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Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carrol · 2019. 9. 4. · Inseguono il mistero Delle meraviglie nuove e i battibecchi, In quel paese fiero, Tra la bimba

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LeAvventurediAlicenelPaesedelleMeraviglie

diLewisCarroll

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Introduzione

Unpomeriggioinsiemetuttod'oro,

Sull'acquamollemente,

Mentredellepiccoleinespertebraccia

Labarcanerisente,

Eildestinoènellepiccolemani

Ripostovanamente.

Comepotete,voitre,Graziecrudeli,

Inquest'oradilanguor

Pretendereilraccontodaunrespiro

Ditantoscarsovigor?

Chepuòunavocesolacontrotre?

Sinegaesinegaancor?

Che«sicominci».

Primaesigesubito,

Colsuoimperiosostile,

«Ilnonsensononcimanchi»imploraSecunda,

ch'ègentile,

MentrepoiTertiafamilledomande

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Conansietàfebbrile.

Silenzio!

Ecalme,tuttequanteora,

Inseguonoilmistero

Dellemeraviglienuoveeibattibecchi,

Inquelpaesefiero,

Tralabimbadelsognoeglianimali;

Oh,sembraquasivero!

Eselafontedell'ultimafantasia

Glisieraprosciugata,

Chiedevadirimandareadomani

Quellavoceisolata,

«Adesso!Adesso!»dalcoroveniva

Dinuovopungolata.

Cosìestortifuronglistrambieventi,

Meraviglieaconfronto,

Diventurainventurafuraggiunta

Lafinedelracconto.

Ciurmafelice,orasitornaindietro;

Ilsoleèaltramonto.

Alice,badaallasemplicestoria!

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Riponilapianpiano

Dovel'Infanziadeisognisiinfiltra

Dentroilmisticoarcano

DellaMemoria:èilfioreappassito

Diunpaeselontano.

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CAPITOLOI

GIÙNELLATANADELCONIGLIO

Alicemorivadinoiaastarsenesedutaconlasorellasullaproda,senzafarniente;avevasbirciatounpaiodivolteillibrochelasorellastavaleggendo,manonc'eranofigurenédialoghi,«eacosaserveunlibro»,pensavaAlice,«senzafigurenédialoghi?»

Stava dunque calcolando fra sé e sé (nei limiti concessi dal caldo di quellagiornatacheledavaunsensodisonnolenzaediistupidimento)seilpiaceredifarsiunacollanadimargheritefossevalsalafaticaditirarsiinpiediperandarearaccogliere lemargherite, quandod'improvviso le sfrecciò accantoun conigliobiancodagliocchirosa.

Del fatto in sé non c'era troppo da meravigliarsi, né Alice trovò poi troppostravagante sentire che il Coniglio mormorava, «Ohimè! Ohimè! Farò tardi,troppo tardi!» (ripensandoci, dopo, capì che in effetti ci sarebbe stato di chestupirsi;almomentoperòtuttoleparveperfettamentenaturale);maquandovideil Coniglio fare il gesto di estrarre un orologio dal taschino del panciotto,guardarloe riprenderedigran lena ilpasso,Alicebalzò inpiedi,perché leerabalenatonellamentechenonavevamaivistoprimaunconiglioconunpanciottonétantomenoconunorologiodentroaltaschino,e,bruciatadallafebbredellacuriosità, lo inseguì di corsa attraverso il campodove fece appena in tempo avederlospariredentrounagrossatanasottolasiepe.

Unattimodopo,ancheAlicecisiinfilavadentro,senzariflettereperunattimocomeavrebbefattoauscirnefuori.

Per un pezzo la tana correva dritta come una galleria e poi all'improvvisosprofondava, così all'improvviso che Alice non ebbe nemmeno il tempo dipensareafermarsiesi ritrovòacapitombolaregiùperunpozzochesembravamoltoprofondo.

O il pozzo era assai profondo, oppure il capitombolo era assai lento, perchéAliceebbetuttol'agio,mentrecadeva,diguardarsiattornoedicercaredicapirecosalestesseaccadendo.Primadituttoguardòdisottopervederedoveandavaa

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finire,maeratroppobuioenonsivedevaniente;poiesaminòleparetidelpozzoevidecheeranopienedicredenzeediscaffali:notòchequaelàc'eranomappee quadri appesi ai chiodi. Tirò giù un vasetto da uno dei ripiani mentre glipassavadavanti; portava la scrittaMARMELLATADIARANCE,ma con suagrandedelusioneeravuoto.Nonvolevalasciarlocadereperpauradiammazzarechiunquesitrovassesotto,efeceinmododiappoggiarlosuunaltroscaffalechesitrovavaaportatadimanolungolacaduta.

«Be'» rimuginava fra sé, «dopo una caduta come questa, ruzzolare giù per lescalemisembreràunoscherzo!Com'ècoraggiosalanostraAlice,penserannoimiei!Ah, certodamenon sentirebberoun solo lamento,nemmeno sedovessicaderedaltetto!»(enonc'èdubbiochesuquestopuntoavesseproprioragione).

Giù,giù,semprepiùgiù.Cisarebbemaistataunafineaquellacaduta?«Quantichilometri avrò fatto cadendo, finora?» si domandò a voce alta. «Devo esserequasiarrivataalcentrodellaterra.Vediamo:dovrebberoesserecircacinquemilachilometri,mipare-»(PerchédovetesaperecheAliceavevaimparatotantecosedi questo genere a scuola, e, per quanto non fosse l'occasione migliore peresibire le sue conoscenze, dal momento che non c'era nessuno ad ascoltarla,tuttavia poteva sempre servire ripeterle per fare esercizio) «sì, più o meno ladistanza è questa - ma chissà a che Latitudine o Longitudine sono arrivata?»(AlicenonavevalapiùpallidaideadicosafosselaLatitudine,pernonparlaredellaLongitudine,malesembravanodellebelleparoleimportantidadire).

Ripigliò subito. «E se passassi attraverso tutta quanta la terra intera! Chissàcomesonobuffequellepersonechecamminanoatestaingiù!GliAntipotici,mipare -» (era molto contenta che non ci fosse nessuno ad ascoltarla, stavolta,perché la parola suonava decisamente sbagliata) «- ma dovrò domandare aqualcuno in che paese mi trovo, si capisce. Mi scusi, signora, qui siamo inNuovaZelandaoinAustralia?»(esimiseafareuninchinomentreparlava-vel'immaginate, fare un inchinomentre si sta cadendo nel vuoto?Ci riuscireste,voi?)«Chebrutta figura farei,dabambina ignorante!No,megliononchiedereniente;saràpurscrittodaqualcheparte».

Giù, giù, sempre più giù. Non avendo niente da fare, Alice riprese la suachiacchierata.«EDinah?Chefaràsenzadime?»(Dinaheralagatta).«Speriamoche si ricordinodidarle il suopiattinodi latte amerenda.Cara lamiaDinah!Comevorreichetufossiquaggiùconme!Noncisonotopichevolinoperaria,purtroppo, ma potresti sempre dar la caccia a un pipistrello, che è divertente

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comeuntopo,sai?Oppureaunagazza.Maunagattamangiaunagazza?Mah!»QuiAlicefupresadaunastranasonnolenzaecontinuavaachiedersi:«Unagattamangiaunagazza?Unagattamangiaunagazza?»eavolte«Unagazzamangiauna gatta?» perché, capite, non sapendo qual era la risposta giusta a nessunadelleduedomande,pocoimportavacomeleformulasse.

Sentì che stava per appisolarsi e aveva appena cominciato a fare un sogno;camminavaconDinah,manonellamano,elechiedevaintuttaserietà:«Dinah,ti prego, dimmi la verità; hai mai mangiato una gazza?» quando, a un tratto,patapumfete!siritrovòperterrasuunmucchiodiramoscelliefogliesecche.Lacadutaerafinita.

Alicenonsierafattanienteesaltòinpiediinunattimo;alzògliocchiinalto,ma era buio pesto; davanti c'era un altro lungo cunicolo in fondo al qualeintravvideilConiglioBiancochecorreva.Nonc'eraunminutodaperdere.Evia,velocecomeilvento,Alicelorincorse,appenaintempopersentirloesclamare,mentre svoltava l'angolo:«Oh,baffiebasette!Comes'è fatto tardi!»Gli stavaormaiallecalcagna,ma,quandoancheleisvoltòl'angolo,ilConigliononc'erapiù. EAlice si ritrovò in un salone basso e lungo, illuminato da una fila dilampadechependevanodalsoffitto.

C'erano tante porte attorno al salone, ma erano chiuse a chiave, e dopo averpercorso tutto un lato fino in fondo ed essere tornata indietro lungo l'altro,provando ciascuna porta, Alice si portò tristemente nel mezzo della sala,pensandoacomemaiavrebbefattoauscirnefuori.

Di punto in bianco, si trovò davanti a un tavolino a tre gambe, tutto in vetrospesso;sopra,nonc'eraaltrocheunapiccolachiaved'oro,eilprimopensierodiAlicefuchepotesseaprireunadelleportedelsalone.Ma,ahimè!oleserratureeranotroppograndi,olachiaveeratroppopiccola;stadifattochenonneaprìnessuna.Comunque,nel suo secondogiroattornoal salone, si trovòdavanti auna tendina corta che non aveva notato prima, e dietro alla quale c'era unaporticina non più alta di una trentina di centimetri: provò a infilare la piccolachiaved'oronellaserraturaeconsuagrandegioiavidechefunzionava!

Aliceaprì laporticinaescoprìchedavasuunpiccolocunicolopocopiù largodella tana di un topo; simise ginocchioni e guardando attraverso il cunicolo,scorseilpiùbelgiardinodelmondo.Chevogliaavevadiusciredaquelsalonetetroperandareapasseggiarefraquelleaiuoledifioririsplendentiefraquelle

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fontanediacquafresca!Manonciinfilavaneanchelatestainquellaporticina,«eseanchecipassassiconlatesta»,pensavalapoveraAlice,«acheservirebbesenza le spalle? Ah, se potessi riserrarmi come un telescopio! Mi basterebbesaperequalèlaprimamossaepoi,sonosicura,ciriuscirei!»Dovetecapireche,essendole capitate tante cose strambe negli ultimi tempi, Alice si stava ormaiconvincendochediveramenteimpossibilenoncifossequasipiùnulla.

Poichéerainutileaspettareaccantoallaporticina,ritornòversoiltavolino,conlamezza speranza di trovarci un'altra chiave, o perlomeno un manuale cheinsegnassecomesifaariserrareunapersonacomeuntelescopio;questavoltacitrovòunabottiglietta(«checertamentenoneraqui,prima»,osservòAlice),conattaccatoalcollouncartellinodovec'erascrittoBEVIMIincaratteridistampagrandiebelli.

Sifaprestoadire"Bevimi",malanostrasaggiapiccolaAlicenonavrebbefattouna cosa simile alla leggera. «No, prima devo vedere» obiettò «se c'è scritto"veleno" oppure no», perché aveva letto tante storie di bambini che finivanobruciati, omangiati dalle bestie feroci, o in altrimodi poco piacevoli, e tuttoperché avevano dimenticato le buone e sane regole che gli amici avevanoinsegnatoloro,comeperesempiochenondeviteneretroppoalungoinmanounattizzatoiorovente,perchéallafinetiscotti;chese tagli troppoprofondamenteunditopoitisanguina;masoprattuttoleinonavevamaidimenticatochesetroviunabottigliaconlascritta"veleno"etelabevituttaoquasi,primaopoitisentimale. Comunque, su questa bottiglia, non c'era scritto "veleno", e Alice siazzardò a berne un sorso; il sapore eramolto buono (era unmisto di torta diciliegie,crema,ananas,tacchinoarrosto,caramellamouecrostinospalmatocolburro)ebenprestosel'ebbebevutatutta.

«Checuriosasensazione!»osservòAlice.«Dicertomi sto riserrandocomeuntelescopio!»

E così era infatti; adesso era alta solo trenta centimetri, e si illuminò tutta alpensierodiesseredellamisuragiustaperpassareattraversolaporticinachedavasulbelgiardino.Maprimadiognialtracosa,comunque,attesequalcheminutoper vedere se si fosse impicciolita ancora di più; era un pensiero che lainnervosiva, «perché potrebbe andare a finire» mugugnava fra sé, «che miestinguotutta,comeunacandela.Chissàcomesarei,allora?»Ecercòdifigurarsicomepotevaesserelafiammadiunacandelaquandolacandelaavevafinitodiconsumarsi,perchénonlevenivainmentediavermaivistounacosasimile.

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Dopounpoco,vedendochenon succedevaniente,decisedi andare subitonelgiardino;maahimè,poveraAlice,unavoltagiuntaallaporticina, siaccorsediaverdimenticatolapiccolachiaved'oro,equandotornòaltavoloperprenderla,scoprìchenonciarrivavapiù:lavedevabenissimoattraversoilvetroefecetuttiglisforzipossibiliperarrampicarsisuperunagambadeltavolo,maeratropposdrucciolevole;equandoitentativil'ebberostremata,lapoverapiccolasimiseasedereescoppiòinlacrime.

«Suvvia!Achetiservepiangere?»sirimproveravaAliceconmoltaseverità.«Sevuoiunconsiglio, smettilasubito!All'istante!»Disolitodavaasestessadegliottimiconsigli (sebbene li seguisseassaidi rado)ecertevoltesi rimproveravacontantadurezzadafarsivenirelelacrimeagliocchi;siricordavacheunavoltaavevacercatoditirarsileorecchieperchés'eratruffatainunapartitadicroquetche giocava contro se stessa, poiché questa buffa bambina amava far finta diessereduepersonediverse.«Maacosamiserveadesso»mugugnavalapoveraAlice,«farfintadiessereduepersone!Ormai,tuttoquellocheèrimastodimeforsenonbastanemmenoafarneunasola,dipersonarispettabile!»

Ma ben presto l'occhio le cadde su una scatolina di vetro che stava sotto iltavolino,l'aprì,c'eradentrounpasticcinoconlaparolaMANGIAMIformatainchiareletterecondelleuvette.«D'accordo,lomangio»disseAlice,«esemifacrescere,potròprenderelachiave;semifaimpicciolire,strisceròsottolaporta;inognicaso, riusciròaentrarenelgiardino,eperciònonmi importanientediquelchepuòaccadere!»

Nemangiòunpezzettino,mentresichiedevatormentosamente:«Dacheparte?Dacheparte?Insuoingiù?»esitenevaunamanosopralatestapercontrollarese stesse crescendo. Quale non fu la sua sorpresa, quando si accorse checontinuavaarestaredellastessadimensione!Naturalmente,nonsuccedeproprionientequandosimangiaunpasticcino;maAlicesieraormaicosìabituataanonaspettarsi altro che cose fuori dall'ordinario che le sembrava troppo sciocco enoiosoprocederenelmodosolitodellavita.

Cosìsimiseall'operaebenprestoebbefinitotuttoilpasticcino.

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CAPITOLOII

ILMAREDILACRIME

«Chebuffo,chebuffissimo!»strillòAlice(eracosìstrabiliatadallasorpresadadimenticarsi le regole della grammatica). «Orami sto allungando come il piùgrande telescopioche siamai esistito!Arrivederci, piedi! (le eraparso, infatti,quandosierachinataperguardare inbasso,chestesseroquasiperscomparire,tantosistavanoallontanando).«Oh,imieicaripiedini!Chivimetteràlescarpe,chi vi infilerà le calze, ora, poverini? Iono, di certo, non ce la farò più! Saròtroppo lontana per prendermi cura di voi; dovrete arrangiarvi da soli - miconviene,però trattarlicon riguardo»disse fraséAlice,«altrimentipotrebberorifiutarsidicamminarenelladirezionechevoglioio!Cosapotreifare?FaròlorounregalotuttiglianniaNatale:unbelpaiodistivalinuovi!»

Epreseapianificarel'interafaccenda,intuttiiparticolari.«Civorràuncorriereperlaspedizione»pensava,«chebuffosarà,inviareunregaloaipropripiedi!Ecomesuoneràstranol'indirizzo!

All'egregiosignorPiedeDestrodiAlice

TappetinodavantialCaminetto

pressoilParafuoco(daAliceconamore)

Poverame,quantesciocchezzestodicendo!»

Inquelprecisoistante,andòasbattereconlatestacontroilsoffittodelsalone:infattieraormaialtadueoforseanchetremetri;afferròinunbalenolapiccolachiave d'oro e si precipitò verso la porta del giardino. PoveraAlice! Dovetteaccontentarsidisdraiarsiperterra,suunfianco,edisbirciareilgiardinoconunocchiosolo;quantoaentrarci,eradiventataun'impresapiùdisperatachemai.Sitiròsùasedereericominciòapiangere.

«Vergogna!» si rimproverava Alice. «Grande come sei» (poteva ben dirlo!)

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«mettersiapiangerecomeuna fontana!Falla finita, tidico!»Macontinuavaapiangerelostesso,versandofiumidi lacrime,tantodaformaretutt'intornoaséunmare,profondounadecinadicentimetri,elargofinquasiametàdelsalone.

Dopounpo',Alicesentìunlievescalpiccìodipassiinlontananza,esiaffrettòadasciugarsigliocchipervederechifosse.ErailConiglioBianco,diritorno,tuttoelegante, con un paio di guanti bianchi di capretto in unamano e un enormeventaglionell'altra,chesenevenivatrotterellandoingranfretta,borbottandotrasé: «Oh! La Duchessa, la Duchessa! Come potrà non infuriarsi, se la faccioaspettare?»Aliceeracosìdisperatacheavrebbechiestoaiutoachiunque;così,quandoilConigliolefuvicino,glirivolselaparolatimidamente,conunfilodivoce:«Scusi,signore-».IlConigliotrasalìviolentemente,lasciòcadereperterrai guanti bianchi di capretto e il ventaglio e se la filò via a tutta velocità,sgambettandonelbuio.

Alice raccolse i guanti e il ventaglio, col quale, siccome nel salone faceva ungran caldo, prese a farsi vento per tutto il tempo che continuò la suachiacchierata.«Mammamia!Checosestrambemisoncapitateoggi!Epensareche ieri sera era tutto normale.Magari sono stata scambiata durante la notte!Ragioniamo:erolastessaquandomisonosvegliatastamattina?Miparequasidiricordarechemisentivountantinodiversa.Masenonsonopiùlastessa,primadituttooccorrerisponderealladomanda:"Chisonoio?"Questoèilproblema!»Ecominciòapassareinrassegnatuttelealtrebambinecheconosceva,dellasuaetà,pervedereseerastatascambiataperunadiloro.

«SonopiùchecertadinonessereAda»ragionava,«perchéleihaicapellilunghie ricciolini, e imiei non sono affatto ricci; e sonopiù che certa di non essereMabel,perchéiosounsaccodicoseelei,oh,nesapropriopoche!Inoltre,leièlei,eiosonoio,e-oh,poverame,c'èdaperdercilatesta!Vogliovederesesoancoratuttelecosechesapevo.Vediamo:quattropercinquefadodici,equattroperseifatredici,equattropersettefa-oh,poverame,nonarriveròmaiaventidi questo passo! Comunque, la Tabellina del Per non conta: proviamo con laGeografia.LondraèlacapitalediParigi,eParigièlacapitalediRoma,eRoma-no, no, è tutto sbagliato!Devono avermi davvero scambiata conMabel, dopotutto! Voglio provare a dire T'amo, o pio coccodrillo -». E tenendo le maniraccolteingrembo,comequandoripetevalalezione,cominciòarecitare,malevennefuoriunavocerocaestrana,eleparolecheuscironononeranolestessecheavevasempresaputo:

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T'amo,opiococcodrillo:eunsentimento

D'innocenzaedipacealcorm'infondi,

Ochealfiumesciacquandoticontento

L'agillucoreallacodasecondi;

Ocheimmobilecomeunmonumento,

Lenereumidegrinfieaipesciascondi,

Tantineaccoglicolsorrisolento,

Nellefaucigentililisprofondi.

«No,no!Nonècosìchedicelapoesia!»esclamòlapoveraAlice,mentrecongliocchigonfidilacrimeripigliava,«DevoessereproprioMabelallafinfine,emitoccherà andare a vivere in quella sua casuccia strettina, senza quasi nessungiocattolopergiocare, e, ahimè, con chissàquante lezionida studiare!No,hogià preso una risoluzione in tal caso: se sonoMabel,me ne starò quaggiù! Èinutile che si sporgano con la testa e mi gridino: "Carina, vieni su!" io milimiteròadalzaregliocchieachiedere,"Eallora,chisonoio?Primarispondeteaquestadomanda,epoi,semiandràageniodiesserequellapersona,torneròsu;altrimenti me ne sto quaggiù finché non sarò qualcun altro" - però ahimè!»proruppe Alice, in un improvviso scoppio di pianto, «come vorrei che siaffacciasserodaquelbuco!Nonnepossopiùdistarmenequituttasola!»

Nel tempo che diceva così, abbassò gli occhi e guardandosi lemani, con suagrande meraviglia, si accorse di essersi infilata uno dei guantini bianchi dicapretto del Coniglio. «Come ho fatto?» pensò. «Forse mi sto impicciolendoun'altravolta.»Sialzòesiavvicinòaltavolinopermisurarsi;dovevaesserealtapoco più dimezzometro,ma andavamanmano accorciandosi sempre più: siresesubitocontocheilventagliochestringevafralemanineeralacausa,elolasciòcaderedicolpo,giustointempoperevitaredisvanireviadeltutto.

«Perunpelo!»esclamòAlice,spaventatissimadiquelcambiamentoimprovviso,ma assai contenta di ritrovarsi ancora in vita. «E adesso, al giardino!» E siprecipitò di gran corsa alla porticina; ahimè! la porticina si era richiusa, e lapiccolachiaved'orosenestavaappoggiata sul tavolo,comeprima,«e lecose

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vannodimaleinpeggio»,sidisperavalapoverabambina,«perchénonsonomaistatacosìpiccola,mai!E,parolamia,melavedobrutta,mabruttatanto!»

