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Lavoro, mercato, welfare Corso occupazione e risorse umane

Lavoro, mercato, welfare

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Lavoro, mercato, welfare. Corso occupazione e risorse umane. La costruzione sociale del mercato del lavoro (tab. 2). - PowerPoint PPT Presentation

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Corso occupazione e risorse umane

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La costruzione sociale del mercato del lavoro (tab. 2)

• Disoccupazione-lavoro-salari: “perché, quando esiste un tasso di disoccupazione significativamente alto, non si attiva una concorrenza per il limitato numero dei posti di lavoro, e perché una simile concorrenza non riduce subito il livello dei salari?” (Solow);

• Perché variano i tassi di disoccupazione tra un paese e l’altro?

• Perché un lavoratore è disoccupato e un altro no?

• Perché variano i rendimenti economici tra le nazioni, in termini di inflazione, salari e occupazione

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Teorie economiche del mercato del lavoro: salario di equilibrio spiegato dal versante della domanda

• Teoria del “salario di efficienza”: i datori di lavoro pagano un salario più alto rispetto a quello degli altri datori di lavoro per motivare maggiormente i lavoratori che nell’impresa moderna hanno un certo grado di controllo sulla propria produttività;

• Teoria “insider/outsider”: spiega il vantaggio contrattuale dei lavoratori all’interno dell’impresa (insider) con il fatto che data la loro esperienza non sarebbero del tutto intercambiabili con altri lavoratori.

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Salario di equilibrio spiegato dal versante dell’offerta di lavoro

• Teoria delle norme sociali: valori condivisi, approvazione – disapprovazione dei comportamenti;

• Teoria delle relazioni industriali: rappresentanza collettiva del lavoro, contrattazione collettiva, diritto di sciopero: “saper essere” collettivo del lavoro

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La “soglia” mobile di protezione sociale

• Dahrendorf: economie a bassa retribuzione ed economie ad alta specializzazione (livello macro); economie a bassa pressione fiscale/alti guadagni differenziali (ruolo borsa, mercati finanziari) ed economie ad alta pressione fiscale/bassi profitti (ruolo banche e investimenti di lungo termine

• Modelli di mercato del lavoro: mediterraneo (Italia, Grecia, Spagna: minor vulnerabilità capofamiglia, maggiore per i figli); Europa centrale (Francia, Belgio, Austria, Olanda: minor vulnerabilità capofamiglia, maggiore per coniuge); Germania, UK (minor vulnerabilità per i figli).

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LAVORO E MERCATO

• Diritto del lavoro: nozione gerarchica e collettiva di lavoro

• Contratto di lavoro: rapporto di subordinazione

• Impresa: comunità; lavoro dipendente salariato

• Modello fordista: nella grande impresa industriale a produzione di massa l’organizzazione del lavoro prevede specializzazione dei compiti, separati tra quelli di progettazione e di esecuzione (taylorismo), formalmente regolati da un inquadramento gerarchico della manodopera.

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MODELLO FORDISTA

• Prevalenza contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (maschi adulti);

• scambio tra subordinazione (con controllo disciplinare del datore di lavoro) e stabilità (con compensi economici, prestazioni sociali, garanzie per il lavoratori e benefici per le famiglie);

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FORME DI ORGANIZZAZIONE SOCIALE (MODELLI DI CAPITALISMO O SISTEMI DI WELFARE)

1. MODELLO UNIVERSALISTICO SCANDINAVO: diffusione servizi di welfare pubblici forniti come diritti sociali indipendentemente dallo status occupazionale dei soggetti;

2. MODELLO ASSICURATIVO-CORPORATIVO: Europa centrale;

3. MODELLO ASSICURATIVO FAMILIARE: Europa meridionale. Importanza della famiglia come istituzione di gestione dei rischi sociali; diffusione del lavoro autonomo e delle micro-imprese.

