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1 Lc 2,41-52 41 I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43 Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49 Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50 Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51 Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Il vangelo che ci viene presentato per la festa della Sacra Famiglia, colto nella sua descrizione letteraria, si presenta un po' caotico. Ma che razza di famiglia è una che perde un ragazzino di dodici anni ed un figlio che non avvisa i genitori se vuole restare a Gerusalemme? Quando regnava la banalità o stupidità biblica, per giustificare questo episodio si ricorreva ad una spiegazione pietosa: le carovane erano due, una di donne e una di uomini. Gesù, che non aveva ancora fatto il rito del bar mitzvàh, perché non aveva compiuto i tredici anni; poteva quindi essere in una o nell'altra carovana ed è per questo che la madre lo pensava dal padre e viceversa. La tensione che si crea è grande. Come spesso capita la tensione è dovuta a Gesù adolescente. Maria e Giuseppe fanno fatica a comprenderlo, non lo capiscono. Gesù, dal canto suo, non fa niente per facilitare le cose, ed il dialogo con i genitori, da come appare nei vangeli, è piuttosto complicato. Se Gesù venisse a confessarsi oggi, direbbe, come meccanicamente dicono i nostri ragazzini; "Ho disubbidito ai genitori" …. Qui Gesù, altro che disubbidienza …. non si aggrega alla carovana e si rifugia nel tempio di Gerusalemme, probabilmente sotto il portico di Salomone o nella bellissima stanza chiamata גזית לשכתLishkat ha-Gazit "delle pietre squadrate". In questa famiglia, usando un linguaggio dei nostri giorni, possiamo dire che, accanto alla grande santità, si coglie un'aria di tensione e d'inquietudine. Inquieto è Giuseppe, che non vede rispettata la sua autorità; inquieta Maria, che non comprende questo figlio ; inquieto Gesù, che mal sopporta le pretese dei genitori.

lectio SACRA FAMIGLIA ROSSANO - parrocchiarossano.it · Il vangelo che ci viene presentato per la festa della Sacra Famiglia, colto nella sua descrizione letteraria, si presenta un

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Lc 2,41-52

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo". 49Ed egli rispose loro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?". 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Il vangelo che ci viene presentato per la festa della Sacra Famiglia, colto nella sua

descrizione letteraria, si presenta un po' caotico. Ma che razza di famiglia è una che perde

un ragazzino di dodici anni ed un figlio che non avvisa i genitori se vuole restare a

Gerusalemme? Quando regnava la banalità o stupidità biblica, per giustificare questo

episodio si ricorreva ad una spiegazione pietosa: le carovane erano due, una di donne e

una di uomini. Gesù, che non aveva ancora fatto il rito del bar mitzvàh, perché non aveva

compiuto i tredici anni; poteva quindi essere in una o nell'altra carovana ed è per questo

che la madre lo pensava dal padre e viceversa. La tensione che si crea è grande.

Come spesso capita la tensione è dovuta a Gesù adolescente. Maria e Giuseppe fanno

fatica a comprenderlo, non lo capiscono. Gesù, dal canto suo, non fa niente per facilitare le

cose, ed il dialogo con i genitori, da come appare nei vangeli, è piuttosto complicato. Se

Gesù venisse a confessarsi oggi, direbbe, come meccanicamente dicono i nostri ragazzini;

"Ho disubbidito ai genitori" …. Qui Gesù, altro che disubbidienza …. non si aggrega alla

carovana e si rifugia nel tempio di Gerusalemme, probabilmente sotto il portico di

Salomone o nella bellissima stanza chiamata לשכת גזית Lishkat ha-Gazit "delle pietre

squadrate".

In questa famiglia, usando un linguaggio dei nostri giorni, possiamo dire che, accanto alla

grande santità, si coglie un'aria di tensione e d'inquietudine. Inquieto è Giuseppe, che

non vede rispettata la sua autorità; inquieta Maria, che non comprende questo figlio;

inquieto Gesù, che mal sopporta le pretese dei genitori.

