sui pilastrini delle piattaforme, sempre visibili dai piani sovrastanti dell’edificio.BOZZA DI CONTROLLO

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12_PRIVATO VS PUBBLICOConcli Stefano, Loss Nicoa, Luchi Davide, Piffer Federico

Collocato lungo la sponda destra del fiume Adige nel punto in cui il versante chiude la valle a sud del territorio comunale di Mori, il complesso industria-le della ex Montecatini, per dimensione e articola-zione dei manufatti edilizi, interrelazione fra volu-mi, opere idrauliche ed elementi infrastrutturali, rappresenta un episodio unico nella realtà produt-tiva trentina e nello stesso quadro figurativo locale. Dopo una veloce analisi ci siamo dapprima concen-trati sulla riprogettazione dell’intero impianto svi-luppando un attacco a terra e una nuova morfologia per il sito. Il concept principale del nostro interven-to è stato quello di restituire l’ormai smarrito ruo-lo chiave dell’acqua nella zona. Questo elemento naturale, che storicamente e paesaggisticamente domina il sito, ha perso a nostro avviso la sua cen-tralità. L’operazione chiave è stata quella di fornire un rapporto e un collegamento monumentale tra i bacini idrici che toccano il sito ovvero quello artifi-ciale che affianca il volume della fabbrica e quello naturale costituito dal fiume Adige. In un secondo momento ci siamo dedicati in scala più architet-tonica ad una sola sezione del corpo di Fabbrica A che è stato diviso in più di venti sezioni su cui i vari gruppi si sono cimentati singolarmente. Questi mo-duli dovevano essere pensati come luoghi di studio e lavoro, ovvero spazi ufficio personalizzati. Nel no-stro progetto abbiamo voluto marcare la diversità, anche per quanto riguarda la progettazione, tra gli spazi privati, ovvero uffici personali, e gli spazi pub-blici, ovvero luoghi adatti al confronto e al lavoro d’equipe. Per fare ciò abbiamo lavorato principal-mente in sezione pensando i vari solai ad altezze diverse per permettere la vista degli spazi privati su quelli pubblici ma per impedire il processo op-posto. Funzione diversa hanno il tetto accessibile e panoramico verso la valle dell’Adige ed il piano ter-ra adibito a spazio espositivo la cui vista è possibile praticamente da ogni piano superioregrazie ad un ampio pozzo di luce completamente privo di elementi orizzontali in pianta.

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13_LE RAGNATELEChenetti Nicolò, Flaim Marta, Riga Enrico.

L’area di progetto su cui ci siamo trovati a lavorare è l’ex Montecatini nel comune di Mori. Contraddistin-gue questa zona una diffusa frammentarietà, che è stata uno dei problemi principali da risolvere.Per quanto riguarda l’impianto d’area, abbiamo rico-nosciuto fondamentale il ruolo assunto dall’acqua, che è stata elemento fondante del funzionamento dell’intero stabilimento fin dal primo approcio. Altra problematica del luogo su cui ci siamo imbattuti a progettare, è quella dei dislivelli tra i corpi di fab-brica, ulteriore causa di frammentazione. Abbiamo cercato di risolvere questo problema omogeneiz-zando l’andamento del terreno, fissando quelle che abbiamo individuato come quote opportune, colle-gate tra di loro, oltre che dagli edifici stessi, anche da ampie scalinate. Ruscelli, cascate, canali e con-dotte si sono trovati al centro del progetto di suolo, collegando il corso d’acqua artificiale della centrale elettrica all’adige, passando sotto i corpi di fabbrica e creandovi all’interno particolari giochi di luce gra-zie ad appositi lucernai. Le pavimentazioni in legno, in pietra e i grandi spazi verdi che circondano le fab-briche contribuiscono poi alla “rinaturalizzazione” dell’area.L’organizzazione del corpo “A” su cui siamo sta-ti chiamati ad operare è stata risolta tramite vani scatolari sospesi da cavi. L’effetto complessivo si è voluto ispirare alle opere scultoree del noto ar-tista Thomas Saraceno, famoso per le “ragnatele”. Le scatole sono in numero quattro organizzate per adempiere ai bisogni del vivere, del lavorare, dello svago e del relax. Lo spazio per l’esposizione è stato ricavato al livello terra, tra la “foresta” di pilastri, un tempo funzionali alla produzione e alla lavorazione dell’acciaio. Non a caso si è così deciso di collegare tutti questi spazi con scale di struttura in acciaio. Dal punto di vista concettuale l’intento è stato quel-lo di contrapporre alla naturalità esasperata dell’e-sterno, una marcata artificialità seppur leggera e volatile.