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DECLINO DEL MODELLO FORDISTA

• Aumento livelli competenze e autonomia professionale;

• pressione della competizione sui mercati globali aperti;

• più rapida innovazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT);

• nuovi modelli di organizzazione del lavoro post-fordisti

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PLURALITA’ DEI MODELLI PRODUTTIVI

• Il modello toyotista o della lean production (Ohno, 1978; Womack, Jones, Roos, 1990);

• La “specializzazione flessibile” (Piore, Sabel, The Second Industrial Divide, 1984);

• La “produzione diversificata di qualità” (Streeck, 1992)

• I “mondi produttivi” (Salais, Storper, 1993);

• Le “collaborazioni pragmatiche” tra le imprese (Sabel): reti, distretti, sub-fornitura da “capacità” a “specializzazione” (Bonazzi, Negrelli, 2003)

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Le trasformazioni del lavoro da un punto di vista giuridico

• Promozione e sviluppo del lavoro indipendente;

• evoluzione della nozione di subordinazione;

• esternalizzazione o sub-fornitura del lavoro.

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Promozione e sviluppo del lavoro indipendente

• Instabilità in cambio di autonomia?

• La storia del “secolo del lavoro” dipendente (Accornero), una parentesi nella storia del lavoro indipendente?

• Il ritorno al lavoro indipendente, dopo la crisi del modello fordista, dei diritti sociali e della sicurezza sociale e accesso al welfare, legati al lavoro subordinato?

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IL LAVORO INDIPENDENTE

• I dati: stabilizzazione quantitativa del lavoro autonomo; trasformazione qualitativa:

– strategie di de-valorizzazione (esclusione dalle tutele tradizionali, fuga dal diritto del lavoro, deregolamentazione);

– strategie di valorizzazione (capacità di innovazione, adattamento del lavoro più qualificato)

• Visione ideale del lavoro post-fordista, flessibile in termini di tempo, luogo, tipo di servizi, costi, qualità, creatività, prodotti innovativi e immateriali?

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Legge e giurisprudenza in Europa

• Diritto europeo: autonomia come situazione di fatto e non per convenzione

• Apertura al lavoro indipendente: tendenza a dare un quadro giuridico; da una concezione estensiva di lavoro subordinato a minori ostacoli allo sviluppo del lavoro indipendente (Spagna, Germania, Francia);

• Situazioni di semi-dipendenza, con necessità di una categoria giuridica intermedia tra lavoratore subordinato e imprenditore autonomo:– Germania: terza categoria “assimilabili ai lavoratori subordinati”

(Arbeitsnehmeraenliche Personen)– Italia: i lavoratori “para-subordinati” (co.co.co.)

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Evoluzione della subordinazione

• Maggiore autonomia nell’organizzazione del lavoro: innovazione tecnologica, formazione, coinvolgimento individuale, team di lavoro, partecipazione (valorizzazione dimensione collettiva), obblighi di risultato e non di mezzo: verso condizioni di lavoro indipendente di fatto?

• Nuove forme precarie di lavoro: contratti a tempo determinato, rafforzamento del potere del datore di lavoro, soprattutto sui giovani, accentuato da disoccupazione, processi di downsizing, outsourcing, piccole dimensioni imprese (meno di 50 o meno di 11, in cui lavora la maggioranza dei lavoratori): crescita del peso della subordinazione di fatto?

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Allargamento della nozione giuridica di lavoro subordinato

• Tendenza generale della giurisprudenza: nozione di subordinazione risultato non solo della “sottomissione a ordini e direttive precise nell’esecuzione delle mansioni, ma anche alla “integrazione” del lavoratore in un’organizzazione collettiva del lavoro concepita da e per gli altri”.

• Tecnica dei “fasci di indici”, caratteristica comune del diritto del lavoro nei paesi europei: ricercare quegli indicatori che possono rivelare l’esistenza di uno stato di subordinazione di fatto nell’ambito di un lavoro convenzionalmente autonomo (es. Svezia, p. 28)

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I confini del lavoro subordinato

• Ridurre il campo di applicazione del diritto del lavoro: ritorno ad una concezione ristretta di subordinazione (es. Francia: riferimento alla “subordinazione giuridica”);

• Allargare il campo di applicazione del diritto del lavoro: ricorso ad altri criteri al di là di quello della subordinazione giuridica (es. “dipendenza economica”: far coincidere il campo di applicazione del diritto del lavoro con il reale bisogno di protezione); es. telelavoratori, professionisti tecnicamente autonomi ma economicamente dipendenti (arrestare la fuga dal diritto del lavoro (Germania).