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In ebraico, famiglia si dice "Casa יִת e questo rileva ,(ebr. Bet'ab) " ָאב del padre ָּב֫

adeguatamente il carattere patriarcale; essa è, infatti, sottomessa all'indiscussa, autorità del

capofamiglia.

Al tempo di Gesù, non esiste neppure il concetto di "genitori", soltanto un " ָאב ab" (padre)

e una " ֵאם em", (madre). Seppure entrambi concorrano alla nascita del figlio, lo fanno con

funzioni completamente differenti e non equiparabili per importanza: il padre è colui che

produce il seme da cui si svilupperà il feto; il ruolo della madre è solo di ricevere questo

seme, nutrirlo e poi partorirlo, ma senza mettere qualcosa di "suo"; svolge, né più né

meno, la funzione di un'incubatrice. Ecco perché il nascituro è "tutto suo padre",

"discendenza" solo paterna; per la madre non si tratta di discendenza, ma solo di

"figliolanza". I figli non hanno alcun diritto, solo doveri; come le donne, non rientrano

nelle categorie di persone per le quali si benedice e, negli elenchi degli abitanti, vengono

sempre uniti agli schiavi ed agli imbecilli.

Il figlio deve solo obbedire, e questa sua obbedienza ai genitori ha lo stesso valore di un

dovere religioso; l'onore verso i genitori Dio lo equipara, infatti, all'onore reso alla sua

stessa Persona. Almeno fino ai tredici anni, quando il ragazzo compie la maggiore età

religiosa (rito del bar mitzvàh) e il padre può finalmente smettere di occuparsi di lui,

benedicendo per questo il Signore: "Benedetto sei 'tu Signore che mi hai esonerato dalla

responsabilità di questo figlio".1. Ma fino a tale età, se non vive sottomesso, la Bibbia

suggerisce di usare maniere forti (Dt 21,18-21): "Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta"

(Sir 30,1); "piegagli il collo in gioventù e battigli le costole finché è fanciullo" (Sir 30,12).

I rabbini insegnano:

"Chi risparmia i castighi al proprio figlio gli dà una cattiva educazione e alla fine sarà odiato da

lui... Così David non ammonì in tempo suo figlio Abshalom e non lo domò; ed egli prese una cattiva

strada, diventò nemico del padre, gli fece guerra e lo costrinse a camminare scalzo e piangente..."2

3Non risulta che Giuseppe abbia dovuto usare la frusta con Gesù, ma i vangeli apocrifi,

meno preoccupati di turbare l'immagine della "sacra famiglia", qualche tirata d'orecchi la

riportano: "Quando vide quello che Gesù aveva fatto, Giuseppe lo prese con furore per l'orecchio".

E naturalmente non si contano i rimproveri che Gesù, ragazzo difficile, ha ricevuto:

"Giuseppe lo rimproverò dicendo: perché fai di sabato cose che non ci è lecito fare?". 1 Ber. r. 43,10 2 Shem r., 1 3 Ps. Mt., 27,1

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Ma questa volta ha passato il segno: l'ha fatta tanto grossa da far ricordare a Giuseppe le

parole del Talmud, in cui Dio, a proposito del figlio che affligge i suoi genitori, dice: "Ho

fatto bene a non abitare con loro, perché se avessi abitato con loro Io stesso sarei stato afflitto!"

L’angelo Gabriele quando annunziò al sacerdote Zaccaria la nascita del figlio aveva detto

la sua missione, il suo compito, sarebbe stato quello di Ricondurre il cuore – il cuore che è la

sede delle scelte operative, della riflessione, della mente – dei padri verso i figli. E’ una

citazione dell’ultimo versetto del libro del profeta Malachia, che però continuava: E il cuore

dei figli verso i padri. Luca non è d’accordo. Non sono i figli che devono comprendere i

padri, il passato, ma sono coloro che rappresentano il passato, i padri, che devono aprirsi

verso il nuovo. E’ quello che i genitori di Gesù non hanno compreso. E’ quanto stiamo

leggendo nella pericope domenicale scelta per la Sacra Famiglia.