Mentre Alice pronunciava queste parole, le scivolò il piede e, in un attimo,zaffete!si ritrovòimmersafinoalcollonell'acquasalata.Laprimacosache levenne in mente fu di essere caduta in mare, «e in questo caso, me ne tornoindietrocoltreno»mormorò.(Aliceerastataalmareunavoltasolainvitasua,ed era arrivata alla conclusione che in genere lungo tutta la costa inglese sitrovanouncertonumerodicasottidabagnoconleruoteamollodentrol'acqua,unpo'dibambinisparsisullaspiaggiaagiocareconlepalettedilegno,epoiunafila di villette per la villeggiatura, e dietro a queste la stazione ferroviaria.)Comunque, intuì ben presto di trovarsi nel mare di lacrime che aveva piantoquandoeraaltadueforseanchetremetri.

«Se non avessi pianto tanto!» esclamò Alice, mentre cercava, nuotando, diraggiungere la riva. «Eccomi punita per benino, annegando nelle mie proprielacrime!Nonc'èmale,comestramberia!Macerto,oggi,nesuccedonodicosestrambe!»

Inquelmomento,avvertìqualcosachesguazzavanell'acquapocolontano,esiavvicinòanuotopervederecosafosse:dapprimacredettechesitrattassediuntrichecoodiunippopotamo,mariprendendocoscienzadiquantofossepiccolainquelmomento,capìcheerasoltantountopo,finitoinmarecomelei.«Saràilcaso» rifletteva Alice, «di rivolgergli la parola, a questo topo? Tutto è cosìstrambo,quaggiù,chenoncisarebbedastupirsisemirispondesse;comunque,tentarnonnuoce.»Ecominciò:«OTopo, sai come si escedaquestomare?Anuotaresenzaunameta,misonoaffaticata,oTopo!»(Aliceritenevachequellofosseiltonogiustoperrivolgersiauntopo:nonavevamaifattounacosasimileprima,ma le era venuto inmente che sullaGrammaticaLatina di suo fratelloc'erascritto,"Iltopo-deltopo-altopo-iltopo-otopo!")IlTopolasquadròconariaalquantointerrogativa;Aliceebbequasil'impressionechestrizzasseunodeisuoiocchietti,maquellonondisseunaparola.

«Forsenonparlalamialingua»pensòAlice.«Potrebbeessereunodiqueitopifrancesi venuti in Inghilterra con Guglielmo il Conquistatore.» (Benché fosseben ferrata in storia,Alicenon avevaun'idea chiaradi quanto tempoprima lecose fossero successe.)Allora, ripigliò: «Où estma chatte?» che era la primafrasedelsuolibrodifrancese.IlTopoebbeunsoprassaltotaledaschizzarfuoridalpelodell'acqua,epoisimiseatremaretuttoperlospavento.«Oh,scusami,

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scusami!» lo implorò Alice precipitosamente, temendo di aver offeso isentimentidelpoveroanimale.«Mièdeltuttouscitodallamentecheateigattinonpiacciono.»

«Nonmipiacciono?!»ripetéilTopoconunavocettastridulaepienadisdegno.«Perché,atepiacerebberosefossialmioposto?»

«Be',forseno»replicòAlice,intonoconciliante.«Nontiarrabbiare,via.Sai,mipiacerebbefartelaconoscerelanostragatta,Dinah.Bastachelavediunavoltaetivienesubitovogliadiavereungatto.Ètantocaraebuona.»Alicecontinuavaaparlare,quasitrasé,nuotandopigramentenell'acqua,«esenestasedutaaccantoalfuocoafarelefusa,ècosìcarina,sileccalezampineesilavalafaccia-ècosìmorbidaesofficeda tenere inbraccio-edèunportentoquandoacchiappauntopo-oh,scusami,scusami!»implorò

Alice, di nuovo, perché questa volta il Topo aveva tutto il pelo ritto, e nonc'eranodubbichesifosseoffesoperdavvero.«Nonparleremopiùdilei,senonvuoi.»

«Parleremo?!» strillò il Topo, che stava tremando fin sulla punta della coda.«Non son certo io che mi metto a parlare di un argomento simile. La nostrafamigliahasempreodiatoigatti,esserimalvagi,inferiorievolgari!Nonvogliopiùsentirlinominare!»

«Un'altra volta non lo farò più!» promiseAlice, che aveva una gran voglia dicambiareargomento.«Tipiacciono - ti piacciono - i cani?» IlToponondiederisposta, e Alice riprese con entusiasmo. «C'è un cagnolino così simpatico,vicino a casa nostra. Te lo voglio far conoscere. Un piccolo terrier con gliocchiettivispi,sai,eilpelolungo,ricciolutoemarrone!Correaprenderelecosequandoglielelanci,esimettesedutosullezampedidietroechiededamangiare,e tante altre cose di questo genere - nonme le ricordo tutte -è il cane di uncontadino. Lui dice che è utilissimo e che dovrebbe valere un centinaio disterline!Dicecheèbravoa far fuori i topi e -oh,oh,poverame!» sidisperòAlice, tutta contrita. «Ecco che l'ho offeso di nuovo!» Infatti il Topo si stavaallontanandoda lei più in fretta chepoteva, creandoungran subbugliodentroall'acqua.

Lo chiamò allora, con una vocina dolce. «Topino caro! Torna indietro, nonparleremomaipiùdigatti,nédicani,senontivannoagenio!»QuandoilTopo

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l'ebbesentita,sirigiròetornòversodilei,nuotandolentamente.Erapallidissimo(di rabbia, pensò Alice) e disse con voce bassa e tremula: «Cerchiamo diraggiungerelariva,epoitiracconteròlamiastoria:alloracapiraiperchéodioicanieigatti».

Eradavverogiunto ilmomentodi andarsene,perché ilmare si era riempitodiuccelliedianimalichecieranocadutidentro:c'eranoun'Anatra,unDodo,unLorichetto e un Aquilotto, e numerose altre bizzarre creature. Alice fece daguida,el'interacompagniaraggiunseanuotolariva.

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CAPITOLOIII

UNAGARAELETTORALEELALUNGACODADIUNASTORIA

Nonavevadavverounbell'aspettolacomitivachesitrovòriunitasullariva-gliuccelli con le penne sporche di fango, gli animali con il pelo appiccicatoaddosso,etuttiquantiinfreddoliti,irosieimpacciati.

Ilprimoproblema,naturalmente,fucomeasciugarsi.Siriunironoaconsiglioaquesto proposito e in capo a qualche minuto Alice si trovò a parlarefamiliarmenteconglialtri, comese liavesseconosciutiper tutta lavita.EbbeaddiritturaunadiscussionepiuttostolungaconilLorichetto,cheallafinesieraimmusonitoeandavaripetendo:«Iosonopiùvecchiodite,esopiùcosedite».MaAlice non era disposta a cedere senza sapere quanti anni avesse l'altro, epoichéilLorichettosirifiutavacategoricamentedidirelasuaetà,ladiscussionefinìlì.

Finalmente, intervenne il Topo, che nel gruppo sembrava godere di una certaautorità,edisseconvocealta:«Metteteviseduti,estatemiasentire!Pochiattimimibasterannoper lasciarvi tutti secchi!»Subito tutti si sedettero formandounampiocerchio,conilTopoalcentro.Aliceglitenevagliocchipuntatiaddosso,perché temeva di buscarsi un raffreddore se non trovava subito il modo diasciugarsi.

«Ahem!»feceilTopoconariaimportante.«Sietetuttipronti?Eccoviqualcosadi molto asciutto. Prego osservare il massimo silenzio! Guglielmo ilConquistatore, che aveva garantito alla propria causa l'appoggio del papa, siassicuròassaiprestolasottomissionedegliInglesi,chenonavevanocondottierie che negli ultimi tempi si erano assuefatti all'usurpazione e alla conquista.EdwineMorcar,contidellaMerciaedellaNorthumbria-».

«Brrr!»feceilLorichetto,conunbrivido.

«Prego?» disse il Topo, aggrottando le sopracciglia, ma con un tono educato.«Haidettoqualcosa?»

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«No,no!»siaffrettòareplicareilLorichetto.

«Mi era parso», disse il Topo. «Procediamo. "Edwin e Morcar, conti dellaMerciaedellaNorthumbria,reseroomaggioalconquistatore,epersinoStigand,ilpatriotticoarcivescovodiCanterbury,trovòlacosaconveniente-"».

«Trovòcosa?»domandòl'Anatra.

«Trovòlacosa»replicòilTopopiuttostoseccato,«immaginochetusappiachecosasiaunacosa».

«Sochecos'èunacosaquandolatrovo»dissel'Anatra:«e,disolitoèunaranaounverme.Lamiadomandaèchecosatrovòl'arcivescovo?»

IlToposorvolòsuquestadomanda,masiaffrettòaproseguire.«"-trovòlacosaconvenienteeandòincontroaGuglielmoscortatodaEdgarAthelingperoffrirglispontaneamente la corona. Al principio, Guglielmo si comportò con moltacorrettezza.Ma l'insolenza dei suoiNormanni -"Come ti senti, ora, cara?» siinterruppe,rivolgendosiadAlice.

«Piùbagnatachemai»replicòAlicemalinconicamente,«nonmisonoasciugataaffatto».

«Intalcaso»interloquìsolennementeilDodo,alzandosiinpiedi,«propongodiaggiornare l'assemblea per deliberare l'adozione immediata di più energicirimedi-».

«Parlacomemangi!»loredarguìl'Aquilotto.«Nonsocosavoglianodirealmenola metà di quei paroloni, e quel che è peggio, sono sicuro che non lo sainemmeno tu!» E l'Aquilotto chinò il capo per nascondere un sorriso: qualchealtrouccelloridacchiòesplicitamente.

«Ciòchevolevodire»risposeilDodo,risentito,«eracheilmodomiglioreperasciugarsi,sarebbeunaGaraElettorale.»

«Checos'èunaGaraElettorale?»domandòAlice,nontantoperchédesiderassesaperlo, quanto perché ilDodo si era interrotto, come se si aspettasse qualchedomanda,enessunaltromanifestaval'intenzionediaprirbocca.

«Ebbene» disse il Dodo, «per spiegarvela, il modo migliore è di mettersi a

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farla». (E, nel caso vi venga voglia di provare questo gioco, qualche serad'inverno,viracconteròcosafeceilDodo.)

Primadituttotracciòunapistapress'apocoaformadicerchio(«nonimportasela forma non è perfetta» spiegò) e poi tutta la compagnia si distribuì lungo lapista,unpo'quaeunpo' là.Nonci fu ilgrido:«Uno,due, tre,via!»,maunopoteva cominciare a correre quando ne aveva voglia, e decideva di smetterequandoglitornavacomodo,tantochenonfufacilecapirequandolagarafossefinita. Comunque, dopo che ebbero corso per una mezz'ora, e si furono tuttiasciugati, improvvisamente ilDodourlò: «Fine della gara!» e tutti si strinseroattornoalui,ansimandoechiedendo:«Chihavinto?»

Questa era unadomanda alla quale ilDodonon sapeva rispondere senza farciunapensataeristetteperunlungomomentoconunditopremutosullafronte(laposizionechehaShakespeare,disolito,neiquadricheloritraggono),mentreglialtriaspettavanoinsilenzio.Finalmente, ilDododichiarò:«Ciascunodivoihavinto,etuttidoveteavereunpremio».

«Machilidarà,ipremi?»chieseall'unisonouncorodivoci.

«Be',lei,naturalmente»risposeilDodo,indicandoAlice,el'interacompagnialesiaffollòattorno,facendounagranconfusioneegridando:«Ipremi!Ipremi!»

Alicenonsapevapropriocosa faree,disperata, si ficcòunamano in tasca,neestrasse una scatola di canditi (per fortuna, non vi era entrata dentro l'acquasalata)elidistribuìingirocomepremi.Cen'eraesattamenteunoperciascuno.

«Maancheleideveavereunpremio,nonvipare?»interloquìilTopo.

«Certamente» replicò ilDodo conmolta gravità. «Che cos'altro hai in tasca?»aggiunse,rivolgendosiadAlice.

«Soltantounditale»risposetristementeAlice.

«Dalloqua»disseilDodo.

Alloratuttisistrinseroattornoalei,ancoraunavolta,mentreilDodoleporgevasolennemente il ditale, dicendo: «Ci onoriamo di consegnarti questo eleganteditale»eappenailbrevediscorsofuconcluso,tuttiapplaudirono.

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Alice giudicò l'intera faccenda completamente assurda, ma avevano tutti unafacciacosìseriachenonosòmettersiaridere:epoichénonlevenneinmentenientedadire,fecesemplicementeuninchinoeritiròilditale,conl'espressionepiùsolennecheleriuscìdifare.

Non rimaneva che mangiare i canditi, cosa che suscitò un certo trambusto,perchégliuccellipiùgrandisilamentavanodinonaverneanchesentitoilsaporedel loro,mentre i più piccoli si strozzarono e bisognò dar loro qualche paccasulla schiena. In ogni modo finì anche questa, e si rimisero tutti in cerchio,seduti,eimploraronoilTopodiraccontareancoraqualcosa.

«Mihaipromessolastoriadellatuafamiglia,ricordi?»disseAlice,«edelperchéodicosìtantoiCeiG»aggiunseinunsussurro,conuncertotimoredivederlooffendersiun'altravolta.

«Sapestechestoriatriste,conunalungacodadiinterminabilivicende!»dichiaròilTopoevolgendosiversoAlice,sospirò.

«Una coda lunga davvero» replicò Alice, che aveva abbassato gli occhi eguardava meravigliata la coda del Topo, «ma perché è diventata triste?» Econtinuòaponzaresuquestodilemma,mentreilTopocontinuavaaparlare,cosìchelasuaideadellastoriafupress'apocoquesta:

«FuriadisseauntopinoIncontratoalmattino:"Facciamountribunale,Epoianche il processo!E non ti rifiutare, Ti debbo condannare!Oggi è un giornonoiosoEmisentodepresso."Iltopoall'imbroglione:"Chestoriadaburlone!Iprocessi si fannoCongiudiceegiuria!""Songiudiceegiuria!"Fudelcan lafollia:"Soniotuttalalegge;eticondannoamorte!"»

«Tunonsegui il filo!»esclamò ilTopoaspramente, rivolgendosi adAlice.«Acosastavipensando?»

«Scusami»risposeAliceumileumile,«Inrealtàseguivoproprioilfilo.Seiallaquintacurvatura:leultimesivanfacendopiùpiccole,hainotato?»

«No!Nonnotoniente!»strillòilTopoconvoceacutaealquantofuriosa.

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«Un nodo!» esclamòAlice, sempre desiderosa di rendersi utile, guardandosiattornopienadisollecitudine.«Oh,lasciachetiaiutiascioglierlo!»

«Neanchepersogno!»replicòilTopo,mentresialzavainpiedieseneandavavia.«Tuttequestetueassurditàsonouninsulto,perme!»

«Ma io non volevo!» lo implorò la povera Alice. «Certo che ti offendifacilmente,tu!»

Pertuttarisposta,ilTopoemiseungrugnito.

«Per favore, torna indietro; facci sentire la fine della tua storia!» cercò dirichiamarloAlice.Etuttiglialtrisiaggiunseroincoro:«Sì,torna!Torna!»MailToporisposeconungestospazientitodelcapoeaffrettòilpasso.

«Chepeccatochesenesiaandato!»sospiròilLorichetto,appenalovidesparire.EunavecchiaMammaGranchiocolsel'occasioneperammonirelafiglia:«Vedi,miacara?Imparalalezione;nonsidevemaiperderelapazienza!»

«Staiunpo' zitta,mamma!» replicò laGranchiolina, conunacerta stizza.«Tufarestiperderelapazienzaancheaun'ostrica!»

«Se ci fosse Dinah qui con me!» disse Alice a voce alta, senza rivolgersi anessuno in particolare. «Lei, sì, che saprebbe come fare per riportarmeloindietro!»

«EchièDinah,senonchiedotroppo?»domandòilLorichetto.

Alice rispose con entusiasmo, perché era sempre pronta a parlare della suagattinapreferita.«Dinahèlanostragatta.Edèunportentoperdarelacacciaaitopi,nonve lopotete immaginare!Egliuccelli,poi!Se lavedeste!Non fa intempoadadocchiarneuno,chesel'èsubitomangiato!»

Questo discorso provocò un notevole scompiglio in tutta la compagnia. Certiuccelli se la svignarono immediatamente: una vecchia Gazza si intabarrò concurameticolosa,mentrediceva«Menedevoproprioandare;l'ariadellanottemifa male alla gola!» e un Canarino richiamò tutti i figlioletti con una vocettatremula: «Andiamocene, miei cari! Dovreste essere già a letto!» Chi con unpretesto,chiconunaltro,seneandaronotutti,eAlicerimasesola.

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«Non avrei dovuto parlare di Dinah!» mormorò tra sé, piena di malinconia.«Non piace a nessuno, quaggiù, e invece è la gatta più buona che ci sia almondo!Oh,caralamiaDinah!Chissàquandolarivedrò!»EquilapoveraAlicericominciò a piangere, perché si sentiva molto sola e depressa. Poco dopo,comunque,sentìdinuovounlievescalpiccìodipassiinlontananza,esubitoalzògliocchiansiosamente,conlamezzasperanzacheilTopoavessecambiatoideaestesseritornandoindietroperfinirelasuastoria.

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CAPITOLOIV

ILCONIGLIOEQUIVOCACOLLUCERTOLIN

Era il ConiglioBianco che se ne tornava indietro un'altra volta, trotterellandocon calma e guardandosi attorno ansiosamente come se avesse smarritoqualcosa,eAlicesentìcheborbottavafraséesé:«LaDuchessa!LaDuchessa!Oh, zampe zampette!Oh, pelo e basette!Mi farà giustiziare di certo, come èverocheifurettisonofuretti!Madoveliavròmessi?»PerAlicefusubitochiaroche il Coniglio stava cercando il ventaglio e i guanti bianchi di capretto, e,volonterosa, si diede da fare per aiutarlo,ma non c'era verso di trovarli - eracambiatotuttodopolanuotatainmare,eilgrandesalonecoltavolinodivetroelaporticinaeranosvaniticompletamente.

BenprestoilConigliosiavvidedellapresenzadiAlice,el'apostrofòrudemente:«Ehi,MaryAnn,checifaiquafuori?Corrisubitoacasaeportamiunpaiodiguantieunventaglio!Svelta,sbrigati!»AlicenefutalmentespaventatachepartìsubitodicorsanelladirezioneindicatadalConiglio,senzanemmenocercaredichiarirel'equivocochesieracreato.

«Mihapresoperlasuacameriera»dicevafrasé,mentrecorreva.«Chissàcomesaràsorpresoquandoscopriràchi sono!Miconviene, inognicaso,portargli ilventaglioeiguanti-ammessochelitrovi».Neltempochedicevaquestecose,giunsedavantiaunacasettatuttalinda,conunatargad'ottonelucentissimasullaporta,sullaqualesileggevailnomeCONIGLIOB.Entròsenzabussareecorsealpianodisopra,conunagranpauradiincontrarelaveraMaryAnnediesserebuttatafuoridicasaprimadimetterelemanisulventaglioesuiguanti.

«Che cosa stramba» mormoravaAlice fra sé e sé, «fare commissioni per unconiglio! Tra poco, anche Dinah mi manderà in giro a fare commissioni!» Eprese a fantasticare su come si sarebbe svolta la faccenda: «"SignorinaAlice!Vengasubitoquaesiprepariper lapasseggiata!""Unminutosolo, tata!Devotenerd'occhioquesta tanadi topo, finchéDinahnon saràdi ritorno; guai se iltoposcappa!"Saràdifficile»riflettevaAlice,«chelascinostareDinahincasa,sedovessecominciareaimpartireordiniinquelmodo!»

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A questo punto, si era intrufolata in una graziosa stanzetta con un tavolinoaccanto alla finestra, sopra il quale (come aveva immaginato) c'erano unventaglioedueotrepaiadiguantinibianchidicapretto:afferròilventaglioeunpaiodiguanti,estavagiàperusciredallastanzaquandolecaddel'occhiosuunabottigliettavicinoallospecchio.Nonc'eranessuncartellino,questavolta,conlascrittaBEVIMImanondimenolastappòeselaportòallelabbra.«Tuttelevolteche mangio o bevo qualcosa» disse a se stessa, «mi succede qualcosa diinteressante:vogliovederecheeffetto faquestabottiglia.Sperovivamentechemifacciacrescere,perchénonnepossopiùdiesserecosìpiccina!»

Ecosìfu,infatti,maconunavelocitàfulminea:noneraancoraarrivataabernelametà,chesi sentì la testapremerecontro il soffitto,esidovettechinareperevitaredirompersil'ossodelcollo.Subitodeposelabottiglietta,dicendo:

«Basta così - speriamodi non continuare a crescere -Standocosì le cose, oranonpotreinemmenodiusciredallaporta-Nonavreidovutobernecosìtanta!»

Ahimè!Eratroppotardiperlerecriminazioni!Continuòacrescereeacrescere,eprestodovettemettersi inginocchiosulpavimento:unattimodopononebbepiùspazionemmenoperquelloeprovòasdraiarsificcandoungomitocontrolaportaepassandosil'altrobraccioattornoallatesta.Macontinuavaacrescere,ecomeultimarisorsa,sporseunbracciofuoridallafinestraeinfilòunpiedesuperilcamino,dicendo:«Piùdicosì,nonsochefare;succedaquelchesucceda.Chenesaràdime?»