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Outsourcing o sub-fornitura del lavoro

• Strategie di riduzione dei costi: esternalizzazione lavori di minor qualifica professionale (pulizia, custodia, mensa);

• Esternalizzazione funzioni più qualificate:

– ricorso a servizi per innovazione tecnologica (Ict);

– evoluzione tecniche contrattuali (trasferimento d’azienda) con possibilità di ripartizione del rischio di impresa e favorire alleanze strategiche, cooperazione e nuovi modi orizzontali di fare impresa (Bonazzi, Negrelli, 2003)

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I problemi di diritto del lavoro:

a) frode sociale: lavoro interinale e traffico di manodopera (caporalato e fornitura illecita di lavoro);

b) sub-fornitura (con dipendenza tecnica o economica): contratti di lavoro meno favorevoli; impossibilità del diritto del lavoro di raggiungere l’interlocutore pertinente, ovvero l’impresa principale (es. gruppi di imprese, imprese a rete, ecc.)

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Verso un “diritto comune” del lavoro?

• Adattamento alle diverse situazioni (lavoro subordinato tradizionale, lavoro parasubordinato economicamente dipendente);

• Protezione di base per tutti i lavoratori in condizione di dipendenza economica;

• Coesione sociale: non separare il diritto del lavoro dalla sicurezza sociale, elementi indissolubili dello status occupazionale.

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La flessibilità del lavoro:gli obiettivi principali delle imprese

• adattarsi alle oscillazioni e incertezze della domanda, soprattutto sui mercati globali;

• incrementare i livelli della produttività;

• inserire le nuove tecnologie dell’informazione e i servizi informatici;

• rendere più variabili le retribuzioni rispetto alle prestazioni;

• migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi.

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Strumenti e istituti di flessibilità del lavoro

Le imprese italiane hanno potuto disporre in questi anni di una varietà di strumenti di flessibilità del lavoro che ha riguardato:

• la regolazione quantitativa dell'ingresso/uscita dei lavoratori (contratti di lavoro atipici, mobilità), insieme alla gestione quantitativa (soprattutto degli orari) dei mercati interni del lavoro (flessibilità numerica esterna ed interna);

• la gestione qualitativa da parte delle direzioni aziendali dei mercati interni del lavoro (polivalenza), insieme ai processi di esternalizzazione di alcune funzioni (flessibilità funzionale interna ed esterna);

• la variabilità del salario rispetto ad alcuni indicatori di performance economica (flessibilità salariale).

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L’ideologia della flessibilità (1)

• “in tutto il mondo le imprese perseguono l’ideale di utilizzare la forza lavoro pressappoco nel modo in cui utilizzano l’energia elettrica”;

• effetti negativi per il lavoro: attacco

generalizzato al diritto del lavoro; frammentazione delle classi lavoratrici e delle loro rappresentanze; de-responsabilizzazione delle imprese rispetto alla gestione delle risorse umane; rilevanti costi per gli individui, le famiglie, la società nel suo complesso (Gallino, 2001)

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L’ideologia della flessibilità (2)

• Un diritto del lavoro sempre più “infarcito di eccezioni alla regola comune, a volte formali a volte di fatto” (Barbier, Nadel, 2000);

• Supiot (1999): “lo sviluppo di un diritto del lavoro puramente strumentale adattato giorno per giorno alle fluttuazioni della congiuntura”;

