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IL FENOMENO DELL’EROSIONE E GLI ERRORI DEL PASSATO Sant’Isidoro, la spiaggia bella che scompare nel silenzio L’INTERVISTA/SPEDICATO Ricostruire la politica per andare oltre il linguaggio dell’odio A PAGINA 19 laVocediNardò “... abbiamo un sogno disperato, l’anima corrosa da idee favolose...” www.lavocedinardo.it I “PENSIERI” DI MAO E I CINESI TRA DI NOI di LUCIANO TARRICONE N ella raccolta di volumi nella mia libreria, con- fuso, tra mille altri Il Li- bretto rosso di Mao Tse Tung in qualche modo sgomita per con- servare un po’ di spazio e sfug- gire all’oblio di una prospettiva e di una dimensione storica che i più non sanno apprezzare, so- pravvivendo tuttalpiù nel pre- giudizio di un’utopia che non ha saputo mantenere le promesse che nutrivano il sogno della ri- voluzione per un mondo e una società di eguali. Ma stiamo parlando di un’altra era, di cui i “Pensieri” sono tracce indele- bili quanto profonde della tra- sformazione di un continente e di un popolo di formiche. L’EDITORIALE A PAGINA 8 “ALLA GOGNA” PERCHÉ COSÌ OGGI FAN TUTTI di LIVIO ROMANO P er avere contezza che vi- viamo in uno Stato che i costituenti avevano pre- visto “di diritto”, solidale, ugua- litario e che invece, nel brevissimo volgere di meno di un anno, s’è trasformato nell’in- cubo a occhi aperti che ogni santissimo giorno va in scena davanti alle nostre facce anni- chilite e inorridite: non c’è biso- gno di andarsi a leggere l’oscena sequela di commenti violentissimi sotto ai post Face- book di Matteo Salvini così come dei guru pentastellati. In questo spicchio di Sud Italia, nella Città dell’accoglienza, avevamo già fatto le prove gene- rali dell’esplosione di ogni rite- gno, di ogni regola di convivenza civile, di ogni proto- collo istituzionale nel momento in cui fu eletto l’attuale sindaco. L’INTERVENTO A PAGINA 18 IL VALZER DELLE POLTRONE Una “superassessora” spodesta la Albano A PAGINA 15 LE PICCONATE DI GONGOLO Ha ballato una sola estate A PAGINA 14 L’OPINIONE Si fa presto a dire “contratto” FERNANDO FIORITO A PAGINA 14 MUSICA/IL CD DEI MUFFX L’Ora di tutti da ascoltare PASQUALE CHIRIVÌ A PAGINA 20 LUOGHI/S. MARIA AL BAGNO Il museo che insegna a ricordare MARIALUCIA ROCCA A PAGINA 21 ARTE/24ORE BUSINESS SCHOOL Dell’Angelo Custode in cattedra a Roma A PAGINA 21 ARCHITETTURA E TRADIZIONE Masseria Termite e il nostro dialetto SUPPRESSA E POLITO ALLE PAGINE 22 E 23 STORIA NERETINA La splendida dimora del barone Massa MARCELLO GABALLO A PAGINA 23 È difficile raccontare l’impegno politico, civile e sindacale di Anna Pinna e Salvatore Vangelio, che si intreccia con il loro amore e la scelta della vita in comune, di fare famiglia e affrontare gioie e dolori dell’umana esperienza. Sempre insieme. La linearità delle loro vite, la coerenza inossidabile, la generosità con cui si offrono al- l’altro, uniti alla pacatezza dei modi e alla gentilezza con cui hanno scelto di stare al mondo, spiazza l’interlocutore. Una sceltà di civiltà. Nardò sperimenta la chiusura del centro storico al traffico, dopo decenni di attesa. La comunità riscopre una di- mensione che riporta al- l’anima antica della Città ma fa i conti con qualche mugu- gno e una buona dose di de- magogia tra chi si oppone per partito preso e quanti non amano il cambiamento di vecchie abitudini. Dopo la fase di sperimentazione, dal prossimo mese entreranno in funzione le videocamere e i trasgressori saranno sanzio- nati, mentre si attendono dal Comune dettagliate “istru- zioni per l’uso” ALLE PAGINE 2 E 3 UNA SCONFITTA PER TUTTI Affaire “campetti” Tutti tacciono lo scandalo resta A PAGINA 17 L’OSPITE/PIETRO QUINTO “Le marine sono una ricchezza da proteggere” A PAGINA 11 FOCUS/CONTINUA IL VIAGGIO TRA LE DONNE NERETINE Universo rosa, è lungo il cammino per la parità GIOVANI /NON TUTTI “EMIGRANO” PER SEMPRE Ambra e Simone: “Ecco perché siamo ritornati” LA STORIA/INSIEME NELLA VITA E NELLE BATTAGLIE PER IL LAVORO Anna e Salvatore, due cuori e un ideale VIVA IL PRIMO MAGGIO FESTA DEI LAVORATORI SERVIZIO E INTERVISTA A CURA DI STEFANIA RONZINO ALLE PAGINE 6 E 7 Il viaggio nell’universo femminile cittadino continua. Altre in- terlocutrici, anche stavolta con vissuti ed esperienze diversi, hanno accettato cortesemente di dialogare con la Voce. Le intervistate di questo numero sono Gabriella Spano, Tiziana Trevisi e le sorelle Flavia e Maria Assunta Trifoglio; queste ultime hanno scelto di con- dividere l’intervista, rispondendo insieme ai nostri quesiti. SERVIZIO CON INTERVISTE ALLE PAGINE 12 E 13 Ambra Fusaro e Simone Gatto ci hanno raccontato le loro espe- rienze in giro per il mondo, tra Berlino e Kathmandu, per poi ri- tornare a Nardò, a riscoprire la loro terra e dare un contributo al suo sviluppo. Una decisione diversa da quella di molti altri gio- vani che cercano la propria affermazione lontano da casa. Accade a Nardò ma anche nel resto d’Italia, soprattutto nel Meridione. IL SERVIZIO DI DANIELE LEUZZI A PAGINA 9 CENTRO STORICO CHIUSO ALLE AUTO PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA Vivere la storia, col sorriso MASSIMO VAGLIO A PAGINA 5 MAGGIO 2019 PERIODICO INDIPENDENTE DI INFORMAZIONE CITTADINA FONDATO NEL 1979 1,50 COPIA OMAGGIO

laVocediNardòlavocedinardo.it/Voce2019/VOCE_maggio2019.pdf · Anna Pinna e Salvatore Vangelio, che si intreccia con il loro amore e la scelta della vita in comune, di fare famiglia

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IL FENOMENO DELL’EROSIONE E GLI ERRORI DEL PASSATO

Sant’Isidoro, la spiaggia bellache scompare nel silenzio

L’INTERVISTA/SPEDICATO

Ricostruire la politicaper andare oltre

il linguaggio dell’odioA PAGINA 19

laVocediNardò“... abbiamo un sogno disperato, l’anima corrosa da idee favolose...” www.lavocedinardo.it

I “PENSIERI”DI MAO E I CINESITRA DI NOI

di LUCIANO TARRICONE

Nella raccolta di voluminella mia libreria, con-fuso, tra mille altri Il Li-

bretto rosso di Mao Tse Tung inqualche modo sgomita per con-servare un po’ di spazio e sfug-gire all’oblio di una prospettivae di una dimensione storica chei più non sanno apprezzare, so-pravvivendo tuttalpiù nel pre-giudizio di un’utopia che non hasaputo mantenere le promesseche nutrivano il sogno della ri-voluzione per un mondo e unasocietà di eguali. Ma stiamoparlando di un’altra era, di cuii “Pensieri” sono tracce indele-bili quanto profonde della tra-sformazione di un continente edi un popolo di formiche.

L’EDITORIALE A PAGINA 8

“ALLA GOGNA” PERCHÉ COSÌOGGI FAN TUTTI

di LIVIO ROMANO

P er avere contezza che vi-viamo in uno Stato che icostituenti avevano pre-

visto “di diritto”, solidale, ugua-litario e che invece, nelbrevissimo volgere di meno diun anno, s’è trasformato nell’in-cubo a occhi aperti che ognisantissimo giorno va in scenadavanti alle nostre facce anni-chilite e inorridite: non c’è biso-gno di andarsi a leggerel’oscena sequela di commentiviolentissimi sotto ai post Face-book di Matteo Salvini cosìcome dei guru pentastellati. Inquesto spicchio di Sud Italia,nella Città dell’accoglienza,avevamo già fatto le prove gene-rali dell’esplosione di ogni rite-gno, di ogni regola diconvivenza civile, di ogni proto-collo istituzionale nel momentoin cui fu eletto l’attuale sindaco.

L’INTERVENTO A PAGINA 18

IL VALZER DELLE POLTRONE

Una “superassessora”spodesta la Albano

A PAGINA 15

LE PICCONATE DI GONGOLO

Ha ballatouna sola estate

A PAGINA 14

L’OPINIONE

Si fa prestoa dire “contratto”FERNANDO FIORITO A PAGINA 14

MUSICA/IL CD DEI MUFFX

L’Ora di tuttida ascoltare

PASQUALE CHIRIVÌ A PAGINA 20

LUOGHI/S. MARIA AL BAGNO

Il museo che insegnaa ricordare

MARIALUCIA ROCCA A PAGINA 21

ARTE/24ORE BUSINESS SCHOOL

Dell’Angelo Custodein cattedra a Roma

A PAGINA 21

ARCHITETTURA E TRADIZIONE

Masseria Termitee il nostro dialetto

SUPPRESSA E POLITO ALLE PAGINE 22 E 23

STORIA NERETINA

La splendida dimoradel barone MassaMARCELLO GABALLO A PAGINA 23

• È difficile raccontare l’impegnopolitico, civile e sindacale diAnna Pinna e Salvatore Vangelio,che si intreccia con il loro amoree la scelta della vita in comune, difare famiglia e affrontare gioie edolori dell’umana esperienza.Sempre insieme. La linearità delleloro vite, la coerenza inossidabile,la generosità con cui si offrono al-l’altro, uniti alla pacatezza deimodi e alla gentilezza con cuihanno scelto di stare al mondo,spiazza l’interlocutore.

• Una sceltà di civiltà. Nardòsperimenta la chiusura delcentro storico al traffico,dopo decenni di attesa. Lacomunità riscopre una di-mensione che riporta al-l’anima antica della Città mafa i conti con qualche mugu-gno e una buona dose di de-magogia tra chi si opponeper partito preso e quanti nonamano il cambiamento divecchie abitudini. Dopo lafase di sperimentazione, dalprossimo mese entreranno infunzione le videocamere e itrasgressori saranno sanzio-nati, mentre si attendono dalComune dettagliate “istru-zioni per l’uso”

ALLE PAGINE 2 E 3

UNA SCONFITTA PER TUTTI

Affaire “campetti”Tutti tacciono

lo scandalo restaA PAGINA 17

L’OSPITE/PIETRO QUINTO

“Le marine sonouna ricchezza

da proteggere”A PAGINA 11

FOCUS/CONTINUA IL VIAGGIO TRA LE DONNE NERETINE

Universo rosa, è lungoil cammino per la parità

GIOVANI/NON TUTTI “EMIGRANO” PER SEMPRE

Ambra e Simone: “Eccoperché siamo ritornati”

LA STORIA/INSIEME NELLA VITA E NELLE BATTAGLIE PER IL LAVORO

Anna e Salvatore, due cuori e un ideale

VIVA IL PRIMO MAGGIOFESTA DEI LAVORATORI

SERVIZIO E INTERVISTA A CURA DI STEFANIA RONZINO ALLE PAGINE 6 E 7

• Il viaggio nell’universo femminile cittadino continua. Altre in-terlocutrici, anche stavolta con vissuti ed esperienze diversi, hannoaccettato cortesemente di dialogare con la Voce. Le intervistate diquesto numero sono Gabriella Spano, Tiziana Trevisi e le sorelleFlavia e Maria Assunta Trifoglio; queste ultime hanno scelto di con-dividere l’intervista, rispondendo insieme ai nostri quesiti.

SERVIZIO CON INTERVISTE ALLE PAGINE 12 E 13

• Ambra Fusaro e Simone Gatto ci hanno raccontato le loro espe-rienze in giro per il mondo, tra Berlino e Kathmandu, per poi ri-tornare a Nardò, a riscoprire la loro terra e dare un contributo alsuo sviluppo. Una decisione diversa da quella di molti altri gio-vani che cercano la propria affermazione lontano da casa. Accadea Nardò ma anche nel resto d’Italia, soprattutto nel Meridione.

IL SERVIZIO DI DANIELE LEUZZI A PAGINA 9

CENTRO STORICO CHIUSO ALLE AUTO PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA

Vivere la storia, col sorriso

MASSIMO VAGLIO A PAGINA 5

MAGGIO 2019 PERIODICO INDIPENDENTE DI INFORMAZIONE CITTADINA FONDATO NEL 1979 € 1,50COPIA OMAGGIO

Ora uno studio aggiornato su sottosuolo e staticità degli edificiRegolamentare la “movida” per il rispetto dei diritti dei residenti

La prima città, in Eu-ropa, che ha avuto ilcoraggio e la lungi-miranza di chiudereal traffico il proprio

centro storico è stata Siena, nel1965. Qualche anno dopo... con itempi lunghi dell’indolenza di que-sto paese, anche Nardò è giuntaalla storica svolta. Se ne parlavadagli anni Settanta ma per giungereall’istituzione di una prima area pe-donale in Piazza Salandra e din-torni, si è dovuto attendere il 2015con l’intervento che ha dato inizioalla progressiva estensione dellazona a traffico limitato. Cosa poiavvenuta, al termine di lunghe fasidi studio e numerosi incontri diconsultazione. E di molti rinvii, piùo meno motivati.

UNA SVOLTA STORICA - La Ztl sa-rebbe dovuta partire nella prima-vera 2018, poi a Natale, quindi a

febbraio. Ora l’avvio non dovrebbepiù slittare: dal 9 giugno le video-camere e i varchi elettronici sa-ranno in funzione e per itrasgressori scatteranno le sanzioni. Negli uffici comunali c’è, dunque,ancora un mese di tempo per defi-nire i dettagli, con l’obiettivo di ri-durre al minimo fisiologico i disagiper i cittadini.

IMPROVVISAZIONE? - Eppuredopo tanti anni di dibattititi, pole-miche, proposte, studi di fattibilità,regolamenti approvati e poi revi-sionati, si parla ancora di “improv-visazione” e di “tempi non maturi”,Probabilmente, se un appunto c’èda fare allo staff che si occupadell’attuazione del piano, riguardala comunicazione. Ma anche perquesto aspetto va tenuta a in debitaconsiderazione la complessitàdell’elaborazione dei dati che gliuffici stanno acquisendo.Quanti sono, ad esempio, i passauto tra residenti, medici, commer-cianti, propietari e utilizzatori di lo-cali e strutture ricettive, familiari eassistenti di anziani che vivono nelcentro storico? Pare non meno dimille. Che sarebbero tanti, tantis-simi. A conferma della ritrovata vi-talità del centro storico.

QUALITÀ DELLA VITA - La Ztl, inuna dimensione di civiltà, do-vrebbe essere solo il primo passoper rendere vivibile la città vecchia,che da tempo ha bisogno anche dialtro. Di uno studio aggiornatosulla fragilità del sottosuolo e sullastaticità degli edifici, per esempio.O della puntuale attuazione di unregolamento per i locali pubblici, ilcui numero, negli ultimi anni, ècresciuto in maniera esponenziale,sicché diventa necessario conci-liare le esigenze delle attività com-merciali con i diritti dei residenti.Anche la movida ha infatti biso-gno di regole per orari, volumedella musica, vendita di alcolici,pulizia e decoro dei luoghi, ri-spetto della normativa in tema diigiene e di lavoro.

Il centro storico chiuso alle autoUna scelta di civiltà. E di sicurezza

UNA SVOLTA STORICA PER LA CITTÀ CHE RISCOPRE LA SUA ANIMA ANTICA

Ci vuole una bella fac-cia tosta - se a dirlosono i politici, poi... -

ad affermare che il centrostorico deve essere riapertoalle auto per tutelare i dirittidegli anziani. Guardate conattenzione la foto in alto efate le vostre considerazioni.C’è un pedone, con bastone,intrappolato tra le auto: unaarriva in controsenso, l’altratenta di svoltare su via Ducadegli Abruzzi ma la corsia èoccupata da una vettura indivieto di sosta, come losono altre vetture. È un fotogramma di vitareale, uno dei tanti momentidi disagio che siamo co-stretti a vivere in questa cittàper la dilagante mancanzadi rispetto del codice dellastrada e delle buone ma-niere, con la complicitàdell’inadeguatezza di con-trolli e da parte di chi do-vrebbe far rispettare leregole ma pare non abbia laforza di farlo.Un disagio che è amplificatonel centro storico, tra vicolistretti, basoli sconnessi, abi-tazioni che hanno l’ingressoal piano stradale. Accade così che la signoraMaria ogni anno mettamano al prospetto della suacasa. Ma il decoro durapoco, perché i furgoni conti-nuano a rigare i muri e adanneggiare l’intonaco e gliinfissi. Accade anche che lasignora Franca abbia ti-more a uscire da casa, dopoche fu urtata a una spalla daun Suv e per poco non cadderovinosamente. Quante storie ci sarebberoda raccontare... Chi continua a opporsi allaZtl, lo faccia pure. Ma a so-stegno della propria tesi nontiri in ballo gli anziani ebambini. Almeno di loro, siabbia rispetto.

2 la Voce di Nardò

ASSEDIATIDALLE AUTOE DALLADEMAGOGIA

Passeggiata a cavallo nel centro storicoin occasione di Corti Aperte nel giugno dello scorso anno

Lasciamole il tempo di ambientarsi e pren-dere confidenza con l’attività che è chia-mata a coordinare. Poi sarà interessanteconoscere il pensiero e i programmi delllanuova assessora Bernaddetta Marini, en-

trata di recente nella giunta Mellone al posto di StefaniaAlbano. Una superassessora, in verità, visto il numerodi deleghe che il sindaco le ha affidato: Affari Generali,Servizi Demografici e Statistici, Toponomastica, PariOpportunità, Qualità dei servizi al cittadino, Diritti Ci-vili, Volontariato (deleghe della Albano), Centro sto-rico, Spettacolo (sino a ora di pertinenza del consigliereCesare Dell’Angelo Custode), Istruzione (ex MariaGrazia Sodero) e Polizia Locale (ex Ettore Tollemeto).Al netto dei ringraziamenti di rito (per Stefania Al-bano), degli auguri di buon lavoro (per la Marini) - edei commenti sul valzer delle poltrone o inciuci che sivogliano chiamare - il Sindaco cambia squadra ma nonspiega perché, mentre l’Amministrazione gioca unapartita importante come quella dell’istituzione della Ztl,di cui Bernaddetta Marini dovrà occuparsi in virtù dellaresponsabilità di Centro storico e Polizia Urbana.Del nuovo assessore sappiamo poco, ma di certo nondovrebbe mancarle la preparazione, almeno quella ac-cademica, per operare con autonomia.“Ha 49 anni, è una docente di sostegno al Liceo Arti-stico “Vanoni” di Nardò ed è collaboratrice del diri-gente dello stesso istituto. Originaria di Poggiardo,vive a Nardò da quasi vent’anni e ha sempre operatonell’ambito del sociale e in particolare della disabilità.Ha una laurea in Scienze Economiche e Bancarie, inpassato ha insegnato all’Università del Salento comecultrice della materia e ha lavorato nell’ambito dellaprogettazione comunitaria. È sposata con un neretinoe ha due figli. Ama la lettura e la cucina”, recita il cur-riculum condiviso con gli organi di informazione. Le auguriamo anche noi “buon lavoro”. E, parlando dicentro storico e Ztl, speriamo che sia consapevole chele è stata affidata una questione che in autunno potrebbediventare spinosa, nell’ipotesi di un ripensamento sullachiusura del centro alle auto. Un dietro front che perEttore Tollemeto, se avesse mantenuto la delega allaPolizia Urbana, avrebbe comportato le dimissioni. Anche se, conoscendo il suo piglio deciso, Tollemeto,forse, se sconfessato dai suoi, potrebbe anche prenderecomunque le distanze dalla maggioranza. Magari è solo fantapolitica. Meglio così.

MAGGIO 2019

RICORDATE VIA DUOMO? - Perquanto riguarda la sicurezza di cosee persone, le vicende di via Duomo,via Papalisi e via Lata, dovrebberoconsigliare agli amministratori dinon sottovalutare le criticità emersein passato, che peraltro dovrebberoessere ben documentate dalle rela-zioni e dagli studi tecnici in pos-sesso degli assessorati.

UN’IDEA DI CITTÀ - Certo, qui ildiscorso si fa complesso e artico-lato. C’è da chiedersi se l’attualeAmministrazione abbia davveroun progetto di città futura, in cuiun ruolo di primo piano deve ne-cessariamente giocare la pianifica-zione e la tutela del territorio. Se ne parla poco e questo non è unbuon segnale...

PERCHÉ CHIUDERE - Ma torniamoal tema di questa riflessione. Pro-viamo a dare, in sintesi, qualcherisposta, dettata dal buonsenso edall’osservazione di quanto si èfatto altrove in tema di mobilitàsostenibile, alla domanda ricor-rente: perché chiudere il centrostorico al traffico? Perché stradine, corti e piazze nonsono nate per essere attraversateda furgoni e fuoristrada ma per es-sere luogo di relazioni umane,cuore pulsante della comunità,teatro d’incontro e confronto. Perché c’è un’anima antica e pro-fonda che rischia di scomparireproprio nel tempo in cui andrebbecondivisa come antitodo naturaleal traumatico impatto con la la di-mensione globale che spesso am-morba l’identità locale. Perché le automobili sono rumo-rose e rendono l’aria irrespirabilementre muoversi a piedi fa bene. Perché le macchine in transitofanno saltare gli antichi basoli, conle vibrazioni, il loro peso e le ci-lindrate sempre più potenti, con-tribuibuendo a incrinare la staticitàdegli edifici. Perché bambini e anziani rischianodi essere investiti e portare una car-rozzina è diventata un’impresa.

Perché gran parte del traffico è deltutto inutile e ingiustificato ri-spetto alle esigenze di sposta-mento e andare a piedi è diventatouno sport estremo, mentre Nardòè una città che si attraversa inmodo agevole e veloce.Perché Nardò è una città d’arteche sta conoscendo, grazie allabellezza dei luoghi, una grandecrescita dei flussi turistici chevanno governati nell’ottica di unosviluppo sostenibile. Il che vuoldire anche accogliere al meglio ci-cloturisti e i visitatori in cerca diuna dimensione umana, comequelli che nel ponte di Pasqua edel 25 aprile hanno pacificamenteinvaso la città vecchia con il loroabbigliamento multicolore, affol-lando ristoranti, bar, osterie e ne-gozi di artigianato e di prodottitipici. E, naturalmente, soggior-nando nelle strutture ricettive, dainuovi Relais ai Bed and breakfastdella zona.

UN OTTIMO INVESTIMENTO - Aben guardare, allora, la chiusuradel centro storico rappresenta unbuon investimento, se non fosseche è frenato dalla resistenza al“nuovo”. Una paura che, va detto,non è solo neretina, ma emerge intutte le parti del mondo quando viè un cambiamento sociale desti-nato a mutare le abitudini.Accade così che né da parte deiconsiglieri comunali intervenutinel dibattito, tantomeno dai rap-presentanti del cosiddetto “comi-tato per il centro storico”, formatoda alcuni commercianti, sono statiportati contributi costruttivi.Un’occasione persa.

IL VALORE DEGLI IMMOBILI - So-stenere che con la chiusura al traf-fico veicolare, gli immobili delcentro storico perdono valore oche le attività commerciali chiu-dono i battenti, è pura demagogia.Semmai, è stato dimostrato, è veroil contrario. La nuova vita del cen-tro storico è già iniziata e tornareindietro sarebbe un controsenso,

oltre che l’ennesimo spreco dienergie e risorse pubbliche, un ar-retramento sul piano sociale. Oc-corre invece sostenere la mobilitàdolce e agli interessi di parte ante-porre il bene comune.

L’ ECONOMIA BALNEARE - Forsequalcuno vorrebbe la botte pienae la moglie ubriaca, giusto per re-stare in tema di movida, vinerie etsimilia. Che senso ha chiederel’attivazione della Ztl soltanto neimesi estivi? O solo nelle ore not-turne? Si vuole forse creareun’econonia “balneare”, sven-dendo i diritti della comunità,quasi fosse un luna park a misuradel turista? C’è un problema culturale che sipuò e si deve affrontare certa-mente con il confronto, lo studio,la sperimentazione, il recupero delgusto di vivere la città, abitare lastoria, essere comunità. Qui nessuno inventa nulla ma senon si ha la presunzione di pensaredavvero che questo sia l’ombelicodel mondo, vale la pena impararedalle esperienze degli altri e pro-vare a guardare e a vivere la cittàcon occhi e spirito diversi.Diciamoci la verità: tra i neretinitornati a passeggiare nel centrostorico, davvero qualcuno può diredi non aver provato un senso di or-goglio di appartenenza, un piacerenuovo o ritrovato?

COSTRUIRE IL FUTURO - Solopochi anni addietro, in piazza Sa-landra, e solo qualche settimanefa nelle stradine del centro, eraimpossibile camminare, fermarsia fare quattro chiacchiere, scattareuna fotografia dello splendido ba-rocco, senza fare lo slalom tra leautomobili. La stessa cosa acca-deva un tempo nel resto delmondo, in Europa, in Italia, aLecce, a Gallipoli, a Otranto e intutto il Salento. Poi, per fortuna,le cose cambiano. Basta poco: un po’ di pazienza, edi ottimismo, la serenità e la vo-glia di costruire il futuro.

LA NOVITÀ/CENTRO STORICO E POLIZIA URBANA ALLA MARINI

Deleghe e Ztl, cattivi pensieri:un salvagente per Ettore?

Ettore Tollemeto, assessore all’Urbanistica Cosimo Tarantino, comandante della Polizia Locale

CATTIVE ABITUDINI/CHE PARCHEGGI!