I suoi genitori … caratteristica di questo brano è che l’unico con il nome è Gesù. Qui si parla

di genitori, poi di padre e di madre, e questo è già un primo indizio di lettura. Quando

l’evangelista omette il nome significa che, al di là dello spessore storico, intende

raffigurare dei personaggi rappresentativi con i quali è possibile identificarsi.

I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Nonostante le forti esperienze che Maria e Giuseppe hanno fatto dello Spirito, le tradizioni

religiose sono talmente forti che quando si radicano nell’intimo delle persone, le rendono

quasi impermeabili all’azione dello Spirito Santo, e per quanto l’uomo si apra all’azione

creatrice di Dio, l’influenza dello Spirito nella loro vita è lenta. E’ quello che succede in

Maria e Giuseppe, continuano con le tradizioni. La tradizione, pur con tutte le sue

bellezze, rischia di inchiodare la persona al passato e di non farle più fare nessun passo.

Non solo: "Quando Gesù, ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa".

L'obbligo di partecipare al pellegrinaggio, scattava ai tredici anni, ma loro portano Gesù

quando è ancora dodicenne. Qui l’evangelista vuole vedere un riferimento della figura di

Gesù nel profeta Samuele, grande personaggio della storia di Israele. Nelle Antichità

Giudaiche di Giuseppe Flavio4 si legge: "Samuele aveva dodici anni allorché iniziò a profetare".

Trascorsi i giorni previsti, almeno tre, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo

Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Questo appare

inverosimile,: come fanno due genitori a perdere il loro unico figlio? E perché Gesù non

avvisa i genitori di questo suo desiderio?

4 Libro V:348-4 - 4

4

Non solo, quando poi – vedremo tra poco – i genitori lo rimproverano, il figlio, anziché

scusarsi, attacca, aggredisce quasi verbalmente i propri genitori, li rimprovera.

Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i

parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

Torna di nuovo - per tre volte sarà nominata la città santa – il polo d’attrazione per questa

famiglia che ha la sede del tempio, la sede di Dio, dove si pensava risiedesse Dio. A

questo riguardo, apriamo una breve parentesi. In ebraico Gerusalemme si può dire i due

modi:

Ιεροσόλυμα – Ierosolima. Indica la città solo in senso geografico יְרּוָׁשַליִם

ם .Ἱερουσαλήμ, Ierusalem. Indica la “città santa”, in senso religioso e tradizionale יְרּוָׁשַל֫

Qui si parla sempre con il secondo concetto, quello legato alla tradizione, dove tutto è

immutabile, statico ed eterno. Obbedisce solo ad una logica: "Si è sempre fatto così e si deve

fare così"! Questo espediente letterario, ci conferma il forte attaccamento di Maria e

Giuseppe alle tradizioni dei padri … che Gesù abbandonerà definitivamente.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri.

Portico di Salomone

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Quindi trovano Gesù nel portico di Salomone, o nella famosa "stanza dalle pietre

squadrate", dove si insegnava la legge: lui seduto, installato. Il centro significa che è una

figura importante, come si legge nel libro del Siracide 24,1-2: "La sapienza loda se stessa, si

vanta in mezzo al suo popolo." Gesù rappresenta e concretizza, quindi, l'immagine della

sapienza divina. Cosa fa Gesù nel Tempio con gli scribi? "Li ascoltava e li interrogava. E tutti

quelli che lo udivano erano pieni di stupore - il termine greco adoperato dall’evangelista

(ἐξίστημι existémi) indica una meraviglia irritata da parte di questi maestri - per la sua

intelligenza e le sue risposte. Luca non lesina qualche piccola stoccata d'ironia: Gesù li

interroga, ma anche … risponde. Sembra quasi che non lasci tempo a questi maestri di

ribattere alle sue affermazioni.