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14_LA MEMORIA DELLA “FABBRICA”Di Gennaro Eugenio, Rech Andrea, Spaletta Tavella Ele-na

Per gli edifici si è deciso di celebrare la memoria della “fabbrica” mantenendo tutta la struttura por-tante e liberando il resto, togliendo i tamponamenti e aprendo tutto il piano terra così che costituisca una sorta di spazio aperto coperto (la pavimenta-zione risulta allo stesso livello del suolo esterno caratterizzata solo da differente materiale) che si possa percorrere in tutta la sua lunghezza. Vole-vamo infatti mantenere l’imponenza dell’edificio e l’affetto suggestivo che questi lunghi parallelepi-pedi hanno suscitato in noi nella loro forma attuale di “scheletri” vuoti. Riguardo al fronte sull’Adige, ora occupato da edifici di servizio, la scelta è stata quella di restituire al sito quel rapporto con l’acqua, elemento fondante di tutto il complesso, che ormai aveva perso a causa della chiusura del canale e del salto dopo la deviazione per l’abbandono della centrale elettrica. Si procede quindi alla riapertura del canale che attraversa l’area e alla smaterializ-zazione della pavimentazione laddove esso passa sotto il corpo di fabbrica principale, alla rimozione di tutti gli edifici a servizio che coprono la facciata di quest’ultimo e alla realizzazione di terrazzamenti che scendono verso il fiume. Scendendo ulterior-mente di scala ci siamo occupati della progettazione della “sezione tipo” del corpo di fabbrica principale. Anche qui, per ricordare l’attività svoltasi all’inter-no di questo complesso abbiamo voluto “giocare” immaginando di scalare dei profilati in alluminio e inserendoli nella lunghezza dell’edificio cercando di incastrarli tra loro come dei serramenti, andan-do a definire degli spazi vivibili ed articolati senza mai collegarli direttamente l’uno all’altro ma costi-tuendo negli spazi “tra” i collegamenti tra i diversi “profili”. Questo nostro gioco si è concretizzato in unità funzionali indipendenti ma , allo stesso tem-po, collegate tra loro mediante lo spazio di risulta, spazi speciali , interessanti per posizione e per illu-minazione, doppie e triple altezze e suggestioni di leggerezza e sospensione.

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15_L’UOMO E LA NATURAAlessandro Chiusole, Irene Ferro, Lorenzo Miori

Lo spazio progettato rispecchia le fasi della vita dell’artista e identifica la stretta relazione tra uomo e natura. Acqua e vegetazione creano un luogo ameno dove l’artista coglie l’ispirazione e genera un’idea che si sviluppa ed elabora nei luoghi di vita quotidiana. L’idea si concretizza in progetto solo quando l’artista con il suo agire plasma e modella il suo pensiero, all’interno di uno spazio dove la luce è sovrana e dove idea e progetto diventano un tutt’u-no. L’artista si sente tale quando la sua arte può es-sere apprezzata da altri, quando estranei osservano nel progetto esposto, che sia esso un quadro, un le-gno intagliato o una tavola di progetto non solo un oggetto bensì l’idea che sta dietro l’oggetto stesso.