I vigili sono pochiI controlli inesistenti

D’accordo, l’organico è al di sotto delle esi-genze della città e i Vigili Urbani oltre a ba-

dare al rispetto del codice della strada, hanno millealtre cose da fare. Ma non basta tutto questo aspiegare la presenza a singhiozzo nel contrasto allapervicace inosservanza delle regole da parte deineretini . È sufficiente guardarsi intorno e contareil numero di auto parcheggiate in divieto di sostao contromano, per capire che qualcosa deve cam-biare in maniera radicale se si vuole uscire dalcaos. Occorre maggiore rispetto verso gli altri, bi-sogna fare un po’ di autocrtitica e iniziare a la-sciare la macchina a casa, quando il suo uso nonè necessario. Per andare da un capo all’altro delpaese ci vogliono otto-dieci minuti a piedi, in bici-cletta si fa anche prima. E la salute ne guadagna.Se poi si ha la sensibilità di guardarsi intorno, ma-gari si riscopre anche che Nardò è bella.

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laVocediNardòPeriodico di informazione cittadina

Direttore responsabile: Luciano TarriconeDirettore editoriale: Marcello Tarricone

Anno XVI - N. 2/2019 - Periodico iscritto nel Registro dellaStampa del Tribunale di Lecce al n. 234 del 16 maggio 1979.

Sito Web: www.lavocedinardo.itE-mail: [email protected]à: tel. e Wapp 335.7326903 • 393.3114686Edizioni Lecce Service Stampa: Se.Sta Modugno

Collaboratori: Pasquale Chirivì, Fernando Fiorito, Marcello Gaballo, Marina Greco, Daniele Leuzzi, Francesco Muci, Raffaele Onorato, Armando Polito, Marialucia Rocca, Livio Romano, Stefania Ronzino, Fabrizio Suppressa, Lucio Tarricone, Massimo Vaglio.

Esperto di cose salentine,ambientalista da sempre,

Massimo Vaglio da decennicombatte varie battaglie in di-fesa del territorio con accusecircostanziate, appelli e de-nunce. Alcuni suoi interventisono entrati nei faldoni di in-

chieste della magistrature,altri sono caduti nell’oblio ma

lui non si arrende, perché,come ama ripetere, anche un

piccolo scempio evitato è unagrande vittoria. Collaboratoredella Voce di Nardò da lungotempo, cura diverse rubriche,spaziando dall’eno-gastrono-mia all’ambiente, all’agricol-

tura, scavando nell’animaprofonda di questa terra che

ama visceralmente.Sul fenomeno dell’erosione

della costa ha un corposodossier, da cui sono tratti le

immagini e i ritagli di stampache proponiamo ai nostri let-

tori in questo numero

MAGGIO 2019

La spiaggia, assieme alla duna e all’even-tuale ambiente umido retrodunale, costi-tuisce un ecosistema. Questo sistema èraramente stabile, in quanto è sempresoggetto ai cambiamenti naturali, inoltrel'ecosistema spiaggia è sempre soggetto

alla pressione antropica, ovvero alle opere di difesa co-struite lungo i litorali, all'urbanizzazione, allo sfrutta-mento turistico. Per comprendere la spiaggia bisognacapire i processi geologici che hanno dato origine allaspiaggia stessa. La spiaggia è per definizione costituitada materiale detritico sciolto (sabbia, ghiaia) che simuove continuamente per effetto del moto ondoso edelle correnti. Le spiagge possono entrare in erosione oin accrescimento, le vediamo quindi arretrare o avanzarein considerazione del bilancio tra le entrate e le uscite.

DALL’ADRIATICO ALLO JONIO - Quello dell’erosionedegli arenili del Salento è un problema gravissimo, a dirpoco datato, storicamente sottovalutato, se non comple-tamente ignorato. Chilometri d’arenili sono andati per-duti o sono stati gravemente danneggiati sulla costaadriatica come sulla costa ionica. Emblematico il caso di Casalabate dove esistevano ampiarenili incorniciati da dune sabbiose a perdita d’occhiosino a Torre Rinalda tanto che nell’estate del lontano1967 questa località venne scelta per disputare una ma-nifestazione internazionale di paracadutismo acrobatico.Oggi per diversi chilometri quelle spiagge e quelle dunesono solo un lontano ricordo, tanto che in alcuni trattiche recano ancora le consunte vestigia di vecchi grandistabilimenti balneari non vi è neppure un granello disabbia, ma solo roccia affiorante e sassi.

RIMEDIO PEGGIORI DEL MALE - Gli artigianali, improv-visati tentativi di ripascimento tentati, sono tutti mise-ramente falliti è hanno finito per creare gravi danni adaltri tratti di costa che sono stati spesso fraudolentementedepredati. Nessuno, però davanti a cotanto disastro si èmai sbracciato tanto per denunciare o invocare solu-zioni. Solo oggi che il problema ha coinvolto anche lidiesclusivi il problema ha raggiunto una notorietà media-tica enorme, tanto da diventare un tormentone infinitocon il coinvolgimento di politici in una querelle forieraanche d’inopportuni incidenti diplomatici (molti ricor-deranno la “guerra” per la sabbia scoppiata qualche annoaddietro tra le municipalità di Lecce e Brindisi). E pen-

sare, che la causa dell’aggravamento dell’erosione diquesti rinomati lidi, sono stati, paradossalmente, i vee-mentemente richiesti, interventi di contenimento amezzo pennelli. Interventi dannosi quanto onerosi, nonso quanto ingenuamente proposti come la migliore so-luzione possibile, la cura drastica per un male severo.Interventi invero brutti e certamente impattanti che peròfurono presentati come gentili interventi di ingegnerianaturalistica.

PENNELLI DEVASTANTI - Non vi è bisogno di esseregeni, ma solo attenti osservatori per notare che ovunquesiano stati realizzati dei pennelli o dei terrapieni neipressi di una spiaggia si è avuto prima l’accumulo dellasabbia a ridosso del manufatto stesso e successivamenteuna graduale dispersione. Molto modestamente, un’as-sociazione ambientalista da me guidata ha tentato di ri-chiamare l’attenzione sul problema dell’erosione dialcuni arenili (in particolare su quello di Sant’Isidoro)con specifici studi e segnalazioni già dal 1990 (riportatipuntualmente anche dai quotidiani e rimasti puntual-mente lettera morta) in cui era chiaro il collegamento tral’erosione degli arenili e diverse cause antropiche tra lequali il tracciato troppo prossimo della strada litoraneae la realizzazione di manufatti tra cui un pennello in cal-cestruzzo che aveva variato il corso delle correnti ma-rine. Quella dei pennelli è la causa più attuale emacroscopica che si possa rilevare, anche se non la sola.

STRADE SULLE DUNE - Nel caso dell’erosione degli are-nili di Casalabate o di Lido San Giovanni a Gallipoli edi diverse altre spiagge, la causa prevalente è stata lastrada litoranea tracciata sconsideratamente a ridossodelle dune o spianando le stesse. In diversi casi, le causesono state le tante case e strade abusive costruite sban-cando le dune, tutto ciò ha indubbiamente, fatalmentefavorito l’erosione eolica. Molto spesso, la causa è peròpiù sottile, la spiaggia, forse c’è lo siamo dimenticato, èun ambiente naturale che integra uno dei più delicati ecomplessi ecosistemi. Una spiaggia per esistere ha bi-sogno della vegetazione retrodunale, e della duna conla sua vegetazione.

QUELLA VEGETAZIONE ESTIRPATA - La spiaggia stessaospita una specifica vegetazione che la protegge dagliagenti erosivi, piante come il bellissimo pancrazio ma-rittimo, il ginestrino, la violacciocca, il convolvolo, illoglietto delle spiagge… altre fastidiose, come l’ispida

calcatreppola delle spiagge e l’eringio marittimo, piantecodificate neglette che hanno invero un grande ruolo.Nella lotta quotidiana per la sopravvivenza, tutelano perinteresse, il solo ecosistema in cui possono vivere. Male spiagge devono essere “curate”, quindi vengono arate;rivoltate, spesso sbancate sempre più in profondità; e fi-nemente setacciate, per venire incontro alle esigenze diuna clientela che paga e pretende, quindi, queste umilipiante, naturale cornice alla spiaggia, vengono estirpate,falcidiate per ricavare sempre più spazi da vendere, d’al-tronde, quando il noleggio di una spartana sdraio in sestafila costa spesso più di una rata di una poltrona Frau, èdifficile farsi troppi scrupoli. L’erbario non è però com-pleto se non si considerano anche la zostera e la posi-donia oceanica, piante che qualche milione di anniaddietro sono andate a vivere in acqua e che partecipanoin modo determinante all’ecologia della spiaggia tratte-nendo la sabbia dei fondali antistanti alle spiagge, im-pedendo alle correnti marine di trascinarla via eproteggendole con i loro depositi (banchette) dall’ero-sione eolica. Ebbene, fra queste piante marine e le ter-restri si genera un’alleanza e un perfetto equilibrio,quando ad esempio la sabbia viene arata e vengono cosìdistrutte le piante che la trattengono, la spiaggia in breveretrocede spazzata dai venti, in conseguenza, anche lepiante acquatiche retrocedono nel senso opposto, ciòporta la spiaggia a retrocede ancora ulteriormente, si in-staura così un circolo vizioso che a meno di una radicaleinversione di tendenza porta la spiaggia a sparire.

SPIAGGE COME CAMPI DI CALCIO - Si evince quindichiaramente, che le spiagge non possono essere gestitealla stregua di come si gestiscono i campetti di un im-pianto sportivo. Ci vorrebbero competenze specifiche,i concessionari dovrebbero osservare un più severo co-dice etico, avvalersi di competenze naturalistiche e do-vrebbe essere creata un’autority specifica con funzionedi indirizzo e controllo sull’operato degli stessi, che do-vrebbero in primis evitare il sovraffollamento, d'altrondegiustamente la Comunità Europea per salvaguardare ilbenessere animale stabilisce quanto spazio spetta negliallevamenti ad ogni pollo o gallina, di contro circolanofoto di esclusivi lidi simili a carnai umani con migliaiadi presenze giornaliere.

IL LITORALE NERETINO - Emblematico il caso dellespiaggette del litorale Neretino la cui conformazione èinquadrabile fra le, pocket beach, letteralmente “spiagge

tascabili” definizione attribuita dagli scienziati ai piccoliarenili di questa tipologia, ovvero, che sorgono in baiee sono delimitati da scogliere o complessi rocciosi. Qui,il fenomeno è aggravato dalla circostanza che si trattadi spiagge non più alimentate da materiale detritico, inquanto costituite prevalentemente da detrito formatosiin decine di millenni dalla disgregazione di scheletri cal-carei di organismi marini, quali aculei di echinodermi(ricci, stelle marine oloturie), dalla disgregazione di co-ralli e briozoi e da quella dei gusci di molluschi e cro-stacei. Inoltre, le stesse sono soggette a una gigantescapressione antropica, costituita da decine di migliaia difruitori (bagnanti) che anche se in modo del tutto invo-lontario asportano quotidianamente piccoli quantitatividi sabbia depauperandole, a ciò, nel caso delle spiaggettedi Santa Caterina, Santa Maria al Bagno e Sant’Isidorosi aggiunge l’erosione derivante dall’improvvida costru-zione di manufatti (moli e pennelli) realizzati alcuni de-cenni addietro che hanno alterato l’originario corso dellecorrenti marine e sempre nel caso delle spiaggette diSant’Isidoro e del Frascone l’erosione eolica che peral-tro sarebbe facilmente ovviabile con interventi di ripri-stino naturalistico o semplici interventi di ingegnerianaturalistica.

IL CASO SANT’ISIDORO - Le foto che accompagnano iltesto interessano il grave fenomeno di erosione che in-teressa la spiaggia di Sant’Isidoro, per via dell’erosioneeolica, peraltro facilmente ovviabile con l’istallazionedi due quinte di siepi (una viva e una morta) o di un an-cora più affidabile e definitivo muretto di contenimento.Il tutto con la contestuale demolizione del pennello inmassi e calcestruzzo costruito abusivamente negli anni“80 al confine Nord della spiaggia, che variando il corsodelle correnti ha provocato il ridossamento della sabbiaverso di esso con la conseguente dispersione dellastessa, nonché, una gravissima erosione dal lato opposto.L’arenile in oggetto, ha subito negli ultimi decenni unarretramento medio stimabile intorno ai 25 metri, il datoè facilmente verificabile sovrapponendo un’ortofoto at-tuale con una cartina I.G.M. o con un rilievo topograficoun po’ datato. Data l’estrema importanza della proble-matica che se non arginata porterà alla totale sparizionedella spiaggia, ovvero alla perdita di un bene comune diinestimabile valore e l’esiguità dell’importo necessarioalla loro esecuzione sarebbero auspicabili interventicontigibili e urgenti.

La spiaggia di Sant’Isidoro ridotta di 25 metri, rischia di sparire

Perdiamo la costa, nell’indifferenzaL’EROSIONE AVANZA PER COLPA DI INTERVENTI SBAGLIATI: COSA SI ASPETTA A PORRE RIMEDIO?

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A destra due foto della spiaggia di Sant’Isidoro degli anni ‘80 e ‘90,testimoniano la progressiva anzata del mare, oggi quel chiosco conla serranda azzurra è stato tolto ma a quell’altezza c’è acqua. Sopraritagli di stampa che risalgono al 1990; un fenomeno “naturale” favo-rito dalla mano dell’uomo con rimedi peggiori del male stesso

Qual è il ricordo più intenso del periodo incui vi siete conosciuti?«Il bello di quel periodo”, risponde Salvatore,«era che si riusciva a coinvolgere le delegate ele lavoratrici a partecipare alla vita quotidianadel sindacato. Si discuteva spesso. In una diqueste occasioni conobbi Anna, una bella ra-gazza combattiva e piena di carattere».

Le frecce di Cupido nell’arco del sindacato,quindi?Anna sorride e interviene: «Lo incontravo anchenella sezione del Pci che era a fianco alla sededella Cgil», - racconta Anna, e negli occhi ha loscintillio che deve averli illuminati anche atempi dei primi incontri con Salvatore. «Eranoanni particolari. Si lottava nelle aziende tessiliper i più elementari diritti. Salvatore e io siamostati prima amici, complici e compagni. Da unagrande amicizia non poteva che nascere ungrande amore.

Anna, perché eravate in lotta nel tessile?Quali erano le ragioni della battaglia sinda-cale?«Le rivendicazioni erano salariali perché le ope-raie venivano sottopagate. Ma c’era di più e dipeggio. Le condizioni di lavoro erano inaccet-tabili: si lavorava anche dieci ore di seguito,spesso anche il sabato e la domenica. Si usavaun solo bagno, che era una latrina, per più di 50operaie. Il mio impegno è partito da lì. Lo Sta-tuto dei Lavoratori non veniva rispettato, cosìeravamo veramente prive di tutele, anche diquelle più elementari. Man mano che capivoquali dovevano essere i nostri diritti, ne parlavocon le compagne operaie e trasmettevo loro iconcetti».

Anna, era facile quest’opera di coinvolgi-mento?«Sì, lo era. Vivevamo tutte il disagio sulla nostrapelle. Dopo pochi anni dal mio ingresso in fab-brica più del 50 per cento delle operaie eranoiscritte al Partito Comunista . Eravamo ungruppo di donne forte e coeso. Ci incontravamoin sezione e insieme parlavamo dei diritti delledonne dei problemi delle lavoratrici, come peresempio la mancanza di un asilo nido. Non erafacile essere donne e lavoratrici a Nardò perchénon vi era alcun sostegno pubblico.Nel 1977 riuscimmo a far scioperare le compa-gne operaie. Il primo fu uno sciopero di soleoperaie della Fi.Bi., una storica fabbrica diNardò con circa duecento addette. Occupammoanche lo stabilimento in quegli anni. Ricordoche io e Salvatore stavamo lì notte e giorno, conla mia primogenita ancora di pochi mesi. Nelperiodo successivo, nei primi anni ’80, riu-scimmo a coinvolgere anche le operaie del ri-camificio “Vitellio”, dove io stessa lavoravo. Lelotte sindacali delle donne neretine, sono da ri-cordare negli annali. Furono le donne a trasci-nare i loro compagni nelle rivendicazionisindacali. Gli uomini, infatti, difficilmente “pic-chettavano” o scioperavano per il lavoro.Ebbene queste donne sfidarono convenzioni so-ciali e giudizi e convinsero i loro mariti e i lorofamiliari a protestare. Ricordo che durante losciopero del ’77 sfilavamo per le vie cittadinetra gli insulti, avversate dalle famiglie e dallasocietà: “puttane”, “tornate a lavorare!”, “andatea casa a fare la calza”, ci urlavano. Anchequando presidiavamo gli ingressi del ricamificio“Vitellio” i passanti ci insultavano. Solo i ca-mionisti di passaggio ci incoraggiavano».

Possiamo dire che il movimento operaio aNardò, di cui voi siete stati tra i protagonistie promotori, fosse prevalentemente al fem-minile?«Certo. Era un movimento all’avanguardia daquesto punto di vista. In quegli anni a Nardò vierano più di duemila donne impiegate nel set-tore tessile-abbigliamento».

Quindi è nella fabbrica che ti sei formata suitemi del lavoro e dei diritti.«Sì, mi sono cresciuta sul campo ma la mia sen-sibilità sul tema dei diritti dei lavoratori vieneda più lontano, quando, ancora bimba, speravoche mio padre si ammalasse perché quello eral’unico modo per averlo un po’ a casa con me.Mio padre, infatti, lavorava sempre, senza in-terruzione perché i diritti dei lavoratori nonerano proprio contemplati e io soffrivo perché,come ogni bambina, volevo godere della suapresenza. E sempre mio padre, mi regalò, ap-pena adolescente un libro di Karl Marx, la cuilettura mi suscitò molte riflessioni. Poi sonostata formata dal Pci leccese. Il compagno Ca-salino, a cui è intestata la sede dell’ex Cameradel Lavoro di Nardò, fondò a Lecce una scuoladi partito. Lì ho imparato tante cose. Ma i piùgrandi maestri per Salvatore e me, sono statedelle persone che a stento avevano la terza ele-mentare, uomini spesso analfabeti ma con fortedignità e carisma appreso dalla vita quotidiana.Parlo di Nino Buffo, Totò Mellone e altri com-pagni che avevano fatto le lotte dell’Arneo ed

erano stati Segretari della Cgil. Contadini cheper noi sono stati maestri di vita esemplari».

Tra le tue foto una ti ritrae giovanissima conlo storico leader comunista Enrico Berlin-guer. «Fu Giorgio Casalino, allora deputato al Parla-mento, a presentarmi a Berlinguer, come lacompagna operaia candidata al Consiglio co-munale di Nardò, spendendo parole di apprez-zamento per me e per il mio impegno.Berlinguer per me era l’esempio massimo dionestà e correttezza. Io pensavo che lui fosse ilfuturo per il Paese. Quando è morto io mi sonosentita orfana», racconta Anna, trattenendo astento le lacrime di chi si è spesa in prima per-sona e ha creduto possibile la realizzazione diuna società fondata sulla solidarietà, senza di-scriminazioni e con pari diritti ed opportunità.

Anna, dal 1982 al 1987 sei stata poi elettaconsigliera comunale per il Pci. Come è statala tua esperienza in politica?«Le problematiche che affrontavo con le miecompagne operaie pian piano mi portarono a in-

Due cuori e un idealeLavoro e diritti per tutti

di STEFANIA RONZINO

È difficile raccontare l’impegnopolitico, civile e sindacale di

Anna Pinna e Salvatore Vangelioche si intreccia con il loro amore

e la scelta della vita in comune, difare famiglia e affrontare gioie e

dolori dell’umana esperienza.Sempre insieme. La linearità delleloro vite, la coerenza inossidabile,la generosità con cui si offrono al-

l’altro, uniti alla pacatezza deimodi e alla gentilezza con cui

hanno scelto di stare al mondo,spiazza l’interlocutore. Sarà,

forse, perché ormai siamo abi-tuati a una politica cittadina e na-zionale che costruisce il dibattito

pubblico con i modi da bar diquartiere e la serietà di un par-cheggiatore abusivo, dove l’in-

sulto sembra essere l’unicostrumento dialettico conosciuto.

Una chiacchierata con Anna eSalvatore merita di dimenticare

tutto questo nel tempo da trascor-rere in loro compagnia. I raccontimi trasportano in altri tempi e inun’altra Nardò e la cucina, dovevengo accolta per un caffè con la

confidenza che si tributa agliamici di vecchia data, sembra

uno spazio senza tempo.Anna, classe 1955 e Salvatore, del’51, sono nati tutti e due a Nardò.

Salvatore, finito il militare, vienenominato, poco più che ventenne,segretario della Camera del La-voro neretina. Ha ricoperto l’in-carico presso la segreteria della

Filtea (tessile-abbigliamento) e lacarica di responsabile di zona delpatronato Inca Cgil. Oggi colla-bora come volontario per il Sin-

dacato dei Pensionati Cgil. Anna invece inzia a lavorare gio-vanissima, nemmeno diciottenne,come operaia tessile in una dellefabbriche neretine e diventa pre-

sto delegata aziendale per la Cgil.Ricopre poi numerosi incarichi

tra cui quello di membro della se-greteria provinciale della Filtea

Cgil, oggi Filctem, Responsabilepolitica della Camera del Lavoro

di Nardò, e ancora oggi ricopre diCapo lega dei pensionati della

Cgil. Si sposano nel 1976 e dallaloro unione nasceranno le figlieTeresa e Sarah. La prima, lau-

reata in giurisprudenza, è attual-mente ispettore superiore della

polizia a Pavia e Sarah è psicote-rapeuta a Roma. Oggi Anna eSalvatore sono nonni felici di

quattro nipoti Paolo, Francesco,Rebecca e Samuele.

[email protected]

6 la Voce di Nardò

LA STORIA/ANNA PINNA E SALVATORE VANGELIO, COMPAGNI DI VITA E DI LOTTA

“Le rivendicazioni erano sala-riali perché ci sottopagavano mac’era di più e di peggio. Le con-dizioni di lavoro erano inaccet-tabili. Lavoravamo anche dieciore di seguito, spesso anche il sa-bato e la domenica. Usavamo unbagno che era una latrina e chedoveva essere utilizzato da più di50 operaie”

“Per me Berlinguer era unesempio massimo di onestà, dicorrettezza. Quando è morto iomi sono sentita orfana...”

“... i più grandi maestri sonostati dei compagni spesso con la terza elementare ma con fortidignità e carisma appresi dallavita quotidiana”

Anna e Salvatore nel giorno delle nozze, salutano a pugno chiuso

MAGGIO 2019

teressarmi a temi sempre più larghi perciò de-cisi di candidarmi: volevo che nel Consigliocomunale sedesse una donna che si facesseportavoce dei problemi delle donne lavoratrici.Quell’anno furono elette, per la prima volta,tante donne: due del Partito Socialista, unadella Democrazia Cristiana, una del PartitoComunista e una del Partito Repubblicano.Quest’utlima era Renata Fonte. Fu un’espe-rienza molto forte per me che mi ha toccataprofondamente. La morte di Renata mi scon-volse e mi portò a pensare alla politica diver-samente. Mi resi conto che il mio approccioera sano e ingenuo e invece la politica era tut-t’altra cosa. Quella esperienza segnò l’iniziodi una sottile delusione e un disincanto che mihanno poi portata a tenere le distanze da quelmondo. Ora guardo un po’ dall’esterno e facciopolitica diversamente perché non voglio sof-frire più “di partecipazione”».

Anna e Salvatore, voi siete stati due delleanime del movimento operaio femminile diNardò. Che cosa è rimasto di quegli anni, diquesto gruppo di donne solidali e combat-tive?«Ci sono ancora, sono rimaste intorno a noi .Attualmente», racconta Anna, «io sono CapoLega del Sindacato Pensionati Italiano dellaCgil. Le nostre assistite sono ancora loro: le ra-gazze delle fabbriche. Con orgoglio le ab-biamo accompagnate alla pensione, assistitenel percorso e sono ancora in prima linea,anche se in altre forme di lotta rispetto al pas-sato. Siamo ancora un gruppo di donne cheamano stare insieme, ci incontriamo il lunedìdi ogni settimana per incontri di lettura collet-tiva, facciamo visite guidate per conoscere ilterritorio, organizziamo giornate di pulizia del-l’ambiente, discutiamo di temi sociali. Qual-che volta andiamo semplicemente al cinemaper il piacere di stare insieme e farci compa-gnia».

In tempi di individualismo e di incapacitàdi stare insieme, fa una certa impressionesapere che questo gruppo di donne combat-tive abbia saputo restare unita in tutti questianni e rimanere al fianco al sindacato. Qualè il collante di questa comunione, tra ami-cizia e condivisione ideale?«È facile», risponde Anna. «Basta avvicinarsialla vita sociale e politica con un unico obiet-tivo: dare. Quando c’è il tornaconto le personelo sentono e si allontanano».

« Nel corso della nostra vita», aggiunge Sal-vatore, «sono passati tanti treni, tante occasionidi carriera per entrambi, sia nel sindacato chenella politica. Quando Anna fu consigliera co-munale per il Pci fu notata per la sua combat-tività e per la sua forza. Sarebbe stato facileassecondare qualche ammiccamento, qualchetirata di giacca. La sua scelta di rivendicare conforza i diritti dei lavoratori e di stare sempre esoltanto dalla loro parte ha avuto un prezzo:Anna non ha mai trovato lavoro a Nardò, nes-suno voleva un’operaia con quelle idee, conuna tale risolutezza e capacità di coinvolgi-mento. Abbiamo attraversato anche momentidi ristrettezze economicche ma non ci siamomai pentititi di nulla. Avevamo noi stessi e lanostra famiglia. E questo ci è sempre bastato».

Che impressione vi suscitano i tempi chestiamo vivendo?«Mi sembra che sul tema dei diritti si stia tor-nando pericolosamente indietro», osserva Sal-vatore. «Basta seguire il dibattito sulla legge

194 relativa all’aborto per farsi un’idea. Con-quiste ottenute con grandi sacrifici anche per-sonali, vengono messe in discussione eripensate con lo scopo evidente di compri-merle. Ci illudevamo fossero diritti acquisitima temo non sia così. La società dovrebbe al-larmarsi. Non vedo grosse reazioni e la cosami preoccupa. È come se questa generazionesi fosse trovata tutti i diritti tra le mani e noncolga né il lavoro, né gli sforzi nè le vite speseper ottenerli».

