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LE INTERVISTE NEGLI - Informatic Knowledge · 2016-11-07 · 2 s ommario pagina 1 editoriale le interviste negli ospedali incontro a cremona con una comunitÀ solidale pagina 3 le

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di Leonida Pozzi 1

LE INTERVISTE NEGLI OSPEDALI

INCONTRO A CREMONACON UNA COMUNITÀ SOLIDALE

Ci eravamo impegnati con i nostri lettori - allorché avviammo ilnuovo corso di “Prevenzione Oggi” divenuto di proprietàdell’Aido Lombardia - a fare il possibile per illustrare in una

serie di interviste la realtà sanitaria lombarda rappresentata dagliospedali di valenza provinciale o regionale. Così, nel breve corso di unpaio d’anni ne abbiamo visitati più della metà e ci apprestiamo a con-cludere, con l’anno prossimo, il giro di tutte le province. In questo nume-ro pubblichiamo l’intervista presso l’ospedale di Cremona.Accompagnati dal bravo Daniele Zanotti, sensibile e attento presidentedella Sezione provinciale Aido, ci siamo calati in una realtà che espri-me valori sinceri e profondi. A Cremona abbiamo infatti scoperto, nelcolloqio con il direttore generale, con la direttrice sanitaria e con ilcoordinatore locale ai trapianti, una comunità solidale e partecipe chenon fa proclami ma lavora in un ambiente operoso e tenace a favore dichi è più sfortunato e ha bisogno di aiuto. Pur non essendo Cremonauna struttura di punta del settore trapianti, nell’Azienda ospedaliera sirespira un’aria eccezionale di solidarietà vera che parte dalla comunitàcivile e arriva fino ai vertici sanitari. In questa realtà così particolarel’Aido risulta un’Associazione di riferimento che ha contribuito e con-tinua a contribuire moltissimo alla costruzione di una fitta rete di col-laborazioni e di interventi di reciprocità.Tutto ciò conferma che in Lombardia la nostra Associazione è stataveicolo di promozione e di diffusione dell’attività trapiantologica.Dirigenti e associati dell’Aido hanno infatti trasmesso quella sensibi-lità comune alla donazione di organi che è diventata un elemento tra-scinatore nelle scelte politiche e sanitarie in tutta la regione. Oggi pos-siamo dire con certezza che in Lombardia c’è un alto livello di atten-zione alla tematica del trapianto in tutte le sue espressioni, dalla dispo-nibilità al prelievo fino al follow-up del trapiantato, passando attra-verso altissime professionalità negli ambiti della ricerca, della riani-mazione e della chirurgia.In questo stesso numero della rivista testimoniamo il nostro affetto alcarissimo Marcello Rossi (per tutti noi da sempre, il “ragionier Rossi”).È uscito di scena in punta di piedi, discreto e silenzioso come sempre;nell’Aido ha lasciato un vuoto enorme ma anche un ricordo luminoso eincancellabile che Prevenzione Oggi si è assunta il compito di renderevisibile e perenne.I lettori potranno inoltre trovare nella rivista - insieme con altri inte-ressanti servizi - una toccante testimonianza di un trapiantato e unbreve resoconto della campagna di sensibilizzazione Aido con la distri-buzione delle pianticelle di Anthurium che ha raggiunto risultati rag-guardevoli. E

DI

TO

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EIn copertina:

«San Peyre» ©

foto di Giuseppe Pellegrini - Mantova

“A Giovanni Canavesio,pittore errante, la trecentesca chiesa di San Peyre di Stroppodovette apparire così:splendida e silenziosa.Egli si fermò, e ne dipinse gli interni.Ancora oggi, questo gioiello romanico, conserva intatta la suamagia e induce il pellegrinoallo stupore e alla meditazione”.

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SO

MM

AR

IO

PAGINA 1

EDITORIALELe interviste negli ospedali

INCONTRO A CREMONACON UNA COMUNITÀ SOLIDALE

PAGINA 3

LE NOSTRE INTERVISTEISTITUTI OSPITALIERI

DI CREMONAPAGINA 13

LA STORIA DI MASSIMO CHIESADUE CUORI E UNA MOTO

PAGINA 17

MARCELLO ROSSIUN SIGNORE ALL’ANTICA,

UN AMICO SINCEROPAGINA 19

ANTHURIUM

UNA GIORNATA NAZIONALE AIDOPAGINA 20

NOTIZIE DALLE SEZIONIPAGINA 22

ARANCE

UN AIUTO PER L’INVERNOPAGINA 24

AIDONEWS

TUTTI REDATTORI«Prevenzione Oggi» è il mensile dell’Associazione e come tale è aper-to alla collaborazione dei responsabili di Gruppi o Sezioni oltre che a

tutti gli amici che intendono favorire la diffusione del periodico.In particolare è importante che le Sezioni provincialipartecipino alla preparazione di «Prevenzione Oggi»

segnalando per tempo le iniziative,i convegni, le attività di sensibilizzazione in genere.

Mensi le d i cu l tura sani tar ia de l Consig l io Regionale AIDO Lombardia ONLUS

Anno XIV n. 132 - novembre 2004Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia ONLUS24125 Bergamo,Via Borgo Palazzo, 90Tel. 035 23 53 27/26 - fax 035 24 43 45e-mail: [email protected]

Direttore EditorialeLeonida POZZI

Direttore ResponsabileLeonio CALLIONI

Collaborazioni scientifiche

Dott. Gaetano Bianchi

Ospedali Riuniti - BergamoAzienda Ospedaliera

Istituto Ricerche Farmacologiche“Mario Negri” - Bergamo

Dott. Michele ColledanDott. Paolo FerrazziDott. Amando GambaDott. Giuseppe LocatelliDott. Giuseppe RemuzziDott. Mario Strazzabosco

Redazione esternaLaura Sposito

Redazione tecnica(Bergamo fax 035/45 34 652)e-mail: [email protected] Seminati

Segreteria di Redazione24125 Bergamo, via Borgo Palazzo, 90Tel. 035 23 53 27/26 - Fax 035 24 43 45e-mail: [email protected]/c postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

Ufficio sottoscrizioni20091 Bresso (MI) Viale Matteotti 11

SOTTOSCRIZIONISocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito

€ 26 € 37 € 52 € 78«PREVENZIONE OGGI» - AIDO C/C POSTALE 36074276Si contribuisce alle spese di stampa come amiciIl socio sostenitore ha diritto a n. 9 copie aggiuntive all’annoda omaggiare a un’altra persona, previa segnalazione all’attodella sottoscrizione.

STAMPACPZ - Costa Mezzate (Bergamo)Finito di stampare prima decade dicembre 2004

Reg.Trib. Di Milano n. 139 del 3/3/90

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Le nostre interviste

ra una volta l’eccellenza dell’arte culinaria cremonese.Nel primo pomeriggio eccoci, puntuali come sempre, all’incontrocon il direttore generale dott. Coppini, con il direttore sanitariodott.ssa Dolcetti e con il coordinatore locale dei trapianti, dott.

L’accoglienza di Cremona all’équipe“viaggiante” di “Prevenzione Oggi”

inizia là dove di solito le città offrono illato ostile della loro struttura: il tessutoviario urbano. Cremona è, da questo puntodi vista, una città stupenda: accogliente esolare, operosamente tranquilla e assolu-tamente ordinata. Raggiungiamo in unattimo - aiutati dalla gentilezza di due edi-colanti presso i quali ci siamo fermati achiedere indicazioni - la sede dell’Aidoprovinciale, dove ci attende il presidenteZanotti. Grazie a lui sperimentiamo anco-

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Istituti Ospitalieri di Cremona

Una realtà che opera in armonia con una

comunità attentae solidale

Una veduta dall’altodel moderno edificioche ospita l’ospedaledi Cremona

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IMPEGNO A FAVORIRE L’ATTIVITÀ DI PRELIEVO

Neurochirurgia e questo ha permesso,anche con l’avvento del Dr. FulvioAlbertario nell’incarico di Coordinatorelocale dei prelievi, di attuare una politicadi rilancio e sensibilizzazione alla dona-zione di organi nei confronti sia deglioperatori sanitari sia della comunità loca-le collaborando in particolare, per que-st’ultimo aspetto, con le Associazioni divolontariato e con l’ASL della Provincia diCremona.Nel 2001 sono stati effettuati cinque pre-lievi d’organo e nel 2002 ne sono statieffettuati 14. Nel 2003 c’è stata una legge-ra flessione rispetto al 2003 (sono statieffettuati 12 prelievi) registrata peròanche a livello regionale e nazionale. Nel2004, a tutt’oggi, sono stati effettuatinove prelievi.La Direzione Generale in coerenza con gliorientamenti e le direttive regionali hasempre cercato e cerca tuttora di favorirelo sviluppo delle attività di prelievo;ricordo per esempio che proprio con que-sta finalità nel 2001 è stata stipulata ed ètuttora in atto con l’Istituto Nazionale perlo Studio e la Cura dei Tumori di Milanouna convenzione intesa a implementare la

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Albertario. Per tempo ci eravamo informati sulla storia dell’istitu-zione sanitaria, scoprendo che quello che oggi è ospitato in unastruttura architettonicamente moderna, ritenuta per anni all’avan-guardia nel suo settore, ha un’origine antichissima. Risale al 1450quando, “grazie al sostegno del duca di Milano Francesco Sforza edi sua moglie Bianca Maria Visconti, con il contributo di illustricittadini e, soprattutto, con l’intervento di Papa Nicolò V (che,attraverso la bolla del 1451, rese possibile l’accorpamento di tutti ibeni dei vecchi ricoveri ecclesiastici) prese corpo l’avventura sani-taria che a tutt’oggi garantisce la cura e la tutela della salute deicremonesi”. “In questa struttura - apprendiamo dalla lettura di unaricca pubblicazione in merito, diffusa nel 2001 in occasione dei cin-quecento anni di vita dell’ospedale -, aggregando gli enti caritativi,si fondarono le basi concettualmente moderne che ancora oggisostengono l’ospedale come luogo del pronto soccorso, dell’assi-stenza, della cura e della prevenzione. La storia racconta inoltredelle vicende del duca Francesco Sforza e di uno dei maggiori espo-nenti della scienza medica del XVII secolo, il cremonese GaspareAselli, che fornì un contributo utilissimo alla restituzione dell’i-dentità storica di Cremona”.Una città che “ha conosciuto secoli di grande splendore e periodi didecadenza, ma sempre ha visto nel suo ospedale un simbolo, unbaluardo di prestigio, di sicurezza, di continuità di una tradizionedi solidità e beneficenza”.I nostri interlocutori sono a loro volta puntualissimi, estremamen-te cortesi e pronti ad affrontare il fuoco di fila delle nostre doman-de. La prima di queste riguarda l’avvio dell’esperienza dei prelievi.Coppini: All’inizio del 2001 è stata attivata l’U.O. di