Al vederlo restarono stupidi, ἐκπλήσσω ekpléssó - i genitori sono sconcertati, sconvolti - e

sua madre gli disse … Ecco il primo errore compiuto dalla madre. Per indicare il termine

“figlio” adopera un termine greco - Τέκνον teknon - molto caro all’evangelista che indica

“colui che ho partorito”, cioè qualcuno sul quale ho dei diritti, ho un potere.

“Perché ci hai fatto questo?” Ed ecco il secondo errore, “Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti

cercavamo”. Il rimprovero della madre è quello dell’Israele fedele che ha tentato con tutti i

mezzi di integrare Gesù nel suo passato nazionale e religioso. “Tuo padre” sottolinea il

vincolo legale e la forza della tradizione e ricorda a Gesù il ruolo di Giuseppe nella sua

educazione e nel suo comportamento di fronte alla Legge. Non riescono a concepire che il

Messia possa separarsi dalla tradizione che loro rappresentano.

La risposta di Gesù è bruciante, e senz’altro la madre ha ripensato alla profezia di Simeone

nel tempio, quando aveva detto che una spada – la spada è immagine della parola di Dio –

avrebbe trafitto la sua vita. Perché la risposta di Gesù è così secca? Perché, mentre tutti

quanti ascoltano Gesù, loro non lo ascoltano. Per i genitori è il figlio che li deve ascoltare,

non loro che devono ascoltare il figlio. Le uniche parole che Gesù rivolge in tutto il

vangelo di Luca alla madre sono parole di rimprovero. Il padre, nella cultura semitica, non

è solo quello che da la vita, bensì colui che da gli insegnamenti secondo la tradizione

ebraica con tutte le norme e regole da seguire.

Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate – quindi è qualcosa che dovevano aver

capito, che dovevano sapere - che io devo occuparmi … Il verbo “dovere” (δεῖ) è un verbo

tecnico adoperato dagli evangelisti che indica il compimento della volontà divina. “Devo

occuparmi delle cose del Padre mio?” Chiamando Dio “Padre mio”, Gesù si rende

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indipendente dai suoi e spezza l’integrazione con la cultura religiosa di Israele che essi

hanno cercato di trasmettergli. Nell’incomprensione dei “suoi genitori”, Luca anticipa già

l’incomprensione di cui sarà oggetto da parte di tutti: capi di Israele, popolo, discepoli,

parenti e conoscenti. Gesù mette in chiaro che lui non segue i padri (Abramo, Isacco,

Giacobbe … Mosè ecc.), cioè il passato, ma segue il Padre, si apre al nuovo. Non è l’erede

delle tradizioni di Israele, trasmesse dal padre, ma il testimone visibile dell’amore

universale del Padre. I genitori ancora questo non l' hanno compreso. Quindi: la parola di

Gesù è come una spada che attraversa la vita di Maria.

Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro καὶ αὐτοὶ οὐ συνῆκαν τὸ ῥῆμα ὃ ἐλάλησεν

αὐτοῖς. Quest’atteggiamento di Gesù è incomprensibile. L’evangelista in questo brano in

cui – ripeto – i genitori vengono rappresentati in maniera anonima, vuole far comprendere

la frustrazione di Israele che non è riuscita a capire il tipo di messia che Gesù è. Ha

riconosciuto in Gesù il Messia, come i genitori riconoscono in Gesù il figlio venuto da Dio,

ma non lo comprendono, perché pensano che debba seguire la tradizione, invece Gesù

abbandona la tradizione per creare qualcosa di nuovo.

Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Ed ecco il finale che è anche

l’inizio della progressiva crescita di Maria che la porterà da essere madre di Gesù a

diventarne la discepola. Sua madre custodiva 5διατηρέω tutte queste cose nel suo cuore,

esattamente la reazione che ha avuto dopo la visita dei pastori.