Come si è arrivati a questo punto?«Io attribuisco una enorme responsabilità aigenitori della mia generazione», dice Anna.«Non sono stati in grado di trasmettere ai figlil’importanza delle conquiste sui diritti socialie del lavoro. Né si mettono in allerta quandosi sente l’eco dei tentativi di comprimerli. Ogginoto una certa “Vip mania”. Le persone vo-gliono sentirsi come i personaggi della tv. Sicorre dietro al benessere costi quel che costi esi sta lasciando per strada tutto quello che i no-stri genitori e noi stessi abbiamo con faticaconquistato».

«Giorni fa, aggiunge Salvatore, una candidatadella regione Basilicata in un pubblico comizioha affermato: “io sono fascista!” In altri tempiun’espressione del genere avrebbe provocatouna veemente reazione nella piazza. Oggi sibattono le mani, come se fosse una innocua di-chiarazione. Ecco, trovo che anche da questiepisodi si possa comprendere che stiamo per-correndo la strada a ritroso. Stiamo vivendotempi di involuzione. La destra xenofobaavanza un po’ ovunque e questo mi preoccupae mi spaventa. Questi movimenti portano soloodio e una società imperniata sull’odio è de-stinata a morire. Non possiamo permetterlo.Dovremmo tornate tutti a rivestire il ruolo checi compete con correttezza e senza compro-messi».

Anna e Salvatore, voi siete una coppia a cuisi può guardare come esempio. Come si faad attraversare tante esperienze, a crescere,a cambiare ma a rimanere sempre uniti,coerenti nella vita personale quanto inquella politica?«Ci vuole rispetto per la libertà e gli spazi per-sonali, impegno e tolleranza reciproca», ri-sponde Anna, «ma anche la fortuna diincontrare la persona giusta».

«Abbiamo affrontato anche noi le difficoltà ditutte le famiglie», aggiunge Salvatore, «ma lacultura e l’intelligenza aiutano a superare tuttoe andare sempre avanti. La famiglia è unascelta e un impegno».

“Sul tema dei diritti si sta tor-nando pericolosamente indietro.Basta seguire il dibattito sullalegge 194 relativa all’aborto perfarsi un’idea. Conquiste ottenutecon grandi sacrifici anche perso-nali, vengono messe in discus-sione e ripensate con lo scopoevidente di comprimerle”

“Presenti tutti i giorni”, nella Cgilun punto di riferimento

Anna e Salvatore mi concedono il privilegio di guardare le tante foto che hanno accumulato negli anni.Vedo scorrere la loro vita fatta di impegno civile, bellissime figlie e nipoti, congressi di partito, manife-stazioni di piazza, cortei e incontri pubblici. Li guardo giovanissimi, con lo sguardo pieno di vita e l’im-mancabile pugno chiuso. Due giovani dall’aspetto esile ma talmente forti da essere stati protagonisti aNardò di una stagione di forte idealità e di lotta per i diritti dei lavoratori e che ancora oggi, nonostantequalche acciacco, restano un punto di riferimento nel sindacato e nella vita sociale della Città. Li ac-compagno alla sede della Cgil dove Salvatore e Anna fanno i volontari e il cartello che riporta gli oraridi apertura al pubblico cattura la mia attenzione. “Anna Pinna e Salvatore Vangelio sono presenti tutti igiorni”, recita. In poche parole la summa di un’intera esistenza. (Ste. Ro.)

Una giovanissima Anna Pinna con Cristina Conchiglia Calasso ed Enrico Berlinguer in occasione di un comizio del Partito Comunista aNardò. Sotto, a sinistra, Anna e Salvatore in una recente foto nella loro casa e, a destra, un’immagine che testimonia l’impegno nelsindacato. In basso, una manifestazione delle operaie della Fibi negli anni ’70; Anna è nel corteo con la figlia nella carrozzina.

la Voce di Nardò8

Nella raccolta di voluminella mia libreria,confuso, tra mille altriIl Libretto rosso diMao Tse Tung in qual-che modo sgomita per

conservare un po’ di spazio e sfuggireall’oblio di una prospettiva e di una di-mensione storica che i più non sannoapprezzare, sopravvivendo tuttalpiù nelpregiudizio di un’utopia che non ha sa-puto mantenere le promesse che nutri-vano il sogno della rivoluzione per unmondo e una società di eguali.Ma stiamo parlando di un'altra era dicui i “Pensieri” sono tracce indelebiliquanto profonde della trasformazionedi un continente e di un popolo di for-miche.“Per costruire il nostro paese con dili-genza ed economia - scrive il grande ti-moniere - bisogna badare che tutti iquadri e tutto il popolo tengano semprepresente che il nostro è un grande paesesocialista, ma al tempo stesso povero edeconomicamente arretrato; questa èuna grande contraddizione. Per faredella Cina un paese ricco e forte occor-reranno diversi decenni di intensi sforzi,tra cui quello di mettere in pratica unregime di stretta economia e di lottacontro lo sperpero, cioè la politica dicostruire il nostro paese con diligenzaed economia”. Lo scrive in “Sulla giu-sta soluzione delle contraddizioni inseno al popolo del 27 febbraio 1957”.I decenni occorsi per avviare la trasfor-mazione della Cina tanto sul piano eco-nomico che su quello politico e socialesono stati tanti e le contraddizioni dellasua storia sono ancora riassunte nellefoto di piazza Tien An Men che raccon-tano i drammi che si sono consumati inquelle lande.Continua a essere un paese lontano.Difficile da intendere e capire, per moltiversi.Così lontano, eppure sempre più vicino.Una leggenda racconta di come “YuKung rimosse le montagne”. Narra diun vecchio che viveva tanto, tanto tempofa nella Cina settentrionale ed era co-nosciuto come “il vecchio sciocco dellemontagne del Nord”. La sua casa guar-dava a sud e davanti alla porta, duegrandi montagne, Thaihang e Wangwe,

gli sbarravano la strada. Yu Kung de-cise di spianare, insieme ai figli, le duemontagne a colpi di zappa. Un altrovecchio, conosciuto come il “vecchiosavio”, quando li vide all’opera scoppiòin una risata e disse: “Che sciocchezzastate facendo! Non potrete mai, da soli,

spianare due montagne così grandi”. YuKung rispose: “Io morrò, ma reste-ranno i miei figli; morranno i miei figli,ma resteranno i nipoti, e così la genera-zioni si susseguiranno all’infinito. Lemontagne sono alte, ma non possono di-ventare ancora più alte; a ogni colpo di

zappa, esse diverranno più basse. Per-ché non potremmo spianarle?”. Nei decenni di cui parlava Mao i cinesinon hanno messo via le zappe e, anzi,hanno aumentato il ritmo dei loro colpifacendo del loro Paese una solida po-tenza industriale e commerciale con laquale siamo “costretti” a stipulare ac-cordi e patti che sembrano cose astrusee lontane, eppure in qualche modo ci ri-guardano da vicino.Nell’Italia dei porti chiusi di Salvini inipotini di Mao Tse Tung con la forza ela potenza della disponibilità econo-mica non hanno bisogno di arrivare inItalia a bordo di gommoni e barconi,proponendosi direttamente, con grandecapacità imprenditoriale, in nicchie, so-prattutto commerciali.Così l’onda gialla, dopo aver investitole regioni del Centro Nord, è arrivataanche da noi.I “cinesi” sono tra noi...Anzi fanno parte di noi. Perché è inne-gabile che siano ormai una componentedella nostra comunità che con le propriescelte ne influenzino il futuro.La vicenda dell’ex Brikò è emblematicadi ciò.Quello che sorprende è che un’opera-zione economica così importante av-venga nel più assoluto silenzio,soprattutto sul futuro occupazionale deidipendenti.Le saracinesche per il momento sono

abbassate, e uno striscione avvisa che abreve ci sarà un’apertura “preestiva”.Che, c’è da pensare, significhi prima-verile.Speriamo bene. E speriamo che sia dav-vero una primavera serena.Quello che stona è il silenzio se non l’in-differenza delle autorità comunali.Anche la minoranza tace. Sull’argo-mento nessuna voce si è fatta sentire.Non fosse altro per cercare di capirequali propettive si aprano all’economianeritina in un comparto delicato qualequello del commercio in cui, notoria-mente, Nardò, soprattutto dopo l’allon-tamento dall’impegno diretto deiSabato, è sempre più strutturalmentedeficitaria di capacità imprenditoriali ingrado di reggere sfide di un mercatosempre più globalizzato e di una societàsempre più interetnica.Nardò vive, a questo proposito, un mo-mento particolare.Nelle scorse settimane gli esiti giudi-ziari delle vicende legate alla presenzadi migliaia di lavoratori extracomuni-tari nelle campagne hanno richiamatol’attenzione sulla necessità di una stra-tegia di più lungo respiro per far frontea un fenomeno che non può essere la-sciato alla spontaneità delle dinamichedi un mercato del lavoro non control-lato.Un importante magazine con diffusionenazionale ha “rivelato” che GM unochef “stellato”, parigino, ha messo ra-dici nel centro storico della nostra città.Sentire parlare in inglese, tedesco, fran-cese per le strade del centro è ormaicosa “comune”.Per non dire del rumeno o del polaccodelle badanti che assicurano cura e as-sistenza ad anziani e disabili che lascomparsa della famiglia “tradizio-nale” non riesce più ad assicurare.Dice Mao nei suoi pensieri “Il mondoprogredisce, l’avvenire è radioso e nes-suno può cambiare il corso generaledella storia...”.Chissà che i “rivoluzionari” di casa no-stra non vogliano sposare la prospettivadi un coraggioso internazionalismo“proletario” e dare vita a una politicaambiziosa di fare delle presenze stra-niere una risorsa per far crescere il no-stro paese. La sfida è lanciata.

L’EDITORIALE • di LUCIANO TARRICONExxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxaaaaa x

I cinesi sono tra noicon Pensieri e azioni

Una mattina mi son svegliato,o bella ciao, bella ciao,bella ciao, ciao, ciao!

Una mattina mi son svegliatoE ho trovato l’invasor.

O partigiano portami via,o bella ciao, bella ciao,

bella ciao, ciao, ciaoo partigiano portami via

che mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano,o bella ciao, bella ciao,

bella ciao ciao ciao,e se io muoio da partigiano

tu mi devi seppelir.Seppellire lassù in montagna,

o bella ciao, bella ciao.Bella ciao ciao ciao,

seppellire lassù in montagnasotto l’ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno,o bella ciao, bella ciao,

bella ciao ciao ciao,e le genti che passerannomi diranno che bel fior.

Questo è il fiore del partigiano,o bella ciao, bella ciao,

questo è il fiore del partigianomorto per la libertà!

Non c’è futuro senza memoria25 APRILE 1° MAGGIO

BELLA CIAOBELLA CIAO ARNEOARNEO

Il libretto rosso di Mao TseTung e le trasformazioni delmondo di oggi che interes-sano anche la nostra Nardò.Pensate alla vicenda delBrikò, affare tra privati madi pubblico interesse perchéemblematica di una situazione delicata nel commercio. Che silenzio...

Arneo, terre occupateSul rozzo trullo,teso al vento del mareuno straccetto rossocontro il cielo di nuvole bianchegarrisce e l’accompagna la fanfaradelle mazze ferrate alte levatecome su incudini martellicontro i macigni, nodi della terra.

1950 Luigi Tarricone

L’aula è gremita di stu-denti delle classi quartee quinte del Liceo Ga-lilei, tutti attenti alle pa-role dei professionistiche hanno di fronte.

Molti dei ragazzi hanno sogni, dubbi eperplessità tipiche della loro età, sono af-fascinati dalle mille peripezie che altrihanno già affrontato, curiosi di saperecome perseguire i propri obiettivi, senzafarsi schiacciare dall’incertezza del nuovoe il timore del fallimento. A rompere il silenzio nell’incontro sonole parole e il sorriso di Giulia Bonsegna,giovane avvocatessa con la sua storia e ilsuo cuore diviso tra Roma e Nardò. È poiil turno di Ambra Fusaro, una ragazzaesile, con un grande sorriso che le illu-mina il viso. Inizia a raccontare e rapiscesubito l’audience. Non usa mezzi terminie va dritta al punto, ma non si scompone,è serena mentre parla. Usa parole precisee riesce a toccare le corde giuste, esal-tando gli animi, tanto da raccogliere unapplauso lungo e intenso al termine delsuo intervento. Il microfono passa a Simone Gatto, più ro-busto, dalla carnagione olivastra, un pro-filo scuro, tenebroso come testimoniano lefoto, da neri e ombre marcati, della sua pa-gina facebook. La sua voce è calma e gio-iosa, in contrasto con la sua figura, incantacome le canzoni del suo ultimo EP “Hea-ven Inside Your Frequencies - Pt. 1”.Perché la storia di Ambra e Simone colpi-sce più di altre? Tutti i giovani professio-nisti protagonisti dell’incontro con glistudenti in realtà si sono divisi o tutt’ora sidividono, tra Nardò e un’altra città, piùgrande, più interessante e con maggioriopportunità. Ambra e Simone però, dopoaver viaggiato in giro per il mondo, hannodeciso di tornare e stabilirsi qui, nel “pae-sello” tante volte bistrattato o dimenticato. Ambra ha “l’urgenza di cambiare ilmondo” fin dal Liceo e sceglie di intra-prendere la facoltà di Scienze Politichepresso l’Università del Salento. Ma ancheLecce sembra stretta per le sue aspirazioni,perciò sfruttando l’opportunità dell’Era-smus + prende le valigie e parte per Bru-xelles, dove resta un anno. “Fu un periodo formativo in termini dipresa di coscienza di me stessa, facendoesperienza della vita da sola”, dice Ambra.E non c’è dubbio che anno o sei mesi inun altro Paese ti aiutino a conoscere dav-vero te stesso. Per Ambra arriva il momento di terminarela triennale e di partire di nuovo. Stancadelle teorie e delle massime dottrine stu-diate sui manuali, vuole andare incontroalla pratica, “sporcarsi le mani”. A Padovaintraprende la magistrale in Diritti Umani“perché ero ancora alla disperata ricerca diquel ‘nocciolo duro’ che ci accomuna tuttiin quanto esseri umani, quel ‘quid’ […]”.Per questo, e soprattutto perché le sue spe-ranze vengono disattese per la secondavolta, decide di partire per uno stage di

cinque mesi a Kathmandu, Nepal. I trattatiinternazionali e l’impianto normativo delleNazioni Unite per lei sono qualcosa dialeatorio che non ha radici nella realtà deifatti. Solo l’impegno sul campo può dav-vero proteggere i diritti delle minoranze.Lo stage le dà le basi per la sua tesi in “Po-litiche internazionali per l’Educazione” ela mette di fronte a un contesto duro nelquale l’Ong per cui lavora manda in fran-tumi il suo “mito della cooperazione inter-nazionale”. Qualcosa di buono rimane però, Ambrariesce a trovare la sua strada, quel “quidpluris” che cercava, risiede nell’educa-zione “intesa in senso ampio come appren-dimento di quelle conoscenze chepermettono di vivere meglio, di continuarea imparare, di crescere nella consapevo-lezza di sé e quindi di condurre una vitaconsapevole e utile anche per il prossimo.L’Educazione è per me il fulcro della vita,

la conditio sine qua non, tutti i restanti Di-ritti Umani non potrebbero divenire espe-rienza quotidiana cosciente né perl’individuo, né per la comunità, in qual-siasi parte del mondo (Paesi industrializ-zati inclusi)”. Decide tuttavia di fare un ultimo tentativoe perseguire l’ultima illusione della suaadolescenza. La meta è Londra. Si iscriveal master in Environment & Development(sviluppo sostenibile dell’ambiente) allaLondon School of Economics & PoliticalScience. Ma in una metropoli così grigiae fredda, fatta di grattacieli e palazzi a per-dita d’occhio, di aule bianche e anonime,senza alcuna ombra di verde, si rendeconto che anche il sogno di sentirsi realiz-zata in questo luogo è destinato a restaresolo tale.È ora di tornare a Nardò e riscoprire le pro-prie radici e guardare alla propria cittàcome un posto accogliente, che può dare

opportunità a chi le sa cercare, a chi ha pertanto tempo percorso altre vie non pen-sando che tra i vicoli del centro storico po-tesse trovare una dimensione aperta alfuturo. E così è stato per Ambra che oggisi occupa di valorizzare il territorio dove ènata, arricchendo l’offerta turistica e cul-turale di un’azienda e fornendo aiuto ai tu-risti che vogliono esplorare Nardò, coninformazioni di prima mano sulla nostrastoria, le nostre bellezze e le nostre parti-colarità. “Mi sforzo di dare il mio contri-buto personale per tirare fuori il valoreaggiunto, quello spessore umano e cultu-rale che si può ricavare in ogni ambito esettore lavorativo, che va ad arricchire e amigliorare il servizio offerto, e che quindiè fondamentale nel fare la differenza sulmercato sia in relazione ad altre impresedel settore che per il cliente finale, e che amio avviso si occupa sempre anche di ge-nerare uno sviluppo condiviso nella comu-

nità locale”, dice Ambra. E sorride, la-sciando spazio all’ottimismo della volontà,un tesoro al quale ogni giovane ha il do-vere di attingere a piene mani.Simone Gatto è un musicoterapeuta, dj eproduttore discografico. Il suo raccontoinizia nel lontano 2004 quando da appas-sionato di musica colleziona vinili e lisuona in giro per i locali del Salento. Nel2011 dopo la laurea in Scienze della Co-municazione decide di “cambiare aria”.Pochi stimoli e poche opportunità lospingono a trasferirsi, insieme ad altriamici, a Berlino per fondare una etichettadiscografica. “Durante questi anni il mio rapporto conla musica ha avuto una crescita esponen-ziale, facendomi interrogare sempre piùsulla comunicazione empatica fornita dalsuono, inteso soprattutto come interazionecon l'utente del club, come approfondi-mento dei benefici delle frequenze, e comericerca estetica”, sottolinea. La continua ricerca e la voglia di sapernesempre di più lo spingono a organizzareseminari e workshop tra la capitale tedescae Amsterdam, fino al 2017, quando tornaa Lecce per frequentare l’Istituto Nazio-nale di Arti Terapie. Un piccolo stop perpubblicare il suo primo libro sulla musi-coterapia e poi partire di nuovo, nel 2018,per gli Stati Uniti, destinazione Atlanta.Qui grazie alla collaborazione con la com-pagnia Cyma Technologies consegue unmaster in Terapia Cimatica e divienel’unico sviluppatore di un macchinariobrevettato dalla compagnia stessa.Adesso però, dopo tanto girovagare, vivea Nardò e continua a lavorare come pro-duttore e musicoterapeuta in tre strutturedella provincia. Il richiamo della sua cittàè irresistibile. “Sono molto legato alla mia terra, alla fa-miglia e al nostro mare, per questo prefe-risco avere la mia base qui e portare il miocontributo nel nostro territorio”, confessa.Continua a viaggiare spesso per soddisfarela sua sete di musica. Ma poi ritorna.Ambra e Simone, come altri, hanno fattola loro scelta. Accettare la realtà della terrad’origine, con limiti e contraddizioni maanche con una ricchezza di umanità che vaoltre la bellezza dei luoghi. A volte la vo-glia di evadere, prendere il largo e andarefuori dalle stradine e viuzze troppo tran-quille e a prima vista poco interessanti, ciportano nelle enormi strade a due corsie,nelle metropolitane affollate, tra grandiedifici dove non si vede il sole tramontaresull’orizzonte calmo e placido del mare.Poi, quando torniamo, quasi da visitatori,ci accorgiamo della grandiosità dei fregibarocchi, dei palazzi e dei portali dellacittà antica carichi di storia, della serenitàche può regalare la quiete di un pomerig-gio assolato di primavera. Di quanto que-sta terra può offrire a chi la sa apprezzare,scoprendo che quello che cerchiamo èanche e soprattutto dentro di noi. Forse,basta poco, dobbiamo solo guardarci in-torno con occhi diversi.

Cara Nardò, non tradire la speranzaAmbra: «Cerco l’ anima dei luoghi» Simone: «Un richiamo irresistibile»

A VOLTE RITORNANO/TANTI “EMIGRANO” PER SEMPRE MA C’È ANCHE CHI FA UNA SCELTA DIVERSA

AMBRA FUSARODiplomata al LiceoGalilei di Nardò, hastudiato Scienze Po-litiche a Lecce, conun anno di Erasmusa Bruxelles. Ha con-seguito la laurea ma-gistrale a Padova,con specializzazionein Diritti Umani e tesisu “Politiche interna-zionali per l’Educa-zione”, dopo unostage di cinque mesia Kathmandu. Hapoi vissuto a Londra,iscrivendosi a un Ma-ster, prima di deci-dere di tornare avivere a Nardò

SIMONE GATTOStudente al LiceoGalilei di Nardò, lau-rea in Scienze dellaComunicazione, poivia in giro per l’Eu-ropa con base a Ber-lino e Amsterdam.Rientra a Lecce nel2017 per frequen-tare l’Istituto Nazio-nale di Arti Terapie,riparte stavolta perandare oltreoceanoad Atlanta, dove sifa apprezzre per in-gegno e capacità.Ma decide di tornarea Nardò, dove oggivive, tra un viaggio el’altro...

Qual è l’idea di futuro che si ha quando si avvicina la maggiore etàe si sta per lasciare la scuola per iniziare la nuova fase della vita?Spesso si ha la percezione di un avvenire fumoso e incerto, le stradeda seguire sono tante e tutte entusiasmanti ma piene di insidie eperplessità. Un momento in cui forse un confronto tra giovani eadulti può dare una mano a mettersi nella prospettiva di compierescelte consapevoli. Ecco allora che le esperienze raccontate dai pro-fessionisti, avvocati, giornalisti, imprenditori servono da stimolo peri ragazzi che a breve affronteranno l’ardua sfida della scelta tra uni-versità, facoltà e lavoro. Questo, in definitiva, l’intendimento degliincontri dal titolo “Progetto di orientamento al mondo dell’univer-sità e del lavoro”, che si sono svolti nelle scorse settimane al LiceoScientifico di via Ferri.L’idea di Alessandra e Serena Pagliula, sostenute dalla preside Emi-lia Fracella, dal docente referente di istituto Lucio Vernich e dal col-laboratore esterno, l’ingegnere Pantaleone Pagliula, ha avutol’obiettivo di avvicinare il più possibile gli studenti delle classi quintee quarte al futuro. I due incontri sono solo l’epilogo di un progettoche per più di un mese ha coinvolto gli alunni, i quali hanno studiatoil background dei loro interlocutori per affrontare al meglio la con-versazione e porre le domande adeguate.

Dopo aver rotto il ghiaccio con i rac-conti degli ex studenti si è dato spazioal dibattito libero, seguito dagli speci-fici quesiti maturati nel corso dei mesi.Così il Liceo Galilei continua a darestrumenti importanti ai suoi studenti,attraverso questo percorso i ragazziavranno a disposizione i mezzi neces-sari per fare la scelta più “giusta” perloro. Tra i tredici invitati La Voce ha scelto di dare spazio a due storieunite dall’emblematico titolo “A volte ritornano”: Ambra Fusaro eSimone Gatto ci hanno raccontato le loro esperienze in giro per ilmondo, tra Berlino e Kathmandu, per poi ritornare a Nardò, a risco-prire la loro terra e dare un contributo al suo sviluppo. Una decisionediversa da quella di molti altri giovani che cercano la propria affer-mazione lontano da casa. Accade a Nardò ma anche nel resto d’Ita-lia, soprattutto nel Meridione. È il fenomeno dei “cervelli in fuga”per dirla con una locuzione ormai in voga nei media, cartina al tor-nasole di un’Italia che stenta a ritrovare la sua capacità di essere un“Paese per giovani”. Eppure si può restare qui, almeno a volte valela pena provarci.

Servizio di DANIELE LEUZZI

I protagonisti di uno degli incontri che si sono svolti al Liceo Galilei tra alcuni ex allievi e gli studenti che si avviano a conseguire il diploma

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L’INTERVISTA/RICORDI E SPERANZE DI UN OSPITE ILLUSTRE, DA DECENNI, DELLE MARINE NERETINE

“Santa Caterina, amore a prima vista”Quinto auspica tutela e valorizzazione

Avvocato Quinto, lei da anni vive l’estate, ma non solo,in due marine di Nardò ovvero Santa Caterina e SantaMaria al Bagno. Che suggestioni le evocano e perchéha scelto le nostre coste per il suo “buen ritiro”?In effetti è stata una scelta motivata dal desiderio di tra-scorrere l’estate in una località marina non “aggredita”dalla massificazione turistica. Sono stato anche fortunatoperché in occasione di un convegno all’Università di Lecceche mi vedeva impegnato come relatore sul fenomeno del-l’abusivismo edilizio incontrai un ingegnere di Nardò, chemi segnalò alcune opzioni residenziali nella zona “Cenate”di Santa Caterina. Fu amore a prima vista.

Santa Caterina viene considerata la “spiaggia dei ric-chi” degli “snob”, degli intellettuali mentre S. Maria alBagno e Sant’Isidoro le “spiagge del popolo”. Non lesembrano definizioni banali?Non riscontro questa diversità. Personalmente, all’iniziodella stagione estiva, per i primi bagni, scelgo la spiaggiadi Santa Maria o la spiaggetta di Santa Caterina a secondadei… venti. Il dato storico è che Santa Maria è stato ilprimo nucleo turistico con un aggregato urbano, nel men-tre S. Caterina è nata… spontaneamente come località tu-ristica. Ma il discorso sarebbe lungo anche in terministorico-culturali con riferimento alle abitudini e tradizionidella borghesia neretina. E non è il caso di tediare i lettori.

Il mare, le sue nuotate…..Sono un appassionato del mare, con il quale mi sento insimbiosi, e che vivo intensamente con le mie lunghe nuo-tate fino all’Aspide, durante le quali non mi stanco fisica-mente, ma rifletto molto anche su temi impegnativi.