• Castells (2002) delinea uno scenario di dualismo sociale della struttura occupazionale, con la compressione del livello intermedio, la disaggregazione del lavoro, la spinta individualizzazione e frammentazione: “le attuali tendenze tecnologiche favoriscono tutte le forme di flessibilità, tanto che in assenza di accordi specifici per la stabilizzazione di una o l’altra delle dimensioni del lavoro, il sistema si evolverà verso una flessibilità generalizzata e diversificata per lavoratori e condizioni di lavoro, sia per coloro che sono altamente specializzati sia per coloro che hanno basse qualifiche”;

• Dualismo del mercato del lavoro tra una forza lavoro core e una forza lavoro periferica o “disponibile ad essere automatizzata, assunta, licenziata, trasferita all’estero a seconda della domanda di mercato e dei costi del lavoro” (Castells, 2002);

• Sennett (1999): le conseguenze umane e sociali del “ciclo” di lavori che uomini e donne stanno vivendo e che li porta sempre più “alla deriva” a causa dell’incertezza e della frenesia che sono costretti a subire.

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LAVORO E FLESSIBILITA’

• Incertezza: dei contesti economici dei mercati, della produzione, del lavoro;

• Autonomia: crescita della professionalità e maggior controllo sulla propria attività;

• dal concetto di regolazione in senso stretto a quello di coordinamento tra gli interessi;

• flessibilità intesa come “souplesse”: “proprieté de ce qui est souple, de ce qui se plie ou se meut avec aisance” (souple: “capable de s’adapter aux exigences de la situation”).

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FLESSIBILITA’

• Ricerca di una risposta collettivamente efficiente ai rischi e alle incertezze dell’economia;

• Fornire agli individui una protezione dai rischi in senso esteso, per consentire lo sviluppo delle loro capacità (di souplesse)

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Le tre possibili risposte ai rischi e alle incertezze dell’economia

• mercato: adattamento dell’offerta di lavoro, che si assume il rischio;

• stato: si fa carico dei costi sociali e finanziari del rischio di impresa (sussidi pubblici alla disoccupazione);

• suddivisione dei rischi tra gli attori delle relazioni industriali: imprese, lavoratori, stato, che devono accordarsi su una ripartizione delle responsabilità equa ed efficiente.

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UN NUOVO QUADRO ECONOMICO EUROPEO

• Il lavoro non ha più lo statuto di un semplice fattore di produzione, i suoi prodotti non possono più essere visti solo in termini di prezzo; un vasto insieme di prodotti e servizi in continuo cambiamento; valore di scambio e valore d’uso; prezzo e utilità;

• Ristrutturazione e riorganizzazione delle imprese europee: la ricerca di potenziali giacimenti di innovazione; differenziali di qualità di prodotti e servizi, ottenuti senza aumenti dei costi; infrastrutture collettive adeguate; qualità della vita; competenze della manodopera; efficacia dei sistemi di formazione iniziale e continua, professionale, di apprendistato e superiore.

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La sfida del dialogo sociale europeo: un accordo sul quadro economico della flessibilità

• possibilità economiche: innovazioni di prodotto, di servizi e di processo;

• relazioni di prossimità: reti di imprese, governance, approfondimento della divisione del lavoro, mediante più specializzazioni e coordinamento;

• capitale umano: apprendistato, professionalità, esperienza, capacità incorporate nelle persone e nelle comunità;

• sviluppo locale: differenti tessuti industriali regionali e settoriali e anche transnazionali (les mondes de production);

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La relazione positiva tra efficienza economica e flessibilità

• da sistemi di protezione sociale a posteriori a “sicurezza attiva” contro i rischi e le incertezze;

• formare, mantenere e sviluppare lungo tutto il ciclo di vita le competenze delle persone;

• azione dello stato di “politica del lavoro” (manpower policy): “miglioramento dell’efficienza collettiva del tessuto economico dei diversi territori e autonomia di deliberazione e di decisione dei gruppi intermedi, secondo il principio di sussidiarietà:

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Dalla protezione passiva alla sicurezza attiva

• Incertezza da internalizzare;

• “convenzione di fiducia” tra impresa e lavoratori: ciò che vale per l’imprenditore (diritti di proprietà dei beni, libertà di gestione) deve valere anche per i lavoratori (diritti di sviluppo del capitale umano, libertà effettiva di azione);