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16_META FACTORYAndrea Battisti. Edoardo Rigoni, Giovanni Toller

L’esperienza condotta nel workshop di progetta-zione architettonica svoltosi lo scorso febbraio ci ha portati a riflettere intensamente sul tema della FABBRICA. Con FABBRICA non si intende soltanto quel com-plesso di edifici e strutture utilizzate per la lavora-zione e la produzione di una merce poi rivenduta in un determinato mercato, ma molto di più: la FAB-BRICA racchiude in sé il concetto di “produzione” e presuppone l’“iterazione” tra le sue diverse com-ponenti, che a loro volta si inseriscono nella cate-na di montaggio per prender parte al fine ultimo, ossia il Prodotto. Ecco che allora un edificio attual-mente fatiscente ed inutilizzato può rientrare a far parte della società moderna come una FABBRICA MODERNA (e non un industria) produttrice di idee che, come prodotto, hanno il progresso di noi stessi e dell’intera società.Con questi presupposti abbiamo lavorato nel tenta-tivo di re-interpretare il concetto di fabbrica e cer-care in parallelo una soluzione a problemi spaziali e distributivi, nella necessità di valorizzare l’esistente e creare un punto di incontro tra l’esistente e l’in-torno urbano.Il nostro progetto intende valorizzare il canale d’ac-qua affiancato al fiume Adige riattivando da un lato la vecchia centrale idroelettrica (come fonte di ener-gia per l’intero complesso) e facendo inoltre entrare l’acqua all’interno del corpo principale della fabbri-ca: l’acqua diventa così la linfa vitale dell’interno complesso, che andrà poi ad ospitare un sistema di blocchi aggregabili abitabili, gestiti tramite il vec-chio carro-ponte esistente. Le aziende potranno dunque acquistare delle quote, cui corrisponderanno poi diverse quantità di spazi aggregabili nei quali poter dirigere e svolgere sia le mansioni quotidiane che la ricerca: pensiamo la ex-Alumetal come un grande laboratorio del progres-so sostenibile ed inserito attivamente nella società.

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17_UNA MACCHINA PER IL TEMPOValentina Confortola, Alessia Dughera, David Paoli, Mar-ta Pizzini

L’esperienza di architettura che abbiamo voluto rac-contare è un viaggio nel tempo. Dalle fondamenta della storia, una nuova “fabbrica del tempo” in cui gli elementi tipologici si incontrano, si (ri)conosco-no e si trasformano in qualcosa di nuovo; un nuovo che è, tuttavia, un qualcosa di già stato e già esperi-to, ma che si ridefinisce nell’opposizione dialettica sperimentata nel progetto. È un viaggio, il nostro atelier, che dalle antiche rovi-ne – i pilastri del lavoro, una foresta di cemento che ricalca, nei suoi nuovi percorsi, la stoà greca- si erge fino alla copertura, attraverso un sistema di colle-gamenti che avvolge l’anima dell’intervento – i nuo-vi box leggerissimi, in vetro, in cui il vecchio lavoro è sublimato in una nuova dimensione dell’operare attraverso l’opposizione materica e formale- fino a raggiungere i camminamenti più alti. È qui che la spirale evolutiva – la musica che abbiamo provato così a raccontare – trova un’apparente sintesi: ma fino a dove potrà svilupparsi questo nuovo sistema, questo rapporto antico/nuovo che ogni volta si ride-finisce nel dualismo degli opposti?

Il nostro viaggio non si propone di dare risposte: è un’ambizione irrealizzabile. Se è vero che “l’ar-chitettura è musica congelata”, questa esperienza non può che catturare un’istantanea, una delle tan-te possibili, che questa melodia sussurra: così che ognuno possa immaginare, fra i tanti possibili, lo scenario ciò che più risuona in armonia con il suo cuore.