Con la visita dei pastori Maria si è trovata di fronte all’amore universale di Dio rivolto

anche a quelle categorie che ne erano escluse. Maria non comprende, però non rifiuta la

novità. Questa è la grandezza di Maria. Pur trovandosi di fronte a delle novità che non

riesce a capire, non le rifiuta e ci riflette.

E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Ecco di nuovo, come

all’inizio, nella cifra dodici c’era l’allusione al profeta Samuele, l’evangelista conclude di

nuovo con la citazione dello stesso profeta6 che, anche lui, cresceva in grazia davanti a Dio e

davanti agli uomini.

Perché questo riferimento a Samuele? Perché l’evangelista ha preso come modello la

madre Anna, una donna sterile che, per un intervento divino, riesce a diventare madre, e il

suo canto di lode sarà la base per il canto di lode di Maria, il Magnificat.

5 συμβάλλουσα* in Lc 2,19 6 1Sam 2,21.26

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Siamo a Gerusalemme nella festa più importante: la pasqua. I circa trentamila abitanti,

dentro e fuori le mura, si preparano ad accogliere i quasi centomila pellegrini che ogni

anno salgono nella città santa per la festa di Pesach.

E' la più importante delle tre grandi feste agricolo - religiose che la Legge ordina di

festeggiare in Gerusalemme.

Non ancora adulto o "bar-'onashim" (non ha compiuto i tredici anni), Gesù va ugualmente

insieme al padre e alla madre in pellegrinaggio a Gerusalemme per la festa di Pasqua.

Giuseppe e Maria non hanno mai mancato di salire nella città santa per la festa; questa

volta, però, portano anche il figlio. E' uso comune, infatti, far partecipare anche i ragazzi

dodicenni al pellegrinaggio, per abituarli al compimento del precetto che diviene

obbligatorio l'anno seguente. Nel primo pomeriggio del dieci di Nissan (marzo-aprile),

dopo aver partecipato con gli altri paesani alla cerimonia in sinagoga per chiedere

protezione durante il pellegrinaggio ed aver pregato: "O Eterno Dio e Dio dei miei padri,

degnati di assistermi in questo viaggio", partono anch' essi da Nazareth. A tappe, in quattro

giorni percorrono i 141 chilometri che separano Nazareth da Gerusalemme.

Qui giunti vengono subito travolti dal clima di festosa, allegra confusione che si respira

nella città santa. Allegria che viene alimentata da generose bevute di buon vino,

considerato uno dei modi per osservare il terzo precetto da adempiersi nella festa di pellegrinaggio

"e gioirai nella tua festa" (Dt 16,14). Come espressamente consiglia il Talmud: "L'uomo è

obbligato a rallegrare i suoi figli e i suoi familiari nella festa di pellegrinaggio. Per mezzo di che cosa

li rallegra? Col vino"7

Giuseppe e Maria sono così presi dalla festa, dalle cerimonie, dalle danze, dagli acquisti

degli immancabili "ricordo di Gerusalemme", dai saluti e dalle chiacchiere con i parenti e

conoscenti, da non aver tempo di occuparsi di Gesù: i figli non hanno da parte dei genitori

alcun riguardo o attenzione; e Gesù ne approfitta. Rimane a Gerusalemme quando tutti

ripartono. Giuseppe e Maria non se ne accorgono … i figli sono considerati un niente e

perché Gesù dovrebbe costituire un' eccezione?

Solo dopo un giorno di viaggio, ormai distanti una trentina di chilometri da Gerusalemme,

cominciano a rendersi conto che Gesù non è più con loro.

7 Pes. B.

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Non l'hanno visto a pranzo... mangerà da qualche parte... non è una preoccupazione... si

arrangérà... arriverà... Invece Gesù proprio non si vede. così devono tornare a

Gerusalemme per cercarlo.