Nelle settimane passate è morto Antonio Marsala unodegli ultimi pescatori di Santa Caterina, località checontinua a rimanere legata a una identità incerta. Ilporticciolo è un po’ il simbolo di questa crisi. Si parlada tempo di liberare la baia dalle barche da diporto,ma non se ne fa niente. Che ne pensa? La questione del porticciolo di S. Caterina è abbastanzadelicata, una volta che ha perso la sua originaria funzionedi ricovero per le barche dei pescatori. Non bisogna di-menticare che in tempi non recenti furono fatti lavori confinanziamenti pubblici per potenziare la struttura originariae renderla più funzionale e sicura. Sono tra coloro che noncondividono l’invasione delle barche da diporto, che, tral’altro, rompono l’equilibrio naturale della baia. Ed è unafortuna che il gioco delle correnti e delle fonti sorgive ga-rantiscano comunque la limpidezza delle acque per la bal-neazione.

Come è cambiata Santa Caterina in questi anni?Mi sembra che i cambiamenti che hanno inciso sul tessutodi S. Caterina, frutto dello sviluppo e della modernità, nonabbiano arrecato grandi trasformazioni in termini identi-

tari. Occorre però tenere alta la guardia. In questa direzionenon mancherà il mio personale contributo.

A proposito di porti: uno studio dell’Università diLecce evidenziava come sarebbe possibile realizzarneuno a Sant’Isidoro o a Santa Maria al Bagno. Sarebbedavvero utile un porto?Una struttura portuale può essere utile per la costiera ne-retina lunga circa 22 chilometri, naturalmente con unascelta tecnicamente oculata, solo in funzione di un turismoda diporto. E, tuttavia, occorre considerare che uscendo inmare aperto non vi sono destinazioni alternative alla costagallipolina.

Lei abita alle porte di S. Caterina. Quanto è importantetutelare la cintura esterna del borgo valorizzando la bel-lezza delle architetture delle residenze storiche presenti?La bellezza di S. Caterina è anche e soprattutto nell’entro-terra con le “Cenate” vecchie e quelle “nuove”. L’ecletti-smo architettonico che caratterizza alcune ville, le masseriefortificate, ma, in ogni caso il contesto della campagna abi-tata narrano le vicende della borghesia meridionale.

Portoselvaggio, Sarparea, idrovolanti, movida. Ritieneche Nardò riesca a capitalizzare il patrimonio turisticoo domini l’improvvisazione?È certamente difficile coniugare l’identità di una localitànaturalistica, ricca anche di storia, come, ad esempio, PortoSelvaggio, con la domanda di un turismo di massa, che èdifficilmente controllabile. È una bella sfida che meritaperò di essere combattuta.

Quali consigli darebbe ai neretini per incentivare unturismo sostenibile e responsabile?Anche se ho avuto esperienze nel campo turistico, neglianni della mia giovinezza, come funzionario dell’E.P.T.,non ho la presunzione di dare consigli. Sono però convintoche senza un impegno corale e una partecipazione di tuttii cittadini e i residenti nelle marine di Nardò sarà difficilecontrollare … l’invasione. È importante anche l’opera pro-mozionale svolta dalle due Parrocchie di S. Caterina edelle Cenate, che rappresentano una occasione di aggre-gazione e di selezione delle iniziative sotto la guida intel-ligente di sacerdoti molto attivi.

Lei, pur essendo il suo nome fatto a ogni tornata elet-torale, non si è mai voluto candidare in nessun tipo dicompetizione. È così “brutta” la politica? La politica è una cosa bellissima e la democrazia rappre-sentativa può funzionare solo se i titolari della “sovranità”si impegnano a essere cittadini attivi. Personalmente hopartecipato con impegno alla vita politica nella D.C. aitempi di Benedetto Leuzzi e Arturo Falconieri, ricoprendoanche incarichi istituzionali. Ho declinato gli inviti a can-didarmi nelle varie tornate elettorali perché sono consape-vole che la complessità dei problemi non consentesoluzioni semplici o scorciatoie. E un uomo di diritto correil rischio di non avere il pragmatismo necessario per inse-guire il consenso e per dare risposte tempestive ed efficacialle necessità dei cittadini, perché vincolato al rispetto deilimiti imposti dalla legalità formale e sostanziale nell’ado-zione degli atti e delle procedure.

L’avvocato leccese Pietro Quinto

UN LIBRO AMBIENTATOA SANTA CATERINA Nella foto in alto a sinistra, la presentazionedel libro del magistrato-scrittore FrancescoCaringella “Non sono un assassino”, am-bientato a Santa Caterina. Si riconoscono,accanto all’avvocato Pietro Quinto, il presi-dente dell’epoca della Lampara EdoardoFonte, l’avvocato dello Stato Antonio Taren-tini e il presidente di Sezione del Consigliodi Stato Luigi Maruotti.

CON MORO E LA DC DI ALLORAPOI LONTANO DALLA POLITICA Nella foto a centro pagina un incontro dellasegreteria provinciale della Democrazia Cri-stiana negli anni Settanta alla presenza delPresidente Aldo Moro. Alle sue spalle PietroQuinto. Si riconoscono, tra gli altrii leaderdella Dc neretina Benedetto Leuzzi e ArturoFalconieri, l’onorevole Francesco Rausa, ilconsigliere regionale Leonardo BrizioAprile.

AVVOCATO, SPECIALISTA IN DIRITTO AMMINISTRATIVOÈ ANCHE GIORNALISTA

L’avvocato Pietro Quinto, specialista indiritto amministrativo, è consulente dinumerose amministrazioni comunali inmateria di appalti pubblici, diritto am-bientale, urbanistica ed edilizia. Giorna-lista iscritto all’Albo dei pubblicisti dal1996, ha diretto il settimanale “Il Po-polo del Salento”. Autore di pubblica-zioni e monografie, collabora conriviste scientifiche di giurisprudenza alivello nazionale. Ha ricoperto incarichipubblici ed è stato componente percirca un decennio del Comitato regio-nale di Controllo sugli atti degli Enti Lo-cali. Ha rivestito la carica di Presidentedella Camera Amministrativa Distret-tuale di Lecce, Brindisi e Taranto, di cuiè socio fondatore.

Pietro Quinto, noto avvocato leccese, da molti lustri ha scelto

come seconda casa Nardò e le sue belle marine in difesa

delle quali a più riprese ha fattosentire le sue opinioni di amante

della bellezza e della quiete.Ecco cosa dice del suo amore

verso la nostra terra, ma ha anche tante altre cose

interessanti da raccontare ai lettori della Voce.

LE IMMAGINI

Una canzone del 1992 di Elio e lestorie tese recita: “Essere donnaoggi, aspirare al ruolo che la sto-ria ti deve: quello di simpatica,paciosa, imprevedibile nocchierodi un veliero proiettato verso ilmare del Duemila”. Essere Donna nel 2019…

Gabriella Spano - «A mio parere es-sere donna oggi comporta vecchi enuovi ruoli, vecchi e nuovi problemi,vecchie e nuove necessità. Un aspettofondamentale che distingue le genera-zioni passate da quelle attuali è rappre-sentato dalla ormai diffusa possibilitàper la donna di essere libera di espri-mersi nelle proprie sfaccettature e diessere se stessa in ogni momento. Ri-sulta ancora non superata completa-mente la necessità di dover indossareuna maschera per nascondere i mo-menti di difficoltà, in ossequio a unmodello “maschile” in cui ogni even-tuale manifestazione di umana fragilitàviene etichettato come segno di debo-lezza».

Tiziana Trevisi - «Essere Donna nel2019…. è una cosa bella ed entusia-smante. Rispetto al passato tante cosesono cambiate, ma su tante ancora bi-sogna lavorare, in particolare la consi-derazione e la rivalutazione della figurafemminile. La donna è rispettata puòdedicarsi a tante attività, alla politicaper esempio, può studiare in tutte leUniversità, può fare qualsiasi lavoro èsullo stesso livello dell’uomo, pur es-sendo due esseri differenti per naturacon caratteristiche peculiari».

Flavia e Maria Assunta Trifoglio -«Spesso gli artisti, in questo caso unodei complessi più “simpatici” degli ul-timi anni , vedono e svelano misteriche tali non sono. Sì noi donne siamo“ nocchiero di veliero” proiettate versoil futuro. Governiamo con mano fermae salda il timone della nostra vita, dellavita delle nostre famiglie. Non è facile“essere donna” oggi. La società con-temporanea ci pone sfide sempre piùardue che affrontiamo con decisione ecoraggio ma non sempre è facile. Sisono fatti passi avanti, molti. Ma nonè mai sufficiente. Noi donne sembrache si debba dimostrare sempre qual-cosa. Rivolgiamo a Voi e i lettori unadomanda: è giusto che le donne perce-piscano salari inferiori, a parità di la-

voro, rispetto agli uomini? Esseredonna nel 2019 non è facile ma èbello».

Donna, moglie/compagna,madre, lavoratrice. Quanto èdifficile coniugare oggi questiruoli?

Spano - «Coniugare questi ruoli ri-mane anche oggi un compito impe-gnativo. Bisogna però riconoscereche nelle coppie che funzionano beneda un punto di vista relazionale,molte delle incombenze familiarivengono svolte in modo condiviso.Ho avuto tre figli, riuscire a conci-liare l’attività lavorativa con le loroesigenze educative e di crescita èstato veramente faticoso, pur essendostata sempre affiancata da mio maritoe purtroppo solo per pochi anni dai

nostri rispettivi genitori. Oggi, al-meno teoricamente, per una donnapotrebbe essere più semplice rispettoa qualche decennio fa riuscire a svol-gere bene tutti questi ruoli. Esistonopiù asili nido e generalmente c’è unamaggiore disponibilità dei padri aprendersi cura dei figli. Inoltre sonostate emanate delle leggi in relazionealla conciliazione dei tempi di vita edi lavoro, seppure ancora non ben ap-plicate o utilizzate in tutta la loro po-tenzialità. Un ruolo assolutamenteimportante nella caduta del livello dinatalità nel nostro Paese è svoltoanche dalle condizioni lavorative diincertezza, precarietà o addirittura didisoccupazione in cui si trovano tantepersone. Risulta inoltre che in molte,troppe aziende, continui a essere ali-mentato, in modo più o meno espli-

cito, un clima sfavorevole nei con-fronti delle donne che intendano af-frontare una maternità».

Trevisi - «La donna riveste un ruolomolto importante sia nella famigliariferimento del “focolare domestico”,sia nella società come lavoratricespesso impegnata nel sociale e since-ramente non è facile conciliare tutto.Sono moglie, mamma, figlia di geni-tori da accudire, sorella, ma anchedonna lavoratrice, pronta a dedicarsiagli altri.Volontaria… con tanta fatica si puòfare tutto… sempre aiutata e suppor-tata in tutte le mie scelte da chi miama e mi sta accanto».

Trifoglio - «Facile non lo è indubbia-mente. Sono ruoli complessi e artico-lati che presuppongono grandecapacità di adattamento, pazienza,amore. Se pensiamo alle nostrenonne, alle nostre madri ci riteniamofortunate. Abbiamo la possibilità divederci realizzate, pur con vari limiti,nella famiglia e nel lavoro. Abbiamonecessità dell’aiuto e dell’affetto deinostri compagni di vita soprattuttonell’educazione dei figli. Noi in que-sto possiamo dire di avere un validosostegno dai nostri “uomini”».

Esiste una reale disparità nellavita e nel mondo del lavoro tradonne e uomini?

Spano - «Una disparità esiste ancora,per quanto riguarda il ruolo, il red-dito, la percezione sociale. Ricordoche nei primi anni di carriera, senell’ambulatorio in cui stavo eserci-tando la mia professione era presenteun uomo, medico o infermiere chefosse, i pazienti si rivolgevano “auto-maticamente” a lui, senza neancheporsi il dubbio che io, ovviamente incamice, potessi essere il medico delservizio. Altre volte, pur avendocompreso la mia funzione di medico,si rivolgevano, dopo il “buongiorno”,con la fatidica domanda: “Signora osignorina?”, al che io rispondevoprontamente: “Dottoressa…, grazie”.Nella mia professione, nonostante inquesti ultimi decenni il numero didonne medico sia aumentato in modoragguardevole, le posizioni apicalicontinuano a essere ricoperte nellastragrande maggioranza dei casi da

Donne, donne, donne. Il viaggio dellaVoce nell’universo femminile cittadino,continua con la quarta tappa. Altre in-terlocutrici, anche stavolta con vissutied esperienze diversi, hanno accettatocortesemente di dialogare con la Voce.Il filo conduttore delle interviste resta laconcretezza con cui le donne affrontanole sfide quotidiane, dimostrando grintae ottimismo anche in situazioni avverse,nella consapevolezza che il cambia-mento si costruisce attraverso l’impe-gno, il rispetto reciproco, l’esercizio deldiritto di pari opportunità. Le intervistate di questo numero sonoGabriella Spano, Tiziana Trevisi e le so-relle Flavia e Maria Assunta Trifoglio;queste ultime hanno scelto di condivi-dere l’intervista con la Voce, formulandoinsieme le risposte ai nostri quesiti. Nel numero passato sono state ospitidella Voce Biagina Calignano, inse-gnante di danza sportiva, Marilena Po-tenza, dottore commercialista, MariaRosaria Valentino, segretario provin-ciale dello Snals. Nel penutimo numerola Voce ha ospitato Carmen Cisternino,educatrice professionale; Daniela Co-sentino, docente di matematica; IlariaDel Bene, aspirante sommelier, e com-merciante; Sara Martano, modella e at-trice. In precedenza avevamo pubblicatole testimonianze di Luisella Albano, im-piegata, a lungo impegnata anche in po-litica e nel sociale; Soave Alemanno,deputato al Parlamento; Lucia Anticooperatrice culturale e pianista e Fede-rica Vallone, imprenditrice nel settoredel Catering e della gestione di eventi.I servizi dei Focus pubblicati nel numerofebbario scorso, di dicembre e di ottobre2018 si possono leggere sul sito www.la-vocedinardo.it

GABRIELLA SPANODal 1991 esercita la professione come me-dico di medicina generale a Nardò, dopodiverse esperienze a Roma, Verona e nelleprovince di Taranto, Brindisi e Lecce. È co-niugata con Ferruccio Pascali, psicologo-psicoterapeuta, ha tre figli, e due nipoti. Ilsuo lavoro di medico e gli impegni familiariassorbono la maggior parte della sua gior-nata, ama dedicare parte del tempo liberoalla lettura e alla creazione di oggetti di bi-giotteria

TIZIANA TREVISI È sposata con Michele Muci, dipendenteDirezione generale Asl, ed è madre di duefigli: Matteo di 14 anni e Asia, di 9. Laureatain Scienze dell’Educazione all’Università diLecce, si è specializzata nel linguaggiobraille e ha un master sull’autismo. Educa-trice nel Cnegi, scout laici, è impegnata nelvolontariato.

MARIA ASSUNTA E FLAVIA TRIFOGLIODa circa 30 anni condividono la gestione di“Evergreen” un negozio di fiori. Una espe-rienza che ha cementato il loro affetto chesi riverbera nella loro vita familiare. MariaAssunta è sposata con Giulio Vinaccia hadue figli: GianMarco e Maria Luisa. Flavia,sposata con Claudio Gaballo, ha anche leidue figli: Francesco e Andrea. Nel suotempo libero Maria Assunta si dedica allacucina mentre Flavia predilige dedicarsi alloshopping.

12 la Voce di Nardò

FOCUS

IL VIAGGIO DELLA VOCE NELL’UNIVERSO FEMMINILE CITTADINO ALLA SUA QUARTA TAPPA

Essere donna, con orgoglio“Lunga la strada per la parità”

medici uomo. Probabilmente la situa-zione è destinata a cambiare con leprossime generazioni, visto che attual-mente nei corsi di laurea in medicina ledonne sono la maggioranza».

Trevisi - «Purtroppo ancora oggi esisteun’evidente disparità tra uomo e donna,a mio parere, soprattutto nel mondo dellavoro. La donna non sempre riesce a ri-coprire ruoli importanti e retribuiti alpari dell’uomo e spesso viene discrimi-nata a causa della maternità».

Avete mai avuto difficoltà a far va-lere le vostre convinzioni e vi sietemai sentite trattata come “essereinferiore”? Esiste una “culturamaschilista” o c’è un abuso di que-sta “etichetta”

Spano - «Purtroppo esiste ed è difficileda superare una cultura maschilista chesi manifesta anche nell’ambito lavora-tivo. Infatti ho dovuto lottare non pocoper far valere le mie buone ragioni. Nonho mai permesso a nessuno di trattarmicon aria di sufficienza per il semplicefatto di essere una donna, anche a costodi “tirare fuori le unghie”».

Trevisi - «Non ho mai avuto difficoltà afar valere le mia convinzione, ne mi sonomai sentita considerata inferiore a nes-suno, compresi gli uomini. Ho avuto lafortuna di incontrare uomini intelligentie sensibili che non hanno mai messo indubbio il mio valore e il mio esseredonna impegnata nella famiglia, nel la-voro e nel sociale. Certo in alcune re-gioni d’Italia esiste ancora una culturamaschilista, dove la donna viene ancorasottomessa e trattata in maniera vergo-gnosa, ma si sono fatti e si stanno conti-nuando a fare numerosi passi avanti pernoi donne, vere e proprie conquiste».

Trifoglio - Sì. Purtroppo. A costo di es-sere ripetitive è un dato di fatto che ledonne percepiscano salari inferiori ri-spetto ai “ maschietti” e magari lavoranodi più. Secondo recenti stime in Italia ildifferenziale tra le buste paga di maschie femmine è di circa 3000 euro l’annolordi. Potranno sembrare pochi ma , aparte che non lo sono, è il principio cheavvilisce. E poi avete mai sentito di uo-mini “molestati” per strada ad esempioper l’abbigliamento? Di strada da fare vene è ancora molta.

Quotidianamente registriamo casidi violenza sulle donne. Una re-cente sentenza ha assolto degli stu-pratori perché la vittima “avevaun aspetto troppo mascolino”. Igiudici erano tre donne. Se le po-teste incontrare che direste loro?

Spano - «Gli episodi di violenza sulledonne rappresentano troppo spesso lenotizie d’apertura dei telegiornali e su-scitano, oltre a un senso di comparteci-pazione al dramma di chi è stato colpitoin prima persona, anche un senso dismarrimento che viene accentuatoquando i processi ai presunti autori siconcludono con sentenze che sembranoveramente irragionevoli. In relazione aquell’episodio, se le cose stanno real-mente come riportato dalla stampa, sirimane stupiti e sgomenti. Mi piace-rebbe poter chiedere chiarimenti alle tredonne che hanno costituito il collegiogiudicante. Uno stupro è un atto di inau-dita violenza, di violazione del dirittofondamentale di una donna di poter sce-gliere la persona con la quale condivi-dere l’intimità e ha conseguenze moltogravi e durature nel tempo. Un’accusadi stupro non può essere valutataavendo come metro di riferimentol’“appetibilità” o meno della vittima».

Trevisi - «Direi loro che la violenza vasempre condannata e non bisogna maitrovare attenuanti o giustificazioni. Nonsi può e non si deve mai mancare di ri-spetto e far perdere la dignità a chi ci staacanto anche se diverso da noi».

Trifoglio -Una sentenza che ha lasciatouna spiacevole sensazione e la perce-zione che la donna continui a essereconsiderata un “oggetto”. Vuoi perchéla violenza non può e non deve esseremai giustificata vuoi per la motiva-zione. Non riusciamo a comprenderla.Il fatto che a emetterla siano stati tregiudici donne non crediamo sia una di-scriminante. I giudici dovrebbero essereimparziali almeno lo speriamo».

Aldo Cazzullo in un suo libroscrive: “Le donne erediteranno laterra perché sono più attrezzate acogliere le opportunità che ab-biamo di fronte. Perché sannoamare e non perdono quasi mai lasperanza”. Voi la speranza la per-dete mai?

Spano - «Noi donne siamo corazzateperché rispetto agli uomini abbiamo do-vuto affrontare e superare un numeromaggiore di ostacoli. Difficilmente siperde la speranza, neanche quando si ri-schia di cadere sotto il peso delle re-sponsabilità. Generalmente ci si rialzasempre e più forti di prima».

Trevisi - «Sono ottimista e fiduciosaper natura, cerco sempre di guardare aldomani con speranza e serenità. Speroanche io, nel mio piccolo, di contribuireai cambiamenti per permettere ai mieifigli e alle generazioni future di viverein un modo diverso, magari ricco di va-lori e atteggiamenti che forse si sonopersi».

Trifoglio - Vorremmo dire: mai. Manon è così. Ci sono momenti nei qualici si sente fragili, impotenti ad affron-tare le difficoltà della vita. In quei mo-menti è importante avere al propriofianco gli “affetti”, le persone che ti vo-gliono bene. Erediteremo la terra? Ce loauguriamo ma vorremmo dividerla coni nostri cari.

Nardò nelle sue articolazionidell’organizzazione socialequanto pensa alle donne? Ritieneche i servizi per agevolare ledonne (asili nido, centri antivio-lenza e altre strutture) siano ade-guati?

Spano - «Credo che nella nostra città cisia una certa dotazione per quanto ri-guarda i servizi per agevolare le donne ele famiglie. Sicuramente si dovrebbe faredi più per potenziare quanto viene pro-posto sia dal pubblico che dall’iniziativaprivata e dagli enti del terzo settore».

Trevisi - «La mia città ha sempre rivoltoattenzione alle donne e continua a farloma c’è ancora tanta strada ancora dafare e i servizi non credo siano del tuttoadeguati alle necessità sul territorio».

Trifoglio - Crediamo che ci sia moltoda fare. Si sono fatti passi avanti manon basta. Ci piacerebbe che vi fosse unasilo nido pubblico, non tutti hanno lapossibilità di pagare il privato o dellestrutture dove le donne possano rivol-gersi con la sicurezza che venga garan-tita la privacy per poter discutere delleproprie problematiche. Non è facile maci si dovrebbe provare».

GABRIELLA SPANO

“In molte aziende continua a essere alimentato un climasfavorevole nei con-fronti delle donne cheintendano affrontareuna maternità”

TIZIANA TREVISI

“Guardo al domanicon speranza e sere-nità. Dobbiano permet-tere alle generazionifuture di vivere in unmodo diverso, ricco divalori che forse si sonopersi”.

FLAVIA TRIFOGLIO

“Sembra che dobbiamodimostrare sempre qual-cosa. Rispondete voi: ègiusto che le donne per-cepiscano salari infe-riori, a parità di lavoro,rispetto agli uomini?”

MARIA ASSUNTA TRIFOGLIO

“Ci sono i momenti difragilità, ma bisogna superarli con coraggio e facendo affidamentosugli affetti delle persone care”

MAGGIO 2019 13

Imeno giovani di noi ricorderanno,forse, un libro dello scrittore sve-dese Per Olof Ekstrom, pubblicatonel 1951, dal quale fu tratto unomonimo film molto controversoper l’epoca, che tuttavia vinse

l’Orso d'oro al festival cinematografico diBerlino del 1952, che si chiama appunto“Ha ballato una sola estate”.Si tratta di una storia d’amore, drammaticae contrastata, tra il diciannovenne Goran ela diciassettenne Kerstin, che si incontranoin vacanza e intessono una relazione chesi sviluppa e si conclude con la tragicamorte di lei nel breve volgere dell’estate.Mi è sembrata la fedele metafora del bre-vissimo idillio che sta caratterizzando lavicenda politica dei due giovani virgulti dicasa Lega e 5 Stelle, che si avvia a una ra-pida e cruenta conclusione con la dipartita- altrettanto metaforica - del giovane Gig-gino Di Maio.La settima vittoria consecutiva del centro-destra a trazione leghista nell’ennesima re-gione, la Basilicata, strappata alcentrosinistra, è coincisa con un’ulterioree clamorosa sconfitta del Movimento gril-lino, che ha più che dimezzato in un soloanno i voti ottenuti alle Politiche del marzo2018.E che si tratti di una tendenza ormai con-solidatasi a tutto vantaggio della Lega lodimostra l’analisi dei flussi elettorali checi dice come oltre 17 punti percentuali (dei22 persi dai pentastellati nella terra di Ora-zio ) siano transitati direttamente nel car-niere di Salvini, che ha così più chetriplicato i consensi a sua volta ottenuti inoccasione della elezione delle Camere.Insomma, la - un tempo - premiata dittaCasaleggio, Grillo, Di Maio si sta semprepiù trasformando in una sorta di moscacocchiera della penetrazione leghista nelMezzogiorno, attraverso la cessione diquote decisive di elettorato che, a parti in-vertite, nel Settentrione rimane invece sal-damente ancorato al carro, anzi alCarroccio, salviniano.E che di mosca cocchiera si possa appro-priatamente parlare, si deduce dai ruoli checaratterizzano le iniziative messe in can-tiere dal governo giallo-bruno.