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L’importanza della Neurochirurgia

donazione di organi a scopo di trapianto,con riferimento in particolare ai trapiantidi fegato e lo sviluppo di conoscenzecomuni sulle patologie oncologiche.L’impegno dell’Azienda in questo settorepuò contare sulla professionalità del Dr.Albertario, molto conosciuto ed apprezza-to anche nell’AIDO, che sta svolgendobene e con ottimi risultati il suo ruolo diCoordinatore Locale. Tra le iniziative rea-lizzate per lo sviluppo dell’attività di pre-lievo ricordo per esempio la messa a puntodi una procedura, basata sulla collabora-zione tra le UU.OO. di Rianimazione deidue Presidi ospedalieri aziendali, graziealla quale anche presso il PresidioOspedaliero Oglio Po, seppur non dotatodi un reparto di Neurochirurgia, si evitache vengano “persi” potenziali donatori.Posso assicurare, ed i fatti lo dimostrano,che a livello aziendale c’è una fortevolontà di dare sostegno e sviluppo all’at-tività dei trapianti. Albertario: Bisogna distinguere osser-vando il territorio e il tipo di affluenza chec’è in questo ospedale. L’avvento dellaNeurochirurgia ha fatto sì che questoospedale sia diventato un centro di riferi-mento non solo per la città, non solo per laprovincia, ma anche per le province limi-trofe e perfino per fuori regione. Siamoinfatti al confine con la provincia di Parmae con la regione emiliana. Mentre peralcune specialità, come per esempio laCardiochirurgia, sono stati aperti nume-rosi centri in tutta la Lombardia e quindic’è una estrema disponibilità ad accogliereun malato di interesse cardiochirurgico, ildato che riguarda la Cardiochirurgia èancora piuttosto limitato. Quindi noi dob-biamo spessissimo far fronte a richieste ditrasferimento da altre province anche al difuori della regione perché in quelle sedinon c’è la possibilità di accogliere o nellaNeurochirurgia o nella Rianimazioneannessa alla Neurochirurgia, oppure inentrambe e quindi ci propongono pazientida località sia vicine che lontane. Nellaquotidianità noi, stante evidentemente lanostra disponibilità, siamo pronti ad acco-gliere queste persone. Per fare l’esempio diquest’anno, abbiamo donatori che proven-gono da Cremona, ma sono solo cinque sultotale di una quindicina finora. È difficile

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Dott. Cornelio Coppini

Il dott. Cornelio Coppini è nato a Brescia il 13giugno 1950.Laurea in Medicina e Chirurgia pressol’Università di Padova il 25 novembre 1975Specializzazione in Igiene e MedicinaPreventiva - Orientamento Sanità Pubblicapresso l’Università di Milano.Medico condotto del Comune di Bagnolo Melladal luglio 1978 all’8 settembre 1985.Responsabile Servizio di Igiene Pubblica del-l’ex USSL 43 (Leno-Manerbio) dal 5 novembre1985 al 31 dicembre 1987.Dirigente responsabile del Servizio n. 2 -Assistenza Sanitaria di Base, dell’ex USSL 43(Leno-Manerbio) dall’1-1-1987 al 30-12-1992.Direttore Sanitario del Presidio OspedalieroSpedali Civili di Brescia dall’1 marzo 1998 al31 ottobre 1999.Direttore Generale dell’ASL di Brescia dall’1novembre 1999 al 31 dicembre 2002.Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera“Istituti Ospitalieri” di Cremona dall’1 gennaio2003 a tutt’oggi.

Curriculum vitae

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IN PRIMA LINEA PER L’INFORMAZIONE

quindi fare un discorso sulla risposta della popolazione perchérischia di essere un discorso limitativo. Lei mi ha chiesto se ho tro-vato particolare difficoltà nel rapportarmi con la comunità. Le dicosubito di no. C’è stato invece un grosso appoggio del volontariato.Con l’Aido provinciale abbiamo collaborato nella preparazione didiverse manifestazioni anche l’anno scorso. Però la fascia di popo-lazione a cui ci rivolgiamo è limitata rispetto all’utenza generale. Sepoi andiamo a focalizzarci su quella di Cremona un problemaaggiuntivo è rappresentato dall’essere diventata ormai una popola-zione estremamente eterogenea, multietnica. Io posso dire, osser-vando la nostra casistica di più anni, che per quanto riguarda gliextracomunitari che abbiamo trattato, qualora siano arrivati nellecondizioni di morte cerebrale (condizione che permette di rivolge-re la richiesta di disponibilità alla donazione degli organi), ho sem-pre avuto risposte negative nel cento per cento dei casi. E questocon diverse motivazioni: non ci sono i parenti stretti, non possiamodecidere, per motivi religiosi... Quindi fare un discorso generale etrovare delle misure costruttive valide per tutti non è facile perchédobbiamo rivolgerci non solo alla popolazione cremonese ma a unterritorio molto più vasto e poi entrare in comunicazione con que-sti gruppi extracomunitari molto variegati (cinesi, indiani, africanidel Nord, africani del Centro, arabi...) è veramente molto difficile.Pozzi: Da quanto tempo esiste la Neurochirurgia dell’Ospedale diCremona?Dolcetti: È stata allestita nel 2000 ed è diventata operativa dal2001. Questo reparto ha cambiato non soltanto la tipologia deipazienti che arrivano in ospedale, ma anche l’organizzazione inter-na dell’ospedale stesso. Dobbiamo tener conto che da quel momen-to abbiamo avuto una guardia attiva - o del neurologo o del neuro-chirurgo - con in alternanza la reperibilità di chi manca. Quindi sec’è il neurologo è reperibile il neurochirurgo e viceversa. Questo ciha facilitato anche nel completare e perfezionare la Commissioneper l’accertamento della morte cerebrale, quindi riuscendo a ren-dere tutto molto più legittimo e veloce. Quindi è stata istituita findall’epoca la reperibilità per il tecnico; abbiamo assunto fin da allo-ra un po’ di tecnici di neurochirurgia e il neurologo componente dicommissione. Altre figure c’erano già. Però si trattava di comple-tarla in pianta stabile con la reperibilità sulle 24 ore per tutto l’an-no e che serve appunto anche per i nostri pazienti sospetti di mortecerebrale. Per me questo è un successo importante perché l’inseri-mento di una Neurochirurgia in un ospedale produce una serie diconseguenze organizzative nel senso di un maggiore impegno sututta una serie di Unità operative e di servizi. E non soltanto lega-ti a questa tematica ma in senso generale. Ovviamente anche que-sto argomento offre da una parte problemi, dall’altra opportunità.Perché a seconda di come si guarda all’evento ci sono problemi dicarattere organizzativo fintanto che si deve curare il paziente criti-co e così complesso, poi opportunità nel momento in cui purtroppola parte curativa termina e comincia invece la parte in cui il pazien-te diventa un potenziale donatore. Riprendendo l’argomento delledonazioni d’organo devo dire che negli ultimi anni questo ospeda-le è stato particolarmente sensibile a questo argomento tanto cheha utilizzato tutti gli strumenti in suo possesso per diffondere lacultura della donazione attraverso l’informazione, e cioè tramite

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Dott.ssa Lucia Dolcetti

Direttore Medico del Presidio Ospedalierodi Cremona dall’1-1-2000, è nata aMonterchi (AR) il 16-11-1951, vive e risie-de a Milano.Specialista in igiene e MedicinaPreventiva, con orientamento TecnicheOspedaliere, ha lavorato in DirezioneSanitaria dal 1987 ad oggi collaborandocon strutture territoriali (USL) e ospeda-liere pubbliche e private.Negli anni 1997 e 1998 ha ricoperto l’in-carico di Direttore Sanitario Aziendalerispettivamente dell’Azienda OspedalieraFatebenefratelli e Oftalmico di Milano edell’A.S. San Martino di Genova.Nel corso del suo curriculum lavorativo hainoltre operato in comando presso ilServizio Ospedali del Settore Igiene eSanità della Regione Lombardia neglianni ‘93-’95, partecipando in tale sedeanche alle attività inerenti le donazioni e itrapianti d’organo.Ha pubblicato con altri autori una serie diarticoli a prevalente contenuto organizza-tivo e di prevenzione delle infezioni ospe-daliere.

Curriculum vitae

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convegni e confronti sulla donazione

giornali, tv ecc., o quando si sono verificati casi di donatori mul-tiorgano legati a eventi particolarmente rilevanti. Questo ha datomodo alla famiglia del paziente deceduto di avere una sorta di con-solazione (perché la morte di una persona giovane è sempre unmomento tragico) e dall’altra parte ha reso comunque utile anchequesta morte a una o più persone in condizioni difficilissime.Questo rende se possibile un po’ meno drammatica la situazionescoprendo quella parte di umanità che anche un evento come lamorte comunque conserva. All’interno del nostro giornalino ognitanto pubblichiamo articoli su questa tematica, il dott. Albertarioha organizzato anche un convegno qui a Cremona sulla problema-ticità oltre che della selezione del potenziale donatore, anche del-l’approccio coi parenti. Questo perché secondo me la sensibilizza-zione non deve esse rivolta soltanto all’esterno della struttura sani-taria ma anche all’interno. Nell’ospedale vive e lavora una popola-zione di circa duemilaquattrocento persone che porta all’interno unproprio messaggio e a seconda dell’atteggiamento che all’internodei diversi settori hanno gli operatori sanitari è evidente che la