• il contratto di lavoro è incerto e aperto: salario e condizioni di lavoro per impegno e qualità del lavoro

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Dalla protezione passiva alla sicurezza attiva

• un quadro istituzionale inclusivo delle relazioni di lavoro e degli attori coinvolti;

• abbandono dell’approccio standard: l’attore razionale che per natura si muove secondo un comportamento opportunistico (l’idea del disoccupato incentivato dai sussidi e non dalla perdita dell’identità);

• governance del lavoro, basata su una convenzione di fiducia, in un contesto di flessibilità: attese reciproche tra gli attori, la propria azione in riferimento ai risultati dell’azione dell’altro; un sistema giuridico e di protezione sociale di contesto.

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La diversità del lavoro (tab. 3)• Direttiva comunitaria del 2000 approvata per contrastare la

discriminazione occupazionale per ragioni etniche, religiose, di genere, età e diversa abilità;

• In generale, i giovani, le donne, gli anziani, gli immigrati e i disabili hanno livelli di occupazione più bassi e livelli di disoccupazione più alti rispetto alla media;

• livelli di occupazione e di disoccupazione “socialmente determinati”;

• Target di Lisbona (marzo 2000): un tasso generale di occupazione del 67% nel 2005 e vicino al 70% nel 2010; un tasso di occupazione femminile del 57% nel 2005 e vicino al 60% nel 2010; un tasso di occupazione dei lavoratori più anziani (55-64) del 50% entro il 2010

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LAVORO E DIVERSITA’: IL LAVORO DELLE DONNE

• Aumento partecipazione delle donne nei mercati del lavoro;

• soprattutto nei paesi nordici e nel Regno Unito;

• Trattato di Amsterdam e Direttive Consiglio europeo.

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LA SOCIETA’ INDUSTRIALE E IL LAVORO DELLE DONNE

• Pre-fordismo: leggi di tipo paternalista e “protezionista”, incentrate sul ruolo riproduttivo delle donne: protezione dalle attività nocive per la salute, di sforzo fisico, proibizione del lavoro notturno (v. prime convenzioni OIL);

• Fordismo: lo stato sociale offre nuove opportunità di impiego alle donne, nei servizi pubblici, istruzione (scuole materne ed elementari soprattutto), sanità (in posizioni subordinate), attività amministrative nel pubblico e nel privato (professionalità di basso livello).

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IL LAVORO DELLE DONNE DAGLI ANNI ‘70

• Più elevato livello di istruzione;• sviluppo servizi pubblici (asili, ospedali, case di riposo) che riduce

l’attività di cura;• tecnologie lavoro domestico;• movimenti femministi;• espansione nel terziario, nella pubblica amministrazione;• il fenomeno della “doppia presenza” tra tempo di lavoro e tempo di

“non lavoro”;• le “azioni positive”;• i lavori “atipici”, flessibili, autonomi e semi-autonomi

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IL FENOMENO DEL LAVORO “ATIPICO” FEMMINILE

• CONTRATTI A TERMINE;

• A TEMPO PARZIALE;

• STAGIONALI;

• TEMPORANEO;

• A DOMICILIO;

• TELELAVORO

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LA FLESSIBILITA’ DEL MERCATO DEL LAVORO FEMMINILE

• Nuove opportunità di impiego: capacità di adattamento ai nuovi lavori;

• Nuovi rischi: il mercato del lavoro “secondario”;

• il problema della “conciliazione” tra carriera professionale e responsabilità familiari;

• diritto del lavoro “fordista” a fronte di un mercato del lavoro “post-fordista”: meccanismi di esclusione delle donne (tasso di attività femminile 45%, maschile 66%; disoccupazione femminile molto più elevata rispetto a quella maschile).

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INSTABILITA’ DEL LAVORO FEMMINILE

Maggiore discontinuità dei percorsi professionali femminili:

• discriminazioni nascoste, per gravidanza e maternità;

• compatibilità tra lavoro e vita familiare;

• fenomeni di “segregazione” sul lavoro;

• discriminazioni salariali: retribuzione media delle donne 84% degli uomini in Svezia, 73% in Francia e Spagna, 64% nel Regno Unito.