Perfortuna,l'effettodellabottigliettamagicasieraormaiesaurito,eAliceavevasmessodi crescere; tuttavia era inunaposizionealquanto scomodaediusciredallastanzanonseneparlavaproprio:naturalmentenoneracontenta.

«Si stava meglio a casa» pensava la povera Alice, «là, non mi capitava didiventare troppo grande o troppo piccola, né di farmi comandare da topi econigli.Quasiquasimirincrescediessermiinfilatagiùperlatanadelconiglio-eppure-eppure-c'èqualcosadicuriosoinquestogeneredivita!Checosamipuò essere successo? Non capisco. Tutte le volte che leggevo una favola, miimmaginavo che quelle cose non potessero succedere, e invece eccomi qua,proprio nel bel mezzo di una favola! Dovrebbero scrivere un libro su di me,eccome se dovrebbero! Quando sarò grande, lo scriverò io - ma io sono giàgrande»,aggiunseaddoloratissima,«perlomenononc'èspazioperdiventarepiùgrandedicosì,qui!»

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«Ma allora» andava ragionandoAlice, «vuol forse dire che non crescerò più?Non sarebbemale, in un certo senso - non diventaremai vecchia - e tuttavia,uhm-aversemprecompitidafare!Ah,quellononmipiacerebbeproprio!»

«Alice,Alice!Che sciocchina!» si rispondeva da sola. «Come puoimetterti afareicompiti,qui?Quasinonc'èspazioperte,figuratiperilibridiscuola!»

Ecosìparlavadasola,prendendoprimaunaparteepoi l'altra, riuscendo tuttosommatoamettereassiemeunabellaconversazione,madopoqualcheminutolegiunseunavocedall'esternoesiinterruppeperascoltare.

«MaryAnn!MaryAnn!»dicevalavoce.«Imieiguanti,sbrigati!»Poisentìdeipassettini rapidi che salivano sù per le scale. Era il Coniglio che veniva acercarla, eAlice simise a tremare così forte da scuotere tutta la casa: non siricordava che in quel momento era più grande del Coniglio almeno di unmigliaiodivolteenonavevaragioneditemerlo.

Il Coniglio era arrivato davanti alla porta e cercava di aprirla;ma siccome laporta si apriva verso l'interno eAlice ci teneva il gomito benpremuto contro,quel tentativo si rivelòun fallimento. «Allora, faccio il girodella casa e entrodallafinestra».

«Tunoncientripropriodalla finestra!»pensòAlice, e, appena leparveche ilConigliofossearrivatosottolafinestra,teselamanoecercòdiafferrarlo.Presesolounpugnod'aria,maudìungridolinoeunleggerotonfo,eunroviniodivetrirotti,dalqualededussecheprobabilmenteilConiglioeracadutosopraunaserrapericetriolioqualcosadelgenere.

Poilegiunseilsuonoirosodellavoce-erailConiglio-«Pat!Pat!Dovetiseicacciato?» E poi una voce che non avevamai udito prima: «Son sempre qui,certochesonqui!Stonell'ortoazappareperraccoglierelemele,signore!»

«Nell'orto a zappare per raccogliere lemele!?Che asino!» replicò ilConiglio,ancora più stizzito. «Vieni ad aiutarmi!Tirami fuori da qui!» (Rumore di altrivetrirotti.)

«Eora,dimmi,Pat,checosavediallafinestra?»

«Ah,sì,vedo,vedo!Vedounbraccio,signore!»(Lopronunciò«brascio».)

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«Come sarebbe a dire un braccio, somaro!Haimai visto un braccio di quelledimensioni?Riempietuttalafinestra!»

«Lariempie,sì,signore,maèpursempreunbraccio».

«Be',inognimodononèquelloilsuoposto:vaiaprenderloeportalovia!»

Ci fu poi un lungo silenzio, eAlice percepì solo qualche sussurro di tanto intanto,deltipo:«Eh,no,nonmigarba,signore,propriono!»«Faicometidicoio,fifone!»eallafineAliceallungòdinuovolamanoecercòdiafferrarliconuncolpo secco. Questa volta ci furono due gridolini e un altro rovinio di vetri.«Chissàquantivetrihannorottoaquellaserradicetrioli!»pensòAlice.«Cosacombinerannoadesso?Almenociriuscisseroatirarmifuoridallafinestra!Nonvogliocertostarquiineterno!»Senestetteinattesaperunpo'senzapiùsentirealtri rumori: infine legiunse il rococigolaredellepiccoleruotediunacarriolaassiemealchiacchiericcioditantevocidiverse:teseleorecchieperafferrarneleparole:«Dov'èl'altrascala?-Credevodidoverneportaresolouna.L'altra, l'haportataBill-Bill!Ecco,bravo,mettilaqui!-Bene,appoggiateleaquestoangolo-No,legateleinsieme,prima-Ah,nonarrivanoneancheamezzaaltezza-Masì, può anche andare! Non facciamo troppo i pignoli - Prendi, Bill! Afferraquesta fune -Chissàse il tetto tiene -Attenzioneaquella tegola:nonè fissatabene - Sta cadendo! Giù la testa! (un tonfo sonoro) - Chi è stato? - Bill, ciscommetto!-Chivagiùperilcamino?-Ah,no.Iono.Civaitu!-Neanchepersogno! -Ci andràBill -Vedi,Bill, il padronehadetto che ci vai tugiùper ilcamino!»

«DunquecivieneBillgiùperilcamino,eh?»ripetéAlicefrasé.«Glitoccafarditutto,aBill!Nonvorreiesserealsuopostoperunmucchiodiragioni:quiilcaminoèmoltostretto,maqualchecalciopensodipoterlotirare!»

Ritrasseilpiedepiùchepoté,eattesefinchénonsentìunanimaletto(nonsapevadichegenere fosse)che, sgrattandoe strusciando, sivenivacalandogiùper ilcamino; e alloramentremormorava fra sé e sé: «EccoBill», tirò un calcionesecco,estetteinattesadiquellochesarebbesuccessodopo.

Laprimacosacheudìfuuncorogeneraledi«EccoBillchevola!»,poilavoceisolatadelConiglio-«Prendetelo,là,vicinoallasiepe!»poisilenzio,einfinedinuovo una confusione di voci - Sorreggetegli la testa - ora, il brandy - nonsoffocatelo-ehi,amico,com'èandata?Cosatièsuccesso?Raccontacitutto!»

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Daultimo,unvocinofievoleestridulo(«DeveessereBill»,pensòAlice):«Bah,non so cosa dirvi - Non ne voglio più, grazie; sto meglio adesso - ma sonotroppo frastornatoperparlare - so solo chemi è scoppiato sottouna speciedimisirizziemisontrovatoscaraventatoinariacomeunrazzo!»

«Comeunrazzo,davvero!»ripeteronoglialtri.

«Dobbiamodar fuoco alla casa!» disse la voce delConiglio, eAlice urlò conquantofiatoavevaincorpo:«Seciprovate,vimettoDinahallecostole!»

Cifuunsilenzioditomba.EAlicepensavafrasé:«Checosafarannoadesso?Seavesserounpo'dibuonsenso, toglierebbero il tetto».Dopounpaiodiminuti,ricominciarono amuoversi, eAlice sentì ilConiglio che diceva: «Basterà unacarriolata,percominciare».

«Unacarriolatadicosa?»sidomandòAlice.Manondovetteattenderealungolarisposta, perché subito dopo una pioggia di sassolini penetrò crepitandoattraverso la finestra colpendola in parte anche sul viso. «Ci penso io a farlismettere» disse fra sé e gridò. «Non azzardatevi a farlo un'altra volta!»producendounaltrosilenziomortale.

Alicesiaccorseconunacertameravigliacheisassolinisulpavimentosistavanotuttitrasformandoinpasticcini,eunabrillanteidealeattraversòlamente.«Senemangiouno»pensò«cambiodimensioniun'altravolta,disicuro;esiccomepiùgrandedicosìnonpossodiventare,mifaràcertodiventarepiùpiccola».

Così ne trangugiò uno, ed ebbe la soddisfazione di vedere che stavaimpicciolendo.Appenafuabbastanzapiccolaperpassareattraversolaporta,uscìdicorsafuoridallacasaetrovòadaspettarlafuoriunfoltogruppodianimalettieuccellini. Inmezzo c'era il poveroLucertolino,Bill, sorretto da due porcellinid'India, che gli davano qualcosa da bere da una bottiglia. Appena viderocomparireAlice, lapresero tuttid'assalto,ma lei scappòviacorrendoagambelevateetrovòrifugioinunfittobosco.

«Laprimacosadafare»dicevaAlicefraséesé,mentrevagavanelbosco,«èdicrescere finché non torno alla mia solita statura; e come seconda cosa devotrovarelastradaperandareinquelbelgiardino.Miparechequestosiailpianomigliore.»

Senzaalcundubbio,eraunpianoeccellente,edispostocongrandeprecisionee

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semplicità;l'unicadifficoltàconsistevanelfattochenonavevalaminimaideadicomerealizzarlo;ementresiguardavaattornoansiosascrutandofraglialberi,legiunsedasopralatestaqualcosacomeunguaito,chelefecealzaregliocchiconapprensione.

Uncucciolottoenormelastavaguardandodall'altodeisuoiocchionispalancati,mentre cercava timidamente di stendere una zampa per toccarla. «Quanto seicaruccio!»glidisseAlice in tonopropiziatorio,ecercòdifargliunfischioconquantofiatoavevaincorpo,maeraterrorizzatadalpensierochefosseuncaneaffamato,perchéintalcasol'avrebbedivoratainunboccone,perquantemoineleiglifacesse.

Quasi senza rendersene conto, raccolse un bastoncino da terra e lo tese alcucciolo:quellospiccòunsaltoinariaall'improvviso,levandolequattrozampecontemporaneamente,econunuggiolìodipiaceresiprecipitòsulbastoncinoefece per azzannarlo. Alice cercò protezione dietro un cardo, per non esseretravolta,e,appenasporselatestadall'altraparte,ilcucciolosigettòdinuovosulbastoncino,finendoagambeall'arianellafoga.Pensandocheeracomegiocarearimpiattinoconuncavallodatirocolrischiodiesserecalpestatadaunmomentoall'altro,Alicerifeceunsemigiroattornoalcardo.Ilcuccioloiniziòunaseriedibrevi assalti al bastoncino: ogni volta facevaunpiccolo balzo in avanti, e poiretrocedeva per un lungo pezzo, abbaiando rocamente tutto il tempo, finché,ansante,con la linguapenzolonie igrandiocchisemichiusi,nonsiaccucciòaterraaunacertadistanza.

Eraun'ottimaoccasionepertentarelafuga,esubitoAliceattaccòacorrereenonsmise finché non fu del tutto esausta e senza fiato, e finché l'abbaiare delcucciolononfucheunfievolesuonolontano.

«Peròeratantounbelcucciolo!»disseAlice,appoggiandosiaunranuncolo,chele fornì una delle sue foglie per farsi vento. «Come mi sarebbe piaciutoinsegnarglideigiochi,se-sesoltantofossistatagrandeabbastanza!Ahimè,mieroquasidimenticatachedevo ricominciareacrescere!Vediamo -checosa sidevefare?Credochedovreimangiareoberequalcosa;mailproblemaè"Checosa?"»

Il problema era certamente «Che cosa?». Alice guardò i fiori e i fili d'erbaattorno,manonvidenientechepotesseesserelacosagiustadamangiareodabere in quella situazione.C'era un grande fungo che si ergeva lì accanto, alto

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press'apococomelei,edopoaverciguardatosotto,esuilati,epoianchedietro,levenneinmentechecipotevaancheguardaresopra.

Sialzòsullepuntedeipiedi,esbirciòoltreilbordo,esubitoincrociòlosguardodiungrandebrucoazzurro,chesenestavasedutosoprailfungo,conlebracciaconserte,fumandoimmobileunlungonarghilè,senzaminimamentecurarsinédileinédiqualsiasialtracosa.

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CAPITOLOV

ICONSIGLIDIUNBRUCO

IlBrucoeAlicesiguardarononegliocchiperunpo',insilenzio:infineilBrucositolsediboccailnarghilèelerivolselaparolaconvocelanguidaesonnolenta.

«Etuchisei?»domandòilBruco.

Nonerapromettentecomeaperturadidialogo.Intimidita,Alicerispose:«Io-aquesto punto quasi non lo so più, signore - o meglio, so chi ero stamattinaquandomi sonoalzata,mada allora credodi essere stata cambiatapiùdi unavolta».

«Chevuoidireconquesto?»domandòilBruco,severamente.«Spiegati!»

«Vede,signore,nonsipuòspiegareciòchenonsiconosce»risposeAlice,«eiononmiconoscopiù,capisce?»

«Noncapisco»replicòilBruco.

«Midispiace,nonglielosodiremegliodicosì»disseAlice,«perchénemmenoio ci capisco niente, tanto per cominciare, e inoltre, a cambiare aspetto tantevolteinungiorno,sifinisceperavereunagranconfusioneintesta!»

«Nessunaconfusione»obiettòilBruco.

«Be', forse lei non ha ancora provato» disse Alice, «ma quando dovràtrasformarsiincrisalide-losachelesuccederàungiornool'altro-epoiinunafarfalla,alloravedràcheancheleisisentiràunpo'stranito».

«Neancheperidea»risposeilBruco.

«Be',forseleiavràdellesensazionidiverse»disseAlice,«tuttoquellocheso,ècheiomisentireistranita».

«Tu!»l'apostrofòilBrucocondisprezzo.«Etuchisei?»

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Ilcheliriportòdibelnuovoall'iniziodellaloroconversazione.Aliceeraunpo'irritataperlerispostebrevissimecheledavailBruco;sidrizzòsullaschienaedisseconuntonomoltograve:«Credochespettialeidirmiperprimochiè».

«Perché?»replicòilBruco.

Era un'altra domanda imbarazzante: e siccome non le veniva in mente unaragione valida e ilBruco era decisamente di cattivo umore,Alice si voltò perandarsene.

«Staiqui!»larichiamòilBruco.«Hoqualcosadiimportantedadirti!»

Questolasciavapresagirequalcosadibuono.Alicesigiròdinuovoetornòsuisuoipassi.

«Tieniinerviaposto»sentenziòilBruco.«Tutto qui?» domandòAlice, cercando di soffocare la stizza. «No» rispose ilBruco.

Alice,chenonavevapremura,pensòchetantovalevaaspettare:potevabendarsicheilBrucoallafinedicessequalcosachevalevalapenadiascoltare.IlBrucoespiròvarieboccatedifumosenzaparlareperqualcheminuto,einfineliberòlebraccia che teneva conserte, si tolse di bocca il narghilè e disse: «Allora, turitienidiesserecambiata,eh?»

«Temodisì,signore»risposeAlice.«Nonricordopiùlecosechesapevo-enonriescoamantenerelastessastaturaperpiùdidieciminuti!»

«Qualicosenonricordipiù?»domandòilBruco.

«Be', hoprovato a ripetereT'amo, o pio bove,mami è venuta tutta diversa!»risposeAliceconunavocecaricadimalinconia.

«RecitamiSeivecchio,pa'Guglielmo»leordinòilBruco.Alicemiselebracciaconserte,ecominciò:

«Seivecchio,pa'Guglielmo»-glidisseilgiovanotto,«Macoicapellibianchi-vuoifareilbelmaschiotto.Acapoingiùperterra-tivedorittostare;Èquestoquelcheaunvecchio-èconvenientefare?»

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«Quand'erogiovanotto»-risposeilvecchioalfiglio,«temevonelcervello-nascesseunoscompiglio.Maormaichesopercerto-cheinzuccanonhoniente,Lofaccioelorifaccio-sì,spudoratamente».«Comehogiàdettoprima-tuseidicertovecchio»,ilgiovaneglidisse-«eingrassatoparecchio.Eppuret'arrovesci-inunsaltomortale.Or,midomandose-c'èunaragione.Equale?»

«Quand'erogiovanotto»-ilsaggioglirispose,

scuotendounpocoilcapo-«conabbondantedose

miungevodell'unguento-cheimuscolifasciolti.

Dueliretrevasetti-telivendo,miascolti?»

«Vecchiolosei,papà-efiacchehailemascelle,Dovrestimasticare-solcaldeminestrelle.Purtimangiastiun'oca-conl'ossaeilbeccointero».Soggiunseilgiovanotto-«Orspiegamiilmistero».«Quand'erogiovanotto-studiail'avvocatura;Miamogliemifaceva-lacontropartitura;Ciòdettealleganasce-talforzamuscolare,Cheorapotreiancheisassi-tranquillodivorare».«Seivecchio,pa'Guglielmo»-ripreseilragazzino,«cogliocchi,comeuntempo-nonvedipiùbenino.Mainpuntadeltuonaso-tienirittaun'anguilla.Midicichitidà-delgeniolascintilla?»«Risposiatredomande.-Miparchebasta,eavanza!Etrovodisdicevole-questatuaarroganza!Credichemidivertano-lesciocchetuequestioni?Via,smetti,operlescale-timandoruzzoloni!»

«Nonl'haidettabene»osservòilBruco.

«Oh, no davvero! Credo» disse Alice, timidamente, «d'aver sbagliato qualcheparola.»

«Eratuttasbagliata,dacimaafondo»replicòilBrucocontonodeciso;ecifuun

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silenziocheduròqualcheminuto.

FuilBrucoaparlareperprimo.

«Dichestaturavorrestiessere?»ledomandò.

«Oh,noncitengomoltoallastatura»risposeprontamenteAlice;«èsolochenonfapiacerecontinuareacambiarecosìspesso,capisce?»

«Iononcapiscoproprio»replicòilBruco.

Alicetacque:maierastatatantocontraddettainvitasua,esentivachelestavanopersaltareinervi.

«Tivabenecomeseiadesso?»chieseilBruco.

«Be',preferireiessereunpochinopiùgrande,signore,senonlespiace»risposeAlice.«Settecentimetrièdavverounamiseria,comestatura.»

«Èunastaturabellissima!»replicòilBruco,stizzito,ergendosidrittointuttalasualunghezzamentreparlava(eraaltoesattamentesettecentimetri).

«Maiononcisonoabituata!»silamentòlapoveraAlicecontonopiagnucoloso.Intanto,pensavafrasé:«Macomesonosuscettibili,questecreature!»

«Ti ci abituerai col tempo» disse il Bruco, e, portatosi il narghilè alla bocca,ripreseafumare.

Questa voltaAlice aspettò pazientemente che l'altro decidesse di rimettersi aparlare.Nelgirodiunpaiodiminuti,ilBrucositolsediboccailnarghilè,tiròqualche sbadiglio, e si dette una scrollatina. Poi scivolò giù dal fungo e siallontanòstrisciandoinmezzoall'erba,dicendosolo:«Unlatoti faràdiventarepiùgrande,l'altropiùpiccola».

«Unlatodichecosa?L'altrolatodichecosa?»pensòAlicefraséesé.«Delfungo»risposeilBruco,propriocomeseleiavessefattoladomandaavocealta,einunattimoscomparveallavista.

Alicecontemplò il fungopensosamenteperunminuto,cercandodi indovinarequali fossero i due lati del fungo, e, siccome era perfettamente rotondo, il

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problemanoneradi facile soluzione.Comunque, alla fine allargò lebraccia etendendole il più possibile, abbracciò il fungo e ne staccò dal bordo unpezzettinoperparteconciascunamano.

«E adesso, quale pezzetto per quale direzione?» si chiese, e rosicchiò unangolinodelpezzettochetenevanelladestraperprovarnel'effetto.Fuquestionediunattimo,esentìuncolpoviolentosottoilmento:eraandataasbatterecontroilpropriopiede!

Quelcambiamentoimprovvisolaspaventòmoltissimo,masiresecontochenonc'era tempo da perdere, perché si andava accorciando sempre più in fretta: sidiedesubitodafarepermangiareunpo'dell'altropezzetto.Ilmentoerapressatocontantaforzacontroilpiedechequasinonc'eraspazioperaprirelabocca;maallafineciriuscìeingoiòunmorsodalpezzettochetenevanellasinistra.

«Ah,latestalibera,finalmente!»esclamòAliceconunsospirodisollievo,chesitrasformò inallarmeun istantedopo,appena si accorsechenon riuscivapiùacapiredoveavesselasciatolespalle:guardandosottodisé,vedevasoloillungo,incommensurabileprotendersidelcollochesiergevacomeunostelodalmaredifoglieverdichegiacevagiùinbassosottodilei.

«Cosasaràtuttoquelverde?»sidomandavaAlice.«Edovesarannofinitelemiespalle?Elemiemani?Maninemie,perchémainonriescoavedervi?»Mentrecosì parlava, cercava dimuoverle,ma non ottenne altro risultato che un lievetremolaredelverdegiùinbasso.

Poichéerachiarochenonc'eramododiportarelemaniallatesta,cercòalloradiportarelatestagiùinbassofinoallemani,econsuagrandegioiascoprìcheilcollosipiegavadocilmenteinqualsiasidirezione,comeunserpente.Eraappenariuscitaachinarloversoilbasso,descrivendoungraziosissimozigzag,estavaquasi per tuffarsi inmezzo al verde, che, scoprì, non era altro che la cima diquegli stessi alberi inmezzo ai quali si trovava poco prima, quando un sibiloacutolacostrinsearitrarsidiscatto:unenormepiccionesierascagliatocontroilsuovisoelapercuotevaviolentementeconleali.

«Serpente!»strillavailPiccione.

«NonsonounSerpente!»esclamòAlice,sdegnata.«Lasciamistare!»

«Serpente! Serpente!» ripeté il Piccione, ma con un tono più ammansito, e

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soggiunse,quasiinunsinghiozzo.«Lehotentatetutte,manonsiriesceatrovareunasistemazionechesiaconvenientepertutti!»

«Noncapisco:dicosastaiparlando?»domandòAlice.