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Dott. Fulvio Albertario

Il dott. Fulvio Albertario è nato nel 1948 aPavia.ISTRUZIONE UNIVERSITARIAConsegue la laurea in Medicina eChirurgia nel 1973 presso l’Universitàdegli Studi di Pavia con la votazione di110/110 e lode.SPECIALIZZAZIONIConsegue il diploma di Specializzazionein Anestesia e Rianimazione nel 1977presso l’Università degli Studi di Pisa.Consegue il diploma di Specializzazionein Chirurgia Generale nel 1982 pressol’Università degli Studi di Pisa.Consegue il diploma di Specializzazionein Scienza dell’Alimentazione nel 1985presso l’Università degli Studi di Pavia.ATTIVITA’ OSPEDALIERANel 1977 è assunto al Policlinico “SanMatteo” di Pavia con incarico diAssistente Medico di Anestesia eRianimazione, successivamente di AiutoCorresponsabile Ospedaliero e quindi diDirigente Medico di I livello di Anestesia eRianimazione.È nominato Coordinatore Locale per ilprelievo di Organi e Tessuti dell’IRCCSPoliclinico San Matteo di Pavia nel luglio1997, con incarico che ha ricoperto sinoal 2000.Il 21 dicembre 2000 gli viene attribuitoincarico quinquennale di Dirigente MedicoResponsabile di Struttura Complessa -disciplina di Anestesia e Rianimazione -per il Presidio Ospedaliero Cremonesedell’Azienda Ospedaliera “IstitutiOspitalieri di Cremona”.È nominato Coordinatore Locale per il

prelievo di Organi e Tessuti del PresidioOspedaliero Cremonese dell’AziendaOspedaliera “Istituti Ospitalieri diCremona) nell’agosto 2001 eCoordinatore Locale delle attività di dona-zione e di prelievo e di organi nell’areaterritoriale di Cremona nel marzo 2002.È nominato Direttore del Dipartimento diEmergenza Urgenza del PresidioOspedaliero Cremonese dell’AziendaOspedaliera “Istituti Ospitalieri diCremona” nel gennaio 2003.Nel giugno 2003 viene nominato membrodi un Gruppo di lavoro regionale dellaRegione Lombardia con funzioni consulti-ve e con compiti di verifica delle attività diprelievo e di trapianto, quale supporto allaDirezione Generale Sanità per lo svolgi-mento delle funzioni di programmazionesanitaria, per l’anno 2003.Tale incarico gliè stato riconfermato per il 2004.ATTIVITA’ DIDATTICADal 1991 al 2000 ha avuto l’affidamentodelle funzioni di:Professore a Contratto dell’Universitàdegli Studi di Pavia per lo svolgimento diCorsi ufficiali e Integrativi alle Scuole diSpecializzazione in: Anestesiologia eRianimazione, Chirurgia Generale,Urologia;Professore a Contratto dell’Universitàdegli Studi di Pavia per lo svolgimento diCorsi Ufficiali ed Integrativi ai Corsi diDiploma Universitario per Infermiere.Dal 2001 a tutt’oggi ha avuto l’affidamentodelle funzioni di:Professore a Contratto dell’Universitàdegli Studi di Brescia per lo svolgimento

di Corsi Integrativi ai Corsi di Laurea inInfermieristica.ATTIVITA’ SCIENTIFICAHa approfondito le sue conoscenze nel-l’ambito di ricerche riguardanti gli aspettimetabolico-nutrizionali e infettivi delpaziente critico in Terapia Intensiva e iltrattamento anestesiologico del traumatiz-zato.Ha partecipato ad alcuni studi multicentri-ci, nazionali e internazionali, di epidemio-logia clinica e per la definizione della gra-vità, dei requisiti di assistenza e dei costidel paziente critico in Terapia Intensiva eper la definizione delle linee guida del trat-tamento del traumatizzato cranico di lieve,media, grave entità.Si è dedicato con particolare interesseallo studio di recenti tecniche di tracheoto-mia percutanea cui ha apportato modifi-che personali, approfondendo le proprieconoscenze nell’ambito delle difficoltà diaccesso ale vie aeree in anestesia e rinia-mazione e nel trattamento del pazientecritico in emergenza e in elezione.Si èoccupato della problematica inerenteil reperimento di organi e tessuti a scopodi trapianto e ha approfondito le sueconoscenze sulla fisiopatologia dellamorte cerebrale e sul trattamento delpotenziale donatore d’organi.È autore e coautore di oltre 200 pubblica-zioni scientifiche.

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UN VERO SPIRITO DI SERVIZIO

popolazione che li frequenta ne ha un qualche condizionamento.Pozzi: Questo ospedale segue poi i propri pazienti nella gestionedel follow-up? Chiedo questo perché ritengo che sia veramenteimportante avere un ospedale di riferimento, perché c’è un contat-to con una struttura che si conosce, di cui si ha fiducia, con la qualesi controllano i propri parametri mese dopo mese e si ha modo digestire al meglio la cura post-intervento per evitare il rigetto, cor-reggendo eventuali errori o modificando comportamenti errati.Che poi normalmente, come Bergamo, è in contatto con i centri diorigine del paziente in modo che tutti i dati siano condivisi e ilpaziente sia assistito nel migliore dei modi.Dolcetti: È un ambito operativo, questo, che ci vede impegnatiproprio in questo periodo. Ancora non siamo a regime ma siamomolto attenti alla problematica del follow-uip e della cura dopo l’in-tervento di trapianto.Pozzi: Quale dimensione ha il reparto di dialisi dell’ospedale diCremona?Coppini: Non ha elevatissime potenzialità ma è in grado dirispondere a tutte le richieste del territorio cremonese, fino adOglio Po.Pozzi: Quindi, se ho capito bene, gli ammalati che qui vengonoidentificati come soggetti destinati al trapianto, li seguite voi finoal pre-trapianto mentre vi state attrezzando per migliorare ulte-riormente il post-trapianto. E questo è un impegno che vi fa onore.Per quanto riguarda invece gli investimenti sull’informazione esulla creazione di una maggiore disponibilità alla donazione, comevi state muovendo?Albertario: Posso dire che c’è sempre stata la massima attenzio-ne a quella quota che è stata deputata alla formazione. Tanto è veroche riprendendo il discorso di prima, abbiamo organizzato più corsidi formazione. Uno, due anni fa e poi l’abbiamo ripetuto quest’an-no proprio perché ci siamo resi conto che nel frattempo la gentecambia: va in pensione qualcuno, qualcun altro si trasferisce, arri-va gente nuovo. Si finisce per dare per scontato che un qualcosa siastato acquisito. In realtà non è così perché quelli “nuovi” vengono

inseriti e fanno alcune cose che sonodiventate automatiche ma senza averneuna precisa conoscenza. Dal punto di vistadei finanziamenti il rispetto delle quotededicate alla formazione è stato totale.Pozzi: Sono stati allestiti corsi per infer-mieri sullo specifico tema della trapianto-logia, in modo di portare questa conoscen-za a tutti i livelli infermieristici impegnatinell’ospedale? E mi riferisco a corsi sulprelievo degli organi, sulla cultura deldono, sull’effetto che ha il trapianto sullepersone....Albertario: Quelli che abbiamo fattoerano corsi per persone coinvolte. Quindidi tutte le categorie, medici, medici chirur-ghi, rianimatori, tecnici di neurologia(dedicati alla gestione degli elettroencefa-logrammi), tecnici di radiologia e altri peruna preparazione specifica. In questi gior-ni ho cercato di coinvolgere qualche colle-ga della radiologia per un corso di ecogra-fia specifica per lo studio della idoneitàd’organo al trapianto. A fine mese nelPadovano c’è un corso di formazione permedici chirurghi prelevatori di rene.Faccio un piccolo inciso che è però impor-tante: pur non facendo trapianto (quindinel caso di prelievo di cuore, fegato, ecc.vengono équipes da fuori), nel prelievo delrene interveniamo noi.Pozzi: Si tratta di chirurghi nefrologi ourologi?Albertario e Dolcetti: Sono dellachirurgia generale.Pozzi: Sicuramente desidererebberoanche poter procedere al trapianto, e nonsolo al prelievo...Albertario: Ma questo fa loro onoreperché dimostra un vero spirito di servi-zio.Pozzi: Ha ragione, e meritano che cicomplimentiamo. Infatti l’attenzione del-l’informazione e di conseguenza la pubbli-ca riconoscenza sono riservati al trapian-tatore. Nessuno si sogna mai di evidenzia-re i meriti dei rianimatori, degli anestesi-sti, dei chirurghi che operano il prelievo.Ma in particolare né noi trapiantati nè lasocietà nel suo complesso riusciamo adessere riconoscenti nella giusta misura perchi gestisce il follow-up. Infatti se noi(intendo noi trapiantati) possiamo conti-nuare la vita con la salute che ci sorregge

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La collaborazione con la Sezione Aido di Cremona

che non c’è una realtà uguale a un’altra e non è possibile identifi-care una stessa causa di maggior diniego alla richiesta di donazio-ne che valga in tutti i posti. L’anno scorso è stato così nella primametà dell’anno forse anche sulla spinta di una serie di eventi scan-dalistici (commercio di farmaci, lo scandalo delle valvole, ecc.). Poiad un certo momento è cambiato. Quest’anno è un sogno: di tutti ipotenziali donatori ho avuto un solo diniego. Quindi un risultatoottimo. Ma io sono sicuro che un altro anno non sarà così.Pozzi: Come sono i rapporti con la nostra Sezione provincialeAido?Albertario: Sicuramente e veramente molto buoni. Abbiamoanche organizzato insieme alcune manifestazioni. I rapporti poicon il presidente Zanotti, che è persona squisita, sono ottimi.Pozzi: Al direttore generale chiedo: quali sono gli indirizzi che viarrivano dalla Regione e in particolare dall’assessore CarloBorsani?Coppini: Di forte sostegno a queste linee e di implementare nelpossibile l’attività di prelievo. È chiaro che certi interventi tera-peutici passano attraverso la disponibilità dell’organo al trapianto.Devo ribadire che la sensibilità della Regione in questo ambito èmolto elevata.Pozzi: Mi sembra che anche l’amico prof. Pellegrini stia positiva-mente lavorando al coordinamento regionale dei trapianti. In par-ticolare penso che con l’istituzione del coordinatore tutte le strut-ture ospedaliere abbiano beneficiato dell’avere un punto di riferi-mento comune.La direzione sanitaria dell’ospedale di Cremona come si pone inquesto contesto di forte sostegno al prelievo e al trapianto; qualidifficoltà deve superare?Dolcetti: Le difficoltà ci sono sempre anche perché cerchiamo dimantenere alto il profilo del nostro impegno. Quindi non ci ponia-mo mai in condizione di soddisfazione ma di continua ricerca.Nell’allestimento delle procedure abbiamo ormai raggiunto unbuon livello e parliamo tranquillamente di procedure di qualità. Equesto nell’accertamento di morte cerebrale, del prelievo di cornee.