Il cielo di primavera, carico di nubi, non sarà mai scuro quanto il volto di Giuseppe:

"questa volta...". Le feste sono da poco terminate e la città brulica ancora di gente. Durante

la Pasqua Gerusalemme arrivava a circa centocinquantamila persone. Dove cercarlo? Tre

giorni di angoscia e di inutili ricerche. I “tre giorni” di continua ricerca indicano che lo

cercarono ovunque, eccetto nella direzione presa da Gesù. Trovarono Gesù in una scuola

del Tempio, “seduto in mezzo ai maestri/dottori”, cioè, non come un discepolo (non si

dice che era seduto ai piedi dei maestri ebrei) e nemmeno come uno di loro (insegnavano

“seduti”); era come al centro di una discussione intavolata tra colleghi, a base di domande

e risposte. Gesù, invece di assistere alle cerimonie, era andato al Tempio per discutere con

i rabbini che rappresentavano l’insegnamento tradizionale, competendo con loro sulle

conoscenze delle tradizioni di Israele.

Maria ripensa alla "spada" che le trapassa il cuore (Lc 2,35). Finalmente Gesù viene

rintracciato. E' con un misto di angoscia, di rabbia, di sollievo e di meraviglia che Maria,

vedendolo al centro di un' animata discussione teologica sotto i portici del Tempio, lo

ammonisce: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io angosciati, ti cercavamo!" (Lc

2,48). Gesù non accetta il rimprovero. Alla madre, che gli ricorda il quarto comandamento

replica con il primo (Es 20,1-12). E passa lui a rimproverare i genitori. Lo fa con parole

tanto dure, da meritarsi molto più di una tirata d'orecchie da parte di Giuseppe. "Perché mi

cercavate?".

Poi quasi a rafforzare il rimprovero, esprime meraviglia per la loro ignoranza; dovrebbero

sapere bene come stanno le cose e invece dimostrano di ignorano: "Non sapevate?".

Non l'avete ancora capito? "Io devo occuparmi delle cose del Padre mio". Gesù sottolinea con

forza il "mio". Maria si è sbagliata. E Gesù glielo ricorda: suo padre non è Giuseppe ("tuo

padre ed io ..."). E' un Altro. Ed è bene che se lo ricordi. E lo ricordi anche Giuseppe: Gesù

non ha alcun obbligo verso la sua famiglia. Lo ricorderanno sì; ma senza capire. "Ma essi

non compresero le sue parole" (Lc 2,50). Chi è mai il loro figlio Gesù? Si è trattato di un'

impennata giovanile o sarà, invece, un atteggiamento duraturo? I suoi genitori non

condividono in tutto il comportamento così singolare di questo giovane; Maria però

immagazzina nella sua memoria esperienze e ricordi (cfr. 2,19) di cui non riesce a

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comprendere il significato; la menzione di “sua madre” all’inizio, al momento

dell’incontro, quando formula il rimprovero (2,48b), e, alla fine, allaccia la

domanda/rimprovero con la registrazione del ricordo della risposta di Gesù; Maria, pur

non comprendendola, non vi si oppone, ma la conserva nel suo cuore in attesa del

momento in cui il resto di Israele, che essa rappresenta come “madre” del Messia,

accetterà e aderirà ad un Messia che non è soggetto alle tradizioni paterne, ma che ha Dio

come unico Padre. Maria, donna che cresce nella fede, ha un atteggiamento che esprime lo

stupore ma anche lo sviluppo della fede che si apre nell’intelligenza del mistero. Gesù

rivela che l'assomigliare a Dio è la condizione essenziale per realizzarsi nella vita, per un

cammino di condivisione nella famiglia e nelle comunità. L’assomiglianza al Padre è ciò

che ci rende fratelli e sorelle, c’insegna a obbedirci l’un l’altro, ad ascoltarci l’un l’altro e a

riconoscere l’uno nell’altro il progetto di Dio. In questo clima si creano le condizioni per

crescere “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” e camminare insieme.

Giuseppe, legato alle sue tradizioni, spera solo che arrivi al più presto il primo sabato del

tredicesimo anno, quando Gesù indosserà per la prima volta, lo scialle della preghiera

ebraica, il "tallit"; finalmente potrà benedire YHWH per avergli tolto ogni responsabilità su

questo strano ragazzo. E tornano insieme a Nazareth.