«Hoprovatoleradicideglialberi,hoprovatolesponde,hoprovatoicespugli»continuava il Piccione, senza farle caso; «ma quei Serpenti!Non c'èmodo diadattarsi,conquelli!»

Aliceerasemprepiùperplessa,mapreferìlasciarsfogareilPiccioneenondireniente.

«Comesenonfossegiàunproblemacovareleuova»dicevailPiccione:«devoanche stare sempre sul chi vive notte e giorno per paura dei Serpenti! Tresettimane,sonotresettimanechenonchiudoocchio!»

«Midispiaceperletuepreoccupazioni»disseAlice,checominciavaacapire.

«Eproprioquandomiprendol'alberopiùaltochecisianelbosco»continuavailPiccione, con una voce sempre più strozzata, «proprio quandomi illudevo diessermene liberato, ecco che questi arrivano strisciando anche dal cielo! Uhi!Serpente!»

«MaiononsonounSerpente,tel'assicuro!»esclamòAlice.«Iosono-sonouna-».

«Ebbene! Che cosa sei?» disse il Piccione. «Stai cercando di inventar suqualcosa,eh,lovedo!»

«Io-iosonounabambina»risposeAlice,maavevaun'ariapiuttostodubbiosa,perchéleeranotornatiinmentetuttiicambiamentisubitiinquellagiornata.

«Verosimile come storiella, non c'è che dire!» replicò il Piccione col piùprofondodisprezzo.«Esìchenehovistetante,mapropriotantedibambineinvitamia,manonmièmaicapitatodivederneunaconuncollocomequello!No,no!Tu sei unSerpente; è inutile che ti ostini a negarlo. Immagino che adessovorraifarmicrederedinonavermaiassaggiatounuovo!»

«Ho assaggiato delle uova, certamente» rispose Alice, che era una bambinamoltosincera,«maanchelebambinemangianoleuova,tantoquantoiserpenti,

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nonlosapevi?»

«Noncicredo»replicòilPiccione;«masefossevero,be',allorasonounaspeciediSerpentiancheloro:eccocosatidico».

Questaerauna talenovitàperAlice,chesenestette insilenzioperunpaiodiminuti, dando così l'occasione al Piccione di soggiungere: «Tu sei in cerca diuova,suquestononhoalcundubbio;eallora,cosavuoichemeneimportiseseiunabambinaounSerpente?»

«Importabeneame»ribattéAliceprontamente:«mailcasovuolecheiononsiaincercadiuova;eseanchefosse,delletueuovanonsapreichefarmene,perchéamenonpiaccionoleuovacrude.»

«E allora, vattene via!» concluse il Piccione cupamente, e andò a rimettersiaccovacciato nel suo nido.Alice cercò di calare giù tra gli alberi allameglio,perché il collo continuava a impigliarsi tra i rami e di tanto in tanto dovevafermarsiperdistricarlo.Pocodoposiricordòdeipezzettinidifungochetenevain mano, e si mise al lavoro con grande attenzione, smozzicando prima unpezzettodell'unoepoiunpezzettodell'altro, ediventandodivolta involtaunpocopiùaltaounpocopiùbassa,finoachenonleriuscìdirecuperarelasuaaltezzanormale.

Eraormaipassatomolto tempodall'ultimavolta che era stata piùomeno altacomealsolito,esulleprimesisentìalquantostranita;macisiabituòinpochiminuti,eripreseaparlarefraséesé,comediconsueto.«Eccochemetàdelmioprogetto è stato realizzato! Come sono sconcertanti tutti questi cambiamenti!Nonsonomaisicuradicosastoperdiventarediminutoinminuto!Comunque,adesso sono tornata allamia statura normale:mi rimane soltanto una cosa dafare, entrare in quel bel giardino - ma come, mi domando?» Nel mentre chedicevaquestecose,scorsedavantiaséunaraduraspaziosanelmezzodellaqualec'eraunacasettaaltacircaunmetro.«Chiunqueciabiti»riflettéAlice,«nonmiconviene farmi vedere in queste dimensioni: si prenderebbero una strizza damorirci!»E prese a sbocconcellare il pezzetto di fungo dellamano destra,manonsiavventuròneipressidellacasetta,finchénonsifuridottaaun'altezzadiventicentimetri.

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CAPITOLOVI

PEPEEPORCELLO

Daunpaiodiminutistavacontemplandolacasa,chiedendosicosafossemegliofare,quandoall'improvvisosbucòfuoridalbosco,dicorsa,unvallettoinlivrea-(giudicòche fosseunvallettoperchéaveva la livrea:altrimenti,dalla faccia sisarebbedettochefosseunpesce)-ilqualeandòabussareconforzaallaporta.Laportafuapertadaunaltrovallettoinlivreaconlafaccionatondaegliocchigrandi come una rana; tutti e due i valletti, osservòAlice, avevano i capelliincipriatiearricciolati tutt'intornoalcapo.Spintadallacuriositàdisaperecosastava succedendo,Alicemosse cautamente qualche passo fuori dal bosco, perascoltare.

Il Valletto-Pesce cominciò con l'estrarre di sotto il braccio una lettera moltogrande,grandequasicomelui,chepoiconsegnòall'altro,dicendoconuntonosolenne: «Per la Duchessa. Un invito alla partita di croquet da parte dellaRegina». IlValletto-Rana ripeté con lo stesso tono solenne, solomodificandoleggermente l'ordine delle parole. «Da parte della Regina. Un invito per laDuchessaallapartitadicroquet.»

Poi tutti e due fecero un profondo inchino, e i riccioli dell'uno rimaseroimpigliatiinquellidell'altro.

Alche,Alicescoppiòariderecosìfortechedovettetornaredicorsanelboscoper paura che la sentissero; e quando si riaffacciò il Valletto-Pesce se ne eraandato e l'altro, seduto per terra accanto alla porta, guardava imbambolato ilcielo.

Alicesiaccostòtimorosaallaporta,ebussò.

«Bussare non serve a niente» disse il Valletto, «e per due buone ragioni. Laprimaècheiosonodallastessapartedellaportadoveseitu.Lasecondaèchestannofacendoun talechiasso làdentro,chenon tipuòsentirenessuno.»E ineffetti si sentiva un baccano infernale che proveniva dall'interno della casa -ululatiestarnutianonfinire,rottiditantointantodaungranfragorecomese

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unapentoladicoccioounpiattofosseroandatiinfrantumi.«Allora,digrazia»disseAlice,«comefaccioaentrare?»

«Potrebbeavereunsensobussare»soggiunseilValletto,senzafarlecaso,«secifosselaportatradinoi.Peresempio,setufossidentro,potrestibussare,eiotifareiuscire.»Mentreparlava,nonsmiseunattimoditenerelosguardofissoalcielo,eperAlicequestoeraunsegnodigrandemaleducazione.«Forse,nonpuòfarne ameno» disse fra sé e sé, «ha gli occhi ficcati quasi sulla sommità delcapo.Mapotrebbe almeno rispondere alle domande - come faccio a entrare?»ripetéavocealta.

«Menestaròquiseduto»osservòilValletto,«finoadomani-».

Inquell'istantelaportadellacasasiaprìeunenormepiattovolòfuoripuntandodrittoalla testadelValletto:gli sfiorò ilnasoeandòa rompersi inmillepezzicontrounodeglialberidietrodilui.

«-odopodomani,magari»concluse ilVallettocon ilmedesimo tono,comesenientefosse.

«Comefaccioaentrare?»domandòAliceancoraunavolta,convoceancorapiùalta.

«Ma ti èpermessoentrare?»disse ilValletto.«Perché sarebbequesta laprimadomandadafare,no?»

Lo era senza alcun dubbio: maAlice non amava sentirselo dire. «È davverospaventoso» borbottò fra sé, «come tutte queste creature vogliono semprediscutere.Tifannoimpazzire!»

Il Valletto colse l'occasione per ripetere il suo pensiero, apportando qualchevariante.«Menestaròquiseduto»disse,«aintervalli,pergiorniegiorni».

«Maiocosadevofare?»chieseAlice.

«Quellochetipare»risposeilVallettoesimiseafischiare.

«Ah!Nonserveanienteparlareconlui»esclamòAlice,esasperata:«Èdeltuttorincitrullito!»E,apertalaporta,entrò.

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Laportadavadirettamentesuun'ampiacucinacheeracompletamenteinvasadalfumo:laDuchessasenestavasedutaalcentrosuunosgabelloatregambeconun bambino in braccio; la cuoca era china sui fornelli e rimestava un grancalderonechedovevaesserepienodiminestra.

«C'èsicuramentetroppopepeinquellaminestra!»mormoròfraséAlice,afaticaperviadeglistarnuti.

Cen'erasicuramentetropponell'aria.PerfinolaDuchessastarnutivaditantointanto; quanto al bambino, o starnutiva o urlava, alternativamente, senza unattimodi sosta.Leunichedue creature in quella cucina chenon starnutissero,eranolacuocaeungattonechesenestavaaccovacciatoaccantoalfuococonunsorrisochegliandavadaunorecchioall'altro.

«Laprego,midica»disseAlicepiuttostotimidamente,perchénoneradeltuttosicura che fosse educato da parte sua parlare per prima, «perché il suo gattosorrideaquelmodo?»

«ÈungattodelCheshire»risposelaDuchessa,«eccoperché!Porcello!»

Gridò l'ultima parola con un tale scoppio di improvvisa violenza che Alicesobbalzò;masiresesubitocontocheerarivoltaalbambino,enonalei,e,fattasicoraggio,soggiunse:

«Nonsapevoche igattidelCheshire sorridesserosempre;anzi, iononsapevoneanchecheigattisapesserosorridere».

«Tuttiigattisannosorridere»risposelaDuchessa,«equasituttilofanno».

«Non so di nessun gatto che sorrida» disse Alice molto educatamente, bencontentadiaveravviatounaconversazione.

«Tunonsaiungranché»replicòlaDuchessa,«equestoèunfatto».

AdAlicenonpiacquepernienteiltonodiquestaosservazione,edecisecheerameglio introdurreunaltro argomento.Mentrene stava cercandouno, la cuocatolse il calderonedellaminestra dal fuoco, e si diede subito ungrandaffare alanciareallaDuchessaealbambinotuttoquellochelecapitavatralemani-gliattrezzidelfuococomeprimacosa,epoiundiluviodipentole,piattietegami.La Duchessa non ci faceva caso, nemmeno quando veniva colpita; quanto al

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bambino stava già urlando con tanta forza che non si sarebbe potuto dire se icolpiglifacesseromaleoppureno.

«Oh, la prego, stia attenta!» si mise a gridareAlice, mentre saltava qua e làsconvolta dal terrore. «Oh, gli staccherà quel prezioso nasino!» mentre untegame di insolita grandezza volava radente al naso del bimbo e quasi glieloportavavia.

«Seognunopensasseagli affari suoi»brontolò laDuchessaconvoce roca,«ilmondogirerebbemoltopiùinfretta».

«Il che non ci porterebbe alcun vantaggio» disse Alice, profondamentesoddisfattadiaverel'occasioneperesibireunpo'delsuosapere.«Pensisoltantoal disastro che avremmo col giorno e la notte! Lei sa che la terra impiegaventiquattroorepergirareattornoalproprioasse-».

«Apropositodiasce»lainterruppelaDuchessa,«mozzatelelatesta!»

Alice lanciòun'occhiata ansiosa alla cuoca,pervedere se avesse intenzionediprocedere in tal senso;ma la cuoca era tutta intenta a rimestare laminestra epareva che non avesse sentito; alloraAlice ricominciò: «Ventiquattro ore, mipare,osonododici?Io-»

«Ah,nonchiederloame!» replicò laDuchessa.«Nonhomaipotuto soffrire inumeri!»Edettoquesto,cominciòacullareilbimbo,facendodelsuomegliopercantargliunaspeciedininnananna,equandoarrivavaallafinediogniversoglidavaunviolentoscrollone:

«Dureparolealfantolino,Ebottetantesestarnuta:Lofasoloperfardannare,Dunqueglispettaunabattuta».CORO(compostodallevociunitedellacuocaedelbambino):

«Uè!Uè!Uè!»

Mentrecantavalasecondastrofadellacanzone,laDuchessalanciòconforzailbimboperariaepoiloriprese,lolanciòeloriprese,eilpoveroesserinostrillavatantofortecheAlicefaticavaadistinguereleparole:

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«Durogliparloalmiobambino,

Ebottetantesestarnuta:

Quandogliaggradaalmalandrino,

Godeilsuopepe,enonstarnuta».

CORO

«Uè!Uè!Uè!»

«Ecco fatto!Cullalounpo' tu, se tiva!»disse laDuchessaadAlice,ementreparlava le lanciò ilbambino.«Devoprepararmiperandareagiocareacroquetcon la Regina» e uscì dalla stanza. La cuoca le lanciò dietro una padella perfriggere,malamancò.

Alicefeceunacertafaticaaprendereinbraccioilbambino,perchélacreaturinaavevaunaformapiuttostostrambaecacciavafuorigambeebracciadatutteleparti,«propriocomeunastellamarina»,pensòAlice.Ilpoveroesserinosbuffavacome una locomotiva quando lei lo prese in braccio, e non faceva altro chepiegarsi indueepoi raddrizzarsidi colpo, inmodo tale che sulleprimeAlicedovette limitarsi a reggerlo.Appena ebbe capito qual era ilmodo corretto pertenerlo in braccio (che era quello di strizzarlo in una specie di nodo, e poi ditenerlo ben saldo per l'orecchio destro e il piede sinistro, per impedirgli disrotolarsi),loportòfuoriall'ariaaperta.«Senonprendoquestobambinoemeloportoviaconme»pensavaAlice,«tempounpaiodigiorni,meloammazzano.Nonsarebbeundelittolasciarloqui?»Questeultimeparoleledisseavocealta,el'esserinofeceungrugnitoinrisposta(avevaormaismessodistarnutire).«Nongrugnire»glidisseAlice,«nonèunmodocorrettoperesprimersi».

Ilpiccologrugnìdinuovo,eAlice,preoccupatissima, loguardòbene in facciapervederecosaavesse.Decisamente,ilnasoeramoltoall'insù,piùcheunnasoverosembravaungrugno:anchegliocchisistavanorimpicciolendotroppoperun neonato; c'era qualcosa nell'insieme che non andava bene in quell'esserino.«Maforseètuttacolpadeisinghiozzi»pensòAlice,etornòaguardarglibenegliocchipervederesec'eranolacrime.

Niente,neancheunalacrima.«Setistaitrasformandoinunporcello,caromio»glidisseAliceintuttaserietà,«nonvoglioaverepiùnienteachevedereconte.

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Stai attento!» Il povero esserino singhiozzò di nuovo (o grugnì, era difficilestabilirequaledelleduecose),epoi rimasero tuttiedueperqualche tempo insilenzio.

Aliceavevaappenacominciatoaragionarefraséesé«Eadesso,chenefaròdiquesta creatura, quando l'avrò portata a casa?» che quello lanciò un altrogrugnito con tanta forza da costringerla a guardarlo in faccia, allarmatissima.Nonc'eradasbagliarsiquestavolta:noneranientedipiùenientedimenodiunporcello,esarebbestatodeltuttoassurdocontinuareatenerloinbraccio.

Allora depose la creaturina a terra, e provò un notevole sollievo nel vederlotrottaretranquilloversoilbosco.«Sefossecresciuto»dissefraséesé,«sarebbediventato un bambino spaventosamente brutto; invece ne verrà fuori unbellissimomaiale.»Ecominciòapassare inrassegnatuttiglialtribambinicheconosceva e che sarebbero stati altrettanto adatti a diventare dei maiali, «sesoltanto avesse saputo il modo giusto per trasformarli -» quando si prese unmezzospaventonelvedereilGattodelCheshiresdraiatosulramodiunalberopocolontano.

IlGattosilimitòasorriderequandolavide.Sembravabendisposto,ellapensò:tuttavia aveva delle unghie molto lunghe e tanti, tantissimi denti; capì cheandavatrattatoconrispetto.

«MiciobellodelCheshire»cominciòconuncerto timore,siccomenonsapevasegli fossegraditoesserechiamatocosì:comunque,quelloallungòunpoco ilsorriso.«Bene,finquiècontento»pensòAlice,esoggiunse,«Mivuoidire,perfavore,qualestradadevoprendereperuscirediqui?»

«Dipendeingranpartedadovevuoiandare»risposeilGatto.

«Nonmiimportadove-»disseAlice.

«Alloranonimportanemmenoqualestradaprendi»replicòilGatto.

«-purchéioarrividaqualcheparte»aggiunseAlicecomespiegazione.

«Madaqualcheparte ci arrividi sicuro»disse ilGatto,«sevai sempreavantisenzafermarti.»

Alice capì che era una risposta inattaccabile e provò a fare un'altra domanda.

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«Chegentevivedaquesteparti?»

«Inquelladirezione»risposeilGatto,facendocennoconlasuarotondazampadestra,«ciabitaunCappellaio:einquell'altradirezione»accennandoconl'altrazampa,«ciabitailLeprottoMarzolino.Vaidachitipare:sonomattituttiedue.»

«Maiononvoglioandareinmezzoaimatti»obiettòAlice.

«Be',èinevitabile»lerisposeilGatto.«Siamotuttimattiqui.Iosonomatto.Tuseimatta».

«Comefaiasaperechesonomatta?»chieseAlice.

«Deviesserlo»feceilGatto,«altrimentinonsarestivenutaqui».

Alice non riteneva che fosse una prova sufficiente; comunque soggiunse: «Ecomefaiasaperechetuseimatto?»

«Percominciare»disseilGatto,«uncanenonèmatto.Seid'accordosuquesto?»«Pensodisì»risposeAlice.

«Bene»proseguìilGatto,«alloratusaicheuncaneringhiaquandoèarrabbiato,e che dimena la coda quando è contento. Io, invece, ringhio quando sonocontentoedimenolacodaquandosonoarrabbiato.Perciòsonomatto.»

«Iolochiamofarelefusa,nonringhiare»osservòAlice.«Chiamalo come ti pare» disse il Gatto. «Vieni a giocare a croquet con laRegina,oggi?»«Mipiacerebbemoltissimo»risposeAlice,«mafinoranonsonostatainvitata.»«Mitroverailà»disseilGatto,esvanì.

Alicenonnefutropposorpresa:sistavaabituandomoltobeneavedersuccederedelle stranezze. Stava ancora guardando il punto dove era sdraiato, quando ilGattoricomparveall'improvviso.

«A proposito, che ne è stato del bambino?» domandò il Gatto. «Quasi miscordavodichiedertelo».

«Si è trasformato in porcello» rispose Alice tranquilla tranquilla, come se il

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Gattofossericomparsoinmodonaturale.

«Mel'aspettavo»disseilGatto,esvanìdinuovo.

Alice attese per un po', quasi aspettandosi di rivederlo, ma poiché nonricompariva, dopo un paio diminuti si incamminò nella direzione dove le erastatodettochevivevailLeprottoMarzolino.«Icappellai,liconoscogià»dicevafrasé,«ilLeprottoMarzolinodovrebbeesseremoltopiùinteressante,emagari,siccome siamo di maggio, non farà il matto - perlomeno non come lo fa dimarzo».Mentre diceva queste cose, alzò gli occhi, ed ecco di nuovo ilGatto,sdraiatosulramodiunalbero.

«Haidetto"porcello"o"forcella"?»chieseilGatto.

«Hodetto"porcello"»risposeAlice;«e tisareigratasesmettessidiapparireescomparirecosìall'improvviso:mifaivenireilcapogiro!»

«D'accordo» disse il Gatto; e questa volta svanì con estrema lentezza,cominciandodallapuntadellacoda,efinendoconilsorriso,cherimasesospesonell'ariaperqualchetempodopochetuttoilrestoerascomparso.

«Guarda,guarda!Quantevoltehovistoungattosenzasorriso»pensavaAlice,«mamaiunsorrisosenzagatto!Èlacosapiùcuriosachemisiamaicapitatainvitamia!»

Non aveva fatto molta strada quando giunse in vista della casa del LeprottoMarzolino: la casa doveva proprio essere quella, perché aveva i comignoli aforma di orecchie e il tetto era coperto di pelo. Era una casa così grande cheAlicepreferìnonavvicinarsifinchénonebbesmozzicatounpo'delpezzettodifungochetenevanellamanosinistraenonsifualzatadiunmezzometro:anchecosì,siavvicinòallacasacongrantimoredicendofraséesé:«Esepoistesseancorafacendoilmatto?ForseavreifattomeglioadandaredalCappellaio!»

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CAPITOLOVII

ILTÈDEIMATTI

Apparecchiatosottounalberodavantiallacasa,c'erauntavolodoveilLeprottoMarzolino e il Cappellaio prendevano il tè; seduto in mezzo a loro, c'era unGhirochedormivadellagrossa,mentrequeidue lousavanocomecuscinoperappoggiarcisopraigomitieconversavanoaldisopradellasuatesta.«IlGhironon sta certo comodo» pensòAlice, «ma dal momento che dorme, forse nonglieneimportaniente».

Iltavoloerapiuttostogrande,maitresenestavanotuttiaddossatiinunangolo.«Nonc'èposto!Nonc'èposto!»gridaronoappenavideroAlicefarsiavanti.«Cisono un sacco di posti!» replicòAlice indignata, e si accomodò su un'ampiapoltronaacapotavola.

«Vuoiunpo'divino?»ledisseilLeprottoMarzolinocontonosuasivo.

Alicediedeunosguardoaltavolo,mac'erasolotè.«Nonvedoilvino»disse.

«Noncen'è»risposeilLeprottoMarzolino.

«Ealloranonmisembratantoeducatooffrirlo»replicòAliceconstizza.

«Nonmisembra tantoeducatosedersi senzaessere invitati» ribatté ilLeprottoMarzolino.

«Non sapevo che fosse il vostro tavolo» spiegòAlice. «È apparecchiato permoltopiùditrepersone.»