è perché siamo controllati con grandecompetenza, sensibilità e costanza da que-sti medici che seguono il follow-up.Eppure è un compito non facile al quale idirettori generali dell’ambito sanitariolombardo hanno dato un forte e generososostegno inserendolo negli obiettivi del-l’ospedale.Faccio un’altra domanda: quali solo i rap-porti esterni, con la società civile, rispettoal problema della donazione?Albertario: Fin dal primo anno che hovissuto qui a Cremona, e poi tutti gli anniseguenti, sono sempre stato contattatodalla scuole che mi chiedono incontri perapprofondire e divulgare la cultura delladonazione e del trapianto. Ho trovato unambiente già in parte preparato. E di que-sto bisogna dare atto a tante persone illu-minate e sensibile. In particolare penso aldott. Bodini del Centro immunotrasfusio-nale che già da anni lavorava in questadirezione. Rimane il fatto determinanteche la popolazione che accede a questoospedale per eventi che sono profonda-mente dolorosi, è limitata. Quindi dobbia-mo ricevere gente da fuori su cui non c’èuna possibilità diretta di intervenire e diverificare il livello di preparazione, di for-mazione, di disponibilità. Aggiungo poiche la situazione si può modificare di annoin anno per ragioni diversissime. L’annoscorso è stato disastroso e i perché eranotanti. Lo stesso Nanni Costa ha studiatoquesto tema ed è arrivato alla conclusione

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OSPITI ANCHE DA ALTRE PROVINCE

Qualche difficoltà nasce dal fatto di avere un’oculistica piuttostocontenuta, serve per quelle che sono le esigenze locali. Non abbia-mo in questo momento uno spazio sufficiente per farla diventareuna grande oculistica. Poi, considerato che di notte non abbiamol’oculista, abbiamo realizzato una procedura di qualità che illustrail percorso per non perdere il tessuto corneale anche in quei casi incui sul donatore si possa intervenire nelle ore notturne. Si fa inmodo perciò che il prelievo possa comunque essere effettuato o intarda serata o alle primissime ore del mattino. Tenga conto chementre tutto è sotto controllo per quel che riguarda i prelievi diorgano perché provengono da una terapia intensiva, per i donatoridi cornee il discorso cambia perché in realtà tutti i pazienti dece-duti in ospedale sono potenziali donatori di cornee.Pozzi: Quanti decessi si verificano mediamente in questo ospeda-le?Albertario: Circa 90-95 ogni mese. Questo in una provincia dicirca 300 mila persone.Dolcetti: Vanno considerati alcuni aspetti particolari. Se peresempio, come avviene, ci sono sul territorio molte strutture geria-triche, in grado addirittura di attrarre ospiti da altre province,quando gli ospiti di queste strutture cominciano a stare veramentemale si rivolgono ovviamente all’ospedale e diventano nostripazienti. Dal domicilio il paziente critico viene in ospedale. Quindici sono vari fattori che influenzano questa media. Noi abbiamo atti-vo ormai da tre anni un osservatorio per tenere sotto controllo unaserie di parametri tra cui anche quello del numero di morti ognianno. Ed è osservando questi dati, cercando di capirne la ragione,che abbiamo scoperto una realtà piuttosto particolare, con la pre-senza di numerose residenze per anziani che ci portano numerosi

pazienti in situazione critica. Sto parlandodi un valore aggiunto, non certo di un pro-blema, perché anche strutture che ospitinoanziani in situazioni di solitudine sono unsegno di civiltà e di rispetto delle varieespressioni della comunità civile.In questo contesto voglio sottolineare cheabbiamo buoni rapporti anche con lediverse case di cura del territorio. È evi-dente che queste, essendo più piccole enon avendo le potenzialità dell’ospedale,hanno nella collaborazione con l’Aziendaospedaliera un punto di riferimento sicuroper la continuazione della loro attività alivelli più che soddisfacenti.Pozzi: Quando tocchiamo l’argomentodella sanità pubblica o privata o conven-zionata scatta sempre in me una reazioneparticolare perché ho troppo a cuore lasanità nel suo complesso come assistenzaalla persona che ha bisogno per poterignorare che a volte il privato non ha ilrespiro e non persegue il bene della comu-nità con lo stesso slancio e lo stesso affla-to ideale dell’ospedale pubblico. Per fortu-na la sanità pubblica ha un obiettivo chenon dipende dall’effetto economico chepuò o deve avere (secondo i punti di vista)l’intervento del privato. Questo è concetto

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La cura dei rapporti con le famiglie

senso convinto.Pozzi: Questo è un passaggio tanto delicato quanto fondamenta-le. Normalmente ci troviamo di fronte a una famiglia che è coltaalla sprovvista, che non ha ancora affrontato il dramma della mortee non ha ancora avuto la possibilità di elaborare il lutto. Ma seguepoi questa domanda, sul dopo: avete un’équipe di psicologi chesegue questa famiglia?Albertario: Mi fa piacere che ponga questa domanda che dimo-stra fra l’altro che lei ha potuto vivere da vicino questa esperienzaperché altrimenti non la conoscerebbe così bene. Noi, come tantialtri ospedali della Lombardia (ma non tutti) partecipiamo a unprogramma che prevede la raccolta di dati per valutare il rappor-to con le famiglie. L’anno scorso è nato questo progetto suggeritodal Centro nazionale trapianti, in particolare da Nanni Costa. LaLombardia si è fatta Regione-pilota. E nell’ambito dellaLombardia due centri, Cremona e Lecco, si sono fatti a loro voltacentri-pilota per predisporre un questionario e valutare propriotutte le fasi di questo rapporto con la famiglia. Studio che abbiamoportato fino alla fine dell’anno e dall’inizio del 2004 mensilmentevengono raccolti questi dati, queste schede in cui viene descritto ilrapporto che c’è stato tra la struttura e la famiglia. In questi rap-porti ci sono tutte le tappe: quando incontri i parenti, come parli,dove parli (anche il luogo è importante), chi c’è, chi non c’è. Quiabbiamo predisposto tutto un percorso per cui non è mai il solomedico ma c’è sempre un infermiere, si parla in un ambiente riser-vato, ecc. ecc. La fase successiva, che riguarda l’elaborazione dellutto, non dispone da noi di un centro di psicologia. Però intendoanche far presente che parlare di psicologia in questo ambito è dif-ficile. Non è che qualunque psicologo per bravo che sia è in gradodi gestire queste problematiche. Queste devono essere gestite dachi le conosce e le pratica. Quello che facciamo noi e che è il mas-simo che possiamo fare, è seguire questi familiari. Al momento delcommiato, dopo che è stato eseguito il prelievo d’organi, diamo lapiù ampia e assoluta disponibilità. I familiari della persona che hadonato possono contattarci, chiederci incontri, chiederci aiuto. Ècapitato che qualcuno mi abbia chiamato per cose apparentementepoco importanti. Ma non è mai così, perché se una persona chiamauna ragione di fondo c’è sempre. Si tratta di un legame che vagestito, con chiarezza e serenità. Personalmente ho incontratopersone che non ce la fanno ad elaborare il lutto. Allora io li invioal centro di psicologia del NITp perché lì c’è gente formata checonosce bene questo settore e quindi sa intervenire correttamen-te.Pozzi: Come valuta la richiesta che proviene in particolare dallemamme, di conoscere l’identità del ricevente, di sapere - faccio unesempio per tutti - in chi batte ancora il cuore del proprio figliomorto...Albertario: Per fortuna non abbiamo molti casi di giovani chemuoiono per incidenti. Non farei tanto una questione di età ma delproblema di cui abbiamo parlato prima, della capacità di elabora-zione del lutto. Guarda caso nella mia esperienza tutti quelli chepiù volte mi contattano, richiedono informazioni ecc. sono proprioquelle persone che non riescono a superare il lutto. Credo che illivello culturale attuale sia buono perché quasi tutti sanno già che

fondamentale che nobilita la sanità italia-na e che mi auguro nessuno riesca mai adistruggere.“Prevenzione Oggi”: Una domandaper il dott. Albertario: nella sua esperien-za l’assenso (o la negazione) al prelievo èstato poi seguito da un ripensamento e daun senso di colpa dei familiari?Albertario: Questo è un punto fonda-mentale del nostro lavoro e anche quandosi insegna su come gestire un rapporto sispiega come si gestisce questo momentodella comunicazione. Proprio la “comuni-cazione” infatti è ormai una scienza e cometale, al di là di quella che è la sensibilità ela capacità di porsi dei singoli individui cisono delle regole che vanno seguite se nonsi vuole incorrere in gravi errori. Senzadilungarci troppo in questa sede, ricordoche noi non parliamo mai di donazioned’organo in forma pressante o insistita.Noi parliamo di “relazione di aiuto”. È fon-damentale stabilire un rapporto con lafamiglia che in quel momento è il puntopiù debole, più delicato. C’è il malato chepoi diventa potenziale donatore e c’è unafamiglia che è l’altro punto debole. Noidobbiamo dare, perché questa è la nostra“mission”, l’aiuto al malato e alla famiglia.Quanto meglio questo rapporto vienegestito, tanto più automatica e tanto piùsemplice può diventare, al momento in cuisi presenta l’occasione, la richiesta. E lostesso vale per la risposta. Io ho vistogente con le lacrime agli occhi dire: Iosarei ben favorevole ma mio padre (o miamadre) in vita aveva detto che non erad’accordo. E quindi finisce lì. Ci sono statealtre persone che sinceramente dispiaciutemi hanno detto: Io ero ben favorevole,però al momento in cui sono entrato inquesto ospedale ho avuto uno screzio conquesto o quell’altro e purtroppo ho cam-biato idea. Queste sono cose che ci devonofar pensare per fare in modo che questoincidente non si verifichi più; perché cisiano le condizioni affinché non si verifichipiù. La cosa fondamentale è dare il massi-mo di supporto e di aiuto alla famiglia. Èun discorso - e chiedo di non essere frain-teso - che alla fine torna utile: quantomeglio ho condotto questo rapporto, tantomeglio ho fatto con la famiglia e tanto piùsemplice e più facile sarà la richiesta e l’as-

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IN DIALOGO CON LE SCUOLE

non è consentito conoscere l’identità del ricevente. E si acconten-tano; accolgono questa regola per il valore che ha. Magari precisa-no che intendevano chiedere se tutto è andato bene, se non ci sonostati problemi... E allora li rassicuro. Magari dico in quale città èstato assegnato l’organo, ma nulla di più.Pozzi: Eppure le garantisco che il desiderio di andare su quellatomba a rendere un omaggio morale è fortissimo. Sono sentimenticosì difficili da riconoscere che è praticamente impossibile descri-verli. Però posso dire per esperienza diretta che occupano granparte dei momenti di intimità riflessiva dei trapiantati. Devo al con-tempo riconoscere che tutti (medici, chirurghi, psicologi, amici), miinvitano a lasciar perdere, ad accontentarmi di un grazie ideale...Ma posso assicurare che non è facile.Dolcetti: Bisogna riferirsi al dato fondamentale che è questo: èsuccesso qualcosa che ha coinvolto due persone. Una di questemorendo ha donato la vita all’altra, ma nessuno è responsabile diquello che è avvenuto. Nessuno desiderava la morte del prossimoper continuare a sperare nella propria vita. Semplicemente è avve-nuto perché scritto negli eventi, nella casualità. Chi sopravvive nondeve caricarsi di un lutto aggiuntivo, deve vivere bene per valoriz-zare al meglio un dono ricevuto. Il non conoscere lascia lo spazioalla fantasia e possiamo immaginare le cose più belle.Albertario: Si finisce per cadere in quella che il dott. Comazzi(psichiatra: NdR) definisce “sindrome da Sherlock Holmes”: cioèche diventa una fobia di ricerca, di indagine per scoprire magariverità falsate. Si tratta di atteggiamenti che diventano patologici

e che dobbiamo fare il possibile per sco-raggiare affinché ci si rivolga alla vita inmodo più positivo, più solare.“Prevenzione Oggi”, rivolti al dott.Albetario: Lei ha detto che va nelle scuole.I ragazzi come si pongono quando esponeil problema sanitario, di una persona chemuore, quando spiega le fasi dell’accerta-mento di morte cerebrale...Albertario: Innanzi tutto è importan-tissimo come ci poniamo. Io ho parlato ingenere con ragazzi delle superiori, per lopiù delle quarte e delle quinte. Si tratta discegliere un linguaggio semplice ma noncrudo. Ho la sensazione che i ragazzi sonoabituati, per merito o per colpa di giornalie tv, da una serie di eventi che trattanospesso della morte. Però i ragazzi hannocome caratteristica fondamentale di esseresensibili alla vita e quindi si interessanosoprattutto degli effetti positivi del tra-pianto d’organi.