Gesù ripensa a ciò che ha visto a Gerusalemme, a quel che si è sentito dentro, a cosa lo

abbia spinto a contestare apertamente i sacerdoti e i teologi. E' rimasto probabilmente

sconvolto quando ha visto cosa avviene nel Tempio. Ne aveva già sentito parlare da altri

pellegrini tornati al paese, ma per la prima volta in vita sua ha potuto assistere alla

carneficina di animali sacrificati: agnelli, vitelli, colombe, tutti sgozzati in onore di YHWH!

Un fiume di sangue per la soddisfazione di Dio.

Abituato al sereno culto familiare di Nazareth, fatto solo di benedizioni, in pacifica

armonia con la creazione, un dodicenne come Gesù sarà rimasto sconcertato dal culto

sanguinolento del Tempio, a Gerusalemme; da questo mondo gerarchizzato, codificato,

mummificato, da queste pompose liturgie, tanto appariscenti quanto inutili. Cosa avrà

pensato Gesù di quel culto che tentava di esprimere un valore che non aveva, da questo

voler caricare di senso religioso gli atti più ordinari della vita, per tentare di raggiungere

un Dio che la stessa religione rende sempre più lontano e inaccessibile. Nel piccolissimo

villaggio di Nazareth mai il rabbino, né tantomeno l' arcisinagogo, hanno preteso di fare

da intermediari tra i fedeli e YHWH. Qui invece opera un clero suddiviso in rigide

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gerarchie, che mantiene la gente a debita distanza da Dio: si erge a unico mediatore tra la

folla dei fedeli e YHWH, del quale perfino il nome, avvolto di mistero, viene invocato di

nascosto nel Santuario. Parlare con Dio è qui privilegio di un solo sacerdote; mentre a

Nazareth può farlo tutta la comunità.

Gesù, continuatore di quella protesta nata già ai tempi di Mosè e Aronne con Core (il

primo anticlericale della Bibbia, che in nome dei diritti di tutto il popolo, denunciò la

dittatura dei due fratelli), contesta anch'egli la legittimità di tutto ciò: "Tutti siamo sacerdoti,

un popolo sacerdotale. Come si permettono alcuni di mettersi al di sopra di altri?" (Nm 16,3; cfr.

Es 19,6). E in nome della Scrittura, "quello che è del Padre suo", rifiuta non solo i sacrifici

cruenti, il culto, il sacerdozio ma appellandosi ai profeti, anche l'esistenza stessa del

Tempio. Mentre il tempio era teatro di un servizio divino di carattere gerarchico - sacrale,

celebrato da sacerdoti e da leviti, la sinagoga rappresenta invece l'elemento democratico

dell'ebraismo. Qui il servizio divino era condotto da laici e non dai sacerdoti discendenti

da Aronne... ". Nella Bibbia si vede chiaramente come Dio sia contrario alla costruzione di

un Tempio, ai riti, ai sacrifici: "Tu vuoi costruirmi una casa per abitarvi? Ma io non abito in una

casa e mai ho chiesto di edificarmene una!" (2 Sam 7,5-6). Qualcosa si è spezzato.

Il Gesù che torna a Nazareth non è lo stesso di prima; "le cose" del Padre suo gli bruciano

dentro: un fuoco che è venuto a incendiare la terra (Lc 12,49). Lo rattrista non riuscire a

trasmettere questa fiamma ai suoi genitori, così come non c'è riuscito con i maestri del

Tempio. E' l'inizio della rottura radicale con la famiglia, la religione, la patria. Maria

medita nel suo cuore. Suo figlio è lo scandalo e la fonte di pettegolezzi de paese. Non si è

ancora sposato ed ha trent'anni. A questo punto Gesù lascia la madre, i parenti, la casa …

e va a Bethabara da Giovanni, per poi iniziare il suo personale cammino.

A cura di padre Umberto