«Dovresti farti tagliare i capelli» disse il Cappellaio. Era da un po' che stavaosservando Alice con grande curiosità, e quelle furono le prime parole chepronunciò.

«Etudovrestiimpararechenonsifannoosservazionisullequestionipersonali»replicòAlicepiuttostoseveramente.«Èmoltosgarbato».

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AquesteparoleilCappellaiosgranòtantod'occhi;manondissealtroche«Saidirmiperchéuncorvoassomigliaaunascrivania?»

«Ah,orasìchecidivertiamo!»pensòAlice.«Sonocontentachesisianomessiagiocareagliindovinelli-Loso,credo»,aggiunseavocealta.

«Intendi dire che credi di aver trovato la soluzione?» le domandò il LeprottoMarzolino.

«Precisamente»disseAlice.

«Allora,quandoparli,dovrestidireciòche intendidire»,soggiunse ilLeprottoMarzolino.

«Certo» replicò prontamente Alice; «perlomeno - perlomeno io intendo direpropriociòchedico-cheèpoilastessacosa,no?»

«Nochenonèlastessacosa!»esclamòilCappellaio.«Aquestastregua,potrestisostenere che "Vedo ciò che mangio" sia la stessa cosa di "Mangio ciò chevedo"!»

«Aquestastregua»aggiunseilLeprottoMarzolino,«potrestisostenereche"Mipiacequellocheprendo"sialastessacosadi"Prendoquellochemipiace!"»

«A questa stregua, potresti sostenere» aggiunse il Ghiro, il quale sembravaparlassenelsonno,«che«quandodormo,respiro»sialastessacosadi"quandorespiro,dormo"!»

«Che per te è proprio quello che vale» concluse il Cappellaio, e qui cadde laconversazione e il gruppetto restò in silenzio per un minuto, mentre Alicecercava di ricordarsi tutto quello che sapeva sui corvi e sulle scrivanie, nonmoltoperlaverità.

IlCappellaiofuilprimoarompereilsilenzio.«Chegiornoèoggi,delmese?»chiese, rivolto ad Alice; si era tolto l'orologio di tasca e lo contemplavaperplesso, dandogli una scrollatina di tanto in tanto per poi portarseloall'orecchio.

Alicecipensòunattimo,epoirispose:«Ilquattro».

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«Èindietrodiduegiorni!»sospiròilCappellaio.«Tel'avevodettocheilburronon fa bene agli ingranaggi!» aggiunse, guardando in malo modo il LeprottoMarzolino.

«Eraunburroeccellente!»risposemiteilLeprottoMarzolino.«Sì,macisonoentrateanchedellebriciole»brontolòilCappellaio;«nonavrestidovutousareilcoltellodelpaneperspalmareilburrosull'orologio».

IlLeprottoMarzolinoprese inmanol'orologioe loguardòmogio:poi lo tuffònellatazzadeltèetornòaguardarlo;manonpotécheconfermarequantoavevadettoprima:«Eraunburroeccellente».

Alice aveva sbirciato da sopra la spalla del LeprottoMarzolino con una certacuriosità. «Chebuffo orologio!» osservò. «Dice qual è il giorno delmese,manondicel'ora!»

«Perchédovrebbe?»brontolòilCappellaio.«Forsecheiltuoorologiotidiceincheannosiamo?»

«No, naturalmente» risposeAlice con prontezza; «ma è perché ci sta tanto alungodentrolostessoanno».

«Equestoèesattamenteilcasodelmioorologio»disseilCappellaio.

Alice era terribilmente perplessa. Non c'era alcun dubbio che il Cappellaioparlasselasuastessalingua,eppurequeldiscorsononavevaperleialcunsenso.«Nonticapiscoproprio»dissecontuttalagentilezzapossibile.

«IlGhirosièriaddormentato»annunciòilCappellaio,egliversòsulnasounpo'ditèbollente.

IlGhiro scosse il capo seccato, edisse, senzaapriregliocchi:«Naturalmente,naturalmente:stavoperdirloanch'io».

«Hai trovato la soluzione dell'indovinello, allora?» chiese il Cappellaio,rivolgendosidinuovoadAlice.

«No,cirinuncio»risposeAlice.«Qualè?»«Non ne ho la più pallida idea» disse ilCappellaio. «E nemmeno io» disse ilLeprottoMarzolino.

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Aliceebbeunsospirodisconforto.«Dovresteimparareausareunpo'meglioilvostrotempo»disse,«invecedisprecarlocondegliindovinellisenzasoluzione».

«Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io» replicò il Cappellaio, «nonoserestiparlarnecontantadisinvoltura;luièunSignorTempo».

«Noncapiscocosaintendidire»disseAlice.

«Certo che non capisci!» esclamò il Cappellaio, con un cenno sprezzante delcapo.«Ciscommettochenonhaimaiprovatoaparlarciassieme,colTempo!»

«Forse no» rispose Alice cautamente, «ma so che quando facciamo musica,dobbiamobattereiltempo.»

«Ah,ecco!Oratuttosispiega!»esclamòilCappellaio.«Luinontolleradiesserebattuto. Vedi, se te lo tieni amico, lui fa quasi tutto quello che vuoi conl'orologio. Per esempio, mettiamo che siano le nove del mattino, stanno percominciarelelezioni:tuprendiilTempoeglisussurriunaparolina,eviachelelancettegiranoinunbaleno!L'unaemezza,èl'oradelpranzo!»

(«Magarifossel'oradelpranzo!»sussurròfraséeséilLeprottoMarzolino).

«Sarebbe magnifico, non c'è dubbio» risposeAlice con aria pensosa; «però -forsenonavreiancorafame,nontipare?»

«Non subito, forse» replicò ilCappellaio, «mapotresti tenerlo fermo all'una emezzafinchénontivienefame».

«Etufaicosì?»domandòAlice.

IlCappellaioscosseilcapotristemente.«No,iono!»rispose.«Cisiamolitigatiilmarzoscorso-pocoprimacheluifacesseilmatto-»(colcucchiainoindicòilLeprotto Marzolino) «- Fu al gran concerto dato dalla Regina di Cuori, e iodovevocantare

Opipistrellobaluginante

Cosapensiinquestoistante?

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Forselaconosciquestacanzone?»

«Ho sentito qualcosa del genere» rispose Alice. «Poi va avanti» proseguì ilCappellaio,«edice:

Volisulmondo,volinelvento

Comeunvassoionelfirmamento.

Opipistrellobaluginante-»

A questo punto il Ghiro sussultò e simise a cantare nel sonno «O pipistrellobaluginante,opipistrellobaluginante-»esiccomenonlafinivapiù,dovetterodarglideipizzicottiperfarlosmettere.

«Ebbene, avevo quasi finito la prima strofa» disse il Cappellaio, «quando laReginasimiseaurlare"ÈfuoriTempo!Tagliateglilatesta!"»

«Cherazzadicrudeleesanguinaria!»esclamòAlice.

«Da quel momento» soggiunse il Cappellaio con tristezza, «non vuol far piùnientediquantoglidomando.Sonosemprelesei,daallora!»

Alice ebbeuna felice intuizione. «Èper questo che ci sono tutte queste tazze,quafuori?»chiese.

«Infatti» rispose il Cappellaio con un sospiro: «È sempre l'ora del tè, e nonabbiamoneppureiltempodilavareletazzenegliintervalli».

«Ealloracontinuateacambiaredipostoattornoaltavolo,ècosì?»disseAlice.«Esattamente»confermòilCappellaio,«viaviacheletazzesisporcano».«Ma cosa succede quando arrivate alla fine del giro?» si azzardò a chiedereAlice.

«Perché non cambiamo argomento» interloquì il Leprotto Marzolino,

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sbadigliando.«Questomièvenutoanoia.Doilmiovotoafavoredellagiovanefanciullaperchéciraccontiunastoria».

«Maiononnesonessuna»replicòAlice,allarmatissimaperlaproposta.

«Allora toccaalGhiro!»gridaronoglialtridue.«Sveglia,Ghiro!»Epreseroadarglipizzicottil'unodaunaparteel'altrodall'altra,contemporaneamente.

IlGhiroaprìlentamentegliocchi.«Nonstavodormendo»disseconunavocinaimpastata.«Hosentitotuttoquellochestavatedicendo,parolaperparola».

«Raccontaciunastoria!»gliordinòilLeprottoMarzolino.

«Sì,perfavore,raccontaciunastoria!»lopregòAlice.

«Ecercadifarpresto»aggiunseilCappellaio,«ocaschiaddormentatoprimadiaverlafinita».

«C'erano una volta tre sorelline» cominciò il Ghiro in gran fretta, «e sichiamavanoElsie,LacieeTillie,evivevanoinfondoaunpozzo-».

«Di cosa si nutrivano?» chiese Alice, che era sempre interessatissima aiproblemidelmangiareedelbere.

«Sinutrivanodimelassa»risposeilGhiro,dopoaverciriflettutoperunpaiodiminuti.

«Èimpossibile»osservòAlicemoltoeducatamente.«Sisarebberoammalate».

«Einfattieranomalate»risposeilGhiro;«moltomalate».

Alicecercòperunattimodiimmaginarsiquellostravagantemododivivere,mala sconcertava troppo, e passò a un'altra domanda: «Ma perché vivevano infondoaunpozzo?»

«Prendineunpo'dipiù»dissepremurosoilLeprottoMarzolinorivolgendosiadAlice,«ditè».

«Veramentenonl'hoancorapresoperniente»risposeAliceconiltonodichièoffeso;«ragionpercuinonpossoprendernedipiù».

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«Vorraidirechenonpuoiprendernedimeno»obiettò ilCappellaio,«prenderequalcosadipiùchenienteèfacilissimo».

«Nessunohachiestolatuaopinione»replicòAlice.«Eadesso,chimistafacendoosservazione?»chieseilCappellaiotrionfante.

PoichéAlicenon sapevacosa ribattere, si versòuna tazzadi tè e imburròunafetta di pane, poi si rivolse al Ghiro e ripeté la sua domanda. «Ma perchévivevanoinfondoaunpozzo?»

AncoraunavoltailGhirociimpiegòunpaiodiminutiperrispondere,einfinedisse:«Eraunpozzodimelassa».

«Non esiste una cosa simile!» sbottòAlice irritatissima,ma fu subito bloccatadallo «Ssst! Ssst!» del Cappellaio e del Leprotto Marzolino, mentre il Ghiroimmusonitodichiarava:«Secontinuiafarlamaleducata,lastoriatelafiniscidate».

«Oh,no,perfavore,vaiavanti»disseAliceumileumile.«Nontiinterrompopiù.Unpozzocosìcidovràpuressere!»

«Uno solo, eh!» replicò il Ghiro con indignazione. Tuttavia acconsentì aproseguire.«Ealloraquelletresorelline-imparavanoadisegnare-».

«Che cosa disegnavano?» domandò Alice, del tutto dimentica della suapromessa.

«Melassa» rispose il Ghiro, senza starci a pensare neanche un attimo, questavolta.

«Vogliounatazzapulita»interruppeilCappellaio,«passiamotuttiavantidiunposto».

Mentreparlava,sispostòdiunposto,eilGhirofecelastessacosadietrodilui:ilLeprottoMarzolinosimisealpostodelGhiro,eAlicepreseassaiamalincuoreil postodelLeprottoMarzolino. IlCappellaio fu l'unico a trarrevantaggiodalcambiamento, mentre Alice stava assai peggio di prima, perché il LeprottoMarzolinosieraappenarovesciatonelpiattinotuttoilbriccodellatte.

Alicenonvolevaoffendereun'altravolta ilGhiroe fusolocongrandecautela

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che si azzardò a chiedere: «Non capisco.Da dove prendevano lamelassa perdisegnarla?»

«Sai come si prende l'acqua da un pozzo d'acqua?» le rispose il Cappellaio.«Allostessomodoprendilamelassadaunpozzodimelassa,no,stupidina!»

«Maloroeranoinfondoalpozzo»aggiunseAlice,rivoltaalGhiro,preferendoignorarequest'ultimaosservazione.

«Certo»risposeilGhiro,«nelfondoprofondodelpozzo».

QuestarispostamandòtalmenteinconfusionelapoveraAlicecheilGhiropotécontinuarelasuastoriaperqualcheminutosenzaessereinterrotto.

«Imparavano a disegnare» diceva il Ghiro, sbadigliando e strofinandosi gliocchi,poichéglieratornatoungransonno,«edisegnavanoognigeneredicose-tuttelecosechecomincianoconunaM-».

«PerchéconunaM?»domandòAlice.«Eperchéno?»risposeilLeprottoMarzolino.Alicetacque.

Aquestopunto ilGhiroavevagiàchiusogliocchiesistavaappisolando;ma,sotto i pizzicotti del Cappellaio, si risvegliò di nuovo con un lieve strillo, eproseguì: «- tutto ciò che cominciava con una M, come mollica di pane, emontagnadellaluna,ememoria,emolteplicità-saicheparlandoditantecosesidicechesonounamolteplicità-tièmaicapitatodivedereunacosachefosseildisegnodiunamolteplicità?»

«A dire la verità, adesso che mi ci fai pensare» risposeAlice, estremamenteconfusa,«nonmisembra-».

«Ealloracosaparliafare?»obiettòilCappellaio.

Quest'ultimasgarberia fuperAlicepiùdiquantopotessesopportare:sialzò inpiediindignatissimaeseneandò.IlGhiroripiombòadormiresubito,eglialtriduenonparverominimamenteaccorgersidellasuapartenza,benchéleisifossevoltata indietro un paio di volte, con la mezza speranza di essere richiamata.L'ultimavoltachelivide,stavanocercandodiinfilareilGhirodentroallateiera.

«Non tornerò laggiù, in nessun caso!» diceva Alice, mentre riprendeva il

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camminonelbosco.«Èilpiùstupidotèacuiabbiamaipartecipatoinvitamia!»

Propriomentre diceva queste cose, si accorse che uno degli alberi aveva unaporta per entrarci dentro. «Molto buffo!» pensò. «Già,ma tutto è buffo, oggi.Tantovaleentrarcisubito».Ecientrò.

Si ritrovò ancora una volta, nel grande salone proprio accanto al tavolino divetro.«Stavolta,peròvogliofarelecoseconpiùgiudizio»dissefraséesé,eperprima cosa prese la piccola chiave d'oro e aprì la porta che conduceva algiardino.Poisimiseamangiucchiare il fungo(neaveva tenutounpezzetto intasca) finché non fu alta una ventina di centimetri. Poi attraversò il piccolocunicolo, e poi - si trovò finalmente nel bel giardino, fra le aiuole di fioririsplendentiefralefontanediacquafresca.

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CAPITOLOVIII

ILCAMPODACROQUETDELLAREGINA

Accantoall'ingressodelgiardino,c'eraungranderosaioaalberello:lerosechevifiorivanoeranobianche,mac'eranotregiardinieritutt'attornochelestavanoalacrementedipingendotuttedirosso.Alicelagiudicòunacosamoltocuriosa,esiavvicinòpervederemeglio;eragiuntaapochipassidaigiardinieri,quandonesentì uno dire: «Stai un po' attento, Cinque! Non mi spruzzare addosso lavernice!»

«Nonè statacolpamia» risposeCinque,con tonocupo.«Settemihaurtato ilgomito».

AlcheSettesollevòlatestaeobiettò:«EbravoCinque!Daisemprelacolpaaglialtri!»

«Farestimeglioatacere!»disseCinque.«HosentitolaReginadireappenaierichemeritavidifartitagliarelatesta».

«Checosahacombinato?»domandòquellocheavevaparlatoperprimo.

«Nonsonoaffarituoi,Due!»replicòSette.

«Sonoancheaffarisuoi!»disseCinque.«Eglielovogliodirecosahacombinato-invecedellecipolle,haportatoallacuocadeibulbiditulipano».

Settescaraventòaterrailpennelloeavevaappenacominciatoadire«Dituttelecose ingiuste -» quando l'occhio gli cadde su Alice, che se ne stava lì aosservarli,esiarrestòdibotto:glialtrisivoltaronoancheloro,etuttifecerounprofondoinchino.

«Vidispiacedirmi,per favore»chieseAlice,conun fare timido,«perchéstatecolorandodirossoquellerose?»

Cinque e Sette non dissero una parola, ma guardarono Due. Due cominciò a

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vocebassa:«Be', il fattoèche,vede, signorina,quiavrebbedovutoesserciunrosaioadalberellodiroserosse,enoi,persbaglio,neabbiamomessounoarosebianche:ese laReginalovieneasapere,cifarà tagliare la testaa tuttiquanti,capisce.Perciòvede,signorina,cistiamodandodafareprimachearrivilei,per-».Inquelmomento,Cinque,cheavevacontinuatoatenerd'occhioilfondodelgiardino,gridò:«LaRegina!LaRegina!»e i tregiardinieri immediatamentesibuttaronoaterrapiatticonlafacciaingiù.Cifuungranrumoredipassi,eAlicesivoltòansiosadivederelaRegina.

Venivanoavantiperprimidieci soldaticon ibastoni inmano:avevano tutti lastessa forma dei tre giardinieri, bislunga e piatta, con le mani e i piedi agliangoli;poiseguivanoidiecicortigiani:questieranotuttidecoraticondanari,ecamminavanoadueadue,comeisoldatidelresto.Edietroc'eranoiprincipini,dieciintutto,chevenivanoavantisaltellandoallegramente,manonellamano,incoppia,ederanotuttidecoraticonicuori.Poivenivanogliospiti,perlopiùReeRegine,inmezzoaiqualiAlicericonobbeilConiglioBianco:parlavainmodoconcitatoenervoso,sorridevadiquantosidicevaepassòdavantiadAlicesenzavederla. Seguiva poi il Fante diCuori, che reggeva la corona delRe su di uncuscinodi velluto scarlatto; e, ultimi di questo imponente corteo, venivano ILREELAREGINADICUORI.

Alicesichiedevaperplessasefosseilcasodibuttarsiaterraafacciaingiùcomeitregiardinieri,epoichénonricordavadiavermaisentitoparlarediunaregolasimileper icortei,«tra l'altro,acosaserveuncorteo»pensava,«se lagentesibuttaaterraafacciaingiùenonlopuòvedere?»decisedirestarsenelì,inpiedi,ediaspettare.

QuandoilcorteopassòdavantiadAlice,tuttisifermaronoelaguardarono,elaReginadisse,severamente:«Cos'èquesta?»LodissealFantediCuori,chepertuttarispostafeceuninchinoeunsorriso.

«Idiota!»esclamòlaReginaconungestostizzosodelcapo;erivoltaadAlice,soggiunse:«Cometichiami,ragazzina?»

«Mi chiamoAlice, se così piace allaMaestà vostra» risposeAlice conmoltogarbo;madentrodiséaggiunse:«Dopotutto,sonosolounmazzodicarte.Nondevoaverpaura».

«E questi chi sono?» domandò la Regina, indicando i tre giardinieri che

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giacevano accanto al rosaio ad alberello; poiché, vedete, sul rovescio dei tregiardinierichegiacevanoconlafacciaingiùc'eraundisegnocheeraugualeatutto il resto del mazzo e la Regina non poteva capire se erano giardinieri osoldatiocortigianioppuretredeisuoistessifiglioli.

«Cosavuolechenesappia?»replicòAlice,sorpresaleistessadelsuocoraggio.«Nonèaffarmio».

LaRegina si fece paonazza per la rabbia, e la fissò per unmomento con unosguardodabestiaferoce;poisimiseaurlare«Tagliatelelatesta!Tagliatele-».

«Nondicacretinate!»feceAlice,convoceforteedecisa,elaReginasizittì.

Il Re le appoggiò una mano sul braccio e cautamente le disse: «Tieni inconsiderazione,miacara,cheèsoltantounabambina!»

LaReginasiscostòdaluifuribondaedissealFante:«Voltali!»

IlFanteobbedìelivoltòmoltodelicatamenteconunpiede.

«Alzatevi!» ordinò la Regina con voce stridula e acuta, e i tre giardinieribalzaronoimmediatamenteinpiedi,ecominciaronoafareinchinidavantialRe,allaRegina,aiprincipinieatuttiglialtri.

«Finitelaconquesti inchini!»strillò laRegina.«Mi fatevenire il capogiro.»Epoi,indicandoilrosaioadalberello,soggiunse:«Checosastavatefacendoqui?»

«Secosì piace allaMaestàvostra» risposeDueumileumile, piegandosi suunginocchiomentreparlava,«stavamocercando-».

«Ho capito!» esclamò la Regina, che nel frattempo aveva esaminato le rose,«tagliate loro la testa!» e il corteo si rimise inmovimento,mentre tre soldatirestavanoindietropergiustiziareglisfortunatigiardinieri,iqualisiprecipitaronodaAliceincercadiprotezione.

«Nessunovitaglieràniente!»dichiaròAlice,elinascosedentrounenormevasodifioricheeralìvicino.Itresoldatilicercaronoquaelàperunpaiodiminutiepoiseneandaronoviatranquillamente,marciandoincodaaglialtri.

«Avetetagliatolorolatesta?»urlòlaRegina.

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«Dellelorotestenonrimanetraccia,secosìpiaceallaMaestàvostra!»urlaronoisoldatiinrisposta.

«Stabene!»urlòlaRegina.«Saigiocareacroquet?»

IsoldatistetterozittieguardaronoAlice,poichéladomandaeraevidentementedirettaalei.

«Sì!»urlòAlice.

«Ealloravieni!»tuonòlaRegina,eAlicesiaggregòalcorteo,assaicuriosadivederecosasarebbesuccesso.

«È - è una bella giornata!» disse timidamente una voce al suo fianco. Era ilConiglioBiancochecamminavaaccantoaleiscrutandolaansiosamenteinviso.

«Davverobella»risposeAlice.«Dov'èlaDuchessa?»