C’è un problema TAV, che non è poi cosìdecisivo per la credibilità e la tenuta dellaLega in Piemonte? Chi ne ferma o, quan-tomeno, ne rallenta la realizzazione, met-tendo sotto scacco la sindaca pentastellatadi Torino? Il duo Toninelli-Di Maio. C’èda mettere la faccia sulla repentina retro-marcia su questioni ambientalmente sen-sibili per la Puglia, come TAP e ex ILVA?Chi ce la mette? Ancora una volta una mi-nistra grillina, la pugliesissima Lezzi.C’è da impantanarsi nell’intricata vicendadel reddito di cittadinanza, con contornodi navigators e di alchimie contabili perl'individuazione degli aventi diritto? An-cora una volta il prode Di Maio, seguito aruota dai pasdaran Fico e Di Battista, mo-stra il petto ai fucili. C’è da segregare unacinquantina di poveri migranti su una naveitaliana in un porto italiano? Ci pensa Sal-vini, ma Toninelli e Di Maio si voltanodall’altra parte e, anzi, gli votano l’assolu-zione in Parlamento. Da ultimo, c’è da to-gliere le castagne dal fuoco al miticoMatteo, che da tempo si applicava a traf-ficare con la Cina attraverso i suoi pleni-potenziari, ma che voleva evitare icontrapposti strali del sovranista Trump edel generoso Putin, e chi ci pensa? Semprelui, Giggino da Pomigliano d’Arco, chevola subito a New York, dopo la firma ap-posta dall'altro mitico Giuseppe Conte daVolturara Appula al memorandum predi-sposto dall'imperturbabile primo ministrocinese Xi Jinping.E così Salvini naviga a vele spiegate versol'ennesimo successo elettorale, quello alle

Europee del prossimo 26 maggio, che pro-ietterà nella massima assise strasburgheseun nutrito drappello leghista, senza più ca-micia verde ma con l’immancabile spil-letta al bavero, che alimenterà laverosimile costituzione del gruppo dell'in-ternazionale sovranista, puntando a minaredall'interno i già precari equilibri del-l’Unione europea.E quì si giocherà la vera partita dalla qualedipenderanno i destini di centinaia di mi-lioni di cittadini che popolano il VecchioContinente. Infatti, o gli Stati, fondatori enon dell’Europa unitaria, riusciranno a ri-scrivere un nuovo patto associativo fattodi più solidarietà e meno vincoli, di mag-giore integrazione socio-politica e minoredifesa degli egoismi territoriali, o si apriràun periodo buio e periglioso che, dando li-bero sfogo alle pulsioni sovraniste, senzapiù temperamenti di sorta, riprodurrà ilclima antecedente l'esplosione dellaGrande Guerra, quella del 1915-18, che,partendo da un’Europa in preda ad un'iste-ria collettiva, devastò l'universo mondo eprovocò milioni di morti, un secondo con-flitto generale e decenni di instabilità e dicrisi. Con l’aggravante che un secolo fa,agli albori del 1915, non c’erano gli appa-rati di distruzione di massa che sono oggialla portata anche di stati microscopici(vedi Siria, Israele e Corea del Nord) e, so-prattutto, non entrarono in gioco (se nonmarginalmente) né la polveriera Africa néil colosso cinese, divenuto nel frattempouna superpotenza nelle solitarie mani delnovello imperatore Xi Jinping. Scenari di

guerra non strumentalmente adombrati,ma probabile evoluzione di una situazioneche, se non riportata rapidamente sottocontrollo, potrebbe solo generare distru-zione e macerie del genere umano.Questa, quindi, è la vera posta in palio delfuturo confronto elettorale: non un sem-plice scontro tra europeisti convinti e an-tieuropeisti di professione, bensì una verae propria scommessa sui destini delle fu-ture generazioni.E in Italia, malgrado questo scenario in-quietante alle porte, si fa pericolosamentestrada una nuova forma di razzismo a tuttocampo, che trae origine dall’incattivi-mento seminato a piene mani in questi ul-timi anni da chi ha fatto dell’aggressioneverbale e mediatica l'unico strumento dilotta politica che poi la Lega, ripresasidalle scorribande dell'era bossiana, ha ca-valcato per dare una decisa spinta ad unaSocietà impaurita e indifesa verso posi-zioni di estrema destra, nell’incapacità diuna sinistra balbettante a percepire il peri-colo che il Paese stava correndo.Dall’uomo della strada al fornaio, daltranviere al poliziotto, dalla vecchietta af-francatasi dall'infatuazione berlusconianaal giovane ritornato alla ritualità e allasimbologia nazifascista di Casa Pound,persino nelle esternazioni di alcuni magi-strati (come il Presidente del Tar di Bre-scia all’inaugurazione dell’annogiudiziario), si sta tornando ad una con-clamata forma di razzismo violento cheparte da “prima gli Italiani” ma che de-genererà rapidamente in “prima i Setten-

trionali” e forse finanche nel “prima iLumbàrd” di bossiana memoria.Insomma, la disgregazione progressivadell’Unità d’Italia, lo sgretolamento stri-sciante della Carta Costituzionale, l’ul-teriore aggravamento della situazionesocio-economica del Paese impongonoagli spiriti più avvertiti, alle coscienzepiù salde di ricostruire il fronte di unanuova Resistenza, pacifica ma ferma, de-terminata e lucida, in grado di opporsi aquello che appare come un ineluttabiledestino che si sgrana, voto dopo voto, inuna sorta di commedia degli inganni cherischia di trasformarsi in tragedia dellefuture generazioni.E questa riscossa, questa sorta di linea Ma-ginot della resistenza politica e socialedegli Italiani che non amano né le derivepopuliste e tanto meno le miopi rivendica-zioni sovraniste, deve partire proprio dalSud, da quest’area immersa nel Mediter-raneo alla quale il dipanarsi della Storia haaffudato questo ruolo cruciale di cernieradella solidarietà ma anche il compito dif-ficile ed esaltante di baluardo delle libertà.La contrapposizione tra gli egoismi delleregioni opulente e l'arretratezza delle re-gioni meridionali non puo risolversi im-boccando la facile scorciatoia che porta aconsegnare la chiave dei destini delle no-stre genti nelle mani di chi, nella sciatteriadelle classi dirigenti del Mezzogiorno, ha- dal Risorgimento ai giorni d’oggi - trac-ciato un solco sempre più profondo tra laparte più sviluppata d’Italia e un Sud sem-pre più negletto e abbandonato al propriodestino.L’autonomia differenziata o, come l'habrillantemente definita il Prof. Viesti - lasecessione dei ricchi -, completerà irrime-diabilmente questa separazione fisica edamministrativa, sospingendo il territoriomeridionale verso una deriva irreversibilee letale. E che questo accada grazie ai votiinconsapevoli del Mezzogiorno è la verabeffa che produrrà il danno irreversibileche ne seguirà.Anche per noi meridionali, dunque, si av-vicina tragicamente la fine di un ballo cheè durato una sola estate!

Gongolo

Un contratto, per definizione, è un accordotra due o più parti per regolare tra loro unrapporto giuridico. Quando in politicaqualcuno ha deciso di farne uso, al finedi fornire garanzie in ordine all’attua-zione del suo programma elettorale, ab-

biamo assistito alla sottoscrizione in diretta televisiva diun contratto da parte di un solo contraente, ossia del re-sponsabile nazionale di una forza politica.Era sottinteso, ovviamente, che la firma dell’altro contra-ente, ossia del popolo italiano, sarebbe avvenuta con ilsemplice segno di croce, a favore del Partito di riferi-mento, che gli elettori avrebbero apposto sulla schedanella consultazione elettorale per il governo del Paese. Oggi si torna a discutere del contratto in atto per il go-verno della nostra Nazione, con una variante rispetto alpassato, perché il nuovo contratto è stato sottoscritto nonpiù da due parti ma da tre, ossia da due forze politiche edai cittadini elettori. La prima considerazione è che a prescindere dai loro con-tenuti e dai giudizi espressi dalla “minoranza” degli elet-tori che non li hanno condivisi, questi contratti nondifferiscono sostanzialmente dai programmi elettoralipresentati agli elettori da anni, a cura di quanti si sonocandidati per accedere all’interno delle istituzioni a tuttii livelli, perché potevano e potranno essere disinvolta-mente ignorati, rispettati parzialmente o totalmente senzaalcun pericolo per il potere acquisito. La sola conseguenza è stata e sarà che i cittadini elettori,per esprimere la loro soddisfazione o insoddisfazione at-traverso il loro voto, dovranno attendere la scadenza delcontratto, ossia la fine del mandato, quando gli interessatiavranno esercitato, spesso indegnamente e impunemente,il loro potere e avranno avuto tutto il tempo di reclutare efidelizzare un autentico esercito di sostenitori spesso at-traverso forme di clientelismo, sufficiente a garantire lorouna nuova elezione.A giudicare dai risultati delle urne, dobbiamo prendereatto che i contratti in questione hanno avuto molto suc-cesso, al punto da consentire ai proponenti di governare

il Paese grazie a una massiccia maggioranza di consensi,che, a detta dei recenti sondaggi demoscopici, perduraanche se meno convinta e meno entusiasta.Oggi, in relazione all’ultimo contratto, notiamo che la di-versità culturale delle due forze di governo ha causato na-turalmente incomprensioni, disagi, contrasti interni eperfino defezioni che provocano polemiche, alcune fina-lizzate a mettere a repentaglio la stabilità del governo, masulle quali non intendiamo soffermarci o esprimere giu-dizi, perché riteniamo sacra la libertà di pensiero, di in-formazione e di stampa, che va sempre e comunquericonosciuta e salvaguardata. A parte questo, però, riteniamo non si possa più soppor-tare che i massimi responsabili della nostra politica na-zionale continuino a utilizzare ancora impropriamenteil termine contratto, svuotandolo delle esplicite rigorosesanzioni e delle pesanti penalizzazioni in caso di ina-dempimenti totali o parziali, previste di norma da tutti icontratti.Noi siamo convinti che un impegno formale e solennecon certezze e garanzie per i cittadini potrebbe essere untentativo da sperimentare, in attesa che il “civismo”, fontedi una contrattazione politica sempre più ampia, trovi unasua definizione e non si riveli per quello che sono in moltia credere, ossia il tentativo di nascondere le difficoltà didarsi una identità politica che i padri della nostra Costi-tuzione avevano attribuito ad aggregazioni di persone at-torno a idee, principi e valori in una visione ben definitadi società. Ci riferiamo ovviamente ai Partiti.Certo è che questo perverso modo di intendere e fare po-litica, ormai consacrato dal tempo, rischia di perpetuarsiin eterno, perché risulta proficuo e non comporta alcunpericolo e nessuna condanna nell’immediato per l’attualeclasse politica.Ebbene, a questo punto, pensiamo che ogni limite di sop-portazione da parte dei cittadini italiani sia stato superatoe per evitare una pericolosa, passiva, inerme rassegna-zione occorre al più presto dotarsi di nuove regole cheimpongano ai responsabili del governo delle istituzioni atutti i livelli, di calendarizzare entro tempi ragionevoli

l’attuazione del loro programma elettorale e dei progettioltre a obiettivi nello stesso contenuti, al fine di dare aicittadini elettori la possibilità di verificare costantementee attentamente la fedeltà dei governi delle istituzioni agliimpegni assunti, con conseguente possibile immediatacondanna e sospensione della loro attività, nel caso in cuiritardi e inadempienze si rivelassero particolarmentegravi.Questa impellente necessità, discussa e condivisa in pas-sato, in occasione di alcuni confronti politici, nell’ultimaelezione per il governo della nostra regione, venne presain considerazione, purtroppo senza successo, da un can-didato a governatore della Puglia.Questi, infatti, intervenendo sul tema, presentò un suoprogramma che prevedeva precisi obiettivi annuali, ossiaun cronoprogramma con contestuale sottoscrizione di undocumento, con il, quale si impegnava a dare le dimis-sioni in caso di inadempienze allo scadere di ogni annodi mandato. Era l’inizio di un percorso nuovo e difficilenel quale gli elettori non hanno creduto. Noi restiamoconvinti della sostenibilità della scelta, perché un pro-gramma di governo, a qualsiasi livello, dovrebbe conte-nere semplici e chiare proposte nel rigoroso rispetto dellepriorità sancite dalla carta costituzionale in ordine ai dirittiinviolabili e fondamentali della persona, con particolareriferimento alla salute, al lavoro, alla libertà di pensiero edi stampa oltre a quelli per la convivenza civile. Pensiamoa una sorta di questionario, concordato nella forma e nelcontenuto per rispondere a tempi e modalità per la tuteladi tali diritti, attraverso una loro declinazione, perché dob-biamo prendere atto che da anni le promesse e gli impegnirelativi a tali diritti sono stati espressi in maniera confusae disordinata, secondo priorità di convenienza che do-vrebbe essere abbandonata, accogliendo uno schema dipriorità sulle quali confrontarsi per consentire ai cittadinielettori di decidere sul loro futuro.Il confronto tra i vari programmi sarebbe più facile e lecertezze e garanzie renderebbero il confronto più “civile”e più partecipato.La garanzia e l’efficienza di adeguati e tempestivi servizi

sanitari in particolare, dovrebbero costituire una prioritàassoluta, perché il diritto alla vita è sacro e inviolabile eper essere tale non può essere di fatto negato e mortifi-cato, costringendo i cittadini a ricorrere a strutture privateo lontane dalla propria residenza e prescrivendo farmacia pagamento inaccessibili per una fascia di indigenti sem-pre più in crescita.Il lavoro nella comunità che si amministra dipende da unosviluppo economico programmato e sostenuto con pro-getti a medio e lungo termine, espressione di volontà po-litiche e di interventi professionali qualificati.La consapevolezza e diciamo pure la paura, l’incubo cheil proprio mandato a qualsiasi livello possa essere inter-rotto per il mancato rispetto degli impegni assunti, po-trebbe costringere i vari soggetti presenti nelle Istituzionia una maggiore serietà e correttezza.Nel contempo l’indispensabile chiarezza degli stessi pro-grammi oltre alla possibilità di un semplice confronto,consentirebbe ai cittadini di esercitare la loro cittadinanzaattiva e di esprimere il loro diritto/dovere al voto con lanecessaria consapevolezza ed il dovuto senso di respon-sabilità. Potremmo in tal modo diffondere anche una co-noscenza ampia e articolata su competenze e prerogativedelle istituzioni, dal livello nazionale a quello comunale,e ribadire diritti inviolabili dei cittadini, consentendo lorodi esprimere giudizi ponderati su chi di fatto impedisceloro l’esercizio di tali diritti.L’insuccesso del candidato al governo della Regione Pu-glia, cui abbiamo accennato sopra, a nostro giudizio, nondovrebbe indurre alla conclusione che il progetto politicosottoposto agli elettori debba essere considerato irrealiz-zabile, perché tante idee, tanti ideali, che un tempo sem-bravano irrealizzabili, si sono tradotti poi in realtà.Pertanto non dobbiamo rassegnarci, ma continuare a lot-tare, affinché anche questa speranza che a molti può sem-brare un’utopia, possa concretizzarsi presto con unaadeguata preparazione in vista delle prossime consulta-zioni elettorali, nell’intento di restituire ai cittadini quellaautentica sovranità oltre a una conoscenza completa dellecompetenze e responsabilità dei vari livelli istituzionali. Le dichiarazioni con le quali molti pseudo politici sosten-gono di “avere” o “disporre di voti” dovrebbero conside-rarsi offensive e denigratorie nei confronti dei cittadini,perché discendono da una convinzione lesiva della lorodignità. Infine, quand’anche la nostra speranza restasse un’utopia,dobbiamo continuare a crederci, nella palese condivisionedel contenuto di una celebre frase secondo la quale“Senza utopie il mondo non cambierebbe”.

LE PICCONATE diGongoloxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

Ha ballato una sola estate

di FERNANDO FIORITO

A PARER MIO

Si fa presto a dire “Contratto”Ma poi gli accordi si rispettano

la Voce di Nardò14

MAGGIO 2019

“La politica è schifosa e fa malealla pelle”, cantava il grandeGaber negli anni 80. Come nondargli ragione, assistendo all’in-verecondo spettacolo fornitodagli attuali politicanti al potere.

BRUTTA ARIA, DA ROMA A BARI, A NARDÒ - DaRoma a Nardò passando per Bari lo spettacolo è depri-mente. A Roma Salvini e Di Maio litigano come galliin un pollaio facendo “ammuina” sulla pelle degli ita-liani. A Bari il governatore Emiliano, amico dei fascistied espressione di un centrosinistra diviso e in crisi diidentità, sta dando un colpo mortale a una regione giàdepressa economicamente. A Nardò “ragazzotti in crisipreadolescenziale” “giocano” con le istituzioni, facendostrame di ogni forma di democrazia. È di questi giornil’ennesima sostituzione di un assessore, il quinto inmeno di tre anni, da parte del sindaco Mellone. Nel gen-naio 2017, a soli sei mesi dalla nomina, venne estro-messa Daniela Dell’Anna. La sua sostituzione,comunicata laconicamente con i ringraziamenti di rito,non ebbe spiegazione alcuna da parte dell’Amministra-zione. A sostituirla venne chiamata Stefania Albano, pu-pilla politica e cognata dell’ex sindaco Vaglio, che neltempo aderì alla Lega per Salvini avendo come compa-gni di viaggio Cesare Dell’Angelo Custode e GiuseppeAlemanno. Nell’agosto 2017 Mellone “fa fuori” ben tre assessori:Francesco Plantera, quello dell’“estate più bella delmondo”, Giulia Tedesco, e il “padre putativo” GrazianoDe Tuglie. La spiegazione: “… ho rilevato lentezze eamnesie… una giunta più giovane..”. Al loro posto Giu-lia Puglia, Ettore Tollemeto e l’immarcescibile NatalizioMino, buono per tutte le occasioni. Aprile 2019. Nell’uovo di Pasqua la Stefania Albano trova una sgra-ditissima sorpresa. La sua “cacciata” dalla giunta. Anchequesta sostituzione o trombatura che dir si voglia comu-nicata con un “ ringrazio di cuore per la disponibilità el’impegno…”, da parte del Sindaco. Una sostituzioneannunciata. Faceva parte dell’accordo di potere strettoda Mellone con Vaglio e Cesare Dell’Angelo Custode.Le cronache dicono di un Vaglio furibondo e di una Al-bano prostrata e ferita nell’orgoglio. Ma la dottoressanon dovrebbe lagnarsi. Le è stato riservato lo stesso trat-tamento che era stato adottato per la dottoressa Del-l’Anna, della quale ricordiamo le parole di commiato:“Sono stata sacrificata per l’inciucio con altro consi-gliere (Vaglio - n.d.r.) e sostituita con la di lui cognata”.Verrebbe da dire: “Chi la fa l’aspetti”…

BERNADDETTA CHI? - A sostituire Stefania Albano èla professoressa Bernaddetta Marini. Sconosciuta ai più.Sembra non abbia mai partecipato all’agone politico. Imotivi di tale scelta? Non pervenuti. Almeno ufficial-mente. Radio palazzo dice che fa parte del gruppo le-ghista che si richiama a Cesare Dell’Angelo Custode eAntonio Filograna, del quale è cognata. La novità non è una novità. Il gruppo di riferimento po-litico è composto da “vecchi fantasmi”, quei “fantasmi”che Mellone diceva di voler rottamare. Dell’Angelo Cu-stode ha amministrato con Risi e Filograna Antonio diRisi è stato assessore, oltre ad aver ricoperto la carica divicesindaco nel periodo 1994-95 con Vaglio sindaco diCentrodestra. Più “fantasmi” di così…Vedremo se laprof. Bernaddetta sconfesserà la linea adottata da Tolle-meto sul centro storico. A oggi non ha rilasciato dichia-razioni in proposito.

IL SILENZIO DI ETTORE E MARIA GRAZIA - Intantova detto che in questo valzer di poltrone e poltroncineescono ridimensionati Ettore Tollemeto e Maria GraziaSodero. I due sembrerebbero caduti in disgrazia doponon aver votato la delibera dell’affido dei campetti di

via Kennedy a un’associazione privata con l’aggravante,per Tollemeto, di non aver disinnescato la “bomba” cen-tro storico. E c’è chi addirittura si spinge a preconizzareuna loro sostituzione in futuro. Improbabile secondo noi. Ovviamente nessun commento da parte dei pasdaranmelloniani. Tacciono, come sempre, i Giuranna, i Tol-lemeto, Sodero, Lupo e i cantori del “rivoluzionario”.Non un cenno di solidarietà, di vicinanza ai “trombati”.La paura fa novanta. Meglio star zitti che rischiare diperdere il posto faticosamente conquistato. La rivolu-zione melloniana è finita da un pezzo. Anzi non è maicominciata. La politica non gioca nessun ruolo. È solouna spartizione di poltrone. Squallidi giochi di potereche cercano di coprire le miserie e i veleni.

I LUMINI E GLI AVVOCATI - Miserie e veleni testimo-niati anche dalla vicenda “cimitero”. Mellone, con i so-liti manifesti, annuncia l’ennesima “promessamantenuta” ovvero la diminuzione della tariffa sul “lu-mino cimiteriale”. Il Sindaco dimentica di dire ai nere-tini quanto è costata alle casse comunali, ergo alletasche dei neretini, la disputa legale con la ditta Borgiaprotrattasi per ben due anni. C’è chi sostiene 200mila

euro. Lo sapremo. Anche la metà sarebbe comunqueuna cifra notevole. Mellone e il suo legale dovrebberospiegare ai neretini perché si è addivenuti a un accordopoco prima del pronunciamento del Consiglio di Statosulla vicenda e del perché non si è cercata prima un’in-tesa. Forse paura di perdere la causa, com’è accadutocon le associazioni del centro storico e rimediare l’en-nesima figuraccia?

L’AFFAIRE GERONTOCOMIO - Intanto un’altra granasi preannuncia per la giunta Mellone se dovesse corri-spondere al vero quanto dichiarato dall’ex sindaco Mar-cello Risi. Secondo Risi la vendita dell’ex gerontocomiosarebbe “viziata” e da considerarsi nulla. Se così fosse,davvero a Mellone e i suoi non resterebbe che… espa-triare. Mancano uomini e idee. Non esistono meccani-smi di selezione e formazione della classe dirigente. Sidiventa “politici” improvvisandosi tali. Dove sono lapassione ideale e civile, le motivazioni nobili e sincere? È propro vero che “è solo una lotteria in cui furbizia eaffiliazione sono gli unici criteri, insieme alla fortuna”.Non lamentiamoci se la gente considera la politica “ilrutto del potere”. La colpa è di tutti. (Nello Asi)

L’aggiuntadelle cognateLA CONTRORIVOLUZIONE/TRA VALZER DELLE POLTRONE E GIOCHI DI POTERE

IN - Il sindaco Mellone con l’assessore Bernaddetta Marini (a sinistra)OUT - Il sindaco Mellone con l’ex assessore Stefania Albano (sotto)

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15

16 la Voce di Nardò

IL RAGLIO DELL’ASINELLO FATTI E MISFATTI A PALAZZO PERSONÈ E NELLE STANZE DELLA POLITICA CITTADINA

AUMENTO DEL 14,50 DELLA TASSA SUI RIFIUTI PER IL 2019, DOVEVA ESSERE RIDOTTA DEL 30 %. E LA CITTÀ È SPORCA

Raglia e scalcia ilnostro Asinello.Quando si incazza

sembra quasi un... toro.Ah, il toro: il simbolo dellanostra amata Città. Loama, questo paesone,anche il nostro irriverenteAsinello. E proprio perchévorrebbe una Nardò piùbella e vivivibile, non ri-sparmia critiche feroci achi predica bene e razzolamale. A quanti, annebbiatidall’autoreferenzialità,perdono il senso delle isti-tuzioni e del dovere chesono chiamati a svolgere aPalazzo, al servizio dei cit-tadini. Di quei cittadiniche li hanno designati adamministrare il bene pub-blico, con una delega atempo, nei limiti impostidalla legge e dal buon-senso, con onore e decoro.E allora, forza Asinello. Raglia e tira calci a chi li

merita. Per il bene diNardò.

[email protected]

Pippi #staisereno #perilmomento

TARI + bugie + tasse. E i neretini paganoL’amministrazione Mellone aumenta la tassa sui rifiutiper il 2019 del 14,50%Questa la verità nonostante le puerili scuse addotte dasuperPippi e compagnia bella.

Le bugie In campagna elettorale Mellone promette la riduzionedella TARI del 30%. La realtàNel 2017 la Tari viene ridotta del 10%2019 la TARI viene aumentata del 14,50% . La matema-tica non è una opinione.

Le bugieMellone afferma che la responsabilità dell’aumento dellaTARI è della precedente amministrazione Risi. Incolpaanche il governo Renzi e l’attuale opposizione che nongli avrebbe consentito di approvare un impianto di com-postaggio dei rifiuti in località Pendinello.La realtàAmmesso e non concesso che l’amministrazione Risiabbia lasciato dei “buchi” di bilancio e che il governoRenzi abbia adottato nuove disposizioni, gli assessori alBilancio Lupo e l’assessore all’Ambiente Natalizio nonse ne erano accorti? Mellone forse non ricorda che diquella amministrazione facevano parte Natalizio, Mac-cagnano e Dell’Angelo Custode, oggi tutti con lui. Bisognerebbe licenziarli in tronco. Mellone ha in consi-glio una maggioranza schiacciante, 18 consiglieri su 24.

Può, come in altre occasioni, approvare ciò che vuole.Ha avuto paura dei “quattro gatti” dell'opposizione? Sesì, se ne vada a casa.

Le bugieMellone il 14 giugno 2018 scrive: “L’impianto di com-postaggio si farà a Soleto. Basta con i vecchi signori dellediscariche... porteremo l’umido a Soleto... tutto a van-taggio dei neretini… Noi lavoriamo per abbassare le bol-lette…”. Mellone il 18 giugno 2018 scrive: “Raccontano cose chenon esistono. Ma è ora di dire basta. Con queste bugiespaventano le persone, i turisti, le imprese. Ho provve-duto a sporgere denuncia querela nei confronti dei cinqueconsiglieri di opposizione e del segretario del PD locale...un atto utile a scatenare odio sociale e paura, montandopolemiche su un impianto che non si farà a Nardò... Lanotizia è totalmente falsa”.

La realtàIl sindaco Mellone, con il sostegno dell’assessore al-l’Ambiente Natalizio e di tutta la maggioranza, annunciadi essere favorevole alla costruzione di un impianto dicompostaggio a Nardò per poi ridurre la TARI e di volerchiedere ai neretini il loro assenso con referendumMellone deve essere molto confuso. Nel 2018 diceva dinon volere l’impianto di compostaggio e che chi avevadiffuso la notizia che si sarebbe fatto a Nardò alimentavaodio sociale, tanto da querelare queste persone. Oggi è

lui che vuole l’impianto di compostaggio a Nardò. ErgoMellone alimenta l’odio sociale, spaventa turisti e im-prese, dovrebbe autoquerelarsi e querelare tutta la suamaggioranza. Chi volesse divertirsi vada sulla bachecafb del Sindaco Mellone alla data del 14 e 18 giugno 2018e legga i commenti dei suoi supporter. Esilaranti. Spic-cano quello del consigliere Verardi che scrive: “Bene hafatto il Sindaco a fare chiarezza! La gente deve capire ladifferenza tra chi c’era ieri e chi invece governa oggi” equello di Tony Romano che scrive: “l’impianto di com-postaggio si farà a Soleto e non a Nardò…”. Egregi si-gnori Verardi e Romano, non vi vergognate un po’?

Le bugieMellone nel consiglio comunale del 28/3/2019 affermache nel suo programma elettorale la riduzione della tassadei rifiuti del 30% promessa era legata alla costruzionedegli impianti di smaltimento.

La realtàNelle pagine del programma elettorale di Mellone, sca-ricabile facilmente da internet, non vi è menzione alcunadi tale affermazione. L’unico riferimento ai “rifiuti” è apagina 5 dove si legge: “Piano organico per la raccoltadifferenziata dei rifiuti con modalità che aumentino effi-cacia ed efficienza e riducano costi e tariffe”.