Intervista aa ccura ddiLeonio Callioni

Ha ccollaboratoLeonida Pozzi

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Dal trapianto alla «conversione» del cuore, storia di Massimo Chiesa

“La mia vita? Ogni giorno è ungrande regalo”, dice Massimo

Chiesa. Di lui sappiamo quello che cihanno raccontato i genitori: una esi-stenza tranquilla che muta improvvisa-mente rotta per la scoperta di una gra-vissima malattia, il trapianto a soli 23anni come unica opportunità di salvez-za e di recente la perdita del miglioreamico. Ce ne sarebbe abbastanza persentirsi sconfitti. E invece no. Solare,atletico, pieno di energie, Massimo oggiè il ritratto della salute e del buonumore. A vederlo così, in tutto lo splen-

dore dei suoi 28 anni, nessuno potrebbeimmaginare le terribili prove che hadovuto affrontare. E per lui questo èsicuramente un bene. “Non amo che lagente pensi a me come a una personacon dei problemi; li ho avuti, certo, madal 19 gennaio al 13 maggio del 1999”.Come a dire che la partita a scacchi conla morte si è giocata tutta in questiquattro mesi di calvario, in cui i momen-ti drammatici non sono sicuramentemancati. Il primo risale alla comunica-zione della diagnosi: “Ero appena torna-to da una settimana di vacanze sulla

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Due cuori...e una

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DAL GIORNO DEL TRAPIANTO NULLA È STATO COME PRIMA14

neve e, a parte il respiro un po’ difficol-toso e una certa stanchezza, mi sentivobene. Apprendere dalle parole di unadottoressa dell’Ospedale Bassini diCinisello Balsamo, dove mi ero recatoper una radiografia ai polmoni, che eroaffetto da una grave forma di cardio-miopatia dilatativa era davvero l’ultimadelle cose che mi sarei aspettato potes-sero capitarmi”. Il fulmine a ciel serenoperò non arriva solo, perché alla dia-gnosi segue subito “il verdetto”: “Nonc’è un minuto da perdere, la situazionepotrebbe rapidamente aggravarsi,occorre un trapianto”. Massimo piangeper quattro giorni e, trasportato al padi-glione De Gasperis dell’OspedaleNiguarda di Milano, inizialmente nonvuole saperne di accettare questa ipote-si terapeutica. A convincerlo è la presadi coscienza che le cure alternative ten-tate non ottengono gli effetti sperati.Ma un’altra circostanza drammatica loattende. Non appena si convince che lapossibilità di sopravvivere passa attra-verso un cuore nuovo e questo tarda adarrivare, i medici gli propongono unimpianto di assistenza ventricolare(VAD). “Era l’ennesimo imprevisto e ionon ero pronto”. Questa volta è la deter-minazione del Prof. Ettore Vitali, diret-tore della struttura complessa diCardiochirurgia, a fargli cambiare idea.“Mi ricordo che era mercoledì e il dot-tore mi disse che se non avessi accettatoil ‘cuore artificiale’, non sarei vissutofino a lunedì”. La dura verità è più con-vincente di mille giri di parole eMassimo passa due mesi in “compa-gnia” di una piccola ma rumorosapompa meccanica, grazie alla quale -ammette - “ero tornato a vivere una vitanormale, anche se limitata. Di fattodipendevo da una macchina, di cui ognidue o tre ore dovevo cambiare le batte-rie, ma poco per volta mi ero abituato eriuscivo anche ad andare al lavoro”. Edè proprio durante il tragitto di ritornodall’ufficio che Massimo apprendetelefonicamente dalla madre la notiziadell’imminente richiesta di ricovero daparte dell’Ospedale: il cuore è arrivato,si può procedere al trapianto. “Non sodire se ho provato gioia o spavento,

paura o sollievo. So solo che per un atti-mo mi è crollato il mondo addosso e hourlato che non volevo andare nuova-mente in sala operatoria. Poi a mentelucida ho capito che il momento tantoatteso era arrivato e non potevo tirarmiindietro”. Da quel lontano 13 maggio dicinque anni fa Massimo è un trapianta-to ma guai a ricordarglielo troppo. Enon perché non abbia viva coscienza delgrande dono che ha ricevuto, ma perchéè talmente consapevole di esso che spre-care tempo ad autocommiserarsi glisembrerebbe un insulto verso quellavita che gli è stata restituita e che oraritiene il bene più prezioso. Del resto ilcoraggio non gli è mai mancato, alpunto che di fronte alla proposta di unsupporto psicologico per affrontare ipostumi dell’intervento e soprattuttol’idea di un corpo estraneo nel proprio,ha sempre opposto un netto rifiuto.“All’inizio, mentre ero ancora in ospeda-le, quando pensavo che quel cuore chepulsava non era mio, stavo fisicamentemale; ma a un certo punto mi sono fattoforza e mi sono detto che se non riusci-vo a superare questo problema da solo,avrei sempre dovuto appoggiarmi aqualcuno”. Ritornato a casa, Massimoprende di petto la situazione e, chiusonella sua stanza, si inventa un dialogoimmaginario con il donatore, che saessere un coetaneo di 26 anni.“Chiunque tu sia - dice ad alta voce - tiringrazio per il dono che mi hai fatto;ora questo cuore che sento battere nelpetto è nostro, mio e tuo al tempo stes-so; tuttavia se continuo a viverlo male, iltuo gesto sarà andato sprecato. C’è soloun modo per evitare questo rischio ed èche io provi seriamente a vivere benecon quello che mi hai regalato”. Detto,fatto: “Da quel momento la mia esisten-za è cambiata tantissimo, ma non per lecose che posso o non posso fare, ma peril modo di concepirla; ora cerco di tro-vare l’aspetto positivo in tutto quelloche mi si presenta e mi considero unragazzo fortunatissimo”. Impossibilenon dare credito alle sue parole. Bastaguardarlo per capire che è un ragazzosereno, al di là di tutte le comprensibilipaure a cui non si vergogna di dar voce:

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Oggi cerco di trovare l’aspetto positivo in tutto quello che mi capita 15

“Ancora oggi ho il sacrosanto terroredell’Ospedale e spero sempre di nonrientrarvi”. Ma ti bastano poche battuteper capire che è anche uno che sa affron-tare le difficoltà quotidiane, armato diuna eccezionale dose di autoironia.“Dopo il trapianto, a parte il primo annoin cui - oltre a dovermi sottoporre acontrolli ravvicinati e particolarmentedolorosi - il mio sistema immunitario èstato attaccato da ogni genere di virus,nei successivi ho avuto la fortuna di nonavere reazioni allergiche ai farmaci, néeffetti collaterali particolarmente fasti-diosi: è vero, se mi guardo allo specchiole gengive sono più marcate, i denti sisono ingialliti, i peli crescono più copio-si ma mi consolo dicendo che tutto som-mato sono problemi che un bravo este-tista può correggere; piuttosto i tastidolenti sono la consapevolezza di doverdipendere dalle pastiglie e il terrore didimenticarmi di prenderle, ma anche inquesto caso a impedirmi di scoraggiar-mi ci sono la speranza che la medicinapossa fare in futuro grandi progressi eun paio di sveglie che suonano puntua-li”. Massimo è fatto così, affronta le suegiornate con una semplicità a dir pocodisarmante, pienamente cosciente peròche da quel fatidico 13 maggio nulla èrimasto più come prima. “Da quando hofatto l’operazione, tutto è migliorato,forse perché neppure io sono lo stesso diprima”. Massimo infatti ha ripreso a col-tivare le sue antiche passioni, lo sportprima di tutto, ma secondo una prospet-tiva del tutto nuova. “Appena i medicimi hanno comunicato che fare attivitàsportiva poteva migliorare le prestazio-ni del cuore, ho subito voluto rimetter-mi alla prova sul piano fisico. Oggigioco nuovamente a calcio, pratico thay-box e snowbord, e di recente mi sonoanche avvicinato alla maratona. Da dueanni partecipo alla Stramilano, corren-do per 16 km ma lo spirito con cui par-tecipo a queste manifestazioni è comple-tamente cambiato: la posta in gioco nonè più la vittoria, ma la gioia di arrivarealla meta, magari migliorando poco pervolta il risultato e senza mai spingermioltre il limite del rischio, di cui ho impa-rato a riconoscere i segnali”. L’evento

della malattia e successivamente del tra-pianto di cuore non sono riusciti a fer-mare neppure i suoi sogni, su tutti quel-lo di comprarsi la tanto sospirata moto,un po’ per concedersi un meritato “pre-mio”, un po’ per rifarsi delle paure chene avevano bloccato l’iniziativa. “Primadi quello sciagurato 19 gennaio, avevosempre desiderato di possedere unamoto, ma poiché la mia famiglia la rite-neva pericolosa, avevo finito per accan-tonare l’idea. Ci ho ripensato subitodopo il trapianto dicendo a me stessoche se avevo corso il rischio di trovarmifaccia a faccia con la morte senza averfatto nulla di pericoloso, dopo questaesperienza non aveva più senso rinun-ciare a qualcosa che poteva darmi piace-re”. Tanti sono i chilometri di asfaltoche Massimo macina in sella al suo boli-de, una fiammante Honda Shadow, alpunto che la moto diventa il simbolodella sua rinascita e la compagna fedeledi un nuovo capitolo della sua vita, il piùroseo dopo il trapianto, quello di questiultimi tre anni. È grazie a lei cheMassimo conosce Andrea, a sua voltaproprietario di una roboante Guzzi. Liunisce la passione per le due ruote, piùforte anche dell’amore per le rispettiveragazze. Diventano amici inseparabili,di quelli a cui si confida tutto, di quellicon cui si può perfino piangere. Piùvolte Massimo dice ad Andrea “Cosa miposso aspettare dal futuro? Ho il 90%delle possibilità di morire prima di te”ma l’amico sorride “E che ne sai? - com-

Massimo Chiesa (a destra) e il suoamico Andrea, ritratti a un raduno di motociclisti.