«Sssst! Sssst!» fece il Coniglio con voce bassa e concitata.Mentre parlava siguardòallespalle,impaurito,epoialzandosiinpuntadipiedilebisbigliòinunorecchio:«Èstatacondannataamorte».

«Com'èstato?»domandòAlice.«Haidetto"Peccato!"?»domandòilConiglio.«No»risposeAlice.«Nonpensochesiaunpeccato.Hodetto"Com'èstato?"»

«HadatounoschiaffoallaRegina-»cominciòilConiglio.AdAlicescappòdaridere.«Oh,zitta!Zitta!»sussurròilConiglio,spaventato.«LaReginafiniràpersentirti!Vedi,èarrivatainritardoelaReginahadetto-».

«Aivostriposti!»urlòlaReginaconvocetonante,etuttisimiseroacorrere,chidi qua, chi di là, cozzando gli uni contro gli altri; comunque, riuscirono araggiungereiloropostiinunpaiodiminuti,elapartitaebbeinizio.

Mai in tutta la sua vita, pensavaAlice, le era capitato di vedere un campodacroquet tanto curioso: era tutto buche e cunette; le palle da croquet eranoporcospini, vivi, e le mazze erano fenicotteri, vivi anche loro, e i soldatidovevanostarepiegatitoccandoterraconlemani,performaregliarchi.

All'inizio, la difficoltà maggiore per Alice fu quella di imparare a usare il

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fenicottero:nonleriuscivatroppodifficileprenderlosottoilbraccio,tenendolobenstretto,conlegambepenzoloni;ma,inlineadimassima,proprioquandogliavevastesoperbeneilcolloesipreparavaadareuncolpoalporcospino,quelloritirava su la testa e simetteva a guardarla in faccia con una tale espressioneinterrogativacheAlicenonpotevafareamenodiscoppiarearidere;equandogliavevafattoriabbassarelatesta,prontaaricominciaretuttodacapo,eramoltoirritantescoprirecheilporcospinosierasgomitolatoestavaperfilarselavia;aparte tutto questo, c'era sempre una buca o una cunetta prima del punto doveavrebbe dovuto mandare il porcospino, e, siccome i soldati piegati in due sistavano sempre rialzando per trasferirsi altrove, Alice giunse ben presto allaconclusione che quella era una partita davvero dura da giocare. I giocatorigiocavano tutti contemporaneamente senza rispettare i turni, litigando tutto iltempo e picchiandosi per avere i porcospini; e ben presto laReginamontò sututtelefurieesimiseabattereipiediperterraeaurlare«Tagliateglilatesta!»oppure«Tagliatelelatesta!»pressappocounavoltaogniminuto.

Alicecominciavaasentirsimoltoadisagio;certo,finoaquelmomentononsiera ancora scontrata con laRegina,ma sapeva che sarebbe potuto accadere inqualsiasimomento,«eallora»pensava,«chenesaràdime?Quihanno tutti lamania delle teste mozze: c'è da chiedersi come mai ne sia rimasto qualcunovivo!»

Sistavaguardandoattornopertrovareilmododisvignarsela,magarisenzafarsinotaredagli altri, quandonell'aria apparvequalcosadi straordinario, cheAlicedapprima guardò sbigottita, ma che dopo un paio di minuti di attentaosservazione, capì essere un sorriso e subito disse fra sé e sé: «È ilGatto delCheshire:finalmentequalcunoconcuiparlare».

«Comete lacavi?» lechiese ilGatto,appenaebbeabbastanzaboccaperpoterparlare.

Alice aspettò finché non gli vide apparire gli occhi, e poi fece un cenno diassenso. «È inutile che gli parli» pensava, «finché non compaiono perlomenoanche le orecchie».Ancora unminuto, e apparve la testa tutta intera, e alloraAliceposòaterrailfenicottero,ecominciòaraccontarecomestavaandandolapartita,assaicontentadiaverequalcunochelastesseasentire.EvidentementeilGattoritenevachelapartedisestessoresavisibilefossesufficiente,perchénonapparvealtro.

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«Nongiocanobene,perniente»cominciòAlicecontonorisentito,«enonfannoaltrochelitigaretuttiquantifuriosamente,tantochenonsipuòneanchesentirela propria voce quando si parla - e sembra che non abbiano nessuna regola:perlomeno,secenesono,nessunolesegue-enonhaiideadellaconfusionechesi crea a giocare con delle cose che sono vive: per esempio, l'arco che avreidovutosuperareproprioadessosièalzatoinpiediesenestaandandodall'altrapartedel campo - e unmomento fa stavoper fare croquet al porcospinodellaRegina,maquelloèscappatoviaappenahavistoarrivareilmio!»

«TipiacelaRegina?»domandòilGattoabassavoce.

«Perniente»risposeAlice:«ètalmente-».Fuinquelmomentochesiaccorsediavere alle spalle proprio la Regina in persona, che la stava ascoltando, econcluse, «- chiaro che vincerà lei, che quasi non vale la pena di finire lapartita».

LaReginafeceunsorrisoepassòoltre.

«Con chi stai parlando?» domandò il Re, che si era avvicinato ad Alice eguardavaestremamenteincuriositolatestadelGatto.

«Èunamicomio -unGattodelCheshire» risposeAlice:«Sepermette, glielopresento».

«Haqualcosachenonmipiace»disseilRe,«comunque,puòbaciarmilamano,secitiene».

«Noncitengo»obiettòilGatto.

«Non fare l'impertinente» lo ammonì il Re, «e non guardarmi a quelmodo!»ParlandosieraandatoamettereallespallediAlice.

«Ungattopuòguardareunre»disseAlice.«L'holettoinqualchelibro,manonmiricordoquale».

«Be',bisognaallontanarlo»replicòilReconuntonomoltodeciso,egridòallaRegina che stava ripassando di lì in quelmomento: «Mia cara!Vorrei che tufacessiallontanarequestogatto!»

LaReginaavevaunmodosoloperaffrontareledifficoltà,piccoleograndiche

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fossero.«Vialatesta!»disse,senzanemmenovoltarsi.

«Andròiostessoachiamareilboia»disseilRecondecisione,eseneandòingranfretta.

Alicepensòchepotevaanchetornareindietroavederecomeandavalapartita,poichélegiungevadalontanolavocedellaReginaurlantedirabbia.L'avevagiàsentitacondannareamortetregiocatoriperaverpersoilproprioturno,enonlepiacevaaffattocomesistavanomettendolecose,perchélapartitaerainuntalestato di confusione che non sapeva mai se toccasse a lei giocare oppure no.Perciòsimiseacercareilproprioporcospino.

Il suo porcospino era impegnato in un duello con un altro porcospino, il chesembròadAliceun'ottimaoccasioneperfarecroquetdeidue: l'unicadifficoltàera costituita dal fatto che il suo fenicottero si era spostato sull'altra parte delgiardino,eAlicelovidechestavafacendodegliinutilitentativipervolaresuunalbero.

Nel tempo che impiegò ad andare a riprendere il fenicottero e a riportarloindietro, il duello era terminato e dei due porcospini non c'era più nemmenol'ombra: «Tanto, che importanza ha?» pensavaAlice, «anche gli archi si sonotutti spostatisull'altrapartedelcampo».Allorasisistemòil fenicotterosotto ilbraccio,perchénonscappasseun'altravolta,etornòafareunachiacchierataconilsuoamico.

QuandofutornatadalGattodelCheshire,ebbelasorpresadi trovareunagranfollacheglisieraradunatatutt'attorno:c'eraincorsounadiscussionetrailboia,ilReelaRegina,iqualiparlavanotuttiinsiemecontemporaneamente,mentreglialtrisenestavanozitti,costernati.

QuandoapparveAlice,tuttietreidisputantisirivolseroaleiperchédefinisselaquestione,eciascunoleripetélesueragioni,mapoichéparlavanotuttiinsieme,Alicefaticònonpocoacapirecosadicesserodipreciso.

L'argomentazione del boia era che non si può tagliare una testa se non c'è ilcorpoattaccato,chenonavevamai fattounacosasimile invitasuaechenonavrebbecominciatooracheavevaunacertaetà.

L'argomentazionedelReerachequalunquecosaavesseunatestapotevaesseredecapitata,echenondicessecretinate.

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L'argomentazionedellaReginaerache,senonsi trovavaunasoluzionesedutastante, avrebbe fatto tagliare la testa a tutti quanti i presenti. (Eraquest'ultimoargomentocherendevalafollatantoseriaepensosa.)

Alice non seppe dire altro che: «È il Gatto della Duchessa: sarebbe megliochiedereconsiglioalei».

«Èinprigione»disselaReginaalboia:«portatelaqui».Eilboiapartìcomeunfulmine.

LatestadelGattocominciòasvanirelentamenteappenailboiasenefuandato,e nel tempo che quello impiegò per tornare con la Duchessa, era ormaiscomparsadeltutto:allorailReeilboiasimiseroacorreredatuttelepartipercercarla,mentreilrestodellacompagniatornavaallapartita.

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CAPITOLOIX

STORIADELVITELLO-SIMILTARTARUGA

«Nontipuoiimmaginarequantosiacontentadirivederti,piccolacara!»esclamòlaDuchessa,prendendoaffettuosamenteAlicesottobraccioeincamminandosiconlei.

Alicefuassaicontentaditrovarladicosìbuonumore,edentrodisépensòcheprobabilmenteerasolocolpadelpepesesieradimostratatantoselvaticaduranteilloroprimoincontronellacucina.

«Quando io sarò Duchessa» disse fra sé e sé (con un tono non tropposperanzoso,adireilvero),«nonvoglioaverenemmenoungranellodipepenellamiacucina.Lazuppaèbuonissimaanchesenza-Magarièproprioilpepechefasemprevenire il cattivoumoreallagente»continuò tutta compiaciutaper avertrovato un nuovo tipo di regola, «e l'aceto rende una persona acida - e lacamomillalarendeamara-mentrelecaramelled'orzoetuttiglialtripasticcinidanno ai bambini un carattere dolce. La gente dovrebbe saperla quest'ultimacosa:nonsarebberopiùcosìavaricoidolci-».

A questo punto aveva del tutto dimenticato la Duchessa, ed ebbe un lievetrasalimento quando sentì che le sussurrava in un orecchio: «Ti sei messa apensare,carabambina,enontiricordidiparlare.Nonsodirti,cosìsuiduepiedi,chemoralecisiaintuttociòmameloricorderòtrapoco».

«Forsenonc'èunamorale»siarrischiòadireAlice.

«Piano, piano, piccina!» replicò la Duchessa. «C'è sempre una morale, bastasaperlatrovare.»Ementredicevaquestecose,lesistrinseancorapiùdappresso.AdAlicegarbavapocodiaverlacosìaridosso:innanzitutto,perchélaDuchessaeramoltobrutta,einsecondoluogoperchélearrivavacolmentogiustogiustoall'altezzadella spalla ece lo tenevaappoggiato sopra:unmento terribilmenteaguzzo. Comunque, non volendo sembrare scortese, Alice si sforzò disopportarla: «La partita va un po' meglio, ora» disse, tanto per sostenere laconversazione.

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«Propriocosì»confermòlaDuchessa:«elamoraleè-"L'amore,èl'amorechefagirareilmondo!"»

«Qualcunoha detto» sussurròAlice, «che ilmondogira se ognunopensa agliaffarisuoi».

«Ah,sì!Mailsensoèlostesso»obiettòlaDuchessa,mentreconficcavaancorapiùafondoilsuopiccolomentopuntutonellaspalladiAlice,«einquestocasolamoraleè:"Tubadaalsenso,cheisuonisaprannobadareasestessi"».

«Chemaniahaditrovarelamoraleintuttelecose!»pensòAlicefrasé.

«Scommettochevorrestisapereperchénonticingolavitacolbraccio»disselaDuchessa, dopo una pausa; «la ragione è che nonmi fido dell'umore del tuofenicottero.Chedici,lafacciamoquestaprova?»

«Lepotrebbedareunapizzicatacolbecco» risposecautamenteAlice,chenoneraaffattoentusiastaditentarequellaprova.

«Verissimo»assentì laDuchessa:«i fenicotteripizzicano,comelasenape.E lamoraleè-"Chisirassembra,s'assembra"».

«Solochelasenapenonsembraunuccello»obiettòAlice.«Giusto,comealsolito»disselaDuchessa:«chemodochiarohaidiesporrelecose!»«Èunminerale,credo»aggiunseAlice.

«Certo che è un minerale» assentì la Duchessa, che sembrava pronta a darragioneadAliceintutto:«abbiamounagrandeminieradisenape,quavicino.Elamoraleè-"Laminieraèlamanieradigabbarlagenteintiera"».

«Ah,loso!»esclamòAlice,chenonerastataasentirequest'ultimafrase,«èunvegetale.Nonsembra,maèunvegetale».

«Haiperfettamenteragione»convennelaDuchessa,«elamoraleè-"Siiciòchevorrestisembrarediessere"-ovvero,sevuoichetelodicapiùsemplicemente-"Nonimmaginartimaidinonesserealtrodaquellochepotrebbesembrareaglialtricheciòcheeriopoteviesserestatanonfossealtrodaciòcheeristataecheavrebbepotutolorosembrareesserealtrimenti"».

«Credochecapireimeglio»disseAliceconmoltogarbo,«selovedessiscrittosu

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unfoglio:nonriescobeneatenerledietroquandoleiparla».

«Questoèniente!Nonhai ideadiquellochepotrei fare,sevolessi»rispose laDuchessa,moltocompiaciuta.

«Laprego,nonsiincomodiainventareunafraseancorapiùlungaperme»disseAlice.

«Oh,manonmiincomodoaffatto!»esclamòlaDuchessa.«Tuttoquellochehodettofinoaqui,teloregalo».

«Un regalo a buonmercato!» pensòAlice. «Per fortuna che non ci fannomairegalidiquestogenere,perilcompleanno!»Manonsiarrischiòadirloavocealta.

«Sempre lì a pensare?» domandò la Duchessa, con un altro affondo del suopiccolomentopuntuto.

«Ho il diritto di pensare» replicò seccaAlice, che cominciava a essere un po'preoccupata.

«Lostessodiritto»disselaDuchessa,«chehannoimaialidivolare:elamo-».

Maqui,congrandesorpresadiAlice, lavocedellaDuchessavennemeno,nelbelmezzodellasuaparolapreferita«morale»,eAlicesentìcheilbraccioinfilatosotto il suo aveva preso a tremare.Alzò gli occhi, e vide la Regina, piantatadavantialoro,abracciaconserteeaggrondatacomeuntemporale.

«Bellagiornata,vostraMaestà!»iniziòlaDuchessaconunavocettaesileesile.

«Stai attenta, questo non è solo un avvertimento» urlò la Regina, e mentreparlava,batteva ilpiedeper terra;«Osparisci tuosparisce la tua testa,e tuttoquestoinmetàdeltempocheciimpieghiadaprirbocca!Sceglitu!»

LaDuchessafecelasuascelta,eunattimodopoerasparita.

«Noiriprendiamolanostrapartita»disselaReginaadAlice,laqualeeratroppospaventataperaprireboccaelaseguìlentamenteversoilcampodacroquet.

Gli altri ospiti si erano approfittati dell'assenza della Regina per sdraiarsi

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all'ombraariposare,maappenalaviderotornare,siprecipitaronoailoroposti,mentrelaReginasi limitavaaosservarecheilritardodiunsoloattimopotevacostarlorolavita.

Per tutta la durata della partita, la Regina non fece che attaccar lite incontinuazione con gli altri giocatori, gridando «Tagliategli la testa!» oppure«Tagliatele la testa!» I condannati venivano presi in custodia dai soldati, chenaturalmente dovevano smettere di fare gli archi, e fu così che in capo a unamezz'oracirca,nonrimaseropiùarchisulcampo,etuttiigiocatori,tranneilRe,laReginaeAlice,eranoagliarresti,sottosentenzadimorte.

Allora soltanto, laRegina, ormai completamente sfiatata, interruppe il gioco echieseadAlice«HaigiàconosciutoilVitello-Similtartaruga?»

«No»risposeAlice.«NonsonemmenocosasiaunVitello-Similtartaruga».«ÈlacosaconlaqualesifalaZuppadiTartarughescappate»spiegòlaRegina.«Nonl'homaivisto,enonnehomaisentitoparlare»risposeAlice.

«Alloraseguimi»disselaRegina,«vedraichetiracconteràlasuastoria».

Mentresiallontanavano,Alicesentì ilReche, rivolgendosialla folla,dicevaabassavoce:«Sietetuttigraziati!»«Chebuonaazione!»osservòAlicefraséesé,perchésieraassaidispiaciutadelnumerodipenecapitaliche laReginaavevainflitto.

Ben presto si imbatterono in un Grifone, che se ne stava sdraiato al sole,profondamenteaddormentato.(SenonsapetechecosasiaunGrifone,guardatela figura.) «Alzati, pigraccio!» gli gridò la Regina, «e porta questa giovanefanciulla dal Vitello- Similtartaruga, che le racconterà la sua storia. Io devotornare indietro a controllare che siano eseguite certe condanne che hopronunciato»eseneandòvia,lasciandoAlicesolacolGrifone.C'eraqualcosainquella creatura chenon lepiacevaperniente,madecise che tutto sommatorestarecolGrifonenondovevaesserepiùpericolosocheseguirequellaselvaticaRegina:equindirimase.

IlGrifonesisollevòesistrofinògliocchi;seguìconlosguardolaReginafinchénonlavidescomparire,epoisghignazzò.«Chespasso!»disseilGrifone,unpo'fraséeséeunpo'rivoltoadAlice.

«Checosaèunospasso?»domandòAlice.

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«Be',lei»risposeilGrifone.«Ètuttaunasuafantasia:nontaglianomailatestaanessuno,naturalmente.Seguimi,dunque!»

«Sono tutti pronti a dire «Seguimi!» in questo posto» pensòAlice, mentre siapprestava lentamenteaseguirlo:«Nonhomai ricevuto tantiordini, in tutta lamiavita,maiepoimai!»

Non avevano fatto molta strada, quando videro da lontano il Vitello-Similtartaruga,chesenestavasedutotuttotristeesolosudiunbassosperoneroccioso,emanoamanochesiavvicinavano,Alicelosentìchesospiravacomeseglisispezzasseilcuore.Neprovòunagrandepietà.«Checosaloaffligge?»domandòalGrifone.E ilGrifonerispose,quasicon lestesseparolecheavevausato poco prima: «È tutta una sua fantasia: non c'è niente che lo affligga.Seguimi!»

E si avvicinarono al Vitello-Similtartaruga, che li guardava con gli occhionicolmidilacrime,senzadireunaparola.

«Lagiovane fanciullaquipresente»disse ilGrifone,«èvenutaasentire la tuastoria».

«Eioglielaracconterò»risposeilVitello-Similtartarugaconunavoceprofondaecavernosa.«Metteteviasedere,tuttiedue,enonapriteboccafinchénonavròfinito».

Allorasisedettero,epoitacquerotuttiperqualcheminuto.Alicepensavafrasée sé: «Non finirà mai, se non si decide a incominciare». Ma aspettòpazientemente.

«Unavolta»cominciòfinalmente ilVitello-Similtartaruga, tirandounprofondosospiro,«erounaTartarugavera».

A queste parole, seguì un silenzio assai lungo, interrotto soltanto da qualcheoccasionale «Ghiercrrr!» d'esclamazione da parte del Grifone, e dal continuoaccoratosinghiozzaredelVitello-Similtartaruga.Aliceeralìlìperalzarsiedire«Grazie tante, signore, la sua storia era molto interessante», ma siccome erachiarochedovevaesserciunseguito,senestettetranquillaenondisseniente.

«Quandoeravamopiccoli»proseguìinfineilVitello-Similtartaruga,chesieraunpo'calmatoechesoloditantointantoerasquassatodaunsaltuariosinghiozzo,

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«andavamo a scuola in fondo al mare. Il nostro maestro era un caro vecchioesemplarediTartaruga-lochiamavamoTestuggine-».

«PerchélochiamavateTestuggine,seeraunaTartaruga?»domandòAlice.

«LochiamavamoTestuggine,perchésiintestardivaafarcileggeredeitesticheeranouna tetraggine»risposeseccato ilVitello-Similtartaruga.«Ècosìdifficiledacapire?»

«Iomi vergognerei a fare delle domande così stupide» aggiunse il Grifone, eassieme alVitello-Similtartaruga, se ne rimase a guardare la poveraAlice chesarebbe volentieri sprofondata sotto terra. Infine il Grifone esortò il Vitello-Similtartaruga a continuare: «Dacci sotto, collega!Non ci stare tutto il giornocon questa storia!» e quello riprese nel modo seguente: «Eh sì, andavamo ascuolainfondoalmare,anchesetunoncicredi-».

«Nonhomaidettochenoncicredo!»lointerruppeAlice.

«Sìchel'haidetto»replicòilVitello-Similtartaruga.

«Estaiunpo' zitta!»aggiunse ilGrifone,primacheAlicepotesse ribattere. IlVitello-Similtartarugaripigliòlasuastoria.

«Ricevemmoun'educazionecheerafra lemigliori- infatti,andavamoascuolatuttiigiorni-».

«Maanch'ioandavoascuola tutti igiorni!»esclamòAlice.«Nonvedocosacisiadieccezionale».

«E gli extra, ce li avevi?» si informò il Vitello-Similtartaruga, piuttostopreoccupato.«Certo»risposeAlice,«avevamofranceseemusica».«Eilbucato?»domandòilVitello-Similtartaruga.«Mano,naturalmente!»risposeAlice,sdegnata.

«Ah, ecco! Vedi che la tua non era una buona scuola» disse il Vitello-Similtartarugacongrandesollievo.«Danoi,invece,infondoalprogrammac'erascritto:francese,musicaebucatopagamentoaparte».