Le tariffe sono aumentate e Nardò è sempre più sporca. Amministrazione Mellone = + bugie +tasse

Che Mellone possa governareper altri due anni crediamonon ci siano problemi. Permeriti suoi, ma soprattuttoper demerito dei suoi oppo-

sitori. Il PD in particolare “specialistamondiale in autogol”. Come sindaco,Mellone ha fatto poco e niente salvo an-nunci strabilianti di pensiline, stradeasfaltate, giostrine per bambini, rotatoriecostose e poco utili. Ha il merito di riu-scire a tenere uniti i consiglieri comunaliche fanno riferimento alla sua maggio-ranza che o per convenienza e paura diandare a casa e non sapere come sbarcareil lunario alcuni o per timore di perdere il“posto al sole” faticosamente conquistatoaltri credono, obbediscono e combattanoal suo fianco come tanti soldatini di pla-stica. I suoi meriti terminano qui. E quicominciano i demeriti dell’opposizione. Il PD e LEU sono ectoplasmi. Non hannoanima e identità. Nessuna iniziativa pub-blica o proposta concreta su temi digrande attualità a partire dal centro storico.I consiglieri comunali di loro riferimento,salvo firmare comunicati e postare su fbriflessioni altro non fanno. O megliofanno danni. Il capogruppo Piccione va abraccetto con quell’Emiliano che è il prin-cipale artefice dei successi di Pippi egiunge a presentarsi all’inaugurazione,con il riesumato Pellegrino Gianni, dellaUDT a fianco dell’avversario Sindaco. Inprovincia governa con il suo avversarioneretino Tondo. L’ex enfant prodige del PD Lorenzo Sici-liano denota limiti, che speriamo siano do-vuti all’età, di coraggio. In politica,quando si prendono posizioni su situa-zioni che si ritengono giuste non si fa mar-cia indietro chiunque ci si trovi davanti. Sideve avere il coraggio di lottare indipen-dentemente dagli avversari. Siciliano Lo-renzo di “mazzate” ultimamente ne haprese parecchie. Senza reagire. Piccione eSiciliano sono separati in casa. E il segre-tario del PD latita. Roberto My di LEU èin evidente difficoltà, da solo non riesce a

incidere sulle questioni comunali. Il suo“gruppo” non esiste. Tutti generali. CarloFalangone, che per l’esperienza acquisitapoteva e doveva cercare di essere il leaderdell’opposizione consiliare non si capiscedove e con chi stia. Mai un intervento, maiuna presa di posizione forte e decisa.Giancarlo Marinaci, che sembra a livelloprovinciale far riferimento a Fitto quindial centrodestra, non sì capisce che “pescesia”. Firma documenti con l’opposizionema sforna comunicati personali ambigui,i maligni asseriscono che vorrebbe spode-stare Giuranna. Pia illusione. La consi-gliera Mita è ancora da decifrare ma cisembra piuttosto “mite”. Non è stata rie-letta al Consiglio provinciale. Poco male avrà più tempo per dedicarsialla politica cittadina e riflettere sull’in-coerenza del centrodestra nel quale milita.La Mita, dopo la vittoria del CSX con Mi-nerva appoggiato da Mellone alla Provin-cia, abbandonò la maggioranza di PalazzoPersonè per prendere le distanze dal “tra-ditore” Mellone. Ricordiamo che nell’oc-casione il Centrodestra salentino“espulse” Mellone dalla sua coalizione.Oggi il CDX ha riaccolto a Lecce Mel-lone. La Mita dovrebbe trarne le debiteconseguenze. Certo è che nell’opposizione tutti hanno il

“braccino corto” se si tratta di tirar fuorisoldi. Avrebbero potuto mettere KO Mel-lone con le vicende “campetti “ di viaKennedy e aumento TARI. Hanno solofatto il solletico. Sulla vicenda campettiavrebbero potuto cercare di presentare ri-corso al TAR e non lo hanno fatto.La motivazione: ci vogliono soldi.Avrebbero potuto chiedere la verifica delrispetto delle norme della determina di af-fidamento e non lo hanno fatto. Siamo inattesa di vedere come capitalizzeranno lecirca 800 firme raccolte. In relazione al-l’aumento della TARI hanno subito le vol-gari accuse di Mellone in consigliocomunale senza fiatare. Ma questi sonofatti loro. Una cosa è certa le querele nonsi annunciano, si presentano e si pubbli-cizzano. Altrimenti si perde ancor più dicredibilità e si corre il rischio di far pas-sare il messaggio che anche le più spudo-rate bugie possano avere un fondamentodi verità. È grave che l’opposizione non abbia cer-cato di mobilitare l’opinione pubblica conmanifesti, volantini, incontri. A parti in-vertite siamo sicuri che Mellone avrebbeinvaso Nardò di megamanifesti e nonsolo. Anzi con una incredibile faccia tostalo ha fatto il suo “braccio armato” AndareOltre sulla questione TARI. Si paga il

prezzo di una crisi di credibilità, di man-canza di passione, di unità di intenti.Ognuno pensa al proprio orticello. A man-tener viva la speranza che Nardò possacambiare una miriade di associazioni chesi spendono nel tentativo di far compren-dere come la rivoluzione annunciata daMellone sia miseramente fallita e chel’azione politica della sua maggioranza siasolo e soltanto “fuffa”. Ma anche lorovanno in ordine sparso e se l’intento è no-bile i risultati tardano a venire. Se vi fosseun centrosinistra “normale”, si lavore-rebbe a unificare le varie forze presenti sulterritorio mettendo da parte litigi, gelosie,primogeniture, ambizioni. Qui non si marcia divisi per colpire uniti.Si marcia divisi e basta. Non serve blan-dire gli attuali componenti la maggioranzanella speranza che prima o poi qualcunoabbandoni il “capo”, non lo faranno mai.Chi ha venduto la propria anima, conti-nuerà a metterla in vendita al miglior of-ferente. Non servono le sante alleanze,non serve “contaminarsi con tutti” di Emi-liano memoria, non serve cercare di ap-prontare due, tre liste che altro non fannoche aumentare una frammentazione cheagevola solo e soltanto gli attuali gover-nanti. Viene spontaneo credere che a Si-nistra prevalga l’istinto suicida. Fra due anni si voterà per il rinnovo delConsiglio comunale. Il centrosinistra puòriprendere Palazzo Personè. A condizioneche torni a parlare con la gente, che torninelle periferie, che faccia un bagno diumiltà per tornare a essere credibile e pro-porre una alternativa valida al populismoimperante. Sarà capace? Lo si vedrà neiprossimi mesi con l’avvicinarsi delle Re-gionali. Intanto, caro Pippi, #staiserenoma non troppo e #perilmomento. Guardatidalle tue sfuriate, il tuo principale “ne-mico” è la tua arroganza, il pensare di es-sere il depositario della verità. Guardati lespalle anche all’interno della tua coali-zione dove già qualcuno “studia” da sin-daco e spera che il centrosinistra continuicosì…

A VOLTECRITICAREVUOL DIREAMARE

Un’opposizione incapace di fermare lo strapotere di MelloneSUPERPIPPI ZELIG non ha problemi. Ora si accompa-gna a Emiliano e Minerva, ora aCongedo e al centrodestra cheCongedo rappresenta a Lecce.Non ha problemi di coerenza.Certo, fa sorridere rileggere ilpost di Mellone del primo novem-bre 2018, allorquando scriveva:“Ciao vestusti. Il centrodestradella provincia di Lecce è morto esepolto. Sono vecchi e perdenti!Devono andare a casa! È l’enne-simo schiaffo che assestiamo allaclasse dirigente più fallimentaredel centrodestra…”. SuperPippi Zelig a Lecce è alleatodi Congedo e quindi anche diFitto, Gabellone, Marti, Caroppo,ovvero di tutto il centrodestra.Loro a casa non se ne sono andatie Pippi è tornato buono buonoall’ovile. Tanto per lui, compagni ofasci tutto fa brodo….

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Premetto e prometto che nonsarà l'ultima volta che in-tervengo sull’argomento.Premetto e prometto checon i miei amici, i famosi

“quattro gatti”, continueremo a far“baccano” per informare e “scrollarcidi dosso le cattiverie fatte circolare”.Premetto e prometto che nessuno miimpedirà di continuare a denunciare loscandalo avvenuto con l’affido deicampetti di via Kennedy a privatosenza alcuna evidenza pubblica conuna delibera di giunta che diversiesperti in Diritto amministrativo consi-derano illegittima. Premetto e promettoche continuerò a sostenere don Giu-seppe Raho anche nell’assordante si-lenzio imposto da una Curia retriva erestauratrice. Un silenzio carico di sof-ferenza e mortificazione.Finite le premesse e le promesse vi rac-conto lo stato dell’arte.In data 16/02/2019 i funzionari del Co-mune - nelle persone dell’ing. D’Ales-sandro, ing. Pellegrino e dott. Siciliano- riprendono possesso per conto delComune dell’impianto sportivo di viaKennedy, facendosi consegnare lechiavi da don Giuseppe Raho.In data 23/02/2019 vengono rimosse latarga e lo striscione, con l’effige dellaMadonna, che testimoniavano la ge-stione della parrocchia Santa Mariadegli Angeli.In data 24/02/2019 inizia una raccoltafirme, proposta dai consiglieri di oppo-sizione e associazioni, per richiedere laconvocazione di un consiglio comunalesull’argomento e la revoca della deli-bera. In un giorno vengono raccolteoltre 400 firme. Alla presentazione della richiesta ven-gono allegate circa 800 firme di nere-tini che non condividono l’operatodella giunta Mellone.In data 25/02/2019 il dirigente del Set-tore Patrimonio del Comune di Nardò

con determina n.135 affida l’impiantoalla associazione “in viaggio conMomì”. La determina recita al punto 4:“di invitare il legale rappresentante asottoscrivere la convenzione di affida-mento, previa produzione di tutta la do-cumentazione prevista, stabilendo diprocedere nelle more alla consegnaprovvisoria dell’impianto al fine di ga-rantire la sola custodia dell’impiantoma senza possibilità di utilizzo”.In data 06/3/2019 il cancello d’ingressodei campetti è chiuso con un luc-chetto nuovo fiammante emblemadella legalità e trasparenza ridotta incatene. I campetti rimangonochiusi. Don Giuseppe Raho nonparla, fa sapere che “non può ri-lasciare per disposizioni superioridichiarazioni alla stampa”. Dallaparrocchia filtra la notizia che nonverrà più proposto il ricorso al TAR av-verso la delibera della giunta Melloneperché non avrebbe avuto l’avallo delVescovo e che lo stesso Vescovoavrebbe fatto sapere che non “gradiva”le critiche a lui rivolte. In data 18/3/2019 il Comune di Nardòtrasmette alla redazione della Voce diNardò la documentazione richiesta re-lativa all’affidamento dell’impianto divia Kennedy all’associazione “in viag-gio con Momì”. Dall’esame delle carte la convenzionenon risulta essere stata firmata dalleparti ovvero Comune di Nardò e rap-presentante “ in viaggio con Momì”. Secosì è vi è una aperta violazione delle

regole contrattuali. Infatti l’impianto divia Kennedy è stato quasi quotidiana-mente utilizzato da una scuola calcio ein alcune occasioni per partite di cal-cetto. Se, invece, la convenzione risultafirmata, ci si chiede perché il Comunenon ha prodotto gli atti relativi allaVoce di Nardò. Si precisa che se la con-venzione fosse stata firmata, si palese-rebbero comunque violazioni degliobblighi contrattuali relativi ad esem-pio agli orari di apertura e chiusura del-l’impianto e non solo. Di fatto, in uncaso o nell’altro, sulla scorta della do-cumentazione presente in Comune, leviolazioni contrattuali sussisterebbero.Ci si chiede: nessuno degli organi co-munali preposti ha disposto i necessaricontrolli? Perché? Il dirigente preposto dott. Falco non haniente da dire? Perché nessuno dei con-siglieri comunali di opposizione hasentito il dovere morale di proporre in-terrogazione in merito ed eventual-mente chiedere le relative sanzioni? Dichi hanno paura? Interrogativi che me-ritano risposte. Che forse nessuno darà mai. Nardò è questa. Una amministrazioneimbelle e arrogante, una opposizionepavida e timorosa, una Chiesa per laquale non osservare i dettami impostidiviene scandalo e chi non ha peli sullalingua deve pagare di persona. Ultima annotazione: con un incredibilecattivo gusto e caduta di stile, l’asso-ciazione A.P.D. Futura Nardò che stautilizzando, non sappiamo a che titoloe autorizzata da chi, i campetti di viaKennedy ha organizzato un “torneo in-terprovinciale di calcio” il 14 aprilescrivendo sulla locandina: “presso icampetti Santa Maria degli Angeli”. Signori, un po’ di stile forse occorre-rebbe e magari anche delle scuse allaparrocchia Santa Maria degli Angeli,così inopportunamente citata.

MAGGIO 2019 17

MOLTI LATI OSCURI NELLA VICENDA DELLA STRUTTURA TOLTA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

Affaire campetti, sconfitta per tuttiComune arrogante, minoranza pavida, Chiesa restauratrice

“L’alleanza di Dio con i poveri e gli umili è in con-traddizione con l’arroganza di ogni potere che eli-

mina e condanna l’innocente scomodo”

La Curia romana non ha mai apprezzato lalibertà di espressione, di satira, l’umori-smo. Ancor meno la Curia neretina. Nellavicenda dei campetti di via Kennedy, laCuria neretina invece di cercare il dialogo,

il contraddittorio con chi esprimeva il proprio pensierocritico, ha percorso la via dello scontro, dell’offesa. Ca-dendo nel grottesco. La vicenda è nota. La riassumiamo perché “repetita iu-vant, specialmente per i meno pratici del mondo che quisi vuole decifrare”. Alcuni siti di informazione e associa-zioni hanno criticato con articoli e vignette satiriche ilVescovo della nostra Città per non aver difeso il parrocodi Santa Maria degli Angeli dalle offese del sindaco Mel-lone e di alcuni componenti dell’attuale maggioranza digoverno cittadino. Il sindaco Mellone e i suoi hanno ac-cusato don Giuseppe Raho di aver fatto da “prestanome”nella gestione dei campetti, parlando di “gestione opaca”dell’impianto e annunciando di voler affidare la gestionedello stesso a “persone perbene”. I critici del Vescovo hanno “rimproverato” alla Curia,inoltre, di non aver permesso alla parrocchia di presentarericorso al Tar avverso la delibera della giunta Mellone,di aver imposto a don Giuseppe Raho il divieto a rila-sciare dichiarazioni alla stampa e di aver cercato di fartacere il dissenso con messaggi “subliminali”. Il dibattitosi è arricchito dell’intervento dell’avvocato Renna che inun post su fb difendeva a spada tratta Vescovo e preti alui vicini contro “personaggi inqualificabili” che a suoparere avevano condotto contro il Vescovo una “ campa-gna denigratoria”. Renna, come suo costume, non fa i nomi dei “personaggiinqualificabili” e soprattutto non entra nel merito dellequestioni poste dai “personaggi inqualificabili”. Non cimeravigliamo. Renna è lo quello che sulla sua bachecafb posta le riflessioni di Antonello Caporale del FattoQuotidiano sulla recrudescenza di rigurgiti fascisti e sulle

nefandezze dei neofascisti di CasaPound e al tempostesso va a braccetto con Mellone che di CasaPound èfervido estimatore e sostenitore. All’avv. Renna, organizzatore e relatore di e in convegnisulla trasparenza e legalità, chiediamo: per lei è legittimala delibera della Giunta Mellone sui campetti? È traspa-renza l’affido diretto di un bene pubblico? Risponda aqueste semplici domande e difenda pure chi vuole. È unsuo diritto. Le stesse domande rivolgiamo a un altro or-

ganizzatore e relatore di convegni su legalità e traspa-renza il Presidente del Consiglio Comunale Giuranna. Il post di Renna, in un crescendo kafkiano, è ripreso daun prete della Diocesi di Nardò. Don Giuseppe OribaVenneri che forse pensando di godere dell’immunità “di-plomatica” e che la Caritas diocesana sia sua proprietàprivata, prima posta sul sito della Caritas diocesana unpost con la scritta: “#iostoconilvescovo basta agli hater,via i mi piace da pagine che seminano zizzania e insulti.Per un’etica della sostanza” e poi invia una app nellaquale riportando lo scritto di Renna scrive: “Vi prego dicondividere questo post dell’avvocato Vincenzo Rennaa difesa del nostro Vescovo, vittima di una campagna de-nigratoria, violenta, becera, infame da alcuni uomini diNardò (seguono nome e cognome di alcune persone -ndr) con vignette volgari, offensive, al limite della de-cenza. Chi può metta mi piace. Bisogna far sentire checerto stile non può essere tollerato. Ci tengo e ci conto,ve lo confido, in modo tutto particolare”. Un sacerdote forse dovrebbe avere maggior contegno.Un prete non dovrebbe dimenticare che l’abito talare im-pone una etica della sostanza che non dovrebbe permet-tere di utilizzare il proprio status per indurre insoggezione i fedeli. E poi se il linguaggio delle vignette“è volgare, offensivo al limite della decenza”, il suo nonlo è da meno. Con l’aggravante che il prete GiuseppeOriba Venneri riporta nel suo post il nome di una personache nella questione non è mai intervenuta. Correttezzaavrebbe voluto, soprattutto da un uomo di Dio, che si ret-tificasse l’errore e si chiedesse scusa alla persona offesa.Venneri non ha fatto niente di tutto questo. Della serie “ioposso offendere, voi no”. Ci ricorda il Conte Tacchiaquando diceva ai poveri: “Io so io e voi non siete un c.” Anche al prete Giuseppe Venneri poniamo due doman-dine semplicissime: se venisse detto che lei, direttore

della Caritas, altro non è che un prestanome e che la ge-stione della Caritas diocesana è opaca, come la prende-rebbe, soprattutto se il suo Vescovo non proferisse parola?Certo, è sempre possibile che voi crediate che le accuselanciate dal sindaco Mellone contro don Giuseppe Rahosiano plausibili. Abbiate il coraggio di dirlo. A Renna e Venneri si accoda il “figliol prodigo” LorenzoSiciliano, colpito dagli anatemi di Oriba. Siciliano Lo-renzo, forse intimorito da una possibile “scomunica” elet-torale da parte della Curia, emette un comunicato nelquale esprime tutto il suo “affetto” per il Vescovo e lanciala sua esecrazione contro il sito “Charlie Nardò”, rice-vendo immediatamente l’approvazione di Oriba Venneri. Il giovanotto deve crescere e imparare che la propria coe-renza vale più di qualche voto, ammesso che i voti arri-vino. La satira e l’umorismo sono fondamentali,essenziali in ogni società libera. Le vignette, gli scrittipossono piacere o meno ma non si invoca la censura o“la collera di Dio”. Se qualcuno si sente offeso, esistesempre la querela per diffamazione. Solo i regimi ditta-toriali censurano. I tiranni cercano di cucire la bocca deivignettisti e delle libere coscienze anche irriguardose edissacranti affinchè non “rendano ridicoli i difetti, sve-landoli”. I Venneri, i Renna, i Siciliano Lorenzo che si er-gono a giudici e puntano il dito offesi, indignati, disgustaticontro chi dissente dall’autorità costituita altro non fannoche cercare di difendere il “superiore” “incoraggiando ifedelissimi a credere, obbedire, combattere il nemicosempre in agguato contro la Chiesa”. “Si cerca in tutti imodi di non rendere pubblico il male, che c’è, per nonaffrontare il fastidioso incomodo di doverlo eliminare,mettendo al suo posto il bene. Il marcio c’è, nessuno lonega, ma perché renderlo manifesto?”. La Chiesa ha bi-sogno di trasparenza. Al suo interno soprattutto. I silenzidel Vescovo rimarranno nella storia di questa Città. Se ilVescovo ha fatto il “voto” del silenzio, faccia pure. Masappia che non lo imporrà a noi e che nessuno ci ridurràal silenzio. “La verità va predicata non quando conviene, ma quandosi deve”.

OFFESO DAL COMUNE, LASCIATO SOLO DAL VESCOVODon Giuseppe Raho, parroco di Santa Maria degli Angeli, firma la notifica dello “sfratto”

La Chiesa ha bisogno di autorevolezza e trasparenza

non di anatemi o di accusemenzognere e strumentali

18 la Voce di Nardò

Per avere contezza che viviamo inuno Stato che i costituenti ave-vano previsto “di diritto”, soli-dale, ugualitario e che invece,nel brevissimo volgere di menodi un anno, s’è trasformato

nell’incubo a occhi aperti che ogni santissimogiorno va in scena davanti alle nostre facceannichilite e inorridite: non c’è bisogno di an-darsi a leggere l’oscena sequela di commentiviolentissimi sotto ai post Facebook di MatteoSalvini così come dei guru pentastellati. Inquesto spicchio di Sud Italia, nella Città del-l’accoglienza, avevamo già fatto le prove ge-nerali dell’esplosione di ogni ritegno, di ogniregola di convivenza civile, di ogni protocolloistituzionale nel momento in cui fu eletto l’at-tuale sindaco. Pippi Mellone, con le sue tante pagine “so-cial”, moltiplicate e amplificate dai numerosisostenitori. Con i suoi post ogni santissimavolta denigratori nei confronti di tutto ciò etutti coloro che siano venuti prima di lui osemplicemente lo avversino. Con i suoi bef-fardi “state bruciando”, “ungetevi di po-mata”, “dovete gocciolare lentamente” comecapponi appesi dal macellaio, il recente “unacittà sotto chemioterapia” e il resto del lessicoarcinoto. Pippi Mellone, con le sue molteplicicapriole opportunistiche, un giorno pelosa-mente amico dei migranti, un altro pronto aschierarsi a fianco alla Lega. Con la spregiu-dicatezza che è ormai sotto gli occhi di tutti eche non lo fa desistere nemmeno davanti a ungrandissimo parroco come Don GiuseppeRaho, uomo colto e mansueto, che il Nostronon s’è degnato neppure d’andare a incon-trare. Con le bugie egregiamente vendute

dalla sua maestosa macchina di marketing,con i commenti triviali di centinaia di tifosiaizzati post dopo post. Sì, avevamo già visto, e molto prima che nelresto d’Italia, questa immonda prova di pro-paganda globale, di irretimento delle mentisemplici, di libero e pubblico sfogo degli istintipiù bassi suggellati dall’istituzionalità dellapagina in cui si esprimevano. E son quasi treanni che ne denunciamo l’estrema pericolo-sità. Ma serve a ben poco sgolarsi con i nostripoveri mezzi quando i pozzi sono già stati av-velenati, e l’ennesima prova di questo scempiodi valori civili è la triste vicenda della maestraneretina accusata di maltrattamenti nei con-fronti dei suoi stessi alunni. Chiunque conosca quella donna sa bene chepersona delicata, sensibile, allegra, preparata,professionale sia. C’è da restare impietriti aleggere le parole durissime con le quali il Gipha convalidato la richiesta della spropositatamisura cautelare di ben dodici mesi di sospen-sione dal servizio, e sulla base di semplici di-chiarazioni da parte dei genitori e refertimedici piuttosto vaghi –nessuna camera na-scosta, al contrario di come hanno titolato lemaggiori testate, comprese le più prestigiose.Mentre scriviamo, il Riesame non ha ancorarivalutato l’opportunità della misura né, diconseguenza, demolito le gravissime conside-razioni espresse nell’ordinanza. Tantomeno,dunque, c’è un giudizio da parte di un Tribu-nale con il quale fare i conti. Quel che è certo è che un’intera comunità - esì che questa città non è popolata solo daodiatori biliosi - si è stretta in un abbraccio diattonita solidarietà attorno alla maestra: i col-leghi al completo, e non solo quelli che lavo-

rano nella sua scuola, bensì la totalità dei do-centi neretini, il personale ausiliario e, quelche è più confortante, la Dirigente. Per comela scuola pubblica è stata ridotta, per comequesti esecutori di circolari ministeriali sem-pre più rivolte a trasformare un luogo di cul-tura in un’azienda che si contende i clienti acolpi gobbi e mirabilia circensi, non è affattoscontato che un Preside prenda le difese di unsuo docente. L’esperienza quotidiana mostraspessissimo i dirigenti totalmente asserviti allasoddisfazione del cliente, e sia che il clienteinventi di sana pianta un disservizio più omeno grave e rovini per sempre la reputazionee la salute di un professionista. Nel clima da guerra di classe che i populistid’ogni risma son riusciti a imporre al Paese,sono anni che noi insegnanti, in cambio di unostipendio fra i più bassi del mondo e mansioniche si estendono al supporto psicologico e alservizio sociale, tagliamo quotidianamente afette l’invidia sociale che serpeggia fra i ca-pannelli di mamme ciondolanti davanti allescuole. Percepiamo l’astio, il biasimo aprio-ristico, l’ostilità pronta a colpire. Ormai siamoben oltre la svalutazione sistematica e gene-ralizzata dell’autorevolezza dell’insegnantesulla quale dovrebbe reggersi il patto educa-tivo. Folle di giovani genitori e nonni senzalavoro sembrano chiedersi ogni giorno: “Maperché il mio Principe-Figlio deve subire l’in-fluenza di questa donna che percepisce unostipendio ogni mese e tantissime ferie pagateallorquando io devo aspettare la pensionedella bisnonna per permettermi un paio dipantaloni?”. Per poi, appunto, quando è ilmomento giusto, far deflagrare la propria rab-bia. Come dieci anni fa, quando due maestre

di un asilo furono accusate di sedare i bambinicon il Valium, sempre nella ridente Neretum.Gran clamore, titoli a quattro colonne, inse-gnanti additate a megere efferate. Caso archiviato nel volgere di un paio di sta-gioni. Ma dieci anni fa non c’erano i social.C’erano i media tradizionali, la tv, i giornali,il filtro delle notizie operato da professionistidell’informazione. E l’oblio, dopo esser pas-sati per mostri e dopo le inutili indagini dellamagistratura. Oggigiorno ognuno possiedel’arma più potente e immune da pena per di-struggere il prossimo: lo smartphone. Lo apre,e vomita minacce, imprecazioni, insulti, ingiu-rie, insinuazioni, cattiverie. A ruota libera,urbi et orbi, suscettibile d’esser letto da unafolla di utenti ben più consistente rispetto a unquotidiano stampato. Tanto lo fanno regolar-mente anche i politici, perché mai non io,mamma o papà del Principe-Figlio? È questoil danno maggiore, la più dolorosa delle sof-ferenze che si possa infliggere al prossimo: lagogna pubblica. È questa mitragliata di pallottole dolorosis-sime dopo che hai passato una vita a studiare,a fare sacrifici, concorsi, pendolarismo che fadella scuola la perfetta metafora dei nostritempi, del nostro vivere urbano esploso in unbellum omnium contra omnes dal quale saràdavvero arduo riemergere. Dal quale solo unpatto sociale nuovo, per restare nei dintornidel filosofo inglese, tutto da reinventare, tuttoda riscrivere, potrà salvarci. Purché si riescademocraticamente a estromettere per sempredalla vita pubblica queste mediocri meteoreche si atteggiano a statisti e governanti.