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PORTO LA MIA TESTIMONIANZA A CHI SOFFRE16

menta - Magari me ne vado prima io”.Sinistra profezia, il 28 agosto del 2003su un maledetta curva della ValTrebbia, Andrea se ne è andato davveroe per Massimo è stata la prova più dura,quella di riprendere a gioire della vitaper veder morire il suo migliore amico.“Ancora adesso faccio fatica a parlarne,eppure mi rendo conto che la perdita diAndrea è coincisa con il momento in cuiero nuovamente ricaduto nella tentazio-ne, sperimentata fino all’età di 22 anni epoi contraddetta dalla malattia, di sen-tirmi invincibile”. Si rabbuia, ma è que-stione di un attimo. Il piglio ironicoriprende il sopravvento sulla malinco-nia. “La cosa che mi dispiace maggior-mente è di non poter più parlare conAndrea e allora a volte mi sorprendo achiedergli di apparirmi almeno unanotte. Poi però ci ripenso: se capitassemi farebbe venire un infarto e tutta lafatica fatta se ne andrebbe in fumo.Forse è proprio per questo che nonrisponde alla mia richiesta”. Oggi laGuzzi che era di Andrea è stata affidataa Massimo. Se vi capita di vederlo sfrec-ciare per le strade di Milano, non allar-matevi: è segno che il Prof. Vitali lo hochiamato in Ospedale per incoraggiarequalche ragazzo, testardo come lo eralui, a tentare il trapianto. Il suo deside-rio di mantenersi in buona forma fisica,la sua caparbia ostinazione nel nonlasciarsi andare a facili vittimismi sonodiventate una evidenza visibile con cuitutti quelli che lo incontrano non posso-no che confrontarsi. E allora capitanoanche episodi divertenti. “Il Prof. Vitalimi aveva parlato di un ragazzo, provatodalla mia stessa malattia, che non vole-va sottoporsi al trapianto e mi avevachiesto di aiutarlo a fargli prendere unadecisione”. Massimo si presenta all’ap-puntamento davanti al Niguarda e leparole sono del tutto superflue. Alragazzo bastano pochi secondi per capi-re che potrebbe diventare anche luicome quel giovane agile e aitante insella alla sua moto. Il dialogo fra i due sitrasferisce poi in un bar poco distante ementre Massimo prova a spiegare al suocoetaneo come vive “da trapiantato”,una mosca si inserisce fra di loro.

Massimo l’afferra al volo e dice “E poidiventi velocissimo, quasi come super-man”. Una sonora risata e il ragazzo siconvince a farsi operare. “Un tempo -dice Massimo - ero molto concentratosulle soddisfazioni che poteva darmi illavoro, oggi capisco che le vere soddi-sfazioni sono quelle che derivano dalmettere la mia esperienza al serviziodegli altri”. E come si confà al suo carat-tere, aperto e comunicativo, il nostrocentauro lo ha voluto fare in grandestile, dedicando una pagina web alla suastoria. Vi si legge che “tutto quello cheè successo porta ad allontanarsi o adavvicinarsi alla religione”. “Nel miocaso - confessa Massimo- mi ha riavvi-cinato perché se prima pregavo Dio chemi desse soldi e felicità ora lo ringrazioper avermi fatto vivere un’altra giorna-ta”. Ma i ringraziamenti vanno anche atutte quelle persone specialissime,medici, infermieri, ma anche familiari edamici che lo hanno aiutato a vincere lasua battaglia. Fra queste la mamma diAndrea, che rispetto alla scomparsa delfiglio continua a dire: “La vita è fatta ditasselli e solo quando arriveremo a posi-zionare l’ultimo riusciremo a capirne ilsenso”. Ma ci risulta difficile pensareche uno come Massimo, che ha combat-tuto una dura lotta per vivere, possaaccontentarsi di dover arrivare alla fineper riuscire a comprendere. Chissà cheinvece, in una delle sue tante corse, nongli diventi sempre più chiaro che ilmosaico della vita ha già in sé, da subi-to, una risposta che chiede solo di esse-re cercata.

Laura Sposito

Nel numero di dicembre, i genitori diMassimo Chiesa e i coniugi Orsini diTreviglio racconteranno le emozioni, le dif-ficoltà, le speranze che hanno caratterizzatola loro storia familiare, segnata nel primocaso dal trapianto del figlio e nel secondodalla donazione degli organi della figlia,persa a seguito di un grave incidente stra-dale. Seguirà una lunga intervista al Prof.Alberto Maria Comazzi, direttore del ser-vizio di psicologia del NITp che aiuta lefamiglie donatrici a elaborare il lutto nellafase post-prelievo.Continuate a seguirci!

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Ci sono momenti, nella vita, in cui le parole non rie-scono a trasmettere quello che abbiamo dentro per-ché il sentimento è troppo vasto, troppo intenso,

troppo difficile da esprimere. Vorrei riuscire a scrivere delcaro Marcello Rossi con la giusta sensibilità ma senzalasciarmi prendere la mano dalla sofferenza, dalla nostal-gia, dal senso di inquietudine che nasce dal dover prende-re atto che il nostro carissimo amico non c’è più: ci ha pre-ceduto nella vita eterna e a noi è rimasto il ricordo di unapersona particolarmente bella dentro, che tanto si è dedi-cato alla nostra Associazione e ai suoi ideali di solida-rietà.Lo avevo incontrato la prima volta quando ancora aveva-mo la sede in via Angelo Mai; si cominciavano ad usare icomputer anche per il nostro lavoro di segreteria, cheandava crescendo ogni giorno di più. All’inizio non miero reso conto delle enormi potenzialità umane e professio-nali dell’amico Rossi. Ma questo era dovuto alla suacapacità di rendere semplici e quasi banali anche i passaggi più difficili. Affrontava tuttocon una serenità disarmante, come bere un bicchier d’acqua. E intanto aveva realizzatoun programma anagrafico che era stato pensato per Bergamo ma che era poi stato adot-tato in tutte le province lombarde prima di essere richiesto in tutta Italia. Un program-ma che aveva la migliori caratteristiche dell’informatica: la semplicità d’uso e l’efficaciaoperativa. Per noi tutti un sogno che si avverava.Il tempo aveva fatto crescere in tutti noi dell’Aido sentimenti di stima, di affetto e diriconoscenza per questo signore all’antica, sempre disponibile, sorridente e umile.Comunicava con poche parole e con una infinita carica umana. Non c’è persona dell’Aido- dirigenti, personale, semplici iscritti - che lo abbia conosciuto e non lo abbia avuto subi-to in cordiale simpatia.Ci manca, caro signor Rossi. Ci manca tutto quello che lei sapeva fare, ma ci mancasoprattutto la sua presenza discreta e preziosa, la sua capacità di semplificare i problemie di cucire i rapporti fra le persone. Così come ci ha impressionato la dignità con la qualeha affrontato la terribile malattia che in pochi mesi l’ha condotta alla morte: Con undistacco solare, quasi non la riguardasse. Nello stesso tempo invece era preoccupato, per-fino angosciato a volte, per il lavoro che ci aveva promesso di finire e che sapeva sarebbestato impossibile portare a termine.Ci consola solo la certezza della fede e la consapevolezza che un giusto è ora nell’ab-braccio del Padre. È il solo modo che abbiamo noi poveri e fragili esseri umani per con-tinuare a sentirla fra di noi, importante come sempre, sorridente come sempre, amico persempre.

Leonida Pozzi

Marcello Rossi, un signoreall’antica, un amico sincero

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Dedicato a un compagno di viaggioBergamo 4 Novembre 2004

Oggi abbiamo visto un uomo, un signore, che rispondendo a una misteriosa ma ineludibile chiamata è partito.Per dove solo la fede può dirlo; il perché non è dato sapere.Abbiamo visto il suo viso sereno come in un meritato riposo; ma il suo sorriso era spento, le sue mani bian-che e inerti, la sua mente ingegnosa ferma per sempre.Ci ha lasciati così, in una tiepida giornata quasi estiva di questo inizio novembre, con passo leggero e modisignorili, sue caratteristiche. In ogni caso, troppo presto.Il suo nome è Marcello Rossi. Per noi, sempre, il Rag. Rossi.

Non ci sembra vero non vederlo più arrivare in ufficio con la cordialità e la riservatezza che gli eranoproprie, salutare tutti con affabilità, mettersi al computer per risolvere un problema o per provare un nuovoprogramma da lui ideato per aiutarci nel lavoro. Ha lavorato tanto per l’Aido, non solo bergamasca,non solo lombarda; la sua disponibilità lo aveva portato fino in Basilicata per dare una mano anche là;come sempre con la serena tranquillità dello studioso che riesce a trovare soluzioni.Il suo è stato un Volontariato competente, attento e fedele, senza clamori ma costante; come il suo sorrisoe la sua tranquillizzante presenza.Che pena sentirlo, un giorno di fine estate, improvvisamente, parlare di una malefica sentenza, alla qualeperò non si era arreso perché il suo desiderio di vita era forte; anche in questo “compagno di viaggio”, alme-no per una di noi....forte come la morte è l’amore... così recita un salmo, così lui ha vissuto e lottato anche in questi due mesi.Ha perso la “partita a scacchi” con la morte però ha vinto la partita della vita.I suoi coraggiosi familiari, i tanti colleghi e amici riuniti sabato 6 Novembre per dargli l’ultimo saluto,le lacrime che hanno velato gli occhi anche delle persone più austere, hanno reso testimonianza della stimadi cui godeva perché era un uomo buono, discreto e gentile.Il nostro più grande rammarico è non essergli state vicino di più, anche con una semplice telefonata.Signore, perdonaci questo “peccato di omissione”; lui dalla sua nuova dimora sicuramente ci scusa e ci sor-ride ancora una volta. La sua storia finisce qui. La nostra continua, ma un po’ diversa.Oggi siamo un po’ più povere perché ci manca il suo aiuto; oggi siamo un po’ più ricche perché abbiamo avutoil privilegio di condividere il suo impegno tra noi. Noi lo ricorderemo con simpatia, voi che ci leggete dedicategli un pensiero gentile.Grazie, Rag. Rossi e addio... o meglio arrivederci.