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18_UNA MEMBRANA PERMEABILEClevan Bonora, Michele Cavazza, Alessandro Guidi

L’intervento sul complesso dell’Ex Alumetal trae le sue mosse da una costatazione: gli spazi che gli edifici vengono a conformare non sembrano atti ad ospitare quelle relazioni, fatte di sguardi, scorci, percorsi dinamici e interruzioni, che caratterizzano la figura umana. Da questi presupposti è partita la progettazione di un sistema che dovesse collima-re la scala del costruito con la scala delle relazioni umane. Ecco che quindi, accedendo all’area dall’in-gresso posto a Nord, i dislivelli tra l’edificio princi-pale e il suolo vengono in parte colmati, in maniera differente per quanto riguarda il fronte posteriore e il fronte che dà sul fiume Adige. Il livello della piaz-za e quello della piattaforma sull’Adige sono infine messi in connessione dall’esistente percorso, sug-gestivamente definito nel suo andamento da due pareti verticali, L’immagine dello studiolo venutasi a consolidare, si basa principalmente sull’idea di un volume di luce centrale, a forma di parallelepipedo, che vada a ca-ratterizzare lo spazio di lavoro collettivo. Material-mente tale volume si configurerebbe grazie a delle lastre piane, prolungate oltre il livello del tetto per formare una sorta di cannocchiale di luce. Attorno al tubo di luce centrale si vengono a configurare, all’interno di scatole, indipendenti per materiali e spazi, i volumi che hanno il compito di ospitare gli uffici personali dei componenti del gruppo, il sog-giorno, la cucina, e uno spazio destinato all’emero-teca.Tutti questi volumi non invadono però le proie-zioni delle torrette poste sul tetto dell’edificio, dalle cui fessure entra l’unico elemento atto a occupare tale spazio: la luce. Per quanto riguarda il livello zero dell’edificio, completamente interrato, esso viene designato a laboratorio di sperimentazione ed esposizione del materiale prodotto, la cui luce e la cui distribuzione spaziale sono per lo più defi-niti dai cavalletti e dai pilastri esistenti. Tutti i livelli della sezione sono quindi collegati tramite un setto: a tale elemento viene incastrata la scala, che, attra-versando l’elemento verticale da una parte all’altra, lo rende simile ad una membrana permeabile.

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19_IL MODULORPravadelli Ettore, Stella Massimiliano, Zambiasi Ales-sandro

Un ambito urbano lineare, tra città e campagna, nel quale la trasversalità spaziale e volumetrica dell’a-rea di studio sarà decisiva nella concezione dell’e-sercizio. Si collocherà in questo ambito l’area del progetto, la cui caratteristica di “Sistema urbano lineare” è definita da una fascia o nastro, come cor-nice o spazio di riferimento, con i suoi limiti e mar-gini urbani specifici (ACQUA-TERRA). Sicuramente da migliorare era l’interazione tra l’area e il fiume Adige, abbiamo cercato di risolvere questo proble-ma attraverso delle passerelle e scalinate che scen-dono dall’impianto degli stabilimenti alla spiaggia lungo Adige creando così una sorta di unione/col-legamento tra l’area e il fiume, cercando di valoriz-zare oltretutto questo pezzo di lung’Adige che era stato perso con la costruzione delle fabbriche e della centrale idroelettrica. Nella sezione della fab-brica invece, abbiamo pensato di tentare di sfrutta-re al massimo lo spazio disponibile all’interno, uno spazio veramente enorme e difficile da controlla-re sotto certi aspetti. Abbiamo cercato di installare all’interno del capannone il modulo Le Corbusie-riano dell’Unitè d’Habitation di Marsiglia, modulo a doppia L capovolta che configura uno spazio cen-trale occupato dal corridoio utile per l’accesso ai vari studioli-appartamenti che si vengono a creare all’interno delle L in questione.Nel piano terra inve-ce abbiamo mantenuto tutti i residui cementizi del-la fabbrica, per mantenere un collegamento storico con quello che è successo prima all’interno di essa. Con l’aggiunta di alcune pareti divisorie il piano ter-ra diventa una zona dove è possibile esibire i pro-pri lavori al pubblico, una specie di stand artistico se vogliamo così chiamarlo. I professori/ricercatori che occuperanno gli appartamenti sopra avranno così uno spazio dove poter esporre i propri lavori e ricerche a speciali visitatori, o potrebbe diventare pure un posto dove esporre i lavori di studenti uni-versitari, mantenendo come concetto quello usato nelle Gallerie di Piedicastello, recuperate e adibite a zona museo.ATTACCO A TERRA

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foto di Elisa Beordo

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