Livio Romano

A PROPOSITO DELLA MAESTRA NERETINA CONDANNATA DAI SOCIAL. E DEI CATTIVI ESEMPI

Alla gogna. Così fan tuttiOLTRE

LE PAROLE

Livio Romano, collaboratore divecchia data della Voce di

Nardò, è un insegnante e unoscrittore. Ha esordito a

trent’anni con tre racconti inSporco al sole a cura di Mi-

chele Trecca, Gaetano Cappellied Enzo Verrengia (Besa Book-

sbrother, 1998) e con un rac-conto in Disertori (Einaudi), acui sono seguiti i romanzi Mi-

standivò (Einaudi, 2001), Portodi mare (Sironi, 2002) e Niente

da ridere (Marsilio, 2007), ilsaggio Da dove vengono le

storie (Lindau, 2000) e il lungoreportage dalla Bosnia Dovenon suonano più i fucili (Big

sur, 2005), “Per troppa luce”(Fernandel Edizioni 2016).

Acuto osservatore dei feno-meni di costume, collabora

con numerosi giornali e riviste,radio, tv, cinema e teatro. Amafare tante altre cose, odia l’ar-

roganza. Che spesso fa rimacon ignoranza.

Alla trattoria I Corsari lo chef Massimo Vaglio, studioso e cultore delle cosebuone del Salento, autore di numerosi libri di cucina, propone piatti dellatradizione contadina e specialità di mare. La trattoria in primavera è apertala domenica e i giorni festivi a pranzo, con un ricco menu al prezzo di 17,50euro a persona: antipastino misto mare-terra del Corsaro; primo a scelta trarisotto alla pescatora e tubettini al sugo di granchio; secondo a scelta trafrittura mista di paranza e gamberoni alla griglia con insalata, dolce dellacasa. Disponibili anche alternative di terra, previa richiesta al personale disala. Nel prezzo del menu non sono incluse le bevande. Consigliato comedessert il dolce della casa o un rinfrescante sorbetto al limone. Nella cartadei vini le migliori etichette salentine e pugliesi. Per finire caffè, amaro,grappa o limoncello.

LA TRATTORIA DEI SAPORI PERDUTI

APERTO LA DOMENICA E I GIORNI FESTIVI A PRANZO

VILLAGGIO RESTA - LOCALITÀ CORSARI - NARDÒ • TEL. 333/7491092

MAGGIO 2019

Professore Spedicato, la violenza nele del linguaggio è una forma oggi co-mune di violenza. Una violenza chenon lascia segni fisici ma che può de-terminare ripercussioni ben piùgravi e rimanere impunita. Vi è unainvoluzione nel lessico politico at-tuale?

No, vi è un adattamento a due fenomeni,che convergono nel modificare le metrichedel linguaggio politico. Il primo fenomenoè lo spostamento dell’arena pubblica suisocial, che hanno un proprio codice espres-sivo e comunicativo. Un secondo feno-meno è la scomparsa dei “corpi intermedi”la cui funzione principale è sempre stataquella di operare la mediazione tra la poli-tica e i cittadini. Il risultato di questa con-vergenza è duplice. Sul piano lessicale, lametrica social richiede frasi brevi, dallastruttura ipersemplificata e con un diffusoricorso alle metafore belliciste. Sul pianodei contenuti, il rilievo assunto dalla figuradel leader impone a quest’ultimo la neces-sità della continua presenza sul palcosce-nico, con un occhio sempre rivoltoall’andamento dei like ed un appiattimentodei tempi del discorso politico sull’oriz-zonte breve, a volte asfittico, della pole-mica contingente.

Oggi non si parla di avversari ma dinemici, non si parla di confronto madi scontro, di odio. È prassi comunel’offesa dell’avversario, del diverso.È l’avvento dell’antilingua?

È l’avvento di una neolingua. Le sue carat-teristiche la rendono uno strumento ade-guato al canale privilegiato - i social media,in primo luogo - ed alla necessità per ognileader di mantenere una presa diretta colproprio bacino elettorale di riferimento, ilquale viene letteralmente bombardato diparole d’ordine, incitamenti, appelli, esor-tazioni alla mobilitazione continua. È unalingua che non ha come obiettivi l’intesa,l’argomentazione, la discussione, ma lachiamata alle armi contro il nemico diturno, che di solito viene identificato sullabase della diversità: ideale, razziale, fisica.

Il linguaggio politico odierno sem-bra rivolgere la propria attenzioneagli istinti “ bestiali” dell’essereumano. Sembra che il politicousando toni volgari e beceri vogliadire: “votami, parlo la tua lingua,sono come te”

La lingua è il primo elemento di ogni so-cializzazione, e serve a costruire e ribadirel’identità, sia individuale che collettiva,quella dei gruppi, delle comunità ed infinedelle nazioni. Il livello crescente di aggres-sività che tracima da gran parte dei discorsipubblici – non da tutti, e occorre fare le ne-cessarie distinzioni – rinvia ad una pluralitàdi ragioni. Una chiave potente per mobili-tare le masse è sempre la denuncia di unaminaccia incombente e contro la quale ènecessario difendersi. Il caso emblematicoè la gestione dei flussi migratori: le statisti-che, anche di fonte governativa, dicono cheil numero dei migranti che sbarcano in Ita-lia è da tempo in drastico calo, ma questinumeri non bastano a frenare il quotidianoincitare alla “difesa” contro l’invasione chesarebbe in atto. Questi appelli a difendersiservono ad alimentare la paura, soprattuttoin quelle fasce di popolazione che si sen-tono minacciate nel loro stile di vita, edhanno paura di cadere nella povertà. Laloro paura viene indirizzata verso qualcosache non esiste, l’invasione dei migranti,perché in questo modo è più facile nascon-dere le ragioni dell’impoverimento dei cetimedi, che con i fenomeni migratori nonc’entra assolutamente nulla. L’aggressivitàdel linguaggio spinta fino all’insulto e alturpiloquio è l’equivalente dell’urlo di sor-presa e paura che prorompe di fronte aduna minaccia. ’ una reazione che appartienepiù all’istinto di difesa che non alla razio-nalità del discorso pubblico, ma segnalache in questo momento storico la paura è ilpiù produttivo meccanismo di creazionedel consenso.

Nell’epoca dei post e dei tweet sem-bra che si sia ridotto lo spazio per labuona prassi, per la buona politica.Come è cambiata la comunicazionenell’era dei social?

La politica migrata sui social ha dovutoadattarsi alle caratteristiche comunicativedi questi canali: immediatezza, sinteticità,drammatizzazione ed enfasi retorica neces-saria a “bucare” il muro della rapida obso-lescenza dei messaggi. Se ogni giornovengono prodotti e scambiati miliardi - insenso letterale - di messaggi, post, tweet edaltro, l’unico modo per non annegare nel-l’indifferenza e nell’irrilevanza è alzarecontinuamente i toni, spostare sempre piùin alto l’asticella dell’aggressività conl’obiettivo di stupire e dunque di “esistere”in Rete, sia pur per un tempo di solitomolto breve.

In un recente consiglio comunale ilsindaco di Nardò ha “attaccato i suoiavversari dell’opposizione con frasiche sono state riprese da molti gior-nali nazionali da Repubblica al Cor-riere della Sera al Fatto Quotidiano.Il Sindaco rivolgendosi a un consi-gliere comunale lo ha definito: “pa-gliaccio”, “figlio del male, figlio delmale assoluto”, ecc.; successiva-mente ha affermato riferendosi aprecedenti amministratori: “ sonostati il cancro, la peste bubbonica,hanno distrutto una città , una cittàche sta facendo cicli di chemiotera-pia… e questo è l’ultimo ciclo di una

malattia che ha infestato la città”. Ancora, sempre riferendosi a prece-denti amministratori, li ha definiti“personaggi vomitevoli”. A suo parere quanto è “legittimo”l’uso di metafore che coinvolgonovissuti ed esperienze scioccanti senon drammatiche della saluteumana? Pagano, politicamente,espressioni simili?

Pagano nel breve periodo, e pagano soprat-tutto verso i propri sostenitori, quelli già ac-quisiti e fidelizzati, come si direbbe nellinguaggio del marketing. Questi sosteni-tori trovano nel linguaggio aggressivo laconferma che hanno un capo, un leader, lacui prima funzione è quella di difenderel’identità del gruppo contro i nemiciesterni, i “diversi-da-sé”. Di solito questouso dei riferimenti a stati patologici servea costruire attorno all’avversario una sortadi istintivo ribrezzo, quello che spesso siprova di fronte ad una malattia grave chetemiamo possa contagiarci. È un’altraforma di drammaturgizzazione del lin-guaggio pubblico.

Lei in una sua recente intervista suQuotidiano relativa a delle minacceproferite verso il candidato del CSX

Salvemini alla domanda su come cisi può difendere da questa derivabarbarica ha risposto che “non vi èdifesa”. Dovremo quindi rassegnarci o peg-gio scadere agli stessi livelli di bar-barie lessicale?

La rassegnazione è un sentimento disar-mato. Ma è anche del tutto inutile la con-danna di quella che è semplicistico definire“barbarie”. Le difese esistono. In primoluogo, quando il livello dell’attacco sui so-cial oltrepassa non solo il limite del buon-gusto ma anche quello del codice diprocedura penale, occorre denunciare,sempre. È quello che ha fatto Laura Bol-drini dopo gli incitamenti allo stupro neisuoi confronti: ed ha aperto una strada, per-ché gli haters, gli odiatori seriali, cascanodalle nuvole quando si vedono recapitareun avviso di garanzia e devono trovarsi unlegale. Ma una risposta di più ampio re-spiro deve essere capace di non fermarsialla condanna dei linguaggi di odio. Questarisposta passa attraverso un processo lungoe faticoso di ricostruzione dei luoghi col-lettivi della politica. Io non so, e credo chenessuno sappia, quali saranno questi luo-ghi, che forma avranno. Per averne qualcheanticipazione, dobbiamo guardare a quelloche oggi la società civile auto-organizzatagià produce: penso alle cooperative di co-munità, al volontariato, all’associazioni-smo laico e cattolico, all’agricolturasociale. Queste esperienze, e molte altre,hanno in comune un elemento: esse par-lano alle comunità, le organizzano, pro-muovono la discussione, sviluppano formee modelli di leadership legittimata dallapartecipazione.

Nanni Moretti in suo film “ Palom-bella rossa” diceva: “chi parla male,pensa male e vive male”. È così oforse è vero il contrario?

Si, è vero. Ma sempre più spesso la parolacattiva, l’urlo, l’insulto, mascherano unasofferenza vera, un mal di vivere che dob-biamo saper leggere, altrimenti conse-gniamo queste urla ad una indistintabarbarie. Il compito di quel campo che unavolta era delimitato dalla parola “sinistra”è anche quello di capire, di comprendere,di spiegare. Il mal di vivere, quando è cosìdiffuso e sembra essere diventato la cifradel nostro tempo, ha radici sociali, econo-miche, politiche. È su questi terreni chedobbiamo contrastarne la diffusione, per-ché la condanna generica, lo sdegno etico,non servono assolutamente a nulla.

Un’ultima domanda. Siamo nell’eradella “cultura dell’incultura?”

No. Siamo in una fase, peraltro storica-mente non nuova, di scontro fra culture.Queste culture hanno anche una dimen-sione generazionale, a sua volta legata alledifferenti competenze nell’uso dei canaliinformatici tra adulti e giovani, e tra questie gli adolescenti. Queste linee di fratturaproducono differenti capacità di lettura delmondo, differenti alfabeti anche quando,apparentemente, sembriamo condividerela stessa base linguistica, nel nostro casola lingua italiana. Oggi non domina l’in-cultura, e poi bisognerebbe intendersi sulsignificato stesso di questa parola,un’espressione che io, da sociologo, noncondivido e inviterei a non usare. Si scri-vono eccellenti romanzi; si produconofilm e serie Tv sempre capaci di emozio-nare gli spettatori; la musica e le arti figu-rative hanno interpreti magnifici, molti deiquali vengono dall’Africa, dal tormentatoMedio Oriente, dall’Asia. Vedo circolaremolta cultura attorno a noi; Lecce, che èun piccolo centro periferico, ha da tempouna straordinaria vivacità di proposte cul-turali. L’iniziativa di Dario Franceschini,ex Ministro dei Beni Culturali, delle do-meniche gratuite ai musei ha incontrato unsuccesso clamoroso, le code agli ingressierano piene di giovani. Perché parlare,dunque, di “cultura dell’incultura”? Sem-bra una resa anticipata, rinvia ad un senti-mento della sconfitta che mi appare deltutto ingiustificato.

Ricostruire la politicaper andare oltre

il linguaggio dell’odio

Il sociologo Spedicatoavverte: “L’insulto celadisagio e mal di vivere”

ESPERTOIN COMUNICAZIONE

Luigi Spedicatoè Professore Associatopresso l’Università del Salento, esperto di Sociologia dei processiculturali e comunicativi. Collabora con prestigioseUniversità americane e francesi. Autore di numerosi saggi tra iquali: “Il senso dei media.Saggi di sociologia delle comunicazioni” e “Vita quotidiana al tempo dei media” . Giornalista, ha scritto suvarie testate e prodottocome autore e regista programmi per le reti RAI.

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I MUFFX: LUIGI BRUNO E IL SUO QUARTETTO

L’ora di tutti, da ascoltareNOTEdi PASQUALE CHIRIVÌ

Esistono dei percorsi musi-cali che si snodano per vieinesplicabili, tanto più cre-dibili e degni di notaquanto più lontani dalleluminose strade del main-

stream, da riflettori facili ad accendersie altrettanto lesti a spegnersi, ricac-ciando nel cono d’ombra chi non brilladi luce propria, ma solo di luce riflessa.Percorsi nei quali si fatica a farsi notare,perché al riparo da bagliori accecanti ditalent show e da effimere vampate difuoco fatuo; però capaci di scavare nel-l’immaginario sonoro di una genera-zione gallerie ben più sicure e menoinvasive di una tav, nelle quali veicolareemozioni e suggestioni. È quello chesuccede con i grandi della musica diogni tempo, dei quali è persino super-fluo portare degli esempi.

IL TALENTO DI LUIGI BRUNO - Con ledovute cautele, penso di poter dire che iMuffx siano un quartetto che ha tutte lepotenzialità per lasciare una traccia dura-tura di sé, non solo a livello locale. Attiviormai da più di un decennio con frequentiescursioni in tutta Italia e all’estero, sonoun gruppo molto agguerrito in termini diproposta musicale e di immagine. Purnelle varie configurazioni succedutesinegli anni, il gruppo ha in Luigi Bruno,salentino di Galatone, il fulcro sul qualesi impernia la forza creativa della loromusica. Nel panorama non sempre vitaledi questo sud spesso indolente e apatico,Luigi Bruno rappresenta una straordina-ria massa critica di talento, di audacia, dicapacità aggregativa e organizzativa, per-sino di lucida follia creativa; una massache ha attirato a sé la meglio gioventù delsuo paese natìo convogliandola nel pro-getto SBAM, acronimo di Società Boni-fica Artisti e Musicisti, ricettacolo di idee,di contaminazioni musicali, di ascolti im-pegnativi; poi anche scuola di musica e,infine, promotrice di uno degli eventi piùsignificativi delle estati salentine, laSagra del Diavolo, fucina multidiscipli-nare d’arti varie con la musica a far da ba-ricentro grazie al supporto di ospiti dilevatura nazionale e internazionale suc-cedutisi nelle varie edizioni.

IL QUARTO CD - L’ora di tutti è il quartocd dei Muffx, giunto sul finire del 2017dopo il seminale Saw The… del 2007, ilsorprendente Small Obsession del 2009e il raffinato Époque del 2012. Nei primitre lavori risulta evidente la costante ma-turazione della poetica musicale di Luigi,che parte da origini rock stoner, passa persuggestioni balcanizzanti e approda a unlinguaggio progressive nell’accezionemoderna, meno estetizzante e più con-creta di quella dei Settanta, che Luiginon ha vissuto per motivi anagrafici, mache ha assimilato attraverso quegliascolti impegnativi di cui si parlava. Inquesto ultimo lavoro, interamente stru-mentale eccezion fatta per un suggestivorecitativo poetico in lingua turca nella se-conda traccia, la cui necessità ha fonda-mento nell’ambientazione narrativadell’opera, la tendenza prog si manifestain pieno affidando l’onere della narra-zione non più a un supporto testuale ininglese o in italiano, come nei precedentilavori, ma alla forza immaginifica di unapparato strumentale rigorosamente ana-logico e, come tale, suonato con “inten-zione” analogica.

IL SUONO DEL VINILE - Un ecosistemasonoro fatto di suoni “veri”, mille miglialontano dal piattume del digitale spinto,dal forte sentore di vinile, nella cui ver-sione, infatti, il disco è anche disponibile.Per la soddisfazione di poter dire, comeuna volta, “l’ultimo long playing di…”.

MAURO, ILARIO E ALBERTO - Questaevoluzione trova ampia giustificazionenella presenza di Mauro Tre alle tastiere,polistrumentista di straordinario talento,che con la sua anacronistica Farfisa e la sa-pienza da consumato jazzista quale è for-nisce al gruppo quella solidità esecutiva econcettuale necessaria per veicolare l’iden-tità della band affidandosi ai soli strumenti.Poi, oltre alla chitarra ancora graffiante masempre più matura di Luigi, c’è il poderosobasso di Ilario Suppressa, il quale tesse afil di plettro complesse trame ritmiche conla complicità della batteria sorprendente-mente duttile di Alberto Ria, capace di toc-chi raffinati in un impianto ritmico diimpostazione tipicamente rock.

L’OPERA DI MARIA CORTI - Il lavoro èdichiaratamente ispirato al romanzo L’oradi tutti di Maria Corti, ove si narra la bat-

taglia per la conquista di Otranto da partedei Turchi nel lontano 1480, vicenda dellaquale la nostra porta sull’Oriente conservasignificative e vistose cicatrici nelle ossadegli ottocento martiri esposte nella catte-drale. Ci si potrebbe chiedere il perché ditale ambientazione, ma è sufficiente pen-sare alla particolarità della nostra posi-zione geografica e alle cronachemigratorie degli ultimi anni per capire cheogni faccenda inerente a contatti più omeno pacifici con popolazioni mediterra-nee è da considerare tutt’altro che appar-tenente al passato.

COME UNA COLONNA SONORA - Lamusica delle quattro lunghe tracce del cdè fortemente evocativa, tanto che potrebbebenissimo essere la colonna sonora di unipotetico film sul tragico evento storico.La prima traccia, Un’Alba Come Tante,

segna il passo di una giornata che partetranquilla per poi entrare tragicamentenella storia. Un basso sapiente e sornionecerca di rallentare il corso degli eventi conun walking che sembra “tirare indietro”come per tranquillizzare una chitarra dalfraseggio nervoso, che evidentemente pre-sagisce il corso drammatico che gli eventistanno per prendere; i quali si dispieganonella seconda traccia, Vengono Dal Mare,dove la batteria si distingue per un uso delrullante che sembra sottolineare il progres-sivo montare di feroci istinti predatori.

IL MARE CHE AVVOLGE - Questa trac-cia più delle altre fa risuonare un’econell’attualità, evocando terribili scenari dicarrette del mare stracolme di anime incerca di salvezza travolte dal gorgo dellaStoria, della quale il mare è come semprecomplice, a disposizione di ogni istanza

umana, che sia predatoria o di speranza diriscatto; con il dato comune di un inaccet-tabile prezzo da pagare in termini di viteumane perdute.

MARTIRI E CARNEFICI - La terza traccia,Ottocento, segna con una scansione rit-mica di inesorabile ripetitività il terribiledestino dei martiri. Qui la musica dàprova della sua capacità evocatrice equasi ci consegna le immagini dei carne-fici che con orribile ritualità, per otto-cento volte, ripetono il gesto di toglierela vita decapitando quelle teste dalle qualiestirpare un pensiero incapace di piegarsialla perdita dell’identità religiosa. Il pa-rossismo dei colpi di una chitarra che sifa scimitarra lascia poi spazio a un’atmo-sfera densa di desolazione, nella quale lamorte dell’umanità coinvolge tutti, vit-time e carnefici.

L’ORRORE E LA PIETÀ - Bernabei, chedà il titolo all’ultima traccia, è un soldatoturco che riesce a guardare il volto del-l’umanità sconfitta, resta sopraffattodall’orrore di un eccidio intollerabile e siribella alla logica del “chi non è con meè contro di me”, del diverso concepitocome nemico da annientare. Ne paga du-ramente le conseguenze, mutilato orren-damente, impalato ed esposto comemonito per tutti. La musica dei Muffx rie-sce a descrivere tutto ciò con visionariaefficacia, con una larghezza di respirodegna d’altri tempi, inusuale ai giorni no-stri; infatti il cd è stato pubblicato dall’eti-chetta Black Windows Records diGenova, specializzata in questo tipo dioperazioni che non esito a definire cultu-rali, per i rimandi storici di riferimento eper le auspicabili implicazioni future.

IL SEGNO DI MASSIMO - Menzionespeciale merita la straordinaria veste gra-fica dell’opera, a cura di Massimo Pasca,grande artista salentino. L’ora di tutti: ed èl’ora che tutti lo ascoltino, ne vale la pena.

la Voce di Nardò20

A sinistra la formazione dei Muffx in unabella foto di Giacomo Rosato. Sopra lacopertina dell’ultimo cd “L’Ora di tutti”,con realizzazione grafica di Massimo Pasca. Il cd è statopubblicato dall’etichetta Black WindowsRecords di Genova

di MARIALUCIA ROCCA

LUOGHI

Spesso si ha l’idea che “ilMuseo” sia un luogo che ri-mane sempre uguale a sestesso. Quasi fosse rassicu-rante sapere che gli oggetti alsuo interno possano essere cu-

stoditi per sempre, immutabili, pronti araccontare le stesse storie a chiunque de-cida di fare visita. La realtà, per fortuna, ècompletamente differente: esistono museiin cui le vicende non cessano di cambiaree si rincorrono, diverse, svelando semprenuovi particolari, muovendosi con glistessi passi che compie l’animo umano neisuoi passaggi di stagione

NERETINI, LO SAPEVATE? - A Nardò unmuseo così esiste da un po’. Lo sapevate?Io, mea culpa, confesso di averne cono-sciuto la vera natura da poco. Ci ero statada piccola, con la scuola, ma i miei ricordierano offuscati dal pregiudizio che gira in-torno a questo spazio e dalla convinzione,sbagliata, che l’erba del vicino sia sempredella tonalità più interessante di verde eche quindi, per avere a che fare con le cosebelle, ci si debba per forza spostare al-trove. L’esistenza del Museo della Memo-ria e dell’Accoglienza di Santa Maria alBagno, forse all’apparenza discreta, si ri-vela di grande spessore culturale non soloper le storie passate che racchiude ma, so-prattutto, per quelle che continua a scri-vere e che fa riaffiorare.

DISPLACED PERSONS CAMP - Sorgenel luogo in cui, nell’immediato dopo-guerra, venne allestito dalle forze alleateil “Displaced Persons Camp n. 34”, uncampo di accoglienza attivo dalla fine del1943 al luglio del 1947 e destinato adospitare migliaia di persone sopravvissuteal nazismo. Lo spirito d’accoglienza chela nostra città ebbe in quegli anni è statopremiato, nel gennaio 2005, con una me-daglia d’Oro al Merito civile. Il lavoro direcupero mnemonico, voluto fortementeda Paolo Pisacane e dagli allora ragazzi di

Santa Maria al Bagno è partito ufficial-mente negli anni ’80 con la fondazionedell’Apme (Associazione Pro MuralesEbraici) e ha condotto all’apertura delMuseo, di proprietà comunale, nel 2009.Dal maggio 2016 la struttura viene gestitadalla Cooperativa Fluxus, che ha cam-biato in maniera radicale le dinamiche delluogo, fornendo delle proposte culturalisempre attuali, mirate ad una crescitadell’ambiente in senso storico e documen-tario.

STORIA E STORIE -Al suo interno sonopresenti due spazi di esposizione princi-pali. Nella sala della “Storia” sono custo-diti i murales di Zvi Miller, un artistaebreo-rumeno che fu ospite del campo diaccoglienza. L’opera è di particolare pre-gio, perché costituisce l’unico esempioeuropeo di rappresentazione graficadell’“Aliyah Bet”, il viaggio che condussei sopravvissuti verso la Terra Promessaloro da Dio nel Tanakha. Santa Maria di-viene, una delle innumerevoli tappe che ilpopolo ebraico ha dovuto raggiungerenella sua storia di millenario peregrinare.

Nella sala delle “Storie”, invece, sonoesposti in una mostra permanente foto,oggetti e documenti risalenti alla vita nelcampo. In questa stanza il Museo prendevita, perché quelle immagini si trasfor-mano spesso in veri e propri “attivatori dimemoria”, permettendo ai visitatori dicontribuire alla scrittura di un racconto,quello del campo e della sua comunità,che è ancora tutto in divenire, nonostantelo scorrere del tempo. Questo, in genere,è l’aspetto che si fatica a cogliere quandosi pensa al museo, perché spesso si credeerroneamente che la mostra al suo internoabbia come scopo il ricordo della Shoah.La storia che si vuole raccontare, nono-stante i legami indissolubili con il drammadel genocidio, è un’altra. Dalle foto riaf-fiorano la sensazione della sabbia calda edel calore del sole dopo un inverno buio,l’importanza di essere chiamati per nome,di sentirsi comunità, il recupero dell’uma-nità e della normalità.