Debora, EEster, LLaura

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Finalmente possiamo dire chela Giornata dell’anthurium è

diventata la Giornata nazionaledell’Aido: ne siamo contenti eorgogliosi perché questa pianta èormai diventata il nostro simbo-lo, il segno della presenza opero-sa e solidale dell’Associazionedonatori d’organi all’internodella comunità civile. Con l’edi-

zione 2004 abbiamo raggiuntilivelli eccellenti che dobbiamoora impegnarci a mantenere; unagiornata ricca di incontri, dimomenti di confronto e di dialo-go con la gente che ci ha apertotante porte di comunicazione conla coscienza civica nazionale. E’ importante sottolineare che èstato consegnato, in cambio di

libere offerte, un numero altissi-mo di fiori. Ma è altrettanto eforse più importante rilevarecome, nonostante non fosse unagiornata dedicata alla raccolta diadesioni all’Associazione, sonostati oltre cinquecento i cittadini,nella sola regione Lombardia, chehanno sottoscritto il loro deside-rio di entrare a far partedell’Aido. Si tratta di un dato rile-vante, che contribuisce a passareagli archivi l’edizione 2004 del-l’anthurium come la più riuscita ecoinvolgente fin qui effettuata. Lastrada, insomma, è quella giusta.Si tratta soltanto di proseguire ilcammino nel solco dei valori cheabbiamo scelto di diffondere sem-pre più e sempre meglio all’inter-no della nostra comunità.

Il simbolo della presenza operosa e solidale dell’Associazione 19

Giornata Nazionale – Anthurium –16-17 Ottobre 2004

Provincia Nr. Gruppi Nr. Piantine

Bergamo 60 3996Brescia 15 1176Como 4 324Cremona 8 852Lecco 21 1092Lodi 4 276Mantova 31 2424Pavia 6 672Sondrio 9 864Varese 11 564Legnano 11 780Melegnano-Melzo 13 888Milano 1 300Monza-Brianza 18 1368

Totale 212 15576

AnthuriumUna giornata nazionale Aido

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dalle

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ZIONI

Organizzata dall’Anto(Associazione nazionale

trapiantati organi), si è svoltadomenica 3 ottobre a Bresciapresso gli Spedali Civili, l’i-naugurazione del monumentodedicato dall’Anto stessa aidonatori.La manifestazione si è apertacon la Messa celebrata da donGianfranco Mascher e Fra’Massimo Cocchetti. Alle 11,15si è svolto un ampio dibattitonel quale sono intervenuti:Antonio Scalvini, presidenteAnto; cav. Edmondo Pugnotti,fondatore Anto; dott. LucioMastromatteo, direttore gene-rale Spedali Civili di Brescia;prof. Paolo Corsini, sindaco diBrescia; arch. Alberto Cavalli,presidente della Provincia diBrescia; dott. CarmeloScarcella, direttore generaledell’Asl di Brescia, donGianfranco Mascher; cav.Leonida Pozzi, presidenteAido della regione Lombardia;dott.ssa Annamaria Dessole,segretaria Anto, che ha pre-

sentato il libro dell’Associa-zione.Coordinatore il dott. LeoneGalbardi, vicepresidente Anto.Alle 12,15 inaugurazione delmonumento e benedizione.Alla cerimonia era presente ilpresidente dell’Aido di Brescia,Lino Lovo, il quale ha ricorda-to che “se la nostra provincia

può vantarsi, e con orgoglio, diavere un servizio sanitario digrande eccellenza e una cultu-ra solidaristica d’alto spessore,il merito è anche di chi si occu-pa della gestione pubblica,oltre che del volontariato.Senza la loro condivisione losforzo delle Associazioni certa-mente non avrebbe ottenutoquei risultati che tutti possonoverificare e che pongono ilvolontariato bresciano ai verti-ci del nostro Paese.Il presidente regionale cav.Pozzi, intervenuto all’inaugu-razione, afferma: “Ho vissuto,grazie ai promotori della inaugu-razione del monumento dell’Anto,che ricorda il dono attraverso ilquale i trapiantati sono rifioriti anuova vita, una giornata partico-larmente intensa di emozioni ericca di valori. Mi sono trovatoinfatti in mezzo a moltissime per-sone trapiantate; gente che ha vis-suto la mia stessa esperienza, che

BRESCIA

IL MONUMENTOAI DONATORI

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come me è tornata a vivere grazieal dono di un organo vitale.Confesso che mi sono sentito cari-care di sentimenti fortissimi eprofondi, sia nel corso della cele-brazione eucaristica, sia nell’am-bito dei diversi incontri avuti congli altri trapiantati.Nell’occasione, quando mi è statochiesto di rivolgere il mio saluto edi esprimere il mio pensiero nellacircostanza, ho voluto ribadirecon sincera partecipazione quantosento nel profondo del mio cuore.In particolare ho ribadito che lediverse associazioni di trapianta-ti devono cercare di fare il possibi-le sia per tutelare i propri associa-ti (che vivono un’esperienza dav-vero unica nel suo genere) sia perelaborare momenti di incontro e diriflessione per esprimere nelmigliore dei modi il grazie aidonatori e ai loro familiari. Èinfatti importante che i trapianta-ti portino con orgoglio la fiaccoladella riconoscenza verso tutticoloro che, in un modo o nell’altro,partecipano della meravigliosaavventura del trapianto. Un gra-zie grande e rinnovato ogni gior-no, va quindi riservato ai donato-ri, alle loro famiglie (che vivonospesso situazioni tragiche e dolo-rosissime), ai medici, al personaleinfermieristico, ai dirigenti sani-tari che credono e sostengono iltrapianto e in definitiva a tutticoloro che, anche nel mondo del-l’informazione, mettono la lorocreatività e la loro professione alservizio di questo bellissimo pro-getto di vita che è la donazione ascopo di trapianto terapeutico.Dobbiamo invece evitare di eserci-tare ruoli che non ci competono erifuggere in particolare dalla ten-tazione di creare “poltrone” conincarichi di rappresentanza perun settore che deve essere invece epiù semplicemente di “testimo-nianza” nella più assoluta umiltàe gratitudine per i grandi doniricevuti”.

ASan Colombano al Lambroimportante appuntamento per

i soci Aido della provincia di Lodi.Il Consiglio provinciale da pocoeletto ha infatti voluto organizzareuna manifestazione per promuove-re la cultura della donazione diorgani. La serata, alla quale hannopartecipato circa 200 persone, èstata un momento di gioia, di con-fronti, di scambi di idee tra i variGruppi comunali del territorio(una decina), tanto più sentita per-ché celebrata in occasione dellaTerza giornata nazionale dell’infor-mazione e del finanziamento Aido.Dopo il saluto del neo presidenteAngelo Rapelli, ha preso la parola ilvice presidente vicarioEmerenziano Abbà, che ha sottoli-neato l’importanza della presenzadell’Aido a sostegno della donazio-ne degli organi. L’attuale situazio-ne di difficoltà a raccogliere ladisponibilità alla donazione spingel’Aido ad incrementare la propriaopera di sensibilizzazione, in modoparticolare verso i giovani.Tra le priorità che l’Aido provincia-le lodigiana si è data per il prossimomandato, insieme con l’acquisto diun computer e di nuovi programmiper lavorare in linea con le altreSezioni e con il Centro nazionaletrapianti, vi sono: stampa di unopuscolo con Avis e Admo, dadistribuire a tutte le famiglie lodi-

giane per facilitare la conoscenzadella donazione e consentire disuperare le ultime resistenze; inte-venire nelle scuole, nelle parroc-chie, nei comuni, con i medicidell’Azienda ospedaliera, percomunicare con i giovani e far lievi-tare la sensibilità nei confronti delladonazione di organi.Alla serata sono intervenuti il vicepresidente regionale Aido, FeliceRiva, che ha elogiato l’iniziativa espronato il provinciale Aido a con-tinuare su questa strada; il rappre-sentante della Provincia di Lodi,consigliere Antonio Cuccia, che hasottolineato l’importanza dell’Aido,associazione di volontari che dannolinfa vera al territorio; il dott.Giuseppe Rivolta, da poco nomina-to coordinaotre locale per i trapian-ti, che ha manifestato la sua volontàdi collaborare con l’Aido per tuttele iniziative che si vorranno intra-prendere.Dopo la cena sono intervenutiFrancesco Ferrari e l’attoreGerardo Placido che ha recitatouna poesia della poetessa lodigianaAda Negri.Al termine sono state premiate per-sone vicine al mondo della dona-zione: il dott. Costantino Bolis; l’at-tore Gerardo Placido e la signoraRosetta Burlini Mosconi delleFonti Gerette che ha allestito pergran parte la manifestazione.

LODI

UN INCONTROPER RIFLETTERE E FARE

Fotografia Pasquale Borella (Lodi)

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Inverno

aiuto

Belle, profumate e preziose, le arance,secondo la mitologia greca, furono parte

della dote di Giunone, andata in sposa a Giove.Oggi le arance bionde, giallo-arancio o rosse,con i loro colori solari illuminano l’inverno,proteggono dai mali di stagione e continuanoad avere la stessa fama di un tempo: quella diun frutto prezioso... per la salute.

Un pieno di vitamineLa caratteristica principale delle arance è quel-la di avere un alto contenuto di vitamina C cheaumenta le difese immunitarie, stimolando laproduzione di anticorpi.In inverno l’azione della vitamina C è partico-larmente efficace contro i malanni di stagionecome raffreddore e influenza.La vitamina C rinforza anche i capillari eaiuta la cicatrizzazione delle lesioni cutaneeproteggendo la pelle e le labbra dall’azioneaggressiva del vento e del freddo .Un’arancia da sola (200 g) apporta 100 mg divitamina C e copre abbontantemente il fabbi-sogno giornaliero che, per l’adulto è di 60 mg.La vitamina C svolge anche un’efficace azioneantiossidante, combatte cioè le reazioni chi-miche che avvengono nell’organismo e provo-cano la formazione dei radicali liberi, molecoleinstabili, dai quali possono derivare dei danni

alla salute. Oltre alla vitamina C, negli agrumi sono pre-senti anche beta-carotene, precursore della vit.A e vitamina E, anch’esse ad azione antiossi-dante. La presenza nello stesso alimento diqueste vitamine ne potenzia l’effetto. La vita-mina C, infatti, interagisce con la vitamina E,rigenerandone il potere antiradicale

Oro al mattinoUn vecchio proverbio, a proposito delle arancerecita: “oro al mattino, argento a mezzogiorno,piombo alla sera”. Anche se per alcuni soggetti le arance possonorisultare poco digeribili la sera prima di anda-re a dormire, i nutrizionisti consigliano di con-sumare le arance quando si desidera, sia comespuntino, che a pasto. La vitamina C non puòessere accumulata e l’organismo ne ha bisognopiù volte al giorno. La vitamina C è molto utileanche a tavola perchè aumenta l’assorbimentodel ferro contenuto negli altri alimenti checompongono il pasto.