«Non dovevate averne troppo bisogno» osservò Alice, «vivendo in fondo almare».

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«Iononpotevopermettermidi pagaregli extra»disse ilVitello-Similtartarugaconunsospiro.«Seguivosoloilcorsoprincipale».

«Checosaviinsegnavano?»vollesapereAlice.

«A suggere e a stridere, naturalmente, come prima cosa» rispose il Vitello-Similtartaruga, «e poi le diverse branche dell'Aritmetica: - Ambizione,Distrazione,BruttificazioneeDerisione».

«Nonhomaisentitolaparola"Bruttificazione"»siarrischiòadireAlice.«Checos'è?»

IlGrifonealzòlesueduezampeinungestodigrandesorpresa.«Magnificare,almeno,losaicosavuoldire?»

«Sì» rispose Alice dubbiosa: «vuol dire - parlare bene di una cosa - farlasembraremagnifica».

«E allora» concluse ilGrifone, «se non capisci cosa vuol dire bruttificare, seitonta».

Non era un incoraggiamento a fare altre domande, e rivolgendosi al Vitello-Similtartaruga,Alicedisse:«Checos'altroviinsegnavano?»

«Be', c'era Sottostoria» rispose il Vitello-Similtartaruga, contando le materiesulle pinne, «Sottostoria, antica e moderna, con Ondografia: poi Segno astrascico-ilmaestrodiSegnoastrascicoeraunvecchiogrongochevenivaunavolta alla settimana a insegnarci il Segno a strascico, la Stiracchiatura, e loScartoconl'Inchino».

«Com'èloScartoconl'Inchino?»domandòAlice.

«Ah, non riesco più a farlo» rispose il Vitello-Similtartaruga: «sono tropporigido.EilGrifonenonl'hamaiimparato».

«Nonnehoavutoiltempo»spiegòilGrifone:«peròiosonoandatoalClassico.Avevamopermaestrounvecchiogranchio,quellosìcheerauntipo».

«Iodaluinoncisonomaiandato»disseilVitello-Similtartarugaconunsospiro.«InsegnavaRidolinoeDolorGreggio,cosìdicevano».

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«Quello,quello,proprioquello»confermòilGrifone,sospirandoasuavolta:edentrambelecreaturesicoprironoilvisoconlezampe.

«Equanteoredilezioneavevatealgiorno?»chieseAlice,desiderosadicambiarsubitoargomento.

«Dieci ore il primo giorno» rispose il Vitello-Similtartaruga: «nove il giornodopo,ecosìvia».

«Curiosocomesistema!»esclamòAlice.

«Perquestocichiamavanoscolari»osservòilGrifone,«perchéiltemposcolavaviaungiornodopol'altro».

IlconcettoeratotalmentenuovoperAlice,checipensòsopraunpocoprimadifarelasuaultimaosservazione.«Alloral'undicesimogiorno,avevatevacanza?»

«Naturalmente»risposeilVitello-Similtartaruga.

«Echecosafacevatealdodicesimo?»chieseancoraAlice,congrandeinteresse.

«Basta con la scuola» interruppe il Grifone con un tono deciso. «Adessoraccontalequalcosadeigiochi».

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CAPITOLOX

LAQUADRIGLIADELLEARAGOSTE

IlVitello-Similtartarugatiròunprofondosospiro,esipassòildorsodiunapinnasugliocchi.GuardòAlicee feceperparlare,maperunpaiodiminuti ebbe lavoce soffocata dai singhiozzi. «È come se avesse una spina in gola» spiegò ilGrifone; e simisedigran lenaa scuoterloeadarglipugni sulla schiena.AllafineilVitello-Similtartarugarecuperòlavoce,efralelacrimecheglirigavanoleguance,ripigliò:

«Noncredochetuabbiavissutoalungoinfondoalma-

re -» («No, infatti» risposeAlice) «- e forse non ti hannomai fatto conoscereun'aragosta-»(Alicestavaperdire«Unavoltahoassaggiato-»masiarrestòintempoe invecedisse«No,mai»)«- equindinonpuoi immaginarti quanto siadivertenteunaQuadrigliadiAragoste!»

«No,davvero»risposeAlice.«Chespeciediballosarebbe?»

«Ecco»spiegòilGrifone,«primadituttosiformaunafilalungolaspiaggia-».

«Duefile!»corresseilVitello-Similtartaruga.«Foche,tartarughe,salmoniecosìvia:poi,unavoltatoltedimezzotuttelemeduse-».

«Ecivuolesempreunbelpo'ditempo»interruppeilGrifone.

«-sivieneavantiadueallavolta-».

«Ilcavalieredeveesseresempreunmaschiodiaragosta!»gridòilGrifone.

«È evidente!» disse ilVitello-Similtartaruga: «- si viene avanti due alla volta,conilcavaliereprescelto-».

«- si cambia il cavaliere e si torna indietro nello stesso ordine» continuò ilGrifone.«Poi,naturalmente»proseguìilVitello-Similtartaruga,«siscaraventanole-».

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«Learagoste!»simiseaurlareilGrifone,facendounsaltoinaria.«Inmezzoalmare,ilpiùlontanopossibile-».

«Siinseguonoanuoto!»strillòilGrifone.

«Sifaunsaltomortalenell'acqua!»gridòilVitello-Similtartaruga,mettendosiafargrancapriolecomeimpazzito.

«Sicambianolearagosteun'altravolta!»berciòilGrifonecontuttoilfiatocheavevaincorpo.

«Esiritornaaterra-quifiniscelaprimafigura»disseilVitello-Similtartaruga,conunavoceched'improvvisoeracalatadi tono;e leduecreature,chefinoaquel momento non avevano fatto altro che far piroette come saltimbanchi, sirimiseroasedere tranquille tranquillee,conunagrandearia triste,guardaronoAlice.

«Deveessereunballofantastico!»commentòAlicetimidamente.

«Vuoichetelofacciamovedere?»domandòilVitello-Similtartaruga.

«Mipiacerebbetantissimo»risposeAlice.

«Su, proviamo la prima figura!» disse il Vitello-Similtartaruga al Grifone.«Possiamofarloanchesenzaaragoste.Chicanta?»

«Cantitu»risposeilGrifone.«Iohoscordatoleparole».

EsimiserosolennementeaballaregirandoattornoadAlice,avoltepestandoleipiediquando lepassavano troppovicinoescuotendo legrossezampeanterioriper segnare il tempo, mentre il Vitello-Similtartaruga cantava malinconico egravelaseguentecanzone:

Unnaselloaunalumaca,-«Vuoiandar»disse,«piùlesta?

Hoquadietrounmarsuino,-chelacodamicalpesta.

Tartarugheedaragoste,-èunaschieraches'avanza!

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Eciaspettansullaspiaggia.-Vuoiunirtinelladanza?

Vieni,vuoi,vieni,vuoi,-vuoiunirtinelladanza?

Vieni,vuoi,vieni,vuoi,-vuoiunirtinelladanza?

Nonpuoicertoimmaginare,-qualegioiasiaprovare

D'esserpresedaaragoste,-elanciateinmezzoalmare!»

Sospettosalalumaca,-disse:«Ètroppaladistanza!

Tiringrazio,belnasello,-manonvengonelladanza.

Sì,vorrei,sìsìpotrei,-manonvengonelladanza.

Sì,vorrei,sìsìpotrei,-manonvengonelladanza».

«Cosaimportaladistanza?»-disselosquamatoamico,

«Troveremoun'altraspiaggia-là,oltreilmare,telodico.

Piùabbandonil'Inghilterra-epiùvaiversolaFrancia-

Lumachinapallidina,-vienidunquenelladanza?

Vieni,vuoi,vieni,vuoi,-vuoiunirtinelladanza?

Vieni,vuoi,vieni,vuoi,-vuoiunirtinelladanza?»

«Viringrazio.Unballodigrande interesse,davvero»disseAlice,contentachefosse finalmente finito: «e mi piace tantissimo quella strana canzone sulnasello!»

«Ah,inaselli!»disseilVitello-Similtartaruga.«Sono-matuliconosci,allora?»

«Sì,certo»risposeAlice,«lihovistispessoatavo-»,masiarrestòintempo.

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«NonsodovesiaquestoTavo»disseilVitello-Similtartaruga:«maselihaivistitantospesso,allorasapraicomesono».

«Credo di sì» risposeAlice, soprappensiero. «Si tengono la coda in bocca - esonotutticopertidipangrattato».

«Sulpangrattatotisbagli»disseilVitello-Similtartaruga:«Lolavavial'acquadimare.Malacodainboccacel'hannodavvero.Elaragioneè-»quitiròungransbadiglio,chiudendogliocchi.«Digliela tu laragione,e tutto il resto»dissealGrifone.

«Laragioneèche lorocivolevanoandare,eccome,alballocon learagoste,eperciòsisonofattiscaraventareinmezzoalmare.Siccomedovevanocadereilpiù lontanopossibile, si sonomessi la coda fra i denti, tenendolabella stretta,cosìstrettachenonsonopiùriuscitiamollarla.Tuttoqui».

«Grazie»glidisseAlice,«èmoltointeressante.Nonlesapevotuttequestecosesuinaselli».

«Tenepotreidiretantealtre»disseilGrifone.«Saiperchésichiamanonaselli?»

«Noncihomaipensato»disseAlice.«Perché?»

«Servonoperinfilarciibottoni»risposeilGrifonesolennemente.

Alicenefucompletamentesconcertata.«Servonoperinfilarciibottoni?»ripetémeravigliata.

«Voi cosa ci fate ai grembiulini per poterli chiudere?» domandò il Grifone.«Vogliodire,dopoavermessoibottoni?»

Alicesiguardòilgrembiulino,ecipensòunattimoprimadidareunarisposta.«Cifacciamogliocchielli».

«In fondo al mare» spiegò il Grifone con voce profonda, «noi ci facciamo inaselli.Oralosai».

«Ecomelicuciteigrembiulini?»chieseAlice,assaiincuriosita.

«Conilpesceago,naturalmente»risposeilGrifone,conunacerta impazienza,

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«losannoperfinoigamberi».

«Se io fossi stata il nasello» disse Alice, che stava ripensando alla canzone,«avreidettoalmarsuino"Fai il piaceredi andarvia!Nonabbiamobisognodite!"»

«Eranoobbligatia tenerlo»spiegòilVitello-Similtartaruga.«Nessunpescechesirispettivaaunballosenzailmarsuino».

«Davvero?»chieseAlice,estremamentesorpresa.

«Macerto»replicòilVitello-Similtartaruga.«Quandoc'èunpescechevienedameemiinvitaaunballo,ioglichiedosempre"Chemarsuinomimetto?"»

«Forseintendidire"Marsina"?»disseAlice.«Intendodireciòchedico»replicòilVitello-Similtartarugaconiltonooffeso.Eil

Grifoneaggiunse:«Eadesso,sentiamounpo'letueavventure».

«Posso raccontarvi le mie avventure a cominciare da questa mattina» risposeAlice,conunacertaapprensione,«maèinutilecheviparlidiieri,perchéierierounapersonadiversa».

«Spiegaciunpo'questafaccenda»disseilVitello-Similtartaruga.

«No, no! Prima le avventure» protestò il Grifone con impazienza, «lespiegazionifannosempreperderetempo!»

EalloraAlicecominciòa raccontare le sueavventure a cominciaredaquandoavevavisto ilConiglioBiancoper laprimavolta.Eraunpo'nervosa,masoloall'inizio, con quelle due creature che le stavano a ridosso, occhi e bocchetalmentespalancate;poipresecoraggioetiròavantibene.Ilsuopubblicosenestetteperfettamentezittofinoaquandoarrivòalpuntoincuiavevaripetuto«Seivecchio,pa'Guglielmo»alBruco,eleparoleleeranovenutefuorituttediverse,e allora ilVitello-Similtartaruga inspirò profondamente e disse: «Davvero unacosacuriosa!»

«Quantodipiùcuriosocipossaessere»osservòilGrifone.

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«Le son venute delle parole tutte diverse!» ripeté il Vitello-Similtartaruga,pensoso.«Mipiacerebbefarleprovarearipeterequalcosaadesso.Diglielotu».EguardòilGrifonecomesepensassecheluiavessequalcheautoritàsuAlice.

«AlzatiinpiedierecitaIlpigrone»leordinòilGrifone.

«Comandano sempre a bacchetta, questi qui, e mi fanno ripetere le lezioni!»pensavaAlice. «Mi pare quasi di essere a scuola!» Ciononostante, si alzò inpiedi,ecominciòaripeterelapoesia,maavevalatestaancoracosìpienadellaQuadrigliadelleAragoste,chequasinonsapevaquellochediceva,elevennerodelleparolestrambedavvero:

«Maschiosondell'Aragosta!»-l'hansentitodirequelli,«M'hanbruciatodentroalforno:-mettomielesuicapelli».Comel'anatracolciglio,-luicolnasosirassettaBarba,baveroebottoni,-eaiditonifatoeletta.Sullasabbiabellaasciutta,-ètuttoallegroeciarliero;Vadicendopesteecorna-delloSqualomasnadiero;Ma,selamarearisale,-eloSqualosiavvicina,Lasuavocetremolante-vaafiniregiùincantina.

«Èmoltodiversadaquellachesapevoiodabambino»osservòilGrifone.

«Mah, io non la conosco» disse il Vitello-Similtartaruga, «mi sembra unnonsensopiuttostoinsolito».

Alicenondisseniente: si era rimessaa sederecoprendosi ilvisocon lemani:chissàquandolecosesarebberotornateasuccederenelsolitomodonormale!

«Vorreilaspiegazionediquestapoesia»disseilVitello-Similtartaruga.

«Manontelasaspiegare»disseilGrifoneinfretta.«Vaiavanticonlasecondastrofa».

«Maqueiditoni?»insistetteilVitello-Similtartaruga.«Comefaafartoelettaaiditoniearassettarsiconilnaso?»

«È laprima figuradelballo»spiegòAlice,ma l'intera faccenda la sconcertava

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talmentecheavrebbevolutocambiaresubitoargomento.

«Vaiavanticon lasecondastrofa»ripeté ilGrifone:«cominciacon"Daldi luigiardin passando"». Alice non ebbe il coraggio di disobbedire, anche se erasicura che sarebbe venuta fuori completamente diversa, e riprese con vocetremante:

«Daldiluigiardinpassando,-peruncasoebbinotato

LaPanteraconilGufo,-chemangiavanlostufato:

Sugo,carneepatatine,-laPanterasimangiò

MentrealGufo,poveretto,-nudoilpiattoglirestò.

GentilmentealcaroGufo-lostufatoerafinito-

IlCucchiaiocomepremio-venneinfineconferito.

IlColtelloelaForchetta-laPanterapreferì,

Eperchiudereilbanchetto,-quelbuonGufosiingh-».

«Chesensoharipeteretuttaquellaroba»lainterruppeilVitello-Similtartaruga,«senon la spieghiviaviache ladici?È la cosapiùconfusache ioabbiamaisentito!»

«Sì, ti conviene lasciar perdere» disse il Grifone, e Alice fu assai felice diaccontentarlo.

«Proviamoafareun'altra figuradellaQuadrigliadelleAragoste?»soggiunse ilGrifone.«OpreferiscicheilVitello-Similtartarugacicantiun'altracanzone?»

«Oh, una canzone per piacere, se il Vitello-Similtartaruga fosse così gentile»risposeAlice con tanto entusiasmo che ilGrifone se ne risentì e disse: «Mah,tuttiigustisongusti!CantalelacanzonedellaZuppadiTartaruga,tiva?»

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Il Vitello-Similtartaruga tirò un profondo sospiro e con la voce rotta daisinghiozzicominciòacantare:

«Chebuonazuppa,caldaeinvitante,

Nellazuppierabellaefumante.

Chinonsiscioglieincommozionvera?

Chebuonalazuppa,lazuppaallasera!

Chebuonalazuppa,lazuppaallasera!

Chebuo-o-o-onalazu-u-u-uppa!

Chebuo-o-o-onalazu-u-u-uppa!

Lazu-u-u-uppaallase-e-e-era!

Chebuona,chebuona,lazuppa!

Chebuonazuppa!Chivuoleilpesce?

Cacciagion?Torte?No,mirincresce!

Chinondarebbelavitainteraaa

Perduesoldidizuppaallasera?

Perduesoldidizuppaallasera?

Chebuo-o-o-onalazu-u-u-uppa!

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Chebuo-o-o-onalazu-u-u-uppa!

Lazu-u-u-uppaallase-e-e-era!

Chebuona,cheBUONALAZUPPA!»

«Ripeti il ritornello!»gridò ilGrifone,e ilVitello-Similtartarugaavevaappenacominciato a ripeterlo, quando si udì un vociare lontano «Il processoincomincia!»

«Seguimi!» gridò il Grifone, e prendendo Alice per mano, corse via senzaaspettarelafinedellacanzone.

«Maqualeprocesso?»chieseAliceansimandonellacorsa,mailGrifonerisposesoltanto. «Seguimi!» e aumentò la velocità, mentre via via sempre più deboliecheggiavano,portatedalvento,lemalinconicheparole:

«Lazu-u-u-u-ppaallase-e-e-e-ra!

Chebuona,chebuona,lazuppa!»

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CAPITOLOXI

CHIHARUBATOLEFRITTELLE?

Arrivando, trovarono ilRee laReginadiCuori seduti sul trono,conunagranfollariunitatutt'intornoaloro,formatadatantiuccelliniebestiolevarienonchédall'interomazzodicarte:davantialtrono,c'erailFante,incatene,inmezzoadue soldati che lo guardavano a vista, mentre il Coniglio Bianco aveva unatromba inunamanoeun rotolodipergamenanell'altra.Al centroesattodellaCorte c'era un tavolo con sopra un enorme piatto di frittelle: sembravano cosìbuone che adAlice venne l'acquolina in bocca. «Come vorrei che il processofosse finito»pensava,«e i rinfreschidistribuiti ingiroa tutti».Ma lacosaeraassaipocoprobabile, ealloracominciòaguardarsi attorno tantoperpassare iltempo.

Alicenoneramaistatainunacorted'assise,maneavevalettoqualcosasuilibried ebbe il piacere di scoprire che sapeva il nome di quasi tutto. «Quello è ilgiudice»dicevafrasé,«perchéhalaparrucca».

IlgiudicenoneraaltricheilRe:esiccomeportavalacoronasopralaparrucca(date un'occhiata al frontespizio per vedere come era combinato), non avevaun'ariamoltodisinvolta,nésipuòdirechefosseattraente.

«Equelloè ilbancodellagiuria»pensavaAlice,«equelledodicicreature»(lechiamava "creature",perchéessendo inparte animali e inparteuccelli, non levenivanoaltritermini),«devonoessereigiurati».Ripetéquest'ultimaparolaperdue o tre volte fra sé, con una certa fierezza, perché pensava, e aveva senzadubbio ragione, chebenpoche ragazzinedella suaetàne conoscevano l'esattosignificato.Comunque,«membridellagiuria»sarebbeandatoaltrettantobene.

Idodicigiuratieranotuttioccupatissimiascriveresopradelle lavagnette.«Macosafanno?»sussurròAlicealGrifone.«Nonc'ènientedascrivere,finoachenoncominciailprocesso».

«Scrivono i propri nomi» sussurrò a sua volta ilGrifone, in risposta, «perchéhannopauradidimenticarseliprimacheilprocessosiafinito».

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«Che stupidi!» sbottòAlice indignata e a voce alta; ma si interruppe subito,perché il Coniglio gridò: «Silenzio in aula!» e il Re, inforcati gli occhiali, siguardòattornoallarmatoperscoprirechistavaparlando.

Alicevidechiaramente,comesestesseguardandodasopralelorospalle,cheigiuratiscrivevano«Chestupidi!»sulle lavagnette,esiaccorseperfinocheunodilorononsapevacomesiscrive«stupidi»echiedevaaiutoalvicino.«Chissàchepasticciocisaràsuquellelavagnetteprimacheilprocessosiafinito!»pensòAlice.

Unodeigiuratiavevaunamatitachestrideva.EraunacosacheAlicenonpotevasopportare,efacendoilgiroattornoallacorte,gliarrivòallespalleeallaprimaoccasioneglielastrappòdallemani.Lofececonungestoditaledestrezzacheilpovero piccolo giurato (era Bill, il Lucertolino) non capì proprio cosa fossesuccesso alla sua matita e dopo averla cercata disperatamente dappertutto, fucostrettoascrivereconunditoperilrestodellagiornata,conbenscarsirisultati,datocheilditononlasciavanessunatracciasullalavagna.

«Araldo,leggil'imputazione!»proferìilRe.

Al che il Coniglio Bianco diede tre squilli di tromba, e poi, srotolata lapergamena,lessequantosegue:

«LaReginadiCuori,unamattinadifesta,

fecetantefrittelle

condentroilparmigiano.

IlFantediCuori,brigantemanolesta,

rubòquellefrittelle,

eleportòlontano».

«Pronunciateilverdetto»disseilReaigiurati.

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«Nonancora,nonancora!»lointerruppeilConiglioprecipitosamente.«Cisonounsaccodicoseprimadelverdetto!»

«Chiamateilprimotestimone»disseilRe,eilConiglioBiancodiedetresquilliditrombaepoigridò:«Avantiilprimotestimone!»

Il primo testimone era il Cappellaio.Venne avanti con una tazza di tè in unamanoeunafettadipaneimburratanell'altra.«ImploroilperdonodellaMaestàvostra» cominciò «per essere venuto con queste cose inmano,ma non avevoancorafinitodibereiltèquandomisonovenutiachiamare».

«Avrestidovutoaverfinito»disseilRe.«Quandohaicominciato?»

IlCappellaioguardò ilLeprottoMarzolino,cheeraentratonellacortedopodilui,tenendoilGhiroabraccetto.«Ilquattordicidimarzo,mipare»rispose.