QUEI SORRISI - I sorrisi dei sopravvissutie degli ospiti, nelle foto, sono sinceri, sba-lorditi da una novità vissuta con punti di

vista diversi. Nelle visite guidate si parlarinascita, di collaborazione nella povertà(mai scontata, di questi tempi), di amiciziae amore (sette matrimoni misti sono staticelebrati in quegli anni). La vita è andataavanti nonostante tutto.

VISITE GUIDATE E SCOLARESCHE -Oltre alle visite guidate destinate a scola-resche e ad associazioni provenienti daogni parte della Puglia e d’Italia, il Museoè molto attivo nell’ambito del turismo in-ternazionale, soprattutto nel periodo pri-maverile ed estivo. Sono i parenti deisopravvissuti a fare visita, spesso, perchévedono nel Museo un punto di riferi-mento fondamentale per ritrovare i pezziche mancano alle storie delle loro fami-glie. Hanno bisogno di ascoltare delle vi-cende che per molti anni sono stati taciuteperché troppo difficili da raccontare e im-possibili da metabolizzare. Così un visitatore, un giorno, ha ricono-sciuto nelle foto il volto padre ebreo pa-lestinese, la famiglia di Yitzhak Lerner,insegnante del gruppo Betelem, è tornatacon figli e nipoti. C’è chi piange e chi, in-vece, sorride di gratitudine e cerca di sde-bitarsi in qualche modo. I ritmi originalidel posto vengono scanditi dall’empatia,la storia di oggi avrà un esito diverso ri-spetto a quella di ieri. L’importante è sempre incontrare leaspettative del visitatore, fornire un mo-tivo di arricchimento umano, testimoniarequanto sia importante prendersi cura delleproprie radici.

L’ONORE DELLA COMUNITÀ - Nardòdiventa, grazie al Museo che educa allamemoria, un eterno luogo di passaggio,un porto aperto e un baluardo in difesadell’unica verità che dovrebbe rimanereimmutata: non dimentichiamo oggi ilbene che siamo riusciti a fare in passato.Che l’onore che di cui siamo così fierinon si trasformi in un onere troppo in-gombrante.

A SANTA MARIA AL BAGNO INTENSA ATTIVITÀ NEL SEGNO DELLA MEMORIA E DELL’ACCOGLIENZA

Il Museo che insegna a ricordare

IL FABBRO-ARTISTA NERETINO HA INCONTRAT0 GLI ALLIEVI DELLA PRESTIGIOSA 24ORE BUSINESS SCHOOL

A scuola di arte e business. Con Daniele

MUSEO DELLA MEMORIA E DELL’ACCOGLIENZALungomare Alfonso Lamarmora S. Maria al BagnoNardò (Lecce)Telefono +39 0833 572657

+39 380.4739285 [email protected]@museomemoriaeacco-glienza.itFacebook@MuseoMemoriaAccoglienzaOrari apertura Mercoledì 10.00-13.00Giovedì 10.00-13.00Venerdì 10.00-13.00Domenica 10.30-13.00

16.30-19.00In tutti gli altri giorni il Museo è visitabile su prenotazione. Info e prenotazioniTel. +39 3804739285Ticket € 5,00 intero Ticket € 3,00 ridotto (ragazzi e studenti) Gratis fino a 11 anni.

Fabbro di formazione, arti-sta per vocazione. Daniele

Dell’Angelo Custode stacompiendo uno straordina-

rio percorso di ricerca nellalavorazione dei metalli, manon solo, per dare sfogo a

un estro che negli ultimi lu-stri è diventato per lui vitale.

Non può più farne a meno,così com’è stato per l’atle-

tica e quelle corse este-nuanti a cui non rinuncia,

sempre alla ricerca di nuovilimiti da superare. Forgia,scolpisce, dà forma a scul-

ture che iniziano a essereapprezzate in mezzo mondo.

Ma che sarebbe arrivato afare lezione di arte e marke-

ting, all’università, questodavvero non l’aveva previ-

sto. Proprio lui che a inven-tare è bravissimo ma non

ama vendere e contrattare.E invece, guardate un po’

dov’è arrivato il “nostro” ragazzo.

“Imbarazzo? Per niente.I ragazzi sono statiproprio bravi a met-

termi a mio agio...”. DanieleDell’Angelo Dell’Angelo Cu-stode ci scherza su, quando glisi chiede del suo incontro congli studenti della prestigiosa24Ore Business School, un Pro-ject work d’eccezione per glistudenti del Master Manage-ment dell’Arte. Un evento diprimo piano in cui, assieme al-l’artista e designer Davide Ma-rinazzo, per un progetto diallestimento di una mostra.SCUOLA D’ECCELLENZA - La24Ore BS è attiva da oltre 25anni nel mercato dell’educatione della formazione manageriale,promuovendo “l’attitudine al-l’innovazione, il costante aggior-namento per rispondere alleesigenze di un mercato in conti-nua evoluzione, il consolidatonetwork di aziende e istituzionine fanno un punto di riferimentoper chiunque cerchi le giustecompetenze da spendere nelmondo del lavoro”.

STUDIO E PROGETTI - “Diven-tare oggetto di studio della miaarte. Essere chiamato a con-frontarmi con i ragazzi del Ma-ster di Economia eManagement dell’arte e deiBeni culturali, è sttao ungrande onore”, ha commentatoDell’Angelo Custode. Non ca-pita a tutti di “visionare e di-scutere su tre progetti discultura ideati dagli studentiper decidere quale scegliere,realizzare e da allocare in unaimportante città italiana il pros-simo anno. Essere coadiuvatoda Matteo Bellenghi, impor-tante gallerista milanese, dalpresidente dell’Istituto nazio-nale Arte Contemporanea An-selmo Villata e soprattuttoessere supportato da 24OreBu-siness School e lavorare in sin-tonia con il grande artistaMatteo Martinazzo non haprezzo”, ha aggiunto Daniele.SACRIFICI PREMIATI - “Se sonofelice? Lo sono, e tanto! Il durolavoro e i sacrifici, alla fine ri-pagano sempre! ».

Alcune immagini dell’incontrodi Daniele Dell’Angelo Custodecon gli studenti della 24Ore Business School nella sede romana del prestigioso istitutodi formazione

MAGGIO 2019 21

Il territorio neretino è parti-colarmente prospero dimasserie fortificate, senti-nelle testimoni di un si-stema economico basato

sul latifondo e sulla paura di unacostante e imminente invasionenemica, tra queste, masseria TorreTermite, con il residuo del suovasto latifondo e la sua possentetorre di difesa, rappresenta un pre-gevole bene di proprietà pubblicatotalmente dimenticato dalle isti-tuzioni.

TERRE D’ARNEO - La masseria ènell’Arneo, collegata per via di unlungo viale con la direttrice pro-vinciale Nardò-Avetrana a circa 9km dal centro cittadino di Nardòed è immersa in un territorio agri-colo caratterizzato da piccoli ap-pezzamenti di terreno e ruderi dicase coloniche.

NEL NOME DELL’ULIVO - L’originedel toponimo è testimone di unpaesaggio molto differente dall’at-tuale, il lemma Termite (dal lat.termes, -itis “ramo tagliato” o “ra-moscello di ulivo”) indica nel dia-letto l’olivastro, un’essenza tipicadella macchia mediterranea. Ve-niva impiegato, grazie alle pro-prietà di resistenza a clima epatologie, come portainnesto per levarietà gentili di olivo, ma ancheper dissodare terreni marginali eportare a coltura intere macchie.Probabilmente il latifondo risul-tava particolarmente rigoglioso ditale specie o presumibilmente erauna zona prediletta dai vivaisti perla selezione delle piantine.

LA TORRE E IL PONTE LEVATOIO -L’impianto masserizio, dalla con-formazione quadrangolare del suorecinto, ha fondamento su unalieve asperità rocciosa del terreno,al centro del complesso vi è l’ele-mento fortificato databile allaprima metà del XVI secolo. Se-condo il Costantini, la costruzioneappartiene alla tipologia delle“Torri a base scarpata con scalaesterna”, conformazione questa ti-pica dell’area di “affittimento ne-retina”, in cui la stessa è inserita.La torre è dotata di due accessi,quello inferiore è costituito da unpiccolo passaggio, probabilmentesuccessivo, posto nel basamentodel fronte nord. Quello superiore,sempre sul medesimo prospetto, ègarantito da una ripida e strettascala in muratura al cui termine viè un pianerottolo d’arrivo soste-nuto da una volta a botte. Questooriginariamente era formato da unponte levatoio in legno movimen-tato manualmente in caso di neces-sità, il sistema difensivo era inoltredotato di quattro caditoie poste inasse con le principali aperture e dicinque feritoie adatte all’uso di ar-tiglieria di piccolo calibro, comemoschetti e archibugi.

UNA PICCOLA CAPPELLA - Pocodistante dal recinto della masseria,è la piccola cappellina dedicata aSant’Antonio da Padova, protet-tore degli animali domestici. Ori-ginariamente era coperta da untetto a falde in canne e tegole, chefu sostituito dal devoto Di GesùCosimo da un solaio in cementoarmato nel “restauro” del 1965.All’interno, sopra l’altare è l’affre-sco del XVI secolo con il santo ti-tolare e due figure laterali, sullafacciata, due nicchie laterali conl’effige dell’Assunta e un’altra im-

magine poco riconoscibile.La prima cartografia dove è ripor-tato il toponimo “Termide” èl’atlante del 1806 detto del RizziZannoni. La masseria è qui unpunto di riferimento in un territo-rio prevalentemente impervio nelcuore delle macchie di Villanova(Bellanova) a non poca distanzascorre l’antica strada Taranto-Gal-lipoli. Sono rappresentate inoltrele principali masserie limitrofe,

quali Iodici Giorgi (Mass. Giu-dice Giorgio), Li Bovili (Mass.Bovilli) e Agnano, e le torri co-stiere in comunicazione, qualiTorre dell’Inserraglio, Torre S.Isidoro, Torre Squillace o dellePianure.

CONFINI SULLA COSTA - A metàNovecento, l’estensione del vastolatifondo è pari a circa 630 ettari(uno dei più estesi della provincia)

i confini sono così riportati “Anord, con il limite dei fogli nn. 33e 34, ad Est, con strada comunaleMasseria Console, ad Ovest, constrada vicinale Sant’Isidoro estrada vicinale La Lucia. Sono in-tersecati nel senso nord-ovest, sud-est dalla strada provincialeManduria-Nardò e dalla strada co-munale Tarantina”. Attraverso unconfronto con le attuali cartografiecatastali, possiamo affermare che i

confini della masseria lambivanole coste dell’attuale marina di San-t’Isidoro, fino a dove sorge l’at-tuale parrocchia.

DAI BOVE ALL’ERSAP - Interessantirisultano anche le fonti archivisti-che relative al piccolo insedia-mento agricolo. Nel 1581 è deinobili Lucio e Anghilberto Bove,quest’ultimo marito di VeronicaMassa. Nel 1583 è detta li Morrejalias lo Termite ed è di Lucio e An-ghilberto Bove, che la vendono,per poi ricomprarla, a LupantonioSambiasi. Nel 1593 è dei fratelliLucio, Tommaso e Fabrizio Bovee consiste in terre seminatorie,colte e incolte, case, capanne,curti, con animali. Nel 1598 appar-tiene al diacono Tommaso Bove,erede di Lucio Bove, ed è già dettadel termite, iuxta massariam nomi-natam lo Pindinello. Sul finire del1598 lo stesso Bove vende unaquota dei primi frutti agli abati An-tonio Giulio e Pietro de Pandis,procuratori della CongregazioneCapitolare Maggiore dell’eccel-lentissima chiesa di Nardò. Lamasseria Termite è in loco dicto loPindinello, vicino quella di Tom-maso Massa nuncupata dello Pin-dinello. Nel 1600 è dell’abateGiovanni Bove, che il 14 agosto

1604 la vende per 1100 ducati, dicui 100 in anticipo, a GuglielmoMassa, fratello di Veronica Massa.Essa, nominata de lo termite, con-siste in terris facticiis, cultis et in-cultis, machosis, clausoriis,curtibus cum arboribus ficuum etaliis arboribus, domo lamiata etalia domo terranea, cisterna et aliismembris. Nel 1609 la masseria de-nominata ad termite, vicina aquella detta Pendinello, appartienea Giacomo Massa, che ne risultaproprietario anche nel 1611. Nel 1619 i proprietari sono LupoAntonio Coriolano e i suoi figliLucio, Orazio, Cesare e Gerolamo,che la comprano da AlessandroVernaleone di Nardò per il prezzodi 1000 ducati; quest’ultimol’aveva acquistata per lo stessoprezzo da Ottavio di Giovanni Pie-tro de Vito. Gli affari non sem-brano andare bene ai nuoviproprietari, pochi anni dopo, il 12gennaio 1622, un nuovo soggettoentra in “società” con i Coriolano.Vengono venduti all’Abate Domi-zio, procuratore del Capitolo diNardò, al prezzo di 220 ducati, 19ducati sulle prime rendite annualidella masseria e altri beni stabili “ascelta del capitolo”. Nel 1622 e nel1623 è di Tommaso Massa, figliodi Giacomo, come anche nel 1625,inoltre risulta essere posta vicino aquella degli eredi di Cesare Sam-biasi. Nella prima metà del XVII secolola masseria passa alla nobile fami-glia neretina dei Sambiasi-Massa(per il matrimonio di Ottavio diPietro Massa con Veronica Sam-biasi) come si può rilevare dallostemma nobiliare posto sul frontenord della torre (ringrazio il dott.Marcello Gaballo per la segnala-zione degli atti notarili).Nel 1863 appartiene a GioacchinoSaluzzo, principe di Lequile, sena-tore del Regno d’Italia e Sovrin-tendente generale della Real Casaa Napoli. Da questi, attraverso suc-cessioni ereditarie, la proprietàtransitò dapprima alla figlia LuciaSaluzzo (1846-1923) moglie delSen. Fabrizio Ruffo e al figlio diquesti; il botanico GioacchinoRuffo (1879-1947). Infine con lamorte di quest’ultimo, la masseriaTermite diviene per pochi anniproprietà della figlia Maria Lucia(1934-2001).Il 6 settembre del 1952, per de-creto del Presidente della Repub-blica Luigi Einaudi, la proprietà fuespropriata per 8.347.889,30 diLire e affidate al nascente Ente perla Riforma Fondiaria di Puglia,Lucania e Molise. Il vasto lati-fondo, dapprima dissodato e boni-ficato, viene frazionato in“poderi” e “quote” per i contadiniassegnatari del “patto di riservatodominio”. I locali della masseria divenneroinvece un centro di servizio per ilpatrimonio zootecnico e per questomotivo alcune parti furono demo-lite per far spazio a nuovi fabbri-cati e a case coloniche di tipo“Arneo”. Con il fallimento della RiformaFondiaria, tutto il complesso è en-trato in un lento ed inesorabile de-clino; attualmente di proprietàdell’ex Ersap - Ente SviluppoAgricolo della Puglia - ovverodella Regione Puglia, la masseriaè saltuariamente occupata da co-loni. Lo stato di conservazione èpessimo.

22 la Voce di Nardò

NOTE DI ARCHITETTURA SALENTINA/MASSERIA TERMITE

La masseriadegli olivi selvatici

di FABRIZIO SUPPRESSA

PESCHERIA, GASTRONOMIA - NARDÒVIA XXV LUGLIO, 5 • VIA VOLTA, 78 • VIA NAPOLI, 32

Lo studio delle fonti do-cumentarie premiasempre! Così è suc-cesso, ancora unavolta, per una dimora

gentilizia che è ubicata in piazzaSalandra, a Nardò, di fronte allafontana del toro.Ad oggi non risultavano notizie diquesta importante costruzione, re-staurata di recente, anche perché lostemma familiare, ricoperto da suc-cessivi strati di calcina, era pocoleggibile. Tuttavia si intravedevacome una parte di esso contenessel’arme dei baroni Massa (una crocecon tre pigne), a sinistra di chiguarda, senza poter identificare l’al-tra che lo accompagna.La posizione strategica dell’edifi-cio, la cura e i preziosi decori delpiano superiore inevitabilmente ri-mandano ad abili maestranze e fa-coltose committenze, comeappunto potevano essere i Massa,una della nobili famiglie più antichedi Nardò tra XVI e XVII secolo. Diversi i discendenti di chiara famache la rappresentarono a Nardò e interra d’Otranto, così come nume-rosi furono i possedimenti in questiluoghi. Impossibile perciò elencarei tanti ragguardevoli rappresentantie le opere da essi fatte realizzare, li-mitandoci solo agli altari dellachiesa dei SS. Medici, di cui misono interessato di recente, la villaTaverna alle Cenate e la masseriaTrappeto, nell’Arneo.Tra tutti i discendenti emerge sen-

z’altro Pietro Massa (154…-1622), primo barone di Colle-passo, terra che aveva acquistatodalla Regia Corte per ducati 3700,con istrumento del 4/12/1577 pernotar Cesare Pandolfo da Lecce.Egli aveva sposato in prime nozzeuna donna il cui nome è ignoto, inseconde (capitoli matrimoniali del9 dicembre 1587) Minerva Bon-core (morta dopo il 1596); in terzeun’altra nobile neritina, LucreziaDe Nestore. Fu proprio questi, con la sua se-conda moglie, che abitò nel citatopalazzo su piazza Salandra. Che sitratti della coppia lo attestano le te-stimonianze araldiche del pro-spetto, riemerse dopo il restauro egrazie alle foto ravvicinate di LinoRosponi, che qui ringrazio. Il pa-lazzo fu poi donato al figlio Sci-pione, mentre lui si trasferìsull’attuale Via Angelo delle Masse,nell’altro palazzo su cui avremomodo di tornare in altre occasioni. Nel 1586, non essendo ancora statoedificato il palazzo di Città, Pietroospita nella sua dimora, ubicata inplatea publica, il Commissariodella Redenzione per la città diNardò; il 16 aprile del medesimoanno il sindaco dei nobili Lupo An-tonio De Guarrerio e gli altri rap-presentanti dei nobili e del popolosi ritrovano sempre in casa sua perprocedere all’ultimo appalto perl’erigendo palazzo civico, a pochimetri di distanza. Sindaco dei nobilia più riprese, Pietro, nel 1592 dà in-

carico al regio ingegnere neritinoAngelo Spalletta affinchè costrui-sca un ponte in località la Madda-lena, a causa del ristagno delleacque piovane e delle paludi. Ricchissimo, ai figli avuti da Mi-nerva Boncore donò la straordinariasomma di 11.860 ducati; alle figliegià maritate, Elisabetta, nata dalprimo matrimonio, e Franceschina,nata dal secondo, lasciò rispettiva-mente 4000 e 3000 ducati (con talisomme all’epoca si poteva acqui-stare un intero centro abitato di pic-cola estensione).Dal primo matrimonio nacque tra

gli altri Colella o Nicola senior(1564/5-1590), barone di Colle-passo dal 1587, che sposò in primenozze Anna di Pirro Aloisio Anti-nori nel 1587, in seconde Raimon-dina Venturi, entrambe discendentida agiate e nobili famiglie delRegno. Da Colella senior nacquero Lucre-zia e Nicola junior, detto Colella(1/1/1591-4/4/1649), poi barone diCollepasso, il quale aveva sposatonel 1618 Anna Beatrice Capece(altra famiglia nobile, napoletana)dalla quale aveva avuto tre figli:Isabella, nata nel 1619 e probabil-

mente morta prima del 1636, Giu-seppe Antonio, morto anch’egli ingiovane età ed Anna. Quest’ultima,nata il 9/11/1617 e deceduta nel1688, aveva sposato in prime nozzeOttavio Clodinio, duca di Lizzano,nel 1637; in seconde nozze si eraunita in matrimonio con il regio ca-stellano di Gallipoli Giuseppe dellaCueva, senza avere discendenza. Labaronessa Anna dettò il suo testa-mento al notaio Pietro Carlo Se-nape di Gallipoli nel 1678,nominando erede il coniuge. Sulle complesse vicende sentimen-tali e familiari della donna ho avutomodo di soffermarmi, con Ar-mando Polito, in uno studio recen-temente pubblicato (Il testamento diNicola Massa, barone di Collepassoe Neviano, a favore della chiesadell'Incoronata di Nardò ed altriconventi del Salento) e qui mi li-mito a riportare che il futuro generoClodinio, appena dopo la sottoscri-zione dei capitoli matrimoniali,mandò dei sicari per uccidere ilsuocero, anche se l'agguato fallì. Lareazione di Nicola Massa, ancheperché la figlia rimase intenzionataa convolare alle programmatenozze, fu immediata e drastica, condecisioni testamentarie già altrovedescritte. Tornando al nostro palazzo inpiazza, notiamo come sulla finestradi sinistra sia rappresentato lostemma dei Massa, partito conquello della famiglia della sposa, iBoncore, ricomparso solo dopo la

pulitura del prospetto, così da ri-mandare ai proprietari che avevanofatto costruire l’edificio.Il restauro ha ridato luce anche allaricchezza decorativa e alla perfe-zione dell’ornato lapideo originariocon i suoi girali e foglie d’acantoche caratterizzano le due finestredel prospetto principale; gli elegantirilievi della loro trabeazione e le fi-gure ibride rimandano a quelli dellaterza cappella della chiesa del Car-mine. Evidente che anche qui i fa-coltosi committenti si affidaronoalle migliori maestranze localidell’epoca e dunque al magisterGiovan Maria Tarantino, attivo edoperoso a Nardò e in Terrad’Otranto, autore della vicinachiesa di Sancta Maria de Raco-mandatis dei Domenicani. Se maivi fossero dubbi sulla sua paternitàper il nostro edificio, ecco che amargine delle colonne che inqua-drano le finestre del nostro palazzosi replica puntualmente il caratteri-stico mascherone che l’architettoapponeva su ogni sua opera.Ancora una novità della nostra di-mora è rappresentata dai due ritrattidi profilo che si notano ai lati dellatrabeazione delle due finestre, inse-riti in formelle quadrate, dei qualiuno maschile, barbuto, ed uno fem-minile. Si è propensi a ritenere cheil ritratto di sinistra sia quello delbarone Pietro Massa, mentre l’op-posto, muliebre, sempre scolpito diprofilo, sia quello di sua moglie, labaronessa Elisabetta Boncore.

IL NOSTRO DIALETTO/ORIGINI E CURIOSITÀ SU TERMINI E MODI DI DIRE

Ma è l’umanità che non spramenta mai

Dopo aver tradotto libera-mente per chi non conosceil nostro dialetto la do-manda del titolo con “An-cora non ti è bastato?”,

dico subito che la domanda è rivolta unpo' ipocritamente agli eventuali lettoridei miei primi due contributi apparsi inquesta rubrica. Al di là, però, della probabile ipocrisia(a chi non fa piacere, soprattutto intempi come i nostri, esser letto anche se,consapevolmente o no, quello che siscrive vale poco o nulla?), c’è forse pureun fondo di modestia, nella consapevo-lezza che nel campo degli studi lingui-stici il rischio di prendere cantonateclamorose è sempre in agguato, senza

considerare che molto spesso per lastessa parola studiosi di vaglia mettonoin campo con certezza o ipoteticamenteetimi totalmente diversi e che non sonopoche le parole la cui origine è, almenoper ora, classificata come incerta o, ad-dirittura, sconosciuta.Per fortuna non è il caso della parola dioggi che nel titolo compare al passatoprossimo e il cui infinito presente èspramintare. Corrisponde all’italianosperimentare, che è dal latino experi-mentare, che è denominale da experi-mentum; quest'ultimo deverbale daexperiri (che è composto dalla preposi-zione ex, che significa da, e dalla radicedel verbo pàrere che significa generare,partorire) con aggiunta in coda del suf-

fisso -mentum. Chiedo scusa ai non ad-detti ai lavori per averli costretti ad as-sistere a questa autopsia del vocabolo,operazione scontata e ben nota nell’esitoa all’esperto ma, a parer mio, indispen-sabile al lettore comune per farsi un'ideagenerale della complessità della linguama aNche per comprendere meglioquello che sto per dire.

Spramintare condivide l’etimo con spe-rimentare, del quale è deformazione at-traverso la seguente trafila (le vociprecedute da asterisco sono ricostruite):sperimentare > *sparimentare > *spari-mintare > spramintare.

Se spramintare e sperimentare hanno lo

stesso etimo, dal punto di vista del signi-ficato, anche se si resta in una comunesfera semantica, rivela nell'uso qualchedifferenza. Il verbo italiano è transitivo, regge, cioè,un complemento oggetto, di norma unnome di cosa, concreta o astratta, mai dipersona: sperimentare una cura, speri-mentare la correttezza di una persona.

Spramintare, invece, è usato assoluta-mente, cioé col complemento oggettosottinteso (per cui alla lettera il titoloalla lettera sarebbe Ancora non hai spe-rimentato (sottinteso lo scarso spessoredell’articolo)? La negatività costante delnesso sottinteso ha finito per favorirel’ulteriore slittamento semantico in An-

cora non hai fatto tesoro dell'esperienzanegativa?Non è finita: la voce dialettale, a diffe-renza dell’italiano, può avere comecomplemento oggetto una persona e inquesto caso assume il significato di dis-suadere qualcuno dal ripetere un com-portamento negativo o rischioso ovverorimproverarlo a fatto avvenuto: Luagnone s’era misu la pallina an boccae iò l’aggiu spramintatu (Il bambino siera messo la pallina in bocca e io l’horimproverato energicamente). Sperando che funzioni, perché è tuttal’umanità che non spramenta mai, conbuona pace di Galileo Galilei e del suometodo sperimentale...

di ARMANDO POLITO

IL RESTAURO DELL’EDIFICIO CINQUECENTESCO IN PIAZZA SALANDRA E LA STORIA DEL BARONE DI COLLEPASSO E NEVIANO

Pietro Massa e la sua splendida dimora di MARCELLO GABALLO

Villa Taverna alle Cenate, stemma dei Massa Piazza A. Salandra, palazzo Massa, stemma deiMassa partito con quello della moglie Boncore

Palazzo Massa, particolare della trabeazione Palazzo Massa, particolare del prospetto colpresunto ritratto del barone

Particolare del prospetto col presunto ritrattodella baronessa Elisabetta Boncore

Piazza A. Salandra, palazzo Massa, particolare con il tipico mascherone di Giovanni Maria Tarantino - TUTTE LE FOTO SONO DI LINO ROSPONI

MAGGIO 2019 23

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