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LE POLITICHE PUBBLICHE E DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

• Le “azioni positive”: il concetto della “discriminazione positiva” simile a quella prevista per l’integrazione delle minoranze nere negli Usa negli anni Sessanta;

• Le Direttive europee sui congedi parentali e le politiche per rimuovere le disuguaglianze strutturali e promuovere iniziative ad hoc;

• Il principio delle “pari opportunità” incluso nel Trattato di Amsterdam (art. 141.4, ex art. 119.4 TCE): il nuovo art. 6A Trattato CE riconosce al Consiglio il potere di adottare “le misure necessarie per combattere tutte le discriminazioni basate sul genere”;

• In Italia: la legge 125 del 1991 sulle “azioni positive” e la legge 215 del 1992 sulla “imprenditorialità femminile”.

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IL TEMPO DI LAVORO DELLE DONNE

• La proibizione del lavoro notturno per le donne (in Italia legge 903 del 1971), una concezione maschile del tempo di lavoro?

• Autorizzazione con sentenza di Stoeckel del 25 luglio 1991: effetti negativi?

• L’eterogeneità dei tempi di lavoro e la necessità di conciliare lavoro e organizzazione familiare;

• Le tradizioni giuridiche e culturali nazionali: il part-time dell’Olanda e dei paesi nordici.

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LE DONNE E IL SINDACATO

• Il problema della rappresentanza: tassi di sindacalizzazione inferiori a quelli maschili;

• Il problema della rappresentatività e legittimazione degli attori collettivi;

• Elevata partecipazione al mercato del lavoro e scarsa presenza nella contrattazione collettiva e nei ruoli direzionali e decisioni delle organizzazioni sindacali;

• Nuovi spazi di partecipazione dei movimenti femminili?

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LE DONNE E LE IMPRESE

• Basso numero di donne titolari di imprese;

• Maggiori difficoltà dei percorsi per diventare imprenditrici (?);

• maggiori difficoltà di carriera e di raggiungere i livelli più alti nelle gerarchie aziendali;

• Le donne che collaborano con il marito imprenditore

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I PROGRAMMI DI PARI OPPORTUNITA’ TRA UOMINI E DONNE SUL POSTO DI LAVORO

• Il ruolo della legislazione, degli accordi collettivi e degli attori sociali nella regolazione della eguaglianza di genere nel lavoro;

• La legislazione top-down;

• Le politiche bottom-up: volontarie, decentrate, a livello di impresa;

• I contenuti dei programmi di eguaglianza di genere sul posto di lavoro

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Lavoro e welfare: le politiche “passive”

• amministrazione e servizi pubblici per l’impiego;

• formazione al mercato del lavoro: formazione per gli adulti disoccupati e per i soggetti a rischio; formazione per gli adulti occupati;

• iniziative per i giovani: misure per i soggetti svantaggiati e disoccupati; sostegno per l’apprendistato e per la formazione generale ad esso collegata;

• impiego sussidiato: sussidi all’occupazione regolare nel settore privato; sostegno dei disoccupati che avviano un’impresa; creazione diretta di posti di lavoro (nei settori pubblici o non profit);

• misure per i disabili: riabilitazione professionale; lavoro per i disabili.

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Lavoro e welfare: le politiche “attive”

• sussidi ai disoccupati;• pre-pensionamenti per motivi legati

all’andamento del lavoro

Pochi paesi dedicano ad esse oltre l’1% del Pil (Olanda, Danimarca e Svezia ben oltre tale livello; ma comunque anche Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda): tab. 4.