«Ilquindici»corresseilLeprottoMarzolino.«Ilsedici»disseilGhiro.

«Prendetenota»ordinòilReallagiuria,etuttiigiuratiscrisserocongrandezelole tre date sulla lavagnetta, e poi tirarono le somme, e calcolarono anche lapercentualed'imposta.

«Iltuocappello-toglitelo!»ordinòilRealCappellaio.

«Nonèilmiocappello»risposeilCappellaio.

«Allora l'hai rubato!» esclamò il Re, rivolgendosi alla giuria, cheimmediatamentepresenotadelfatto.

«Litengopervenderli»aggiunseilCappellaiocomespiegazione.«Dimiei,nonnehoneancheuno.Faccioilcappellaio».

AquestopuntolaReginainforcògliocchiali,epuntògliocchisulCappellaio,chesubitoimpallidìecominciòatremare,innervosito.

«Failatuadeposizione»ordinòilRe,«enont'innervosireotifarògiustiziaresulposto».

Noneraesattamentequelchesidiceunafrasediincoraggiamento:ilCappellaiocominciò a ciondolare prima su un piede e poi sull'altro, mentre guardava

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imbarazzato laRegina,enellasuaconfusioneaddentò l'orlodella tazza invecedelpaneimburrato.

In quel preciso momento, Alice provò una sensazione stranissima che lasconcertònonpoco,finoachenonsiresecontodicos'era:avevaricominciatoacrescere,einunprimomomentopensòdialzarsiedilasciarelacorte;mapoi,ripensandoci,decisedirestarsenelì,almenofinchécifossestatoposto.

«Mistaischiacciando»disseilGhiro,cheerasedutopropriovicinoalei.«Quasinonrespiropiù».

«Noncipossofarniente»glirisposeAlice,dolcedolce.«Stocrescendo».

«Nonhaiildirittodicrescere,qui»disseilGhiro.

«Nondirecretinate»replicòAliceconpiùenergia,«crescianchetu,elosai!»

«Certo, ma io cresco in modo ragionevole» rispose il Ghiro: «non in questomodoridicolo».E,scocciatissimo,sialzòperandaredall'altrapartedellacorte.

Pertuttoqueltempo,laReginanonavevamaismessoditeneregliocchipuntatisulCappellaioementreilGhirostavaattraversandolacorte,disserivoltaaunodegli uscieri, «Portatemi la lista dei cantanti dell'ultimo concerto!» al che ilpoveroCappellaiopreseatremarecontantaforzacheglisisfilaronolescarpedaipiedi.

«Fai la tua deposizione» ripeté il Re, furioso, «o ti farò giustiziare, sia chet'innervosiscaoppureno».

«Io sono un povero diavolo, vostraMaestà» cominciò ilCappellaio, con vocetremante,«enonavevoancoracominciatoaprendereilmiotè-nonpiùdiunasettimanafa-econlefettedipaneeburrocheeranodiventatecosìsottili-eilbaluginìodeltè-».

«Ilbaluginìodichecosa?»domandòilRe.

«Tuttocominciòcoltè»risposeilCappellaio.

«Cominciòconme?»replicòseccatoilRe.«Cosavorrestiinsinuare?Continua!»

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«Sono un povero diavolo» riprese il Cappellaio, «e tante cose hanno preso abaluginaredaallora-mailLeprottoMarzolinohadetto-».

«Nonèvero!» lo interruppe immediatamente ilLeprottoMarzolino. «Sì che èvero!»disseilCappellaio.«Lonego!»disseilLeprottoMarzolino.«Lonega»disseilRe,«lasciateperderequestaparte».

«Be',allorafuilGhiroadirlo»ripreseilCappellaio,guardandosiattornoansiosoper vedere se anche ilGhiro avesse negato,maquello nonnegònulla, perchédormivadellagrossa.

«Dopo di che» continuò il Cappellaio, «tagliai qualche altra fetta di pane -».«MachecosadisseilGhiro?»domandòunodeigiurati.«Ah,nonmeloricordo»risposeilCappellaio.«Telodeviricordare»obiettòilRe,«otifarògiustiziare».

IldisgraziatoCappellaio lasciòcadereper terra la tazzae la fettadipane,e sipiegòsuunginocchio.«Iosonounpoverodiavolo,vostraMaestà»cominciò.

«Tuseiunpoverooratore,caromio!»disseilRe.

A questo punto uno dei porcellini d'India applaudì, ma fu immediatamentesoffocatodagliuscieri. (Sevolete saperecome feceroa soffocarlo,vidiròchepreseroungrossosaccodi telacoi lacciper lachiusura,vi infilaronodentro ilporcellinod'Indiaatestaingiùecisisedetterosopra.)

«Sonocontentadiavervistocomefanno»pensòAlice.«Quantevolteleggendola cronaca di un processo sul giornale, ho trovato la frase "Ogni tentativo diapplausofuimmediatamentesoffocatodagliuscieri",manonavevomaicapitocosaintendesserodire».

«Senonc'èaltro,puoimettertigiù»continuòilRe.

«Piùgiùdicosìnonpossoandare»risposeilCappellaio.«Sonopraticamenteperterra».

«Allorasiediti»replicòilRe.

Aquestopunto,ciful'applausodiunaltroporcellinod'India,chevennesubito

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soffocato.

«Bene!Questaèlafinedeiporcellinid'India»pensòAlice.«Oraandremoavantimeglio».

«Preferirei finire ilmio tè»disse ilCappellaio, lanciandouno sguardoansiosoallaRegina,chestavaleggendolalistadeicantanti.

«Puoiandare»concesse ilRe,e ilCappellaiosiallontanò ingran fretta, senzanemmenomettersilescarpe.

«- e tagliategli la testa appena è fuori» aggiunse laRegina rivolta a unodegliuscieri;mailCappellaioeragiàsparitoprimachel'usciereavesseraggiuntolasoglia.

«Chiamateilsecondotestimone!»proferìilRe.

Ilsecondotestimoneera lacuocadellaDuchessa.Fecelasuacomparsaconlapepaiola in mano, ma ancor prima che facesse il suo ingresso in aula, Aliceaveva indovinato chi fosse dalmodo in cui tutte le persone sedute vicino allaportasieranomesseastarnutire.

«Failatuadeposizione»disseilRe.«Nonlafarò»risposelacuoca.

IlRelanciòun'occhiatadisperataalConiglioBianco,cheglidisseabassavoce:«VostraMaestàdovràprocedereauncontrointerrogatorio».

«Mah, se proprio devo -» disse il Re con aria profondamente malinconica, edopoaverincrociatolebraccia,aggrottandolafrontefinoquasiafarspariregliocchimentrefissavalacuoca,disse:«Conchecosasifannolefrittelle?»

«Conilpepe,soprattutto»risposelacuoca.

«Conlamelassa»replicòunavoceassonnatadietrodilei.

«AgguantatequelGhiroperilcollo!»simiseastrillarelaRegina.«TagliatelatestaaquelGhiro!SbattetequelGhirofuoridall'aula!Soffocatelo!Prendeteloapizzicotti!Rasateglilebasette!»

Perqualcheminuto,tuttoiltribunalefusottosoprapercercaredibuttarfuoriil

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Ghiroequandoognunoebberipresoilproprioposto,lacuocaerascomparsa.

«Poco importa!» disse ilRe, come se provasse un gran sollievo. «Chiamate ilterzotestimone!»Eaggiunse,parlandosottovoceallaRegina:«Miacara,fammiilpiaceredicontrointerrogaretuilprossimotestimone.Mièvenutoungranmalditesta!»

Alice osservò il Coniglio Bianco che annaspava sulla lista, e moriva dallacuriositàdivederechetipofosseilterzotestimone,«-perchéfinoranonhannoraccolto molte prove» pensava fra sé. Immaginatevi quale fu la sua sorpresa,quandoilConiglioBiancolesse,con tutta laforzadellasuavocettastridula, ilnomedi«Alice!»

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CAPITOLOXII

LATESTIMONIANZADIALICE

«Eccomi!»esclamòAlice,edeltuttodimenticanell'eccitazionedelmomentodiquanto fosse cresciuta negli ultimi minuti, balzò in piedi con tanta furia cherovesciò il banco della giuria con l'orlo della sottana: tutti i giurati furonocatapultatiaddossoalpubblicochestavadisotto,efuronosparsiperterraquaelà,comeipesciolinirossidellabocciadivetrocheAliceavevainavvertitamenterovesciatolasettimanaprima.

«Oh,scusatemi tanto!»esclamòaddoloratissima,esubitopresea raccattarlidaterra con grande premura, perché l'incidente dei pesciolini rossi continuava aronzarle per il capo, e si era come fatta l'idea che, se non li rimettevaimmediatamentetuttialloropostonelbancodellagiuria,sarebberomorti.

«Ilprocessononpuòcontinuare»proferìilRe,conuntonomoltograve,«finoacheigiuratinonsarannorimessialloroposto-tuttiigiurati»ripetécongrandeenfasi,ementreparlavaguardavaAliceinmalomodo.

Aliceesaminòilbancodellagiuria,esiaccorsechenellafrettaavevamessoilLucertolinoatestaingiù,elapoverabestiolinaagitavalacodatristemente,deltuttoincapacedimuoversi.Subitolopreseeloraddrizzò;«nonchefacciaunagran differenza» pensava fra sé, «per quel che serve al processo, dritto ocapovolto,sarebbelostesso».

Nonappenaigiuratisifuronounpo'ripresidalloscombussolamento,eriebberoindietrotuttelelavagnetteelematitecheeranoandateperse,simiserodigranlena e molto diligentemente a scrivere il resoconto dell'incidente, tutti tranneuno,ilLucertolino,chesembravatropposconvoltoperfarqualsiasicosachenonfossestarseneaboccaapertaafissareilsoffitto.

«Chenesai tudiquestafaccenda?»domandòilReadAlice.«Niente»risposeAlice.«Nientediniente?»insistetteilRe.«Nientediniente»confermòAlice.

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«Mi sembra che sia sufficiente» disse il Re, rivolgendosi ai giurati. Questiavevano appena cominciato ad annotare tutto quanto sulle loro lavagnette,quandoilConiglioBiancointervenne:«Insufficiente,volevacertodirelaMaestàvostra»obiettòconun tonomolto rispettoso,ma intantoaggrottava la fronteefacevaleboccacce.«Insufficiente,certo,èquellochevolevodire»siaffrettòadireilRe,econtinuòaripetereapartefraséesé,«sufficiente-insufficiente-insufficiente - sufficiente -» come se volesse provare quale parola suonassemeglio.

Qualchegiuratoscrisse«sufficiente»,equalchealtro«insufficiente».Alicevidebenissimoquellochescrivevano,perchéeraabbastanzavicinadapoterleggeresullelorolavagnette,«nonchefaccialaminimadifferenza»,pensòfrasé.

AquestopuntoilRe,chestavaalacrementescrivendodegliappuntisudiunsuoquaderno,gridò«Silenzio!»elesseavocealtadalquaderno:«RegolaQuaranta-Due.Tutticolorochesonopiùaltidiunchilometrodebbonolasciarel'aula».

TuttiipresentipuntaronogliocchisuAlice.

«Iononsonoaltaunchilometro»proclamòAlice.

«Sìchelosei»disseilRe.

«Seialtaquasiduechilometri»aggiunselaRegina.

«Comunque, io non vado via» replicòAlice; «e inoltre, non è veramente unaregola:velasieteinventatainquestomomento».

«Èlaregolapiùvecchiachehosulquaderno»disseilRe.

«Allora,dovrebbeesserelaregolaNumeroUno»replicòAlice.

IlReimpallidì,erichiusedicolpoilquaderno.«Pronunciateilverdetto»ordinòallagiuria,convocedeboleetremante.

«Ci sono delle altre testimonianze, se la Maestà vostra lo consente» disse ilConiglio Bianco, balzando in piedi con prontezza; «è stato appena rinvenutoquestofoglio».

«Checosac'èscritto?»domandòlaRegina.

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«Non l'ho ancora aperto» rispose il Coniglio Bianco, «ma sembrerebbe unalettera,scrittadall'imputatoa-aqualcuno».

«Così dev'essere, per forza» disse il Re, «a meno che non l'abbia scritta anessuno,ilchesarebbepiuttostoinsolito,no?»

«Achièindirizzata?»chieseunodeigiurati.

«Nonc'èl'indirizzo»risposeilConiglioBianco;«inrealtà,fuorinonc'èscrittoniente».Aprìilfogliomentreparlava,eaggiunse:«Ineffettinonèunalettera:èunelencodiversi».

«Elacalligrafia,èdell'imputato?»domandòunaltrodeigiurati.

«No,nonèlasuacalligrafia»risposeilConiglioBianco,«equestaèlacosapiùstranadituttalafaccenda».(Lagiuriaeratuttamoltoperplessa.)

«Avràimitatolacalligrafiadiqualcuno»disseilRe.(Lagiuriasirianimòtutta.)

«ColpermessodellaMaestàvostra»disseilFante,«nonsonostatoioascriverequeiversi, enessunopuòprovarechesia stato io:nonc'èneanche la firma infondo».

«Senoncihaimesso la firma»disse ilRe,«èancorapeggio.Doveviavere inmentequalchemisfatto,altrimentiavrestimessolafirma,dauomod'onore».

Tutti batterono le mani a questa affermazione del Re: era la prima cosaveramenteintelligentecheavessedettointuttalagiornata.

«Ciò prova la sua colpevolezza, naturalmente» disse la Regina: «e dunque,tagl-».

«Ciònonprovaunbelniente!»obiettòAlice.«Via,nonsapeteneanchedicosaparlinoiversi!»

«Leggili!»disseilRe.

IlConiglioBiancosimisegliocchiali.«Dadovedevoiniziare,vostraMaestà?»domandò.

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«Iniziadall'inizio»risposeilRecongravità,«poivaiavantifinoallafine:quinditifermi.»

In aula c'era un silenziomortale quando il Coniglio Bianco prese a leggere iseguentiversi:

«Ericonlei,disseroame,Conluinoncel'ho:

Iosonsinceroconte,

Manuotarnonso.

Cherestai,luiglieloscrisse(Noisappiamcheèvero):Mas'ellahaideefisse,

Ilfuturoènero.

Dueloroalui,iounaalei,Treanoinehaidate:

Leridiétuttiate,direi,

Sepureamedonate.

Presiassaimalvolentieri,Lei,eiopoi,

Lorolilasciastiieri,Libericomenoi.

Benchéfossefuggito(Leiebbeunacrisi)

InciòchevihaspartitoAnch'iomicimisi.

Cheleiscelseinconcreto

Distarconloro,be',Deveessereunsegreto

Strettofrateeme».

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«Questaè laprovapiùdecisivacheabbiamo»disse ilRe, fregandosi lemani,«lasciamo,dunque,chelagiuria-».

«Secen'èunonellagiuriache sia ingradodi spiegarmela»disseAlice (negliultimi minuti era diventata così grande che non ebbe un briciolo di paura ainterromperlo),«sonoprontaadarglidiecisoldi.Secondome,nonc'èunatomodisensoinquelfoglio».

Tutti i giurati scrissero sulle lavagnette: «Secondo lei, non c'è un atomo disenso»,manessunosiazzardòaspiegareilsignificatodellalettera.

«Masenonc'èalcunsenso»disseilRe,«tantomeglio,perchévuoldirechenonabbiamo bisogno di andarlo a cercare. Tuttavia, non saprei» aggiunse,mentrespiegavailfogliodeiversisulleginocchiaeloleggevaconunocchiosolo,«unqualchesignificatomiparediscorgervelo,dopotutto,"-manuotarnonso-"tunonsainuotare,vero?»domandòrivolgendosialFante.

Il Fante scosse tristemente il capo. «Vi sembro il tipo?» disse. (E non lo eracertamente,essendofattotuttodicartone).

«Bene, finqui»disse ilRe: e continuò a rimuginare i versi fra sé e sé: «"Noisappiamcheèvero-" non può riferirsi altro che ai giurati. "Ma s'ella ha ideefisse -" questa è la Regina, non c'è dubbio. "Il futuro è nero -" Nerissimo,davvero!"-Dueloroalui,iounaalei,treanoinehaidate-"quisispiegachefinehannofattolefrittelle-».

«Mapoidice,"leridiétuttiate"»obiettòAlice.

«E infatti, eccole là!» replicò il re, trionfante, indicando le frittelle sul tavolo.«Nonpotrebbeesserepiùchiarodicosì.Epoi,ancora"-Leiebbeunacrisi-"tunonhaimaicrisi,vero,cara?»domandòallaRegina.

«Mai!»esclamòlaRegina,infuriata,lanciandouncalamaioalLucertolino.(Lapoverabestiolaavevasmessodiscriverecolditosullalavagnetta,poichéavevascopertochenon restavaalcunsegno;maora si affrettòa rimettersi al lavoro,servendosidell'inchiostrocheglicolavagiùperilviso,almenofinchédurava.)

«Allora sono leparole chevanno in crisi con te» ribatté ilRe, guardandosi ingironell'aulaconunsorriso.Cifuunsilenzioditomba.

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«Èuna battuta di spirito!» aggiunse ilRe con un tono rabbioso, e tutti risero.«Chelagiuriapronunciilsuoverdetto»dichiaròilRe,perlaventesimavolta.

«No,no!»gridòlaRegina.«Primalasentenzaepoiilverdetto!»

«Che assurdità!» esclamò Alice a voce alta. «Come può esserci la sentenzaprimadelverdetto!»

«Chiudiilbecco!»disselaRegina,facendosipaonazza.«Nient'affatto!»ribattéAlice.

«Tagliatelelatesta!»urlòlaReginaconquantofiatoaveva.Nessunosimosse.

«Che mi importa di voi?» disse Alice (aveva ormai ripreso la sua normalestatura).«Nonsietealtrocheunmazzodicarte!»

A questo punto l'interomazzo si levò in aria e ridiscese in picchiata dandoleaddosso:leicacciòunostrillounpo'perlapauraeunpo'perlarabbia,mentrecercavadi scrollarle via e si ritrovò infine sdraiata sulla proda, con la testa ingremboallasorella, laquale lestavadelicatamentepulendoilvisodallefogliesecchecheleeranocaduteaddossodaglialberi.

«Svegliati,Alice!»ledicevalasorella.«Chedormitahaifatto!»

«Oh, ho fatto un sogno così strano!» disseAlice. E raccontò alla sorella tuttoquellochericordavadiquellesuestrambeAvventurechevoivisietelettefinoaqui;equandoebbefinito,lasorellalediedeunbacioeledisse:«Davverounostranosogno,cara,nonc'èdubbio;maadessocorri aprendere il tuo tè.Si stafacendo tardi».AlloraAlice si alzòecorsevia, ementrecorrevacontinuavaapensarealsuosognomeraviglioso.

Malasorellasenerimasesedutadov'era,conlatestaappoggiatasuunamano,mentreguardavailtramontoepensavaallapiccolaAliceeallesuemeraviglioseAvventure,finchéancheleinonsimiseasognareamodosuoequestofuilsuosogno: - Dapprima sognò la piccola Alice in persona: la riebbe lì che siaggrappava alle sue ginocchia con le manine e gli occhi lucenti e pieni didesiderio fissi nei suoi - sentì l'esatta intonazione della sua voce, rivide quelbuffomododibuttareall'indietroicapellichelecadevanosempresugliocchi-ementre l'ascoltava, o le sembrava di ascoltarla, tutto il prato intorno si animòriempiendosidellestrambecreaturedelsognodellasorellina.

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Sentìaisuoipiediilunghifilid'erbachefrusciavanomentrepassavacorrendoilConiglioBianco-ilTopochesguazzavaspaventatonellostagnovicino-sentìiltinniredelletazzementreilLeprottoMarzolinoprendevailsuointerminabiletècongliamici,elavocestriduladellaReginacheordinaval'esecuzionedeisuoisfortunatiospiti -ancoraunavolta ilbimbo-porcellostarnutivasulleginocchiadellaDuchessanelrovinìogeneraledellepentoleedellestoviglie-ancoraunavolta ilgridoraucodelGrifone,e lostridoredellamatitadelLucertolinosullalavagnetta, e il rantolo dei porcellini d'India soffocati riempivano l'aria,mescolandosiconilsinghiozzolontanodell'infeliceVitello-Similtartaruga.

Continuava a starsene lì seduta, con gli occhi chiusi, quasi credendodi esserecapitata anche lei nel Paese delle Meraviglie, benché sapesse che le sarebbebastato riaprire gli occhi, e tutto si sarebbe ritrasformato nell'opaca realtà disempre - l'erba avrebbe frusciato nel vento, e lo stagno si sarebbe increspatosotto l'ondeggiare dei giunchi - il tintinnìo delle tazze sarebbe ridiventato loscampanellaredellepecore,eglistrillidellaReginalavocedelpastorello-eglistarnuti del bimbo, le strida del Grifone e tutti quegli altri suoni strambi sisarebberorivelati(neerasicura)peressereilclamoreconfusodellafattoriadoveferveva il lavoro - mentre il muggito della mandria lontana avrebbe preso ilpostodegliaccoratisinghiozzidelVitello-Similtartaruga.

Infine,cercòdiimmaginarsicomequestasorellinasisarebbetrasformatainunprossimofuturo,inunadonnaadulta;ecomeavrebbemantenutoattraversotuttigli anni della suamaturità il cuore semplice e affettuoso dell'infanzia; e comeavrebberiunitoattornoaséaltribambini,rendendoiloroocchilucidiepienididesiderio con innumerevoli racconti strambi, magari anche con il sogno delPaesedelleMeravigliefattotantianniprima;eacomeavrebbedivisoconloroiloro semplici dolori e goduto di tutte le loro semplici gioie, nel ricordo dellapropriainfanzia,edellefelicigiornated'estate.

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