Gli acidi organiciL’arancia contiene acido malico, ossalico ecitrico che al contrario di quello che si pense-rebbe, esercitano un’azione alcalinizzante sul-l’organismo. Questi acidi contrastano, infatti

Un aiutoper

l’Inverno

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l’eccessiva acidità che consegue, per esempioad un’alimentazione troppo ricca di carne eproteine e aiutano l’organismo a eliminare iresidui acidi in eccesso.

Meglio con il rametto Una volta staccate dalla pianta, man mano chepassa il tempo, le arance subiscono un impove-rimento di vitamina C.Per essere sicuri di acquistare un prodotto ilpiù fresco possibile, meglio scegliere gli agru-mi con rametto e foglie. Infatti, mentre le aran-ce dopo la raccolta si conservano mediamente15 - 20 giorni senza che il loro aspetto si modi-fichi, le foglie seccano dopo qualche giorno.

É buona anche la bucciaLa buccia dell’arancia ha una concentrazionedi vitamina C, quasi tripla, rispetto alla polpaed è ricca di fibra, una sostanza utile al buonfunzionamento dell’intestino . La buccia è for-mata da due strati, uno esterno, sottile e aran-cione chiamato flavedo in cui si trova l’essenzae uno interno bianco, chiamato albedo moltoricca di terpeni, sostanze con effetto protettivocontro ulcere e carie dei denti. Di particolareinteresse per la salute è il d- limonene che haproprietà antiossidanti. L’olio essenziale estratto dalla buccia è riccodi cumarine, sostanze che fluidificano il sanguee aiutano a prevenire malattie cardiovascolari. Sarebbe opportuno consumare anche la bucciadelle arance, ovviamente, solo di quelle prove-nienti con certezza da agricoltura biologica.

Intera o spremuta?E’ meglio mangiare l’arancia intera anzichéberne il succo. La spremitura, infatti, diminui-sce il contenuto di vitamina C ed elimina dal-l’alimento sostanze utili all’organismo come lafibra.La spremuta, tuttavia, può essere indicataquando ci sono problemi digestivi oppure aibambini che non amano mangiare la frutta. Laraccomandazione è quella di bere la spremuta

appena fatta perché, man mano che il tempopassa il suo patrimonio di vitamina C diminui-sce sempre più.Il succo d’arancia al 100% di preparazioneindustriale, che si trova in commercio è sotto-posto a processi di confezionamento e conser-vazione che ne riducono il patrimonio nutriti-vo, ma può essere comunque un ottimo sosti-tuto della spremuta casalinga.Il discorso cambia per i nettari in cui la per-centuale di succo di frutta scende vertiginosa-mente (30 - 50% circa) e per le bevande allafrutta nelle quali troviamo soprattutto, acqua,zucchero, coloranti e aromi.

Le proprietà terapeuticheAll’arancia sono attribuite molte virtù tera-peutiche sia preventive che curative. La medi-cina popolare ne utilizza il succo , la buccia e lefoglie come rimedio naturale contro disturbidigestivi, febbre, emicrania, raffreddore, inson-nia, ansia e nervosismo.

Contro i problemi di digestioneChi ha problemi digestivi può trarre sollie-vo da una tisana preparata nel modoseguente:- mettere a bollire 2 foglie di alloro e unabuccia d’arancia nell’acqua- versare l’acqua, l’alloro e la buccia d’aran-cia in una tazza- lasciare riposare qualche minuto- filtrare e dolcificare con un cucchiaino dimieleUna maschera anti-rughe* 1 cucchiaio di olio di mandorle dolci* la polpa di un’arancia* 1 cucchiaio di yogurtSbucciate un’arancia e pelatene gli spicchi.Eliminate i semi e schiacciate la polpa conuna forchetta.Unite l’olio di mandorle e lo yogurt.Mescolate il tutto.Applicate sulla pelle per 20 minutiRisciacquate e asciugate.

Cristina Grande

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@idonews

w w w . a i d o . i tVipas

Trapianti: una alleanza globaleCreare una ''alleanza globale'' nelcampo dei trapianti; una scommessache si sintetizza in una sigla: gat,ovvero 'global alliance in transplanta-tion'. E' questa la sfida lanciata dalpresidente della societa' dei trapiantidavid sutherland dal congresso inter-nazionale in corso a vienna e chel'organizzazione si prepara ad affron-tare. ''Una scommessa impegnativacon tre obiettivi prioritari - ha afferma-to oggi sutherland - fondamentaleallo scopo di migliorare aspettativedel settore e condizioni di vita deipazienti''. Primo obiettivo, ha spiega-to, e' quello di ''istituire un registromondiale di tutti i trapianti d'organo edi tutti i donatori. E' infatti necessario,oggi piu' che mai, poter disporre distatistiche globali e affidabili per capi-re qual e' la situazione nei vari paesie monitorare le diverse realta'. Non e'piu' tollerabile che per alcuni paesi -ha proseguito - non si abbia alcundato certo''. Il secondo obiettivopunta ad un ''programma di educa-zione ad ampio raggio e di qualifica-zione del personale, anche - ha sot-tolineato sutherland - con la creazio-ne di borse di studio per medici pro-venienti dai paesi del terzo mondo, alfine di globalizzare le conoscenzedel settore. Per questo obiettivo - haaggiunto - lavoreremo in partnershipcon fondazioni, aziende e con l'orga-nizzazione mondiale della sanita'''.Terzo obiettivo, ha concluso il presi-dente della societa' dei trapianti, e'''stabilire degli standard qualitativiminimi, soprattutto per i trapianti davivente, con linee guida che possanoessere adottate e applicate global-mente''.

Vipas

Rigetto: la tecnica - chimeraÈ il sogno di tutti gli esperti di trapian-ti: arrivare alla completa accettazionedell'organo trapiantato da parte del-l'organismo del ricevente, ovvero allatotale immunotolleranza, senza che ilpaziente sia sottoposto per tutta lavita alle pesanti terapie immunosop-pressive che, indebolendone le dife-se immunitarie, fanno sì che il nuovoorgano non venga attaccato. Questo obiettivo sembra ora esserepiù vicino: sono infatti positivi i primi

risultati della cosiddetta tecnica-chi-mera, alla quale lavora da alcuni annila ricercatrice megan sykes del mas-sachusetts general hospital diboston. A illustrare i dati preliminaridelle sperimentazioni in corso, lastessa sykes, in una affollata confe-renza stampa nel corso del congres-so internazionale della società deitrapianti a vienna. "l'immunotolleranza - ha affermato laricercatrice - è un obiettivo raggiungi-bile anche se saranno necessariancora alcuni anni". La tecnica sibasa sull'idea è di indurre l'organi-smo ad accettare il nuovo organo, haspiegato sykes, "creando una sortadi effetto-chimera tra il sistema immu-nitario del ricevente e quello deldonatore: per fare ciò, al pazienteviene trapiantato oltre all'organo, inquesto caso un rene, anche il midolloosseo del donatore. In questo modo,le cellule generate dal midollo delpaziente, porteranno al sistemaimmunitario il messaggio di nonattaccare i tessuti dello stesso orga-nismo; al contrario, quelle generatedal midollo del donatore diranno alsistema immunitario di non attaccarel'organo trapiantato, riconoscendolocome familiare". In questo modo, ha proseguito, "l'usodei farmaci antirigetto non è piùnecessario e il sistema immunitariodel paziente è libero di reagire a infe-zioni e tumori, mentre l'organo tra-piantato viene pienamente tollerato".Il principio, insomma, è semplice: "daun lato - ha sottolineato la ricercatrice- l'eliminazione dei farmaci immuno-soppressivi fa sì che le cellule delmidollo osseo del paziente continui-no a prodursi, garantendo la difesadell'organismo, mentre il midollo deldonatore permette la tolleranza del-l'organo trapiantato. La tecnica - haaggiunto - ha dato risultati positivi suitopi ed è attualmente in sperimenta-zione sull'uomo". Sono infatti nove i pazienti trattati inquesto modo: "il primo - ha dettosykes - è stato trapiantato sei anni fa;tutti e nove i pazienti - ha aggiunto -hanno sospeso le cure con i farmaciantirigetto e i risultati sono incorag-gianti". Si tratta tuttavia di dati prelimi-nari, ha precisato l'esperta, e biso-gnerà attendere altri due anni perun'analisi complessiva dei risultati sulprimo gruppo della sperimentazione.Il passo successivo sarà la "speri-mentazione allargata a un numeromaggiore di pazienti e l'obiettivo èestendere la tecnica anche ai tra-pianti non renali". Naturalmente, hacontinuato, "esistono ancora molti

ostacoli da superare, a partire dalledifficoltà legate al trapianto di midolloe alla tossicità per le terapie chedevono precedere il trapianto stesso,ma certamente - ha concluso sykes -possiamo dire di essere oggi più vici-ni al traguardo dell'immunotolleranzanei trapianti".

Vipas

Trapianti: sempre meno viaggi della speranzaSono circa 8.800, secondo i dati delcentro nazionale trapianti, gli italianiche aspettano un nuovo organo.Appena duecento, vale a dire il 3 percento del totale, risultano iscritti a listed'attesa in paesi stranieri. "ormaipochissimi italiani si recano oltre con-fine per un trapianto, anche perchéle probabilità di arrivare all'interventosono ormai più elevate in italia. E laqualità offerta dai centri del nostropaese è pari o superiore rispetto alresto d'europa. Inoltre i numeri testi-moniano che, per i viaggi della spe-ranza, siamo arrivati a una mobilita'fisiologica: oltre questo livello non e'possibile scendere. A questo punto,infatti, si tratta di decisioni individuali,non di mancanza di accessibilita' astrutture della penisola'' afferma ales-sandro nanni costa, direttore del cen-tro nazionale trapianti. Secondo il centro nazionale sono20,8 per milione di persone (pmp) idonatori effettivi registrati in italia nel2004 (in base ai dati preliminari al 30giugno), contro i 18,5 del 2003. Subase regionale, spicca la provinciaautonoma di bolzano, che è in testaalla classifica dei dati 2004 al 30 giu-gno, con il più alto numero di donato-ri effettivi (39,1 pmp) e con il maggioraumento registrato rispetto al 2003(+10,9 pmp). Seguono il friuli veneziagiulia, il piemonte-valle d'aosta, l'emi-lia romagna e la toscana. Fanalino dicoda la calabria, che registra quattrodonatori effettivi pmp, con una ridu-zione di sei donatori pmp rispettoall'anno precedente. Il problema delnumero di donatori non è risolto -prosegue nanni costa - e anche seaumentano le donazione e i trapiantinel centro-sud, c'è ancora un gaprispetto alle regionisettentrionali.resta, poi, il fenomenodella mobilita' all'interno della peniso-la, "anche se la possibilita' di offrireun trattamento qualificato in un cen-tro presente nella stessa regione delpaziente sta aumentando. Insomma,i segnali sono positivi''

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