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LAVORO E SOCIETA’

Status professionale del lavoratore “fordista”

“modello di lavoratore e di rapporti sociali di lavoro specifico, edificato nel corso degli anni dal diritto del lavoro”:

– un modello relativamente omogeneo e stabile;

– tipo ideale del padre di famiglia unico percettore di reddito;

– che dopo un periodo di formazione professionale relativamente breve, occupa in modo stabile e continuato lo stesso impiego nella stessa impresa, o settore;

– in pensione dopo il tempo previsto di impiego stabile

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IL CASO ITALIANO

• Tutela del bread winner;

• 2001: capifamiglia 21% dei disoccupati (12% nel 1991) e 20% dei disoccupati di lunga durata (4%);

• Alla famiglia affidata la solidarietà verso donne e giovani senza impiego;

• Bassa spesa pubblica nelle politiche del lavoro: l’1,84% del Pil nel 1992-93 (Francia 2,99; Spagna 3,95; Germania 4,19; Danimarca 6,77);

• subordinazione in cambio di stabilità del capofamiglia;

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LA CRISI DELLO SCAMBIO SUBORDINAZIONE/SICUREZZA

• L’impresa orientata dalle strategie di flessibilità del lavoro;

• Il lavoratore tende a ridurre la fedeltà ad un’azienda che non gli garantisce più la sicurezza occupazionale;

• Lo stato non è in grado di dare risposte di protezione di tipo tradizionale;

• Una nuova concezione di “condizione professionale” per integrare l’individualizzazione e la mobilità dei percorsi di lavoro.

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Il ruolo del diritto del lavoro

“La questione fondamentale non è quella della “flessibilizzazione” (già largamente prevista da un certo numero di legislazioni europee), ma quella dell’armonizzazione dei nuovi imperativi di libertà nel lavoro con il bisogno non meno importante di tutti i lavoratori di far affidamento sulla lunga durata di un autentico status professionale che possa permettere loro di liberare in modo equo la propria capacità di iniziativa individuale”.

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ESPERIENZE NAZIONALI

Paesi che combinano un alto livello di protezione sociale con un basso tasso di disoccupazione, in un contesto di economie dinamiche:

– Danimarca,

– Olanda,

– Austria,

– Italia settentrionale,

– Germania meridionale

(con performance simili alle realtà neo-liberiste Usa e Gb).

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Au-delà de l’emploi: uno “status” professionale continuo

• Nessun paese europeo in grado di proporre un’alternativa al modello di lavoratore dipendente a tempo indeterminato, di riferimento per il diritto del lavoro;

• Sforzi per adattare il modello regolando i passaggi della vita lavorativa, che non garantisce più un carattere lineare;

• Aggiungere alla organizzazione statica della relazione di lavoro una organizzazione dinamica delle transizioni tra situazioni di lavoro successive: coprire tutti i momenti in cui la condizione di subordinazione non può essere collegata a un impiego stabile.

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1) Diritto di accesso al lavoro

• Formazione e lavoro

– Integrazione formazione scolare e formazione di impresa;– L’impresa come luogo di formazione;– I contratti di primo impiego;

• Disoccupazione e lavoro:

– deriva dalla “professione” al “posto di lavoro” (sussidi di disoccupazione e pensioni legati alla capacità di guadagno)?

– sovvenzioni per abbassare il costo del lavoro dei nuovi assunti nei settori di mercato;

– “nuovi giacimenti di lavoro” nei settori non di mercato.

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2) Principio di continuità dello status professionale

• Mobilità nell’impresa:

– politiche di “flessibilità interna”: modifiche dell’impiego (contrattazione collettiva); Cig;

– politiche di “flessibilità esterna”: contratti di lavoro precari, successione di impieghi in una stessa impresa, con possibilità di calcolare il numero di anni di servizio;

• Mobilità esterna all’impresa:

– unica relazione di lavoro per datori di lavoro giuridicamente distinti (gruppi di imprese; reti di imprese;

– legame tra impieghi successivi per datori diversi: “trasferimento di impresa” (direttiva), lavoro interinale, “contratto di attività”?

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3) Diritto a nuovo avviamento al lavoro

• Protezione contro il licenziamento:

– indennità disoccupazione;

– freno all’assunzione anziché difesa dell’occupazione?

• Protezione contro gli effetti:

– diritto di licenziare in cambio del diritto del lavoratore di essere reinserito in un nuovo posto di lavoro.

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IL CAMBIAMENTO: DAL LAVORO TIPICO AL LAVORO ATIPICO

• A) Destabilizzazione (de-regolazione) del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per adattare i lavoratori al nuovo capitale post-fordista (restituire potere discrezionale: una lettura di classe, dovere di “resistenza” del diritto del lavoro?);

• B) Anche il lavoro è cambiato, insieme al capitale: dal lavoro materiale al lavoro immateriale (dalla manifattura ai servizi, dal saper fare al saper essere): nuove forme di protezione; adattamento del diritto del lavoro, resta il “dualismo sociale” tra lavoro salariato e lavoro non salariato;

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C) Re-istituzionalizzazione del rapporto di lavoro?

• Adattamento attivo o “re-istituzionalizzazione” del rapporto di lavoro: fissare nuove regole, con spazi di negoziazione e intervento degli attori collettivi;

• Lineamenti già presenti in alcuni diritti nazionali;

• Dallo statuto dei lavoratori (legame tra subordinazione e sicurezza) allo “statuto professionale” delle persone, con approccio comprensivo del lavoro, in grado di legare libertà, sicurezza e responsabilità.

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SUPERARE IL MODELLO DI LAVORO STANDARD

• Dall’”impiego” al “lavoro”: de-costruzione della nozione di “lavoro salariato” (emarginazione delle forme non di mercato: auto-formazione, lavoro a titolo gratuito, lavoro domestico, ecc.);

• Nozione di “lavoro” tout court”, come nuovo modello di condizione professionale, che comprenda le esigenze di formazione continua, di parità uomo-donna, di attività di interesse generale, della libertà professionale;

• Distinto dalla “attività”, in quanto risponde ad un’obbligazione, volontariamente sottoscritta o legalmente imposta (di natura contrattuale, statutaria, a titolo oneroso o gratuito, ma sempre in un legame di diritto).

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IL DIRITTO SOCIALE (DIRITTO DEL LAVORO E SICUREZZA SOCIALE)

1) diritti sociali universali: garantiti a tutti indipendentemente dal loro lavoro (sanità, meno sulla formazione professionale);

2) diritti fondati sul lavoro non retribuito (lavoro di cura alla persona; autoformazione, lavoro volontario);

3) diritto comune dell’attività professionale: nel diritto comunitario (igiene e sicurezza);

4) diritti propri del lavoro dipendente retribuito: graduati in funzione dell’intensità della subordinazione;

+ principio di parità di trattamento uomo/donna (trasversale).

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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE

Lavoratore con diritto di passare da una forma di lavoro a un’altra:

– crediti orari (rappresentanti del personale);

– congedi speciali e diritti di assenza;

– crediti di formazione;

– banche del tempo;

– aiuti ai disoccupati per l’imprenditorialità;

– assegni di formazione;

– ecc.

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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE

Diritti sociali riferiti al lavoro in generale:

• nella sfera familiare;

• lavoro di formazione;

• lavoro volontario;

• lavoro indipendente;

• lavoro di pubblica utilità

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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE

Sono “diritti di prelievo” perché la loro realizzazione dipende da due condizioni:

a) costituzione di una “contribuzione” sufficiente;

b) decisione del loro titolare di utilizzare tale “provvista”.

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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE

Sono diritti di prelievo “sociale”, in quanto sono sociali:

a) nel loro modo di costituzione;

b) nei loro obiettivi (di utilità sociale)

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I DIRITTI DI PRELIEVO SOCIALE

Co-finanziamento dei lavori non di mercato, con copertura garantita da:

• stato: obiettivi di interesse generale;• sicurezza sociale: prestazioni per chi ha persone a carico;• organismi mutualistici paritetici: congedi di formazione;• imprese: continuità del contratto di lavoro, crediti orari, congedi

parentali;• lavoratore: integrazione con banche del tempo, utilizzo crediti

acquisiti con il licenziamento, rinuncia ad una parte di stipendio previsto, ecc.